Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento cultura
Titolo: Insequestrabilità di opere d'arte prestate da uno Stato estero durante l'esposizione in Italia AA.C. 4432, 1937 e 3832 - Elementi per l'istruttoria legislativa
Riferimenti:
AC N. 4432/XVI   AC N. 1937/XVI
AC N. 3832/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 516
Data: 11/07/2011
Descrittori:
BENI CULTURALI ED ARTISTICI   ESPOSIZIONI E MOSTRE
IMPIGNORABILITA' E INSEQUESTRABILITA'   OPERE D'ARTE
Organi della Camera: VII-Cultura, scienza e istruzione

SIWEB

 

11 luglio 2011

 

n. 516/0

 

Insequestrabilità di opere d’arte prestate da uno Stato estero durante l’esposizione in Italia

AA.C. 4432, 1937 e 3832

Elementi per l’istruttoria legislativa

 

 

Numero del progetto di legge

4432

1937

3832

Titolo

Disposizioni in materia di insequestrabilità delle opere d'arte prestate da uno Stato, da un ente o da un'istituzione culturale stranieri, durante la permanenza in Italia per l'esposizione al pubblico

Disposizioni in materia di insequestrabilità delle opere d'arte prestate da uno Stato, da un ente o da un'istituzione culturale stranieri, durante la permanenza in Italia per l'esposizione al pubblico

Disposizioni in materia di insequestrabilità delle opere d'arte prestate da uno Stato, da un ente o da un'istituzione culturale stranieri, durante la permanenza in Italia per l'esposizione al pubblico

Iniziativa

Parlamentare

Parlamentare

Parlamentare

Iter al Senato

No

No

Numero di articoli

1

1

1

Date:

 

 

 

Trasmissione/presentazione alla Camera

16 giugno 2011

21 novembre 2008

3 novembre 2010

assegnazione

21 giugno 2011

13 gennaio 2009

13 dicembre 2010

Commissione competente

VII (Cultura)

VII (Cultura)

VII (Cultura)

Sede

Referente

Referente

Referente

Pareri previsti

I, II, III, V e XIV

I, II, III, V e XIV

I, II, III, V e XIV

 


Contenuto

Il progetto di legge A.C. 4432, già approvato dal Senato[1], - il cui contenuto è pressoché simile a quello degli A.C. 1937 e 3832, abbinati - è volto a garantire, con alcune eccezioni, l’insequestrabilità delle opere d’arte prestate all’Italia per esposizioni temporanee[2]. Costituisce dunque una deroga ai principi generali del diritto penale interno.

In particolare, il c. 1 di tutte le pdl dispone - premettendo che lo scopo è quello di favorire l’esposizione di opere d’arte ed altri beni di rilevante interesse culturale in Italia - che i beni culturali stranieri ai quali non si applicano norme comunitarie, ovvero convenzioni ed accordi internazionali vigenti per l’Italia, non possono essere sottoposti a sequestro nell’ambito di procedimenti giudiziari concernenti la loro proprietà o il loro possesso per il periodo della loro permanenza in Italia, qualora Stati, collettività, enti pubblici o istituzioni culturali stranieri li abbiano messi a disposizione dello Stato italiano, o di altri soggetti autorizzati (o, per le pdl 1937 e 3832, designati), per mostre temporanee[3].

E’ quindi fatto salvo il diritto di azione - e, dunque, di sequestro,come misura volta ad assicurare la conservazione e impedire la sottrazione del bene culturale alla procedura di restituzione (cfr. art. 76, c. 2, lett. e), D.lgs. 42/2004) - sui beni culturali stranieri ai quali siano applicabili la normativa comunitaria, nonché le convenzioni e gli accordi internazionali vigenti per l’Italia. Le ulteriori due previsioni che limitano la deroga sono rappresentate dai c. 4 e 5 della pdl 4432 e dai corrispondenti c. 3 e 4 delle pdl abbinate, che stabiliscono che:

- possono essere sequestrati dall’autorità giudiziaria italiana i beni che costituiscono corpo di reato qualora il reato sia commesso in Italia (non possono, invece, essere sequestrate le cose pertinenti al reato - cfr. art. 253, primo comma, c.p.p, infra).

- i procedimenti giudiziari concernenti la proprietà o il possesso dei beni stranieri esposti in Italia, fatto salvo il divieto di sequestrabilità, proseguono secondo le ordinarie procedure, restando ferma la possibilità di procedere alla confiscadei beni in caso di sentenza non più impugnabile.

Si ritiene utile, a questo punto, preliminarmente, fornire un quadro normativo di riferimento sulla circolazione internazionale dei beni culturali e un quadro più generale sull’istituto del sequestro.

 

La circolazione internazionale dei beni culturali

 

La circolazione dei beni culturali in ambito internazionale è disciplinata dal Capo V del Codice dei beni culturali e del paesaggio[4]”. In particolare, l’art. 64-bis, chiarendo il principioispiratore dell’intero Capo V, specifica che il controllo sulla circolazione è finalizzato a preservare l'integrità del patrimonio culturale in tutte le sue componenti; è esercitato “nel rispetto degli indirizzi e dei vincoli fissati in ambito comunitario, nonché degli impegni assunti mediante la stipula e la ratifica di Convenzioni internazionali” e costituisce funzione di preminente interesse nazionale[5].

In particolare, gli aspetti che in questa sede appaiono più interessanti riguardano l’ingresso nel territorio nazionale di beni culturali di altri paesi, la disciplina in materia di restituzione, nell’ambito della UE, di beni illecitamente usciti dal territorio di uno Stato membro, nonché la disciplina in materia di interdizione della illecita circolazione internazionale dei beni culturali.

 

Sotto il primo profilo, l’art. 72 del Codice dispone che l’ingresso nel territorio nazionale di beni culturali di altri Paesideve essere certificato, a domanda, dall'ufficio di esportazione. Non si distingue tra ingresso a carattere temporaneo o definitivo, mentre si distingue tra certificato di avvenuta spedizione,per beni provenienti da Paesi dell’UE,e certificato di importazione, per beni provenienti da un paese terzo. Entrambi i certificati sono rilasciati sulla base di documentazione idonea ad identificare il bene e a comprovarne la provenienza dal territorio del Paese dai quali lo stesso è stato spedito o importato e, ai fini del rilascio, non è ammessa la produzione, da parte degli interessati, di atti di notorietà o di dichiarazioni sostitutive. La validità dei certificati è quinquennale, prorogabile a domanda. I criteri per il rilascio e la proroga “con particolare riguardo all’accertamento della provenienza del bene spedito o importato” sono definiti con DM (che, ad oggi, non risulta intervenuto).

 

Quanto al secondoaspetto, gli artt. 75-86 - che recepiscono la direttiva CEE 93/7/CEE,come modificata dalle direttive 96/100/CE e 2001/38/CE - disciplinano il procedimento di restituzione dei beni culturali usciti illecitamente da uno Stato UE, intendendo come tali quelli qualificati, anche dopo la loro uscita dal territorio di uno Stato membro in applicazione delle disposizioni ivi vigenti, come appartenenti al patrimonio culturale nazionale.

La restituzione è ammessa:

- per i beni indicati nell’allegato A della direttiva citata[6];

- per i beni che, pur non rientrando nelle categorie indicate nell’all. A, sono inventariati come appartenenti a collezioni pubbliche museali, archivi e fondi di conservazione di biblioteche o sono inclusi in inventari ecclesiastici.

Si considera illecita l'uscita dei beni da uno Stato membro in violazione della legislazione di quest’ultimo sulla protezione del patrimonio culturale nazionale o del regolamento CEE; l’illiceità si estende, inoltre, al mancato rientro dei beni alla scadenza del provvedimento che autorizza la spedizione temporanea ed alla violazione di prescrizioni recate dal medesimo (art. 75).

L'azione di restituzione è proposta dallo Stato richiedente davanti all’autorità giudiziaria ordinaria dello Stato richiesto e si conclude, in caso di accoglimento, con la restituzione del bene; l’atto di citazione viene notificato, oltre che al possessore/detentore del bene, al Ministero per i beni e le attività culturali che redige apposito registro delle domande giudiziali di restituzione (art. 77)[7].

Il ministero è tenuto a fornire assistenza e collaborazione agli Stati UE (art. 76) attraverso i suoi organi periferici (Soprintendenze) e con la cooperazione di altri organi dello Stato, regioni ed enti pubblici territoriali; in questo quadro è prevista, tra l’altro, l’esecuzione di ricerche volte alla localizzazione di un bene e la notifica allo Stato interessato del ritrovamento nel territorio nazionale di un bene culturale la cui illecita uscita da uno Stato membro possa presumersi per indizi precisi. Sono infine attivate procedure informative e di collaborazione con i Paesi UE e sono previste la costituzione presso il Ministero di una banca dati dei beni illecitamente sottratti e obblighi informativi alla Commissione europea e al Parlamento italiano (artt.84-86)[8].

 

L’interdizione della circolazione illecita di beni culturali in ambito internazionale, relativamente ai Paesi non appartenenti alla UE, è disciplinata dagli artt. 87 e 87-bis che prevedono che restino ferme la Convenzione UNIDROIT,sul ritorno internazionale dei beni culturali rubati o illecitamente esportati, adottata a Roma il 24 giugno 1995, e la Convenzione Unesco, adottata a Parigi il 14 novembre 1970, per contrastare gli illeciti in materia di importazione, esportazione e trasferimento di proprietà dei beni culturali, per i beni in esse indicati.

La Convenzione Unesco (art. 87-bis)[9] ha formulato i principi fondamentali per la protezione e per il trasferimento dei beni culturali. Essa ha definito, innanzitutto, beni culturali quelli che da ciascuno Stato sono designati come importanti per l’archeologia, la storia, la letteratura, l’arte, la scienza e che appartengono alle categorie specificamente indicate (art. 1)[10]. Ha, inoltre, previsto l’istituzione di un certificato di esportazione che legittimi l’uscita di un bene dal territorio di uno Stato (art. 6).

Per quanto concerne la sfera di applicazione, la Convenzione haimpegnato gli Stati contraenti a (art. 7):

- impedire l’acquisizione, da parte di musei e istituzioni similari, di beni culturali provenienti daunaltro Stato parte della Convenzione, esportati illecitamente dopo la sua entrata in vigore;

- proibire l’importazione di beni culturali rubati inun museo o inun monumento pubblico civile o religioso,o in una istituzione similare, nel territorio di un altro Stato parte della Convenzione, a condizione che venga provato che tali beni sianoda esso già inventariati;

- recuperare e restituire,su richiesta dello Stato d’origine parte della Convenzione, qualsiasi bene culturale rubato e importato dopo la sua entrata in vigore, corrispondendo un equo indennizzo al possessore in buona fede.

L’art. 15 della Convenzione, comunque, precisa che la stessa Convenzione non impedisce agli Stati parte di concludere tra di essi accordi particolari o di proseguire l’esecuzione di accordi già conclusi concernenti la restituzione di beni culturali esportati prima dell’entrata in vigore della Convenzione per gli Stati interessati.

La Convenzione è stata ratificata con L. 30 ottobre 1975, n. 873.

La Convenzione Unidroit (art. 87), intervenuta per colmare alcune carenze della Convenzione Unesco[11] [12], si applica alle richieste di carattere internazionale volte ad ottenere la restituzione di beni culturali rubati o esportati illecitamente dal territorio di uno Stato contraente (art. 1). I beni culturali considerati (art. 2 e Annesso 1) sono sostanzialmente quelli già previsti all’art. 1 della Convenzione UNESCO, ma non è più richiesta la condizione della previa designazione del bene da parte degli Stati.

I beni culturali rubati devono essere restituiti. Si prescrive l’obbligatorietà dell’atto e sono fissati i termini di prescrizione della richiesta di restituzione[13] (artt. 3-4).

Il ritorno dei beni illecitamente esportati (ai quali sono assimilati i beni temporaneamente esportati a fini di esposizione, ricerca o restauro, ma non riconsegnati alla scadenza del termine di autorizzazione) può essere richiesto solo da un’autorità statale ed è ordinato dal giudice o da altra autorità competente dello Stato convenuto, qualora lo Stato richiedente dimostri che l'illecita uscita del bene culturale dal proprio territorio ha pregiudicato determinati interessi legati alla conservazione del bene stesso, oppure che quest’ultimo riveste importanza culturale significativa (artt.5-7).

La procedura di restituzione - che nella Convenzione Unesco non è disciplinata - sia nel caso di furto che di esportazione illegale prevede il diritto ad un equo indennizzo al possessore in buona fede.

Le richieste di restituzione sono ammesse a condizione che il furto o l’esportazione illecita sia avvenuto dopo che la Convenzione è entrata in vigore in entrambi gli Stati contraenti implicati. Tuttavia, la stessa Convenzione non legittima in alcun modo un'operazione illecita di qualunque natura che ha avuto luogo prima della sua entrata in vigore, né limita il diritto di uno Stato o di ogni altra persona di intentare, al di là della Convenzione, un'azione per la restituzione o il ritorno di un bene culturale rubato o illecitamente esportato prima della sua entrata in vigore (art. 10) [14].

Nell’art. 13 si specifica che la Convenzione non deroga alle norme internazionali vincolanti per ogni Stato contraente e che contengono disposizioni sulle materie regolate dalla Convenzione stessa.

Ai sensi dell’art. 16, gli Stati contraenti devono dichiarare la procedura da seguire nei loro confronti per la presentazione delle domande di ritorno o di restituzione.

 

Si segnala che, ai sensi dell’art. 2 della legge di ratifica (L. 7 giugno 1999, n. 213), l'Italia assicura, a condizione di reciprocità, agli altri Stati contraenti la cooperazione amministrativa necessaria per portare a termine la procedura di restituzione[15]. Ai sensi dell’art. 3 della legge – che si ricollega all’art. 16 della Convenzione - , la domanda di restituzione o di ritorno si propone dinanzi al tribunale del luogo in cui si trova il bene. Infine, in base all’art. 7 - che si ricollega all’art. 13 della Convenzione -, le disposizioni della stessa Convenzione non si applicano nei rapporti con gli Stati contraenti membri dell’UE regolati dalla direttiva 93/7/CEE.

 

E’ utile ricordare che, oltre che alle Convenzioni Unesco e Unidroit, il riferimento contenuto nelle pdl potrebbe far pensare anche alla Convenzione relativa alla circolazione internazionale dei beni culturali da territori dove si svolge un conflitto armato o occupati in seguito a tale conflitto[16], nonché alla Convenzione europea per la protezione del patrimonio archeologico[17] [18].

 

Da ultimo, si evidenzia che secondo una certa impostazione giurisprudenziale, l’obbligo di restituzione di beni culturali rubati o illecitamente esportati sarebbe sancito dal diritto internazionale generale: in particolare, esso risulterebbe garantito da una norma di diritto internazionale consuetudinario, suscettibile, come tale, di assumere rilievo per il nostro ordinamento attraverso il disposto dell’art. 10, primo comma, Cost. (cfr. Consiglio di Stato, VI sezione, 23 giugno 2008, n. 3154).

 

Il sequestro

 

Il sequestro è, in generale, una misura cautelare reale consistente nella imposizione di un vincolo di indisponibilità sulle cose che ne sono oggetto o nel loro spossessamento.

La disciplina codicistica conosce diverse tipologie di sequestro. Nel settore civile, il sequestro giudiziario è disciplinato dagli artt. 670 e 675-677 c.p.c. In particolare, l’art. 670 c.p.c. prevede che il giudice possa autorizzare il sequestro di beni mobili o immobili in presenza di un doppio requisito: l’esistenza di una controversia in ordine alla loro proprietà o possesso e l’opportunità di provvedere alla loro custodia o alla loro gestione temporanea.

Nel settore penale convivono diverse fattispecie di sequestro: penale (o probatorio), preventivo e conservativo.

Il sequestro penale ha fini di ricerca ed assicurazione della prova al processo; è disposto con decreto motivato dal giudice ed il suo oggetto viene dal codice di rito individuato nel "corpo del reato" e nelle "cose pertinenti al reato" necessarie per l'accertamento dei fatti (art. 253, primo comma, c.p.p.). Sono "sono corpo del reato le cose sulle quali o mediante le quali il reato è stato commesso, nonché le cose che ne costituiscono il prodotto, il profitto o il prezzo". La definizione include anche le cose il cui uso, porto, detenzione costituisce reato, nonché le cose acquisite direttamente con il reato o da questo create, quelle che rappresentano comunque vantaggio patrimoniale e non patrimoniale tratto dal reato e, in genere, qualsiasi bene valutabile economicamente, dato o promesso all'autore del reato per la consumazione di esso. Per le “cose pertinenti al reato" occorre affidarsi all'interpretazione giurisprudenziale[19].

Il sequestro preventivo è una misura richiesta dal PM nel corso delle indagini preliminari e convalidata dal GIP con decreto motivato, quando ci sia il rischio che la libera disponibilità di una cosa possa protrarre o aggravare le conseguenze di un reato o consentire la commissione di nuovi reati o, infine, quando la cosa sia pericolosa in sé (art. 321 c.p.p.).

Il sequestro conservativo è, invece, misura cautelare chiesta dal PM (o dalla parte civile) in ogni stato e grado del processo di merito ed adottata con ordinanza dal giudice che procede quando vi sia fondata ragione di ritenere che manchino o si disperdano le garanzie per il pagamento della pena pecuniaria, delle spese di procedimento e di ogni altra somma dovuta all'erario dello Stato. In tali ipotesi, il PM chiede il sequestro conservativo dei beni mobili o immobili dell'imputato o delle somme o cose a lui dovute, nei limiti in cui la legge ne consente il pignoramento (art. 316 c.p.p).

 

Un elemento di differenza fra le pdl è costituito dalla previsione - contenuta nel comma 2 della pdl 4432-di un’autorizzazione all’organizzazione di esposizioni in cui debbano essere presenti beni culturali stranieri non sottoponibili a sequestro. Essa è rilasciata dal Ministero per i beni e le attività culturali previa presentazione di domanda da parte degli interessati, secondo modalità da definire con decreto del Ministro entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge.

Il comma 3 della pdl 4432 e il comma 2 delle pdl 1937 e 3832 dispongono che, in occasione di ciascuna esposizione, con decreto adottato dal Ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con il Ministro degli affari esteri, si definisce la lista dei beni culturali insequestrabili, il periodo di esposizione, i soggetti autorizzati (o, nelle pdl 1937 e 3832, responsabili dell’esposizione) ai quali sono affidati ibeni e che assumono l’impegno a restituirli al soggetto che li ha messi a loro disposizione.

Relazioni allegate

Tutti i progetti di legge sono corredati da relazioni illustrative che evidenziano l’opportunità di assicurare la non sequestrabilità delle opere d’arte ottenute in prestito da Paesi o istituzioni culturali straniere al fine di favorire la circolazione e la fruizione di capolavori artistici altrimenti trattenuti negli Stati di provenienza per evitare il rischio di mancata restituzione. Si fa riferimento, in particolare, alle opere conservate presso il Museo di Taipei che raramente vengono esposte all’estero per timore di rivendicazioni da parte della Repubblica popolare cinese. Si ricorda, inoltre, che alcuni paesi si sono già dotati di leggi apposite, valevoli non solo nel caso di Taiwan[20].

Necessità dell’intervento con legge

L’intervento con legge appare necessario in quanto le disposizioni sono riconducibili alle materie «politica estera e rapporti internazionali dello Stato» e «giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale», la cui disciplina è riservata dalle lettere a) ed l) delll’art. 117, secondo comma, Cost., alla competenza legislativa esclusiva dello Stato. Inoltre, nella sostanza si integrano le disposizioni sulla circolazione di beni culturali attualmente raccolte nel Codice dei beni culturali e del paesaggio.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Come si è detto, la materia oggetto dei provvedimenti può essere ricondotta all’art. 117, comma 1, lett. a) ed l), Cost.

Compatibilità comunitaria

Esame del provvedimento in relazione alla normativa comunitaria

Nell’ordinamento europeo i beni culturali sono soggetti alle disposizioni del Titolo II del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE) relative alla libera circolazione delle merci. In particolare, gli artt. 34 e 35 (ex artt. 28 e 29 TCE) vietano - in linea generale - misure equivalenti a restrizioni quantitative all’importazione o all’esportazione, mentre l’art. 36 (ex art. 30) include tra i motivi che possono giustificare divieti o restrizioni ad importazione, esportazione e transito la “protezione del patrimonio artistico, storico o archeologico nazionale". Una disciplina specifica in materia di circolazione dei beni culturali è recata dal Regolamento CE n. 116/2009 del Consiglio del 18 dicembre 2008 sull’esportazione dei beni culturali dall’UE (sostitutivo del Regolamento 3911/92 del 9 dicembre 1992) e dalla Direttiva 93/7/CE del Consiglio del 15 marzo 1993 sulla restituzione dei beni culturali usciti illecitamente dal territorio di uno Stato21. Entrambi i provvedimenti hanno ispirato le disposizioni del Codice ante illustrate.

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Attribuzione di poteri normativi

Un DM è previsto dall’art. 1, c. 2, della pdl 4332.

L’art. 1, c. 3, della medesima pdl 4332, e l’art. 1, c. 2, delle altre due pdl, prevedono, invece, un D.I. per ogni esposizione da autorizzare (si veda paragrafo Contenuto).

Coordinamento con la normativa vigente

Le pdl integrano la disciplina recata dal Codice dei beni culturali, ma le relative disposizioni non sono incardinate in quel testo normativo.

Collegamento con lavori legislativi in corso

Non risultano lavori legislativi in corso sulla materia.

Formulazione del testo

All’art. 1, c. 1, di tutte le pdl sembrerebbe opportuno chiarire se il termine “collettività” è utilizzato nell’accezione presente nell’art. 3, punto 7, lett. g), della Convenzione Unidroit, che fa riferimento a “collettività regionali o locali”. Si segnala, inoltre, che il riferimento alle collettività non è presente nel titolo delle pdl.

 

21 Per completezza si segnala che a giugno 2011 è stata trasmessa al Parlamento italiano la Relazione della Commissione europea al Parlamento, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo concernente l'attuazione del regolamento (CE) n. 116/2009, relativo all'esportazione di beni culturali, per il periodo 1° gennaio 2000 - 31 dicembre 2010 (COM (2011)382 definitivo).

 

Dipartimento Cultura                                                                                                                                      ( 3255 - *st_cultura@camera.it

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge. File: CU0335a.doc

 


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File: CU0335a.doc



[1]    A.S. 996, al quale era abbinato l’A.S. 747, assorbito in sede di approvazione finale: esso riproduce, con alcune modifiche introdotte nel corso dell’iter, il testo dell’A.C. 2811-A, del quale la VII Commissione della Camera aveva concluso l’esame in sede referente nel corso della XIV legislatura.

[2]   Si tratta di una questione affrontata anche dalla risoluzione 7-00503, presentata il 24 febbraio 2011.

[3]    Nella seduta della 7° Commissione del Senato del 2/2/2011 il rappresentante del Governo ha riferito che, in considerazione della delicatezza della materia trattata, il Mibac ha ritenuto opportuno acquisire l’opinione del Comando dei carabinieri per la tutela del patrimonio culturale e che, secondo il Comando, dal testo non emergono previsioni tali da limitare l’operatività dello stesso Comando, considerato che la normativa sembrerebbe garantire l’applicabilità delle convenzioni internazionali sottoscritte dall’Italia.

[4]   D.lgs. 42/2004. Il Capo V del Codice è stato integrato dal D.lgs. 62/2008, allo scopo di chiarire i rapporti tra diritto italiano da una parte e diritto internazionale e diritto comunitario dall'altra: si veda F. Lafarge, “La circolazione internazionale dei beni culturali dopo le modifiche al Codice”, Aedon, n. 1/2009 http://www.aedon.mulino.it/archivio/2009/1/lafarge.htm.

[5]   Il medesimo articolo dispone, infine, che, sotto il profilo della circolazione internazionale, i beni costituenti il patrimonio culturale non sono assimilabili a merci. E’ stato osservato, peraltro (F. Lafarge, Aedon, n. 1/2009, art. citato), che tale nozione è contraria al diritto comunitario e al  diritto internazionale vigenti, per i quali i beni culturali sono merci alle quali è però riconosciuto un regime particolare.

[6]   Reperti archeologici, monumenti e libri aventi più di 100 anni, carte geografiche stampate aventi più di 200 anni, archivi e supporti aventi più di 50 anni, mezzi di trasporto aventi più di 75 anni, quadri, pitture, mosaici e stampe fatti interamente a mano, incisioni, fotografie, film, incunaboli e manoscritti, comprese le carte geografiche e gli spartiti musicali, collezioni ed esemplari provenienti da collezioni di zoologia, botanica, mineralogia, anatomia, collezioni aventi interesse storico, paleontologico, etnografico o numismatico, nonché altri oggetti di antiquariato aventi più di 50 anni. Per tutti gli elementi indicati, la direttiva è applicabile solo se il loro valore è almeno pari a quello previsto dalla stessa direttiva, allegato, parte B.

[7]   Sono inoltre fissati i termini di decadenza e prescrizione dell’azione di restituzione, rispettivamente - salvo alcune eccezioni - un anno dal momento in cui lo Stato richiedente individua la localizzazione del bene culturale e trenta anni dalla data dell’uscita illecita. In determinate condizioni, lo Stato cui appartiene il bene culturale può liquidare un indennizzo a chi ne ha acquisito il possesso (artt. 78-80).

[8]    L’ultima relazione, datata 29 luglio 2010, è allegata, come di consueto, allo stato di previsione del MIBAC nel ddl di bilancio per il 2011 (A.C. 3779, Tabella XIII, pag. 365).

[9]    Alla Convenzione aderiscono, tra gli altri: USA, Canada, Brasile, Argentina, Perù, Messico, Giappone, Iran, Iraq, India, Egitto, Marocco, Tunisia, Regno Unito, Paesi dell’Europa Orientale e Turchia.

[10]  Si tratta di: collezioni ed esemplari rari di flora, fauna, mineralogia, anatomia; oggetti di interesse paleontologico; beni inerenti alla storia, compresa la storia delle scienze e della tecnica; prodotti di scavi archeologici (regolari e clandestini) e di ritrovamenti archeologici; elementi provenienti dallo smembramento di monumenti; oggetti di antiquariato aventi oltre 100 anni (come iscrizioni, monete e sigilli incisi);  materiale etnologico; beni di interesse artistico, quali quadri, dipinti e disegni fatti interamente a mano, produzioni originali dell'arte statuaria e della scultura, incisioni, stampe e litografie originali, assemblaggi e montaggi artistici originali in qualunque materia, manoscritti rari ed incunaboli, libri, documenti e pubblicazioni antichi d'interesse particolare, francobolli, marche da bollo e simili, archivi, compresi gli archivi fotografici, fotografici e cinematografici, oggetti d'arredo di oltre cent'anni di età e strumenti musicali antichi.

[11]   Come si è visto, la Convenzione Unesco limita il proprio ambito di applicazione agli oggetti provenienti da musei o da istituzioni analoghe e figuranti nei relativi inventari. Inoltre, prescrive  un diritto all'indennizzo dell'acquirente in buona fede, ma non ne disciplina la procedura. Lo stesso accade per quanto riguarda l'esportazione illecita.

[12]   Alla Convenzione aderiscono, tra gli altri: Afghanistan; Argentina, Azerbaïdjan, Bolivia, Brasile, Burkina Faso, Cina, Costa d’Avorio, Croazia, Cipro, Danimarca, Ecuador, El Salvador, Finlandia, Francia, Gabon, Georgia, Grecia, Guinea Guatemala, Ungheria, Italia, Lituania, Olanda, Nuova Zelanda, Nigeria, Norvegia, Pakistan, Panama, Paraguay, Perù, Portogallo, Romania, Federazione delle repubbliche russe, Senegal, Slovacchia, Slovenia, Spagna, Svizzera, Zambia.

[13]   In linea di massima, tre anni dal momento in cui il richiedente è venuto a conoscenza sia dell'ubicazione dell'oggetto rubato, sia dell'identità del suo possessore e, in ogni caso, 50 anni dalla data del furto; quest’ultima condizione è esclusa per i beni facenti parte integrante di un monumento, un sito archeologico, una collezione pubblica.

[14]   Un ampio commento della Convenzione è disponibile all’indirizzohttp://www.ufficiostudi.beniculturali.it/mibac/multimedia/UfficioStudi/documents/1268828710167_Convenzione_Unidroit.pdf.

[15]  Su richiesta di uno Stato contraente, il Ministero per i beni e le attività culturali promuove ricerche sul territorio nazionale per localizzare il bene in questione ed identificarne il possessore; comunica allo Stato contraente interessato il rinvenimento nel territorio italiano di beni che si presumono rubati o illecitamente esportati; dispone, se necessario, la loro rimozione e temporanea custodia presso musei pubblici.

[16]   Il particolare, si vedano gli artt. 1 e 5 del primo protocollo alla Convenzione, adottato il 14 maggio 1954, del quale l’Italia è parte (L. 279/1958).

[17]   Ratificata con L. 202/1973. In particolare, per quanto qui rileva, artt. da 5 a 8 della Convenzione.

[18]   Da questo punto di vista, in dottrina (F. Lafarge, citato) è stato osservato che uno degli obiettivi che l’art. 10 della L. 137/2002 aveva posto all’origine della codificazione del diritto relativo ai beni culturali, ossia di adeguarsi alla normativa comunitaria e agli accordi internazionali, con il Capo V del d.lgs. 42/2004 non è stato ancora completamente raggiunto.

[19]   Secondo Cassazione, sentenza n. 4421 del 22 gennaio 1997, la nozione di cose pertinenti al reato è necessariamente generica in quanto comprende tutte quelle "res" che sono in rapporto indiretto con la fattispecie concreta e sono strumentali, secondo i principi generali della libera prova e del libero convincimento del giudice, all'accertamento dei fatti. In tale dizione vanno ricomprese, quindi, le cose necessarie sia alla dimostrazione del reato e delle modalità di preparazione ed esecuzione, sia alla conservazione delle tracce, all'identificazione del colpevole, all'accertamento del movente ed alla determinazione dell'"ante factum" e del "post factum", comunque ricollegabili al reato, pur se esterni all'"iter criminis", purché funzionali alla finalità perseguita, cioè all'accertamento del fatto e all'individuazione dell'autore.

[20] USA Public Law n. 89-259, del 19 ottobre 1965

http://www.state.gov/s/l/3198.htm

Francia Legge n. 94-679 dell'8 agosto 1994, art. 61

http://www.legifrance.gouv.fr/affichTexteArticle.do;jsessionid=21720E93962081D9F193FDAD0E0961CE.tpdjo14v_2?idArticle=LEGIARTI000006698549&cidTexte=LEGITEXT000005616367&dateTexte=20110621

Germania Gesetz zum Schutz deutschen Kulturgutes gegen Abwanderung (Legge per contrastare l'esodo dei beni culturali tedeschi), del 6 agosto 1955, art. 20

http://bundesrecht.juris.de/englisch_kultgschg/englisch_kultgschg.html#KultgSchGengl_000P20

Austria Wachstums- und Standortgesetz 2003, del 20 dicembre 2003), art. 8: Bundesgesetz über die vorübergehende sachliche Immunität von Kulturgut-Leihgaben zum Zweck der öffentlichen Ausstellung (Legge federale sulla temporanea immunità di prestiti di beni culturali a fini di pubblica esposizione)

http://www.ris.bka.gv.at/GeltendeFassung.wxe?Abfrage=Bundesnormen&Gesetzesnummer=20003081

Belgio Loi du 14 juin 2004 modifiant le Code judiciaire en vue d'instituer une immunité d'exécution à l'égard des biens culturels étrangers exposés publiquement en Belgique

http://www.etaamb.be/fr/loi-du-14-juin-2004_n2004009448.html

Irlanda National Monuments (Amendment) Act 1994, (no. 17/1994), del 6 luglio 1994, art. 5 (12)

http://www.irishstatutebook.ie/1994/en/act/pub/0017/index.html

Svizzera Legge federale del 20 giugno 2003 sul trasferimento internazionale dei beni culturali, artt. 10-13 (Raccolta sistematica, RS 444.1)

http://www.admin.ch/ch/i/rs/444_1/index.html.