Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese - D.L. 179/2012- A.C. 5626 - Elementi per la valutazione degli aspetti di legittimità costituzionale
Riferimenti:
AC N. 5626/XVI     
Serie: Note per la I Commissione affari costituzionali    Numero: 482
Data: 11/12/2012
Descrittori:
DECRETO LEGGE 2012 0179   PIANI DI SVILUPPO
POLITICA ECONOMICA     
Organi della Camera: IX-Trasporti, poste e telecomunicazioni
X-Attività produttive, commercio e turismo
Altri riferimenti:
DL N. 179 DEL 18-OTT-12     

 

11 dicembre 2012

 

n. 482

Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese

D.L. 179/2012 - A.C. 5626

Elementi per la valutazione degli aspetti di legittimità costituzionale

 

Numero del disegno di legge di conversione

A.C. 5626

Numero del decreto-legge

179/2012

Titolo del decreto-legge

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, recante ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese

Iter al Senato

Sì (A.S. 3533)

Numero di articoli:

 

testo originario

39

testo approvato dal Senato

73

Date:

 

emanazione

18 ottobre 2012

pubblicazione in Gazzetta ufficiale

19 ottobre 2012

approvazione del Senato

6 dicembre 2012

assegnazione

7 dicembre 2012

scadenza

18 dicembre 2012

Commissione competente

IX Trasporti e X Attività produttive

Stato dell’iter

Esame in sede referente

 

 


Contenuto

Per la sintesi del contenuto del decreto legge e del relativo disegno di legge di conversione si rinvia al dossier n. 737/0 (Elementi per l’istruttoria legislativa).

 

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

L’articolo 8, commi 1-3, prevede l’adozione, da parte delle aziende di trasporto pubblico locale, di sistemi di bigliettazione elettronica, anche interoperabili a livello nazionale, e di biglietti elettronici integrati nelle Città metropolitane. Con decreto interministeriale, sentita la Conferenza unificata, sono adottate le regole tecniche necessario all’attuazione della normativa.

Le disposizioni incidono cosi sulla materia del trasporto pubblico locale, ascritta alla competenza residuale delle regioni (Corte costituzionale, sentenza n. 222/2005).

 

L’articolo 11, commi 4-4-octies, interviene in materia di edilizia scolastica.

L’edilizia scolastica appare riconducibile alle materia istruzione e governo del territorio, di competenza concorrente.

In particolare, il comma 4-bis prevede che con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, d’intesa con la Conferenza unificata, sono definiti le priorità strategiche, le modalità e i termini per l’approvazione dei piani triennali di interventi di edilizia scolastica, nonché dei relativi finanziamenti, al fine di consentire il regolare svolgimento del servizio scolastico in ambienti adeguati e sicuri.

Ciascuna regione o provincia autonoma deve trasmettere al Ministero dell’istruzione il piano di interventi, a pena di decadenza dai finanziamenti assegnabili(comma 4-quater).

I piani regionali sono soggetti all’approvazione da parte del Ministero dell’istruzione, ai fini della successiva pubblicazione sui Bollettini ufficiali delle Regioni (comma 4-quinquies).

L’approvazione da parte del Ministero dell’’istruzione dei piani regionali deve essere valutata alla luce delle competenze delle regioni in materia di edilizia scolastica.

L'articolo 20 disciplina le ccdd. comunità intelligenti. L’articolo non reca peraltro alcuna definizione di ‘comunità intelligente’, mentre la relazione illustrativa presentata al Senato indica il termine ‘comunità intelligente’ come traduzione dell’espressione inglese Smart Cities and Communities.

In tal senso, si ricorda che, da ultimo, con una decisione del 10 luglio (C(2012)4701), la Commissione europea ha lanciato un nuovo partenariato per l’innovazione a sostegno dello sviluppo di tecnologie “intelligenti” nelle città (Smart Cities and Communities European Innovation Partenrship - SCC). L’iniziativa intende sostenere un numero circoscritto di progetti pilota da realizzare nella logica dello sviluppo urbano sostenibile nei settori della produzione di energia e del risparmio energetico (edilizia, riscaldamento e raffreddamento), della mobilità urbana (veicoli elettrici e a idrogeno) e delle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni (TIC) in diverse città europee. Con un finanziamento iniziale di 365 milioni di euro per il 2013 nell’ambito del 7° Programma quadro per la ricerca - che potrà essere esteso anche nel prossimo quadro finanziario 2014-2020 (Programma Horizon 2020) – il partenariato intende mettere in comune risorse pubbliche (europee e nazionali) e private al fine di dimostrare la fattibilità a livello locale di progressi rapidi nel raggiungimento degli obiettivi dell'UE in campo energetico e climatico, e accelerare la commercializzazione di tali innovazioni.

A livello nazionale, il Piano nazionale smart communities è l'obiettivo di uno dei gruppi di lavoro della Cabina di regia per l’Agenda digitale istituita dall’articolo 47 del decreto-legge n. 5/2012 (c.d. “DL semplificazioni”).

In particolare, l’articolo 20 prevede che l'Agenzia per l'Italia digitale definisce strategie e obiettivi, coordina il processo di attuazione e predispone gli strumenti tecnologici ed economici per il progresso delle comunità intelligenti. A tal fine, l'Agenzia, tra l’altro, predispone annualmente il piano nazionale delle comunità intelligenti-PNCI e lo trasmette entro il mese di febbraio al Presidente del Consiglio o al Ministro delegato per l'innovazione tecnologica, che lo approva entro il mese successivo e istituisce e gestisce la piattaforma nazionale delle comunità intelligenti. E’ previsto il parere di un comitato tecnico, cui partecipano rappresentanti degli enti territoriali.

Con decreto del Presidente del Consiglio, previa intesa con la Conferenza unificata, è adottato lo Statuto della cittadinanza intelligente, da redigere sulla base dei seguenti criteri: a) definizione dei principi e delle condizioni, compresi i parametri di accessibilità e inclusione digitale ai sensi del decreto-legge in esame, che indirizzano le politiche delle comunità intelligenti; b) elencazione dei protocolli d'intesa tra l'Agenzia e le singole amministrazioni, nei quali ciascuna di esse declina gli obiettivi del piano nazionale delle comunità intelligenti; i protocolli sono aggiornati annualmente.

L'Agenzia e le singole amministrazioni locali interessate stabiliscono congiuntamente le modalità di consultazione pubblica periodica mirate all'integrazione dei bisogni emersi dalla cittadinanza nel processo di aggiornamento annuale degli obiettivi.  La sottoscrizione dello Statuto è condizione necessaria per ottenere la qualifica di comunità intelligente e il rispetto del protocollo d'intesa è vincolante per l'accesso a fondi pubblici per la realizzazione di progetti innovativi per le comunità intelligenti.

Le disposizioni dell’articolo 20 appaiono riconducibili alle materie coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale, di competenza esclusiva statale, e sostegno all'innovazione per i settori produttivi, di competenza concorrente. Il contenuto del piano nazionale delle comunità intelligenti, che il decreto-legge in esame non definisce, e la successiva attuazione sembrano peraltro suscettibili di incidere anche su materie di competenza concorrente o residuale regionale (quali, ad esempio, governo del territorio, energia e trasporto pubblico locale).

 

L’articolo 34, comma 16, prevede l’adozione - entro sei mesi - di un decreto interministeriale che garantisca uniformità nell’applicazione delle norme riguardanti le compensazioni ambientali.

L’intervento è volto a porre rimedio alle incertezze e divergenze nell’applicazione dell’articolo 1, comma 5, della legge 23 agosto 2004, n. 239 (legge di riordino del settore energetico), in cui si prevedeva il diritto - per le Regioni e gli enti locali territorialmente interessati dalla localizzazione di nuove infrastrutture energetiche ovvero dal potenziamento o trasformazione di infrastrutture esistenti - di stipulare, con i soggetti proponenti, accordi di compensazione e riequilibrio ambientale, coerenti con gli obiettivi generali di politica energetica nazionale

Per tale motivo, il comma 16 in esame prevede l’adozione di un decreto interministeriale che garantisca uniformità, congruenza e oggettività nell’applicazione della norma. Trattandosi di norma di principio su materia legislativa concorrente, è comunque assicurata la partecipazione degli enti territoriali attraverso la Conferenza unificata, nella forma del parere.

 

Al riguardo si ricorda che, in relazione al coinvolgimento degli enti territoriali, con la sentenza n. 165 del 2011 la Corte costituzionale ha dichiarato fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 4, del d.l. n. 78 del 2009 affermando che, "nei casi di attrazione in sussidiarietà di funzioni relative a materie rientranti nella competenza concorrente di Stato e Regioni, è necessario, per garantire il coinvolgimento delle Regioni interessate, il raggiungimento di un’intesa, in modo da contemperare le ragioni dell’esercizio unitario di date competenze e la garanzia delle funzioni costituzionalmente attribuite alle Regioni (ex plurimis, sentenze n. 383 del 2005 e n. 6 del 2004). La previsione dell’intesa, imposta dal principio di leale collaborazione, implica che non sia legittima una norma contenente una «drastica previsione» della decisività della volontà di una sola parte, in caso di dissenso, ma che siano necessarie «idonee procedure per consentire reiterate trattative volte a superare le divergenze» (ex plurimis, sentenze n. 121 del 2010, n. 24 del 2007, n. 339 del 2005). Solo nell’ipotesi di ulteriore esito negativo di tali procedure mirate all’accordo, può essere rimessa al Governo una decisione unilaterale (sentenza n. 33 del 2011).

Andrebbe valutata l’opportunità di garantire il coinvolgimento degli enti territoriali non tramite un mero parere, bensì tramite la previsione del raggiungimento dell’intesa in sede di Conferenza unificata.

 

L’articolo 34, comma 31, individua nel Provveditorato interregionale alle opere pubbliche per il Lazio, l'Abruzzo e la Sardegna l’amministrazione competente, in regime ordinario, per il coordinamento delle attività, al fine di consentire l’esecuzione di interventi indifferibili ed urgenti volti a rimuovere i rischi di esondazione del fiume Pescara e ristabilire le condizioni minime di agibilità e fruibilità del porto-canale di Pescara

Quanto alla competenza dello Stato ad intervenire sulla materia, la relazione ricorda che “l’amministrazione del porto di Pescara è riservata allo Stato, in quanto ritenuto di rilevanza economica internazionale e nazionale e, per questo, inserito nell’elenco di cui al D.P.C.M. 21 dicembre del 1995, nonché nella circolare della Direzione generale per i porti n. 4520 del 17 aprile 2008. […] In particolare la legge n. 84 del 1994 stabilisce, all’art. 5, che per i porti della categoria II, classi I e II, cioè di rilevanza economica nazionale e internazionale, gli oneri per i dragaggi spettino allo Stato … Il Codice della navigazione prevede inoltre che spetta, in termini generali, al comandante del porto assicurare la navigabilità del porto e l’accesso a questo. Ne consegue che deve, da parte del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, essere garantita in via permanente la fruibilità, in sicurezza, dello scalo portuale pescarese”.

 

L’articolo 34, comma 47, finalizza allo svolgimento di iniziative di promozione turistica dell’Italia le somme disponibili nel fondo per la riduzione del prezzo alla pompa della benzina e del gasolio per autotrazione nelle regioni confinanti con la Repubblica di San Marino.

    La disposizione, rientrando nella materia del turismo, appartiene alla competenza legislativa residuale delle Regioni, ai sensi dell'art. 117, quarto comma, Cost. (sentenze n. 94 del 2008, n. 214 e n. 90 del 2006).

Al riguardo occorre ricordare che secondo la giurisprudenza della Corte viola il principio di leale collaborazione (sentenza n. 94 del 2008) il comma 1228 della legge della legge n. 296 del 2006 laddove stabilisce che per le finalità di sviluppo del settore del turismo e per il suo posizionamento competitivo quale fattore produttivo di interesse nazionale è autorizzata una spesa straordinaria di 48 milioni di euro annui (per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009) per incrementare l'offerta turistica. Sostiene la Corte che, anche se l'ascrivibilità della materia "turismo" alla competenza regionale residuale non esclude di per sé la legittimità di un intervento legislativo di carattere finanziario ed aggiuntivo dello Stato giustificato dall'obiettivo di rafforzare le capacità competitive delle strutture turistiche nazionali, l'adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, «sentita» la Conferenza permanente Stato-Regioni, recante l'individuazione dei criteri, delle procedure e delle modalità di attuazione, è insufficiente. Su analoga motivazione si fonda l'incostituzionalità del comma 1227 dell'art. 1 della medesima legge, contenente la previsione di una spesa di 10 milioni di euro annui, per ciascuno degli anni 2007, 2008 e 2009, per il sostegno del settore turistico, senza prevedere alcun coinvolgimento della Regione nell'adozione dei provvedimenti specifici di riparto ed erogazione degli importi in sede attuativa (sentenza n. 94 del 2008).

 

Andrebbe al riguardo valutata l’opportunità di prevedere un idoneo coinvolgimento delle regioni in merito alla finalizzazione delle somme indicate, allo svolgimento di iniziative di promozione turistica.

 

L’articolo 34-quater, introdotto al Senato, demanda alle Regioni la fissazione degli indirizzi per lo svolgimento delle attività accessorie degli stabilimenti balneari..

    La disposizione, rientrando nella materia del turismo, appartiene alla competenza legislativa residuale delle Regioni, ai sensi dell'art. 117, quarto comma, Cost. (sentenze n. 94 del 2008, n. 214 e n. 90 del 2006). Rispetto alla normativa vigente si prevede però un ampliamento delle competenze regionali cui è demandata la fissazione degli indirizzi per lo svolgimento delle attività accessorie degli stabilimenti balneari. Si prevede, inoltre, che l’esercizio di somministrazione di alimenti e bevande e gli intrattenimenti musicali e danzanti devono esser svolti nel rispetto delle particolari condizioni di tutela dell’ambiente, ivi incluso l’ambiente urbano, nonché dell’ordine pubblico, dell’incolumità e della sicurezza pubblica. Infine gli indirizzi regionali sono recepiti a livello comunale con apposita ordinanza del Sindaco, nel rispetto del principio di sussidiarietà e di proporzionalità.

Va peraltro ricordato che secondo la giurisprudenza della Corte, l'esigenza di un esercizio unitario a livello statale di determinate funzioni amministrative, abilita lo Stato a disciplinare siffatto esercizio per legge.  Con specifico riguardo al settore turistico, la Corte ha affermato che la necessità di un intervento unitario del legislatore statale nasce dall'esigenza di valorizzare al meglio l'attività turistica sul piano economico interno ed internazionale, attraverso misure di varia e complessa natura, e dalla necessità di ricondurre ad unità la grande varietà dell'offerta turistica del nostro Paese e di esaltare il rilievo assunto dal turismo nell'ambito dell'economia nazionale (sentenze n. 88 del 2007 e n. 214 del 2006).

 

L’articolo 34-quinquies, introdotto al Senato, istituisce il piano strategico di sviluppo del turismo in Italia, adottato dal Governo entro il 31 dicembre 2012. Su proposta del ministro con delega al turismo, sentita la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, il Governo adotta, previo parere delle competenti commissioni parlamentari, un piano strategico di sviluppo del turismo in Italia.

Secondo l’attuale riparto di competenze, la materia del turismo spetta invece alla  competenza residuale delle regioni (sentenze n. 76/2009, n. 94 del 2008, n. 214 e n. 90 del 2006).

Proprio con riguardo a questa materia, peraltro, la Corte Costituzionale ha avuto più volte modo di affermare che l'esigenza di un esercizio unitario a livello statale di determinate funzioni amministrative, abilita lo Stato a disciplinare siffatto esercizio per legge, anche ove quelle funzioni siano riconducibili a materie di competenza residuale, secondo i princìpi di sussidiarietà e di adeguatezza. La Corte ha peraltro tracciato limiti precisi alla cd. “attrazione in sussidiarietà”, che può avvenire solo a condizione che la valutazione dell'interesse pubblico sottostante all'assunzione di funzioni regionali da parte dello Stato sia proporzionata, assistita da ragionevolezza e rispettosa del principio di leale collaborazione con le regioni, che impone un coinvolgimento delle medesime .(sentenza n. 76/2009).

Con riferimento specifico al settore turistico, la  Corte ha riconosciuto che la necessità di un intervento unitario del legislatore statale nasce dall'esigenza di valorizzare al meglio l'attività turistica sul piano economico interno ed internazionale (sentenze n. 76 del 2009, n. 88 del 2007 e n. 214 del 2006).

Sulla base di questi principi, la Consulta ha ritenuto legittimo l'intervento del legislatore statale volto ad introdurre una disciplina, uniforme su tutto il territorio nazionale, di procedure acceleratorie e di semplificazione nel settore del turismo ma ha allo stesso tempo imposto, in applicazione del principio di leale collaborazione, l'intesa con la Conferenza Stato-Regioni ai fini dell’emanazione della relativa disciplina regolamentare (sentenza n. 76/2009)

Allo stesso modo, le disposizioni statali che prevedevano finanziamenti per lo sviluppo del turismo, in quanto fattore produttivo di interesse nazionale, sono state giudicate costituzionalmente illegittime nella parte in cui non prevedevano un coinvolgimento delle regioni nella forma dell’intesa con la Conferenza permanente (sentenze n. 94/2008 e n. 13/2009).

 

      Andrebbe valutata l’opportunità di garantire il coinvolgimento delle Regioni non tramite un mero parere, bensì tramite la previsione del raggiungimento dell’intesa in sede di Conferenza Stato-regioni.

 

L’articolo 34-octies, introdotto nel corso dell’esame presso il Senato, disciplina l’affidamento e la gestione dei servizi automobilistici sostitutivi o integrativi dei servizi ferroviari di interesse regionale e locale, prevedendone l’affidamento con gara.

In particolare il comma 4 prevede che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano organizzino, entro il 30 giugno 2013, il servizio in bacini territoriali organizzati in modo tale da risultare “ottimali” cioè tali da massimizzare l’efficienza e realizzare l’integrazione con i servizi qualificati come minimi. Nel caso le regioni e le province autonome non provvedano nel termine indicato il Governo può esercitare il potere sostitutivo ai sensi dell’articolo 8 della legge n. 131/2003. Il comma 5 prevede che dal 31 dicembre 2013 i servizi oggetto dell’articolo siano affidati con procedure competitive ad evidenza pubblica e il comma 6 definisce alcune caratteristiche dei bandi di gara o delle lettere di invito che devono essere predisposti per le procedure di gara.Il comma 7 prevede infine che le regioni e le province autonome destinino le economie di gara eventualmente realizzate a specifiche finalità.

 

La materia del trasporto pubblico locale rientra nell’ambito delle competenze residuali delle Regioni di cui al quarto comma dell’art. 117 Cost (Sent. n. 222 del 2005). La corte con la sentenza n. 222 del 2005, dichiara la illegittimità costituzionale parziale dell’art. 4, comma 157, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, che prevede la costituzione di «un apposito fondo presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti» per il generico fine di assicurare il conseguimento di «risultati di maggiore efficienza e produttività dei servizi di trasporto pubblico locale». La disposizione prevedeva altresì che la ripartizione del fondi avvenisse tramite «decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281». Su quest’ultimo punto, è intervenuta la pronuncia caducatoria, che ha sostituito la (mera) consultazione della Conferenza con la necessità che il decreto sia adottato previa intesa con la Conferenza stessa.

Peraltro, va segnalato che la materia dei trasporti presenta connessioni, sotto vari profili, con discipline che appaiono riconducibili a materie attribuite alla legislazione esclusiva dello Stato, tra le quali si ricordano in particolare “tutela della concorrenza”, per quanto attiene alle modalità di gestione e di affidamento del trasporto pubblico locale.

 

Il comma 4, relativo all’organizzazione dello svolgimento dei servizi automobilistici in bacini territoriali ottimali e il comma 7 che individua le finalità cui le regioni devono destinare le eventuali economie di gara ottenute dal trasporto pubblico regionale e locale automobilistico, devono essere valutati  alla luce della giurisprudenza costituzionale in materia di trasporto pubblico locale.

 

L’articolo 34-duodecies, introdotto dal Senato, proroga di cinque anni, dal 31 dicembre 2015 al 31 dicembre 2020, la scadenza delle concessioni demaniali marittime per finalità turistico-ricreative.

Secondo la giurisprudenza costituzionale, la disciplina relativa al rilascio delle concessioni su beni demaniali marittimi investe diversi ambiti materiali, attribuiti alla competenza sia statale che regionale, atteso che particolare rilevanza, quanto ai criteri e alle modalità di affidamento di tali concessioni, assumono i principi della libera concorrenza e della libertà di stabilimento, previsti dalla normativa comunitaria e nazionale (sentenza n. 213/2011).

La Corte è intervenuta diverse volte dichiarando l’illegittimità costituzionale di disposizioni regionali che prevedevano il rinnovo automatico ex lege delle concessioni demaniali marittime non solo in quanto invasive della competenza statale in materia di tutela della concorrenza ma anche per violazione dell’art. 117, primo comma, che individua come limite alla potestà legislativa sia statale che regionale il rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario. Secondo la Corte, infatti, l’automatismo derivante dal rinnovo ex lege della concessione, impedendo l’accesso al mercato di altri potenziali operatori economici, determina una disparità di trattamento in contrasto i principi europei infatti in tema di diritto di stabilimento e di tutela della concorrenza (sentenze n. 213/2011, n. 340/210, n. 180/2010).

Si ricorda inoltre che la Commissione europea, nell’ambito della procedura di infrazione n. 2008/4908, ha rilevato l’incompatibilità con l’ordinamento europeo del meccanismo di rinnovo automatico delle concessioni demaniali marittime previsto dalla normativa nazionale italiana.

Inoltre, con la sentenza n. 1/2008, in materia di concessioni di derivazioni idroelettriche, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di una disposizione della legge finanziaria 2006 (art. 1, comma 485, L. n. 266/2005), che prevedeva che le grandi concessioni di derivazioni idroelettriche, in corso alla data di entrata in vigore della legge, fossero prorogate di dieci anni rispetto alle date di scadenza, e sospendeva, di conseguenza, le relative gare. La Corte ha in proposito rilevato che la richiamata disposizione, da un lato, contrastava con i principi comunitari, contraddicendo apertamente il fine (la tutela della concorrenza), che pur affermava di voler perseguire, dall'altro, poneva una norma di dettaglio in una materia nella materia di competenza concorrente (nel caso di specie, «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia»).

L’articolo 34-duodecies deve essere valutato alla luce della richiamata giurisprudenza costituzionale.

 

Rispetto degli altri princìpi costituzionali

 

L’articolo 1, comma 2, del disegno di legge di conversione fa salvi gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti sulla base delle norme del decreto-legge 2 novembre 2012, n. 187, recante misure urgenti per la ridefinizione dei rapporti contrattuali con la società Stretto di Messina s.p.a. ed in materia di trasporto pubblico locale, non convertite in legge. Il contenuto del decreto-legge n. 187 è infatti confluito nel decreto in esame; il relativo procedimento di conversione è peraltro formalmente ancora in corso presso il Senato. 

Si richiama in proposito l’articolo 77, terzo comma, Cost. che prevede che le Camere possono regolare con legge i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti.

 

Può altresì richiamarsi il parere che il Comitato per la legislazione ha espresso nella seduta del 5 dicembre 2012, sul disegno di legge di conversione del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, recante disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012; il Comitato ha formulato la seguente raccomandazione: «abbia cura il legislatore di evitare forme di intreccio tra più provvedimenti d'urgenza, atteso che la confluenza in un unico testo di più articolati attualmente vigenti - che originano da distinte delibere del Consiglio dei Ministri e distinti decreti del Presidente della Repubblica - appare comunque suscettibile di ingenerare un'alterazione del lineare svolgimento della procedura parlamentare di esame dei disegni di legge di conversione dei decreti legge, come definita a livello costituzionale e specificata negli stessi regolamenti parlamentari».

 

L’articolo 11-bis, comma 4, del decreto-leggedispone che, con decreti dirigenziali dell’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, si provvede all’incremento della misura del prelievo erariale unico in materia di giochi pubblici, nonché della percentuale del compenso per le attività di gestione ovvero per quella dei punti vendita, al fine di assicurare maggiori entrate in misura non inferiore a 5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2013, 2014 e 2015; sono intal modocoperti gli oneri derivanti dall’applicazione dell’articolo, che istituisce uncredito d’imposta per promuovere l’offerta on line di opere dell’ingegno.

L’articolo 23 della Costituzione prevede una riserva di legge in tema di imposizione di prestazioni patrimoniali, la quale è sempre stata intesa dalla giurisprudenza costituzionale come riserva di legge relativa.

 

L’articolo 34, comma 24, abroga l’articolo 53, comma 1, lettera b) del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 134, che aveva introdotto modifiche nell’art. 4 del D.L. 138/2011 che la richiamata sentenza 199/2012 ha dichiarato illegittimo. Poiché la declaratoria di illegittimità ha compreso le successive modifiche dell’art. 4, anche le disposizioni dell’art. 53 cui si riferisce il comma 25 devono ritenersi investite dalla pronuncia di illegittimità.

 

Alla luce dell’art. 136 Cost., secondo il quale la norma dichiarata incostituzionale “cessa di avere efficacia dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione” e dell’art. 30, terzo comma della L. 87/1953[1]., “le norme dichiarate incostituzionali non possono avere applicazione dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione”, la Corte costituzionale ha evidenziato l'efficacia retroattiva delle declaratorie d'illegittimità costituzionale, con il limite “nei rapporti ormai esauriti, la cui definizione - nel rispetto del principio di uguaglianza e di ragionevolezza - spetta solo al legislatore di determinare” (sent. 3/1996).

La sostanziale diversità delle situazioni, illegittimità e abrogazione, è stata già posta in luce dalla giurisprudenza della Corte in varie sentenze (nn. 1 del 1956, 43 del 1957, 4 del 1959, 11 e 12 del 1960, 1 del 1962, 77 del 1963 e 38 del 1965), che ha rilevato (sentenza n. 1 del 1956) che "i due istituti dell'abrogazione e della illegittimità costituzionale non sono identici fra loro, si muovono su piani diversi con effetti diversi e con competenze diverse". Principi questi, secondo la sent. n. 127 del 1966 “che hanno indotto questa Corte ad ammettere il controllo di costituzionalità anche rispetto a norma già abrogata, quando ne permanessero gli effetti nel vigore della nuova Costituzione. Da ciò e dal carattere sostanzialmente invalidante della dichiarazione di illegittimità deriva la conseguenza (pure accolta dalla dottrina quasi unanime) che la dichiarazione stessa produce conseguenze assimilabili a quelle dell'annullamento. Con incidenza quindi, in coerenza con gli effetti di tale istituto, anche sulle situazioni pregresse, verificatesi nello svolgimento del giudizio nel quale è consentito sollevare, in via incidentale, la questione di costituzionalità, salvo il limite invalicabile del giudicato, con le eccezioni espressamente prevedute dalla legge, e salvo altresì il limite derivante da situazioni giuridiche comunque divenute irrevocabili.”

 

Alla luce della giurisprudenza costituzionale andrebbe verificato il presupposto dell’abrogazione prevista dal comma 24, che riguarda disposizione modificativa di altra già dichiarata incostituzionale .

 

Diverse disposizioni modificano norme di rango secondario; si segnalano in particolare:

§                   l’articolo 11, comma 3, che novella l’articolo 8 de regolamento di delegificazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica, 20 marzo 2009 n.81;

§                   l’articolo 14, comma 5, che modifica l’articolo 66 del regolamento di esecuzione ed attuazione del codice della strada di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 495/1992;

§                   l’articolo 14,commi da 8 a 10 che modifica in più punti una fonte atipica del diritto come il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 8 luglio 2003;

§                   l’articolo 24-ter, che modifica in più punti il regolamento di delegificazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 4 marzo 2001, n.144;

§                   l’articolo 33-bis, che novella l’articolo 357 del decreto del regolamento di esecuzione e di attuazione del codice dei contratti pubblici di cui al decreto del Presidente della Repubblica 5 ottobre 2010, n. 207;

§                   l’articolo 34, comma 26, che novella il “decreto ministeriale 31 dicembre 1983”, senza specificare che si intende riferire – tra i 3 decreti ministeriali emanati in tale data – al decreto del Ministro dell’Interno recante individuazione delle categorie dei servizi pubblici locali a domanda individuale;

§                   l’articolo 34-septies, comma 1, che novella il regolamento di delegificazione di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 dicembre 1999, n.588.

 

Si ricorda che il par. 3, lett. e), della Lettera circolare dei Presidenti delle Camere sulle regole e raccomandazioni per la formulazione tecnica dei testi legislativi, del 20 aprile 2001, dispone che “Non si ricorre all'atto legislativo per apportare modifiche frammentarie ad atti non aventi forza di legge, al fine di evitare che questi ultimi presentino un diverso grado di ‘resistenza’ ad interventi modificativi successivi”.

 

Attribuzione di poteri normativi

L’articolo 14, comma 10-bis prevede che ulteriori misure di maggior dettaglio nonché ulteriori procedure semplificate in materia di identificazione degli abbonati delle società di telefonia mobile possano essere introdotte con decreto del ministro dell’Interno da adottarsi di concerto con il ministro dello Sviluppo economico.

Al riguardo, si rileva che la previsione di ulteriori procedure semplificate da adottarsi con fonte secondaria potrebbe configurarsi come una misura di delegificazione rispetto al regime generale previsto dal comma 7 dell’articolo 55 del codice delle comunicazioni elettroniche (fonte di rango legislativo). Tuttavia non appaiono rispettati i requisiti previsti dall’articolo 17, comma 2, della legge n. 400/1988  per l’adozione di misure con delegificazione e cioè:

-           l’adozione delle stesse con regolamento;

-           determinazione con legge delle norme generali regolatrici della materia

 

L’articolo 16, comma 10 e l’articolo 30, comma 6,.demandano la loro attuazione a decreti di natura non regolamentare:

A tal proposito si rammenta che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 116 del 2006, con riferimento ad un decreto ministeriale del quale si esplicitava la natura non regolamentare (articolo 3 del decreto-legge n. 279 del 2004), lo qualificava come “un atto statale dalla indefinibile natura giuridica”.

Più recentemente, il Consiglio di Stato in adunanza plenaria, con sentenza 4 maggio 2012, n. 9, sulla natura giuridica dell’articolo 4 del decreto ministeriale in data 6 febbraio 2006, ha osservato che: «deve rilevarsi che, nonostante la crescente diffusione di quel fenomeno efficacemente descritto in termini di “fuga dal regolamento” (che si manifesta, talvolta anche in base ad esplicite indicazioni legislative, tramite l’adozione di atti normativi secondari che si autoqualificano in termini non regolamentari) deve, in linea di principio, escludersi che il potere normativo dei Ministri e, più in generale, del Governo possa esercitarsi medianti atti “atipici”, di natura non regolamentare».

 

Formulazione del testo

L’articolo 5, comma 2, secondo periodo, prevede che l’'ufficio del registro delle imprese che riceve una domanda di iscrizione da parte di un'impresa individuale che non ha “iscritto” il proprio indirizzo di posta elettronica certificata, in luogo dell'irrogazione della sanzione prevista dall'articolo 2630 del codice civile, ne sospende la domanda. La sospensione dura fino all’integrazione, cioè al deposito, del dato mancante e, comunque per quarantacinque giorni. Decorso tale periodo la domanda si intende non presentata, “in attesa che essa sia integrata con l'indirizzo di posta elettronica certificata”.

La formulazione del secondo periodo annette alla mancanza dell’indirizzo PEC, protratta per 40 giorni, da un lato un effetto di mancata presentazione della domanda, dall’altro un effetto di pendenza della domanda stessa, effetti la cui coesistenza appare meritevole di una valutazione di compatibilità.

Appare inoltre meritevole di una valutazione di opportunità la previsione di regimi differenziati, quanto agli effetti della mancanza dell’indirizzo PEC, previsti da un lato dal comma 2, secondo periodo, per le domande di iscrizione di imprese individuali e, dall’altro, dal comma 6 bis dell’art. 16 per le domande di iscrizione di imprese aventi forma societaria.

 

L’articolo 15, comma 5-ter, reca una disposizione in tema di firma digitale, aggiungendo un periodo al comma 5 dell’articolo 35 del D.Lgs. n. 82 del 2005 (CAD).

Non risulta peraltro chiaro il rapporto tra l’accertamento della conformità dei requisiti di sicurezza dei dispositivi per la firma digitale effettuato dall’Organismo di certificazione della sicurezza informatica ai sensi del vigente art. 35, comma 5, CAD e la valutazione di conformità effettuata dall’Agenzia per l’Italia digitale ai sensi della disposizione introdotta dall’art. 15, comma 5-bis, nel medesimo art. 35, comma 5, CAD.

 

L’articolo 33-octies, introdotto dal Senato, rece norme in merito al superamento del dissenso espresso in sede di conferenza dei servizi da una regione o provincia autonoma in una materia di propria competenza. La disciplina introdotta prevede che qualora il motivato dissenso sia espresso da una Regione o da una Provincia autonoma in una delle materie di propria competenza, ai fini del raggiungimento dell’intesa, entro trenta giorni dalla rimessione della questione alla delibera del Consiglio dei Ministri, viene indetta una riunione dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri con la partecipazione della medesima Regione o Provincia autonoma, degli enti locali e delle amministrazioni interessate, attraverso un unico rappresentante legittimato, dall’organo competente, ad esprimere in modo vincolante la volontà dell’amministrazione sulle decisioni di competenza.

Se l’intesa non è raggiunta nel termine di ulteriori trenta giorni, è indetta una seconda riunione dalla Presidenza del Consiglio con le medesime modalità della prima, per concordare interventi di mediazione, valutando anche le soluzioni progettuali alternative a quella originaria.Ove non sia comunque raggiunta l’intesa, in un ulteriore termine di trenta giorni, le trattative, con le medesime modalità delle precedenti fasi, sono finalizzate a risolvere e comunque a individuare i punti di dissenso.

Questa fase procedurale non appare chiaramente scandita dalla disposizione in esame. In particolare non risulta chiaro se il termine di 30 giorni sia riferito al raggiungimento dell’intesa (come sembrerebbe per simmetria con la disposizione sull’esito della prima riunione) o allo svolgimento delle trattative; inoltre il riferimento allo svolgimento delle trattative con le medesime modalità delle precedenti fasi sembrerebbe rendere necessaria l’indizione di una o più riunioni.

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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[1] Ai sensi dell’art. 30, comma 1,della legge 11 marzo 1953, n. 87, Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale, la sentenza che dichiara l'illegittimità costituzionale di una legge o di un atto avente forza di legge dello Stato o di una Regione, entro due giorni dal suo deposito in Cancelleria, è trasmessa, di ufficio, al Ministro di grazia e giustizia od al Presidente della Giunta regionale affinché si proceda immediatamente e, comunque, non oltre il decimo giorno, alla pubblicazione del dispositivo della decisione nelle medesime forme stabilite per la pubblicazione dell'atto dichiarato costituzionalmente illegittimo.