Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Utilizzo dei termini 'cuoio', 'pelle' e 'pelliccia' e di quelli da essi derivanti o loro sinonimi A.C. 5584 -Elementi per la valutazione degli aspetti di legittimità costituzionale
Riferimenti:
AC N. 5584/XVI     
Serie: Note per la I Commissione affari costituzionali    Numero: 475
Data: 04/12/2012
Descrittori:
PELLAMI E PELLICCE     
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni

 

4 dicembre 2012

 

n. 475

Utilizzo dei termini 'cuoio', 'pelle' e 'pelliccia' e di quelli da essi derivanti o loro sinonimi

A.C. 5584

Elementi per la valutazione degli aspetti di legittimità costituzionale

Numero del progetto di legge

5584

Titolo

Nuove disposizioni in materia di utilizzo dei termini «cuoio», «pelle» e «pelliccia» e di quelli da essi derivanti o loro sinonimi

Iniziativa

parlamentare

Iter al Senato

Si (A.S. 2642)

Numero di articoli

5

Date:

 

adozione quale testo base

-

richiesta di parere

28 novembre 2012

Commissione competente

X (Attività produttive)

Sede e stato dell’iter

Referente

Iscrizione nel programma dell’Assemblea

No

 

 


Contenuto

Il provvedimento, approvato dal Senato il 14 novembre, reca talune norme in materia di utilizzo dei termini “cuoi”, “pelle” e “pelliccia”, già disciplinati dalla legge 16 dicembre 1966, n.1112, di cui si dispone l’abrogazione.

In particolare l’articolo 1:

§   definisce nuovamente il cuoio e la pelle, confermando che deve trattarsi di prodotti ottenuti dalla lavorazione di spoglie di animali sottoposte a trattamento di concia o impregnate in modo tale da conservare inalterata la struttura delle fibre; aggiunge, rispetto alla formulazione contenuta nella legge 1112/1966, che tali prodotti possono essere con o senza pelo e che eventuali strati ricoprenti di altro materiale devono essere di spessore uguale o inferiore a 0,15 millimetri. Tali caratteristiche devono essere possedute anche nel caso in cui i termini “cuoio” o “pelle” siano tradotti in una lingua diversa dall’italiano (comma 1);

§   riproduce la definizione di “pelliccia” contenuta nell’art. 2 della L. n.1112/1966, riservando il termine esclusivamente ai prodotti ottenuti dalle spoglie di animali sottoposte ad un trattamento di concia o in modo tale da conservare inalterata la struttura naturale delle fibre, ed aggiungendo che tale riserva si applica anche in caso il termine pelliccia sia tradotto in lingua diversa dall’italiano (comma 2);

§   aggiunge che le definizioni riportate nei commi 1 e 2 si applicano anche nei casi in cui i termini “cuoio”, “pelle” e “pelliccia” sia utilizzati come aggettivi, sostantivi o inseriti come prefissi o suffissi in altre parole (comma 3);

§   prevede che con un decreto del Ministero (rectius Ministro) dello sviluppo economico siano definite le specifiche tecniche dei rigenerati da fibre di cuoio realizzati mediante processi di disintegrazione meccanica o di riduzione chimica di particelle fibrose, poi trasformati in fogli; per tali prodotti viene disposto il divieto di utilizzo dei termini “cuoio”, “pelle” e “pelliccia”.

L’articolo 2 prevede che le imprese specializzate nella lavorazione dei prodotti ottenuti dalle spoglie di animali, così come definiti dall’articolo 1, siano soggette alle disposizioni vigenti in materia di tutela della salute dei consumatori, dei diritti dei lavoratori e dell'ambiente, secondo modelli di organizzazione, di gestione e di lavorazione certificati da enti terzi all'uopo accreditati secondo le vigenti normative nazionali ed internazionali.

In Italia l'attività di normazione è svolta dall'UNI (Ente nazionale italiano di unificazione) e dal CEI (Comitato elettrotecnico italiano) che rappresentano l'Italia presso gli enti di normazione a livello comunitario (CEN e CENELEC) e a livello internazionale (ISO - International Organization for Standardization e IEC - International Electrotechnical Commission).

Infine è prevista la possibilità per le associazioni dei produttori, dei consumatori e dei lavoratori maggiormente rappresentative di riunirsi in consorzi per garantire l'origine geografica, la natura e la qualità dei prodotti di cui all'articolo 1.

L’articolo 3 riproduce con qualche modifica l’art. 3 della L. 1112 del 1966 che già prevede il divieto di mettere in vendita o altrimenti in commercio, con i termini cuoio, pelle, pelliccia, prodotti che non siano ottenuti esclusivamente da spoglie animali, sottoposte ai trattamenti di cui all’art. 1 per il cuoio e la pelle, lavorate appositamente per la conservazione delle sue caratteristiche naturali, per la pelliccia.

Più in particolare, l’articolo 3 del provvedimento in esame conferma il divieto di vendere prodotti con tali denominazioni se non ottenuti da spoglie animali lavorate appositamente per la conservazione delle loro caratteristiche naturali (in tal senso accomuna le due categorie, quella del cuoio e della pelle, e quella della pelliccia tenute, invece, distinte nella L. 1112/1966) aggiungendo che tale divieto si applica anche nel caso in cui tali termini siano usati come aggettivi e sostantivi, inseriti quali prefissi o suffissi o sotto nomi generici di “pellame”, “pelletteria” o “pellicceria” ed anche se tradotti in lingua diversa dall’italiano (comma 1). Il comma 2 aggiunge che per i prodotti ottenuti da lavorazioni in Paesi esteri che comunque utilizzano la dicitura italiana dei termini “cuoi”, “pelle” e “pelliccia”, l’etichetta deve indicare lo Stato di provenienza.

Si rammenta, al riguardo, che l’art. 4 della L. 1112/1966 prevede l’applicazione delle definizione e dei divieti disposti dal provvedimento anche ai prodotti importati dall’estero; con l’approvazione delle nuove disposizioni, tale norma cesserà di avere vigore.

L’articolo 4 modifica l’entità della sanzione amministrativa prevista dall’art. 5 della L. 1112/1966 in caso di violazione dei divieti ivi previsti, prevedendo che la stessa consista nel pagamento di una sanzione che consiste nel pagamento di una somma non inferiore ad 10.000 euro e non superiore a 50.000 euro, unitamente al sequestro amministrativo della merce (attualmente l’art. 5 della L. 1112/1966 prevede una sanzione consistente nel pagamento di una somma non inferiore a 60.000 e non superiore a 1.500.000 lire). Viene, altresì, prevista anche la legittimazione ad agire a favore delle associazioni di categoria maggiormente rappresentative e regolarmente costituite.

Con l’articolo 5, infine, viene abrogata la legge 16 dicembre 1966, n. 1112, ed è prevista la clausola di invarianza dei saldi di finanza pubblica.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

La determinazione merceologica di alcune tipologie di beni ed i correlati divieti di vendita interessano prevalentemente la materia tutela della concorrenza che l’art. 117, secondo comma, della Costituzione, riserva alla competenza esclusiva dello Stato.

 

Può al riguardo richiamarsi la giurisprudenza costituzionale in tema di marchi e segni distintivi e, in particolare, la sentenza n. 368/2008.

Nella citata sentenza la Corte ha rilevato la sostanziale convergenza della disciplina di tutti i segni distintivi verso una identica funzione e la molteplicità degli interessi dalla stessa tutelati. Si tratta di una convergenza agevolmente desumibile dalle norme nazionali che, tra l'altro, hanno ricondotto alla «proprietà industriale» i molteplici segni distintivi, stabilendo il principio dell'unitarietà degli stessi (artt. 1 e 22 del d.lgs. n. 30 del 2005), in quanto tutti costituiscono mezzi di designazione e presentazione di un prodotto, occorrendo che la loro regolamentazione sia ispirata al divieto di inganno dei consumatori, alla tutela degli imprenditori ed all'esigenza di garantire la corretta e libera esplicazione dell'iniziativa economica.

La Corte ha pertanto dichiarato l’illegittimità costituzionale di una disposizione di una legge della Regione Friuli-Venezia Giulia (art. 1 L.R. 2 ottobre 2007, n. 24) relativa all’uso della denominazione “Tocai Friulano”. Secondo la Corte, «la norma impugnata, in considerazione del suo contenuto e del suo obiettivo, incide su molteplici interessi: dei produttori, dei consumatori, della collettività al rispetto del principio di verità, del corretto svolgimento della concorrenza, interferendo in tal modo in una molteplicità di materie. Siffatta interferenza va composta facendo ricorso al criterio della prevalenza (tra le molte, sentenze n. 165 del 2007; n. 422 e n. 81 del 2006), che è qui applicabile, poiché risulta evidente l'appartenenza del nucleo essenziale della disciplina a materie diverse dall'agricoltura (tutela della concorrenza, ordinamento civile), nessuna delle quali è attribuita alla resistente, con conseguente illegittimità della norma impugnata.»

 

Attribuzione di poteri normativi

L’art. 1, co. 4, prevede che con decreto del Ministro dello sviluppo economico, da emanarsi entro 90 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento in esame, siano definite alcune specifiche tecniche.

 


 

Servizio Studi – Dipartimenti Istituzioni e Attività produttive

( 066760-9475 – *st_istituzioni@camera.it

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: cost475-AC5584.doc