Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Interventi a favore delle gestanti e madri per garantire il segreto del parto alle donne che non intendono riconoscere i loro nati - A.C. 3303 - Elementi per la valutazione degli aspetti di legittimità costituzionale
Riferimenti:
AC N. 3303/XVI     
Serie: Note per la I Commissione affari costituzionali    Numero: 460
Data: 14/11/2012
Descrittori:
DISCONOSCIMENTO DI PATERNITA'   GRAVIDANZA E PUERPERIO
RICONOSCIMENTO DI FIGLI NATURALI   TUTELA DELLA RISERVATEZZA
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni

 

14 novembre 2012

 

n. 460

Interventi a favore delle gestanti e madri per garantire
il segreto del parto alle donne che non intendono
riconoscere i loro nati

A.C. 3303

Elementi per la valutazione degli aspetti di legittimità costituzionale

 

Numero del progetto di legge

A.C. 3303

Titolo

Norme riguardanti interventi in favore delle gestanti e delle madri volti a garantire il segreto del parto alle donne che non intendono riconoscere i loro nati

Iniziativa

Parlamentare

Iter al Senato

No

Numero di articoli

1

Date:

 

adozione quale testo base

31 luglio 2012

richiesta di parere

7 novembre 2012

Commissione competente

XII Commissione affari sociali

Sede e stato dell’iter

Sede referente, concluso l’esame degli emendamenti.

Iscrizione nel programma dell’Assemblea

No

 

 


Contenuto

La proposta di legge A.C. 3303 (Lucà ed altri) stabilisce norme ed interventi in favore delle gestanti e delle madri per garantire il segreto del parto alle donne che non intendono riconoscere i loro nati. Essa, inizialmente abbinata alla proposta di legge A.C. 1266 (d’iniziativa del Consiglio regionale del Piemonte), è stata adottata come testo base nella seduta del 31 luglio scorso.

 

In proposito va ricordato che la vigente normativa consente alla madre di non riconoscere il bambino e di lasciarlo nell’Ospedale dove è nato (DPR 396/2000, art. 30) affinché sia assicurata l’assistenza e anche la sua tutela giuridica. Il nome della madre rimane per sempre segreto e nell’atto di nascita del bambino viene scritto “nato da donna che non consente di essere nominata”. L’effettività del segreto così disciplinato è garantito da altre norme. In particolare, l’articolo 93 del Codice per la protezione dei dati personali (D.Lgs 196/2003) prevede, nel caso in cui sia stata fatta la dichiarazione di non menzione, per il rilascio del certificato di assistenza al parto o della cartella clinica, particolari cautele volte a impedire che la madre possa essere identificata. Lo stesso articolo 93 protegge temporalmente il diritto della madre al segreto sulle proprie generalità fino a cento anni dalla formazione del certificato di assistenza al parto.

Molte regioni ed in particolare alcune città italiane, per prevenire il fenomeno dell'abbandono traumatico del neonato, hanno promosso campagne informative in proposito, potenziando i servizi a tutela della donna in difficoltà e orientando gli ospedali più specializzati a seguire il parto in anonimato. Tempestive e adeguate informazioni alla donna in gravidanza e interventi concreti in suo aiuto, di tipo sociale, economico e psicologico, permettono di garantire il diritto alla salute della gestante e del nascituro, un parto protetto nella struttura ospedaliera e la possibilità di esercitare una libera, cosciente e responsabile scelta da parte della donna, se riconoscere o meno il bambino.

L’immediata segnalazione alla Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni della situazione di abbandono del neonato non riconosciuto, permette l’apertura di un procedimento di adottabilità e la sollecita individuazione di un’idonea coppia adottante. Il neonato vede così garantito il diritto a crescere ed essere educato in famiglia e assume lo status di figlio legittimo dei genitori che lo hanno adottato.

Nella segnalazione e in ogni successiva comunicazione all’autorità giudiziaria devono essere omessi elementi identificativi della madre.La madre che ha particolari e gravi motivi che le impediscono di formalizzare il riconoscimento, può chiedere al Tribunale per i Minorenni presso il quale è aperta la procedura per la dichiarazione di adottabilità del neonato, un periodo di tempo per provvedere al riconoscimento.

In questi casi la sospensione della procedura di adottabilità può essere concessa per un periodo massimo di due mesi, nel quali la madre deve mantenere con continuità il rapporto con il bambino.

Il riconoscimento può essere fatto dal genitore che abbia compiuto 16 anni. Nel caso di madre non ancora sedicenne, impossibilitata quindi al riconoscimento, ma che voglia occuparsi del figlio, la procedura di adottabilità è sospesa anche d’ufficio sino al compimento del 16° anno, purché il minore, adeguatamente accudito, abbia un rapporto continuativo con la madre (artt. 8 e ss. della legge n. 184/1983).

 

Obbiettivo del provvedimento è quello di assicurare un’idonea assistenza alla donna in difficoltà, offrendo alla gestante la possibilità di riflettere, verificare e decidere con serenità e autonomia e con le opportune informazioni circa gli aiuti che possono esserle offerti in merito al riconoscimento o meno del nuovo nato.

Infatti la donna ha diritto a non essere lasciata sola né prima, né durante né dopo il parto e spesso l’intervento assistenziale di supporto è necessario oltre che per le gestanti anche per le madri coniugate con situazioni personali e familiari difficili.

La proposta di legge si compone di un unico articolo.

Essa rimette alle regioni e province autonome, in attuazione delle disposizioni di cui al comma 5 dell’articolo 8 della legge 328/2000 (Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali) il compito di assicurare l’informazione, la consulenza e le prestazioni socio-assistenziali diurne e residenziali occorrenti alle gestanti e alle madri che necessitano di un sostegno specifico in ordine al riconoscimento o meno dei loro nati e alla garanzia della segretezza del parto.

 

Il comma 5 del citato articolo 8, rimette alla legge regionale la disciplina del trasferimento ai comuni o agli enti locali delle funzioni in materia di assistenza degli illegittimi, abbandonati o esposti all'abbandono (di cui al regio decreto-legge 8 maggio 1927, n. 798, convertito dalla legge 6 dicembre 1928, n. 2838), e in materia sanitaria e socio-assistenziale (di cui al decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 9, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 marzo 1993, n. 67). Con la medesima legge le regioni disciplinano il trasferimento ai comuni e agli enti locali delle risorse umane, finanziarie e patrimoniali per assicurare la copertura degli oneri derivanti dall'esercizio delle funzioni sociali trasferite utilizzate alla data di entrata in vigore della presente legge per l'esercizio delle funzioni stesse.

 

La promozione dei citati interventi, qualificati come livello essenziale delle prestazioni ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, è affidata agli enti locali titolari delle funzioni socio-assistenziali di cui alla legge 328/2000, secondo le modalità stabilite dalle leggi delle regioni e delle province autonome; essi riguardano anche la garanzia alle partorienti e ai loro nati della continuità socio-assistenziale e del sostegno del loro reinserimento sociale. Se effettuati in favore dei neonati non riconosciuti sono garantiti fino all’adozione definitiva.

Gli interventi sono erogati, senza formalità, su semplice richiesta delle donne interessate indipendentemente dalla loro nazionalità e residenza anagrafica.

Nel corso dell’esame in sede referente è stato approvato un emendamento che, abrogando il comma 2 dell’articolo 9 della legge n. 40/2004[1], è diretto a consentire l’esercizio della facoltà di non essere nominata anche alla madre del nato a seguito dell'applicazione di tecniche di procreazione medicalmente assistita.

 

Relazioni allegate

Si tratta di una proposta di legge parlamentare, corredata, pertanto, della sola relazione illustrativa.

 

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

La proposta di legge interviene a stabilire alcuni principi in tema di interventi in favore delle gestanti e delle madri che necessitano di un sostegno specifico in ordine al riconoscimento o meno dei loro nati e alla garanzia della segretezza del parto, qualificandoli come livello essenziale delle prestazioni.

 

Essa appare pertanto riconducibile alla materie determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, di competenza esclusiva statale e servizi sociali, di competenza residuale regionale.

 

Si ricorda che secondo la giurisprudenza costituzionale, l’attribuzione allo Stato della competenza esclusiva in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazionisi riferisce alla fissazione dei livelli strutturali e qualitativi di prestazioni che, concernendo il soddisfacimento di diritti civili e sociali, devono essere garantiti, con carattere di generalità, a tutti gli aventi diritto (ex plurimis, sentenze n. 248 del 2011, n. 322 del 2009; n. 168 e n. 50 del 2008).

Non si tratta, dunque, di una «materia» in senso stretto, bensì di una competenza trasversale, idonea cioè ad investire tutte le materie.

Siffatto parametro costituzionale consente, infatti, una restrizione dell’autonomia legislativa delle Regioni, giustificata dallo scopo di assicurare un livello uniforme di godimento dei diritti civili e sociali tutelati dalla stessa Costituzione (sentenza n. 387 del 2007) e, appunto per questo, esso, da un lato, non permette allo Stato di individuare il fondamento costituzionale della disciplina di interi settori materiali (sentenze n. 383 e n. 285 del 2005). Dall’altro, può, invece, essere invocato anche nei particolari casi in cui la determinazione del livello essenziale di una prestazione non permetta, da sola, di realizzare utilmente la finalità di garanzia dallo stesso prevista, espressiva anche dello stretto legame esistente tra tale parametro ed i principi di cui agli artt. 2 e 3, comma secondo, Cost., che garantiscono i diritti inviolabili dell’uomo e l’uguaglianza in senso sostanziale dei cittadini (sentenza n. 10 del 2010).

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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File: cost460-AC3303.doc



[1] Norme in materia di procreazione medicalmente assistita