Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo delle società quotate in mercati regolamentati - A.C. 2426-2956-B - Elementi per la valutazione degli aspetti di legittimità costituzionale
Riferimenti:
AC N. 2956-B/XVI   AC N. 2426-B/XVI
Serie: Note per la I Commissione affari costituzionali    Numero: 276
Data: 30/03/2011
Descrittori:
ORGANI DELLA SOCIETA'   PARITA' TRA SESSI
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni

 

30marzo 2011

 

n. 276

Parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo delle società quotate in mercati regolamentati

A.C. 2426-2956-B

Elementi per la valutazione degli aspetti di legittimità costituzionale

 

Numero del progetto di legge

A.C. 2426-2956-B

Titolo

Modifiche al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, concernenti la parità di accesso agli organi di amministrazione e di controllo delle società quotate in mercati regolamentati (approvata, in un testo unificato, dalla VI Commissione permanente della Camera e modificata dal Senato)

Iniziativa

Parlamentare

Iter al Senato

Si (A.S. 2482)

Numero di articoli

5

Date:

 

adozione quale testo base

-

richiesta di parere

29 marzo 2011

Commissione competente

VI Commissione (Finanze)

Sede e stato dell’iter

In corso d’esame in Commissione

Iscrizione nel programma dell’Assemblea

No

 


Contenuto

La proposta di legge in esame, preso atto della scarsa rappresentatività delle donne nella veste di consiglieri di amministrazione e di componenti degli organi di controllo delle società per azioni quotate nei mercati regolamentati, interviene a integrare il d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, recante il testo unico dell’intermediazione finanziari (TUF) al fine di bilanciare la rappresentanza tra generi in seno ai consigli di amministrazione e agli organi di controllo delle suddette società.

 

La proposta, approvata alla Camera il 2 dicembre 2010, è stata approvata dal Senato il 15 marzo scorso.

 

Le disposizioni in commento prevedono un “doppio binario” normativo: per le società quotate non controllate da Pubbliche Amministrazioni, la disciplina in materia di equilibrio di genere è recata puntualmente da norme di rango primario. Le disposizioni introdotte sono applicabili anche alle società a controllo pubblico, ma per queste ultime la normativa di dettaglio è affidata ad un apposito regolamento, con la finalità di garantire una disciplina uniforme per tutte le società interessate.

L’articolo 1 della proposta (modificato nel corso dell’esame del provvedimento al Senato), integra l'articolo 147-ter del TUF, norma che reca disposizioni relative all’elezione e alla composizione del consiglio di amministrazione. Viene aggiunto in particolare un comma 1-ter al suddetto articolo, ai sensi del quale lo statuto delle società deve prevedere che il riparto degli amministratori da eleggere venga effettuato in base a un criterio che assicuri l'equilibrio tra i generi. Tale equilibrio si intende raggiunto quando il genere meno rappresentato all'interno dell'organo amministrativo ottenga almeno un terzo degli amministratori eletti.

Nella formulazione del testo approvata dalla Camera, il mancato rispetto di tale prescrizione comportava la decadenza dalla carica dei componenti eletti.

La nuova formulazione del testo istituisce un’articolata procedura per l’ipotesi in cui il CdA eletto non rispetti i predetti criteri di equilibrio dei generi.

La CONSOB emette a tal fine una prima diffida nei confronti della società inottemperante, affinché si adegui entro il termine massimo di quattro mesi. L’inottemperanza a tale diffida implica l’applicazione di una sanzione pecuniaria amministrativa (da 100.000 euro a 1 milione di euro), secondo criteri e modalità stabiliti con regolamento CONSOB, e la fissazione di un ulteriore termine di tre mesi per adempiere. La sanzione della decadenza dei membri del CdA consegue all’inosservanza di tale ultima diffida.

Le norme proposte affidano allo statuto societario la disciplina delle modalità di formazione delle liste e dei casi di sostituzione in corso di mandato, al fine di garantire l’equilibrio dei generi. Con regolamento, la CONSOB statuisce in materia di violazione, applicazione e rispetto delle disposizioni in materia di quote di genere, anche in riferimento alla fase istruttoria e alle procedure da adottare.

Si ribadisce (analogamente al testo approvato alla Camera) l’applicazione delle norme in esame alle società organizzate secondo il sistema “monistico”, (di cui all’articolo 2409-sexiesdecies e seguenti del codice civile) ovvero alle società in cui quali – per espressa previsione statutaria – l’assemblea elegge un unico consiglio di amministrazione, cui spetta la gestione dell’impresa, che nomina al suo interno un comitato di controllo sul corretto esercizio dell’amministrazione. Nel modello dualistico, l’assemblea elegge separatamente gli organi di amministrazione e di controllo; nel modello di governance monistico, i controllori sono emanazione dei controllati.

Il comma 2 dell’articolo 1 aggiunge un comma 1-bis al successivo articolo 147-quater del TUF (che fissa i requisiti richiesti ai componenti del consiglio di gestione). In particolare si estende anche al consiglio di gestione, ove costituito da almeno tre membri, le disposizioni in materia di equilibrio di genere già esaminate per il consiglio di amministrazione della società.

Il comma 3 dell’articolo 1 alla lettera a) propone alcune modifiche all’articolo 148 del TUF, disposizione che riguarda la composizione degli organi di controllo societario. Sono proposte disposizioni analoghe a quanto previsto per l’equilibrio di genere nei CdA: nel dettaglio, l’atto costitutivo della società deve stabilire che il riparto dei membri del collegio sindacale sia effettuato in base a un criterio che assicuri l'equilibrio tra i generi (intendendosi tale equilibrio raggiunto ove il genere meno rappresentato all'interno dell'organo amministrativo ottenga almeno un terzo degli amministratori eletti).

Anche per tale organo il testo approvato dalla Camera sanzionava il mancato rispetto delle suddette prescrizioni con la decadenza dalla carica dei componenti eletti. Nella formulazione approvata dal Senato, l’inserito comma 1-bis dell’articolo 148 prevede una procedura articolata di diffida analoga a quella già illustrata al comma 1 dell’articolo in commento per i consigli di amministrazione (tranne che per l’ammontare della sanzione pecuniaria, che in tal caso va da 20.000 a 200.000 euro, e per il fatto che in questo caso le modalità e i criteri di applicazione della sanzione non sono affidati a un regolamento CONSOB).

L’articolo 2 della proposta dispone in merito alla decorrenza dell’applicazione delle norme proposte. Nel testo approvato dalla Camera, si prevedeva che le disposizioni trovassero applicazione dal primo rinnovo degli organi di amministrazione e controllo delle società quotate e, comunque, non prima di sei mesi dall’entrata in vigore della legge medesima.

Nel testo approvato dal Senato, la decorrenza è posticipata al primo rinnovo dei predetti organi successivo ad un anno dall’entrata in vigore delle disposizioni introdotte.

Sono inoltre previste norme transitorie per il primo mandato degli organi eletti secondo le nuove prescrizioni, al fine di renderne graduale l’applicazione: in tale caso, almeno un quinto degli organi amministrativi e di controllo societario devono essere riservati al genere meno rappresentato.

La lettera b) del comma 3 estende le suddette prescrizioni anche al consiglio di sorveglianza.

L’articolo 3 estende le disposizioni in commento anche alle società a controllo pubblico non quotate. Rispetto al testo approvato alla Camera, la formulazione approvata dal Senato demanda però a un regolamento (ai sensi dell’articolo 17, comma 1 della legge 400/1988: con la forma di decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri e sentito il parere del Consiglio di Stato) la definizione di termini e modalità di attuazione delle prescrizioni in tema di equilibrio dei generi negli organi di amministrazione e controllo delle società pubbliche, con lo scopo di recare una disciplina uniforme per tutte le società interessate. Al predetto regolamento è affidata la disciplina della vigilanza sull’applicazione delle norme introdotte, nonché delle forme e dei termini dei provvedimento ivi previsti e le modalità di sostituzione dei componenti decaduti.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

La proposta di legge interviene nelle materie ordinamento civile  e mercati finanziari, riservate alla competenza legislativa esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma , lettere e) ed l), Cost.).

Rapporto con gli altri princìpi costituzionali

Oltre all’articolo 3 della Costituzione, che sancisce il principio di uguaglianza, devono essere richiamati gli articoli 51 e 41 della Costituzione.

L'articolo 51 della Costituzione, al primo comma (come riformulato dalla legge costituzionale n. 1 del 2003), riconosce, seppur con riferimento alle cariche elettive e agli altri uffici pubblici, il diritto del cittadino di accedere alle medesime in condizioni di eguaglianza. A tal fine «la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini».

In materia societaria, inoltre, viene in rilievo l’articolo 41 della Costituzione sulla libertà di iniziativa economica privata, in relazione alla quale indirizzi consolidati della giurisprudenza costituzionale fanno presente che si tratta di libertà non riconosciuta dalla Costituzione in modo assoluto, ma solo entro i limiti fissati del secondo comma dell’articolo 41, che richiama altrettanti principi costituzionali, quali la libertà, la sicurezza, la dignità umana e l’utilità sociale.

 

Nel parere espresso nel corso dell’esame in prima lettura del provvedimento, il Comitato permanente per i pareri della I Commissione ha rilevato che il testo, che riguarda gli organi di società private, sembra rispondere al nucleo di principi desumibili dall'articolo 51 della Costituzione ed estendibili anche a fattispecie differenti rispetto a quelle esplicitamente richiamate; dopo aver richiamato la Risoluzione 10 febbraio 2010 del Parlamento europeo sulla parità tra donne e uomini nell'Unione europea, il Comitato ha rilevato che la finalità del provvedimento è quella di porre in essere azioni «positive» che, secondo la Corte Costituzionale (sentenza n. 109 del 1993) «costituiscono il principale strumento a disposizione del legislatore per attuare il dovere - che l'articolo 3, comma secondo, della Costituzione assegna alla Repubblica - di assicurare uno statuto effettivo di pari opportunità di inserimento sociale, economico e politico a categorie di persone socialmente svantaggiate, fondamentalmente quelle riconducibili ai divieti di discriminazione espressi nel primo comma dello stesso articolo 3 (sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali)»; tenuto conto, in particolare, che secondo la Corte, dette «azioni positive» - in quanto dirette ad equilibrare situazioni di sostanziale disparità di condizioni - comportano l'adozione di discipline giuridiche differenziate a favore delle categorie sociali svantaggiate, anche in deroga al generale principio di formale parità di trattamento stabilito nell'articolo 3, comma primo, della Costituzione. Il Comitato ha infine sottolineato come le misure recate si applichino limitatamente alla durata di tre mandati degli organi societari, configurandosi, pertanto, come misura sperimentale a carattere temporaneo.

 

Deve altresì essere richiamato l’articolo 23 della Carte dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che prevede che la parità tra uomini e donne deve essere assicurata in tutti i campi, compreso in materia di occupazione, di lavoro e di retribuzione. Il principio della parità non osta al mantenimento o all'adozione di misure che prevedano vantaggi specifici a favore del sesso sottorappresentato.

 

Si ricorda altresì che il Parlamento europeo, in data 8 marzo 2011, ha approvato una risoluzione sulla parità tra donne e uomini nell'Unione europea, che, al punto 51:

-          ricorda che solamente nel 3% delle grandi imprese figura una donna come responsabile del loro organo di decisione suprema;

-          cita a questo proposito l'esempio della Norvegia, che applica con successo dal 2003 una politica delle quote volta a stabilire una parità nei consigli di amministrazione delle imprese, esempio seguito attualmente dalla Spagna e dalla Francia;

-          invita gli Stati membri a adottare delle misure efficaci, ad esempio le quote, che garantiscano una migliore rappresentatività delle donne nelle grandi società quotate in borsa e nei consigli di amministrazione delle imprese in generale, con particolare riferimento a quelle a partecipazione pubblica.

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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