Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Misure contro la durata indeterminata dei processi - A.C. 3137 - Elementi per la valutazione degli aspetti di legittimità costituzionale
Riferimenti:
AC N. 3137/XVI     
Serie: Note per la I Commissione affari costituzionali    Numero: 272
Data: 23/03/2011
Descrittori:
PROCESSO PENALE   TERMINI NEL PROCESSO PENALE
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni

 

23 Marzo 2011

 

n. 272

Misure contro la durata indeterminata dei processi

A.C. 3137

Elementi per la valutazione degli aspetti di legittimità costituzionale

 

Numero del progetto di legge

AC 3137

Titolo

Misure per la tutela del cittadino contro la durata indeterminata dei processi, in attuazione dell'articolo 111 della Costituzione e dell'articolo 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali

Iniziativa

On. Gasparri ed altri

Iter al Senato

Sì (A.S. 1880)

Numero di articoli

 

Date:

 

richiesta di parere

22 marzo 2011

Commissione competente

II (Giustizia)

Sede e stato dell’iter

Trasmesso alle Commissioni per il parere

Iscrizione nel programma dell’Assemblea

28 marzo 2011

 

 


Contenuto

Il provvedimento, che reca misure per la tutela del cittadino contro la durata indeterminata dei processi consta, di sei articoli

 

Nel corso dell’esame in sede referente sono stati soppressi gli articoli 1, 4, 7, 8 e 9.

 

L’articolo 1 novellava la legge n. 89 del 2001 (legge Pinto) in materia di procedure di equo indennizzo nel caso di violazione del diritto alla ragionevole durata del processo; l’articolo 4 interveniva in materia di ragionevole durata del giudizio di responsabilità contabile; l’art. 7 prevedeva un meccanismo di monitoraggio per valutare l'impatto finanziario derivante dall'applicazione della nuova legge; l’articolo 8 prevedeva l’applicabilità anche ai procedimenti per responsabilità amministrativa degli enti dipendente da reato del meccanismo di estinzione del processo per decorso dei termini di fase contemplato dal testo originario dell’articolo 5; l’articolo 9, nell’ambito delle disposizioni transitorie, prevedeva un meccanismo di estinzione dei processi in corso in primo grado relativi ai reati commessi fino al 2 maggio 2006, puniti con pena pecuniaria o con pena detentiva, inferiore nel massimo a dieci anni di reclusione, diversi da quelli rientranti nelle esclusioni previste dalla legge sull’indulto.

 

L’art. 2 assoggetta al pagamento di un contributo unificato di 70 euro i processi per equa riparazione previsti dalla legge Pinto (attualmente esenti).

 

L’art. 3 reca una norma di interpretazione autentica che chiarisce la portata di una disposizione transitoria in materia di procedimento per danno erariale introdotta dall’art. 17, c. 30-ter, del decreto-legge 78/2009; essa è volta ad escludere dall’applicazione della relativa norma transitoria esclusivamente i casi in cui sia stata pronunciata sentenza “di merito” anche non definitiva.

 

L’articolo 4-bis, inserito a seguito dell’approvazione di un articolo aggiuntivo del relatore, novella il secondo comma dell’articolo 161 c.p., che disciplina gli effetti dell’interruzione della prescrizione del reato.

 

Gli atti giuridici in presenza dei quali la prescrizione si interrompe sono indicati dall’articolo 160, primo e secondo comma, c.p. (sentenza di condanna, decreto di condanna, ordinanza che applica le misure cautelari personali, ordinanza di convalida del fermo o dell'arresto, interrogatorio reso davanti al p.m. o al giudice, invito a presentarsi al p.m. per rendere l'interrogatorio, provvedimento di fissazione dell'udienza in camera di consiglio per la decisione sulla richiesta di archiviazione, richiesta di rinvio a giudizio, decreto di fissazione della udienza preliminare, ordinanza che dispone il giudizio abbreviato, decreto di fissazione della udienza per la decisione sulla richiesta di applicazione della pena, presentazione o citazione per il giudizio direttissimo, decreto che dispone il giudizio immediato, decreto che dispone il giudizio e il decreto di citazione a giudizio).

A seguito di interruzione della prescrizione il termine di prescrizione già decorso viene meno e comincia nuovamente a decorrere dal giorno dell’interruzione.

 

Il secondo comma dell’articolo 161 c.p. individua i limiti al prolungamento del tempo necessario a prescrivere che l’interruzione comporta. A seguito della riforma operata con la legge n. 205 del 2005, tali limiti si differenziano in funzione sia delle tipologie dei reati sia dei rei.

Con riferimento al primo profilo, il testo vigente esclude dal suo ambito di applicazione i reati di grave allarme sociale di cui all’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, c.p.p.

Con riferimento al secondo profilo, esso prevede che in nessun caso l’interruzione della prescrizione può comportare l’aumento:

 

Il testo emendato, da un lato, conferma l’eccezione per i reati di grave allarme sociale di cui all’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, c.p.p.; dall’altro riduce il limite del prolungamento del tempo necessario a prescrivere nella fattispecie generale (da un quarto ad un sesto) e introduce una disposizione specifica per un’ulteriore categoria di rei, ovvero i recidivi semplici di cui all’articolo 99, primo comma, c.p. (prevedendo il limite di un quarto).

Con specifico riferimento alla differenziazione dei limiti all’aumento del tempo necessario a prescrivere, la tabella seguente pone a raffronto la nuova disciplina con quella vigente:

 

 

Articolo 161, secondo comma, vigente

Articolo 161, secondo comma, novellato

 

Incensurati

Un quarto

Un sesto

 

 

Recidiva semplice (art. 99, primo comma, c.p.)

Un quarto

 

Recidiva aggravata (art. 99, secondo comma, c.p.)

Metà

Metà

 

Recidiva reiterata (art. 99, quarto comma)

Due terzi

Due terzi

 

Delinquenti abituali e professionali (artt. 102, 103 e 105)

Doppio

Doppio

 

Il comma 2 reca la disposizione transitoria, prevedendo l’inapplicabilità della novella all’articolo 161, secondo comma, c.p. nei procedimenti nei quali sia stata già pronunciata sentenza di primo grado alla data di entrata in vigore della legge.

 

L’articolo 5 è stato integralmente sostituito nel corso dell’esame in sede referente a seguito dell’approvazione di un emendamento del relatore.

Il testo approvato dal Senato, attraverso una novella al codice di procedura penale, disciplinava un meccanismo di estinzione dei processi penali a seguito del decorso di termini specificamente indicati, senza che il medesimo grado fosse stato definito. I “termini di fase” erano individuati con riferimento a ciascun grado del processo penale ed erano diversamente articolati in funzione della gravità del reato e, quindi della pena comminata.

Il testo della Commissione novella le disposizioni di attuazione del c.p.p. (e non il c.p.p.), inserendovi il nuovo Capo XVI-bis, costituito dal solo art. 205-quater. Esso conferma i termini di ciascun grado del processo contenuti nel testo approvato da Senato, ma all’inutile decorso dei medesimi ricollega non l’estinzione del processo penale, ma una comunicazione da parte del capo dell’ufficio giudiziario cui appartiene il giudice che procede al Ministro della giustizia e al procuratore generale preso la Corte di Cassazione.

Lo schema seguente riassume i termini e il dies a quo dei medesimi:

 

Fase

Pena pecuniaria o pena detentiva inferiore nel massimo a 10 anni

pena detentiva pari o superiore nel massimo a 10 anni di reclusione

Reati previsti dall’art. 51, commi 3-bis e 3-quater c.p.p.

Dies a quo

Giudizio di I grado

Tre anni

Quattro anni

Cinque anni

Esercizio dell’azione penale (formulazione dell’imputazione ai sensi dell’art. 405 c.p.p.)

Giudizio d’appello

Due anni

Due anni

Tre anni

Pronuncia della sentenza di primo grado

Giudizio di Cassazione

Un anno e sei mesi

Un anno e sei mesi

Due anni

Pronuncia della sentenza di appello

Gradi ulteriori

(nel caso di annullamento con rinvio)

Un anno

Un anno

Un anno e sei mesi

Sentenza con cui la Corte di cassazione ha annullato il provvedimento con rinvio.

 

Il nuovo art. 205-quater detta ulteriori disposizioni che prevedono: il limite temporale di tre mesi dal termine delle indagini preliminari entro il quale il P.M. deve assumere le proprie determinazioni in ordine all’azione penale;il prolungamento di tre mesi dei termini nel caso di modifica dell'imputazione ai sensi degli artt. 516, 517 e 518 c.p.p.; i casi di sospensione del decorso dei termini. Un’ulteriore ipotesi di sospensione è contenuta nel comma 2 dell’articolo 4-bis per il periodo del rinvio della trattazione del processo disposto ai sensi dell’articolo 2-ter, comma 1, del decreto-legge n. 92 del 2008 (legge n. 125 del 2008).

Il comma 3, infine, reca la norma transitoria, prevedendo in particolare l’inapplicabilità della disposizione ai processi in corso per i quali, alla data di entrata in vigore della legge, sia stato già emesso il provvedimento con cui il P.M. esercita l’azione penale formulando l’imputazione  ai sensi dell’articolo 405 c.p.p.

 

L’art. 6, novellando l’art. 23 c.p.p., prevede che, se in una fase antecedente alla dichiarazione di apertura del dibattimento, il giudice dichiara con sentenza l’esistenza di una causa di non punibilità in ordine al reato appartenente alla sua competenza per territorio, con la stessa sentenza dichiara la propria incompetenza in ordine al reato connesso e dispone contestualmente la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice competente.

 

L’articolo 10, infine, prevede l’entrata in vigore del provvedimento il giorno successivo a quello della sua pubblicazione in G.U.

 

Relazioni allegate

L’originario AS 1880 è corredato della relazione illustrativa.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Il contenuto del provvedimento è riconducibile alla materia “giurisdizione e norme processuali” di competenza esclusiva dello Stato(art. 117, 2° c., lett. l, Cost.).

Rispetto degli altri princìpi costituzionali

L’articolo 4-bis, comma 2, reca una disposizione transitoria, che prevede l’applicabilità della novella all’articolo 161, secondo comma, c.p., in materia di interruzione della prescrizione, ai soli procedimenti nei quali non sia stata ancora pronunciata sentenza di primo grado alla data di entrata in vigore della legge.

in materia si richiama la norma transitoria contenuta nell’articolo 10, comma 3, della legge n. 251 del 2005, che disponeva che se, per effetto delle nuove disposizioni, i termini di prescrizione fossero risultati più brevi, le stesse si sarebbero applicate “ai procedimenti e ai processi pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge, ad esclusione dei processi già pendenti in primo grado ove vi sia stata la dichiarazione di apertura del dibattimento, nonché dei processi già pendenti in grado di appello o avanti alla Corte di cassazione”. La Corte costituzionale è intervenuta con la sentenza n. 393 del 2006, dichiarando l’illegittimità dell’esclusione dei processi già pendenti in primo grado ove vi sia stata la dichiarazione di apertura del dibattimento.

La Corte richiama la sua precedente giurisprudenza che ha riconosciuto natura sostanziale alla prescrizione: da ciò deriva che tali norme, ove più favorevoli al reo, rispetto a quelle vigenti al momento della commissione del fatto, devono conformarsi, in linea generale, al principio della retroattività della norma più favorevole, previsto dall’articolo 2, quarto comma, c.p. e sancito anche a livello internazionale e a livello comunitario.

La Corte aggiunge che “tale principio non riceve nell'ordinamento la tutela privilegiata di cui all'art. 25, secondo comma, della Costituzione, in quanto la garanzia costituzionale, prevista dalla citata disposizione, concerne soltanto il divieto di applicazione retroattiva della norma incriminatrice, nonché di quella altrimenti più sfavorevole per il reo. Da ciò discende che eventuali deroghe al principio di retroattività della lex mitior, ai sensi dell'art. 3 Cost., possono essere disposte dalla legge ordinaria quando ricorra una sufficiente ragione giustificativa”. La Corte ritiene in contrasto con il principio di ragionevolezza la scelta del legislatore di individuare il momento della dichiarazione di apertura del dibattimento come discrimine temporale per l'applicazione delle nuove norme sui termini di prescrizione del reato nei processi in corso di svolgimento in primo grado. Secondo la Corte, infatti, “l'apertura del dibattimento non è in alcun modo idonea a correlarsi significativamente ad un istituto di carattere generale come la prescrizione, e al complesso delle ragioni che ne costituiscono il fondamento, legato al già menzionato rilievo che il decorso del tempo da un lato fa diminuire l'allarme sociale, e dall'altro rende più difficile l'esercizio del diritto di difesa (e ciò a prescindere del tutto dalla addebitabilità del ritardo nello svolgimento del processo)”.

La Corte costituzionale è nuovamente intervenuta sulla materia dichiarando l’infondatezza della questione di legittimità posta con riferimento all’esclusione dell'applicazione dei termini di prescrizione più brevi ai processi pendenti in appello alla data di entrata in vigore della medesima legge; la Corte ha osservato che «per tali processi, l'esclusione dell'applicazione retroattiva della prescrizione più breve non discende dall'eventuale verificarsi di un certo accadimento processuale, ma dal fatto oggettivo e inequivocabile che processi di quel tipo siano in corso ad una certa data» e ha aggiunto che tale scelta «mira ad evitare la dispersione delle attività processuali già compiute all'entrata in vigore della legge n. 251 del 2005, secondo cadenze calcolate in base ai tempi di prescrizione più lunghi vigenti all'atto del loro compimento, e così tutela interessi di rilievo costituzionale sottesi al processo (come la sua efficienza e la salvaguardia dei diritti dei destinatari della funzione giurisdizionale)» (sent. Corte cost. n. 72 del 2008 e successiva ordinanza Corte cost. n. 343 del 2008).

 

Con riferimento al titolo del provvedimento, che espressamente destina le misure previste dal testo esclusivamente ai “cittadini”, si ricorda che costante giurisprudenza costituzionale, con riferimento a vari settori normativi tra cui la materia processuale, afferma che il godimento dei diritti inviolabili dell’uomo non tollera discriminazioni fra la posizione del cittadino e quella dello straniero, anche con riferimento a pronunce della Corte europea dei diritti dell’uomo ( già a partire dalla sentenza n. 120 del 1967  fino alle più recenti sentenze n. 10 del 1993 e n. 105 del 2001 in materia di diritto alla difesa, nonché n. 299 del 2010 in tema di diritto alla salute)

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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File: cost272-AC3137.doc