Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Delega al Governo in materia di lavori usuranti e di riorganizzazione di enti, misure contro il lavoro sommerso e norme in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro A.C. 1441-quater-D
Riferimenti:
AC N. 1441-QUATER-D/XVI     
Serie: Note per la I Commissione affari costituzionali    Numero: 176
Data: 27/04/2010
Descrittori:
CONTROVERSIE DI LAVORO   LAVORO PESANTE
PUBBLICO IMPIEGO   RINVIO PRESIDENZIALE
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni

 

27 aprile 2010

 

n. 176

Delega al Governo in materia di lavori usuranti e di riorganizzazione di enti, misure contro il lavoro sommerso e norme in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro

A.C. 1441-quater-D

Elementi per la valutazione degli aspetti di legittimità costituzionale

 

Numero del progetto di legge

A.C. 1441-quater-D

Titolo

Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l'impiego, di incentivi all'occupazione,di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro (Rinviato alle Camere dal Presidente della Repubblica)

Iniziativa

Governo

Iter al Senato

Si

Numero di articoli

50 (di cui 5 oggetto del messaggio presidenziale)

Date:

 

adozione quale testo base

13 aprile 2010

richiesta di parere

21 aprile 2010

Commissione competente

XI Commissione (Lavoro)

Sede e stato dell’iter

Sede referente – concluso esame emendamenti

Iscrizione nel programma dell’Assemblea

Si (aprile)

 

 


Contenuto

Il disegno di legge A.C. 1441-quater-D, risultante dallo stralcio di alcuni articoli dell’originario A.C. 1441, è un provvedimento collegato alla manovra di finanza pubblica per gli anni 2009-2013. Il testo è stato approvato dalla Camera dei deputati, in prima lettura, il 28 ottobre 2008 (A.C. 1441-quater), dal Senato, in seconda lettura, il 26 novembre 2009 (A.S. 1167), dalla Camera dei deputati, in terza lettura, il 28 gennaio 2010 (AC 1441-quater-B) e, in via definitiva, dal Senato, il 3 marzo 2010 (AS 1167-B).

 

Il provvedimento è nuovamente all’esame della Camera dei deputati a seguito del rinvio del Presidente della Repubblica, con messaggio motivato del 31 marzo 2010, ai sensi dell’articolo 74 della Costituzione (Doc. I, n. 1).

 

L’articolo 74 della Costituzione prevede che il Presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione. Se le Camere approvano nuovamente la legge, questa deve essere promulgata.

 

Il messaggio presidenziale si sofferma, in particolare, sull'articolo 31, che modifica le disposizioni del codice di procedura civile in materia di conciliazione e arbitrato nelle controversie individuali di lavoro, e sull'articolo 20, in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro e di igiene del lavoro per il personale che presta la sua opera sul naviglio di Stato.

Esso rileva inoltre profili problematici con riferimento agli articoli 30, 32 e 50.

 

Per quanto concerne l’esame parlamentare, l’articolo 71 del Regolamento della Camera prevede che il riesame a seguito del rinvio presidenziale inizia presso la Camera che in precedenza lo ha approvato per prima. La Commissione competente riferisce all’Assemblea, la quale può limitare la discussione alle parti che formano oggetto del messaggio.

Al riguardo si fa presente che nella seduta del 14 aprile 2010 la XI Commissione ha deliberato la limitazione dell’esame alle sole parti oggetto del messaggio presidenziale di rinvio, ossia gli articoli 20, 30, 31, 32 e 50. Successivamente, nella seduta del 20 aprile 2010, l’Assemblea ha ratificato la decisione della Commissione.

 

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L'articolo 31 ridisegna la sezione del codice di procedura civile recante le disposizioni generali in materia di conciliazione e arbitrato nelle controversie individuali di lavoro (articoli da 409 a 412-quater).In sintesi, la disposizione trasforma il tentativo di conciliazione, attualmente obbligatorio, in una fase meramente eventuale, introduce una pluralità di mezzi di composizione delle controversie di lavoro alternativi al ricorso al giudice e rafforza le competenze delle commissioni di certificazione dei contratti di lavoro.

 

Il messaggio del Presidente della Repubblica riguarda in primo luogo il comma 9, relativo alla pattuizione di clausole compromissorie nei contratti di lavoro.

Dopo aver mostrato apprezzamento per l’introduzione nell'ordinamento di strumenti idonei a prevenire l'insorgere di controversie ed a semplificarne ed accelerarne le modalità di definizione, il messaggio sottolinea che occorre verificare attentamente che le disposizioni siano pienamente coerenti con i princìpi della volontarietà dell'arbitrato e della necessità di assicurare una adeguata tutela del contraente debole, costantemente affermati in numerose pronunce dalla Corte costituzionale.

La Corte costituzionale infatti ha innanzitutto dichiarato la illegittimità costituzionale delle norme che prevedono il ricorso obbligatorio all'arbitrato, poiché solo la concorde volontà delle parti può consentire deroghe al fondamentale principio di statualità ed esclusività della giurisdizione (articolo 102, primo comma, della Costituzione) e al diritto di tutti i cittadini di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi (articoli 24 e 25 della Costituzione). Inoltre, con riferimento ai rapporti nei quali sussiste un evidente, marcato squilibrio di potere contrattuale tra le parti, la Corte ha riconosciuto la necessità di garantire la «effettiva» volontarietà delle negoziazioni e delle eventuali rinunce, ancora una volta con speciale riguardo ai rapporti di lavoro ed alla tutela dei diritti del lavoratore in sede giurisdizionale.

Questa linea giurisprudenziale, ripresa e sviluppata dalla Corte di cassazione, ha condotto a far decorrere la prescrizione dei crediti di lavoro nei rapporti privi della garanzia della stabilità dalla cessazione del rapporto. Ciò in analogia con quanto previsto dall'articolo 2113 del codice civile in ordine alla decorrenza del termine per l'impugnazione di rinunce e transazioni che abbiano avuto ad oggetto diritti del prestatore di lavoro derivanti da disposizioni inderogabili della legge e dei contratti collettivi (si vedano le sentenze della Corte costituzionale n. 63 del 1966, n. 143 del 1969, n. 174 del 1972, n. 127 del 1977, n. 488 del 1991, nn. 49, 206 e 232 del 1994, nn. 54 e 152 del 1996, n. 381 del 1997, n. 325 del 1998 e n. 221 del 2005).

Il messaggio rileva dunque che il comma 9 dell’articolo 31 desta serie perplessità in quanto la decisione di devolvere ad arbitri la definizione di eventuali controversie può essere assunta anche al momento della stipulazione del contratto. La fase della costituzione del rapporto è infatti il momento nel quale massima è la condizione di debolezza della parte che offre la prestazione di lavoro.

Il messaggio non ritiene che la previsione dell’accertamento dell’effettività della volontà delle parti di devolvere ad arbitri le controversie da parte delle commissioni di certificazione dei contratti di lavoro costituisca una garanzia sufficiente.

Il messaggio si sofferma poi sul comma 5 dell’articolo 31, in base al quale la clausola compromissoria può ricomprendere anche la «richiesta di decidere secondo equità, nel rispetto dei princìpi generali dell'ordinamento». Nell'arbitrato di equità infatti la controversia può essere risolta in deroga alle disposizioni di legge: si incide in tal modo sulla stessa disciplina sostanziale del rapporto di lavoro, rendendola estremamente flessibile anche al livello del rapporto individuale. Né può costituire garanzia sufficiente il generico richiamo del rispetto dei princìpi generali dell'ordinamento, che non appare come tale idoneo a ricomprendere tutte le ipotesi di diritti indisponibili, al di là di quelli costituzionalmente garantiti.

Perplessità ulteriori suscita la estensione della possibilità di ricorrere a tale tipo di arbitrato anche in materia di pubblico impiego: in tal caso è particolarmente evidente la necessità di chiarire se ed a quali norme si possa derogare senza ledere i princìpi di buon andamento, trasparenza ed imparzialità dell'azione amministrativa sanciti dall'articolo 97 della Costituzione.

In sostanza – prosegue il messaggio - l'obiettivo è quello di una incisiva modifica della disciplina sostanziale del rapporto di lavoro, che si è finora prevalentemente basata su normative inderogabili o comunque disponibili esclusivamente in sede di contrattazione collettiva. E in effetti l'esigenza di una maggiore flessibilità risponde a sollecitazioni da tempo provenienti dal mondo dell'imprenditoria, alle quali le organizzazioni sindacali hanno mostrato responsabile attenzione. Si tratta pertanto di un intendimento riformatore certamente percorribile, ma che deve essere esplicitato e precisato, non potendo essere semplicemente presupposto o affidato a meccanismi di conciliazione e risoluzione equitativa delle controversie, assecondando una discutibile linea di intervento legislativo, basato sugli istituti processuali piuttosto e prima che su quelli sostanziali.

Il messaggio conclude sul punto rilevando la necessità di definire in modo puntuale - nelle sedi dovute e in primo luogo nel Parlamento - modalità, tempi e limiti che rendano il ricorso all'arbitrato, nell'ambito del rapporto di lavoro, coerente con la necessità di garantire l'effettiva volontarietà della clausola compromissoria e una adeguata tutela dei diritti più rilevanti del lavoratore (da quelli costituzionalmente garantiti agli altri che si ritengano ugualmente non negoziabili). Solo il legislatore può e deve stabilire le condizioni perché possa considerarsi «effettiva» la volontà delle parti di ricorrere all'arbitrato; e solo esso può e deve stabilire quali siano i diritti del lavoratore da tutelare con norme imperative di legge e quali normative invece demandare alla contrattazione collettiva. A quest'ultima, nei diversi livelli in cui si articola, può inoltre utilmente affidarsi la chiara individuazione di spazi di regolamentazione integrativa o in deroga per negoziazioni individuali adeguatamente assistite così come per la definizione equitativa delle controversie che insorgano in tali ambiti. Si avvierebbe in tal modo un processo concertato, ed insieme ispirato ad un opportuno gradualismo, attraverso il quale ripristinare quella certezza del diritto che è condizione essenziale nella disciplina dei rapporti di lavoro per garantire una efficace tutela del contraente debole e una effettiva riduzione del contenzioso.

Non sembra invece coerente con i princìpi generali dell'ordinamento e con la stessa impostazione del comma 9 in esame, che consente di pattuire clausole compromissorie solo ove ciò sia previsto da accordi interconfederali o contratti collettivi di lavoro, la previsione un intervento suppletivo del Ministro - di cui tra l'altro non si stabilisce espressamente la natura regolamentare né si delimitano i contenuti - che dovrebbe consentire comunque, anche in assenza dei predetti accordi, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge, tale possibilità, stabilendone le modalità di attuazione e di piena operatività: suscita infatti serie perplessità una così ampia delegificazione con modalità che non risultano in linea con le previsioni dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400.

 

Nel corso dell’esame da parte della XI Commissione Lavoro sono state le seguenti modifiche all’articolo 31. In particolare è stato previsto che:

§       nell’arbitrato di equità si debba tener conto, oltre che dei principi generali dell’ordinamento, anche dei principi regolatori della materia, inclusi quelli derivanti da obblighi comunitari;

§       in caso di impugnazione del lodo arbitrale la competenza sia, in unico grado, del tribunale in funzione di giudice del lavoro;

§       la clausola compromissoria può essere pattuita non prima della conclusione del periodo di prova ovvero, ove non previsto, non prima di 30 giorni dalla stipulazione del contratto di lavoro;

§       la clausola compromissoria non può comunque avere ad oggetto le controversie relative alla risoluzione del contratto di lavoro;

§       davanti alle commissioni di certificazione le parti possono farsi assistere da un legale di fiducia o da un rappresentante dell’organizzazione sindacale o professionale a cui abbiano conferito mandato;

§       in assenza di accordi interconfederali o contratti collettivi volti a definire la pattuizione di clausole compromissorie,  trascorsi 12 mesi dalla data di entrata in vigore della legge  il Ministro del lavoro e delle politiche sociali convoca le organizzazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori più rappresentative, al fine di promuovere un accordo; nel caso in cui non si giunga ad un accordo nei successivi 6 mesi, il Ministro, con proprio decreto, individua in via sperimentale, tenuto conto delle risultanze istruttorie del confronto tra le parti sociale, le modalità di attuazione della nuova disciplina.

 

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Il messaggio del Presidente della Repubblica sottolinea altresì l'opportunità di una riflessione su disposizioni in qualche modo connesse all’articolo 31, presenti negli articoli 30, 32 e 50, che riguardano gli stessi giudizi in corso e che oltretutto rischiano, così come sono formulate, di prestarsi a seri dubbi interpretativi e a potenziali contenziosi.

 

L’articolo 30 reca disposizioni relative al controllo giudiziale sul rispetto delle “clausole generali” contenute nella disciplina legislativa in materia di lavoro, alle valutazioni da parte del giudice nei contenziosi concernenti i licenziamenti individuali e alla certificazione dei contratti di lavoro.

Nel corso dell’esame da parte della XI Commissione Lavoro, il comma 3 dell’articolo 30 è stato modificato espungendo il riferimento, nell’ambito degli elementi di cui il giudice deve tener conto nella valutazione delle motivazioni del licenziamento, alle “fondamentali regole del vivere civile” e all’”oggettivo interesse dell’organizzazione”.

 

L’articolo 32 reca disposizioni relative:

-        alle modalità e ai termini per l’impugnazione dei licenziamenti individuali (commi 1-4)

-        ai criteri di determinazione della misura del risarcimento nei casiin cui è prevista la conversione del contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato, con una disciplina applicabile anche ai processi in corso (commi 5-7).

Nel corso dell’esame da parte della XI Commissione Lavoro, l’articolo 32 è stato modificato precisando che la comunicazione del licenziamento – dalla cui ricezione decorre il termine per l’impugnazione – deve avvenire in forma scritta.

Si valuti l’opportunità di precisare che - ai fini della decorrenza del termine per l’impugnazione - anche la comunicazione dei motivi, ove non contestuale, deve avvenire in forma scritta (come del resto già previsto dall’art. 2 L 604/1966).

 

L’articolo 50 prevede che, fatte salve le sentenze passate in giudicato, in caso di accertamento della natura subordinata di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, il datore di lavoro che abbia offerto entro il 30 settembre 2008 la stipulazione di un contratto di lavoro subordinato – ai sensi della procedura di stabilizzazione introdotta dalla legge finanziaria 2007 - è tenuto unicamente a indennizzare il prestatore di lavoro con un'indennità di importo compreso tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 6 mensilità di retribuzione.

Nel corso dell’esame presso la XI Commissione Lavoro, l’articolo 50 è stato modificato, introducendo un ulteriore requisito, consistente nell’offerta da parte del datore di lavoro dell’assunzione a tempo indeterminato successivamente all’entrata in vigore della legge.

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L’articolo 20 reca una norma di interpretazione autentica della legge 12 febbraio 1955, n. 51, che reca una delega al Governo per l’emanazione di norme generali e speciali per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e per l'igiene del lavoro. La disposizione, in particolare, è volta ad escludere dall’ambito di applicazione delle delega non soltanto - come da essa già espressamente previsto - il lavoro a bordo delle navi mercantili e degli aeromobili, ma anche il lavoro a bordo del naviglio di Stato, fatto salvo il diritto del lavoratore al risarcimento del danno eventualmente subito.

Il messaggio del Presidente della Repubblica rileva che con l’articolo 20, come emerge dai lavori parlamentari, si è inteso evitare che alle morti o alle lesioni subite dal personale imbarcato su navigli militari e cagionate dal contatto con l'amianto, possano continuare ad applicarsi - come invece sta accadendo in procedimenti attualmente pendenti davanti ad autorità giudiziarie - le sanzioni penali stabilite dal decreto del Presidente della Repubblica 19 marzo 1956, n. 303, emanato in attuazione della citata legge di delega n. 51/1955.

Il messaggio ricorda altresì che in materia di tutela della salute e della sicurezza del lavoro, oggi disciplinata dal decreto legislativo n. 81 del 2008, sono previste sanzioni per la inosservanza delle norme in tema di protezione dai rischi per esposizione ad amianto in tutti i settori di attività, pubblici e privati, sia pure con i necessari adattamenti, con riguardo in particolare alle forze armate, peraltro non ancora definiti.

Secondo il messaggio, l'articolo 20 non ha portata meramente interpretativa ma reca una modifica della disciplina. La norma incide, inoltre, su una legge delega che ha già esaurito la sua funzione dopo l'adozione del decreto attuativo, senza invece intervenire su quest’ultimo, risultando di fatto inapplicabile e priva di effetti.

Secondo il messaggio, l'articolo 20 presenta inoltre profili problematici anche nella parte - in sé largamente condivisibile - che riguarda la «salvezza» del diritto del lavoratore al risarcimento dei danni eventualmente subìti. In assenza di disposizioni specifiche - non rinvenibili nella legge - che pongano a carico dello Stato un obbligo di indennizzo, il risarcimento del danno ingiusto è possibile esclusivamente in presenza di un «fatto doloso o colposo» addebitabile a un soggetto individuato (articolo 2043 del codice civile). Qualora la efficacia della norma generatrice di responsabilità sia fatta cessare, con la conseguente non punibilità delle lesioni o delle morti cagionate su navigli di Stato, non è infatti più possibile individuare il soggetto giuridicamente obbligato e configurare ipotesi di «dolo o colpa» nella determinazione del danno.

Il messaggio conclude rilevando la necessità - per conseguire in modo da un lato tecnicamente corretto ed efficace, e dall'altro non esposto a possibili censure di illegittimità costituzionale, le finalità che l’articolo 20 si propone – di escludere la responsabilità penale attualmente prevista per i soggetti responsabili di alcune categorie di navigli, in linea con gli adattamenti previsti dal decreto legislativo n. 81 del 2008, e prevedere, come già accade per altre infermità conseguenti ad attività di servizio, un autonomo titolo per la corresponsione di indennizzi per i danni arrecati alla salute dei lavoratori.

L’articolo 20 non è stato oggetto di modifiche nel corso dell’esame presso la XI Commissione Lavoro.

 

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Le disposizioni recate esaminate sono riconducibili alla materia di competenza esclusiva statale  giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale”, ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lett. l), Cost., e alla materia di competenza concorrente tutela e sicurezza del lavoro, di cui all’articolo 117, terzo comma, Cost.


 

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File: Cost176-AC1441-quater-D.doc