Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Disposizioni in materia di impedimento a comparire nelle udienze - A.C. 889TU
Riferimenti:
AC N. 889/XVI   AC N. 3005/XVI
AC N. 3028/XVI   AC N. 3013/XVI
AC N. 889/XVI   AC N. 2964/XVI
AC N. 2982/XVI     
Serie: Note per la I Commissione affari costituzionali    Numero: 136
Data: 19/01/2010
Descrittori:
CODICE E CODIFICAZIONI   DIRITTO PROCESSUALE PENALE
IMPUTATI E INDIZIATI DI REATO   UDIENZE PENALI
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni

 

19 Gennaio 2010

 

n. 136

Disposizioni in materia di impedimento a comparire
nelle udienze

A.C. 889 e abb. – Testo unificato

Elementi per la valutazione degli aspetti di legittimità costituzionale

 

Numero del progetto di legge

A.C. 889 e abb. - Testo unificato

Titolo

Modifica all'articolo 420-ter del codice di procedura penale in materia di impedimento a comparire

Iniziativa

Governo

Iter al Senato

 

Numero di articoli

2

Date:

 

adozione quale testo base

17 dicembre 2009

richiesta di parere

12 gennaio 2010

Commissione competente

II Commissione (Giustizia)

Sede e stato dell’iter

In corso di esame in Commissione

Iscrizione nel programma dell’Assemblea

25 gennaio 2010

 

 


Contenuto

Il provvedimento, che consta di due articoli, costituisce testo unificato delle proposte di legge in materia di impedimento a comparire in udienza C. 889 Consolo, C. 2964 Biancofiore, C. 2982 La Loggia, C. 3005 Costa, C. 3013 Vietti, C. 3028 Palomba e C. 3029 Paniz. Esso è stato adottato come testo base dalla II Commissione nella seduta del 17 dicembre 2009. Gli emendamenti presentati a tale testo sono stati respinti dalla II Commissione nella seduta del 12 gennaio.

 

L’art. 1, comma 1, stabilisce la sfera di applicazione e le finalità delle disposizioni contenute nei commi successivi.

Quanto all’ambito soggettivo di applicazione, il testo riguarda solo il Presidente del Consiglio dei ministri e ai Ministri e, dal punto di vista oggettivo, non si applica ai reati c.d. funzionali, data la clausola contenuta nel comma 1 che fa salvi i casi previsti dall'articolo 96 della Costituzione.

 

Con riferimento a tali reati, si ricorda che l’articolo 96 della Costituzione, nel testo introdotto dalla legge costituzionale n. 1 del 1989, stabilisce che «il Presidente del Consiglio dei ministri ed i ministri, anche se cessati dalla carica, sono sottoposti, per i reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni, alla giurisdizione ordinaria, previa autorizzazione del Senato della Repubblica o della Camera dei deputati, secondo le norme stabilite con legge costituzionale». La legge costituzionale n. 1 del 1989 e le norme attuative, introdotte dalla legge 5 giugno 1989, n. 219, disciplinano il procedimento per i reati ministeriali, che si configura come speciale per ciò che concerne la fase delle indagini preliminari (la cui competenza è attribuita al cd. Tribunale dei ministri) e dell’autorizzazione a procedere.

 

L’ambito temporale di applicazione è limitato ai 18 mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento. Il riferimento all’attesa dell’approvazione di una legge costituzionale organica sulle prerogative del Presidente del Consiglio dei ministri e dei Ministri e sulle modalità di partecipazione degli stessi ai processi penali contenuto nel comma 1 attribuisce un carattere transitorio alle disposizioni contenute nei commi successivi. Occorre precisare che, ai sensi del comma 7 dell’art. 1, le disposizioni del provvedimento si applicano anche ai processi penali in corso, in ogni fase, stato o grado, alla data di entrata in vigore della presente legge.

Le finalità del provvedimento sono individuate nell’esigenza di assicurare il sereno svolgimento delle funzioni attribuite dalla Costituzione e dalla legge al Presidente del Consiglio dei ministri e ai Ministri.

 

Il comma 2 stabilisce che per il Presidente del Consiglio dei ministri costituisce legittimo impedimento, ai sensi dell'articolo 420-ter del codice di procedura penale, a comparire nelle udienze dei procedimenti penali, quale imputato o parte offesa, il concomitante esercizio di una o più delle attribuzioni previste dagli articoli 5, 6 e 12 della legge 23 agosto 1988 n. 400 e successive modificazioni, dagli articoli 2, 3 e 4 del decreto legislativo 30 luglio 1999 n. 303, e successive modificazioni, e dal regolamento interno del Consiglio dei ministri, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 novembre 1993, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 268 del 15 novembre 1993, e successive modificazioni, delle attività preparatorie e consequenziali, nonché di ogni attività comunque connessa alle funzioni di governo.

Quest’ultimo riferimento ad ulteriori attività rispetto a quelle oggetto di riferimenti normativi ha carattere generale e residuale.

 

Le richiamate disposizioni della legge n. 400 del 1988, che reca la disciplina dell'attività di Governo e l’ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, riguardano, all’articolo 5, le attribuzioni del Presidente del consiglio, all’articolo 6, il Consiglio di Gabinetto, i Comitati di ministri e i Comitati interministeriali e, all’articolo 12, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome. Le disposizioni del d.lgs. n. 303 del 1999, che reca l’Ordinamento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, riguardano, all’articolo 2, le funzioni della Presidenza, all’articolo 3, l’attività di partecipazione all’UE, e all’articolo 4, i rapporti con il sistema delle autonomie.

 

In base al comma 3, per i Ministri l'esercizio delle attività previste dalle leggi e regolamenti che ne disciplinano le attribuzioni costituisce legittimo impedimento, ai sensi dell'articolo 420-ter del codice di procedura penale, a comparire nelle udienze dei procedimenti penali quali imputati o parti offese.

 

L’articolo 420-ter c.p.p prescrive che quando l’imputato, anche se detenuto, non si presenta all’udienza e risulta che l’assenza è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento, il giudice, con ordinanza, anche d’ufficio, rinvia ad una nuova udienza e dispone che sia rinnovato l’avviso all’imputato, a norma dell’articolo 419, comma 1 c.p.p. (comma 1); allo stesso modo il giudice provvede quando “appare probabile” che l’assenza dell’imputato sia dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito o forza maggiore. La probabilità è liberamente valutata dal giudice e non può formare oggetto di discussione successiva né motivo di impugnazione (comma 2); anche in relazione alle successive udienze, la mancata comparizione dell’imputato, anche se detenuto, quando risulta che l’assenza è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento, comporta l’obbligo del giudice di rinviare anche d’ufficio l’udienza, fissare con ordinanza la data della nuova udienza e disporne la notificazione all’imputato (comma 3); nel caso di impedimento del difensore, il giudice, con ordinanza, anche d’ufficio, rinvia ad una nuova udienza quando risulta che l’assenza del medesimo è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per legittimo impedimento, purché prontamente comunicato. Tale disposizione non si applica se l’imputato è assistito da due difensori e l’impedimento riguarda uno dei medesimi, ovvero quando il difensore impedito ha designato un sostituto o quando l’imputato chiede che si proceda in assenza del difensore impedito (comma 5).

 

In base al comma 4, nelle ipotesi di cui ai commi 2 e 3, il giudice, su richiesta di parte, rinvia il processo ad altra udienza.

 

Il comma 5 del testo unificato stabilisce, come effetto giuridico dell’impedimento, il dovere del giudice di rinviare l’udienza: infatti, se gli uffici di appartenenza attestano che l'impedimento è continuativo in relazione alle funzioni svolte, il giudice rinvia ad udienza successiva al periodo attestato. Ciascun rinvio non può essere superiore a sei mesi.

 

Ai sensi del comma 6, il corso della prescrizione rimane sospeso per l'intera durata del rinvio, secondo quanto previsto dall'articolo 159, primo comma, numero 3), del codice penale, e si applica il terzo comma del medesimo articolo 159 del codice penale.

 

L’art. 159 c.p., primo comma, n. 3), nel caso di sospensione della prescrizione derivante da sospensione del processo per impedimento delle parti o dei difensori: pone un limite alla fissazione della nuova udienza, che non può essere differita oltre il sessantesimo giorno successivo alla prevedibile cessazione dell'impedimento; stabilisce che, in caso contrario, occorre avere riguardo al tempo dell'impedimento aumentato di sessanta giorni.

Secondo l’interpretazione che la giurisprudenza fornisce di tale ultima disposizione (da ultimo, Cass. 4071/08 e 5956/2009), la sospensione della prescrizione opera per il tempo dell’impedimento e per il periodo successivo sino alla data dell’udienza (nei limiti di sessanta giorni).

 

L’art. 2 stabilisce l’entrata in vigore del provvedimento il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

Relazioni allegate

Le proposte di legge in base alle quali la Commissione di merito ha adottato il testo unificato sono corredate della relazione illustrativa.

 

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Il provvedimento reca un contenuto riconducibile alla materia “giurisdizione e norme processuali” di competenza esclusiva dello Stato, ai sensi dell’art. 117, secondo comma della Costituzione, lett. l.

 

Rispetto degli altri princìpi costituzionali

Il provvedimento riconosce la natura di impedimento a partecipare alle udienze ad attività svolte dai soggetti che ricoprono le cariche pubbliche di Presidente del Consiglio e di Ministro. Le disposizioni illustrate riguardano quindi materia in cui si confrontano i principi costituzionali in materia di esercizio della funzione giurisdizionale e di svolgimento delle funzioni pubbliche riconducibili ad organi costituzionali.

Il testo afferma espressamente la natura transitoria delle disposizioni introdotte, applicabili sino all’entrata in vigore di disposizioni di natura costituzionale.

Questa disposizione riproduce una norma contenuta in una delle proposte di legge originarie (AC 3013) la cui relazione illustrativa affermava che l’ indicazione della transitorietà della norma permette di superare l’eventuale eccezione di violazione dell’art. 138 della Costituzione. In proposito, si segnala che il profilo della dichiarata transitorietà della disciplina è stato preso in considerazione dalla Corte costituzionale (in casi nei quali non veniva in rilievo l’art. 138 Cost.), nell’ambito di un più ampio ragionamento sul merito delle norme impugnate, quale argomento ad adiuvandum per dichiarare non fondate le questioni poste (cfr. in particolare sentenze 24 del 2000 e 148 del 1999). Inoltre, secondo la Corte, il carattere transitorio della norma esaminata costituisce elemento di rilievo ai fini dello scrutinio di ragionevolezza della norma stessa (sentenza n. 94/2009).

L’effetto del provvedimento - che dal punto di vista dell’ambito soggettivo di applicazione riguarda situazioni omogenee disciplinate in modo paritario - è la sospensione del processo penale conseguente a tale impedimento di carattere continuativo per la durata dell’impedimento medesimo e fino alla fissazione di una nuova udienza.

Si ricorda che nella sentenza 262/2009 sul “lodo Alfano”, la Corte ha affermato che la deducibilità da parte delle alte cariche dello Stato del legittimo impedimento non costituisce prerogativa costituzionale, perché “prescinde dalla natura dell'attività che legittima l'impedimento, è di generale applicazione e, perciò, non deroga al principio di parità di trattamento davanti alla giurisdizione. Si tratta, dunque, di uno strumento processuale posto a tutela del diritto di difesa di qualsiasi imputato, come tale legittimamente previsto da una legge ordinaria come il codice di rito penale, anche se tale strumento, nella sua pratica applicazione, va modulato in considerazione dell'entità dell'impegno addotto dall'imputato”; nella medesima sentenza, la Corte ha aggiunto che la sospensione del processo per legittimo impedimento a comparire “contempera il diritto di difesa con le esigenze dell'esercizio della giurisdizione, differenziando la posizione processuale del componente di un organo costituzionale solo per lo stretto necessario, senza alcun meccanismo automatico e generale”.

Si rammenta che la citata sentenza aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 1 della legge 23 luglio 2008, n. 124 (Disposizioni in materia di sospensione del processo penale nei confronti delle alte cariche dello Stato), per violazione del combinato disposto degli artt. 3 e 138 Cost., in relazione alla disciplina delle prerogative di cui agli artt. 68, 90 e 96 Cost.. Secondo la Corte, la sospensione processuale prevista dalla disposizione citata era diretta essenzialmente alla protezione delle funzioni proprie dei componenti e dei titolari di alcuni organi costituzionali e, contemporaneamente, creava un'evidente disparità di trattamento di fronte alla giurisdizione. Sussistevano, pertanto, entrambi i requisiti propri delle prerogative costituzionali, con conseguente inidoneità della legge ordinaria a disciplinare la materia. In particolare, le disposizioni erano censurate dalla Corte in quanto attribuitive ai titolari di quattro alte cariche istituzionali di un eccezionale ed innovativo status protettivo, non desumibile dalle norme costituzionali sulle prerogative e, pertanto, privo di copertura costituzionale. In definitiva, la legge ordinaria non era considerata fonte di rango idoneo a disporre in materia.

Presupposto dell’effetto dell’impedimento sul processo è la relativa attestazione da parte degli uffici di appartenenza (non individuati soggettivamente), restando così esclusa ogni valutazione da parte del giudice in ordine all’impedimento stesso.

La giurisprudenza già riconosce pacificamente come legittimo impedimento l’esigenza di svolgere funzioni pubbliche da parte di un componente di organi costituzionali imputato in un processo, orientamento rintracciabile anche nelle pronunce della Corte costituzionale a partire dalla sentenza n. 225 del 2001.

 

In merito all’automatismo introdotto dal testo, alla durata dell’effetto sospensivo ivi stabilito, nonché alla portata delle attività che possono dar luogo ad impedimento, si ricorda che la citata sentenza n. 262 del 2009, nell’osservare che il legittimo impedimento è “uno strumento processuale posto a tutela del diritto di difesa di qualsiasi imputato, come tale legittimamente previsto da una legge ordinaria come il codice di rito penale”, ha rilevato che “tale strumento, nella sua pratica applicazione, va modulato in considerazione dell’entità dell’impegno addotto dall’imputato”.

Poiché il rinvio non può essere superiore a sei mesi dovrebbe ritenersi che tale termine costituisca anche il limite temporale dell’impedimento attestabile.

 

 

 


 

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File: Cost136-AC889TU.doc