Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Nuova disciplina del commercio interno del riso - A.C. 1991 -
Riferimenti:
AC N. 1991/XVI     
Serie: Note per la I Commissione affari costituzionali    Numero: 126
Data: 11/11/2009
Descrittori:
CEREALI   COMMERCIALIZZAZIONE DEI PRODOTTI
PRODOTTI AGRICOLI     
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni

 

11 novembre 2009

 

n. 126

Nuova disciplina del commercio interno del riso

A.C. 1991 – Nuovo testo

Elementi per la valutazione degli aspetti di legittimità costituzionale

 

Numero del progetto di legge

A.C. 1991 – Nuovo testo

Titolo

Nuova disciplina del commercio interno del riso

Iniziativa

Governativa

Iter al Senato

No

Numero di articoli

9

Date:

 

adozione quale testo base

-

richiesta di parere

 

Commissione competente

XIII Commissione (Agricoltura)

Sede e stato dell’iter

 

Iscrizione nel programma dell’Assemblea

 

 

 


Contenuto

Il disegno di legge stabilisce una nuova disciplina per il commercio del riso sul territorio nazionale, modificando la classificazione e le denominazioni di vendita in modo da renderle, secondo quanto afferma la relazione illustrativa, maggiormente aderenti alle molteplici varietà di riso coltivate in Italia.

Il provvedimento stabilisce con l’art. 1 quali siano le definizioni del prodotto “riso” sulla base della lavorazione o del trattamento subito (riso greggio, integrale, il parboiled, il riso ceroso e quello aromatico, pigmentato o ostigliato).

L’art. 2 definisce l’ambito di applicazione della legge, che riguarda le varie tipologie di riso confezionato, venduto, posto in vendita o comunque immesso al consumo sul territorio nazionale. Sono sottratti all’applicazione della legge i prodotti protetti da una IGP o una DOP riconosciuta in base alla normativa comunitaria e quelli destinati ad essere esportati.

Le varietà presenti sul mercato sono attualmente classificate (art. 2 della legge n. 325/1958) entro le quattro tipologie del riso comune o originario (a grani piccoli e tondi); semifino (chicchi tondeggianti di media lunghezza), fino (a chicchi lunghi e affusolati), superfino (con chicchi grossi e molto lunghi); l’art. 3 del disegno di legge, al comma 1, riconduce invece la classificazione del riso ai seguenti tre gruppi sulla base delle caratteristiche del grano: riso tondo, medio e lungo, sulla base dei parametri biometrici previsti dalle norme UE (si veda al riguardo l’allegato III, parte I, al regolamento CE n. 1234/2007-Regolamento unico OCM).

Le denominazioni di vendita sono elencate (art. 3, comma 3) nell’allegato 4 riprendendo quelle storicamente presenti sul territorio nazionale e tradizionalmente note al consumatore interno. Tali denominazioni peraltro si applicano esclusivamente al riso, al riso integrale, a quello parboiled e all’integrale parboiled, restandone esclusi (art. 3, comma 6) i risi cerosi, aromatici, pigmentati e ostigliati, nonché qualunque altra varietà, che potranno essere classificati solo, in base ai parametri biometrici come risi tondi, medi o lunghi.

Il prodotto per essere commercializzato con una delle denominazioni dell’allegato 4 deve in ogni caso presentare le caratteristiche qualitative stabilite con l’allegato 1; tali parametri, che fissano i valori massimi di grani difettati e di materie estranee ammesse, sono resi più severi dal comma 7 dell’art. 3 consentendo in tal caso al prodotto di fregiarsi della indicazione extra.

Viceversa con la indicazione sottotipo,che è ammessa solo in associazione alle denominazioni di cui all’art. 3, comma 4, possono essere commercializzati i prodotti con valori più alti di quelli stabiliti nell’all. 1, purché inferiore al loro doppio (co. 8 dell’art. 3).

Ai sensi dell’art. 5, le denominazioni di vendita di cui all’art. 3 possono essere integrate, per il riso che utilizza marchi collettivi, con le indicazioni previste nei relativi regolamenti d’uso.

L’art. 4, comma 1, vieta di immettere al consumo per l’alimentazione umana e con il nome ”riso” un prodotto non rispondente alle caratteristiche qualitative di cui all’allegato 1; alla definizione dei difetti individuati nell’allegato 1 provvede l’allegato 2 e l’allegato 4 individua i metodi di analisi ammessi.

Per le sanzioni l’art. 6 rimanda all’art. 18 del D.lgs. n. 109/92 sull’etichettatura, presentazione e pubblicità dei prodotti alimentari, che oltre a quantificarne gli importi in relazione alla fattispecie individua anche i soggetti competenti alla loro irrogazione che sono, per quanto di rispettiva competenza, le regioni e province autonome e l’ICRF (ora ICQ - Ispettorato centrale per il controllo della qualità dei prodotti agroalimentari).

La revisione delle analisi, qualora sia necessario ripeterle nell’ambito di un procedimento giudiziario, deve essere eseguita (art. 7), su un campione minimo di 800 grammi di riso, dai seguenti istituti:

- Istituto sperimentale per la cerealicoltura - sezione specializzata per la risicoltura di Vercelli - per le analisi eseguite dal Ministero delle politiche agricole;

- Istituto superiore di sanità, per le analisi eseguite dai laboratori provinciali di igiene e profilassi.

L’art. 8 detta disposizioni transitorie per consentire alle aziende produttrici l’adeguamento alle nuove disposizioni: per i dodici mesi successivi all’entrata in vigore della legge è consentito il confezionamento in conformità alla legge n. 325/1958, ed il riso così confezionato potrà essere venduto sino ad esaurimento delle scorte.

L’art. 9 contiene infine le disposizioni finali (abrogazione della legge n. 325/1958 e clausola di invarianza degli oneri per la finanza pubblica).

 

Relazioni allegate

Al disegno di legge è allegata la sola relazione illustrativa. Non sono state predisposte né l’analisi di impatto della regolamentazione (AIR), né l’analisi tecnico-normativa (ATN).

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Il provvedimento interviene in materia di classificazione del riso e di individuazione delle relative denominazioni di vendita.

La disciplina, pur interferendo su materie di competenza concorrente, quale l’alimentazione e residuale, quale l’agricoltura, appare riconducibile, in base ad un criterio di prevalenza, alle materie di competenza esclusiva dello Stato tutela della concorrenza e ordinamento civile.

Può al riguardo richiamarsi la giurisprudenza costituzionale in tema di segni distintivi e, in particolare, la sentenza n. 368/2008.

Nella citata sentenza la Corte ha rilevato la sostanziale convergenza della disciplina di tutti i segni distintivi verso una identica funzione e la molteplicità degli interessi dalla stessa tutelati. Si tratta di una convergenza agevolmente desumibile dalle norme nazionali che, tra l'altro, hanno ricondotto alla «proprietà industriale» i molteplici segni distintivi, stabilendo il principio dell'unitarietà degli stessi (artt. 1 e 22 del d.lgs. n. 30 del 2005), in quanto tutti costituiscono mezzi di designazione e presentazione di un prodotto, occorrendo che la loro regolamentazione sia ispirata al divieto di inganno dei consumatori, alla tutela degli imprenditori ed all'esigenza di garantire la corretta e libera esplicazione dell'iniziativa economica.

La Corte ha pertanto dichiarato l’illegittimità costituzionale di una disposizione di una legge della Regione Friuli-Venezia Giulia (art. 1 L.R. 2 ottobre 2007, n. 24) relativa all’uso della denominazione “Tocai Friulano”. Secondo la Corte, «la norma impugnata, in considerazione del suo contenuto e del suo obiettivo, incide su molteplici interessi: dei produttori, dei consumatori, della collettività al rispetto del principio di verità, del corretto svolgimento della concorrenza, interferendo in tal modo in una molteplicità di materie. Siffatta interferenza va composta facendo ricorso al criterio della prevalenza (tra le molte, sentenze n. 165 del 2007; n. 422 e n. 81 del 2006), che è qui applicabile, poiché risulta evidente l'appartenenza del nucleo essenziale della disciplina a materie diverse dall'agricoltura (tutela della concorrenza, ordinamento civile), nessuna delle quali è attribuita alla resistente, con conseguente illegittimità della norma impugnata.»

 

 

 


 

 

 

 

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File: Cost126-AC1991.doc