Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Modifiche al decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e altre disposizioni in materia di governo delle attività cliniche - A.C. 799 e abb.
Riferimenti:
AC N. 799/XVI   AC N. 1552/XVI
Serie: Note per la I Commissione affari costituzionali    Numero: 124
Data: 11/11/2009
Descrittori:
DIRIGENTI E PRIMI DIRIGENTI   MEDICI
PERSONALE SANITARIO   SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni

 

11 novembre 2009

 

n. 124

Principi fondamentali in materia di governo
delle attività cliniche

Testo unificato - A.C. 799 e abb.

Elementi per la valutazione degli aspetti di legittimità costituzionale

 

Numero del progetto di legge

Testo unificato - A.C. 799 e abb.

Titolo

Principi fondamentali in materia di governo
delle attività clinicheper una maggiore efficienza e funzionalità del Servizio sanitario nazionale

Iniziativa

Parlamentare

Iter al Senato

No

Numero di articoli

11

Date:

 

adozione quale testo base

29 luglio 2009

richiesta di parere

27 ottobre 2009

Commissione competente

XII Commissione (Affari sociali)

Sede e stato dell’iter

Sede referente - Concluso l’esame degli emendamenti

Iscrizione nel programma dell’Assemblea

No

 

 


Contenuto

Il testo unificato in esame interviene in diversi ambiti dell’organizzazione del Servizio sanitario nazionale, introducendo alcuni principi fondamentali volti a migliorare la funzionalità delle aziende sanitarie attraverso un potenziamento del ruolo del medico nelle scelte strategiche e gestionali e attraverso la previsione di una maggiore trasparenza ed equità nel sistema di valutazione e selezione delle risorse umane. In linea generale, con il termine clinical governance ci si riferisce ad un modello organizzativo idoneo a rispondere efficacemente alle esigenze degli utenti e di tutti i professionisti impegnati nel SSN, attraverso una integrazione degli aspetti clinico-assistenziali e di quelli gestionali implicati nell’assistenza al cittadino-malato. Il governo delle attività cliniche consiste, pertanto, nella programmazione, organizzazione e valutazione delle attività tecnico-sanitarie da garantire mediante il diretto coinvolgimento del collegio di direzione, inserito tra gli organi dell’azienda.

L’articolo 1 affida alle regioni il compito di disciplinare il governo delle attività cliniche nel rispetto di alcuni principi relativi alla partecipazione del Collegio di direzione e alla garanzia di soluzioni efficienti ed eque. Vengono fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome.

Gli articoli da 2 a 8 – ad esclusione dell’articolo 5 -dettano modifiche al decreto legislativo n. 502 del 1992.[1]

L’articolo 2 introduce alcune modifiche agli articoli 3 e 17 del citato decreto legislativo n. 502/199. Viene inserito il  collegio di direzione tra gli organi dell’azienda. La disposizione ridefinisce parzialmente i compiti del Collegio medesimo, rafforzandone il ruolo e la funzione e attribuendo ad esso, in particolare la competenza ad esprimere al direttore generale un parere obbligatorio sugli atti riguardanti le materie ad esso spettanti: le decisioni del direttore in contrasto con tale parere devono essere adottate con provvedimento motivato. Viene poi rimessa alle regioni la disciplina dei poteri del Collegio nonché della sua attività e composizione salva la partecipazione di diritto di alcuni soggetti individuati espressamente.

L’articolo 3, che modifica l’articolo 3-bis del D.Lgs. 502/1992, interviene in tema di pubblicità e trasparenza delle procedure per la copertura delle vacanze dei posti di direttore generale. Vengono introdotti obblighi di pubblicità e trasparenza da parte delle regioni, integrati i requisiti richiesti valutati da una commissione regionale, arricchiti i criteri di valutazione e verifica dell’attività dei direttori. Vengono anche dettate disposizioni sul rapporto di lavoro del direttore generale demandando alle regioni la definizione delle cause di risoluzione e del trattamento economico spettante.

L’articolo 4,modificandol’articolo 15-ter del decreto legislativo n. 502/1992, introduce una nuova disciplina per l’attribuzione dell’incarico di direzione di struttura complessa, improntata ad una maggiore trasparenza. A tale scopo il direttore generale nomina una commissione di cui è specificamente disciplinata la composizione.

L’articolo 5 attiene agli strumenti di valutazione dei dirigenti medici di struttura complessa e dei direttori di dipartimento, la cui disciplina è demandata alle regioni nel rispetto di alcuni principi.

L’articolo 6 sostituendo l’articolo 17-bis del D.Lgs 502/1992, dispone in tema di organizzazione dipartimentale, mentre l’articolo 7, introducendo un nuovo articolo 17-ter nel citato D.Lgs, attribuisce ai direttori di dipartimento responsabilità in merito alle attività clinico-assistenziali e tecnico-sanitarie finalizzate a garantire che ogni assistito abbia accesso ai servizi secondo i princìpi di ottimizzazione dell'uso delle risorse assegnate, di appropriatezza clinica, di efficacia delle prestazioni, di minimizzazione del rischio di effetti indesiderati e di soddisfazione dei cittadini.

L’articolo 8, sostituendo il comma 1 dell’articolo 15-nonies del decreto legislativo n. 502/1992, porta a settanta anni il limite massimo di età (attualmente stabilito a sessantacinque) per il collocamento a riposo dei dirigenti medici e sanitari del Servizio sanitario nazionale. Norme particolari vengono poi dettate per i professori universitari. Infine viene esclusa l’applicazione ai dirigenti medici, veterinari e sanitari - invece che, come attualmente stabilito, ai soli dirigenti medici responsabili di struttura complessa - del Servizio sanitario nazionale della facoltà attribuita alle pubbliche amministrazioni (cfr. articolo 72, comma 11, D.L. 112/2008) di risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro dopo quaranta ani di anzianità contributiva.

L’articolo 9 affida alle regioni la disciplina dell’attività libero professionale dei dirigenti medici e sanitari del Servizio sanitario nazionale nel rispetto di alcuni principi. Si ribadisce che tale attività è compatibile con il rapporto unico d’impiego, purché espletata fuori dell’orario di lavoro all’interno delle strutture sanitarie o all’esterno delle stesse, con esclusione di strutture private convenzionate con il SSN. Sono poi dettagliatamente indicate le forme con le quali il dirigente può svolgere l’attività libero-professionale.

L’articolo 10 detta alcuni principi per l’esercizio dell’attività libero-professionale per gli infermieri, e per tutti gli operatori sanitari non medici. 

L’articolo 10-bis prevede che le regioni attivino, presso le rispettive strutture sanitarie, una funzione dedicata al servizio di ingegneria clinica che garantisca l’uso sicuro ed efficiente dei dispositivi medici.

L’articolo 11 dispone l’applicazione delle nuove norme anche ad alcuni enti espressamente elencati nonché agli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici.

Relazioni allegate

Il testo unificato si riferisce a proposte di legge di iniziativa parlamentare, corredate, pertanto, della sola relazione illustrativa.

 

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Il provvedimento in esame reca i principi fondamentali in materia di governo delle attività cliniche ed è riconducibile alla materia tutela della salute, di competenza concorrente tra Stato e regioni (art. 117, terzo comma, Cost.).

Secondo la giurisprudenza costituzionale, è ascrivibile alla materia tutela della salute la disciplina della nomina degli organi apicali di enti operanti in campo sanitario (sentenza n. 422/2006) e  la disciplina dell’attività libero-professionale intramuraria del personale sanitario (sentenze n. 371/2008 e n. 50/2007).

Si ricorda che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 50/2005, ha rilevato che «la nozione di “principio fondamentale”, che costituisce il discrimine nelle materie di competenza legislativa concorrente tra attribuzioni statali e attribuzioni regionali, non ha e non può avere caratteri di rigidità e di universalità, perché le “materie” hanno diversi livelli di definizione che possono mutare nel tempo. È il legislatore che opera le scelte che ritiene opportune, regolando ciascuna materia sulla base di criteri normativi essenziali che l'interprete deve valutare nella loro obiettività.» Richiamando questa decisione, la successiva sentenza n. 336/2005ha sottolineato che «l'ampiezza e l'area di operatività dei principî fondamentali – non avendo gli stessi carattere “di rigidità e di universalità” …- non possono essere individuate in modo aprioristico e valido per ogni possibile tipologia di disciplina normativa. Esse, infatti, devono necessariamente essere calate nelle specifiche realtà normative cui afferiscono e devono tenere conto, in modo particolare, degli aspetti peculiari con cui tali realtà si presentano.»

Nella recente sentenza n. 237/2009, la Corte, confermando la propria precedente giurisprudenza, ha rilevato che il carattere di principio di una norma non è escluso, di per sé, dalla specificità delle prescrizioni, qualora la norma «risulti legata al principio stesso da un evidente rapporto di coessenzialità e di necessaria integrazione» (nello stesso senso, fra le altre, cfr. sentenza n. 430/2007).

 

L’articolo 8 è riconducibile alla potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di previdenza sociale (art. 117, secondo comma, lettera o), Cost.).

 

In riferimento all’articolo 3, comma 1, lettera c), viene altresì in rilievo la materia della formazione professionale, di competenza residuale delle Regioni.

 

L’articolo 4, comma 1, lettera b) (che sostituisce l’art. 15-ter, comma 2, D.Lgs. 502/1992), prevede che la Commissione incaricata di individuare una terna di persone per l’attribuzione dell’incarico di direttore di struttura complessa è composta di tre membri individuati con pubblico sorteggio da un elenco redatto e curato dalla Giunta regionale.

Si ricorda in proposito che, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale, alle leggi statali non è consentito individuare direttamente l’organo regionale competente ad adottare un determinato atto, in violazione dell’art. 123 Cost., che attribuisce allo statuto la determinazione dei principi fondamentali di organizzazione e funzionamento delle regioni, nonché, in caso di normativa di dettaglio attinente all’organizzazione interna della regione entro la cornice generale dei principi statutari, dell’art. 117, quarto comma, Cost., che individua la competenza residuale delle Regioni (sentenza n. 387/2007; nello stesso senso, cfr., ex multis, sentenze n. 74/2001, n. 355/1993 e n. 407/1989).

 

La disposizione dell’articolo 4, comma 1, lettera b), deve essere valutata alla luce della richiamata giurisprudenza costituzionale.

Conformità con altri princìpi costituzionali

L’articolo 8, comma 2, prevede che i professori universitari di ruolo cessano dalle ordinarie attività assistenziali con il collocamento a riposo o fuori ruolo, fatto salvo quanto previsto dalla legge 4 novembre 2005, n. 230. I professori universitari, pur cessando dalle ordinarie attività assistenziali, se impegnati in progetti di ricerca clinica di carattere sia nazionale che internazionale, possono continuare a svolgere l’attività di ricerca prevista nel progetto.

La Corte costituzionale, nella sentenza n. 71/2001, ha rilevato che «l'attività di assistenza ospedaliera e quella didattico-scientifica affidate dalla legislazione vigente al personale medico universitario si pongono tra loro in un rapporto di vera e propria compenetrazione (sentenze n. 136 del 1997, n. 126 del 1981, n. 103 del 1977).» Questo «non preclude certo al legislatore di modulare in concreto, nell'esercizio della sua discrezionalità, ampiezza e modalità di svolgimento della attività assistenziale dei medici universitari, eventualmente anche in funzione dell'età dei docenti. Ciò che non può invece ritenersi consentito - pena la violazione del generale criterio di ragionevolezza di cui all'art. 3 Cost., oltre che del principio di buon andamento tutelato dall'art. 97 della Costituzione - è la scissione tra l'uno e l'altro settore di attività, con la conseguente creazione di figure di docenti medici destinati ad un insegnamento privo del supporto della necessaria attività assistenziale.»

La disposizione in esame fa salvo quanto previsto dalla L 230/2005, che prevede che i professori universitari di materie cliniche esercitano funzioni assistenziali inscindibili da quelle di insegnamento e ricerca (art. 1, comma 2).

Attribuzione di poteri normativi

Per quanto attiene agli strumenti di valutazione, l’articolo 5 prevede l’emanazione di specifiche linee guida, proposte dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, adottate nell’ambito dell’atto di indirizzo predisposto dal Comitato di settore e approvato dal Consiglio dei ministri, alle quali deve conformarsi il contratto collettivo nazionale di lavoro della dirigenza medica e sanitaria.

Formulazione del testo

L’articolo 1, comma 2, si riferisce al governo delle attività cliniche degli istituti “individuati ai sensi dell’articolo 1, comma 4, della legge 5 giugno 2003, n. 131”.

L’art. 1, comma 4, legge 131/2003 (cd. “legge La Loggia”) prevede una delega al Governo per l’adozione di uno o più decreti legislativi meramente ricognitivi dei princìpi fondamentali che si traggono dalle leggi vigenti, nelle materie di competenza concorrente tra Stato e regioni previste dall'articolo 117, terzo comma, Cost. Allo stato, i termini per l’esercizio della delega risultano scaduti e non sono stati emanati decreti attuativi in materia sanitaria.

Tra i decreti legislativi adottati in attuazione della delega si segnala il decreto legislativo n. 170/2006, che reca i principi fondamentali in materia di professioni.

Occorre chiarire il riferimento agli istituti “individuati ai sensi dell’articolo 1, comma 4, della legge 5 giugno 2003, n. 131”, contenuto nell’articolo 1, comma 2.

 

 


 

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File: Cost124-AC799.doc



[1] Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'articolo 1 della L. 23 ottobre 1992, n. 421.