Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione - A.C. 2105
Riferimenti:
AC N. 2105/XVI     
Serie: Note per la I Commissione affari costituzionali    Numero: 53
Data: 23/02/2009
Descrittori:
FEDERALISMO   LEGGE DELEGA
ORGANIZZAZIONE FISCALE     
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni

Casella di testo: Note per la I Commissione
 


23 febbraio 2009

 

n. 53

Delega al Governo in materia di federalismo fiscale,
in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione

A.C. 2105 e abb.

Elementi per la valutazione degli aspetti di legittimità costituzionale

 

Numero del progetto di legge

A.C. 2105

Titolo

Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione

Iniziativa

Governo

Iter al Senato

Sì (A.S. 1117)

Numero di articoli

27

Date:

 

adozione quale testo base

-

richiesta di parere

-

Commissione competente

Commissioni riunite V (Bilancio) e VI (Finanze)

Sede e stato dell’iter

Referente; in corso d’esame

Iscrizione nel programma dell’Assemblea

Inizio dell’esame previsto per il mese di marzo

 


Contenuto

Il disegno di legge delega in esame reca i principi e i criteri direttivi per l’attuazione dell'articolo 119 della Costituzione.

Il nuovo assetto dei rapporti economico-finanziari tra lo Stato e le autonomie territoriali è incentrato sul superamento del sistema di finanza derivata e sull’attribuzione di una maggiore autonomia di entrata e di spesa a comuni, province, città metropolitane e regioni, nel rispetto dei principi di solidarietà e di coesione sociale. In questo quadro, uno degli obiettivi principali del disegno di legge è il passaggio dal sistema dei trasferimenti fondato sulla spesa storica a quello dell’attribuzione di risorse basate sull’individuazione dei fabbisogni standard necessari a garantire sull'intero territorio nazionale il finanziamento integrale dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali e delle funzioni fondamentali degli enti locali. A tal fine il disegno di legge stabilisce in modo puntuale la struttura fondamentale delle entrate di regioni ed enti locali, definisce i principi che regoleranno l’assegnazione di risorse perequative agli enti dotati di minori capacità di autofinanziamento e delinea gli strumenti attraverso cui sarà garantito il coordinamento fra i diversi livelli di governo in materia di finanza pubblica.

Nel definire i principi fondamentali del sistema di finanziamento delle autonomie territoriali, il disegno di legge distingue tra le spese connesse alle funzioni corrispondenti ai livelli essenziali delle prestazioni, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione e quelle inerenti le funzioni fondamentali degli enti locali di cui all’art. 117, secondo comma, lett. p), della Costituzione – per le quali si prevede l’integrale copertura del fabbisogno – e le altre funzioni, per le quali si prevede la perequazione delle capacità fiscali.

Un diverso trattamento, intermedio rispetto alle precedenti funzioni, è previsto per il trasporto pubblico locale, nonché per gli interventi speciali di cui al quinto comma dell’art. 119 della Costituzione.

Tra le funzioni riconducibili al suddetto vincolo costituzionale di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione sono comprese la sanità, l’assistenza e l’istruzione, quest’ultima limitatamente alle spese per i servizi e le prestazioni inerenti all’esercizio del diritto allo studio, nonché per le altre funzioni di carattere amministrativo già ora attribuite alle regioni. Per tali funzioni, concernenti diritti civili e sociali, spetta allo Stato definire i livelli essenziali delle prestazioni, che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale in condizione di efficienza e di appropriatezza; ad essi sono associati i costi standard necessari alla definizione dei relativi fabbisogni.

Per quanto riguarda le modalità di finanziamento delle funzioni, si afferma, quale principio generale, che il normale esercizio di esse dovrà essere finanziato dalle risorse derivanti dai tributi e dalle entrate proprie di regioni ed enti locali, dalle compartecipazioni al gettito di tributi erariali e dal fondo perequativo. Conseguentemente, è prevista l’eliminazione dal bilancio statale delle previsioni di spesa per il finanziamento delle funzioni attribuite agli enti territoriali (tranne le spese per i fondi perequativi e le risorse per gli interventi speciali).

Il disegno di legge reca pertanto i criteri direttivi volti a individuare il paniere di tributi propri e compartecipazioni da assegnare ai diversi livelli di governo secondo il principio della territorialità e nel rispetto dei princıpi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza di cui all’articolo 118 della Costituzione, nonché le modalità di attribuzione agli stessi di cespiti patrimoniali, definendo un quadro diretto a consentire l’esercizio concreto dell’autonomia tributaria da parte dei governi decentrati, nonché un adeguato livello di flessibilità fiscale.

Alle regioni, con riguardo ai presupposti non assoggettati ad imposizione da parte dello Stato, viene attribuito un complesso di poteri, quali quello di istituire tributi regionali e locali, determinare le variazioni delle aliquote o le agevolazioni che gli enti locali possono applicare nell’esercizio della loro autonomia, nonché istituire a favore di enti locali compartecipazioni al gettito dei tributi e delle compartecipazioni regionali.

Tra gli altri criteri direttivi di carattere generale si ricordano il principio della tendenziale correlazione tra prelievo fiscale e beneficio connesso alle funzioni esercitate sul territorio, finalizzato a favorire la corrispondenza tra responsabilità finanziaria e responsabilità amministrativa delle funzioni fondamentali, nonché la previsione del coinvolgimento di tutti i livelli istituzionali nell'attività di contrasto all'evasione e all'elusione fiscale.

Viene prevista l’attivazione di meccanismi di premialità dei comportamenti virtuosi ed efficienti – in termini di equilibri di bilancio, qualità dei servizi, contenuto livello della pressione fiscale e incremento dell’occupazione - ovvero sanzionatori per gli enti che non rispettano gli obiettivi di finanza pubblica, che possono giungere sino all’individuazione dei casi di ineleggibilità nei confronti degli amministratori responsabili di stati di dissesto finanziario, ovvero di scioglimento degli organi nei casi più gravi. Per gli enti che non assicurano i livelli essenziali delle prestazioni ovvero l’esercizio delle funzioni fondamentali degli enti locali, le misure sanzionatorie possono determinare anche l’esercizio del potere sostitutivo di cui all’articolo 120, secondo comma, della Costituzione.

Il disegno di legge delinea, infine, la procedura di adozione ed esame parlamentare dei decreti legislativi attuativi, fissando il termine per l’adozione di almeno uno di essi entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della legge in esame e in ventiquattro mesi dall’entrata in vigore della legge il termine per la l’adozione degli altri.

 

Dopo che l’articolo 1 ha individuato l’ambito di generale di intervento, l’articolo 2 detta le linee fondamentali, già ricordate, del nuovo sistema.

Le disposizioni di cui agli articoli da 3 a 5 istituiscono un sistema di nuovi organi ai quali viene attribuito il compito di presiedere, sia a livello tecnico-operativo, sia consultivo-politico, al processo di attuazione della delega sul federalismo fiscale.

Gli organi, collocati in una posizione intermedia tra le istituzioni coinvolte in tale processo (Parlamento, Governo e livelli di governo territoriali), sono i seguenti:

§         Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale (art. 3);

§         Commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale (art. 4);

§         Conferenza permanente per il coordinamento della finanza pubblica (art. 5).

L’articolo 6 amplia invece le competenze della Commissione parlamentare di vigilanza sull’anagrafe tributaria.

 

Per quanto concerne l’autonomia finanziaria delle regioni, le caratteristiche federali del nuovo sistema di finanza regionale sono prefigurate e disciplinate – con principi e criteri specifici – dal Capo II del disegno di legge, che ha riguardo particolare alla finanza delle regioni a statuto ordinario, dal comma 2 dell’articolo 1 e dall’articolo 25, che hanno riguardo all’assetto della finanza delle regioni a statuto speciale e delle province autonome e dall’articolo 19 che disciplina il passaggio dal vecchio al nuovo sistema con principi posti per il complesso delle regioni e criteri direttivi formulati per l’attuale sistema di finanza delle regioni a statuto ordinario.

Gli articoli 7, 8, 9 e 10 costituiscono il complesso unitario dei criteri in base ai quali il legislatore delegato è chiamato a disciplinare il futuro assetto della finanza delle regioni a statuto ordinario: l’articolo 7 disciplina le entrate, indicando quale sia la natura e la misura delle risorse da attribuire; l’articolo 8 concerne le spese, e per queste il rapporto che intercorre fra il finanziamento delle funzioni esercitate e il livello delle spese che esse determinano; l’articolo 9 regola la perequazione, intendendo in questa il finanziamento delle funzioni con trasferimenti aggiuntivi in favore delle regioni che dispongono di minori capacità fiscale per abitante; l’articolo 10 riguarda infine la conversione degli attuali tributi e compartecipazioni delle regioni ordinarie alla disciplina che sarà dettata dai futuri decreti delegati.

Il nucleo di questa disciplina è nella ripartizione che l’articolo 8 fa delle funzioni e delle spese che queste determinano. Secondo il profilo delle funzioni le spese sono ripartite in due categorie principali, cui si aggiunge una terza che partecipa di entrambe:

a)    spese determinate dall’esercizio di funzioni connesse alle «prestazioni concernenti i diritti civili e sociali» di cui all’articolo 117, secondo comma, lettera m) della Costituzione, quelle cioè i cui «livelli essenziali» devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;

b)    le altre spese, non riconducibili a quelle considerate alla lettera a);

c)    le spese per il trasporto pubblico locale che – per il livello delle prestazioni ed il livello del finanziamento che è loro assicurato – sono considerate per parte in entrambe le categorie.

Vi è anche una quarta categoria di spese – quelle straordinarie o speciali e perciò ‘eventuali’ - che possono riguardare tutte le funzioni ma che sono finanziate da contributi speciali dello Stato e dell’Unione europea e non danno luogo alla assegnazione di tributi, compartecipazioni o altra risorsa di carattere permanente.

Il livello delle entrate da assegnare alle regioni è determinato dal fabbisogno necessario a coprire l’esercizio ordinario delle funzioni secondo due parametri corrispondenti alla duplice classificazione delle spese:

a)    quello necessario a finanziare le spese connesse ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali è predeterminato sulla base di ‘costi standard’ fissati dalla legge dello Stato;

b)    le altre funzioni sono finanziate in ciascuna regione dal gettito dell’aliquota media di equilibrio dell’addizionale regionale Irpef, fissata ad un valore sufficiente a pareggiare l’importo dei trasferimenti soppressi.

Per ciascun gruppo di funzioni e di spese l’articolo 7 indica i tributi che le finanziano e la misura delle entrate che ne devono derivare. Lo schema si ripete:

a)    le entrate destinate al finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni sono costituite dal gettito derivante da tributi propri delle regioni, cui si aggiungono quote e compartecipazioni ai tributi erariali, secondo aliquote e basi imponibili uniformi per tutte le regioni. Le aliquote sono fissate al livello minimo necessario per finanziare il fabbisogno occorrente per la prestazione dei servizi essenziali in almeno una regione. Nelle altre regioni ove il gettito è insufficiente alla copertura integrale del fabbisogno concorre la quota del Fondo perequativo;

b)    le entrate destinate al finanziamento delle altre funzioni sono finanziate tramite l’attribuzione della addizionale regionale all’IRPEF, con aliquota uguale per tutte, stabilita con riferimento al totale dei trasferimenti finora erogati per il complesso delle regioni, per modo che questo sia ‘coperto’ dal totale dei gettiti, anch’essi complessivamente considerati; nessuna perequazione è data per le regioni in cui il gettito pro-capite dell’addizionale è superiore o uguale a quello medio nazionale; per le altre regioni la perequazione è data sul parametro della capacità fiscale (gettito pro-capite) e non su quello della spesa.

Criteri e misura della perequazione sono disciplinati dall’articolo 9. Anche per questa si ripete lo schema delle spese:

a)    per la parte destinata alla perequazione delle entrate che finanziano i livelli essenziali delle prestazioni il fondo è costituito da una quota dell’IVA, considerata indistintamente per tutte le regioni e sufficiente ad integrare il fabbisogno di spesa delle regioni che seguono nella scala decrescente quella con la maggiore capacità fiscale; il concorso della quota perequativa consente di finanziare integralmente in ciascuna regione il fabbisogno determinato secondo i costi standard;

b)    per la parte destinata al finanziamento delle altre funzioni il fondo è costituito da una quota del gettito dell’addizionale regionale all’IRPEF; come detto, la perequazione non assume come parametro la spesa ma la capacità fiscale pro-capite determinata in base al gettito del tributo in ciascuna regione; nessuna perequazione è data alle regioni in cui il gettito pro-capite supera quello medio del complesso delle regioni ordinarie; per le altre regioni il gettito pro-capite è integrato da una quota del fondo perequativo determinata in modo da «ridurre, ma non annullare» le differenze di capacità fiscale esistenti tra le regioni.

Stabilito secondo questi principi l’assetto definitivo della finanza regionale, gli articoli 10 e 19 ne disciplinano il passaggio da quello attuale a quello futuro: l’uno per la trasformazione delle norme che regolano attualmente la finanza delle regioni a statuto ordinario, l’altro per far si che il passaggio dal finanziamento della spesa storica al finanziamento dei fabbisogni avvenga gradualmente e progressivamente.

I tributi regionali propri e derivati, le compartecipazioni ai tributi erariali, le quote perequative e i trasferimenti che finanziano attualmente le funzioni già esercitate dalle regioni saranno sostituiti da entrate stabilite secondo i nuovi principi verificando, periodicamente, la congruità delle nuove fonti di entrata. Correlativamente, saranno soppressi nel bilancio dello Stato i capitoli che finanziano quelle spese.

 

Per le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e Bolzano il comma 2 dell’articolo 1 introduce un principio di esclusività, o di riserva di disciplina, inteso a delimitare l’efficacia delle disposizioni del testo e ad integrarne i principi, così da rendere la disciplina del federalismo fiscale compatibile e coerente con le prerogative dell’autonomia speciale. Il comma in parola elenca nominativamente gli articoli cui deve rifarsi il legislatore delegato: l’articolo 25, che disciplina l’introduzione della riforma tramite norme di attuazione degli statuti speciali, l’articolo 14, recante i principi che informano l’istituzione delle città metropolitane e l’articolo 21, che estende alle autonomie speciali la particolare procedura rivolta alla «perequazione infrastrutturale».

La disciplina speciale dettata dall’articolo 25 adatta alle specialità il procedimento di attuazione del federalismo fiscale in quegli ordinamenti ed elenca – con esclusione degli altri – i principi ed i criteri direttivi che potranno applicarsi. In particolare:

§         le modifiche all’ordinamento finanziario delle regioni a statuto speciale e delle province autonome saranno introdotte con la procedura delle norme di attuazione degli statuti speciali, negli stessi termini temporali previsti dalla delega conferita per l’emanazione dei decreti delegati relativi alle regioni a statuto ordinario e agli enti locali;

§         ferme le prerogative statutarie previste per ciascuna regione e provincia autonoma, la nuova disciplina sarà comunque informata ai principi del federalismo fiscale posti come attuazione dell’articolo 119 della Costituzione.

Il richiamo all’articolo 14 estende all’ordinamento delle regioni a statuto speciale i principi che lì sono introdotti sull’assetto finanziario delle città metropolitane, mentre quello all’articolo 21 fa sì che, coerentemente con quanto stabilito per la perequazione finanziaria ordinaria, anche le opere che possono realizzarsi nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome ai sensi dell’articolo 119, quinto comma della Costituzione, concorrano alla valutazione degli interventi infrastrutturali da effettuare secondo i principi perequativi.

 

Per quanto concerne l’autonomia finanziaria degli enti locali, il nuovo assetto finanziario relativo agli enti locali è definito dagli articoli 11, 12, 13 e 14 del disegno di legge. Gli articoli 20 e 22 recano le disposizioni da applicarsi nel periodo transitorio, con riferimento, rispettivamente, al comparto dei comuni e delle province e alle città metropolitane.

Per quanto concerne l’autonomia di entrata degli enti locali, il provvedimento demanda alla legge statale l’individuazione dei tributi propri dei comuni e delle province. Anche la regione, nell’ambito dei propri poteri legislativi in materia tributaria, può istituire nuovi tributi comunali, provinciali e delle Città metropolitane nei propri territori, specificando gli ambiti di autonomia riconosciuti alle autonomie territoriali.

Nell'attuazione della delega, la legge statale può inoltre sostituire o trasformare tributi già esistenti, ovvero attribuire a comuni e province tributi o parti di tributi già erariali. E’ prevista peraltro la possibilità, per gli enti locali, di modificare le aliquote dei tributi loro attribuiti dalle leggi, entro i limiti da queste fissati e di introdurre agevolazioni, coerentemente a quanto previsto in materia di “flessibilità fiscale”.

Infine, per i comuni e le province sono previsti “tributi di scopo”, che l’ente può applicare in riferimento a particolari finalità.

Con riferimento alle città metropolitane è previsto uno specifico decreto legislativo relativo all’assegnazione a tali enti dei tributi e delle entrate proprie. L’articolo 22 reca inoltre una disciplina di natura ordinamentale finalizzata alla prima istituzione delle città metropolitane situate nelle regioni a statuto ordinario, ad esclusione di Roma (della quale si occupa il successivo articolo 23). Tale disciplina rimarrà in vigore fino all’approvazione di una apposita legge organica che stabilirà le modalità per la definitiva istituzione delle città metropolitane.

Le modalità di finanziamento di comuni, province e Città metropolitane è strutturato sulla base di una classificazione delle spese in tre tipologie:

a)    a)    spese riconducibili alle funzioni "fondamentali", ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, la cui individuazione è rimessa alla legislazione statale;

b)    spese relative alle “altre funzioni”, non riconducibili a quelle fondamentali;

c)    spese che, prescindendo dall’oggetto delle funzioni, risultano finanziate con contributi nazionali speciali, finanziamenti dall'Unione europea e cofinanziamenti nazionali.

I criteri generali di delega prevedono il graduale superamento del criterio della spesa storica in favore di due nuovi criteri ai quali ancorare il finanziamento delle spese degli enti territoriali: il fabbisogno standard, per il finanziamento delle funzioni fondamentali, e la perequazione della capacità fiscale, per il finanziamento delle altre funzioni.

Per le spese connesse alle funzioni fondamentali è prevista la garanzia del finanziamento integrale, con riferimento al fabbisogno standard.

Il finanziamento deve essere assicurato, in via prioritaria, dal gettito derivante da tributi propri, compartecipazioni al gettito di tributi erariali e regionali e da addizionali a tributi erariali e regionali. Il disegno di legge individua espressamente quali entrate dei comuni e delle province devono essere specificamente destinate al finanziamento delle funzioni fondamentali. In particolare, per i comuni è fatto riferimento, in via prioritaria, al gettito derivante dalla compartecipazione all’IVA, alla compartecipazione all’IRPEF e alla imposizione immobiliare, con esclusione dell'abitazione principale; per le province, al gettito di tributi relativi al trasporto su gomma e alla compartecipazione a un solo tributo erariale.

È rimessa, invece, alla facoltà delle città metropolitane la scelta circa l’applicazione dei tributi loro assegnati in relazione al finanziamento delle spese fondamentali.

Il finanziamento integrale è assicurato dall’intervento del fondo perequativo. Il provvedimento prevede l’istituzione di due fondi perequativi, uno a favore dei comuni, l’altro a favore delle province e delle Città metropolitane, iscritti nel bilancio delle singole regioni ed alimentati attraverso un apposito fondo perequativo dello Stato.

La ripartizione tra i singoli enti del fondo perequativo è effettuata sulla base di due specifici indicatori: un indicatore di fabbisogno finanziario, calcolato come differenza tra il valore standardizzato della spesa corrente (esclusa la spesa per interessi) ed il valore standardizzato dei tributi e delle entrate proprie di applicazione generale; e un indicatore di fabbisogno di infrastrutture, per il finanziamento della spesa in conto capitale.

Con riferimento al finanziamento delle spese riconducibili alle funzioni "non fondamentali" non è previsto il finanziamento integrale. Il disegno di legge stabilisce che esse siano finanziate con i tributi propri, con le compartecipazioni al gettito di tributi e dal fondo perequativo. A differenza di quanto previsto per il finanziamento delle spese fondamentali, l’intervento del fondo perequativo, in tale ambito, è basato soltanto sulla capacità fiscale per abitante ed è espressamente diretto a ridurre le differenze tra le capacità fiscali dei singoli enti.

Per gli enti locali con minor popolazione, la perequazione è effettuata tenendo conto di alcune specificità, quali il fattore della dimensione demografica in relazione inversa alla dimensione demografica stessa, e la partecipazione dell’ente a forme associative.

 

L’articolo 23 affronta poi il tema dell’attuazione dell’art. 114, terzo comma, della Costituzione, ove si dispone che la legge dello Stato disciplini l’ordinamento di Roma, capitale della Repubblica. Tale disciplina, sotto il profilo ordinamentale oltre che finanziario, è definita dall’articolo in via transitoria, in attesa che l'attuazione della disciplina sulle città metropolitane determini l'istituzione della città metropolitana di Roma capitale. L’articolo precisa peraltro che tale disciplina è destinata a trovare applicazione anche “a regime”, intendendosi riferita alla città metropolitana a decorrere dalla sua istituzione.

Nel frattempo, l’articolo configura, in luogo del comune di Roma, un nuovo ente territoriale denominato “Roma capitale”, dotato di una “speciale autonomia” statutaria, amministrativa e finanziaria ad esso attribuita in ragione delle peculiari funzioni che la capitale è chiamata svolgere in quanto sede degli organi costituzionali, nonché delle rappresentanze diplomatiche degli Stati esteri.

A Roma capitale sono attribuite ulteriori funzioni amministrative, in aggiunta a quelle già spettanti al comune di Roma, da esercitare mediante regolamenti adottati dal consiglio comunale di Roma, ridenominato “Assemblea capitolina”.

Ampia parte della disciplina di Roma capitale – e segnatamente quella relativa ai profili finanziari e patrimoniali e quella concernente i raccordi istituzionali e le modalità di coordinamento e di collaborazione tra il nuovo ente e lo Stato, la regione Lazio e la provincia di Roma – è rimessa a un decreto legislativo da approvare nell’ambito dell’esercizio della delega prevista dal disegno di legge in esame.

 

L’articolo 15 del disegno di legge, richiamando l’articolo 119, quinto comma, della Costituzione in merito alla destinazione delle risorse aggiuntive e agli interventi speciali in favore di determinati comuni, province, città metropolitane e regioni, enuncia i princìpi e criteri direttivi ai quali il legislatore delegato dovrà fare riferimento nel predisporre i decreti attuativi. Dovranno essere definite le modalità per cui tali interventi saranno finanziati con contributi speciali del bilancio statale, con finanziamenti dell’Unione europea e con cofinanziamenti nazionali secondo il metodo della programmazione pluriennale. I finanziamenti comunitari non potranno avere valenza sostitutiva dei contributi speciali dello Stato. Dovrà essere prevista la confluenza dei contributi statali speciali in appositi fondi destinati agli enti locali e alle regioni, fermo restando il loro vincolo finalistico.

I decreti delegati dovranno considerare le specifiche realtà territoriali, con particolare riguardo alla collocazione geografica, alla prossimità al confine con Stati esteri o con regioni a statuto speciale, alla qualifica di territorio montano o di isola minore.

I decreti dovranno individuare gli interventi diretti a promuovere lo sviluppo economico, la coesione delle aree sottoutilizzate e la solidarietà sociale, nonché a rimuovere gli squilibri economico-sociali e a favorire l’esercizio effettivo dei diritti della persona. Gli obiettivi e i criteri annuali saranno disciplinati con i provvedimenti annuali che definiranno la manovra finanziaria e che determineranno l’ammontare delle risorse.

Anche l’articolo 21 richiama l’articolo 119, quinto comma, della Costituzione, prevedendo una ricognizione degli interventi infrastrutturali ad esso riconducibili previsti da norme vigenti, che riguardino la rete stradale, autostradale e ferroviaria, la rete fognaria, la rete idrica, elettrica e di trasporto e distribuzione del gas, e le strutture portuali ed aeroportuali. Vengono, pertanto, indicati i principi e criteri direttivi in base ai quali effettuare la ricognizione. Successivamente alla ricognizione, al fine di recuperare il deficit infrastrutturale esistente, saranno individuate le opere da inserire nel “Programma delle infrastrutture strategiche”, annualmente allegato al documento di programmazione economico-finanziaria (DPEF), tenendo conto anche della virtuosità degli enti nell’adeguamento al processo di convergenza verso i costi o i fabbisogni standard.

 

L’articolo 18 reca i principi e criteri direttivi finalizzati all’attribuzione alle Regioni e agli Enti locali di un proprio patrimonio, in conformità a quanto previsto dall’ultimo comma dell’art. 119 Cost..

 

Per quanto concerne il coordinamento della spesa pubblica, il disegno di legge (articoli 16 e 17) prevede il concorso di tutti i livelli di governo al conseguimento degli obiettivi della politica di bilancio nazionale, in coerenza con i vincoli posti dall’Unione europea e dai Trattati internazionali.

Nel nuovo assetto delle relazioni economico-finanziarie tra lo Stato e le autonomie territoriali prefigurato dal disegno di legge, il coordinamento della finanza pubblica assume un ruolo centrale e si estende anche al monitoraggio e al controllo dei livelli, dei costi e della qualità dei servizi pubblici.

In tale prospettiva, il Patto di stabilità interno, sinora adottato per definire l’entità del concorso dei diversi enti territoriali agli obiettivi della politica di bilancio, dovrebbe essere ricondotto nell’ambito del “Patto di convergenza” previsto dall’articolo 17 del disegno di legge, consistente in un insieme di regole per il coordinamento dinamico della finanza pubblica che il Governo è chiamato a definire annualmente nell’ambito della legge finanziaria.

Tale nuovo istituto è finalizzato, in particolare, a realizzare l'obiettivo della convergenza dei costi e dei fabbisogni standard dei vari livelli di governo, ossia ad agevolare il graduale passaggio dal criterio della spesa storica a quello dei costi standard.

In questo quadro, i principi e criteri direttivi del disegno di legge attribuiscono alle regioni uno specifico ruolo di coordinamento a garanzia del raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica, in base al quale esse, previa concertazione con gli enti locali ricadenti nel proprio territorio regionale, possono adattare le regole e i vincoli posti dal legislatore nazionale, differenziando le regole di evoluzione dei flussi finanziari dei singoli enti in relazione alla diversità delle situazioni finanziarie esistenti nelle singole regioni.

Si prevede, inoltre, l’individuazione di indicatori di efficienza e di adeguatezza volti a garantire obiettivi qualitativi dei servizi regionali e locali, funzionali a loro volta all’introduzione di un sistema premiante per gli enti che assicurino una più elevata qualità dei servizi associata ad un livello di pressione fiscale inferiore alla media, nonché di un sistema sanzionatorio per gli enti meno virtuosi.

Meccanismi sanzionatori di carattere automatico sono inoltre previsti a carico degli organi di governo e amministrativi nel caso di mancato rispetto degli equilibri e degli obiettivi economico-finanziari assegnati alla regione e agli enti locali, con l’individuazione dei casi di ineleggibilità nei confronti degli amministratori responsabili degli enti locali per i quali sia stato dichiarato lo stato di dissesto finanziario, oltre che dei casi di interdizione dalle cariche in enti vigilati o partecipati da enti pubblici.

Ai fini del coordinamento della finanza pubblica, il disegno di legge prevede, all’articolo 5 l’istituzione di una specifica Conferenza permanente.

Qualora l’attività di monitoraggio del Patto di convergenza rilevi che uno o più enti non abbiano raggiunto gli obiettivi loro assegnati, lo Stato è chiamato ad attivare – previa intesa in sede di Conferenza unificata e limitatamente agli enti che presentano i maggiori scostamenti nei costi per abitante – un procedimento correttivo denominato “Piano per il conseguimento degli obiettivi di convergenza”.

Si ricorda che per l’esame in sede referente risultano abbinate al disegno di legge oggetto della presente scheda le seguenti proposte di legge, anch’esse recanti princìpi e norme di delega per l’attuazione del federalismo fiscale:

§    A.C. 452 (Ria), Delega al Governo in materia di federalismo fiscale;

§    A.C. 692 (Consiglio regionale della Lombardia), Nuove norme per l'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione;

§    A.C. 748 (Paniz), Delega al Governo per l'attuazione dell'articolo 119 della Costituzione in materia di federalismo fiscale.

Relazioni allegate

Al testo originario del disegno di legge, presentato al Senato (AS 1117), sono allegate la relazione illustrativa e la relazione tecnica.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Il disegno di legge in esame è volto ad attuare, mediante conferimento di delega legislativa al Governo, l’articolo 119 Cost.

In particolare, il disegno di legge di delega e i decreti legislativi che ne costituiranno l’attuazione:

§         fissano i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, ai sensi dell’articolo 119, secondo comma;

§         prevedono l’istituzione di un fondo perequativo per i territori con minore capacità fiscale per abitante ai sensi dell’articolo 119, terzo comma;

§         individuano i criteri per la realizzazione degli interventi speciali previsti dall’articolo 119, quinto comma;

§         dettano i principi generali per la disciplina del patrimonio degli enti territoriali, ai sensi dell’articolo 119, sesto comma.

È altresì disciplinato l’ordinamento di Roma capitale della Repubblica, in attuazione dell’articolo 114, terzo comma, Cost.

Viene infine in questione l’articolo 118 Cost. che prevede l’attribuzione delle funzioni amministrative sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.

 

Con riferimento al riparto legislativo di competenze sancito dall’articolo 117 Cost., il provvedimento è primariamente finalizzato a definire princìpi in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici e di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario: ambiti materiali che rientrano nella potestà legislativa concorrente tra Stato e regioni ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost.

Con riferimento alle disposizioni introdotte, rileva altresì la competenza esclusiva statale (art. 117, secondo comma, Cost.), in materia di:

§         sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziaria (lettera e));

§         determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (lettera m));

§         funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane (lettera p)).

 

In relazione all’art. 117 Cost., occorre segnalare che l’articolo 8 del disegno di legge in esame prevede criteri di classificazione delle spese che sembrano destinati ad avere rilievo anche ai fini del riparto delle competenze legislative tra Stato e regioni dalla Costituzione (come si evince anche dalla rubrica che fa riferimento alle “modalità di esercizio delle competenze legislative”). Per la prima volta si avrebbe infatti un intervento organico del legislatore volto a procedere ad una classificazione, sia pure in termini di spese, basata sulle competenze legislative indicate dall’articolo 117.

Dalla formulazione testuale della norma, pare desumersi che tutte le spese per la sanità e l’assistenza dovrebbero essere classificate come riconducibili ai livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale.

Se questa fosse la lettura corretta, andrebbe peraltro valutata la coerenza della classificazione con il dettato dell’articolo 117. La classificazione di un ambito di intervento come riconducibile ai livelli essenziali delle prestazioni implica infatti la competenza legislativa statale su detto ambito, laddove è da escludere detta competenza per l’intero ambito della sanità e dell’assistenza (la tutela della salute è infatti materia di competenza concorrente, laddove l’assistenza sociale è materia di competenza residuale regionale).

La norma sembrerebbe allora dover essere interpretata nel senso della necessità di procedere prima alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (laddove i medesimi non risultino già definiti) e, successivamente, alla classificazione delle spese.

Con riferimento all’istruzione, la norma sembrerebbe considerare riconducibili ai livelli essenziali delle prestazioni tutte le spese per i servizi e le prestazioni inerenti all'esercizio del diritto allo studio e le spese per lo svolgimento delle altre funzioni amministrative attribuite alle regioni dalla normativa vigente.

Anche in tal caso andrebbe valutata la coerenza con il riparto di competenze legislative sancito dall’articolo 117 e con la giurisprudenza costituzionale, secondo la quale la competenza in ordine alla determinazione dei livelli essenziali può essere richiamata solo in relazione a specifiche prestazioni delle quali la normativa statale definisca il livello essenziale di erogazione.

Anche tale norma potrebbe peraltro essere interpretata nel senso della previa necessità di determinare i livelli essenziali delle prestazioni nell’ambito delle attività in materia di istruzione dai commi 2 e 3.

La consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale ha riconosciuto il carattere trasversale della competenza in ordine alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, nel senso che essa può incidere anche su ambiti materiali rimessi alla competenza concorrente o residuale delle Regioni, dal momento che «si riferisce alla determinazione degli standard strutturali e qualitativi delle prestazioni, da garantire agli aventi diritto su tutto il territorio nazionale, in quanto concernenti il soddisfacimento di diritti civili e sociali.» (sentenze n. 371/2008 e n. 387/2007). Peraltro, tale titolo di legittimazione «non può essere invocato se non in relazione a specifiche prestazioni delle quali la normativa statale definisca il livello essenziale di erogazione» (sentenze n. 181/2006 e 285/2005; nello stesso senso, ex multis, sentenze n. 423/2004, n. 16/2004; n. 282/2002).

Ne consegue che non sono «inquadrabili in tale categoria le norme volte ad altri fini, quali, ad esempio, l'individuazione del fondamento costituzionale della disciplina, da parte dello Stato, di interi settori materiali (sentenze n. 383 e n. 285 del 2005) o la regolamentazione dell'assetto organizzativo e gestorio degli enti preposti all'erogazione delle prestazioni (sentenza n. 120 del 2005). Il suddetto art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., consente infatti una forte restrizione dell'autonomia legislativa delle Regioni al solo scopo di assicurare un livello uniforme di godimento dei diritti civili e sociali tutelati dalla Costituzione stessa.» (sentenza n. 387/2007).