Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Ratifica del Trattato di Lisbona che modifica il Trattato sull'Unione europea e il trattato che istituisce la Comunità europea - A.C. 1519
Riferimenti:
AC N. 1519/XVI     
Serie: Note per la I Commissione affari costituzionali    Numero: 6
Data: 28/07/2008
Descrittori:
RATIFICA DEI TRATTATI   TRATTATO DELL'UNIONE EUROPEA
Organi della Camera: III-Affari esteri e comunitari

Casella di testo: Note per la I Commissione28 luglio 2008                                                                                                                                            n. 6

Ratifica del Trattato di Lisbona

A.C. 1519

Profili di interesse della Commissione affari costituzionali

 

Numero del disegno di legge

A.C. 1519

Titolo

Ratifica ed esecuzione del Trattato di Lisbona che modifica il Trattato sull'Unione europea e il Trattato che istituisce la Comunità europea e alcuni atti connessi, con atto finale, protocolli e dichiarazioni, fatto a Lisbona il 13 dicembre 2007.

Iniziativa

Governo

Iter al Senato

Sì (A.S. 759)

Numero di articoli:

3

Date:

 

trasmissione

23 luglio 2008

assegnazione

24 luglio 2008

Commissione competente

III (Affari esteri)

Stato dell’iter

In corso di esame in sede referente

 

 


Contenuto

Il disegno di legge di ratifica del Trattato di Lisbona costituisce la ripresentazione del provvedimento presentato dal Governo nello scorcio finale della XV legislatura (A.S. 1956), il quale non ha potuto terminare il proprio iter parlamentare a causa dello scioglimento anticipato delle Camere.

Esso si compone di tre articoli, che recano rispettivamente l’autorizzazione alla ratifica del Trattato (art. 1), l’ordine di esecuzione del Trattato (art. 2), nonché disposizioni in ordine all’entrata in vigore della legge, che avrà luogo il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale (art. 3).

Quanto ai contenuti dell’accordo oggetto della ratifica, il Trattato di Lisbona riprende, con alcune modifiche, disposizioni già contenute nel Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa, che non è mai entrato in vigore per il mancato completamento del processo di ratifica.

Il Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa era stato firmato a Roma il 29 ottobre 2004 ed era stato ratificato da 18 Paesi dell’Unione, tra i quali l’Italia, che l’avevaratificato con la legge 7 aprile 2005, n. 57.

A seguito dell'esito negativo dei referendum sulla ratifica del Trattato costituzionale in Francia e nei Paesi Bassi, il Consiglio europeo del 16 e 17 giugno 2005 approvò una dichiarazione sulla ratifica del Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa nella quale si invitava a promuovere un ampio dibattito nell'ambito di un periodo di riflessione. Il Consiglio europeo del 15 e 16 giugno 2006 ha proceduto a una valutazione del periodo di riflessione, prevedendo che una decisione sulle modalità con le quali proseguire il processo di riforma sarebbe dovuta essere assunta dal Consiglio europeo del 21 e 22 giugno 2007, sulla base di una relazione presentata dalla Presidenza tedesca. Il Consiglio europeo del 21 e 22 giugno 2007 ha deciso la convocazione di una Conferenza intergovernativa, incaricata di elaborare un progetto di Trattato, secondo un mandato "che costituirà la base ed il quadro esclusivi dei suoi lavori". La Conferenza intergovernativa, avviata sotto Presidenza portoghese il 23 luglio 2007, si è conclusa il 19 ottobre 2007.

Il Trattato in esame - a differenza del Trattato costituzionale - non prevede l'abrogazione dei Trattati vigenti e la loro sostituzione con un unico testo, ma si configura – in linea con le modifiche fin qui realizzate dei Trattati di Roma - come un trattato di modifica dei trattati vigenti: il Trattato sull'Unione europea (TUE) e il Trattato che istituisce una Comunità europea (TCE), quest'ultimo rinominato Trattato sul funzionamento dell'Unione (TFUE).

Il Trattato di Lisbona è dunque articolato in due parti, più le disposizioni finali: la prima parte modifica il TUE, la seconda il TFUE (ex TCE). Allegati al Trattato di Lisbona vi sono numerosi protocolli, che sono allegati ai Trattati modificati, e dichiarazioni che sono allegate all'atto finale della Conferenza intergovernativa (CIG).

Al riguardo, si ricorda che le disposizioni contenute nei protocolli hanno lo stesso valore giuridico delle disposizioni dei Trattati, non ugualmente le dichiarazioni.

Scompare, quindi, la distinzione in quattro parti del Trattato costituzionale (recanti rispettivamente: parte I, norme propriamente costituzionali; parte Il, Carta dei diritti fondamentali dell'UE; parte III, politiche dell'Unione; parte IV, disposizioni generali e finali).

Come sarà più analiticamente nella sezione relativa al rispetto dei principi costituzionali, la Carta dei diritti fondamentali non è più compresa nel Trattato: il Trattato di Lisbona contiene solo un articolo di rinvio, che specifica che la Carta ha lo stesso valore giuridico dei Trattati.

Sono stati eliminati i riferimenti espliciti ai simboli dell'Unione (bandiera, inno, motto, moneta, 9 maggio giornata dell'Europa) ed ogni riferimento terminologico che poteva ricondurre alla natura "costituzionale" del testo: il Ministro degli affari esteri dell'Unione è stato ridenominato Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza; i termini "legge" e "legge quadro" sono stati abbandonati e sono mantenuti i termini attuali "regolamento", "direttiva" e "decisione"; il primato del diritto dell'UE non è esplicitamente affermato nel testo del Trattato, ma in una dichiarazione. Peraltro, su iniziativa della Germania, 16 Stati membri, tra cui l'Italia, hanno firmato una dichiarazione, allegata all'atto finale della CIG, che riconosce il valore dei simboli dell'Unione.

Nella nuova riorganizzazione operata dal Trattato di Lisbona, nel TUE sono confluite le disposizioni di natura "costitutiva" ed "organizzativa", mentre nel TFUE sono confluite sia disposizioni di applicazione delle disposizioni del TUE, sia disposizioni per le singole politiche dell'Unione.

Relazioni allegate o richieste

Il disegno di legge di ratifica presentato presso l’altro ramo del Parlamento (A.S. 759) è accompagnato – oltre che dalla relazione illustrativa – da un’analisi tecnico-normativa (ATN).

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Il disegno di legge in esame, in quanto ratifica di un accordo di modifica dei Trattati costitutivi dell’Unione europea e della Comunità europea, può essere inquadrato nell’ambito della materia “politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello Stato con l’Unione europea” che l’art. 117, secondo comma, lettera a), della Costituzione demanda alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.

Rispetto degli altri princìpi costituzionali

Gli aspetti del Trattato che presentano profili di rilevanza costituzionale nell’ordinamento interno appaiono molteplici.

Per quanto attiene agli aspetti di carattere generale, assumono particolare rilievo le questioni relative al valore giuridico della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, all’adesione dell’Unione europea alla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma nel 1950.

Tali questioni, affrontate nell’ambito del Trattato di Lisbona, si inseriscono nel quadro del sempre maggiore sviluppo di forme di tutela multilivello dei diritti, che ha portato a forme di compresenza e di sovrapposizione di diversi livelli di protezione dei diritti fondamentali in Europa, che si caratterizzano anche per la diversità dei “cataloghi” dei diritti contenuti nelle rispettive Carte di riferimento. Tale diversità assume particolare rilevanza se si tiene conto del ruolo che le disposizioni contenute nel diritto comunitario e nella CEDU rivestono nell’ordinamento costituzionale italiano.

Con riferimento al diritto comunitario, a partire dalla sentenza n. 170 del 1984 (c.d. sentenza Granital), la giurisprudenza della Corte Costituzionale valorizza il primato del diritto comunitario, affermando attraverso il potere-dovere del giudice comune di disapplicare le norme interne in contrasto con regolamenti comunitari (o con altre norme comunitarie direttamente applicabili), senza bisogno di sollevare questione di costituzionalità sulle prime. La Corte è andata poi definendo ulteriormente i termini della questione, chiarendo che sono direttamente applicabili anche le sentenze interpretative e di inadempimento della Corte di giustizia (rispettivamente sentt. n. 113 del 1985 e sent. n. 389 del 1989), nonché le direttive, allorché sia scaduto il relativo termine di recepimento ed esse risultino incondizionate e sufficientemente precise (c.d. direttive dettagliate) (sentt. nn. 64 del 1990 e 168 del 1991). Inoltre, non spetta soltanto al giudice disapplicare la normativa interna con tali atti incompatibile, ma anche alla pubblica amministrazione (sent. n. 389 del 1989).

La Corte ha invece dichiarato la propria competenza a giudicare della legittimità costituzionale di leggi statali o regionali impugnate in via principale per violazione di norme comunitarie direttamente applicabili e, quindi, per violazione mediata dell’art. 11 (e ora dell’art. 117, primo comma) Cost. (cfr. Sent. n. 384 del 1994, Sent. n. 94 del 1995 e Sent. n. 406 del 2005).

Per quanto riguarda invece le disposizioni della CEDU, solo recentemente (sentenze n. 348 e 349 del 2007) la Corte Costituzionale ha precisato la loro collocazione nel nostro ordinamento evidenziando che i principi affermati nella Carta, come risultanti dall’interpretazione della Corte europea di Strasburgo, costituiscono fonti atte ad integrare il parametro di costituzionalità di cui all'art. 117, primo comma, Cost come interpretate dalla Corte europea: in altri termini, la violazione di principi contenuti in norme della CEDU compatibili con l'ordinamento costituzionale italiano rappresenta – per la Corte – una violazione mediata dell’articolo 117, primo co. Cost.

Quanto al primo aspetto, come si è anticipato, nel Trattato di Lisbona la Carta dei diritti fondamentali assume – attraverso l’inserimento di un apposito rinvio in un articolo del Trattato sull’Unione (art. 6 TUE) – carattere giuridicamente vincolante, anche se il testo della Carta non è incluso nei Trattati, come invece avveniva nel Trattato costituzionale (del quale costituiva la parte II). Le disposizioni della Carta diventano quindi parametro diretto di valutazione:

§         della legittimità degli atti normativi adottati dalle istituzioni dell’Unione;

§         della conformità all’ordinamento comunitario degli atti normativi adottati dai singoli Stati membri nell’attuazione del diritto dell’Unione.

La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, il cui teso fu elaborato da un'apposita Convenzione composta da rappresentati dei Governi e dei parlamenti nazionali nonché da rappresentanti del Parlamento europeo e della Commissione, fu inizialmente proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000. La Carta, così come modificata in occasione del suo inserimento nel Trattato costituzionale, è stata proclamata solennemente in occasione della seduta plenaria del Parlamento europeo del 12 dicembre 2007 dai Presidenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione europea ed è stata poi pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

In assenza di specifiche indicazioni al riguardo nell’ambito della Carta, le sue disposizioni sono state fino ad ora comunemente ritenute prive di vincolatività giuridica. Tuttavia, sia la Corte di giustizia europea sia le Corti costituzionali europee in numerosi casi hanno richiamato a fini interpretativi le disposizioni contenute nella Carta europea. Con particolare riferimento all’Italia, la Corte costituzionale ha nelle proprie pronunce richiamato più volte la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, evidenziando che essa - ancorché priva di efficacia giuridica - rappresenta comunque espressione di principi comuni agli ordinamenti europei (in tal senso, si vedano ad esempio le sentenze n. 394/2006 e n. 135/2002).

Quanto alla portata della Carta, l’art. 6, paragrafo 1, comma 2, TUE, come modificato dal Trattato di Lisbona chiarisce che “le disposizioni della Carta “non estendono in alcun modo le competenze dell’Unione definite nei Trattati”. Tale precisazione – che riprende quella più ampia contenuta nell’articolo 51, paragrafo 2, della Carta – ha inteso assicurare in modo espresso la tutela degli ambiti di competenza degli Stati membri.

Come indica il paragrafo 1 dell’art. 51 della Carta, le disposizioni in essa contenute si applicano alle istituzioni e agli organismi dell’Unione nel rispetto del principio di sussidiarietà, nonché agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione.

Analogamente, nel sottolineare la natura non innovativa della Carta rispetto alle competenze definite dai Trattati, la dichiarazione n. 1 allegata all’Atto finale sottolinea il valore “confermativo” della Carta rispetto ai diritti già statuiti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali e a quelli risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri.

Rispetto al testo della Carta originariamente proclamata a Nizza nel 2000, si prevede inoltre in modo esplicito (art. 6, par. 1, co 3, TUE) che le disposizioni della Carta siano interpretate dai giudici dell'Unione e degli Stati membri tenendo in debito conto le spiegazioni predisposte dal Praesidium della Convenzione che ha redatto la Carta stessa ed aggiornate dal Praesidium della Convenzione europea.

II Trattato contiene inoltre una base giuridica (art. 6, par. 2, TUE) per l'adesione dell'Unione alla Convenzione europea dei diritti dell'uomo (CEDU). Anche in questo caso, il Trattato precisa che l’adesione “non modifica le competenze dell’Unione definite nei Trattati”.

In ogni caso, come già previsto in base alla formulazione vigente del Trattato istitutivo dell’Unione, i diritti fondamentali sanciti dalla CEDU fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali.

L'articolo 218 del TFUE, relativo alla procedura unitaria per la conclusione di accordi internazionali prevede che l'accordo sull'adesione dell'Unione alla CEDU sia concluso dal Consiglio all'unanimità, previa approvazione del Parlamento europeo e con ratifica da parte degli Stati membri, conformemente alle rispettive norme costituzionali. Allegato al Trattato vi è un protocollo sull'adesione dell'Unione alla CEDU ed una dichiarazione relativa al dialogo tra la Corte di giustizia dell'Unione europea e la Corte europea dei diritti dell'uomo.

Ilprimato del diritto dell'UE non è più esplicitamente affermato nel testo del Trattato - come invece era previsto dal Trattato costituzionale (art. I-6) - ma trasferito in una dichiarazione (la dichiarazione n. 17) che richiama la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'UE in merito alla prevalenza del diritto adottato dall'UE sul diritto degli Stati membri.

Alla dichiarazione è allegato un Parere del Servizio giuridico del Consiglio, nella quale si sottolinea come la giurisprudenza della Corte di giustizia che ha affermato la primautédel diritto comunitario sul diritto degli Stati membri (a partire dalla sentenza Costa c. Enel C-6/64) si è sviluppata in assenza di una esplicita disposizione al riguardo nell’ambito dei Trattati. La mancata inclusione nell’ambito del Trattato del principio del primato del diritto dell’Unione non intacca, pertanto, la sua esistenza, che è insita nella natura stessa dell’ordinamento comunitario.

Altri profili di interesse della Commissione Affari costituzionali

Spazio di libertà, sicurezza e giustizia

Il Trattato di Lisbona prevede nell’ambito del TFUE la costituzione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nel rispetto dei diritti fondamentali, dei diversi ordinamenti giuridici e delle diverse tradizioni giuridiche degli Stati membri. La soppressione della attuale struttura "per pilastri" dell'ordinamento dell'Unione europea (che comporta l'adozione di procedure decisionali differenziate a seconda della materia trattata) determina una “comunitarizzazione” della materia, con conseguente applicazione a tale settore della procedura legislativa ordinaria ed estensione della votazione a maggioranza qualificata, tranne alcune eccezioni.

Attualmente le disposizioni relative a visto, asilo e immigrazione ed altre politiche connesse con la libera circolazione delle persone sono collocate nel titolo IV del TCE e quindi sottoposte al metodo comunitario, mentre le disposizioni sulla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale sono collocate nel TUE e sottoposte a procedure ed atti ad hoc. La procedura di decisione attualmente prevalente in materia di giustizia e affari interni prevede la consultazione del Parlamento europeo e decisione del Consiglio all'unanimità.

Più specificamente, l’art. 61, paragrafi 2 e 3, del TFUE prevedono che l'Unione europea:

§         garantisca che non vi siano controlli sulle persone alle frontiere interne e sviluppi una politica comune in materia di asilo, immigrazione e controllo delle frontiere esterne, fondata sulla solidarietà tra Stati membri ed equa nei confronti dei cittadini dei paesi terzi;

§         si adoperi per garantire un livello elevato di sicurezza attraverso misure di prevenzione e di lotta contro la criminalità, il razzismo e la xenofobia, attraverso misure di coordinamento e cooperazione tra forze di polizia e autorità giudiziarie e altre autorità competenti, nonché tramite il riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie penali e, se necessario, il ravvicinamento delle legislazioni penali.

Per quanto attiene agli ambiti di competenza della Commissione Affari costituzionali, rilevano in particolare le disposizioni contenute nel Capo 2 del Titolo IV del TFUE, che recano una nuova definizione delle politiche relative ali controlli alle frontiere, all’asilo e all’immigrazione (artt. 62- 63-ter), nonché quelle di cui al successivo Capo 5, in materia di cooperazione di polizia (artt. 69 F- 69 H).

Ruolo dei parlamenti nazionali

Particolare rilievo assume nell’ambito del Trattato di Lisbona, il rafforzamento dei Parlamenti nazionali, che trova una propria disciplina – oltre che nei due Protocolli allegati al Trattato, riferiti rispettivamente al ruolo dei Parlamenti nazionali e all’applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità – anche in specifiche disposizioni inserite nel Trattato. In particolare, il Trattato di Lisbona introduce nel TUE un nuovo articolo 8C (art. 12 del TUE rinumerato) che illustra il ruolo dei Parlamenti nazionali nel contesto europeo.

In estrema sintesi, i due protocolli – nel prevedere la trasmissione diretta ai Parlamenti nazionali di tutti i progetti di atti legislativi dell’Unione – stabiliscono che tra la data di trasmissione del progetto e la data in cui questo è iscritto all'ordine del giorno provvisorio del Consiglio ai fini della sua adozione o dell'adozione di una posizione nel quadro di una procedura legislativa debba intercorrere un periodo di 8 settimane (in luogo delle 6 previste dal Trattato costituzionale).Entro tale termine i Parlamenti possono formulare un parere motivato in merito alla conformità del progetto di atto legislativo al principio di sussidiarietà (c.d. early warning).Ciascun Parlamento nazionale dispone di due voti e, in caso di Parlamenti bicamerali, ciascuna camera dispone di un voto.

Il Trattato di Lisbona riprende la procedura prevista dal Trattato che adotta una Costituzione per l'Europa, e prevede che qualora i pareri motivati rappresentino almeno un terzo dell'insieme dei voti attribuiti ai Parlamenti nazionali il progetto deve essere riesaminato (cd “cartellino giallo'). La soglia è abbassata a un quarto, nel caso di proposte della Commissione o di una iniziativa di un gruppo di Stati membri che si riferiscono allo spazio di libertà sicurezza e giustizia. AI termine del riesame il progetto in questione può essere — con una decisione motivata mantenuto, modificato o ritirato.

A tale procedura di riesame, il Trattato di Lisbona affianca una nuova procedura, non prevista dal Trattato costituzionale, che attribuisce ai Parlamenti nazionali un potere di attivare una procedura di intervento sui procedimento legislativo (cd "cartellino arancione”). Tale nuova procedura si applica ai casi nei quali i pareri motivati sul mancato rispetto del principio di sussidiarietà rappresentino almeno la maggioranza semplice dei voti attribuiti ai Parlamenti e la Commissione decida di mantenere la proposta, dando conto, in un parere motivato, dei motivi per cui la ritiene conforme al principio di sussidiarietà. Il parere motivato della Commissione e i pareri motivati dei parlamenti nazionali sono sottoposti al legislatore dell'Unione affinché ne tenga conto nella procedura. in questo quadro:

§          prima della conclusione della prima lettura, il legislatore (Consiglio e Parlamento europeo) esamina la compatibilità della proposta legislativa con il principio di sussidiarietà, tenendo particolarmente conto dei pareri motivati dei parlamenti nazionali e della Commissione;

§          se, a maggioranza del 55% dei membri dei Consiglio o a maggioranza dei voti espressi in sede di Parlamento europeo, il legislatore ritiene che la proposta non sia compatibile con il principio di sussidiarietà, la proposta legislativa non forma oggetto di ulteriore esame.

Rispetto al Trattato costituzionale, rimane inoltre confermata la competenza della Corte di giustizia a pronunciarsi sui ricorsi per violazione, mediante un atto legislativo, del principio di sussidiarietà proposti secondo le modalità previste dall’art. 230 del TFUE da uno Stato membro o “trasmessi da quest’ultimo, in conformità con il rispettivo ordinamento giuridico interno a nome del suo parlamento nazionale o di una camera di detto parlamento nazionale” (art. 8 del Protocollo sulla sussidiarietà).