Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Misure straordinarie per l'emergenza rifiuti nella regione Campania - D.L. 90/2008 ' A.C. 1145
Riferimenti:
AC N. 1145/XVI   DL N. 90 DEL 23-MAG-08
Serie: Note per la I Commissione affari costituzionali    Numero: 2
Data: 04/06/2008
Descrittori:
ATTIVITA' DI URGENZA   CAMPANIA
RIFIUTI E MATERIALE DI SCARTO   SERVIZI DI EMERGENZA
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni

SIWEB

Casella di testo: Note per la I Commissione4 giugno 2008                                                                                                                                            n. 2

Misure straordinarie per l’emergenza rifiuti nella regione Campania
D.L. 90/2008 – A.C. 1145

Elementi per la valutazione degli aspetti di legittimità
costituzionale e con riguardo alle competenze normative

 

Numero del disegno di legge di conversione.

A.C. 1145

Numero del decreto-legge

23 maggio 2008, n. 90

Titolo del decreto-legge

Conversione in legge del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, recante misure straordinarie  per fronteggiare l’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile.

Iter al Senato

No

Numero di articoli:

 

testo originario

20

Date:

 

emanazione

23 maggio 2008

pubblicazione in Gazzetta ufficiale

23 maggio 2008

assegnazione

23 maggio 2008

scadenza

22 luglio 2008

Commissione competente

VIII Commissione (Ambiente)

Stato dell’iter

Avviato l’esame in Commissione

 

 


Contenuto

L’articolo 1 introduce un nuovo modello per la gestione dell’emergenza campana. I commissari delegati e le relative strutture sono sostituiti da un apposito Sottosegretario di Stato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. E’ quindi attribuito al Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri il coordinamento della complessiva azione di gestione dei rifiuti nella regione Campania per la durata del periodo emergenziale (fino al 31 dicembre 2009).

L’articolo 2 affida al Sottosegretario il compito di provvedere all'attivazione dei siti da destinare a discarica. Il Sottosegretario può utilizzare procedure espropriative per l'acquisizione di siti per lo stoccaggio/smaltimento di rifiuti. Egli può inoltre disporre l'acquisizione di ogni bene mobile funzionale al corretto espletamento delle attività di propria competenza.

Ai siti, alle aree e agli impianti comunque connessi all'attività di gestione dei rifiuti è attribuita la qualifica di “aree di interesse strategico nazionale”. Chiunque si introduca in tali aree abusivamente o vi ostacoli l’accesso autorizzato è punito con l’arresto da 3 mesi ad un anno o l’ammenda da 51 a 309 euro.

I poteri di urgenza sono esercitati dalle autorità competenti, d'intesa con il Sottosegretario, mentre viene previsto il coinvolgimento delle forze di polizia e delle forze armate al fine di assicurare piena effettività agli interventi ed alle iniziative per fronteggiare l'emergenza.

Il Sottosegretario richiede alle autorità competenti l'adozione di ogni provvedimento necessario all'esercizio delle prerogative di pubblica sicurezza. E’ punito con la reclusione fino ad un anno chiunque impedisce, ostacola o rende più difficoltosa la complessiva azione di gestione dei rifiuti. I capi, i promotori od organizzatori sono puniti con la reclusione da 1 a 5 anni.

Chi «distrugge, deteriora o rende inservibili, in tutto o in parte, componenti impiantistiche e beni strumentali connessi con la gestione dei rifiuti» è punito con reclusione da 6 mesi a 3 anni. Il delitto è perseguibile d’ufficio.

Il Sottosegretario può disporre la precettazione dei lavoratori a qualsiasi titolo impiegati nell'attività di gestione dei rifiuti. In caso di indisponibilità, anche temporanea, del servizio di raccolta e trasporto dei rifiuti derivante da qualsiasi causa, il Sottosegretario è autorizzato al ricorso ad interventi alternativi anche attraverso il diretto conferimento di incarichi ad altri soggetti idonei.

L’articolo 3 reca disposizioni finalizzate a definire - in via transitoria e fino al termine dello stato emergenziale - la competenza dell’autorità giudiziaria nei procedimenti penali relativi alla gestione dei rifiuti nella regione Campania.

Sono quindi demandate al Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Napoli le funzioni di PM per i procedimenti penali relativi ai reati in materia di gestione dei rifiuti e, più in generale, in materia ambientale nel territorio della regione Campania.. Le funzioni di GIP e GUP sono esercitate da magistrati del tribunale di Napoli. E’ attribuita al tribunale in composizione collegiale la competenza sulle richieste di misure cautelari personali e reali. Nel corso delle indagini preliminari, è fatto divieto a PM e ufficiali di polizia giudiziaria di disporre il sequestro preventivo di cose pertinenti al reato o la cui libera disponibilità possa aggravarne le conseguenze. Resta invece salva l’applicabilità delle disposizioni sull’attività di coordinamento del Procuratore nazionale antimafia, quando le indagini dimostrino il coinvolgimento della criminalità organizzata.

La nuova disciplina è applicabile anche ai procedimenti in corso per i quali non sia stata ancora esercitata l’azione penale. Inoltre, le misure cautelari già disposte dal PM o convalidate dal GIP perdono efficacia se non sono convalidate, entro 20 giorni dalla trasmissione degli atti, dal tribunale collegiale.

L’articolo 4 disciplina la tutela giurisdizionale relativa alle controversie attinenti alla gestione dei rifiuti, anche qualora tale azione sia posta in essere con comportamenti dell’amministrazione pubblica o dei soggetti alla stessa equiparati. Le suddette controversie sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, la quale si estende anche a quelle relative a diritti costituzionalmente tutelati.

L’articolo 5, al fine di consentire il pieno rientro dall'emergenza, in deroga al parere della Commissione VIA del 9 febbraio 2005, autorizza il conferimento ed il trattamento di una serie di rifiuti (tra cui le cosiddette “ecoballe”) presso il termovalorizzatore di Acerra per un quantitativo massimo complessivo annuo pari a 600.000 tonnellate. Sono quindi autorizzati l'esercizio del termovalorizzatore di Acerra e la realizzazione del termovalorizzatore di Santa Maria La Fossa.

L’articolo 6 dispone una valutazione in ordine al valore di impianti di selezione e trattamento dei rifiuti. All'esito della procedura di valutazione, gli impianti di selezione e trattamento possono essere convertiti in impianti per il compostaggio di qualità e per le attività connesse alla raccolta differenziata ed al recupero, nonché per la trasferenza dei rifiuti urbani.

L’articolo 7 prevede la riduzione da 60 a 50 del numero dei componenti della Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale. Con decreti del Ministro dell'ambiente si provvede alla nomina dei cinquanta commissari e al riordino della Commissione. Viene poi istituita, presso il Ministero dell’ambiente, la figura del Segretario generale.

L’articolo 8 autorizza il Sottosegretario alla realizzazione di un impianto di termovalorizzazione nel territorio del comune di Napoli. Il sindaco provvede all’individuazione del sito ove ubicare l’impianto entro trenta giorni; in caso di mancato rispetto del predetto termine, il Consiglio dei Ministri delibera in via sostitutiva. In base al comma 2, nella regione Campania è autorizzato per un triennio l'esercizio degli impianti in cui i rifiuti, aventi codice CER 19.12.10, 19.12.12, 19.05.01, 19.05.03, 20.03.01, sono scaricati e stoccati al fine di essere preparati per il successivo trasporto in un impianto di recupero, trattamento o smaltimento.

Il comma 3 proroga per un triennio, per i rifiuti aventi codice CER 19.12.10, 19.12.12, 19.05.01, 19.05.03, 20.03.01, lo stoccaggio, in attesa di smaltimento e il deposito presso qualsiasi area di deposito temporaneo.

L’articolo 9 autorizza la realizzazione di 10 siti da destinare a discarica ed individua le tipologie di rifiuti smaltibili.

Ai fini dello smaltimento in tali discariche, i rifiuti urbani oggetto di incendi dolosi o colposi sono assimilati ai rifiuti urbani non differenziati (CER 20.03.01). Presso le discariche presenti nel territorio della regione Campania è autorizzato anche il pretrattamento del percolato da realizzarsi tramite appositi impianti ivi installati.

Il comma 5 introduce una disciplina, derogatoria sia delle norme del codice ambientale che della pertinente legislazione regionale in materia, per la VIA relativa all'apertura delle discariche ed all'esercizio degli impianti. Tale disciplina prevede la convocazione, da parte del Sottosegretario, di una conferenza dei servizi che è tenuta a rilasciare il proprio parere entro e non oltre sette giorni dalla convocazione.

E’ inoltre prevista l’emanazione di apposita ordinanza di protezione civile per la definizione, d'intesa con il Ministero dell'economia e delle finanze, delle discipline specifiche in materia di benefici fiscali e contributivi in favore delle popolazioni residenti nei comuni sedi di impianti di discarica. E’ infine previsto che le ordinanze contingibili e urgenti adottate dalle autorità locali per il ricorso temporaneo a speciali forme di gestione dei rifiuti possano essere reiterate per un periodo non superiore a 18 mesi per ogni speciale forma di gestione.

L’articolo 10 autorizza, con talune condizioni, le attività di trattamento e smaltimento del percolato prodotto dalle discariche regionali presso gli impianti di depurazione delle acque reflue e - in deroga alle disposizioni in materia di disciplina degli scarichi - l’immissione nei corpi idrici ricettori degli scarichi provenienti dagli impianti di depurazione.

L’articolo 11 reca disposizioni volte ad incentivare la raccolta differenziata dei rifiuti nella regione Campania, attraverso le seguenti misure: maggiorazione delle tariffe in caso di mancato rispetto degli obiettivi minimi di raccolta; monitoraggio dei dati di raccolta; scioglimento dei consorzi di bacino delle Province di Napoli e Caserta e loro riunione in un consorzio; affidamento al CONAI di campagne di comunicazione; definizione di un piano di raccolta differenziata per il comune di Napoli; stanziamento di 47 milioni di euro per ciascuno degli anni 2008, 2009 e 2010 per la realizzazione di misure di compensazione ambientale.

L’articolo 12 autorizza i capi missione a provvedere - per un importo massimo pari a quaranta milioni di euro - alle attività solutorie nei confronti di creditori, subappaltatori, fornitori o cottimisti delle società affidatarie del servizio di gestione dei rifiuti.

L’articolo 13 prevede l’adozione di iniziative volte a garantire l’informazione e la partecipazione dei cittadini e degli pubblici e privati sui temi ambientali e in materia di gestione e smaltimento dei rifiuti.

L’articolo 14 dispone che le ordinanze adottate a seguito della dichiarazione dello stato di emergenza nonché i decreti concernenti l’organizzazione del Dipartimento della protezione civile non siano soggetti al preventivo controllo di legittimità della Corte dei conti.

L’articolo 15 reca alcune misure di potenziamento e organizzazione delle strutture facenti capo al Sottosegretario e al Dipartimento della protezione civile, anche ai fini della determinazione degli emolumenti del personale impegnato nelle attività di gestione dell’emergenza rifiuti (inclusi forze di polizia, forze armate e vigili del fuoco). Vengono inoltre sottratte al pignoramento e al sequestro le risorse finanziarie destinate all’emergenza rifiuti e resi privi di effetti i pignoramenti già notificati.

L’articolo 16 introduce alcune misure concernenti il personale del Dipartimento della protezione civile, riguardanti sia il personale non dirigenziale, sia l’accesso alla seconda fascia dirigenziale.

L’articolo 17 istituisce il Fondo per l’emergenza rifiuti Campania individuando la relativa copertura finanziaria mediante riduzione del Fondo per le aree sottoutilizzate.

L’articolo 18 autorizza il Sottosegretario di Stato e i capi missione a derogare - nel rispetto dei principi fondamentali in materia di tutela della salute, dell’ambiente e del patrimonio culturale - alle disposizioni in materia ambientale, igienico-sanitaria, prevenzione incendi, sicurezza sul lavoro, urbanistica, paesaggio e beni culturali.

L’articolo 19 prevede che lo stato di emergenza si protragga  fino al 31 dicembre 2009, mentre l’articolo 20 reca le norme sull’entrata in vigore e la pubblicazione.

 

Relazioni allegate o richieste

Il disegno di legge di conversione è accompagnato dalla relazione illustrativa e dalla relazione tecnica sugli effetti finanziari  del provvedimento.

Non risultano invece allegate né la relazione sull’analisi tecnico-normativa (ATN) né la relazione sull’analisi di impatto della regolamentazione (AIR).

 

Precedenti decreti-legge sulla stessa materia

La materia della gestione dei rifiuti nella regione Campania è stata disciplinata da numerosi decreti; da ultimo si segnalano il decreto-legge 9 ottobre 2006, n. 263 e il decreto-legge 11 maggio 2007, n. 61.

 

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Il provvedimento appare riconducibile in via prevalente alla materia della tutela dell’ambiente e dell'ecosistema, assegnata dall’articolo 117 secondo comma, lettera s) alla competenza esclusiva dello Stato.

Anche in recenti pronunce la Corte Costituzionale ha sottolineato come “la disciplina dei rifiuti si colloca, per consolidata giurisprudenza di questa Corte, nell'àmbito della “tutela dell'ambiente e dell'ecosistema”, di competenza esclusiva statale ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione” (v. Corte Costituzionale sentenza n. 62/2008).

Come in numerose altri provvedimenti analoghi, gran parte degli interventi previsti dal decreto-legge in esame può inoltre essere ricondotta anche alla materia della protezione civile, che il terzo comma dell’articolo 117 Cost. attribuisce alla competenza legislativa concorrente tra lo Stato e le Regioni (la Corte Costituzionale ha in proposito più volte affermato che la “tutela dell’ambiente” si connette «in modo quasi naturale con la competenza regionale concorrente della “protezione civile”» - v. per tutte la sentenza n. 284/2006).

Al riguardo si segnala che una consolidata giurisprudenza della Corte Costituzionale (si vedano al riguardo le sentenze nn. 327/2003, 82/2006 e 284/2006) ha precisato che l’art. 5 della L. 225/1992, il quale attribuisce al Consiglio dei ministri il potere di dichiarare lo stato di emergenza in ipotesi di calamità naturali, e l’art. 107, comma 1, lettere b) e c), del D.Lgs. 112/1998, che, a sua volta, chiarisce che le funzioni in materia di emanazione di ordinanze di necessità e urgenza hanno rilievo nazionale, escludendo che il riconoscimento di poteri straordinari e derogatori della legislazione vigente possa avvenire da parte di una legge regionale, costituiscono espressione di un principio fondamentale della materia della protezione civile e rappresentano pertanto un limite al potere normativo regionale, anche nell’ambito del regime di competenze legislative delineato dalla riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione.

Secondo la Corte, quindi, anche nel nuovo assetto delle competenze delineato dall’articolo 117 Cost. “lo Stato è, dunque, legittimato a regolamentare – in considerazione della peculiare connotazione che assumono i “principi fondamentali” quando sussistono ragioni di urgenza che giustificano l’intervento unitario del legislatore statale – gli eventi di natura straordinaria di cui all’art. 2, comma 1, lettera c), della stessa legge n. 225 del 1992, anche mediante l’adozione di specifiche ordinanze autorizzate a derogare, in presenza di determinati presupposti, alle stesse norme primarie” (sentenza n. 284/2006).

Sempre su un piano più generale, può inoltre evidenziarsi che, pur avendo ricondotto il complesso degli interventi in materia di smaltimento dei rifiuti alla competenza legislativa esclusiva statale in tema di tutela dell'ambiente, la Corte costituzionale ha tuttavia precisato (v. in particolare la sentenza n. 62/2005) che tale competenza statale non si intreccia con le competenze legislative concorrenti in tema di tutela della salute e di governo del territorio.

in questo contesto, quando gli interventi individuati come necessari e realizzati dallo Stato, in vista di interessi unitari di tutela ambientale, concernono l'uso del territorio, e in particolare la realizzazione di opere e di insediamenti atti a condizionare in modo rilevante lo stato e lo sviluppo di singole aree, l'intrecciocon la competenza regionale concorrente in materia di governo del territorio, oltre che con altre competenze regionali, nonché con gli interessi delle popolazioni insediate nei rispettivi territori, impone che siano adottate modalità di attuazione degli interventi medesimi che coinvolgano, attraverso opportune forme di collaborazione, le Regioni sul cui territorio gli interventi sono destinati a realizzarsi (la Corte ha richiamato sul punto i principi fissati in via generale per l’”attrazione in sussidiarietà” dalla sentenza n. 303 del 2003).

Alla luce di tale giurisprudenza costituzionale possono quindi valutarsi le deroghe alla normativa vigente, anche a carattere regionale, che il decreto-legge in esame consente ai fini del superamento dell’emergenza (al riguardo, v. in particolare all’art. 2, comma 1, ed all’art. 18). Quest’ultima disposizione prevede, in particolare, che per le finalità di cui al decreto-legge si possa derogare - nel rispetto dei principi fondamentali in materia di tutela della salute, dell’ambiente e del patrimonio culturale - alle disposizioni in materia ambientale, igienico-sanitaria, prevenzione incendi, sicurezza sul lavoro, urbanistica, paesaggio e beni culturali. contenute in “leggi regionali strettamente collegate agli interventi da eseguire”. Ampie deroghe alla legislazione regionale sono peraltro previste, con formulazioni parzialmente diverse, anche in ordinanze di protezione civile ai sensi dell’art. 5 della L. 225/1992 (v. ad esempio l’art. 5 dell’O.P.C.M. 3350 del 16 aprile 2004, che autorizza la deroga alle “leggi regionali strettamente connesse alla legislazione statale oggetto di deroga”).

Con riferimento a specifiche disposizioni del decreto-legge vengono, inoltre, in rilievo ulteriori materie attribuite alla competenza legislativa esclusiva o concorrente dello Stato. In particolare:

§         le disposizioni di cui agli artt. 1, 2, 7, 14, 15 e 16, possono essere ricondotte nell’ambito della materia “ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali”, che l’articolo 117, secondo comma, lettera g), della Costituzione attribuisce alla competenza legislativa esclusiva dello Stato;

§         le disposizioni in materia di tutela giurisdizionale di cui agli articoli 3 e 4 rientrano nell’ambito della materia “giurisdizione e norme processuali”, che l’articolo 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione attribuisce alla competenza legislativa esclusiva dello Stato.

§         per quanto riguarda le disposizioni di cui all’art. 13, co. 4-7, relative alle iniziative didattiche in materia ambientale e sullo smaltimento dei rifiuti, rilevano gli ambiti competenziali relativi alla fissazione delle “norme generali sull’istruzione” e all’istruzione attributi rispettivamente alla competenza legislativa esclusiva dello Stato (art. 117, 2° co., lett. n), Cost.) e alla competenza concorrente tra lo Stato e le Regioni /art. 117, 3° co., Cost.).

 

Rispetto degli altri princìpi costituzionali

L’articolo 2, comma 9, del decreto in esame prevede una fattispecie di reato “a forma libera”, nella quale il legislatore tipizza esclusivamente le conseguenze della condotta dell'agente, e non le concrete modalità che l'azione causale deve assumere.

Al riguardo, potrebbe valutarsi l’opportunità di precisare con maggiore chiarezza – ai fini di un più puntuale rispetto dei principi di tassatività e determinatezza della norma penale di cui all’articolo 25, secondo comma, Cost. – le fattispecie delittuose, con particolare riferimento alle azioni finalizzate a “rendere più difficoltosa la complessiva azione di gestione dei rifiuti”.

 

L’articolo 3 quale deroga temporaneamente (fino alla cessazione dello stato emergenziale) all’ordinaria disciplina sulla competenza territoriale del pubblico ministero, del giudice delle indagini preliminari e del giudice dell’udienza preliminare con riferimento ai procedimenti per reati ambientali. per quelli riferiti alla gestione dei rifiuti in Campania, nonché ai reati ad essi connessi.

Per quanto riguarda gli aspetti relativi all’inquadramento costituzionale della disposizione, potrebbero essere in primo luogo approfonditi i profili connessi al rispetto dei principi posti dall’articolo 102, secondo comma, e dall’articolo 25, primo comma, della Costituzione.

Con riferimento alla prima disposizione costituzionale, che pone il divieto dell’istituzione di giudici straordinari o speciali, si rileva che - nonostante per lungo tempo tale divieto sia stato identificato con il principio di precostituzione del giudice - da tempo la giurisprudenza della Corte Costituzionale (v. sentenza n. 88/1962) e la dottrina che si è formata su di essa hanno precisato in modo limitativo la portata del divieto previsto dall’articolo in esame.

In particolare, il divieto dell’istituzione di giudici straordinari è comunemente inteso come riferito alla creazione di specifici organi giudiziari, costituiti per occuparsi esclusivamente di  determinate controversie o fattispecie di reato, di regola in violazione del principio di precostituzione del giudice.

Il divieto di istituzione di giudici speciali è invece tradizionalmente letto dalla Corte costituzionale in relazione al principio dell’unità della giurisdizione e intende limitare la costituzione di istanze giudicanti ulteriori rispetto alla magistratura ordinaria.

Le disposizioni contenute nell’art. 3 del decreto-legge in esame presentano talune analogie con la disciplina attualmente vigente in materia di reati di mafia. Con riferimento a detti reati, infatti, le funzioni di pubblico ministero sono attribuite all’Ufficio del pubblico ministero presso il Tribunale del capoluogo del distretto nel cui ambito ha sede il giudice competente (art. 51, co. 3-bis, c.p.p.) e un analogo spostamento di competenza si determina con riferimento al giudice delle indagini preliminari e al giudice dell’udienza preliminare (art. 328, co. 1-bis, c.p.p. e art. 4-bis del D.L. 82/2000, conv. con modificazioni dalla L. 144/2000).

Analoghe disposizioni sono dettate anche con riferimento ai delitti con finalità d terrorismo (Artt. 51, co. 3-quater, e 328, co. 1-ter, c.p.p.).

L’articolo in esame si differenzia, peraltro, rispetto a tali disposizioni, in quanto:

-    la deroga ai criteri generali di definizione delle competenze non è effettuata su una base generale con riferimento ad una categoria di reati, ma con esclusivo riferimento a categorie di reati commessi in un area geografica determinata;

-    la nuova competenza territoriale individuata ha carattere temporaneo;

-    la nuova competenza territoriale ha carattere parzialmente retroattivo; il comma 5 dell’art. 3 prescrive infatti che le disposizioni derogatorie dell’ordinaria competenza siano applicabili anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del decreto-legge 90/2008, per i quali non sia stata ancora esercitata l’azione penale. Le disposizioni sopra ricordate erano invece applicabili solo a procedimenti successivi all’entrata in vigore della modifica dell’ambito di competenza.

A tale riguardo, potrebbe risultare opportuno un approfondimento con particolare riferimento al rispetto delle garanzie poste dall’articolo 25, primo comma, della Costituzione in base al quale “Nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge”.

Con particolare riferimento all’applicabilità della nuova definizione delle competenze anche ai procedimenti in corso, si segnala che, sin dalla sentenza n. 56 del 1967, si è affermato un consolidato orientamento della giurisprudenza costituzionale che esclude una lesione del principio di precostituzione del giudice naturale di cui all’articolo 25 della Costituzione quando la legge, sia pure con effetto anche sui processi in corso, modifica in generale i presupposti o i criteri in base ai quali deve essere individuato il giudice competente: in questo caso, infatti, lo spostamento della competenza dall'uno all'altro ufficio giudiziario non avviene in conseguenza di una deroga alla disciplina generale, che sia adottata in vista di una determinata o di determinate controversie, ma per effetto di un nuovo ordinamento - e, dunque, della designazione di un nuovo giudice "naturale" - che il legislatore, nell'esercizio del suo insindacabile potere di merito, sostituisce a quello vigente (sul punto v. anche le sentenze nn. 207/1987, 72/1976 e ord. n. 201/1997). Nel caso deciso dalla sentenza del 1967, venne quindi, dichiarata costituzionalmente legittima una disposizione che – nell’ambito di una ridefinizione delle circoscrizioni territoriali degli uffici giudiziari - stabiliva che gli affari pendenti alla data dell'entrata in vigore delle nuove circoscrizioni fossero in linea generale devoluti alla cognizione degli uffici competenti in base al nuovo assetto territoriale.

In particolare, secondo la Consulta (ord. n. 176/1998), un vulnus al principio di precostituzione del giudicie sussiste solo “quando il giudice è designato in modo arbitrario e a posteriori, oppure direttamente dal legislatore in via di eccezione singolare alle regole generali ovvero attraverso atti di soggetti ai quali sia attribuito il relativo potere in violazione della riserva assoluta di legge stabilita dall’art. 25, primo comma, della Costituzione […]”.

Da ultimo, proprio in riferimento all’emergenza rifiuti, va ricordata la recente sentenza n. 237 del 2007 della Corte costituzionale, che ha riconosciuto la legittimità dell’art. 3, comma 2-quater, del decreto-legge del 30 novembre 2005, n. 245. Tale norma ha previsto l’applicazione, anche ai processi in corso, della competenza esclusiva del TAR del Lazio a conoscere in primo grado della legittimità delle ordinanze adottate e dei consequenziali provvedimenti commissariali concernenti l’emergenza rifiuti. Sul punto la Consulta ha sostenuto che “Se è vero, infatti, che alla nozione di giudice naturale […] non è affatto estranea «la ripartizione della competenza territoriale tra giudici, dettata da normativa nel tempo anteriore all’istituzione del giudizio» (da ultimo, sentenza n. 41 del 2006), deve notarsi che la giurisprudenza costituzionale – diversamente da quanto ipotizzano i rimettenti – non reputa necessariamente in contrasto con l'art. 25, primo comma, Cost. gli interventi legislativi modificativi della competenza aventi incidenza anche sui processi in corso”.

Il successivo articolo 4 prevede che le controversie attinenti alla complessiva azione di gestione dei rifiuti, siano, anche in ordine alla fase cautelare, devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo,

Al riguardo, appare meritevole di approfondimento la definizione dell’estensione della materia attribuita alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo prevista dal comma 1, in base al quale al giudice amministrativo è attribuita la competenza a conoscere, in via esclusiva, tutte le controversie attinenti alla “complessiva azione di gestione dei rifiuti” anche quando questa azione sia posta in essere con “comportamenti” della pubblica amministrazione o dei soggetti equiparati.

La questione che viene in rilievo è quella dei limiti al legislatore ordinario nell'attribuzione al giudice amministrativo di materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva.

In base alla giurisprudenza della Corte costituzionale, deve ritenersi conforme a Costituzione la devoluzione alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo delle controversie relative a “comportamenti collegati all'esercizio, pur se illegittimo, di un pubblico potere”, mentre è da considerarsi costituzionalmente illegittima la devoluzione alla giurisdizione esclusiva di “comportamenti” posti in essere in carenza di potere ovvero in via di mero fatto.

 

Sul punto la Corte costituzionale si è espressa con le due importanti sentenze n. 204 del 2004 e n. 191 del 2006, dichiarando rispettivamente l’incostituzionalità degli articoli artt. 33 e 34 del D.Lgs. 80/1998, nonché dell’art. 53, comma 1, del Testo unico in materia di espropriazione per pubblica utilità (D.Lgs. 325/2001).

In particolare nelle citate sentenze la Corte costituzionale ha precisato che l’art. 103, primo comma, Cost. non ha conferito al legislatore ordinario una assoluta ed incondizionata discrezionalità nell'attribuzione al giudice amministrativo di materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, ma gli ha “conferito il potere di indicare “particolari materie” nelle quali “la tutela nei confronti della pubblica amministrazione” investe “anche” diritti soggettivi”. Tali materie devono essere “particolari” rispetto a quelle devolute alla giurisdizione generale di legittimità: “e cioè devono partecipare della loro medesima natura, che è contrassegnata della circostanza che la pubblica amministrazione agisce come autorità nei confronti della quale è accordata tutela al cittadino davanti al giudice amministrativo”.

Una materia può quindi essere oggetto di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo se in essa la pubblica amministrazione agisce esercitando il suo potere autoritativo ovvero, se si vale della facoltà, riconosciutale dalla legge, di adottare strumenti negoziali in sostituzione del potere autoritativo.

Si deduce dunque che è incostituzionale la norma legislativa che “comprendendo nella giurisdizione esclusiva - oltre “gli atti e i provvedimenti” attraverso i quali le pubbliche amministrazioni (direttamente ovvero attraverso “soggetti alle stesse equiparati”) svolgono le loro funzioni pubblicistiche […] - anche “i comportamenti”, la estende a controversie nelle quali la pubblica amministrazione non esercita - nemmeno mediatamente, e cioè avvalendosi della facoltà di adottare strumenti intrinsecamente privatistici - alcun pubblico potere” (sentenza n. 204 del 2004).

Laddove invece la norma legislativa faccia riferimento a “comportamenti” causativi di danno ingiusto che però costituiscono esecuzione di atti o provvedimenti amministrativi e sono quindi riconducibili all'esercizio del pubblico potere dell'amministrazione essa si sottrae alla censura di illegittimità costituzionale “costituendo anche tali “comportamenti” esercizio, ancorché viziato da illegittimità, della funzione pubblica della pubblica amministrazione” (sentenza n. 191 del 2006).

Va segnalato che nello stesso senso si è espressa la Corte di Cassazione , a Sezione Unite, con la sentenza n. 27187 del 2007, laddove si ribadisce che la Corte stessa “distingue sempre tra i comportamenti materiali, che esprimono l’esercizio di un potere amministrativo e sono collegati comunque ad un fine pubblico o di pubblico interesse legalmente dichiarato, da quelli di mero fatto, riservando quindi soltanto i primi alla cognizione dei giudici amministrativi, nelle materie riservate alla giurisdizione esclusiva di questi ultimi”.

 

Per quanto attiene alle disposizioni dell’articolo 15, comma 3, che escludono l’applicabilità degli istituti del pignoramento e del sequestro nei confronti delle risorse finanziarie destinate a fronteggiare l’emergenza rifiuti in Campania, si rileva che l’impignorabilità di somme ed entrate degli enti pubblici è stata ritenuta costituzionalmente legittima dalla Corte costituzionale (cfr. sentenza n. 138 del 1981), purché si tratti di somme destinate, da apposita disposizione di legge o da un provvedimento amministrativo che trovi nella legge fondamento, ad un pubblico servizio, ovvero all'espletamento di esso, o di soddisfacimento di specifiche finalità pubbliche, nel senso di creare un diretto collegamento tra quelle entrate e determinati servizi pubblici o specifici fini pubblici.

Con riferimento alla perdita di efficacia di eventuali pignoramenti già notificati disposta dalla medesima norma, si ricorda che disposizioni analoghe erano contenute, sempre con riferimento all’emergenza rifiuti in Campania, nell’articolo 3, commi 1 e 2, del D.L. 245/2005.

Peraltro, appare opportuno segnalare che, con la recente sentenza n. 364 del 2007, la Corte costituzionale ha sancito l’illegittimità dell'articolo 7-quater del D.L. 7/2005, che prevedeva, tra l’altro, l’inefficacia dei pignoramenti pendenti nei confronti dell'azienda Policlinico Umberto I.

In particolare, il citato articolo 7-quater prevedeva l'inefficacia nei confronti dell'azienda Policlinico Umberto I dei decreti ingiuntivi e delle sentenze divenuti esecutivi dopo l'entrata in vigore del decreto-legge 1° ottobre 1999, n. 341, qualora relativi a crediti vantati nei confronti della soppressa omonima azienda universitaria per obbligazioni contrattuali anteriori alla data di istituzione della predetta azienda ospedaliera Policlinico Umberto I, e, al secondo comma, l'inefficacia dei pignoramenti e l'estinzione dei giudizi di ottemperanza in base al medesimo titolo pendenti.

Al riguardo, la Corte ha ritenuto che la norma violasse le attribuzioni costituzionali dell'autorità giudiziaria cui spetta la tutela dei diritti (artt. 102 e 113 Cost.), nonché le previsioni di cui agli artt. 3 e 24 Cost., vanificando “i risultati dell'attività difensiva svolta, sulla cui definitività i creditori del Policlinico Umberto I potevano fare ragionevole affidamento”. Conseguentemente, la Corte “ha affermato, da un lato, che l'estinzione dei giudizi pendenti può essere ritenuta costituzionalmente legittima qualora le norme che la stabiliscono incidano anche sulla legge regolatrice del rapporto controverso, garantendo la sostanziale realizzazione dei diritti in oggetto (sentenza n. 103 del 1995), dall'altro, che in materia non penale la legittimità di leggi retroattive è condizionata dal rispetto di altri principi costituzionali e, in particolare, di quello della tutela del ragionevole, e quindi legittimo, affidamento (ex plurimis, sentenze n. 446 del 2002 e n. 234 del 2007)”.

 

Con riferimento alle disposizioni contenute nel comma 2 dell’articolo 16, che, recando disposizioni organizzative di carattere permanente relative al Dipartimento per la protezione civile, lo autorizzano ad immettere nel ruolo speciale dei dirigenti di prima fascia del Dipartimento una unità di personale dirigenziale esterna al Dipartimento, nonché ad inquadrare nel medesimo ruolo speciale i dirigenti di prima fascia in servizio presso il Dipartimento titolari da almeno 5 anni di incarichi a tempo determinato affidati ad esperti esterni all’amministrazione, assumono, in particolare, rilevanza le disposizioni costituzionali che prevedono che il diritto di accesso agli uffici pubblici sia esercitato da tutti cittadini in condizioni di eguaglianza (art. 51, primo comma, Cost.), stabilendo il principio dell’accesso mediante concorso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni, salvi i casi stabiliti dalla legge (art. 97, terzo comma, Cost.).

 

L’orientamento della giurisprudenza costituzionale in materia di accesso ai pubblici impieghi tramite pubblico concorso e di possibili deroghe a tale principio, emerge da numerose sentenze (453/1990, 81/1993, 333/1993, 1/1999, 194/2002, 34/2004, 363/2006) e può considerarsi abbastanza consolidato.

Sotto un profilo di carattere sistematico, la Corte ha più volte evidenziato come il concorso pubblico sia individuato dall’art. 97, terzo comma, della Costituzione quale forma generale ed ordinaria di reclutamento per il pubblico impiego, in quanto meccanismo strumentale al canone di efficienza dell’amministrazione (v. tra le altre le sentenze nn. 1/1999, 34/2004 e 205/2004). In particolare, il concorso pubblico, quale meccanismo di selezione tecnica e neutrale dei più capaci, resta secondo la Corte il metodo migliore per la provvista di organi chiamati ad esercitare le proprie funzioni in condizioni d'imparzialità ed al servizio esclusivo della Nazione, in quanto impone che un esame del merito indipendente da ogni considerazione connessa alle condizioni personali dei vari concorrenti.

In questo contesto, la Corte Costituzionale ha ritenuto che possa derogarsi alla regola del concorso solo in presenza di peculiari situazioni giustificatrici, nell’esercizio di una discrezionalità che trova il suo limite nella necessità di garantire il buon andamento della pubblica amministrazione (art. 97, primo comma, della Costituzione) ed il cui vaglio di costituzionalità non può che passare attraverso una valutazione di ragionevolezza della scelta operata dal legislatore.

La Corte ha, inoltre, sottolineato che la regola del pubblico concorso possa dirsi pienamente rispettata solo qualora le selezioni non siano caratterizzate da arbitrarie ed irragionevoli forme di restrizione dei soggetti legittimati a parteciparvi (sentenza n. 194 del 2002).

In particolare la Corte ha riconosciuto che l’accesso al concorso possa essere condizionato al possesso di requisiti fissati in base alla legge, anche allo scopo di consolidare pregresse esperienze lavorative maturate nell’ambito dell’amministrazione, ma ciò ‘fino al limite oltre il quale possa dirsi che l’assunzione nell’amministrazione pubblica, attraverso norme di privilegio, escluda o irragionevolmente riduca, le possibilità di accesso, per tutti gli altri aspiranti, con violazione del carattere ‘pubblico’ del concorso, secondo quanto prescritto in via normale, a tutela anche dell’interesse pubblico, dall’art. 97, terzo comma, della Costituzione (sentenza n. 141 del 1999).