Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Osservatorio legislativo e parlamentare
Titolo: Norme per la tutela della libertà d'impresa. Statuto delle imprese - A.C. n. 2754 ed abb. - Elementi di valutazione sulla qualità di testo
Riferimenti:
AC N. 2754/XVI     
Serie: Note per il Comitato per la legislazione    Numero: 96
Data: 27/10/2010
Descrittori:
IMPRESE   LIBERA CIRCOLAZIONE NEL MERCATO
Organi della Camera: Comitato per la legislazione

 

27 ottobre 2010

 

n. 96

Norme per la tutela della libertà d’impresa. Statuto delle imprese

A.C. n. 2754 ed abb.

Elementi di valutazione sulla qualità del testo

 

 

Numero del progetto di legge

2754; 98; 1225; 1284;1325; 2680; 3191

Titolo

Norme per la tutela della libertà d’impresa. Statuto delle imprese

Iniziativa

Parlamentare

Iter al Senato

No

Numero di articoli

25

Date:

 

adozione quale testo base

14 luglio 2010

richiesta di parere

5 ottobre 2010

Commissione competente

X Commissione (Attività produttive)

Sede e stato dell’iter

All’esame della Commissione in sede referente

Iscrizione nel programma dell’Assemblea

No

 

 


Contenuto

Il testo unificato delle proposte di legge C. 2754 e abbinate, come risultante dagli emendamenti approvati, è volto a stabilire i diritti fondamentali delle imprese definendone lo statuto giuridico, con particolare riferimento alle micro, piccole e medie imprese, relativamente alle quali si intendono recepire le indicazioni contenute nello Small Business Act adottato a livello comunitario. E’ composto da 25 articoli, raggruppati in 9 capi.

L’articolo 1 definisce le finalità dello statuto delle imprese. In particolare: il comma 1 garantisce sia la libertà di iniziativa economica privata, ai sensi degli articoli 35 e 41 della Costituzione, che l’attività di impresa, ai sensi degli articoli 2082 e 2083 del codice civile; il comma 2 stabilisce che i principi contenuti nella legge hanno lo scopo di garantire la piena applicazione dello Small Business Act: una raccomandazione comunitaria rivolta a creare un quadro strategico finalizzato a favorire la crescita delle piccole  e medie imprese; il comma 3 prevede che, nelle materie di legislazione concorrente, ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione, le regioni e le province autonome esercitino la potestà legislativa nel rispetto della legge dello Stato.

L’articolo 2 elenca i principi generali che concorrono a definire lo statuto delle imprese e dell’imprenditore. In particolare, il comma 1 prevede: la libertà di iniziativa economica, la sussidiarietà orizzontale, la riduzione degli oneri amministrativi; la garanzia che nei rapporti tra imprese e tra imprese e Pubblica Amministrazione e che la durata dei processi civili relativi al recupero del credito sia inferiore a un anno.

L’articolo 3 riconosce “il diritto di ogni impresa di associarsi liberamente in una o più associazioni”.

L’articolo 3-bis dispone che le associazioni di categoria rappresentate nel sistema delle camere di commercio sono legittimate a proporre azioni in giudizio sia a tutela di interessi relativi alla generalità degli appartenenti alla categoria professionale, sia a tutela di interessi omogenei relativi solo ad alcuni appartenenti.

L’articolo 4 prevede che Stato, regioni, enti locali ed enti pubblici sono tenuti a valutare gli effetti sulle imprese delle iniziative legislative, regolamentari ed amministrative, anche mediante obbligo di consultazione delle parti interessate prima dell’approvazione delle relative proposte.

L’articolo 5 reca misure per la riduzione e trasparenza degli adempimenti amministrativi a carico di cittadini e imprese, prevedendo che i regolamenti ministeriali o interministeriali, nonché i provvedimenti amministrativi a carattere generale adottati dalle amministrazioni dello Stato al fine di regolare l’esercizio di poteri autorizzatori, concessori o certificatori devono recare in allegato l’elenco di tutti gli oneri informativi gravanti sui cittadini e le imprese introdotti o eliminati con gli atti medesimi.

L’articolo 6 reca nuove norme in materia di analisi di impatto della regolazione, prevedendo che le amministrazioni proponenti allegano agli schemi di atti normativi da sottoporre alla deliberazione del Consiglio dei ministri l’elenco di tutti gli oneri informativi gravanti sui cittadini e sulle imprese introdotti o eliminati con i medesimi atti normativi. Per ciascun onere informativo deve essere poi effettuata una stima dei costi gravanti sui destinatari.

L’articolo 7 prevede norme dirette alla semplificazione dei procedimenti per l’attività di impresa. In tale direzione, il comma 1 richiama il rispetto di alcuni principi generali dell’azione amministrativa nei confronti delle imprese. Il comma 2 prevede la pubblicazione e l’aggiornamento di norme e requisiti minimi per l’esercizio di ciascuna tipologia di attività imprenditoriale, tramite le camere di commercio, e, a favore delle micro, piccole e medie imprese, l’adozione di procedure semplificate e meno onerose per l’avvio e l’esercizio dell’attività. Il comma 3 stabilisce che le amministrazioni statali, gli enti pubblici nazionali e le società con totale o prevalente capitale pubblico, nonché le regioni e gli enti locali, assicurano il rigoroso rispetto dei termini previsti per la conclusione dei procedimenti amministrativi conseguenti ad istanze, nonché l'effettività della previsione che il procedimento possa essere sospeso per una sola volta e in ogni caso per un periodo non superiore a trenta giorni. Inoltre lo Stato e le regioni, nell'ambito delle rispettive competenze, assicurano la più ampia applicazione del principio del silenzio-assenso. A tutela delle imprese, il comma 4 dispone che in nessun caso può costituire presupposto della motivazione un’inadempienza addebitabile alla pubblica amministrazione. Il comma 5 dispone che le certificazioni relative all’impresa devono essere comunicate dalla stessa al Registro delle imprese anche per il tramite delle Agenzie per le imprese, e sono inserite dalle Camere di commercio nel Repertorio economico amministrativo (REA). Conseguentemente alle pubbliche amministrazioni, a cui è garantito senza oneri l’accesso telematico al Registro delle imprese, è fatto divieto di esigere dalle imprese copie di documentazioni già presenti nello stesso Registro. Ai sensi del comma 6 lo Stato si impegna a garantire che nei rapporti tra imprese, nonché tra imprese e pubbliche amministrazioni la durata dei processi civili relativi al recupero di un credito non sia superiore a un anno.

Ai sensi dell’articolo 8 è fatto obbligo alla pubblica amministrazione di non derogare per via contrattuale o con atto unilaterale il termine di pagamento di sessanta giorninei rapporti commerciali con le imprese. Si prevede la nullità dell’accordo di rinuncia agli interessi di mora, sottoscritto anche successivamente al pagamento, qualora una delle parti contraenti sia la pubblica amministrazione. Inoltre si prevede l’adozione di disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo n. 231/2002 (Lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali), in materia di ritardi di pagamento tra imprese con particolare riguardo agli effetti negativi della posizione dominante di imprese sui propri fornitori o sulle imprese subcommittenti, in particolare nel caso in cui si tratti di micro, piccole e medie imprese.

L’articolo 9 dispone che le certificazioni rilasciate alle imprese da enti autorizzati sostituiscono le verifiche delle autorità competenti, fatte salve eventuali responsabilità penali.

L’articolo 10 delega il Governo ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge, un decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 9 gennaio 2006, n. 5 e del decreto legislativo 12 settembre 2007, n. 169, in materia di procedure concorsuali.

L’articolo 11 è volto a rendere più trasparente l'informazione relativa agli appalti pubblici d'importo inferiore alle soglie stabilite dall'Unione europea e ai bandi per l’accesso agli incentivi da parte delle micro e piccole imprese attraverso l’istituzione di portali telematici (comma 1) nonché a facilitare la partecipazione delle micro, piccole e medie imprese alle gare d’appalto e a favorire l'accesso delle medesime imprese nell’aggiudicazione degli appalti (commi 2-7).

L’articolo 12 reca una serie di definizioni relative alle imprese, ai distretti e alle reti di imprese, rinviando ai criteri utilizzati in ambito comunitario per la definizione di micro, piccola e media impresa e provvedendo altresì a definire i consorzi per il commercio estero, le nuove imprese, le imprese femminili, le imprese giovanili, le imprese tencologiche.

L’articolo 13 dispone che, al fine di garantire la competitività e la produttività delle micro, piccole e medie imprese e delle reti di imprese, lo Stato ne favorisce in ogni modo la ricerca e l'innovazione, l'internazionalizzazione e la capitalizzazione, in particolare tramite apposite misure specificate dalla norma.

L’articolo 14 conferisce una delega al Governo ad adottare, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del progetto in esame, uno o più decreti legislativi per la riforma dell’imposizione tributaria relativa alle imprese.

L’articolo 15 contiene disposizioni in materia di nuove imprese. Il comma 1 prevede che lo Stato garantisca un regime fiscale di maggiore vantaggio alle imprese avviate da soggetti di età inferiore a 35 anni, alle imprese tecnologiche, alle imprese femminili e alle imprese localizzate in aree svantaggiate.

L’articolo 16 prevede, al comma 1, l’istituzione dell’Agenzia nazionale per le micro, piccole e medie imprese e (comma 2) ne stabilisce i compiti.

Il comma 6 prevede che il Governo, entro il 31 marzo di ogni anno, trasmetta il rapporto annuale di cui al comma 2 al Parlamento, che su esso si esprimerà nei sessanta giorni successivi.

Il comma 7 prevede che con decreto del Presidente del Consiglio del ministri, su proposta del Ministro dello sviluppo economico e di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, da emanare entro due mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento in oggetto, si provveda alla definizione del regolamento, nonché dell’assetto organizzativo dell’Agenzia e delle risorse da destinare ad essa.

L’articolo 17 disciplina gli organi dell’Agenzia, la quale è composta dal presidente e da quattro membri.

L’articolo 18 prevede l’istituzione di una Commissione parlamentare per le micro, piccole e medie imprese: la categoria delle micro, piccole e medie imprese è costituita da imprese che occupano meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro oppure il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di euro.

L’articolo 19 indica le attività della Commissione prevista dall’articolo precedente: essa è chiamata a valutare l’attuazione degli accordi internazionali e delle legislazione relativi alle micro, piccole e medie imprese; favorisce lo scambio di informazioni e promuove le opportune sinergie con gli organismi e gli istituti per la promozione e la tutela delle micro, piccole e medie imprese; riferisce alle Camere, con cadenza almeno annuale, sui risultati raggiunti e formula osservazioni e proposte.

L’articolo 20 prevede che le spese per il funzionamento della Commissione, pari a 30.000 euro, siano poste a carico, in parti eguali, dei bilanci interni della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica.

L’articolo 20-bis introduce nell’ordinamento la “Legge annuale per la tutela e lo sviluppo delle micro e piccole imprese”, al fine di attuare lo Small Business Act adottato a livello comunitario (COM(2008)394). Il provvedimento, da presentare alle Camere entro il 30 giugno di ogni anno, intende definire indirizzi, criteri, modalità e materie di intervento per l’anno successivo a quello di presentazione, tenuto conto del rapporto annuale dell’Agenzia per le micro, piccole e medie imprese e del conseguente parere parlamentare. Al disegno di legge sarà allegata una relazione sullo stato di conformità della normativa vigente riguardante le imprese rispetto ai principi ed obiettivi dello Small Business Act; sullo stato di attuazione degli interventi programmati nelle precedenti leggi per le MPI; sull’analisi preventiva e la valutazione successiva d’impatto delle politiche sulle MPI; sulle ulteriori specifiche misure da adottare per favorire la competitività delle MPI.

L’articolo 21 stabilisce che le disposizioni recate dal provvedimento in esame sono espressione dei livelli essenziali e delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettere e), l) e m), della Costituzione.

L’articolo 22 dispone in merito all’entrata in vigore e ai provvedimenti attuativi.

Infine, l’articolo 23 dispone in merito alla copertura finanziaria.

Tipologia del provvedimento

Si tratta del testo unificato di 7 proposte di legge di iniziativa parlamentare, che viene sottoposto al parere del Comitato ai sensi dell’articolo 16-bis, comma 6-bis del regolamento, in quanto recante  disposizioni di delega al Governo in materia di ritardi nei pagamenti (articolo 8, comma 5), di procedure concorsuali (articolo 10, comma 2), di riforma dell’imposizione tributaria relativa alle imprese (articolo 14, comma 1) e di facoltà di compensazione dei crediti relativi a obbligazioni tributarie e oneri sociali (articolo 14, comma 2).

Collegamento con lavori legislativi in corso

Si ricorda che al Senato è in corso di esame il disegno di legge A.S. 2243, approvato dalla Camera (C. 3209-bis), recante al Capo I disposizioni in materia di innovazione e di semplificazione dei rapporti della Pubblica Amministrazione con cittadini e imprese. Alcune di tali disposizioni intervengono su profili analoghi o comunque attinenti a quelli affrontati dal provvedimento in esame. In particolare, l’articolo 19 novella l’articolo 25 del decreto-legge n. 112/2008, sulla riduzione degli oneri amministrativi, l’articolo 20 introduce tra i principi generali della delega prevista dall’articolo 20 della legge n. 59/197 (richiamati da molte disposizioni di delega volte alla semplificazione) la “eliminazione degli obblighi informativi non necessari o sproporzionati ai fini della tutela dell’interesse pubblico, riducendo, in particolare, in modo mirato quelli richiesti alle piccole imprese”; l’articolo 21, infine, interviene su materia analoga a quella recata dall’articolo 9 del testo in esame, delegando il Governo ad emanare “uno o più decreti legislativi recanti le ulteriori misure necessarie per la soppressione di ogni autorizzazione o controllo sulle imprese dotate di certificazione ISO o equivalente, rilasciata da un soggetto certificatore accreditato in conformità a norme tecniche europee e internazionali, per le attività coperte da tale certificazione, prevedendo per converso l’attivazione di controlli a campione sull’affidabilità e sulla correttezza delle certificazioni ISO o equivalenti”.

Con specifico riguardo all’articolo 8, si segnala infine che il Parlamento europeo, a larga maggioranza, ha approvato, nella seduta del 19 ottobre 2010, una proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (rifusione) [COM(2009)0126 - C7-0044/2009 - 2009/0054(COD)], che concerne i pagamenti sia delle amministrazioni pubbliche sia tra imprese private.

 

Omogeneità delle disposizioni

Il provvedimento è volto a stabilire i diritti fondamentali delle imprese definendone lo statuto giuridico, con particolare riferimento alle micro, piccole e medie imprese.

 

Coordinamento con la legislazione vigente e semplificazione

Il testo in esame, nel dettare una disciplina a favore delle imprese, con specifico riguardo alle micro, piccole e medie imprese, detta disposizioni che si sovrappongono a quelle vigenti in diversi settori dell’ordinamento, che si sono andate stratificando negli ultimi decenni. A titolo esemplificativo:

•l’articolo 1, comma 1 reca una definizione di impresa che riprende quella dell’articolo 2082 del codice civile (la medesima disposizione richiama anche l’articolo 2083 del codice civile, che definisce i “piccoli imprenditori”), con una aggiunta di non immediata comprensione: la definizione di impresa prescinde “dal relativo status giuridico”;

• l’articolo 3 riguarda la libertà associativa delle imprese. In particolare:

- il comma 2 dispone che lo  Stato riconosce quali associazioni di rappresentanza delle imprese le associazioni rappresentate nel sistema delle camere di commercio, ovvero rappresentate nel Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro. Gli effetti del riconoscimento sembrerebbero desumibili dalle previsioni di cui all’articolo 3-bis, in materia di legittimazione ad agire delle associazioni;

-  il comma 3 stabilisce che gli organi di amministrazione delle camere di commercio “sono composti da un numero di componenti comunque non superiore ad un terzo dei componenti del consiglio. Il riferimento dovrebbe essere alla giunta delle camere di commercio, per la quale già l’articolo 14 della legge n. 580/1993 – integralmente sostituito dall’articolo 1, comma 15 del recente decreto legislativo 15 febbraio 2010, n. 23 –  dispone che “è composta dal presidente e da un numero di membri non inferiore a cinque e non superiore ad un terzo dei membri del consiglio arrotondato all'unità superiore, secondo quanto previsto dallo statuto”;

•  l’articolo 4 reca disposizioni in materia di “procedure di valutazione” che si sovrappongono alla disciplina della valutazione di impatto ex ante ed ex post contenuta nell’articolo 14 della legge n. 246/2005. In particolare:

-  il comma 1, lettera b) si limita a richiamare la necessità di una “effettiva applicazione della disciplina di cui all’articolo 14, commi 1 e 4,” della citata legge n. 246, in attuazione dei quali sono stati emanati – rispettivamente – il DPCM 11 settembre 2008, n. 170 (disciplina attuativa dell'analisi dell'impatto della regolamentazione (AIR) ) e il DPCM 19 novembre 2009, n. 212 (disciplina attuativa della verifica dell'impatto della regolamentazione (VIR) );

- il comma 2 attribuisce le competenze in ordine alle procedure di valutazione al Ministero dello sviluppo economico ed al Parlamento. Tale attribuzione potrebbe risultare lesiva dell’autonomia dell’organo parlamentare nella misura in cui ne condizioni le attività, come previsto dal comma 4, che impone la previa consultazione delle organizzazioni maggiormente rappresentative delle imprese prima dell’approvazione di una proposta legislativa;

- il comma 3 riprende in maniera pressoché testuale il contenuto dell’articolo 14, comma 9, della legge 28 novembre 2005, n. 246, e successive modificazioni, ponendo espressamente in capo alle regioni ed agli enti locali l’obbligo di individuare l’ufficio responsabile delle attività di valutazione. Il testo vigente del comma 9 si riferisce genericamente alle “amministrazioni”, senza specificare se intenda riferirsi anche a quelle regionali e locali, che godono comunque di autonomia organizzativa;

•  gli articoli 5 e 6 fanno sistema tra di loro,sovrapponendosi alla disciplina in materia di riduzionedegli oneri amministrativi derivanti da obblighi informativi nelle materie affidate alla competenza dello Stato di cui all’articolo 25 del decreto-legge n. 112/2008. In particolare:

-  l’articolo 5, comma 1 dispone che  “i regolamenti ministeriali o interministeriali, nonché i provvedimenti amministrativi a carattere generale adottati dalle amministrazioni dello Stato al fine di regolare l’esercizio di poteri autorizzatori, concessori o certificatori, nonché l’accesso ai servizi pubblici ovvero la concessione di benefici devono recare in allegato l’elenco di tutti gli oneri informativi gravanti sui cittadini e le imprese introdotti o eliminati con gli atti medesimi. Per onere informativo si intende qualunque adempimento che comporti la raccolta l’elaborazione, la trasmissione, la conservazione e la produzione di  informazioni e documenti alla pubblica amministrazione”; l’articolo 6, comma 1, novellando l’articolo 14 della legge n. 246/2005, prevede lo stesso obbligo in relazione agli schemi di atti normativi da sottoporre alla deliberazione del Consiglio dei ministri (nei quali rientrano i regolamenti da adottare con decreto del Presidente della Repubblica). Sia il comma 1 dell’articolo 5 sia il comma 1 dell’articolo 6 recano una coincidente definizione di “onere informativo”. Il comma 2 dell’articolo 6 fa sistema con il comma 1, senza però novellare la legge n. 246/2005, prevedendo la effettuazione di una stima dei costi gravanti sui destinatari di ciascun onere informativo

Si segnala in proposito che l’articolo 6 del citato DPCM n. 170/2008 già dispone che l’analisi di impatto della regolamentazione rechi “l’indicazione  degli obblighi informativi e dei relativi costi amministrativi introdotti a carico di imprese e cittadini”. L’allegato al medesimo DPCM, dettagliando tale previsione, dispone “la puntuale indicazione degli obblighi informativi (OI) ovvero tutti quegli obblighi che la norma pone a carico dei destinatari diretti ed indiretti e che riguardano la raccolta, il mantenimento e la trasmissione di informazioni a terzi o ad autorità pubbliche. Occorrerà – prosegue il DPCM – che l'analisi elenchi puntualmente gli OI introdotti con l'opzione prescelta, evidenziando come tale opzione minimizzi i relativi «costi amministrativi» posti a carico dei destinatari diretti ed indiretti, con particolare enfasi per i costi amministrativi delle imprese”;

• l’articolo 7 nel prevedere, al comma 1, che lo Stato e la pubblica amministrazione instaurino i rapporti con le imprese sulla base dei principi di trasparenza, buona fede e di effettiva possibilità di accesso ai documenti amministrativi, richiama quanto già previsto dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni (in particolare agli articoli 1 e 22);

• al medesimo articolo 7, il comma 3:

-  al primo periodo rilancia il disposto dell’articolo 2 della legge n. 241/1990 (recentemente novellato dalla legge n. 69/2009), sul rispetto dei termini previsti per la conclusione dei procedimenti amministrativi conseguenti ad istanze, estendendone l’ambito di applicazione anche alle “società con totale o prevalente capitale pubblico”; si rammenta che già l’articolo 29, comma 1 della legge n. 241/2009, come sostituito, anch’esso, dalla legge n. 69/2009 (articolo 10) recita: “Le disposizioni della presente legge si applicano, altresì, alle società con totale o prevalente capitale pubblico, limitatamente all’esercizio delle funzioni amministrative”;

-  al secondo periodo impegna lo Stato e le Regioni ad assicurare “la più ampia applicazione del principio del silenzio-assenso” che, in base all’articolo 20, comma 1 della legge n. 241/1990 si applica automaticamente in caso di procedimenti ad istanza di parte per il rilascio di provvedimenti amministrativi. Con specifico riguardo all’obbligo stabilito per le regioni, si rammenta che l’articolo 29 della citata legge n. 241/1990 ne limita l’ambito di applicazione allo Stato ed agli enti pubblici nazionali, disponendo, al comma 2, che “le regioni e gli enti locali, nell'àmbito delle rispettive competenze, regolano le materie disciplinate dalla presente legge nel rispetto del sistema costituzionale e delle garanzie del cittadino nei riguardi dell'azione amministrativa, così come definite dai princìpi stabiliti dalla presente legge”;

•  sempre nell’ambito dell’articolo 7, il comma 4 novella il comma 3 dell’articolo 3 della citata legge n. 241/1990, disponendo che “in nessun caso può costituire presupposto della motivazione un’inadempienza addebitabile alla medesima pubblica amministrazione”: ovviamente, la novella deve intendersi riferita alla motivazione di atti sfavorevoli ai cittadini o alle imprese;

•  sempre all’articolo 7, il comma 5 sembra completare, in maniera non testuale, la disciplina recata dall’articolo 19 della legge n. 241/1990, novellato di recente dall’articolo 49 del decreto-legge n. 78/2010;

• l’articolo 8 è volto a contrastare i ritardi dei pagamenti nelle transazioni commerciali. In particolare, il comma 1 impone alla pubblica amministrazione l’obbligo “di non derogare per via contrattuale o con atto unilaterale il termine di pagamento di sessanta giorni nei rapporti commerciali con le imprese”, senza inserire la disposizione in un appropriato contesto normativo (che potrebbe anche essere costituito dal decreto legislativo n. 231/2002, novellato dal comma 4) e senza disciplinarne gli effetti sugli atti negoziali esistenti e su quelli futuri.

Nel paragrafo relativo al collegamento con lavori legislativi in corso si è già richiamata una proposta di direttiva,  approvata a larga maggioranza dal Parlamento europeo nella seduta del 19 ottobre 2010, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (rifusione) [COM(2009)0126 - C7-0044/2009 - 2009/0054(COD)], in base al quale “gli Stati membri assicurano che, nelle transazioni commerciali aventi per oggetto la fornitura di beni o la prestazione di servizi contro pagamento a pubbliche amministrazioni, il creditore ha diritto agli interessi di mora equivalenti agli interessi legali senza che sia necessario un sollecito […] trascorsi 30 giorni dal ricevimento da parte del debitore della fattura o di una richiesta equivalente di pagamento”;

•  l’articolo 11 si sovrappone alla disciplina sugli appalti pubblici ed al relativo codice (decreto legislativo n. 163/2006); il comma 3, in materia di autocertificazione delle imprese partecipanti a gare di appalto, riprende una materia già trattata, recentemente, dall’articolo 6 della legge n. 99/2009 (semplificazione e abolizione di alcune procedure e certificazioni dovute dalle imprese);

•  l’articolo 12 reca una serie di definizioni che in qualche caso si sovrappongono a quelle già presenti nell’ordinamento; la maggior parte di esse inoltre, contrariamente a quanto solitamente avviene, non appaiono funzionali ad una specifica disciplina normativa, non trovando ulteriore seguito nel testo in esame.

A titolo esemplificativo:

-   il comma 1 richiama la definizione di micro, piccole  e medie imprese recata dalla raccomandazione della Commissione europea 2003/3612/CE, recepita, in Italia, con il decreto ministeriale in data 18 aprile 2005, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 238 del 12 ottobre 2005;

-   il comma 2 reca la definizione di distretti industriali intesiquali contesti produttivi omogenei, caratterizzati da un'elevata concentrazione di imprese industriali, prevalentemente di piccole e medie dimensioni, nonché dalla specializzazione produttiva di sistemi di imprese. Già la legge 23dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006) con i commi da 366 a 372 dell’articolo 1 è intervenuta in materia di distretti produttivi, qualificati come libere aggregazioni di imprese articolate sul piano territoriale e sul piano funzionale, aventi specifiche finalità, ivi individuate. Successivamente, sono intervenute numerose modifiche;

-   il comma 3 reca la definizione di meta-distretti intesi come aree produttive innovative e di eccellenza indipendentemente dai limiti territoriali. L’esperienza dei meta-distretti, introdotta dalla Regione Lombardia, (la delibera della Giunta regionale n. 7/6356 del 16 marzo 2001 ha provveduto alla individuazione di cinque aree tematiche metadistrettuali: biotecnologie alimentari e non alimentari; moda; design; nuovi materiali. Con Delibera della Giunta regionale n. 16917 del 26 marzo 2004, è stato istituito successivamente il metadistretto ICT), si è poi diffusa in altre Regioni, specialmente nel Veneto.  Si segnala che nel settembre del 2008 è stato siglato un accordo tra Piemonte, Puglia e Campania per la creazione del metadistretto aerospaziale italiano. L’intesa concretizzatasi a Venaria Reale si pone l’obiettivo di realizzare una serie di piattaforme operative costituite da una rete di piccole e grandi imprese in stretta collaborazione con le università ed i centri di ricerca;

-   il comma 4 individua come distretti tecnologici i contesti produttivi omogenei che si caratterizzano per la presenza di forti legami con il sistema della ricerca e dell'innovazione. Le prime esperienze di distretti tecnologici sono già state avviate tramite l’azione concertata di pubblica amministrazione (locale e centrale), imprese, fondazioni ed istituzioni finanziarie;

-   il comma 6 definisce le reti di impresa come aggregazioni funzionali tra imprese. Ai sensi dell’articolo 6-bis del decreto-legge n. 112/2008, dapprima modificato dal decreto-legge n. 5/2009 e poi abrogato dalla legge n. 99/2009, le disposizioni sui distretti di cui alla legge n. 266/2005 sono state estese anche alle reti, di livello nazionale, delle imprese e alle catene di fornitura, quali libere aggregazioni di singoli centri produttivi coesi nello sviluppo unitario di politiche industriali, anche al fine di migliorare la presenza nei mercati internazionali;

-   ai sensi del comma 10 sono definite femminili le imprese con una partecipazione societaria (non è chiaro se in termini di persone fisiche o di quote di partecipazione) di una quota non inferiore alla maggioranza assoluta di donne. Si tratta di una materia prima oggetto della legge n. 215/1992 e quindi dal codice delle pari opportunità di cui al decreto legislativo n. 198/2006, nel quale sono confluite varie disposizioni della legge stessa (articoli 21-22 e 52-55), contestualmente abrogata - ad eccezione degli articoli 10, comma 6, 12 e 13 - dall’articolo 57 del citato codice.Successivamente il comma 6 dell'articolo 10 è stato abrogato dall'articolo 4 del DPR 14 maggio 2007, n. 101;

-   il comma 11 definisce giovanilile imprese con una partecipazione societaria di una quota non inferiore alla maggioranza assoluta di persone con età inferiore ai 35 anni. Tale definizione appare discostarsi da quella contenuta nel decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185, il quale disciplina gli “Incentivi all'autoimprenditorialità e all'autoimpiego, in attuazione dell'articolo 45, comma 1, della legge 17 maggio 1999, n. 144”. Tale decreto legislativo individua come giovanili le società, ivi comprese le cooperative di produzione e lavoro, composte prevalentemente da soggetti di età compresa tra i 18 ed i 35 anni che abbiano la maggioranza assoluta numerica e di quote di partecipazione (articolo 5);

-  le definizioni contenute nei commi 10 e 11 escludono le imprese non costituite in forma societaria;

• come già segnalato con riguardo alle definizioni contenute nei commi 10 e 11 dell’articolo 12, l’articolo 15 si sovrappone, con norma di carattere programmatico, alle discipline in vigore in materia di incentivi all’imprenditoria giovanile e femminile, nonché alle imprese localizzate in aree svantaggiate;

•l’articolo 20-bis istituisce la legge annuale per le micro e piccole imprese, modellata sulla legge annuale per il mercato e la concorrenza prevista dall’articolo 47 della legge  23 luglio 2009, n. 99. Si potrebbe eventualmente valutare l’opportunità di far confluire in una unica legge a ciclo annuale le materie comunque affini per competenza ministeriale (sviluppo economico) e per finalità perseguite della tutela della concorrenza e dello sviluppo delle piccole  e medie imprese.

 

Richiami normativi

L’articolo 1, comma 2 richiama lo “Small Business Act” senza precisare – come invece fa l’articolo 12 –  che così viene denominata la raccomandazione della Commissione Europea 2003/361/CE.

L’articolo 2, comma 1, lettera d) pone come obiettivo della legge “la progressiva riduzione degli oneri amministrativi a carico delle imprese, in particolare delle piccole e medie imprese, ai sensi di quanto disciplinato in materia dalla normativa europea”, che viene così genericamente richiamata. Il riferimento dovrebbe essere, in particolare, al “Programmad’azione per la riduzione degli oneri amministrativi nell’Unione europea” (COM(2007) 23) ed all’impegno assunto dagli Stati membri dell’Unione europea, inclusa l’Italia, in occasione del Consiglio europeo riunitosi l'8-9 marzo 2007.

L’articolo 25 del decreto-legge n. 112/2008, in attuazione di tale impegno, definisce l’obiettivo perseguito a livello nazionale (riduzione del 25% degli oneri amministrativi derivanti da obblighi informativi entro il 31 dicembre 2012), dettando i diversi passaggi da seguire a livello statale e rimandando, per il livello regionale, a quanto previsto dall’articolo 20-ter della legge n. 59/1997 e dai successivi accordi attuativi. Il riferimento, in particolare, è all’Accordo tra Governo, Regioni e Autonomie locali in materia di semplificazione e miglioramento della qualità della regolamentazione, siglato in sede di Conferenza unificata il 29 marzo 2007.

L’articolo 11, comma 4 richiama genericamente il codice degli appalti pubblici di cui al decreto legislativo n. 163/2006: il richiamo dovrebbe essere all’articolo 41. La medesima disposizione richiama anche le sanzioni previste dalla legge n. 246/2005: andrebbe valutata l’opportunità di verificare quest’ultimo riferimento normativo, dal momento che nella legge citata non risultano presenti disposizioni di carattere sanzionatorio.

L’articolo 14, comma 1, lettera c) richiama la “soglia di tassazione di cui all’articolo 11, comma 4-bis, lettera d-bis), dl decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446”; andrebbe verificata la congruità di tale riferimento normativo.

All’articolo 14, commi 6 e 7, i riferimenti andrebbero aggiornati alla nuova legge di contabilità e finanza pubblica (legge 31 dicembre 2009, m. 196). In particolare:

- al comma 4, il riferimento alla “relazione tecnica di cui all’articolo 11-ter, comma 2, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni” andrebbe sostituito con il riferimento alla relazione tecnica di cui all’articolo 17, comma 3 della legge 31 dicembre 2009, n. 196;

- al comma 6, il riferimento al “Documento di programmazione economico-finanziaria” andrebbe sostituito con quello alla “Decisione di finanza pubblica” di cui all’articolo 10 della legge citata;

- il comma 7 richiama, per quanto riguarda gli eventuali scostamenti rispetto alle previsioni di spesa che saranno indicate per l’attuazione della delega,  il meccanismo di cui all’articolo 11-ter, comma 7 della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni.

In base a tale meccanismo, il Ministro competente  dà tempestivamente notizia degli scostamenti rispetto alle previsioni di spesa al Ministro dell'economia e delle finanze, il quale, anche ove manchi la predetta segnalazione, riferisce al Parlamento con propria relazione e assume le conseguenti iniziative legislative. Il Ministro dell'economia e delle finanze può promuovere la stessa procedura allorché riscontri che l'attuazione di leggi rechi pregiudizio al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica indicati dal Documento di programmazione economico-finanziaria e da eventuali aggiornamenti, come approvati dalle relative risoluzioni parlamentari.

Ora l’articolo 17 della legge n. 196/2009 prevede che le previsioni di spesa siano corredate di una specifica clausola di salvaguardia per la compensazione degli effetti che eccedano le previsioni medesime.

La clausola di salvaguardia “deve indicare le misure di riduzione delle spese o di aumenti di entrata, con esclusione del ricorso ai fondi di riserva, nel caso si verifichino o siano in procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni indicate dalle leggi al fine della copertura finanziaria. In tal caso, sulla base di apposito monitoraggio, il Ministro dell'economia e delle finanze adotta, sentito il Ministro competente, le misure indicate nella clausola di salvaguardia e riferisce alle Camere con apposita relazione. La relazione espone le cause che hanno determinato gli scostamenti, anche ai fini della revisione dei dati e dei metodi utilizzati per la quantificazione degli oneri autorizzati dalle predette leggi” (articolo 17, comma 12).

 

Chiarezza e proprietà della formulazione del testo

Interna corporis e organi parlamentari

Come già segnalato nel paragrafo relativo al coordinamento con la legislazione vigente, l’articolo 4, comma 2 attribuisce le competenze in ordine alle procedure di valutazione di impatto al Ministero dello sviluppo economico ed al Parlamento. Tale attribuzione potrebbe risultare lesiva dell’autonomia dell’organo parlamentare nella misura in cui ne condizioni le attività, come previsto dal comma 4, che impone la previa consultazione delle organizzazioni maggiormente rappresentative delle imprese prima dell’approvazione di una proposta legislativa.

L’articolo 16, comma 6 dispone che “il Governo, entro il 31 marzo di ogni anno, trasmette al Parlamento il rapporto annuale di cui al comma 2, lettera b), su cui il Parlamento si esprime nei successivi sessanta giorni, anche adottando uno specifico atto sulle misure prioritarie da attuare”, indicando così al Parlamento quale seguito dare alla trasmissione del rapporto ed entro quali termini.  Un precedente pressoché analogo alla disposizione in esame è rintracciabile nell’articolo 6, comma 1, della legge 10 febbraio 2000, n. 30, il quale recitava: “Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Governo presenta al Parlamento un programma quinquennale di progressiva attuazione della riforma. Le Camere adottano, entro quarantacinque giorni dalla trasmissione, una deliberazione che contiene indirizzi specificamente riferiti alle singole parti del programma.” (La legge è stata poi abrogata dalla successiva legge 28 marzo 2003, n. 53).

La recente legge di riforma della contabilità e finanza pubblica n. 196/2009, sulla scia della precedente disciplina (legge n., 468/1978 e successive modificazioni) fa invece riferimento alla trasmissione dello schema di Decisione di finanza pubblica alle Camere ed alle “conseguenti deliberazioni parlamentari”, facendo sistema con i regolamenti delle due Camere, che disciplinano termini e procedure di tali deliberazioni. Analogamente, il decreto-legge  5 dicembre 1991, n. 386, recante trasformazione degli enti pubblici economici, dismissione delle partecipazioni statali ed alienazione di beni patrimoniali suscettibili di gestione economica, all’articolo 1, comma 9, secondo periodo, recita: “Le alienazioni ed ogni altra operazione, dalle quali derivi la perdita del controllo di maggioranza, diretto o indiretto, da parte dello Stato nelle società di cui al comma 1, sono approvate dal Consiglio dei Ministri in conformità a specifiche deliberazioni delle Camere, adottate secondo le procedure e modalità dalle stesse stabilite”.

L’articolo 18 prevede l’istituzione di una Commissione parlamentare per le micro, piccole e medie imprese, con compiti di indirizzo  e controllo sull’attuazione degli accordi internazionali e della legislazione relativi alle micro, piccole e medie imprese. Il comma 4 prevede che la Commissione adotti un regolamento interno  per il funzionamento e lo svolgimento dei suoi lavori. Si segnala in proposito che la Commissione, in base alla disposizione in esame, dovrebbe svolgere compiti “tradizionali” per gli organi parlamentari e già disciplinati nei regolamenti delle due Camere.

L’articolo 20, relativo alle spese per il funzionamento della Commissione parlamentare per le micro, piccole e medie imprese, determina direttamente l’onere a carico dei bilanci delle Camere (pari a 30.000 euro).

Tale disposizione potrebbe risultare non coerente con l’autonomia di bilancio costituzionalmente riconosciuta ai due rami del Parlamento. Andrebbe quindi valutata l’opportunità di una riformulazione in termini di limite massimo di spesa, come già previsto da norme di analogo contenuto, anziché una immediata e diretta quantificazione degli oneri.

L’articolo 22 dispone che “entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge sono istituiti gli organi e sono adottati i provvedimenti di attuazione previsti dalla medesima legge”. Dal rispetto di tale termine andrebbe esplicitamente esclusa – per rispetto dell’autonomia parlamentare – l’istituzione della Commissione parlamentare di cui all’articolo 18.

 

Disposizioni di delega

L’articolo 8, comma 5 delega il Governo ad emanare un decreto legislativo integrativo e correttivo del decreto legislativo n. 231/2002, in materia di ritardi di pagamento tra imprese. Con riguardo a tale disposizione si segnala che:

-    andrebbe valutata l’opportunità di precisare meglio i principi e criteri direttivi della delega, dal momento che la lettera a) contiene una finalità piuttosto che un criterio di delega (“migliorare il funzionamento del mercato interno) e la lettera b) si riferisce genericamente alla previsione di un “sistema di diffide e sanzioni”, senza fornire indicazioni sul sistema stesso;

-    la lettera c) delega il Governo a prevedere, ad integrazione di quanto previsto dall’articolo 12 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, che l’Autorità garante della concorrenza e del mercato possa procedere ad indagini ed intervenire con diffide e sanzioni relativamente a comportamenti illeciti messi in atto da grandi aziende e da pubbliche amministrazioni. Si segnala in proposito che l’articolo 15 della citata legge n. 241/1990 già prevede questa possibilità. Inoltre, la lettera in esame fa riferimento anche alle pubbliche amministrazioni mentre l’alinea del comma 5 si riferisce esclusivamente ai ritardi di pagamento tra imprese;

-    come già segnalato nel paragrafo relativo al collegamento con lavori legislativi in corso, sta per essere approvata una nuova direttiva in materia di ritardo nei pagamenti, che riguarda anche i rapporti tra imprese private, prevedendo un termine per i pagamenti di trenta giorni.

 

L’articolo 10, comma 2 delega il Governo ad emanare un decreto legislativo correttivo ed integrativo della disciplina delle procedure concorsuali, recata dai decreti legislativi 9 gennaio 2006, n. 5 e 12 settembre 2007, n. 169. Al fine di assicurare gli opportuni coordinamenti, si potrebbe valutare l’opportunità di delegare il Governo ad un complessivo riassetto della materia.

L’articolo 14, comma 1 delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi per la riforma dell’imposizione tributaria relativa alle imprese. Si segnala che:

- la lettera b), n. 1) lascia discrezionalità al Governo circa la possibilità di considerare o meno le particolari modalità di svolgimento dell’attività del’impresa nell’introdurre un regime semplificato per l’esecuzione degli obblighi documentali e degli adempimenti formali nonché per la determinazione degli imponibili;

-  la lettera c) richiama la “soglia di tassazione di cui all’articolo 11, comma 4-bis, lettera d-bis), dl decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446; come già segnalato, andrebbe verificata la congruità di tale riferimento.

L’articolo 14, comma 2, alinea delega il Governo ad adottare “uno o più decreti legislativi per disciplinare la facoltà, in favore delle imprese creditrici nei confronti di amministrazioni pubbliche, in relazione a contratti di cessione di beni o di prestazione di servizi, di compensare i medesimi crediti con i debiti, gravanti a loro carico, relativi a obbligazioni tributarie e per oneri sociali”; la lettera d) del medesimo comma ribadisce che “la compensazione può essere effettuata esclusivamente con debiti tributari e per oneri sociali”; il comma 3 specifica che “nell’esercizio della delega di cui al comma 1 [rectius: 2], il Governo integra le disposizioni del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241”, già novellato ad opera dell’articolo 8, comma 2.

Altri adempimenti

L’articolo 15, comma 3 prevede l’emanazione di un regolamento del Ministro dello sviluppo economico, senza fissare i relativi termini.

Disposizioni di principio e programmatiche

Il provvedimento in esame – come chiarito nel titolo –  è finalizzato a definire uno “Statuto delle imprese” attraverso disposizioni:

-    di principio e programmatiche, alcune delle quali rilanciano norme già vigenti;

-    di delega al Governo;

-    immediatamente precettive.

Alle disposizioni di delega è dedicato il precedente paragrafo. Per quanto riguarda le numerose disposizioni di principio ed a carattere programmatico, si segnala che alcune di esse riprendono  principi già presenti nell’ordinamento; di altre disposizioni non è chiara l’effettiva portata normativa. A titolo esemplificativo:

l’articolo 1, comma 3, nel prevedere che “nelle materie oggetto di competenza legislativa concorrente, ai sensi dell’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, le regioni e le province autonome esercitano la potestà legislativa nel rispetto dei principi fondamentali contenuti o desumibili dalla presente legge” riprende proprio l’articolo 117, terzo comma, della Carta costituzionale;

l’articolo 2, comma 1, tra i principi generali che concorrono a definire lo statuto delle imprese e dell’imprenditore, indica i seguenti: la libertà di iniziativa economica, che gode di tutela costituzionale; la sussidiarietà orizzontale (che, in base al parere del Consiglio di Stato in data 25 agosto 2003, n. 1440 - che fa seguito ad altri interventi del medesimo Consiglio - non può comunque essere “utilizzata per fattispecie di aiuti alle imprese”); la riduzione degli oneri amministrativi, oggetto non soltanto della normativa comunitaria ma anche di un impegno assunto dagli Stati membri dell’Unione europea, inclusa l’Italia; “il diritto dell’impresa di operare in un contesto normativo certo, dove la discrezionalità sia l’eccezione”.

Alcune delle disposizioni di carattere programmatico prevedono impegni per lo Stato, senza fare riferimento specifico agli strumenti normativi con cui assolvere ai medesimi impegni. A Titolo esemplificativo:

-  l’articolo 2, comma 1, lettera o) indica tra i principi generali dello statuto delle imprese “la garanzia che nei rapporti tra imprese e tra imprese e pubblica amministrazione la durata dei processi civili relativi al recupero di un credito non sia superiore ad un anno”. Il principio viene peraltro ripetuto in termini pressoché identici all’articolo 7, comma 6, il quale dispone che “Lo Stato si impegna a  garantire” la durata massima dei processi civili;

- l’articolo 13, comma 1, lettera e) dichiara che lo Stato “si impegna ad incentivare gli investimenti innovativi siano essi tecnologici che non tecnologici e a consolidare gli investimenti di tipo tradizionale” (sembrerebbe di capire, quindi, che il riferimento sia a tutti gli investimenti possibili);

- l’articolo 15, comma 1 dispone che “lo Stato garantisce norme e regimi fiscali di maggiore vantaggio per le imprese avviate da giovani di età inferiore a trentacinque anni, nei primi tre anni di attività, al fine di conservare e di sviluppare l'imprenditorialità diffusa”.

Coordinamento interno del testo

L’articolo 1, ai commi 2 e 3, prevede che i principi della legge costituiscono norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica e principi dell’ordinamento giuridico dello Stato e chenelle materie oggetto di competenza legislativa concorrente le regioni e le province autonome esercitano la potestà legislativa nel rispetto dei principi fondamentali contenuti o desumibili dalla presente legge.

L’articolo 21, comma 1 dispone che le disposizioni della legge sono espressione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettere e), l) ed m), dellaCostituzione. Resta ferma la potestà delle regioni e degli enti locali, nell'ambito delle rispettive competenze, di garantire livelli ulteriori di tutela. Si ricorda in proposito che la competenza legislativa esclusiva in materia di determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionaleè prevista dall’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, mentre le lettere e) ed l) concernono, rispettivamente, la competenza esclusiva statale in materia di moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari; tutela della concorrenza; sistema valutario; sistema tributario e contabile dello Stato; perequazione delle risorse finanziarie e di giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa.

Andrebbe valutata l’opportunità di un coordinamento tra le disposizioni dell’articolo 1, commi 2 e 3, e dell’articolo 21, comma 1. Dal tenore dell’articolo 21, comma 1, che riconduce le disposizioni ad un ambito di competenza legislativa esclusiva statale, sembrerebbe infatti derivare l’immediata applicabilità di tutte le disposizioni alle regioni, laddove l’articolo 1, comma 3 prevede che, nelle materie di competenza concorrente, le disposizioni della legge costituiscono principi fondamentali.

 

Come già segnalato, nel testo in esame sono presenti alcune ripetizioni. A titolo esemplificativo, si richiamano le disposizioni di cui agli articoli 5 e 6, che fanno sistema tra di loro, e la disposizione ripetuta all’articolo 2, comma 1, lettera o) ed all’articolo 7, comma 6. All’articolo 13, comma 1, le lettere f)g) si sovrappongono nella parte riguardante la “detassazione e decontribuzione dei premi di produzione”.

 

L’articolo 9, comma 3 richiama il comma 3 dell’articolo 7. Probabilmente, si tratta di un richiamo riferito ad una precedente versione del testo, che ora non appare più riferibile.

Formulazione del testo

Gli articoli 3 e 3-bis sanciscono la libertà associativa delle imprese e prevedono i soggetti collettivi riconosciuti dallo Stato e quelli legittimati ad agire in giudizio a tutela degli interessi delle imprese associate. In proposito, andrebbe valutata l’opportunità di chiarire se tale previsione escluda il riconoscimento di altre realtà associative e la loro legittimazione processuale per le fattispecie considerate ai commi 2 e 3 dell’articolo 3.

Al citato articolo 3-bis, commi 1 e 3 – ove si introduce una definizione legislativa della nozione di interessi diffusi e si dispone in merito alla legittimazione ad impugnare gli atti lesivi dei medesimi interessi diffusi  - andrebbe valutata l’opportunità di verificare se la codificazione dell’istituto sia coerente con la consolidata elaborazione giurisprudenziale della nozione sostanziale e processuale di interesse diffuso, anche in ragione della circostanza che i commi 1 e 3 assumono valenzagenerale e non sono riferibili ai soli soggetti imprenditoriali ed alle relative realtà associative.

L’articolo 7, comma 2  e l’articolo 9, commi 2 e 3 fanno riferimento alle norme ed ai “requisiti minimi per l’esercizio di ciascuna tipologia di attività di impresa”, che sono disciplinati comunque da norme.

 L’articolo 11, comma 7 stabilisce che “ogni prefettura territorialmente competente predispone delle white list di imprese e fornitori contenenti l'adesione, da parte delle imprese, a determinati obblighi di trasparenza, di tracciabilità dei flussi di denaro, di beni e servizi”. Andrebbe valutata l’opportunità di specificare il soggetto competente a determinare gli obblighi richiamati nella parte finale del comma.


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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