Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento bilancio
Titolo: Disposizioni in favore dei territori di montagna - AA.C. 41 e abb. - Schede di lettura
Riferimenti:
AC N. 320/XVI   AC N. 321/XVI
AC N. 41/XVI   AC N. 605/XVI
AC N. 2007/XVI   AC N. 2115/XVI
Serie: Progetti di legge    Numero: 169    Progressivo: 1
Data: 08/02/2010
Descrittori:
COMUNITA' AREE E ZONE MONTANE     
Organi della Camera: V-Bilancio, Tesoro e programmazione

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Disposizioni in favore dei
territori di montagna

A.C. 41 e abb.

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 169/1

 

8 febbraio 2010

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Bilancio

( 066760-9932 – * st_bilancio@camera.it

Hanno partecipato alla redazione del dossier i seguenti Servizi e Uffici:

Servizio Bilancio dello Stato

Nota di verifica - dossier n. 159

( 066760-2174 / 066760-9455 – * bs_segreteria@camera.it

Servizio Commissioni – Segreteria V Commissione

( 066760-3545 / 066760-3685 – * com_bilancio@camera.it

 

§       La nota di sintesi e le schede di lettura sono state redatte dal Servizio Studi.

§       Le parti relative ai profili di carattere finanziario sono state curate dal Servizio Bilancio dello Stato, nonché dalla Segreteria della V Commissione per quanto concerne le coperture.

 

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: BI0125a.doc

 


INDICE

Schede di lettura

§      Articolo 1 (Finalità).......................................................................................... 3

§      Articolo 2 (Comuni montani)........................................................................... 5

§      Articolo 3 (Progetti per lo sviluppo dei comuni montani).............................. 10

§      Articolo 4 (Lavori pubblici)............................................................................ 13

§      Articolo 5 (Interventi in favore dell'associazionismo sociale)...................... 15

§      Articolo 6 (Modifiche alla legge 21 marzo 2001, n. 74, concernente l'attività del Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico del Club alpino italiano).............................. 18

§      Articolo 7 (Certificazione di ecocompatibilità).............................................. 24

§      Articolo 8 (Usi civici in montagna)................................................................ 26

§      Articolo 9 (Rifugi di montagna)..................................................................... 27

§      Articolo 10 (Guide alpine e maestri di sci)................................................... 29

§      Articolo 11 (Appalti pubblici per agricoltori di montagna)............................. 31

§      Articolo 12 (Disposizioni particolari per le regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e di Bolzano)..................................................................................... 35

 

 


Schede di lettura

 


 

Articolo 1
(Finalità)

 


1. Ai sensi dell'articolo 44, secondo comma, e 119, quinto comma, della Costituzione, le finalità della presente legge sono la salvaguardia e la valorizzazione delle specificità culturali, economiche, sociali e ambientali dei comuni montani, come individuati ai sensi dell’articolo 2, a garanzia di un'adeguata qualità della vita dei soggetti residenti e, in particolare, dei nuclei familiari, allo scopo di evitare lo spopolamento dei territori montani e di contenere la tendenza all’innalzamento dell’età media delle popolazioni.

2. Alla realizzazione delle finalità di cui al comma 1 concorrono, per quanto di rispettiva competenza, lo Stato, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali.

3. L’attuazione delle misure previste dalla presente legge è subordinata all’au­torizzazione della Commissione europea ai sensi dell’articolo 88 del Trattato istitutivo della Comunità europea. Nelle sedi comunitarie l'Italia si fa promotrice di azioni volte al riconoscimento della specificità dei territori montani, nonché all’introduzione di una definizione comunitaria di tali territori che tenga conto delle diverse realtà montane dell'Unione europea.


 

 

L’articolo 1, comma 1, indica nella salvaguardia e nella valorizzazione delle specificità culturali, economiche, sociali e ambientali dei comuni montani le finalità del provvedimento in esame, a garanzia della qualità della vita dei soggetti e dei nuclei familiari residenti, allo scopo di evitare lo spopolamento dei territori montani e di contenere la tendenza all’innalzamento dell’età media delle popolazioni.

Le finalità del provvedimento sono ricondotte alla legittimazione dell’articolo44, secondo comma, della Costituzione, che prevede espressamente che la legge disponga provvedimenti a favore delle zone montane, nonché dell’articolo 119, quinto comma, della Costituzione, che lo Stato possa destinare risorse aggiuntive ed effettua interventi speciali in favore di determinati enti territoriali (comuni, province, città metropolitane e regioni), al fine di promuovere lo sviluppo economico, la coesione e la solidarietà sociale e rimuovere gli squilibri economici e sociali.

 

Va osservato, al riguardo, che tali richiami sembrano coerenti rispetto ai contenuti della proposta di legge, anche se le disposizioni poste dagli articoli che seguono incrociano anche molte delle competenze esclusive e concorrenti dell’articolo 117 della Costituzione.

 

Lo Stato, le regioni, le province autonome di Trento e di Bolzano e gli enti locali concorrono, per quanto di rispettiva competenza, alla realizzazione delle suddette finalità (comma 2).

Il comma 3 subordina l’attuazione delle misure previste dal provvedimento in esame all’autorizzazione della Commissione europea, ai sensi dell’articolo 88 del Trattato istitutivo della Comunità europea.

 

Va ricordato, al riguardo, che il Trattato sull’unione europea del 25 marzo 1957 è stato complessivamente modificato dal Trattato 13 dicembre 2007, firmato a Lisbona.

Nella versione del Trattato in vigore a partire dal 1° dicembre 2009 (Trattato sul funzionamento dell’Unione europea), occorre far riferimento all’articolo 108 (ex articolo 88).

 

In base all’attuale articolo 108 del Trattato, gli Stati membri hanno l'obbligo di informare preventivamente la Commissione europea di ogni progetto volto a istituire aiuti (c.d. "obbligo di notifica") e non possono darvi esecuzione prima che sia stato autorizzato dalla Commissione ("principio di sospensione").

La Commissione può adottare regolamenti concernenti le categorie di aiuti di Stato per le quali il Consiglio ha stabilito che possono essere dispensate dalla procedura di cui all’articolo 108 in questione.

 

La norma prevede altresì che l'Italia si faccia promotrice, nelle sedi comunitarie, di azioni volte al riconoscimento della specificità dei territori montani, nonché all’introduzione di una definizione comunitaria di tali territori che tenga conto delle diverse realtà montane dell'Unione europea.

 

Si ricorda che disposizioni finalizzate specificamente alla salvaguardia e alla valorizzazione delle zone montane, ai sensi dell'articolo 44 della Costituzione, sono recate dalla legge 31 gennaio 1994, n. 97. A tali finalità concorrono, per quanto di rispettiva competenza, lo Stato, le regioni, le province autonome e gli enti locali.

Le legge, che si applica ai territori delle comunità montane e ai comuni montani, introduce interventi speciali per la montagna, c.d. azioni organiche dirette allo sviluppo della montagna mediante la tutela e la valorizzazione delle qualità ambientali e delle potenzialità endogene proprie dell'habitat montano. Le azioni riguardano i profili:

a)       territoriale, mediante formule di tutela e di promozione delle risorse ambientali che tengano conto sia del loro valore naturalistico che delle esigenze di vita civile delle popolazioni residenti, con particolare riferimento allo sviluppo del sistema dei trasporti e della viabilità locale;

b)      economico, per lo sviluppo delle attività economiche presenti sui territori montani da considerare aree depresse;

c)       sociale, anche mediante la garanzia di adeguati servizi per la collettività;

d)       culturale e delle tradizioni locali.

 


 

Articolo 2
(Comuni montani)

 


1. Ai soli fini della presente legge, con decreto del Ministro per i rapporti con le regioni, di concerto con il Ministro dell’interno, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, da adottare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentite le commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, sono definiti i criteri per l’individuazione dei comuni da considerare montani.

2. Le regioni, in attuazione dei criteri fissati dal decreto di cui al comma 1, entro i trenta giorni successivi alla data di entrata in vigore del medesimo decreto, provve­dono alla classificazione del rispettivo territorio montano.

3. Ai fini dell’individuazione di cui al comma 1, il decreto assicura, in partico­lare, il riconoscimento come comuni mon­tani dei comuni caratterizzati alternativa­mente da:

a) posizionamento di almeno il 70 per cento della superficie comunale al di sopra dei 500 metri di altitudine sul livello del mare;

b) posizionamento di almeno il 40 per cento della superficie comunale al di sopra dei 500 metri di altitudine sul livello del mare e presenza in almeno il 30 per cento del territorio comunale di una pendenza superiore al 20 per cento.

4. Per i comuni situati nelle regioni alpine le soglie di 500 metri di altitudine sul livello del mare di cui alle lettere a) e b) sono elevate a 600 metri.

5. Ai fini dell’individuazione come comune montano è richiesta, oltre ai requisiti di cui ai commi 2 e 3, la presenza di particolari situazioni di svantaggio sociale ed economico dovute alla fragilità del territorio, alla marginalità delle aree e alla limitata accessibilità dei territori montani.


 

 

L’articolo in esame reca norme volte a ridefinire il quadro normativo vigente con riferimento ai criteri di individuazione alle comunità montane.

 

Il comma 1 assegna ad un decreto del Ministro per i rapporti con le regioni, di concerto con il Ministro dell’interno, previa intesa con la Conferenza unificata, da adottare entro 90 giorni dall’entrata in vigore della presente legge, sentite le commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, il compito di definire i criteri per l’individuazione dei comuni da considerare montani.

 

In breve si ricorda che, ai sensi della normativa vigente, le comunità montane sono unioni di comuni, enti locali costituiti fra comuni montani e parzialmente montani, anche appartenenti a province diverse (TUEL, artt. 27 e 28), “create in vista della valorizzazione delle zone montane, allo scopo di esercitare, in modo più adeguato di quanto non consentirebbe la frammentazione dei Comuni montani, ‘funzioni proprie’, ‘funzioni conferite’ e funzioni comunali”[1]. Si tratta, dunque, di un caso speciale di unioni di comuni, di enti dotati di un certo grado di autonomia, non solo dalle regioni ma anche dai comuni, come dimostra, tra l’altro, l’espressa attribuzione agli stessi della potestà statutaria e regolamentare[2]. Spetta alle regioni l’individuazione degli ambiti territoriali per la costituzione delle comunità montane e la istituzione delle stesse comunità, che avviene con provvedimento del presidente della giunta regionale. Alla legge regionale è demandata la disciplina delle comunità montane che comprende tra l’altro, le modalità di approvazione dello statuto, i criteri di ripartizione dei finanziamenti, la regolazione dei rapporti con gli altri enti locali[3].

È opportuno ricordare che, in relazione alle misure adottate per il contenimento delle spese per la rappresentanza negli enti locali, le comunità montane sono state oggetto di un articolato intervento di riforma, culminato nell’approvazione dell’art.2, commi 16-22 della L. n.244/2007 (legge finanziaria 2008), che ha interessato sia la riduzione del numero delle comunità, dei loro componenti e delle indennità da questi percepite, sia, conseguentemente, la dotazione finanziaria di tali enti. In tale occasione, è stata nuovamente dibattuta la questione pregiudiziale del soggetto competente a disciplinare le forme di associazionismo e di cooperazione tra enti locali.

Più specificamente i commi citati della legge finanziaria per il 2008 hanno affidato alle regioni il compito di provvedere con legge, entro il 30 settembre 2008[4], sulla base di parametri specificamente indicati, al riordino delle comunità montane con una conseguente riduzione, in ciascuna regione, della spesa corrente per il finanziamento delle comunità montane per un importo pari ad un terzo della quota loro destinata del Fondo ordinario per il finanziamento degli enti locali[5] (comma 17). Contestualmente la dotazione del Fondo medesimo è stata ridotta di 33,4 milioni di euro per il 2008 e di 66,8 milioni a decorrere dal 2009 (comma 16). Il risparmio deve essere conseguito attraverso la riduzione del numero complessivo delle comunità e la riduzione del numero dei componenti e delle indennità loro spettanti (comma 18).

È prevista, inoltre, una disposizione sostitutiva che si applica in caso di inerzia delle regioni[6] che prevede la soppressione automatica delle comunità montane che non corrispondono a precisi criteri altimetrici e di quelle costituite da meno di cinque comuni; la decadenza dalla partecipazione alle comunità dei comuni capoluogo, di quelli costieri e di quelli con più di 20.000 abitanti; la riduzione del numero dei consiglieri e dei membri dell’esecutivo delle comunità (comma 20).

Successivamente il comma 6-bis dell’art. 76 del decreto-legge 112/2008 ha ridotto di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009, 2010 e 2011 i trasferimenti erariali a favore delle comunità montane.

Sulla legittimità costituzionale delle norme contenute nella finanziaria 2008 in merito al riordino delle comunità montane, si è pronunciata, con sentenza n.237/2009, la Corte Costituzionale in merito ad un ricorso presentato dalle Regioni Veneto e Toscana. La Corte ha ritenuto legittimo l’intervento statale volto al contenimento della spesa pubblica con il quale è stato imposto alle Regioni il riordino delle Comunità montane, ma ha dichiarato incostituzionali le disposizioni con cui sono stati disciplinati gli effetti del mancato riordino da parte delle Regioni nei termini prescritti e sulla base dei criteri indicati. La sentenza, tra l’altro, riporta in capo alle Regioni la competenza a dettare la disciplina di dettaglio per la definizione della montanità, che nella Finanziaria 2008 si rifaceva a parametri elaborati e proposti dall´Ente Italiano per la Montagna.

Da ultimo, assume particolare rilevo la recente sentenza n. 27/2010 con cui la Consulta ha dichiarato illegittima la previsione di un criterio altimetrico rigido come strumento per attuare la riduzione dei trasferimenti erariali diretti alle comunità montane accogliendo, in tal modo, il ricorso della Regione Liguria con riferimento all’art. 76, comma 6-bis, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112[7], nella parte in cui prevede che i destinatari della riduzione, prioritariamente, devono essere individuati tra le comunità che si trovano ad una altitudine media inferiore a settecentocinquanta metri sopra il livello del mare.

 

Si segnala, da ultimo, la legge 23 dicembre 2009, n. 191 (legge finanziaria 2010) che, all’art. 2, comma 187, stabilisce che lo Stato, a decorrere dall’entrata in vigore della legge stessa, cessi di concorrere al finanziamento delle comunità montane previsto dall’ art. 34 del D.Lgs. n. 504/1992[8], e dalle altre disposizioni di legge relative alle comunità montane. Nelle more dell’attuazione della legge sul federalismo fiscale (L. n. 42/2009), il 30% delle risorse finanziarie di cui al citato articolo 34 e alle altre disposizioni di legge, verrà assegnato ai comuni montani e ripartito tra gli stessi con decreto del Ministero dell’interno; a tal fine sono considerati comuni montani i comuni in cui almeno il 75% del territorio si trovi al di sopra dei 600 metri sopra il livello del mare.

 

Ai sensi del successivo comma 2, spetta, poi, alle regioni, in attuazione dei criteri fissati dal decreto di cui al comma 1, provvedere alla classificazione del rispettivo territorio montano, entro 30 giorni successivi all’entrata in vigore del medesimo decreto.

 

La Consulta ha più volte avuto modo di ribadire che, dopo l’entrata in vigore del Titolo V della Costituzione, la disciplina delle comunità montane rientra nella competenza legislativa regionale di natura residuale (Sentenze 244/2005, 456/2005 e 397/2006).

 

Onde procedere alla identificazione dei suddetti criteri di definizione, il comma 3 prescrive che il decreto assicuri che il riconoscimento del carattere di comuni montani venga assegnato qualora si riscontrino, alternativamente, i seguenti requisiti:

a) posizionamento di almeno il 70% della superficie comunale al di sopra dei 500 metri di altitudine sul livello del mare;

b) posizionamento di almeno il 40% della superficie comunale al di sopra dei 500 metri di altitudine sul livello del mare e contestuale presenza in almeno il 30% del territorio comunale di una pendenza superiore al 20%.

Per i comuni situati nelle regioni alpine, il successivo comma 4 stabilisce, in relazione a quanto sopra esposto, che le soglie di 500 metri di altitudine ex di cui lettere a) e b) siano elevate a 600 metri.

 

In merito a quanto sopra esposto, è opportuno segnalare che in data 13 gennaio 2010 è stato presentato un disegno di legge recante "Individuazione delle funzioni fondamentali di Province e Comuni, semplificazione dell'ordinamento regionale e degli enti locali, nonché delega al Governo in materia di trasferimento di funzioni amministrative, Carta delle autonomie locali, razionalizzazione delle Province e degli Uffici territoriali del Governo. Riordino di enti ed organismi decentrati" (A.C. 3118), assegnato alla I Commissione Affari Costituzionali della Camera dei deputati.

L’art. 17 di tale disegno di legge, riproducendo in buona sostanza la norma già in vigore di cui all’art. 2, comma 187 della L. 191/2009 (legge finanziaria 2010) (v. supra) stabilisce che: a decorrere dall’anno 2010, le leggi regionali possano prevedere la soppressione delle comunità montane, isolane e di arcipelago esistenti attribuendo le funzioni già spettanti a tali comunità, nel rispetto dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza; a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, lo Stato cessa di concorrere al finanziamento delle comunità montane di cui all’art. 34 del D.Lgs. n.504/1992, e dalle altre disposizioni di legge relative alle comunità montane; nelle more dell’attuazione della cd. legge sul federalismo fiscale (L. 5 maggio 2009, n. 42), il 30% delle risorse finanziarie di cui sopra venga assegnato, secondo le modalità stabilite dalla legge n.42/2009 e dalle relative norme di attuazione, ai comuni montani e ripartito tra gli stessi con decreto del Ministro dell’Interno adottato previo parere della Conferenza unificata.

La norma specifica, poi, che, ai i fini di cui sopra, sono da considerarsi “montani”, i comuni in cui almeno il 75% del territorio si trovi al di sopra dei 600 metri sopra il livello del mare.

 

Alla luce di tali disposizioni, si rileva come l’articolo 2 in esame preveda dei criteri di individuazione dei comuni montani differenti da quelli stabiliti dall’articolo 2, comma 187, della legge finanziaria 2010 (L. n. 191/2009). Viene a tal fine specificato, al comma 1 dell’articolo in commento, che tali criteri vengono definiti “Ai soli fini della presente legge”.

 

In ultima istanza, ai fini dell’individuazione come comune montano, il comma 5 richiede comunque, oltre ai requisiti di cui sopra, la presenza di particolari situazioni di svantaggio sociale ed economico dovute alla fragilità del territorio, alla marginalità delle aree ed alla limitata accessibilità dei territori montani.


 

Articolo 3
(Progetti per lo sviluppo dei comuni montani)

 


1. A decorrere dall’anno 2010, è istituito il Fondo nazionale integrativo per i comuni montani, con una dotazione pari a 10 milioni di euro annui da destinare al finanziamento dei progetti di cui al comma 3.

2. Alla individuazione dei progetti di cui al comma 3, che debbono avere carattere straordinario e non possono riferirsi alle attività svolte in via ordinaria dagli enti interessati, si provvede, entro il 30 marzo di ciascun anno, con decreto del Ministro per i rapporti con le regioni, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni. Lo schema di decreto è inviato alle Camere per l’acquisizione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari, da acquisire entro trenta giorni dalla trasmissione. Qualora il Governo non intenda attenersi alle condizioni contenute nei pareri, lo schema è nuovamente inviato alle Camere, corredato di una relazione, per l’acquisizione di un nuovo parere da parte delle medesime Commissioni, da acquisire entro i successivi quindici giorni. Decorso il termine di cui al precedente periodo, il decreto può essere comunque adottato.

3. Il decreto di cui al comma 2 provvede, nei limiti delle disponibilità finanziarie del Fondo di cui al comma 1, al finanziamento in favore dei comuni montani, come individuati ai sensi dell’articolo 2, di progetti di sviluppo socio-economico, anche a carattere pluriennale, rientranti tra le seguenti tipologie:

a) potenziamento e valorizzazione dei servizi pubblici e della presenza delle pubbliche amministrazioni;

b) potenziamento e valorizzazione del sistema scolastico;

c) valorizzazione delle risorse ener­getiche ed idriche;

d) incentivi per l’utilizzo dei territori incolti di montagna e per l’accesso dei giovani alle attività agricole, nonché, in generale, per l’agricoltura di montagna;

e) sviluppo del turismo montano e degli sport di montagna;

f) politiche di forestazione.

4. All’onere derivante dal comma 1, pari a 10 milioni di euro a decorrere dall’anno 2010, si provvede mediante corrispon­dente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2010-2012, nell’ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2010, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero dell’interno.

5. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.


 

 

L’articolo 3, comma 1, istituisce, a decorrere dall’anno 2010, il Fondo nazionale integrativo per i comuni montani, con una dotazione pari a 10 milioni di euro annui.

 

Il Fondo è destinato al finanziamento in favore dei comuni montani, come individuati ai sensi dell’articolo 2, di progetti di sviluppo socio-economico, anche a carattere pluriennale, rientranti tra le seguenti tipologie, indicate dal comma 3:

a)      potenziamento e valorizzazione dei servizi pubblici e della presenza delle pubbliche amministrazioni;

b)      potenziamento e valorizzazione del sistema scolastico;

c)      valorizzazione delle risorse energetiche ed idriche;

d)      incentivi per l’utilizzo dei territori incolti di montagna e per l’accesso dei giovani alle attività agricole, nonché, in generale, per l’agricoltura di montagna;

e)      sviluppo del turismo montano e degli sport di montagna;

f)        politiche di forestazione.

 

Con decreto del Ministro per i rapporti con le regioni, emanato, entro il 30 marzo di ciascun anno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata, sono individuati i progetti ammessi al finanziamento.

Il comma 2 specifica che deve trattarsi di progetti avere carattere straordinario e non possono riferirsi alle attività svolte in via ordinaria dagli enti interessati.

 

Sullo schema di decreto è previsto il parere delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari, da acquisire entro trenta giorni dalla trasmissione. Qualora il Governo non intenda attenersi alle condizioni contenute nei pareri, lo schema è nuovamente inviato alle Camere, corredato di una relazione, per l’acquisizione di un nuovo parere da parte delle medesime Commissioni, da acquisire entro i successivi quindici giorni.

Decorso l’ulteriore termine, il decreto può essere comunque adottato.

 

Gli interventi considerati dalla norma in esame sembrerebbero poter rientrare nella fattispecie degli interventi speciali considerati dall’articolo 119, quinto comma, della Costituzione, in quanto trattasi di finanziamenti non sistematici, diretti a soggetti specifici e per interventi finalizzati al riequilibrio di aree specifiche del paese, sebbene il finanziamento sia riferito alla generalità dei comuni montani.

 

La copertura finanziaria degli oneri derivanti dalla disposizione in esame, pari a 10 milioni di euro a decorrere dall’anno 2010, sono posti a carico del fondo speciale di parte corrente iscritto nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze, allo scopo utilizzando parzialmente l’accantonamento relativo al Ministero dell’interno (comma 4).

Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio (comma 5).

 

Va ricordato che, per la salvaguardia e la valorizzazione delle zone montane, ai sensi dell'articolo 44 della Costituzione, a partire dal 1994 è stato istituito presso il Ministero dell’economia e finanze il Fondo per la montagna, alimentato da trasferimenti comunitari, dello Stato e di enti pubblici (legge n. 97/1994).

Le risorse erogate dal Fondo hanno carattere aggiuntivo rispetto ad ogni altro trasferimento ordinario o speciale dello Stato a favore degli enti locali.

Il Fondo è ripartito tra le regioni e le province autonome sulla base di criteri stabiliti con deliberazione del Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE), sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, su proposta del Ministro per gli affari regionali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e il Ministro delle politiche agricole e forestali.

Si tratta di criteri che hanno riguardo alle caratteristiche dei territori, che tengono conto dell'esigenza della salvaguardia dell'ambiente con il conseguente sviluppo delle attività agro-silvo-pastorali eco-compatibili, dell'estensione del territorio montano, della popolazione residente, anche con riferimento alle classi di età, alla occupazione ed all'indice di spopolamento, del reddito medio pro capite, del livello dei servizi e dell'entità dei trasferimenti ordinari e speciali.

Profili finanziari (comma 4)

Nulla da osservare per i profili di quantificazione.

 

In merito ai profili di copertura, si osserva che l’accantonamento utilizzato reca le necessarie risorse e una specifica voce programmatica.

Nella seduta del 2 febbraio 2010, il Presidente della Commissione bilancio e il rappresentante del Governo hanno evidenziato come, avendo la Commissione adottato come testo base il testo unificato elaborato dal Comitato ristretto, le risorse dell'accantonamento relativo al Ministero dell'interno del fondo speciale di parte corrente, del quale si prevede l’utilizzo, devono ritenersi prenotate.

Si rileva tuttavia che il decreto-legge 4 febbraio 2010, n. 4, recante l’Istituzione dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale  del 4 febbraio 2010, n. 28, prevede l’utilizzo di quota parte delle medesime risorse iscritto nell’accantonamento del fondo speciale di parte corrente relativo al Ministero dell’interno, per un importo pari a 3,25 milioni di euro per l’anno 2010 e di 4 milioni di euro a decorrere dall’anno 2011.

 


 

Articolo 4
(Lavori pubblici)

 


1. All’articolo 122 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, è inserito il seguente comma: “7-ter. Nei comuni montani, i lavori di importo complessivo fino a 1.500.000 euro possono essere affidati dalle stazioni appaltanti, a cura del responsabile del procedimento, nel rispetto dei principi di non discriminazione, parità di trattamento, proporzionalità e trasparenza e secondo la procedura prevista dall'articolo 57, comma 6.”.

2. Nel rispetto delle competenze stabilite dagli statuti speciali e dalle relative norme di attuazione, la realizzazione di opere di competenza statale a carattere complesso e infrastrutturale, per i comuni montani, può essere finanziata, previa acquisizione dell’autorizzazione da parte del Ministero dell’economia e delle finanze, per una quota non superiore al settanta per cento dell’importo complessivo, con risorse derivanti dalla emissione da parte degli stessi di specifiche obbligazioni appo­sitamente finalizzate. Per la procedura autorizzatoria di cui al periodo precedente si applicano, in quanto compatibili ed indipendentemente dal limite di importo ivi indicato, le disposizioni contenute nel decreto del Ministro dell’economia e delle finanze 1° dicembre 2003, n. 389. Alle obbligazioni di cui al primo periodo si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 2410 e seguenti del codice civile.


 

 

Il comma 1 dell'articolo in esame aggiunge un comma 7-ter all’art. 122 del D.Lgs. 163/2006 (Codice dei contratti pubblici) al fine di ampliare, per i comuni montani, le possibilità di affidare lavori pubblici con procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara.

Il testo vigente dell’art. 122 prevede, al comma 7-bis, che i lavori di importo complessivo pari o superiore a 100.000 euro e inferiore a 500.000 euro possono essere affidati dalle stazioni appaltanti, a cura del responsabile del procedimento, nel rispetto dei principi di non discriminazione, parità di trattamento, proporzionalità e trasparenza e secondo la procedura prevista dall'art. 57, comma 6 (procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara).

Il comma in esame estende tale possibilità per tutti i lavori di importo fino a 1,5 milioni di euro.

 

Si ricorda che l’art. 122 del codice dei contratti reca una disciplina specifica per i contratti di lavori pubblici sotto soglia, cioè aventi un importo inferiore a 5.278.000 euro (ai sensi dell’art. 28, comma 1, lettera c) del medesimo decreto).

Oltre al citato comma 7-bis, di cui si è detto, si ricorda anche che il comma 7 consente il ricorso alla procedura negoziata, oltre che nei casi di cui agli articoli 56 e 57, anche per lavori di importo complessivo non superiore a 100.000 euro.

 

Il successivo comma 2 consente ai comuni montani, previa autorizzazione da parte del Ministero dell’economia e delle finanze, di provvedere al finanziamento di opere di competenza statale a carattere complesso e infrastrutturale, per una quota fino al 70% dell’importo complessivo, con risorse derivanti dall’emissione da parte degli stessi di specifiche obbligazioni appositamente finalizzate.

Lo stesso comma dispone che per la procedura autorizzatoria di cui al periodo precedente si applicano, in quanto compatibili ed indipendentemente dal limite di importo ivi indicato, le disposizioni contenute nel D.M. Economia e finanze 1° dicembre 2003, n. 389.

Con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze n. 389 del 2003 è stato emanato il Regolamento concernente l'accesso al mercato dei capitali da parte delle province, dei comuni, delle città metropolitane, delle comunità montane e delle comunità isolane, nonché dei consorzi tra enti territoriali e delle regioni, ai sensi dell'articolo 41, comma 1, della n. 448/2001.

 

Inoltre alle obbligazioni citate si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 2410 e seguenti del codice civile.

Profili finanziari (comma 2)

In merito ai profili di quantificazione, andrebbe chiarito quale sia il soggetto pubblico cui farà capo il debito derivante dalle emissioni obbligazionarie: si segnala infatti che, mentre la norma indica come soggetti emittenti i comuni montani, individua nelle opere di competenza statale quelle finanziabili a valere sulle predette emissioni.

Si segnala che la procedura autorizzatoria cui fa riferimento la norma, finalizzata ad evitare che emissioni obbligazionarie locali possano interferire sul mercato con quelle erariali, è attualmente prevista solo con riferimento ad emissioni di importo rilevante.

 


 

Articolo 5
(Interventi in favore dell'associazionismo sociale)

 


1. Alla legge 11 agosto 1991, n. 266, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 12, comma 1, lettera d), dopo le parole: «emergenze sociali» sono inserite le seguenti: «e ad interventi nei territori montani e nelle altre aree territorialmente marginali del Paese»;

b) all'articolo 15, il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. Le fondazioni bancarie di cui al decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, e successive modificazioni, prevedono nei propri statuti che una quota non inferiore a un quindicesimo dei propri proventi, al netto delle spese di funzionamento e della riserva finalizzata alla sottoscrizione di aumenti di capitale delle società conferitarie, sia destinata alla costituzione di fondi speciali presso le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano al fine di istituire, per il tramite degli enti locali, centri di servizio a disposizione delle organizzazioni di volontariato, delle associazioni sportive dilettantistiche, delle associazioni bandistiche, dei cori amatoriali, delle filodrammatiche, delle associazioni dilettantistiche di musica e danza popolare, delle cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, e successive modificazioni, nonché delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS), di cui al decreto legislativo 4 dicembre 1997, n. 460, e successive modificazioni, e da queste gestiti, con la funzione di sostenerne e di qualificarne l'attività. Una quota non inferiore al 10 per cento dei fondi speciali così costituiti è vincolata alla creazione di centri di servizi nei territori montani. In tale ambito le somme eventualmente eccedenti possono essere utilizzate per l'acquisto di attrezzature, di materiali e di mezzi il cui utilizzo sia strettamente connesso alle attività di natura sociale».

2. Alle associazioni bandistiche, agli sci club riconosciuti dalla Federazione italiana sport invernali, ai cori amatoriali, alle associazioni filodrammatiche, alle associazioni di musica e di danza popolare legalmente riconosciute operanti senza fini di lucro nei territori montani si applica il regime fiscale agevolato di determinazione forfetaria del reddito e dell’imposta sul valore aggiunto di cui alla legge 16 dicembre 1991, n. 398, e successive modificazioni.


 

 

Il comma 1 dell’articolo in esame reca due novelle alla legge 11 agosto 1991, n. 266 (Legge-quadro sul volontariato). In particolare viene modificato l’articolo 12 – relativo all’Osservatorio nazionale sul volontariato – ricomprendendo tra i compiti ad esso attribuiti, alla lettera d) del comma 1, quello di approvare progetti sperimentali elaborati, anche in collaborazione con gli enti locali, da organizzazioni di volontariato per far fronte anche “ad interventi nei territori montani e nelle altre aree territorialmente marginali del Paese”, oltre che ad emergenze sociali e per favorire l'applicazione di metodologie di intervento particolarmente avanzate.

La successiva modifica riguarda il comma 1 dell’articolo 15 della legge n. 266/1991.

Il testo vigente prevede che le fondazioni bancarie devono prevedere nei propri statuti che una quota non inferiore ad un quindicesimo dei propri proventi, al netto delle spese di funzionamento e dell'accantonamento, venga destinata alla costituzione di fondi speciali presso le regioni al fine di istituire, per il tramite degli enti locali, centri di servizio a disposizione delle organizzazioni di volontariato, e da queste gestiti, con la funzione di sostenerne e qualificarne l'attività.

Il testo in esame, confermando nella misura non inferiore del quindicesimo dei proventi delle fondazioni bancarie la quota da destinare alla costituzione dei suddetti fondi speciali presso le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, estende la platea dei soggetti gestori dei centri di servizio, ricomprendendo, oltre alle organizzazioni di volontariato, anche le associazioni sportive dilettantistiche, le associazioni bandistiche, i cori amatoriali, le filodrammatiche, le associazioni dilettantistiche di musica e danza popolare, le cooperative sociali di cui alla legge n. 381/1991, nonché delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS).

La norma specifica, inoltre, che una quota non inferiore al 10% di tali fondi speciali così costituiti è vincolata alla creazione di centri di servizi nei territori montani. In tale ambito le somme eventualmente eccedenti possono essere utilizzate per l'acquisto di attrezzature, di materiali e di mezzi il cui utilizzo sia strettamente connesso alle attività di natura sociale.

 

Il comma 2 introduce semplificazioni ed agevolazioni fiscali in favore delle associazioni bandistiche, degli sci club riconosciuti dalla Federazione Italiana Sport Invernali (FISI), dei cori amatoriali, delle associazioni filodrammatiche, di musica e di danza popolare legalmente riconosciute.

I benefici spettano se i soggetti posseggono i seguenti requisiti:

§      operano nei territori montani;

§      esercitano la propria attività senza fini di lucro;

§      realizzano un ammontare di proventi derivanti da attività commerciali non superiore a 250.000 euro.

 

La norma sembrerebbe diretta ad introdurre agevolazioni fiscali in favore di soggetti che, a normativa vigente, già fruiscono del regime agevolato di cui alla legge n. 398 del 1991; ciò anche in considerazione del fatto che gli sci club sono prevalentemente costituiti nella forma di associazione sportiva dilettantistica.

Si ricorda che i richiamati soggetti, qualora realizzino proventi da attività commerciale non superiore a 250.000 euro, possono fruire del regime fiscale agevolato di determinazione forfetaria del reddito e dell’imposta sul valore aggiunto disciplinato dalla legge n. 398 del 1991[9]. Il suddetto regime, inizialmente introdotto in favore delle associazioni sportive dilettantistiche, è stato successivamente esteso alle associazioni senza fini di lucro e alle associazioni pro-loco (articolo 9-bis del D.L. n. 417 del 1991), alle società sportive dilettantistiche costituite in forma di società di capitali senza fini di lucro (articolo 90, comma 1, legge n. 289/2002), alle associazioni bandistiche e cori amatoriali, filodrammatiche, di musica e danza popolare legalmente riconosciute senza fini di lucro (articolo 2, comma 31, legge n. 350/2003).

In particolare sono esonerati:

-        dagli obblighi contabili prescritti dagli articoli 14, 15, 16, 18 e 20 del D.P.R. n. 600/1973. Si tratta della tenuta di scritture contabili a carico delle imprese - anche in contabilità semplificata - e degli enti non commerciali, della redazione dell’inventario e del bilancio nonché della tenuta del registro dei beni ammortizzabili;

-        dagli obblighi IVA di cui al titolo II del D.P.R. n. 633/1972 tra i quali rientrano l’obbligo di fatturazione, registrazione, liquidazione e versamenti periodici dell’imposta sul valore aggiunto.

In luogo dei predetti esoneri, i medesimi soggetti sono tenuti, ai sensi dell’articolo 9, comma 3, del D.P.R. n. 544/1999, a conservare e numerare le fatture di acquisto, ad annotare entro il giorno 15 del mese successivo l'ammontare dei corrispettivi e dei proventi in apposito modello, ad effettuare i versamenti periodici IVA, ad annotare, in appositi registri, i proventi che non costituiscono reddito imponibile, le plusvalenze patrimoniali e le operazioni intracomunitarie.

In materia di adempimenti, inoltre, il D.P.R. n. 69/2002[10] ha introdotto la facoltà per le società e le associazioni sportive dilettantistiche di certificare i corrispettivi per assistere alle manifestazioni sportive dilettantistiche mediante l'utilizzo di titoli d'ingresso o di abbonamenti recanti il contrassegno del concessionario (SIAE) di cui all'art. 17 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 640. Questo sistema di certificazione si pone come modalità facoltativa rispetto a quella ordinaria che prevede l'emissione di titoli di accesso mediante appositi misuratori fiscali.

 

I benefici introdotti consistono nell’esonero dalla tenuta delle scritture contabili, fermo restando l’obbligo di conservazione per tre anni delle fatture di acquisto.

Profili finanziari

In merito ai profili di quantificazione, tenuto conto che la legislazione vigente definisce la platea dei beneficiare del regime di cui alla legge n. 398/1991 includendovi le associazioni sportive dilettantistiche e relative sezioni, nonché società sportive dilettantistiche, appare opportuno acquisire una conferma che l’inserimento in tale ambito – previsto dalla norma in esame - anche degli sci club riconosciuti dalla Federazione italiana sport invernali non determini significativi effetti di gettito.


 

Articolo 6
(Modifiche alla legge 21 marzo 2001, n. 74, concernente l'attività del Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico del Club alpino italiano)

 


1. Alla legge 21 marzo 2001, n. 74, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 3 dell'articolo 1 è sostituito dal seguente:

«3. Il CNSAS contribuisce, altresì, alla prevenzione e alla vigilanza degli infortuni nell'esercizio delle attività alpinistiche, sci-alpinistiche, escursionistiche e degli sport di montagna, delle attività speleologiche e di ogni altra attività connessa alla frequentazione a scopo turistico, sportivo, ricreativo e culturale, ivi comprese le attività professionali, svolta in ambiente montano, ipogeo e in ambienti ostili e impervi»;

b) il comma 3 dell'articolo 2 è sostituito dal seguente:

«3. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nell'ambito dell'organizzazione dei servizi di urgenza ed emergenza sanitaria, possono stipulare apposite convenzioni con le strutture operative regionali e provinciali del CNSAS, atte a disciplinare i servizi di soccorso e di elisoccorso»;

c) all'articolo 3 sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

«1-bis. Il CNSAS, in caso di particolare necessità e al fine di ottemperare alle proprie finalità d'istituto e agli obblighi di legge, può assumere lavoratori dipendenti o avvalersi di prestazioni di lavoro autonomo usufruendo di professionisti abilitati allo svolgimento dell'attività richiesta, anche ricorrendo ai propri associati, nei limiti imposti dalle delibere assunte dal Consiglio nazionale del CNSAS e dai servizi provinciali e regionali del Corpo medesimo e nel rispetto delle disposizioni di cui all'articolo 4;

1-ter. Al CNSAS, in quanto associa­zione costituita al fine di svolgere attività di utilità sociale a favore di associati e di terzi, senza finalità di lucro, si applicano le disposizioni in materia di associazioni di promozione sociale di cui legge 7 dicembre 2000, n. 383”.

d) all'articolo 4 sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

«5-bis. Le società esercenti o concessionarie di impianti funicolari aerei in servizio pubblico possono stipulare apposite convenzioni con il CNSAS per l'evacuazione e per la messa in sicurezza dei passeggeri.

5-ter. Il CNSAS propone all'ENAC le proprie osservazioni per la predisposizione delle normative Search and rescue (SAR) e di ogni altra normativa concernente i servizi di elisoccorso che operano in ambiente montano e in genere negli ambienti ostili e impervi del territorio nazionale.

5-quater. Per l'attuazione delle disposizioni di cui ai commi 5 e 5-ter è istituita, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, una commissione paritetica ENAC-CNSAS».

2. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali è autorizzato ad apportare le occorrenti modifiche al regolamento di cui al decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 24 marzo 1994, n. 379.

3. Il Club alpino italiano, nell'ambito della propria attività istituzionale, può prevedere progetti per la tutela e la valorizzazione della rete sentieristica e dei rifugi presenti sul territorio nazionale, da realizzare anche avvalendosi di finanziamenti assegnati a valere sulle risorse di cui all’articolo 3.


 

 

L’articolo 6 reca disposizioni riguardanti il Corpo nazionale del soccorso alpino e speleologico.

 

Il Corpo Nazionale Soccorso Alpino e Speleologico (C.N.S.A.S.) è una Sezione particolare del Club Alpino Italiano (C.A.I.), istituita il 12 dicembre 1954, come suo organo tecnico centrale. Il Corpo é composto di circa 7.000 tecnici, tutti soci C.A.I., che operano prevalentemente lungo l'arco alpino e la dorsale appenninica, con un ricambio annuale di 400-500 unità[11].

La struttura territoriale si compone di 21 Servizi Regionali, 33 Zone Alpine con 232 Stazioni e 16 Zone Speleologiche con 29 Stazioni di soccorso.

L'attività addestrativa si svolge seguendo programmi consolidati messi a punto dalle Scuole nazionali alle quali è demandata la formazione dei vari operatori tecnici.

Nel 2008 sono stati compiuti 5.898 interventi, soccorrendo 6.521 persone ed impegnando 27.746 volontari CNSAS, a cui si aggiungono 794 militari.

Si è fatto ricorso all’impiego dell'elicottero in circa 3.300 interventi; nella maggioranza dei casi si è trattato di mezzi del Sistema Sanitario Nazionale (118), presso le cui basi di elisoccorso dell’arco alpino è sempre presente un tecnico del soccorso alpino (nel periodo invernale anche una unità cinofila da ricerca in valanga). L’utilizzo dell’elicottero è aumentato considerevolmente negli anni, contribuendo a salvare numerosi infortunati grazie alla tempestività dell’intervento.

Circa il 95% delle persone soccorse non era socio del CAI.

 

Il comma 1 dell’articolo in esame, alla lettera a), modifica il comma 3 dell’articolo 1 della legge n. 74 del 2001 apportando alcune specificazioni di dettaglio:

 

L. 21 marzo 2001, n. 74, art. 1

Proposte di modifica

3. Il CNSAS contribuisce, altresì, alla prevenzione ed alla vigilanza degli infortuni nell'esercizio delle attività alpinistiche, sci-alpinistiche, escursionisti­che e degli sport di montagna, delle attività speleologiche e di ogni altra attività connessa alla frequentazione a scopo turistico, sportivo, ricreativo e culturale in ambiente montano ed ipogeo.

3. Il CNSAS contribuisce, altresì, alla prevenzione ed alla vigilanza degli infortuni nell'esercizio delle attività alpinistiche, sci-alpinistiche, escursionisti­che e degli sport di montagna, delle attività speleologiche e di ogni altra attività connessa alla frequentazione a scopo turistico, sportivo, ricreativo e culturale, ivi comprese le attività professionali svolte in ambiente montano, ipogeo e in ambienti ostili e impervi.

 

La lettera b) del comma 1 novella l’articolo 2 della legge n. 74 relativamente alle convenzioni tra le strutture territoriali del CNSAS e le regioni.

 

L. 21 marzo 2001, n. 74, art. 2

Proposte di modifica

3. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nell'ambito dell'orga­nizzazione dei servizi di urgenza ed emergenza sanitaria, stipulano apposite convenzioni con le strutture operative regionali e provinciali del CNSAS.

3. Le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nell'ambito dell'orga­nizzazione dei servizi di urgenza ed emergenza sanitaria, possono stipulare apposite convenzioni con le strutture operative regionali e provinciali del CNSAS, atte a normare i servizi di soccorso ed elisoccorso

 

La lettera c) del comma 1 aggiunge due commi all’articolo 3 relativo alle attività del CNSAS.

In particolare, il comma 1-bis prevede che il Corpo, in caso di particolare necessità e al fine di ottemperare alle proprie finalità d'istituto e agli obblighi di legge, possa assumere lavoratori dipendenti o avvalersi di prestazioni di lavoro autonomo anche ricorrendo ai propri associati, nei soli limiti imposti dalle delibere assunte dalla sede centrale del CNSAS e dai servizi provinciali e regionali del Corpo medesimo e nel rispetto delle disposizioni di legge di cui all’articolo successivo articolo 4.

Il comma 1-ter reca una disposizione di carattere interpretativo, stabilendo che al CNSAS, in quanto associazione costituita al fine di svolgere attività di utilità sociale a favore di associati e di terzi, senza finalità di lucro, si applicano le disposizioni in materia di associazioni di promozione sociale di cui legge 7 dicembre 2000, n. 383.

 

Al riguardo si ricorda che l’articolo 1 della legge n. 74 del 2001 afferma che “la Repubblica riconosce il valore di solidarietà sociale e la funzione di servizio di pubblica utilità del Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico (CNSAS) del Club alpino italiano (CAI).” In riferimento a tale norma, alcune strutture territoriali del Corpo (c.d. Servizi regionali) hanno già il riconoscimento di associazioni di promozione sociale.

 

La lettera d) del comma 1 aggiunge tre commi all’articolo 4 (Attività specialistiche) della legge n. 74 del 2001. In particolare:

§      il comma 5-bis prevede la possibilità per le società esercenti o concessionarie di impianti funicolari aerei in servizio pubblico di stipulare apposite convenzioni con il CNSAS per l'evacuazione e per la messa in sicurezza dei passeggeri;

§      il comma 5-ter riguarda i rapporti tra il CNSAS e l'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC), prevedendo per il Corpo la possibilità di proporre all'ENAC le proprie osservazioni per la predisposizione delle normative Search and rescue (SAR) e di ogni altra normativa concernente i servizi di elisoccorso che operano in ambiente montano e in genere negli ambienti ostili e impervi del territorio nazionale;

§      il comma 5-quater prevede l’istituzione di una commissione paritetica ENAC-CNSAS, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

La disposizione richiama il comma 5 dell’articolo 4, la quale prevede che il CNSAS propone all'ENAC la predisposizione delle certificazioni per apposite figure professionali necessarie per l'elisoccorso in montagna.

 

Il comma 2 autorizza il Ministro del lavoro e delle politiche sociali ad apportare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le occorrenti modifiche al regolamento di cui al decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 24 marzo 1994, n. 379.

Si tratta del regolamento attuativo, emanato ai sensi dell’articolo 2 della legge n. 162 del 1992, recante disposizioni sull'accertamento dell'avvenuto impiego e dell'astensione dal lavoro dei volontari, sulle caratteristiche di tale impiego, nonché sulle modalità e termini per le richieste di rimborso della retribuzione e di corresponsione dell'indennità.

 

Infine il comma 3 stabilisce che il Club alpino italiano (CAI), nell'ambito della propria attività istituzionale, può prevedere progetti per la tutela e la valorizzazione della rete sentieristica e dei rifugi presenti sul territorio nazionale, da realizzare anche avvalendosi di finanziamenti assegnati a valere sulle risorse del Fondo nazionale integrativo per i comuni montani istituito dall’articolo 3 del presente testo.

Si ricorda che la legge 26 gennaio 1963, n. 91, come modificata dalla legge 24 dicembre 1985, n. 776, (Riordino del Club Alpino italiano), ha stabilito che il CAI, tra i vari compiti ad esso attribuiti nell'ambito delle facoltà previste dal proprio statuto, provveda al tracciamento, alla realizzazione e alla manutenzione di sentieri, opere alpine e attrezzature alpinistiche.

Profili finanziari

In merito ai profili di quantificazione, appare opportuno acquisire chiarimenti in merito agli effetti finanziari derivanti dalle norme in esame: in particolare, andrebbero precisati gli effetti derivanti dall’applicazione al CNSAS della disciplina prevista dalla legge n. 383/2000 per le associazioni di promozione sociale, tenuto conto che detta normativa prevede l’accesso a finanziamenti pubblici e l’applicazione di disposizioni fiscali agevolative.

Andrebbe altresì confermato che, per effetto dei compiti attribuiti al CNSAS – ente attualmente non appartenente al comparto della p.a. ai fini del conto economico consolidato - e della possibilità per il medesimo di procedere ad assunzioni “al fine di ottemperare alle proprie finalità di istituto e agli obblighi di legge”, non possano comunque determinarsi nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Per quanto attiene invece alle convenzioni con le regioni e le province autonome nonché con società esercenti o concessionarie di impianti funicolari aerei in servizio pubblico, si rileva che il testo attribuisce carattere facoltativo alla stipula delle stesse. L’esercizio di tale facoltà dovrebbe quindi intendersi nel limite delle risorse disponibili e nel rispetto dei vincoli previsti dalla vigente normativa in materia di patto di stabilità interno.

Inoltre, pur in presenza di una clausola d’invarianza relativa all’istituenda commissione paritetica ENAC-CNSAS, andrebbe confermato che ai componenti della commissione stessa non spetti alcun emolumento, anche di natura non retributiva (ad esempio, rimborsi spese).

Ciò in considerazione del fatto che L’Ente Nazionale per l'Aviazione Civile (ENAC) – a differenza del CNSAS - è compreso tra le amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, individuate ai sensi dell’art. 1, comma 5, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 (Legge finanziaria 2005).

 


 

Articolo 7
(Certificazione di ecocompatibilità)

 


1. Per i boschi esistenti e per le formazioni forestali create nei territori montani con specie indigene di pregio, a lungo ciclo di maturazione, gestiti con criteri di ecocompatibilità, è istituita la certificazione di ecocompatibilità che attesta la provenienza della materia prima legno.

2. La certificazione di ecocompatibilità può essere applicata a tutti i prodotti di derivazione del legno prodotto con i criteri di cui al comma 1, compresi la carta e i mobili.

3. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, stabilisce con proprio regolamento le modalità per il rilascio e per l'uso della certificazione di cui al presente articolo.

4. All’attuazione del presente articolo si provvede nell’ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.


 

 

L’articolo 7 in commento istituisce un certificato di ecocompatibilità che potrà accompagnare il legno, nonché tutti i suoi derivati, che provengano da boschi gestiti con criteri di ecocompatibilità. I boschi in questione possono essere già esistenti ma possono anche essere di nuova formazione; in tale ultima ipotesi è necessario che siano utilizzate specie indigene di pregio e a lungo ciclo di maturazione.

Al MIPAAF sono concessi 6 mesi per l’approvazione di un regolamento per il rilascio e per l'uso della certificazione, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all’art. 8 del D.Lgs. n. 281/97 che - per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province, dei comuni e delle comunità montane – ha unificato la Conferenza Stato-città ed autonomie locali con la Conferenza Stato-regioni.

 

In merito alla gestione sostenibile e alla conservazione delle risorse forestali si sono tenute in Europa quattro conferenze ministeriali sulla protezione delle foreste che rappresentano un’importante iniziativa nel processo di cooperazione tra i Paesi europei, non solo appartenenti alla Comunità Europea.

Tali conferenze - tenutesi a Strasburgo (1990), Helsinki (1993), Lisbona (1998) ed a Vienna (2003) - si sono concluse con l’adozione di numerose risoluzioni.

In particolare con la seconda Conferenza di Helsinki furono firmate da 37 Paesi e dalla Comunità Europea quattro risoluzioni, e per la prima volta si raggiunse un accordo sulla esatta definizione di gestione sostenibile delle foreste, dovendosi intendere con tale espressione "l’amministrazione e l'utilizzo delle foreste e del territorio boschivo in modo e a un'intensità tale da garantire la conservazione della biodiversità, della produttività, della capacità rigenerativa, della vitalità e di tutte le potenzialità delle foreste, affinché queste possano adempiere in maniera completa, adesso e in futuro, alle loro funzioni ecologiche, economiche e sociali, a livello locale, nazionale e globale, senza causare alcun tipo di danno ad altri ecosistemi".

Profili finanziari

In merito ai profili di quantificazione, appare opportuno che il Governo confermi che le attività connesse all’istituzione e all’implementazione della certificazione di ecocompatibilità possano essere effettivamente svolte – come espressamente previsto dalla norma in esame - dai soggetti pubblici coinvolti nell’ambito delle dotazioni strumentali, umane e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, quindi, senza ulteriori oneri per la finanza pubblica.

 


 

Articolo 8
(Usi civici in montagna)

 

1. Nei comuni montani le controversie relative a compravendite di beni gravati da diritti di uso civico risultanti successivamente al perfezionamento dell'atto, qualora non siano dimostrati dolo o colpa da parte degli acquirenti, sono definite applicando oneri calcolati sulla base del valore dei beni nello stato di fatto antecedente alla compravendita.

 

 

L’articolo 8 detta disposizioni dirette a tutelare la buona fede dell’acquirente di beni gravati da usi civici, che siano risultati solo successivamente al perfezionamento dell’atto di compravendita. Esso opera, quindi, solo in assenza di dolo o colpa dell’acquirente.

 

Gli usi civici sono diritti reali sui generis, imprescrittibili, inalienabili e perpetui, spettanti a determinate collettività comunali sui beni del Comune con scopi precisi (ad esempio, diritto di legnatico, raccogliere legna; di fungatico, raccogliere funghi; di erbatico, raccogliere erba). La materia è disciplinata dalla legge n. 1766 del 1927 (di conversione del r.d.l. n. 751 del 1924), che, unificando in un testo nazionale le diverse normative preunitarie, ha trattato congiuntamente usi civici e proprietà collettive.

Disposizioni analoghe a quella in commento erano contenute negli AC 2007 (Quartiani) e 2115 (Barbieri).

 

Occorre comprendere se la disposizione, allorché fa riferimento ad usi “risultanti successivamente al perfezionamento dell’atto”, intenda far riferimento alla conoscenza dei medesimi usi da parte dell’acquirente dopo tale data, o all’oggettiva conoscibilità dei medesimi.

 

A tale fine, la disposizione prevede la definizione delle relative controversie applicando oneri calcolati sulla base del valore dei beni nello stato di fatto antecedente alla compravendita.

La disposizione, la cui formulazione andrebbe esplicitata, sembrerebbe prevedere un onere a carico del soggetto alienante calcolato sulla base del valore dei beni nello stato di fatto antecedente alla compravendita.

 


 

Articolo 9
(Rifugi di montagna)

 


1. Ai fini del presente articolo, sono considerati rifugi di montagna le strutture ricettive custodite da soggetti qualificati, ubicate in zone disagiate o isolate di montagne e idonee a ricovero e ristoro nonché soccorso a sportivi e a escursionisti.

2. Le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano stabiliscono i requisiti dei rifugi di montagna nonché le caratteristiche e la qualità degli scarichi e degli impianti di smaltimento delle strutture anche in deroga al regio-decreto 27 luglio 1934, n. 1265, e successive modificazioni, alla legge 30 aprile 1962, n. 283, e successive modificazioni, della legge 10 maggio 1976, n. 319, e successive modificazioni, e al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. Il decreto del Presidente della Repubblica 4 agosto 1957, n. 918, è abrogato.

3. Gli immobili del demanio statale, di proprietà del Ministero dell’economia e delle finanze o del Ministero della difesa, in uso come rifugi di montagna non possono costituire oggetto delle operazioni di dismissione e di cartolarizzazione di cui al decreto-legge 25 settembre 2001, n. 410. Tali rifugi possono essere concessi in locazione a persone fisiche o giuridiche o ad enti non aventi scopo di lucro ai sensi della normativa vigente.


 

 

Per l’articolo in esame i rifugi di montagna sono strutture ricettive custodite, presso zone disagiate o isolate di montagne, idonee a ricovero, ristoro e soccorso a sportivi ed escursionisti (comma 1).

 

Ai sensi del comma 2 i requisiti dei rifugi di montagna sono stabiliti dalle regioni e dalle province autonome, inclusi quelli degli scarichi e degli impianti di smaltimento delle strutture. Tale competenza prevede la possibilità di derogare alle seguenti disposizioni normative:

§      R.D. 27 luglio 1934, n. 1265[12], concernente il testo unico delle leggi sanitarie;

§      legge 30 aprile 1962, n. 283[13], recante la disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande;

§      legge 10 maggio 1976, n. 319, e successive modificazioni, recante norme per la tutela delle acque dall'inquinamento;

Si fa notare che la legge 319/1976 è stata abrogata dall'art. 63 del D.Lgs. 11 maggio 1999, n. 152 e dall'art. 175 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152. Le disposizioni della citata legge n. 319 sono ora sostituite dalla parte III del D.Lgs. 152/2006. Appare quindi opportuna una riformulazione del comma in esame volta ad espungere il rinvio alla legge citata.

§      al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (c.d. Codice dell’ambiente).

Si segnala in proposito che l’art. 3, comma 1, del D.Lgs. 152/2006 stabilisce che le norme ivi contenute non possono essere derogate, modificate o abrogate se non per dichiarazione espressa, mediante modifica o abrogazione delle singole disposizioni in esso contenute. Occorrerebbe pertanto citare espressamente le disposizioni cui si intende derogare, eventualmente valutando la possibilità che tali deroghe siano in contrasto con la normativa comunitaria.

Di conseguenza viene disposta l’abrogazione del D.P.R. 4 agosto 1957, n. 918, recante norme di disciplina dei rifugi alpini.

 

Relativamente al comma 2 si fa notare che le singole regioni già disciplinano autonomamente, con proprie leggi, la materia dei rifugi alpini a seguito del trasferimento di competenze operato con il D.Lgs. n. 112/1998 (artt. 43-46).

E’ il caso ad esempio dell’Emilia Romagna che vi ha provveduto con la legge regionale 16/2004 “Disciplina delle strutture ricettive dirette all'ospitalità” e della Liguria (legge regionale 2/2008 recante “Testo unico in materia di strutture turistico-ricettive e balneari”).

 

Il comma 3 stabilisce che gli immobili del demanio statale, di proprietà del Ministero dell’economia e delle finanze o del Ministero della difesa, in uso come rifugi di montagna non possono costituire oggetto delle operazioni di dismissione e di cartolarizzazione di cui al decreto-legge n. 351 del 2001[14].

Tali rifugi possono essere concessi in locazione a persone fisiche o giuridiche o ad enti non aventi scopo di lucro ai sensi della normativa vigente.

Si ricorda che nella seduta del 17 dicembre 2009 il Consiglio dei ministri ha approvato lo schema del decreto legislativo recante "Attribuzione a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni di un proprio patrimonio, in attuazione dell'art. 19 della legge 5 maggio 2009, n. 42".

Lo schema prevede che con uno o più D.P.C.M. sono individuati i beni statali che, su richiesta dell’ente territoriale interessato, possono essere attribuiti a titolo non oneroso a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni.

Lo Stato, previa intesa conclusa in sede di Conferenza Unificata, individua i beni da attribuire a titolo non oneroso a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, secondo i criteri di territorialità, sussidiarietà, adeguatezza, semplificazione, capacità finanziaria, correlazione con competenze e funzioni, nonché valorizzazione ambientale.

 

Sotto il profilo della formulazione del testo, si segnala che l’articolo in esame, al comma 3, reca erroneamente la dicitura decreto-legge 25 settembre 2001, n. 410 invece di legge 23 novembre 2001, n. 410 di conversione del D.L. 25 settembre 2001, n. 351.


 

Articolo 10
(Guide alpine e maestri di sci)

 

1. Il Collegio nazionale delle guide alpine italiane e il Collegio nazionale dei maestri di sci, nell'ambito della propria attività istituzionale e tenuto conto della tradizione storica e culturale in campo turistico montano, possono prevedere progetti per la sicurezza e la prevenzione in montagna, attività propedeutiche di avvicinamento dei giovani alla professione di guida alpina e maestro di sci, iniziative a supporto della propria attività istituzionale, incentivi per una frequentazione consapevole della montagna e per la realizzazione di attività compatibili con l’ambiente montano, nonché iniziative rivolte alla valorizzazione delle risorse montane.

 

 

L’articolo 10 attribuisce ai Collegi nazionali delle guide alpine e dei maestri di sci la facoltà di realizzare una serie di progetti finalizzati ad avvicinare i giovani alle due professioni ed a promuovere la sicurezza, la tutela ambientale e la valorizzazione delle zone montane.

 

I Collegi nazionali delle guide alpine e i dei maestri di sci sono stati istituiti, rispettivamente, dall’art. 15 della legge 6/1989[15] (recante ordinamento della professione di guida alpina) e dall’art. 15 della L. n. 81 /1991[16] (legge quadro per la professione di maestro di sci). I due collegi svolgono funzioni analoghe, attinenti la deontologia e l’autodisciplina della professione[17], il coordinamento dei corrispondenti organismi regionali, la collaborazione con le autorità statali e regionali nelle questioni riguardanti l'ordinamento professionale[18].

Tra le funzioni dei Collegi, rientrano attribuzioni relative ai corsi tecnico didattici ed agli esami necessari per l’accesso agli albi e l’esercizio di attività.

Ai sensi dell’art. 2 della citata legge n. 6/1989, è guida alpina chi svolge professionalmente, anche in modo non esclusivo e continuativo, le attività di: accompagnamento di persone in ascensioni su roccia, ghiaccio e sci-alpinistiche o in escursioni in montagna e sciistiche; insegnamento delle tecniche alpinistiche e sci-alpinistiche.

L’esercizio della professione – che si articola in due gradi: aspirante guida (la cui attività è limitata alle ascensioni di minore complessità) e guida alpina-maestro di alpinismo – è subordinato all’iscrizione in albi professionali - articolati per regione – quest’ultima consente lo svolgimento dell’attività su tutto il territorio nazionale .

Per l’inserimento negli albi sono richiesti requisiti inerenti la cittadinanza, l’età[19], la residenza, il titolo di studio di istruzione secondaria, l’assenza di condanne penali, l’idoneità psico-fisica; è inoltre prescritto il possesso di un’abilitazione tecnica che si consegue previa frequenza di appositi corsi teorico-pratici ed superamento dei relativi esami. Tali corsi sono organizzati dalle regioni, con la collaborazione dei collegi regionali o, su mandato di questi, dal collegio nazionale (art. 23 della L. 81/1991[20]).

E’ maestro di sci (art. 2 della legge quadro 81/1991) chi insegna professionalmente, anche in modo non esclusivo e non continuativo, le tecniche sciistiche (esercitate con qualsiasi tipo di attrezzo, su piste di sci, itinerari sciistici, percorsi di sci fuori pista) nonché la pratica escursionistica con gli sci che non comporti l'uso di tecniche e materiali alpinistici.

L'esercizio della professione è subordinato alla iscrizione ad albi professionali regionali per accedere ai quali occorrono, oltre ai requisiti generali già menzionati a proposito delle guide alpine[21],- la frequenza di appositi corsi tecnico-didattici –culturalied il superamento dei relativi esami. I corsi sono organizzati da ogni regione, sulla base della propria normativa (art. 6 L. 81/1991), con la collaborazione dei collegi regionali e degli organi tecnici della FISI (Federazione italiana sport invernali). L'iscrizione negli albi, peraltro, va rinnovata con cadenza triennale (art. 4) previo accertamento della idoneità psico-fisica e frequenza di corsi di aggiornamento.

 

Con riguardo alla sicurezza nella pratica sciistica, si ricorda che la disciplina generale in proposito è recata dalla Legge n. 363/2003[22] (Norme in materia di sicurezza nella pratica degli sport invernali da discesa e da fondo); a questa si affiancano numerose norme regionali in virtù della potestà legislativa concorrente attribuita alle regioni in materia di ordinamento sportivo dall’art.117, comma. 3, della Costituzione.

 


 

Articolo 11
(Appalti pubblici per agricoltori di montagna)

 


1. Gli imprenditori agricoli, singoli o associati, i quali conducono aziende agricole ubicate nei comuni montani, in deroga alle disposizioni di legge vigenti, possono assumere in appalto da enti pubblici o da privati, impiegando il lavoro proprio e dei familiari di cui all'articolo 230-bis del codice civile, nonché utilizzando esclusivamente macchine e attrezzature di loro proprietà, lavori relativi alla sistemazione e alla manutenzione del territorio montano, quali lavori di forestazione, di costruzione di piste forestali, di arginatura, di sistemazione idraulica, di difesa dalle avversità atmosferiche e dagli incendi boschivi, nonché lavori agricoli e forestali, quali l'aratura, la semina, la potatura, la falciatura, la mietitrebbiatura, i trattamenti antiparassitari, la raccolta di prodotti agricoli e il taglio del bosco, per importi non superiori a 75.000 euro per ogni anno. Tale importo è rivalutato annualmente con decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali sulla base del tasso di variazione dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati rilevato dall'ISTAT.


 

 

L’articolo 11 prevede che gli imprenditori agricoli, singoli o associati, che conducono aziende agricole ubicate nei comuni montani, possano assumere in appalto da enti pubblici o da privati, e per importi non superiori a 75.000 euro per ogni anno, taluni lavori relativi alla manutenzione del territorio montano, nonché lavori agricoli e forestali.

 

In merito si rammenta che l’articolo 17 della legge n. 97/1994 sulla montagna[23], che prevede taluni incentivi alle pluriattività, reca disposizioni dello stesso tenore a favore i coltivatori diretti singoli od associati, conduttori di aziende agricole ubicate nei comuni montani. Il primo comma dispone che tali soggetti possano assumere in appalto sia da enti pubblici che da privati lavori:

§         di sistemazione e manutenzione del territorio montano, quali:

-    lavori di forestazione;

-    costruzione di piste forestali;

-    lavori di arginatura e sistemazione idraulica;

-    lavori di difesa dalle avversità atmosferiche e dagli incendi boschivi;

§         agricoli e forestali, quali:

-    l'aratura;

-    la semina;

-    la potatura;

-    la falciatura;

-    la mietitrebbiatura;

-    i trattamenti antiparassitari;

-    la raccolta di prodotti agricoli e il taglio del bosco.

Tale previsione, che deroga alla disciplina generale in vigore, è subordinata alle seguenti due condizioni:

-        che venga impiegato esclusivamente il lavoro proprio del conduttore e dei familiari di cui all'articolo 230-bis del codice civile, che disciplina l’impresa familiare disponendo, tra l’altro, che si intendono per familiari “il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo” e per impresa familiare “quella cui collaborano il coniuge, i parenti entro il terzo grado, gli affini entro il secondo”;

-        che siano utilizzate esclusivamente macchine ed attrezzature di proprietà del conduttore.

Le norme, modificate con la legge n. 388/2000 Finanziaria 2001, hanno stabilito quale limite per l’assunzione dell’appalto l’importo di 50 milioni di lire per ogni anno (in luogo dei precedenti 30 milioni di lire annuali).

L'ultimo periodo del comma in questione prevede infine la rivalutazione annuale, mediante decreto ministeriale, dell’importo limite suddetto, sulla base dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (il c.d. FOI), rilevato dall'ISTAT.

 

Il comma unico dell’articolo 11 in commento reca disposizioni identiche al primo comma dell’articolo 17 della legge n. 97 del 1994, che peraltro non viene abrogato, introducendo le seguenti due modifiche:

§         dal lato soggettivo i nuovi beneficiari sono non più i coltivatori diretti, ma gli imprenditori agricoli, singoli o associati;

§         per quanto attiene al beneficio, l’importo limite per l’assunzione dell’appalto viene elevato dagli attuali 50 milioni di lire (rivalutate annualmente) a 75 mila euro  (rivalutabili con il medesimo parametro).

 

Con l’articolo 1 del D.Lgs. 29 marzo 2004, n. 99[24], modificato dal  decreto legislativo n. 101/05[25], è stata introdotta in via generale nell’ordinamento nazionale, in luogo di quella di imprenditore agricolo a titolo principale (IATP), la nuova figura dell’imprenditore agricolo professionale (IAP), adeguandola alle nuove norme approvate con il regolamento CE n. 1257/1999. La norma prevede che la qualifica di IAP venga riconosciuta a chi, in possesso di specifiche conoscenze e competenze professionali, dedichi alle attività agricole almeno il 50% del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricavi da tali attività almeno il 50% del proprio reddito globale. Per i soggetti che operino nelle zone svantaggiate i requisiti suddetti sono ridotti al 25%[26]. La qualifica di IAP può essere riconosciuta, a determinate condizioni, differenziate a seconda delle forme societarie, anche alle società che abbiano come unico oggetto sociale l’esercizio di attività agricole.

Per la definizione di coltivatore diretto va invece richiamata la legge n. 203 del 1982 che prevede che siano coltivatori diretti coloro che coltivano il fondo con il lavoro proprio e della propria famiglia, sempreché tale forza lavorativa costituisca almeno un terzo di quella occorrente per le normali necessità di coltivazione del fondo, tenuto conto, agli effetti del computo delle giornate necessarie per la coltivazione del fondo stesso, anche dell'impiego delle macchine agricole.

 

In merito alla redazione dell’articolo 11 si rileva che sarebbe più opportuno introdurre le nuove norme nella forma di novella dell’articolo 17 primo comma  della legge n. 97/1994 sulla montagna.

 

Con la menzionata legge 388/2000 sono stati peraltro introdotti quattro ulteriori commi all’art. 17 della legge n. 97/1994, che restano invariati.

Il comma 1-bis ha introdotto una agevolazione fiscale per i lavori di cui al comma 1 stabilendo che gli stessi non si considerino prestazioni di servizio ai fini fiscali, e che pertanto non siano soggetti ad imposta, nella ipotesi in cui:

-    vengano resi tra soci di una stessa associazione;

-    che detta associazione non abbia fini di lucro;

-    che l’associazione abbia lo scopo di migliorare la situazione economica delle aziende agricole associate e lo scambio interaziendale di servizi.

Il comma 1-ter ha disciplinato il trasporto del latte fresco stabilendo che i soggetti di cui al comma 1 possano trasportare il latte fresco fino alla propria cooperativa, per sé e per altri soci della stessa cooperativa, impiegando mezzi di trasporto di loro proprietà, anche agricoli, iscritti nell'ufficio meccanizzazione agricola.

In tema di trasporto del latte, il D.P.R. la n. 54 del 14/01/1997, che ha disciplinato la produzione e immissione sul mercato di latte e di prodotti a base di latte, in attuazione di disposizioni comunitarie, stabilisce, all'art. 14, che sono consentiti il trasporto, lo stoccaggio, il trattamento e la trasformazione del latte e dei suoi derivati e dei prodotti a base di latte mediante cisterne, locali, impianti ed utensili utilizzati anche per alte sostanze alimentari destinate al consumo umano. Sulle cisterne adibite al trasporto deve essere riportata in caratteri chiari e facilmente leggibili un'indicazione da cui risulti che esse possono essere utilizzate esclusivamente per il trasporto di sostanze alimentari. Inoltre, qualora uno stabilimento fabbrichi prodotti alimentari contenenti latte o prodotti a base di latte assieme ad altri ingredienti che non sono stati sottoposti a trattamento termico o ad altro tipo di trattamento di effetto equivalente, il latte e gli altri prodotti a base di latte devono essere immagazzinati separatamente.

La materia è stata oggetto di chiarimenti mediante Circolare n. 16 del 01/12/1997 emanata dal Ministro della Sanità e pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 292 del 16/12/1997.

Il comma 1-quater ha precisato che i soggetti di cui al comma 1, relativamente alle sole attività previste dai commi 1-bis e 1-ter, trovano una copertura assicurativa infortunistica nei contributi versati dai coltivatori diretti all’apposita gestione agricola dell’Inps. La norma in commento pertanto ha esonerato detti soggetti dal versamento di somme aggiuntive per garantirsi la copertura assicurativa obbligatoria, prevista dalle disposizioni antinfortunistiche.

Il comma 1-quinquies ha disposto che i coltivatori diretti, singoli o associati, che conducono aziende agricole ubicate nei territori montani, possano svolgere attività di trasporto locale di persone, assumendone l’appalto da enti pubblici. Condizione richiesta è che siano utilizzati esclusivamente automezzi di proprietà.

Profili finanziari

In merito ai profili di quantificazione, andrebbero precisati i profili applicativi della norma, esplicitando in primo luogo la portata della deroga alla vigente normativa ivi prevista.

Inoltre, andrebbero acquisiti chiarimenti circa gli effetti di gettito che potrebbero derivare dalle disposizioni in esame, in particolare, nel caso in cui l’esito delle stesse sia quello di equiparare, ai fini fiscali, il reddito derivante dall’assunzione in appalto delle attività indicate al reddito derivante da attività agricole.

 


 

Articolo 12
(Disposizioni particolari per le regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e di Bolzano)

 

1. Sono fatte salve le competenze delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano, che provvedono alle finalità della presente legge ai sensi di quanto previsto dai rispettivi statuti e dalle relative norme di attuazione, fermo restando quanto disposto dall'articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.

 

 

L’articolo 12 introduce nella legge – con riferimento a tutte le sue disposizioni - la clausola di “compatibilità” con l’ordinamento delle regioni a statuto speciale e delle province autonome.

Le disposizioni della legge non modificano il quadro delle competenze definite dagli statuti (che sono adottati con legge costituzionale) e dalle relative norme di attuazione; esse si applicano pertanto in quegli ordinamenti solo in quanto non contrastino con le speciali attribuzioni di quegli enti.

L’esplicitazione di questo principio è stata introdotta in passato principalmente nelle leggi finanziarie per evitare che regioni e province autonome, nel dubbio sull’effettiva estensione di disposizioni che incidono sulle materie di loro competenza, ritenessero necessario chiedere una pronuncia alla Corte costituzionale. Proprio la Corte costituzionale tuttavia ha ribadito in una serie di pronunce concernenti le leggi finanziarie, che «simili clausole, formulate in termini generici, non hanno l'effetto di escludere una lesione della potestà legislativa regionale»[27].

La norma in esame richiama inoltre la cosiddetta clausola di maggior favore contenuta nell’articolo 10 della legge costituzionale 3/2001.

La legge costituzionale 3/2001 che ha riformato il sistema delle autonomie lasciando inalterato la distinzione tra autonomie ordinarie e speciali, ha disposto, all’articolo 10, la possibile applicazione delle disposizioni della legge costituzionale alle regioni a statuto speciale «per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite», fino all’adeguamento dei rispettivi statuti. In sostanza, la Corte costituzionale valuta in relazione a ciascuna questione di legittimità - se prendere a parametro l’articolo 117 Cost. anziché le norme statutarie, nel caso in cui la potestà legislativa da esso conferita nella materia oggetto della questione, assicura una autonomia più ampia di quella prevista dagli statuti speciali[28].

 

Si ricorda infine che le regioni a statuto speciale e le province autonome, secondo quanto stabilito dai rispettivi statuti di autonomia e dalle norme di attuazione, hanno competenza legislativa primaria in materia di enti locali, in relazione all’ordinamento, alle circoscrizioni territoriali ed alla finanza[29].

Le regioni Friuli-Venezia Giulia e Valle d’Aosta e le Province autonome di Trento e di Bolzano provvedono al finanziamento degli enti locali dei rispettivi territori con oneri interamente a carico del proprio bilancio.


 



[1]    Corte costituzionale, sentenza n. 229 del 2001.

[2]    Corte costituzionale, sentenza n. 244 del 2005.

[3]    Prima del riordino le comunità montane istituite nelle regioni a statuto ordinario erano 300; ne facevano parte 3.264 comuni (di cui 2.732 montani e 532 parzialmente montani) con una popolazione complessiva di 8.054.370 abitanti; a queste si aggiungono le 34 comunità presenti nelle regioni ad autonomia speciale. Dopo il riordino le Comunità montane previsto dalla legislazione regionale sono circa 180 (Fonte: Uncem Delegazioni regionali Comunità montane, in http://www.uncem.it).

[4]    Il termine originariamente previsto per l’adozione delle leggi regionali era fissato in sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge finanziaria per il 2008 (entro il 30 giugno 2008). Tale termine è stato prorogato al 30 settembre 2008 dall’articolo 4-bis, comma 5, del decreto-legge 3 giugno 2008, n. 97 (conv. dalla legge 2 agosto 2008, n. 129).

[5]     Si tratta del fondo di cui all’art. 34, co. 1, lett. a) del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, Riordino della finanza degli enti territoriali, a norma dell’articolo 4 della L. 23 ottobre 1992, n. 421.

[6]    Come rileva il D.P.C.M. 19 novembre 2008, Riordino della disciplina delle Comunità montane, ai sensi dell'articolo 2, comma 21, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, Lazio, Veneto e Puglia non hanno provveduto ad adottare proprie leggi di riordino della disciplina delle comunità montane, nel termine ivi previsto. Dopo la citata sentenza della Consulta non è stata avviata la soppressione automatica delle comunità montane.

[7]    Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 113. Il comma 6-bis dell’articolo 76 cit. riduce di 30 milioni di euro per ciascuno degli anni 2009, 2010 e 2011 i trasferimenti erariali a favore delle comunità montane intervenendo prioritariamente sulle comunità che si trovano ad una altitudine media inferiore a 750 metri sopra il livello del mare.

[8]    Ai sensi delle citate disposizioni, il contributo erariale spettante alle comunità montate, iscritto sul Fondo ordinario per il finanziamento dei bilanci degli enti locali (cap. 1316/Ministero dell’interno), ammonta per il 2010 a 50 milioni di euro.

[9]    Disposizioni tributarie relative alle associazioni sportive dilettantistiche.

[10]   Regolamento per la semplificazione dei corrispettivi per le società e le associazioni sportive dilettantistiche.

[11]    La legge 26 gennaio 1963, n. 91, come modificata dalla legge 24 dicembre 1985, n. 776, stabilisce che il C.A.I. provvede, sia a favore dei propri soci che di altre persone, all’organizzazione di idonee iniziative tecniche per la vigilanza e la prevenzione degli infortuni nell’esercizio delle attività alpinistiche, escursionistiche e speleologiche, per il soccorso degli infortunati o dei pericolanti e per il recupero dei caduti (articolo 2, lett. g).

      Con la legge 21 marzo 2001, n. 74 si è provveduto a disciplinare specificamente la materia. Innanzitutto viene riconosciuto "il valore di solidarietà sociale e la funzione di servizio di pubblica utilità del C.N.S.A.S. del C.A.I." Sono quindi specificate le competenze in merito al soccorso degli infortunati, dei pericolanti e al recupero dei caduti nel territorio montano, nell'ambiente ipogeo e nelle zone impervie del territorio nazionale. Il Corpo contribuisce, altresì, alla prevenzione ed alla vigilanza degli infortuni nell'esercizio delle attività alpinistiche, sci-alpinistiche, escursionistiche e degli sport di montagna, delle attività speleologiche e di ogni altra attività connessa alla frequentazione a scopo turistico, sportivo, ricreativo e culturale in ambiente montano ed ipogeo.

      La legge istitutiva del Servizio nazionale della protezione civile, legge 24 febbraio 1992, n° 225, ha ricompreso anche il C.N.S.A.S. fra le strutture operative nazionali.

      Il C.N.S.A.S. è, inoltre, inserito nell’ambito del sistema di emergenza sanitaria “118”, con il quale opera in stretto coordinamento, attraverso apposite convenzioni con le regioni e le province autonome. Il Corpo è quindi il soggetto di riferimento esclusivo per quanto attiene al soccorso sanitario in ambiente montano, impervio e ostile.

      Il Corpo é, inoltre, membro del Comitato nazionale del volontariato (DPCM 26 luglio 1993).

      Con la legge 18 febbraio 1992, n. 162 sono state previste delle agevolazioni in favore dei volontari del Corpo nazionale del soccorso alpino e speleologico (C.N.S.A.S) del Club alpino italiano. In particolare, l’articolo 1 della legge n. 162 del 1992 stabilisce che i volontari del C.N.S.A.S. hanno diritto di astenersi dal lavoro nei giorni in cui svolgono le operazioni di soccorso alpino e speleologico o le relative esercitazioni, nonché nel giorno successivo ad operazioni di soccorso che si siano protratte per più di otto ore, ovvero oltre le ore 24. Qualora i volontari siano lavoratori dipendenti, il datore di lavoro corrisponde direttamente l’intero trattamento economico e previdenziale, chiedendone il rimborso all’istituto di previdenza cui il lavoratore è iscritto. Per i lavoratori autonomi è stato istituito presso il Ministero del lavoro un fondo di accantonamento per la corresponsione di una indennità per il mancato reddito relativo ai giorni in cui hanno svolto le attività di soccorso. Con decreto del Ministro del lavoro del 24 marzo 1994, n. 379 è stato emanato il relativo regolamento di attuazione.

      Inoltre l’articolo 80, comma 39, della legge finanziaria 2003 (legge 27 dicembre 2002, n. 289)stabilisce che, di noma, il soccorso in montagna, in grotta, in ambienti ostili e impervi è attribuito al C.N.S.A.S. e al Bergrettungsdienst (BRD) dell'Alpenvereins Sudtirol (AVS) ai quali, peraltro spetta il coordinamento dei soccorsi in caso di presenza alle operazioni di altri enti o organizzazioni, salvo i casi di grandi emergenze o calamità.

      Si ricorda che nell’attività di soccorso alpino opera anche il Soccorso alpino della Guardia di finanza, con la quale il CNSAS ha sottoscritto nel 1996 una dichiarazione di principio per il coordinamento tra le rispettive strutture operative. Si è trattato, in realtà, di un mero atto formale, in quanto il personale dei due enti ha sempre operato in un regime di fattiva e concreta collaborazione.

      Nella Provincia di Bolzano l’attività di soccorso alpino è svolta anche dal Bergrettungsdienst (BRD) dell'Alpenvereins Sudtirol (AVS).  

[12]   In particolare vedi l’articolo 218 sullo smaltimento delle acque reflue.

[13]   Cfr. il D.P.R. 26 marzo 1980 n. 327, Regolamento di esecuzione della L. 30 aprile 1962, n. 283, e successive modificazioni, in materia di disciplina igienica della produzione e della vendita delle sostanze alimentari e delle bevande.

[14]   Cfr. il D.L. 25 settembre 2001, n. 351, convertito con modificazioni dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, recante disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare.

[15]   L. 2 gennaio 1989, n. 6, recante Ordinamento della professione di Guida alpina. La legge stabilisce i principi fondamentali per la legislazione regionale in materia di ordinamento della professione di guida alpina.

[16]   L. 8 marzo 1991, n. 81, Legge-quadro per la professione di maestro di sci e ulteriori disposizioni in materia di ordinamento della professione di guida alpina.

[17]   Elaborazione delle norme della deontologia professionale,decisioni sui ricorsi contro i provvedimenti disciplinari adottati dai collegi regionali.

[18]   Art.13 , L.6/1989; art.16, L. 81/1991.

[19]   Età minima di 21 anni per guida alpina o maestro d’alpinismo e di 18 per gli aspiranti guida.

[20]   Così dispone l’art. 23 della legge 81/1991 (Legge-quadro per la professione di maestro di sci e ulteriori disposizioni in materia di ordinamento della professione di guida alpina).

[21]   Art. 3 della L. 81/1991; non è richiesta, a differenza di quanto previsto per le guide, l’attestazione di residenza o domicilio nelle regione al cui albo si chiede l’iscrizione.

[22]   Legge 24 dicembre 2003, n. 363..

[23]   L. 31 gennaio 1994, n. 97 “Nuove disposizioni per le zone montane.”

[24]   Disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura, a norma dell'articolo 1, comma 2, lettere d), f), g), l), ee), della L. 7 marzo 2003, n. 38.

[25]   Ulteriori disposizioni per la modernizzazione dei settori dell'agricoltura e delle foreste, a norma dell'articolo 1, comma 2, della L. 7 marzo 2003, n. 38.

[26]   Tali aree sono da intendersi (v. art. 17, reg. 1257/99) non solo come zone di montagna, ma anche come zone nelle quali si riveli necessario mantenere una attività agricola con funzione di presidio e tutela del territorio, e nel contempo soffrano di fenomeni di spopolamento, o nelle quali ricorrano altri svantaggi specifici.

[27]   Si vedano le numerose sentenze a riguardo, da ultimo, n. 326 del 2008, nn. 165, 162 e 105 del 2007 e nn. 234, 118 e 88 del 2006). “L'eccessiva vaghezza della loro formulazione, aggravata dalla complessa struttura delle leggi finanziarie, frutto della prassi invalsa negli ultimi anni, non può valere ad escludere le autonomie speciali dall'applicazione delle norme contenute nelle suddette leggi” (sentenza n. 105/2007)

[28]   A titolo esemplificativo si vedano le sentenze n. 326/2008 in materia di organizzazione degli uffici regionali e degli enti locali, e n. 110/2007 in materia di tutela della salute.

[29]   I riferimenti normativi sono i seguenti: Friuli-Venezia Giulia: L.cost. 1/1963 (Statuto) art. 4; DPR 114/1965 art. 8; D.Lgs. 9/1997; Valle d’Aosta: L.cost. 4/1948 (Statuto) artt. 2-3, D.Lgs. 431/1989 D.Lgs. 282/1992, Trentino-Alto Adige: DPR 670/1972 (Statuto) artt. 4, 8, 80; DPR 473/1975, D.Lgs. 268/1992. Sardegna: L.cost. 3/1948 art. 3. Sicilia: R.D.Lgs. art. 15.