Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari sociali
Titolo: Disposizioni per consentire l'impianto e la donazione degli embrioni abbandonati o soprannumerari - AA.C. 2058 e 4308 - Schede di lettura e normativa di riferimento - seconda edizione
Riferimenti:
AC N. 2058/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 505
Data: 17/10/2011
Descrittori:
FECONDAZIONE ARTIFICIALE     
Organi della Camera: XII-Affari sociali
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Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Disposizioni per consentire l'impianto degli embrioni abbandonati giacenti presso i centri italiani di procreazione medicalmente assistita

A.C. 2058

Schede di lettura e normativa di riferimento

 

 

 

 

 

 

n. 505

 

 

 

27 giugno 2011

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Affari sociali

( 066760-3266 – * st_affarisociali@camera.it

 

 

 

 

 

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File: AS0301.doc

 


INDICE

Schede di lettura

§      Art. 1  (Cooperazione con Stati stranieri in materia di asilo e di immigrazione)3

Normativa di riferimento

§      L. 4 maggio 1983, n. 184. Diritto del minore ad una famiglia.11

§      L. 19 febbraio 2004, n. 40. Norme in materia di procreazione medicalmente assistita.53

§      D.M. 4 agosto 2004. Norme in materia di procreazione medicalmente assistita.66

 

 


Schede di lettura

 


Art. 1
(Cooperazione con Stati stranieri in materia di asilo e di immigrazione)

La proposta di legge A.C 2058 (Palagiano e altri), composta di quattro articoli, reca disposizioni per consentire l’impianto degli embrioni abbandonati giacenti presso i centri italiani di procreazione medicalmente assistita (Pma).

 

L’articolo 1 reca la definizione di embrioni in stato di abbandono.

In particolare, sono considerati in stato di abbandono, gli embrioni prodotti - ricorrendo a tecniche di procreazione medicalmente assistita -, prima della legge 19 febbraio 2004, n. 40[1], che i genitori biologici, o le singole donne, per iscritto, hanno rinunciato a utilizzare, e gli embrioni di coppie o singole donne, non più rintracciabili, da almeno due anni, dalle strutture di crio-conservazione.  

L’articolo in esame dispone altresì, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge, il trasferimento degli embrioni abbandonati presso la biobanca nazionale prevista dall’articolo 2, comma 2, del D.M. 4 agosto 2004[2].

 

Il citato comma 2 dell’articolo 2 del D.M. 4 agosto 2004 stabilisce che gli embrioni definiti in stato di abbandono sono, trasferiti dai centri di procreazione medicalmente assistita unicamente alla Biobanca Nazionale situata presso il Centro trasfusionale e di immunologia dei trapianti dell'Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico «Ospedale Maggiore» di Milano, ove sarà attivato in maniera centralizzata un centro di crioconservazione degli embrioni stessi.

 

 

L’articolo 2 disciplina l’adozione degli embrioni in stato di abbandono.

1) l’adozione è consentita a coppie maggiorenni di sesso diverso, sposate o conviventi da almeno due anni. Si applicano, per quanto non diversamente disciplinato e in quanto compatibili, le disposizioni della legge 4 maggio 1983, n. 184[3];

2) le domande di adozione sono presentate al tribunale per i minorenni. La coppia può presentare una sola domanda di adozione, presso un solo tribunale per i minorenni;

3)    la domanda di adozione può essere presentata se:

      a) almeno uno dei componenti della coppia è cittadino italiano;

b) la donna è di età non superiore a quaranta anni e l'uomo di età non superiore a quarantacinque anni;

c) la donna deve avere una certificazione medica, attestante il          normale sviluppo dell'embrione;

d) la coppia deve essere senza figli propri;è consentito, tuttavia, presentare domanda di adozione se uno solo dei componenti ha figli propri;

e) si ha un reddito sufficiente per un adeguato sviluppo del minore.

 

La normativa di riferimento in tema di adozioni, tanto nazionali quanto internazionali, è contenuta essenzialmente nella legge 4 maggio 1983, n. 184, Diritto del minore ad una famiglia. Il testo della legge è stato in più occasioni novellato, e da ultimo sostanzialmente riscritto, con l’approvazione di due leggi: la legge 31 dicembre 1998, n. 476 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, fatta a L'Aja il 29 maggio 1993. Modifiche alla L. 4 maggio 1983, n. 184, in tema di adozione di minori stranieri); la legge 28 marzo 2001, n. 149, (Modifiche alla legge 4 maggio 1983, n. 184, recante «Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori», nonché al titolo VIII del libro primo del codice civile).

Quest’ultimo intervento legislativo ha innovato gran parte della disciplina delle adozioni risalente al 1983: in particolare, sono state introdotte nuove disposizioni in materia di affidamento, di adozione (dalla dichiarazione di adottabilità all’affidamento preadottivo e alla dichiarazione di adozione) e di adozione in casi particolari. La stessa legge ha altresì riformulato alcuni articoli del codice civile relativi all’adozione di persone maggiori di età (istituto disciplinato dagli articoli 291-314 del codice civile).

I requisiti che la coppia deve possedere per accedere alla c.d. adozione legittimante sono indicati dall’art. 6 della legge n. 184/1983 che, a seguito della novella del 2001, consente l’adozione non soltanto ai coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni, tra i quali non sussista separazione personale, neppure di fatto, e che siano idonei ad educare, istruire e mantenere i minori, ma anche ai coniugi che, in difetto del citato requisito temporale, abbiano convissuto in modo stabile e continuativo prima del matrimonio per almeno tre anni.

Inoltre, in base all’articolo 6, la differenza di età tra gli adottanti e gli adottati non deve essere inferiore a 18 anni né superiore a 45.  In linea con alcune pronunce della Corte costituzionale e della Corte di Cassazione che avevano attenuato la rigidità di tali limiti , la riforma del 2001 ha introdotto specifiche deroghe al rispetto della differenza di età. In particolare, l’adozione non è ora preclusa:

·         quando la differenza massima di età è superata da uno solo degli adottanti in misura non superiore a 10 anni (55 anni);

·         quando gli adottanti siano genitori di figli naturali o adottivi, dei quali almeno uno minore d’età;

·         quando l’adozione riguardi un fratello o una sorella del minore già adottato.

In ogni caso, anche in assenza di tali presupposti potrebbe darsi luogo all’adozione: è, infatti, consentito al tribunale dei minorenni di non tener conto dei limiti di età quando alla mancata adozione consegua “un danno grave e non altrimenti evitabile per il minore”. Sono infine ammesse più adozioni, anche con atti successivi, da parte dei medesimi coniugi.

 

A seguito della presentazione della domanda da parte degli aspiranti genitori il tribunale – in base all’art. 22 della legge – ricorre ai servizi sociali per effettuare indagini dirette ad accertare l'attitudine ad educare il minore, la situazione personale ed economica, la salute, l'ambiente familiare degli adottanti e i motivi per i quali questi ultimi desiderano procedere all'adozione.

E’ sulla base di queste indagini che il tribunale sceglie tra le coppie che hanno presentato domanda quella maggiormente in grado di corrispondere alle esigenze del minore.

 

L’articolo in esame dispone che la certificazione medica di cui sopra è rilasciata dalle cliniche universitarie o dalle strutture autorizzate a praticare tecniche di procreazione medicalmente assistita ai sensi della citata legge n. 40 del 2004, sulla base di specifici esami volti ad accertare l'idoneità delle condizioni psicofisiche dell'interessata, tali da garantire una presumibile, normale gestazione.

 

In relazione ai limiti di età di cui all’articolo 2, comma 3, lettera b), va osservato che essi sono più stringenti di quelli posti dalla legge n. 183/1984, e non tengono conto delle deroghe al rispetto dei limiti di età che quest’ultima prevede in casi particolari (cfr. supra).

 

 

L’articolo 3 reca i criteri e le procedure per il trasferimento endouterino degli embrioni in stato di abbandono. In particolare rilevano tra l’altro i seguenti aspetti:

1) tutte le operazioni di trasferimento endouterino sono effettuate esclusivamente presso la bio-banca nazionale;

2) gli embrioni in stato di abbandono presenti presso la bio-banca sono ripartiti tra i tribunali per i minorenni, in proporzione al numero di domande di adozione nazionale presentate presso ognuno di essi negli ultimi due anni;

3) ogni coppia potrà ricevere un solo embrione per l’impianto endouterino, secondo un programma stabilito.

In linea generale il tribunale per i minorenni individua le coppie interessate sulla base dell’ordine cronologico delle domande pervenute, e prima di trasmettere l’elenco alla bio-banca acquisisce da ciascuna coppia la conferma della volontà di procedere all’adozione e l’impegno ad essere presente presso la bio-banca nelle date da essa indicate. Viene poi disciplinata la procedura da seguire presso la bio-banca.

L’articolo 4 disciplina in tema di acquisizione e irrevocabilità della genitorialità.

In particolare, dall’impianto embrionale derivano per la coppia i diritti e i doveri relativi al ruolo genitoriale nei confronti del nascituro, comprese le responsabilità relative all'andamento della gravidanza.

Il bambino nato è riconosciuto figlio legittimo della coppia interessata.

 

A tale proposito va rilevato che lo status di figlio legittimo, ai sensi delle disposizioni legislative vigenti (artt. 231 e s.s. del codice civile) può essere riconosciuto soltanto al figlio nato da genitori uniti in matrimonio.

 

La legge 19 febbraio 2004, n. 40 regola la procreazione medicalmente assistita e l’utilizzo di embrioni umani ai fini di ricerca e sperimentazione. Per quanto riguarda gli embrioni crioconservati, l’articolo 14, comma 1 vieta la crioconservazione e la soppressione di embrioni, con esclusione di casi particolari. In particolare, il comma 2 dell’articolo 14 non consentiva la creazione di un numero di embrioni superiore a quello strettamente necessario ad un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre; tuttavia, la Corte costituzionale, con la sentenza 1 aprile-8 maggio 2009, n. 151 ha dichiarato l'illegittimità della suddetta disposizione per l’unico e contemporaneo impianto e per il numero degli embrioni. Dalla sentenza, introducendosi quindi una deroga al principio generale di divieto di crioconservazione di cui al comma 1 dell'art. 14, ne è derivato l’obbligo giuridico di crioconservare gli embrioni vitali generati in provetta e non più destinabili all’impianto in utero.

Il decreto del Ministro della salute del 4 agosto 2004 individua due diverse tipologie di embrioni crioconservati: gli embrioni in attesa di un futuro impianto e gli embrioni per i quali sia stato accertato lo stato di abbandono: lo stato di abbandono è previsto, per rinuncia scritta all’impianto, ovvero, dopo almeno un anno di tentativi di ricontattare la coppia o la donna che ha disposto la crioconservazione degli embrioni, solo nel caso di reale, documentata impossibilità a rintracciare la coppia, l'embrione è definito abbandonato (art. 1). Gli embrioni in attesa di un futuro impianto sono crioconservati presso gli stessi centri dove le tecniche sono state effettuate. Gli embrioni definiti in stato di abbandono sono, invece, trasferiti dai centri di procreazione medicalmente assistita unicamente alla Biobanca Nazionale situata presso il Centro trasfusionale e di immunologia dei trapianti dell'Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico “Ospedale Maggiore” di Milano (art. 2).

L'Istituto superiore di sanità definisce il numero e la localizzazione degli embrioni abbandonati da trasferire per la crioconservazione, contatta i centri detentori degli embrioni abbandonati ai fini del trasferimento al suddetto Centro trasfusionale e di immunologia dei trapianti e della conservazione di tutti i dati clinici inerenti ciascun embrione trasferito, attiva allo scopo il Centro trasfusionale e di immunologia dei trapianti dell'IRCCS «Ospedale Maggiore» di Milano (art. 4).

 

La Commissione di studio sugli embrioni crioconservati nei centri di procreazione medicalmente assistita, nominata con Decreto del Ministro del Lavoro della Salute e delle Politiche Sociali il 25 giugno 2009, nella Relazione Finale del 8 gennaio 2010, affronta questioni di carattere giuridico, etico e scientifico sulla conservazione degli embrioni.

In particolare, la citata Relazione contiene indicazioni sulla tutela degli embrioni crioconservati, sulla dignità umana e crioconservazione, sulla giustificazione della crioconservazione, sulla durata della crioconservazione, sui costi per il mantenimento degli embrioni, e sulla responsabilità per la conservazione degli embrioni.

In tale ambito rileva l’opinione dissenziente di alcuni membri della Commissione che si sono espressi in tema di: obbligo legale di impianto, doveri di informazione sulla diagnosi reimpianto, limite alla crioconservazione, destino degli embrioni crioconservati.

Sull’approfondimento delle suddette questioni, si rimanda alla citata Relazione contenuta in allegato al presente dossier.

 

 

 


Normativa di riferimento

 


L. 4 maggio 1983, n. 184.
Diritto del minore ad una famiglia.

 

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 17 maggio 1983, n. 133, S.O.

(2)  Titolo così sostituito dall'art. 1, L. 28 marzo 2001, n. 149.

 

 

TITOLO I

Princìpi generali (3)

 

Art. 1. 

1. Il minore ha diritto di crescere ed essere educato nell'àmbito della propria famiglia.

2. Le condizioni di indigenza dei genitori o del genitore esercente la potestà genitoriale non possono essere di ostacolo all'esercizio del diritto del minore alla propria famiglia. A tal fine a favore della famiglia sono disposti interventi di sostegno e di aiuto.

3. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell'àmbito delle proprie competenze, sostengono, con idonei interventi, nel rispetto della loro autonomia e nei limiti delle risorse finanziarie disponibili, i nuclei familiari a rischio, al fine di prevenire l'abbandono e di consentire al minore di essere educato nell'àmbito della propria famiglia. Essi promuovono altresì iniziative di formazione dell'opinione pubblica sull'affidamento e l'adozione e di sostegno all'attività delle comunità di tipo familiare, organizzano corsi di preparazione ed aggiornamento professionale degli operatori sociali nonché incontri di formazione e preparazione per le famiglie e le persone che intendono avere in affidamento o in adozione minori. I medesimi enti possono stipulare convenzioni con enti o associazioni senza fini di lucro che operano nel campo della tutela dei minori e delle famiglie per la realizzazione delle attività di cui al presente comma.

4. Quando la famiglia non è in grado di provvedere alla crescita e all'educazione del minore, si applicano gli istituti di cui alla presente legge.

5. Il diritto del minore a vivere, crescere ed essere educato nell'àmbito di una famiglia è assicurato senza distinzione di sesso, di etnia, di età, di lingua, di religione e nel rispetto della identità culturale del minore e comunque non in contrasto con i princìpi fondamentali dell'ordinamento (4).

 

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(3)  Rubrica così sostituita dall'art. 1, L. 28 marzo 2001, n. 149.

(4)  Articolo così sostituito dall'art. 1, L. 28 marzo 2001, n. 149.

 

 

TITOLO I-bis

Dell'affidamento del minore (5)

 

Art. 2. 

1. Il minore temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo, nonostante gli interventi di sostegno e aiuto disposti ai sensi dell'articolo 1, è affidato ad una famiglia, preferibilmente con figli minori, o ad una persona singola, in grado di assicurargli il mantenimento, l'educazione, l'istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno.

2. Ove non sia possibile l'affidamento nei termini di cui al comma 1, è consentito l'inserimento del minore in una comunità di tipo familiare o, in mancanza, in un istituto di assistenza pubblico o privato, che abbia sede preferibilmente nel luogo più vicino a quello in cui stabilmente risiede il nucleo familiare di provenienza. Per i minori di età inferiore a sei anni l'inserimento può avvenire solo presso una comunità di tipo familiare.

3. In caso di necessità e urgenza l'affidamento può essere disposto anche senza porre in essere gli interventi di cui all'articolo 1, commi 2 e 3.

4. Il ricovero in istituto deve essere superato entro il 31 dicembre 2006 mediante affidamento ad una famiglia e, ove ciò non sia possibile, mediante inserimento in comunità di tipo familiare caratterizzate da organizzazione e da rapporti interpersonali analoghi a quelli di una famiglia.

5. Le regioni, nell'àmbito delle proprie competenze e sulla base di criteri stabiliti dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, definiscono gli standard minimi dei servizi e dell'assistenza che devono essere forniti dalle comunità di tipo familiare e dagli istituti e verificano periodicamente il rispetto dei medesimi (6).

 

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(5)  Intitolazione aggiunta dall'art. 2, L. 28 marzo 2001, n. 149.

(6)  Articolo così sostituito dall'art. 2, L. 28 marzo 2001, n. 149.

 

Art. 3. 

1. I legali rappresentanti delle comunità di tipo familiare e degli istituti di assistenza pubblici o privati esercitano i poteri tutelari sul minore affidato, secondo le norme del capo I del titolo X del libro primo del codice civile, fino a quando non si provveda alla nomina di un tutore in tutti i casi nei quali l'esercizio della potestà dei genitori o della tutela sia impedito.

2. Nei casi previsti dal comma 1, entro trenta giorni dall'accoglienza del minore, i legali rappresentanti devono proporre istanza per la nomina del tutore. Gli stessi e coloro che prestano anche gratuitamente la propria attività a favore delle comunità di tipo familiare e degli istituti di assistenza pubblici o privati non possono essere chiamati a tale incarico.

3. Nel caso in cui i genitori riprendano l'esercizio della potestà, le comunità di tipo familiare e gli istituti di assistenza pubblici o privati chiedono al giudice tutelare di fissare eventuali limiti o condizioni a tale esercizio (7).

 

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(7)  Articolo così sostituito dall'art. 3, L. 28 marzo 2001, n. 149.

 

Art. 4. 

1. L'affidamento familiare è disposto dal servizio sociale locale, previo consenso manifestato dai genitori o dal genitore esercente la potestà, ovvero dal tutore, sentito il minore che ha compiuto gli anni dodici e anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento. Il giudice tutelare del luogo ove si trova il minore rende esecutivo il provvedimento con decreto.

2. Ove manchi l'assenso dei genitori esercenti la potestà o del tutore, provvede il tribunale per i minorenni. Si applicano gli articoli 330 e seguenti del codice civile.

3. Nel provvedimento di affidamento familiare devono essere indicate specificatamente le motivazioni di esso, nonché i tempi e i modi dell'esercizio dei poteri riconosciuti all'affidatario, e le modalità attraverso le quali i genitori e gli altri componenti il nucleo familiare possono mantenere i rapporti con il minore. Deve altresì essere indicato il servizio sociale locale cui è attribuita la responsabilità del programma di assistenza, nonché la vigilanza durante l'affidamento con l'obbligo di tenere costantemente informati il giudice tutelare o il tribunale per i minorenni, a seconda che si tratti di provvedimento emesso ai sensi dei commi 1 o 2. Il servizio sociale locale cui è attribuita la responsabilità del programma di assistenza, nonché la vigilanza durante l'affidamento, deve riferire senza indugio al giudice tutelare o al tribunale per i minorenni del luogo in cui il minore si trova, a seconda che si tratti di provvedimento emesso ai sensi dei commi 1 o 2, ogni evento di particolare rilevanza ed è tenuto a presentare una relazione semestrale sull'andamento del programma di assistenza, sulla sua presumibile ulteriore durata e sull'evoluzione delle condizioni di difficoltà del nucleo familiare di provenienza.

4. Nel provvedimento di cui al comma 3, deve inoltre essere indicato il periodo di presumibile durata dell'affidamento che deve essere rapportabile al complesso di interventi volti al recupero della famiglia d'origine. Tale periodo non può superare la durata di ventiquattro mesi ed è prorogabile, dal tribunale per i minorenni, qualora la sospensione dell'affidamento rechi pregiudizio al minore.

5. L'affidamento familiare cessa con provvedimento della stessa autorità che lo ha disposto, valutato l'interesse del minore, quando sia venuta meno la situazione di difficoltà temporanea della famiglia d'origine che lo ha determinato, ovvero nel caso in cui la prosecuzione di esso rechi pregiudizio al minore.

6. Il giudice tutelare, trascorso il periodo di durata previsto, ovvero intervenute le circostanze di cui al comma 5, sentiti il servizio sociale locale interessato ed il minore che ha compiuto gli anni dodici e anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento, richiede, se necessario, al competente tribunale per i minorenni l'adozione di ulteriori provvedimenti nell'interesse del minore.

7. Le disposizioni del presente articolo si applicano, in quanto compatibili, anche nel caso di minori inseriti presso una comunità di tipo familiare o un istituto di assistenza pubblico o privato (8).

 

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(8)  Articolo così sostituito dall'art. 4, L. 28 marzo 2001, n. 149.

 

Art. 5. 

1. L'affidatario deve accogliere presso di sé il minore e provvedere al suo mantenimento e alla sua educazione e istruzione, tenendo conto delle indicazioni dei genitori per i quali non vi sia stata pronuncia ai sensi degli articoli 330 e 333 del codice civile, o del tutore, ed osservando le prescrizioni stabilite dall'autorità affidante. Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell' articolo 316 del codice civile. In ogni caso l'affidatario esercita i poteri connessi con la potestà parentale in relazione agli ordinari rapporti con la istituzione scolastica e con le autorità sanitarie. L'affidatario deve essere sentito nei procedimenti civili in materia di potestà, di affidamento e di adottabilità relativi al minore affidato.

2. Il servizio sociale, nell'àmbito delle proprie competenze, su disposizione del giudice ovvero secondo le necessità del caso, svolge opera di sostegno educativo e psicologico, agevola i rapporti con la famiglia di provenienza ed il rientro nella stessa del minore secondo le modalità più idonee, avvalendosi anche delle competenze professionali delle altre strutture del territorio e dell'opera delle associazioni familiari eventualmente indicate dagli affidatari.

3. Le norme di cui ai commi 1 e 2 si applicano, in quanto compatibili, nel caso di minori ospitati presso una comunità di tipo familiare o che si trovino presso un istituto di assistenza pubblico o privato.

4. Lo Stato, le regioni e gli enti locali, nell'àmbito delle proprie competenze e nei limiti delle disponibilità finanziarie dei rispettivi bilanci, intervengono con misure di sostegno e di aiuto economico in favore della famiglia affidataria (9).

 

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(9)  Articolo così sostituito dall'art. 5, L. 28 marzo 2001, n. 149.

 

 

TITOLO II

Dell'adozione

 

Capo I

Disposizioni generali

 

Art. 6. 

1. L'adozione è consentita a coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni. Tra i coniugi non deve sussistere e non deve avere avuto luogo negli ultimi tre anni separazione personale neppure di fatto.

2. I coniugi devono essere affettivamente idonei e capaci di educare, istruire e mantenere i minori che intendano adottare.

3. L'età degli adottanti deve superare di almeno diciotto e di non più di quarantacinque anni l'età dell'adottando.

4. Il requisito della stabilità del rapporto di cui al comma 1 può ritenersi realizzato anche quando i coniugi abbiano convissuto in modo stabile e continuativo prima del matrimonio per un periodo di tre anni, nel caso in cui il tribunale per i minorenni accerti la continuità e la stabilità della convivenza, avuto riguardo a tutte le circostanze del caso concreto.

5. I limiti di cui al comma 3 possono essere derogati, qualora il tribunale per i minorenni accerti che dalla mancata adozione derivi un danno grave e non altrimenti evitabile per il minore.

6. Non è preclusa l'adozione quando il limite massimo di età degli adottanti sia superato da uno solo di essi in misura non superiore a dieci anni, ovvero quando essi siano genitori di figli naturali o adottivi dei quali almeno uno sia in età minore, ovvero quando l'adozione riguardi un fratello o una sorella del minore già dagli stessi adottato.

7. Ai medesimi coniugi sono consentite più adozioni anche con atti successivi e costituisce criterio preferenziale ai fini dell'adozione l'avere già adottato un fratello dell'adottando o il fare richiesta di adottare più fratelli, ovvero la disponibilità dichiarata all'adozione di minori che si trovino nelle condizioni indicate dall'articolo 3, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, concernente l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate.

8. Nel caso di adozione dei minori di età superiore a dodici anni o con handicap accertato ai sensi dell'articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, lo Stato, le regioni e gli enti locali possono intervenire, nell'àmbito delle proprie competenze e nei limiti delle disponibilità finanziarie dei rispettivi bilanci, con specifiche misure di carattere economico, eventualmente anche mediante misure di sostegno alla formazione e all'inserimento sociale, fino all'età di diciotto anni degli adottati (10).

 

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(10)  Articolo così sostituito dall'art. 6, L. 28 marzo 2001, n. 149. La Corte costituzionale, con sentenza 18 marzo-1° aprile 1992, n. 148 (Gazz. Uff. 8 aprile 1992, n. 15 - Serie speciale), aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 6, secondo comma, nella parte in cui non consentiva l'adozione di uno o più fratelli in stato di adottabilità, nel caso in cui per uno di essi l'età degli adottanti superasse di più di quarant'anni l'età dell'adottando e dalla separazione fosse derivato ai minori un danno grave per il venir meno della comunanza di vita e di educazione; con sentenza 18-24 luglio 1996, n. 303 (Gazz. Uff. 31 luglio 1996, n. 31 - Serie speciale), aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 6, secondo comma, nella parte in cui non prevedeva che il giudice potesse disporre l'adozione, valutando esclusivamente l'interesse del minore, nel caso in cui l'età di uno dei coniugi adottanti superasse di oltre quaranta anni l'età dell'adottando, pur rimanendo la differenza di età compresa in quella di solito intercorsa tra genitori e figli, se dalla mancata adozione fosse derivato un danno grave e non altrimenti evitabile per il minore; con sentenza 28 settembre-9 ottobre 1998, n. 349 (Gazz. Uff. 14 ottobre 1998, n. 41 - Serie speciale), aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 6, secondo comma, nella parte in cui non prevedeva che il giudice potesse disporre l'adozione, valutando esclusivamente l'interesse del minore, nel caso in cui l'età di uno dei coniugi adottanti non superasse di almeno diciotto anni l'età dell'adottando, pur rimanendo la differenza di età compresa in quella di solito intercorsa tra genitori e figli, se dalla mancata adozione fosse derivato un danno grave e non altrimenti evitabile per il minore; con sentenza 5-9 luglio 1999, n. 283 (Gazz. Uff. 14 luglio 1999, n. 28, Serie speciale), aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 6, secondo comma, nella parte in cui non prevedeva che il giudice potesse disporre l'adozione, valutando esclusivamente l'interesse del minore, nel caso in cui l'età dei coniugi adottanti superasse di oltre quaranta anni l'età dell'adottando, pur rimanendo la differenza di età compresa in quella che di solito intercorsa tra genitori e figli, se dalla mancata adozione fosse derivato un danno grave e non altrimenti evitabile per il minore.

 

Art. 7. 

1. L'adozione è consentita a favore dei minori dichiarati in stato di adottabilità ai sensi degli articoli seguenti.

2. Il minore, il quale ha compiuto gli anni quattordici, non può essere adottato se non presta personalmente il proprio consenso, che deve essere manifestato anche quando il minore compia l'età predetta nel corso del procedimento. Il consenso dato può comunque essere revocato sino alla pronuncia definitiva dell'adozione.

3. Se l'adottando ha compiuto gli anni dodici deve essere personalmente sentito; se ha un'età inferiore, deve essere sentito, in considerazione della sua capacità di discernimento (11).

 

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(11)  Articolo così sostituito dall'art. 7, L. 28 marzo 2001, n. 149.

 

 

Capo II

Della dichiarazione di adottabilità (12)

 

Art. 8. 

1. Sono dichiarati in stato di adottabilità dal tribunale per i minorenni del distretto nel quale si trovano, i minori di cui sia accertata la situazione di abbandono perché privi di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provvedervi, purché la mancanza di assistenza non sia dovuta a causa di forza maggiore di carattere transitorio.

2. La situazione di abbandono sussiste, sempre che ricorrano le condizioni di cui al comma 1, anche quando i minori si trovino presso istituti di assistenza pubblici o privati o comunità di tipo familiare ovvero siano in affidamento familiare.

3. Non sussiste causa di forza maggiore quando i soggetti di cui al comma 1 rifiutano le misure di sostegno offerte dai servizi sociali locali e tale rifiuto viene ritenuto ingiustificato dal giudice.

4. Il procedimento di adottabilità deve svolgersi fin dall'inizio con l'assistenza legale del minore e dei genitori o degli altri parenti, di cui al comma 2 dell'articolo 10 (13) (14).

 

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(12)  L'art. 1, D.L. 24 aprile 2001, n. 150, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2001, n. 240, ha disposto che in via transitoria, fino alla emanazione di una specifica disciplina sulla difesa di ufficio nei procedimenti per la dichiarazione dello stato di adottabilità disciplinati dal presente capo (artt. 8-21), e comunque non oltre il 30 giugno 2002, ai predetti procedimenti e ai relativi giudizi di opposizione continuano ad applicarsi le disposizioni processuali vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del suddetto decreto. Successivamente, il comma 1 dell'art. 1, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, come sostituito dalla relativa legge di conversione, ha disposto che, in via transitoria, fino alla emanazione di una specifica disciplina sulla difesa d'ufficio e sul patrocinio a spese dello Stato nei procedimenti disciplinati dalla presente legge, e comunque non oltre il 30 giugno 2003, ai predetti procedimenti e ai relativi giudizi di opposizione continuano ad applicarsi le disposizioni processuali vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del citato D.L. n. 150 del 2001. Da ultimo, le disposizioni previste dal suddetto D.L. 1° luglio 2002, n. 126 sono state prorogate al 30 giugno 2004 dall'art. 15, D.L. 24 giugno 2003, n. 147, al 30 giugno 2005 dall'art. 2, D.L. 24 giugno 2004, n. 158, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 27 luglio 2004, n. 188 (Gazz. Uff. 30 luglio 2004, n. 177), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione, al 30 giugno 2006 dall'art. 8, D.L. 30 giugno 2005, n. 115 e al 30 giugno 2007 dall'art. 1, comma 2, L. 12 luglio 2006, n. 228.

(13)  Articolo così sostituito dall'art. 8, L. 28 marzo 2001, n. 149.

(14)  L'art. 1, D.L. 24 aprile 2001, n. 150, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2001, n. 240, ha disposto che in via transitoria, fino alla emanazione di una specifica disciplina sulla difesa di ufficio nei procedimenti per la dichiarazione dello stato di adottabilità disciplinati dal presente capo (artt. 8-21), e comunque non oltre il 30 giugno 2002, ai predetti procedimenti e ai relativi giudizi di opposizione continuano ad applicarsi le disposizioni processuali vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del suddetto decreto. Successivamente, il comma 1 dell'art. 1, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, come sostituito dalla relativa legge di conversione, ha disposto che, in via transitoria, fino alla emanazione di una specifica disciplina sulla difesa d'ufficio e sul patrocinio a spese dello Stato nei procedimenti disciplinati dalla presente legge, e comunque non oltre il 30 giugno 2003, ai predetti procedimenti e ai relativi giudizi di opposizione continuano ad applicarsi le disposizioni processuali vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del citato D.L. n. 150 del 2001. Da ultimo, le disposizioni previste dal suddetto D.L. 1° luglio 2002, n. 126 sono state prorogate al 30 giugno 2004 dall'art. 15, D.L. 24 giugno 2003, n. 147, al 30 giugno 2005 dall'art. 2, D.L. 24 giugno 2004, n. 158, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 27 luglio 2004, n. 188 (Gazz. Uff. 30 luglio 2004, n. 177), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione, entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione, al 30 giugno 2006 dall'art. 8, D.L. 30 giugno 2005, n. 115 e al 30 giugno 2007 dall'art. 1, comma 2, L. 12 luglio 2006, n. 228.

 

Art. 9. 

1. Chiunque ha facoltà di segnalare all'autorità pubblica situazioni di abbandono di minori di età. I pubblici ufficiali, gli incaricati di un pubblico servizio, gli esercenti un servizio di pubblica necessità debbono riferire al più presto al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni del luogo in cui il minore si trova sulle condizioni di ogni minore in situazione di abbandono di cui vengano a conoscenza in ragione del proprio ufficio.

2. Gli istituti di assistenza pubblici o privati e le comunità di tipo familiare devono trasmettere semestralmente al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni del luogo ove hanno sede l'elenco di tutti i minori collocati presso di loro con l'indicazione specifica, per ciascuno di essi, della località di residenza dei genitori, dei rapporti con la famiglia e delle condizioni psicofisiche del minore stesso. Il procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, assunte le necessarie informazioni, chiede al tribunale, con ricorso, di dichiarare l'adottabilità di quelli tra i minori segnalati o collocati presso le comunità di tipo familiare o gli istituti di assistenza pubblici o privati o presso una famiglia affidataria, che risultano in situazioni di abbandono, specificandone i motivi (15).

3. Il procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni, che trasmette gli atti al medesimo tribunale con relazione informativa, ogni sei mesi, effettua o dispone ispezioni negli istituti di assistenza pubblici o privati ai fini di cui al comma 2. Può procedere a ispezioni straordinarie in ogni tempo.

4. Chiunque, non essendo parente entro il quarto grado, accoglie stabilmente nella propria abitazione un minore, qualora l'accoglienza si protragga per un periodo superiore a sei mesi, deve, trascorso tale periodo, darne segnalazione al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni. L'omissione della segnalazione può comportare l'inidoneità ad ottenere affidamenti familiari o adottivi e l'incapacità all'ufficio tutelare.

5. Nello stesso termine di cui al comma 4, uguale segnalazione deve essere effettuata dal genitore che affidi stabilmente a chi non sia parente entro il quarto grado il figlio minore per un periodo non inferiore a sei mesi. L'omissione della segnalazione può comportare la decadenza dalla potestà sul figlio a norma dell' articolo 330 del codice civile e l'apertura della procedura di adottabilità (16) (17).

 

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(15)  La Corte costituzionale, con ordinanza 20 giugno-4 luglio 2002, n. 314 (Gazz. Uff. 10 luglio 2002, n. 27, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 9, n. 2, della legge 28 marzo 2001, n. 149, recte: art. 9, comma 2, della legge 4 maggio 1983, n. 184, nel testo introdotto dall'art. 9 della legge 28 marzo 2001, n. 149, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 30, 31, secondo comma, e 32 della Costituzione.

(16)  Articolo così sostituito dall'art. 9, L. 28 marzo 2001, n. 149.

(17)  L'art. 1, D.L. 24 aprile 2001, n. 150, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2001, n. 240, ha disposto che in via transitoria, fino alla emanazione di una specifica disciplina sulla difesa di ufficio nei procedimenti per la dichiarazione dello stato di adottabilità disciplinati dal presente capo (artt. 8-21), e comunque non oltre il 30 giugno 2002, ai predetti procedimenti e ai relativi giudizi di opposizione continuano ad applicarsi le disposizioni processuali vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del suddetto decreto. Successivamente, il comma 1 dell'art. 1, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, come sostituito dalla relativa legge di conversione, ha disposto che, in via transitoria, fino alla emanazione di una specifica disciplina sulla difesa d'ufficio e sul patrocinio a spese dello Stato nei procedimenti disciplinati dalla presente legge, e comunque non oltre il 30 giugno 2003, ai predetti procedimenti e ai relativi giudizi di opposizione continuano ad applicarsi le disposizioni processuali vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del citato D.L. n. 150 del 2001. Da ultimo, le disposizioni previste dal suddetto D.L. 1° luglio 2002, n. 126 sono state prorogate al 30 giugno 2004 dall'art. 15, D.L. 24 giugno 2003, n. 147, al 30 giugno 2005 dall'art. 2, D.L. 24 giugno 2004, n. 158, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 27 luglio 2004, n. 188 (Gazz. Uff. 30 luglio 2004, n. 177), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione, al 30 giugno 2006 dall'art. 8, D.L. 30 giugno 2005, n. 115 e al 30 giugno 2007 dall'art. 1, comma 2, L. 12 luglio 2006, n. 228.

 

Art. 10. 

1. Il presidente del tribunale per i minorenni o un giudice da lui delegato, ricevuto il ricorso di cui all'articolo 9, comma 2, provvede all'immediata apertura di un procedimento relativo allo stato di abbandono del minore. Dispone immediatamente, all'occorrenza, tramite i servizi sociali locali o gli organi di pubblica sicurezza, più approfonditi accertamenti sulle condizioni giuridiche e di fatto del minore, sull'ambiente in cui ha vissuto e vive ai fini di verificare se sussiste lo stato di abbandono.

2. All'atto dell'apertura del procedimento, sono avvertiti i genitori o, in mancanza, i parenti entro il quarto grado che abbiano rapporti significativi con il minore. Con lo stesso atto il presidente del tribunale per i minorenni li invita a nominare un difensore e li informa della nomina di un difensore di ufficio per il caso che essi non vi provvedano. Tali soggetti, assistiti dal difensore, possono partecipare a tutti gli accertamenti disposti dal tribunale, possono presentare istanze anche istruttorie e prendere visione ed estrarre copia degli atti contenuti nel fascicolo previa autorizzazione del giudice.

3. Il tribunale può disporre in ogni momento e fino all'affidamento preadottivo ogni opportuno provvedimento provvisorio nell'interesse del minore, ivi compresi il collocamento temporaneo presso una famiglia o una comunità di tipo familiare, la sospensione della potestà dei genitori sul minore, la sospensione dell'esercizio delle funzioni del tutore e la nomina di un tutore provvisorio.

4. In caso di urgente necessità, i provvedimenti di cui al comma 3 possono essere adottati dal presidente del tribunale per i minorenni o da un giudice da lui delegato.

5. Il tribunale, entro trenta giorni, deve confermare, modificare o revocare i provvedimenti urgenti assunti ai sensi del comma 4. Il tribunale provvede in camera di consiglio con l'intervento del pubblico ministero, sentite tutte le parti interessate ed assunta ogni necessaria informazione. Deve inoltre essere sentito il minore che ha compiuto gli anni dodici e anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento. I provvedimenti adottati debbono essere comunicati al pubblico ministero ed ai genitori. Si applicano le norme di cui agli articoli 330 e seguenti del codice civile (18) (19).

 

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(18)  Articolo così sostituito dall'art. 10, L. 28 marzo 2001, n. 149.

(19)  L'art. 1, D.L. 24 aprile 2001, n. 150, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2001, n. 240, ha disposto che in via transitoria, fino alla emanazione di una specifica disciplina sulla difesa di ufficio nei procedimenti per la dichiarazione dello stato di adottabilità disciplinati dal presente capo (artt. 8-21), e comunque non oltre il 30 giugno 2002, ai predetti procedimenti e ai relativi giudizi di opposizione continuano ad applicarsi le disposizioni processuali vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del suddetto decreto. Successivamente, il comma 1 dell'art. 1, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, come sostituito dalla relativa legge di conversione, ha disposto che, in via transitoria, fino alla emanazione di una specifica disciplina sulla difesa d'ufficio e sul patrocinio a spese dello Stato nei procedimenti disciplinati dalla presente legge, e comunque non oltre il 30 giugno 2003, ai predetti procedimenti e ai relativi giudizi di opposizione continuano ad applicarsi le disposizioni processuali vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del citato D.L. n. 150 del 2001. Da ultimo, le disposizioni previste dal suddetto D.L. 1° luglio 2002, n. 126 sono state prorogate al 30 giugno 2004 dall'art. 15, D.L. 24 giugno 2003, n. 147, al 30 giugno 2005 dall'art. 2, D.L. 24 giugno 2004, n. 158, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 27 luglio 2004, n. 188 (Gazz. Uff. 30 luglio 2004, n. 177), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione, al 30 giugno 2006 dall'art. 8, D.L. 30 giugno 2005, n. 115 e al 30 giugno 2007 dall'art. 1, comma 2, L. 12 luglio 2006, n. 228.

 

Art. 11. 

Quando dalle indagini previste nell'articolo precedente risultano deceduti i genitori del minore e non risultano esistenti parenti entro il quarto grado che abbiano rapporti significativi con il minore, il tribunale per i minorenni provvede a dichiarare lo stato di adottabilità, salvo che esistano istanze di adozione ai sensi dell'articolo 44. In tal caso il tribunale per i minorenni decide nell'esclusivo interesse del minore (20).

Nel caso in cui non risulti l'esistenza di genitori naturali che abbiano riconosciuto il minore o la cui paternità o maternità sia stata dichiarata giudizialmente, il tribunale per i minorenni, senza eseguire ulteriori accertamenti, provvede immediatamente alla dichiarazione dello stato di adottabilità a meno che non vi sia richiesta di sospensione della procedura da parte di chi, affermando di essere uno dei genitori naturali, chiede termine per provvedere al riconoscimento. La sospensione può essere disposta dal tribunale per un periodo massimo di due mesi sempreché nel frattempo il minore sia assistito dal genitore naturale o dai parenti fino al quarto grado o in altro modo conveniente, permanendo comunque un rapporto con il genitore naturale.

Nel caso di non riconoscibilità per difetto di età del genitore, la procedura è rinviata anche d'ufficio sino al compimento del sedicesimo anno di età del genitore naturale, purché sussistano le condizioni menzionate nel comma precedente. Al compimento del sedicesimo anno, il genitore può chiedere ulteriore sospensione per altri due mesi.

Ove il tribunale sospenda o rinvii la procedura ai sensi dei commi precedenti, nomina al minore, se necessario, un tutore provvisorio.

Se entro detti termini viene effettuato il riconoscimento, deve dichiararsi chiusa la procedura, ove non sussista abbandono morale e materiale. Se trascorrono i termini senza che sia stato effettuato il riconoscimento, si provvede senza altra formalità di procedura alla pronuncia dello stato di adottabilità.

Il tribunale, in ogni caso, anche a mezzo dei servizi locali, informa entrambi i presunti genitori, se possibile, o comunque quello reperibile, che si possono avvalere delle facoltà di cui al secondo e terzo comma.

Intervenuta la dichiarazione di adottabilità e l'affidamento preadottivo, il riconoscimento è privo di efficacia. Il giudizio per la dichiarazione giudiziale di paternità o maternità è sospeso di diritto e si estingue ove segua la pronuncia di adozione divenuta definitiva (21) (22).

 

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(20)  Comma così modificato dall'art. 11, L. 28 marzo 2001, n. 149.

(21)  L'art. 1, D.L. 24 aprile 2001, n. 150, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2001, n. 240, ha disposto che in via transitoria, fino alla emanazione di una specifica disciplina sulla difesa di ufficio nei procedimenti per la dichiarazione dello stato di adottabilità disciplinati dal presente capo (artt. 8-21), e comunque non oltre il 30 giugno 2002, ai predetti procedimenti e ai relativi giudizi di opposizione continuano ad applicarsi le disposizioni processuali vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del suddetto decreto. Successivamente, il comma 1 dell'art. 1, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, come sostituito dalla relativa legge di conversione, ha disposto che, in via transitoria, fino alla emanazione di una specifica disciplina sulla difesa d'ufficio e sul patrocinio a spese dello Stato nei procedimenti disciplinati dalla presente legge, e comunque non oltre il 30 giugno 2003, ai predetti procedimenti e ai relativi giudizi di opposizione continuano ad applicarsi le disposizioni processuali vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del citato D.L. n. 150 del 2001. Da ultimo, le disposizioni previste dal suddetto D.L. 1° luglio 2002, n. 126 sono state prorogate al 30 giugno 2004 dall'art. 15, D.L. 24 giugno 2003, n. 147, al 30 giugno 2005 dall'art. 2, D.L. 24 giugno 2004, n. 158, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 27 luglio 2004, n. 188 (Gazz. Uff. 30 luglio 2004, n. 177), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione, al 30 giugno 2006 dall'art. 8, D.L. 30 giugno 2005, n. 115 e al 30 giugno 2007 dall'art. 1, comma 2, L. 12 luglio 2006, n. 228.

(22)  La Corte costituzionale con sentenza 8-10 maggio 1995, n. 160 (Gazz. Uff. 12 maggio 1995, n. 20, serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 10, 11, 12, 13, 14, 15 e 16, sollevata, in riferimento all'art. 24 della Costituzione.

 

Art. 12. 

Quando attraverso le indagini effettuate consta l'esistenza dei genitori o di parenti entro il quarto grado indicati nell'articolo precedente, che abbiano mantenuto rapporti significativi con il minore, e ne è nota la residenza, il presidente del tribunale per i minorenni con decreto motivato fissa la loro comparizione, entro un congruo termine, dinanzi a sé o ad un giudice da lui delegato.

Nel caso in cui i genitori o i parenti risiedano fuori dalla circoscrizione del tribunale per i minorenni che procede, la loro audizione può essere delegata al tribunale per i minorenni del luogo della loro residenza.

In caso di residenza all'estero è delegata l'autorità consolare competente.

Udite le dichiarazioni dei genitori o dei parenti, il presidente del tribunale per i minorenni o il giudice delegato, ove ne ravvisi l'opportunità, impartisce con decreto motivato ai genitori o ai parenti prescrizioni idonee a garantire l'assistenza morale, il mantenimento, l'istruzione e l'educazione del minore, stabilendo al tempo stesso periodici accertamenti da eseguirsi direttamente o avvalendosi del giudice tutelare o dei servizi locali, ai quali può essere affidato l'incarico di operare al fine di più validi rapporti tra il minore e la famiglia.

Il presidente o il giudice delegato può, altresì, chiedere al pubblico ministero di promuovere l'azione per la corresponsione degli alimenti a carico di chi vi è tenuto per legge e, al tempo stesso, dispone, ove d'uopo, provvedimenti temporanei ai sensi del comma 3 dell'articolo 10 (23) (24) (25).

 

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(23)  Comma così modificato dall'art. 12, L. 28 marzo 2001, n. 149.

(24)  L'art. 1, D.L. 24 aprile 2001, n. 150, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2001, n. 240, ha disposto che in via transitoria, fino alla emanazione di una specifica disciplina sulla difesa di ufficio nei procedimenti per la dichiarazione dello stato di adottabilità disciplinati dal presente capo (artt. 8-21), e comunque non oltre il 30 giugno 2002, ai predetti procedimenti e ai relativi giudizi di opposizione continuano ad applicarsi le disposizioni processuali vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del suddetto decreto. Successivamente, il comma 1 dell'art. 1, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, come sostituito dalla relativa legge di conversione, ha disposto che, in via transitoria, fino alla emanazione di una specifica disciplina sulla difesa d'ufficio e sul patrocinio a spese dello Stato nei procedimenti disciplinati dalla presente legge, e comunque non oltre il 30 giugno 2003, ai predetti procedimenti e ai relativi giudizi di opposizione continuano ad applicarsi le disposizioni processuali vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del citato D.L. n. 150 del 2001. Da ultimo, le disposizioni previste dal suddetto D.L. 1° luglio 2002, n. 126 sono state prorogate al 30 giugno 2004 dall'art. 15, D.L. 24 giugno 2003, n. 147, al 30 giugno 2005 dall'art. 2, D.L. 24 giugno 2004, n. 158, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 27 luglio 2004, n. 188 (Gazz. Uff. 30 luglio 2004, n. 177), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione, al 30 giugno 2006 dall'art. 8, D.L. 30 giugno 2005, n. 115 e al 30 giugno 2007 dall'art. 1, comma 2, L. 12 luglio 2006, n. 228.

(25)  La Corte costituzionale con sentenza 8-10 maggio 1995, n. 160 (Gazz. Uff. 12 maggio 1995, n. 20, serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 10, 11, 12, 13, 14, 15 e 16, sollevata, in riferimento all'art. 24 della Costituzione.

 

Art. 13. 

Nel caso in cui i genitori ed i parenti di cui all'articolo precedente risultino irreperibili ovvero non ne sia conosciuta la residenza, la dimora o il domicilio, il tribunale per i minorenni provvede alla loro convocazione ai sensi degli articoli 140 e 143 del codice di procedura civile, previe nuove ricerche tramite gli organi di pubblica sicurezza (26) (27).

 

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(26)  L'art. 1, D.L. 24 aprile 2001, n. 150, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2001, n. 240, ha disposto che in via transitoria, fino alla emanazione di una specifica disciplina sulla difesa di ufficio nei procedimenti per la dichiarazione dello stato di adottabilità disciplinati dal presente capo (artt. 8-21), e comunque non oltre il 30 giugno 2002, ai predetti procedimenti e ai relativi giudizi di opposizione continuano ad applicarsi le disposizioni processuali vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del suddetto decreto. Successivamente, il comma 1 dell'art. 1, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, come sostituito dalla relativa legge di conversione, ha disposto che, in via transitoria, fino alla emanazione di una specifica disciplina sulla difesa d'ufficio e sul patrocinio a spese dello Stato nei procedimenti disciplinati dalla presente legge, e comunque non oltre il 30 giugno 2003, ai predetti procedimenti e ai relativi giudizi di opposizione continuano ad applicarsi le disposizioni processuali vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del citato D.L. n. 150 del 2001. Da ultimo, le disposizioni previste dal suddetto D.L. 1° luglio 2002, n. 126 sono state prorogate al 30 giugno 2004 dall'art. 15, D.L. 24 giugno 2003, n. 147, al 30 giugno 2005 dall'art. 2, D.L. 24 giugno 2004, n. 158, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 27 luglio 2004, n. 188 (Gazz. Uff. 30 luglio 2004, n. 177), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione, al 30 giugno 2006 dall'art. 8, D.L. 30 giugno 2005, n. 115 e al 30 giugno 2007 dall'art. 1, comma 2, L. 12 luglio 2006, n. 228.

(27)  La Corte costituzionale con sentenza 8-10 maggio 1995, n. 160 (Gazz. Uff. 12 maggio 1995, n. 20, serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 10, 11, 12, 13, 14, 15 e 16, sollevata, in riferimento all'art. 24 della Costituzione.

 

Art. 14. 

1. Il tribunale per i minorenni può disporre, prima della dichiarazione di adottabilità, la sospensione del procedimento, quando da particolari circostanze emerse dalle indagini effettuate risulta che la sospensione può riuscire utile nell'interesse del minore. In tal caso la sospensione è disposta con ordinanza motivata per un periodo non superiore a un anno.

2. La sospensione è comunicata ai servizi sociali locali competenti perché adottino le iniziative opportune (28) (29).

 

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(28)  Articolo così sostituito dall'art. 13, L. 28 marzo 2001, n. 149.

(29)  L'art. 1, D.L. 24 aprile 2001, n. 150, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2001, n. 240, ha disposto che in via transitoria, fino alla emanazione di una specifica disciplina sulla difesa di ufficio nei procedimenti per la dichiarazione dello stato di adottabilità disciplinati dal presente capo (artt. 8-21), e comunque non oltre il 30 giugno 2002, ai predetti procedimenti e ai relativi giudizi di opposizione continuano ad applicarsi le disposizioni processuali vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del suddetto decreto. Successivamente, il comma 1 dell'art. 1, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, come sostituito dalla relativa legge di conversione, ha disposto che, in via transitoria, fino alla emanazione di una specifica disciplina sulla difesa d'ufficio e sul patrocinio a spese dello Stato nei procedimenti disciplinati dalla presente legge, e comunque non oltre il 30 giugno 2003, ai predetti procedimenti e ai relativi giudizi di opposizione continuano ad applicarsi le disposizioni processuali vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del citato D.L. n. 150 del 2001. Da ultimo, le disposizioni previste dal suddetto D.L. 1° luglio 2002, n. 126 sono state prorogate al 30 giugno 2004 dall'art. 15, D.L. 24 giugno 2003, n. 147, al 30 giugno 2005 dall'art. 2, D.L. 24 giugno 2004, n. 158, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 27 luglio 2004, n. 188 (Gazz. Uff. 30 luglio 2004, n. 177), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione, al 30 giugno 2006 dall'art. 8, D.L. 30 giugno 2005, n. 115 e al 30 giugno 2007 dall'art. 1, comma 2, L. 12 luglio 2006, n. 228.

 

Art. 15. 

1. A conclusione delle indagini e degli accertamenti previsti dagli articoli precedenti, ove risulti la situazione di abbandono di cui all'articolo 8, lo stato di adottabilità del minore è dichiarato dal tribunale per i minorenni quando:

a) i genitori ed i parenti convocati ai sensi degli articoli 12 e 13 non si sono presentati senza giustificato motivo;

b) l'audizione dei soggetti di cui alla lettera a) ha dimostrato il persistere della mancanza di assistenza morale e materiale e la non disponibilità ad ovviarvi;

c) le prescrizioni impartite ai sensi dell'articolo 12 sono rimaste inadempiute per responsabilità dei genitori.

2. La dichiarazione dello stato di adottabilità del minore è disposta dal tribunale per i minorenni in camera di consiglio con sentenza, sentito il pubblico ministero, nonché il rappresentante dell'istituto di assistenza pubblico o privato o della comunità di tipo familiare presso cui il minore è collocato o la persona cui egli è affidato. Devono essere, parimenti, sentiti il tutore, ove esista, ed il minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento.

3. La sentenza è notificata per esteso al pubblico ministero, ai genitori, ai parenti indicati nel primo comma dell'articolo 12, al tutore, nonché al curatore speciale ove esistano, con contestuale avviso agli stessi del loro diritto di proporre impugnazione nelle forme e nei termini di cui all'articolo 17 (30) (31).

 

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(30)  Articolo così sostituito dall'art. 14, L. 28 marzo 2001, n. 149.

(31)  L'art. 1, D.L. 24 aprile 2001, n. 150, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2001, n. 240, ha disposto che in via transitoria, fino alla emanazione di una specifica disciplina sulla difesa di ufficio nei procedimenti per la dichiarazione dello stato di adottabilità disciplinati dal presente capo (artt. 8-21), e comunque non oltre il 30 giugno 2002, ai predetti procedimenti e ai relativi giudizi di opposizione continuano ad applicarsi le disposizioni processuali vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del suddetto decreto. Successivamente, il comma 1 dell'art. 1, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, come sostituito dalla relativa legge di conversione, ha disposto che, in via transitoria, fino alla emanazione di una specifica disciplina sulla difesa d'ufficio e sul patrocinio a spese dello Stato nei procedimenti disciplinati dalla presente legge, e comunque non oltre il 30 giugno 2003, ai predetti procedimenti e ai relativi giudizi di opposizione continuano ad applicarsi le disposizioni processuali vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del citato D.L. n. 150 del 2001. Da ultimo, le disposizioni previste dal suddetto D.L. 1° luglio 2002, n. 126 sono state prorogate al 30 giugno 2004 dall'art. 15, D.L. 24 giugno 2003, n. 147, al 30 giugno 2005 dall'art. 2, D.L. 24 giugno 2004, n. 158, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 27 luglio 2004, n. 188 (Gazz. Uff. 30 luglio 2004, n. 177), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione, al 30 giugno 2006 dall'art. 8, D.L. 30 giugno 2005, n. 115 e al 30 giugno 2007 dall'art. 1, comma 2, L. 12 luglio 2006, n. 228.

 

Art. 16. 

1. Il tribunale per i minorenni, esaurita la procedura prevista nei precedenti articoli e qualora ritenga che non sussistano i presupposti per la pronuncia per lo stato di adottabilità dichiara che non vi è luogo a provvedere.

2. La sentenza è notificata per esteso al pubblico ministero, ai genitori, ai parenti indicati nel primo comma dell'articolo 12, nonché al tutore e al curatore speciale ove esistano. Il tribunale per i minorenni adotta i provvedimenti opportuni nell'interesse del minore.

3. Si applicano gli articoli 330 e seguenti del codice civile (32) (33).

 

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(32)  Articolo così sostituito dall'art. 15, L. 28 marzo 2001, n. 149.

(33)  L'art. 1, D.L. 24 aprile 2001, n. 150, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2001, n. 240, ha disposto che in via transitoria, fino alla emanazione di una specifica disciplina sulla difesa di ufficio nei procedimenti per la dichiarazione dello stato di adottabilità disciplinati dal presente capo (artt. 8-21), e comunque non oltre il 30 giugno 2002, ai predetti procedimenti e ai relativi giudizi di opposizione continuano ad applicarsi le disposizioni processuali vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del suddetto decreto. Successivamente, il comma 1 dell'art. 1, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, come sostituito dalla relativa legge di conversione, ha disposto che, in via transitoria, fino alla emanazione di una specifica disciplina sulla difesa d'ufficio e sul patrocinio a spese dello Stato nei procedimenti disciplinati dalla presente legge, e comunque non oltre il 30 giugno 2003, ai predetti procedimenti e ai relativi giudizi di opposizione continuano ad applicarsi le disposizioni processuali vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del citato D.L. n. 150 del 2001. Da ultimo, le disposizioni previste dal suddetto D.L. 1° luglio 2002, n. 126 sono state prorogate al 30 giugno 2004 dall'art. 15, D.L. 24 giugno 2003, n. 147, al 30 giugno 2005 dall'art. 2, D.L. 24 giugno 2004, n. 158, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 27 luglio 2004, n. 188 (Gazz. Uff. 30 luglio 2004, n. 177), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione, al 30 giugno 2006 dall'art. 8, D.L. 30 giugno 2005, n. 115 e al 30 giugno 2007 dall'art. 1, comma 2, L. 12 luglio 2006, n. 228.

 

Art. 17. 

1. Avverso la sentenza il pubblico ministero e le altre parti possono proporre impugnazione avanti la Corte d'appello, sezione per i minorenni, entro trenta giorni dalla notificazione. La corte, sentite le parti e il pubblico ministero ed effettuato ogni altro opportuno accertamento, pronuncia sentenza in camera di consiglio e provvede al deposito della stessa in cancelleria, entro quindici giorni dalla pronuncia. La sentenza è notificata d'ufficio al pubblico ministero e alle altre parti.

2. Avverso la sentenza della corte d'appello è ammesso ricorso per Cassazione, entro trenta giorni dalla notificazione, per i motivi di cui ai numeri 3, 4 e 5 del primo comma dell' articolo 360 del codice di procedura civile. Si applica altresì il secondo comma dello stesso articolo.

3. L'udienza di discussione dell'appello e del ricorso deve essere fissata entro sessanta giorni dal deposito dei rispettivi atti introduttivi (34) (35).

 

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(34)  Articolo così sostituito dall'art. 16, L. 28 marzo 2001, n. 149.

(35)  L'art. 1, D.L. 24 aprile 2001, n. 150, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2001, n. 240, ha disposto che in via transitoria, fino alla emanazione di una specifica disciplina sulla difesa di ufficio nei procedimenti per la dichiarazione dello stato di adottabilità disciplinati dal presente capo (artt. 8-21), e comunque non oltre il 30 giugno 2002, ai predetti procedimenti e ai relativi giudizi di opposizione continuano ad applicarsi le disposizioni processuali vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del suddetto decreto. Successivamente, il comma 1 dell'art. 1, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, come sostituito dalla relativa legge di conversione, ha disposto che, in via transitoria, fino alla emanazione di una specifica disciplina sulla difesa d'ufficio e sul patrocinio a spese dello Stato nei procedimenti disciplinati dalla presente legge, e comunque non oltre il 30 giugno 2003, ai predetti procedimenti e ai relativi giudizi di opposizione continuano ad applicarsi le disposizioni processuali vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del citato D.L. n. 150 del 2001. Da ultimo, le disposizioni previste dal suddetto D.L. 1° luglio 2002, n. 126 sono state prorogate al 30 giugno 2004 dall'art. 15, D.L. 24 giugno 2003, n. 147, al 30 giugno 2005 dall'art. 2, D.L. 24 giugno 2004, n. 158, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 27 luglio 2004, n. 188 (Gazz. Uff. 30 luglio 2004, n. 177), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione, al 30 giugno 2006 dall'art. 8, D.L. 30 giugno 2005, n. 115 e al 30 giugno 2007 dall'art. 1, comma 2, L. 12 luglio 2006, n. 228.

 

Art. 18. 

1. La sentenza definitiva che dichiara lo stato di adottabilità è trascritta, a cura del cancelliere del tribunale per i minorenni, su apposito registro conservato presso la cancelleria del tribunale stesso. La trascrizione deve essere effettuata entro il decimo giorno successivo a quello della comunicazione che la sentenza di adottabilità è divenuta definitiva. A questo effetto, il cancelliere del giudice dell'impugnazione deve inviare immediatamente apposita comunicazione al cancelliere del tribunale per i minorenni (36) (37).

 

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(36)  Articolo così sostituito dall'art. 17, L. 28 marzo 2001, n. 149.

(37)  L'art. 1, D.L. 24 aprile 2001, n. 150, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2001, n. 240, ha disposto che in via transitoria, fino alla emanazione di una specifica disciplina sulla difesa di ufficio nei procedimenti per la dichiarazione dello stato di adottabilità disciplinati dal presente capo (artt. 8-21), e comunque non oltre il 30 giugno 2002, ai predetti procedimenti e ai relativi giudizi di opposizione continuano ad applicarsi le disposizioni processuali vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del suddetto decreto. Successivamente, il comma 1 dell'art. 1, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, come sostituito dalla relativa legge di conversione, ha disposto che, in via transitoria, fino alla emanazione di una specifica disciplina sulla difesa d'ufficio e sul patrocinio a spese dello Stato nei procedimenti disciplinati dalla presente legge, e comunque non oltre il 30 giugno 2003, ai predetti procedimenti e ai relativi giudizi di opposizione continuano ad applicarsi le disposizioni processuali vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del citato D.L. n. 150 del 2001. Da ultimo, le disposizioni previste dal suddetto D.L. 1° luglio 2002, n. 126 sono state prorogate al 30 giugno 2004 dall'art. 15, D.L. 24 giugno 2003, n. 147, al 30 giugno 2005 dall'art. 2, D.L. 24 giugno 2004, n. 158, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 27 luglio 2004, n. 188 (Gazz. Uff. 30 luglio 2004, n. 177), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione, al 30 giugno 2006 dall'art. 8, D.L. 30 giugno 2005, n. 115 e al 30 giugno 2007 dall'art. 1, comma 2, L. 12 luglio 2006, n. 228.

 

Art. 19. 

Durante lo stato di adottabilità è sospeso l'esercizio della potestà dei genitori.

Il tribunale per i minorenni nomina un tutore, ove già non esista, e adotta gli ulteriori provvedimenti nell'interesse del minore (38).

 

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(38)  L'art. 1, D.L. 24 aprile 2001, n. 150, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2001, n. 240, ha disposto che in via transitoria, fino alla emanazione di una specifica disciplina sulla difesa di ufficio nei procedimenti per la dichiarazione dello stato di adottabilità disciplinati dal presente capo (artt. 8-21), e comunque non oltre il 30 giugno 2002, ai predetti procedimenti e ai relativi giudizi di opposizione continuano ad applicarsi le disposizioni processuali vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del suddetto decreto. Successivamente, il comma 1 dell'art. 1, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, come sostituito dalla relativa legge di conversione, ha disposto che, in via transitoria, fino alla emanazione di una specifica disciplina sulla difesa d'ufficio e sul patrocinio a spese dello Stato nei procedimenti disciplinati dalla presente legge, e comunque non oltre il 30 giugno 2003, ai predetti procedimenti e ai relativi giudizi di opposizione continuano ad applicarsi le disposizioni processuali vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del citato D.L. n. 150 del 2001. Da ultimo, le disposizioni previste dal suddetto D.L. 1° luglio 2002, n. 126 sono state prorogate al 30 giugno 2004 dall'art. 15, D.L. 24 giugno 2003, n. 147, al 30 giugno 2005 dall'art. 2, D.L. 24 giugno 2004, n. 158, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 27 luglio 2004, n. 188 (Gazz. Uff. 30 luglio 2004, n. 177), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione, al 30 giugno 2006 dall'art. 8, D.L. 30 giugno 2005, n. 115 e al 30 giugno 2007 dall'art. 1, comma 2, L. 12 luglio 2006, n. 228.

 

Art. 20. 

Lo stato di adottabilità cessa per adozione o per il raggiungimento della maggiore età da parte dell'adottando (39).

 

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(39)  L'art. 1, D.L. 24 aprile 2001, n. 150, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2001, n. 240, ha disposto che in via transitoria, fino alla emanazione di una specifica disciplina sulla difesa di ufficio nei procedimenti per la dichiarazione dello stato di adottabilità disciplinati dal presente capo (artt. 8-21), e comunque non oltre il 30 giugno 2002, ai predetti procedimenti e ai relativi giudizi di opposizione continuano ad applicarsi le disposizioni processuali vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del suddetto decreto. Successivamente, il comma 1 dell'art. 1, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, come sostituito dalla relativa legge di conversione, ha disposto che, in via transitoria, fino alla emanazione di una specifica disciplina sulla difesa d'ufficio e sul patrocinio a spese dello Stato nei procedimenti disciplinati dalla presente legge, e comunque non oltre il 30 giugno 2003, ai predetti procedimenti e ai relativi giudizi di opposizione continuano ad applicarsi le disposizioni processuali vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del citato D.L. n. 150 del 2001. Da ultimo, le disposizioni previste dal suddetto D.L. 1° luglio 2002, n. 126 sono state prorogate al 30 giugno 2004 dall'art. 15, D.L. 24 giugno 2003, n. 147, al 30 giugno 2005 dall'art. 2, D.L. 24 giugno 2004, n. 158, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 27 luglio 2004, n. 188 (Gazz. Uff. 30 luglio 2004, n. 177), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione, al 30 giugno 2006 dall'art. 8, D.L. 30 giugno 2005, n. 115 e al 30 giugno 2007 dall'art. 1, comma 2, L. 12 luglio 2006, n. 228.

 

Art. 21. 

1. Lo stato di adottabilità cessa altresì per revoca, nell'interesse del minore, in quanto siano venute meno le condizioni di cui all'articolo 8, comma 1, successivamente alla sentenza di cui al comma 2 dell'articolo 15.

2. La revoca è pronunciata dal tribunale per i minorenni d'ufficio o su istanza del pubblico ministero, dei genitori, del tutore.

3. Il tribunale provvede in camera di consiglio, sentito il pubblico ministero.

4. Nel caso in cui sia in atto l'affidamento preadottivo, lo stato di adottabilità non può essere revocato (40) (41).

 

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(40)  Articolo così sostituito dall'art. 18, L. 28 marzo 2001, n. 149.

(41)  L'art. 1, D.L. 24 aprile 2001, n. 150, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 23 giugno 2001, n. 240, ha disposto che in via transitoria, fino alla emanazione di una specifica disciplina sulla difesa di ufficio nei procedimenti per la dichiarazione dello stato di adottabilità disciplinati dal presente capo (artt. 8-21), e comunque non oltre il 30 giugno 2002, ai predetti procedimenti e ai relativi giudizi di opposizione continuano ad applicarsi le disposizioni processuali vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del suddetto decreto. Successivamente, il comma 1 dell'art. 1, D.L. 1° luglio 2002, n. 126, come sostituito dalla relativa legge di conversione, ha disposto che, in via transitoria, fino alla emanazione di una specifica disciplina sulla difesa d'ufficio e sul patrocinio a spese dello Stato nei procedimenti disciplinati dalla presente legge, e comunque non oltre il 30 giugno 2003, ai predetti procedimenti e ai relativi giudizi di opposizione continuano ad applicarsi le disposizioni processuali vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del citato D.L. n. 150 del 2001. Da ultimo, le disposizioni previste dal suddetto D.L. 1° luglio 2002, n. 126 sono state prorogate al 30 giugno 2004 dall'art. 15, D.L. 24 giugno 2003, n. 147, al 30 giugno 2005 dall'art. 2, D.L. 24 giugno 2004, n. 158, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 27 luglio 2004, n. 188 (Gazz. Uff. 30 luglio 2004, n. 177), entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione, al 30 giugno 2006 dall'art. 8, D.L. 30 giugno 2005, n. 115 e al 30 giugno 2007 dall'art. 1, comma 2, L. 12 luglio 2006, n. 228.

 

 

Capo III

Dell'affidamento preadottivo

 

Art. 22. 

1. Coloro che intendono adottare devono presentare domanda al tribunale per i minorenni, specificando l'eventuale disponibilità ad adottare più fratelli ovvero minori che si trovino nelle condizioni indicate dall'articolo 3, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, concernente l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate. È ammissibile la presentazione di più domande anche successive a più tribunali per i minorenni, purché in ogni caso se ne dia comunicazione a tutti i tribunali precedentemente aditi. I tribunali cui la domanda è presentata possono richiedere copia degli atti di parte ed istruttori, relativi ai medesimi coniugi, agli altri tribunali; gli atti possono altresì essere comunicati d'ufficio. La domanda decade dopo tre anni dalla presentazione e può essere rinnovata.

2. In ogni momento a coloro che intendono adottare devono essere fornite, se richieste, notizie sullo stato del procedimento.

3. Il tribunale per i minorenni, accertati previamente i requisiti di cui all'articolo 6, dispone l'esecuzione delle adeguate indagini di cui al comma 4, ricorrendo ai servizi socio-assistenziali degli enti locali singoli o associati, nonché avvalendosi delle competenti professionalità delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere, dando precedenza nella istruttoria alle domande dirette all'adozione di minori di età superiore a cinque anni o con handicap accertato ai sensi dell'articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104.

4. Le indagini, che devono essere tempestivamente avviate e concludersi entro centoventi giorni, riguardano in particolare la capacità di educare il minore, la situazione personale ed economica, la salute, l'ambiente familiare dei richiedenti, i motivi per i quali questi ultimi desiderano adottare il minore. Con provvedimento motivato, il termine entro il quale devono concludersi le indagini può essere prorogato una sola volta e per non più di centoventi giorni.

5. Il tribunale per i minorenni, in base alle indagini effettuate, sceglie tra le coppie che hanno presentato domanda quella maggiormente in grado di corrispondere alle esigenze del minore.

6. Il tribunale per i minorenni, in camera di consiglio, sentiti il pubblico ministero, gli ascendenti dei richiedenti ove esistano, il minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento, omessa ogni altra formalità di procedura, dispone, senza indugio, l'affidamento preadottivo, determinandone le modalità con ordinanza. Il minore che abbia compiuto gli anni quattordici deve manifestare espresso consenso all'affidamento alla coppia prescelta.

7. Il tribunale per i minorenni deve in ogni caso informare i richiedenti sui fatti rilevanti, relativi al minore, emersi dalle indagini. Non può essere disposto l'affidamento di uno solo di più fratelli, tutti in stato di adottabilità, salvo che non sussistano gravi ragioni. L'ordinanza è comunicata al pubblico ministero, ai richiedenti ed al tutore. Il provvedimento di affidamento preadottivo è immediatamente, e comunque non oltre dieci giorni, annotato a cura del cancelliere a margine della trascrizione di cui all'articolo 18.

8. Il tribunale per i minorenni vigila sul buon andamento dell'affidamento preadottivo avvalendosi anche del giudice tutelare e dei servizi locali sociali e consultoriali. In caso di accertate difficoltà, convoca, anche separatamente, gli affidatari e il minore, alla presenza, se del caso, di uno psicologo, al fine di valutare le cause all'origine delle difficoltà. Ove necessario, dispone interventi di sostegno psicologico e sociale (42) (43).

 

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(42)  Articolo così sostituito dall'art. 19, L. 28 marzo 2001, n. 149.

(43)  La Corte costituzionale, con ordinanza 6-14 maggio 2001, n. 192 (Gazz. Uff. 20 giugno 2001, n. 24, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 22 sollevata in riferimento agli artt. 24, primo e secondo comma, e 111, primo comma, della Cost.

 

Art. 23. 

1. L'affidamento preadottivo è revocato dal tribunale per i minorenni d'ufficio o su istanza del pubblico ministero o del tutore o di coloro che esercitano la vigilanza di cui all'articolo 22, comma 8, quando vengano accertate difficoltà di idonea convivenza ritenute non superabili. Il provvedimento relativo alla revoca è adottato dal tribunale per i minorenni, in camera di consiglio, con decreto motivato. Debbono essere sentiti, oltre al pubblico ministero ed al presentatore dell'istanza di revoca, il minore che abbia compiuto gli anni dodici e anche il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento, gli affidatari, il tutore e coloro che abbiano svolto attività di vigilanza o di sostegno.

2. Il decreto è comunicato al pubblico ministero, al presentatore dell'istanza di revoca, agli affidatari ed al tutore. Il decreto che dispone la revoca dell'affidamento preadottivo è annotato a cura del cancelliere entro dieci giorni a margine della trascrizione di cui all'articolo 18.

3. In caso di revoca, il tribunale per i minorenni adotta gli opportuni provvedimenti temporanei in favore del minore ai sensi dell'articolo 10, comma 3. Si applicano gli articoli 330 e seguenti del codice civile (44).

 

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(44)  Articolo così sostituito dall'art. 20, L. 28 marzo 2001, n. 149.

 

Art. 24. 

Il pubblico ministero e il tutore possono impugnare il decreto del tribunale relativo all'affidamento preadottivo o alla sua revoca, entro dieci giorni dalla comunicazione, con reclamo alla sezione per i minorenni della corte d'appello.

La corte d'appello, sentiti il ricorrente, il pubblico ministero e, ove occorra, le persone indicate nell'articolo 23 ed effettuati ogni altro accertamento ed indagine opportuni, decide in camera di consiglio con decreto motivato.

 

 

Capo IV

Della dichiarazione di adozione

 

Art. 25. 

1. Il tribunale per i minorenni che ha dichiarato lo stato di adottabilità, decorso un anno dall'affidamento, sentiti i coniugi adottanti, il minore che abbia compiuto gli anni dodici e il minore di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento, il pubblico ministero, il tutore e coloro che abbiano svolto attività di vigilanza o di sostegno, verifica che ricorrano tutte le condizioni previste dal presente capo e, senza altra formalità di procedura, provvede sull'adozione con sentenza in camera di consiglio, decidendo di fare luogo o di non fare luogo all'adozione. Il minore che abbia compiuto gli anni quattordici deve manifestare espresso consenso all'adozione nei confronti della coppia prescelta.

2. Qualora la domanda di adozione venga proposta da coniugi che hanno discendenti legittimi o legittimati, questi, se maggiori degli anni quattordici, debbono essere sentiti.

3. Nell'interesse del minore il termine di cui al comma 1 può essere prorogato di un anno, d'ufficio o su domanda dei coniugi affidatari, con ordinanza motivata.

4. Se uno dei coniugi muore o diviene incapace durante l'affidamento preadottivo, l'adozione, nell'interesse del minore, può essere ugualmente disposta ad istanza dell'altro coniuge nei confronti di entrambi, con effetto, per il coniuge deceduto, dalla data della morte.

5. Se nel corso dell'affidamento preadottivo interviene separazione tra i coniugi affidatari, l'adozione può essere disposta nei confronti di uno solo o di entrambi, nell'esclusivo interesse del minore, qualora il coniuge o i coniugi ne facciano richiesta.

6. La sentenza che decide sull'adozione è comunicata al pubblico ministero, ai coniugi adottanti ed al tutore.

7. Nel caso di provvedimento negativo viene meno l'affidamento preadottivo ed il tribunale per i minorenni assume gli opportuni provvedimenti temporanei in favore del minore ai sensi dell'articolo 10, comma 3. Si applicano gli articoli 330 e seguenti del codice civile (45).

 

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(45)  Articolo così sostituito dall'art. 21, L. 28 marzo 2001, n. 149.

 

Art. 26. 

1. Avverso la sentenza che dichiara se fare luogo o non fare luogo all'adozione, entro trenta giorni dalla notifica, può essere proposta impugnazione davanti alla sezione per i minorenni della Corte d'appello da parte del pubblico ministero, dagli adottanti e dal tutore del minore. La Corte d'appello, sentite le parti ed esperito ogni accertamento ritenuto opportuno, pronuncia sentenza. La sentenza è notificata d'ufficio alle parti per esteso.

2. Avverso la sentenza della Corte d'appello è ammesso ricorso per Cassazione, che deve essere proposto entro trenta giorni dalla notifica della stessa, solo per i motivi di cui al primo comma, numero 3, dell' articolo 360 del codice di procedura civile.

3. L'udienza di discussione dell'appello e del ricorso per Cassazione deve essere fissata entro sessanta giorni dal deposito dei rispettivi atti introduttivi.

4. La sentenza che pronuncia l'adozione, divenuta definitiva, è immediatamente trascritta nel registro di cui all'articolo 18 e comunicata all'ufficiale dello stato civile che la annota a margine dell'atto di nascita dell'adottato. A questo effetto, il cancelliere del giudice dell'impugnazione deve immediatamente dare comunicazione della definitività della sentenza al cancelliere del tribunale per i minorenni.

5. Gli effetti dell'adozione si producono dal momento della definitività della sentenza (46).

 

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(46)  Articolo così sostituito dall'art. 22, L. 28 marzo 2001, n. 149.

 

Art. 27. 

Per effetto dell'adozione l'adottato acquista lo stato di figlio legittimo degli adottanti, dei quali assume e trasmette il cognome.

Se l'adozione è disposta nei confronti della moglie separata, ai sensi dell'articolo 25, comma 5, l'adottato assume il cognome della famiglia di lei (47).

Con l'adozione cessano i rapporti dell'adottato verso la famiglia d'origine, salvi i divieti matrimoniali (48).

 

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(47)  Comma così modificato dall'art. 23, L. 28 marzo 2001, n. 149.

(48)  La Corte costituzionale, con ordinanza 8-16 luglio 2002, n. 350 (Gazz. Uff. 24 luglio 2002, n. 29, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 35, 27 e 28 nel testo modificato dalla legge 28 marzo 2001, n. 149 sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 10 e 11 della Costituzione.

 

Art. 28. 

1. Il minore adottato è informato di tale sua condizione ed i genitori adottivi vi provvedono nei modi e termini che essi ritengono più opportuni.

2. Qualunque attestazione di stato civile riferita all'adottato deve essere rilasciata con la sola indicazione del nuovo cognome e con l'esclusione di qualsiasi riferimento alla paternità e alla maternità del minore e dell'annotazione di cui all'articolo 26, comma 4.

3. L'ufficiale di stato civile, l'ufficiale di anagrafe e qualsiasi altro ente pubblico o privato, autorità o pubblico ufficio debbono rifiutarsi di fornire notizie, informazioni, certificazioni, estratti o copie dai quali possa comunque risultare il rapporto di adozione, salvo autorizzazione espressa dell'autorità giudiziaria. Non è necessaria l'autorizzazione qualora la richiesta provenga dall'ufficiale di stato civile, per verificare se sussistano impedimenti matrimoniali.

4. Le informazioni concernenti l'identità dei genitori biologici possono essere fornite ai genitori adottivi, quali esercenti la potestà dei genitori, su autorizzazione del tribunale per i minorenni, solo se sussistono gravi e comprovati motivi. Il tribunale accerta che l'informazione sia preceduta e accompagnata da adeguata preparazione e assistenza del minore. Le informazioni possono essere fornite anche al responsabile di una struttura ospedaliera o di un presidio sanitario, ove ricorrano i presupposti della necessità e della urgenza e vi sia grave pericolo per la salute del minore.

5. L'adottato, raggiunta l'età di venticinque anni, può accedere a informazioni che riguardano la sua origine e l'identità dei propri genitori biologici. Può farlo anche raggiunta la maggiore età, se sussistono gravi e comprovati motivi attinenti alla sua salute psico-fisica. L'istanza deve essere presentata al tribunale per i minorenni del luogo di residenza.

6. Il tribunale per i minorenni procede all'audizione delle persone di cui ritenga opportuno l'ascolto; assume tutte le informazioni di carattere sociale e psicologico, al fine di valutare che l'accesso alle notizie di cui al comma 5 non comporti grave turbamento all'equilibrio psico-fisico del richiedente. Definita l'istruttoria, il tribunale per i minorenni autorizza con decreto l'accesso alle notizie richieste.

7. L'accesso alle informazioni non è consentito nei confronti della madre che abbia dichiarato alla nascita di non volere essere nominata ai sensi dell'articolo 30, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396 (49) (50).

8. Fatto salvo quanto previsto dai commi precedenti, l'autorizzazione non è richiesta per l'adottato maggiore di età quando i genitori adottivi sono deceduti o divenuti irreperibili (51) (52).

 

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(49)  Comma così sostituito, a decorrere dal 1° gennaio 2004, dal comma 2 dell'art. 177, D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196.

(50) La Corte costituzionale, con sentenza 16-25 novembre 2005, n. 425 (Gazz. Uff. 30 novembre 2005, n. 48, 1ª Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 28, comma 7, nel testo modificato dall'art. 177, comma 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 sollevata in riferimento agli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione.

(51)  Articolo così sostituito dall'art. 24, L. 28 marzo 2001, n. 149.

(52)  La Corte costituzionale, con ordinanza 8-16 luglio 2002, n. 350 (Gazz. Uff. 24 luglio 2002, n. 29, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 35, 27 e 28 nel testo modificato dalla legge 28 marzo 2001, n. 149 sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 10 e 11 della Costituzione.

 

 

TITOLO III

Dell'adozione internazionale

 

Capo I

Dell'adozione di minori stranieri (53)

 

Art. 29. 

1. L'adozione di minori stranieri ha luogo conformemente ai princìpi e secondo le direttive della Convenzione per la tutela dei minori e la cooperazione in materia di adozione internazionale, fatta a L'Aja il 29 maggio 1993, di seguito denominata «Convenzione», a norma delle disposizioni contenute nella presente legge (54).

 

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(53)  L'intero Capo I (artt. da 29 a 39) è stato così sostituito, con gli articoli da 29 a 39-quater, dall'art. 3, L. 31 dicembre 1998, n. 476. Per l'istituzione del «Fondo per il sostegno delle adozioni internazionali» vedi il comma 152 dell'art. 1, L. 30 dicembre 2004, n. 311.

(54)  L'intero Capo I (artt. da 29 a 39) è stato così sostituito, con gli articoli da 29 a 39-quater, dall'art. 3, L. 31 dicembre 1998, n. 476.

 

Art. 29-bis. 

1. Le persone residenti in Italia, che si trovano nelle condizioni prescritte dall'articolo 6 e che intendono adottare un minore straniero residente all'estero, presentano dichiarazione di disponibilità al tribunale per i minorenni del distretto in cui hanno la residenza e chiedono che lo stesso dichiari la loro idoneità all'adozione.

2. Nel caso di cittadini italiani residenti in uno Stato straniero, fatto salvo quanto stabilito nell'articolo 36, comma 4, è competente il tribunale per i minorenni del distretto in cui si trova il luogo della loro ultima residenza; in mancanza, è competente il tribunale per i minorenni di Roma.

3. Il tribunale per i minorenni, se non ritiene di dover pronunciare immediatamente decreto di inidoneità per manifesta carenza dei requisiti, trasmette, entro quindici giorni dalla presentazione, copia della dichiarazione di disponibilità ai servizi degli enti locali.

4. I servizi socio-assistenziali degli enti locali singoli o associati, anche avvalendosi per quanto di competenza delle aziende sanitarie locali e ospedaliere, svolgono le seguenti attività:

a) informazione sull'adozione internazionale e sulle relative procedure, sugli enti autorizzati e sulle altre forme di solidarietà nei confronti dei minori in difficoltà, anche in collaborazione con gli enti autorizzati di cui all'articolo 39-ter;

b) preparazione degli aspiranti all'adozione, anche in collaborazione con i predetti enti;

c) acquisizione di elementi sulla situazione personale, familiare e sanitaria degli aspiranti genitori adottivi, sul loro ambiente sociale, sulle motivazioni che li determinano, sulla loro attitudine a farsi carico di un'adozione internazionale, sulla loro capacità di rispondere in modo adeguato alle esigenze di più minori o di uno solo, sulle eventuali caratteristiche particolari dei minori che essi sarebbero in grado di accogliere, nonché acquisizione di ogni altro elemento utile per la valutazione da parte del tribunale per i minorenni della loro idoneità all'adozione.

5. I servizi trasmettono al tribunale per i minorenni, in esito all'attività svolta, una relazione completa di tutti gli elementi indicati al comma 4, entro i quattro mesi successivi alla trasmissione della dichiarazione di disponibilità (55) (56) (57).

 

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(55)  L'intero Capo I (artt. da 29 a 39) è stato così sostituito, con gli articoli da 29 a 39-quater, dall'art. 3, L. 31 dicembre 1998, n. 476.

(56)  La Corte costituzionale, con ordinanza 12-27 marzo 2003, n. 85 (Gazz. Uff. 2 aprile 2003, n. 13, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 29-bis come introdotto con legge 31 dicembre 1998, n. 476 «e delle norme collegate», sollevata in riferimento agli artt. 2, 3 e 30 della Costituzione.

(57) La Corte costituzionale, con ordinanza 15-29 luglio 2005, n. 347 (Gazz. Uff. 3 agosto 2005, n. 31, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli articoli 29-bis, 31, secondo comma, 35, primo comma, 36, primo e secondo comma, e 44, sollevata in riferimento agli articoli 2, 3 e 30 della Costituzione.

 

Art. 30. 

1. Il tribunale per i minorenni, ricevuta la relazione di cui all'articolo 29-bis, comma 5, sente gli aspiranti all'adozione, anche a mezzo di un giudice delegato, dispone se necessario gli opportuni approfondimenti e pronuncia, entro i due mesi successivi, decreto motivato attestante la sussistenza ovvero l'insussistenza dei requisiti per adottare.

2. Il decreto di idoneità ad adottare ha efficacia per tutta la durata della procedura, che deve essere promossa dagli interessati entro un anno dalla comunicazione del provvedimento. Il decreto contiene anche indicazioni per favorire il migliore incontro tra gli aspiranti all'adozione ed il minore da adottare.

3. Il decreto è trasmesso immediatamente, con copia della relazione e della documentazione esistente negli atti, alla Commissione di cui all'articolo 38 e, se già indicato dagli aspiranti all'adozione, all'ente autorizzato di cui all'articolo 39-ter.

4. Qualora il decreto di idoneità, previo ascolto degli interessati, sia revocato per cause sopravvenute che incidano in modo rilevante sul giudizio di idoneità, il tribunale per i minorenni comunica immediatamente il relativo provvedimento alla Commissione ed all'ente autorizzato di cui al comma 3.

5. Il decreto di idoneità ovvero di inidoneità e quello di revoca sono reclamabili davanti alla corte d'appello, a termini degli articoli 739 e 740 del codice di procedura civile, da parte del pubblico ministero e degli interessati (58) (59).

 

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(58)  L'intero Capo I (artt. da 29 a 39) è stato così sostituito, con gli articoli da 29 a 39-quater, dall'art. 3, L. 31 dicembre 1998, n. 476.

(59)  La Corte costituzionale, con sentenza 28 gennaio-5 febbraio 1998, n. 10 (Gazz. Uff. 11 febbraio 1998, n. 6, Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 6 e 30, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 10 e 31 della Costituzione.

 

Art. 31. 

1. Gli aspiranti all'adozione, che abbiano ottenuto il decreto di idoneità, devono conferire incarico a curare la procedura di adozione ad uno degli enti autorizzati di cui all'articolo 39-ter.

2. Nelle situazioni considerate dall'articolo 44, primo comma, lettera a), il tribunale per i minorenni può autorizzare gli aspiranti adottanti, valutate le loro personalità, ad effettuare direttamente le attività previste alle lettere b), d), e), f) ed h) del comma 3 del presente articolo (60).

3. L'ente autorizzato che ha ricevuto l'incarico di curare la procedura di adozione:

a) informa gli aspiranti sulle procedure che inizierà e sulle concrete prospettive di adozione;

b) svolge le pratiche di adozione presso le competenti autorità del Paese indicato dagli aspiranti all'adozione tra quelli con cui esso intrattiene rapporti, trasmettendo alle stesse la domanda di adozione, unitamente al decreto di idoneità ed alla relazione ad esso allegata, affinché le autorità straniere formulino le proposte di incontro tra gli aspiranti all'adozione ed il minore da adottare;

c) raccoglie dall'autorità straniera la proposta di incontro tra gli aspiranti all'adozione ed il minore da adottare, curando che sia accompagnata da tutte le informazioni di carattere sanitario riguardanti il minore, dalle notizie riguardanti la sua famiglia di origine e le sue esperienze di vita;

d) trasferisce tutte le informazioni e tutte le notizie riguardanti il minore agli aspiranti genitori adottivi, informandoli della proposta di incontro tra gli aspiranti all'adozione ed il minore da adottare e assistendoli in tutte le attività da svolgere nel Paese straniero;

e) riceve il consenso scritto all'incontro tra gli aspiranti all'adozione ed il minore da adottare, proposto dall'autorità straniera, da parte degli aspiranti all'adozione, ne autentica le firme e trasmette l'atto di consenso all'autorità straniera, svolgendo tutte le altre attività dalla stessa richieste; l'autenticazione delle firme degli aspiranti adottanti può essere effettuata anche dall'impiegato comunale delegato all'autentica o da un notaio o da un segretario di qualsiasi ufficio giudiziario;

f) riceve dall'autorità straniera attestazione della sussistenza delle condizioni di cui all'articolo 4 della Convenzione e concorda con la stessa, qualora ne sussistano i requisiti, l'opportunità di procedere all'adozione ovvero, in caso contrario, prende atto del mancato accordo e ne dà immediata informazione alla Commissione di cui all'articolo 38 comunicandone le ragioni; ove sia richiesto dallo Stato di origine, approva la decisione di affidare il minore o i minori ai futuri genitori adottivi;

g) informa immediatamente la Commissione, il tribunale per i minorenni e i servizi dell'ente locale della decisione di affidamento dell'autorità straniera e richiede alla Commissione, trasmettendo la documentazione necessaria, l'autorizzazione all'ingresso e alla residenza permanente del minore o dei minori in Italia;

h) certifica la data di inserimento del minore presso i coniugi affidatari o i genitori adottivi;

i) riceve dall'autorità straniera copia degli atti e della documentazione relativi al minore e li trasmette immediatamente al tribunale per i minorenni e alla Commissione;

l) vigila sulle modalità di trasferimento in Italia e si adopera affinché questo avvenga in compagnia degli adottanti o dei futuri adottanti;

m) svolge in collaborazione con i servizi dell'ente locale attività di sostegno del nucleo adottivo fin dall'ingresso del minore in Italia su richiesta degli adottanti;

n) [certifica la durata delle necessarie assenze dal lavoro, ai sensi delle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 39-quater, nel caso in cui le stesse non siano determinate da ragioni di salute del bambino, nonché la durata del periodo di permanenza all'estero nel caso di congedo non retribuito ai sensi della lettera c) del medesimo comma 1 dell'articolo 39-quater] (61);

o) certifica, nell'ammontare complessivo agli effetti di quanto previsto dall'articolo 10, comma 1, lettera l-bis), del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, le spese sostenute dai genitori adottivi per l'espletamento della procedura di adozione (62).

 

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(60) La Corte costituzionale, con ordinanza 15-29 luglio 2005, n. 347 (Gazz. Uff. 3 agosto 2005, n. 31, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli articoli 29-bis, 31, secondo comma, 35, primo comma, 36, primo e secondo comma, e 44, sollevata in riferimento agli articoli 2, 3 e 30 della Costituzione.

(61)  Lettera abrogata dall'art. 86, D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151. Le disposizioni di cui alla presente lettera sono ora contenute negli articoli 27 e 37 del testo unico approvato con D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151.

(62)  L'intero Capo I (artt. da 29 a 39) è stato così sostituito, con gli articoli da 29 a 39-quater, dall'art. 3, L. 31 dicembre 1998, n. 476.

 

Art. 32. 

1. La Commissione di cui all'articolo 38, ricevuti gli atti di cui all'articolo 31 e valutate le conclusioni dell'ente incaricato, dichiara che l'adozione risponde al superiore interesse del minore e ne autorizza l'ingresso e la residenza permanente in Italia.

 

2. La dichiarazione di cui al comma 1 non è ammessa:

 

a) quando dalla documentazione trasmessa dall'autorità del Paese straniero non emerge la situazione di abbandono del minore e la constatazione dell'impossibilità di affidamento o di adozione nello Stato di origine;

 

 

b) qualora nel Paese straniero l'adozione non determini per l'adottato l'acquisizione dello stato di figlio legittimo e la cessazione dei rapporti giuridici fra il minore e la famiglia di origine, a meno che i genitori naturali abbiano espressamente consentito al prodursi di tali effetti.

 

3. Anche quando l'adozione pronunciata nello Stato straniero non produce la cessazione dei rapporti giuridici con la famiglia d'origine, la stessa può essere convertita in una adozione che produca tale effetto, se il tribunale per i minorenni la riconosce conforme alla Convenzione. Solo in caso di riconoscimento di tale conformità, è ordinata la trascrizione.

 

4. Gli uffici consolari italiani all'estero collaborano, per quanto di competenza, con l'ente autorizzato per il buon esito della procedura di adozione. Essi, dopo aver ricevuto formale comunicazione da parte della Commissione ai sensi dell'articolo 39, comma 1, lettera h), rilasciano il visto di ingresso per adozione a beneficio del minore adottando (63).

 

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(63)  L'intero Capo I (artt. da 29 a 39) è stato così sostituito, con gli articoli da 29 a 39-quater, dall'art. 3, L. 31 dicembre 1998, n. 476.

 

Art. 33. 

1. Fatte salve le ordinarie disposizioni relative all'ingresso nello Stato per fini familiari, turistici, di studio e di cura, non è consentito l'ingresso nello Stato a minori che non sono muniti di visto di ingresso rilasciato ai sensi dell'articolo 32 ovvero che non sono accompagnati da almeno un genitore o da parenti entro il quarto grado.

 

2. È fatto divieto alle autorità consolari italiane di concedere a minori stranieri il visto di ingresso nel territorio dello Stato a scopo di adozione, al di fuori delle ipotesi previste dal presente Capo e senza la previa autorizzazione della Commissione di cui all'articolo 38.

 

3. Coloro che hanno accompagnato alla frontiera un minore al quale non viene consentito l'ingresso in Italia provvedono a proprie spese al suo rimpatrio immediato nel Paese d'origine. Gli uffici di frontiera segnalano immediatamente il caso alla Commissione affinché prenda contatto con il Paese di origine del minore per assicurarne la migliore collocazione nel suo superiore interesse.

 

4. Il divieto di cui al comma 1 non opera nel caso in cui, per eventi bellici, calamità naturali o eventi eccezionali secondo quanto previsto dall'articolo 18 della legge 6 marzo 1998, n. 40, o per altro grave impedimento di carattere oggettivo, non sia possibile l'espletamento delle procedure di cui al presente Capo e sempre che sussistano motivi di esclusivo interesse del minore all'ingresso nello Stato. In questi casi gli uffici di frontiera segnalano l'ingresso del minore alla Commissione ed al tribunale per i minorenni competente in relazione al luogo di residenza di coloro che lo accompagnano.

 

5. Qualora sia comunque avvenuto l'ingresso di un minore nel territorio dello Stato al di fuori delle situazioni consentite, il pubblico ufficiale o l'ente autorizzato che ne ha notizia lo segnala al tribunale per i minorenni competente in relazione al luogo in cui il minore si trova. Il tribunale, adottato ogni opportuno provvedimento temporaneo nell'interesse del minore, provvede ai sensi dell'articolo 37-bis, qualora ne sussistano i presupposti, ovvero segnala la situazione alla Commissione affinché prenda contatto con il Paese di origine del minore e si proceda ai sensi dell'articolo 34 (64).

 

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(64)  L'intero Capo I (artt. da 29 a 39) è stato così sostituito, con gli articoli da 29 a 39-quater, dall'art. 3, L. 31 dicembre 1998, n. 476.

 

Art. 34. 

1. Il minore che ha fatto ingresso nel territorio dello Stato sulla base di un provvedimento straniero di adozione o di affidamento a scopo di adozione gode, dal momento dell'ingresso, di tutti i diritti attribuiti al minore italiano in affidamento familiare.

 

2. Dal momento dell'ingresso in Italia e per almeno un anno, ai fini di una corretta integrazione familiare e sociale, i servizi socio-assistenziali degli enti locali e gli enti autorizzati, su richiesta degli interessati, assistono gli affidatari, i genitori adottivi e il minore. Essi in ogni caso riferiscono al tribunale per i minorenni sull'andamento dell'inserimento, segnalando le eventuali difficoltà per gli opportuni interventi (65).

 

3. Il minore adottato acquista la cittadinanza italiana per effetto della trascrizione del provvedimento di adozione nei registri dello stato civile (66).

 

 

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(65)  La Corte costituzionale, con ordinanza 11-31 luglio 2002, n. 415 (Gazz. Uff. 7 agosto 2002, n. 31, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 34, comma 2, e 35, commi 3 e 6, così come modificati dalla legge 31 dicembre 1998, n. 476 sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

(66)  L'intero Capo I (artt. da 29 a 39) è stato così sostituito, con gli articoli da 29 a 39-quater, dall'art. 3, L. 31 dicembre 1998, n. 476.

 

Art. 35. 

1. L'adozione pronunciata all'estero produce nell'ordinamento italiano gli effetti di cui all'articolo 27 (67).

 

2. Qualora l'adozione sia stata pronunciata nello Stato estero prima dell'arrivo del minore in Italia, il tribunale verifica che nel provvedimento dell'autorità che ha pronunciato l'adozione risulti la sussistenza delle condizioni delle adozioni internazionali previste dall'articolo 4 della Convenzione.

 

3. Il tribunale accerta inoltre che l'adozione non sia contraria ai princìpi fondamentali che regolano nello Stato il diritto di famiglia e dei minori, valutati in relazione al superiore interesse del minore, e se sussistono la certificazione di conformità alla Convenzione di cui alla lettera i) e l'autorizzazione prevista dalla lettera h) del comma 1 dell'articolo 39, ordina la trascrizione del provvedimento di adozione nei registri dello stato civile (68).

 

4. Qualora l'adozione debba perfezionarsi dopo l'arrivo del minore in Italia, il tribunale per i minorenni riconosce il provvedimento dell'autorità straniera come affidamento preadottivo, se non contrario ai princìpi fondamentali che regolano nello Stato il diritto di famiglia e dei minori, valutati in relazione al superiore interesse del minore, e stabilisce la durata del predetto affidamento in un anno che decorre dall'inserimento del minore nella nuova famiglia. Decorso tale periodo, se ritiene che la sua permanenza nella famiglia che lo ha accolto è tuttora conforme all'interesse del minore, il tribunale per i minorenni pronuncia l'adozione e ne dispone la trascrizione nei registri dello stato civile. In caso contrario, anche prima che sia decorso il periodo di affidamento preadottivo, lo revoca e adotta i provvedimenti di cui all'articolo 21 della Convenzione. In tal caso il minore che abbia compiuto gli anni 14 deve sempre esprimere il consenso circa i provvedimenti da assumere; se ha raggiunto gli anni 12 deve essere personalmente sentito; se di età inferiore deve essere sentito ove ciò non alteri il suo equilibrio psico-emotivo, tenuto conto della valutazione dello psicologo nominato dal tribunale (69).

 

5. Competente per la pronuncia dei provvedimenti è il tribunale per i minorenni del distretto in cui gli aspiranti all'adozione hanno la residenza nel momento dell'ingresso del minore in Italia.

 

6. Fatto salvo quanto previsto nell'articolo 36, non può comunque essere ordinata la trascrizione nei casi in cui:

 

a) il provvedimento di adozione riguarda adottanti non in possesso dei requisiti previsti dalla legge italiana sull'adozione;

 

 

b) non sono state rispettate le indicazioni contenute nella dichiarazione di idoneità;

 

 

c) non è possibile la conversione in adozione produttiva degli effetti di cui all'articolo 27;

 

 

d) l'adozione o l'affidamento stranieri non si sono realizzati tramite le autorità centrali e un ente autorizzato;

 

 

e) l'inserimento del minore nella famiglia adottiva si è manifestato contrario al suo interesse (70) (71) (72).

 

 

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(67) La Corte costituzionale, con ordinanza 15-29 luglio 2005, n. 347 (Gazz. Uff. 3 agosto 2005, n. 31, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli articoli 29-bis, 31, secondo comma, 35, primo comma, 36, primo e secondo comma, e 44, sollevata in riferimento agli articoli 2, 3 e 30 della Costituzione.

 

(68)  La Corte costituzionale, con ordinanza 11-31 luglio 2002, n. 415 (Gazz. Uff. 7 agosto 2002, n. 31, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 34, comma 2, e 35, commi 3 e 6, così come modificati dalla legge 31 dicembre 1998, n. 476 sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

 

(69)  Comma così modificato dall'art. 32, L. 28 marzo 2001, n. 149.

 

(70)  L'intero Capo I (artt. da 29 a 39) è stato così sostituito, con gli articoli da 29 a 39-quater, dall'art. 3, L. 31 dicembre 1998, n. 476.

 

(71)  La Corte costituzionale, con ordinanza 8-16 luglio 2002, n. 350 (Gazz. Uff. 24 luglio 2002, n. 29, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 35, 27 e 28 nel testo modificato dalla legge 28 marzo 2001, n. 149 sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 10 e 11 della Costituzione.

 

(72)  La Corte costituzionale, con ordinanza 11-31 luglio 2002, n. 415 (Gazz. Uff. 7 agosto 2002, n. 31, serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 34, comma 2, e 35, commi 3 e 6, così come modificati dalla legge 31 dicembre 1998, n. 476 sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

 

Art. 36. 

1. L'adozione internazionale dei minori provenienti da Stati che hanno ratificato la Convenzione, o che nello spirito della Convenzione abbiano stipulato accordi bilaterali, può avvenire solo con le procedure e gli effetti previsti dalla presente legge (73).

 

2. L'adozione o l'affidamento a scopo adottivo, pronunciati in un Paese non aderente alla Convenzione né firmatario di accordi bilaterali, possono essere dichiarati efficaci in Italia a condizione che:

 

a) sia accertata la condizione di abbandono del minore straniero o il consenso dei genitori naturali ad una adozione che determini per il minore adottato l'acquisizione dello stato di figlio legittimo degli adottanti e la cessazione dei rapporti giuridici fra il minore e la famiglia d'origine;

 

 

b) gli adottanti abbiano ottenuto il decreto di idoneità previsto dall'articolo 30 e le procedure adottive siano state effettuate con l'intervento della Commissione di cui all'articolo 38 e di un ente autorizzato;

 

 

c) siano state rispettate le indicazioni contenute nel decreto di idoneità;

 

 

d) sia stata concessa l'autorizzazione prevista dall'articolo 39, comma 1, lettera h) (74).

 

3. Il relativo provvedimento è assunto dal tribunale per i minorenni che ha emesso il decreto di idoneità all'adozione. Di tale provvedimento è data comunicazione alla Commissione, che provvede a quanto disposto dall'articolo 39, comma 1, lettera e).

 

4. L'adozione pronunciata dalla competente autorità di un Paese straniero a istanza di cittadini italiani, che dimostrino al momento della pronuncia di aver soggiornato continuativamente nello stesso e di avervi avuto la residenza da almeno due anni, viene riconosciuta ad ogni effetto in Italia con provvedimento del tribunale per i minorenni, purché conforme ai princìpi della Convenzione (75).

 

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(73) La Corte costituzionale, con ordinanza 15-29 luglio 2005, n. 347 (Gazz. Uff. 3 agosto 2005, n. 31, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli articoli 29-bis, 31, secondo comma, 35, primo comma, 36, primo e secondo comma, e 44, sollevata in riferimento agli articoli 2, 3 e 30 della Costituzione.

(74) La Corte costituzionale, con ordinanza 15-29 luglio 2005, n. 347 (Gazz. Uff. 3 agosto 2005, n. 31, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli articoli 29-bis, 31, secondo comma, 35, primo comma, 36, primo e secondo comma, e 44, sollevata in riferimento agli articoli 2, 3 e 30 della Costituzione.

(75)  L'intero Capo I (artt. da 29 a 39) è stato così sostituito, con gli articoli da 29 a 39-quater, dall'art. 3, L. 31 dicembre 1998, n. 476.

 

Art. 37. 

1. Successivamente all'adozione, la Commissione di cui all'articolo 38 può comunicare ai genitori adottivi, eventualmente tramite il tribunale per i minorenni, solo le informazioni che hanno rilevanza per lo stato di salute dell'adottato.

 

2. Il tribunale per i minorenni che ha emesso i provvedimenti indicati dagli articoli 35 e 36 e la Commissione conservano le informazioni acquisite sull'origine del minore, sull'identità dei suoi genitori naturali e sull'anamnesi sanitaria del minore e della sua famiglia di origine.

 

3. Per quanto concerne l'accesso alle altre informazioni valgono le disposizioni vigenti in tema di adozione di minori italiani (76).

 

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(76)  L'intero Capo I (artt. da 29 a 39) è stato così sostituito, con gli articoli da 29 a 39-quater, dall'art. 3, L. 31 dicembre 1998, n. 476.

 

Art. 37-bis. 

1. Al minore straniero che si trova nello Stato in situazione di abbandono si applica la legge italiana in materia di adozione, di affidamento e di provvedimenti necessari in caso di urgenza (77).

 

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(77)  L'intero Capo I (artt. da 29 a 39) è stato così sostituito, con gli articoli da 29 a 39-quater, dall'art. 3, L. 31 dicembre 1998, n. 476.

 

Art. 38. 

1. Ai fini indicati dall'articolo 6 della Convenzione è costituita presso la Presidenza del Consiglio dei ministri la Commissione per le adozioni internazionali.

2. La Commissione è composta da:

a) un presidente nominato dal Presidente del Consiglio dei Ministri nella persona di un magistrato avente esperienza nel settore minorile ovvero di un dirigente dello Stato avente analoga specifica esperienza;

b) due rappresentanti della Presidenza del Consiglio dei Ministri;

c) un rappresentante del Ministero del lavoro e delle politiche sociali;

d) un rappresentante del Ministero degli affari esteri;

e) un rappresentante del Ministero dell'interno;

f) due rappresentanti del Ministero della giustizia;

g) un rappresentante del Ministero della salute;

h) un rappresentante del Ministero dell'economia e delle finanze;

i) un rappresentante del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca;

l) tre rappresentanti della Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;

m) tre rappresentanti designati, sulla base di apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da associazioni familiari a carattere nazionale, almeno uno dei quali designato dal Forum delle associazioni familiari (78).

3. Il presidente dura in carica quattro anni e l'incarico può essere rinnovato una sola volta (79).

4. I componenti della Commissione rimangono in carica quattro anni. [Con regolamento adottato dalla Commissione è assicurato l'avvicendamento graduale dei componenti della Commissione stessa allo scadere del termine di permanenza in carica] (80). [A tal fine il regolamento può prorogare la durata in carica dei componenti della Commissione per periodi non superiori ad un anno] (81) (82).

5. La Commissione si avvale di personale dei ruoli della Presidenza del Consiglio dei ministri e di altre amministrazioni pubbliche (83) (84).

 

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(78)  Comma così sostituito dall'art. 2, comma 1, lettera a), L. 16 gennaio 2003, n. 3. Vedi, anche, il comma 2 dello stesso articolo 2. Per l'abrogazione del presente comma vedi il comma 19-quinquies dell'art. 1, D.L. 18 maggio 2006, n. 181, aggiunto dalla relativa legge di conversione.

(79)  Comma così modificato dall'art. 39-duodetricies, D.L. 30 dicembre 2005, n. 273, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione. Per l'abrogazione del presente comma vedi il comma 19-quinquies dell'art. 1, D.L. 18 maggio 2006, n. 181, aggiunto dalla relativa legge di conversione.

(80)  Periodo soppresso dall'art. 2, comma 1, lettera b), L. 16 gennaio 2003, n. 3.

(81)  Periodo soppresso dall'art. 2, comma 1, lettera b), L. 16 gennaio 2003, n. 3.

(82) Per l'abrogazione del presente comma vedi il comma 19-quinquies dell'art. 1, D.L. 18 maggio 2006, n. 181, aggiunto dalla relativa legge di conversione.

(83)  L'intero Capo I (artt. da 29 a 39) è stato così sostituito, con gli articoli da 29 a 39-quater, dall'art. 3, L. 31 dicembre 1998, n. 476. Vedi, anche, l'art. 3-quinquies, D.L. 28 maggio 2004, n. 136, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(84) Per la composizione e la durata in carica della Commissione prevista dal presente articolo vedi, ora, gli articoli da 2 a 5, D.P.R. 8 giugno 2007, n. 108.

 

Art. 39. 

1. La Commissione per le adozioni internazionali:

a) collabora con le autorità centrali per le adozioni internazionali degli altri Stati, anche raccogliendo le informazioni necessarie, ai fini dell'attuazione delle convenzioni internazionali in materia di adozione;

b) propone la stipulazione di accordi bilaterali in materia di adozione internazionale;

c) autorizza l'attività degli enti di cui all'articolo 39-ter, cura la tenuta del relativo albo, vigila sul loro operato, lo verifica almeno ogni tre anni, revoca l'autorizzazione concessa nei casi di gravi inadempienze, insufficienze o violazione delle norme della presente legge. Le medesime funzioni sono svolte dalla Commissione con riferimento all'attività svolta dai servizi per l'adozione internazionale, di cui all'articolo 39-bis (85);

d) agisce al fine di assicurare l'omogenea diffusione degli enti autorizzati sul territorio nazionale e delle relative rappresentanze nei Paesi stranieri;

e) conserva tutti gli atti e le informazioni relativi alle procedure di adozione internazionale;

f) promuove la cooperazione fra i soggetti che operano nel campo dell'adozione internazionale e della protezione dei minori;

g) promuove iniziative di formazione per quanti operino o intendano operare nel campo dell'adozione;

h) autorizza l'ingresso e il soggiorno permanente del minore straniero adottato o affidato a scopo di adozione;

i) certifica la conformità dell'adozione alle disposizioni della Convenzione, come previsto dall'articolo 23, comma 1, della Convenzione stessa;

l) per le attività di informazione e formazione, collabora anche con enti diversi da quelli di cui all'articolo 39-ter.

2. La decisione dell'ente autorizzato di non concordare con l'autorità straniera l'opportunità di procedere all'adozione è sottoposta ad esame della Commissione, su istanza dei coniugi interessati; ove non confermi il precedente diniego, la Commissione può procedere direttamente, o delegando altro ente o ufficio, agli incombenti di cui all'articolo 31.

3. La Commissione attua incontri periodici con i rappresentanti degli enti autorizzati al fine di esaminare le problematiche emergenti e coordinare la programmazione degli interventi attuativi dei princìpi della Convenzione.

4. La Commissione presenta al Presidente del Consiglio dei ministri, che la trasmette al Parlamento, una relazione biennale sullo stato delle adozioni internazionali, sullo stato della attuazione della Convenzione e sulla stipulazione di accordi bilaterali anche con Paesi non aderenti alla stessa (86) (87).

 

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(85)  Con Delib. 31 maggio 2001, n. 2/2001/AE/AUT/ALBO (Gazz. Uff. 14 giugno 2001, n. 136, S.O.), modificata con Delib. 3 ottobre 2001 (Gazz. Uff. 13 ottobre 2001, n. 239), con Delib. 17 novembre 2001, n. 12/2001/AE/ALBO (Gazz. Uff. 6 dicembre 2001, n. 284) e con Delib. 9 gennaio 2002, n. 3/2002/AE/ALBO (Gazz. Uff. 28 gennaio 2002, n. 23), è stato formato l'albo degli enti autorizzati allo svolgimento di pratiche di adozione internazionale. Successivamente, con Delib. 14 novembre 2002, n. 120/2002/AE/ALBO (Gazz. Uff. 30 novembre 2002, n. 281, S.O.), modificata con Comunicato 22 marzo 2003 (Gazz. Uff. 22 marzo 2003, n. 68), con Comunicato 27 giugno 2003 (Gazz. Uff. 27 giugno 2003, n. 147), con Comunicato 10 settembre 2003 (Gazz. Uff. 10 settembre 2003, n. 210), con Comunicato 14 novembre 2003 (Gazz. Uff. 14 novembre 2003, n. 265), con Comunicato 13 dicembre 2003 (Gazz. Uff. 13 dicembre 2003, n. 289), con Comunicato 3 agosto 2004 (Gazz. Uff. 3 agosto 2004, n. 180), con Comunicato 25 agosto 2004 (Gazz. Uff. 25 agosto 2004, n. 199), con Comunicato 3 settembre 2004 (Gazz. Uff. 3 settembre 2004, n. 207) e con Comunicato 2 dicembre 2004 (Gazz. Uff. 2 dicembre 2004, n. 283), è stato formato, in sostituzione del precedente, l'albo degli enti autorizzati allo svolgimento di procedure di adozione internazionale. Con Delib. 9 gennaio 2002, n. 1/2002/AE/ALBO, con Delib. 20 marzo 2003, n. 39/2003/SG, con Del. 17 dicembre 2003, n. 172/2003 e con Del. 1° marzo 2005, n. 3/2005/SG, sono state approvate le linee guida per l'ente autorizzato allo svolgimento di procedure di adozione di minori stranieri. Con Del. 17 dicembre 2003, n. 163 (Gazz. Uff. 2 gennaio 2004, n. 1, S.O.), rettificata con Comunicato 7 febbraio 2004 (Gazz. Uff. 7 febbraio 2004, n. 31), è stato formato, in sostituzione del precedente, il nuovo albo degli enti autorizzati allo svolgimento di procedure di adozione internazionale. Con Del. 20 dicembre 2004, n. 36/2004/SG/AE/AUT/ALBO (Gazz. Uff. 31 dicembre 2004, n. 306, S.O.), modificata con Comunicato 2 maggio 2005 (Gazz. Uff. 2 maggio 2005, n. 100), con Del. 25 luglio 2005, n. 4/2005/AE/REV (Gazz. Uff. 11 agosto 2005, n. 186) e con Del. 27 settembre 2005, n. 5/2005/AE/AUT (Gazz. Uff. 25 novembre 2005, n. 275), è stato formato, in sostituzione del precedente, il nuovo albo degli enti autorizzati allo svolgimento di procedure di adozione internazionale. Con Del. 19 dicembre 2005, n. 20/2005/SG/AE/AUT/ALBO (Gazz. Uff. 1° aprile 2006, n. 77, S.O.), modificata con Comunicato 22 giugno 2006 (Gazz. Uff. 22 giugno 2006, n. 143, S.O.) e con Comunicato 10 luglio 2006 (Gazz. Uff. 10 luglio 2006, n. 158) è stato formato, in sostituzione del precedente, il nuovo albo degli enti autorizzati allo svolgimento di procedure di adozione internazionale. Da ultimo, con Del. 20 dicembre 2006, n. 12/2006/SG/AE/AUT/ALBO (Gazz. Uff. 29 dicembre 2006, n. 301, S.O.), modificata con Comunicato 15 ottobre 2007 (Gazz. Uff. 15 ottobre 2007, n. 240, S.O.) e con Comunicato 10 novembre 2007 (Gazz. Uff. 10 novembre 2007, n. 262), è stato formato, in sostituzione del precedente, il nuovo albo degli enti autorizzati allo svolgimento di procedure di adozione internazionale. Con Comunicato 23 marzo 2010 (Gazz.Uff. 23 marzo 2010, n. 68) è stato aggiornato l'albo degli enti autorizzati allo svolgimento di procedure di adozione internazionale.

(86)  L'intero Capo I (artt. da 29 a 39) è stato così sostituito, con gli articoli da 29 a 39-quater, dall'art. 3, L. 31 dicembre 1998, n. 476.

(87) Per l'abrogazione del presente articolo vedi il comma 19-quinquies dell'art. 1, D.L. 18 maggio 2006, n. 181, aggiunto dalla relativa legge di conversione. Per i compiti della Commissione per le adozioni internazionali vedi, ora, l'art. 6, D.P.R. 8 giugno 2007, n. 108.

 

Art. 39-bis. 

1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano nell'ambito delle loro competenze:

a) concorrono a sviluppare una rete di servizi in grado di svolgere i compiti previsti dalla presente legge;

b) vigilano sul funzionamento delle strutture e dei servizi che operano nel territorio per l'adozione internazionale, al fine di garantire livelli adeguati di intervento;

c) promuovono la definizione di protocolli operativi e convenzioni fra enti autorizzati e servizi, nonché forme stabili di collegamento fra gli stessi e gli organi giudiziari minorili.

2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono istituire un servizio per l'adozione internazionale che sia in possesso dei requisiti di cui all'articolo 39-ter e svolga per le coppie che lo richiedano al momento della presentazione della domanda di adozione internazionale le attività di cui all'articolo 31, comma 3.

3. I servizi per l'adozione internazionale di cui al comma 2 sono istituiti e disciplinati con legge regionale o provinciale in attuazione dei princìpi di cui alla presente legge. Alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano sono delegate le funzioni amministrative relative ai servizi per l'adozione internazionale (88).

 

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(88)  L'intero Capo I (artt. da 29 a 39) è stato così sostituito, con gli articoli da 29 a 39-quater, dall'art. 3, L. 31 dicembre 1998, n. 476.

 

Art. 39-ter. 

1. Al fine di ottenere l'autorizzazione prevista dall'articolo 39, comma 1, lettera c), e per conservarla, gli enti debbono essere in possesso dei seguenti requisiti:

a) essere diretti e composti da persone con adeguata formazione e competenza nel campo dell'adozione internazionale, e con idonee qualità morali;

b) avvalersi dell'apporto di professionisti in campo sociale, giuridico e psicologico, iscritti al relativo albo professionale, che abbiano la capacità di sostenere i coniugi prima, durante e dopo l'adozione;

c) disporre di un'adeguata struttura organizzativa in almeno una regione o in una provincia autonoma in Italia e delle necessarie strutture personali per operare nei Paesi stranieri in cui intendono agire;

d) non avere fini di lucro, assicurare una gestione contabile assolutamente trasparente, anche sui costi necessari per l'espletamento della procedura, ed una metodologia operativa corretta e verificabile;

e) non avere e non operare pregiudiziali discriminazioni nei confronti delle persone che aspirano all'adozione, ivi comprese le discriminazioni di tipo ideologico e religioso;

f) impegnarsi a partecipare ad attività di promozione dei diritti dell'infanzia, preferibilmente attraverso azioni di cooperazione allo sviluppo, anche in collaborazione con le organizzazioni non governative, e di attuazione del principio di sussidiarietà dell'adozione internazionale nei Paesi di provenienza dei minori;

g) avere sede legale nel territorio nazionale (89) (90).

 

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(89)  L'intero Capo I (artt. da 29 a 39) è stato così sostituito, con gli articoli da 29 a 39-quater, dall'art. 3, L. 31 dicembre 1998, n. 476.

(90) Con Del. 28 ottobre 2008, n. 13/2008/SG (Gazz. Uff. 11 dicembre 2008, n. 289, n. 289, S.O.) sono stati approvati i criteri per l'autorizzazione all'attività degli enti previsti dal presente articolo e sono state disciplinate le modalità di iscrizione nel relativo albo. Vedi, anche, l'art. 11, D.P.R. 8 giugno 2007, n. 108.

 

Art. 39-quater.

 [1. Fermo restando quanto previsto in altre disposizioni di legge, i genitori adottivi e coloro che hanno un minore in affidamento preadottivo hanno diritto a fruire dei seguenti benefìci:

a) l'astensione dal lavoro, quale regolata dall'articolo 6, primo comma, della legge 9 dicembre 1977, n. 903, anche se il minore adottato ha superato i sei anni di età (91);

b) l'assenza dal lavoro, quale regolata dall'articolo 6, secondo comma, e dall'articolo 7 della predetta legge n. 903 del 1977, sino a che il minore adottato non abbia raggiunto i sei anni di età (92);

c) congedo di durata corrispondente al periodo di permanenza nello Stato straniero richiesto per l'adozione (93) (94)] (95).

 

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(91)  Le disposizioni di cui alla presente lettera sono ora contenute nell'articolo 27 del testo unico approvato con D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151.

(92)  Le disposizioni di cui alla presente lettera sono ora contenute nell'articolo 37 del testo unico approvato con D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151.

(93)  Le disposizioni di cui alla presente lettera sono ora contenute nell'articolo 27 del testo unico approvato con D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151.

(94)  L'intero Capo I (artt. da 29 a 39) è stato così sostituito, con gli articoli da 29 a 39-quater, dall'art. 3, L. 31 dicembre 1998, n. 476.

(95)  Articolo abrogato dall'art. 86, D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151.

 

 

Capo II

Dell'espatrio di minori a scopo di adozione

 

Art. 40. 

I residenti all'estero, stranieri o cittadini italiani, che intendono adottare un cittadino italiano minore di età, devono presentare domanda al console italiano competente per territorio, che la inoltra al tribunale per i minorenni del distretto dove si trova il luogo di dimora del minore, ovvero il luogo del suo ultimo domicilio; in mancanza di dimora o di precedente domicilio nello Stato, è competente il tribunale per i minorenni di Roma.

Agli stranieri stabilmente residenti in Paesi che hanno ratificato la Convenzione, in luogo della procedura disciplinata dal primo comma si applicano le procedure stabilite nella Convenzione per quanto riguarda l'intervento ed i compiti delle autorità centrali e degli enti autorizzati. Per il resto si applicano le disposizioni della presente legge (96).

 

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(96)  Comma aggiunto dall'art. 5, L. 31 dicembre 1998, n. 476.

 

Art. 41. 

Il console del luogo ove risiedono gli adottanti vigila sul buon andamento dell'affidamento preadottivo avvalendosi, ove lo ritenga opportuno, dell'ausilio di idonee organizzazioni assistenziali italiane o straniere.

Qualora insorgano difficoltà di ambientamento del minore nella famiglia dei coniugi affidatari o si verifichino, comunque, fatti incompatibili con l'affidamento preadottivo, il console deve immediatamente darne notizia scritta al tribunale per i minorenni che ha pronunciato l'affidamento.

Il console del luogo ove risiede il minore vigila per quanto di propria competenza perché i provvedimenti dell'autorità italiana relativi al minore abbiano esecuzione e se del caso provvede al rimpatrio del minore.

Nel caso di adozione di minore stabilmente residente in Italia da parte di cittadini stranieri residenti stabilmente in Paesi che hanno ratificato la Convenzione, le funzioni attribuite al console dal presente articolo sono svolte dall'autorità centrale straniera e dall'ente autorizzato (97).

 

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(97)  Comma aggiunto dall'art. 5, L. 31 dicembre 1998, n. 476.

 

Art. 42. 

Qualora sia in corso nel territorio dello Stato un procedimento di adozione di un minore affidato a stranieri, o a cittadini italiani residenti all'estero, non può essere reso esecutivo un provvedimento di adozione dello stesso minore pronunciato da autorità straniera.

 

Art. 43. 

Le disposizioni di cui ai commi 4 e 5 dell'articolo 9 si applicano anche ai cittadini italiani residenti all'estero (98).

Per quanto riguarda lo svolgimento delle funzioni consolari, si applicano, in quanto compatibili, gli articoli 34, 35 e 36 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, numero 200.

Competente ad accertare la situazione di abbandono del cittadino minore di età che si trovi all'estero e a disporre i conseguenti provvedimenti temporanei nel suo interesse ai sensi dell'articolo 10, compreso se del caso il rimpatrio, è il tribunale per i minorenni del distretto ove si trova il luogo di ultimo domicilio del minore; in mancanza di precedente domicilio nello Stato è competente il tribunale per i minorenni di Roma.

 

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(98)  Comma così modificato dall'art. 33, L. 28 marzo 2001, n. 149.

 

 

TITOLO IV

Dell'adozione in casi particolari

 

Capo I

Dell'adozione in casi particolari e dei suoi effetti

 

Art. 44. 

1. I minori possono essere adottati anche quando non ricorrono le condizioni di cui al comma 1 dell'articolo 7:

a) da persone unite al minore da vincolo di parentela fino al sesto grado o da preesistente rapporto stabile e duraturo, quando il minore sia orfano di padre e di madre;

b) dal coniuge nel caso in cui il minore sia figlio anche adottivo dell'altro coniuge ;

c) quando il minore si trovi nelle condizioni indicate dall'articolo 3, comma 1, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e sia orfano di padre e di madre;

d) quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo.

2. L'adozione, nei casi indicati nel comma 1, è consentita anche in presenza di figli legittimi.

3. Nei casi di cui alle lettere a), c), e d) del comma 1 l'adozione è consentita, oltre che ai coniugi, anche a chi non è coniugato. Se l'adottante è persona coniugata e non separata, l'adozione può essere tuttavia disposta solo a seguito di richiesta da parte di entrambi i coniugi.

4. Nei casi di cui alle lettere a) e d) del comma 1 l'età dell'adottante deve superare di almeno diciotto anni quella di coloro che egli intende adottare (99) (100).

 

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(99)  Articolo così sostituito dall'art. 25, L. 28 marzo 2001, n. 149. In precedenza, la Corte costituzionale, con sentenza 31 gennaio-2 febbraio 1990, n. 44 (Gazz. Uff. 7 febbraio 1990, n. 6 - Serie speciale), aveva dichiarato l'illegittimità dell'art. 44, quinto comma, nella parte in cui, limitatamente al disposto della lettera b) del primo comma, non consentiva al giudice competente di ridurre, in presenza di validi motivi per la realizzazione dell'unità familiare, l'intervallo di età a diciotto anni.

(100) La Corte costituzionale, con ordinanza 15-29 luglio 2005, n. 347 (Gazz. Uff. 3 agosto 2005, n. 31, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli articoli 29-bis, 31, secondo comma, 35, primo comma, 36, primo e secondo comma, e 44, sollevata in riferimento agli articoli 2, 3 e 30 della Costituzione.

 

Art. 45. 

1. Nel procedimento di adozione nei casi previsti dall'articolo 44 si richiede il consenso dell'adottante e dell'adottando che abbia compiuto il quattordicesimo anno di età.

2. Se l'adottando ha compiuto gli anni dodici deve essere personalmente sentito; se ha una età inferiore, deve essere sentito, in considerazione della sua capacità di discernimento.

3. In ogni caso, se l'adottando non ha compiuto gli anni quattordici, l'adozione deve essere disposta dopo che sia stato sentito il suo legale rappresentante.

4. Quando l'adozione deve essere disposta nel caso previsto dall'articolo 44, comma 1, lettera c), deve essere sentito il legale rappresentante dell'adottando in luogo di questi, se lo stesso non può esserlo o non può prestare il proprio consenso ai sensi del presente articolo a causa delle sue condizioni di minorazione (101).

 

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(101)  Articolo così sostituito dall'art. 26, L. 28 marzo 2001, n. 149. In precedenza, la Corte costituzionale, con sentenza 10-18 febbraio 1988, n. 182 (Gazz. Uff. 24 febbraio 1988, n. 8 - Serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 45, secondo comma, nella parte in cui è previsto il consenso anziché l'audizione del legale rappresentante del minore.

 

Art. 46. 

Per l'adozione è necessario l'assenso dei genitori e del coniuge dell'adottando.

Quando è negato l'assenso previsto dal primo comma, il tribunale, sentiti gli interessati, su istanza dell'adottante, può, ove ritenga il rifiuto ingiustificato o contrario all'interesse dell'adottando, pronunziare ugualmente l'adozione, salvo che l'assenso sia stato rifiutato dai genitori esercenti la potestà o dal coniuge, se convivente, dell'adottando. Parimenti il tribunale può pronunciare l'adozione quando è impossibile ottenere l'assenso per incapacità o irreperibilità delle persone chiamate ad esprimerlo (102).

 

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(102) La Corte costituzionale, con sentenza 10-20 luglio 2007, n. 315 (Gazz. Uff. 25 luglio 2007, n. 29, 1ª Serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 44, comma 1, lettera b), sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione; ha inoltre dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 46, secondo comma, sollevata in riferimento agli artt. 2 e 31 della Costituzione.

 

Art. 47.

1. L'adozione produce i suoi effetti dalla data della sentenza che la pronuncia. Finché la sentenza non è emanata, tanto l'adottante quanto l'adottando possono revocare il loro consenso.

2. Se uno dei coniugi muore dopo la prestazione del consenso e prima della emanazione della sentenza, si può procedere, su istanza dell'altro coniuge, al compimento degli atti necessari per l'adozione.

3. Se l'adozione è ammessa, essa produce i suoi effetti dal momento della morte dell'adottante (103).

 

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(103)  Articolo così sostituito dall'art. 27, L. 28 marzo 2001, n. 149.

 

Art. 48. 

Se il minore è adottato da due coniugi, o dal coniuge di uno dei genitori, la potestà sull'adottato ed il relativo esercizio spettano ad entrambi.

L'adottante ha l'obbligo di mantenere l'adottato, di istruirlo ed educarlo conformemente a quanto prescritto dall' articolo 147 del codice civile.

Se l'adottato ha beni propri, l'amministrazione di essi, durante la minore età dell'adottato stesso, spetta all'adottante, il quale non ne ha l'usufrutto legale, ma può impiegare le rendite per le spese di mantenimento, istruzione ed educazione del minore con l'obbligo di investirne l'eccedenza in modo fruttifero. Si applicano le disposizioni dell' articolo 382 del codice civile.

 

Art. 49. 

1. L'adottante deve fare l'inventario dei beni dell'adottato e trasmetterlo al giudice tutelare entro trenta giorni dalla data della comunicazione della sentenza di adozione. Si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni contenute nella sezione III del capo I del titolo X del libro primo del codice civile.

2. L'adottante che omette di fare l'inventario nel termine stabilito o fa un inventario infedele può essere privato dell'amministrazione dei beni dal giudice tutelare, salvo l'obbligo del risarcimento dei danni (104).

 

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(104)  Articolo così sostituito dall'art. 28, L. 28 marzo 2001, n. 149.

 

Art. 50. 

Se cessa l'esercizio da parte, dell'adottante o degli adottanti della potestà, il tribunale per i minorenni su istanza dell'adottato, dei suoi parenti o affini o del pubblico ministero, o anche d'ufficio, può emettere i provvedimenti opportuni circa la cura della persona dell'adottato, la sua rappresentanza e l'amministrazione dei suoi beni, anche se ritiene conveniente che l'esercizio della potestà sia ripreso dai genitori. Si applicano le norme di cui agli articoli 330 e seguenti del codice civile.

Art. 51. 

La revoca dell'adozione può essere pronunciata dal tribunale su domanda dell'adottante, quando l'adottato maggiore di quattordici anni abbia attentato alla vita di lui o del suo coniuge, dei suoi discendenti o ascendenti, ovvero si sia reso colpevole verso di loro di delitto punibile con pena restrittiva della libertà personale non inferiore nel minimo a tre anni.

Se l'adottante muore in conseguenza dell'attentato, la revoca dell'adozione può essere chiesta da coloro ai quali si devolverebbe l'eredità in mancanza dell'adottato e dei suoi discendenti.

Il tribunale, assunte informazioni ed effettuato ogni opportuno accertamento e indagine, sentiti il pubblico ministero, l'adottante e l'adottato, pronuncia la sentenza.

Il tribunale, sentito il pubblico ministero ed il minore, può emettere altresì i provvedimenti opportuni con decreto in camera di consiglio circa la cura della persona del minore, la rappresentanza e l'amministrazione dei beni.

Si applicano gli articoli 330 e seguenti del codice civile.

Nei casi in cui siano adottati i provvedimenti di cui al quarto comma, il tribunale li segnala al giudice tutelare ai fini della nomina di un tutore.

 

Art. 52. 

Quando i fatti previsti nell'articolo precedente sono stati compiuti dall'adottante contro l'adottato, oppure contro il coniuge o i discendenti o gli ascendenti di lui, la revoca può essere pronunciata su domanda dell'adottato o su istanza del pubblico ministero.

Il tribunale, assunte informazioni ed effettuato ogni opportuno accertamento e indagine, sentiti il pubblico ministero, l'adottante e l'adottato che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore, in considerazione della sua capacità di discernimento pronuncia sentenza (105).

Inoltre il tribunale, sentiti il pubblico ministero ed il minore che abbia compiuto gli anni dodici e, se opportuno, anche di età inferiore, può dare provvedimenti opportuni con decreto in camera di consiglio circa la cura della persona del minore, la sua rappresentanza e l'amministrazione dei beni, anche se ritiene conveniente che l'esercizio della potestà sia ripreso dai genitori.

Si applicano gli articoli 330 e seguenti del codice civile.

Nei casi in cui siano adottati i provvedimenti di cui al terzo comma il tribunale li segnala al giudice tutelare al fine della nomina di un tutore.

 

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(105)  Comma così modificato dall'art. 32, L. 28 marzo 2001, n. 149.

 

Art. 53. 

La revoca dell'adozione può essere promossa dal pubblico ministero in conseguenza della violazione dei doveri incombenti sugli adottanti.

Si applicano le disposizioni di cui ai precedenti articoli.

 

Art. 54. 

Gli effetti dell'adozione cessano quando passa in giudicato la sentenza di revoca.

Se tuttavia la revoca è pronunziata dopo la morte dell'adottante per fatto imputabile all'adottato, l'adottato e i suoi discendenti sono esclusi dalla successione dell'adottante.

 

Art. 55. 

Si applicano al presente capo le disposizioni degli articoli 293, 294, 295, 299, 300 e 304 del codice civile (106).

 

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(106)  La Corte costituzionale, con sentenza 17-24 giugno 2002, n. 268 (Gazz. Uff. 3 luglio 2002, n. 26, serie speciale), ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 55 sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, secondo comma, 30, terzo comma, e 31, secondo comma, della Costituzione.

 

Capo II

Delle forme dell'adozione in casi particolari.

 

Art. 56. 

Competente a pronunciarsi sull'adozione è il tribunale per i minorenni del distretto dove si trova il minore.

Il consenso dell'adottante e dell'adottando che ha compiuto i quattordici anni e del legale rappresentante dell'adottando deve essere manifestato personalmente al presidente del tribunale o ad un giudice da lui delegato (107).

L'assenso delle persone indicate nell'articolo 46 può essere dato da persona munita di procura speciale rilasciata per atto pubblico o per scrittura privata autenticata.

Si applicano gli articoli 313 e 314 del codice civile, ferma restando la competenza del tribunale per i minorenni e della sezione per i minorenni e della sezione per i minorenni della corte di appello (108).

 

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(107)  La Corte costituzionale, con sentenza 10-18 febbraio 1988, n. 182 (Gazz. Uff. 24 febbraio 1988, n. 8 - Serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 56, secondo comma, nella parte in cui è previsto il consenso anziché l'audizione del legale rappresentante il minore.

(108)  La Corte costituzionale, con sentenza 25-29 ottobre 1999, n. 401 (Gazz. Uff. 3 novembre 1999, n. 44, serie speciale), ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 56, quarto comma, in relazione all'art. 313 del codice civile, sollevata in riferimento agli artt. 3, 24 e 30 della Costituzione.

 

Art. 57. 

Il tribunale verifica:

1) se ricorrono le circostanze di cui all'articolo 44;

2) se l'adozione realizza il preminente interesse del minore.

A tal fine il tribunale per i minorenni, sentiti i genitori dell'adottando, dispone l'esecuzione di adeguate indagini da effettuarsi, tramite i servizi locali e gli organi di pubblica sicurezza, sull'adottante, sul minore e sulla di lui famiglia.

L'indagine dovrà riguardare in particolare:

a) l'idoneità affettiva e la capacità di educare e istruire il minore, la situazione personale ed economica, la salute, l'ambiente familiare degli adottanti (109);

b) i motivi per i quali l'adottante desidera adottare il minore;

c) la personalità del minore;

d) la possibilità di idonea convivenza, tenendo conto della personalità dell'adottante e del minore.

 

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(109)  Lettera così sostituita dall'art. 29, L. 28 marzo 2001, n. 149.

 

TITOLO V

Modifiche al titolo VIII del libro I del codice civile

 

Art. 58.  ... (110).

 

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(110)  Sostituisce l'intitolazione del titolo VIII del libro I del codice civile.

 

Art. 59.  ... (111).

 

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(111)  Sostituisce l'intitolazione del Capo I del titolo VIII del libro I del codice civile.

 

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60.  Le disposizioni di cui al capo I del titolo VIII del libro I del codice civile non si applicano alle persone minori di età.

 

Art. 61.  ... (112).

 

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(112)  Sostituisce l' art. 299 del codice civile.

 

Art. 62.  ... (113).

 

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(113)  Sostituisce l' art. 307 del codice civile.

 

Art. 63.  ... (114).

 

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(114)  Sostituisce l'intitolazione del Capo II del titolo VIII del titolo I del codice civile.

 

Art. 64.  ... (115).

 

 

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(115)  Sostituisce l' art. 312 del codice civile.

 

Art. 65.  ... (116).

 

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(116)  Sostituisce l' art. 313 del codice civile.

 

Art. 66.  ... (117).

 

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(117)  Sostituisce i primi due commi dell' art. 314 del codice civile.

 

Art. 67. 

Sono abrogati: il secondo e il terzo comma dell'articolo 293, il secondo e il terzo comma dell' articolo 296, gli articoli 301, 302, 303, 308 e 310 del codice civile.

È abrogato altresì il capo III del titolo VIII del libro I del codice civile.

 

 

TITOLO VI

Norme finali, penali e transitorie

 

Art. 68.  ... (118).

 

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(118)  Sostituisce il primo comma dell' art. 38, disp. att. del codice civile.

 

Art. 69. 

In aggiunta a quanto disposto nell' articolo 51 delle disposizioni di attuazione del codice civile, nel registro delle tutele devono essere annotati i provvedimenti emanati dal tribunale per i minorenni ai sensi dell'articolo 10 della presente legge.

 

Art. 70. 

1. I pubblici ufficiali o gli incaricati di un pubblico servizio che omettono di riferire alla procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni sulle condizioni di ogni minore in situazione di abbandono di cui vengano a conoscenza in ragione del proprio ufficio, sono puniti ai sensi dell' articolo 328 del codice penale. Gli esercenti un servizio di pubblica necessità sono puniti con la pena della reclusione fino ad un anno o con la multa da lire 500.000 a lire 2.500.000.

2. I rappresentanti degli istituti di assistenza pubblici o privati che omettono di trasmettere semestralmente alla procura della Repubblica presso il tribunale per i minorenni l'elenco di tutti i minori ricoverati o assistiti, ovvero forniscono informazioni inesatte circa i rapporti familiari concernenti i medesimi, sono puniti con la pena della reclusione fino ad un anno o con la multa da lire 500.000 a lire 5.000.000 (119).

 

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(119)  Articolo così sostituito dall'art. 34, L. 28 marzo 2001, n. 149.

 

Art. 71. 

Chiunque, in violazione delle norme di legge in materia di adozione, affida a terzi con carattere definitivo un minore, ovvero lo avvia all'estero perché sia definitivamente affidato, è punito con la reclusione da uno a tre anni (120) (121).

Se il fatto è commesso dal tutore ovvero da altra persona cui il minore è affidato per ragioni di educazione, di istruzione, di vigilanza e di custodia, la pena è aumentata della metà.

Se il fatto è commesso dal genitore la condanna comporta la perdita della relativa potestà e l'apertura della procedura di adottabilità; se è commesso dal tutore consegue la rimozione dall'ufficio; se è commesso dalla persona cui il minore è affidato consegue la inidoneità ad ottenere affidamenti familiari o adottivi e l'incapacità all'ufficio tutelare (122).

Se il fatto è commesso da pubblici ufficiali, da incaricati di un pubblico servizio, da esercenti la professione sanitaria o forense, da appartenenti ad istituti di assistenza pubblici o privati nei casi di cui all' articolo 61, numeri 9 e 11, del codice penale, la pena è raddoppiata.

La pena stabilita nel primo comma del presente articolo si applica anche a coloro che, consegnando o promettendo denaro od altra utilità a terzi, accolgono minori in illecito affidamento con carattere di definitività. La condanna comporta la inidoneità ad ottenere affidamenti familiari o adottivi e l'incapacità all'ufficio tutelare (123).

Chiunque svolga opera di mediazione al fine di realizzare l'affidamento di cui al primo comma è punito con la reclusione fino ad un anno o con multa da lire 500.000 a lire 5.000.000 (124).

 

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(120)  Comma così sostituito dall'art. 35, L. 28 marzo 2001, n. 149.

(121)  La Corte costituzionale, con ordinanza 7-13 giugno 2000, n. 196 (Gazz. Uff. 21 giugno 2000, n. 26, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 71, primo, terzo e quinto comma, e 74, primo e secondo comma, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 30 e 31 della Costituzione.

(122)  La Corte costituzionale, con ordinanza 7-13 giugno 2000, n. 196 (Gazz. Uff. 21 giugno 2000, n. 26, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 71, primo, terzo e quinto comma, e 74, primo e secondo comma, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 30 e 31 della Costituzione.

(123)  La Corte costituzionale, con ordinanza 7-13 giugno 2000, n. 196 (Gazz. Uff. 21 giugno 2000, n. 26, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 71, primo, terzo e quinto comma, e 74, primo e secondo comma, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 30 e 31 della Costituzione.

(124)  Comma così sostituito dall'art. 35, L. 28 marzo 2001, n. 149.

 

Art. 72. 

Chiunque, per procurarsi denaro o altra utilità, in violazione delle disposizioni della presente legge, introduce nello Stato uno straniero minore di età perché sia definitivamente affidato a cittadini italiani è punito con la reclusione da uno a tre anni.

La pena stabilita nel precedente comma si applica anche a coloro che, consegnando o promettendo danaro o altra utilità a terzi, accolgono stranieri minori di età in illecito affidamento con carattere di definitività. La condanna comporta l'inidoneità a ottenere affidamenti familiari o adottivi e l'incapacità all'ufficio tutelare.

 

Art. 72-bis. 

1. Chiunque svolga per conto di terzi pratiche inerenti all'adozione di minori stranieri senza avere previamente ottenuto l'autorizzazione prevista dall'articolo 39, comma 1, lettera c), è punito con la pena della reclusione fino a un anno o con la multa da uno a dieci milioni di lire.

2. La pena è della reclusione da sei mesi a tre anni e della multa da due a sei milioni di lire per i legali rappresentanti ed i responsabili di associazioni o di agenzie che trattano le pratiche di cui al comma 1.

3. Fatti salvi i casi previsti dall'articolo 36, comma 4, coloro che, per l'adozione di minori stranieri, si avvalgono dell'opera di associazioni, organizzazioni, enti o persone non autorizzati nelle forme di legge sono puniti con le pene di cui al comma 1 diminuite di un terzo (125).

 

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(125)  Articolo aggiunto dall'art. 6, L. 31 dicembre 1998, n. 476.

 

Art. 73. 

Chiunque essendone a conoscenza in ragione del proprio ufficio fornisce qualsiasi notizia atta a rintracciare un minore nei cui confronti sia stata pronunciata adozione o rivela in qualsiasi modo notizie circa lo stato di figlio legittimo per adozione è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa da lire 200.000 a lire 2.000.000 (126).

Se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio, si applica la pena della reclusione da sei mesi a tre anni.

Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano anche a chi fornisce tali notizie successivamente all'affidamento preadottivo e senza l'autorizzazione del tribunale per i minorenni.

 

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(126)  Comma così sostituito dall'art. 36, L. 28 marzo 2001, n. 149.

 

Art. 74. 

Gli ufficiali di stato civile trasmettono immediatamente al competente tribunale per i minorenni comunicazione, sottoscritta dal dichiarante, dell'avvenuto riconoscimento da parte di persona coniugata di un figlio naturale non riconosciuto dall'altro genitore. Il tribunale dispone l'esecuzione di opportune indagini per accertare la veridicità del riconoscimento (127).

Nel caso in cui vi siano fondati motivi per ritenere che ricorrano gli estremi dell'impugnazione del riconoscimento il tribunale per i minorenni assume, anche d'ufficio, i provvedimenti di cui all' articolo 264, secondo comma, del codice civile (128).

 

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(127)  La Corte costituzionale, con ordinanza 7-13 giugno 2000, n. 196 (Gazz. Uff. 21 giugno 2000, n. 26, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 71, primo, terzo e quinto comma, e 74, primo e secondo comma, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 30 e 31 della Costituzione.

(128)  La Corte costituzionale, con ordinanza 7-13 giugno 2000, n. 196 (Gazz. Uff. 21 giugno 2000, n. 26, serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale degli artt. 71, primo, terzo e quinto comma, e 74, primo e secondo comma, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 30 e 31 della Costituzione.

 

Art. 75. 

[L'ammissione al patrocinio a spese dello Stato comporta l'assistenza legale alle procedure previste ai sensi della presente legge.

La liquidazione delle spese, delle competenze e degli onorari viene effettuata dal giudice con apposita ordinanza, a richiesta del difensore, allorché l'attività di assistenza di quest'ultimo è da ritenersi cessata.

Si applica la disposizione di cui all'articolo 14, secondo comma, della legge 11 agosto 1973, n. 533] (129).

 

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(129)  Articolo abrogato dall'art. 299, D.Lgs. 30 maggio 2002, n. 113 e dall'art. 299, D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, con la decorrenza indicata nell'art. 302 dello stesso decreto. Vedi, ora, l'art. 143 del citato D.P.R. n. 115 del 2002.

 

Art. 76. 

Alle procedure relative all'adozione di minori stranieri in corso o già definite al momento di entrata in vigore della presente legge continuano ad applicarsi le disposizioni vigenti alla data medesima (130).

 

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(130)  La Corte costituzionale, con sentenza 1-18 luglio 1986, n. 199 (Gazz. Uff. 25 luglio 1986, n. 36 - Serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 76 nella parte in cui preclude l'applicazione dell'art. 37 alle procedure già iniziate nei confronti di minore straniero in stato di abbandono in Italia.

 

Art. 77. 

Gli articoli da 404 a 413 del codice civile sono abrogati. Per le affiliazioni già pronunciate alla data di entrata in vigore della presente legge si applicano i divieti e le autorizzazioni di cui all' articolo 87 del codice civile.

 

Art. 78.  ... (131).

 

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(131)  Sostituisce il quarto comma dell' art. 87 del codice civile.

 

Art. 79. 

Entro tre anni dall'entrata in vigore della presente legge i coniugi che risultino forniti dei requisiti di cui all'art. 6 possono chiedere al tribunale per i minorenni di dichiarare, sempreché il provvedimento risponda agli interessi dell'adottato e dell'affiliato, con decreto motivato, l'estensione degli effetti della adozione nei confronti degli affiliati o adottati ai sensi dell' art. 291 del codice civile, precedentemente in vigore, se minorenni all'epoca del relativo provvedimento (132).

Il tribunale dispone l'esecuzione delle opportune indagini di cui all'articolo 57, sugli adottanti e sull'adottato o affiliato.

Gli adottati o affiliati che abbiano compiuto gli anni dodici e, in considerazione della loro capacità di discernimento, anche i minori di età inferiore devono essere sentiti; se hanno compiuto gli anni quattordici devono prestare il consenso (133).

Il coniuge dell'adottato o affiliato, se convivente non legalmente separato, deve prestare l'assenso.

I discendenti degli adottati o affilianti che hanno superato gli anni quattordici devono essere sentiti.

Se gli adottati o affiliati sono figli legittimi o riconosciuti è necessario l'assenso dei genitori. Nel caso di irreperibilità o di rifiuto non motivato, su ricorso degli adottanti o affilianti, sentiti il pubblico ministero, i genitori dell'adottato o affiliato e quest'ultimo, se ha compiuto gli anni dodici, decide il tribunale con sentenza che, in caso di accoglimento della domanda, tiene luogo dell'assenso mancante.

Al decreto relativo all'estensione degli effetti dell'adozione si applicano le disposizioni di cui agli articoli 25, 27 e 28, in quanto compatibili.

Il decreto del tribunale per i minorenni che nega l'estensione degli effetti dell'adozione può essere impugnato anche dall'adottato o affiliato se maggiorenne.

 

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(132)  La Corte costituzionale con sentenza 1-18 luglio 1986, n. 198 (Gazz. Uff. 25 luglio 1986, n. 36 - Serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 79, primo comma, nella parte in cui, nella ipotesi di coniugi non più uniti in matrimonio alla data della presentazione della domanda di estensione degli effetti dell'adozione, non consente di pronunziare l'estensione stessa nei confronti degli adottati ai sensi dell' art. 291 del codice civile, precedentemente in vigore. La stessa Corte, con sentenza 10-18 febbraio 1988, n. 183 (Gazz. Uff. 24 febbraio 1988, n. 8 - Serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 79, primo comma, nella parte in cui non consente l'estensione degli effetti dell'adozione legittimante nei confronti dei minori adottati con adozione ordinaria quando la differenza di età tra adottanti e adottato superi i 40 anni.

(133)  Comma così modificato dall'art. 32, L. 28 marzo 2001, n. 149.

 

Art. 80. 

1. Il giudice, se del caso ed anche in relazione alla durata dell'affidamento, può disporre che gli assegni familiari e le prestazioni previdenziali relative al minore siano erogati temporaneamente in favore dell'affidatario.

2. Le disposizioni di cui all'articolo 12 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, all'articolo 6 della legge 9 dicembre 1977, n. 903, e alla legge 8 marzo 2000, n. 53, si applicano anche agli affidatari di cui al comma 1.

3. Alle persone affidatarie si estendono tutti i benefìci in tema di astensione obbligatoria e facoltativa dal lavoro, di permessi per malattia, di riposi giornalieri, previsti per i genitori biologici.

4. Le regioni determinano le condizioni e modalità di sostegno alle famiglie, persone e comunità di tipo familiare che hanno minori in affidamento, affinché tale affidamento si possa fondare sulla disponibilità e l'idoneità all'accoglienza indipendentemente dalle condizioni economiche (134).

 

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(134)  Articolo prima modificato dall'art. 86, D.Lgs. 26 marzo 2001, n. 151 e poi così sostituito dall'art. 38, L. 28 marzo 2001, n. 149.

 

Art. 81. ... (135).

 

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(135)  Sostituisce l'ultimo comma dell' art. 244 del codice civile.

 

Art. 82. 

Gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi alle procedure previste dalla presente legge nei riguardi di persone minori di età, sono esenti dalle imposte di bollo e di registro e da ogni spesa, tassa e diritto dovuti ai pubblici uffici.

Sono ugualmente esenti gli atti ed i documenti relativi all'esecuzione dei provvedimenti pronunciati dal giudice nei procedimenti su indicati.

Agli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge, valutati in annue lire 100.000.000, si provvede mediante corrispondente riduzione del capitolo 1589 dello stato di previsione del Ministero di grazia e giustizia per l'anno finanziario 1983 e corrispondenti capitoli degli esercizi successivi.

Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio.

 

 

 


L. 19 febbraio 2004, n. 40.
Norme in materia di procreazione medicalmente assistita.

 

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 24 febbraio 2004, n. 45.

(2)  La Corte costituzionale, con sentenza 13-28 gennaio 2005, n. 46 (Gazz. Uff. 2 febbraio 2005, n. 5 - Prima Serie speciale), ha dichiarato ammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione delle seguenti disposizioni della presente legge: art. 12, comma 7, limitatamente alle parole «discendente da un'unica cellula di partenza, eventualmente»; art. 13, comma 2, limitatamente alle parole: «ad essa collegate volte alla tutela della salute e allo sviluppo dell'embrione stesso, e qualora non siano disponibili metodologie alternative»; art. 13, comma 3, lettera c), limitatamente alle parole: «di clonazione mediante trasferimento di nucleo o»; art. 14, comma 1, limitatamente alle parole «la crioconservazione e». La stessa Corte, con sentenza 13-28 gennaio 2005, n. 47 (Gazz. Uff. 2 febbraio 2005, n. 5 - Prima Serie speciale), ha dichiarato ammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione delle seguenti disposizioni della presente legge: art. 1, comma 1, limitatamente alle parole: «Al fine di favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dalla infertilità umana»; art. 1, comma 2; art. 4, comma 1; art. 4, comma 2, lettera a), limitatamente alle parole: «gradualità, al fine di evitare il ricorso ad interventi aventi un grado di invasività tecnico e psicologico più gravoso per i destinatari, ispirandosi al principio della»; art. 5, comma 1, limitatamente alle parole: «Fermo restando quanto stabilito dall'art. 4, comma 1,»; art. 6, comma 3, limitatamente alle parole: «fino al momento della fecondazione dell'ovulo»; art. 13, comma 3, lettera b), limitatamente alle parole: «di cui al comma 2 del presente articolo»; art. 14, comma 2, limitatamente alle parole: «ad un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre»; art. 14, comma 3, limitatamente alle parole: «per grave e documentata causa di forza maggiore relativa allo stato di salute della donna non prevedibile al momento della fecondazione», nonché alle parole: «fino alla data del trasferimento, da realizzare non appena possibile»; con sentenza 13-28 gennaio 2005, n. 48 (Gazz. Uff. 2 febbraio 2005, n. 5 - Prima Serie speciale), ha dichiarato ammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione delle seguenti disposizioni della presente legge: art. 1, comma 1; art. 1, comma 2; art. 4, comma 1; art. 4, comma 2, lettera a), limitatamente alle parole: «gradualità, al fine di evitare il ricorso ad interventi aventi un grado di invasività tecnico e psicologico più gravoso per i destinatari, ispirandosi al principio della»; art. 5, comma 1, limitatamente alle parole: «Fermo restando quanto stabilito dall'art. 4, comma 1,»; art. 6, comma 3, limitatamente alle parole: «Fino al momento della fecondazione dell'ovulo»; art. 13, comma 3, lettera b), limitatamente alle parole: «e terapeutiche, di cui al comma 2 del presente articolo»; art. 14, comma 2, limitatamente alle parole: «ad un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre»; art. 14, comma 3, limitatamente alle parole: «per grave e documentata causa di forza maggiore relativa allo stato di salute della donna non prevedibile al momento della fecondazione», nonché alle parole: «fino alla data del trasferimento, da realizzare non appena possibile»; con sentenza 13-28 gennaio 2005, n. 49 (Gazz. Uff. 2 febbraio 2005, n. 5 - Prima Serie speciale), ha dichiarato ammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione delle seguenti disposizioni della presente legge: art. 4, comma 3; art. 9, comma 1, limitatamente alle parole: «in violazione del divieto di cui all'art. 4, comma 3»; art. 9, comma 3, limitatamente alle parole: «in violazione del divieto di cui all'art. 4, comma 3»; art. 12, comma 1; art. 12, comma 8, limitatamente alla parola: «1,». Il referendum popolare per l'abrogazione delle suddette norme è stato indetto con quattro D.P.R. 7 aprile 2005 (Gazz. Uff. 12 aprile 2005, n. 84). Successivamente, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con Comunicato 15 luglio 2005 (Gazz. Uff. 15 luglio 2005, n. 163), ha reso noto che l'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte suprema di cassazione, con verbale chiuso in data 11 luglio 2005, ha accertato a norma dell'art. 36 della L. 25 maggio 1970, n. 352, che alla relativa votazione non ha partecipato la maggioranza degli aventi diritto.

 

Capo I

Princìpi generali

 

Art. 1. 

Finalità.

1. Al fine di favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dalla infertilità umana è consentito il ricorso alla procreazione medicalmente assistita, alle condizioni e secondo le modalità previste dalla presente legge, che assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito (3).

2. Il ricorso alla procreazione medicalmente assistita è consentito qualora non vi siano altri metodi terapeutici efficaci per rimuovere le cause di sterilità o infertilità (4).

 

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(3)  La Corte costituzionale, con sentenza 13-28 gennaio 2005, n. 47 (Gazz. Uff. 2 febbraio 2005, n. 5 - Prima Serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, ammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione del presente comma, limitatamente alle parole: «Al fine di favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dalla infertilità umana». La stessa Corte, con sentenza 13-28 gennaio 2005, n. 48 (Gazz. Uff. 2 febbraio 2005, n. 5 - Prima Serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, ammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione del presente comma. Il referendum popolare per l'abrogazione delle suddette norme è stato indetto con due D.P.R. 7 aprile 2005 (Gazz. Uff. 12 aprile 2005, n. 84). Successivamente, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con Comunicato 15 luglio 2005 (Gazz. Uff. 15 luglio 2005, n. 163), ha reso noto che l'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte suprema di cassazione, con verbale chiuso in data 11 luglio 2005, ha accertato a norma dell'art. 36 della L. 25 maggio 1970, n. 352, che alla relativa votazione non ha partecipato la maggioranza degli aventi diritto.

(4)  La Corte costituzionale, con sentenza 13-28 gennaio 2005, n. 47 (Gazz. Uff. 2 febbraio 2005, n. 5 - Prima Serie speciale) e con sentenza 13-28 gennaio 2005, n. 48 (Gazz. Uff. 2 febbraio 2005, n. 5 - Prima Serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, ammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione del presente comma. Il referendum popolare per l'abrogazione delle suddette norme è stato indetto con due D.P.R. 7 aprile 2005 (Gazz. Uff. 12 aprile 2005, n. 84). Successivamente, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con Comunicato 15 luglio 2005 (Gazz. Uff. 15 luglio 2005, n. 163), ha reso noto che l'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte suprema di cassazione, con verbale chiuso in data 11 luglio 2005, ha accertato a norma dell'art. 36 della L. 25 maggio 1970, n. 352, che alla relativa votazione non ha partecipato la maggioranza degli aventi diritto.

 

Art. 2. 

Interventi contro la sterilità e la infertilità.

1. Il Ministro della salute, sentito il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, può promuovere ricerche sulle cause patologiche, psicologiche, ambientali e sociali dei fenomeni della sterilità e della infertilità e favorire gli interventi necessari per rimuoverle nonché per ridurne l'incidenza, può incentivare gli studi e le ricerche sulle tecniche di crioconservazione dei gameti e può altresì promuovere campagne di informazione e di prevenzione dei fenomeni della sterilità e della infertilità.

2. Per le finalità di cui al comma 1 è autorizzata la spesa massima di 2 milioni di euro a decorrere dal 2004.

3. All'onere derivante dall'attuazione del comma 2 si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell'àmbito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della salute. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

Art. 3. 

Modifica alla legge 29 luglio 1975, n. 405.

1. ... (5).

2. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

 

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(5)  Aggiunge le lettere d-bis) e d-ter) al primo comma dell'art. 1, L. 29 luglio 1975, n. 405.

 

 

Capo II

Accesso alle tecniche

 

Art. 4. 

Accesso alle tecniche.

1. Il ricorso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita è consentito solo quando sia accertata l'impossibilità di rimuovere altrimenti le cause impeditive della procreazione ed è comunque circoscritto ai casi di sterilità o di infertilità inspiegate documentate da atto medico nonché ai casi di sterilità o di infertilità da causa accertata e certificata da atto medico (6).

2. Le tecniche di procreazione medicalmente assistita sono applicate in base ai seguenti princìpi:

a) gradualità, al fine di evitare il ricorso ad interventi aventi un grado di invasività tecnico e psicologico più gravoso per i destinatari, ispirandosi al principio della minore invasività (7);

b) consenso informato, da realizzare ai sensi dell'articolo 6.

3. È vietato il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo (8).

 

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(6)  La Corte costituzionale, con sentenza 13-28 gennaio 2005, n. 47 (Gazz. Uff. 2 febbraio 2005, n. 5 - Prima Serie speciale) e con sentenza 13-28 gennaio 2005, n. 48 (Gazz. Uff. 2 febbraio 2005, n. 5 - Prima Serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, ammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione del presente comma. Il referendum popolare per l'abrogazione delle suddette norme è stato indetto con due D.P.R. 7 aprile 2005 (Gazz. Uff. 12 aprile 2005, n. 84). Successivamente, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con Comunicato 15 luglio 2005 (Gazz. Uff. 15 luglio 2005, n. 163), ha reso noto che l'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte suprema di cassazione, con verbale chiuso in data 11 luglio 2005, ha accertato a norma dell'art. 36 della L. 25 maggio 1970, n. 352, che alla relativa votazione non ha partecipato la maggioranza degli aventi diritto.

(7)  La Corte costituzionale, con sentenza 13-28 gennaio 2005, n. 47 (Gazz. Uff. 2 febbraio 2005, n. 5 - Prima Serie speciale) e con sentenza 13-28 gennaio 2005, n. 48 (Gazz. Uff. 2 febbraio 2005, n. 5 - Prima Serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, ammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione della presente lettera, limitatamente alle parole: «gradualità, al fine di evitare il ricorso ad interventi aventi un grado di invasività tecnico e psicologico più gravoso per i destinatari, ispirandosi al principio della» Il referendum popolare per l'abrogazione delle suddette norme è stato indetto con due D.P.R. 7 aprile 2005 (Gazz. Uff. 12 aprile 2005, n. 84). Successivamente, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con Comunicato 15 luglio 2005 (Gazz. Uff. 15 luglio 2005, n. 163), ha reso noto che l'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte suprema di cassazione, con verbale chiuso in data 11 luglio 2005, ha accertato a norma dell'art. 36 della L. 25 maggio 1970, n. 352, che alla relativa votazione non ha partecipato la maggioranza degli aventi diritto.

(8)  La Corte costituzionale, con sentenza 13-28 gennaio 2005, n. 49 (Gazz. Uff. 2 febbraio 2005, n. 5 - Prima Serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, ammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione del presente comma. Il referendum popolare per l'abrogazione delle suddette norme è stato indetto con D.P.R. 7 aprile 2005 (Gazz. Uff. 12 aprile 2005, n. 84). Successivamente, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con Comunicato 15 luglio 2005 (Gazz. Uff. 15 luglio 2005, n. 163), ha reso noto che l'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte suprema di cassazione, con verbale chiuso in data 11 luglio 2005, ha accertato a norma dell'art. 36 della L. 25 maggio 1970, n. 352, che alla relativa votazione non ha partecipato la maggioranza degli aventi diritto.

 

Art. 5. 

Requisiti soggettivi.

1. Fermo restando quanto stabilito dall'articolo 4, comma 1, possono accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi (9).

 

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(9)  La Corte costituzionale, con sentenza 13-28 gennaio 2005, n. 47 (Gazz. Uff. 2 febbraio 2005, n. 5 - Prima Serie speciale) e con sentenza 13-28 gennaio 2005, n. 48 (Gazz. Uff. 2 febbraio 2005, n. 5 - Prima Serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, ammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione del presente comma, limitatamente alle parole: «Fermo restando quanto stabilito dall'art. 4, comma 1,». Il referendum popolare per l'abrogazione delle suddette norme è stato indetto con due D.P.R. 7 aprile 2005 (Gazz. Uff. 12 aprile 2005, n. 84). Successivamente, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con Comunicato 15 luglio 2005 (Gazz. Uff. 15 luglio 2005, n. 163), ha reso noto che l'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte suprema di cassazione, con verbale chiuso in data 11 luglio 2005, ha accertato a norma dell'art. 36 della L. 25 maggio 1970, n. 352, che alla relativa votazione non ha partecipato la maggioranza degli aventi diritto.

 

Art. 6. 

Consenso informato.

1. Per le finalità indicate dal comma 3, prima del ricorso ed in ogni fase di applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita il medico informa in maniera dettagliata i soggetti di cui all'articolo 5 sui metodi, sui problemi bioetici e sui possibili effetti collaterali sanitari e psicologici conseguenti all'applicazione delle tecniche stesse, sulle probabilità di successo e sui rischi dalle stesse derivanti, nonché sulle relative conseguenze giuridiche per la donna, per l'uomo e per il nascituro. Alla coppia deve essere prospettata la possibilità di ricorrere a procedure di adozione o di affidamento ai sensi della legge 4 maggio 1983, n. 184, e successive modificazioni, come alternativa alla procreazione medicalmente assistita. Le informazioni di cui al presente comma e quelle concernenti il grado di invasività delle tecniche nei confronti della donna e dell'uomo devono essere fornite per ciascuna delle tecniche applicate e in modo tale da garantire il formarsi di una volontà consapevole e consapevolmente espressa.

2. Alla coppia devono essere prospettati con chiarezza i costi economici dell'intera procedura qualora si tratti di strutture private autorizzate.

3. La volontà di entrambi i soggetti di accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita è espressa per iscritto congiuntamente al medico responsabile della struttura, secondo modalità definite con decreto dei Ministri della giustizia e della salute, adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Tra la manifestazione della volontà e l'applicazione della tecnica deve intercorrere un termine non inferiore a sette giorni. La volontà può essere revocata da ciascuno dei soggetti indicati dal presente comma fino al momento della fecondazione dell'ovulo (10) (11) (12).

4. Fatti salvi i requisiti previsti dalla presente legge, il medico responsabile della struttura può decidere di non procedere alla procreazione medicalmente assistita, esclusivamente per motivi di ordine medico-sanitario. In tale caso deve fornire alla coppia motivazione scritta di tale decisione.

5. Ai richiedenti, al momento di accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita, devono essere esplicitate con chiarezza e mediante sottoscrizione le conseguenze giuridiche di cui all'articolo 8 e all'articolo 9 della presente legge.

 

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(10)  La Corte costituzionale, con sentenza 13-28 gennaio 2005, n. 47 (Gazz. Uff. 2 febbraio 2005, n. 5 - Prima Serie speciale) e con sentenza 13-28 gennaio 2005, n. 48 (Gazz. Uff. 2 febbraio 2005, n. 5 - Prima Serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, ammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione del presente comma, limitatamente alle parole: «fino al momento della fecondazione dell'ovulo». Il referendum popolare per l'abrogazione delle suddette norme è stato indetto con due D.P.R. 7 aprile 2005 (Gazz. Uff. 12 aprile 2005, n. 84). Successivamente, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con Comunicato 15 luglio 2005 (Gazz. Uff. 15 luglio 2005, n. 163), ha reso noto che l'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte suprema di cassazione, con verbale chiuso in data 11 luglio 2005, ha accertato a norma dell'art. 36 della L. 25 maggio 1970, n. 352, che alla relativa votazione non ha partecipato la maggioranza degli aventi diritto. La stessa Corte, con successiva sentenza 22-30 aprile 2009, n. 125 (Gazz. Uff. 13 maggio 2009, n. 19, 1ª Serie speciale), ha, fra l’altro, dichiarato manifestamente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell'articolo 6, comma 3, sollevate in riferimento agli artt. 2, 3, 13 e 32 della Costituzione.

(11)  In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 16 dicembre 2004, n. 336.

(12) La Corte costituzionale, con altra sentenza 8 - 12 marzo 2010, n. 97 (Gazz. Uff. 17 marzo 2010, n. 11, 1ª Serie speciale), ha dichiarato, fra l’altro, la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’ artt. 6, comma 3, ultima parte, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3 e 32, primo e secondo comma, della Costituzione.

 

Art. 7. 

Linee guida.

1. Il Ministro della salute, avvalendosi dell'Istituto superiore di sanità, e previo parere del Consiglio superiore di sanità, definisce, con proprio decreto, da emanare entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, linee guida contenenti l'indicazione delle procedure e delle tecniche di procreazione medicalmente assistita (13).

2. Le linee guida di cui al comma 1 sono vincolanti per tutte le strutture autorizzate.

3. Le linee guida sono aggiornate periodicamente, almeno ogni tre anni, in rapporto all'evoluzione tecnico-scientifica, con le medesime procedure di cui al comma 1.

 

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(13)  In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 11 aprile 2008.

 

 

Capo III

Disposizioni concernenti la tutela del nascituro

 

Art. 8. 

Stato giuridico del nato.

1. I nati a seguito dell'applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita hanno lo stato di figli legittimi o di figli riconosciuti della coppia che ha espresso la volontà di ricorrere alle tecniche medesime ai sensi dell'articolo 6.

 

Art. 9. 

Divieto del disconoscimento della paternità e dell'anonimato della madre.

1. Qualora si ricorra a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo in violazione del divieto di cui all'articolo 4, comma 3, il coniuge o il convivente il cui consenso è ricavabile da atti concludenti non può esercitare l'azione di disconoscimento della paternità nei casi previsti dall'articolo 235, primo comma, numeri 1) e 2), del codice civile, né l'impugnazione di cui all'articolo 263 dello stesso codice (14).

2. La madre del nato a seguito dell'applicazione di tecniche di procreazione medicalmente assistita non può dichiarare la volontà di non essere nominata, ai sensi dell'articolo 30, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396.

3. In caso di applicazione di tecniche di tipo eterologo in violazione del divieto di cui all'articolo 4, comma 3, il donatore di gameti non acquisisce alcuna relazione giuridica parentale con il nato e non può far valere nei suoi confronti alcun diritto né essere titolare di obblighi (15).

 

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(14)  La Corte costituzionale, con sentenza 13-28 gennaio 2005, n. 49 (Gazz. Uff. 2 febbraio 2005, n. 5 - Prima Serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, ammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione del presente comma, limitatamente alle parole: «in violazione del divieto di cui all'art. 4, comma 3». Il referendum popolare per l'abrogazione delle suddette norme è stato indetto con D.P.R. 7 aprile 2005 (Gazz. Uff. 12 aprile 2005, n. 84). Successivamente, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con Comunicato 15 luglio 2005 (Gazz. Uff. 15 luglio 2005, n. 163), ha reso noto che l'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte suprema di cassazione, con verbale chiuso in data 11 luglio 2005, ha accertato a norma dell'art. 36 della L. 25 maggio 1970, n. 352, che alla relativa votazione non ha partecipato la maggioranza degli aventi diritto.

(15)  La Corte costituzionale, con sentenza 13-28 gennaio 2005, n. 49 (Gazz. Uff. 2 febbraio 2005, n. 5 - Prima Serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, ammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione del presente comma, limitatamente alle parole: «in violazione del divieto di cui all'art. 4, comma 3». Il referendum popolare per l'abrogazione delle suddette norme è stato indetto con D.P.R. 7 aprile 2005 (Gazz. Uff. 12 aprile 2005, n. 84). Successivamente, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con Comunicato 15 luglio 2005 (Gazz. Uff. 15 luglio 2005, n. 163), ha reso noto che l'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte suprema di cassazione, con verbale chiuso in data 11 luglio 2005, ha accertato a norma dell'art. 36 della L. 25 maggio 1970, n. 352, che alla relativa votazione non ha partecipato la maggioranza degli aventi diritto.

 

 

Capo IV

Regolamentazione delle strutture autorizzate all'applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita

 

Art. 10. 

Strutture autorizzate.

1. Gli interventi di procreazione medicalmente assistita sono realizzati nelle strutture pubbliche e private autorizzate dalle regioni e iscritte al registro di cui all'articolo 11.

2. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano definiscono con proprio atto, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge:

a) i requisiti tecnico-scientifici e organizzativi delle strutture;

b) le caratteristiche del personale delle strutture;

c) i criteri per la determinazione della durata delle autorizzazioni e dei casi di revoca delle stesse;

d) i criteri per lo svolgimento dei controlli sul rispetto delle disposizioni della presente legge e sul permanere dei requisiti tecnico-scientifici e organizzativi delle strutture.

 

Art. 11. 

Registro.

1. È istituito, con decreto del Ministro della salute, presso l'Istituto superiore di sanità, il registro nazionale delle strutture autorizzate all'applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita, degli embrioni formati e dei nati a seguito dell'applicazione delle tecniche medesime.

2. L'iscrizione al registro di cui al comma 1 è obbligatoria.

3. L'Istituto superiore di sanità raccoglie e diffonde, in collaborazione con gli osservatori epidemiologici regionali, le informazioni necessarie al fine di consentire la trasparenza e la pubblicità delle tecniche di procreazione medicalmente assistita adottate e dei risultati conseguiti.

4. L'Istituto superiore di sanità raccoglie le istanze, le informazioni, i suggerimenti, le proposte delle società scientifiche e degli utenti riguardanti la procreazione medicalmente assistita.

5. Le strutture di cui al presente articolo sono tenute a fornire agli osservatori epidemiologici regionali e all'Istituto superiore di sanità i dati necessari per le finalità indicate dall'articolo 15 nonché ogni altra informazione necessaria allo svolgimento delle funzioni di controllo e di ispezione da parte delle autorità competenti.

6. All'onere derivante dall'attuazione del presente articolo, determinato nella misura massima di 154.937 euro a decorrere dall'anno 2004, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell'àmbito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della salute. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio (16).

 

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(16)  In attuazione di quanto disposto dal presente articolo vedi il D.M. 7 ottobre 2005.

 

 

Capo V

Divieti e sanzioni

 

Art. 12. 

Divieti generali e sanzioni.

1. Chiunque a qualsiasi titolo utilizza a fini procreativi gameti di soggetti estranei alla coppia richiedente, in violazione di quanto previsto dall'articolo 4, comma 3, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 300.000 a 600.000 euro (17).

2. Chiunque a qualsiasi titolo, in violazione dell'articolo 5, applica tecniche di procreazione medicalmente assistita a coppie i cui componenti non siano entrambi viventi o uno dei cui componenti sia minorenne ovvero che siano composte da soggetti dello stesso sesso o non coniugati o non conviventi è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 200.000 a 400.000 euro.

3. Per l'accertamento dei requisiti di cui al comma 2 il medico si avvale di una dichiarazione sottoscritta dai soggetti richiedenti. In caso di dichiarazioni mendaci si applica l'articolo 76, commi 1 e 2, del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.

4. Chiunque applica tecniche di procreazione medicalmente assistita senza avere raccolto il consenso secondo le modalità di cui all'articolo 6 è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 50.000 euro.

5. Chiunque a qualsiasi titolo applica tecniche di procreazione medicalmente assistita in strutture diverse da quelle di cui all'articolo 10 è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 100.000 a 300.000 euro.

6. Chiunque, in qualsiasi forma, realizza, organizza o pubblicizza la commercializzazione di gameti o di embrioni o la surrogazione di maternità è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro.

7. Chiunque realizza un processo volto ad ottenere un essere umano discendente da un'unica cellula di partenza, eventualmente identico, quanto al patrimonio genetico nucleare, ad un altro essere umano in vita o morto, è punito con la reclusione da dieci a venti anni e con la multa da 600.000 a un milione di euro. Il medico è punito, altresì, con l'interdizione perpetua dall'esercizio della professione (18).

8. Non sono punibili l'uomo o la donna ai quali sono applicate le tecniche nei casi di cui ai commi 1, 2, 4 e 5 (19).

9. È disposta la sospensione da uno a tre anni dall'esercizio professionale nei confronti dell'esercente una professione sanitaria condannato per uno degli illeciti di cui al presente articolo, salvo quanto previsto dal comma 7.

10. L'autorizzazione concessa ai sensi dell'articolo 10 alla struttura al cui interno è eseguita una delle pratiche vietate ai sensi del presente articolo è sospesa per un anno. Nell'ipotesi di più violazioni dei divieti di cui al presente articolo o di recidiva l'autorizzazione può essere revocata.

 

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(17)  La Corte costituzionale, con sentenza 13-28 gennaio 2005, n. 49 (Gazz. Uff. 2 febbraio 2005, n. 5 - Prima Serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, ammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione del presente comma. Il referendum popolare per l'abrogazione delle suddette norme è stato indetto con D.P.R. 7 aprile 2005 (Gazz. Uff. 12 aprile 2005, n. 84). Successivamente, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con Comunicato 15 luglio 2005 (Gazz. Uff. 15 luglio 2005, n. 163), ha reso noto che l'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte suprema di cassazione, con verbale chiuso in data 11 luglio 2005, ha accertato a norma dell'art. 36 della L. 25 maggio 1970, n. 352, che alla relativa votazione non ha partecipato la maggioranza degli aventi diritto.

(18)  La Corte costituzionale, con sentenza 13-28 gennaio 2005, n. 46 (Gazz. Uff. 2 febbraio 2005, n. 5 - Prima Serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, ammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione del presente comma, limitatamente alle parole «discendente da un'unica cellula di partenza, eventualmente». Il referendum popolare per l'abrogazione delle suddette norme è stato indetto con D.P.R. 7 aprile 2005 (Gazz. Uff. 12 aprile 2005, n. 84). Successivamente, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con Comunicato 15 luglio 2005 (Gazz. Uff. 15 luglio 2005, n. 163), ha reso noto che l'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte suprema di cassazione, con verbale chiuso in data 11 luglio 2005, ha accertato a norma dell'art. 36 della L. 25 maggio 1970, n. 352, che alla relativa votazione non ha partecipato la maggioranza degli aventi diritto.

(19)  La Corte costituzionale, con sentenza 13-28 gennaio 2005, n. 49 (Gazz. Uff. 2 febbraio 2005, n. 5 - Prima Serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, ammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione del presente comma, limitatamente alla parola: «1,». Il referendum popolare per l'abrogazione delle suddette norme è stato indetto con D.P.R. 7 aprile 2005 (Gazz. Uff. 12 aprile 2005, n. 84). Successivamente, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con Comunicato 15 luglio 2005 (Gazz. Uff. 15 luglio 2005, n. 163), ha reso noto che l'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte suprema di cassazione, con verbale chiuso in data 11 luglio 2005, ha accertato a norma dell'art. 36 della L. 25 maggio 1970, n. 352, che alla relativa votazione non ha partecipato la maggioranza degli aventi diritto.

 

 

Capo VI

Misure di tutela dell'embrione

 

Art. 13. 

Sperimentazione sugli embrioni umani.

1. È vietata qualsiasi sperimentazione su ciascun embrione umano.

2. La ricerca clinica e sperimentale su ciascun embrione umano è consentita a condizione che si perseguano finalità esclusivamente terapeutiche e diagnostiche ad essa collegate volte alla tutela della salute e allo sviluppo dell'embrione stesso, e qualora non siano disponibili metodologie alternative (20).

3. Sono, comunque, vietati:

a) la produzione di embrioni umani a fini di ricerca o di sperimentazione o comunque a fini diversi da quello previsto dalla presente legge;

b) ogni forma di selezione a scopo eugenetico degli embrioni e dei gameti ovvero interventi che, attraverso tecniche di selezione, di manipolazione o comunque tramite procedimenti artificiali, siano diretti ad alterare il patrimonio genetico dell'embrione o del gamete ovvero a predeterminarne caratteristiche genetiche, ad eccezione degli interventi aventi finalità diagnostiche e terapeutiche, di cui al comma 2 del presente articolo (21);

c) interventi di clonazione mediante trasferimento di nucleo o di scissione precoce dell'embrione o di ectogenesi sia a fini procreativi sia di ricerca (22);

d) la fecondazione di un gamete umano con un gamete di specie diversa e la produzione di ibridi o di chimere.

4. La violazione dei divieti di cui al comma 1 è punita con la reclusione da due a sei anni e con la multa da 50.000 a 150.000 euro. In caso di violazione di uno dei divieti di cui al comma 3 la pena è aumentata. Le circostanze attenuanti concorrenti con le circostanze aggravanti previste dal comma 3 non possono essere ritenute equivalenti o prevalenti rispetto a queste.

5. È disposta la sospensione da uno a tre anni dall'esercizio professionale nei confronti dell'esercente una professione sanitaria condannato per uno degli illeciti di cui al presente articolo (23).

 

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(20)  La Corte costituzionale, con sentenza 13-28 gennaio 2005, n. 46 (Gazz. Uff. 2 febbraio 2005, n. 5 - Prima Serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, ammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione del presente comma, limitatamente alle parole: «ad essa collegate volte alla tutela della salute e allo sviluppo dell'embrione stesso, e qualora non siano disponibili metodologie alternative». Il referendum popolare per l'abrogazione delle suddette norme è stato indetto con D.P.R. 7 aprile 2005 (Gazz. Uff. 12 aprile 2005, n. 84). Successivamente, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con Comunicato 15 luglio 2005 (Gazz. Uff. 15 luglio 2005, n. 163), ha reso noto che l'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte suprema di cassazione, con verbale chiuso in data 11 luglio 2005, ha accertato a norma dell'art. 36 della L. 25 maggio 1970, n. 352, che alla relativa votazione non ha partecipato la maggioranza degli aventi diritto.

(21)  La Corte costituzionale, con sentenza 13-28 gennaio 2005, n. 47 (Gazz. Uff. 2 febbraio 2005, n. 5 - Prima Serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, ammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione della presente lettera, limitatamente alle parole: «di cui al comma 2 del presente articolo». La stessa Corte, con sentenza 13-28 gennaio 2005, n. 48 (Gazz. Uff. 2 febbraio 2005, n. 5 - Prima Serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, ammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione della presente lettera, limitatamente alle parole: «e terapeutiche, di cui al comma 2 del presente articolo». Il referendum popolare per l'abrogazione delle suddette norme è stato indetto con due D.P.R. 7 aprile 2005 (Gazz. Uff. 12 aprile 2005, n. 84). Successivamente, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con Comunicato 15 luglio 2005 (Gazz. Uff. 15 luglio 2005, n. 163), ha reso noto che l'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte suprema di cassazione, con verbale chiuso in data 11 luglio 2005, ha accertato a norma dell'art. 36 della L. 25 maggio 1970, n. 352, che alla relativa votazione non ha partecipato la maggioranza degli aventi diritto.

(22)  La Corte costituzionale, con sentenza 13-28 gennaio 2005, n. 46 (Gazz. Uff. 2 febbraio 2005, n. 5 - Prima Serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, ammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione della presente lettera, limitatamente alle parole: «di clonazione mediante trasferimento di nucleo o». Il referendum popolare per l'abrogazione delle suddette norme è stato indetto con D.P.R. 7 aprile 2005 (Gazz. Uff. 12 aprile 2005, n. 84). Successivamente, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con Comunicato 15 luglio 2005 (Gazz. Uff. 15 luglio 2005, n. 163), ha reso noto che l'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte suprema di cassazione, con verbale chiuso in data 11 luglio 2005, ha accertato a norma dell'art. 36 della L. 25 maggio 1970, n. 352, che alla relativa votazione non ha partecipato la maggioranza degli aventi diritto.

(23) La Corte costituzionale, con ordinanza 25 ottobre-9 novembre 2006, n. 369 (Gazz. Uff. 15 novembre 2006, n. 45, 1ª Serie speciale), ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3 e 32 della Costituzione.

 

Art. 14. 

Limiti all'applicazione delle tecniche sugli embrioni.

1. È vietata la crioconservazione e la soppressione di embrioni, fermo restando quanto previsto dalla legge 22 maggio 1978, n. 194 (24) (25).

2. Le tecniche di produzione degli embrioni, tenuto conto dell'evoluzione tecnico-scientifica e di quanto previsto dall'articolo 7, comma 3, non devono creare un numero di embrioni superiore a quello strettamente necessario ad un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre (26) (27).

3. Qualora il trasferimento nell'utero degli embrioni non risulti possibile per grave e documentata causa di forza maggiore relativa allo stato di salute della donna non prevedibile al momento della fecondazione è consentita la crioconservazione degli embrioni stessi fino alla data del trasferimento, da realizzare non appena possibile (28) (29).

4. Ai fini della presente legge sulla procreazione medicalmente assistita è vietata la riduzione embrionaria di gravidanze plurime, salvo nei casi previsti dalla legge 22 maggio 1978, n. 194 (30).

5. I soggetti di cui all'articolo 5 sono informati sul numero e, su loro richiesta, sullo stato di salute degli embrioni prodotti e da trasferire nell'utero.

6. La violazione di uno dei divieti e degli obblighi di cui ai commi precedenti è punita con la reclusione fino a tre anni e con la multa da 50.000 a 150.000 euro.

7. È disposta la sospensione fino ad un anno dall'esercizio professionale nei confronti dell'esercente una professione sanitaria condannato per uno dei reati di cui al presente articolo.

8. È consentita la crioconservazione dei gameti maschile e femminile, previo consenso informato e scritto.

9. La violazione delle disposizioni di cui al comma 8 è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 50.000 euro.

 

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(24)  La Corte costituzionale, con sentenza 13-28 gennaio 2005, n. 46 (Gazz. Uff. 2 febbraio 2005, n. 5 - Prima Serie speciale), ha dichiarato, tra l'altro, ammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione del presente comma, limitatamente alle parole: «la crioconservazione e». Il referendum popolare per l'abrogazione delle suddette norme è stato indetto con D.P.R. 7 aprile 2005 (Gazz. Uff. 12 aprile 2005, n. 84). Successivamente, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con Comunicato 15 luglio 2005 (Gazz. Uff. 15 luglio 2005, n. 163), ha reso noto che l'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte suprema di cassazione, con verbale chiuso in data 11 luglio 2005, ha accertato a norma dell'art. 36 della L. 25 maggio 1970, n. 352, che alla relativa votazione non ha partecipato la maggioranza degli aventi diritto.

(25) La Corte costituzionale, con sentenza 22-30 aprile 2009, n. 125 (Gazz. Uff. 13 maggio 2009, n. 19, 1ª Serie speciale), ha, fra l’altro, dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 1, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 32, primo e secondo comma, della Costituzione; ha inoltre dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 4, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 13 e 32 della Costituzione. La stessa Corte, con altra sentenza 8 - 12 marzo 2010, n. 97 (Gazz. Uff. 17 marzo 2010, n. 11, 1ª Serie speciale), ha dichiarato, fra l’altro, la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’ artt. 14, comma 1, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3 e 32, primo e secondo comma, della Costituzione.

(26)  La Corte costituzionale, con sentenza 1 aprile-8 maggio 2009, n. 151 (Gazz. Uff. 13 maggio 2009, n. 19 - Prima serie speciale) ha dichiarato, tra l’altro, l'illegittimità del presente comma, limitatamente alle parole «ad un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre». Precedentemente, la stessa Corte, con sentenza 13-28 gennaio 2005, n. 47 (Gazz. Uff. 2 febbraio 2005, n. 5 - Prima Serie speciale) e con sentenza 13-28 gennaio 2005, n. 48 (Gazz. Uff. 2 febbraio 2005, n. 5 - Prima Serie speciale), aveva dichiarato, tra l'altro, ammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione del presente comma, limitatamente alle parole: «ad un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre». Il referendum popolare per l'abrogazione delle suddette norme era stato indetto con due D.P.R. 7 aprile 2005 (Gazz. Uff. 12 aprile 2005, n. 84). Successivamente, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con Comunicato 15 luglio 2005 (Gazz. Uff. 15 luglio 2005, n. 163), aveva reso noto che l'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte suprema di cassazione, con verbale chiuso in data 11 luglio 2005, aveva accertato a norma dell'art. 36 della L. 25 maggio 1970, n. 352, che alla relativa votazione non aveva partecipato la maggioranza degli aventi diritto.

(27) La Corte costituzionale, con sentenza 8 - 12 marzo 2010, n. 97 (Gazz. Uff. 17 marzo 2010, n. 11, 1ª Serie speciale), ha dichiarato, fra l’altro, la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’ artt. 14, comma 2, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3 e 32, primo e secondo comma, della Costituzione.

(28)  La Corte costituzionale, con sentenza 1 aprile-8 maggio 2009, n. 151 (Gazz. Uff. 13 maggio 2009, n. 19 - Prima serie speciale) ha dichiarato, tra l’altro, l'illegittimità del presente comma, nella parte in cui non prevede che il trasferimento degli embrioni, da realizzare non appena possibile, come stabilisce tale norma, debba essere effettuato senza pregiudizio della salute della donna. Precedentemente, la stessa Corte, con sentenza 13-28 gennaio 2005, n. 47 (Gazz. Uff. 2 febbraio 2005, n. 5 - Prima Serie speciale) e con sentenza 13-28 gennaio 2005, n. 48 (Gazz. Uff. 2 febbraio 2005, n. 5 - Prima Serie speciale), aveva dichiarato, tra l'altro, ammissibile la richiesta di referendum popolare per l'abrogazione del presente comma, limitatamente alle parole: «per grave e documentata causa di forza maggiore relativa allo stato di salute della donna non prevedibile al momento della fecondazione», nonché alle parole: «fino alla data del trasferimento, da realizzare non appena possibile». Il referendum popolare per l'abrogazione delle suddette norme era stato indetto con due D.P.R. 7 aprile 2005 (Gazz. Uff. 12 aprile 2005, n. 84). Successivamente, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, con Comunicato 15 luglio 2005 (Gazz. Uff. 15 luglio 2005, n. 163), aveva reso noto che l'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte suprema di cassazione, con verbale chiuso in data 11 luglio 2005, aveva accertato a norma dell'art. 36 della L. 25 maggio 1970, n. 352, che alla relativa votazione non aveva partecipato la maggioranza degli aventi diritto.

(29) La Corte costituzionale, con sentenza 8 - 12 marzo 2010, n. 97 (Gazz. Uff. 17 marzo 2010, n. 11, 1ª Serie speciale), ha dichiarato, fra l’altro, la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’ artt. 14, comma 3, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3 e 32, primo e secondo comma, della Costituzione.

(30) La stessa Corte, con successiva sentenza 22-30 aprile 2009, n. 125 (Gazz. Uff. 13 maggio 2009, n. 19, 1ª Serie speciale), ha, fra l’altro, dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 1, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 32, primo e secondo comma, della Costituzione; ha inoltre dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 14, comma 4, sollevata in riferimento agli artt. 2, 3, 13 e 32 della Costituzione.

 

 

Capo VII

Disposizioni finali e transitorie

 

Art. 15. 

Relazione al Parlamento.

1. L'Istituto superiore di sanità predispone, entro il 28 febbraio (31) di ciascun anno, una relazione annuale per il Ministro della salute in base ai dati raccolti ai sensi dell'articolo 11, comma 5, sull'attività delle strutture autorizzate, con particolare riferimento alla valutazione epidemiologica delle tecniche e degli interventi effettuati.

2. Il Ministro della salute, sulla base dei dati indicati al comma 1, presenta entro il 30 giugno di ogni anno una relazione al Parlamento sull'attuazione della presente legge.

 

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(31) Per la proroga del termine, per l'anno 2011, vedi il comma 1 dell'art. 1 e il comma 1-quinquies dell'art. 2, D.L. 29 dicembre 2010, n. 225, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

 

Art. 16. 

Obiezione di coscienza.

1. Il personale sanitario ed esercente le attività sanitarie ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure per l'applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita disciplinate dalla presente legge quando sollevi obiezione di coscienza con preventiva dichiarazione. La dichiarazione dell'obiettore deve essere comunicata entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge al direttore dell'azienda unità sanitaria locale o dell'azienda ospedaliera, nel caso di personale dipendente, al direttore sanitario, nel caso di personale dipendente da strutture private autorizzate o accreditate.

2. L'obiezione può essere sempre revocata o venire proposta anche al di fuori dei termini di cui al comma 1, ma in tale caso la dichiarazione produce effetto dopo un mese dalla sua presentazione agli organismi di cui al comma 1.

3. L'obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attività sanitarie ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attività specificatamente e necessariamente dirette a determinare l'intervento di procreazione medicalmente assistita e non dall'assistenza antecedente e conseguente l'intervento.

 

Art. 17. 

Disposizioni transitorie.

1. Le strutture e i centri iscritti nell'elenco predisposto presso l'Istituto superiore di sanità ai sensi dell'O.M. 5 marzo 1997 del Ministro della sanità, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 55 del 7 marzo 1997, sono autorizzati ad applicare le tecniche di procreazione medicalmente assistita, nel rispetto delle disposizioni della presente legge, fino al nono mese successivo alla data di entrata in vigore della presente legge.

2. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, le strutture e i centri di cui al comma 1 trasmettono al Ministero della salute un elenco contenente l'indicazione numerica degli embrioni prodotti a seguito dell'applicazione di tecniche di procreazione medicalmente assistita nel periodo precedente la data di entrata in vigore della presente legge, nonché, nel rispetto delle vigenti disposizioni sulla tutela della riservatezza dei dati personali, l'indicazione nominativa di coloro che hanno fatto ricorso alle tecniche medesime a seguito delle quali sono stati formati gli embrioni. La violazione della disposizione del presente comma è punita con la sanzione amministrativa pecuniaria da 25.000 a 50.000 euro.

3. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge il Ministro della salute, avvalendosi dell'Istituto superiore di sanità, definisce, con proprio decreto, le modalità e i termini di conservazione degli embrioni di cui al comma 2 (32).

 

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(32)  In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 4 agosto 2004.

 

Art. 18. 

Fondo per le tecniche di procreazione medicalmente assistita.

1. Al fine di favorire l'accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita da parte dei soggetti di cui all'articolo 5, presso il Ministero della salute è istituito il Fondo per le tecniche di procreazione medicalmente assistita. Il Fondo è ripartito tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano sulla base di criteri determinati con decreto del Ministro della salute, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano (33).

2. Per la dotazione del Fondo di cui al comma 1 è autorizzata la spesa di 6,8 milioni di euro a decorrere dall'anno 2004.

3. All'onere derivante dall'attuazione del presente articolo si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2004-2006, nell'àmbito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2004, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero medesimo. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

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(33)  Con D.M. 9 giugno 2004 (Gazz. Uff. 29 settembre 2004, n. 229) e con D.M. 15 marzo 2007 (Gazz. Uff. 31 luglio 2007, n. 176) sono stati individuati i criteri di ripartizione delle somme di cui al presente comma.

 


D.M. 4 agosto 2004.
Norme in materia di procreazione medicalmente assistita.

 

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 26 agosto 2004, n. 200.

(2) Emanato dal Ministero della salute.

 

 

IL MINISTRO DELLA SALUTE

 

Vista la legge 19 febbraio 2004, n. 40, concernente norme in materia di procreazione medicalmente assistita e, in particolare, l'art. 17, comma 3;

Visto il D.M. 21 luglio 2004 del Ministro della salute, concernente l'adozione delle linee guida contenenti l'indicazione delle procedure e delle tecniche di procreazione medicalmente assistita di cui all'art. 7 della legge 19 febbraio 2004, n. 40;

Visto il decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, concernente il codice in materia di protezione dei dati personali;

Sentito l'Istituto superiore di sanità in ordine alle modalità ed i termini di conservazione degli embrioni prodotti a seguito dell'applicazione delle tecniche di procreazione medicalmente assistita;

Considerata la necessità di attivare studi e ricerche sulle tecniche di crioconservazione;

Sentito il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, ai fini della promozione di interventi previsti dall'art. 2, comma 1, della citata legge n. 40 del 2004;

 

Decreta:

 

Art. 1. 

1. Ai fini dell'art. 17, comma 3, della legge 19 febbraio 2004, n. 40, concernente norme in materia di procreazione medicalmente assistita, con il presente decreto si individuano due diverse tipologie di embrioni crioconservati:

embrioni che sono in attesa di un futuro impianto;

embrioni per i quali sia stato accertato lo stato di abbandono.

2. Lo stato di abbandono di un embrione è accertato al verificarsi di una delle seguenti condizioni:

a) il centro che effettua tecniche di procreazione medicalmente assistita acquisisce la rinuncia scritta al futuro impianto degli embrioni crioconservati da parte della coppia di genitori o della singola donna (nel caso di embrioni prodotti prima della normativa attuale con seme di donatore e in assenza di partner maschile);

b) il centro che effettua tecniche di procreazione medicalmente assistita documenta i ripetuti tentativi eseguiti, per almeno un anno, di ricontattare la coppia o la donna che ha disposto la crioconservazione degli embrioni; solo nel caso di reale, documentata impossibilità a rintracciare la coppia, l'embrione potrà essere definito come abbandonato.

 

Art. 2. 

1. Gli embrioni che sono in attesa di un futuro impianto sono crioconservati presso gli stessi centri dove le tecniche sono state effettuate.

2. Gli embrioni definiti in stato di abbandono sono, invece, trasferiti dai centri di procreazione medicalmente assistita unicamente alla Biobanca Nazionale situata presso il Centro trasfusionale e di immunologia dei trapianti dell'Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico «Ospedale Maggiore» di Milano, ove sarà attivato in maniera centralizzata un centro di crioconservazione degli embrioni stessi.

 

Art. 3  .

1. Sono a carico di ciascun centro di procreazione medicalmente assistita gli oneri derivanti dal congelamento degli embrioni e gli oneri derivanti, in attesa di futuro impianto, dalla loro crioconservazione.

 

Art. 4. 

1. All'Istituto superiore di sanità è affidato, con apposita convenzione, il compito di:

a) definire il numero e la localizzazione degli embrioni abbandonati da trasferire per la crioconservazione;

b) contattare i centri detentori degli embrioni abbandonati ai fini del trasferimento al suddetto Centro trasfusionale e di immunologia dei trapianti e della conservazione di tutti i dati clinici inerenti ciascun embrione trasferito;

c) attivare allo scopo il Centro trasfusionale e di immunologia dei trapianti dell'IRCCS «Ospedale Maggiore» di Milano.

 

Art. 5. 

Al Centro trasfusionale e di immunologia dei trapianti dell'IRCCS «Ospedale Maggiore» di Milano è affidato, con apposita convenzione, il compito di effettuare studi e ricerche sulle tecniche di crioconservazione dei gameti e degli embrioni orfani ivi conservati ai sensi della legge 19 febbraio 2004, n. 40.

 

Art. 6. 

Gli oneri derivanti dall'espletamento dei compiti indicati nei precedenti articoli 4 e 5, valutati per l'esercizio 2004 in € 50.000,00 a favore dell'Istituto superiore di sanità ed in € 400.000,00 a favore dell'Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico «Ospedale Maggiore» di Milano, graveranno sull'apposito capitolo di spesa in corso di istituzione, in applicazione dell'art. 2 della legge 19 febbraio 2004, n. 40.

 

Il presente decreto sarà trasmesso al competente organo di controllo in ossequio alla normativa vigente e sarà successivamente pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

 

 



[1]     Norme in materia di procreazione medicalmente assistita.  

[2]     Norme in materia di procreazione medicalmente assistita..

[3]     Diritto del minore ad una famiglia.