Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento affari sociali
Titolo: Prevenzione del randagismo A.C. 1172 e abb. - schede di lettura e normativa di riferimento - seconda edizione
Riferimenti:
AC N. 1172/XVI   AC N. 1379/XVI
AC N. 1236/XVI   AC N. 1370/XVI
Serie: Progetti di legge    Numero: 149
Data: 22/04/2009
Descrittori:
ANIMALI RANDAGI   ATTESTATI E CERTIFICATI
CANI   TUTELA DELLA SALUTE
VETERINARIA     
Organi della Camera: XII-Affari sociali
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Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Prevenzione del randagismo

A.C. 1172 ed abb.

 

 

 

 

 

 

 

n. 149

Seconda edizione

 

 

22 aprile 2009

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Affari Sociali

( 066760-3266 – * st_affarisociali@camera.it

Hanno partecipato alla redazione del dossier i seguenti Servizi e Uffici:

Segreteria Generale – Ufficio Rapporti con l’Unione europea

( 066760-2145 – * cdrue@camera.it

 

 

 

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File: AS0078.doc

 


INDICE

Schede di lettura

Quadro normativo di riferimento  3

La normativa comunitaria  3

La legge 14 agosto 1991, n. 281  4

Altre specifiche previsioni normative  8

Normativa regionale sulla protezione degli animali d'affezione e prevenzione del randagismo  10

Contenuto delle proposte di legge  13

La proposta di legge A.C. 1172  13

La proposta di legge A.C. 1236  18

La proposta di legge A.C. 1319  19

La proposta di legge A.C. 1370  22

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE (A cura dell’Ufficio rapporti con l’unione europea)23

Codice Penale (Artt. 19-quater, 361, 544-bis, 544-ter, 544-quater, 544 quinquies, 638 e 727)28

R.D. 27 luglio 1934, n. 1265. Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie. (Art. 338)32

D.P.R. 8 febbraio 1954, n. 320. Regolamento di polizia veterinaria.  (Artt. 86, 87 e 91)34

D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917. Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi. (Art. 15, co. 1, lett. c-bis)36

L. 11 agosto 1991, n. 266. Legge-quadro sul volontariato. (Art. 3)37

L. 14 agosto 1991, n. 281. Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo  38

D.Lgs. 14 dicembre 1992, n. 508. Attuazione della direttiva 90/667/CEE del Consiglio del 27 novembre 1990, che stabilisce le norme sanitarie per l'eliminazione, la trasformazione e l'immissione sul mercato di rifiuti di origine animale e la protezione dagli agenti patogeni degli alimenti per animali di origine animale o a base di pesce e che modifica la direttiva 90/425/CEE.42

D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281. Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali. (Art. 8)55

L. 2 dicembre 1998, n. 434. Finanziamento degli interventi in materia di animali di affezione e per la prevenzione del randagismo.57

D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115. Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia. (Testo A). (Art. 76)58

L. 30 luglio 2002, n. 174. Norme per il finanziamento di lavori destinati all'Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale, in Milano, ed altri interventi. (Art. 4)59

D.P.C.M. 28 febbraio 2003. Recepimento dell'accordo recante disposizioni in materia di benessere degli animali da compagnia e pet-therapy.60

D.M. 28 marzo 2003. Determinazione del criterio per la ripartizione tra le regioni e le province autonome delle disponibilità del fondo istituito dall'art. 4 della L. 30 luglio 2002, n. 174, concernente la sterilizzazione degli animali di affezione.61

L. 20 luglio 2004, n. 189. Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali, nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate.62

O.M. 6 agosto 2008. Ordinanza contingibile ed urgente concernente misure per l'identificazione e la registrazione della popolazione canina.66

O.M. 18 dicembre 2008. Norme sul divieto di utilizzo e di detenzione di esche o di bocconi avvelenati.73

O.M. 3 marzo 2009. Ordinanza contingibile ed urgente concernente la tutela dell'incolumità pubblica dall'aggressione dei cani.77

Normativa Comunitaria

Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia Conclusa a Strasburgo il 13 novembre 1987 (Art. 12)85

Reg. (CE) 26 maggio 2003 n. 998/2003. Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle condizioni di polizia sanitaria applicabili ai movimenti a carattere non commerciale di animali da compagnia e che modifica la direttiva 92/65/CEE del Consiglio. (Art. 4)86

 

 


Schede di lettura

 


Quadro normativo di riferimento

La normativa comunitaria

Nell’ambito del Consiglio d’Europa è stata adottata la Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia del 13 novembre 1987, firmata a Strasburgo ed entrata in vigore nel 1992.

Alla suddetta Convenzione hanno finora aderito diciannove Stati membri del Consiglio d'Europa, fra cui l'Italia, la quale, tuttavia, non ha ancora provveduto alla ratifica.

La citata Convenzione del 1987 stabilisce che ciascuna parte si impegna ad adottare i necessari provvedimenti per conferire effetto alle disposizioni della medesima Convenzione, con particolare riferimento:

a)  agli animali da compagnia tenuti da una persona fisica o morale in qualsiasi alloggio domestico, in istituto per il commercio, l’allevamento e la custodia a fini commerciali di tali animali, nonché in ogni rifugio per animali;

b)  agli animali randagi.

Per gli animali da compagnia, la citata Convenzione detta specifiche disposizioni per il mantenimento, la riproduzione, l’addestramento, i limiti di età per l’acquisto, il commercio, l’allevamento e la custodia a fini commerciali, i rifugi per gli animali, la pubblicità, gli spettacoli, le esposizioni, le competizioni e le manifestazioni analoghe, gli interventi chirurgici e le uccisioni.

Per quanto concerne gli animali randagi, sono previste, altresì, norme finalizzate alla riduzione del loro numero.

Da ultimo, la citata Convezione prevede che le parti si impegnano a promuovere lo sviluppo di programmi d’informazione e di istruzione al fine di incoraggiare tra le organizzazioni e gli individui interessati al mantenimento, all’allevamento, all’addestramento, al commercio ed alla custodia di animali da compagnia, la consapevolezza e la conoscenza delle disposizioni e dei principi ivi previsti.

Per quanto attiene all’introduzione da Paesi membri, gli animali al seguito dei proprietari o di altri soggetti responsabili devono essere muniti del passaporto comunitario previsto dalla decisione 2003\803\CE[1] della Commissione, del 26 novembre 2003, ed essere identificati tramite un microchip o tatuaggio chiaramente leggibile.

Si segnala, infine, che la disciplina comunitaria in materia di animali di affezione e di randagismo è completata dal Piano d'azione per il benessere degli animali 2006-2010[2].

Il citato Piano d’azione si prefigge di rendere più chiara la legislazione comunitaria e di elaborare proposte nei settori in cui questa appare insufficiente. In particolare, sono stati fissati i seguenti i seguenti obiettivi:

§           definire in maniera più chiara le azioni che l'Unione europea deve svolgere in materia di benessere degli animali;

§           continuare a migliorare la legislazione in questo settore;

§           potenziare il coordinamento fra le risorse;

§           incoraggiare la ricerca e promuovere soluzioni alternative con riferimento agli esperimenti sugli animali;

§           garantire la coerenza e il coordinamento dell'insieme delle politiche dell'Unione europea che perseguono il benessere degli animali.

La legge 14 agosto 1991, n. 281

La legge 14 agosto 1991, n. 281 (Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo) promuove la tutela degli animali di affezione e condanna gli atti di crudeltà contro di essi, i maltrattamenti e il loro abbandono, al fine di favorire la corretta convivenza tra uomo e animale e di tutelare la salute pubblica e l'ambiente (articolo 1).

L’articolo 2 detta norme sul trattamento dei cani e di altri animali di affezione. In particolare, si prevedono interventi di limitazione delle nascite dei cani e dei gatti effettuati presso i servizi veterinari delle aziende sanitarie locali ovvero, a spese dei proprietari e dei detentori, presso ambulatori veterinari autorizzati delle società cinofile, delle società protettrici di animali e di privati (comma 1).

I cani vaganti ritrovati, catturati o comunque ricoverati presso le strutture di cui al comma 1 dell'articolo 4 (canili municipali e rifugi per cani), non possono essere soppressi (comma 2).

Inoltre, i cani catturati o comunque provenienti dalle suddette strutture non possono essere destinati alla sperimentazione (comma 3).

I cani vaganti catturati, regolarmente tatuati, sono restituiti al proprietario o al detentore (comma 4), mentre i cani vaganti non tatuati catturati, nonché i cani ospitati presso le strutture di ricovero di cui sopra, devono essere tatuati; i cani vaganti non tatuati, se non reclamati entro il termine di sessanta giorni possono essere ceduti a privati che diano garanzie di buon trattamento o ad associazioni protezioniste, previo trattamento profilattico contro la rabbia, l'echinococcosi e altre malattie trasmissibili (comma 5).

I cani ricoverati nelle summenzionate strutture, fatto salvo quanto previsto dagli articoli 86, 87 e 91 del regolamento di polizia veterinaria approvato con decreto del Presidente della Repubblica 8 febbraio 1954, n. 320 (v. infra), possono essere soppressi, in modo esclusivamente eutanasico, ad opera di medici veterinari, soltanto se gravemente malati, incurabili o di comprovata pericolosità (comma 6).

È vietato a chiunque maltrattare i gatti che vivono in libertà (comma 7); essi sono sterilizzati dall'autorità sanitaria competente e riammessi nel loro gruppo (comma 8). I gatti in libertà, tra l’altro, possono essere soppressi soltanto se gravemente malati o incurabili (comma 9).

Gli enti e le associazioni protezioniste possono, d'intesa con le aziende sanitarie locali, prendere in gestione le colonie di gatti che vivono in libertà, assicurandone la cura della salute e le condizioni di sopravvivenza (comma 10).

Gli enti e le associazioni protezioniste possono gestire canili e rifugi per cani, sotto il controllo sanitario dei servizi veterinari dell'azienda sanitaria locale competente (comma 11).

Le strutture di ricovero per cani possono tenere in custodia a pagamento cani di proprietà, garantendo il servizio di pronto soccorso (comma 12).

L’articolo 3 stabilisce le competenze delle regioni in materia di prevenzione del randagismo e di disciplina degli animali di affezione. In particolare, si prevede che devono essere adottati con legge regionale i seguenti adempimenti:

·         l'istituzione dell'anagrafe canina presso i comuni o le aziende sanitarie locali, al fine di consentire l’immediata identificazione di tutti i cani del territorio per le esigenze  sanitarie (comma 1);

·         l'emanazione dei criteri per il risanamento dei canili comunali e la costruzione dei rifugi per cani e la determinazione dei criteri e delle modalità per il riparto tra i comuni dei contributi per la realizzazione degli interventi di loro competenza (comma 2);

Inoltre, sempre alle regioni, è demandato il compito di emanare (sentite le associazioni animaliste, protezioniste e venatorie) un programma di prevenzione del randagismo che preveda i seguenti specifici interventi (comma 3):

-        iniziative di informazione da svolgere anche in ambito scolastico al fine di conseguire un corretto rapporto di rispetto della vita animale e la difesa del suo habitat;

-        corsi di aggiornamento o formazione per il personale delle regioni, degli enti locali e delle unità sanitarie locali addetto ai servizi di cui alla presente legge nonché per le guardie zoofile volontarie che collaborano con le unità sanitarie locali e con gli enti locali (comma 4).

Si prevede, altresì, che, al fine di tutelare il patrimonio zootecnico, le regioni indennizzano gli imprenditori agricoli per le perdite di capi di bestiame causate da cani randagi o inselvatichiti, accertate dal servizio veterinario dell'azienda sanitaria locale (comma 5).

Per la realizzazione degli interventi di loro competenza le regioni si possono avvalere di una somma non superiore al 25 per cento delle risorse del Fondo per l’attuazione della legge n. 281 del 1991 assegnate alla regione con apposito decreto ministeriale. La restante somma deve essere assegnata dalla regione agli enti locali a titolo di contributo per la realizzazione degli interventi di loro competenza (comma 6).

Le regioni a statuto speciale e le province autonome adeguano la propria legislazione ai princìpi contenuti nella legge quadro e adottano un programma regionale per la prevenzione del randagismo (comma 7).

L’articolo 4 stabilisce le competenze dei comuni.

In particolare, i comuni, singoli o associati, e le comunità montane provvedono prioritariamente ad attuare piani di controllo delle nascite incruenti attraverso la sterilizzazione.

A tali piani è destinata una quota non inferiore al 60 per cento delle risorse di cui all'articolo 3, comma 6 (ossia delle risorse assegnate ai comuni per gli interventi di loro competenza). I comuni provvedono, altresì, al risanamento dei canili comunali esistenti e costruiscono rifugi per i cani, nel rispetto dei criteri stabiliti con legge regionale e avvalendosi delle richiamate risorse (comma 1)[3].

L’articolo 5 contempla specifiche sanzioni amministrative per le seguenti fattispecie:

·         chiunque abbandona cani, gatti o qualsiasi altro animale custodito nella propria abitazione, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire trecentomila a lire un milione (comma 1);

·         chiunque omette di iscrivere il proprio cane all'anagrafe di cui al comma 1 dell'articolo 3, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di lire centocinquantamila (comma 2);

·         chiunque, avendo iscritto il cane all'anagrafe di cui al comma 1 dell'articolo 3, omette di sottoporlo al tatuaggio, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di lire centomila (comma 3);

·         chiunque fa commercio di cani o gatti al fine di sperimentazione, in violazione delle leggi vigenti, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire cinque milioni a lire dieci milioni (comma 4).

Le entrate derivanti dalle sanzioni amministrative di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 confluiscono nel Fondo per l'attuazione della legge n. 281 del 1991 previsto dall'articolo 8[4] (comma 6).

L’articolo 6, che prevedeva un’imposta comunale sul possesso di cani, è stato abrogato dall’articolo 10 del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 8.

L’articolo 7 abroga specifiche norme del testo unico per la finanza locale[5] ed ogni disposizione incompatibile o in contrasto con la legge quadro.

L’articolo 8 istituisce, a partire dall'esercizio finanziario 1991, uno specifico Fondo per l'attuazione della legge n. 281 del 1991, presso il Ministero della salute, la cui dotazione è stata determinata in lire 1 miliardo per il 1991 e in lire 2 miliardi a decorrere dal 1992 (comma 1).

Ai sensi del comma 2, la ripartizione delle risorse del Fondo tra le Regioni e le Province autonome viene effettuata annualmente con decreto del Ministro della salute. I criteri per la ripartizione sono definiti sempre con decreto del Ministro della salute, sentita la Conferenza Stato-regioni.

Con il decreto del Ministro della salute 6 maggio 2008 sono stati determinati i criteri per la ripartizione tra le regioni e le province autonome delle disponibilità del suddetto Fondo per l'attuazione della legge n. 281 del 1991. In particolare, i criteri per la ripartizione (tra le regioni e le province autonome) delle citate risorse sono i seguenti:

·         il 40 per cento della disponibilità viene ripartito in quote di pari entità tra le regioni sulla base dell'attivazione della banca dati regionale dell'anagrafe canina in riferimento alla consultabilità per via telematica;

·         il 30 della disponibilità viene ripartito tra le regioni e le province autonome in base alla consistenza della popolazione animale presso i canili sanitari e i gattili;

·         il 30 per cento delle disponibilità viene ripartito in base al numero degli abitanti.

Per quanto concerne il finanziamento degli interventi previsti dalla legge n. 281 del 1991, si segnala, altresì, che l’articolo 1, comma 2, della legge 2 dicembre 1998, n. 434 (Finanziamento degli interventi in materia di animali di affezione e per la prevenzione del randagismo) ha autorizzato la spesa di 2,6 miliardi di lire annue a decorrere dall’anno 1999.

La finanziaria per il 2009[6] ha previsto in tabella C[7] uno stanziamento di 3,819 milioni di euro per il 2009, 3,415 milioni di euro per il 2010 e 2,611 milioni di euro per il 2011.

 

Altre specifiche previsioni normative

La legge 20 luglio 2004, n. 189 (Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali, nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate) ha introdotto nel sistema penale italiano una disciplina organica finalizzata alla tutela degli animali dalle diverse forme di maltrattamento, con specifica attenzione al fenomeno dell’impiego degli animali in combattimenti clandestini. Essa, in particolare, ha introdotto le nuove fattispecie penali dell’uccisione (544-bis c.p.) e del maltrattamento di animali (544-ter c.p.), ha vietato gli spettacoli che comportano sevizie o strazio per gli animali (art. 544-quater), nonché i combattimenti tra gli animali (art. 544-quinquies). E’ stato inoltre modificato l'articolo 727 c.p., che in precedenza disciplinava il maltrattamento di animali, per introdurre la nuova fattispecie di abbandono di animali.

Con riferimento alla questione dell’accesso dei cani e di altri animali ai locali pubblici e ai mezzi di trasporto, appare opportuno segnalare quanto disposto dall’articolo 83 del D.P.R. 8 febbraio 1954, n. 320 (Regolamento di polizia veterinaria. Norme sanitarie speciali contro le malattie infettive e diffusive degli animali).

Tale norma, nel disciplinare la profilassi della rabbia, stabilisce che il sindaco dispone:

§         la regolare notifica, da parte dei possessori, di tutti i cani esistenti nel territorio comunale per la registrazione ai fini della vigilanza sanitaria. A tale scopo deve essere riportato nel registro, oltre alle generalità del possessore, anche lo stato segnaletico degli animali rilevato dal veterinario comunale;

§         l'applicazione al collare di ciascun cane di una speciale piastrina che deve essere consegnata ai possessori all'atto della denuncia;

§         l'obbligo di idonea museruola per i cani non condotti al guinzaglio quando si trovano nelle vie o in altro luogo aperto al pubblico;

§         l'obbligo della museruola e del guinzaglio per i cani condotti nei locali pubblici e nei pubblici mezzi di trasporto.

Infine, la norma prevede che possono essere tenuti senza guinzaglio e senza museruola:

§         i cani da guardia, soltanto entro i limiti dei luoghi da sorvegliare purché non aperti al pubblico;

§         i cani da pastore e quelli da caccia, quando vengono rispettivamente utilizzati per la guardia delle greggi e per la caccia, nonché i cani delle forze armate e delle forze di polizia quando sono utilizzati per servizio.

L’articolo 84 dello stesso regolamento prescrive che i comuni devono provvedere al servizio di cattura dei cani e tenere in esercizio un canile per la custodia dei cani catturati e per l'osservazione di quelli sospetti.

Il prefetto, quando ne riconosca la necessità, stabilisce l'obbligo di un servizio di accalappiamento intercomunale o provinciale determinando le norme per il funzionamento ed il contributo che deve essere dato dai comuni e dalla provincia.

Gli articoli 86, 87 e 88 recano specifiche norme per le ipotesi di aggressioni da parte di cani, gatti e altri animali rabidi o sospetti, con particolare riferimento alle misure di isolamento e osservazione, alla disinfezione dei luoghi contaminati e al trattamento antirabbico.

L’articolo 91 contempla, inoltre, la facoltà, nei casi in cui l'infezione rabida assuma preoccupante diffusione e non sia possibile la cattura, di procedere all'uccisione dei cani e dei gatti vaganti e ad adottare qualunque altro provvedimento eccezionale atto a estinguere l'infezione.

 

In materia di cani guida per ciechi, la legge 14 febbraio 1974, n. 37 (Gratuità del trasporto dei cani guida dei ciechi sui mezzi di trasporto pubblico), come modificata, da ultimo, dalla legge 8 febbraio 2006, n. 60 (in materia di accesso dei cani guida dei ciechi sui mezzi di trasporto pubblico e negli esercizi aperti al pubblico), stabilisce che il privo di vista ha diritto di farsi accompagnare dal proprio cane guida nei suoi viaggi su ogni mezzo di trasporto pubblico senza dover pagare per l'animale alcun biglietto o sovrattassa.

Al privo della vista è riconosciuto, altresì, il diritto di accedere agli esercizi aperti al pubblico con il proprio cane guida.

I responsabili della gestione dei trasporti pubblici e i titolari degli esercizi di cui sopra che impediscano od ostacolino, direttamente o indirettamente, l'accesso ai privi di vista accompagnati dal proprio cane guida sono soggetti ad una sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma da euro 500 a euro 2.500.

Nei mezzi di trasporto pubblico e negli esercizi aperti al pubblico, il privo di vista ha diritto di farsi accompagnare dal proprio cane guida anche non munito di museruola. Tuttavia, sui mezzi di trasporto pubblico, ove richiesto esplicitamente dal conducente o dai passeggeri, il privo di vista è tenuto a munire di museruola il proprio cane guida.

Ogni altra disposizione in contrasto o in difformità con la presente legge viene abrogata.

 

Va ricordato che con l’Accordo 6 febbraio 2003, (Accordo tra il Ministro della salute, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano in materia di benessere degli animali da compagnia e pet-therapy), recepito con il D.P.C.M. 28 febbraio 2003, è stato, tra l’altro, avviato il sistema delle anagrafi canine, nazionale e territoriali, in cui sono registrati i cani identificati con microchip o tatuaggio in Italia.

Da ultimo si ricorda che il Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali ha emanato l’ordinanza 3 marzo 2009 concernente la tutela dell'incolumità pubblica dall'aggressione dei cani, con cui è stata eliminata, tra l’altro, la lista dei cani pericolosi, introdotta la responsabilità civile e penale dei proprietari e l’obbligo di utilizzo del guinzaglio in ogni luogo.

Normativa regionale sulla protezione degli animali d'affezione e prevenzione del randagismo

In attuazione della legge n. 281 del 1991 le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano hanno disciplinato con propri atti:

§      listituzione e l’organizzazione dell’anagrafe canina e l’identificazione dei cani. L’anagrafe è istituita generalmente presso il settore veterinario delle Aziende sanitarie locali; di norma, sono disciplinati gli obblighi da parte dei proprietari di cani, nonché i compiti delle ASL. L’identificazione dei cani è attuata mediante un sistema elettronico[8] a radiofrequenza composto da un microchip inserito sotto cute e da un lettore (generalmente resta valida la vecchia identificazione con il tatuaggio per gli animali così contrassegnati). In alcuni casi le norme regionali contengono il riferimento esplicito alla norma ISO cui deve essere conforme la strumentazione (Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Toscana, Provincia autonoma di Trento, Piemonte). Alcune regioni, inoltre, hanno organizzato e disciplinato la banca dati regionale sulla base della nuova identificazione elettronica (Friuli-Venezia Giulia, Toscana, Piemonte);

§      canili sanitari e rifugi per cani. Le norme regionali ne disciplinano l’ubicazione, l’organizzazione, i compiti, gli standard minimi; dettano inoltre i criteri per il risanamento dei canili sanitari esistenti. I canili sanitari, o strutture di ricovero temporaneo, sono gestiti dalle ASL o da associazioni in convenzione con le ASL e i comuni; sono previste anche strutture di ricovero temporaneo dei gatti (Friuli-Venezia Giulia);

§      protezione dei gatti. I comuni individuano appositi spazi da destinare a luogo di alimentazione e riferimento per i gatti (Provincia autonoma di Trento, Toscana), più in generale la “colonia di gatti” è riconosciuta quale luogo di protezione dei gatti che vivono in libertà e - come tale - destinataria delle disposizioni normative a tutela degli animali di affezione; le colonie sono gestite dalle associazioni protezionistiche, eventualmente in convenzione con le ASL e i comuni;

§      controllo della popolazione di cani e gatti. Le norme regionali disciplinano l’eventuale sterilizzazione – generalmente di competenza del servizio veterinario della ASL, su richiesta dei singoli comuni, dietro iniziativa di privati ed enti (a proprie spese) –, nonché il divieto di soppressione, salvo che ricorrano condizioni particolari;

§      associazioni protezionistiche. Le associazioni svolgono in collaborazione con i Comuni e le ASL - mediante convenzione - tutte le funzioni riguardanti l’assistenza e la gestione dei rifugi. Esse possono, altresì, promuovere iniziative di aggiornamento e formazione e informazione. Alcune regioni prevedono espressamente l’iscrizione in uno specifico albo (Abruzzo, Campania, Piemonte, Puglia, Umbria, Veneto) o nel registro regionale del volontariato;

§      cimiteri per animali d’affezione. Alcune regioni - Abruzzo, Friuli-Venezia Giulia, Lazio e Piemonte - hanno disciplinato la possibilità, per enti pubblici e privati, di realizzare zone adibite alla sepoltura di animali di affezione, nel rispetto degli strumenti urbanistici, specificando soggetti destinatari ed esclusioni.

 

Alcune realtà regionali e locali, inoltre, hanno dettato specifiche norme per la regolamentazione di particolari profili, ossia:

§      la previsione della figura di “cane collettivo” o “cane di quartiere”, adottato da un gruppo di persone con un tutore responsabile (Puglia, Legge regionale n. 12/1995, articolo 7; Lazio, articolo 9 della legge regionale n. 34/1997; Campania, articolo 10 della legge regionale n. 16/2001)

§      l’istituzione di un registro speciale – o la previsione di speciali prescrizioni nell’ambito della stessa anagrafe canina – per cani appartenenti a determinate razze considerate pericolose (Cfr. Lazio, articolo 1 della legge regionale n. 33/2003; Sicilia, articolo 1 del D.P.Reg. 12 gennaio 2007, n. 7).


Contenuto delle proposte di legge

La proposta di legge A.C. 1172

La proposta di legge A.C. 1172 (Santelli, Ceccacci Rubino), contenente disposizioni sostanzialmente identiche a quelle già inserite in una proposta di legge presentata nella XV legislatura (A.C. 2833, Santelli ed altri), modifica la legge 14 agosto 1991, n. 281, in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo ed è costituita da 12 articoli, volti principalmente ad incentivare l'iscrizione all'anagrafe dei cani di proprietà, ad istituire strutture di accoglienza intermedie (case famiglia per cani), a promuovere la responsabilizzazione dei proprietari, ad ampliare le possibilità di accesso per i cani nei luoghi pubblici e nei servizi di trasporto pubblico e privato, a sensibilizzare i proprietari alla sterilizzazione degli animali e ad indicare le caratteristiche tecniche minime dei canili.

I principali interventi normativi analizzati di seguito recano, come già accennato, sostituzioni, modifiche ed integrazioni ad articoli della legge n. 281 del 1991, in precedenza illustrata. Ci si limiterà, pertanto, in questa sede, ad analizzare le modifiche introdotte.

L’articolo 1[9], al comma 1, aggiungendo un comma (1-bis) all’articolo 1 della legge n. 281/1991, stabilisce che, al fine della promozione e della tutela degli animali di affezione[10], lo Stato disciplina i seguenti livelli essenziali:

·         la sterilizzazione dei cani e dei gatti;

·         l'iscrizione dei cani all'anagrafe canina e la protezione dei gatti in libertà;

·         l'adeguamento delle strutture di accoglienza dei cani vaganti da parte dei comuni singoli o associati e delle comunità montane;

·         l'istituzione delle case famiglia per cani;

·         la responsabilizzazione collettiva nei confronti degli animali (comma 1).

Il comma 2, dettando alcune modifiche all’articolo 2 della legge n. 281/1991, prevede[11]:

·         l’ammontare della detrazione, determinato con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, per le spese veterinarie, per la sterilizzazione chirurgica, per l'identificazione mediante microprocessore (microchip) e per l'iscrizione all'anagrafe canina[12] (lett. a)), le quali spese si aggiungono a quelle veterinarie che già usufruiscono della detrazione d’imposta del 19 per cento [13] (comma 3);

·         il pagamento delle spese previste da parte del proprietario o del detentore nel caso di cattura e mantenimento di cani vaganti identificati mediante tatuaggio o microprocessore [14] (lett. b));

·         l’identificazione con microprocessore dei cani vaganti o tenuti presso i canili municipali ) e, se non reclamati entro trenta giorni, la cessione a privati previa sterilizzazione chirurgica[15] (lett. c));

·         i requisiti di legge[16] che devono avere gli enti e le associazioni protezioniste[17] che si occupano di animali (lett. d)).

L’articolo 2[18], inserendo un nuovo articolo 2-bis nella legge n. 281/1991, istituisce l’obbligo delle iscrizione dei cani all’anagrafe canina[19]  per chi intenda, a qualsiasi titolo, detenere un cane. L’identificazione dell’animale è compiuta nei tempi previsti, mediante un microprocessore recante un codice numerico identificativo da parte del servizio veterinario dell'azienda sanitaria locale o dal medico veterinario libero professionista.

L’articolo 3[20], inserendo un nuovo articolo 2-ter nella legge n. 281/1991, prevede l’istituzione di case famiglia per cani di natura privata, registrate in un apposito elenco comunale ed ospitanti da un minimo di tre ad un massimo di dieci cani[21]. Nella domanda presentata al comune e valutata dai servizi veterinari dell’ASL, il richiedente indica il numero di cani da adottare, dichiara la conformità degli spazi disponibili e accetta le norme volte alla tutela degli animali.

La titolarità di una casa famiglia non comporta alcuna corresponsione economica, tranne le agevolazioni riguardanti le spese alimentari e quelle veterinarie per gli animali.

Il titolare di una casa famiglia può tenere altri cani in custodia a pagamento, nella misura massima del 50 per cento della disponibilità prevista.

Da ultimo, in caso di violazioni, il comune può revocare la titolarità di una casa famiglia per cani.

L’articolo 4[22] inserisce nella legge 281/1991 il nuovo articolo 2-quater, disciplinante il libretto di identità, che è un documento di riconoscimento rilasciato dai servizi o dai medici veterinari recante i dati dell'animale e del proprietario (comma 1), che deve essere maggiorenne.

L’articolo 5[23], che inserisce l’articolo2-quinquies nella legge 281/1991, facilita l’accesso dei cani nei luoghi pubblici e privati e vi consente il libero ingresso degli animali, con il pagamento del titolo d’ingresso ove previsto e con l’esclusione dei casi di tutela della salute pubblica[24]. Sono comunque fatte salve le disposizioni vigenti in materia di cani guida delle categorie protette[25] .

Deve essere inoltre consentito, da parte delle capitanerie di porto, delle regioni e dei comuni, l'accesso dei cani al seguito dei proprietari sulle spiagge demaniali.

L’articolo 6[26], sostituendo l’articolo 3 della legge n. 281/1991, disciplina le competenze delle Regioni, che, entro sei mesi dall’entrata in vigore delle nuove disposizioni, adeguano le proprie leggi in materia di randagismo. Tra le principali novità rilevano i seguenti aspetti:

·         la predisposizione dei modelli dei libretti d'identità, previsti dall’articolo 2-quater;

·         la disciplina di risanamento del canile municipale e la sua trasformazione in "canile sanitario" o "ospedale veterinario", recante principalmente funzioni sanitarie e di pronto soccorso;

·         le modalità per la costruzione, la ristrutturazione e la gestione di rifugi per cani, che al massimo possono ognuno ospitare 200 cani ed assolvono principalmente alle funzioni di ricovero, trattamento ed adozione degli animali;

·         le linee guida di predisposizione degli elenchi comunali delle case famiglia, previste dall’articolo 2-ter, per l’agevolazione dell'accesso dei cani nei luoghi pubblici e privati, nonché per la concessione e il rinnovo della licenza per ogni rifugio privato;

·         la disciplina di una specifica area della medicina veterinaria pubblica presso le ASL, con responsabilità in materia di applicazione delle normative sul randagismo, sugli animali di affezione e sinantropi, sul benessere e protezione degli animali;

·         il riparto tra i comuni dei contributi previsti per la realizzazione degli interventi di loro competenza è condizionato all'effettiva attuazione dei piani di adozione e di sterilizzazione dei cani e l'esito positivo dei controlli predisposti dalla regione stessa[27];

·         l’assegnazione ai servizi veterinari delle ASL in base al numero di cani identificati e registrati nell'anagrafe canina delle risorse assegnate con il previsto decreto ministeriale di riparto dello specifico Fondo istituito per l’attuazione della legge;

·         un programma di prevenzione del randagismo predisposto con cadenza annuale entro il 31 dicembre di ogni anno;

L’articolo 7[28], sostituendo l’articolo 4  della legge 281/1991, definisce le competenze dei comuni e tra le principali novità si sottolinea la previsione dell’emanazione di appositi regolamenti per la corretta detenzione e tutela degli animali di affezione sui rispettivi territori nonché l’istituzione di formule assicurative per garantire l'assistenza veterinaria di base[29].

L’articolo 8[30], inserendo il nuovo articolo 4-bis nella legge 281/1991, reca le competenze dei servizi veterinari. In particolare, tali servizi devono sovrintendere all'anagrafe canina, alle strutture di ricovero e sanitarie per animali, assicurare le emergenze e partecipare ai programmi di prevenzione del randagismo.

L’articolo 9[31], sostituendo l’articolo 5 della legge n. 281, disciplina le sanzioni per la mancata iscrizione all’anagrafe canina, punita con una sanzione amministrativa pecuniaria di 300 euro, e per qualsiasi commercio di cani o di gatti in violazione delle leggi vigenti, punito con il pagamento di una somma da euro 5.000 a euro 10.000[32].

L’articolo 10[33] inserendo un nuovo articolo 5- bis nella legge 281/1991 -,  istituisce i cimiteri per animali di affezione, realizzati da soggetti pubblici o privati e ubicati in zone scelte dal comune di appartenenza. La normativa che si applica è quella cimiteriale statale, prevista dall'articolo 338 del Testo unico delle leggi sanitarie[34] e dal regolamento di polizia mortuaria[35], in attesa dell'emanazione di provvedimenti regionali.

L’articolo 11[36], inserendo il nuovo articolo 5-ter, introduce un’imposta comunale annuale di euro 20 per i possessori di cani.

Specifiche esenzioni d’imposta riguardano:

·         i cani esclusivamente adibiti alla guida dei ciechi;

·         i cani appartenenti ad individui non residenti, né domiciliati nel comune, la cui permanenza non si protrae oltre due mesi o che già pagano l'imposta in altri comuni;

·         i cani lattanti per il periodo di tempo strettamente necessario all'allattamento;

·         i cani adibiti ai servizi dell'Esercito e a quelli di pubblica sicurezza;

·         i cani ricoverati in strutture gestite da enti o associazioni protezionistiche, senza fini di lucro e ospitati nelle case famiglia o nei rifugi;

·         i cani appartenenti a categorie sociali eventualmente individuate dai comuni;

·         i cani con certificazione di avvenuta sterilizzazione.

L’articolo 12[37] dispone sulla copertura finanziaria del provvedimento. In particolare, le risorse utilizzate sono quelle stanziate dalla legge 2 dicembre 1998, n. 434[38], a cui si aggiungono gli introiti derivanti dall'imposta prevista dall'articolo 5-ter e dai trasferimenti effettuati dallo Stato.

 

La proposta di legge A.C. 1236

Anche la proposta di legge A.C. 1236 (Mancuso e altri), composta di tre articoli,  modifica la legge 14 agosto 1991, n. 281, in materia di trattamento degli animali di affezione e di identificazione dei cani; essa è diretta a favorire il controllo della popolazione  canina e felina attraverso la sterilizzazione chirurgica, dando priorità alle strategie di sterilizzazione degli animali randagi.

L’articolo1[39], che sostituisce l’articolo 2 della legge n. 281 del 1991, stabilisce che la sterilizzazione chirurgica è lo strumento utilizzato per limitare le nascite della popolazione canina e felina[40].

Nelle spese veterinarie detraibili[41] sono incluse anche quelle per la sterilizzazione chirurgica, per l'identificazione mediante microprocessore e per l'iscrizione all'anagrafe canina. L’ammontare di tali spese è stabilito con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro sei mesi dall’approvazione della legge.

Le spese di cattura e di mantenimento dei cani vaganti catturati, regolarmente identificati mediante tatuaggio o microprocessore, sono a carico del proprietario o del detentore[42].

I cani vaganti non identificati catturati e quelli ospitati presso i canili municipali o presso i rifugi per cani sono identificati con microprocessore (microchip) e, se non reclamati entro trenta giorni, possono essere ceduti a privati previa sterilizzazione chirurgica[43].

La soppressione dei gatti che vivono in libertà, gravemente malati o incurabili, deve avvenire esclusivamente con metodi eutanasici[44].

Sono indicati altresì i requisiti di legge[45] che devono avere gli enti e le associazioni protezioniste[46] che si occupano di animali.

L’articolo 2 [47], che inserisce un nuovo articolo 2-bis nella legge 281/1991, istituisce l’obbligo delle iscrizione dei cani all’anagrafe canina[48].  per chi intenda, a qualsiasi titolo, detenere un cane. L’identificazione dell’animale è compiuta nei tempi previsti, mediante un microprocessore recante un codice numerico identificativo da parte del servizio veterinario dell'azienda sanitaria locale o dal medico veterinario libero professionista.

L’articolo 3[49], modificando l’articolo 3 della legge n. 281 del 1991, istituisce l'anagrafe dei gatti presso i comuni o le aziende sanitarie locali, da disciplinarsi con legge regionale. Il riconoscimento del gatto, è da realizzare mediante inserimento di un microprocessore con le modalità previste per i cani.

La proposta di legge A.C. 1319

Analogamente alle proposte esaminate in precedenza anche la proposta di legge A.C. 1319 (Tortoli), composta di sette articoli, modifica la legge 14 agosto 1991, n. 281.

L’articolo 1, sostituendo l’omonimo articolo della citata legge 281, reca limitate modifiche ai principi generali ispiratori della disciplina.

L’articolo 2[50], inserendo un nuovo articolo 1-bis nella medesima legge, reca la definizione di animale di affezione e randagio, indica i requisiti di legge[51] degli enti e delle associazioni protezioniste che si occupano di animali e quelli riguardanti il sistema elettronico di identificazione (microchip)[52].

L’articolo 3[53], che sostituisce l’articolo 2 della legge 281/1991, indica nella sterilizzazione il metodo per la gestione e il controllo della popolazione dei cani e dei gatti, effettuata dai comuni con i servizi veterinari delle aziende sanitarie locali o gli ambulatori veterinari privati. I proprietari o detentori che non provvedono a sterilizzare il proprio animale sono tenuti al pagamento di un'imposta comunale annuale di 300 euro.

I cani randagi e quelli ospitati presso i canili comunali o rifugi per cani devono essere tatuati o muniti di sistema elettronico di identificazione e in particolare se non reclamati entro il termine di venti giorni devono essere sterilizzati[54].

È vietato il maltrattamento di tutti gli animali randagi[55].

 E’ specificato che la gestione dei canili comunali o dei rifugi per cani è concessa prioritariamente alle associazioni o enti di protezione degli animali e, in particolare a chi promuove l’uso degli animali per le terapie assistite e addestramento all'assistenza di persone diversamente abili[56].

Viene poi stabilito che le strutture citate siano sottoposte periodicamente a controllo igienico-sanitario da parte dei servizi veterinari delle ASL. Mediante il richiamo all’articolo 361 del codice penale (Omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale) i responsabili delle strutture medesime vengono equiparati a pubblici ufficiali e, in quanto tali, tenuti a denunciare all’autorità giudiziaria o ad un’altra che a quella abbia obbligo di riferire, i reati di uccisione di animali (art. 544-bis c.p.), maltrattamento di animali (art. 544-ter c.p.), spettacoli o manifestazioni vietate (art. 544-quater), divieto di combattimenti tra animali (art. 544-quinquies), uccisione o danneggiamento di animali altrui (art. 638 c.p.), abbandono di animali (art. 727 c.p.), nonché la violazione dell’articolo 2 della legge 20 luglio 2004, n. 189[57] (Divieto di utilizzo a fini commerciali di pelli e pellicce), e ogni altro reato di cui abbiano avuto notizia nell’esercizio o a causa delle loro funzioni.

L’articolo 4[58] inserisce cinque nuovi articoli – da 2-bis a 2-quinquies – dopo l’articolo 2 della legge 281 del 1991, e stabilisce:

·         la gratuità delle spese veterinarie sostenute da non abbienti[59], titolari di un reddito imponibile non superiore a euro 10.628,16, ivi comprese quelle relative alle vaccinazioni, alla sterilizzazione e per l’iscrizione all'anagrafe canina e felina;

·         il diritto per tutti coloro che adottano cani e gatti ospitati nelle strutture di rifugio di usufruire per tutta la durata della vita dell’animale dei servizi veterinari gratuiti;

·         il divieto di possedere, acquistare, ricevere o fare commercio di cani o gatti non iscritti all'anagrafe canina e felina o privi del sistema elettronico di identificazione; 

·         il divieto di allontanare entro un certo tempo i cuccioli degli animali d’affezione, inclusi i furetti, dalla madre;

·         l’istituzione dell'anagrafe canina e felina nazionale presso il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali;

·         l’identificazione da parte dei comuni di zone di spiagge demaniali aperte all’accesso degli animali d’affezione.

L’articolo 5 [60] - che sostituisce l’articolo 3 della legge 281 del 1991 - demanda alle competenze delle regioni:

·         la disciplina riguardante l'anagrafe canina e felina;

·         l’applicazione, entro il 3 luglio 2012, del citato sistema elettronico di identificazione (microchip) per tutti i cani iscritti all'anagrafe canina;

·         la trasmissione dei dati regionali all'anagrafe canina e felina nazionale;

·         l'adozione di un programma di prevenzione del randagismo e per l’attuazione delle misure di sterilizzazione e di incentivazione delle adozioni degli animali ospitati nei canili e gattili[61], in cui è previsto anche l'ausilio delle guardie giurate delle associazioni animaliste o protezioniste.

L’articolo 6[62], in tema di sanzioni, sostituendo l’articolo 5 della legge 281, stabilisce che l’abbandono dell’animale custodito nella propria abitazione sia punito con il pagamento di una somma da 5.000 euro a 10.000 euro, la mancata iscrizione all'anagrafe canina e felina sia sanzionata con il pagamento di una somma di 300 euro, l’assenza di tatuaggio o di microchip con il pagamento di una somma di 150 euro e il commercio al fine di sperimentazione con il pagamento di una somma da 10.000 euro a 20.000 euro.

L’articolo 7[63], modificando l’articolo 15 del testo unico delle imposte sui redditi, consente la detrazione d’imposta del 19 per cento per le spese veterinarie, per la parte che eccede 150 euro, fino ad un limite stabilito per legge e demanda ad un decreto del Ministero dell'economia e delle finanze l’individuazione delle tipologie di animali previste.

 

 

La proposta di legge A.C. 1370

La proposta di legge A.C. 1370 (Alessandri), composta di due articoli – di contenuto identico alla proposta di legge A.C. 3195 presentata nella XV legislatura -, istituisce un fondo per la sterilizzazione degli animali di affezione e incrementa le risorse per riqualificare i ricoveri ad essi destinati.

L’articolo 1 prevede[64] un piano nazionale annuale per il finanziamento della sterilizzazione degli animali di affezione ricoverati nei canili sanitari e nei canili rifugio o detenuti dai privati, approvato con decreto del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, da emanare entro il 28 febbraio di ciascun anno (comma 1 e 2).

Il suddetto piano stabilisce i criteri di ripartizione delle risorse stanziate da ripartirsi tra le regioni in considerazione delle aree territoriali maggiormente interessate dal fenomeno del randagismo (comma 3). Una parte delle risorse del fondo può utilizzarsi per le campagne di sterilizzazione degli animali di affezione rivolte ai proprietari privati (comma 4).

Il fondo istituito nello stato di previsione del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali ha una dotazione di 750.000 euro annui a decorrere dall'anno 2008 ed è coperto, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, nell'ambito del fondo speciale di parte corrente dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2008, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della salute (comma 5 e 6).

L’articolo 2 incrementa di 500.000 euro annui a decorrere dall'anno 2008 il fondo[65] istituito per attuare gli interventi previsti per gli animali d’affezione e la prevenzione del randagismo, al fine di riqualificare le aree destinate al ricovero degli animali (canili comunali e rifugi per cani) (comma 1).

Le maggiori risorse stanziate sono ripartite annualmente tra le regioni e le province autonome con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, in proporzione al numero degli animali di affezione vaganti nel rispettivo territorio o mantenuti all'interno dei canili comunali e dei rifugi e sulla base dei progetti di riqualificazione presentati, d'intesa con i comuni territorialmente competenti (comma 2).

Alla copertura degli oneri previsti si provvede nell'ambito del fondo speciale di parte corrente dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2008, ai fini del bilancio triennale 2008-2010, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della salute (comma 3).

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE (A cura dell’Ufficio rapporti con l’unione europea)

Il 5 novembre 2008 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici (COM(2008)583), intesa ad assicurare, in conformità al protocollo sulla protezione ed il benessere degli animali, allegato al Trattato che istituisce la Comunità europea, la protezione degli animali ancora usati nelle procedure scientifiche.

 


Normativa nazionale

 

 


Codice Civile
(Art. 824)

(omissis)

Art. 824.

Beni delle province e dei comuni soggetti al regime dei beni demaniali.

I beni della specie di quelli indicati dal secondo comma dell'articolo 822, se appartengono alle province o ai comuni, sono soggetti al regime del demanio pubblico [c.c. 823, 1145].

Allo stesso regime sono soggetti i cimiteri e i mercati comunali [c.c. 11, 825].

(omissis)

 


Codice Penale
(Artt. 19-quater, 361, 544-bis, 544-ter, 544-quater, 544 quinquies, 638 e 727)

(omissis)

Art. 19-quater.

Affidamento degli animali sequestrati o confiscati.

Gli animali oggetto di provvedimenti di sequestro o di confisca sono affidati ad associazioni o enti che ne facciano richiesta individuati con decreto del Ministro della salute, adottato di concerto con il Ministro dell'interno (1).

 

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(1) Articolo aggiunto dall'art. 3, L. 20 luglio 2004, n. 189. Vedi, anche, il comma 2 dello stesso articolo 3 e gli artt. 7 e 8 della citata legge. In attuazione di quanto disposto dal presente articolo vedi il D.M. 2 novembre 2006.

(omissis)

TITOLO III
Dei delitti contro l'Amministrazione della giustizia (1)

 

Capo I
Dei delitti contro l'attività giudiziaria

 

Art. 361.

Omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale (2).

Il pubblico ufficiale [c.p. 357], il quale omette o ritarda di denunciare all'autorità giudiziaria, o ad un'altra autorità che a quella abbia obbligo di riferirne, un reato di cui ha avuto notizia nell'esercizio o a causa delle sue funzioni [c.p. 2, 3], è punito con la multa da euro 30a euro 516 [c.p. 31; c.p.p. 347] (3).

La pena è della reclusione fino ad un anno, se il colpevole è un ufficiale o un agente di polizia giudiziaria [c.p. 360; c.p.p. 57], che ha avuto comunque notizia di un reato del quale doveva fare rapporto [c.p.p. 331].

Le disposizioni precedenti non si applicano se si tratta di delitto punibile a querela della persona offesa [c.p. 120, 126].

 

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(1) Vedi gli artt. 1 e 8, D.L. 15 dicembre 1979, n. 625, convertito, con modificazioni, in L. 6 febbraio 1980, n. 15, sulla tutela dell'ordine democratico e della sicurezza pubblica (corrispondendo alla espressione «eversione dell'ordine democratico» quella di «eversione dell'ordine costituzionale», ai sensi dell'art. 11, L. 29 maggio 1982, n. 304, sull'ordinamento costituzionale).

Vedi l'art. 6, L. 29 maggio 1982, n. 304, per la difesa dell'ordinamento costituzionale (terroristi pentiti).

(2) Vedi gli artt. 3, 9-17 D.L. 15 gennaio 1991, n. 8, convertito con modificazioni in L. 15 marzo 1991, n. 82, in materia di sequestri di persona a scopo di estorsione e per la protezione di coloro che collaborano con la giustizia.

(3) La multa risulta così aumentata, da ultimo, ai sensi dell'art. 113, L. 24 novembre 1981, n. 689, che modifica il sistema penale.

Per quanto riguarda l'obbligo del rapporto in materia di sanzioni amministrative, vedi l'art. 17 dello stesso provvedimento per la cui attuazione vedi gli artt. 1 e 2, D.P.R. 29 luglio 1982, n. 571.

(omissis)

TITOLO IX-BIS (1)

Dei delitti contro il sentimento per gli animali

 

Art. 544-bis.

Uccisione di animali.

Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da tre mesi a diciotto mesi [disp. att. c.p. 19-ter] (2).

 

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(1) Il titolo IX-bis, comprendente gli articoli da 544-bis a 544-sexies, è stato aggiunto dall'art. 1, L. 20 luglio 2004, n. 189.

(2) Il titolo IX-bis, comprendente gli articoli da 544-bis a 544-sexies, è stato aggiunto dall'art. 1, L. 20 luglio

 

Art. 544-ter.

Maltrattamento di animali.

Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche ecologiche è punito con la reclusione da tre mesi a un anno o con la multa da 3.000 a 15.000 euro.

La stessa pena si applica a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi.

La pena è aumentata della metà se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte dell'animale (1).

 

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(1) Il titolo IX-bis, comprendente gli articoli da 544-bis a 544-sexies, è stato aggiunto dall'art. 1, L. 20 luglio 2004, n. 189.

 

Art. 544-quater.

Spettacoli o manifestazioni vietati.

Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque organizza o promuove spettacoli o manifestazioni che comportino sevizie o strazio per gli animali è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni e con la multa da 3.000 a 15.000 euro.

La pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti di cui al primo comma sono commessi in relazione all'esercizio di scommesse clandestine o al fine di trarne profitto per sé od altri ovvero se ne deriva la morte dell'animale (1).

 

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(1) Il titolo IX-bis, comprendente gli articoli da 544-bis a 544-sexies, è stato aggiunto dall'art. 1, L. 20 luglio 2004, n. 189.

 

Art. 544-quinquies.

Divieto di combattimenti tra animali.

Chiunque promuove, organizza o dirige combattimenti o competizioni non autorizzate tra animali che possono metterne in pericolo l'integrità fisica è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 50.000 a 160.000 euro. La pena è aumentata da un terzo alla metà:

1) se le predette attività sono compiute in concorso con minorenni o da persone armate;

2) se le predette attività sono promosse utilizzando videoriproduzioni o materiale di qualsiasi tipo contenente scene o immagini dei combattimenti o delle competizioni;

3) se il colpevole cura la ripresa o la registrazione in qualsiasi forma dei combattimenti o delle competizioni.

Chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato, allevando o addestrando animali li destina sotto qualsiasi forma e anche per il tramite di terzi alla loro partecipazione ai combattimenti di cui al primo comma è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 5.000 a 30.000 euro. La stessa pena si applica anche ai proprietari o ai detentori degli animali impiegati nei combattimenti e nelle competizioni di cui al primo comma, se consenzienti.

Chiunque, anche se non presente sul luogo del reato, fuori dei casi di concorso nel medesimo, organizza o effettua scommesse sui combattimenti e sulle competizioni di cui al primo comma è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 5.000 a 30.000 euro (1).

 

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(1) Il titolo IX-bis, comprendente gli articoli da 544-bis a 544-sexies, è stato aggiunto dall'art. 1, L. 20 luglio 2004, n. 189.

(omissis)

Art. 638.

Uccisione o danneggiamento di animali altrui (1)

Chiunque senza necessità (2) uccide o rende inservibili o comunque deteriora animali che appartengono ad altri è punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, a querela della persona offesa [c.p. 120; c.p.p. 336], con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a euro 309 (3).

La pena è della reclusione da sei mesi a quattro anni, e si procede d'ufficio, se il fatto è commesso su tre o più capi di bestiame raccolti in gregge o in mandria, ovvero su animali bovini o equini, anche non raccolti in mandria [c.p. 70, 625, n. 8].

Non è punibile chi commette il fatto sopra volatili sorpresi nei fondi da lui posseduti [c.c. 924, 926] e nel momento in cui gli recano danno [c.p. 649].

 

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(1) Le pene stabilite per i delitti previsti in questo articolo sono aumentate da un terzo alla metà se il fatto è commesso da persona sottoposta con provvedimento definitivo ad una misura di prevenzione durante il periodo previsto di applicazione e sino a tre anni dal momento in cui ne è cessata l'esecuzione (art. 7, L. 31 maggio 1965, n. 575, recante disposizioni contro la mafia, come modificato dall'art. 7, L. 11 agosto 2003, n. 228).

(2) Vedi, però, l'art. 73, R.D. 5 giugno 1939, n. 1016, in materia venatoria.

(3) Comma così modificato dall'art. 1, L. 20 luglio 2004, n. 189. La multa risulta così aumentata, da ultimo, ai sensi dell'art. 113, L. 24 novembre 1981, n. 689, che modifica il sistema penale. Al reato previsto in questo comma si applica, ora, la pena pecuniaria della multa da euro 258 a euro 2.582 o la pena della permanenza domiciliare da sei giorni a trenta giorni ovvero la pena del lavoro di pubblica utilità da dieci giorni a tre mesi, ai sensi di quanto disposto dall'articolo 52, comma 2, lettera a), D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274. (Tale disposizione si applica a decorrere dal 2 gennaio 2002, ai sensi di quanto disposto dall'art. 65 dello stesso D.Lgs. n. 274 del 2000, come modificato dall'art. 1, D.L. 2 aprile 2001, n. 91, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 3 maggio 2001, n. 163). La competenza per il delitto previsto dal presente comma è devoluta al giudice di pace, ai sensi dell'art. 15, L. 24 novembre 1999, n. 468 e dell'art. 4, D.Lgs. 28 agosto 2000, n. 274 (Gazz. Uff. 6 ottobre 2000, n. 234, S.O.). Gli articoli 64 e 65 dello stesso decreto (l'art. 65 è stato così modificato dall'art. 1, D.L. 2 aprile 2001, n. 91, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, L. 3 maggio 2001, n. 163) hanno così disposto:

«Art. 64. Norma transitoria.

1. Le norme del presente decreto legislativo si applicano ai procedimenti relativi ai reati indicati nell'articolo 4, commi 1 e 2, commessi dopo la sua entrata in vigore.

2. Ferma l'applicabilità dell'articolo 2, comma terzo, del codice penale, nei procedimenti relativi a reati commessi prima della data di entrata in vigore del presente decreto legislativo si osservano le disposizioni dell'articolo 63, commi 1 e 2; quando si tratta di reati commessi dopo la pubblicazione del presente decreto si osservano anche le disposizioni del titolo I se alla data di entrata in vigore non è ancora avvenuta l'iscrizione della notizia di reato.

Art. 65. Entrata in vigore.

1. Il presente decreto legislativo entra in vigore il giorno 2 gennaio 2002.».

Il testo del presente comma in vigore prima della modifica disposta dalla citata legge n. 189 del 2004 era il seguente: «Chiunque senza necessità uccide o rende inservibili o comunque deteriora animali che appartengono ad altri è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a euro 309».

(omissis)

Art. 727.

Abbandono di animali.

Chiunque abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività è punito con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda da 1.000 a 10.000 euro.

Alla stessa pena soggiace chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze (1).

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(1) Articolo così sostituito prima dall'art. 1, L. 22 novembre 1993, n. 473 e poi dall'art. 1, L. 20 luglio 2004, n. 189.

(omissis)

 

 

 

 

 


R.D. 27 luglio 1934, n. 1265.
Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie.
(Art. 338)

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 9 agosto 1934, n. 186, S.O.

(omissis)

Art. 338

I cimiteri devono essere collocati alla distanza di almeno 200 metri dal centro abitato. È vietato costruire intorno ai cimiteri nuovi edifici entro il raggio di 200 metri dal perimetro dell'impianto cimiteriale, quale risultante dagli strumenti urbanistici vigenti nel comune o, in difetto di essi, comunque quale esistente in fatto, salve le deroghe ed eccezioni previste dalla legge (439).

Le disposizioni di cui al comma precedente non si applicano ai cimiteri militari di guerra quando siano trascorsi 10 anni dal seppellimento dell'ultima salma (440).

Il contravventore è punito con la sanzione amministrativa fino a lire 200.000 (441) e deve inoltre, a sue spese, demolire l'edificio o la parte di nuova costruzione, salvi i provvedimenti di ufficio in caso di inadempienza.

Il consiglio comunale può approvare, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la costruzione di nuovi cimiteri o l'ampliamento di quelli già esistenti ad una distanza inferiore a 200 metri dal centro abitato, purché non oltre il limite di 50 metri, quando ricorrano, anche alternativamente, le seguenti condizioni:

a) risulti accertato dal medesimo consiglio comunale che, per particolari condizioni locali, non sia possibile provvedere altrimenti;

b) l'impianto cimiteriale sia separato dal centro urbano da strade pubbliche almeno di livello comunale, sulla base della classificazione prevista ai sensi della legislazione vigente, o da fiumi, laghi o dislivelli naturali rilevanti, ovvero da ponti o da impianti ferroviari (442).

Per dare esecuzione ad un'opera pubblica o all'attuazione di un intervento urbanistico, purché non vi ostino ragioni igienico-sanitarie, il consiglio comunale può consentire, previo parere favorevole della competente azienda sanitaria locale, la riduzione della zona di rispetto tenendo conto degli elementi ambientali di pregio dell'area, autorizzando l'ampliamento di edifici preesistenti o la costruzione di nuovi edifici. La riduzione di cui al periodo precedente si applica con identica procedura anche per la realizzazione di parchi, giardini e annessi, parcheggi pubblici e privati, attrezzature sportive, locali tecnici e serre (443).

Al fine dell'acquisizione del parere della competente azienda sanitaria locale, previsto dal presente articolo, decorsi inutilmente due mesi dalla richiesta, il parere si ritiene espresso favorevolmente (444).

All'interno della zona di rispetto per gli edifici esistenti sono consentiti interventi di recupero ovvero interventi funzionali all'utilizzo dell'edificio stesso, tra cui l'ampliamento nella percentuale massima del 10 per cento e i cambi di destinazione d'uso, oltre a quelli previsti dalle lettere a), b), c) e d) del primo comma dell'articolo 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457 (445) (446).

 

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(439)  Comma prima modificato dall'art. 4, L. 30 marzo 2001, n. 130 e poi così sostituito dall'art. 28, comma 1, lettera a), L. 1° agosto 2002, n. 166.

(440)  Comma aggiunto dall'articolo unico, L. 4 dicembre 1956, n. 1428.

Sui cimiteri di guerra, vedi, anche, il D.Lgs.Lgt. 5 luglio 1945, n. 429, e la L. 9 gennaio 1951, n. 204

(441)  La sanzione originaria dell'ammenda è stata sostituita, da ultimo, con la sanzione amministrativa dall'art. 32, L. 24 novembre 1981, n. 689. L'importo della sanzione è stato così elevato dall'art. 3, L. 12 luglio 1961, n. 603, nonché dall'art. 114, primo comma, della citata L. 24 novembre 1981, n. 689, in relazione all'art. 113, primo comma, della stessa legge. Per effetto dell'art. 26 c.p. l'entità della sanzione non può essere inferiore a lire 4.000.

(442)  Comma così sostituito dall'art. 28, comma 1, lettera b), L. 1° agosto 2002, n. 166.

(443)  Comma prima modificato dall'art. 1, L. 17 ottobre 1957, n. 983 (che riferisce peraltro la modifica al quarto comma, non tenendo evidentemente conto del comma aggiunto dalla legge 4 dicembre 1956, n. 1428), poi così sostituito dall'art. 28, comma 1, lettera b), L. 1° agosto 2002, n. 166.

(444)  Comma così sostituito dall'art. 28, comma 1, lettera b), L. 1° agosto 2002, n. 166.

(445)  Comma così sostituito dall'art. 28, comma 1, lettera b), L. 1° agosto 2002, n. 166.

(446)  Si tenga presente che l'art. 1, L.P. 24 dicembre 1975, n. 55 della provincia di Bolzano ha disposto la sostituzione del presente articolo.

(omissis)

 

 


D.P.R. 8 febbraio 1954, n. 320.
Regolamento di polizia veterinaria.
(Artt. 86, 87 e 91)

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 24 giugno 1954, n. 142, S.O.

(omissis)

Art. 86.

I cani ed i gatti che hanno morsicato persone o animali, ogniqualvolta sia possibile catturarli, devono essere isolati e tenuti in osservazione per 10 giorni nei canili comunali. L'osservazione a domicilio può essere autorizzata su richiesta del possessore soltanto se non risultano circostanze epizoologicamente rilevanti ed in tale caso l'interessato deve dichiarare di assumersi la responsabilità della custodia dell'animale e l'onere per la vigilanza da parte del veterinario comunale.

Alla predetta osservazione ed all'isolamento devono essere sottoposti i cani ed i gatti che, pure non avendo morsicato, presentano manifestazioni riferibili all'infezione rabica, nonché in sede opportuna, gli altri mammiferi che presentano analoghe manifestazioni. Ai fini della diagnosi anche questi animali non devono essere uccisi se il loro mantenimento in vita può essere assicurato senza pericolo.

Durante il predetto periodo di osservazione gli animali non devono essere sottoposti a trattamenti immunizzanti.

Nei casi di rabbia conclamata il sindaco ordina l'immediato abbattimento degli animali.

Qualora, durante il periodo di osservazione, l'animale muoia o venga ucciso prima che il veterinario abbia potuto formulare la diagnosi, si procede agli accertamenti diagnostici di laboratorio.

È vietato lo scuoiamento degli animali morti per rabbia, i quali devono essere distrutti ai sensi dell'art. 10, lettera e), del presente regolamento.

Il luogo dove è stato isolato l'animale deve essere disinfettato.

 

Art. 87.

I cani ed i gatti morsicati da altro animale riconosciuto rabido o fuggito o rimasto ignoto devono, di regola, essere subito soppressi con provvedimento del sindaco sempre che non debbano prima sottostare al periodo di osservazione di 10 giorni per avere, a loro volta, morsicato persone o animali.

Tuttavia su richiesta del possessore, l'animale, anziché essere abbattuto, può essere mantenuto sotto sequestro, a spese del possessore stesso, nel canile municipale o in altro locale stabilito dall'autorità comunale dove non possa nuocere, per un periodo di mesi 6 sotto vigilanza sanitaria.

Allo stesso periodo di osservazione devono sottostare i cani ed i gatti contaminati o sospetti di essere stati contaminati da altro animale riconosciuto rabido.

I cani ed i gatti morsicati da animali sospetti di rabbia sono sottoposti a sequestro per soli 10 giorni se durante questo periodo l'animale morsicatore si è mantenuto sano.

Nel caso che l'animale venga sottoposto a vaccinazione antirabbica post-contagio da iniziarsi non oltre 5 giorni per ferite alla testa e non oltre 7 giorni negli altri casi dal sofferto contagio, il predetto periodo di osservazione può essere ridotto a mesi 3 o anche a mesi 2 se l'animale si trova nel periodo di protezione antirabbica vaccinale pre-contagio.

Durante il periodo del trattamento antirabbico post-contagio l'animale deve essere ricoverato nel canile municipale o presso Istituti universitari o zooprofilattici.

I cani ed i gatti morsicati possono essere spostati, con le norme degli articoli 14 e 15 del presente regolamento, durante il periodo di osservazione, soltanto entro 7 giorni dalla sofferta morsicatura.

Qualora durante il periodo di osservazione il cane o il gatto morsicato muoia o venga ucciso, si procede in conformità di quanto previsto dai commi 5°, 6° e 7° del precedente articolo.

omissis)

Art. 91.

Nei casi in cui l'infezione rabida assuma preoccupante diffusione il prefetto (132) può ordinare agli agenti adibiti alla cattura dei cani ed agli agenti della forza pubblica di procedere, ove non sia possibile la cattura, all'uccisione dei cani e dei gatti vaganti, ed adottare qualunque altro provvedimento eccezionale atto a estinguere l'infezione.

 

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(132)  In seguito all'istituzione del Ministero della sanità (L. 13 marzo 1958, n. 296 le competenze dell'Alto Commissario per l'igiene e la sanità pubblica sono state trasferite al Ministro della sanità; quelle del prefetto (esclusi i provvedimenti contingibili ed urgenti: vedi art. 6 legge citata) al medico o al veterinario provinciale.

 

(omissis)

 


D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.
Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi.
(Art. 15, co. 1, lett. c-bis)

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 31 dicembre 1986, n. 302, S.O.

(omissis)

Art. 15. [13-bis]

Detrazioni per oneri.

Comma 1. Dall'imposta lorda si detrae un importo pari al 19 per cento (65) dei seguenti oneri sostenuti dal contribuente, se non deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formare il reddito complessivo:

(omissis)

c-bis) le spese veterinarie, fino all'importo di lire 750.000, limitatamente alla parte che eccede lire 250.000. Con decreto del Ministero delle finanze sono individuate le tipologie di animali per le quali spetta la detraibilità delle predette spese;

(omissis)

 


L. 11 agosto 1991, n. 266.
Legge-quadro sul volontariato.
(Art. 3)

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 22 agosto 1991, n. 196.

(omissis)

Art. 3.

Organizzazioni di volontariato.

1. È considerato organizzazione di volontariato ogni organismo liberamente costituito al fine di svolgere l'attività di cui all'articolo 2, che si avvalga in modo determinante e prevalente delle prestazioni personali, volontarie e gratuite dei propri aderenti.

2. Le organizzazioni di volontariato possono assumere la forma giuridica che ritengono più adeguata al perseguimento dei loro fini, salvo il limite di compatibilità con lo scopo solidaristico.

3. Negli accordi degli aderenti, nell'atto costitutivo o nello statuto, oltre a quanto disposto dal codice civile per le diverse forme giuridiche che l'organizzazione assume, devono essere espressamente previsti l'assenza di fini di lucro, la democraticità della struttura, l'elettività e la gratuità delle cariche associative nonché la gratuità delle prestazioni fornite dagli aderenti, i criteri di ammissione e di esclusione di questi ultimi, i loro obblighi e diritti. Devono essere altresì stabiliti l'obbligo di formazione del bilancio, dal quale devono risultare i beni, i contributi o i lasciti ricevuti, nonché le modalità di approvazione dello stesso da parte dell'assemblea degli aderenti.

4. Le organizzazioni di volontariato possono assumere lavoratori dipendenti o avvalersi di prestazioni di lavoro autonomo esclusivamente nei limiti necessari al loro regolare funzionamento oppure occorrenti a qualificare o specializzare l'attività da esse svolta.

5. Le organizzazioni svolgono le attività di volontariato mediante strutture proprie o, nelle forme e nei modi previsti dalla legge, nell'ambito di strutture pubbliche o con queste convenzionate.

(omissis)

 


L. 14 agosto 1991, n. 281.
Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 30 agosto 1991, n. 203.

 

Art. 1.

Princìpi generali.

1. Lo Stato promuove e disciplina la tutela degli animali di affezione, condanna gli atti di crudeltà contro di essi, i maltrattamenti ed il loro abbandono, al fine di favorire la corretta convivenza tra uomo e animale e di tutelare la salute pubblica e l'ambiente (4).

 

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(4)  Vedi l'O.M. 21 dicembre 2001.

 

Art. 2.

Trattamento dei cani e di altri animali di affezione.

1. Il controllo della popolazione dei cani e dei gatti mediante la limitazione delle nascite viene effettuato, tenuto conto del progresso scientifico, presso i servizi veterinari delle unità sanitarie locali. I proprietari o i detentori possono ricorrere a proprie spese agli ambulatori veterinari autorizzati delle società cinofile, delle società protettrici degli animali e di privati.

2. I cani vaganti ritrovati, catturati o comunque ricoverati presso le strutture di cui al comma 1 dell'articolo 4, non possono essere soppressi.

3. I cani catturati o comunque provenienti dalle strutture di cui al comma 1 dell'articolo 4, non possono essere destinati alla sperimentazione.

4. I cani vaganti catturati, regolarmente tatuati, sono restituiti al proprietario o al detentore.

5. I cani vaganti non tatuati catturati, nonché i cani ospitati presso le strutture di cui al comma 1 dell'articolo 4, devono essere tatuati; se non reclamati entro il termine di sessanta giorni possono essere ceduti a privati che diano garanzie di buon trattamento o ad associazioni protezioniste, previo trattamento profilattico contro la rabbia, l'echinococcosi e altre malattie trasmissibili.

6. I cani ricoverati nelle strutture di cui al comma 1 dell'articolo 4, fatto salvo quanto previsto dagli articoli 86, 87 e 91 del regolamento di polizia veterinaria approvato con decreto del Presidente della Repubblica 8 febbraio 1954, n. 320 , e successive modificazioni, possono essere soppressi, in modo esclusivamente eutanasico, ad opera di medici veterinari, soltanto se gravemente malati, incurabili o di comprovata pericolosità.

7. È vietato a chiunque maltrattare i gatti che vivono in libertà.

8. I gatti che vivono in libertà sono sterilizzati dall'autorità sanitaria competente per territorio e riammessi nel loro gruppo.

9. I gatti in libertà possono essere soppressi soltanto se gravemente malati o incurabili.

10. Gli enti e le associazioni protezioniste possono, d'intesa con le unità sanitarie locali, avere in gestione le colonie di gatti che vivono in libertà, assicurandone la cura della salute e le condizioni di sopravvivenza.

11. Gli enti e le associazioni protezioniste possono gestire le strutture di cui al comma 1 dell'articolo 4, sotto il controllo sanitario dei servizi veterinari dell'unità sanitaria locale.

12. Le strutture di cui al comma 1 dell'articolo 4 possono tenere in custodia a pagamento cani di proprietà e garantiscono il servizio di pronto soccorso.

 

Art. 3.

Competenze delle regioni.

1. Le regioni disciplinano con propria legge, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'istituzione dell'anagrafe canina presso i comuni o le unità sanitarie locali, nonché le modalità per l'iscrizione a tale anagrafe e per il rilascio al proprietario o al detentore della sigla di riconoscimento del cane, da imprimersi mediante tatuaggio indolore.

2. Le regioni provvedono a determinare, con propria legge, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, i criteri per il risanamento dei canili comunali e la costruzione dei rifugi per cani. Tali strutture devono garantire buone condizioni di vita per i cani e il rispetto delle norme igienico-sanitarie e sono sottoposte al controllo sanitario dei servizi veterinari delle unità sanitarie locali. La legge regionale determina altresì i criteri e le modalità per il riparto tra i comuni dei contributi per la realizzazione degli interventi di loro competenza.

3. Le regioni adottano, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentite le associazioni animaliste, protezioniste e venatorie, che operano in ambito regionale, un programma di prevenzione del randagismo.

4. Il programma di cui al comma 3 prevede interventi riguardanti:

a) iniziative di informazione da svolgere anche in ambito scolastico al fine di conseguire un corretto rapporto di rispetto della vita animale e la difesa del suo habitat;

b) corsi di aggiornamento o formazione per il personale delle regioni, degli enti locali e delle unità sanitarie locali addetto ai servizi di cui alla presente legge nonché per le guardie zoofile volontarie che collaborano con le unità sanitarie locali e con gli enti locali.

5. Al fine di tutelare il patrimonio zootecnico le regioni indennizzano gli imprenditori agricoli per le perdite di capi di bestiame causate da cani randagi o inselvatichiti, accertate dal servizio veterinario dell'unità sanitaria locale.

6. Per la realizzazione degli interventi di competenza regionale, le regioni possono destinare una somma non superiore al 25 per cento dei fondi assegnati alla regione dal decreto ministeriale di cui all'articolo 8, comma 2. La rimanente somma è assegnata dalla regione agli enti locali a titolo di contributo per la realizzazione degli interventi di loro competenza.

7. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguano la propria legislazione ai princìpi contenuti nella presente legge e adottano un programma regionale per la prevenzione del randagismo, nel rispetto dei criteri di cui al presente articolo.

 

Art. 4.

Competenze dei comuni.

1. I comuni, singoli o associati, e le comunità montane provvedono prioritariamente ad attuare piani di controllo delle nascite attraverso la sterilizzazione. A tali piani è destinata una quota non inferiore al 60 per cento delle risorse di cui all'articolo 3, comma 6. I comuni provvedono, altresì, al risanamento dei canili comunali esistenti e costruiscono rifugi per i cani, nel rispetto dei criteri stabiliti con legge regionale e avvalendosi delle risorse di cui all'articolo 3, comma 6. I comuni, singoli o associati, e le comunità montane provvedono a gestire i canili e gattili sanitari direttamente o tramite convenzioni con le associazioni animaliste e zoofile o con soggetti privati che garantiscano la presenza nella struttura di volontari delle associazioni animaliste e zoofile preposti alla gestione delle adozioni e degli affidamenti dei cani e dei gatti (5).

2. I servizi comunali e i servizi veterinari delle unità sanitarie locali si attengono, nel trattamento degli animali, alle disposizioni di cui all'articolo 2.

 

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(5) Comma prima sostituito dal comma 829 dell'art. 1, L. 27 dicembre 2006, n. 296 e poi così modificato dai commi 370 e 371 dell'art. 2, L. 24 dicembre 2007, n. 244.

 

Art. 5.

Sanzioni.

1. Chiunque abbandona cani, gatti o qualsiasi altro animale custodito nella propria abitazione, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire trecentomila a lire un milione.

2. Chiunque omette di iscrivere il proprio cane all'anagrafe di cui al comma 1 dell'articolo 3, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di lire centocinquantamila.

3. Chiunque, avendo iscritto il cane all'anagrafe di cui al comma 1 dell'articolo 3, omette di sottoporlo al tatuaggio, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di lire centomila.

4. Chiunque fa commercio di cani o gatti al fine di sperimentazione, in violazione delle leggi vigenti, è punito con la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da lire cinque milioni a lire dieci milioni.

5. [L'ammenda comminata per la contravvenzione di cui al primo comma dell'articolo 727 del codice penale è elevata nel minimo a lire cinquecentomila e nel massimo a lire tre milioni] (6).

6. Le entrate derivanti dalle sanzioni amministrative di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 confluiscono nel fondo per l'attuazione della presente legge previsto dall'articolo 8 (7).

 

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(6)  Comma abrogato dall'art. 4, L. 20 luglio 2004, n. 189.

(7)  La Corte costituzionale, con sentenza 16-25 marzo 1992, n. 123 (Gazz. Uff. 1° aprile 1992, n. 14 - Serie speciale), ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 5, sesto comma, nella parte in cui prevede che le entrate derivanti dalle sanzioni amministrative di cui ai commi 1, 2 e 3 del medesimo articolo confluiscono nel fondo per l'attuazione della legge previsto dall'art. 8, anziché nei bilanci delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano.

 

Art. 6.

Imposte.

1. Tutti i possessori di cani sono tenuti al pagamento di un'imposta comunale annuale di lire venticinquemila.

2. L'acquisto di un cane già assoggettato all'imposta non dà luogo a nuove imposizioni.

3. Sono esenti dall'imposta:

a) i cani esclusivamente adibiti alla guida dei ciechi e alla custodia degli edifici rurali e del gregge;

b) i cani appartenenti ad individui di passaggio nel comune, la cui permanenza non si protragga oltre i due mesi o che paghino già l'imposta in altri comuni;

c) i cani lattanti per il periodo di tempo strettamente necessario all'allattamento e non mai superiore ai due mesi;

d) i cani adibiti ai servizi dell'Esercito ed a quelli di pubblica sicurezza;

e) i cani ricoverati in strutture gestite da enti o associazioni protezionistiche senza fini di lucro;

f) i cani appartenenti a categorie sociali eventualmente individuate dai comuni (8).

 

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(8)  Abrogato, con effetto dall'anno 1992, dall'art. 10, D.L. 18 gennaio 1993, n. 8.

 

Art. 7.

Abrogazione di norme.

1. Sono abrogati gli articoli 130, 131, 132, 133, 134 e 135 del testo unico per la finanza locale approvato con regio decreto 14 settembre 1931, n. 1175 , e successive modificazioni, e ogni disposizione incompatibile o in contrasto con la presente legge.

Art. 8.

Istituzione del fondo per l'attuazione della legge.

1. A partire dall'esercizio finanziario 1991 è istituito presso il Ministero della sanità un fondo per l'attuazione della presente legge, la cui dotazione è determinata in lire 1 miliardo per il 1991 e in lire 2 miliardi a decorrere dal 1992.

2. Il Ministro della sanità, con proprio decreto, ripartisce annualmente tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano le disponibilità del fondo di cui al comma 1. I criteri per la ripartizione sono determinati con decreto del Ministro della sanità adottato di concerto con il Ministro del tesoro, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, di cui all'articolo 12 della legge 23 agosto 1988, n. 400 (9).

 

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(9) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 6 maggio 2008.

 

Art. 9.

Copertura finanziaria.

1. All'onere derivante dalla presente legge, pari a lire 1 miliardo per il 1991, lire 2 miliardi per il 1992 e lire 2 miliardi per il 1993, si fa fronte mediante utilizzo dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1991-1993, al capitolo 6856 dello stato di previsione del Ministero del tesoro per l'anno 1991 all'uopo utilizzando l'accantonamento «Prevenzione del randagismo».

2. Il Ministro del tesoro è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 


D.Lgs. 14 dicembre 1992, n. 508.
Attuazione della direttiva 90/667/CEE del Consiglio del 27 novembre 1990, che stabilisce le norme sanitarie per l'eliminazione, la trasformazione e l'immissione sul mercato di rifiuti di origine animale e la protezione dagli agenti patogeni degli alimenti per animali di origine animale o a base di pesce e che modifica la direttiva 90/425/CEE.

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 30 dicembre 1992, n. 305.

 

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

 

Visti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;

Visto l'art. 47 della legge 19 febbraio 1992, n. 142, recante delega al Governo per l'attuazione della direttiva 90/667/CEE del Consiglio del 27 novembre 1990, che stabilisce le norme sanitarie per l'eliminazione, la trasformazione e l'immissione sul mercato dei rifiuti di origine animale e la protezione degli agenti patogeni degli alimenti per animali di origine animale o a base di pesce e che modifica la direttiva 90/425/CEE;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 10 dicembre 1992;

Sulla proposta dei Ministri per il coordinamento delle politiche comunitarie e della sanità, di concerto con i Ministri degli affari esteri, di grazia e giustizia e del tesoro;

Emana il seguente decreto legislativo:

 

Capitolo I

Disposizioni generali

Art. 1.

1. Il presente decreto stabilisce:

a) le norme sanitarie e di polizia veterinaria che si applicano ai procedimenti di eliminazione e/o di trasformazione dei rifiuti di origine animale allo scopo di distruggere gli agenti patogeni eventualmente in essi presenti nonché alla produzione per gli animali di alimenti di origine animale con metodi atti ad evitare che essi possano contenere agenti patogeni;

b) le norme relative all'immissione sul mercato dei rifiuti di origine animale destinati a fini diversi dal consumo umano.

2. Sono fatte salve le norme sanitarie e di polizia veterinaria concernenti:

a) l'eradicazione ed il controllo delle malattie degli animali;

b) l'impiego di rifiuti di cucina e dei pasti;

c) la produzione di alimenti composti per animali contenenti componenti di prodotti animali e vegetali nonché di alimenti per animali contenenti sostanze unicamente di origine vegetale.

 

Art. 2.

1. Ai fini del presente decreto si intende per:

1) rifiuti di origine animale: carcasse o parti di animali o pesci o prodotti di origine animale giudicati non destinati al consumo umano diretto a norma delle leggi vigenti, esclusi gli escreti degli animali e i rifiuti di cucina e dei pasti (3);

2) materiali ad alto rischio: rifiuti di origine animale di cui all'art. 3;

3) materiali a basso rischio: rifiuti di origine animale diversi da quelli di cui all'art. 3, salvo che il servizio veterinario dell'unità sanitaria locale non stabilisca che essi comportino rischi particolari di diffusione di malattie ad animali o all'uomo;

4) stabilimento di trasformazione a basso rischio: stabilimento riconosciuto in cui materiali a basso rischio vengono trasformati in ingredienti da inserire negli alimenti per gli animali e farina di pesce conformemente all'art. 5;

5) stabilimento di trasformazione ad alto rischio: stabilimento riconosciuto in cui i rifiuti di origine animale sono sottoposti a trattamento o trasformazione allo scopo di distruggere gli agenti patogeni conformemente all'art. 3;

6) alimenti per animali familiari: alimenti per cani, gatti e altri animali familiari interamente o parzialmente costituiti di materiali a basso rischio;

7) prodotti farmaceutici o tecnici: prodotti destinati a scopi diversi dal consumo alimentare umano o animale;

8) stabilimento: stabilimento di trasformazione a basso rischio, stabilimento di trasformazione ad alto rischio, stabilimento che produce alimenti per animali familiari o farina di pesce, o stabilimento che prepara prodotti tecnici o farmaceutici utilizzando a tal fine rifiuti di origine animale;

9) autorità competente: il Ministro della sanità e le altre autorità sanitarie individuate secondo quanto stabilito dal presente decreto.

 

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(3)  Numero così modificato dall'art. 55, L. 24 aprile 1998, n. 128.

 

Capitolo II

Norme concernenti il trattamento dei rifiuti di origine animale
e l'immissione dei prodotti finali sul mercato

 

Sezione prima

Materiali ad alto rischio

Art. 3.

1. Sono materiali ad alto rischio:

a) tutti i bovini, suini, caprini, ovini, solipedi, volatili e tutti gli altri animali tenuti a scopi di produzione agricola, morti ma non macellati per consumo umano, compresi gli animali nati morti o da aborto;

b) altri animali morti di specie non elencate alla lettera a), di volta in volta stabilite dai servizi veterinari dell'unità sanitaria locale competente;

c) animali che sono stati abbattuti nell'ambito di misure di polizia veterinaria nell'azienda o in qualsiasi altro posto designato dall'autorità competente a stabilire tali misure;

d) rifiuti, compreso il sangue, provenienti da animali che in sede di ispezione veterinaria fatta in occasione della macellazione hanno presentato sintomi clinici o segni di malattie trasmissibili all'uomo o ad altri animali;

e) tutte le parti di animali macellati che non sono state presentate all'ispezione post-mortem, ad esclusione di cuoi e pelli, zoccoli, penne e piume, lana e pelame, corna, sangue e prodotti analoghi;

f) tutte le carni ivi comprese le carni di pollame e la cacciagione, il pesce e tutti i prodotti di origine animale in stato di deterioramento, che per tale motivo, costituiscono un rischio per la salute dell'uomo e degli animali;

g) gli animali, le carni ivi comprese le carni di pollame e la cacciagione, il pesce, i prodotti a base di carne, i prodotti lattiero caseari e gli altri prodotti di origine animale importati da Paesi terzi che, in particolare all'atto dei controlli previsti dalla normativa comunitaria, non sono conformi ai requisiti sanitari prescritti per poter essere importati nella comunità, a meno che essi siano riesportati o l'autorizzazione alla loro importazione sia subordinata a restrizioni previste dalla normativa comunitaria;

h) animali da reddito morti durante il trasporto, salvo che sottoposti a macellazione di emergenza per ragioni di benessere;

i) i rifiuti di origine animale contenenti residui di sostanze che possono costituire un pericolo per la salute dell'uomo o degli animali; latte, carne o prodotti di origine animale che, per la presenza dei suddetti residui, non sono adatti al consumo umano;

j) pesci con sintomi clinici o segni di malattie trasmissibili all'uomo o ai pesci (4).

2. I materiali di cui al comma 1, possono essere trasformati soltanto in uno stabilimento di trasformazione ad alto rischio riconosciuto dal Ministero della sanità conformemente all'art. 4, comma 1, oppure devono essere eliminati mediante incenerimento o sotterramento conformemente ai commi 3 e 4.

3. Salvo quanto specificatamente previsto dal Regolamento di polizia veterinaria e successive modifiche, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 8 febbraio 1954, n. 320 , l'autorità sanitaria locale decide, se necessario, che i materiali ad alto rischio siano eliminati, mediante incenerimento o mediante sotterramento secondo che:

a) il trasporto fino allo stabilimento più vicino di trasformazione di materiali ad alto rischio di animali colpiti da una malattia epizootica o che si sospetta ne siano colpiti è rifiutato a causa del pericolo che si propaghino rischi sanitari (5);

b) gli animali sono colpiti o si sospetta siano colpiti da malattie gravi o contengono residui che possono costituire un pericolo per la salute umana o degli animali e possono essere resistenti ad un trattamento termico insufficiente;

c) la presenza diffusa di una malattia epizootica comporta un carico eccessivo per lo stabilimento di trasformazione di materiali ad alto rischio;

d) i rifiuti di origine animale in questione provengono da luoghi di difficile accesso;

e) la quantità e la distanza non giustificano la raccolta di rifiuti.

4. Qualora si ricorra al sotterramento dei materiali di cui al comma 1, questi devono essere sotterrati in un terreno adeguato per evitare contaminazioni delle falde freatiche o danni all'ambiente ed a una profondità sufficiente ad impedire a carnivori di accedervi; prima del sotterramento, detti materiali devono essere cosparsi, se necessario, con un opportuno disinfettante stabilito dal servizio veterinario dell'unità sanitaria locale di competenza (6).

 

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(4)  L'art. 2, O.M. 17 novembre 2000 (Gazz. Uff. 5 dicembre 2000, n. 284), entrata in vigore il giorno della sua pubblicazione, ha disposto il divieto di somministrazione, a tutte le specie animali, di alimenti per animali ottenuti dai rifiuti di origine animale di cui al presente comma.

(5)  Così corretto con avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 9 ottobre 1993, n. 238.

(6)  Vedi, anche, l'art. 1, D.L. 11 gennaio 2001, n. 1.

 

Art. 4.

1. Il Ministro della sanità riconosce gli stabilimenti incaricati della raccolta e della trasformazione dei materiali ad alto rischio a condizione che:

a) siano conformi ai requisiti di cui all'allegato II, capitolo I;

b) provvedano a che l'attività di raccolta, trasporto, trattamento, trasformazione e relative operazioni di magazzinaggio dei materiali siano conformi all'allegato I e all'allegato II, capitolo II;

c) i prodotti ottenuti dalla trasformazione siano conformi ai requisiti di cui all'allegato II, capitolo III.

2. La domanda per ottenere il riconoscimento, da presentare al Ministero della sanità, è corredata da copia delle autorizzazioni necessarie ai sensi delle leggi vigenti.

3. Il riconoscimento costituisce condizione per l'esercizio delle attività di cui al comma 1, ed è sospeso quando non sono più rispettati i requisiti di cui al predetto comma.

4. Il Ministro della sanità può individuare uno stabilimento di trasformazione ad alto rischio situato in un altro Stato membro, previo accordo con detto Stato membro o consentire che altro Stato membro lo individui nel territorio nazionale.

 

Capitolo II

Norme concernenti il trattamento dei rifiuti di origine animale
e l'immissione dei prodotti finali sul mercato

 

Sezione seconda

Materiali a basso rischio

Art. 5.

1. I materiali a basso rischio devono essere trattati in uno stabilimento di trasformazione riconosciuto a basso o alto rischio, in una fabbrica di alimenti per animali familiari o di prodotti farmaceutici o tecnici, oppure essere eliminati mediante incenerimento o sotterramento conformemente all'art. 3, commi 3 e 4.

2. Oltre a quelli di cui all'art. 2, punto 3, sono considerati materiali a basso rischio:

a) cuoi, pelli, zoccoli, penne, piume, lana, pelame, corna, sangue e prodotti analoghi nella preparazione di alimenti per animali (7);

b) il pesce catturato in alto mare e destinato alla produzione di farina di pesce;

c) le frattaglie fresche di pesce provenienti da stabilimenti che fabbricano prodotti a base di pesce destinati al consumo umano.

3. Devono essere considerati come materiali ad alto rischio i miscugli di materiali a basso rischio trattati insieme ai materiali ad alto rischio (8).

4. In caso di trattamento di materiale a basso rischio in una fabbrica di alimenti per animali familiari o di prodotti farmaceutici o tecnici la competente autorità sanitaria locale può imporre che la spedizione, il magazzinaggio e il trattamento di tale materiale abbiano luogo in uno spazio e in condizioni ad esso idonee. In particolare può imporre che il sangue venga mantenuto in contenitori adeguatamente refrigerati (9).

5. La farina di pesce prodotta da stabilimenti che ricevono e trasformano esclusivamente materiali a basso rischio destinati alla produzione di farina di pesce deve soddisfare ai requisiti di cui all'allegato II, capitolo III.

6. Il Ministro della sanità riconosce gli stabilimenti di trasformazione a basso rischio a condizione che gli stessi:

a) siano conformi ai requisiti di cui all'allegato II, capitolo I;

b) provvedano a che l'attività di raccolta, trasporto, trattamento, trasformazione e relative operazioni di magazzinaggio dei materiali, siano conformi all'allegato I e all'allegato II, capitolo II;

c) facciano in modo che i prodotti ottenuti dalla trasformazione siano conformi ai requisiti di cui all'allegato II, capitolo III.

7. Il riconoscimento costituisce condizione per l'esercizio delle attività di cui al comma 6 ed è sospeso quando non siano più rispettati i requisiti di cui al predetto comma.

8. Gli stabilimenti che utilizzano materiali a basso rischio per la preparazione di alimenti per animali familiari, di prodotti farmaceutici o tecnici, autorizzati ai sensi delle vigenti leggi, sono riconosciuti dal Ministero della sanità a condizione che soddisfino i seguenti requisiti:

a) siano attrezzati in modo adeguato per immagazzinare e trattare in condizioni di sicurezza i rifiuti di origine animale (10);

b) dispongano di impianti adeguati per provvedere alla distruzione dei rifiuti greggi di origine animale non utilizzabili, rimanenti dopo la produzione di alimenti per animali familiari, di prodotti tecnici o farmaceutici, o per provvedere al loro invio ad uno stabilimento di trasformazione o ad un inceneritore (11);

c) dispongano di impianti adeguati per provvedere alla distruzione di rifiuti risultanti dal processo produttivo che, per motivi connessi con la salute dell'uomo e degli animali, non possono essere inclusi in altri alimenti per animali. Detti impianti devono consentire l'incenerimento o il sotterramento in un terreno adeguato per evitare la contaminazione dei corsi d'acqua e danno all'ambiente (12).

9. I servizi veterinari dell'unità sanitaria locale, vigilano che siano rispettati i requisiti fissati dal presente decreto.

10. Le regioni e le province autonome esercitano sugli stabilimenti di cui al presente decreto le competenze previste dagli articoli 7 e 11 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (13).

 

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(7)  Così corretto con avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 9 ottobre 1993, n. 238.

(8)  Vedi, anche, il comma 3 dell'art. 1, D.L. 19 aprile 2002, n. 68 nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(9)  Periodo aggiunto dall'art. 14, L. 5 febbraio 1999, n. 25.

(10)  Così corretto con avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 9 ottobre 1993, n. 238.

(11)  Così corretto con avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 9 ottobre 1993, n. 238.

(12)  Così corretto con avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 9 ottobre 1993, n. 238.

(13)  Vedi, anche, l'art. 2, D.L. 11 gennaio 2001, n. 1.

 

Art. 6.

1. Il Ministro della sanità, in conformità alle disposizioni comunitarie, definisce con proprio decreto i trattamenti cui devono essere sottoposti durante il processo di fabbricazione di alimenti per animali familiari taluni prodotti di origine animale, derivanti esclusivamente da animali o pesci e non destinati al consumo umano, nonché le relative condizioni di fabbricazione per la tutela degli animali familiari o per motivi di salubrità o sanitari] (14).

 

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(14)  Abrogato dall'art. 9, D.Lgs. 13 dicembre 1996, n. 674.

 

Art. 7.

1. Il Ministero della sanità può consentire, a condizione che sia esercitata la vigilanza di cui all'art. 7 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, che:

a) siano utilizzati per scopi scientifici rifiuti di origine animale;

b) siano utilizzati per l'alimentazione di animali dei giardini zoologici o dei circhi, di animali da pelliccia oppure di cani delle mute di equipaggi riconosciuti o di vermi allevati a scopo di pesca i rifiuti di origine animale di cui all'art. 3 comma 1, lettere a), b) ed e) provenienti da animali che non siano stati macellati per una malattia o il sospetto di una malattia soggetta a dichiarazione obbligatoria, come pure i rifiuti di origine animale di cui all'art. 5;

c) ove non risultino rischi per la salute degli uomini e degli animali siano distribuiti su scala locale, da parte di intermediari già autorizzati alla data di entrata in vigore del presente decreto, piccoli quantitativi di rifiuti di cui alla lettera b) per l'alimentazione di animali la cui carne non è destinata al consumo umano.

 

Capitolo II

Norme concernenti il trattamento dei rifiuti di origine animale
e l'immissione dei prodotti finali sul mercato

 

Sezione terza

Disposizioni generali

Art. 8.

1. L'unità sanitaria locale competente per territorio controlla che i materiali ad alto e basso rischio di cui al presente decreto siano raccolti e trasportati in conformità alle prescrizioni stabilite all'allegato I.

2. La raccolta ed il trasporto dei materiali ad alto rischio e basso rischio sono effettuati nell'osservanza degli obblighi di documentazione del trasporto e di tenuta dei registri di carico e scarico vigenti; con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro dell'ambiente, da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono stabilite le modalità di osservanza degli obblighi di cui al presente comma.

3. Il titolare dello stabilimento di cui agli articoli 4 e 5, che si avvale di trasportatore autonomo, deve assicurare che quest'ultimo osservi le prescrizioni di cui all'allegato I, nonché quelle applicative stabilite dal decreto ministeriale di cui al comma 2.

 

Capitolo III

Controlli ed ispezioni che devono essere effettuati sugli stabilimenti
di trasformazione a basso e alto rischio

Art. 9.

1. Il responsabile ed il proprietario di stabilimenti di trasformazione a basso rischio o ad alto rischio o i loro rappresentanti adottano sotto la propria responsabilità tutte le misure necessarie per conformarsi ai requisiti previsti dal presente decreto: essi devono in particolare:

a) identificare e controllare i punti critici degli stabilimenti di trasformazione a basso e alto rischio;

b) prelevare negli stabilimenti per la fabbricazione di farina di pesce campioni rappresentativi e negli altri stabilimenti di trasformazione a basso o ad alto rischio, campioni rappresentativi di ciascuna partita trasformata per accertare il rispetto delle norme microbiologiche fissate per il prodotto nell'allegato II, capitolo III e l'assenza di residui fisici o chimici;

c) registrare i risultati dei diversi controlli e delle prove eseguite e tenere tali registrazioni per almeno due anni, per poterle mettere a disposizione delle autorità competenti al controllo;

d) adottare un sistema che permetta di stabilire un nesso tra la partita spedita e il momento della sua produzione.

2. Qualora i risultati della prova prevista dal comma 1, non siano conformi all'allegato II, capitolo III, il responsabile dello stabilimento di trasformazione sia ad alto rischio che a basso rischio deve:

a) darne immediata notifica al servizio veterinario dell'unità sanitaria locale competente;

b) ricercarne le cause;

c) curare che nessun materiale contaminato o sospetto di esserlo sia rimosso dai locali prima di essere stato nuovamente trasformato sotto il controllo diretto dell'autorità competente e si sia proceduto ufficialmente ad un nuovo campionamento in osservanza dei controlli biologici di cui all'allegato II, capitolo III; qualora, per qualsiasi ragione, non sia possibile procedere ad una sua nuova trasformazione, il materiale contaminato in questione deve essere utilizzato per fini diversi dall'alimentazione degli animali.

 

Art. 10.

1. I servizi veterinari delle unità sanitarie locali procedono regolarmente ad ispezioni e controlli casuali presso gli stabilimenti di trasformazione a basso o ad alto rischio e accertano, fatto salvo quanto previsto dall'art. 17:

a) il rispetto delle disposizioni del presente decreto, in particolare per quanto riguarda l'allegato I e l'allegato II, capitoli I, II, III;

b) le condizioni microbiologiche dei prodotti dopo il trattamento; i controlli microbiologici comprendono, in particolare analisi per quanto riguarda le salmonelle e gli enterobatteri, conformemente all'allegato II, capitolo III.

2. Le analisi e le prove devono essere eseguite ricorrendo a metodi scientificamente riconosciuti, in particolare i metodi previsti dalla normativa comunitaria o, in sua mancanza, da norme internazionalmente riconosciute.

3. Se dalle ispezioni effettuate risulta che non sono soddisfatti tutti i requisiti previsti dal presente decreto sono adottate le misure appropriate; in particolare, nel caso in cui non siano soddisfatte le disposizioni di cui al presente articolo per quanto riguarda le norme microbiologiche e i tipi di controlli microbiologici, il responsabile dello stabilimento deve:

a) notificare immediatamente al servizio veterinario dell'unità sanitaria locale competente tutti i particolari circa la natura del campione e la partita da cui è stato prelevato;

b) trasformare o trasformare nuovamente la partita contaminata sotto il controllo dell'unità sanitaria locale competente;

c) aumentare la frequenza dei campionamenti e dei controlli di produzione;

d) esaminare i rapporti sulle materie prime corrispondenti al campione prodotto o finito;

e) procedere ad una adeguata decontaminazione e ripulitura dello stabilimento.

Art. 11.

1. Il Ministero della sanità compila l'elenco degli stabilimenti riconosciuti idonei alla trasformazione di rifiuti di origine animale all'interno del territorio nazionale. A ciascuno stabilimento è assegnato un numero ufficiale che permette di individuare se esso trasforma materiale a basso o ad alto rischio, se produce alimenti per animali familiari o prodotti farmaceutici o tecnici derivati da rifiuti di origine animale.

2. Il Ministero della sanità comunica l'elenco di cui al comma 1, e gli aggiornamenti agli altri Stati membri e alla Commissione delle Comunità europee.

 

Capitolo IV

Controlli ed ispezioni degli organi comunitari

Art. 12.

1. Il Ministero della sanità fornisce tutta l'assistenza necessaria per l'espletamento dei compiti affidati agli esperti comunitari che eseguono ispezioni nel territorio nazionale in base alle procedure comunitarie.

2. Il Ministro della sanità dispone tutte le misure necessarie conseguenti all'esito sfavorevole delle ispezioni di cui al comma 1, ed in particolare vieta l'immissione sul mercato dei prodotti provenienti dagli stabilimenti di trasformazione che non risultano essere più conformi al presente decreto.

3. Qualora un altro stato membro non adotti le misure di cui al comma 2, o qualora tali misure siano giudicate insufficienti, si applicano le misure di cui al decreto legislativo di attuazione della direttiva n. 89/662/CEE.

 

Capitolo V

Disposizioni finali

Art. 13.

1. Il Ministero della sanità, conformemente al decreto legislativo che attua la direttiva n. 90/425/CEE, dispone tutti i controlli necessari sugli scambi di prodotti ottenuti dalla trasformazione dei rifiuti, in particolare di quelli provenienti da altri stati membri e dispone altresì le misure conseguenti a tali controlli e le misure di salvaguardia da applicare.

 

Art. 14.

1. Gli allegati del presente decreto, ed in particolare le disposizioni relative ai trattamenti contemplati nell'allegato II, capitolo II, punto 6, lettere a) e c) sono modificate con decreto del Ministro della sanità conformemente alle disposizioni comunitarie in materia.

2. Il Ministro della sanità con proprio decreto può riconoscere i cicli di trattamento alternativi approvati dalle Comunità europee.

 

Art. 15. 

1. Fino all'applicazione delle norme comunitarie relative all'importazione di rifiuti di origine animale e di alimenti per animali familiari fabbricati con tali rifiuti, il Ministero della sanità applica a tali importazioni condizioni almeno equivalenti a quelle previste dal presente decreto, escluse quelle relative ai requisiti per il riconoscimento.

2. Il Ministero della sanità ammette all'importazione materiali a basso rischio o ad alto rischio di cui all'art. 3, comma 1, lettere g), h), ed i), che siano stati preliminarmente trattati solo se il paese terzo è in grado di garantire che siano stati sottoposti a un trattamento soddisfacente e che rispettino le norme microbiologiche fissate nell'allegato II, capitolo III.

3. È vietata l'importazione dei materiali ad alto rischio di cui all'art. 3, comma 1, lettere a), b), c), d), e) ed f).

4. I posti di ispezione frontaliera di cui al decreto legislativo che attua le direttive n. 90/675/CEE e n. 91/496/CEE accertano mediante controlli all'importazione che vengano rispettati i requisiti minimi previsti dal presente decreto.

 

Art. 16.

1. Le modalità di applicazione degli articoli 9, 10 e 12 del presente decreto sono stabilite conformemente alle procedure comunitarie con decreto del Ministro della sanità.

 

Art. 17.

1. Gli stabilimenti di trasformazione di materiali ad alto rischio esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto sono tenuti a presentare la domanda di riconoscimento al Ministero della sanità entro centoventi giorni dalla predetta data.

2. La domanda di cui al comma 1 deve essere corredata da una copia delle autorizzazioni necessarie ai sensi delle leggi vigenti, nonché da un progetto di adeguamento alle prescrizioni del presente decreto, da realizzare entro tre anni dalla data di presentazione della domanda (15).

3. Gli stabilimenti di cui al comma 1 possono continuare ad esercitare la propria attività a condizione che abbiano presentato la domanda nei termini e nei modi di cui al comma 2 e che i prodotti ottenuti siano conformi ai requisiti dell'allegato II, capitolo III e controllati conformemente all'art. 9.

4. Le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 3 si applicano altresì agli stabilimenti di trasformazione di materiali a basso rischio (16).

4-bis. Chi non realizza il progetto dell'adeguamento dell'impianto entro i termini fissati, ovvero non dà comunicazione al Ministero della sanità ed alla competente unità sanitaria locale dell'avvenuto adeguamento entro i termini fissati dal presente articolo deve comunque sospendere l'attività. In caso di prosecuzione dell'attività si applicano le sanzioni previste dall'articolo 19 (17).

5. Agli stabilimenti autorizzati alla fabbricazione di prodotti farmaceutici, tecnici o di alimenti per animali familiari si applicano le disposizioni previste dal comma 4.

6. Il Ministero della sanità provvede sulla domanda di riconoscimento degli stabilimenti esistenti di cui ai commi 1, 4 e 5, entro il termine di giorni novanta dalla data di comunicazione a cura dell'interessato della realizzazione del progetto di adeguamento.

7. Trascorso il termine di cui al comma 6, il riconoscimento si intende rifiutato.

 

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(15)  Comma così sostituito dall'art. 55, L. 24 aprile 1998, n. 128.

(16)  Comma così sostituito dall'art. 55, L. 24 aprile 1998, n. 128.

(17)  Comma aggiunto dall'art. 55, L. 24 aprile 1998, n. 128.

 

Art. 18.

1. Chi inizia l'attività di raccolta e trasformazione di materiali ad alto rischio senza aver ottenuto il preventivo riconoscimento, previsto dall'art. 4, ovvero con riconoscimento sospeso, rifiutato o revocato è punito con l'arresto sino a due anni o con l'ammenda sino a lire 100 milioni.

2. Chi inizia l'attività di raccolta e trasformazione di materiali a basso rischio nei casi previsti dall'art. 5 senza aver ottenuto il preventivo riconoscimento, ovvero con riconoscimento sospeso, rifiutato o revocato è punito con l'arresto sino ad un anno o con l'ammenda sino a lire 100 milioni.

3. Chi effettua l'attività di raccolta e trasporto di materiali a basso ed alto rischio in violazione delle prescrizioni tecniche stabilite dall'art. 8, comma 1, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire 5 milioni a lire 30 milioni.

4. Chi non osserva gli obblighi stabiliti dall'art. 9 è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire 2 milioni a lire 12 milioni.

 

Art. 19.

1. Chi, esercitando alla data di entrata in vigore del presente decreto, l'attività di cui all'art. 17, comma 1, non presenta la domanda nel termine e nei modi prescritti dai commi 1 e 3 dell'art. 17, ovvero non osserva le ulteriori condizioni fissate nel comma 3 del medesimo articolo, ovvero non realizza il progetto di adeguamento nel termine fissato dall'art. 17, comma 2, ovvero continua l'attività dopo il rifiuto, la revoca o la sospensione del riconoscimento è punito con l'arresto sino a due anni o con l'ammenda sino a lire 100 milioni (18).

2. Chi, esercitando alla data di entrata in vigore del presente decreto, le attività previste dall'art. 17, commi 4 e 5, non osserva le prescrizioni ivi stabilite ovvero continua l'attività dopo il rifiuto, la revoca o la sospensione del riconoscimento, è punito con l'arresto sino ad un anno o con l'ammenda sino a lire 100 milioni.

3. Alle attività previste dal presente articolo restano applicabili le disposizioni di cui ai commi 3 e 4 dell'art. 18.

 

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(18)  Così corretto con avviso pubblicato nella Gazz. Uff. 9 ottobre 1993, n. 238.

 

Allegato I

Norme di igiene per la raccolta e il trasporto dei rifiuti di origine animale

 

1. I rifiuti di origine animale devono essere raccolti e trasportati negli stabilimenti di trattamento a basso o ad alto rischio riconosciuti in contenitori o veicoli appropriati, in modo da evitare dispersioni di materiale. I contenitori o i veicoli devono essere adeguatamente coperti.

2. I veicoli, i copertoni e i contenitori riutilizzabili devono essere tenuti in buono stato di pulizia.

3. L'autorità competente prende i provvedimenti necessari per controllare i movimenti di materiali ad alto rischio, esigendo la compilazione di registri e di documenti che accompagnino tali materiali durante il trasporto fino al luogo in cui sono eliminati, oppure se necessario disponendo che veicoli e contenitori siano sigillati.

4. Ove alcuni prodotti a base di carni, lattiero-caseari o di pesce, non destinati al consumo umano e derivati da animali o pesci di cui la carne e il latte sono stati approvati per il consumo umano, vengano trasportati sfusi direttamente ad uno stabilimento di trasformazione, devono essere indicati, su un'etichetta apposta sul contenitore, sui cartoni o sugli altri imballaggi, in caratteri aventi un'altezza minima di 2 cm, le informazioni relative all'origine, al nome e al tipo dei rifiuti di origine animale e i termini «Non destinato al consumo umano».

 

Allegato II

Norme di igiene imposte agli stabilimenti di trasformazione
di rifiuti di origine animale

 

Capitolo I

Requisiti per il riconoscimento degli stabilimenti di trasformazione
di rifiuti di origine animale

 

1. I locali e gli impianti devono essere conformi almeno ai seguenti requisiti:

a) i locali dello stabilimento di trasformazione devono essere adeguatamente separati dalla pubblica via e da altri locali, quali quelli adibiti alla macellazione. I locali adibiti alla trasformazione di materiale ad alto rischio possono trovarsi nelle adiacenze di un macello soltanto qualora siano situati in una parte di edificio completamente separate, è vietato l'accesso allo stabilimento a persone non autorizzate od animali;

b) lo stabilimento deve comprendere una sezione «pulita» e una sezione «sporca», adeguatamente separate. La sezione sporca deve comprendere una zona coperta per la ricezione di rifiuti di origine animale e deve essere costruita in modo da facilitare la pulizia e la disinfezione. I pavimenti devono essere concepiti in modo da facilitare l'evacuazione di liquidi. Lo stabilimento deve comprendere gabinetti, spogliatoi e lavabi per il personale.

Ove occorra, la sezione «sporca» deve essere munita di impianti adeguati per lo scorticamento o la spellatura degli animali e di un locale per immagazzinarvi cuoi e pelli;

c) lo stabilimento deve disporre di una capacità e di una produzione di acqua calda e di vapore sufficienti per la trasformazione dei rifiuti di origine animale conformemente al capitolo II;

d) la sezione «sporca» deve, se del caso, essere munita di un impianto di compressione dei rifiuti di origine animale e di dispositivi per il trasporto dei rifiuti compresi nell'unita di trasformazione;

e) deve esservi un impianto di trasformazione chiuso, nel quale i rifiuti di origine animale devono subire il processo di trasformazione conformemente al capitolo II. Quando è richiesto un trattamento termico, detto impianto deve disporre di:

- dispositivi di misura per controllare la temperatura e se necessario la pressione nei punti critici;

- dispositivi di registrazione continua dei risultati delle misure;

- un adeguato sistema di sicurezza che impedisca l'abbassamento della temperatura ad un livello insufficiente;

f) per prevenire la ricontaminazione del materiale trasformato prodotto da parte di nuove materie prime che entrano nell'unità di trasformazione, deve esistere una netta separazione tra la zona dello stabilimento in cui le materie prime vengono scaricate e lavorate e le zone in cui avvengono le ulteriori lavorazioni del materiale già sottoposto a trattamento termico nonché il magazzinaggio del prodotto finito.

2. Lo stabilimento di trasformazione deve essere munito di installazioni appropriate per la pulizia e la disinfezione di recipienti o contenitori utilizzati per i rifiuti di origine animale e dei veicoli - diversi dalle navi - usati per il trasporto.

3. Lo stabilimento di trasformazione deve disporre di dispositivi adeguati che consentano di disinfettare immediatamente prima della loro uscita dai locali le ruote dei veicoli adibiti al trasporto di materiale ad alto rischio o che abbandonano la sezione «sporca» di uno stabilimento di trattamento.

4. Lo stabilimento di trasformazione deve essere dotato di un sistema di eliminazione delle acque luride conforme ai requisiti di igiene.

5. Lo stabilimento di trasformazione deve disporre di un laboratorio proprio o ricorrere ai servizi di un laboratorio attrezzato per l'esecuzione delle analisi di base e, in particolare, per controllare la conformità al capitolo III.

 

Capitolo II

Norme di igiene relative alle operazioni negli stabilimenti
di trasformazione di rifiuti di origine animale

 

1. I rifiuti di origine animale devono essere trasformati al più presto dopo il loro arrivo nello stabilimento ed essere adeguatamente immagazzinati fino al momento della trasformazione.

2. I recipienti, i contenitori e i veicoli utilizzati per il trasporto di rifiuti di origine animale devono essere pulito, lavati e disinfettati dopo ogni utilizzazione.

3. Gli addetti alle operazioni eseguite nella sezione «sporca» non devono entrare nella sezione "pulita" se non dopo aver cambiato abiti da lavoro e calzature o disinfettato questi ultimi. Attrezzature ed utensili non possono essere portati dalla sezione «sporca» alla sezione «pulita».

4. Le acque luride provenienti dalla sezione "sporca" devono essere trattate in modo che siano eliminati gli organismi patogeni.

5. Devono essere prese sistematicamente misure preventive contro roditori, uccelli, insetti o altri parassiti.

6. I rifiuti di origine animale devono essere trasformati nelle seguenti condizioni:

a) I materiali ad alto rischio devono essere riscaldati per venti minuti ad una temperatura di almeno 133 °C nella parte più interna e ad una pressione di 3 bar. Le dimensioni dei pezzi del materiale grezzo prima del trattamento devono essere ridotte ad almeno 50 mm per mezzo di un frantumatore o di un trituratore.

b) Nei punti sensibili del processo termico si usano termografi per controllare il trattamento mediante calore.

c) Possono essere utilizzati altri sistemi di trattamento termico purché siano riconosciuti secondo la procedura prevista all'articolo 19 in quanto considerati atti a fornire garanzie equivalenti alla sicurezza microbiologica.

I sistemi alternativi di trattamento termico possono essere autorizzati soltanto qualora per un periodo di un mese siano stati prelevati quotidianamente campioni del prodotto finito, per garantire l'osservanza delle norme biologiche stabilite nel capitolo III, paragrafi 1 e 2. Devono ulteriormente essere effettuati i campionamenti periodici previsti dall'articolo 9, paragrafo 1 e dell'articolo 10, paragrafo 1.

7. Gli impianti e le attrezzature devono essere tenuti in buono stato di manutenzione i dispositivi di misurazione devono essere tarati ad intervalli regolari.

8. I prodotti finiti devono essere manipolati e immagazzinati nell'impianto di trasformazione in modo da impedirne la ricontaminazione.

9. Cuoi e pelli devono essere sottoposti ad opportuna salatura con cloruro di sodio.

 

 

Capitolo III

Requisiti dei prodotti dopo la trasformazione

 

1. Per quanto riguarda i materiali ad alto rischio, i campioni prelevati dai prodotti finiti immediatamente dopo l'ultimazione del trattamento termico devono risultare esenti da spore di batteri patogene e resistenti al calore (Clostridium perfringens assente in 1 g).

2. I campioni di prodotti finiti provenienti da materiale a basso rischio e da materiale ad alto rischio, prelevati durante o al termine dell'immagazzinamento presso l'impianto di trasformazione devono essere conformi alle seguenti norme:

Salmonelle: assenti in 25 g: n = 5, c = 0, m = 0, M = 0

Enterobatteri: n = 5, c = 2, m = 10, M = 3 x 102 in 1 g;

dove:

n = numero di unità di campionamento costituenti il campione;

m = valore di soglia per quanto riguarda il numero dei batteri; il risultato è considerato soddisfacente se il numero di batteri in tutte le unità di campionamento non è superiore a m;

M = valore massimo per quanto riguarda il numero di batteri; il risultato è considerato non soddisfacente se il numero dei batteri in una o più unità di campionamento è uguale o superiore a M;

c = numero di unità di campionamento nelle quali il contenuto batterico può essere compreso fra m e M; il campione è ancora considerato accettabile se il numero dei batteri contenuti nelle altre unità di campionamento è uguale o inferiore a m.

Avvertenza:

Per ragioni di urgenza si omette la pubblicazione delle note al presente decreto legislativo, ai sensi dell'art. 8, comma 3, del regolamento di esecuzione del testo unico delle disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sulla emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana, approvato con D.P.R. 14 marzo 1986, n. 217.

 

 


D.Lgs. 28 agosto 1997, n. 281.
Definizione ed ampliamento delle attribuzioni della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano ed unificazione, per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province e dei comuni, con la Conferenza Stato-città ed autonomie locali.
(Art. 8)

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 30 agosto 1997, n. 202.

(omissis)

Capo III - Conferenza unificata

Art. 8.

Conferenza Stato-città ed autonomie locali e Conferenza unificata.

1. La Conferenza Stato-città ed autonomie locali è unificata per le materie ed i compiti di interesse comune delle regioni, delle province, dei comuni e delle comunità montane, con la Conferenza Stato-regioni (13).

2. La Conferenza Stato-città ed autonomie locali è presieduta dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, per sua delega, dal Ministro dell'interno o dal Ministro per gli affari regionali nella materia di rispettiva competenza; ne fanno parte altresì il Ministro del tesoro e del bilancio e della programmazione economica, il Ministro delle finanze, il Ministro dei lavori pubblici, il Ministro della sanità, il presidente dell'Associazione nazionale dei comuni d'Italia - ANCI, il presidente dell'Unione province d'Italia - UPI ed il presidente dell'Unione nazionale comuni, comunità ed enti montani - UNCEM. Ne fanno parte inoltre quattordici sindaci designati dall'ANCI e sei presidenti di provincia designati dall'UPI. Dei quattordici sindaci designati dall'ANCI cinque rappresentano le città individuate dall'articolo 17 della legge 8 giugno 1990, n. 142. Alle riunioni possono essere invitati altri membri del Governo, nonché rappresentanti di amministrazioni statali, locali o di enti pubblici (14).

3. La Conferenza Stato-città ed autonomie locali è convocata almeno ogni tre mesi, e comunque in tutti i casi il presidente ne ravvisi la necessità o qualora ne faccia richiesta il presidente dell'ANCI, dell'UPI o dell'UNCEM (15).

4. La Conferenza unificata di cui al comma 1 è convocata dal Presidente del Consiglio dei Ministri. Le sedute sono presiedute dal Presidente del Consiglio dei Ministri o, su sua delega, dal Ministro per gli affari regionali o, se tale incarico non è conferito, dal Ministro dell'interno (16).

 

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(13)  La Corte costituzionale con sentenza 10-14 dicembre 1998, n. 408 (Gazz. Uff. 16 dicembre 1998, n. 50, Serie speciale), ha dichiarato non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, prima parte, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano ed agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 76, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, commi 2 e 3, e dell'art. 9, commi 5, 6 e 7, sollevata in riferimento all'art. 76 della Costituzione;

ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, dell'art. 8, commi 1 e 4, e dell'art. 9, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano e agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, commi 5 e 6, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione.

(14) Comma così modificato dal comma 21 dell'art. 1, D.L. 18 maggio 2006, n. 181.

(15)  Vedi, anche, l'art. 28, L. 8 marzo 2000, n. 53.

(16)  La Corte costituzionale con sentenza 10-14 dicembre 1998, n. 408 (Gazz. Uff. 16 dicembre 1998, n. 50, Serie speciale), ha dichiarato non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, prima parte, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano ed agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 76, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, commi 2 e 3, e dell'art. 9, commi 5, 6 e 7, sollevata in riferimento all'art. 76 della Costituzione;

ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, dell'art. 8, commi 1 e 4, e dell'art. 9, sollevate dalla Regione Siciliana, in riferimento agli artt. 14, 15, 17 e 20 dello Statuto siciliano e agli artt. 3, 5, 92, 95, 114, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione, e dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 2, commi 5 e 6, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione;

ha dichiarato non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, sollevata dalla Regione Puglia, in riferimento agli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione.

(omissis)

 

 

 

 


L. 2 dicembre 1998, n. 434.
Finanziamento degli interventi in materia di animali di affezione
e per la prevenzione del randagismo.

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 17 dicembre 1998, n. 294.

 

Art. 1.

1. Per le finalità previste dalla legge 14 agosto 1991, n. 281 (2), è autorizzata la spesa di lire 2.600 milioni annue a decorrere dall'anno 1999.

2. All'onere derivante dall'attuazione della presente legge, pari a lire 2.600 milioni annue a decorrere dal 1999, si provvede mediante utilizzo delle proiezioni dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1998-2000, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l'anno finanziario 1998, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo alla Presidenza del Consiglio dei Ministri.

3. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

 

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(2)  Riportata al n. A/CLXX.

 

 


D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari
in materia di spese di giustizia. (Testo A).
(Art. 76)

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 15 giugno 2002, n. 139, S.O.

(omissis)

Capo II

Condizioni per l'ammissione al patrocinio

Art. 76. (L)

Condizioni per l'ammissione.

1. Può essere ammesso al patrocinio chi è titolare di un reddito imponibile ai fini dell'imposta personale sul reddito, risultante dall'ultima dichiarazione, non superiore a euro 10.628,16 (29).

2. Salvo quanto previsto dall'articolo 92, se l'interessato convive con il coniuge o con altri familiari, il reddito è costituito dalla somma dei redditi conseguiti nel medesimo periodo da ogni componente della famiglia, compreso l'istante.

3. Ai fini della determinazione dei limiti di reddito, si tiene conto anche dei redditi che per legge sono esenti dall'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF) o che sono soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta, ovvero ad imposta sostitutiva.

4. Si tiene conto del solo reddito personale quando sono oggetto della causa diritti della personalità, ovvero nei processi in cui gli interessi del richiedente sono in conflitto con quelli degli altri componenti il nucleo familiare con lui conviventi.

4-bis. Per i soggetti già condannati con sentenza definitiva per i reati di cui agli articoli 416-bis del codice penale, 291-quater del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43, 73, limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi dell’articolo 80, e 74, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, nonché per i reati commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto articolo 416-bis ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, ai soli fini del presente decreto, il reddito si ritiene superiore ai limiti previsti (30).

4-ter. La persona offesa dai reati di cui agli articoli 609-bis, 609-quater e 609-octies del codice penale può essere ammessa al patrocinio anche in deroga ai limiti di reddito previsti dal presente decreto (31).

 

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(29)  L'originario importo di euro 9.296,22 è stato aggiornato prima ad euro 9.723,84 dal Decr. 29 dicembre 2005 (Gazz. Uff. 2 febbraio 2006, n. 27) e poi ad euro 10.628,16 dal Decr. 20 gennaio 2009 (Gazz. Uff. 27 marzo 2009, n. 72).

(30) Comma aggiunto dalla lettera a) del comma 1 dell'art. 12-ter, D.L. 23 maggio 2008, n. 92, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione.

(31) Comma aggiunto dall'art. 4, D.L. 23 febbraio 2009, n. 11.

(omissis)


L. 30 luglio 2002, n. 174.
Norme per il finanziamento di lavori destinati all'Agenzia per le organizzazioni non lucrative di utilità sociale, in Milano, ed altri interventi.
(Art. 4)

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 8 agosto 2002, n. 185.

(omissis)

Art. 4.

Prevenzione del fenomeno del randagismo.

1. Al fine della prevenzione del fenomeno del randagismo, per la realizzazione di un piano nazionale di sterilizzazioni degli animali d'affezione ai sensi della legge 14 agosto 1991, n. 281, è autorizzata la spesa di 750.000 euro per l'anno 2002.

2. Il Ministro della salute, con proprio decreto da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, individua, tenendo conto dei dati regionali, le aree maggiormente interessate dal fenomeno del randagismo e conseguentemente ripartisce, in base alle priorità emerse, i fondi di cui al comma 1 (3).

3. Per la copertura degli oneri di cui al comma 1, pari a 750.000 euro per l'anno 2002, si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2002-2004, nell'ambito dell'unità previsionale di base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2002, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero della salute.

 

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(3)  Per i criteri di ripartizione del fondo istituito ai sensi del presente articolo vedi il D.M. 28 marzo 2000

(omissis)

 

 


D.P.C.M. 28 febbraio 2003.
Recepimento dell'accordo recante disposizioni in materia di benessere
degli animali da compagnia e pet-therapy.

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 4 marzo 2003, n. 52.

 

IL PRESIDENTE
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

 

Visto il testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265;

Visto l'art. 24 del regolamento di polizia veterinaria, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 8 febbraio 1954, n. 320;

Vista la legge 14 agosto 1991, n. 281, recante: «Legge-quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo»;

Considerato che l'Italia ha firmato la «Convenzione del Consiglio d'Europa per la protezione degli animali da compagnia», approvata a Strasburgo il 13 novembre 1987;

Visti gli articoli 2, comma 2, lettera b), e 4, comma 1, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;

Visto l'accordo tra il Governo, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, relativo al benessere degli animali da compagnia e la pet-therapy, stipulato il 6 febbraio 2003;

Visto l'art. 2, comma 3, lettera q), della legge 23 agosto 1988, n. 400;

Sulla proposta del Ministro della salute;

 

Decreta:

 

Art. 1.

1. Il presente decreto recepisce l'accordo di cui all'allegato 1, stipulato il 6 febbraio 2003 tra il Ministro della salute, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, che disciplina il particolare rapporto di affezione tra l'uomo e l'animale, al fine di rendere più omogeneo l'intervento pubblico nel complesso scenario della protezione degli animali da compagnia (3).

2. In particolare il testo dell'accordo prevede, da parte del Governo e delle regioni, ciascuno nell'ambito delle proprie competenze, l'adozione di disposizioni finalizzate ad:

a) assicurare il benessere degli animali;

b) evitarne utilizzi riprovevoli, sia diretti che indiretti;

c) consentirne l'identificazione, attraverso l'utilizzo di appositi microchips, su tutto il territorio nazionale;

d) utilizzare la pet-therapy per la cura di anziani e bambini.

 

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(3)  L'allegato 1 previsto dal presente comma non è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale. Vedi l'Accordo 6 febbraio 2003.

 

 


D.M. 28 marzo 2003.
Determinazione del criterio per la ripartizione tra le regioni e le province autonome delle disponibilità del fondo istituito dall'art. 4 della L. 30 luglio 2002, n. 174, concernente la sterilizzazione degli animali di affezione.

 

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(1) Pubblicato nella Gazz. Uff. 19 giugno 2003, n. 140.

 

IL MINISTRO DELLA SALUTE

Visto il testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, e successive modificazioni;

Visto il regolamento di polizia veterinaria, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 8 febbraio 1954, n. 320;

Vista la legge 23 dicembre 1978, n. 833, istituzione del Servizio sanitario nazionale;

Vista la legge 14 agosto 1991, n. 281, concernente «Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione al randagismo»;

Vista la legge 30 luglio 2002, n. 174, ed in particolare l'art. 4, che autorizza la spesa di € 750.000 per l'anno 2002 per la realizzazione di un piano nazionale di sterilizzazione degli animali d'affezione ai sensi della legge 14 agosto 1991, n. 281, al fine della prevenzione del fenomeno del randagismo;

Considerata la necessità di procedere alla ripartizione del finanziamento destinato alla sterilizzazione degli animali d'affezione utilizzando le segnalazioni fornite dalle regioni per la ripartizione del finanziamento della legge n. 281 del 1991, dalle quali si evidenzia che il fenomeno del randagismo degli animali d'affezione è presente in tutto il territorio nazionale;

Visto il parere favorevole espresso dalla Conferenza unificata di cui all'art. 8, comma 1, del decreto legislativo n. 281 del 1997 nella seduta del 6 febbraio 2003;

 

Decreta:

 

Art. 1.

I criteri per la ripartizione della disponibilità del fondo, istituito dall'art. 4 della legge 30 luglio 2002, n. 174, sono i seguenti:

a) per ogni animale d'affezione vagante nel territorio o mantenuto rinchiuso nel canile sanitario o nel canile rifugio sarà corrisposta alla regione, cui compete la segnalazione del dato complessivo, una quota in euro corrispondente alla ripartizione del fondo di finanziamento diviso per il numero complessivo nazionale degli animali d'affezione vaganti nel territorio o mantenuti all'interno dei canili sanitari o canili rifugio;

b) ai fini della ripartizione di cui al punto a) una quota in euro corrisponde ad un cane o a tre gatti.

 

 

 


L. 20 luglio 2004, n. 189.
Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali, nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate.

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 31 luglio 2004, n. 178.

 

Art. 1.

Modifiche al codice penale.

1. Dopo il titolo IX del libro II del codice penale è inserito il seguente:

«TITOLO IX-BIS - DEI DELITTI CONTRO IL SENTIMENTO PER GLI ANIMALI

Art. 544-bis. - (Uccisione di animali). - Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona la morte di un animale è punito con la reclusione da tre mesi a diciotto mesi.

Art. 544-ter. - (Maltrattamento di animali). - Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche ecologiche è punito con la reclusione da tre mesi a un anno o con la multa da 3.000 a 15.000 euro.

La stessa pena si applica a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi.

La pena è aumentata della metà se dai fatti di cui al primo comma deriva la morte dell'animale.

Art. 544-quater. - (Spettacoli o manifestazioni vietati). - Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque organizza o promuove spettacoli o manifestazioni che comportino sevizie o strazio per gli animali è punito con la reclusione da quattro mesi a due anni e con la multa da 3.000 a. 15.000 euro.

La pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti di cui al primo comma sono commessi in relazione all'esercizio di scommesse clandestine o al fine di trarne profitto per sé od altri ovvero se ne deriva la morte dell'animale.

Art. 544-quinquies. - (Divieto di combattimenti tra animali). - Chiunque promuove, organizza o dirige combattimenti o competizioni non autorizzate tra animali che possono metterne in pericolo l'integrità fisica è punito con la reclusione da uno a tre anni e con la multa da 50.000 a 160.000 euro. La pena è aumentata da un terzo alla metà:

1) se le predette attività sono compiute in concorso con minorenni o da persone armate;

2) se le predette attività sono promosse utilizzando videoriproduzioni o materiale di qualsiasi tipo contenente scene o immagini dei combattimenti o delle competizioni;

3) se il colpevole cura la ripresa o la registrazione in qualsiasi forma dei combattimenti o delle competizioni.

Chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato, allevando o addestrando animali li destina sotto qualsiasi forma e anche per il tramite di terzi alla loro partecipazione ai combattimenti di cui al primo comma è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 5.000 a 30.000 euro. La stessa pena si applica anche ai proprietari o ai detentori degli animali impiegati nei combattimenti e nelle competizioni di cui al primo comma, se consenzienti.

Chiunque, anche se non presente sul luogo del reato, fuori dei casi di concorso nel medesimo, organizza o effettua scommesse sui combattimenti e sulle competizioni di cui al primo comma è punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con la multa da 5.000 a 30.000 euro.

Art. 544-sexies. - (Confisca e pene accessorie). - Nel caso di condanna, o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per i delitti previsti dagli articoli 544-ter, 544-quater e 544-quinquies, è sempre ordinata la confisca dell'animale, salvo che appartenga a persona estranea al reato. È altresì disposta la sospensione da tre mesi a tre anni dell'attività di trasporto, di commercio o di allevamento degli animali se la sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta è pronunciata nei confronti di chi svolge le predette attività. In caso di recidiva è disposta l'interdizione dall'esercizio delle attività medesime».

2. All'articolo 638, primo comma, del codice penale, dopo le parole: «è punito» sono inserite le seguenti: «, salvo che il fatto costituisca più grave reato».

3. L'articolo 727 del codice penale è sostituito dal seguente:

«Art. 727. - (Abbandono di animali). - Chiunque abbandona animali domestici o che abbiano acquisito abitudini della cattività è punito con l'arresto fino ad un anno o con l'ammenda da 1.000 a 10.000 euro.

Alla stessa pena soggiace chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze».

 

Art. 2.

Divieto di utilizzo a fini commerciali di pelli e pellicce.

1. È vietato utilizzare cani (Canis familiaris) e gatti (Felis catus) per la produzione o il confezionamento di pelli, pellicce, capi di abbigliamento e articoli di pelletteria costituiti od ottenuti, in tutto o in parte, dalle pelli o dalle pellicce dei medesimi, nonché commercializzare o introdurre le stesse nel territorio nazionale.

2. La violazione delle disposizioni di cui al comma 1 è punita con l'arresto da tre mesi ad un anno o con l'ammenda da 5.000 a 100.000 euro.

3. Alla condanna consegue in ogni caso la confisca e la distruzione del materiale di cui al comma 1.

 

Art. 3.

Modifica alle disposizioni di coordinamento e transitorie del codice penale.

1. Dopo l' articolo 19-bis delle disposizioni di coordinamento e transitorie del codice penale sono inseriti i seguenti:

«Art. 19-ter. - (Leggi speciali in materia di animali). - Le disposizioni del titolo IX-bis del libro II del codice penale non si applicano ai casi previsti dalle leggi speciali in materia di caccia, di pesca, di allevamento, di trasporto, di macellazione degli animali, di sperimentazione scientifica sugli stessi, di attività circense, di giardini zoologici, nonché dalle altre leggi speciali in materia di animali. Le disposizioni del titolo IX-bis del libro II del codice penale non si applicano altresì alle manifestazioni storiche e culturali autorizzate dalla regione competente.

Art. 19-quater. - (Affidamento degli animali sequestrati o confiscati). - Gli animali oggetto di provvedimenti di sequestro o di confisca sono affidati ad associazioni o enti che ne facciano richiesta individuati con decreto del Ministro della salute, adottato di concerto con il Ministro dell'interno»:

2. Il decreto di cui all'articolo 19-quater delle disposizioni di coordinamento e transitorie del codice penale è adottato entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge (2).

 

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(2) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 2 novembre 2006.

Art. 4.

Norme di coordinamento.

1. All'articolo 4 del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n. 116, al comma 8, le parole: «ai sensi dell'articolo 727 del codice penale» sono sostituite dalle seguenti: «con la reclusione da tre mesi ad un anno o con la multa da 3.000 a 15.000 euro».

2. Il comma 5 dell'articolo 5 della legge 14 agosto 1991, n. 281, è abrogato.

3. Alla legge 12 giugno 1913, n. 611, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l'articolo 1 è abrogato;

b) all'articolo 2, lettera a), le parole: «dell'articolo 491 del codice penale» sono sostituite dalle seguenti: «del titolo IX-bis del libro II del codice penale e dell'articolo 727 del medesimo codice»;

c) all'articolo 8, le parole: «dell'articolo 491» sono sostituite dalle seguenti: «dell'articolo 727».

 

Art. 5.

Attività formative.

1. Lo Stato e le regioni possono promuovere di intesa, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, l'integrazione dei programmi didattici delle scuole e degli istituti di ogni ordine e grado, ai fini di una effettiva educazione degli alunni in materia di etologia comportamentale degli animali e del loro rispetto, anche mediante prove pratiche.

 

Art. 6.

Vigilanza.

1. Al fine di prevenire e contrastare i reati previsti dalla presente legge, con decreto del Ministro dell'interno, sentiti il Ministro delle politiche agricole e forestali e il Ministro della salute, adottato entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalità di coordinamento dell'attività della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri, del Corpo della guardia di finanza, del Corpo forestale dello Stato e dei Corpi di polizia municipale e provinciale (3).

2. La vigilanza sul rispetto della presente legge e delle altre norme relative alla protezione degli animali è affidata anche, con riguardo agli animali di affezione, nei limiti dei compiti attribuiti dai rispettivi decreti prefettizi di nomina, ai sensi degli articoli 55 e 57 del codice di procedura penale, alle guardie particolari giurate delle associazioni protezionistiche e zoofile riconosciute.

3. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per lo Stato e gli enti locali.

 

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(3) In attuazione di quanto disposto dal presente comma vedi il D.M. 23 marzo 2007.

 

Art. 7.

Diritti e facoltà degli enti e delle associazioni.

1. Ai sensi dell' articolo 91 del codice di procedura penale, le associazioni e gli enti di cui all'articolo 19-quater delle disposizioni di coordinamento e transitorie del codice penale perseguono finalità di tutela degli interessi lesi dai reati previsti dalla presente legge.

Art. 8.

Destinazione delle sanzioni pecuniarie.

1. Le entrate derivanti dall'applicazione delle sanzioni pecuniarie previste dalla presente legge affluiscono all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnate allo stato di previsione del Ministero della salute e sono destinate alle associazioni o agli enti di cui all' articolo 19-quater delle disposizioni di coordinamento e transitorie del codice penale.

2. Con il decreto di cui all' articolo 19-quater delle disposizioni di coordinamento e transitorie del codice penale, sono determinati i criteri di ripartizione delle entrate di cui al comma 1, tenendo conto in ogni caso del numero di animali affidati ad ogni ente o associazione.

3. Entro il 25 novembre di ogni anno il Ministro della salute definisce il programma degli interventi per l'attuazione della presente legge e per la ripartizione delle somme di cui al comma 1.

 

Art. 9.

Entrata in vigore.

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 


O.M. 6 agosto 2008.
Ordinanza contingibile ed urgente concernente misure per l'identificazione e la registrazione della popolazione canina.

 

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 20 agosto 2008, n. 194.

(2) Emanata dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali.

(3) Vedi, anche, il Comunicato 10 novembre 2008.

 

 

IL MINISTRO DEL LAVORO, DELLA SALUTE

 

E DELLE POLITICHE SOCIALI

 

Visto il testo unico delle leggi sanitarie approvato con regio decreto del 27 luglio 1934, n. 1265 (4), e successive modifiche;

 

Visto il regolamento di polizia veterinaria approvato con decreto del Presidente della Repubblica 8 febbraio 1954, n. 320;

 

Vista la legge 14 agosto 1991, n. 281, concernente «Legge quadro in materia di animali da affezione e prevenzione del randagismo»;

 

Visti, in particolare gli articoli 2 e 3 della predetta legge n. 281 del 1991, concernenti, rispettivamente, l'obbligo di tatuare i cani e l'istituzione dell'anagrafe canina;

 

Visti gli articoli 650 e 727 del codice penale;

 

Visto l'art. 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833;

 

Visto l'art. 117 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112;

 

Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 28 febbraio 2003 concernente «Recepimento dell'Accordo Stato-regioni, del 6 febbraio 2003, recante disposizioni in materia di benessere degli animali da compagnia e pet-therapy», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 52 del 4 marzo 2003;

 

Visto, in particolare, l'art. 3 del predetto Accordo del 6 febbraio 2003, il quale prevede l'obbligo di iscrizione all'anagrafe canina, da effettuare da parte del proprietario o del detentore di cani;

 

Visto, inoltre, l'art. 4, comma 1, lettera a) del predetto Accordo del 6 febbraio 2003, il quale ha previsto, a decorrere dal 1° gennaio 2005, l'introduzione del microchip quale sistema unico ufficiale di identificazione dei cani;

 

Considerata la necessità di assicurare una compiuta ed uniforme applicazione, sull'intero territorio nazionale, della normativa concernente l'identificazione dei cani e la gestione dell'anagrafe canina, al fine poter svolgere un efficace controllo della popolazione canina;

 

Ritenuta la necessità e l'urgenza di emanare disposizioni per arginare il dilagare del fenomeno dell'abbandono dei cani, che alimenta il randagismo dei medesimi;

 

Considerati i rilevanti problemi di salute pubblica derivanti dal predetto randagismo dei cani, quali il possibile diffondersi di malattie infettive, l'incremento degli incidenti stradali, i casi di aggressione dei cani rinselvatichiti e l'incremento dello stesso randagismo;

 

Ritenuta, altresì, la necessità e l'urgenza di far effettuare in maniera contestuale l'identificazione e la registrazione di tutta la popolazione canina presente sul territorio nazionale, utilizzando strumenti e modalità uniformi per tutte le regioni e province autonome, allo scopo di anagrafare il maggior numero possibile degli animali in questione e consentirne un controllo ed una gestione adeguati;

 

Visto il decreto ministeriale 23 maggio 2008 recante «Delega delle attribuzioni del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, per taluni atti di competenza dell'Amministrazione, al Sottosegretario di Stato on. Francesca Martini», registrato alla Corte dei conti il 10 giugno 2008, registro n. 4, foglio n. 27;

 

Ordina:

 

 

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(4) NDR: In GU è riportato il seguente riferimento normativo non corretto: «regio decreto del 27 luglio 1934, n. 1256».

 

 

Art. 1.

 

1.  E' obbligatorio provvedere all'identificazione e alla registrazione dei cani, in conformità alle disposizioni adottate dalle regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano ed alla presente ordinanza.

 

 

2.  Il proprietario o il detentore di un cane deve provvedere a far identificare e registrare l'animale, nel secondo mese di vita, mediante l'applicazione del microchip. Il proprietario o il detentore di cani di età superiore ai due mesi è tenuto a identificare e registrare il cane ai fini di anagrafe canina, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente ordinanza.

 

 

3.  L'adempimento di cui al comma 2, quale atto medico-veterinario, deve essere effettuato:

 

 

a)  dai veterinari pubblici competenti per territorio;

b)  da veterinari libero professionisti, abilitati ad accedere all'anagrafe canina regionale, secondo modalità definite dalle regioni e dalle province autonome di Trento e Bolzano.

 

4.  I veterinari che provvedono all'applicazione del microchip devono contestualmente effettuare la registrazione nell'anagrafe canina dei soggetti identificati. Il certificato di iscrizione in anagrafe canina deve accompagnare il cane in tutti i trasferimenti di proprietà.

 

 

5.  Il proprietario o detentore di cani già identificati ma non ancora registrati è tenuto a provvedere alla registrazione all'anagrafe canina entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente ordinanza.

 

 

6.  La disposizione di cui al comma 2 non si applica ai cani identificati, in conformità alla legge 14 agosto 1991, n. 281, mediante tatuaggio leggibile e già iscritti nell'anagrafe canina.

 

 

7.  I veterinari pubblici e privati abilitati ad accedere all'anagrafe canina, nell'espletamento della loro attività professionale, devono verificare la presenza dell'identificativo. Nel caso di mancanza o di illeggibilità dell'identificativo, il veterinario libero professionista deve informare il proprietario o il detentore degli obblighi di legge.

 

 

Art. 2.

 

1.  E' vietata la vendita di cani di età inferiore ai due mesi, nonché di cani non identificati e registrati in conformità alla presente ordinanza.

 

 

Art. 3.

 

1.  Con provvedimento da sancire in sede di Conferenza Stato-regioni, il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente ordinanza, definisce le modalità tecniche ed operative per assicurare l'interoperatività della banca dati canina nazionale con le anagrafi canine regionali. Il medesimo provvedimento individuerà un unico documento di identificazione e registrazione del cane, che dovrà essere adottato in sostituzione dell'attuale certificazione.

 

 

Art. 4.

 

1.  I comuni sono tenuti ad identificare e registrare in anagrafe canina, a cura del servizio veterinario pubblico, i cani rinvenuti o catturati sul territorio e quelli ospitati nei rifugi e nelle strutture di ricovero convenzionate; il titolare della struttura dove il cane è ricoverato è il detentore dell'animale.

 

 

2.  Il sindaco è responsabile delle procedure di cui al comma 1.

 

 

3.  I comuni dotano la propria Polizia locale di almeno un dispositivo di lettura di microchip ISO compatibile, al fine dell'effettuazione dei controlli di prevenzione del randagismo.

 

 

Art. 5.

 

1.  Il microchip di identificazione dei cani può essere prodotto e commercializzato unicamente da soggetti registrati presso il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, in conformità all'allegato 1.

 

 

2.  Coloro che già producono o commercializzano microchip devono provvedere alla registrazione di cui al comma 1, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente ordinanza.

 

 

3.  Il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali registra i produttori e i distributori di microchip ed assegna loro una serie numerica di codici identificativi elettronici.

 

 

4.  I microchip possono essere venduti solamente alle regioni e alle province autonome di Trento e Bolzano, alle aziende sanitarie locali, ai veterinari di cui all'art. 1, comma 3, lettera b) e alle facoltà di medicina veterinaria che hanno un ambulatorio aperto al pubblico.

 

 

5.  I produttori e i distributori devono garantire la rintracciabilità dei lotti dei microchip venduti.

 

 

6.  E' vietato utilizzare serie numeriche diverse da quelle assegnate dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali. Le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano e i soggetti di cui all'art. 1, comma 3 possono utilizzare microchip già in loro possesso, fino a completo smaltimento delle scorte.

 

 

7.  E' consentita la commercializzazione di microchip con serie numerica non assegnata dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, fino alla data del 31 marzo 2009.

 

 

8.  I dispositivi di lettura di microchip devono essere ISO compatibili.

 

 

Art. 6.

 

1.  Le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano assegnano ai direttori generali delle aziende sanitarie locali l'obiettivo di provvedere, nell'ambito delle rispettive competenze, alla attuazione della legge 14 agosto 1991, n. 281, dell'Accordo Stato-regioni del 6 febbraio 2003 e della presente ordinanza.

 

 

Art. 7.

 

1.  La presente ordinanza, inviata alla Corte dei conti per la registrazione, entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana ed ha efficacia di ventiquattro mesi a decorrere dalla predetta pubblicazione.

 

 

[Allegato]

 

Al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali - Dipartimento per la sanità pubblica veterinaria, la nutrizione e la sicurezza degli alimenti - Direzione generale della sanità animale e del farmaco veterinario - Ufficio VI - Via Giorgio Ribotta, 5 - 00144 Roma

 

Il sottoscritto cognome .... nome .... nato a .... il ....

 

Rappresentante legale della ditta fornitrice: .... ....

 

Sede legale: via .... comune .... prov. .... cod. fiscale/partita IVA ....

 

Chiede:

 

Che la ditta sopra indicata sia riconosciuta quale fornitrice di strumenti per l'identificazione elettronica (identificatori) degli animali della specie canina a norma dell'ordinanza n. .........

 

Il sottoscritto si impegna:

 

a comunicare se trattasi di produttore o distributore di identificatori elettronici; nel caso in cui operi come distributore è tenuto a comunicare il nominativo della ditta fornitrice degli stessi;

 

a consegnare identificatori elettronici unicamente ai medici veterinari liberi professionisti accreditati ad accedere all'anagrafe canina, nonché alle regioni, alle province autonome di Trento e Bolzano e alle aziende sanitarie locali, che provvedono direttamente all'approvvigionamento degli identificatori elettronici;

 

a indicare la tipologia e la quantità di identificatori prodotti nonché il relativo codice univoco d'identificazione, facente parte della serie numerica stabilita dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali - Direzione generale della sanità animale e del farmaco veterinario;

 

a consegnare unicamente identificatori elettronici conformi alla normativa vigente;

 

a comunicare all'Autorità giudiziaria, al Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e alla regione di competenza, l'eventuale furto o smarrimento di identificatori elettronici e/o relative cedole identificative limitatamente alle responsabilità direttamente connesse con l'attività di produttore/fornitore/distributore, ossia esclusivamente negli stadi di produzione, fornitura e distribuzione sino alla spedizione (nel caso di vendita a distanza) o consegna (nel caso di vendita diretta);

 

a non fornire identificatori elettronici con codice d'identificazione nazionale duplicato se non su esplicita autorizzazione del Servizio veterinario della A.S.L. In tal caso si impegna ad effettuare la fornitura (consegna diretta o spedizione) nel più breve tempo possibile;

 

a registrare gli estremi di ciascun lotto di identificatori prodotti e consegnati;

 

a depositare presso il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali - Direzione generale della sanità animale e del farmaco veterinario, un campione dell'identificatore elettronico che la ditta pone in commercio ed intende distribuire unitamente alla documentazione tecnica e certificazione di conformità alle norme ISO 11784 e ISO 11785 ed alla descrizione del confezionamento che sarà adottato per la distribuzione dei dispositivi;

 

a depositare presso il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali - Direzione generale della sanità animale e del farmaco veterinario, la documentazione tecnica e la certificazione di conformità relative ai lettori che intende commercializzare;

 

a non distribuire o commercializzare identificatori elettronici diversi dai campioni depositati;

 

ad indicare il «codice di prodotto» per ogni campione di identificatore elettronico depositato;

 

a depositare presso il Ministero della salute - Direzione generale della sanità animale e del farmaco veterinario, un fac-simile della cedola identificativa che intende distribuire unitamente ad eventuali etichette adesive atte a facilitare la trascrizione dei codici identificativi nell'apposita modulistica di registrazione;

 

ad allegare alla domanda di riconoscimento un copia dell'iscrizione alla camera di commercio;

 

ad allegare alla domanda di riconoscimento le attestazioni e le certificazioni relative alle prove di conformità e di funzionamento per l'omologazione degli identificatori.

 

Il sottoscritto è a conoscenza del fatto che, ad eccezione degli identificatori prodotti in sostituzione di identificatori divenuti illeggibili che dovranno riportare il medesimo codice precedentemente assegnato all'animale, la ditta che procede alla scrittura del transponder deve possedere sistemi di controllo che garantiscano l'univocità dei codici identificativi impressi sui transponders.

 

Il sottoscritto è a conoscenza che gli identificatori elettronici prodotti potranno essere sottoposti a perizia previa procedura concordata e che il costo della stessa, preventivamente concordato, sarà a proprio carico.

 

Il sottoscritto è a conoscenza che, qualora vengano meno le condizioni sopra riportate, può essere soggetto alla sospensione o al ritiro dell'autorizzazione e di conseguenza all'esclusione della propria ditta dall'elenco dei fornitori di identificatori elettronici redatto dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali.

 

Data, .............................

 

Firma ..............................


O.M. 18 dicembre 2008.
Norme sul divieto di utilizzo e di detenzione di esche o di bocconi avvelenati.

 

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 17 gennaio 2009, n. 13.

(2) Emanata dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali.

 

 

IL MINISTRO DEL LAVORO, DELLA SALUTE

 

E DELLE POLITICHE SOCIALI

 

Visto il testo unico delle leggi sanitarie approvato con regio decreto del 27 luglio 1934, n. 1265 (3), e successive modifiche;

 

Visto il Regolamento di polizia veterinaria approvato con decreto del Presidente della Repubblica 8 febbraio 1954, n. 320;

 

Vista la legge 11 febbraio 1992, n. 157, art. 21, lettera u);

 

Vista la legge 20 luglio 2004, n. 189;

 

Visti gli articoli 544-bis, 544-ter, 440, 638, 650 e 674 del codice penale;

 

Visto il decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194, e successive modifiche;

 

Visto l'art. 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833;

 

Visto l'art. 117 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112;

 

Visto il decreto del Presidente della Repubblica n. 392, del 6 ottobre 1998;

 

Visto il decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 174;

 

Visto il decreto ministeriale 23 maggio 2008 recante «Delega delle attribuzioni del Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, per taluni atti di competenza dell'Amministrazione, al Sottosegretario di Stato on. Francesca Martini», registrato alla Corte dei conti il 10 giugno 2008, registro n. 4, foglio n. 27;

 

Considerando il dilagare del fenomeno di uccisione di animali mediante l'utilizzo di esche o bocconi avvelenati sia in ambito urbano, che extraurbano nonché le sempre più frequenti morti tra la fauna selvatica per ingestione di sostanze tossiche abbandonate volontariamente nell'ambiente, con conseguenti rilevanti danni al patrimonio faunistico selvatico e in particolare alle specie in via di estinzione;

 

Tenuto conto che la presenza di veleni e sostanze tossiche sul territorio, in particolare sotto forma di esche o bocconi, rappresenta un serio rischio per la popolazione umana e per l'ambiente, sia direttamente, in particolare per i bambini, che indirettamente, attraverso la contaminazione ambientale;

 

Ordina:

 

 

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(3) NDR: In GU è riportato il seguente riferimento normativo non corretto: «regio decreto del 27 luglio 1934, n. 1256».

 

 

Art. 1. Finalità

 

1.  La presenza nell'ambiente di bocconi ed esche contenenti veleni o sostanze nocive costituisce un grave rischio per la salute dell'uomo, degli animali e per l'ambiente.

 

 

2.  Ai fini della tutela della salute pubblica, della salvaguardia e dell'incolumità delle persone, degli animali e dell'ambiente è vietato a chiunque utilizzare in modo improprio, preparare, miscelare e abbandonare esche e bocconi avvelenati o contenenti sostanze tossiche o nocive, compresi vetri, plastiche e metalli; è vietato, altresì, la detenzione, l'utilizzo e l'abbandono di qualsiasi alimento preparato in maniera tale da poter causare intossicazioni o lesioni al soggetto che lo ingerisce.

 

 

3.  Il proprietario o il responsabile dell'animale deceduto a causa di esche o bocconi avvelenati deve segnalarlo alle Autorità competenti.

 

 

4.  Le operazioni di derattizzazione e disinfestazione, eseguite da ditte specializzate, debbono essere effettuate con modalità tali da non nuocere in alcun modo le persone e le altre specie animali, e pubblicizzate dalle stesse ditte, tramite avvisi esposti nelle zone interessate con almeno cinque giorni lavorativi d'anticipo. La tabellazione dovrà contenere l'indicazione della presenza del veleno, gli elementi identificativi del responsabile del trattamento, la durata del trattamento e le sostanze utilizzate.

 

 

Art. 2. Compiti del medico veterinario

 

1.  Il medico veterinario che, sulla base di una sintomatologia conclamata, emette diagnosi di sospetto di avvelenamento di un esemplare di specie animale domestica o selvatica, deve darne immediata comunicazione al sindaco e al Servizio veterinario della Azienda sanitaria locale territorialmente competente. (4)

 

 

2.  In caso di decesso dell'animale il medico veterinario deve inviare le spoglie e ogni altro campione utile all'identificazione del veleno o della sostanza che ne ha provocato la morte all'Istituto zooprofilattico sperimentale competente per territorio, accompagnati da referto anamnestico, al fine di indirizzare la ricerca analitica. L'invio di spoglie di animali deceduti per avvelenamento e campioni da essi prelevati, avviene per il tramite delle ASL competenti per il territorio o delle ditte convenzionate con le predette ASL. A seguito di episodi ripetuti, ascrivibili alle stesse circostanze di avvelenamento confermato dall'Istituto zooprofilattico sperimentale, il medico veterinario, ove ritenga, può emettere diagnosi autonoma, senza l'ausilio di ulteriori analisi di laboratorio. (5)

 

 

 

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(4) Comma così modificato dall'art. 1, comma 1, n. 1), Ordinanza 19 marzo 2009, con la decorrenza prevista dall'art. 3, comma 1, della medesima Ordinanza.

(5) Comma così modificato dall'art. 1, comma 1, n. 2), Ordinanza 19 marzo 2009, con la decorrenza prevista dall'art. 3, comma 1, della medesima Ordinanza.

 

 

Art. 3. Istituti Zoooprofilattici Sperimentali

 

1.  Gli Istituti zooprofilattici sperimentali devono sottoporre ad autopsia l'animale ed effettuare le opportune analisi sui campioni pervenuti o prelevati in sede autoptica.

 

 

2.  L'Istituto di cui al comma 1, deve eseguire le analisi entro trenta giorni dall'arrivo del campione e comunicarne gli esiti al medico veterinario che ha inviato i campioni, al Servizio veterinario dell'Azienda sanitaria locale territorialmente competente e, qualora positivo, all'Autorità giudiziaria.

 

 

Art. 4. Compiti del sindaco

 

1.  Il sindaco, a seguito della segnalazione di cui all'art. 2, comma 1, deve dare immediate disposizioni per l'apertura di una indagine, da effettuare in collaborazione con le altre Autorità competenti.

 

 

2.  Il sindaco, qualora venga accertata la violazione dell'art. 1, provvede ad attivare tutte le iniziative necessarie alla bonifica dell'area interessata.

 

 

3.  Il sindaco, entro 48 ore dall'accertamento della violazione dell'art. 1, provvede, in particolare, ad individuare le modalità di bonifica del terreno e del luogo interessato dall'avvelenamento, prevedendone la segnalazione con apposita cartellonistica, nonché ad intensificare i controlli da parte delle Autorità preposte.

 

 

4.  Per garantire una uniforme applicazione delle attività previste dal presente articolo, è attivato, presso ciascuna Prefettura, un «Tavolo di coordinamento» per la gestione degli interventi da effettuare e per il monitoraggio del fenomeno.

 

 

5.  Il Tavolo di cui al comma 4, coordinato dal Prefetto o da un suo rappresentante, è composto da un rappresentante della provincia, dai sindaci delle aree interessate e da rappresentanti dei Servizi veterinari delle Aziende sanitarie locali, del Corpo forestale dello Stato, degli Istituti zooprofilattici sperimentali competenti per territorio, delle Guardie zoofile e delle Forze di polizia locali e un veterinario libero professionista nominato dall'Ordine dei Medici Veterinari della Provincia di appartenenza. (6)

 

 

 

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(6) Comma così modificato dall'art. 1, comma 1, n. 3), Ordinanza 19 marzo 2009, con la decorrenza prevista dall'art. 3, comma 1, della medesima Ordinanza.

 

 

Art. 5. Obblighi per i produttori

 

1.  I produttori di presidi medico-chirurgici, di prodotti fitosanitari e di sostanze pericolose appartenenti alle categorie dei rodenticidi, lumachicidi ad uso domestico, civile ed agricolo aggiungono al prodotto una sostanza amaricante che lo renda sgradevole ai bambini e agli animali non bersaglio. Nel caso di rodenticidi per uso civile deve essere previsto un contenitore, all'atto dell'utilizzo, con accesso solo all'animale bersaglio. (7)

 

 

2.  Nell'etichetta dei prodotti di cui al comma 1 devono essere indicati le modalità d'uso e di smaltimento del prodotto stesso (8).

 

 

 

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(7) Comma così modificato dall'art. 1, comma 1, nn. 4), 5) e 6), Ordinanza 19 marzo 2009, con la decorrenza prevista dall'art. 3, comma 1, della medesima Ordinanza.

(8) Vedi, anche, gli artt. 2 e 3, O.M. 19 marzo 2009.

 

 

Art. 6. Entrata in vigore

 

1.  La presente Ordinanza, inviata alla Corte dei conti per la registrazione, entra in vigore il giorno della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana ed ha efficacia di dodici mesi a decorrere dalla predetta pubblicazione.

 


O.M. 3 marzo 2009.
Ordinanza contingibile ed urgente concernente la tutela dell'incolumità pubblica dall'aggressione dei cani.

 

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 23 marzo 2009, n. 68.

(2) Emanata dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali.

 

 

IL MINISTRO DEL LAVORO, DELLA SALUTE

 

E DELLE POLITICHE SOCIALI

 

Visto il Regolamento di polizia veterinaria approvato con decreto del Presidente della Repubblica 8 febbraio 1954, n. 320;

 

Visto l'art. 32 della legge 23 dicembre 1978, n. 833;

 

Visto l'art. 117 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112;

 

Visto l'art. 10 della Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia, approvata a Strasburgo il 13 novembre 1987, firmata dall'Italia;

 

Vista la legge 14 agosto 1991, n. 281, concernente «Legge quadro in materia di animali d'affezione e prevenzione del randagismo»;

 

Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 28 febbraio 2003, concernente il «Recepimento dell'accordo tra il Ministro della salute, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano del 6 febbraio 2003, recante disposizioni in materia di benessere degli animali da compagnia e pet-therapy», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 52 del 4 marzo 2003;

 

Visti gli articoli 650 e 727 del codice penale;

 

Vista l'Ordinanza del Ministro della salute del 14 gennaio 2008, concernente «Tutela dell'incolumità pubblica dall'aggressione dei cani», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 23 del 28 gennaio 2008;

 

Ritenuto di dover adottare una nuova Ordinanza in materia, in quanto l'allegato A non solo non ha ridotto gli episodi di aggressione ma, come confermato dalla letteratura scientifica di Medicina Veterinaria, non è possibile stabilire il rischio di una maggiore aggressività di un cane sulla base dell'appartenenza ad una razza o ai suoi incroci;

 

Ritenuta la necessità e l'urgenza di mantenere, in attesa dell'emanazione di una disciplina normativa organica in materia, disposizioni cautelari a tutela dell'incolumità pubblica;

 

Vista la sentenza della III sezione penale della Corte di cassazione n. 15061 del 13 aprile 2007, con la quale la Suprema Corte ha ritenuto che l'uso del collare di tipo elettrico, quale «congegno che causa al cane una inutile e sadica sofferenza», rientra nella previsione di cui all'art. 727 ora art. 544-ter del codice penale che vieta il maltrattamento degli animali;

 

Visto il decreto ministeriale 23 maggio 2008 recante «Delega delle attribuzioni del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, per taluni atti di competenza dell'Amministrazione al Sottosegretario di Stato on.le Francesca Martini», registrato alla Corte dei conti il 10 giugno 2008, registro n. 4, foglio n. 27;

 

Ordina:

 

Art. 1.

 

1.  Il proprietario di un cane è sempre responsabile del benessere, del controllo e della conduzione dell'animale e risponde, sia civilmente che penalmente, dei danni o lesioni a persone, animali e cose provocati dall'animale stesso.

 

 

2.  Chiunque, a qualsiasi titolo, accetti di detenere un cane non di sua proprietà ne assume la responsabilità per il relativo periodo.

 

 

3.  Ai fini della prevenzione dei danni o lesioni a persone, animali o cose il proprietario e il detentore di un cane devono adottare le seguenti misure:

 

 

a)  utilizzare sempre il guinzaglio ad una misura non superiore a mt 1,50 durante la conduzione dell'animale nelle aree urbane e nei luoghi aperti al pubblico, fatte salve le aree per cani individuate dai comuni;

b)  portare con sé una museruola, rigida o morbida, da applicare al cane in caso di rischio per l'incolumità di persone o animali o su richiesta delle Autorità competenti;

c)  affidare il cane a persone in grado di gestirlo correttamente;

d)  acquisire un cane assumendo informazioni sulle sue caratteristiche fisiche ed etologiche nonché sulle norme in vigore;

e)  assicurare che il cane abbia un comportamento adeguato alle specifiche esigenze di convivenza con persone e animali rispetto al contesto in cui vive.

 

4.  Vengono istituiti percorsi formativi per i proprietari di cani con rilascio di specifica attestazione denominata patentino. Detti percorsi sono organizzati da parte dei comuni congiuntamente con le aziende sanitarie locali, in collaborazione con gli ordini professionali dei medici veterinari, le facoltà di medicina veterinaria, le associazioni veterinarie e le associazioni di protezione degli animali.

 

 

5.  Il medico veterinario libero professionista informa i proprietari di cani in merito alla disponibilità di percorsi formativi e, nell'interesse della salute pubblica, segnala ai servizi veterinari della ASL la presenza, tra i suoi assistiti, di cani che richiedono una valutazione comportamentale, in quanto impegnativi per la corretta gestione ai fini della tutela dell'incolumità pubblica.

 

 

6.  I comuni in collaborazione con i servizi veterinari, sulla base dell'anagrafe canina regionale decidono, nell'ambito del loro compito di tutela dell'incolumità pubblica, quali proprietari di cani hanno l'obbligo di svolgere i percorsi formativi. Le spese riguardanti i percorsi formativi sono a carico del proprietario del cane.

 

 

7.  Il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali con proprio decreto, emanato entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente ordinanza, stabilisce i criteri e le linee guida per la programmazione dei corsi di cui al comma 4.

 

 

Art. 2.

 

1.  Sono vietati:

 

 

a)  l'addestramento di cani che ne esalti l'aggressività;

b)  qualsiasi operazione di selezione o di incrocio di cani con lo scopo di svilupparne l'aggressività;

c)  la sottoposizione di cani a doping, così come definito all'art. 1, commi 2 e 3, della legge 14 dicembre 2000, n. 376;

d)  gli interventi chirurgici destinati a modificare la morfologia di un cane o non finalizzati a scopi curativi, con particolare riferimento a:

1)  recisione delle corde vocali;

2)  taglio delle orecchie;

3)  taglio della coda, fatta eccezione per i cani appartenenti alle razze canine riconosciute alla F.C.I. con caudotomia prevista dallo standard, sino all'emanazione di una legge di divieto generale specifica in materia. Il taglio della coda, ove consentito, deve essere eseguito e certificato da un medico veterinario, entro la prima settimana di vita dell'animale;

e)  la vendita e la commercializzazione di cani sottoposti agli interventi chirurgici di cui alla lettera d).

 

2.  Gli interventi chirurgici su corde vocali, orecchie e coda sono consentiti esclusivamente con finalità curative e con modalità conservative certificate da un medico veterinario. Il certificato veterinario segue l'animale e deve essere presentato ogniqualvolta richiesto dalle autorità competenti.

 

 

3.  Gli interventi chirurgici effettuati in violazione al presente articolo sono da considerarsi maltrattamento animale ai sensi dell'articolo 544-ter del codice penale.

 

 

4.  E' fatto obbligo a chiunque conduca il cane in ambito urbano raccoglierne le feci e avere con sé strumenti idonei alla raccolta delle stesse.

 

 

Art. 3.

 

1.  Fatto salvo quanto stabilito dagli articoli 86 e 87 del decreto del Presidente della Repubblica 8 febbraio 1954, n. 320«Regolamento di Polizia veterinaria», a seguito di morsicatura od aggressione i Servizi veterinari sono tenuti ad attivare un percorso mirato all'accertamento delle condizioni psicofisiche dell'animale e della corretta gestione da parte del proprietario.

 

 

2.  I Servizi veterinari, nel caso di rilevazione di rischio potenziale elevato, in base alla gravità delle eventuali lesioni provocate a persone, animali o cose, stabiliscono le misure di prevenzione e la necessità di un intervento terapeutico comportamentale da parte di medici veterinari esperti in comportamento animale.

 

 

3.  I Servizi veterinari devono tenere un registro aggiornato dei cani identificati ai sensi del comma 2.

 

 

4.  I proprietari dei cani inseriti nel registro di cui al comma 3 provvedono a stipulare una polizza di assicurazione di responsabilità civile per danni contro terzi causati dal proprio cane e devono applicare sempre sia il guinzaglio che la museruola al cane quando si trova in aree urbane e nei luoghi aperti al pubblico.

 

 

Art. 4.

 

1.  E' vietato possedere o detenere cani registrati ai sensi dell'art. 3, comma 3:

 

 

a)  ai delinquenti abituali o per tendenza;

b)  a chi è sottoposto a misure di prevenzione personale o a misura di sicurezza personale;

c)  a chiunque abbia riportato condanna, anche non definitiva, per delitto non colposo contro la persona o contro il patrimonio, punibile con la reclusione superiore a due anni;

d)  a chiunque abbia riportato condanna, anche non definitiva o decreto penale di condanna, per i reati di cui agli articoli 727, 544-ter, 544-quater, 544-quinquies del codice penale e per quelli previsti dall'art. 2 della legge 20 luglio 2004, n. 189;

e)  ai minori di 18 anni, agli interdetti ed agli inabili per infermità di mente.

 

 

Art. 5.

 

1.  La presente ordinanza non si applica ai cani in dotazione alle Forze armate, di Polizia, di Protezione civile e dei Vigili del fuoco.

 

 

2.  Le disposizioni di cui all'art. 1, comma 3, lettere a) e b) e all'art. 2, comma 4 non si applicano ai cani addestrati a sostegno delle persone diversamente abili.

 

 

3.  Le disposizioni di cui all'art. 1, comma 3, lettere a) e b) non si applicano ai cani a guardia e a conduzione delle greggi e ad altre tipologie di cani comunque individuate con proprio atto dalle regioni o dai comuni.

 

 

Art. 6.

 

1.  Le violazioni delle disposizioni della presente ordinanza sono sanzionate dalle competenti Autorità secondo le disposizioni in vigore.

 

 

Art. 7.

 

1.  La presente ordinanza ha efficacia per 24 mesi a decorrere dal giorno della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.

 

 

La presente ordinanza è trasmessa alla Corte dei conti per la registrazione.

 


Normativa Comunitaria

 


Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia
Conclusa a Strasburgo il 13 novembre 1987
(Art. 12)

(omissis)

Capitolo III

Misure complementari per gli animali randagi

 

Art. 12

Riduzione del numero di animali randagi

Quando una Parte ritiene che il numero di animali randagi rappresenta un problema per detta Parte, essa deve adottare le misure legislative e/o amministrative necessarie a ridurre tale numero con metodi che non causino dolori, sofferenze o angosce che potrebbero essere evitate.

a) Tali misure debbono comportare che:

i) se questi animali debbono essere catturati, ciò sia fatto con il minimo di sofferenze fisiche e morali tenendo conto della natura dell’animale;

ii) nel caso che gli animali catturati siano tenuti o uccisi, ciò sia fatto in conformità con i principi stabiliti dalla presente Convenzione.

b) Le Parti si impegnano a prendere in considerazione:

1) l’identificazione permanente di cani e gatti con mezzi adeguati che causino solo dolori, sofferenze o angosce di poco conto o passeggere, come il tatuaggio abbinato alla registrazione del numero e dei nominativi ed indirizzi dei proprietari;

2) di ridurre la riproduzione non pianificata dei cani e dei gatti col promuovere la loro

sterilizzazione;

3) di incoraggiare le persone che rinvengono un cane o un gatto randagio, a segnalarlo all’Autorità competente.

(omissis)

 


Reg. (CE) 26 maggio 2003 n. 998/2003.
Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle condizioni di polizia sanitaria applicabili ai movimenti a carattere non commerciale di animali da compagnia e che modifica la direttiva 92/65/CEE del Consiglio.
(Art. 4)

 

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(1) Pubblicato nella G.U.U.E. 13 giugno 2003, n. L 146.

Entrata in vigore: 3 luglio 2003.

(omissis)

Art. 4

1. Durante un periodo transitorio di otto anni a decorrere dall'entrata in vigore del presente regolamento gli animali delle specie di cui all'allegato I, parti A e B, si considerano identificati se dotati:

a) di un tatuaggio chiaramente leggibile, oppure

b) di un sistema elettronico di identificazione (trasponditore).

Nel caso di cui al primo comma, lettera b), se il trasponditore non è conforme alla norma ISO 11784 o all'allegato A della norma ISO 11785, il proprietario o la persona fisica che assume la responsabilità degli animali da compagnia per conto del proprietario deve, in occasione di qualsiasi controllo, fornire i mezzi necessari per la lettura del trasponditore.

2. Qualsiasi sistema di identificazione dell'animale deve essere accompagnato dall'indicazione dei dati che consentono di risalire al nome e all'indirizzo del proprietario dell'animale.

3. Gli Stati membri i quali richiedono che gli animali introdotti nel loro territorio senza essere sottoposti a quarantena siano identificati a norma del paragrafo 1, primo comma, lettera b), possono continuare a farlo durante il periodo transitorio.

4. Dopo il periodo transitorio, solo il metodo di cui al paragrafo 1, primo comma, lettera b), è accettato quale mezzo di identificazione di un animale.

(omissis)

 



[1]    Decisione che stabilisce un modello di passaporto per i movimenti intracomunitari di cani, gatti e furetti.

[2]    Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio su un programma d’azione comunitario per la protezione ed il benessere degli animali 2006-2010.

[3]    Comma così sostituito dall’articolo 1, comma 829, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria per il 2007).

[4]    La Corte costituzionale, con sentenza 16-25 marzo 1992, n. 123 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 5, sesto comma, nella parte in cui prevede che le entrate derivanti dalle sanzioni amministrative di cui ai commi 1, 2 e 3 del medesimo articolo confluiscono nel fondo per l'attuazione della legge previsto dall'articolo 8, anziché nei bilanci delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano.

[5]    Riguardano le disposizioni previste agli articoli 130, 131, 132, 133, 134 e 135 del Regio decreto 14 settembre 1931, n. 1175.

[6]    Legge 22 dicembre 2008, 203.

[7]    3.3.2 – Interventi – cap. 5340.

[8]     Benché in alcune leggi regionali sia ancora indicato il tatuaggio come metodo di identificazione dei cani, nella pratica il sistema elettronico è ormai generalizzato.

[9]    Aggiunge il comma 1-bis all’articolo 1.

[10]   Ai sensi del comma 1 della legge n. 281 del 1991.

[11]   Modifica l’articolo 2.

[12]   Aggiunge il comma 1-bis.

[13]   Sostituisce l’articolo 15, comma 1, lettera c-bis) del D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917 (testo unico delle imposte sui redditi) che prevede una detrazione d’imposta del 19 per cento per le sole spese veterinarie, fino all'importo di lire 750.000, limitatamente alla parte che eccede lire 250.000. Ai sensi del D.M. 6 giugno 2001, n. 289 tale detraibilità spetta agli animali legalmente detenuti a scopo di compagnia o per la pratica sportiva e non compete per  animali destinati all'allevamento, alla riproduzione o al consumo alimentare e animali di qualunque specie allevati o detenuti nell'esercizio di attività commerciali o agricole né in relazione ad animali utilizzati per attività illecite.

[14]   Sostituisce il comma 4. La norma vigente non prevede oneri a carico del proprietario in tali casi.

[15]   Il vigente comma 5 indica il solo tatuaggio quale mezzo identificativo dell’animale, prevede che il termine per il reclamo dell’animale sia di sessanta giorni, non prevede la sterilizzazione tra i trattamenti da effettuare sull’animale prima della sua cessione a privati. 

[16]   Oltre ad essere regolarmente iscritti ai relativi albi regionali o essere riconosciuti come enti morali, ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 11 agosto 1991, n. 266 (Legge quadro sul volontariato), tali associazioni devono ottemperare ad una serie di obblighi, come l'assenza di fini di lucro, la gratuità delle prestazioni fornite dagli aderenti e la formazione del bilancio.

[17]   Modifica il comma 10, che attualmente stabilisce che gli enti e le associazioni protezioniste possono avere in gestione, d'intesa con le ASL, le colonie di gatti che vivono in libertà, assicurandone la cura della salute e le condizioni di sopravvivenza.

[18]   Inserisce l’articolo 2-bis.

[19]   Cfr. l'articolo 3, comma 1 della legge n. 281 del 1991.

[20]   Inserisce l’articolo 2-ter.

[21]   Ai sensi dell’articolo 2, comma 5, della legge n. 281 del 1991, come riformulato dal provvedimento in esame, i cani vaganti non identificati, una volta catturati, nonché i cani ospitati presso le strutture di ricovero per cani,  non reclamati entro un certo termine, possono essere ceduti anche a privati che diano garanzie di buon trattamento.

[22]   Aggiunge l’articolo 2-quater e in particolare al comma 2 inserisce l'allegato 1 alla legge n. 281 del 1991, (vedi l’allegato A annesso alla proposta di legge), che contiene il modulo di acquisto e/o adozione del cane.

[23]   Introduce l’articolo 2-quinquies.

[24]   L’articolo 83, lettera d), del D.P.R. 8 febbraio 1954, n. 320 (Regolamento di polizia veterinaria) prevede l'obbligo della museruola e del guinzaglio per i cani condotti nei locali pubblici e nei pubblici mezzi di trasporto.

[25]   La legge 14 febbraio 1974, n. 37, (accesso dei cani guida dei ciechi sui mezzi di trasporto pubblico e negli esercizi aperti al pubblico), modificata da ultimo dalla legge 8 febbraio 2006, n. 60, prevede in particolare il libero accesso agli esercizi aperti al pubblico e la gratuità del servizio di trasporto pubblico per i cani guida, anche non muniti di museruola, salvo quando richiesto esplicitamente dal conducente o dai passeggeri.

[26]   Sostituisce l’articolo 3.

[27]   Attualmente, per la realizzazione degli interventi di loro competenza le regioni si possono avvalere di una somma non superiore al 25 per cento delle risorse assegnate con il decreto ministeriale di riparto dello specifico Fondo finalizzato all’attuazione della legge n. 281 del 1991. La restante somma deve essere assegnata dalla regione agli enti locali a titolo di contributo per la realizzazione degli interventi di loro competenza (articolo 3, comma 6).

[28]   Sostituisce l’articolo 4.

[29]   Il testo vigente consente in particolare ai comuni di provvedere prioritariamente ad attuare piani di controllo delle nascite incruenti attraverso la sterilizzazione.

[30]   Introduce l’articolo 4-bis.

[31]   Sostituisce l’articolo 5.

[32]   Si ricorda che la legge 20 luglio 2004 n. 189 (Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali, nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate) disciplina diverse fattispecie di reato riguardanti gli animali che comportano sanzioni di tipo penale, tra le quali figura l’abbandono.

[33]   Inserisce l’articolo 5-bis.

[34]   Regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265.

[35]   D.P.R. 10 settembre 1990, n. 285.

[36]   Inserisce l’articolo 5-ter.

[37]   Sostituisce l’articolo 9.

[38]   Finanziamento degli interventi in materia di animali di affezione e per la prevenzione del randagismo.

[39]   Sostituisce l'articolo 2. Vedi anche l’articolo 1, comma 2 dell’A.C. 1172.

[40]   Il vigente comma 1 fa riferimento alla limitazione delle nascite per il controllo della popolazione canina e felina senza indicarne il modo.

[41]   Si ricorda che l’articolo 15, comma 1, lettera c-bis) del D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917 (testo unico delle imposte sui redditi) prevede una detrazione d’imposta del 19 per cento per le sole spese veterinarie, fino all'importo di lire 750.000, limitatamente alla parte che eccede lire 250.000. Ai sensi del D.M. 6 giugno 2001, n. 289 tale detraibilità spetta agli animali legalmente detenuti a scopo di compagnia o per la pratica sportiva e non compete per animali destinati all'allevamento, alla riproduzione o al consumo alimentare e animali di qualunque specie allevati o detenuti nell'esercizio di attività commerciali o agricole né in relazione ad animali utilizzati per attività illecite

[42]   Il vigente comma 4 non prevede oneri per il proprietario o per il detentore.

[43]   Il vigente comma 5 indica il solo tatuaggio quale mezzo identificativo dell’animale, prevede che il termine per il reclamo dell’animale sia di sessanta giorni, non prevede la sterilizzazione tra i trattamenti da effettuare sull’animale prima della sua cessione a privati. 

[44]   La norma vigente al comma 9 non stabilisce il metodo.

[45]   Oltre ad essere regolarmente iscritti ai relativi albi regionali o essere riconosciuti come enti morali, ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 11 agosto 1991, n. 266 (Legge quadro sul volontariato), tali associazioni devono ottemperare ad una serie di obblighi, come l'assenza di fini di lucro, la gratuità delle prestazioni fornite dagli aderenti e la formazione del bilancio.

[46]   Il vigente comma 10 stabilisce che gli enti e le associazioni protezioniste possono avere in gestione, d'intesa con le ASL, le colonie di gatti che vivono in libertà, assicurandone la cura della salute e le condizioni di sopravvivenza.

[47]   Inserisce l’articolo 2-bis. vedi anche l’articolo 2 dell’A.C. 1172.

[48]   Cfr. l'articolo 3, comma 1 della legge n. 281 del 1991.

[49]   Inserisce il comma 1-bis dopo il comma 1 dell'articolo 3.

[50]   Inserisce l’articolo 1-bis.

[51]   Oltre ad essere regolarmente iscritti ai relativi albi regionali o essere riconosciuti come enti morali, ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 11 agosto 1991, n. 266 (Legge quadro sul volontariato), tali associazioni devono ottemperare ad una serie di obblighi, come l'assenza di fini di lucro, la gratuità delle prestazioni fornite dagli aderenti e la formazione del bilancio.

[52]   Ai sensi dell'articolo 4 del regolamento (CE) n. 998/2003 (Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio relativo alle condizioni di polizia sanitaria applicabili ai movimenti a carattere non commerciale di animali da compagnia e che modifica la direttiva 92/65/CEE del Consiglio), conforme alla norma ISO 11784 o all'allegato A della norma ISO 11785.

[53]   Sostituisce l'articolo 2. Cfr. anche l’articolo 2 della A.C. 1236 e l’articolo 1, comma 2 dell’A.C. 1172.

[54]   Il vigente articolo 2, comma 5 prevede un termine di sessanta giorni.

[55]   Al comma 7 del vigente articolo 2 è specificato il divieto di maltrattare i gatti in libertà.

[56]   Il comma 10 dell’articolo 2 vigente prevede tale affidamento solo per le colonie di gatti randagi.

[57] Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali, nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate.

[58]   Introduce gli articoli 2-bis, ter, quater, quinquies e sexies.

[59]   Ai sensi dell'articolo 76 (Condizioni per l'ammissione al patrocinio gratuito) del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia).

[60]   Sostituisce l'articolo 3. Cfr. anche l’articolo 6 dell’A.C. 1172.

[61]   Il vigente comma 3 dell’articolo 3 prevede solo l’attuazione del programma di prevenzione del randagismo.

[62]   Sostituisce l'articolo 5. Cfr. l’articolo 9 dell’A.C. 1172.

[63]   Sostituisce l'articolo 15, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modificazioni, in materia di detrazioni per oneri, la lettera c-bis). Cfr. l’articolo 1, comma 3 dell’A.C. 1172 e la nota relativa

[64]   In conformità ai principi stabiliti dalla legge 14 agosto 1991, n. 281, e successive modificazioni (legge in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo).

[65]   Cfr. l’articolo 8 della legge n. 281 del 1991.