Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento attività produttive
Titolo: Professioni non regolamentate - A.C. 1934 e abb. - Schede di lettura
Riferimenti:
AC N. 1934/XVI   AC N. 2077/XVI
AC N. 3131/XVI   AC N. 3488/XVI
Serie: Progetti di legge    Numero: 388
Data: 20/09/2010
Descrittori:
LIBERI PROFESSIONISTI     
Organi della Camera: X-Attività produttive, commercio e turismo

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Professioni non regolamentate

A.C. 1934 e abb.

 

 

 

 

 

 

 

n. 388

 

 

 

20 settembre 2010

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Attività produttive

( 066760-9574 – * st_attprod@camera.it

 

 

 

 

 

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File: AP0152.doc


INDICE

Schede di lettura

Le professioni non regolamentate. 3

Il contenuto delle proposte di legge. 5

 

 


Schede di lettura


Le professioni non regolamentate

Accanto alle professioni “protette” si sono sviluppate, anche nel nostro Paese e con intensità crescente nel corso degli ultimi anni, numerose professioni che non hanno ottenuto il riconoscimento legislativo e che nella quasi totalità dei casi hanno dato vita ad autonome associazioni professionali rappresentative di tipo privatistico. Si tratta delle cosiddette professioni non regolamentate o “non protette”, diffuse in particolare nel settore dei servizi, che non necessitano di alcuna iscrizione ad un ordine o a collegio professionale per poter essere esercitate.

Sulla consistenza delle professioni non regolamentate nel nostro Paese la relazione che accompagna le proposte di legge in esame, citando l’ultimo rapporto del Censis, parla di 3,5 milioni di lavoratori - autonomi e dipendenti – che attualmente esercitano attività professionali senza essere iscritti in ordini o albi professionali.

Al mondo delle professioni non regolamentate[1], si è interessato fin dal 1992 anche il CNEL che, al fine di approfondire la tematica delle professioni tradizionali ed emergenti, ha avviato un filone di attività relativo alle suddette professioni, istituendo dapprima la Commissione per le nuove rappresentanze, e successivamente la Consulta e l’Osservatorio sulle nuove professioni.

I risultati dell’attività svolta dal CNEL si sono tradotti nella predisposizione di Rapporti di monitoraggio che hanno evidenziato l’evoluzione economica e sociale dei professionisti, suggerendo anche l’opportunità di giungere ad una regolamentazione strutturata sul sistema di Ordini e Associazioni; inoltre è stata costituita ed aggiornata la Banca dati sulle associazioni professionali. Si tratta di una lista delle associazioni nella quale sono iscritte quelle che presentano presso il CNEL la documentazione minima richiesta (questionario elaborato dal CNEL, atto costitutivo e statuto). Le associazioni che posseggono requisiti ulteriori previsti da un regolamento approvato dal CNEL il 17 luglio 2003 sono iscritte nell’Elenco delle associazioni delle professioni non regolamentate. Mentre la banca dati consente di descrivere il fenomeno, con l’elenco il CNEL mira all’individuazione di buone pratiche che le associazioni dovrebbero perseguire (democraticità interna dell’associazione, approvazione di un codice deontologico, previsione di forme di assicurazione per gli iscritti e di un aggiornamento professionale periodico).

Dal V Rapporto di monitoraggio predisposto dal CNEL nell’aprile del 2005 (l’ultimo in materia), risulta che nella banca dati citata sono censite 196 associazioni delle professioni non regolamentate: 25 nel campo delle arti, scienze e tecniche, 18 nella comunicazione d’impresa, 52 nei servizi all’impresa, 42 nella medicina non convenzionale, 19 nel settore sanitario, 16 nel campo della cura psichica e 24 nei rimanenti settori (dati al 31 dicembre 2004).

Nell’elenco le associazioni censite risultano, invece, 155: 20 nel campo delle arti, scienze e tecniche, 10 nella comunicazione d’impresa, 51 nei servizi all’impresa, 35 nella medicina non convenzionale 16 nel settore sanitario, 11 nel campo della cura psichica e 12 negli altri settori.


Il contenuto delle proposte di legge

Le disposizioni all’esame in materia di professioni non regolamentate, di seguito illustrate, sono contenute nelle proposte di legge abbinate AC 1934 (Froner e altri), AC 2077 (A.T. Formisano), AC 3131 (Buttiglione, Compagnon) e 3488 (Della Vedova, Cazzola).

Le prime tre proposte – come si legge nelle rispettive relazioni illustrative - sono volte all’istituzione di un sistema di regole in materia in grado di garantire un doppio livello di tutela a vantaggio sia delle professioni, che attraverso il riconoscimento statale potranno operare come soggetti giuridici e garantire standard qualitativi migliori, che dei consumatori, destinatari di prestazioni fornite dai “nuovi” professionisti sulla base di una formazione certificata[2]. La pdl 3488 (Della Vedova, Cazzola) pone, invece l’accento sulla necessità di un riconoscimento normativo che consenta alle nuove professioni di competere nel contesto comunitario.

Il titolo della proposta di legge 3131, “Disposizioni in materia di professioni non regolamentate”, non appare pienamente coerente con il suo contenuto, in quanto essa non limita il suo campo di applicazione alle sole professioni che non hanno ottenuto il riconoscimento legislativo, pur contenendo norme che vanno probabilmente a principale beneficio delle stesse. La proposta in esame, infatti, prevede espressamente disposizioni applicabili qualora le associazioni siano costituite da professionisti iscritti agli albi tenuti da ordini o collegi professionali[3].

Oggetto delle proposte

L’articolo 1 delle proposte di legge 1934, 2077 e 3488 definisce l’ambito di applicazione del provvedimento attraverso un criterio “residuale”,in virtù del quale l’oggetto delle pdl è costituito da tutte le professioni, sia intellettuali che non, per le quali non sia stata prevista espressamente la riserva di legge a favore delle professioni intellettuali ai sensi dell’art. 2229 c.c., con esclusione delle attività e dei mestieri artigianali, commerciali e di pubblico esercizio disciplinati da leggi in vigore

La disciplina introdotta dai provvedimenti in esame si applica, pertanto, alle cosiddette attività professionali non regolamentate.

 

Inoltre viene precisato che, ai fini delle pdl in esame, per professione (la pdl 3488 fa più specificamente riferimento a “professioni non regolamentate”) si intende l’attività economica, anche organizzata, volta alla prestazione di servizi o di opere in favore di terzi, esercitata abitualmente e prevalentemente mediante lavoro intellettuale o comunque con il suo concorso, sulla base dei principi deontologici e delle tecniche proprie della medesima attività professionale.

L’oggetto delle pdl 1934 e 2077 viene definito in attuazione dell’art. 17, terzo comma[4], della Costituzione, salvaguardando in tal modo la potestà legislativa ivi riconosciuta alle Regioni e nel rispetto dei principi di concorrenza e di libertà di circolazione.

A tale proposito si ricorda che l'articolo 117, terzo comma, della Costituzione, riserva alla potestà legislativa concorrente la materia delle "professioni”, intesa in senso ampio, ovvero comprensiva delle attività professionali.

Con riferimento all’articolo 2229 c.c. si ricorda che si limita a prescrivere che la legge determina le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi, attribuendo alle associazioni professionali taluni poteri in merito. Infatti il comma 2 del medesimo articolo demanda alle associazioni professionali, sotto la vigilanza dello Stato, l’accertamento dei requisiti per l’iscrizione negli albi o negli elenchi, la loro tenuta e il potere disciplinare sugli iscritti.

La disciplina di alcune attività professionali (c.d. professioni regolamentate o “protette”) è pertanto fondata su una particolare organizzazione dei rispettivi professionisti, che, sul piano ordinamentale, si risolve nella istituzione di figure organizzatorie dei relativi gruppi, ossia degli Ordini e dei Collegi professionali.

Caratteristica comune delle c.d. professioni “protette” è sia la particolare formazione culturale, scientifica o tecnica richiesta, sia la prevista necessaria autonomia decisionale del professionista circa la scelta degli strumenti e delle modalità di perseguimento dei risultati.

Quanto, invece, alle attività artigianali, commerciali e dei pubblici esercizi si ricorda che a livello nazionale sono disciplinate, rispettivamente, dalla legge n. 443/1985, dal D.Lgs. 114/1998 e dalla legge n. 287/1991. Sulla disciplina relativa alle attività commerciali e ai pubblici esercizi è intervenuto il D.Lgs. 59/2010, di attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno.

Esercizio della professione

L’articolo 2 delle pdl 1934 e 2077 introduce il principio del libero esercizio della professione fondato sull’autonomia, sulle competenze e sull’indipendenza di giudizio intellettuale e tecnica del professionista (comma 1).

Il comma 2 consente al professionista di scegliere la forma in cui esercitare la propria professione, riconoscendo l’esercizio di questa sia in forma individuale sia in forma associata o societaria.

L’esercizio della professione può altresì prefigurarsi come lavoro dipendente. In questo caso la legge predispone apposite garanzie volte ad assicurare l’autonomia e l’indipendenza di giudizio nonché l’assenza di conflitto di interessi anche in caso di lavoro a tempo parziale.

La diversificazione delle forme di esercizio della professione è previsto anche dalla pdl 3131 (art. 1, comma 5).

Riconoscimento delle professioni non regolamentate

L’articolo 3 delle pdl 1934 e 2077 e l’articolo 2 della pdl 3488disciplinano la procedura di riconoscimento delle professioni non regolamentate che viene attribuita al Ministro della giustizia.

Il Ministro vi provvede con uno o più decreti, su proposta del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL), previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e di concerto con i Ministri competenti per materia (la pdl 3488 prevede anche espressamente il concerto con il Ministro dello sviluppo economico).

Il riconoscimento riguarda le professioni aventi connotazione tipica di interesse diffuso, che dovrà risultare da uno specifico fondamento teorico-pratico, dalla diffusione nell’ambito del mercato nazionale e dalla rilevanza di carattere economica e sociale.

 

Nella relazione illustrativa delle pdl 1934 e 2007 si sottolinea come la disciplina delle professioni introdotta dalle proposte tenga conto della ripartizione di competenze tra Stato e regioni in materia di professioni (competenza concorrente). La competenza statale nel riconoscimento e nell’individuazione delle professioni non regolamentate e il rinvio alle regioni per l’emanazione di norme di dettaglio (cfr. infra) si pone in linea con il riparto di competenze previsto dalla Costituzione.

Nella relazione si ricorda inoltre che i principi fondamentali in materia di professione sono stati dettati con il D.Lgs. 2 febbraio 2006 n. 30 recante “Ricognizione dei principi fondamentali materia di professioni, ai sensi dell’articolo 1 della legge 5 giugno 2003, n. 131”.

 

L’atto di riconoscimento delle professioni non regolamentate deve essere sempre motivato in maniera analitica e deve indicare espressamente le ragioni e gli interessi la cui valutazione sta alla base della decisione.

Le pdl 1934 e 2077 precisano che l’atto di riconoscimento deve, altresì, stabilire i requisiti necessari per l'esercizio della professione dopo avere sentito le forme aggregative delle associazioni, la cui disciplina è contenuta nell’articolo 7 delle due proposte.

Le stesse proposte chiariscono che il suddetto riconoscimento non costituisce motivo di riserva della professione.

La pdl 3488 dispone che con cadenza biennale il Ministro della giustizia con apposito decreto procede alla ricognizione delle professioni non regolamentate ai fini dell’aggiornamento di quelle esistenti, il riconoscimento di nuove o eventuali accorpamenti (norma analoga è recata dalle pdl 1934 e 2077 all’articolo 5).

Le pdl 1934 e 2077, da ultimo, ai fini del riconoscimento delle professioni rinviano anche alle modalità individuate dai commi 3, 4 e 5 dell'articolo 5 (cfr. infra), mentre la pdl 3488 precisa che il riconoscimento delle professioni non regolamentate avviene anche in conseguenza delle procedure di riconoscimento delle associazioni professionali di cui all’articolo 3 (cfr. infra).

Associazioni professionali

L’articolo 4 delle pdl 1934 e 2077, l’articolo 3, commi 1 e 2 della pdl 3488 e l’articolo 1 della pdl 3131 dettano i principi generali concernenti le associazioni professionali.

In particolare le pdl 1934 e 2077 ne garantiscono la libertà di costituzione e le individuano quali soggetti giuridici di diritto privato, fondati su base volontaria, senza vincolo di esclusiva e nel rispetto della libera concorrenza, mentre la pdl 3131 riconosce la libertà di costituzione delle associazioni di natura privatistica fondate su base volontaria e costituite esclusivamente da professionisti per l’esercizio di attività professionali e la valorizzazione delle competenze acquisite da ciascuno di essi.

Ai sensi delle pdl 1934, 2077 e 3131 gli statuti e le clausole associative delle associazioni sono tenuti a garantire la trasparenza delle attività e degli assetti associativi, la dialettica democratica tra gli associati e l'osservanza dei principi deontologici, nonché (ai sensi della sola pdl 3131) una struttura organizzativa adeguata all’effettivo raggiungimento delle finalità dell’associazione.

Tutte le pdl prevedono che le associazioni sono tenute a garantire la formazione permanente, l’adozione di un codice deontologico, la vigilanza sul comportamento degli associati e la definizione di sanzioni disciplinari nei confronti degli associati per le violazioni del codice deontologico. Inoltre le pdl 1934, 2077 e 3488 impongono a ciascuna associazione l’attivazione di uno sportello di riferimento per i consumatori, che vi possono ricorrere in caso di contenzioso con i professionisti.

Riconoscimento delle associazioni

L’articolo 5 delle pdl 1934 e 2077 e l’articolo 3, commi 3-6 della pdl 3488dettano disposizioni in materia di riconoscimento delle associazioni professionali, mentre la pdl 3131 non prevede espressamente il riconoscimento delle associazioni ma reca sostanzialmente norme analoghe subordinando l’iscrizione nell’apposito Registro al possesso di determinati requisiti (cfr. infra).

In primo luogo le pdl 1934, 2077 e 3488 definiscono i requisiti necessari per il riconoscimento delle associazioni, di seguito elencati:

a)      costituzione da almeno quattro anni (due secondo la pdl 3488) per atto pubblico o per scrittura privata autenticata o per scrittura privata registrata presso l'ufficio del registro, ovvero per altra idonea documentazione ufficiale;

b)      adozione di uno statuto che sancisca un ordinamento democratico, l’assenza dello scopo di lucro, la rappresentatività elettiva delle cariche interne e l’assenza di situazioni di conflitto di interessi o di incompatibilità, la trasparenza degli assetti organizzativi e dell'attività dei relativi organi, nonché l’esistenza di una struttura organizzativa e tecnico-scientifica che consenta l'effettivo raggiungimento delle finalità dell'associazione;

c)      tenuta di un elenco degli iscritti, da aggiornarsi con cadenza annuale e contenente l'indicazione delle quote versate direttamente all'associazione per gli scopi statutari;

d)      chiara individuazione di elementi di deontologia;

e)      precisa identificazione delle attività professionali caratterizzanti la professione di riferimento dell'associazione, nonché dei titoli di studio e delle esperienze formative necessari al relativo esercizio;

f)        previsione dell'obbligo della formazione permanente;

g)      ampia diffusione sul territorio nazionale, con sedi in almeno dieci regioni. Per la pdl 3488 il numero delle regioni può essere anche inferiore, purché la relativa popolazione complessiva risulti pari al 50% dei residenti nel nostro Paese;

h)      mancata pronuncia di condanna, passata in giudicato, nei confronti dei suoi legali rappresentanti, in relazione ad attività professionali o riferibili all'associazione medesima.

 

Requisiti pressoché analoghi sono stabiliti dall’articolo 3 della pdl 3131 ai fini dell’iscrizione al Registro delle associazioni professionali (cfr. infra). La proposta, come detto, non reca disposizioni che fanno espressamente riferimento ad una procedura per il riconoscimento delle associazioni, anche se comunque è previsto un vaglio dei requisiti a cui segue l’iscrizione nel Registro (le due norme sono quindi sostanzialmente assimilabili).

Tornando alle pdl 1934, 2077 e 3488, il riconoscimento delle associazioni in possesso dei requisiti suindicati spetta al Ministro della giustizia che vi provvede con proprio decreto, sentito il CNEL e previo parere della Conferenza Stato-regioni. E’ richiesto inoltre il concerto con il Ministro per le politiche europee e con il Ministro competente per materia o settore prevalente di attività; la pdl 3488 richiede il concerto anche con il Ministro dello sviluppo economico.

Le pdl 1934, 2077 e 3488 disciplinano inoltre il caso della richiesta di riconoscimento di un'associazione cui non corrisponde alcuna professione già riconosciuta.

Si osserva che nella pdl 3488 (art. 2, co. 4) per un refuso è indicato “trasferimento” anziché “riconoscimento”.

Le menzionate pdl stabiliscono che in tal caso la richiesta di riconoscimento dell'associazione costituisce anche richiesta di riconoscimento della professione di riferimento, e rinviano al decreto di riconoscimento delle associazioni per l’indicazione delle connotazioni tipiche che costituiscono l'ambito professionale oggetto della rappresentanza da parte delle associazioni, nonché per l’effettuazione del riconoscimento della professione stessa: lo scopo è quello di evitare la parziale sovrapposizione tra le attività rappresentate dalle associazioni richiedenti e l'eccessiva frammentazione delle professioni

A completamento della procedura di riconoscimento delle associazioni richiedenti, si impone alle medesime l’adeguamento dei relativi statuti alle disposizioni del suindicato decreto (relative alle connotazioni tipiche della professione riconosciuta) entro sei mesi dalla data di emanazione del decreto stesso. A tale proposito si segnala che le pdl 1934 e 3488 prevedono l’inefficacia del riconoscimento in caso di mancato adeguamento.

Le pdl 1934 e 2077 dispongono quindi che spetta al Ministro della giustizia procedere con proprio decreto (adottato con le stesse modalità del decreto di riconoscimento delle professioni non regolamentate), ogni due anni, alla ricognizione delle professioni allo scopo di favorire l'aggiornamento di quelle esistenti, promuovere il riconoscimento di nuove professioni e procedere a eventuali accorpamenti. Norma analoga è recata dalla pdl 3488 (art. 2, co. 3).

Le pdl 1934 e 2077 infine fanno divieto alle associazioni di adottare e usare denominazioni professionali relative a professioni organizzate in ordini o collegi (norma analoga è recata dalla pdl 3131 all’art. 5, co. 3).

Articolazione territoriale delle associazioni

L’articolo 6 delle pdl 1934 e 2077 al comma 1 demanda alle regioni, sentite le associazioni professionali o le aggregazioni di associazioni professionali riconosciute e presenti a livello regionale, la definizione delle modalità di organizzazione territoriale delle associazioni riconosciute. Consente, inoltre, alle regioni di stabilire per le attività professionali requisiti aggiuntivi rispetto a quelli indicati dai decreti di riconoscimento di cui all’art. 5, in relazione alle caratteristiche del proprio territorio.

Compete sempre alle regioni definire i percorsi di formazione necessari per conseguire i requisiti aggiuntivi di cui al secondo periodo del precedente comma 1 e per l'aggiornamento delle competenze già acquisite dagli associati (comma 2).

Forme aggregative delle associazioni

L’articolo 7 delle pdl 1934 e 2077 consente la costituzione, da parte delle associazioni, di forme di aggregazione, con una consistenza di almeno 10 associazioni, aventi funzioni di rappresentanza e di controllo delle associazioni medesime (comma 1).

Le forme aggregative, soggetti autonomi rispetto alle associazioni aderenti che rappresentano, si caratterizzano per l’indipendenza e l’imparzialità di azione. Vi possono partecipare anche le associazioni dei consumatori riconosciute ai sensi del D.Lgs. 206/2005 (Codice del consumo) (comma 2).

Le norme in materia di associazioni dei consumatori e di accesso alla tutela giurisdizionale sono contenute nella Parte V (artt.136-141) del D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, recante il Codice del consumo. In particolare l'articolo 137 prevede l’istituzione presso il MAP (ora Ministero dello sviluppo economico), di un elenco delle associazioni dei consumatori e degli utenti rappresentative a livello nazionale, fissandone i relativi requisiti di iscrizione. L’elenco viene aggiornato annualmente e trasmesso alla Commissione UE da parte del Ministro.

 

Tra le funzioni esercitate dalle forme aggregative rientrano:

§      la promozione e qualificazione delle attività professionali rappresentate;

§      la divulgazione di informazioni e di conoscenze connesse alle suddette attività;

§      la rappresentanza delle istanze comuni alle associazioni aderenti nelle sedi politiche e istituzionali;

§      il controllo sulle associazioni aderenti, con particolare riguardo alla verifica della congruità degli standard professionali e qualitativi e dei codici deontologici adottati;

§      il richiamo all’associazione in caso di gravi inadempienze o irregolarità nell’esercizio delle funzioni proprie fino all’espulsione dell’associazione in caso di persistente inadempienza e irregolarità.

Registro delle associazioni professionali

Il Registro delle associazioni professionali è previsto e disciplinato da tutte le proposte in esame.

L’articolo 8 delle pdl 1934 e 2077 istituisce il Registro delle associazioni professionali presso il Ministero della giustizia, cui spetta fissare forme e modalità per renderlo ampiamente consultabile, trattandosi di un registro pubblico (comma 1). Nel Registro sono automaticamente iscritte, all'atto dell'emanazione del relativo decreto di riconoscimento, le associazioni professionali (comma 2), mentre le forme aggregative sono iscritte su richiesta (comma 3).

Analoghe disposizioni sono contenute anche dall’art. 3, co. 7, della pdl 3488 la quale, tuttavia, prevede il concerto con il Ministro dello sviluppo economico per la definizione di forme e modalità volte a rendere consultabile il registro.

Diversamente dalle suindicate proposte la pdl 3131 (art. 2) prevede l’istituzione del Registro presso il Ministero dello sviluppo economico, prevedendo che l’iscrizione avvenga su richiesta delle associazioni (cfr. infra).

Requisiti per l’iscrizione al Registro

Mentre le pdl 1934, 2077 e 3488 prevedono che le associazioni che hanno ottenuto il riconoscimento sono automaticamente iscritte nel Registro, la pdl 3131, non prevedendo espressamente il riconoscimento delle associazioni, subordina l’iscrizione nell’apposito Registro al possesso di determinati requisiti.

I requisiti necessari all’iscrizione sono elencati nell’articolo 3, comma 1, della pdl 3131 e, come anticipato, molti coincidono sostanzialmente con quelli indicati dalle altre proposte in esame ai fini del riconoscimentodelle associazioni(cfr. Riconoscimento delle associazioni). In aggiunta a tali requisiti la pdl 3131 ne prevede di ulteriori:

§      l’adozione di un codice deontologico che preveda sanzioni graduate in relazione alle violazioni commesse e l’istituzione di un organo preposto all’adozione dei provvedimenti disciplinari in possesso della necessaria autonomia, nonché la garanzia del diritto di difesa nel procedimento disciplinare (lett. e));

§      il possesso di un sistema certificato di gestione di qualità dell’associazione conforme alle norme UNI EN ISO 9001 per il settore di competenza.

In riferimento alle norme tecniche di certificazione richiamate dalla proposta in esame si ricorda che secondo la direttiva europea 98/34/CE del 22 giugno 1998, "norma" è la specifica tecnica approvata da un organismo riconosciuto a svolgere attività normativa per applicazione ripetuta o continua, la cui osservanza non sia obbligatoria e che appartenga ad una delle seguenti categorie: norma internazionale (ISO); norma europea (EN); norma nazionale (UNI).

Pertanto le norme tecniche sono documenti di natura volontaria elaborati con il consenso delle parti interessate (produttori, consumatori, pubblica amministrazione ecc.), che definiscono le prestazioni e le caratteristiche di prodotti, processi produttivi o servizi sotto diversi profili: qualitativi, dimensionali, tecnologici, di sicurezza ecc. Dalle norme tecniche si distinguono le regole tecniche, documenti normativi che definiscono le caratteristiche di prodotti e processi la cui osservanza è resa obbligatoria per legge. Le norme tecniche sono emesse da organismi nazionali e internazionali di normazione, enti di diritto privati riconosciuti, rappresentativi di organizzazioni imprenditoriali, pubbliche amministrazioni, associazioni di consumatori e componenti tecnico-scientifiche. In Italia l'attività di normazione è svolta dall'UNI (Ente nazionale italiano di unificazione) e dal CEI (Comitato elettrotecnico italiano) che rappresentano l'Italia presso gli enti di normazione a livello comunitario (CEN e CENELEC) e a livello internazionale (ISO - International Organization for Standardization e IEC - International Electrotechnical Commission).

Le norme tecniche assumono un carattere di documenti cogenti qualora le Pubbliche Amministrazioni, ritenendole determinanti in materia di sicurezza del lavoratore, del cittadino o dell’ambiente, le richiamino nei documenti legislativi.

 

L'UNI, l’ente di normazione italiano, nasce nel 1921 in seno all'AIMA (Associazione nazionale per gli industriali della meccanica), da cui nel 1928 si distacca assumendo la nuova denominazione. È un'associazione di diritto privato con personalità giuridica, di cui fanno parte enti pubblici, associazioni, aziende, istituti tecnici, di istruzione ed economici, 14 enti federati e persone fisiche. In particolare, fanno parte dell'UNI i Ministeri interessati e, fra gli enti pubblici, l'ENEA e il CNR. Gli enti federati sono associazioni di normazione che operano in specifici settori industriali predisponendo progetti di norme tradotte dall'UNI in norme nazionali.

Obiettivi principali dell'UNI sono:

1)       elaborare progetti, adottare e pubblicare norme nazionali e documenti normativi;

2)       promuovere studi, pubblicazioni e altre iniziative per la diffusione della normazione;

3)       collaborare anche con gli altri enti nazionali di normazione alle attività dell'ISO e del CEN (rispettivamente enti di normazione internazionale ed europea);

4)       promuovere un'attività nazionale di certificazione;

5)       concedere il diritto d'uso del Marchio UNI ai prodotti conformi alle norme dell'ente;

6)       costituire archivi di norme nazionali ed estere.

La competenza dell'UNI è relativa all’emanazione di norme tecniche volontarie in tutti i settori (esclusi quello elettronico ed elettrotecnico). L'attività normativa si sviluppa in parte presso le commissioni UNI e in parte presso gli enti federati. L'UNI è membro dell'ISO (International Organization for Standardization) e del CEN (Comitato Europeo di Normazione). Ma mentre per quanto riguarda l’ISO gli enti di normazione membri hanno la possibilità di adottare la norma ISO a livello nazionale, per esempio per mezzo di una loro pubblicazione nella lingua nazionale, oppure di utilizzare la norma ISO quale base per l’elaborazione di una norma nazionale, gli enti di normazione della UE europei hanno l’obbligo di recepire a livello nazionale le norme EN ed a ritirare le norme nazionali in contrasto.

IL CEN (Comitato Europeo di Normazione), è l’organismo di normazione europeo. Si tratta di una libera associazione fondata allo scopo di sviluppare l'attività normativa in campo europeo in tutti i settori tecnici con la sola esclusione del settore elettrico, affidato al CENELEC, e di promuovere lo sviluppo degli scambi commerciali con l'eliminazione delle barriere tecniche costituite dall'esistenza di norme tecniche nazionali fra loro non armonizzate. L'Italia è rappresentata presso il CEN dall’UNI.

L'ISO, "International Organisation for Standardization", è l'Ente di normazione che provvede all'elaborazione di norme tecniche a livello mondiale. Costituita nel 1947, l'ISO è una federazione non governativa che abbraccia 140 enti normatori di altrettante nazioni a livello mondiale. L'ISO promuove lo sviluppo e l'unificazione normativa per consentire e facilitare lo scambio dei beni e dei servizi. Coordina l'ambiente scientifico, tecnologico ed economico e fissa riferimenti vincolanti per una pluralità di settori (informatica, meccanica, ecc.). I lavori dell'ISO sono il risultato di lunghi accordi internazionali e danno luogo a "International Standards". I Paesi aderenti all'accordo, tramite i singoli comitati di standardizzazione nazionali, si impegnano ad introdurre gli "International Standards" nelle corrispondenti norme nazionali.

Ai fini dell’iscrizione nel Registro il comma 2 dell’articolo 3 della stessa pdl 3131 prevede l’invio al Ministero dello sviluppo economico di apposita domanda sottoscritta dal legale rappresentante dell’associazione interessata e corredata di copia autentica dell’atto costitutivo oltre che dell’elenco di soci amministratori o promotori e della documentazione che comprova il possesso dei requisiti richiesti.

Fino al 31 dicembre 2010 taluni dei requisiti previsti (quelli relativi alla previsione della durata degli incarichi, all’obbligo di aggiornamento degli associati, alla pubblicità e alla previsione di un organo autonomo per decidere i procedimenti disciplinari) devono essere posseduti all’atto della presentazione della richiesta (comma 3)

Per il riconoscimento (rectius: per l’iscrizione nel Registro) di associazioni costituite da professionisti iscritti ad albi tenuti da ordini o da collegi professionali è indispensabile il parere favorevole dell'ordine o del collegio competente (comma 4).

Da questa previsione risulta evidente che la pdl 3131 non si limita, come potrebbe apparire dal titolo, a prevedere disposizioni in merito alle professioni non regolamentate, bensì disciplina in generale le associazioni professionali, a fianco degli ordini, che mantengono tutte le attuali prerogative e nei cui confronti vengono previste esplicite norme di tutela.

Infine, ai sensi del comma 5, in caso di richiesta di iscrizione nel Registro da parte di associazioni già inserite nell'elenco tenuto dal Ministero della giustizia ai sensi dell'articolo 26 del D.Lgs. 206/2007 e del DM 28 aprile 2008, si dà per scontato il possesso dei requisiti fissati dal comma 1 (ad eccezione della struttura tecnico-scientifica per la formazione permanente e del sistema certificato di qualità).

 

Si ricorda che il D.Lgs. 9 novembre 2007, n. 206 ha dato attuazione alla direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali (cfr. infra).

In particolare, l’art. 26 del decreto legislativo dispone che, al fine di elaborare proposte in materia di piattaforme comuni[5] da sottoporre alla Commissione europea, vengano sentiti, se si tratta di professioni regolamentate, gli ordini, i collegi o gli albi, ove esistenti, e, in mancanza, le associazioni rappresentative sul territorio nazionale, se si tratta di professioni non regolamentate, le associazioni rappresentative sul territorio nazionale e, se si tratta di attività nell'area dei servizi non intellettuali e non regolamentate, le associazioni di categoria rappresentative a livello nazionale. Analogamente, tali soggetti sono sentiti anche ai fini dell'elaborazione di piattaforme comuni proposte da altri Stati membri e in ogni altro caso in cui a livello europeo deve essere espressa la posizione italiana in materia di piattaforma comune.

Sono quindi indicati una serie di requisiti, per le associazioni, da prendere in considerazione al fine della valutazione in ordine alla rappresentatività a livello nazionale delle professioni non regolamentate. Le associazioni in possesso dei prescritti requisiti sono individuate, previo parere del CNEL, con decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro per le politiche europee e del Ministro competente per materia.

In attuazione dell’art. 26 del D.Lgs. 206/2007 è stato adottato il D.M. 28 aprile 2008[6].

Attestato di competenza

L’articolo 9 delle pdl 1934 e 2077 istituisce l’attestato di competenza, comprovante:

§      il possesso dei requisiti professionali richiesti;

§      l’esercizio abituale della professione;

§      il costante aggiornamento professionale;

§      la conformità del comportamento alle norme di corretto svolgimento della professione.

 

L’attestato è istituito conformemente alla direttiva 2005/36/CE, allo scopo di garantire la tutela dei consumatori.

 

La direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, ha riformato il regime precedentemente in vigore al fine di contribuire alla flessibilità dei mercati del lavoro, di realizzare una maggior liberalizzazione delle prestazioni di servizi, di favorire un maggiore automatismo nel riconoscimento delle qualifiche, nonché di semplificare le procedure amministrative. In questa prospettiva, la direttiva, che consolida in un unico testo molteplici direttive adottate nel corso degli ultimi decenni, pur mantenendo le garanzie inerenti ad ogni sistema di riconoscimento esistente, ha istituito un quadro giuridico unico e coerente, che poggia su una liberalizzazione più estesa della prestazione di servizi, una maggiore automaticità nel riconoscimento delle qualifiche e una maggiore flessibilità delle procedure di aggiornamento della direttiva medesima.

Il regime di riconoscimento delle qualifiche professionale maggiormente uniforme, trasparente e flessibile introdotto dalla direttiva è volto a conferire, a coloro che hanno acquisito una qualifica professionale in uno Stato membro, la garanzia di accedere alla stessa professione e di poterla esercitare in un altro Stato membro alle stesse condizioni dei cittadini di quest’ultimo. Tuttavia, come si precisa nel “Considerando” n. 3, la suddetta garanzia non esonera il professionista migrante dal rispetto di eventuali condizioni di esercizio che potrebbero essere imposte dallo Stato ospitante, purché siano giustificate, proporzionate e non risultino discriminatorie.

Ladirettiva 2005/36/CE ha consolidato in un unico testo e semplificato:

§       le direttive settoriali[7], relative a varie professioni (infermiere responsabile dell'assistenza generale, dentista, veterinario, ostetrica, architetto, farmacista e medico);

§       le direttive relative al sistema generale di riconoscimento delle qualifiche professionali[8];

§       la direttiva 1999/42/CE, che istituisce un meccanismo di riconoscimento delle qualifiche per talune attività professionali e che completa il sistema generale di riconoscimento delle qualifiche[9].

La direttiva definisce “professione regolamentata”’ l’attività o l’insieme di attività professionali l’accesso alle quali e il cui esercizio sono subordinati - in forza di norme legislative, regolamentari o amministrative - al possesso di determinate qualifiche professionali. Alle professioni regolamentate sono state assimilate le professioni esercitate da membri di associazioni o di organismi elencati nella allegato I del provvedimento, cui viene riconosciuta la finalità di promuovere e di mantenere un elevato livello professionale. A tal fine dette associazioni e organismi sono oggetto di riconoscimento da parte dei singoli Stati che rilasciano ai loro membri un titolo di formazione, esigendo da parte di costoro il rispetto delle regole di condotta professionale prescritte dalle associazioni, e conferiscono ai medesimi il diritto di usare un titolo o un'abbreviazione o di beneficiare di uno status corrispondente a tale titolo di formazione. Del riconoscimento di una associazione o di un organismo da parte di uno Stato membro deve essere informata la Commissione, che pubblica un'adeguata comunicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea.

La direttiva 2005/36/CE è stata recepita nell’ordinamento nazionale con il D.Lgs. 9 novembre 2007, n. 206, Attuazione della direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, nonché della direttiva 2006/100/CE che adegua determinate direttive sulla libera circolazione delle persone a seguito dell'adesione di Bulgaria e Romania.

 

L’attestato - che non è requisito vincolante ai fini dell’esercizio della professione - può essere rilasciato sia dalle singole associazioni professionali, sia dalle forme aggregative oltre che dagli organismi di certificazione delle persone, accreditati dal sistema nazionale per l’accreditamento degli organismi di certificazione e ispezione SINCERT.

Sarebbe opportuno sostituire il riferimento a SINCERT con il riferimento ad ACCREDIA,il nuovoEnte Nazionale per l’accreditamento dei Laboratori di prova e degli Organismi di certificazione e ispezione” nato dalla fusione di SINAL e SINCERT, come, peraltro, già previsto dalla pdl 3488 (cfr. infra).

Gli organismi di certificazione, che agiscono sempre quale terza parte, attestano che un prodotto, un processo o un servizio è conforme ad una specifica norma o documento normativo. In seguito alla avvenuta certificazione, viene rilasciato un certificato ed il diritto d'uso di un marchio.

Affinché la certificazione abbia una validità ampiamente riconosciuta è necessario che gli organismi di certificazione e i laboratori siano accreditati presso un ente riconosciuto a livello nazionale L’accreditamento degli Organismi di certificazione e ispezione è finalizzato a garantire la competenza di questi Operatori e quindi il valore e la credibilità dei risultati delle valutazioni di conformità da essi effettuate. In Italia l’UNI e il CEI hanno costituito, in forma associativa, il SINAL (Sistema nazionale di accreditamento laboratori), con il compito di accreditare a livello nazionale laboratori italiani ed esteri per garantire l’affidabilità delle verifiche di conformità dei prodotti alle norme e alle regole tecniche nazionali, comunitarie e internazionale, ed il SINCERT (Sistema nazionale di accreditamento di organismi di certificazione), con il compito di accreditare a livello nazionale organismi di certificazione italiani ed esteri per garantire l’affidabilità delle verifiche di conformità.

Il SINCERT è stato costituito nel 1991, in forma di Associazione senza scopo di lucro, legalmente riconosciuta dallo Stato italiano con decreto ministeriale del 16 giugno 1995.

La compagine associativa di SINCERT comprende attualmente 49 associati, fra cui rientrano i principali soggetti istituzionali, scientifici e tecnici, economici e sociali aventi interesse diretto e indiretto nelle attività di accreditamento e certificazione.

L’Associazione ha come finalità l’accreditamento di organismi di:

-        certificazione di sistemi di gestione aziendale, quali sistemi di gestione per la qualità, sistemi di gestione ambientale, sistemi di gestione per la sicurezza e salute sul lavoro, sistemi di gestione per la sicurezza delle informazioni, sistemi di gestione per la sicurezza alimentare;

-        certificazione di prodotti/servizi;

-        certificazione di personale;

-        di ispezione.

 

Dal 2009 è operativa ACCREDIA, il nuovo Ente Nazionale per l’accreditamento dei Laboratori di prova e degli Organismi di certificazione e ispezioneche articola la propria attività, in piena continuità con la tradizione di SINAL e SINCERT, attraverso due dipartimenti, per i Laboratori di prova, con sede in Roma, e per gli Organismi di certificazione e ispezione, con sede in Milano. La costituzione di ACCREDIA rappresenta un passo essenziale verso l’unificazione del Sistema Nazionale di accreditamento, come previsto dal Regolamento del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 765 del 2008 in materia di accreditamento e vigilanza del mercato.

 

Spetta alle associazioni definire i requisiti per il rilascio dell'attestato di competenza, tra i quali rientrano, in particolare:

§      l'individuazione di livelli di qualificazione professionale, dimostrabili tramite il conseguimento di titoli di studio o di specifici percorsi formativi;

§      la definizione dell'oggetto della professione e dei relativi profili professionali;

§      la determinazione di standard qualitativi da rispettare nell'esercizio della professione.

 

Ai fini del rilascio dell'attestato di competenza è inoltre richiesto agli associati il possesso della polizza assicurativa per la responsabilità professionale.

I soggetti abilitati al rilascio dell’attestato di competenza devono essere accreditati presso il SINCERT (cfr. supra, quanto detto relativamente all’opportunità di far riferimento ad ACCREDIA anziché a SENCERT). Lo scopo è quello di evitare il condizionamento, in fase di rilascio, da parte di situazioni di conflitto di interessi e di garantirne il riconoscimento nei Paesi UE.

L'attestato di competenza ha validità triennale; esso non è requisito vincolante per l'esercizio delle professioni di cui alle pdl in esame ed è rilasciato a tutti gli iscritti alle associazioni che ne fanno richiesta e che dimostrano di essere in possesso dei requisiti su illustrati.

Qualora non venga rinnovata l'iscrizione all'associazione l'attestato di competenza perde di validità.

In caso di richiesta da parte degli utenti l'iscritto all'associazione è tenuto a fornire il proprio numero di iscrizione all'associazione e gli estremi dell'iscrizione dell'associazione stessa nel Registro delle associazioni professionali di cui all’art. 8 delle pdl in esame.

 

Disposizioni analoghe relative all’attestato di competenza sono contenute anche nell’articoli 4 della pdl 3488. Peraltro, tale proposta prevede il rilascio dell’attestato oltre che da parte delle singole associazioni o forme aggregative delle medesime anche da parte dell’Ente italiano di accreditamento (ACCREDIA), nonché l’accreditamento presso tale ente dei soggetti abilitati al rilascio. Inoltre la pdl 3488 non reca la previsione della perdita di validità dell’attestato di competenza in caso di mancato rinnovo dell’iscrizione all’associazione.

 

Anche la pdl 3131 si occupa dell’attestato di competenza, con norme in parte coincidenti con quelle delle altre proposte.

In particolare si prevede che le associazioni rilasciano agli iscritti un attestato di competenza con riferimento al possesso di requisiti professionali, tenendo in considerazione i curricula formativi, le certificazioni acquisite, le esperienze professionali, l’aggiornamento professionale e il rispetto delle regole deontologiche.

Si dispone quindi, con norme analoghe a quelle delle altre proposte, in merito alla definizione dei requisiti ai fini del rilascio dell’attestato, al possesso di polizza assicurativa ai medesimi fini, alla durata della validità dell’attestato, al fatto che l’attestato non è requisito necessario per l’esercizio della professione, nonché all’obbligo di informare l’utenza sugli estremi della propria iscrizione all’associazione e dell’iscrizione dell’associazione al Registro.

Limiti all’esercizio della professione

La sola pdl 3131 all’articolo 5 reca espressamente il divieto, per i professionisti iscritti alle associazioni professionali, di svolgere le attività professionali riservate dalla legislazione vigente a specifiche categorie, qualora risultino privi dei requisiti richiesti dalla legge e non siano iscritti ai relativi albi professionali.

L’iscrizione agli albi tenuti da ordini o collegi costituisce comunque precondizione all’iscrizione alle associazioni professionali per attività oggetto di esclusiva. Gli iscritti agli albi potranno utilizzare l’appartenenza alle associazioni quale segno distintivo del compimento di determinati percorsi formativi.

L’articolo in esame della pdl 3131 reca anche il divieto di utilizzo di denominazioni professionali relative a professioni organizzate in ordini e collegi professionali. Tale divieto è previsto anche dalle pdl 1934 e 2077 (art. 5, co. 7).

Norme previdenziali

Entrambi gli articoli 10 delle pdl 1934 e 2077 recano, sebbene con differenti principi e criteri direttivi, deleghe per la disciplina delle forme di tutela previdenziale delle professioni oggetto dalle stesse pdl.

 

In particolare, entrambe le pdl prevedono lo “scorporo” della tutela previdenziale dei soggetti professionali in questione dalla Gestione separata INPS, di cui all'articolo 2, comma 26, della L. 8 agosto 1995, n. 335, dove sono iscritti ai sensi della normativa vigente, ma mentre la pdl 1934 dispone la costituzione di un’apposita gestione autonoma (presso l’INPS) delle professioni riconosciute ai sensi delle medesime pdl, la pdl 2077 prevede due canali alternativi consistenti, rispettivamente, nella confluenza nelle casse previdenziali delle professioni ordinistiche, già esistenti, corrispondenti per materia e contenuti professionali o nell’istituzione di una o più casse previdenziali autonome.

 

Più specificamente, la pdl 1934 prevede la delega al Governo ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del provvedimento, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, uno o più decreti legislativi al fine di istituire specifiche forme di tutela previdenziale dei soggetti che esercitano le professioni oggetto del provvedimento in esame, appunto scorporando questi ultimi dalla gestione separata INPS.

Ai fini dell’esercizio della delega, il Governo dovrà attenersi ai seguenti principi e criteri direttivi:

§      costituzione, presso l'INPS, di una gestione autonoma esclusivamente destinata alle professioni riconosciute secondo le procedure di cui alle pdl in esame (comma 1, lettera a));

§      carattere interprofessionale della gestione (comma 1, lettera b));

§      determinazione della contribuzione previdenziale, tale da rispettare la stabilità della gestione, nonché il riconoscimento (sembrerebbe in riferimento all’idoneità del meccanismo di contribuzione attualmente esistente per le varie professioni) della peculiarità della contribuzione propria di attività abitualmente remunerate attraverso parcelle professionali (comma 1, lettera c)).

 

Anche la pdl 2077 prevede una delega al Governo da esercitare negli stessi termini temporali, istituendo specifiche forme di tutela previdenziale dei soggetti che esercitano professioni non regolamentate mediante scorporo dalla gestione separata INPS, ma sulla base dei seguenti principi e criteri direttivi, in alternativa tra loro:

§      possibilità, per i soggetti richiamati, di confluire nelle casse di previdenza delle professioni di cui all'articolo 2229 c.c.[10] corrispondenti per materia e per contenuti professionali (comma 1, lettera a));

§      possibilità di istituire una o più casse previdenziali autonome, destinate alle professioni disciplinate dal provvedimento in esame (comma 1, lettera b)).

Al riguardo, si segnala che la prevista facoltà di confluenza delle professioni in esame nelle Casse previdenziali esistenti, sembrerebbe non coordinata con il principio di autonomia affermato in seguito alla privatizzazione delle casse stesse, stabilita dal D.Lgs. 509/1994 (vedi infra)..

 

Gli esercenti libere professioni intesi in senso generale, quindi non solo gli operatori delle tradizionali professioni liberali, ma anche coloro che svolgono in modo autonomo attività di lavoro in conseguenza dell'iscrizione ad albi o elenchi, fruiscono di tutela previdenziale per effetto della costituzione di enti previdenziali in seguito, nella maggior parte dei casi, all'iniziativa del gruppo professionalmente organizzato.

Gli enti previdenziali preposti alla tutela degli esercenti libere professioni per cosi dire “storiche” (ad es. avvocati, medici, ingegneri e architetti, geometri, notai), sono stati affiancati, negli ultimi più recenti, da gruppi professionali organizzati con albi o elenchi per la tutela di interessi di categorie emergenti nel tessuto produttivo (es. consulenti del lavoro, psicologi).

In particolare, con riguardo alla tutela previdenziale dei liberi professionisti occorre distinguere tra "professionisti privi di cassa", ossia soggetti che, benché iscritti ad un albo, non sono dotati di Cassa previdenziale di categoria, ovvero soggetti privi sia di albo che di cassa (per i quali si rinvia alla specifica trattazione svolta con riferimento ai lavoratori iscritti alla Gestione separata INPS), e "professionisti con albo e cassa", ossia soggetti per i quali è istituita una Cassa nazionale di previdenza ed assistenza, alla quale gli iscritti versano i contributi e che eroga le prestazioni previdenziali al raggiungimento dei requisiti prescritti.

 

Casse professionali

Per questi ultimi il relativo regime di tutela previdenziale ha disposto la privatizzazione delle rispettive Casse professionali.

Il D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509[11], ha infatti individuato gli Enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie da trasformare in persone giuridiche private (in associazioni o in fondazioni), a decorrere dal 1° gennaio 1995, tra i quali rientrano:

§       Cassa nazionale di previdenza e assistenza avvocati e procuratori legali;

§       Cassa di previdenza tra dottori commercialisti (CNPADC);

§       Cassa nazionale previdenza e assistenza geometri;

§       Cassa nazionale previdenza e assistenza ingegneri e architetti liberi professionisti (INARCASSA);

§       Cassa nazionale del notariato;

§       Cassa nazionale previdenza e assistenza ragionieri e periti commerciali (CNPR);

§       Ente nazionale di previdenza e assistenza consulenti del lavoro (ENPACL);

§       Ente nazionale di previdenza e assistenza medici (ENPAM);

§       Ente nazionale di previdenza e assistenza farmacisti (ENPAF);

§       Ente nazionale di previdenza e assistenza veterinari (ENPAV).

A questi Enti ne sono succeduti altri, i c.d. enti privati di previdenza obbligatoria dei liberi professionisti, fra i quali:

§       Ente Nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei biologi (ENPAB);

§       -Ente nazionale di previdenza e assistenza della professione infermieristica (ENPAPI);

§       Ente nazionale di previdenza ed assistenza per gli psicologi (ENPAP);

§       Ente di previdenza ed assistenza pluricategoriale (dottori agronomi e dottori forestali, attuari, chimici e geologi (EPAP);

§       Ente di previdenza dei periti industriali (EPPI).

Il D.Lgs. 10 febbraio 1996, n. 103[12], in materia di tutela previdenziale obbligatoria dei liberi professionisti, ha rappresentato la fonte di riferimento primario cui è seguito il riconoscimento dell'autonomia per numerose Casse previdenziali.

In particolare, l’articolo 3 ha demandato agli enti esponenziali degli enti abilitati alla tenuta di albi od elenchi la facoltà di scegliere, alternativamente, a quali tipologie di forme gestorie partecipare (tre le quali rientravano le Casse professionali già previste dal D.Lgs. 509/1994, oppure in una categoria professionale similare o ancora nella gestione separata I.N.P.S.)

Presso il Ministero del lavoro è stato istituito l'Albo delle associazioni e delle fondazioni che gestiscono attività di previdenza ed assistenza.

I professionisti iscritti agli Ordini/Albi, che esercitano attività autonoma di libera professione senza vincolo di subordinazione, anche sotto forma di collaborazione coordinata e continuativa ancorché svolgano contemporaneamente attività di lavoro subordinato, sono obbligatoriamente iscritti alla Cassa previdenziale di categoria.

Il contributo posto a carico di ciascun iscritto alla Cassa previdenziale, di norma, è composto da un contributo soggettivo, da un contributo integrativo e dal contributo di maternità. Il contributo di maternità è in genere determinato in misura fissa. Il contributo soggettivo può essere stabilito in misura fissa o in percentuale sull'ammontare del reddito professionale netto conseguito ai fini IRPEF.

Nel caso di contributo determinato in misura percentuale, i professionisti devono comunicare alla Cassa previdenziale, secondo le modalità stabilite dalla medesima, l'ammontare del reddito professionale imponibile netto conseguito ai fini IRPEF per l'anno precedente.

Alcune Casse prevedono la possibilità di versare un contributo ridotto o un contributo di solidarietà.

Sono previsti minimali e massimali imponibili di reddito ai fini della determinazione del contributo dovuto.

Il ritardo nel versamento dei contributi comporta l'obbligo di pagamento degli interessi e delle sanzioni previste dai regolamenti delle singole Casse di previdenza.

La prescrizione è quella generale stabilita dalla L. 8 agosto 1995, n. 335.

 

La Gestione separata presso l'INPS

Per le altre categorie di professionisti,. l'articolo 2, commi 26-33, della richiamata L. 335/1995, ha previsto l'estensione dell'Assicurazione generale obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia ed i superstiti ad alcune categorie di lavoratori autonomi o parasubordinati la cui attività non risultava coperta da assicurazione previdenziale.

E' stata così istituita presso l'INPS, con decorrenza 1° gennaio 1996, una apposita Gestione separata, cui sono tenute ad iscriversi le categorie di lavoratori appresso indicati, con conseguente obbligo di versamento contributivo; la contribuzione è dovuta anche all'INAIL per effetto dell'entrata in vigore del D.Lgs. n. 38/2000, che all'articolo 5 che ha sancito l'obbligo assicurativo presso detto Istituto anche per i lavoratori in questione.

L'organizzazione della gestione è stata ridisegnata dal comma 158 dell'articolo 1 della richiamata L. 311/2204, la quale ha altresì stabilito, al precedente comma 157, l'iscrizione alla stessa Gestione degli associati in partecipazione. Successivamente, la materia è stata rivisitata dall’articolo 1, comma 771, della L. 296/2006 (legge finanziaria per il 2007).

L’I.N.P.S. distingue i lavoratori iscritti in tre gruppi. I due principali sono quello denominato dei “Collaboratori”, in cui, tra gli altri, sono inclusi i parasubordinati, e quello denominato dei “Professionisti”, che comprende i lavoratori autonomi che esercitano la professione e hanno una partita IVA. Vi è poi una categoria mista di “Collaboratori-Professionisti”, che rappresenta circa il 2% del totale degli iscritti, in cui si trovano i professionisti con partita IVA che abbiano un contratto di collaborazione coordinata e continuativa.

Sono obbligati all'iscrizione alla Gestione separata, sulla base di disposizioni di carattere generale o particolare:

§       professionisti: si tratta dei soggetti che percepiscono redditi che derivano, come disposto dall'articolo 53, comma 1, del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (T.U.I.R.), dall'esercizio per professione abituale, anche se non esclusiva, di attività di lavoro autonomo. L'attività di cui trattasi non deve, comunque, essere condotta in forma di impresa commerciale. Rientrano, in tale categoria:

-        professionisti iscritti in albi senza cassa di previdenza ma titolari di partita IVA;

-        professionisti iscritti in albi con cassa di previdenza ma non iscritti a quest'ultima;

-        professionisti iscritti in albi con cassa di previdenza, in relazione ai redditi professionali non assoggettati a contribuzione presso la cassa stessa;

-        professionisti senza albo e senza cassa (ad es. consulente di informatica, esperto in marketing, traduttori o interpreti, ecc.);

§       collaboratori coordinati e continuativi: secondo quanto disposto dall'articolo 53, comma 2, del citato D.P.R. 917/1986, si considerano rapporti di collaborazione coordinata e continuativa quei rapporti aventi per oggetto la prestazione di attività, non rientranti nell'oggetto dell'arte o della professione esercitata dal contribuente ai sensi del comma 1 dello stesso articolo 53, che, pur avendo contenuto intrinsecamente artistico o professionale, vengono svolte a favore di un soggetto, senza vincolo di subordinazione, e sono inserite in un rapporto unitario e continuativo, con retribuzione periodica prestabilita. Rientrano, ad esempio, in tale categoria le seguenti figure:

-        amministratori, sindaci o revisori di società, associazioni ed altri enti;

-        membri di commissione e collegi;

-        soggetti che collaborano a giornali, riviste, enciclopedie e simili, tranne i casi in cui si rientri nel diritto d'autore;

-        amministratori di condominio;

§       venditori porta a porta: sono i soggetti incaricati delle vendite a domicilio (come definiti dall'articolo 36 della L. 11 giugno 1971, n. 426, recante la Disciplina del commercio); per effetto dell'articolo 44, comma 2, del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, dal 1° gennaio 2004 devono essere iscritti alla Gestione separata, come pure gli esercenti attività di lavoro autonomo occasionale, solo qualora il reddito annuo sia superiore a € 5.000;

§       titolari di borse di studio: per la frequenza ai corsi di dottorato di ricerca (L. 3 agosto 1998, n. 315, articolo 1); per il sostegno della mobilità internazionale degli studenti ed assegni per attività di tutorato o didattico-integrative, propedeutiche o di recupero (DL 105/2003 convertito dalla L. 177/2003);

§       pensionati: coloro che, pur in quiescenza, svolgono le attività sopradescritte; sono tenuti alla contribuzione alla Gestione separata in relazione ai soli redditi percepiti a seguito dell'esercizio di dette attività.

Nei confronti dei soggetti pensionati ultrasessantacinquenni che svolgono attività rientranti tra quelle per le quali è previsto il versamento del contributo in parola, vige la sola facoltà e non l'obbligo di versamento. L'obbligo sussiste, invece, per coloro che hanno un'età compresa fra i 60 e i 65 anni, i quali possono, comunque, chiedere il rimborso dei contributi versati, qualora, al compimento del 65° anno di età, non abbiano maturato il diritto ad alcuna prestazione pensionistica;

§       medici in formazione specialistica, di cui all'art. 2, comma 26 della L. 335/1995: a decorrere dall'anno accademico 2006-2007 e per la durata della formazione;

§       lavoratori dipendenti: sono naturalmente soggetti alla contribuzione in questione anche i lavoratori dipendenti, sia privati che pubblici, che percepiscono compensi che non sono già assoggettati a contribuzione previdenziale obbligatoria.

Va sottolineato che la nuova definizione dei redditi da collaborazione coordinata e continuativa contenuta nel comma 1, lettera c-bis, dell'articolo 50 del D.P.R. 917/1986, non considerando più tra i caratteri essenziali della collaborazione la natura intrinsecamente artistica o professionale della prestazione, chiarisce definitivamente che possono rientrare nell'ambito delle collaborazioni coordinate e continuative anche attività manuali ed operative, in presenza, ovviamente, di tutti gli altri presupposti per il riconoscimento di un'attività di collaborazione;

§       associati in partecipazione: dal 1° gennaio 2005, per effetto del comma 157 dell'articolo 1 della L. 311/2004 (legge finanziaria per il 2005).

 

La generalità dei lavoratori interessati dall’obbligo di iscrizione alla Gestione separata risulta distinta in due principali categorie: da un lato i lavoratori non iscritti ad alcuna altra forma di previdenza obbligatoria, e, dall’altro, i lavoratori già iscritti a un’altra forma di previdenza obbligatoria, o che siano già titolari di una pensione. Le due categorie di lavoratori sono facilmente riconoscibili in funzione delle diverse aliquote con cui è previsto il versamento dei contributi previdenziali alla gestione.

Al riguardo, si ricorda che da ultimo, la L. 24 dicembre 2007, n. 247, all’articolo 1, comma 79, ha fissato la richiamata aliquota contributiva per gli iscritti alla Gestione separata che non risultino assicurati presso altre forme obbligatorie nella misura del 24% per il 2008, del 25% per il 2009 e del 26% a decorrere dal 2010.

Per gli iscritti ad altra forma di previdenza obbligatoria, invece, l'aliquota è fissata al 17%.

 

Si ricorda, infine, che presso la XI Commissione Lavoro della Camera dei deputati sono attualmente in esame le abbinate proposte di legge AC 2312 (Saglia ed altri) e AC 2345 (Narducci ed altri), recanti disposizioni in materia previdenziale per i lavoratori autonomi esercenti professioni non regolamentate[13]

Nella seduta del 24 giugno 2009 è stato nominato un Comitato ristretto per il seguito dell'istruttoria legislativa, al fine di verificare la possibilità di pervenire all'eventuale unificazione delle due proposte di legge. In particolare, entrambe le proposte di legge prevedono l’istituzione, a decorrere dal 1° gennaio 2010, di un’apposita gestione a contabilità separata presso l’INPS, cui sono tenuti ad iscriversi i soggetti che esercitano abitualmente un’attività di lavoro autonomo ai sensi dell’articolo 53, comma 1, del T.U.I.R., non iscritti a casse previdenziali private afferenti ad ordini o albi professionali.

Vigilanza

L’articolo 11 delle pdl 1934 e 2077 attribuisce al Ministero della giustizia la vigilanza sull'operato delle associazioni professionali, svolta di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, per verificare il rispetto e il mantenimento dei requisiti previsti dalle pdl in esame. In caso di mancata ottemperanza alle disposizioni delle stesse pdl viene disposta la cancellazione dal Registro delle associazioni professionali.

Disposizioni analoghe sono contenute anche nell’articolo 6 della pdl 3131, in cui si precisa altresì che la cancellazione dal Registro – disposta allorché si ravvisino irregolarità nell’operato delle stesse associazioni, la perdita dei requisiti necessari o protratta inattività - comporta la revoca dell’autorizzazione a rilasciare attestati di competenza.

Modifiche alla legge 936/1986

L’articolo 7 della pdl 3131 modifica la legge n. 936/1986, che disciplina la composizione, le attribuzioni ed il funzionamento del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL), previsto dall'articolo 99 della Costituzione.

 

Si ricorda che la composizione del CNEL è definita dall’articolo 2 della legge citata.

Ai sensi del comma 1, il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro è composto di esperti, rappresentanti delle associazioni di promozione sociale e delle organizzazioni di volontariato e rappresentanti delle categorie produttive, in numero di centoventuno, oltre al presidente, secondo la seguente ripartizione:

I) dodici esperti, qualificati esponenti della cultura economica, sociale e giuridica;

I-bis) dieci rappresentanti delle associazioni di promozione sociale e delle organizzazioni di volontariato[14];

II) novantanove rappresentanti delle categorie produttive di beni e servizi nei settori pubblico e privato, dei quali quarantaquattro rappresentanti dei lavoratori dipendenti, diciotto rappresentanti dei lavoratori autonomi, trentasette rappresentanti delle imprese.

Ai sensi del comma 3, la rappresentanza dei lavoratori autonomi è così composta:

a)       cinque rappresentanti dei coltivatori diretti;

b)       cinque rappresentanti degli artigiani;

c)       quattro rappresentanti dei liberi professionisti;

d)       quattro rappresentanti delle cooperative di produzione e di consumo.

I membri del Consiglio durano in carica 5 anni e possono essere riconfermati.

 

In particolare le modifiche prevedono che:

§      il numero dei consiglieri componenti il CNEL passi da 121 a 125. Tra questi i rappresentanti delle categorie produttive di beni e servizi nei settori pubblico e privato da novantanove diventano centouno. Nell’ambito di tale categoria si prevede l’incrementodei lavoratori autonomi che dai 18 attuali salgono a 20.

§      nell’ambito della rappresentanza dei lavoratori autonomi i rappresentanti dei liberi professionisti da quattro salgono a sei di cui tre rappresentanti delle professioni associative.

Entrata in vigore

L’articolo 12delle pdl 1934 e 2077 dispone in merito all’entrata in vigore del provvedimento, prevista per il giorno successivo a quello della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

 



 



[1]     Per "professionisti non regolamentati" si intendono i lavoratori autonomi che svolgono una professione non protetta da Albi od Ordini specifici. Lo svolgimento di libere professioni non regolamentate non è subordinato dalla legge al possesso di titoli di studio specifici o al superamento di esami particolari.

[2]     Come si ricorda nelle relazioni illustrative che accompagnano le proposte di legge nn. 1934, 2077 e 3131, il tentativo di fornire una disciplina organica delle attività professionali non regolamentate, nell’ambito di una riforma più generale delle professioni, risale alla XIII legislatura, ma non è fino ad oggi giunto ad un esito concreto sul piano legislativo.

[3]     Si vedano, ad esempio, il comma 4 dell’articolo 3 e i commi 1 e 2 dell’articolo 5.

[4]     Il terzo comma dell’art. 117 contiene un secondo elenco di materie – che la stessa norma costituzionale definisce “di legislazione concorrente” – in cui “spetta alle regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato”.

[5]     Per «piattaforma comune» si intende l'insieme dei criteri delle qualifiche professionali in grado di colmare le differenze sostanziali individuate tra i requisiti in materia di formazione esistenti nei vari Stati membri per una determinata professione. Queste differenze sostanziali sono individuate tramite il confronto tra la durata ed i contenuti della formazione in almeno due terzi degli Stati membri, inclusi tutti gli Stati membri che regolamentano la professione in questione. Le differenze nei contenuti della formazione possono risultare dalle differenze sostanziali nel campo di applicazione delle attività professionali.

[6]     Requisiti per la individuazione e l'annotazione degli enti di cui all'articolo 26 del decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206, nell'elenco delle associazioni rappresentative a livello nazionale delle professioni regolamentate per le quali non esistono ordini, albi o collegi, nonché dei servizi non intellettuali e delle professioni non regolamentate. Procedimento per la valutazione delle istanze e per la annotazione nell'elenco. Procedimento per la revisione e gestione dell'elenco.

[7]     Direttive 77/452/CEE, 77/453/CEE, 78/686/CEE, 78/687/CEE, 78/1026/CEE, 78/1027/CEE, 80/154/CEE, 80/155/CEE, 85/384/CEE, 85/432/CEE, 85/433/CEE e 93/16/CEE.

[8]     Direttive 89/48/CEE e 92/51/CEE.

[9]     Si ricorda che tale direttiva ha avuto origine dalla proposta di direttiva (COM(1996)22), presentata il 9 febbraio 1996 dalla Commissione europea.

[10]    Il richiamato articolo ha disposto che la legge determina le professioni intellettuali per l'esercizio delle quali è necessaria l'iscrizione in appositi albi o elenchi.

[11]    “Attuazione della delega conferita dall'art. 1, comma 32, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, in materia di trasformazione in persone giuridiche private di enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza”.

[12]    “Attuazione della delega conferita dall'art. 2, comma 25, della legge 8 agosto 1995, n. 335, in materia di tutela previdenziale obbligatoria dei soggetti che svolgono attività autonoma di libera professione.”.

[13]    Per una disamina più puntuale si rimanda al dossier del Servizio Studi n. 163 del 12 maggio 2009.

[14]    Si segnala che i dieci rappresentanti previsti dal punto I-bis) sono stati integrati dall’art. 17 della legge 7 dicembre 2000, n. 383, che disciplina le associazioni di promozione sociale. Nel testo originario i membri del CNEL erano quindi centoundici.