Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento attività produttive
Titolo: Mercato dei materiali gemmologici A.C. 225 e A.C. 2274 Schede di lettura
Riferimenti:
AC N. 2274/XVI   AC N. 225/XVI
Serie: Progetti di legge    Numero: 443
Data: 28/02/2011
Descrittori:
COMMERCIALIZZAZIONE DEI PRODOTTI   GIOIELLI
MARCHI DI QUALITA' GARANZIA E IDENTIFICAZIONE   METALLI PREZIOSI
Organi della Camera: X-Attività produttive, commercio e turismo

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Mercato dei materiali gemmologici

A.C. 225 e A.C. 2274

Schede di lettura

 

 

 

 

 

 

n. 443

 

 

 

28 febbraio 2011

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Attività produttive

( 066760-9574 – * st_attprod@camera.it

 

 

 

 

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: AP0134.doc

 


INDICE

Schede di lettura

§      Quadro normativo. 3

§      I principali dati economici del settore. 11

§      Contenuto delle proposte di legge n. 225 e n. 2274. 14

Testo a fronte tra l’A.C. 225 e l’A.C. 2274. 31

 

 


Schede di lettura

 


Quadro normativo

Per quanto concerne le gemme, attualmente, non esiste alcuna regolamentazione nazionale o comunitaria, mentre per quanto riguarda i metalli preziosi la disciplina vigente è attualmente contenuta nel decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 251 (di seguito D.Lgs.) – adottato sulla base della delega conferita dall'articolo 42 della legge 24 aprile 1998, n. 128[1], – e nel decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 150 (di seguito DPR), recante il relativo regolamento di attuazione[2] .

Si segnala che presso la 10.a Commissione Industria del Senato è in corso l’esame dell’A.S. 1975, recante ”Nuova disciplina dei titoli e dei marchi di identificazione dei metalli preziosi”.Il provvedimento è stato approvato in sede legislativa dalla X Commissione Attività produttive della Camera il 20 gennaio 2010, in un testo risultante dall’unificazione delle proposte di legge C. 326 (Stefani), 1010 (Raisi) e 2032 (Mattesini).

Si ricorda come all’origine dell’adozione del decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 251, vi fosse l'esigenza per il nostro Paese di adeguare la normativa allora vigente in materia – ossia la legge 30 gennaio 1968, n. 46, e il regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 1970, n. 1496 - al principio comunitario del mutuo riconoscimento e ai criteri espressi da una proposta di direttiva – peraltro mai adottata - intesa ad armonizzare la legislazione degli Stati dell'Unione europea, al fine di assicurare il libero scambio intracomunitario degli oggetti in metallo prezioso.

Tale adeguamento normativo si era necessario alla luce del parere motivato emesso l’8 marzo 1996 dalla Commissione europea in relazione alla citata previgente disciplina in materia di metalli preziosi, la quale conteneva disposizioni in contrasto con gli artt. 30-36 del Trattato CE e atte a ostacolare la commercializzazione in Italia di oggetti importati da un altro Stato membro. In particolare, le censure comunitarie erano rivolte alla disciplina nazionale laddove essa: ammetteva l’utilizzazione dei soli titoli di metalli preziosi previsti dalla legislazione nazionale, ad esclusione di alcuni altri comunemente impiegati nel commercio intracomunitario; prevedeva che il punzone di titolo venisse in linea di massima apposto dall’importatore, senza riconoscere la validità dei punzoni di contenuto equivalente ed egualmente comprensibili apposti conformemente alle normative di altri Stati membri; prevedeva che gli oggetti preziosi importati dovessero essere muniti del marchio di responsabilità del fabbricante munito di legale rappresentante in Italia.

I metalli definiti preziosi sono il platino, il palladio, l’oro e l’argento (cfr. art. 1 D.Lgs. e art.1, lett. b) del DPR).

Gli oggetti in metallo prezioso e le loro leghe, fabbricati e posti in commercio nel territorio della Repubblica italiana, debbono essere a titolo legale e portare impresso, prima di essere posti in commercio:

§      il titolo in millesimi del fino contenuto;

§      il marchio di identificazione dell'azienda produttrice;

E’ vietato l’uso di marchi di identificazione diversi da quelli recati dalle disposizioni in esame (artt. 2 e 4 del D.Lgs.).

Gli oggetti in metallo prezioso legalmente prodotti e commercializzati nei Paesi membri dell'Unione Europea o dello Spazio Economico Europeo, per esser posti in commercio sul territorio della Repubblica Italiana, sono esentati dall'obbligo di recare il marchio di identificazione dell'importatore a condizione che rechino l'indicazione del titolo in millesimi e del marchio di responsabilità previsto dalla normativa del Paese di provenienza o, in sostituzione di quest'ultimo, di una punzonatura avente un contenuto informativo equivalente a quello prescritto dalla norma italiana e che sia comprensibile per il consumatore finale.

Gli oggetti in metallo prezioso importati da Paesi che non siano membri dell'Unione Europea o dello Spazio Economico Europeo, per essere posti in commercio nel territorio della Repubblica Italiana, devono essere a titolo legale, recare l'indicazione in millesimi, riportare il marchio di responsabilità del fabbricante estero ed il marchio di identificazione dell'importatore [3] (art. 5 D.Lgs.).

Il regolamento di attuazione ha poi fissato le caratteristiche della tabella di comparazione che deve essere esposta, al fine di una corretta informazione al consumatore, da chiunque vende al dettaglio gli oggetti in metallo prezioso importati (art.5, comma 4, del D.Lgs.; art. 4, comma 7, all. 1 del DPR).

Titoli legali dei metalli preziosi

Il titolo del metallo prezioso contenuto nell'oggetto deve essere espresso in millesimi. Il titolo indica dunque quante parti su mille della lega sono costituite dal metallo prezioso.

I titoli legali da garantire a fusione per ogni parte degli oggetti sono i seguenti:

§      Oro Au 750 - 585 - 375

§      Argento Ag 925 - 800

§      Platino Pt 950 - 900 - 850

§      Palladio Pd 950 - 500

E' sempre ammesso qualsiasi titolo superiore al più alto indicato in tabella per ciascun metallo.

Non sono ammesse tolleranze negative sui titoli dichiarati per le materie prime e sui titoli legali per gli oggetti finiti, ad eccezione dei seguenti casi:

a)      negli oggetti di platino o di palladio massiccio e di pura lastra è ammessa una tolleranza di 5 millesimi;

b)      negli oggetti di platino o di palladio a saldatura semplice è ammessa una tolleranza di 10 millesimi;

c)      negli oggetti in oro eseguiti col metodo della fusione in cera persa, con iniezione centrifuga, e marchiati 753 è ammessa la tolleranza di 3 millesimi (art.3 del D.Lgs.).

Il regolamento fissa i metodi ufficiali di analisi per la determinazione del titolo, distinguendo per ciascuna tipologia di metallo prezioso. Fissa altresì la misura massima dell'errore ammissibile in sede delle analisi medesime (art. 3, comma 5, del D.Lgs.; art. 11 e all. II, del DPR).

E' consentita la produzione di oggetti con titoli diversi da quelli stabiliti, ai fini sia dell'esportazione fuori dello Spazio economico europeo (paesi UE più Islanda, Norvegia, Liechtenstein), sia di commercializzazione nei Paesi dello Spazio economico europeo, purché tali titoli siano previsti dalla normativa del paese di esportazione (art. 6 del D.Lgs.)

Il marchio di identificazione e le sue caratteristiche

Per ottenere il marchio di identificazione, i fabbricanti, gli importatori ed i venditori di metalli preziosi ne fanno domanda alla Camera di commercio competente in base al territorio in cui la aziende hanno sede legale, la quale tiene il "Registro degli assegnatari dei marchi di identificazione" al quale devono iscriversi:

a)   coloro che vendono oro, argento, platino e palladio in lingotti, verghe, laminati, profilati e semilavorati in genere;

b)   coloro che fabbricano od importano oggetti contenenti i metalli di cui alla lettera a) (artt. 7 e 14 D.Lgs.) [4].

Il “Registro” trova puntuale disciplina nel capo IV del DPR.

La Camera di commercio, non oltre due mesi dalla data di presentazione della richiesta, assegna al richiedente il numero caratteristico del marchio e fa eseguire le matrici recanti le impronte del marchio stesso (art. 10 D.Lgs.). Le matrici sono depositate presso le Camere di commercio competenti per territorio.

Le caratteristiche e le dimensioni nominali del marchio di identificazione sono individuate nel Regolamento attuativo (art. 8, comma 1 D.Lgs.). Nello specifico, il marchio è costituito da un'impronta poligonale recante all'interno la sagoma di una stella a cinque punte, il numero caratteristico attribuito all'azienda assegnataria del marchio da parte della Camera di commercio, nonché la sigla della provincia ove l'azienda ha la propria sede legale (art.8, comma 2 e 3 del D.Lgs.; art.1, lett. d), art. 12 e all. 3 del DPR).

Modalità di apposizione del marchio

Le aziende assegnatarie del marchio sono tenute ad imprimere sugli oggetti realizzati in metallo prezioso il proprio marchio di identificazione, oltre a quello indicante il titolo del metallo. Il marchio ed il titolo devono essere impressi sulla parte principale dell'oggetto e, ove ciò non sia possibile, su di una piastrina dello stesso metallo dell'oggetto unita ad esso mediante saldatura (art. 8, co. 6 e 7 del D.Lgs.).

Gli oggetti di fabbricazione mista di due o più metalli preziosi devono portare, quando ciò sia tecnicamente possibile, l'impronta del titolo su ciascuno dei metalli componenti; in caso contrario le impronte sono apposte sul metallo di peso prevalente. Gli oggetti costituiti da più parti smontabili, non vincolate da saldature, devono portare il marchio di identificazione e l'impronta del titolo su ciascuna di tali parti, ad eccezione di quelle di peso inferiore ad un grammo (art. 8, co. 8 e 9 D.Lgs. e art. 20, co. 3 DPR).

Le indicazioni del titolo ed il marchio sono obbligatorie per gli oggetti costituiti in parte di metalli preziosi, ed in parte di sostanze o metalli non preziosi. In questo caso, su questi ultimi devono essere apposte sigle od iscrizioni adatte ad identificarli, secondo quanto stabilito dal regolamento di attuazione (art. 15, co. 2 e artt. 36 e 37 del DPR).

Lo stesso obbligo di indicazione del titolo e del marchio sussiste nei casi particolari di oggetti in metalli preziosi che, per gli usi cui sono destinati e per esigenze di ordine tecnico, richiedono l’introduzione, nel loro interno, di mastice od altre sostanze non preziose, in deroga al divieto in tal senso previsto dal D.Lgs. in commento (art. 8, co. 10 e art. 15, co. 3). Per tali oggetti il regolamento stabilisce, altresì, le modalità con cui le sostanze estranee devono essere, anche quantitativamente, identificate (artt. 38-40 DPR).

E’ vietato comunque imprimere indicazioni di titoli in millesimi ed in carati, nonché altre indicazioni che possano ingenerare equivoci, sugli oggetti di metalli differenti da quelli preziosi, anche se dorati argentati, ovvero placcati (art. 15, co. 1 D.Lgs.).

I titolari di marchi di identificazione - previa autorizzazione scritta - possono far apporre il proprio marchio di identificazione ad altri soggetti, a loro volta titolari di marchi di identificazione, che partecipano al processo produttivo (art. 17 D.Lgs.).

I commercianti all'ingrosso e al dettaglio hanno l'obbligo di controllare che la merce acquistata sia rispondente alle indicazioni riportate nei documenti di trasporto o similari, nonché devono accertare la presenza e la leggibilità del marchio d'identificazione e del titolo impressi sugli oggetti (art. 41 DPR).

Il rivenditore risponde comunque verso il compratore dell’esattezza del titolo dichiarato, salvo l’azione di rivalsa (art. 16 D.Lgs.).

Marchi tradizionali e di fabbrica

Marchi tradizionali di fabbrica, o sigle particolari, sono ammessi in aggiunta al marchio di identificazione, ma non devono contenere indicazioni atte ad ingenerare equivoci con il marchio ed il titolo stesso (art. 9 D.Lgs.). Inoltre, a richiesta degli interessati, i metalli e gli oggetti contenenti metalli preziosi possono essere sottoposti a saggio da parte delle Camere di commercio, le quali appongono, sul metallo o sull'oggetto saggiato, apposito marchio per il saggio facoltativo (art. 13 D.Lgs.).

I marchi tradizionali e di fabbrica, nonché il marchio per il saggio facoltativo trovano la loro disciplina attuativa nel capo V del DPR.

Obblighi dell’assegnatario del marchio di identificazione

I titolari di marchio provvedono a far fabbricare i punzoni contenenti le impronte dei marchi stessi nelle quantità, misure e tipi loro occorrenti, ricavandoli dalle matrici; i punzoni saranno poi muniti, da parte della Camera di commercio, di uno speciale bollo di autenticazione (art.11 D.Lgs.; art. 15, co. 1 e 7 e all. VI del DPR).

I marchi di identificazione resi inservibili dall'uso devono essere rimessi alle Camere di commercio per la deformazione, che viene effettuata con le modalità previste dal regolamento (art. 29, commi 8 e 10 del D.Lgs.).

Esoneri dall’obbligo di apposizione del marchio di identificazione

Non sono soggetti all'obbligo di apposizione del marchio e del titolo, pur essendo garantiti con modalità previste dal regolamento (artt. 19 e 23 del D.P.R.):

a)      oggetti di peso inferiore a 1 grammo;

b)      semilavorati e lavorati in metalli preziosi e loro leghe per odontoiatria;

c)      oggetti di antiquariato (riconosciuti da esperti iscritti nei Ruoli periti ed esperti delle CCIAA);

d)      semilavorati e loro leghe, oggetti e strumenti per usi industriali;

e)      strumenti ed apparecchi scientifici;

f)        monete;

g)      medaglie e altri oggetti preziosi fabbricati dalla Zecca dello Stato (che appone un suo marchio speciale);

h)      oggetti usati in possesso delle aziende commerciali (descritti nel Registro delle operazioni previsto dall'art. 128 del TULPS[5]);

i)        residui di lavorazione;

j)        leghe saldanti a base di argento, platino o palladio (art. 12 D.Lgs.).

Controlli nel settore dell’oreficeria e dell’argenteria

La vigilanza sulla produzione e sul commercio dei metalli preziosi è esercitata dal personale delle Camere di commercio anche nei confronti di coloro che producono, importano o rivendono oggetti placcati, argentati o rinforzati o di fabbricazione mista (art. 42, co. 1, del DPR).

Il suddetto personale, agli effetti dell'articolo 57 c.p.p.[6], durante l'espletamento e nei limiti del servizio di controllo per l'applicazione delle norme del decreto in commento, è qualificato ufficiale e agente di polizia giudiziaria. Per esercitare le funzioni di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria deve comunque aver frequentato con esito positivo un apposito corso teorico-pratico di formazione e, nell'esercizio dell’azione di vigilanza, è tenuto ad esibire una speciale tessera munita di fotografia rilasciata dalla Camera di commercio di appartenenza (art. 42, co. 2 DPR; art. 20 D.Lgs.). In particolare, il personale della Camera di commercio può effettuare visite ispettive, anche non preannunciate, con facoltà di accedere nei locali adibiti alla produzione, al deposito e alla vendita di materie prime e di oggetti in metallo prezioso, allo scopo di:

a)   prelevare campioni di materie prime portanti impressi il titolo dichiarato, per accertarne l'esattezza mediante saggi da eseguirsi presso laboratori delle camere di commercio;

b)   prelevare campioni di semilavorati ed oggetti già marchiati e pronti per la vendita (prodotti finiti), per accertare l'esattezza del titolo legale;

c)   verificare l'esistenza della dotazione di marchi d'identificazione e controllarne l'autenticità e la perfetta idoneità all'uso (art. 21 del D.Lgs.).

Al termine delle operazioni di controllo si redigono i seguenti documenti:

a)      verbale di ispezione;

b)      verbale di prelievo campioni;

c)      modulo di identificazione dei campioni.

I campioni prelevati vengono sigillati in apposite buste controfirmate dalle parti, ed inviati al laboratorio (artt. 43-47 DPR).

I saggi sono eseguiti con le modalità previste nel regolamento di attuazione (art. 44 e all. X del DPR), non danno luogo ad indennizzo ed i risultati devono essere indicati in appositi certificati (art. 22 del D.Lgs.).

I campioni e gli oggetti prelevati per il saggio ed i residui dei campioni e degli oggetti stessi sono restituiti al proprietario se risultano conformi alle prescrizioni della normativa in commento (art. 23 D.Lgs.).

Per quanto concerne i laboratori che effettuano il saggio degli oggetti in metallo prezioso e rilasciano le relative certificazioni del titolo, questi devono essere abilitati dalle Camere di commercio [7], o appartenere alle stesse o a loro aziende speciali; devono inoltre offrire garanzie di indipendenza e di qualificazione tecnico professionale, con particolare riferimento al settore orafo argentiero, per la determinazione del titolo dei metalli preziosi.

La vigilanza ed il controllo sui laboratori abilitati sono esercitati dalle Camere di commercio competenti per territorio, secondo le modalità stabilite nel regolamento (art. 18, co. 1, 2 e 5 D.Lgs.).

Al fabbricante o al suo mandatario è data facoltà di chiedere una certificazione aggiuntiva rilasciata dai laboratori suddetti, oppure da un organismo di certificazione accreditato a livello comunitario in base alle normative tecniche vigenti, che risulti rivolto al settore produttivo dei metalli preziosi (art. 19 D.Lgs.) [8].

Divieti

Ai produttori, importatori e commercianti è fatto divieto di vendere oggetti in metalli preziosi sprovvisti di marchio di identificazione e di titolo legale.

Ai commercianti è inoltre fatto divieto di detenere oggetti di metalli preziosi pronti per la vendita sprovvisti di marchio e del titolo legale. Il divieto non riguarda i prodotti commercializzati nei Paesi membri dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo, i prodotti importati da paesi non siano membri dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo, nonché i prodotti non soggetti all’obbligo di marchio di identificazione. Per tali prodotti vigono specifiche disposizioni (cfr. supra artt. 5 e 12 D.Lgs.).

I semilavorati su cui non è possibile effettuare la punzonatura del marchio di identificazione e del titolo potranno formare oggetto di scambio solo tra operatori muniti di marchio di identificazione, purché siano contenuti in involucri sigillati portanti il marchio di identificazione e l'indicazione del titolo (art. 24 D.Lgs.).

Sanzioni

Il quadro sanzionatorio delineato dall’articolo 25 del D.Lgs. è stato mutuato dalla legge del 1968[9] e risulta incentrato su sanzioni amministrative pecuniarie.

Salva l'applicazione delle maggiori pene stabilite dalle leggi vigenti, qualora il fatto costituisca reato, la violazione delle disposizioni del decreto n. 251 è così sanzionata:

 

Le sanzioni previste dall’art. 25, D.Lgs. n. 251/99

Fattispecie

Sanzione amministrativa

a) detenzione, produzione, importazione e commercio di metalli preziosi senza marchio di identificazione ovvero con marchi contraffatti, non assegnati o scaduti, illeggibili, ovvero senza titolo

 

Da 154,94 a 1.549,37 euro

b) Produzione di materie prime o oggetti di metallo prezioso con titolo inferiore a quello impresso

 

Da 309,87 a 3.098,74 euro

c) Commercio o detenzione per la vendita di materie prime o oggetti di metallo prezioso con titolo inferiore a quello impresso (salvo dimostrazione di non essere produttore e di non aver alterato gli oggetti)

 

 

Da 77,47 a 774,68 euro

d) Fabbricazione, commercio o detenzione per la vendita di oggetti di metallo comune recanti qualunque titolo e comunque tali da ingenerare confusione con i metalli preziosi[10]

 

 

 

Da 30,99 a 309,87 euro

e) Smarrimento dei marchi di identificazione senza tempestiva denuncia alla Camera di commercio

Il successivo articolo 26 del D.Lgs. prevede, in caso di condanna penale, la sanzione accessoria della pubblicazione della sentenza nonché, in caso di recidiva, la sospensione dall’esercizio dell’attività di produzione o commercio di preziosi per un periodo da 15 giorni a 6 mesi.

I principali dati economici del settore

Dati strutturali

L’Italia occupa un posto di primaria importanza nel mercato internazionale dell’oreficeria, sia per la grande quantità di materiale prezioso lavorato ed esportato in tutto il mondo, sia per l’elevato consumo a livello nazionale.

Ciononostante, per una serie di fattori (la presenza di una struttura produttiva estremamente frammentata e caratterizzata dalla presenza di imprese di piccole dimensioni, la natura intrinseca “trasversale” del comparto, che comprende produttori, grossisti e dettaglianti), non è agevole disporre di statistiche omogenee che consentano di valutare appieno il settore in termini di contributo all’occupazione, alla consistenza delle imprese, alla formazione del reddito, ecc.

Partendo da queste considerazioni, Assicor, Associazione Intercamerale di Coordinamento per lo Sviluppo produttivo dell'Oreficeria, Argenteria e Affini, al fine di fornire un servizio ad operatori, addetti ai lavori, associazioni di categoria, ha previsto tra le proprie linee di attività uno spazio specifico per la creazione di un osservatorio economico che consentisse di ricomporre un quadro quantitativo strutturale del comparto nella sua dimensione territoriale[11].

Secondo il rapporto di Assicor, a livello nazionale a metà dell’anno 2002 il settore dell’Oreficeria, Argenteria e Affini, nei suoi due comparti della produzione e della distribuzione, contava 36.326 imprese attive (pari allo 0,7% del totale) con una occupazione di oltre 103 mila addetti (sempre pari allo 0,7% degli addetti alle imprese presenti nel Paese) e un valore aggiunto ai prezzi base stimabile al 2001 in una cifra pari a oltre 4.600 milioni di euro.

In complesso, nel settore, il comparto relativo alla distribuzione assume rilievo soprattutto con riferimento alla numerosità imprenditoriale, pari a 23.836 imprese (65,6% del totale) contro le 12.490 relative alla produzione (34,4%).

Nel caso dell’attività di produzione, il comparto largamente più significativo è quello della fabbricazione di oggetti di gioielleria e articoli annessi, mentre per quanto riguarda la componente distributiva, l’osservazione nel dettaglio fa emergere il commercio di orologi, articoli di gioielleria e argenteria, ma anche quote significative per la riparazione di orologi e gioielli.

Nel 2001, a livello nazionale, le esportazioni complessive del settore dei metalli preziosi sono ammontate a 9.501 milioni di euro (pari al 3,5% delle esportazioni nazionali) mentre le importazioni sono state di 14.466 milioni di euro (il 5,6% delle importazioni totali). Il saldo commerciale per l’intero settore è risultato dunque negativo per 4.965 milioni di euro a fronte di un valore positivo di 8.875 milioni di euro per quello nazionale.

La vocazione all’attività sui mercati esteri del settore è molto accentuata: effettuando una stima del fatturato complessivo del comparto emerge come le vendite all’estero rappresentino una percentuale superiore al 55%, con un dato di eccellenza per il Nord-Est (in cui si arriva a superare l’80%) e un dato al contrario molto basso per il Mezzogiorno, in cui l’attività riguarda più il commercio interno che non la produzione (e quindi l’export).

All’interno del settore, l’apporto più consistente delle esportazioni, è costituito dai gioielli e dagli articoli di oreficeria (60% delle esportazioni del settore).

La quasi totalità delle importazioni ha riguardato, invece, i metalli preziosi (pari all’87% delle importazioni totali).

Nell’anno 2001, il mercato più importante per la destinazione delle merci del settore è stato quello europeo (52,9%), in modo particolare l’Unione Europea (40% delle esportazioni complessive). Le esportazioni verso l’America hanno registrato una quota del 30%, mentre il mercato asiatico un’incidenza sull’export di settore del 14,2%.

L’Europa è anche il principale fornitore di beni preziosi (70,6% dell’import complessivo).

Alla data del 30 giugno 2002 il settore dell’oreficeria, argenteria e affini nel suo complesso, a livello di macro aree presenta un elevato livello di concentrazione rispetto al complesso delle attività imprenditoriali nella parte centrale del Paese.

Anche se la maggioranza delle imprese risulta localizzata nel Mezzogiorno che raccoglie il 31,3% delle imprese orafe nazionali, il Centro Italia raccoglie il 24,5% delle imprese totali contro il 18,6% delle imprese complessive.

Tale scarto è quasi per intero attribuibile alla regione Toscana che da sola assorbe il 12,5% delle imprese del settore.

Particolarmente penalizzato risulta essere il Nord- Est, che pur comprendendo entro i propri confini una delle province storiche del settore, quale è Vicenza, vede un differenziale negativo di 2,6 punti percentuali imputabile principalmente all’Emilia Romagna.

Segmentando il dato complessivo del settore nelle componenti produttiva e distributiva si nota in particolare come nel Centro sia particolarmente concentrata la componente produttiva dell’intero settore. Al contempo, la componente produttiva risulta essere invece relativamente meno presente nel Mezzogiorno, caratterizzato invece – come si diceva - dal comparto distributivo.

Gli sviluppi recenti del comparto produttivo

Il settore orafo-gioielliero, per originalità e qualità delle sue produzioni, è uno tra i settori del “Made in Italy” che più ha contribuito all’immagine dell’Italia nel mondo[12]. Il comparto detiene ancora il sesto saldo commerciale attivo con l’estero, e come saldo attivo è al primo posto tra quelli del comparto moda ed accessorio. Le esportazioni rappresentano i 2/3 della produzione orafa.

Un settore produttivo che si concentra in alcuni distretti di punta, ad esempio Vicenza, Arezzo, Valenza Po, Napoli per l’oreficeria e la gioielleria in oro, Padova, Firenze e Palermo per l'argenteria.

Si pensi che nella provincia di Arezzo, principale polo di produzione orafa, la rilevanza del settore dell’oro sul totale della produzione provinciale è del 39% (calcolata sulla base del rapporto tra export di oreficeria ed export totale di manufatti), del 15% nella provincia di Alessandria (ove si trova il distretto di Valenza Po) e del 10% nella provincia di Vicenza. Queste tre province insieme coprono più dell’80% dell’export del settore.

In totale, il comparto produttivo del settore conta, secondo i dati Unioncamere, circa 11 mila unità locali attive che sono passate dalle 12.876 del 2004 alle 11.421 del 2008 con un calo di ben 1.455 unità in soli 5 anni (-11,3%) e ad oggi è sceso al di sotto delle 11 mila.

Il settore a livello occupazionale è in netto calo rispetto agli anni precedenti dando lavoro diretto ad oltre 45.000 addetti senza calcolare il valore della filiera distributiva (24.000 punti vendita in Italia) e dell’indotto (sistemi fieristici, assicurazioni, sistemi di sicurezza e trasporto valori, …). In maniera diretta ha subito un calo dell’occupazione quindi di circa 30mila addetti in poco meno di dieci anni. Ad oggi gli occupati sono al di sotto dei 40mila, di cui quasi 20 mila in cassa integrazione. Di tale settore, Arezzo rappresenta il 27% degli occupati ed oltre il 35% del fatturato del settore.

Dall’inizio degli anni 2000 il settore è entrato in una fase di grande sofferenza e rallentamento che ne ha compromesso la leadership mondiale, dal primo al secondo posto tra il 2000 ed il 2004 e dal secondo al quarto posto al 2008. Dal 2003 ad oggi la produzione di oggetti in oro e argento è calata in modo drammatico per le difficoltà incontrate sul mercato interno e su quelli esteri.

Ad esempio in USA, principale mercato di sbocco, le esportazioni sono diminuite del -75% in valore (dal 2003 al 2008) ed è ancora in calo.

In undici anni (dal 1998 al 2009) le quantità di oro trasformate in prodotti finiti si sono ridotte a meno di un quarto, passando da 535 tonnellate a 123 t.

Contenuto delle proposte di legge n. 225 e n. 2274

Le abbinate proposte A.C. 225 (Mazzocchi) e A.C. 2274 (Mattesini ed altri) sono entrambe volte all’introduzione di una regolamentazione del settore commerciale dei materiali gemmologici. A differenza delle aziende della filiera orafa, per le quali esiste una legislazione che prevede controlli, per il settore delle gemme non esiste alcuna normativa - a livello nazionale o comunitario - che ne preveda la certificazione a partire dalla loro importazione nel nostro Paese.

Le proposte in esame si prefiggono, pertanto, lo scopo di introdurre nel nostro ordinamento norme in grado di stabilire una sorta di tracciabilità della filiera delle gemme, a garanzia sia degli operatori che dei consumatori.

Le due proposte in esame, pur diversamente articolate, presentano numerosi punti di contatto e recano disposizioni simili e talvolta identiche, per quanto concerne, in particolare, l’individuazione del campo di applicazione, le definizioni e le denominazioni commerciali, i trattamenti dei materiali gemmologici, la certificazione di qualità, i laboratori di analisi e il regime sanzionatorio.

Si segnala che, nelle passate legislature, sono state presentate diverse stesure della pdl Mazzocchi a partire dal 2004 (AC. 4814 nella XIV legislatura e AC. 158 nella XV legislatura).

La pdl Mattesini, inoltre, ripropone sostanzialmente il testo della pdl presentata dall’On. Nieddu nella XIV legislatura (AC. 5272).

La proposta di legge Mazzocchi si articola in cinque capi e consta di 16 articoli.

La pdl Mattesini si compone di 13 articoli, suddivisi in due capi.

Nel seguito verranno descritte entrambe le proposte di legge nei differenti aspetti che esse trattano. Per un confronto più dettagliato, si rinvia al testo a fronte riportato alla fine dell’illustrazione.

Definizioni e disposizioni generali

L’articolo 1 della pdl Mazzocchi definisce il campo di applicazione delle disposizioni contenute nella proposta, nel quale rientrano i seguenti materiali:

a)  minerali di origine naturale, formatisi in giacimenti naturali;

b   minerali sintetici;

c)  prodotti artificiali;

d)    perle naturali e altri materiali organici di origine animale o vegetale, tradizionalmente utilizzati in gioielleria;

e)  perle coltivate o altrimenti denominate;

f)   imitazioni di perle.

 

L’articolo 1, comma 2, della pdl Mattesini definisce il medesimo campo di applicazione, con l’aggiunta della lettera g) ogni altro materiale gemmologico derivante dall’applicazione di nuove tecnologie. La pdl Mattesini poi, al comma 3, rinvia ad un regolamento del Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro 6 mesi, sentite le associazioni di settore più rappresentative e il Comitato centrale metrico, per la definizione delle modalità di riconoscimento delle caratteristiche costitutive dei materiali gemmologici e dei metodi di analisi gemmologica per la determinazione della categoria commerciale di appartenenza.

Si segnala che la legge n. 99/2009[13] ha soppresso il Comitato centrale metrico (articolo 27, comma 36). Ai sensi del successivo comma 37, laddove per disposizione di legge o di regolamento si preveda l’acquisizione del parere tecnico del Comitato centrale metrico, il Ministero dello sviluppo economico può chiedere un parere facoltativo agli istituti metrologici primari, ovvero ad istituti universitari, con i quali stipula convenzioni senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato.

Si ricorda che, secondo l’articolo 2 della legge 11 agosto 1991, n. 273, svolgono le funzioni di istituti metrologici primari l'I.N.RI.M («Istituto nazionale di ricerca metrologica», ente pubblico nazionale con il compito di svolgere e promuovere attività di ricerca scientifica, nei campi della metrologia) che è nato dalla fusione dell’istituto di metrologia «Gustavo Colonnetti» e dell'istituto elettrotecnico nazionale «Galileo Ferraris», e l’ENEA per i campioni delle unità di misura impiegate nel campo delle radiazioni ionizzanti.

 

Per quanto riguarda le associazioni, si ricorda che Assicor è l'Associazione Intercamerale di Coordinamento per lo Sviluppo Produttivo dell'Oreficeria, Argenteria ed Affini, che mira alla collaborazione tra tutti i protagonisti di un segmento di mercato, in particolare sistema camerale ed associazioni nazionali di categoria.

Nel settore esistono molte associazioni a livello locale e di distretto, come l’AOV (Associazione Orafa Valenzana), l’Associazione Orafa Lombarda, l’Associazione Orafa Arezzo, ASSOCORAL (associazione produttori coralli cammei e materie affini), Collegio Italiano Gemmologi, Confindustria Federorafi (Federazione Nazionale Orafi Argentieri Gioiellieri Fabbricanti Aderente a Confindustria), Associazione Italiana Artigiani Orafi Argentieri Orologiai ed affini, unione nazionale CNA artistico e tradizionale, unionorafi – confapi (unione nazionale della piccola e media industria orafa e argentiera), e molte altre.

 

L’unico comma dell’articolo 2 della pdl Mazzocchi reca le definizioni di: materiale gemmologico, materiale gemmologico naturale, trattato, sintetico, artificiale, composito, agglomerato, vetro artificiale, perla naturale, perla coltivata o di coltura, con o senza nucleo, imitazione di perla o perla imitazione.

 

L’articolo 2 della pdl Mattesini reca le medesime definizioni, ad eccezione della definizione di perla naturale, che non è contemplata.

 

L’articolo 3 della pdl Mazzocchi riguarda i trattamenti subiti dai materiali gemmologici.

Il comma 1 prevede che la denominazione dei materiali gemmologici trattati venga completata dall’indicazione di detti trattamenti, in conformità con la norma UNI EN 10245[14], mentre il comma 2 reca le definizioni dei termini che devono essere adottati con riferimento ai principali trattamenti effettuati sulle gemme allo stato attuale dei procedimenti tecnologici.

Le definizioni riportate sono, in particolare, quelle di: materiale termo diffuso, impregnato, irradiato, oliato, oliato con l’aggiunta di coloranti, otturato o infiltrato, ricoperto, riscaldato, tinto, depurato, sottoposto ad alta pressione e ad alta temperatura.

Il comma 3 precisa che ogni altro processo chimico o fisico cui siano sottoposti i materiali gemmologici deve essere indicato in maniera sintetica e chiara su:

§         i documenti commerciali che si riferiscono al prodotto;

§         i documenti pubblicitari che si riferiscono al prodotto;

§         le eventuali etichette o cartellini che lo accompagnano;

§         le dichiarazioni rilasciate ai sensi dell’articolo 9.

L’articolo 4 della pdl Mattesini contiene le norme in materia di trattamenti.

Il comma 1 differisce dal medesimo della pdl Mazzocchi solo in quanto manca il riferimento alla norma UNI EN 10245.

Il comma 2, recante le definizioni, contiene alcune differenze rispetto al medesimo comma della pdl Mazzocchi:

§       il materiale “termodiffuso” è detto anche “diffuso”, e la definizione non è perfettamente identica. Si rilevano alcune differenze anche nelle altre definizioni (in particolare si segnalano quelle di materiale “oliato” e “otturato o infiltrato”) dovute principalmente (ma non solo) al fatto che in luogo di “materiale gemmologico” si utilizza la dicitura “materiale di origine naturale”.;

§       non contiene le definizioni di materiale gemmologico “oliato con l’aggiunta di coloranti”, “depurato” e “sottoposto ad alta pressione e ad alta temperatura”;

§       prevede, al comma 3, l’aggiornamento delle terminologie riguardanti i trattamenti ogni 2 anni tramite decreto del Ministro dello sviluppo economico;

§       dispone, al comma 4, che per i prodotti trattati deve essere messa a disposizione dell’acquirente e consegnata insieme alla fattura o allo scontrino fiscale una scheda informativa che descriva i trattamenti applicati, i loro effetti e le precauzioni da prendere per la conservazione del prodotto.

 

Gli articoli 4, 5 e 6 della pdl Mazzocchi riguardano le denominazioni commerciali dei materiali gemmologici.

 

L’articolo 4, comma 1, impone l’obbligo di applicare precise denominazioni ai suddetti materiali definiti all’articolo 2:

§      naturale;

§      trattato.

Secondo il successivo comma 2, in sostituzione del termine “trattato” può essere indicato direttamente il processo a cui il materiale gemmologico è stato sottoposto[15];

§      sintetico;

§      di coltura[16];

§      artificiale.

I commi da 3 a 7 individuano e specificano la nomenclatura che deve essere utilizzata per la denominazione dei materiali gemmologici stabilendo in proposito che:

§      per i materiali gemmologici naturali la nomenclaturaè quella riportata nel prospetto I della norma UNI EN 10245, e successivi aggiornamenti:

§      per i materiali gemmologici sintetici è quella riportata nel prospetto II della medesima norma UNI EN 10245;

§      per i materiali gemmologici artificiali è quella riportata nel prospetto III della citata norma UNI EN 10245;

§      per i tagli dei materiali gemmologici si applica la norma UNI 10173[17] e successivi aggiornamenti[18];

§      limitatamente ai diamanti tagliati, si applica anche la norma UNI 9758[19] e successivi aggiornamenti[20].

I commi rinviano a norme tecniche. Secondo la direttiva europea 98/34/CE del 22 giugno 1998, "norma" è la specifica tecnica approvata da un organismo riconosciuto a svolgere attività normativa per applicazione ripetuta o continua, la cui osservanza non sia obbligatoria e che appartenga ad una delle seguenti categorie: norma internazionale (ISO); norma europea (EN); norma nazionale (UNI).

Pertanto le norme tecniche sono documenti di natura volontaria elaborati con il consenso delle parti interessate (produttori, consumatori, pubblica amministrazione ecc.), che definiscono le prestazioni e le caratteristiche di prodotti, processi produttivi o servizi sotto diversi profili: qualitativi, dimensionali, tecnologici, di sicurezza ecc. Dalle norme tecniche si distinguono le regole tecniche, documenti normativi che definiscono le caratteristiche di prodotti e processi la cui osservanza è resa obbligatoria per legge. Le norme tecniche sono emesse da organismi nazionali e internazionali di normazione, enti di diritto privati riconosciuti, rappresentativi di organizzazioni imprenditoriali, pubbliche amministrazioni, associazioni di consumatori e componenti tecnico-scientifiche. In Italia l'attività di normazione è svolta dall'UNI (Ente nazionale italiano di unificazione) e dal CEI (Comitato elettrotecnico italiano) che rappresentano l'Italia presso gli enti di normazione a livello comunitario (CEN e CENELEC) e a livello internazionale (ISO e IEC International Electrotechnical Commission).

Le norme tecniche assumono un carattere di documenti cogenti qualora le Pubbliche Amministrazioni, ritenendole determinanti in materia di sicurezza del lavoratore, del cittadino o dell’ambiente, le richiamino nei documenti legislativi.

 

L’articolo 5 della pdl Mazzocchi con riferimento alladenominazione dei materiali indicati all’articolo 2, vieta l’uso dei termini « semiprezioso » e « fino ».

Tale articolo è analogo al comma 7 dell’articolo 3 della pdl Mattesini.

 

L’articolo 6 della pdl Mazzocchi riguarda la denominazione delle perle naturali e coltivate (o di coltura), stabilendo in proposito, ai commi 1 (perle naturali) e 2 (perle coltivate), che le suddette sono denominate ”segate 3/4 o segate 1/2”, a seconda della loro forma, quando sono state segate o molate. Il comma 3 stabilisce che le perle coltivate segate 3/4 o segate 1/2 sono denominate “perle coltivate composite o mabe” quando risultano dell’assemblaggio, a opera dell’uomo, di una parte superiore, costituita da una bolla di coltura perlacea, con una parte inferiore di madreperla e un riempimento interno di materiale vario.

Il contenuto dei commi 2 e 3 di tale articolo è lo stesso dei commi 8 e 9 dell’articolo 3 della pdl Mattesini, la quale invece non riprende le norme del comma 1 sulle perle naturali.

 

La pdl Mattesini tratta la medesima questione delle denominazioni commerciali all’articolo 3, che ripropone le norme appena descritte, a meno delle differenze segnalate nel testo e nelle note.

 

L’articolo 7 della pdl Mazzocchi al comma 1 contiene il divieto all’importazione, alla detenzione a scopo di vendita, alla vendita o alla distribuzione a titolo gratuito di materiali e di prodotti gemmologici la cui denominazione risulti diversa da quella prevista dalla proposta di legge in esame.

Tale divieto è previsto anche dall’articolo 1, comma 1, della pdl Mattesini che, a differenza della disposizione in esame, lo estende anche ai prodotti privi di certificazione.

Il comma 2 dell’articolo 7 della pdl Mazzocchi precisa che le denominazioni commerciali di cui all’articolo 4 devono essere indicate

§      su tutti i documenti commerciali o pubblicitari che si riferiscono al prodotto;

§      sulle etichette o i cartellini che lo accompagnano.

L’articolo 3, comma 5, della pdl Mattesini reca la medesima disposizione.

 

Il comma 2 dell’articolo 7 della pdl Mazzocchi precisa, inoltre, che l’uso di dette denominazioni è il solo consentito per indicare i prodotti anche verbalmente.

Le medesime denominazioni devono essere utilizzate, ai sensi del comma 3, per i prodotti esposti in manifestazioni espositive, in fiere e in mostre aventi carattere commerciale.

L’ultima precisazione del comma 2, e la disposizione del comma 3 della pdl Mazzocchi non sono contenute nella proposta Mattesini.

 

L’articolo 8 della pdl Mazzocchi estende l’applicazione del precedente articolo 7 ai casi in cui i prodotti siano proposti al consumatore in vendite all’incanto, anche se derivanti da operazioni di credito su pegno, da antiquari o mediante una tecnica di comunicazione a distanza. In quest’ultima ipotesi le denominazioni dei diversi materiali gemmologici devono essere riportate sulla proposta di contratto o di vendita a distanza.

L’articolo 1, comma 4, della pdl Mattesini contiene analogamente un’estensione della normativa, considerando però solo il caso in cui i prodotti siano proposti al consumatore mediante una tecnica di comunicazione a distanza.

Importatori e produttori

Le norme in materia di produzione e importazione di materiali gemmologici descritte in questo paragrafo sono presenti solamente nella proposta di legge Mattesini.

La relazione illustrativa di tale pdl illustra dettagliatamente la complessità della filiera delle gemme. Si parte dalla miniera per passare al trasporto nei luoghi tipici di lavorazione che variano nel tempo in relazione alla maggiore o minore economicità dei fattori produttivi. Si passa, poi, ai centri di raccolta e di vendita commerciale dei prodotti tagliati, pronti per essere utilizzati dai produttori di gioielleria e da altre figure industriali e commerciali. A questo punto intervengono i cosiddetti «importatori», grossisti di gemme che, in tutto il mondo, selezionano, acquistano e propongono ai propri clienti (i produttori di gioielleria ma non solo) ciò che hanno reperito sui mercati internazionali o direttamente presso le taglierie sui luoghi di produzione dei gioielli. I luoghi di produzione non sono quasi mai gli stessi dove avviene il ritrovamento delle gemme-materia prima. A questo punto del lungo cammino le figure commerciali che immettono le gemme nel mercato finale sono molte e di diversa tipologia. Si va dal commerciante all'ingrosso, che distribuisce con la propria rete di rappresentanza ai negozianti, alle forme di distribuzione che avvengono presso le fiere del settore, alla vendita televisiva, fino alla vendita abusiva da parte di operatori italiani e stranieri non inquadrati fiscalmente, né muniti di licenza di alcun tipo che si propongono direttamente ai privati senza alcun controllo. Ci sono poi gli effetti della globalizzazione: molti commercianti di gemme provenienti dalla Cina, dall'India, dal Brasile e da altri Paesi emergenti che rappresentano le proprie ditte presso le fiere di settore, usando talvolta anche altri canali di vendita quali le cosiddette «mostre di minerali», che si trasformano in occasioni surrettizie dove si vende dal diamante al sasso lucidato da utilizzare come ferma porta. Introdurre gemme nel nostro Paese è dunque molto facile. A queste forme di vendita si associano, infine, i venditori abituali porta a porta, sulle spiagge, per le strade, nei mercatini e così via.

 

L’articolo 5, al comma 1, istituisce presso il Ministero dello sviluppo economico l’elenco nazionale degli importatori e dei produttori di materiali gemmologici, che devono essere certificati (ai sensi dell’articolo 10) per assicurare la provenienza certa e il valore reale dei materiali che vengono poste in vendita. Criteri e le modalità di iscrizione all’elenco saranno stabiliti con il regolamento previsto dall’articolo 1, comma 3, del presente provvedimento (comma 2).

Il comma 3 impone agli importatori e ai produttori l’obbligo di indicare, nei documenti di accompagnamento e nelle fatture di vendita, la provenienza dei materiali gemmologici.

A carico dei commercianti all’ingrosso, degli artigiani intagliatori e dei rivenditori al dettagliodei materiali gemmologici e di oggetti costituiti dai suddetti materiali viene posto, invece, l’obbligo di controllare, all’atto dell’acquisto della merce, la fattura di vendita che deve contenere la descrizione dei diversi passaggi subiti dalla merce stessa ai fini della sua tracciabilità e la corrispondenza della merce stessa ad eventuali certificazioni di qualità che l’accompagnano.

 

L’articolo 6 della pdl Mattesinidisciplina l’importazione di materiali gemmologici.

Il comma 1 prevede l’obbligo per l’importatore e il produttore di materiali gemmologici di provvedere al confezionamento di ogni singola pietra il cui valore superi i 250 euro. Tale pietra dovrà essere sigillata e accompagnata da una certificazione di qualità.

In proposito, appare necessario precisare quale ente od organismo dovrebbe stabilire preliminarmente il valore del materiale in modo da discriminare quale superi i 250 euro.

Il comma 2 vieta l’importazione e l’immissione sul mercato italiano di materiali gemmologici da parte di soggetti non iscritti all’elenco di cui al comma 1 dell’art. 5 , nonché dei materiali non conformi alle modalità previste dal precedente comma 1.

La relazione illustrativa ritiene indispensabile statuire norme atte a stabilire la tracciabilità della filiera delle gemme, tramite l'obbligo di apporre su ogni gioiello commercializzato un'etichetta identificativa delle materie prime utilizzate, che sia univocamente riconducibile a un apposito certificato gemmologico nel caso in cui vi siano montate delle gemme. Tuttavia essa rileva che tale norma non avrebbe senso se il processo di trasparenza non avesse luogo a monte del dettagliante, lungo tutta la catena, e se l'obbligo della tracciabilità non discendesse dall'importatore all'eventuale grossista fino al dettagliante. Per questa ragione è istituito un elenco degli importatori e dei produttori che devono essere certificati e sono previsti il confezionamento e la certificazione delle gemme il cui valore superi i 250 euro.

Formazione degli operatori

Le norme descritte in questo paragrafo sono presenti solamente nella pdl Mattesini.

L’articolo 7 si occupa della formazione degli addetti del settore, prevedendo al comma 1, l’organizzazione di corsi di formazione per importatori e produttori, promossi dalle regioni e finalizzati alla conoscenza dei materiali gemmologici, alla loro lavorazione e alla loro commercializzazione.

Secondo la relazione illustrativa, la proposta in esame punta sulla formazione degli addetti al settore in quanto rappresenta uno strumento per elevare la qualità del prodotto italiano rendendolo inattaccabile sul mercato globale.

Il comma 2 prescrive per i nuovi operatori, compresi gli orafi che trattano materiali gemmologici che intendano conseguire l’abilitazione alla lavorazione e al commercio dei suddetti materiali, l’obbligo di partecipare a corsi per la formazione di base, a cui dovranno seguire tre anni di apprendistato in un’azienda del settore certificata secondo, i principi del successivo comma 4.

Per gli operatori in attività, per i loro coadiuvanti e dipendenti è, invece, prevista la partecipazione a corsi obbligatori di aggiornamento di carattere biennale (comma 3).

La relazione illustrativa sottolinea che le novità nel campo delle gemme sono piuttosto frequenti, e, quindi, oltre alla formazione di base per i nuovi addetti del settore (operatori, collaboratori e dipendenti) si tratta di offrire un aggiornamento costante agli addetti già presenti nel mercato. Si tratta di formare professionisti esperti nelle tecniche gemmologiche tradizionali e in quelle tecnologicamente più innovative, fornendo la conoscenza dell'enorme potenziale costituito dalle numerose specie e varietà gemmologiche utilizzabili in commercio, diffondendo la conoscenza delle norme di tutela del consumatore, del concetto di qualità in campo gemmologico, dei mercati di approvvigionamento, dei canali di distribuzione, dei meccanismi di produzione e distribuzione nel mercato del gioiello.

Il comma 4, come precedentemente accennato, prevede che i corsi di formazione o aggiornamento siano organizzati dalle regioni in base a criteri la cui definizione è demandata ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentite le associazioni maggiormente rappresentative degli operatori del settore e dei consumatori. I corsi daranno luogo alla certificazione di qualità dell’operatore.

Secondo la relazione illustrativa occorre dare vita a un sistema formativo, promosso dalle regioni, in grado di diversificare le varie figure professionali dal responsabile degli approvvigionamenti e del controllo di qualità delle gemme presso aziende del settore (produzione, vendita all'ingrosso e al dettaglio); al tecnico-analista di laboratori di analisi gemmologiche; al responsabile degli addetti alla vendita; al tecnico-analista gemmologico presso istituti di credito su pegno, case d'asta e assicurazioni. Esistono già, d'altra parte, sia master universitari sia istituti specializzati in grado di contribuire a dare una svolta qualitativa e professionale a questo rilevante settore dell'economia nazionale.

Il comma 5 riconosce a coloro che abbiano frequentato i corsi di formazione o di aggiornamento il diritto a esporre un marchio di qualità riconoscibile dall’acquirente, le cui caratteristiche sono definite con il decreto di cui al comma precedente. Il Ministero dello sviluppo economico, poi, cura la realizzazione di campagne di comunicazione pubbliche a cadenza minima annuale. Tali campagne sono volte a diffondere tra i consumatori la conoscenza del marchio stesso, nonché delle problematiche connesse alla qualità delle gemme.

Il comma 6 prevede che, ai fini dell’informazione del consumatore, le regioni, d’intesa con le camere di commercio, le associazioni di categoria del settore e dei consumatori, si facciano carico della stampa di un vademecum per l’acquisto di materiali gemmologici, nel quale saranno riportate, in sintesi, le disposizioni del presente provvedimento e che sarà diffuso negli esercizi commerciali e nei luoghi di esposizione in cui si svolge la vendita di materiali gemmologici.

Tutela del consumatore

La proposta di legge Mattesini contiene un articolo esplicitamente dedicato alla tutela del consumatore.

L’articolo 8 della citata proposta prevede, al comma 1, che al regolamento di cui all’articolo 1, comma 3, sia allegata una tabella contenente le caratteristiche dei materiali gemmologici e le loro denominazioni commerciali. Nella tabella, volta a garantire una corretta informazione del consumatore, saranno riportate anche le denominazioni e le caratteristiche dei materiali esteri con denominazioni diverse da quelle previste per i materiali di produzione italiana.

Il comma 2 prevede inoltre che la tabella sia esposta in modo visibile nei locali e nei luoghi di esposizione nei quali si svolge la vendita al dettaglio in modo da favorire la comparazione da parte dell’acquirente.

Da ultimo, il comma 3 consente l’immissione sul mercato italiano di materiali gemmologici legalmente fabbricati o commercializzati fuori dai confini italiani a condizione che sia effettuata garantendo un grado di tutela e di informazione del consumatore equivalente a quello previsto dalla presente proposta di legge.

 

L’articolo 14 della pdl Mazzocchi contiene una norma di tutela simile al comma 3 appena descritto. Tuttavia mentre la pdl Mattesini si riferisce a materiali fabbricati o commercializzati indistintamente “all’estero”, la pdl Mazzocchi restringe il campo ai soli paesi della UE e dello Spazio economico europeo.

Qualità dei prodotti

La pdl Mazzocchi prevede all’articolo 9 che il venditore rilasci, su richiesta dell’acquirente, una dichiarazione in cui sono descritti, secondo quanto disposto dalla pdl, i materiali gemmologici venduti, sfusi o montati. Il contenuto della dichiarazione sarà stabilito dal regolamento di attuazione della pdl previsto dall’articolo 15. Tale dichiarazione diviene obbligatoria in caso di vendite a distanza o al di fuori dei locali commerciali.

 

In caso di controversie sul contenuto di tale dichiarazione, la risoluzione delle stesse è demandata, secondo l’articolo 10, a un collegio arbitrale istituito presso la Camera di commercio nella cui circoscrizione ha sede l’acquirente. Tale collegio è composto da tre membri, di cui uno indicato da ciascuna delle parti, e il terzo scelto tra i direttori dei laboratori gemmologici di cui all’articolo 12. Le modalità operative del collegio saranno stabilite dal decreto attuativo della pdl, previsto dall’articolo 15.

 

L’articolo 11 della pdl Mazzocchi riguarda gli eventuali accertamenti riguardo alla correttezza di quanto dichiarato, relativamente ai materiali gemmologici:

§      nei documenti commerciali o pubblicitari;

§      nelle proposte di contratto o di vendita a distanza;

§      nelle eventuali etichette o cartellini che accompagnano il prodotto;

§      nelle dichiarazioni rilasciate dal venditore ai sensi dell’articolo 9.

Secondo l’articolo 11, qualora si rendano necessari accertamenti, esclusivamente i laboratori di cui al successivo articolo 12 sono autorizzati a rilasciare le relative certificazioni.

La relazione illustrativa sottolinea che, prevedendo la dichiarazione in luogo dell’obbligo della certificazione dei prodotti si evita di correre il rischio di una grave penalizzazione del settore, considerato che in Italia i laboratori autorizzati a effettuare analisi sono pochi, e si troverebbero ad esaminare un milione di pezzi, con notevole aggravio di oneri e costi a carico delle attività commerciali.

 

La pdl Mattesini, all’articolo 10, pone a carico di importatori e produttori l’obbligo di richiedere un’apposita certificazione di qualità relativa alla produzione dei materiali gemmologici, rilasciata da un laboratorio abilitato oppure da un organismo di certificazione accreditato a livello comunitario, in base alle normative tecniche vigenti (comma 1). Il comma 2 prevede che i laboratori e gli organismi di certificazione svolgano periodicamente, presso l’importatore e il produttore, controlli sui materiali pronti per la vendita tramite perizie che non danneggino il prodotto finito. Le modalità di tali controlli e prove, mediante prelievo di campioni di oggetti, sono stabilite dal regolamento di cui all’articolo 1, comma 3.

Laboratori

L’articolo 9 della pdl Mattesini reca disposizioni concernenti i laboratori che effettuano l’analisi dei materiali gemmologici.

Il comma 1 ai fini dello svolgimento dell’attività di analisi dei materiali gemmologici in commercio e del rilascio delle relative certificazioni della categoria di appartenenza, richiede, in alternativa:

§      l’abilitazione dei laboratori da parte delle camere di commercio,

§      l’appartenenza dei laboratori alle camere di commercio o a loro aziende speciali[21];

§      l’appartenenza dei laboratori all’Agenzia delle dogane[22].

Il comma 2 richiede ai predetti laboratori garanzie di indipendenza e di qualificazione tecnico-professionale relativa, in particolare, al settore della gemmologia per la determinazione della categoria di appartenenza dei materiali gemmologici in commercio. Ai sensi del medesimo comma i laboratori devono essere accreditati presso il SINAL per effettuare le prove previste dai metodi di analisi gemmologia indicati nel regolamento, conformemente alla norma UNI CEI EN ISO/IEC 17025[23].

Si segnala in proposito che attualmente l’unico organismo nazionale autorizzato dallo Stato a svolgere attività di accreditamento è ACCREDIA – Ente Italiano di Accreditamento - nato dalla fusione di SINAL e SINCERT[24].

Si ricorda infatti che l’articolo 4 della legge n. 99/2009[25] reca disposizioni in merito all’attuazione del capo II del regolamento (CE) n. 765/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, in materia di accreditamento e vigilanza del mercato per la commercializzazione dei prodotti. In particolare essa prevede che il Ministro dello sviluppo economico provveda entro sei mesi, con uno o più decreti di natura non regolamentare, alla adozione delle prescrizioni relative alla organizzazione ed al funzionamento dell’unico organismo nazionale autorizzato a svolgere attività di accreditamento in conformità alle disposizioni del regolamento comunitario, alla definizione dei criteri per la fissazione di tariffe di accreditamento, anche tenuto conto degli analoghi sistemi tariffari eventualmente adottati dagli altri Paesi dell’Unione europea, nonché alla disciplina delle modalità di controllo dell’organismo da parte dei Ministeri concertanti, anche mediante la previsione della partecipazione di rappresentanti degli stessi Ministeri ai relativi organi statutari.

Il Ministro dello sviluppo economico con il D.M. 22 dicembre 2009 ha provveduto alla designazione di ACCREDIA quale unico organismo italiano autorizzato a svolgere attività di accreditamento e vigilanza del mercato.

ACCREDIA valuta la competenza tecnica e l'idoneità professionale degli operatori di valutazione della conformità (Laboratori e Organismi), accertandone la conformità a regole obbligatorie e norme volontarie, per assicurare il valore e la credibilità delle certificazioni.

Le attività dell'Ente si articolano in quattro Dipartimenti:

-          Certificazione e ispezione;

-          Laboratori di prova;

-          Laboratori di prova per la sicurezza degli alimenti;

-          Laboratori di taratura.

L'accreditamento è un servizio svolto nell'interesse pubblico perché gli utenti business e i consumatori finali, ma anche la Pubblica Amministrazione quando ricorre a fornitori esterni, possano fidarsi, fino all'ultimo anello della catena produttiva e distributiva, della qualità e sicurezza dei beni e dei servizi che circolano su un mercato sempre più globalizzato. L'accreditamento garantisce che i rapporti di prova e di ispezione e le certificazioni (di sistema, prodotto e personale) che riportano il marchio ACCREDIA siano rilasciate nel rispetto dei più stringenti requisiti internazionali in materia di valutazione della conformità, e dietro una costante e rigorosa azione di sorveglianza sul comportamento degli operatori responsabili (Laboratori e Organismi).

 

Il comma 3 stabilisce, inoltre, che la domanda di abilitazione sia presentata alla camera di commercio, competente per territorio accompagnata da documentazione comprovante la dotazione organica del personale addetto al laboratorio e relative qualifiche professionali, nonché l’attrezzatura del laboratorio destinato alle prove di gemmologia per le quali viene richiesta l’abilitazione. Il comma 4 dispone che il personale del laboratorio abilitato sia tenuto all’osservanza di alcune prescrizioni che prevedono:

§      il divieto di esercitare qualsiasi attività di commercio o di lavorazione nel settore dei materiali gemmologici, sia in proprio, direttamente o indirettamente, sia alle dipendenze di terzi o in collaborazione o in società con terzi;

§      il divieto di eseguire, in proprio, analisi e ricerche che non siano per conto del laboratorio nel quale è addetto;

§      il rispetto del segreto professionale.

Il comma 5, da ultimo, attribuisce alle camere di commercio competenti per territorio l’esercizio della vigilanza e del controllo sui laboratori abilitati, secondo le modalità stabilite dal regolamento di cui all’articolo 1, comma 3.

 

L’articolo 12 della pdl Mazzocchi reca disposizioni simili riguardo ai laboratori, sia pure con alcune differenze (ad esempio la previsione di un elenco dei laboratori tenuto presso le camere di commercio), e con minore livello di dettaglio, in quanto per taluni aspetti si rinvia al regolamento attuativo della pdl.

Il comma 1 richiede che i laboratori:

§      appartengano alle camere di commercio o a loro aziende speciali;

§      siano iscritti in un apposito elenco tenuto dalle camere di commercio.

Sembrerebbe – nonostante il dato testuale - trattarsi di due fattispecie alternative, altrimenti verrebbe ristretto eccessivamente il numero di laboratori che possono svolgere l’attività in questione. In sostanza i laboratori certificatori devono appartenere alle camera di commercio (o a loro aziende speciali) o, alternativamente, essere iscritto nell’apposito elenco tenuto dalle camere di commercio.

 

Per essere iscritti nell’elenco i laboratori devono presentare, ai sensi del comma 3, domanda alla camera di commercio competente per territorio, corredandola con la documentazione che attesta il possesso dei requisiti.

Il comma 2, nel definire i requisiti necessari, oltre a richiedere garanzie di indipendenza e qualificazione tecnico-professionale (come nella pdl Mattesini), rinvia al regolamento attuativo della pdl.

Anche per la vigilanza e il controllo sui laboratori iscritti nell’elenco, il comma 4 si limita a rinviare al medesimo regolamento attuativo.

Vigilanza

L’articolo 11 della pdl Mattesini al comma 1 assegna l’esercizio dell’attività di vigilanza relativamente all’importazione, all’esportazione e alla produzione dei materiali gemmologici, all’Agenzia delle dogane. Questa, per lo svolgimento di tale attività, si avvale sia dei laboratori e degli organismi certificati di cui all’articolo 9, sia delle camere di commercio.

Al personale suddetto, che esercita le funzioni di ufficiale e agente di polizia giudiziaria ai sensi dell’articolo 57 del codice di procedura penale, si richiede un attestato di frequenza, con esito positivo, ad un apposito corso teorico-pratico di formazione in materia di gemmologia promosso dalla regione (comma 2).

Si ricorda che il citato articolo 57 c.p.p definisce gli ufficiali e gli agenti polizia giudiziaria, prevedendo in particolare al comma 3, che sono ufficiali e agenti di polizia giudiziaria, nei limiti del servizio cui sono destinate e secondo le rispettive attribuzioni, le persone alle quali le leggi e i regolamenti attribuiscono le funzioni previste dall’art. 55 c.p.p.

Il comma 3 dispone che il personale incaricato della vigilanza debba essere dotato di una speciale tessera di identificazione munita di fotografia, rilasciata dalla camera di commercio competente per territorio. Lo stesso personale, ai sensi del comma 4, effettua ispezioni e controlli, anche senza preavviso, e, a tal fine gli viene riconosciuta la facoltà di accedere ai locali adibiti alla produzione, al deposito e alla vendita di materiali gemmologici.

Si segnala che l’articolo 11 della pdl Mattesini ricorda le disposizioni in materia di vigilanza e di controlli da parte del personale delle camere di commercio recate dagli artt. 21 e 21 del D.Lgs. 251/1999 e dagli artt. 41-43 del DPR 150/2002.

 

La pdl Mazzocchi non contiene norme assimilabili a quelle descritte nel paragrafo.

Sanzioni

L’articolo 12 della pdl Mattesini delineail regime sanzionatorio e, salvo che il fatto costituisca reato, per le violazioni delle disposizioni recate dal provvedimento in esame prevede, al comma 1, a carico di coloro che producono, importano, commercializzano o detengono a scopo di vendita, anche a distanza, materiale gemmologico, le seguenti sanzioni amministrative pecuniarie:

§      da 155 € a 1550 in caso di materiali privi dei documenti di accompagnamento riportanti tutte le indicazioni previste dalla legge;

§      da 31 € a 310 € per materiali accompagnati da documenti riportanti indicazioni diverse da quelle richieste dalla legge ovvero indicazioni che con queste possonoessere confuse;

§      da 31 € a 310 € per i materiali trattati, di cui all’art. 3, privi della scheda informativa sui trattamenti applicati.

 

Il successivo comma 2. prevede, in caso di condanna penale, la sanzione accessoria della pubblicazione della sentenza, ai sensi dell’art. 36 del c.p..

Prevede, inoltre, in caso di recidiva, la sospensione dall’esercizio dell’attività di produzione o commercio di materiali gemmologici per un periodo che va da 15 giorni a 6 mesi. Sono fatte salve le disposizioni di cui agli artt. 99 ss c.p. se applicabili. Il periodo di sospensione viene determinato tenendo conto del periodo di sospensione effettivamente eseguito, per gli stessi fatti, ai sensi dell’art. 10 del TULPS (comma 2).

Si segnala che il regime sanzionatorio delineato dalla proposta coincide con quello previsto dall’attuale disciplina dei metalli preziosi, di cui agli artt.. 25 e 26 del D.Lgs. 251/1999.

 

La pdl Mazzocchi dispone in merito alle sanzioni nell’articolo 13. Anche questa pdl fa salve le pene previste in caso di reato, ma l’impianto delle sanzioni amministrative pecuniarie delineato dai commi 1 e 2 è differente:

§      da 1.000 € a 10.000 per chiunque effettui l’analisi dei materiali gemmologici e rilasci le certificazioni senza essere iscritto nell’elenco di cui all’articolo 12, comma 1;

§      da 200 € a 2.000 € per chiunque detenga per la vendita o ponga in commercio, anche a distanza, materiali accompagnati da documenti riportanti indicazioni diverse da quelle richieste dalla legge ovvero indicazioni che con queste possonoessere confuse. Le sanzioni sono moltiplicate per 10 nel caso di vendite a distanza o fuori dei locali commerciali;

§      da 200 € a 2.000 € perchiunque rifiuti di rilasciare la dichiarazione di cui all’articolo 9. Le sanzioni sono moltiplicate per 10 nel caso di vendite a distanza o fuori dei locali commerciali.

 

Il successivo comma 2. prevede, in caso di condanna penale, la sanzione accessoria della pubblicazione della sentenza, ai sensi dell’art. 36 del c.p..

Regolamento attuativo ed entrata in vigore

L’articolo 15 della pdl Mazzocchi prevede l’emanazione tramite DPR, entro 6 mesi dall’entrata in vigore, di un regolamento di attuazione della legge. Il decreto viene emanato su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro dell’interno, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentiti il Consiglio nazionale delle ricerche, Il Comitato centrale metrico e il Consiglio di Stato.

Si segnala che la legge n. 99/2009[26] ha soppresso il Comitato centrale metrico (articolo 27, comma 36). Ai sensi del successivo comma 37, laddove per disposizione di legge o di regolamento si preveda l’acquisizione del parere tecnico del Comitato centrale metrico, il Ministero dello sviluppo economico può chiedere un parere facoltativo agli istituti metrologici primari, ovvero ad istituti universitari, con i quali stipula convenzioni senza oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato.

Si ricorda che, secondo l’articolo 2 della legge 11 agosto 1991, n. 273, svolgono le funzioni di istituti metrologici primari l'I.N.RI.M («Istituto nazionale di ricerca metrologica», ente pubblico nazionale con il compito di svolgere e promuovere attività di ricerca scientifica, nei campi della metrologia) che è nato dalla fusione dell’istituto di metrologia «Gustavo Colonnetti» e dell'istituto elettrotecnico nazionale «Galileo Ferraris», e l’ ENEA per i campioni delle unità di misura impiegate nel campo delle radiazioni ionizzanti.

 

Entrambe le pdl entrano in vigore decorsi 60 giorni dalla pubblicazione in G.U.

 

Si segnala che le proposte di legge (soprattutto la pdl Mattesini) prevedono disposizioni che introducono nuovi adempimenti per istituzioni od enti pubblici (ad esempio il Ministero dello sviluppo economico, le Regioni, le Camere di commercio, l’Agenzia delle dogane). Appare opportuno quindi introdurre una clausola di salvaguardia finanziaria per garantire che dalle norme recate non derivino nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


 

 

 

Testo a fronte tra l’A.C. 225 e l’A.C. 2274

 


 

Proposta di legge
A.C. 225
(On. Mazzocchi)

Proposta di legge
A.C. 2274
(On. Mattesini ed altri)

 

 

Articolo 1

Articolo 1

(Ambito di applicazione)

1. Le disposizioni della presente legge si applicano alle materie e ai prodotti di se­guito elencati, utilizzati nella produzione di gioielli, di monili e di oggettistica in ge­nere:

2. Le disposizioni della presente legge si applicano:

     a) minerali di origine naturale, formatisi in giacimenti naturali;

     a) ai minerali di origine naturale, formatisi in giacimenti naturali;

     b) minerali sintetici;

     b) ai minerali sintetici;

     c) prodotti artificiali;

     c) ai prodotti artificiali;

     d) perle naturali e altri materiali organici di origine animale o vegetale, tradizionalmente utilizzati in gioielleria;

     d) alle perle naturali e altri materiali organici di origine animale o vegetale, tradi­zionalmente utilizzati in gioielleria;

     e) perle coltivate o altrimenti denominate;

     e) alle perle coltivate o altrimenti denominate;

     f) imitazioni di perle.

     f) alle imitazioni di perle;

 

     g) ad ogni altro materiale gemmologico derivante dall'applicazione di nuove tecnologie.

 

3. Con regolamento del Ministro dello sviluppo economico, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentiti le associazio­ni di settore maggiormente rappresen­tative a livello nazionale e il Comitato centrale metrico, sono fissati le modalità per il riconoscimento delle caratteristiche costitutive dei materiali gemmologici di cui al comma 2 e i metodi di analisi gemmologica per la determinazione della categoria commerciale di appartenenza.

 

 

Articolo 2

Articolo 2

(Definizioni)

1. Agli effetti della presente legge si intende:

1. Ai fini della presente legge si intende:

     a) per «materiale gemmologico», una sostanza naturale, sintetica, di coltura o artificiale, adatta all'uso di adorno personale o di ornamentazione;

     a) per «materiale gemmologico», una sostanza naturale, sintetica o artificiale adatta all'uso di adorno personale o di ornamentazione;

     b) per «materiale gemmologico naturale», una sostanza di origine inorganica od organica esistente in natura;

     b) identica;

     c) per «materiale gemmologico trattato», un materiale gemmologico di origine naturale, artificiale o di coltura, modificato dall'uomo nelle proprietà chimiche o fisiche;

     c) per «materiale gemmologico trattato», un materiale gemmologico di origine naturale modificato dall'uomo nelle proprietà chimiche o fisiche;

     d) per «materiale gemmologico sintetico», una sostanza inorganica od organica prodotta mediante procedimenti tecnologici, che possiede caratteristiche chimiche e fisiche simili a quelle dei corrispondenti materiali naturali;

     d) identica;

     e) per «materiale gemmologico artifi­ciale», una sostanza inorganica od organica prodotta mediante procedimenti tecnologici, le cui caratteristiche chimiche e fisiche non corrispondono a nessun materiale naturale noto;

     e) identica;

     f) per «materiale gemmologico compo­sito», un materiale costituito da poche parti distinte, di forma prestabilita, di natura uguale o diversa, di origine naturale, sintetica o artificiale, incollate a formare un'unica gemma;

     f) identica;

     g) per «materiale gemmologico agglo­merato», un materiale formato da un insieme di granuli irregolari di origine naturale, sintetica o artificiale, aggregati artificialmente con o senza l'ausilio di collanti o mediante riscaldamento o compressione;

     g) identica;

     h) per «vetro artificiale», un materiale artificiale amorfo ottenuto per raffreddamento da un fuso di qualunque composizione chi­mica;

     h) identica;

     i) per «perla o perla naturale», un mate­riale prodotto naturalmente da molluschi perliferi, senza l'ausilio dell'intervento umano;

 

     l) per «perla coltivata o di coltura, con o senza nucleo», un materiale prodotto da molluschi perliferi di acqua salata o dolce, in seguito a intervento dell'uomo;

     i) identica;

     m) per «imitazione di perla o perla imitazione», un materiale di qualsiasi composizione costituito da una o più parti di origine naturale, sintetica o artificiale, prodotto dall'uomo per ottenere la forma e l'aspetto delle perle, senza possedere le loro proprietà fisiche o chimiche o la loro struttura cristallina.

     l) identica.

Articolo 3

Articolo 4

(Norme in materia di trattamenti)

1. La denominazione dei materiali gem­mologici trattati deve essere completata dal­l'indicazione del trattamento cui essi sono stati sottoposti, in conformità a quanto stabilito dalla norma UNI EN 10245, e successivi aggiornamenti.

1. La denominazione dei materiali gem­mologici trattati deve essere completata dal­l'indicazione del trattamento subìto dai me­desimi materiali.

2. Le definizioni delle terminologie relative ai principali processi operati sulle gemme allo stato attuale dei procedimenti tecnologici sono le seguenti:

2. In base ai procedimenti tecnologici, le terminologie da adottare riguardo ai principali trattamenti operati sulle gemme sono le seguenti:

     a) per «termodiffuso», si intende un mate­riale gemmologico che ha subìto un procedi­mento modificatore con apporto di elementi chimici all'interno del reticolo cristallino;

     a) per «termodiffuso o diffuso», si in­tende un materiale di origine naturale che ha subìto un procedimento modificatore conapporto di elementi chimici cromofori;

     b) per «impregnato», si intende un mate­riale gemmologico i cui pori sono stati riempiti con sostanze estranee non colorate;

     b) per «impregnato», si intende un mate­riale di origine naturale i cui pori sono stati riempiti con sostanze estranee non colorate;

     c) per «irradiato», si intende un materiale gemmologico che ha subìto modificazioni mediante radiazioni non visibili, particelle atomiche o sub-atomiche;

     c) per «irradiato», si intende un materiale di origine naturale che ha subìto modifica­zioni mediante radiazioni non visibili, parti­celle atomiche o sub-atomiche;

     d) per «oliato», si intende un materiale gemmologico che ha subìto permeazione di fratture o di fessure con olio o con altri li­quidi oleosi senza aggiunta di coloranti;

     d) per «oliato», si intende un materiale di origine naturale che ha subìto permeazione di fratture con olio o con altri liquidi oleosi con o senza aggiunta di coloranti;

     e) per «oliato con aggiunta di coloranti», si intende un materiale gemmologico che ha subìto permeazione di fratture o di fessure con olio o con altri liquidi oleosi con aggiunta di coloranti;

 

     f) per «otturato o infiltrato», si intende un materiale gemmologico che ha subito il riem­pimento di cavità o di fessure con materiali fluidi che induriscono;

     e) per «otturato o infiltrato», si intende un materiale di origine naturale che ha subìto il riempimento di cavità o di fessure con mate­riali fluidi che induriscono. Tale trattamento è dichiarabile se è visibile alla lente a 10 ingrandimenti;

     g) per «ricoperto», si intende un materiale gemmologico che è stato rivestito totalmente o parzialmente da sostanze estranee;

     f) per «ricoperto», si intende un materiale di origine naturale che è stato rivestito to­talmente o parzialmente da sostanze estra­nee;

     h) per «riscaldato», si intende un mate­riale gemmologico che ha subìto un procedi­mento termico modificatore senza apporto di elementi chimici, salvo idrogeno od ossi­geno, all'interno del reticolo cristallino;

     g) per «riscaldato», si intende un mate­riale di origine naturale che ha subìto un procedimento termico modificatore senza apporto di elementi chimici cromofori;

     i) per «tinto», si intende un materiale gem­mologico i cui pori, interstizi, fratture naturali o indotte, sono stati permeati di sostanze coloranti;

     h) per «tinto», si intende un materiale di origine naturale i cui pori, interstizi o frat­ture, naturali o indotti, sono permeati di so­stanze coloranti.

     l) per «depurato», si intende un materiale gemmologico che ha subìto la rimozione di inclusioni mediante azioni o modificazioni chimiche o fisiche;

 

     m) per «sottoposto ad alta pressione e ad alta temperatura», si intende un materiale gemmologico che ha subìto un processo modificatore basato sull'utilizzo di variazioni di pressione e di tempera­tura.

 

3. Ogni altro processo chimico o fisico cui sono sottoposti i materiali gemmo­logici, diverso da quelli indicati al comma 2, deve essere indicato in maniera sintetica e chiara sui documenti commer­ciali e pubblicitari che si riferiscono al prodotto, nelle eventuali etichette o cartellini che lo accompagnano nonché nelle dichiarazioni rilasciate ai sensi del­l'articolo 9.

 

 

 

Articolo 4

Articolo 3

(Denominazioni commerciali)

1. È fatto obbligo di applicare le seguenti denominazioni ai materiali descritti all'articolo 2:

1. È fatto obbligo di applicare le seguenti denominazioni ai materiali di cui all'articolo 2:

     a) «naturale», nel caso di materiale gem­mologico naturale;

     a) identica;

     b) «trattato», nel caso di materiale gem­mologico trattato;

     b) identica;

     c) «sintetico», nel caso di materiale gem­mologico sintetico;

     c) identica;

     d) «di coltura», nel caso di materiale gemmologico di coltura;

 

     e) «artificiale», nel caso di materiale gem­mologico artificiale.

     d) identica.

2. Nel caso di materiali gemmologici trattati, in sostituzione del termine «tratta­to», può essere indicato direttamente il pro­cesso a cui il materiale gemmologico è sta­to sottoposto, conformemente a quanto in­dicato dall'articolo 3, comma 2, preceduto o meno dalla dizione «sottoposto a processo di».

 

3. La nomenclatura che deve essere uti­lizzata per la denominazione dei materiali gemmologici naturali è riportata nel prospetto I della norma UNI EN 10245, e successivi aggiornamenti.

2. La nomenclatura che deve essere uti­lizzata per la denominazione dei materiali gemmologici naturali è quella riportata nel prospetto I della norma UNI EN 10245.

4. La nomenclatura che deve essere uti­lizzata per la denominazione dei materiali gemmologici sintetici è riportata nel prospetto II della norma UNI EN 10245, e successivi aggiornamenti.

3. La nomenclatura che deve essere uti­lizzata per la denominazione dei materiali gemmologici sintetici è quella riportata nel prospetto II della norma UNI EN 10245.

5. La nomenclatura che deve essere uti­lizzata per la denominazione dei materiali gemmologici artificiali è riportata nel pro­spetto III della norma UNI EN 10245, e suc­cessivi aggiornamenti.

4. La nomenclatura che deve essere uti­lizzata per la denominazione dei materiali gemmologici artificiali è quella riportata nel prospetto III della norma UNI EN 10245.

6. Per la nomenclatura dei tagli dei materiali gemmologici si applica la norma UNI 10173, e successivi aggiornamenti.

 

7. Limitatamente ai diamanti tagliati, si applica anche la norma UNI 9758, e successivi aggiornamenti.

 

 

 

Articolo 5

(segue art. 3)

1. Per la denominazione dei materiali in­dicati all'articolo 2 è vietato l'uso dei termini «semiprezioso» e «fino».

7. Per la denominazione dei materiali indicati dal presente articolo è vietato l'uso dei termini «semiprezioso» e «fino».

 

 

Articolo 6

(segue art. 3)

1. Le perle naturali di cui all'articolo 2, comma 1, lettera i), sono dette «perle naturali segate 3/4 o segate 1/2», a seconda della loro forma, quando esse sono state segate o molate.

 

2. Le perle coltivate o di coltura di cui al­l'articolo 2, comma 1, lettera l), sono dette «perle coltivate segate 3/4 o segate 1/2», a seconda della loro forma, quando esse sono state segate o molate.

8. Le perle coltivate o di coltura, definite ai sensi della lettera i) del comma 1 dell’articolo 2, sono denominate «perle coltivate segate 3/4 o segate 1/2», a seconda della loro forma, quando esse sono state segate o molate.

3. Le perle coltivate di cui al comma 2 sono denominate «perle coltivate composite o mabe» quando sono il risultato dell'assem­blaggio, a opera dell'uomo, di una parte su­periore costituita da una bolla di coltura per­lacea con una parte inferiore di madreperla e un riempimento interno di materiale vario.

9. Le perle coltivate di cui al comma 8 sono denominate «perle coltivate composite o mabe» quando sono il risultato dell'assem­blaggio, a opera dell'uomo, di una parte su­periore costituita da una bolla di coltura per­lacea con una parte inferiore di madreperla e con un riempimento interno di materiale va­rio.

Articolo 7

(segue art. 1)

 

1. È fatto divieto di importare, esporre, detenere a scopo di vendita, vendere o di­stribuire a titolo gratuito i materiali e i prodotti elencati al capo I, con una denominazione diversa da quelle previste dalla presente legge.

1. È fatto divieto di importare, esporre, detenere a scopo di vendita, vendere o di­stribuire a titolo gratuito i materiali e i prodotti gemmologici con una denominazione di­versa da quella prevista dalla presente legge e privi della certificazione di qualità di cui agli articoli 9 e 10.

 

(segue art. 3)

2. Le denominazioni previste all'articolo 4 devono essere indicate, su tutti i documenti commerciali o pubblicitari che si riferiscono al prodotto, nonché sulle eventuali etichette o cartellini che lo accompagnano, e sono le uniche denominazioni che pos­sono essere usate, anche verbalmente, per indicare i prodotti.

5. Le denominazioni previste ai commi da 1 a 4 devono essere indicate in modo chiaro e visibile sulle etichette che accompagnano il prodotto e su tutti i documenti commerciali o pubblicitari che a esso si riferiscono.

3. Le denominazioni previste all'arti­colo 4 devono essere, altresì, utilizzate per i prodotti esposti in manifestazioni espositive, in fiere e in mostre aventi carattere commerciale.

6. All'atto della vendita il dettagliante è tenuto a utilizzare esclusivamente le de­nominazioni di cui al comma 5 per indicare i prodotti oggetto della vendita. Le predette denominazioni devono essere esposte in modo visibile nella tabella di cui all'articolo 8, comma 1.

 

 

Articolo 8

(segue art. 1)

1. Le disposizioni di cui all'articolo 7 si ap­plicano anche nei casi in cui i prodotti sono proposti al consumatore in vendite all'incanto, anche se derivanti da opera­zioni di credito su pegno, da antiquari o mediante una tecnica di comunicazione a distanza. In questa ultima ipotesi, le deno­minazioni indicate al capo I devono essere riportate anche sulla proposta di contratto o di vendita a distanza.

4. Le disposizioni della presente legge si applicano anche nei casi in cui i prodotti di cui al comma 2 sono proposti al consuma­tore mediante una tecnica di comunicazione a distanza. In tali ipotesi, le denominazioni indicate all'articolo 3 devono essere riportate sulla proposta di contratto o di vendita a distanza.

 

 

 

Articolo 5

(Istituzione dell'elenco nazionale degli importatori e dei produttori di materiali gemmologici)

 

1. È istituito presso il Ministero dello sviluppo economico l'elenco nazionale degli importatori e dei produttori di materiali gemmologici, che devono essere certificati ai sensi dell'articolo 10 per as­sicurare la provenienza certa e il valore reale dei materiali di cui all'articolo 2 posti in vendita.

 

2. Con il regolamento di cui all'articolo 1, comma 3, si provvede a stabilire i criteri e le modalità di iscrizione all'elenco di cui al comma 1 del presente articolo.

 

3. Gli importatori e i produttori hanno l'obbligo di indicare nei documenti di accompagnamento e nelle fatture di ven­dita la provenienza dei materiali gemmo­logici ai sensi delle disposizioni previste dalla presente legge.

 

4. I commercianti all'ingrosso, gli artigiani intagliatori e i rivenditori al dettaglio di materiali gemmologici e di oggetti costituiti da materiali gemmologici hanno l'obbligo di controllare, all'atto dell'acquisto, che la fattura di vendita contenga la descrizione dei diversi passaggi della merce ai fini della sua trac­ciabilità e che corrisponda alle eventuali certificazioni di qualità che l'accom­pagnano.

 

 

 

Articolo 6

(Norme in materia di importazione di materiali gemmologici)

 

1. L'importatore e il produttore di materiali gemmologici hanno l'obbligo di provvedere al confezionamento di ogni singola pietra di valore superiore a 250 euro, che deve essere sigillata e accom­pagnata da una certificazione di qualità conforme alle disposizioni della presente legge.

 

2. Sono vietate l'importazione e l'immissione sul mercato italiano di mate­riali gemmologici da parte di soggetti non iscritti nell'elenco di cui all'articolo 5, comma 1, e al di fuori delle modalità previste dal comma 1 del presente articolo.

 

 

 

Articolo 7

(Formazione)

 

1. Le regioni, in accordo con le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, organizzano per i soggetti di cui all'articolo 5, comma 3, corsi di formazione volti alla conoscenza dei materiali di cui alla presente legge, alla loro lavorazione e alla loro commercializ­zazione.

 

2. I soggetti, compresi gli orafi che trattano materiali gemmologici, che intendono conseguire l'abilitazione alla lavorazione e al commercio dei materiali gemmologici hanno l'obbligo di par­tecipare a corsi per la formazione di base, seguiti da tre anni di apprendistato in un'azienda del settore certificata ai sensi del comma 4.

 

3. I soggetti che già esercitano, alla data di entrata in vigore della presente legge, l'attività di produzione e di importazione di materiali gemmologici, nonché i loro coadiuvanti e dipendenti partecipano a corsi obbligatori di aggiornamento di carattere biennale.

 

4. I corsi di formazione o di aggiornamento di cui al comma 1 sono organizzati dalle regioni in base a criteri stabiliti con decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentite le associa­zioni maggiormente rappresen­tative a livello nazionale degli operatori del settore e dei consumatori, e danno luogo alla certificazione di qualità dell'operatore.

 

5. La partecipazione ai corsi di formazione o di aggiornamento di cui al comma 1 dà diritto a esporre un marchio di qualità riconoscibile dall'acquirente, le cui caratteristiche sono definite con il decreto di cui al comma 4. Il Ministero dello sviluppo economico cura la realiz­zazione di campagne di comunicazione pubbliche, con cadenza almeno annuale, dirette a promuovere nei consumatori la conoscenza del marchio di cui al presente comma e delle problematiche connesse alla qualità delle gemme.

 

6. Le regioni, d'intesa con le camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, con le associazioni di cate­goria del settore e con le associazioni dei consumatori, provvedono alla stampa di un vademecum per la corretta infor­mazione del consumatore riguardo all'acquisto dei materiali gemmologici. Il vademecum riporta sinteticamente e in modo chiaro il contenuto della presente legge ed è diffuso presso gli esercizi commerciali e nei luoghi di esposizione nei quali si svolge la vendita dei materiali di cui alla presente legge.

 

 

Articolo 9

Articolo 8

(Tutela del consumatore)

1. Il venditore deve rilasciare, a richiesta dell'acquirente, una dichiara­zione in cui sono descritti, ai sensi di quanto stabilito dalla presente legge, i materiali gemmologici venduti, siano essi sfusi o montati.

     1. Al fine di garantire una corretta informazione del consumatore, al regolamento di cui all'articolo 1, comma 3, è allegata una tabella contenente le caratteristiche dei materiali di cui al medesimo articolo 1 e le loro denomina­zioni commerciali ai sensi dell'articolo 3. La tabella riporta altresì la denominazione e le caratteristiche dei materiali fabbricati o commercializzati all'estero con denomi­nazioni differenti da quelle previste per i materiali di produzione italiana.

2. La dichiarazione di cui al comma 1 deve essere rilasciata obbligatoriamente in caso di vendite a distanza o al di fuori dei locali commerciali.

2. La tabella di cui al comma 1 è esposta in modo visibile nei locali e nei luoghi di esposizione nei quali si svolge la vendita al dettaglio dei materiali di cui alla presente legge, al fine di favorirne la comparazione da parte dell'acquirente.

3. I contenuti della dichiarazione di cui al comma 1 sono stabiliti dal regolamento di cui all'articolo 15.

 

 

 

Articolo 10

 

1. In caso di controversie relative al contenuto della dichiarazione di cui all'articolo 9, la risoluzione delle stesse è demandata a un collegio arbitrale, istituito presso la camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura, di seguito deno­minata «camera di commercio», nella cui circoscrizione ha sede l'acquirente, composto da tre membri, di cui uno indicato da ciascuna delle parti e il terzo scelto tra i direttori dei laboratori gemmologici di cui all'articolo 12.

 

2. Il collegio di cui al comma 1 opera secondo le modalità stabilite dal regolamento di cui all'articolo 15.

 

 

 

Articolo 11

Articolo 10

(Certificazione di qualità)

1. Qualora si renda necessario accertare la correttezza di quanto dichiarato, relativamente ai materiali gemmologici, nei documenti commerciali o pubblicitari, nelle proposte di contratto o di vendita a distanza, nelle eventuali etichette o cartellini che accompagnano il prodotto o nelle dichiarazioni rilasciate ai sensi dell'articolo 9, sono autorizzati a rilasciare le relative certificazioni esclusi­vamente i laboratori di cui all'articolo 12.

     1. Ai fini della presente legge i soggetti di cui all'articolo 5 hanno l'obbligo di richiedere un'apposita certificazione relativa alla produzione dei materiali gem­mologici, rilasciata da uno dei laboratori abilitati ai sensi dell'articolo 9 oppure da un organismo di certificazione accreditato a livello comunitario, in base alle normative tecniche vigenti.

 

2. Ai sensi del presente articolo, i laboratori e gli organismi di certificazione di cui al comma 1 svolgono periodica­mente, presso l'importatore e il produt­tore, controlli sui materiali pronti per la vendita tramite perizie che non danneg­giano il prodotto finito. Le modalità di tali controlli, mediante prelievo di campioni di oggetti, e i relativi esiti di prova, sono stabilite dal regolamento di cui all'articolo 1, comma 3.

 

 

Articolo 12

Articolo 9

(Norme in materia di laboratori)

1. I laboratori che effettuano l'analisi dei materiali gemmologici in commercio e che rilasciano le relative certificazioni devono ap­partenere alle camere di commercio, o a loro aziende speciali, ed essere iscritti in un ap­posito elenco tenuto, ai sensi di quanto pre­visto dal regolamento di cui all'articolo 15, dalle camere di commercio.

1. I laboratori che effettuano le analisi dei materiali gemmologici in commercio e che rilasciano le relative certificazioni della cate­goria di appartenenza sono abilitati a tale attività dalle camere di commercio, indu­stria, artigianato e agricoltura, o devono appartenere alle stesse, o a loro aziende speciali, oppure all'Agenzia delle dogane.

2. I laboratori di cui al comma 1 devono offrire garanzie di indipendenza e di qualifi­cazione tecnico-professionale, volte in parti­colare al settore della gemmologia per la determinazione della categoria di apparte­nenza dei materiali gemmologici in commer­cio ed essere in possesso dei requisiti stabiliti dal regolamento di cui all'articolo 15.

2. I laboratori di cui al comma 1 devono offrire garanzie di indipendenza e di qualifi­cazione tecnico-professionale, in particolare per quanto riguarda il settore della gem­mologia, ai fini della determinazione della categoria di appartenenza dei materiali gemmologici in commercio. I medesimi la­boratori devono essere accreditati presso il Sistema nazionale per l'accreditamento di laboratori (SINAL) per le prove previste dai metodi di analisi gemmologica indicati nel regolamento di cui all'articolo 1, comma 3, in conformità alla norma UNI CEI EN ISO/IEC 17025.

3. I laboratori devono essere iscritti nell'elenco tenuto dalla camera di commercio competente per territorio. A tale fine devono presentare apposita domanda corredata della documentazione comprovante il possesso dei requisiti richiesti ai sensi del comma 2.

     3. La domanda di abilitazione ai fini di cui al comma 1 è presentata alla camera di commercio industria, artigianato e agricoltura competente per territorio ed è corredata della documentazione compro­vante:

 

     a) la dotazione organica del personale addetto al laboratorio, con le relative qualifiche professionali;

 

     b) l'attrezzatura del laboratorio desti­nato alle prove di gemmologia per le quali è richiesta l'abilitazione.

 

     4. Il personale dei laboratori di cui al comma 1 è tenuto a osservare le seguenti prescrizioni:

 

     a) divieto di esercitare, sia in proprio, direttamente o indirettamente, sia alle dipendenze di terzi o in collaborazione o in società con terzi, qualsiasi attività di commercio o di lavorazione nel settore dei materiali gemmologici;

 

     b) divieto di eseguire, in proprio, nel laboratorio al quale è addetto, analisi e ricerche non per conto del laboratorio stesso;

 

     c) rispetto del segreto professionale.

4. La vigilanza e il controllo sui laboratori iscritti nell'elenco di cui al comma 1, volti a verificare l'osservanza dei requisiti previsti dal presente articolo e dal regolamento di cui all'articolo 15, sono esercitati ai sensi di quanto stabilito dal medesimo regolamento.

5. La vigilanza e il controllo sui laboratori abilitati volti a verificare l'osservanza dei re­quisiti previsti dal presente articolo sono esercitati dalle camere di commercio, in­dustria, artigianato e agricoltura compe­tenti per territorio, secondo le modalità stabilite dal regolamento di cui all'articolo 1, comma 3.

 

 

 

Articolo 11

(Vigilanza)

 

     1. La vigilanza sull'importazione, sull'esportazione e sulla produzione dei materiali gemmologici è esercitata dall'Agenzia delle dogane che per tale attività si avvale sia dei laboratori e degli organismi certificati di cui all'articolo 9, sia delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura competenti per territorio.

 

     2. Il personale delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura che, ai sensi dell'articolo 57 del codice di procedura penale, esercita le funzioni di ufficiale e agente di polizia giudiziaria, deve attestare di aver frequentato con esito positivo un appo­sito corso teorico-pratico di formazione in materia di gemmologia promosso dalla regione.

 

     3. Ai fini dell'identificazione, il personale di cui ai commi 1 e 2 deve essere dotato di una speciale tessera munita di fotografia rilasciata dalla camera di commercio, industria, artigia­nato e agricoltura competente per territorio.

 

     4. Il personale delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura effettua ispezioni e controlli, anche senza preavviso. A tale fine, il medesimo personale ha facoltà di accesso ai locali adibiti alla produzione, al deposito e alla vendita di materiali gemmologici.

 

 

Articolo 13

Articolo 12

(Sanzioni)

1. Salva l'applicazione delle maggiori pene stabilite dalle leggi vigenti qualora il fatto costituisca reato, per le violazioni delle norme della presente legge si applicano le seguenti sanzioni:

1. Salvo che il fatto costituisca reato, sono previste le seguenti sanzioni:

     a) chiunque effettua l'analisi dei materiali gemmologici in commercio, rilasciando le re­lative certificazioni, senza essere iscritto nel­l'elenco di cui all'articolo 12, comma 1, è pu­nito con la sanzione amministrativa pecunia­ria da 1.000 euro a 10.000 euro;

     a) chiunque produce, importa e pone in commercio o detiene per la vendita, anche a distanza, materiali gemmologici privi dei documenti che li accompagnano o in cui non siano chiaramente riportate le denominazioni commerciali e ogni altra eventuale indicazione prevista dalla presente legge, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 155 euro a 1.550 euro;

     b) chiunque pone in commercio, anche a distanza, o detiene per la vendita materiali gemmologici accompagnati da documenti ri­portanti indicazioni diverse da quelle previste dalla presente legge o con indicazioni che possono essere confuse con quelle previste dalla presente legge, è punito con la san­zione amministrativa pecuniaria da 200 euro a 2.000 euro;

     b) chiunque produce, importa e pone in commercio o detiene per la vendita, anche a distanza, materiali gemmologici accompa­gnati da documenti riportanti indicazioni di­verse da quelle previste dalla presente legge, oppure con indicazioni letterali o numeriche che possono essere confuse con quelle previste dalla medesima legge, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 31 euro a 310 euro;

     c) chiunque si rifiuta di rilasciare la dichia­razione di cui all'articolo 9 è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 200 euro a 2.000 euro.

     c) chiunque pone in commercio o detiene per la vendita, anche a distanza, i materiali gemmologici indicati all'articolo 2 privi della scheda informativa in cui sono descritti i trattamenti applicati, i loro effetti e le precauzioni da prendere per la conservazione della gemma, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 31 euro a 310 euro.

2. Le sanzioni amministrative pecuniarie di cui al comma 1, lettere b) e c), sono molti­plicate per dieci nel caso di vendite a di­stanza o al di fuori dei locali commerciali.

2. Salvo i casi di minore gravità, qualora il fatto costituisca reato, alla condanna penale consegue la pubbli­cazione della sentenza ai sensi dell'articolo 36 del codice penale.

 

3. In caso di recidiva, ferme restando le disposizioni di cui agli articoli 99 e seguenti del codice penale ove appli­cabili, alla sanzione consegue la sospen­sione dall'esercizio dell'attività di produ­zione o di commercio di materiali gemmologici per un periodo da un minimo di quindici giorni a un massimo di sei mesi. Nella determinazione del periodo di sospensione dall'esercizio dell'attività si tiene conto del periodo di sospensione eventualmente eseguito, per i medesimi fatti, ai sensi dell'articolo 10 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773.

 

 

Articolo 14

(segue art. 8)

1. I materiali gemmologici, sfusi o montati, legalmente prodotti o commercializzati in un altro Stato membro dell'Unione europea o dello Spazio economico europeo possono essere liberamente immessi sul mercato nazionale a condizione che sia garantito un grado di tutela e di informazione del consu­matore equivalente a quello previsto dalla presente legge.

3. L'immissione sul mercato italiano di materiali gemmologici legalmente fabbri­cati o commercializzati all'estero è con­sentita a condizione che essa sia effet­tuata garantendo un grado di tutela e di informazione del consumatore equivalente a quello previsto dalla presente legge.

 

 

Articolo 15

 

1. Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dell'interno, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, sentiti il Consiglio nazionale delle ricerche, il Comitato centrale metrico e il Consiglio di Stato, è emanato il regolamento di attuazione della medesima legge.

 

 

 

Articolo 16

Articolo 13

(Entrata in vigore)

1. La presente legge entra in vigore de­corsi sessanta giorni dalla data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

1. La presente legge entra in vigore il sessantesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

 

 

 

 


 

 

 

 



[1]     L’art. 42 della L. 128/1998 ha delegato il Governo ad emanare, entro un anno dalla data di entrata in vigore del provvedimento, un decreto legislativo per adeguare la legge 30 gennaio 1968, n. 46, recante la disciplina dei titoli e dei marchi di identificazione dei metalli preziosi, ai princìpi comunitari, secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi: a) modificare e ampliare la gamma dei titoli legali dei metalli preziosi e delle loro leghe, tenuto conto di quelli riconosciuti ufficialmente negli altri Stati membri dell'Unione europea e della loro diffusione nella pratica commerciale; b) riconoscere validità alle marcature di contenuto equivalente a quelle nazionali, apposte conformemente alle normative di altri Stati membri dell'Unione europea; c) modificare e integrare la disciplina del marchio di responsabilità, prevedendo anche procedure di valutazione della conformità in linea con quelle previste in sede comunitaria, in modo da assicurare un elevato livello di tutela dei consumatori e di trasparenza nelle transazioni commerciali. Si ricorda che la L.. 46/1968 è stata abrogata dall’art. 28 del D.Lgs. 251/1999.

[2]     D.P.R. 150/2002 pubblicato sulla GU il 25 luglio 2002.

[3]    Il D.Lgs. in commento, in deroga alla previsione sopra citata, per la quale gli oggetti in metallo prezioso importati da uno Stato estero non appartenente all’UE o allo Spazio economico europeo, debbono riportare tra l’altro il marchio di identificazione dell’importatore, prevede una norma di reciprocità per cui gli oggetti in metallo prezioso, quando rechino già l'impronta del marchio di responsabilità previsto dalla normativa di uno Stato estero non appartenente alla Unione europea o allo Spazio economico europeo, nel quale tale marchio sia obbligatorio e garantisca il titolo del metallo, e che sia depositato in Italia o nello Spazio economico europeo, possono non recare il marchio di identificazione dell'importatore, allorché risulti che lo Stato estero di provenienza accordi analogo trattamento agli oggetti fabbricati in Italia e in esso importati e sempre che i titoli garantiti ufficialmente siano corrispondenti o superiori a quelli previsti dal decreto in esame(art.5, comma 3).

[4]     Alla domanda è allegata copia della licenza all’esercizio dell’attività di fabbricazione di oggetti preziosi rilasciata dal questore, ex art. 127 T.U.L.P.S , r. d n. 773 del 18 giugno 1931. La licenza non è peraltro richiesta per coloro che sono iscritti all’albo delle imprese artigiane. Oltre a questa, il richiedente deve allegare la quietanza di versamento del diritto di saggio e marchio di euro 65,00 per aziende artigiane iscritte all'Albo Imprese Artigiane e per Laboratori annessi ad aziende commerciali; euro 258,00 per aziende industriali; euro 516,00 per aziende industriali con oltre 100 dipendenti. Il marchio viene dato in concessione ed è soggetto a rinnovo annuale previo pagamento di un diritto pari alla metà di quelli di cui sopra che deve essere versato entro il mese di gennaio di ciascun anno. Per gli inadempienti si applica l'indennità di mora pari a 1/12 del diritto annuo dovuto per ogni mese o frazione di mese di ritardo nel pagamento. Trascorso un anno senza che il pagamento sia stato effettuato, il Servizio Metrico provvede al ritiro del marchio ed alla cancellazione dal Registro degli assegnatari dei marchi, dandone comunicazione al questore perché si provveda al ritiro della licenza di pubblica sicurezza.

      Il registro degli assegnatari dei marchi di identificazione è pubblico ed è aggiornato a cura della camera di commercio competente e può essere consultato su tutto il territorio nazionale dalla pubblica amministrazione, anche per via telematica ed informatica (art. 14, co. 3 e 4).

[5]     L’art. 128 Tulps prevede, in particolare, che i fabbricanti, i commercianti, i mediatori di oggetti preziosi debbano tenere un registro delle operazioni che compiono giornalmente, in cui sono annotate le generalità di coloro con i quali le operazioni sono compiute. Tale registro deve essere esibito agli ufficiali ed agenti di pubblica sicurezza, ad ogni loro richiesta. Le persone che compiono operazioni con gli esercenti sopraindicati, sono tenute a dimostrare la propria identità nei modi prescritti.

[6]     L’art.57 c.p.p definisce gli ufficiali e gli agenti polizia giudiziaria, prevedendo in particolare al comma 3, che sono ufficiali e agenti di polizia giudiziaria, nei limiti del servizio cui sono destinate e secondo le rispettive attribuzioni, le persone alle quali le leggi e i regolamenti attribuiscono le funzioni previste dall’art.55 c.p.p.

[7]     La domanda di abilitazione è presentata alla Camera di commercio competente per territorio, ed è corredata della documentazione comprovante:

a)       la dotazione organica del personale addetto al laboratorio con le relative qualifiche professionali:

b)       l'attrezzatura del laboratorio destinato alle operazioni di saggio dei singoli metalli preziosi, per i quali viene richiesta l'abilitazione.

      Al personale del laboratorio abilitato è inoltre fatto divieto di : esercitare, sia in proprio, direttamente o indirettamente, sia alle dipendenze di terzi o in collaborazione o società con terzi, qualsiasi attività di commercio o lavorazione nel settore dei metalli preziosi; eseguire, in proprio, nel laboratorio al quale è addetto, analisi e ricerche che non siano per conto del laboratorio stesso. Il personale è inoltre tenuto al rispetto del segreto professionale (art.18, co.3 e 4).

[8]     I criteri per l'individuazione degli organismi atti al rilascio di certificazioni aggiuntive al fabbricante o al suo mandatario sono stabiliti nel regolamento (artt. 48-50 Dpr.). Tali organismi di certificazione svolgono, in particolare, periodicamente, presso il fabbricante, controlli sugli oggetti pronti per la vendita. Le modalità con le quali debbono essere effettuati controlli, mediante prelievi di campioni di oggetti ed i relativi esiti delle analisi di saggio, sono stabilite nel regolamento agli artt. 51-54.

[9]     La legge n. 46 del 1968, all'articolo 26, prevedeva inizialmente un sistema sanzionatorio basato sul pagamento di un'ammenda da parte di coloro che avessero utilizzato in maniera distorta, ovvero omesso dolosamente, di evidenziare il titolo o il marchio, ovvero che avessero commesso i reati elencati. Tale pena pecuniaria è stata successivamente trasformata in sanzione amministrativa dalla legge 24 novembre 1981, n. 689, ed aumentata. La norma è stata poi ripresa, quasi integralmente, dall'articolo 25 del citato decreto legislativo n. 251 del 1999, che regola il settore in attuazione della delega recata dalla legge comunitaria 1995-1997.

[10]    La stessa sanzione è prevista anche per l’inosservanza delle disposizioni sul marchio di identificazione, sui marchi di fabbrica, sugli oggetti placcati, sui semilavorati nonché per l’inosservanza delle disposizioni del regolamento attuativo.

[11]    Per ulteriori approfondimenti si vedano i rapporti “Le caratteristiche Strutturali del Settore dell’Oreficeria, Argenteria e Affini” e “Dalla crisi alla fiducia. Le prospettive del sistema orafo italiano” entrambi a cura di ASSICOR (l'Associazione Intercamerale di Coordinamento per lo Sviluppo Produttivo dell'Oreficeria, Argenteria ed Affini).

[12]    Dati tratti da una nota della CNA del 18 maggio 2010.

[13]    Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia.

[14]    Tale norma tecnica riguarda la nomenclatura dei materiali gemmologici. Stabilisce le denominazioni da usare per distinguere i diversi materiali gemmologici e si applica in tutti i casi nei quali vengono impiegati o citati i materiali gemmologici.

[15]    Tale possibilità non è invece contenuta nella pdl Mattesini.

[16]    Tale denominazione non è invece prevista dall’articolo 3 della pdl Mattesini.

[17]    La norma tecnica citata riguarda la classificazione del taglio. Ha lo scopo di consentire l'applicazione univoca della nomenclatura relativa ai seguenti argomenti inerenti il taglio dei materiali gemmologici: definizione di taglio; definizione di pietra tagliata o gemma; definizione di alcuni tipi di taglio; famiglie di tagli; classi di tagli; elementi morfologici del taglio; parti del taglio in base alle classi; tipologia dei tagli; tipologia delle forme; caratteristiche di finitura.

[18]    Tale disposizione non è invece contenuta nell’articolo 3 della pdl Mattesini.

[19]    La citata norma tecnica stabilisce la terminologia, la classificazione, le caratteristiche ed i metodi di prova relativi al diamante tagliato.

[20]    Tale disposizione non è invece contenuta nell’articolo 3 della pdl Mattesini.

[21]    Il D.Lgs. n. 267/2000 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali) definisce “azienda speciale” un ente strumentale dell'ente locale dotato di personalità giuridica, di autonomia imprenditoriale e di proprio statuto, approvato dal consiglio comunale o provinciale. Nell’ambito del sistema camerale vi sono numerosi esempi di aziende speciali. Nel settore gemmologico, in Italia opera attualmente il CISGEM S.p.A. (Centro Informazione e Servizi Gemmologici), che è una società controllata dalla Camera di commercio di Milano, in partnership con l’Associazione Orafa Lombarda. Istituito dal Ministero dell'Industria (ora Ministero dello sviluppo economico) nel 1966 presso la Camera di Commercio di Milano con lo scopo di mettere a disposizione delle imprese e del pubblico un servizio di analisi in grado di identificare la natura e le caratteristiche tecniche delle pietre preziose, delle perle, dei materiali ornamentali, tale centro è stato riconosciuto dall’industria internazionale come uno dei sette laboratori del mondo più accreditati (gruppo LMHC) per la certificazione e la stesura di normative per l’unificazione della nomenclatura delle gemme.

[22]    Si segnala che di recente il Laboratorio Chimico delle Dogane di Roma ha inaugurato un reparto di gemmologia, sia per l’esigenza di contrastare efficacemente il fenomeno dell’importazione fraudolenta dei materiali gemmologici, sia inoltre per offrire un servizio pubblico di certificazione. Il nuovo reparto di gemmologia è dedicato all’analisi di tutte le pietre preziose, dal diamante alle pietre di colore, alle perle, ai coralli, agli avori, ecc.

[23]    La norma tecnica citata specifica i requisiti generali per la competenza dei laboratori ad effettuare prove e/o tarature, incluso il campionamento. Essa copre le prove e tarature eseguite utilizzando metodi normalizzati, metodi non-normalizzati e metodi sviluppati dai laboratori.

[24]    In Italia l’UNI e il CEI avevano costituito, in forma associativa, il SINAL (Sistema nazionale di accreditamento laboratori), con il compito di accreditare a livello nazionale laboratori italiani ed esteri per garantire l’affidabilità delle verifiche di conformità dei prodotti alle norme e alle regole tecniche nazionali, comunitarie e internazionale, ed il SINCERT (Sistema nazionale di accreditamento di organismi di certificazione), con il compito di accreditare a livello nazionale organismi di certificazione italiani ed esteri per garantire l’affidabilità delle verifiche di conformità.

[25]    Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia.

[26]    Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia.