Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento attività produttive
Titolo: Commercializzazione di prodotti tessili, della pelletteria e calzaturieri - A.C. 2624-B - Elementi per l'istruttoria legislativa
Riferimenti:
AC N. 2624-B/XVI   AC N. 2624-A/XVI
Serie: Progetti di legge    Numero: 213    Progressivo: 2
Data: 17/03/2010
Descrittori:
ABBIGLIAMENTO E CONFEZIONI   COMMERCIALIZZAZIONE DEI PRODOTTI
PELLAMI E PELLICCE     
Organi della Camera: X-Attività produttive, commercio e turismo

 

17 marzo 2010

 

n. 213/2

Commercializzazione di prodotti tessili,
della pelletteria e calzaturieri

A.C. 2624-B

Elementi per l’istruttoria legislativa

 

 

Numero del progetto di legge

A.C. 2624-B

Titolo

Disposizioni concernenti la commercializzazione di prodotti tessili, della pelletteria e calzaturieri

Iniziativa

On. Reguzzoni ed altri

Iter al Senato

Sì (A.S. 1930)

Numero di articoli

4

Date:

 

presentazione o trasmissione alla Camera

11 marzo 2010

assegnazione

17 marzo 2010

Commissione competente

X Commissione (Attività produttive)

Sede

Legislativa

Pareri previsti

I Affari Costituzionali, II Giustizia (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V Bilancio, XII Affari sociali e XIV Politiche dell'Unione europea

 

 

 


Contenuto

Il provvedimento in esame, approvato in prima lettura dalla Camera il 10 dicembre 2009 e con modificazioni dal Senato il 10 marzo 2010, giunge all’esame della Camera in seconda lettura.

Esso è volto ad assicurare la tracciabilità dei prodotti dei settori tessile, della pelletteria e calzaturiero in modo da tutelare i consumatori sotto il profilo dell’informazione sul processo di lavorazione e sulla sicurezza dei prodotti medesimi e da rendere possibile al consumatore distinguere il prodotto che sia realizzato in Italia.

A tal fine l’articolo 1, modificato dal Senato, introduce un sistema di etichettatura obbligatoria dei prodotti finiti e intermedi nei suddetti settori che evidenzi il luogo di origine di ciascuna delle fasi di lavorazione.

Il sistema di etichettatura fornisce inoltre l’indicazione chiara e sintetica di specifiche informazioni riguardanti:

§       la conformità dei processi di lavorazione alle norme vigenti in materia di lavoro;

§       la certificazione di igiene e di sicurezza dei prodotti;

§       l'esclusione dell'impiego di minori nella produzione;

§       il rispetto della normativa europea e degli accordi internazionali in materia ambientale.

Inoltre l’articolo reca una disciplina relativa all’uso dell’indicazione «Made in Italy» riguardante i prodotti tessili, della pelletteria e calzaturieri, nonché – a seguito di un’integrazione del Senato – i prodotti conciari e del settore dei divani. In particolare, si consente l’uso della indicazione «Made in Italy»esclusivamente per prodotti finiti le cui fasi di lavorazione, come individuate per ciascuno dei suindicati settori dallo stesso provvedimento (art. 1, commi 5-9), abbiano avuto luogo prevalentemente nel territorio italiano (e in particolare se almeno due delle fasi di lavorazione sono state eseguite nel territorio italiano e se per le rimanenti fasi è verificabile la tracciabilità).

Per i prodotti privi dei requisiti necessari per l’impiego dell’indicazione «Made in Italy» è fatto salvo l’obbligo di etichettatura con l’indicazione dello Stato di provenienza.

L’articolo precisa che ai fini del provvedimento in esame:

§       per prodotto tessile si intende ogni tessuto o filato, naturale, sintetico o artificiale, che costituisca parte del prodotto finito o intermedio destinato all'abbigliamento, oppure all'utilizzazione quale accessorio da abbigliamento, oppure all'impiego quale materiale componente di prodotti destinati all'arredo della casa e all'arredamento, intesi nelle loro più vaste accezioni, oppure come prodotto calzaturiero;

§       per prodotto conciario si intende un prodotto ottenuto dalla lavorazione di spoglie di animali sottoposte a trattamenti di concia, costituente parte del prodotto destinato all’abbigliamento o all’utilizzo quale accessorio da abbigliamento, o all’impiego quale materiale componente di prodotti per l’arredo della casa e l’arredamento o come prodotto calzaturiero (tale disposizione, come detto, è stata aggiunta dal Senato).

Ai sensi dell’articolo 2, modificato dal Senato, la definizione delle caratteristiche del sistema di etichettatura obbligatoria e di impiego dell’indicazione «Made in Italy», nonché delle modalità per l'esecuzione dei relativi controlli (anche attraverso il sistema delle camere di commercio), è demandata ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico da emanarsi entro quattro mesi dall’entrata in vigore della legge, previa notifica ai sensi dell’art. 8, par. 1, della direttiva 98/34/CE.

La direttiva prevede una procedura che obbliga gli Stati membri a notificare immediatamente alla Commissione europea ogni progetto di regola tecnica relativa a prodotti e a servizi della società dell’informazione, prima che sia introdotta nell’ordinamento nazionale.

Entro il termine di tre mesi dall’entrata in vigore della legge il Ministro della salute dovrà provvedere all’adozione di un regolamento - aggiornato con cadenza biennale in base ad indicazioni dell'Istituto superiore di sanità – diretto a garantire elevati livelli di qualità dei prodotti tessili, della pelletteria e calzaturieri commercializzati, anche al fine di tutelare la salute umana e l'ambiente, attraverso:

§       l'individuazione dei soggetti (autorità sanitarie, come precisato dal Senato) preposti all'esecuzione dei controlli sulla qualità;

§       il rafforzamento dei medesimi controlli (anche tramite analisi chimiche, come precisato dal Senato) e la definizione delle relative modalità di esecuzione;

§       l’obbligo della rintracciabilità[1] dei suddetti prodotti “e degli accessori destinati al consumo”in tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione (la previsione di tale obbligo è stata introdotta dal Senato).

Il provvedimento all’articolo 3 prevede apposite misure sanzionatorie.

L’apparato sanzionatorio a tutela delle disposizioni del provvedimento consiste, in primo luogo, in sanzioni di natura amministrativa. Sostanzialmente il provvedimento individua due tipi di illecito amministrativo:

§       la mancata o scorretta etichettatura dei prodotti, ivi compresa la mancata o incompleta indicazione nell’etichetta della conformità delle lavorazioni alle norme in materia di lavoro, igiene e sicurezza dei prodotti, tutela ambientale;

§       l’abuso dell’indicazione «Made in Italy».

Salvo che il fatto costituisca reato, gli illeciti su indicati sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 a 50.000 euro; nei casi più gravi la sanzione è aumentata fino a due terzi, nei casi meno gravi invece è diminuita nella medesima misura. La merce è sempre oggetto di sequestro e confisca (comma 1).

Se le violazioni su indicate sono reiterate allora sono sanzionate penalmente, con la reclusione da 1 a 3 anni; analogamente, qualora commesse tramite apposita organizzazione, sono soggette alla reclusione da 3 a 7 anni (comma 3).

Ove le violazioni siano commesse da imprese, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 30.000 a 70.000 euro, aumentata o diminuita analogamente al comma 1, fermo restando (è da presumersi) l’applicazione del sequestro e confisca delle merci; la reiterazione della violazione comporta la misura interdittiva della sospensione dell’attività d’impresa per un periodo minimo di un mese e massimo di un anno (comma 2).

Il Senato ha soppresso il comma 3 del testo approvato dalla Camera, che prevedeva la reclusione da sei mesi a due anni congiunta con la multa fino a 30.000 euro per il pubblico ufficiale (o l’incaricato di pubblico servizio) che omette i controlli sulle merci imposti dalla nuova disciplina.

L’articolo 4, introdotto dal Senato, stabilisce che l’efficacia delle disposizioni recate dagli articoli 1 e 3 decorre dal 1° ottobre 2010.

 

Necessità dell’intervento con legge

Il provvedimento introduce un sistema di etichettatura obbligatoria e il divieto di utilizzare il marchio «Made in Italy» in mancanza di specifici requisiti, prevedendo per le violazioni apposite sanzioni amministrative e penali. Si rende pertanto necessario il ricorso allo strumento legislativo.

 

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Il contenuto del provvedimento in esame è riconducibile principalmente alla materia tutela della concorrenza, di competenza esclusiva dello Stato.

Può al riguardo richiamarsi la giurisprudenza della Corte costituzionale che ha ricondotto alla predetta materia le disposizioni volte alla tutela del made in Italy (sentenza n. 175/2005, e, con riferimento al settore del turismo, sentenza n. 339/2007).

La Corte ha altresì ricondotto alle materie tutela della concorrenza e ordinamento civile la disciplina dei marchi e dei segni distintivi (sentenza n. 368/2008).

Con riferimento a specifici profili vengono altresì in rilievo le materie tutela dell’ambiente, di competenza esclusiva dello Stato,e tutela della salute, di competenza concorrente tra Stato e regioni.

Le disposizioni dell’articolo 3, comma 3, sono infine riconducibili alla materia dell’ordinamento penale, di competenza esclusiva dello Stato.

 

Compatibilità comunitaria

Esame del provvedimento in relazione alla normativa comunitaria

La disposizione che consente l’uso dell’indicazione «Made in Italy» esclusivamente per i prodotti finiti le cui fasi di lavorazione abbiano avuto luogo prevalentemente nel territorio italiano appare in contrasto con l’articolo 36 del codice doganale comunitario, di cui al regolamento (CE) n. 450/2008, ai sensi del quale “le merci alla cui produzione hanno contribuito due o più paesi o territori sono considerate originarie del paese o territorio in cui hanno subito l'ultima trasformazione sostanziale”.

 

Documenti all’esame delle istituzioni dell’Unione europea
(a cura dell'Ufficio Rapporti con l'Unione europea)

Il 30 gennaio 2009 la Commissione ha presentato una proposta di regolamento relativo alle denominazioni tessili e all'etichettatura dei prodotti tessili (COM(2009)31) volta a semplificare il quadro regolamentare esistente apportandovi delle modifiche, tra le quali la trasformazione della direttiva 96/74/CE sulla denominazione dei prodotti tessili in un regolamento, l’abrogazione delle direttive 96/73/CE e 73/44/CEE relative ai metodi di analisi e la loro trasformazione in un allegato tecnico, il riconoscimento esplicito della responsabilità degli operatori economici di fornire l'etichetta e le informazioni in essa contenute.

La proposta dovrebbe essere approvata nel mese di aprile dalla Commissione per il mercato interno e la protezione dei consumatori del Parlamento europeo e da quest’ultimo in sessione plenaria probabilmente a partire dal 19 maggio 2010.

Con riguardo, più in generale, al marchio d’origine, una proposta di regolamento relativa all’indicazione del paese di origine di alcuni prodotti importati da paesi terzi era stata presentata nel 2005 (COM(2005)661). La proposta – che segue la procedura di codecisione - non è mai stata discussa dal Consiglio.

Il 24 novembre 2009 il Parlamento europeo in sessione plenaria ha votato una risoluzione nella quale, tra l’altro, invita la Commissione a ripresentare al Parlamento europeo la proposta nel medesimo testo immediatamente dopo l'entrata in vigore del trattato di Lisbona (1° dicembre 2009) e che dalla medesima data abbiano inizio consultazioni e scambi di opinioni tra Parlamento e Consiglio.

 

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Attribuzione di poteri normativi

L’articolo 2, comma 1, affida ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico da emanarsi entro quattro mesi dall’entrata in vigore della legge la definizione delle caratteristiche del sistema di etichettatura obbligatoria e di impiego della denominazione «Made in Italy», nonché delle modalità per l'esecuzione dei relativi controlli.

Il successivo comma 2 dispone che entro tre mesi dall’entrata in vigore della legge il Ministro della salute dovrà provvedere all’adozione di un regolamentodiretto a garantire elevati livelli di qualità dei prodotti tessili, della pelletteria e calzaturieri commercializzati, anche al fine di tutelare la salute umana e l'ambiente.

 

Impatto sui destinatari delle norme

L’etichettatura obbligatoria è diretta ad assicurare la tracciabilità dei prodotti per fornire informazioni sul processo di lavorazione e sulla sicurezza dei prodotti medesimi e rendere possibile distinguere il prodotto che sia realizzato in Italia (tale ultima finalità connota anche la riserva del marchio «Made in Italy» ai prodotti realizzati prevalentemente in Italia).

Tali misure potrebbero garantire una maggior tutela per i consumatori in termini di sicurezza e qualità dei prodotti; i consumatori avrebbero inoltre la possibilità di identificare i prodotti il cui processo produttivo è realizzato interamente o prevalentemente in Italia. Del provvedimento potrebbero inoltre beneficiare i produttori nazionali in possesso dei requisiti per l’uso dell’indicazione «Made in Italy», in termini di promozione dei relativi prodotti.

 

Formulazione del testo

La formulazione del comma 10 dell’articolo 1, che fa salvo l’obbligo di etichettatura con l’indicazione dello Stato di provenienza per i prodotti “di cui al comma 1” privi dei requisiti necessari per l’impiego dell’indicazione «Made in Italy», sembrerebbe non coordinato con le modifiche introdotte dal Senato, che ha esteso la disciplina relativa all’uso dell’indicazione «Made in Italy» ai prodotti conciari e del settore dei divani. Non appare quindi esaustivo il riferimento ai prodotti “di cui al comma 1” (prodotti tessili, della pelletteria e calzaturieri), occorrendo far riferimento anche ai prodotti di cui ai commi 8 e 9 (appunto, i prodotti conciari e del settore dei divani).

All’art. 2, comma 2, lett. d), in materia di obbligo di rintracciabilità dei prodotti, non è chiaro cosa si intende per “accessori destinati al consumo”.

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Servizio Studi – Dipartimento Attività produttive

( 066760-9574  – *st_attprod@camera.it

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File: AP0056b_0.doc



[1]  La “rintracciabilità” è la possibilità di ricostruire e seguire il percorso di un prodotto attraverso tutte le fasi della produzione, della trasformazione e della distribuzione. La normativa vigente, soprattutto di derivazione comunitaria, disciplina la rintracciabilità per i prodotti alimentari.