Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento attività produttive
Titolo: Disposizioni per lo sviluppo e l'internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia - A.C. 1441-ter
Riferimenti:
AC N. 1441-TER/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 40
Data: 15/09/2008
Descrittori:
DISTRIBUTORI DI CARBURANTE   ENERGIA
IMPRESE     
Organi della Camera: X-Attività produttive, commercio e turismo


Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

SERVIZIO STUDI

 

Progetti di legge

 

 

Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia

A.C. 1441-ter

 

 

 

 

 

 

 

 

n. 40

15 settembre 2008

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Dipartimento Attività produttive

 

SIWEB

 

I dossier del Servizio studi sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: AP0015.doc

 


INDICE

Scheda di sintesi

Dati identificativi3

Sintesi del contenuto  4

Schede di lettura

§      Articolo 3 (Distretti produttivi e reti di imprese)13

§      Articolo 5 (Riforma degli interventi di reindustrializzazione)21

§      Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE (a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)27

§      Articolo 6 (Internazionalizzazione delle imprese)28

§      Articolo 7 (Commercio internazionale e incentivi per l'internazionalizzazione delle imprese)31

§      Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE (a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)34

§      Articolo 8 (Fondi regionali con finalità di venture capital gestiti dalla SIMEST Spa)38

§      Articolo 9 (Utilizzo della quota degli utili della SIMEST Spa)40

§      Articolo 10 (Tutela penale dei diritti di proprietà industriale)42

§      Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE (a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)46

§      Articolo 11 (Beni contraffatti)49

§      Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE (a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)49

§      Articolo 12 (Contrasto della contraffazione)50

§      Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE (a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)53

§      Articolo 13 (Proprietà industriale)54

§      Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE (a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)59

§      Articolo 15 (Delega al Governo per la definizione dei criteri di localizzazione dei siti nucleari e delle misure compensative da riconoscere alle popolazioni interessate)62

§      Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE (a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)68

§      Procedure di contenzioso (a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)69

§      Articolo 16 (Energia nucleare)71

§      Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE (a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)71

§      Articolo 17 (Promozione dell'innovazione nel settore energetico)75

§      Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE (a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)79

§      Articolo 18 (Tutela giurisdizionale)81

§      Articolo 22 (Razionalizzazione della rete di distribuzione dei carburanti)84

§      Articolo 31 (Progetti di innovazione industriale)89

§      Articolo 70 (SACE Spa)92

§      Articolo 75 (Disposizioni finanziarie)95


Scheda di sintesi


 

Dati identificativi

 

Numero del progetto di legge

AC 1441-ter

Titolo

Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione delle imprese, nonché in materia di energia

Iniziativa

Governo

Settore d’intervento

Vari

Iter al Senato

No

Numero di articoli

17

Date

 

§      presentazione alla Camera

Stralcio del disegno di legge AC 1441 (deliberazione dell’Assemblea del 5 agosto 2008)

§      assegnazione

5 agosto 2008

Commissione competente

X (Attività produttive)

Sede

Referente

Pareri previsti

Commissioni I, II (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per le disposizioni in materia di sanzioni), III, V, VI (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria), VII, VIII (ex articolo 73, comma 1-bis, del regolamento), XII, XIII, XIV e della Commissione parlamentare per le questioni regionali

 


Sintesi del contenuto

 

N.B.: Si fa presente che gli articoli 3 e 22 del disegno di legge A.C. 1441-ter oggetto del presente dossier riproducono o pongono problemi di coordinamento con disposizioni contenute nel decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.

Articolo 3 - Distretti produttivi e reti di imprese

L‘articolo 3 modifica in più parti la disciplina suidistretti produttivi introdotta dall’articolo 1, commi 366 e seguenti, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006). La disposizione, in particolare, elimina le norme relative al consolidamento fiscale ed alla tassazione unitaria per le imprese appartenenti ai distretti produttivi, sostituendole con norme di semplificazione ai fini della razionalizzazione e della riduzione degli oneri legati agli adempimenti IVA; inoltre, estende la normativa sui distretti produttivi, come modificata, alle reti di imprese.

 

Si segnala che disposizioni sui distretti produttivi di contenuto analogo a quelle in esame sono presenti anche nell’articolo 6-bis del DL 112/2008.Il testo del decreto-legge differisce dal testo in esame unicamente per il fatto che estende l’applicazione delle disposizioni sui distretti produttivi (oltre che alle reti di imprese) anche alle “catene di fornitura”.

Articolo 5 - Riforma degli interventi di reindustrializzazione

L’articolo 5 reca disposizioni volte all’aggiornamento della disciplina concernente gli interventi di promozione e reindustrializzazione delle aree di crisi siderurgica, di cui alla L. 181/89, prevedendone l’estensione all’intero territorio nazionale, nonché la semplificazione delle relative procedure di approvazione.

A tal fine la norma autorizza il Ministero dello sviluppo economico a sottoscrivere, con Regioni e soggetti interessati, appositi Accordi di programma che, su proposta dell’Agenzia per l’attrazione degli investimenti (ex Sviluppo Italia), prevedano interventi agevolativi volti al raggiungimento dei seguenti obiettivi strategici:

-       azioni di bonifica di aree con rilevanti problemi ambientali;

-       interventi compensativi a favore di aree ospitanti o destinate ad ospitare grandi impianti industriali a forte impatto ambientale;

-       iniziative di riqualificazione interessate da situazioni di crisi con impatti significativi per la politica industriale nazionale.

Secondo la norma in commento, oltre all’incentivazione a sostegno del riposizionamento competitivo delle imprese esistenti e della creazione di nuove iniziative imprenditoriali, alle compensazioni e alle iniziative di riqualificazione per le aree interessate, gli interventi di reindustrializzazione potranno prevedere l’attrazione di investimenti e lo sviluppo d’impresa entro i limiti della normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato.

Le modalità di attuazione di tali interventi sono rimesse a un successivo DM.

Articolo 6 - Internazionalizzazione delle imprese

L’articolo 6 apporta modifiche alla legge 56/05 sull’internazionalizzazione delle imprese, volte a semplificare le procedure previste nell’ambito dell’Accordo-quadro con le università del 2001 e di accordi di settore.

Articolo 7 - Commercio internazionale e incentivi per l'internaziona­lizzazione delle imprese

L’articolo 7 conferisce due deleghe al Governo per l’adozione, entro diciotto mesi dall’entrata in vigore della legge, di uno o più decreti legislativi aventi per oggetto, rispettivamente, il riassetto della normativa in materia di internazionalizzazione delle imprese (con particolare riferimento al coordinamento tra gli interventi di competenza dello Stato e delle Regioni) ed il riordino e la razionalizzazione degli enti operanti nel settore.

Articolo 8 - Fondi regionali con finalità di venture capital gestiti dalla SIMEST Spa

L’articolo 8 interviene sulla disciplina dei fondi rotativi regionali di venture capital gestiti dalla Simest Spa, innalzando (dal 49%) al 70% il limite massimo di partecipazione al capitale sociale, consentendo che i fondi regionali confluiscano, a fini gestionali, nel Fondo unico che riunisce tutti i fondi rotativi gestiti dalla SIMEST spa e devolvendo i poteri concernenti l’utilizzo dei fondi regionali al Comitato di indirizzo e di rendicontazione, cui è affidata la definizione dei criteri generali di operatività del medesimo Fondo unico.

 

Articolo 9 - Utilizzo della quota degli utili della SIMEST Spa

L’articolo 9 istituisce presso la Tesoreria dello Stato un Fondo rotativo per favorire la fase di avvio di progetti di internazionalizzazione delle imprese, da finanziare con gli utili di spettanza del Ministero dello sviluppo economico in qualità di socio della Simest S.p.a.

Articolo 10 - Tutela penale dei diritti di proprietà industriale

L’articolo 10 interviene sulla disciplina penalistica di tutela dei diritti di proprietà industriale. In particolare, si modifica le fattispecie di contraffazione e dei marchi, introducendo la nuova fattispecie di usurpazione dei diritti di proprietà industriale protetti da brevetti, modelli e disegni (art. 473 c.p.). Si modifica altresì la fattispecie dell’ introduzione e commercio nello Stato di prodotti falsi, estendendone l’ambito di applicazione anche ai prodotti usurpativi (art. 474 c.p.). In relazione a tali reati, vengono introdotte un’aggravante specifica e la confisca obbligatoria dei beni. Nelle ipotesi aggravate è disposto il passaggio di competenze alla procura distrettuale. E’ inoltre previsto un inasprimento della pena per il delitto di vendita di prodotti industriali con segni mendaci e viene introdotta la nuova fattispecie delittuosa della contraffazione di indicazioni dei prodotti alimentari (art. 517-ter).

Articolo 11 - Beni contraffatti

L’articolo 11 modifica la disciplina in materia di incidente probatorio, in relazione ai delitti di cui agli artt. 473 e 474 c.p. prevedendo che, dopo la perizia, il PM debba provvedere immediatamente alla distruzione della merce sequestrata quando la quantità o la natura di essa comportino costi di custodia troppo elevati, fatta salva la conservazione di campioni.

Articolo 12 - Contrasto della contraffazione

L’articolo 12 reca misure di natura processuale volte al contrasto della contraffazione. In particolare, è estesa anche in relazione alle indagini per i delitti di cui agli artt. 473 e 474 c.p., la disciplina delle operazioni sottocopertura, nonché la possibilità di ritardare l’emissione di provvedimenti cautelari per acquisire maggiori elementi probatori. Tale possibilità è estesa anche alle indagini per i delitti di cui all’art. 517-ter.

E’ infine modificata la disciplina sanzionatoria dell’incauto acquistoda parte del consumatore.

 

Con riferimento alle fattispecie illecite di cui agli artt. 473 e 474 c.p. - quando aggravate ex art. 474-bis - va osservato che per il combinato disposto dell’art. 9, commi 1 (come novellato dall’art. 12, comma 1 del d.d.l. in esame) e 7 della legge 146 del 2006, è già prevista la possibilità per il PM di ritardare ai fini indicati l'esecuzione dei provvedimenti che applicano una misura cautelare personale o reale.

A fini sistematici, andrebbe valutata l’opportunità di collocare la previsione recata dal comma 3 dell’articolo 12, nell’art. 9 della legge 146/2006 che - in relazione ad una serie di reati di particolare allarme sociale – comprende sia la disciplina delle indagini sottocopertura che quella della ritardata emissione di provvedimenti cautelari da parte dell’autorità giudiziaria.

Articolo 13 - Proprietà industriale

L’articolo 13 dispone una serie di modifiche e integrazioni al Codice della proprietà industriale e delega il Governo ad adottare, entro il 30 dicembre 2008, disposizioni correttive o integrative del Codice medesimo.

Articolo 15 - Delega al Governo per la definizione dei criteri di localizzazione dei siti nucleari e delle misure compensative da riconoscere alle popolazioni interessate

L’articolo 15 delega il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi di riassetto normativo recanti i criteri per la disciplina della localizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione elettrica nucleare, per i sistemi di stoccaggio dei rifiuti radioattivi e del materiale nucleare e per la definizione delle misure compensative minime da corrispondere alle popolazioni interessate.

Articolo 16 - Energia nucleare

L’articolo 16 prevede che con delibera del CIPE, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, sentito il Ministro dell’ambiente, sono definite le tipologie degli impianti di produzione di energia elettrica nucleare che possono essere realizzati nel territorio nazionale, nonché le procedure autorizzative e i requisiti soggettivi per lo svolgimento delle attività di costruzione e di esercizio degli impianti.

Articolo 17 - Promozione dell'innovazione nel settore energetico

L’articolo 17 prevede la predisposizione, da parte del CIPE, di un Piano operativo per la promozione dell’innovazione nel settore energetico. Il Piano dovrà definire obiettivi, priorità, modalità di utilizzo delle risorse, tipologia dei soggetti esecutori, nonché, in particolare, prevedere la realizzazione di un progetto dimostrativo sulla cattura e il confinamento dell’anidride carbonica emessa dagli impianti termoelettrici e la partecipazione a vari programmi internazionali sull’energia nucleare. Per la realizzazione degli interventi si rinvia ad apposita Convenzione tra l’Agenzia per l’attrazione degli investimenti, il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell’ambiente, con la quale si provvederà anche ad individuare le risorse dell’Agenzia da destinare alla realizzazione del Piano operativo.

 

Appare opportuno un migliore coordinamento tra le previsioni concernenti il Piano operativo e quelle relative alla Convenzione, sotto il profilo della successione temporale dei due atti e dei termini (non indicati) per la loro adozione. Al comma 2, lettera a), andrebbe chiarito il carattere (pubblico o privato) del “sostegno finanziario” ivi previsto.

Articolo 18 - Tutela giurisdizionale

L’articolo 18 devolve alla giurisdizione esclusiva del TAR del Lazio la competenza in primo grado su tutte le controversie (comprese quelle di natura cautelare e risarcitoria) concernenti le procedure e i provvedimenti della pubblica amministrazione (e dei soggetti ad essa equiparati) in materia di energia. La norma – che detta anche una disciplina transitoria - precisa che la giurisdizione esclusiva comprende le controversie relative a “diritti costituzionalmente garantiti”.

Articolo 22 - Razionalizzazione della rete di distribuzione dei car­buranti

L’articolo 22, è volto a liberalizzare l’attività di distribuzione dei carburanti disciplinata dal D.Lgs. 32/98. La norma vieta la subordinazione dell’attività di installazione ed esercizio degli impianti di distribuzione alla chiusura di impianti esistenti e al rispetto di vincoli relativi a contingentamenti numerici, distanza minima tra impianti e tra impianti ed esercizi o superfici minime commerciali, o concernenti limitazioni od obblighi relativamente all’offerta di attività e servizi integrativi nello stesso impianto o nella medesima area. Reca, inoltre, modifiche agli artt. 1 e 7, del D.Lgs. 32/98 concernenti, rispettivamente:

§      la redazione della perizia giurata (che correda l’autocertificazione inviata al comune con la domanda di autorizzazione all'installazione e all'esercizio di impianti di distribuzione) da parte di un ingegnere o altro tecnico competente per la sottoscrizione del progetto, il quale deve essere in possesso dell’abilitazione secondo le norme comunitarie (in luogo dell’iscrizione al relativo albo professionale attualmente prevista);

§      l’esercizio della facoltà per il gestore dell’impianto di aumentare l’orario massimo di servizio fino al 50% dell’orario minimo stabilito, nonché di definire autonomamente la modulazione dell’orario e dei periodi di riposo previa comunicazione al comune, che non viene più subordinata alla chiusura di almeno 7000 impianti (come attualmente previsto);

La norma prevede anche il coinvolgimento delle regioni e delle province autonome nel miglioramento della rete distributiva e nella diffusione di carburanti eco-compatibili, demandando al Ministro dello sviluppo economico la determinazione dei criteri di vettoriamento del metano per autotrazione attraverso le reti di trasporto e distribuzione del gas naturale, entro sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge.

 

Si segnala che le disposizioni dell’art. 22 sono contenute nell’art. 83-bis, commi 17-22 del DL 112 del 2008, introdotto dalla legge di conversione n. 133/2008.

Articolo 31 - Progetti di innovazione industriale

L’articolo 31interviene in materia di progetti di innovazione industriale (PII), previsti dalla legge finanziaria per il 2007 (L. 296/2006) rafforzando il ruolo del Ministro dello sviluppo economico e,in particolare, consentendo ad esso di individuare nuove aree tecnologiche entro 90 giorni dall’entrata in vigore della presente legge, nonché di aggiornare o modificare quelle già individuate, a partire dal 2009, anche con cadenza annuale.

Articolo 70 - SACE Spa

L‘articolo 70, al fine di implementare le funzioni della Sace S.p.a. in tema di competitività ed internazionalizzazione dell’economia italiana, delega il Governo ad emanare, entro 6 mesi dall’entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti che dispongano la separazione delle attività svolte da Sace in regime di concorrenza da quelle svolte sotto la garanzia statale e la possibilità che due diversi organismi gestiscono le suddette attività una volta disgiunte prevedendo, altresì, la possibilità che altri investitori partecipino all’attività in regime di libero mercato.

 

 

Si segnala che l’articolo 75 del disegno di legge originario (ora articolo 75 dell’A.C. 1441-bis) reca la copertura finanziaria degli interventi previsti al capo I - Impresa (articoli da 1 a 13) -, al capo II – Innovazione (articolo 14) - e capo III - Energia (articoli 15-18) del titolo I (Sviluppo economico, semplificazione e competitività), effettuati tramite l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa Spa (ex Sviluppo Italia Spa), stabilendo che per la realizzazione degli stessi si provvede a valere sulle risorse finanziarie disponibili presso l’Agenzia.


Schede di lettura


 

Articolo 3
(Distretti produttivi e reti di imprese)

 


1. Al fine di promuovere lo sviluppo del sistema delle imprese attraverso azioni di rete che ne rafforzino le misure organizzative, l'integrazione per filiera, lo scambio e la diffusione delle migliori tecnologie, lo sviluppo di servizi di sostegno e forme di collaborazione tra realtà produttive anche appartenenti a regioni diverse, con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sono definite le caratteristiche e le modalità di individuazione delle reti delle imprese.

2. Alle reti, di livello nazionale, delle imprese, quale libera aggregazione di singoli centri produttivi coesi nello sviluppo unitario di politiche industriali, anche al fine di migliorare la presenza nei mercati internazionali, si applicano le disposizioni concernenti i distretti produttivi previste dall'articolo 1, commi 366 e seguenti, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, come da ultimo modificati dal presente articolo, ad eccezione delle norme concernenti i tributi dovuti agli enti locali.

3. All'articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 366, dopo le parole: «Ministro per l'innovazione e le tecnologie,» sono inserite le seguenti: «previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le regioni interessate,»;

b) al comma 368, lettera a), i numeri da 1) a 15) sono sostituiti dai seguenti:

«1) al fine della razionalizzazione e della riduzione degli oneri legati alle risorse umane e finanziarie conseguenti all'effettuazione degli adempimenti in materia di imposta sul valore aggiunto, con regolamento da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le regioni interessate, sono disciplinate, per le imprese appartenenti ai distretti di cui al comma 366, apposite semplificazioni contabili e procedurali, nel rispetto della disciplina comunitaria, e in particolare della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, e successive modificazioni;

2) rimane ferma la facoltà per le regioni e per gli enti locali, secondo i propri ordinamenti, di stabilire procedure amministrative semplificate per l'applicazione di tributi propri»;

c) al comma 368, lettera b), numero 1), ultimo periodo, dopo le parole: «Ministro per la funzione pubblica,» sono inserite le seguenti: «previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le regioni interessate,»;

d) al comma 368, lettera b), numero 2), ultimo periodo, dopo le parole: «Ministro dell'economia e delle finanze» sono inserite le seguenti: «, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le regioni interessate,».

4. Al comma 3 dell'articolo 23 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, come modificato dall'articolo 1, comma 370, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, le parole: «anche avvalendosi delle strutture tecnico-organizzative dei consorzi di sviluppo industriale di cui all'articolo 36, comma 4, della legge 5 ottobre 1991, n. 317» sono soppresse.

5. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


 

 

 

L‘articolo 3 modifica in più parti la disciplina sui distretti produttivi introdottadall’articolo 1, commi 366 e seguenti, della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006). La disposizione, in particolare, elimina le disposizioni relative al consolidamento fiscale ed alla tassazione unitaria per le imprese appartenenti ai distretti produttivi, sostituendole con norme di semplificazione ai fini degli adempimenti IVA. Inoltre, estende la normativa sui distretti produttivi, come modificata, alle reti di imprese.

Si segnala che disposizioni sui distretti produttivi di contenuto analogo a quelle in esame sono presenti anche nell’articolo 6-bis del DL 112/2008.Il testo del decreto-legge differisce dal testo in esame unicamente per il fatto che estende l’applicazione delle disposizioni sui distretti produttivi (oltre che alle reti di imprese) anche alle “catene di fornitura”.

Il comma 1 prevede che la definizione delle caratteristiche e delle modalità di individuazionedelle reti di imprese è demandata ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, da adottarsi di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, sentite le regioni interessate[1].

Si segnala che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 165 del 18 aprile-11 maggio 2007 (GU 16 maggio 2007, n. 19 - Prima serie speciale), aveva dichiarato l’illegittimità del comma 366, relativamente alla parte in cui non prevede – ai fini della definizione, con decreto, delle caratteristiche e delle modalità di individuazione dei distretti produttivi - la previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le Regioni interessate.

Il comma 2 estende alle reti di imprese (di livello nazionale) le disposizioni sui distretti produttivi (come modificate dall’articolo in esame), ad eccezione di quelle concernenti i tributi dovuti agli enti locali.

Il comma 3 apporta varie modifiche alle disposizioni della legge 266/2005 disciplinanti i distretti produttivi, di seguito illustrate :

a)      si richiede la previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano e che vengano sentite le regioni interessate, ai fini dell’adozione del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze cui il comma 366 rinvia per la definizione delle caratteristiche e delle modalità di individuazione dei distretti produttivi;

b)     si dispone la sostituzione dei numeri da 1) a 15) della lettera a) dell’articolo 1, comma 368, della citata della legge 266/2005, che attualmente recano una specifica disciplina tributaria per i distretti produttivi.

Le citate disposizioni prevedono che il regime fiscale dei distretti consenta la tassazione sulla base di due diverse aggregazioni, costituite dal consolidamento fiscale (secondo cui le società di capitali facenti parte di distretti verrebbero sostanzialmente equiparate ad un gruppo) e dalla tassazione unitaria (caratterizzata da un reddito imponibile di distretto che comprende quello delle imprese che hanno optato per la tassazione unitaria). A quest’ultima possono accedere anche le imprese non soggette all'imposta sul reddito delle società (IRES).Tanto nella tassazione consolidata (riferita alle sole imposte sul reddito) quanto nella tassazione unitaria (applicabile sia alle imposte sul reddito, sia alle entrate locali), il distretto è individuato come unità fiscale di riferimento.

La tassazione consolidata (numeri 1 e 2) si applica alle sole imposte sul reddito e ricalca l'istituto del consolidato nazionale per la tassazione dei gruppi di imprese, le cui norme vengono espressamente richiamate in quanto applicabili. In luogo del gruppo di imprese controllate, l'unità fiscale di riferimento è il distretto, che provvede agli adempimenti dichiarativi e di pagamento, sulla base della somma algebrica dei redditi delle società partecipanti. Viene quindi consentita, ad esempio, la compensazione intradistrettuale delle perdite fiscali. Si ricorda in particolare che, secondo il disposto del numero 1) della citata lettera a), le imprese appartenenti a distretti aventi determinate caratteristiche (a norma del comma 366 dell’articolo 1 della medesima legge) possono congiuntamente esercitare l'opzione per la “tassazione (consolidata) di distretto” ai fini dell'applicazione dell'imposta sul reddito delle società (IRES), ovvero un modello di tassazione che configura l’estensione delle condizioni per l’applicazione dell’istituto del consolidato nazionale, previsto e disciplinato dal titolo II, capo II, sezione II (articolo da 117 a 129), del vigente testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, per la tassazione di gruppo delle imprese residenti. La facoltà di opzione per la tassazione di gruppo è consentita congiuntamente alle società di capitali, cooperative, mutue assicuratrici o enti commerciali controllanti e a ciascuna società o ente controllato.

La tassazione unitaria (numeri da 3 a 15) individua il distretto quale soggetto passivo delle imposte sui redditi, dei tributi e delle altre somme dovute agli enti locali, sulla base di concordato preventivo di durata almeno triennale.

Il ricorso a tale forma di concordato preventivo è comunque ammesso anche indipendentemente dall’opzione per le suddette forme di tassazione.

Nel dettaglio, con le norme proposte (ai sensi del nuovo numero 1) viene abrogatoil suddetto gruppo di disposizioni fiscali concernenti i distretti produttivi - contenute nella legge finanziaria 2006 - e sostituito con la previsione di appositesemplificazioni contabili e procedurali in favore delle imprese appartenenti ai distretti medesimi, finalizzate a razionalizzare e ridurre gli oneri legati alle risorse umane e finanziarie conseguenti all'effettuazione degli adempimenti in materia di imposta sul valore aggiunto, nel rispetto della disciplina comunitaria e, in particolare, della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006 e successive modificazioni.

La direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006 ha proceduto alla rifusione delle norme che costituiscono il sistema comune dell’imposta sul valore aggiunto costituendo, pertanto, una sorta di testo unico di tutte le norme sul sistema comune di IVA, razionalizzando e coordinando le numerose e sostanziali modifiche intervenute nel tempo. Il nuovo testo è entrato in vigore dal 1° gennaio 2007 in tutti i Paesi dell’Unione europea.

Si osserva al riguardo che le disposizioni relative all’individuazione dei distretti produttivi tramite decreto ministeriale, ai sensi del citato articolo 1, comma 366, della legge n. 266 del 2005, non sembrano sinora avere ricevuto attuazione.

La norma demanda la disciplina delle suddette semplificazioni a un regolamento di delegificazione, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le regioni interessate.

Alla luce dell’estensione disposta dal comma 2 dell’articolo in esame, tali norme di semplificazione si applicherebbero sia alle imprese facenti parti dei citati distretti, sia a quelle che opereranno entro le istituende “reti delle imprese”.

Il nuovo numero 2)reca disposizioni in materia di tributi propri delle regioni e degli enti locali, disponendo che per questi ultimi resti ferma la facoltà di stabilire procedure amministrative semplificate per l'applicazione di tributi propri.

c)/d)    si richiede la previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome, viene richiesta per l’adozione dei decreti di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze che fissano, rispettivamente, le modalità applicative delle disposizioni del numero 1 e 2, comma 368, lett. b) (al riguardo si rinvia al successivo quadro normativo):

 

Il comma 4 dell’articolo in commento sopprime le disposizioni del comma 3, art. 23, del D.Lgs. 112/98 – aggiunte dal comma 370 della legge 266/05 - che affidano lo svolgimento delle funzioni di assistenza alle imprese, esercitate prioritariamente attraverso gli sportelli unici per le attività produttive, anche alle strutture tecnico-organizzative dei consorzi di sviluppo industriale”, di cui all’articolo 36, comma 4, della legge 5 ottobre 1991, n. 317.

 

Il comma 5, infine, reca la clausola di invarianza di spesa.

 

Quadro normativo

La legge finanziaria per il 2006 (commi 366-372) è intervenuta in materia in materia di distretti produttivi che, come è noto, rappresentano uno dei maggiori punti di forza del sistema produttivo italiano e che si configurando come sistemi produttivi locali omogenei, caratterizzati da un'elevata concentrazione di imprese industriali, prevalentemente di piccola e media dimensione e dall'elevata specializzazione produttiva.

Ai fini dell’applicazione della nuova disciplina recata dai commi da 367 a 372, ilcomma 366 dispone che con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze si provveda a precisare le caratteristiche e le modalità di individuazione dei distretti produttivi, qualificati come libere aggregazioni di imprese articolate sul piano territoriale e sul piano funzionale, aventi le finalità, da perseguirsi "secondo principi di sussidiarietà orizzontale e verticale”, anche individuando modalità di collaborazione con le associazioni imprenditoriali" di:

-        accrescimento dello sviluppo delle aree e dei settori di riferimento;

-        miglioramento dell'efficienza nell'organizzazione e nella produzione.

La disposizione prefigura dunque la definizione di due distinte tipologie di distretti: quelli territoriali e quelli funzionali.

I distretti territoriali, maggiormente ancorati all'esperienza maturata finora nel settore dei distretti produttivi, si caratterizzano per la comune appartenenza delle imprese che vi afferiscono ad un medesimo settore produttivo, oltre che ad uno stesso ambito territoriale. I distretti funzionali, scaturiscono da una libera aggregazione di imprese che cooperano in modo intersettoriale in una logica di mutual business; si prescinde così dalla sussistenza di legami con specifici territori, in funzione del perseguimento di sinergie fra imprese svolgenti attività complementari o comunque connesse, ai fini dell'accesso ad opportunità presenti sul mercato che presuppongono una integrazione dell'offerta produttiva ovvero ai fini dell'ammissione a determinati regimi particolari all'uopo previsti dalla legge. L'adesione ai distretti da parte di imprese industriali, dei servizi, turistiche, agricole e della pesca è libera

L'adesione ai distretti da parte di imprese industriali, dei servizi, turistiche, agricole e della pesca è libera.

Il comma 368determina le disposizioni tributarie, amministrative, finanziarie e di promozione della ricerca e dello sviluppo, applicabili ai distretti produttivi. Con esse viene prevista, in sintesi, la possibilità, per le imprese appartenenti a distretti produttivi, di dare vita a un ambito comune per la fiscalità, gli adempimenti amministrativi e la finanza.

La lettera a) individua la disciplina tributaria.

Si ricorda che, come risulta anche dall’illustrazione contenuta nella relazione governativa all’originario disegno di legge (A.S. 3613), viene prevista – su base comunque opzionale – la possibilità di due diverse aggregazioni, costituite rispettivamente dal consolidamento fiscale (secondo cui le società di capitali facenti parte di distretti verrebbero sostanzialmente equiparate ad un gruppo) e dalla tassazione unitaria (caratterizzata da un reddito imponibile di distretto che comprende quello delle imprese che hanno optato per la tassazione unitaria). A quest’ultima possono accedere anche le imprese non soggette all'imposta sul reddito delle società (IRES). Tanto nella tassazione consolidata (riferita alle sole imposte sul reddito) quanto nella tassazione unitaria (applicabile sia alle imposte sul reddito, sia alle entrate locali) il distretto è individuato come unità fiscale di riferimento.

La lettera b) del comma 368 individua alcune disposizioni amministrative applicabili ai distretti produttivi.

Ai fini della semplificazione degli adempimenti burocratici posti a carico delle imprese che aderiscono ai distretti, la norma prevede la facoltà per il distretto di svolgere talune funzioni quali l'esecuzione, in nome e per conto dell'impresa, degli adempimenti burocratici connessi con lo svolgimento dell'attività, nonché la "certificazione" dell’esattezza dell'iter procedurale seguito; si prevede, inoltre, il riconoscimento ai distretti della facoltà di stipulare negozi di diritto privato per conto delle imprese ad essi aderenti sulla base delle norme civilistiche che disciplinano il mandato

A fronte di quest’attività amministrativa svolta dal distretto, la cui rispondenza alle norme di legge è dichiarata dal distretto stesso, le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici interessati provvedono di conseguenza nei riguardi delle imprese senza esperire alcun altro controllo.

Viene altresì consentito ai distretti di accedere con apposita convenzione ai sistemi informativi e agli archivi informatici delle pubbliche amministrazioni, rimandando ad un successivo decreto l'individuazione delle concrete modalità applicative della disposizione.

La lettera c) individua una serie di disposizioni finanziarie applicabili ai distretti.

Si segnala che si tratta in particolare di interventi diretti ad agevolare l'accesso al credito, a promuovere contenimento dei rischi e a favorire la capitalizzazione delle imprese appartenenti al distretto.

A tale proposito, vengono anzitutto previste forme e condizioni semplificate per la cartolarizzazione dei crediti concessi da più banche o intermediari finanziari alle imprese facenti parte del distretto, agli effetti della cessione a un'unica società.

La lettera d) detta disposizioni in materia di ricerca e sviluppo, prevedendo l'istituzione dell'Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione, che è chiamata a concorrere all'accrescimento della competitività delle piccole e medie imprese e dei distretti industriali attraverso la diffusione delle nuove tecnologie e delle relative applicazioni industriali (numero 1). All'Agenzia è assegnato il compito di promuove l'integrazione fra il sistema della ricerca e il sistema produttivo provvedendo ad individuare a valorizzare e a diffondere nuove conoscenze tecnologiche, brevetti ed applicazioni industriali su scala sia nazionale che internazionale.

Si prevede, inoltre, la stipula, da parte dell’Agenzia di convenzioni e contratti con soggetti pubblici e privati che ne condividono le finalità (numero 3).

Attraverso decreti di natura non regolamentare, la Presidenza del Consiglio dei ministri - alla cui vigilanza l’Agenzia viene sottoposta e alla quale è, altresì, rimessa l'approvazione del relativo statuto (ai sensi del numero 4) - provvede alla definizione di criteri e modalità per lo svolgimento delle attività istituzionali dell’Agenzia, sentiti i Ministeri dell’istruzione, dell’economia e delle attività produttive, nonché i Ministri per lo sviluppo e la coesione territoriale e per l’innovazione e le tecnologie, se nominati.

L'applicazione delle nuove disposizioni relative ai distretti viene estesa anche:

-        ai distretti rurali ed agroalimentari, di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228;

-        ai sistemi produttivi;

-        ai sistemi produttivi locali, distretti industriali e consorzi di sviluppo industriale definiti ai sensi dell'articolo 36 della legge 5 ottobre 1991, n. 317;

-        ai consorzi per il commercio estero di cui alla legge 21 dicembre 1989, n. 83[2];

-        al settore della pesca[3]

Le funzioni di assistenza alle imprese, esercitate prioritariamente attraverso gli sportelli unici per le attività produttive, possano essere svolte “anche avvalendosi delle strutture tecnico-organizzative dei consorzi di sviluppo industriale”, di cui all’articolo 36, comma 4, della legge 5 ottobre 1991, n. 317 (comma 370).

In un primo tempo si prevedeun’applicazione in via sperimentale delle disposizioni di cui ai commi 366-372, limitatamente ad uno o più distretti che saranno individuati con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze. A questa fase sperimentale seguirà, comunque, una realizzazione progressiva dell’applicazione delle disposizioni in oggetto.

Infine, per l’attuazione dei commi 366-371 viene fissato un limite massimo di spesa pari a 50 milioni di euro annui a decorrere dal 2006(comma 372).

La legge finanziaria per il 2007, attraverso la novella della legge n. 266/05, ha introdotto disposizioni relative al cofinanziamento statale di progetti regionali in materia di distretti produttivi.

La novella alla legge finanziaria per il 2006 è volta, in attesa dell’adozione del decreto di individuazione dei distretti produttivi, a prevedere la possibilità di riconoscere un contributo statale a progetti regionali riguardanti tali distretti, per un ammontare massimo del 50% delle risorse pubbliche complessivamente impiegate in ciascun progetto.

I commi 889-891 recano disposizioni relative al cofinanziamento statale di progetti regionali in materia di distretti produttivi.

Novellando la legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria per il 2006) mediante l’aggiunta dei commi 371-bis e 371-ter, tali disposizioni prevedono - in attesa dell’adozione del decreto di individuazione dei distretti produttivi - la possibilità di riconoscere una agevolazione a progetti regionali riguardanti tali distretti, per un ammontare massimo del 50 per cento delle risorse pubbliche complessivamente impiegate in ciascun progetto. I progetti regionali ammessi al beneficio, i relativi oneri ed eventuali ulteriori progetti di carattere nazionale (come precisato in aggiunta nel testo approvato dal Senato), saranno individuati con decreto del Ministro dello sviluppo economico.


 

Articolo 5
(Riforma degli interventi di reindustrializzazione)


1. Il Ministero dello sviluppo economico, sentito il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, stipula con le regioni e gli altri soggetti interessati specifici accordi di programma per la reindustrializzazione, che prevedono interventi di agevolazione, proposti e attuati dall'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa Spa, secondo le direttive emanate dal Ministero dello sviluppo economico ai sensi del comma 8, nel limite delle risorse disponibili a legislazione vigente, al fine di:

a) accompagnare le azioni di reindustrializzazione delle aree industriali inquinate, nel quadro degli interventi di all'articolo 252-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152;

b) favorire interventi compensativi per le aree che ospitano o su cui si prevede l'insediamento di grandi impianti industriali o energetici con forte impatto sull'ambiente;

c) promuovere iniziative per la riqualificazione di aree interessate da complesse situazioni di crisi, con impatti significativi per la politica industriale nazionale.

2. Gli interventi di reindustrializzazione di cui al comma 1, lettera a), sono effettuati secondo le procedure previste all'articolo 252-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152.

3. L'individuazione delle aree di cui al comma 1, lettere b) e c), è effettuata sulla base di criteri definiti con delibera del CIPE, su proposta del Ministero dello sviluppo economico, sentiti il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

4. Gli interventi di reindustrializzazione da realizzare, ai sensi del comma 1, nel rispetto del principio di invarianza della spesa, possono riguardare interventi di incentivazione per sostenere il riposizionamento competitivo delle imprese esistenti, la promozione e la creazione di nuove iniziative imprenditoriali nonché la realizzazione di interventi di riqualificazione e di ristrutturazione strettamente connessi.

5. Gli interventi per la reindustrializzazione possono prevedere anche l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa, nel rispetto della normativa comunitaria in materia di aiuti di Stato. Per l'attivazione delle iniziative e degli interventi di reindustrializzazione previsti sono stipulati specifici accordi di programma con le regioni interessate, nel rispetto di quanto disposto dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni. Gli accordi di programma costituiscono fonte regolamentare per la definizione delle modalità attuative degli interventi di competenza dell'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa Spa.

6. Per l'attuazione degli interventi previsti dal presente articolo continuano ad applicarsi le disposizioni di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 3 dicembre 2007, pubblicato nel supplemento ordinario n. 19 alla Gazzetta Ufficiale n. 19 del 23 gennaio 2008.

7. Le disposizioni di cui al decreto-legge 1o aprile 1989, n. 120, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 maggio 1989, n. 181, e successive modificazioni, in contrasto con il presente articolo sono abrogate. Sono fatti salvi gli effetti degli atti e dei contratti sottoscritti dall'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa Spa prima della data di entrata in vigore della presente legge.

8. Il Ministro dello sviluppo economico, sentito il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, definisce con proprio decreto, da emanare entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le modalità di attuazione degli interventi di cui al presente articolo e individua le risorse da destinare allo scopo a legislazione vigente nonché le eventuali risorse che possono essere utilizzate direttamente dall'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa Spa nell'ambito delle proprie disponibilità.

Con lo stesso decreto sono impartite all'Agenzia medesima le direttive di cui al comma 1.

 


 

 

L’articolo 5 reca disposizioni volte all’aggiornamento della disciplina concernente gli interventi di promozione e reindustrializzazione delle aree di crisi siderurgica, di cui alla legge n. 181/89, prevedendone l’estensione all’intero territorio nazionale in considerazione della sua efficacia, come si sottolinea nella relazione governativa, pur fissando alcune priorità.

Si ricorda, brevemente, che il DL 1° aprile 1989, n. 120 (Misure di sostegno e di reindustrializzazione in attuazione del piano di risanamento della siderurgia), convertito dalla legge 15 maggio 1989, n. 181, agli artt. 5-8, ha previsto la realizzazione di un programma speciale di reindustrializzazione delle aree di crisi siderurgica, attuato dalle aziende del gruppo IRI e specificamente rivolto alle zone di Napoli, Taranto, Genova e Terni (aree prioritarie), nonché un programma di promozione industriale esteso anche ad altre aree di crisi siderurgica (Massa, Piombino, Trieste, Lovere, Villadossola), predisposto dalla SPI, società di promozione imprenditoriale controllata dall’IRI, ora confluita in Sviluppo Italia S.p.A. e relativo ad iniziative imprenditoriali nei settori dell'industria e dei servizi, con particolare riferimento a quelle da realizzare in collaborazione con imprenditori privati e con cooperative o loro consorzi.

La legge finanziaria 2003 (L. 289/2002, art. 73, comma 1), ha poi previsto la possibilità di estendere le misure del D.L. 120/1989 anche ad aree diverse da quelle individuate dallo stesso decreto-legge, nonché alle aree industriali comprese nei territori per i quali sia stato dichiarato o prorogato lo stato di emergenzacon decreti del Presidente del Consiglio dei ministri. In tale contesto, con il comma 265 della legge n. 311/04 (finanziaria 2005) le misure del DL n. 120 sono state estese anche ai territori dei comuni di Arese, Rho, Garbagnate Milanese e Lainate (limitatamente, tuttavia, alle aree individuate nell’accordo di programma per la reindustrializzazione dell’area Fiat-Alfa Romeo), nonché al comune di Marcianise (Caserta) e al distretto di Brindisi, mentre con il comma 266 l’attuazione del programma di reindustrializzazione è stata affidata a Sviluppo Italia S.p.a., in accordo con le rispettive regioni. Lo stesso comma ha individuato ulteriori tipologie di interventi da ricomprendere nel programma. Si tratta di interventi di acquisizione, bonifica e infrastrutturazione di aree industriali dismesse.

Il DL 35/2005, all’art. 11, comma 8, ha disposto, al fine di “concorrere alla soluzione delle crisi industriali”, un ulteriore ampliamento della platea dei soggetti destinatari degli interventi di reindustrializzazione e di promozione industriale di cui al decreto-legge n. 120/1989, prevedendo in particolare che questi siano estesi anche alle aziende operanti in aree di crisi del comparto degli elettrodomestici, nonché al territorio dei comuni individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, tenuto conto degli accordi intervenuti fra Governo, enti territoriali e parti economiche e sociali. Per la realizzazione di tali interventi è stato concesso un contributo straordinario pari a 50 milioni di euro per il 2005, 50 milioni di euro per il 2006, 85 milioni di euro per il 2007 e 65 milioni di euro per il 2008, ed è stata altresì assegnata una specifica priorità agli interventi cofinanziati dalle regioni e dagli enti locali, anche per il tramite di società o enti strumentali, tenuto conto della quota di cofinanziamento.

Da ultimo la legge finanziaria 2007 (L. 296/06) al comma 30, art. 1, ha autorizzato, limitatamente all’anno 2006, una spesa di 20 milioni di euro, destinata alla prosecuzione degli interventi consentiti dal DL 120/1989 al fine di concorrere alla soluzione di crisi industriali. La definizione delle relative modalità è stata demandata ad un decreto del Ministro delle attività produttive (ora sviluppo economico), per la cui emanazione si richiede il concerto con i Ministri del lavoro e delle politiche e dell’economia e delle finanze.

 

Le disposizioni in commento sono, inoltre, volte alla semplificazione delle procedure di approvazione degli interventi.A tal fine autorizzano il Ministero dello sviluppo economico – sentito il Ministero dell’ambiente - a sottoscrivere, con le regioni e gli altri soggetti interessati, appositi Accordi di programma, proposti e attuati dall’Agenzia per l’attrazione degli investimenti (ex Sviluppo Italia), che prevedano interventi agevolativi volti al raggiungimento dei seguenti obiettivi strategici:

a)      accompagnare le azioni di reindustrializzazione nel quadro degli interventi di bonifica di aree con rilevanti problemi ambientali di cui all’art. 252-bis del D.Lgs. 152 (cfr. oltre);

b)      previsione di interventi compensativi a favore delle aree ospitanti o destinate ad ospitare grandi impianti industriali a forte impatto ambientale;

c)      promozione di iniziative di riqualificazione interessate da complesse situazioni di crisi con impatti significativi per la politica industriale nazionale.

 

Il comma 2 prevede che gli interventi di reindustrializzazione di cui al comma 1, lett. a) siano effettuati secondo le procedure del citato art. 252-bis del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152.

L’art. 252-bis del D.Lgs. n. 152/2006 (cd. codice ambientale)[4] ha introdotto nell’ordinamento nazionale una procedura finalizzata a consentire la realizzazione di programmi ed interventi di riconversione industriale e di sviluppo economico in siti di preminente interesse pubblico (anche non compresi nel programma nazionale di bonifica[5]), contaminati da eventi antecedenti al 30 aprile 2006, da individuarsi con successivi decreti interministeriali.

Il comma 1 dell’art. 252-bis prevede, inoltre, che in tali siti sono attuati progetti di riparazione dei terreni e delle acque contaminate assieme ad interventi mirati allo sviluppo economico produttivo e che nei siti con aree demaniali e acque di falda contaminate tali progetti sono elaborati ed approvati con appositi accordi di programma stipulati tra i soggetti interessati, i Ministri per lo sviluppo economico, dell'ambiente e della salute e il Presidente della Regione territorialmente competente, sentiti il Presidente della Provincia e il Sindaco del Comune territorialmente competenti.

Tali accordi di programma assicurano, ai sensi del comma 3, il coordinamento delle azioni per determinarne i tempi, le modalità, il finanziamento ed ogni altro connesso e funzionale adempimento per l'attuazione dei programmi di riconversione e disciplinano, tra l’altro: gli obiettivi di reindustrializzazione e di sviluppo economico produttivo e il piano economico finanziario degli investimenti da parte di ciascuno dei proprietari delle aree comprese nel sito contaminato al fine di conseguire detti obiettivi; gli obiettivi degli interventi di bonifica e riparazione, i relativi obblighi dei responsabili della contaminazione e del proprietario del sito; l'eventuale costituzione di consorzi pubblici o a partecipazione mista per l'attuazione di tali obblighi; nonché le iniziative e le azioni che le pubbliche amministrazioni si impegnano ad assumere ed a finanziare.

Il comma 4 dell’articolo 252-bis dispone poi che la stipula dell'accordo di programma costituisce riconoscimento dell'interesse pubblico generale alla realizzazione degli impianti, delle opere e di ogni altro intervento connesso e funzionale agli obiettivi di risanamento e di sviluppo economico e produttivo.

In base al comma 5, inoltre, i provvedimenti relativi agli interventi previsti dall’accordo di programma sono valutati da due conferenze di servizi, cui partecipano i soggetti pubblici coinvolti nell'accordo di programma e i soggetti privati proponenti le opere e gli interventi nei siti:

-        una, indetta dal Ministero dell'ambiente, avente ad oggetto l'intervento di bonifica;

-        una, indetta dal Ministero dello sviluppo economico, avente ad oggetto l'intervento di reindustrializzazione.

Il comma 5 dispone altresì che l'assenso espresso dai rappresentanti degli enti locali, sulla base delle determinazioni a provvedere degli organi competenti, sostituisce ogni atto di pertinenza degli enti medesimi e che alle conferenze dei servizi sono ammessi gli enti, le associazioni e le organizzazioni sindacali interessati alla realizzazione del programma.

Fatta salva l’applicazione delle norme in materia di valutazione di impatto ambientale (VIA) e di autorizzazione ambientale integrata (AIA), all'esito delle due conferenze di servizi, con appositi decreti ministeriali (del Ministro dell'ambiente e dello sviluppo economico), d'intesa con la regione interessata, si autorizzano la bonifica e l’eventuale messa in sicurezza nonché la costruzione e l'esercizio degli impianti e delle opere annesse.

Si fa notare, infine, che l’articolo 252-bis fissa il limite massimo di un anno (dall'adozione del decreto di individuazione del sito) per la conclusione della procedura introdotta e prevede, inoltre, l’applicazione di procedure di bonifica semplificate[6], con l’intento – riconosciuto da più parti[7] – di pervenire ad una velocizzazione dell’iter amministrativo di approvazione dei progetti di bonifica dei siti in questione.

 

Il comma 3 demanda la definizione dei criteri di individuazione delle aree di cui alle lettere b) e c) del comma 1, ad una delibera del CIPE, su proposta del Ministero dello sviluppo economico e sentiti il Ministero dell’ambiente e la Conferenza Stato-regioni -.

 

Ai sensi dei commi 4 e 5 gli interventi di reindustrializzazione possono riguardare:

§      incentivi a sostegno del riposizionamento competitivo delle imprese, promozione e creazione di nuove iniziative imprenditoriali e interventi di riqualificazione e ristrutturazione connessi, nel rispetto del principio di invarianza della spesa (comma 4);

§      attrazione di investimenti e sviluppo di impresa nel rispetto delle norme UE sugli aiuti di Stato. Per l’attivazione delle iniziative si prevede la stipula di specifici accordi di programma[8] con le regioni interessate, che costituiscono una fonte regolamentare per la definizione delle modalità di attuazione degli interventi da parte dell’ Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa spa” (di seguito Agenzia).

 

Per quanto riguarda l’attività di attrazione degli investimenti, si segnala che l’articolo 43 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 (c.d. manovra per il 2009-2011) provvede a ridisciplinare la materia, prevedendo l’emanazione di un decreto di natura non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico per la concessione di agevolazioni finanziariea sostegno degli investimenti privati e per la realizzazione di interventi ad essi complementari e funzionali. La gestione degli interventi viene affidata, con modalità stabilite da apposita convenzione, all’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa S.p.A. Tale strumento di intervento sostituirà i contratti di programma e i contratti di localizzazione per l’attrazione degli investimenti[9].

Si ricorda che, a partire dalla legge finanziaria 2005, sono stati previsti diversi strumenti di intervento per favorire l’attrazione di investimenti in Italia, assegnandone la competenza gestionale a Sviluppo Italia, poi trasformata in Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa S.p.A Infatti la legge finanziaria 2007 (legge n. 296/2006) all’articolo 1, comma 460, oltre a mutare la denominazione di Sviluppo Italia S.p.A. in “Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A.“, ha attribuito al Ministro dello sviluppo economico una serie di poteri, tra cui quello di definire con apposite direttive le priorità e gli obiettivi dell’Agenzia. In particolare la direttiva del Ministro dell’economia e delle finanze del 27 marzo 2007 ha stabilito che l’azione dell’Agenzia dovrà essere diretta, con particolare riferimento al Mezzogiorno, a conseguire le seguenti priorità:

1.  favorire l’attrazione degli investimenti esteri di elevata qualità, in grado di dare un contributo allo sviluppo del sistema economico e produttivo nazionale;

2.  sviluppare l’innovazione e la competitività industriale e imprenditoriale nei sistemi produttivi e nei sistemi territoriali;

3.  promuovere la competitività e le potenzialità attrattive dei territori.

Relativamente alla disciplina degli aiuti di Stato si ricorda che con la Comunicazione della Commissione 2006/C 54/08 sono stati definiti i nuovi “Orientamenti in materia di aiuti a finalità regionale 2007-2013”. Per quanto riguarda l’Italia la “Carta degli aiuti è stata approvata con Decisione della Commissione C(2007)5618 del 28 novembre 2007e recepita con decreto del Ministro dello sviluppo economico del 7 dicembre 2007, come modificato dal DM 27 marzo 2008.

 

Il comma 6 conferma – ai fini dell’attuazione degli interventi del presente articolo - l’applicazione delle disposizioni del decreto del Ministro dello sviluppo economico 3 dicembre 2007, n. 747 recante Agevolazioni ai sensi degli articoli 5, 6, 7 e 8 della legge n. 181/1989, e successive estensioni. Attuazione in regime di esenzione ai sensi del regolamento (CE) n. 1968/2006, del regolamento (CE) n. 70/2001 come prorogato dal regolamento (CE) n. 1976/2006.

 

Il comma 7 reca abrogazione di tutte le disposizioni della legge 181/89 e successive modificazioni in contrasto con l’articolo in esame. Sono fatti salvi gli effetti degli atti e dei contratti sottoscritti dell’Agenzia in data anteriore all’entrata in vigore del presente provvedimento.

 

Da ultimo il comma 8 rinvia ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico – la cui emanazione è prevista entro il termine di due mesi dall’entrata in vigore della presente legge – la definizione delle modalità attuative degli interventi previsti dall’articolo in commento, nonché delle direttive da impartire all’Agenzia. Al Ministro compete, altresì, l’individuazione delle risorse da destinare a tali interventi a legislazione vigente e quelle che possono essere utilizzate direttamente dall’Agenzia nell’ambito delle proprie disponibilità.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)

Con riferimento alle azioni di reindustrializzazione delle aree industriali inquinate, si ricorda che la nuova disciplina degli aiuti di stato per la tutela ambientale, pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea serie C, n. 82, del 1° aprile 2008, prevede, al punto 3.1.10, le condizioni per l’erogazione di aiuti per il risanamento di siti contaminati. In particolare, si stabiliscono la tipologia e l’intensità delle agevolazioni in presenza delle quali esse possono essere considerate compatibili con il mercato comune, ai sensi dell’art. 87, paragrafo 3, lettera c), del trattato CE.

 


 

Articolo 6
(Internazionalizzazione delle imprese)

 

1. Alla legge 31 marzo 2005, n. 56, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 4, comma 2, le parole da: «e con il Ministro dell'istruzione» fino a: «Conferenza permanente» sono sostituite dalle seguenti: «, sentiti il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca e la Conferenza permanente»;

b) all'articolo 5, comma 3, le parole: «di concerto con il Ministro per gli italiani nel Mondo, d'intesa con il Ministro delle politiche agricole e forestali e con il Ministro per gli affari regionali,» sono soppresse.

 

 

L’articolo 6 modifica la legge 31 marzo 2005, n. 56 recante disposizioni in materia di internazionalizzazione delle imprese, al fine di semplificare le procedure nell’ambito dell’Accordo-quadro con le università e degli accordi di settore in materia di internazionalizzazione.

La legge 31 marzo 2005, n. 56 (Misure per l’internazionalizzazione delle imprese, nonché delega al Governo per il riordino degli enti operanti nel medesimo settore) costituisce il nuovo quadro giuridico di riferimento definito per promuovere interventi a sostegno dell’internazionalizzazione del sistema produttivo italiano. La legge si colloca nell’ambito di un processo di riforma del sistema di sostegno pubblico all’internazionalizzazione avviato nella XIV legislatura, finalizzato, a fronte del decentramento, dell’ampliamento dell’autonomia delle regioni e degli enti locali e del coinvolgimento di numerosi soggetti (pubblici e privati) nelle attività di sostegno all’internazionalizzazione, ad evitare un’eccessiva polverizzazione e disorganicità degli interventi e degli strumenti nel settore dell’internazionalizzazione, integrando e coordinando le azioni dei diversi soggetti coinvolti in una logica di “sistema Paese”. In tale logica di recupero di una funzione statuale di coordinamento unitario, che trova la sua base giuridica nell’art. 118 Cost., si innestano: la previsione degli sportelli unici all’estero, le funzioni di coordinamento del Ministero delle attività produttive concernenti l’accordo-quadro con le università, gli accordi di settore.

 

Le modifiche introdotte dall’articolo in commento riguardano in particolare:

§      l’articolo 4, comma 2, della legge 56/2005, recante disposizioni volte al rafforzamento delle sinergie tra il mondo imprenditoriale e quello universitario attraverso l’attivazione di strumenti indicati dall’Accordo-quadro sottoscritto tra il Ministero e le università.

Attraverso la concretizzazione degli strumenti indicati nell’Accordo-quadro sottoscritto nel 2001[10] tra l’allora Ministero del commercio con l’estero, ICE e Conferenza dei rettori delle università italiane, allo scopo di valorizzare le Università italiane nelle loro interconnessioni con il sistema economico, si evidenzia la funzione propulsiva e di coordinamento affidata al Ministero delle attività produttive (ora dello sviluppo economico) per la ricerca di sinergie tra il mondo universitario e quello imprenditoriale nel settore della internazionalizzazione.

Il comma 2 rinvia, per l’individuazione delle priorità e dei settori di intervento per effettuare gli investimenti previsti dall’articolo in attuazione dell’Accordo, nonché delle relative modalità di finanziamento, ad un successivo decreto del Ministro delle attività produttive, adottato di concerto con i Ministri degli affari esteri e dell’istruzione, sentita la Conferenza dei rettori delle università e la Conferenza Stato-regioni, entro centottanta giornidalla data di entrata in vigore della legge.

La modifica introdotta dall’articolo in commento prevede che per l’emanazione del decreto non sia più richiesto il concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca (che deve essere solo sentito) né che venga sentita la Conferenza dei rettori delle università italiane;

 

§      l’articolo 5 della legge 56/2005, contenente la previsione di accordi di settore volti a favorire e incentivare, anche attraverso l’ICE, il coordinamento delle attività promozionali e la realizzazione di progetti di investimenti pluriennali nel campo della internazionalizzazione.

In particolare il comma 3 oggetto di modifica prevede forme di raccordo con le camere di commercio e le camere di commercio italiane all’estero, con il sistema associativo, rappresentativo degli interessi delle imprese, con le comunità, le comunità di affari italiane all’estero e con i loro organismi rappresentativi, alla cui promozione provvedono i Ministri delle attività produttive (ora dello sviluppo economico) e degli affari esteri, di concerto con il Ministro per gli italiani nel mondo, d’intesa con i Ministri delle politiche agricole e forestali e per gli affari regionali.

A seguito delle modifiche apportate non è più previsto il concerto con il Ministro per gli italiani nel mondo, né l’intesa con i Ministri delle politiche agricole e forestali e per gli affari regionali con riferimento alle forme di raccordo di cui al citato comma 3.


 

Articolo 7
(Commercio internazionale e incentivi per l'internazionalizzazione delle imprese)

 


1. Il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo recante norme per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di internazionalizzazione delle imprese, secondo le modalità e i princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, nonché nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) riunire e coordinare tutte le disposizioni legislative vigenti in materia di internazionalizzazione delle imprese, considerando, oltre a quelle relative alle esportazioni, anche quelle concernenti gli investimenti in grado di promuovere l'internazionalizzazione delle produzioni italiane e prevedendo la delegificazione dei procedimenti in materia;

b) coordinare gli interventi di competenza dello Stato con quelli di competenza delle regioni e degli altri soggetti operanti nel settore dell'internazionalizzazione delle imprese;

c) prevedere accordi tra enti pubblici e il sistema bancario per l'utilizzo dei servizi e delle sedi estere degli istituti di credito.

2. Il Governo è delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi ai fini della ridefinizione, del riordino e della razionalizzazione degli enti operanti nel settore dell'internazionalizzazione delle imprese, secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) rispetto dei compiti attribuiti al Ministero dello sviluppo economico, al Ministero degli affari esteri e al Ministero dell'economia e delle finanze dal decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, e successive modificazioni, e dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 143, e successive modificazioni, e adeguamento delle disposizioni legislative che regolano i singoli enti al quadro delle competenze delineato dal citato decreto legislativo n. 143 del 1998, e successive modificazioni, nonché all'assetto costituzionale derivante dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3;

b) riassetto organizzativo degli enti operanti nel settore dell'internazionalizzazione delle imprese, secondo princìpi ispirati alla maggiore funzionalità dei medesimi in relazione alle rinnovate esigenze imposte dall'attuale quadro economico-finanziario, nonché a obiettivi di coerenza della politica economica e commerciale estera e della promozione del sistema economico italiano in ambito internazionale con le funzioni svolte dall'amministrazione centrale degli affari esteri, dalle rappresentanze diplomatiche e dagli uffici consolari in materia di rappresentanza, di coordinamento e di tutela degli interessi italiani in sede internazionale;

c) compatibilità con gli obiettivi di riassetto della normativa in materia di internazionalizzazione delle imprese di cui al comma 1.

3. Entro un anno dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui ai commi 1 e 2, possono essere emanate disposizioni correttive e integrative dei decreti stessi, nel rispetto delle modalità e dei princìpi e criteri direttivi stabiliti dai medesimi commi.


 

 

L’articolo 7 reca due deleghe al Governo volte, la prima, a prefigurare un generale riordino normativo, la seconda, a riordinare gli enti operanti nel settore dell’internazionalizzazione[11]. Il termine fissato per l’esercizio di ciascuna delega e di diciotto mesi dall’entrata in vigore della legge.

Con il termine internazionalizzazione delle imprese si indica una molteplicità di attività piuttosto eterogenee, svolte da una pluralità di soggetti istituzionali, tra le quali rientrano: l’azione di politica estera volta a promuovere la presenza delle imprese nazionali all’estero ovvero l’incremento delle esportazioni; la costituzione di sportelli unici per le imprese che operano all’estero; l’assistenza e la consulenza alle imprese svolta all’estero; il sostegno ad iniziative di penetrazione commerciale; la concessione di crediti agevolati per l’esportazione e l’assicurazione degli stessi crediti; i finanziamenti diretti e la partecipazione, da parte di organismi societari sottoposti al controllo pubblico, in società finanziarie; il finanziamento di società miste all’estero.

Per quanto riguarda gli organismi la cui azione è volta a promuovere l’internazionalizzazione delle imprese, oltre al Ministero dello sviluppo economico vanno menzionati il Ministero degli affari esteri e le regioni. A livello dell’amministrazione statale, è inoltre da ricordare l’attività di coordinamento e decisione svolta dal CIPE. Nel settore operano inoltre l’Istituto del commercio estero (ICE), sottoposto alla vigilanza del Ministero dello sviluppo economico; l’Istituto per i servizi assicurativi del commercio estero (SACE, ora trasformato in S.p.A); la Società italiana per le imprese all’estero (SIMEST), le cui azioni sono per il 76% di proprietà pubblica; la Società finanziaria attiva nei confronti delle imprese che operano nelle zone di confine (FINEST). Vanno infine menzionati il Mediocredito Centrale, gli uffici commerciali delle rappresentanze diplomatiche e le camere di commercio italiane all’estero.

Delega per il riassetto normativo

La delega conferita al Governo ai sensi del comma 1, prevede l’adozione, entro diciotto mesi dall'entrata in vigore della presente legge, di uno o più decreti legislativi destinati al riassetto della normativa in materia di internazionalizzazione delle imprese.

L’articolo in esame, detta specifici principi e criteri direttivi per l'attuazione della delega, in aggiunta a quelli di carattere generale definiti dall’articolo 20 della legge 59/97, si possono così riassumere:

§      esercizio della delega finalizzato alla raccolta e al coordinamento delle disposizioni legislative in materia, con l’indicazione di considerare, oltre alle esportazioni, anche gli investimenti idonei a promuovere l’internazionalizzazione. Tale principio e criterio di delega, come del resto il successivo, non prevede alcuna modifica di carattere sostanziale della normativa vigente e sembra piuttosto orientato a consentire la predisposizione di un codice in materia di internazionalizzazione, come, peraltro, confermato dalla stessa relazione governativa al ddl in esame;

§      coordinamento delle misure di competenza dello Stato con quelle delle regioni e degli altri soggetti operanti nel settore dell’internazionalizzazione, mentre;

§      accordi tra enti pubblici e il sistema bancario per l’utilizzo dei servizi e delle sedi estere degli istituti di credito.

 

La ripartizione delle funzioni amministrative tra Stato e regioni in materia di internazionalizzazione risulta dal decreto legislativo n. 112 del 1998 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59).

Allo Stato (art. 18), oltre alla definizione dei criteri generali per la concessione degli incentivi e simili all’industria ed alla diretta concessione di determinati contributi (ad esempio quelli di rilevanza economica strategica o valutabili su scala nazionale), sono riservate funzioni e compiti in materia di assicurazione, riassicurazione e finanziamento dei crediti all’esportazione; partecipazione ad imprese e società miste, promosse o partecipate da imprese italiane; sostegno alle iniziative di penetrazione commerciale ed industriale; sostegno alla partecipazione di imprese italiane a gare internazionali; attività promozionale di livello nazionale ed altre funzioni di analogo contenuto in cui si sostanzia la gran parte delle attività rivolte alla internazionalizzazione delle imprese. Alle regioni (art. 19) risultano invece attribuite le funzioni in materia di promozione di livello locale nonché la concessione di incentivi e simili per il sostegno allo sviluppo della commercializzazione e della internazionalizzazione delle imprese. Va infine ricordato come il nuovo testo dell’articolo 117 Cost., introdotto nell’ambito della riforma del titolo V della Costituzione, ricomprenda tra le materie di legislazione concorrente - per le quali alle regioni spetta la potestà legislativa e regolamentare ed allo Stato la definizione con legge dei principi fondamentali della materia - il commercio con l’estero. Tale materia – alla quale può ricondursi l’internazionalizzazione delle imprese - sembra tuttavia presentare profili afferenti alle materie valutaria, finanziaria e della concorrenza, oltre che alla politica estera nazionale, tutte rimesse alla competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi del medesimo articolo 117 Cost.

 

 

Delega per il riordino degli enti

Il comma 2 delega il Governo alla ridefinizione, al riordino e alla razionalizzazione degli enti operanti nel settore dell’internazionalizzazione delle imprese, attraverso l’adozione di uno o più decreti legislativi a ciò finalizzati, da adottarsi entro 18 mesi dalla data di entrata in vigore della legge.

Tra i principi e i criteri direttivi enunciati dal comma 2, cui dovrà attenersi il Governo, si ricordano:

§      il rispetto dei compiti attribuiti rispettivamente ai Ministeri dello sviluppo economico, degli affari esteri e dell’economia e delle finanze dal D.Lgs. n. 300/99[12] e successive modificazioni e dal D.Lgs. n. 143/98, nonché l’adeguamento delle disposizioni legislative regolanti i singoli enti al quadro delle competenze delineato dal citato D.Lgs. n. 143 e all’assetto costituzionale derivante dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.

Con riferimento ai compiti dei ministeri sarebbe opportuno un rinvio anche al decreto-legge 85/2008, recentemente convertito in legge (L. 121/08), che ha inciso sull’assetto delle competenze del Ministero dello sviluppo economico assegnandogli funzioni in precedenza spettanti ai Ministeri del commercio internazionale e delle comunicazioni.

 

§      il riassetto organizzativo degli enti secondo principi che si ispirano a maggiore funzionalità dei medesimi tenuto conto delle esigenze imposte dall’attuale quadro economico-finanziario, nonché ad obiettivi di coerenza della politica economica e commerciale estera e della promozione del sistema economico italiano, in ambito internazionale, con le funzioni svolte dall’amministrazione centrale degli affari esteri, dalle rappresentanze diplomatiche e dagli uffici consolari in materia di rappresentanza, di coordinamento e di tutela degli interessi italiani in sede internazionale;

§      la compatibilità con gli obiettivi di riassetto della normativa in materia di internazionalizzazione.

 

Il comma 3, infine, prevede la possibilità di adottare disposizioni correttive e integrative dei decreti legislativi entro un anno dalla data di entrata in vigore di ciascuno di essi.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)

Europa globale

Nell’ambito delle iniziative adottate per favorire la competitività esterna, si ricorda che il 18 aprile 2007 la Commissione ha presentato la comunicazione “Europa Globale: un partenariato rafforzato per assicurare l'accesso ai mercati per gli esportatori europei” (COM (2007) 183). Questa strategia, volta ad abbattere le barriere commerciali estere e ad assicurare nuove opportunità di esportazione, si inserisce nel nuovo quadro di politica commerciale inaugurato dalla Commissione con la comunicazione del 4 ottobre 2006 “Europa globale – competere nel mondo[13]. Il fulcro di questa nuova strategia[14] è costituito da un nuovo partenariato decentrato tra la Commissione, gli Stati membri e le aziende attive sul terreno nei paesi terzi in cui l'esperienza locale agevola l'identificazione e il superamento delle barriere commerciali.

Tra gli elementi chiave della nuova strategia vi sono:

-        una cooperazione più stretta e più attiva tra la Commissione europea, gli Stati membri e le imprese, compresa la costituzione sul terreno di gruppi[15] per l'accesso al mercato nei paesi terzi, sia per identificare le barriere commerciali prima che si manifestino, sia per affrontare gli ostacoli esistenti agli scambi;

-        una migliore definizione delle priorità in materia di risorse, con particolare attenzione per certi “mercati bersaglio”, settori chiave o tematiche, quali i diritti di proprietà intellettuale;

-        un miglior uso delle opportunità offerte dai negoziati – in particolare nell'ambito del Doha Round e della nuova generazione di accordi di libero scambio dell'UE – per registrare progressi in materia di ostacoli non tariffari;

-        una maggiore attenzione per gli aspetti applicativi delle norme commerciali globali e bilaterali – mediante un sistema istituzionale di composizione delle controversie e di strumenti europei in materia di barriere commerciali;

-        un servizio più efficiente e trasparente rivolto alle imprese, compresi una registrazione e un follow-up più sistematici dei casi e una base di dati migliorata sull'accesso ai mercati (Market Access Database).

La comunicazione è stata trasmessa al Consiglio e al Parlamento europeo. Il 17 giugno 2007 il Consiglio ha adottato conclusioni in merito.

In particolare, nell’accogliere positivamente l’iniziativa della Commissione, il Consiglio sottolinea che l’attuazione della nuova strategia dell’UE di accesso ai mercati e gli sforzi bilaterali degli Stati membri dovrebbero completarsi nel pieno rispetto delle competenze esistenti. Il Consiglio concorda inoltre sul fatto che non occorrano nuove istituzioni e che sia al contrario necessario far funzionare in maniera più efficace quelle esistenti. Il Consiglio infine esprime l’intenzione di valutare periodicamente i progressi compiuti nella attuazione della strategia.

Il 19 febbraio 2008 il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione in merito all’iniziativa della Commissione.

Nella risoluzione il PE sollecita un'ambiziosa strategia di accesso ai mercati extra-UE capace di accrescere la competitività delle imprese europee, in particolare delle piccole e medie imprese (PMI). A tal fine secondo il PE occorre: rimuovere gli ostacoli tariffari e non tariffari; garantire il rispetto delle norme internazionali, in particolare sulla proprietà intellettuale; promuovere un accordo multilaterale che favorisca l'accesso ai mercati nonché migliorare l'assistenza alle imprese esportatrici. A quest’ultimo proposito, il Parlamento chiede di:

-        creare servizi di assistenza (helpdesk) nazionali o regionali «per centralizzare informazioni e segnalazioni, prestando particolare attenzione agli interessi e alle esigenze delle PMI»;

-        creare un vero e proprio registro delle denunce e di un servizio assistenza agli Stati membri e alle imprese (con una sezione riservata alle PMI);

-        mettere a punto degli orientamenti strutturati per le priorità, precisando quali sono i mercati, i settori e gli ostacoli sui quali è opportuno focalizzare l'attenzione;

-        rivedere e potenziare la politica di comunicazione sui servizi in materia di accesso ai mercati, con un'attenzione particolare per le PMI, e migliorare la banca dati sull'accesso ai mercati «per renderla di più facile uso e più rispondente alle esigenze delle aziende»;

-        accrescere la cooperazione con le camere di commercio europee, con le associazioni commerciali e con gli enti di promozione del commercio degli Stati membri situati in paesi terzi, nonché garantire un adeguato scambio di informazioni tra le delegazioni, le ambasciate degli Stati membri, gli altri enti governativi di promozione del commercio estero e le associazioni industriali europee interessate.

 

Investimenti transfrontalieri

Il 21 dicembre 2007 la Commissione ha presentato la comunicazioneEliminare gli ostacoli agli investimenti transfrontalieri dei fondi di capitali di rischio” (COM(2007) 853), che pone l’accento sui problemi con cui si confrontano le piccole e medie imprese innovatrici per accedere al finanziamento necessario ad avviare l’attività, crescere e diventare competitive sui mercati mondiali. In questo contesto, la Commissione sottolinea che, in un’economia globale altamente competitiva, un migliore accesso ai finanziamenti da parte delle piccole e medie imprese innovatrici è diventato un elemento essenziale per rafforzare la competitività.

La Commissione intende, pertanto, continuare ad adoperarsi per un mercato dei capitali di rischio unificato che favorisca l’accesso ai finanziamenti per le PMI innovatrici e nel corso del 2009 farà nuovamente il punto sulla situazione.

Il Consiglio ha adottato, nella sua riunione del 29-30 maggio 2008, conclusioni sulla competitività e l’innovazione dell’industria europea nelle quali, fra l’altro, insiste sul fatto che gli strumenti esistenti a livello dell’UE, a livello nazionale e regionale, in particolare i fondi strutturali, svolgono un ruolo importante nella promozione dell’innovazione; invita, pertanto, la Commissione e gli Stati membri a unire i loro sforzi al fine di superare gli ostacoli agli investimenti transfrontalieri dei fondi di capitale di rischio.

 


 

Articolo 8
(Fondi regionali con finalità di venture capital
gestiti dalla SIMEST Spa)

 


1. All'articolo 1 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, il comma 6-bis è sostituito dal seguente:

«6-bis. Al fine di potenziare l'attività della SIMEST Spa a supporto dell'internazionalizzazione delle imprese, le regioni possono assegnare in gestione alla società stessa propri fondi rotativi con finalità di venture capital, per l'acquisizione di quote aggiuntive di partecipazione fino a un massimo del 49 per cento del capitale o fondo sociale di società o imprese partecipate da imprese operanti nel proprio territorio. Tali fondi sono autonomi e restano distinti dal patrimonio della SIMEST Spa. Qualora i fondi rotativi siano assegnati da regioni del Mezzogiorno, le quote di partecipazione complessivamente detenute dalla SIMEST Spa possono raggiungere una percentuale fino al 70 per cento del capitale o fondo sociale. I fondi rotativi regionali con finalità di venture capital previsti dal presente comma possono anche confluire, ai fini della gestione, nel fondo unico di cui all'articolo 1, comma 932, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, estendendosi agli stessi la competenza del Comitato di indirizzo e di rendicontazione di cui al decreto del Vice Ministro delle attività produttive n. 404 del 26 agosto 2003. Il Ministro dello sviluppo economico può provvedere, con proprio decreto, all'integrazione della composizione del Comitato di indirizzo e di rendicontazione con un rappresentante della regione assegnataria del fondo per le specifiche delibere di impiego del medesimo, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica».


 

 

L’articolo in esame novella il comma 6-bis, art. 1, del DL 14 marzo 2005, n. 35[16]concernente la gestione, da parte della SIMEST spa[17], di fondi regionali con finalità di venture capital .

Il comma 6-bis, aggiunto all’articolo 1 del DL 35/05dal comma 4-terdell’art. 2 del DL 203/05[18]nell’ambito del potenziamento degli strumenti di supporto all’internazionalizzazione delle imprese, attribuisce alle regioni la facoltà di assegnare in gestione alla SIMEST spa propri fondi rotativi con finalità di capitale di rischio - venture capital - per l’acquisizione da parte della stessa società di quote aggiuntive di partecipazione, entro il limite massimo del 49% del capitale o del fondo sociale, in società o imprese partecipate operanti nel loro territorio. Tali fondi rotativi delle regioni, gestiti dalla Simest, sono autonomi e restano distinti dal patrimonio della società.

 

La modifica è rivolta a prevedere che qualora i fondi siano assegnati in gestione alla SIMEST da parte di regioni del Mezzogiorno, il limite massimodelle quote di partecipazione che possono essere acquisite dalla suddetta società può arrivare fino al 70% del capitale o del fondo sociale.

Prevede, inoltre, che i suddetti fondi confluiscano - ai fini della loro gestione - nel fondo unico previsto dal comma 932 della legge finanziaria 2007 (L. 296/06), stabilendo che ad essi venga estesa la competenza del Comitato di indirizzo e di rendicontazione (istituito dall’art. 5 del decreto del viceministro delle attività produttive n. 397 del 3 giugno 2003) cui è affidata la definizione dei criteri generali di operatività del Fondo stesso. Il Comitato, cui in sostanza sono devoluti i poteri concernenti l’utilizzo dei fondi stessi, può essere integrato, con decreto del Ministro dello sviluppo economico e senza ulteriori oneri a carico della finanza pubblica, con un rappresentante della regione assegnataria del fondo, per l’adozione di specifiche delibere di impiego del fondo stesso.

Nel citato fondo unico sono unificati tutti i fondi rotativi gestiti dalla SIMEST spa, destinati ad operazioni di venture capital in paesi non aderenti alla UE, compreso il fondo autonomo previsto dall’articolo 5, comma 2, lettera c), della legge n. 84 del 2001 per l’acquisizione da parte della stessa Simest di partecipazioni societarie fino al 40% del capitale o del fondo sociale delle società o imprese partecipate[19].

 

Secondo la relazione illustrativa del DDL in esame, la modifica normativa è rivolta a rendere la norma maggiormente flessibile ed efficace, in modo da consentire alle regioni interessate una gestione autonoma dei fondi, procedendo in sinergia con il suindicato fondo unico, e di offrire il massimo supporto all’internazionalizzazione delle PMI del Mezzogiorno attraverso l’estensione delle quote detenute dalla SIMEST per i fondi delle regioni meridionali.


 

Articolo 9
(Utilizzo della quota degli utili della SIMEST Spa)

 


1. Per il raggiungimento delle finalità di cui all'articolo 3, comma 5, della legge 24 aprile 1990, n. 100, come da ultimo modificato dall'articolo 1, comma 934, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, è istituito presso la Tesoreria dello Stato, con apposita contabilità speciale, il Fondo rotativo per favorire la fase di avvio (start-up) di progetti di internazionalizzazione di imprese singole o aggregate, gestito dalla SIMEST Spa, ai sensi dell'articolo 25 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 143.

2. Sono assegnate al Fondo, con decreto del Ministero dello sviluppo economico, le disponibilità finanziarie derivanti da utili di spettanza del Ministero stesso in qualità di socio della SIMEST Spa, già finalizzate, ai sensi del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 143, e successive modificazioni, a interventi di sviluppo delle esportazioni.

3. Gli interventi del Fondo hanno per oggetto investimenti transitori e non di controllo nel capitale di rischio di società appositamente costituite da singole piccole e medie imprese, o da loro raggruppamenti, per realizzare progetti di internazionalizzazione.

4. Il Ministro dello sviluppo economico, entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, stabilisce con decreto emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, le condizioni e le modalità operative del Fondo.


 

 

Il comma 1 dell’articolo in esame, in relazione alle finalità di cui all’art. 3, co. 5, legge n. 100/1990 come modificato dal comma 934 della legge Finanziaria per il 2007, istituisce presso la Tesoreria dello Stato, con apposita contabilità speciale, un Fondo rotativo destinato a favorire la fase di avvio (start-up) di progetti di internazionalizzazione delle imprese, assegnandone la gestione alla SIMEST S.p.A., ai sensi dell’articolo 25 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 143.

 

Si ricorda che l’articolo 3, comma 5 della L. 24 aprile 1990, n. 100, recante norme sulla promozione della partecipazione a società ed imprese miste all'estero e istitutiva della SIMEST[20], stabilisce che gli utili conseguiti da quest’ultima, anche per la parte degli stessi determinati da plusvalenze sulle cessioni di partecipazioni effettuate, possono essere distribuiti agli azionisti diversi dallo Stato. La quota di utili di competenza del Ministro del commercio con l'estero (oggi Ministro dello sviluppo economico) affluisce all'entrata del bilancio dello Stato per essere contestualmente riassegnata ad un apposito capitolo di spesa del Ministero del commercio con l'estero per interventi volti a sostenere l'internazionalizzazione del sistema produttivo italiano.

Quanto sopra è il risultato delle modifiche apportate dapprima con l'art. 20 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 143[21] e in seguito, dal comma 934 della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (Finanziaria 2007), il quale ha modificato la legge n. 100 del 1990, con riferimento alla destinazione degli utili conseguiti dalla SIMEST S.p.a., consentendo di destinare tali utili anziché, come previsto in precedenza, per le finalità della legge n. 100/90 sostanzialmente circoscritte alla partecipazione di quote di capitale da parte della Società, ad interventi a sostegno dell’internazionalizzazione del sistema produttivo nazionale.

 

Il comma 2 prevede che, con apposito decreto ministeriale, al Fondo affluiscano le disponibilità finanziarie derivanti da utili di competenza del Ministero dello sviluppo economico quale socio della SIMEST e già destinati, ai sensi del citato D.Lgs. 143/98, allo sviluppo delle esportazioni.

Si ricorda che ai sensi dell’articolo 25, comma 1, del D.Lgs. n. 143/98, con decorrenza 1° gennaio 1999 la gestione degli interventi di sostegno finanziario all'internazionalizzazione del sistema previste dalle varie leggi di settore (L. 24 n. 227/77; DL n. 251/81, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 394/81; L. n. 304/90; L. n. 100/90; art. 14 della L n. 317/91) è stata affidata alla SIMEST. La società, in qualità di gestore unico di fondi pubblici, corrisponde direttamente alle imprese italiane contributi agli interessi (nella misura massima del 50% del tasso di riferimento) a fronte di finanziamenti concessi da banche, italiane o estere, della quota di capitale di rischio nelle società estere partecipate dalla stessa SIMEST.

Il comma 3 specifica che gli interventi del fondo sono destinati ad investimenti di carattere transitorio, e non di controllo, nel capitale di rischio di società costituite appositamente da parte di PMI o di loro raggruppamenti, finalizzati alla realizzazione di progetti di internazionalizzazione.

La relazione allegata al ddl in esame sottolinea come la finalità del progetto sia di supportare, attraverso investimenti nel capitale di rischio transitori e di minoranza, lo sviluppo di società che realizzino progetti di internazionalizzazione mediante società costituite da raggruppamenti di piccole e medie imprese che solitamente incontrano difficoltà nell’affrontare i mercati extra-europei a causa delle loro dimensioni.

 

Il comma 4 rinvia ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico ai sensi dell’art. 17, co. 2 della legge n. 400/1988[22] che, entro un mese dall’entrata in vigore della presente legge, dovrà definire condizioni e modalità operative del Fondo.


 

Articolo 10
(Tutela penale dei diritti di proprietà industriale)

 


1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l'articolo 473 è sostituito dal seguente:

«Art. 473. - (Contraffazione, alterazione o uso di marchi o segni distintivi. Usurpazione di brevetti, modelli e disegni). - Chiunque contraffà o altera marchi o segni distintivi, nazionali o esteri, di prodotti industriali, ovvero, senza essere concorso nella contraffazione o alterazione, fa uso di tali marchi o segni contraffatti o alterati, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 1.000 a euro 6.000.

Alla stessa pena soggiace chi riproduce prodotti industriali usurpando i diritti di proprietà industriale protetti da brevetti, disegni o modelli, ovvero, senza essere concorso nell'usurpazione, ne fa altrimenti uso.

Le disposizioni di cui ai commi primo e secondo si applicano sin dal momento del deposito delle relative domande di registrazione o di brevettazione, sempre che siano state osservate le norme delle leggi interne, dei regolamenti comunitari e delle convenzioni internazionali rispettivamente applicabili»;

b) l'articolo 474 è sostituito dal seguente:

«Art. 474. - (Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi o usurpativi). - Chiunque, fuori dei casi di concorso nei delitti previsti dall'articolo 473, introduce nel territorio dello Stato, al fine di trarne profitto, prodotti industriali con marchi o altri segni distintivi, nazionali o esteri, contraffatti o alterati, ovvero prodotti industriali realizzati usurpando i diritti di proprietà industriale protetti da brevetti, disegni o modelli industriali, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 1.000 a euro 6.000.

Fuori dei casi di concorso nella contraffazione, alterazione, usurpazione o introduzione nel territorio dello Stato, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa fino a euro 3.000 chiunque detiene per la vendita, pone in vendita o mette altrimenti in circolazione la merce di cui al primo comma.

Si applica la disposizione del terzo comma dell'articolo 473»;

c) dopo l'articolo 474 sono inseriti i seguenti:

«Art. 474-bis. - (Aggravante specifica). - La pena è della reclusione da due a otto anni e della multa da euro 3.000 a euro 15.000, se i fatti previsti dagli articoli 473, primo e secondo comma, e dall'articolo 474, primo comma, sono commessi su ingenti quantità di merci, ovvero, fuori dei casi di cui all'articolo 416, attraverso l'allestimento di mezzi nonché di attività continuative e organizzate.

Art. 474-ter. - (Confisca). - Nei casi di cui agli articoli 473, primo e secondo comma, e 474, primo comma, è sempre ordinata la confisca delle cose che sono servite e sono state destinate a commettere il reato e delle cose che ne sono l'oggetto, il prodotto o il profitto, a chiunque appartenenti.

Quando non è possibile eseguire il provvedimento di cui al primo comma, il giudice ordina la confisca di beni di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente al profitto.

Si applicano le disposizioni dell'articolo 240 se si tratta di cose che sono servite o sono state destinate a commettere il reato appartenenti a persona estranea, qualora questa dimostri di non averne potuto prevedere l'illecito impiego, anche occasionale, e di non essere incorsa in un difetto di vigilanza.

Le disposizioni del presente articolo si osservano anche nel caso di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma del titolo II del libro sesto del codice di procedura penale»;

d) all'articolo 517, le parole: «fino a un anno o» sono sostituite dalle seguenti: «fino a due anni e»;

e) al libro secondo, titolo VIII, capo II, dopo l'articolo 517-bis è aggiunto il seguente:

«Art. 517-ter. - (Contraffazione di indicazioni dei prodotti agroalimentari). - Chiunque contraffà indicazioni geografiche o denominazioni di origine di prodotti agroalimentari tutelate ai sensi di leggi speciali, regolamenti comunitari o convenzioni internazionali è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 1.000 a euro 6.000.

Alla stessa pena soggiace chi, al fine di trarne profitto, introduce i medesimi prodotti con le indicazioni o denominazioni contraffatte nel territorio dello Stato.

Si applicano le disposizioni di cui al secondo comma dell'articolo 517-bis».

2. All'articolo 12-sexies, comma 1, del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, e successive modificazioni, dopo le parole: «416-bis,» sono inserite le seguenti: «473 e 474, aggravati ai sensi dell'articolo 474-bis,».

3. All'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, dopo le parole: «decreto del Presidente della Repubblica 23 gennaio 1973, n. 43» sono inserite le seguenti: «, e per i delitti di cui agli articoli 473 e 474 del codice penale, aggravati ai sensi dell'articolo 474-bis del medesimo codice,».


 

 

L’articolo 10, comma 1,interviene sulla disciplina del codice penale volta alla tutela dei diritti di proprietà industriale, inasprendone il quadro sanzionatorio.

 

La lettera a) del comma 1 riformula l’art. 473 c.p., che disciplina, attualmente, la contraffazione, alterazione o uso di segni distintivi di opere dell'ingegno o di prodotti industriali.

 

Il vigente art. 473 c.p. sanziona con la reclusione fino a tre anni e con la multa fino a 2.065 euro chiunque contraffà o altera i marchi o segni distintivi, nazionali o esteri, delle opere dell'ingegno o dei prodotti industriali, ovvero, senza essere concorso nella contraffazione o alterazione, fa uso di tali marchi o segni contraffatti o alterati,.

Alla stessa pena soggiace chi contraffà o altera brevetti, disegni o modelli industriali, nazionali o esteri, ovvero, senza essere concorso nella contraffazione o alterazione, fa uso di tali brevetti, disegni o modelli contraffatti o alterati.

Le disposizioni precedenti si applicano sempre che siano state osservate le norme delle leggi interne o delle convenzioni internazionali sulla tutela della proprietà intellettuale o industriale.

 

In particolare, è in primo luogo modificata la fattispecie delittuosa, che comprende anche l’ipotesi di riproduzione di prodotti industriali tramite usurpazione dei diritti di proprietà industriale protetti da brevetti, modelli e disegni.

In secondo luogo l’illecito (la cui rubrica è rinnovata nella formulazione aderente alla nuova fattispecie) viene sanzionato più severamente con la reclusione da uno a sei anni e la multa da 1.000 a 6.000 euro. La disciplina di cui all’art. 473 si applica dal momento del deposito delle domande di brevettazione o registrazione del prodotto industriale.

 

La lettera b) riformula l’art. 474 c.p. che regola la fattispecie di introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi.

 

L’art. 474 c.p. prevede che chiunque, fuori dei casi di concorso nei delitti preveduti dall'articolo 473, introduce nel territorio dello Stato per farne commercio, detiene per vendere, o pone in vendita, o mette altrimenti in circolazione opere dell'ingegno o prodotti industriali, con marchi o segni distintivi, nazionali o esteri, contraffatti o alterati, è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a euro 2.065.

 

Il nuovo art. 474 modifica la fattispecie differenziando le fattispecie di illecito, che attualmente prevedono la medesima pena. Il primo comma disciplina infatti, l’ipotesi dell’introduzione in Italia, al fine di trarne profitto, dei prodotti industriali con marchi o altri segni distintivi, nazionali o esteri contraffatti o alterati, estendendone l’ambito di applicazione anche ai prodotti realizzati tramite l’usurpazione dei diritti di proprietà industriale protetti da brevetti. Tale fattispecie è punita con la reclusione da uno a sei anni e la multa da 1.000 a 6.000 euro.

Il secondo comma disciplina invece la fattispecie della detenzione per la vendita, la messa in vendita o la messa in circolazione dei suddetti prodotti, che è punita con la reclusione da sei mesi a tre anni e la multa fino a 3.000 euro.

 

La lettera c) del comma 1, aggiunge al codice penale due nuovi articoli che prevedono rispettivamente un’aggravante specifica per i delitti di cui agli articoli 473 e 474, primo comma, c.p. , come modificati dal disegno di legge in esame, e la confisca delle cose inerenti i suddetti reati.

Con l’art. 474-bis c.p. si prevede che costituisce un’aggravante specificadelle suddette violazioni, l’aver commesso il fatto suingenti quantità di merci. In tal caso sono comminate la pena della reclusione da due a otto anni e la multa da 3.000 a 15.000 euro. Analoga pena è prevista quando, fuori delle ipotesi associative di cui all’art. 416 c.p. , il reato è commesso non episodicamente ma con allestimento di mezzi ed attività continuative e organizzate.

Il nuovo art. 474-ter c.p. introduce, invece, una specifica ipotesi di confisca obbligatoria delle cose, a chiunque appartenenti, che servirono o furono destinate a commettere i reati di cui agli artt. 473 e 474, primo comma, e delle cose, che ne sono l’oggetto, il prodotto o il profitto (primo comma).

Se non è possibile eseguire il provvedimento, è disposta dal giudice una confisca per equivalente (secondo comma).

In caso di cose appartenenti a persona estranea al reato, qualora questa dimostri di non averne potuto prevedere l'illecito impiego, anche occasionale, e di non essere incorsa in un difetto di vigilanza, si applica l’articolo 240 c.p. (che concede al giudice la facoltà di disporre la confisca).

Viene, infine, precisata l’applicabilità del nuovo art. 474-ter anche in caso di patteggiamento (art. 444 c.p.p.).

 

La lettera d) raddoppia il limite edittale della reclusione per il reato di vendita di prodotti industriali con segni mendaci (art. 517, c.p.): dall’attuale reclusione fino ad un annoalla reclusione fino a due anni.

 

La lettera e) aggiunge tra i delitti contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio, la fattispecie della contraffazione di indicazioni dei prodotti agroalimentari (nuovo art. 517-ter c.p.).

La fattispecie prevede la punibilità - con la reclusione da uno a sei anni e la multa da 1.000 a 6.000 euro - della contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine di prodotti agroalimentari tutelate da leggi speciali, regolamenti comunitari o convenzioni internazionali ovvero l’introduzione, al fine di trarne profitto, di tali prodotti nel territorio dello Stato.

In tali casi è disposta l’applicazione dell’art. 517-bis secondo comma il quale prevede la facoltà per il giudice, in caso di particolare gravità o recidiva specifica, di disporre la chiusura dello stabilimento in cui il fatto è stato commesso, ovvero la revoca della licenza o delle autorizzazioni.

 

L’articolo 10, comma 2, aggiunge ipotesi particolari di confisca obbligatoria a quelle previste dall’art. 12-sexies, comma 1, del decreto legge n. 306 del 1992 (Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa).

Tale disposizione prevede attualmente che in caso di condanna o patteggiamento per una serie di reati specificamente individuati (tra cui associazione mafiosa, sequestro di persona, tratta di persone, usura, estorsione, riciclaggio, terrorismo, ecc.) il giudice debba obbligatoriamente ordinare la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito dichiarato o alla propria attività economica.

Alla lista di reati alla cui condanna o patteggiamento consegue detta confisca obbligatoria, sono aggiunte le violazioni della disciplina penale della proprietà industriale di cui agli artt. 473 e 474 c.p., nelle sole ipotesi aggravate dell’art. 474-bis (in quanto commessi su ingente quantità di merce o mediante attività organizzate).

 

Infine, con analoga integrazione all’art. 51, comma 3-bis, c.p.p. le indagini per i reati di cui agli artt. 473 e 474 c.p., nelle sole citate ipotesi aggravate, sono attribuite al pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto di corte d’appello (comma 3).

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)

Contraffazione

Il 24 giugno 2006 la Commissioneha presentato una proposta modificata di direttiva (COM(2006)168)[23], relativa alle misure penali finalizzate ad assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale.

In particolare, la proposta della Commissione prevede che gli Stati membri qualifichino penalmente ogni violazione intenzionale del diritto di proprietà intellettuale commessa su scala commerciale e il relativo tentativo nonché la complicità e l’incitamento, introducendo le seguenti sanzioni:

per le persone fisiche, pene restrittive della libertà;

per le persone fisiche e giuridiche:

-        ammende,

-        confisca dell’oggetto, degli strumenti e dei prodotti originati dai reati, o di beni il cui valore corrisponde a questi prodotti.

In base alla proposta gli Stati membri dovrebbero inoltre prevedere, nei casi opportuni, l’applicabilità delle sanzioni seguenti:

§      ladistruzione dei beni che causano una violazione del diritto di proprietà intellettuale;

§      la chiusura, totale o parziale, definitiva o temporanea, dello stabilimento principalmente usato per commettere la violazione in questione;

§      l’interdizione permanente o temporanea di esercitare attività commerciali;

§      il controllo giudiziario;

§      la liquidazione giudiziaria;

§      il divieto di accedere a sovvenzioni e aiuti pubblici;

§      la pubblicazione delle decisioni giudiziarie.

Per quanto riguarda il livello delle sanzioni, la proposta di direttiva prevede che gli Stati membri garantiscano che il massimo della pena comminabile alle persone fisiche responsabili dei suddetti reati non sia inferiore a 4 anni di reclusione quando tali reati siano commessi nell’ambito di un’organizzazione criminale ai sensi della decisione quadro sulla lotta contro la criminalità organizzata, attualmente in corso di esame da parte delle istituzioni europee[24], e comportino un rischio per la salute o la sicurezza delle persone.

Inoltre, le sanzioni devono comprendere ammende penali o non penali:

§      di un massimo non inferiore a 100 000 euro per i casi meno gravi;

§      di un massimo non inferiore a 300 000 euro per i casi in cui tali reati siano commessi nell’ambito di un’organizzazione criminale ai sensi della decisione quadro sulla lotta contro la criminalità organizzata, in corso di esame e comportino un rischio per la salute o la sicurezza delle persone.

La proposta di direttiva prevede inoltre ampi poteri di confisca e gli Stati membri adottano le misure necessarie a permettere la confisca, totale o parziale, dei beni appartenenti a persone fisiche o giuridiche condannate conformemente alle disposizioni della decisione quadro 2005/212/GAI del 24 febbraio 2005 relativa alla confisca di beni, strumenti e proventi di reati, quantomeno quando i reati siano stati commessi nell’ambito di un’organizzazione criminale e qualora comportino un rischio per la salute o la sicurezza delle persone.

La proposta è stata esaminata dal Parlamento europeo in prima lettura il 25 aprile 2007, con l’approvazione di una risoluzione legislativa, contenente alcuni emendamenti.

Tra le altre cose, il Parlamento europeo ritiene che:

-        per "diritti di proprietà intellettuale” si debbano intendere uno o più dei seguenti diritti: diritto d'autore, diritti connessi al diritto d'autore, diritto sui generis del costitutore di una banca di dati, diritti dei creatori di topografie di prodotti semiconduttori, diritti relativi ai marchi, nella misura in cui l'estensione ad essi della protezione del diritto penale non sia in contravvenzione delle norme sul libero mercato e sulle attività di ricerca, diritti relativi ai disegni, indicazioni geografiche, denominazioni commerciali, nella misura in cui sono protetti dal diritto nazionale in quanto diritti di proprietà esclusivi, in ogni caso unicamente per quanto riguarda i diritti previsti a livello comunitario, i diritti relativi alle merci di cui all'articolo 2, paragrafo 1, lettere a) e b) del regolamento (CE) n. 1383/2003 del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativo all'intervento dell'autorità doganale nei confronti di merci sospettate di violare taluni diritti di proprietà intellettuale e alle misure da adottare nei confronti di merci che violano tali diritti, e in ogni caso, ad esclusione dei brevetti.

-        per quanto riguarda l’oggetto e il campo di applicazione, la direttiva non debba applicarsi alle violazioni di un diritto di proprietà intellettuale collegato a: a) brevetti, modelli di utilità e certificati complementari di protezione; b) importazione parallela di beni originali che sono stati commercializzati con l’accordo del titolare dei diritti di un paese terzo;

-        per quanto riguarda la qualifica di reato, per violazione commessa su scala commerciale si debba intendere “la violazione di un diritto di proprietà intellettuale commesso per ottenere un vantaggio commerciale” escludendo perciò gli atti compiuti da un utilizzatore privato per fini personali e non di lucro;

-        per quanto riguarda le sanzioni, si debba aggiungere alle tipologie previste nella proposta della Commissione, anche la possibilità di “un ordine che richieda il pagamento, da parte del contraffattore, delle spese di custodia dei beni confiscati; il Parlamento europeo propone inoltre che nel fissare il livello delle sanzioni, secondo i limiti quantitativi già indicati dalla proposta della Commissione, gli Stati membri tengano conto delle violazioni ripetutamente commesse da persone fisiche o giuridiche in un altro Stato membro.

La proposta, che segue la procedura di codecisione, è in attesa di esame da parte del Consiglio.

Il tema della lotta alla contraffazione è stato affrontato anche nell’ambito della risoluzione su norme e procedure efficaci in tema d'importazione ed esportazione al servizio della politica commerciale, adottata dal Parlamento europeo il 5 giugno 2008.

In particolare il Parlamento europeo ha sottolineato la necessità di predisporre, a livello di Unione europea, un piano di lotta alla contraffazione e alla pirateria; insistendo sulla necessità di rafforzare la cooperazione al riguardo, in seno alla Commissione, tra i servizi responsabili delle norme sulla proprietà intellettuale, della politica commerciale e della politica doganale.


 

Articolo 11
(Beni contraffatti)

 


1. All'articolo 392 del codice di procedura penale è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«2-bis. Fuori dei casi previsti dal comma 2, il pubblico ministero, la persona sottoposta alle indagini e la persona offesa possono chiedere una perizia sui corpi di reato e sulle cose pertinenti al reato sottoposte a sequestro nei procedimenti per i reati previsti dagli articoli 473 e 474 del codice penale, qualora l'entità o la natura dei prodotti sequestrati comportino costi rilevanti per la loro custodia».

2. All'articolo 1 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, e successive modificazioni, dopo il comma 8 è inserito il seguente:

«8-bis. Il pubblico ministero, quando sia stato eseguito l'incidente probatorio ai sensi dell'articolo 392, comma 2-bis, del codice di procedura penale, provvede immediatamente alla distruzione della merce contraffatta sottoposta a sequestro, ferma restando la conservazione dei campioni sottoposti a perizia. Se la conservazione dei beni sottoposti a sequestro è assolutamente necessaria per il prosieguo delle indagini, dispone in tal senso con provvedimento motivato».


 

 

L’articolo 11 modifica la disciplinain materia di incidente probatorio, in relazione ai delitti di cui agli artt. 473 e 474 c.p.

 

Il comma 1 integra la formulazione dell’art. 392 del codice di procedura penale (Casi di incidente probatorio) aggiungendo un comma 2-bis che prevede – nei procedimenti per i reati di cui agli artt. 473 e 474 - la possibilità di richiesta di perizia sulle cose sequestrate (da parte del PM., dell’indagato e della persona offesa dal reato) quando la loro quantità o natura comportino costi di custodia troppo elevati.

Il comma 2, a corollario di tale previsione, aggiunge un comma 8-bis all’art. 1 del DL 35/2005[25] (L. 80/2005) che stabilisce che nei casi sopraindicati – salva l’ipotesi di conservazione della merce in quanto assolutamente necessaria alle indagini - il P.M., eseguita la perizia e prelevati i necessari campioni, provvede immediatamente alla distruzione della merce sequestrata.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)

Si veda il paragrafo “Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE”, relativo all’articolo 10.


 

Articolo 12
(Contrasto della contraffazione)

 


1. All'articolo 9, comma 1, lettera a), della legge 16 marzo 2006, n. 146, dopo le parole: «in ordine ai delitti previsti dagli articoli» sono inserite le seguenti: «473 e 474, aggravati ai sensi dell'articolo 474-bis,».

2. All'articolo 1, comma 7, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) nel primo periodo:

1) le parole: «Salvo che il fatto costituisca reato,» sono soppresse;

2) le parole: «da 500 euro fino a 10.000 euro l'acquisto o l'accettazione, senza averne prima accertata la legittima provenienza, a qualsiasi titolo di cose» sono sostituite dalle seguenti: «da 100 euro fino a 7.000 euro l'acquirente finale che acquista a qualsiasi titolo cose»;

3) la parola: «intellettuale» è sostituita dalla seguente: «industriale»;

b) il secondo periodo è soppresso;

c) nel quinto periodo, prima delle parole: «Qualora l'acquisto sia effettuato da un operatore commerciale» sono inserite le seguenti: «Salvo che il fatto costituisca reato,».

3. All'articolo 1 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, dopo il comma 8-bis, introdotto dall'articolo 11 della presente legge, è inserito il seguente:

«8-ter. Nelle indagini per i reati di cui agli articoli 473, 474 e 517-ter del codice penale, l'autorità giudiziaria può, con decreto motivato, ritardare l'emissione o disporre che sia ritardata l'esecuzione di misure cautelari, personali e reali, quando sia necessario per acquisire maggiori elementi probatori ovvero per l'individuazione dei responsabili. L'autorità giudiziaria impartisce agli organi di polizia le disposizioni per il controllo degli sviluppi dell'attività criminosa. Nei casi di urgenza, le disposizioni possono essere richieste o impartite anche oralmente, ma il relativo provvedimento deve essere emesso entro le successive ventiquattro ore».


 

 

L’articolo 12 reca misure di natura processuale volte al contrasto della contraffazione.

In particolare, il comma 1 - con la novella dell’art. 9, comma 1, della legge 146/2006 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale) - estende anche alle indagini per le fattispecie aggravate dei delitti di cui agli artt. 473 e 474 c.p. la disciplina delle cd. indagini sottocopertura.

 

L’articolo 9 della legge 146/2006 si è proposto di introdurre una disciplina unitaria delle “operazioni sotto copertura” provvedendo all’abrogazione espressa delle norme allora vigenti in materia. Tali operazioni consistono in attività di tipo investigativo affidate in via esclusiva ad ufficiali di polizia giudiziaria, infiltrati sotto falsa identità negli ambienti malavitosi al fine di reperire prove e accertare responsabilità.. Fermo restando quando dettato dall’articolo 51 c.p. in materia di esercizio di un diritto o adempimento di un dovere, l’art. 9 prevede la non punibilità di ufficiali di polizia giudiziaria della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri e del Corpo della Guardia di Finanza, appartenenti alle strutture specializzate o alla Direzione investigativa antimafia, quando – anche per interposta persona – e nei limiti delle proprie competenze, nel corso di specifiche operazioni di polizia ed al solo fine di acquisire elementi di prova per una serie di delitti (riciclaggio, art. 648-bis c.p.; impiego di denaro, beni o utilizzo di provenienza illecita, art. 648-ter c.p); delitti contro la personalità individuale, artt. 600-604 c.p.; delitti concernenti armi, munizioni ed esplosivi, delitti previsti dal T.U. 309/1990 sugli stupefacenti; specifici reati di immigrazione clandestina, art. 12, commi 3, 3-bis e 3-ter del T.U. 286/1998; sfruttamento della prostituzione, art. 3, L. 75/1958, n. 75) danno rifugio o comunque prestano assistenza agli associati, acquistano, ricevono, sostituiscono od occultano denaro, armi, documenti, stupefacenti, beni ovvero cose che sono oggetto, prodotto, profitto o mezzo per commettere il reato o altrimenti ostacolano l’individuazione della loro provenienza o ne consentono l’impiego. Nel corso di tali operazioni, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria possono utilizzare documenti, identità o indicazioni di copertura anche per attivare o entrare in contatto con soggetti e siti nelle reti di comunicazione, informandone il pubblico ministero al più presto e comunque entro le quarantotto ore dall'inizio delle attività.

 

I commi 2 e 3 novellano il sopra citato decreto legge n. 35 del 2005.

Il comma 2 introduce modifiche all’art. 1, comma 7, del provvedimento in materia di disciplina sanzionatoria del “consumatore consapevole”.

 

Il vigente art. 1 del DL 35/2005 prevede (comma 7) che, salvo che il fatto costituisca reato, è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 euro fino a 10.000 euro l'acquisto o l'accettazione, senza averne prima accertata la legittima provenienza, a qualsiasi titolo di cose che, per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per l'entità del prezzo, inducano a ritenere che siano state violate le norme in materia di origine e provenienza dei prodotti ed in materia di proprietà intellettuale. La sanzione di cui al presente comma si applica anche a coloro che si adoperano per fare acquistare o ricevere a qualsiasi titolo alcuna delle cose suindicate, senza averne prima accertata la legittima provenienza. In ogni caso si procede alla confisca amministrativa delle cose di cui al presente comma. Restano ferme le norme di cui al decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70. Qualora l'acquisto sia effettuato da un operatore commerciale o importatore o da qualunque altro soggetto diverso dall'acquirente finale, la sanzione amministrativa pecuniaria è stabilita da un minimo di 20.000 euro fino ad un milione di euro. Le sanzioni sono applicate ai sensi della legge 24 novembre 1981, n. 689. Fermo restando quanto previsto in ordine ai poteri di accertamento degli ufficiali e degli agenti di polizia giudiziaria dall'articolo 13 della citata legge n. 689 del 1981, all'accertamento delle violazioni provvedono, d'ufficio o su denunzia, gli organi di polizia amministrativa.

 

 

 

La nuova norma, risultante dalle modifiche, prevede:

§         la sola punibilità a titolo amministrativo dell’incauto acquisto da parte dell’acquirente finale di prodotti in violazione della disciplina sulla proprietà industriale (anziché intellettuale);

§         l’irrogabilità della sanzione a prescindere dall’accertamento da parte dell’acquirente della legittima provenienza delle cose;

§         la diminuzione della sanzione amministrativa da irrogare, fissata tra 100 e 7.000 euro (in luogo di quella attuale da 500 a 10000);

§         che non sia più sanzionato chi si adopera per fare acquistare o ricevere a qualsiasi titolo alcuna delle cose suindicate, senza averne prima accertata la legittima provenienza;

§         la conferma della sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di 20.000 euro fino ad un milione di euro, per l’ipotesi di acquisto effettuato da un operatore commerciale o importatore o da qualunque altro soggetto diverso dall'acquirente finale, con l’introduzione della clausola “salvo che il fatto costituisca reato”.

 

Il comma 3 aggiunge un ulteriore comma 8-ter al citato art. 1 del D.L. 35/2005, con il quale è data possibilità al PM, nelle indagini per i delitti di cui agli artt. 473, 474 e 517-ter (v. ante), di ritardare con decreto motivato l’emissione o l’esecuzione di misure cautelari (sia personali che reali) quando ciò sia necessario a fini probatori ovvero per l’individuazione dei responsabili. L’autorità giudiziaria impartisce agli organi di polizia le disposizioni per il controllo dell’attività criminosa. Nei casi di urgenza, tali disposizioni possono essere richieste o impartite oralmente salvo l’obbligo di emettere il relativo decreto nelle successive 24 ore.

Va osservato che in relazione alle fattispecie illecite di cui agli artt. 473 e 474 c.p. - quando aggravate ex art. 474-bis - per il combinato disposto dell’art. 9, commi 1 (come novellato dall’art. 12, comma 1 del d.d.l. in esame) e 7 della legge 146 del 2006, è già prevista la possibilità per il PM di ritardare ai fini indicati l'esecuzione dei provvedimenti che applicano una misura cautelare personale o reale.

A fini sistematici, andrebbe valutata l’opportunità di collocare la previsione recata dal comma 8-ter nell’art. 9 della legge 146/2006 che - in relazione ad una serie di reati di particolare allarme sociale – comprende sia la disciplina delle indagini sottocopertura che quella della ritardata emissione di provvedimenti cautelari da parte dell’autorità giudiziaria.

 

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)

Si veda il paragrafo “Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE”, relativo all’articolo 10.

 


 

Articolo 13
(Proprietà industriale)

 


1. All'articolo 47 del codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«3-bis. Per i brevetti di invenzione e per i modelli di utilità, il deposito nazionale in Italia dà luogo al diritto di priorità anche rispetto a una successiva domanda nazionale depositata in Italia, in relazione a elementi già contenuti nella domanda di cui si rivendica la priorità».

2. L'articolo 120, comma 1, del citato codice di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, è sostituito dal seguente:

«1. Le azioni in materia di proprietà industriale i cui titoli sono concessi o in corso di concessione si propongono avanti l'Autorità giudiziaria dello Stato, qualunque sia la cittadinanza, il domicilio e la residenza delle parti. Se l'azione di nullità o quella di contraffazione sono proposte quando il titolo non è stato ancora concesso, la sentenza può essere pronunciata solo dopo che l'Ufficio italiano brevetti e marchi ha provveduto sulla domanda di concessione, esaminandola con precedenza rispetto a domande presentate in data anteriore. Il giudice, tenuto conto delle circostanze, dispone la sospensione del processo, per una o più volte, fissando con il medesimo provvedimento l'udienza in cui il processo deve proseguire».

3. L'articolo 239 del citato codice di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, è sostituito dal seguente:

«Art. 239. - (Limiti alla protezione accordata dal diritto d'autore). - 1. La protezione accordata ai disegni e modelli ai sensi dell'articolo 2, numero 10), della legge 22 aprile 1941, n. 633, non opera nei soli confronti di coloro che, anteriormente alla data del 19 aprile 2001, hanno intrapreso la fabbricazione, l'offerta o la commercializzazione di prodotti realizzati in conformità con disegni o modelli che erano oppure erano divenuti di pubblico dominio. L'attività in tale caso può proseguire nei limiti del preuso. I diritti di fabbricazione, di offerta e di commercializzazione non possono essere trasferiti separatamente dall'azienda».

4. L'articolo 3 del decreto del Ministro dello sviluppo economico 3 ottobre 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 250 del 26 ottobre 2007, è abrogato.

5. Il Governo è delegato ad adottare, entro il 30 dicembre 2008, disposizioni correttive o integrative del citato codice di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30, come da ultimo modificato dal presente articolo, secondo le modalità e i princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, nonché nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) correggere gli errori materiali e i difetti di coordinamento presenti nel codice;

b) armonizzare la normativa alla disciplina comunitaria e internazionale in materia di protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche;

c) introdurre strumenti di semplificazione e di riduzione degli adempimenti amministrativi;

d) prevedere che, in caso di invenzioni realizzate da ricercatori universitari o di altre strutture pubbliche di ricerca, l'università o l'amministrazione attui la procedura di brevettazione, acquisendo il relativo diritto sull'invenzione.

6. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Agli adempimenti previsti dal presente articolo si provvede nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.


Il comma 1 dell’articolo in esame modifica l’articolo 47 del Codice della proprietà industriale, aggiungendo un comma 3-bis in virtù del quale, per i brevetti di invenzione e per i modelli di utilità, il deposito nazionale in Italia riconosce un diritto di priorità anche rispetto ad una domanda nazionale successiva depositata in Italia, in relazione a elementi già contenuti nella domanda di cui si rivendica la priorità.

L’articolo 47 del Codice della proprietà industriale reca norme in materia di divulgazioni non opponibili, stabilendo che, per l'applicazione del precedente art. 46[26], una divulgazione dell'invenzione non è presa in considerazione se si è verificata nei sei mesi che precedono la data di deposito della domanda di brevetto e risulta direttamente o indirettamente da un abuso evidente ai danni del richiedente o del suo dante causa.

Non è presa, altresì, in considerazione, la divulgazione avvenuta in esposizioni ufficiali o ufficialmente riconosciute ai sensi della Convenzione concernente le esposizioni internazionali, firmata a Parigi il 22 novembre 1928, e successive modificazioni[27]. Per le invenzioni per le quali si è rivendicata la priorità ai sensi delle convenzioni internazionali, la sussistenza del requisito della novità deve valutarsi con riferimento alla data alla quale risale la priorità.

Più specificamente, si rammenta che il citato art. 47 è collocato nella sezione del Codice relativa alle invenzioni (artt. 45-81).

Si ricorda, sinteticamente, che il brevetto per invenzioni industriali si rinviene quando si è in presenza di una invenzione nuova - vale a dire di una soluzione nuova ed originale ad un problema tecnico non ancora risolto o risolto con mezzi e metodi diversi – adatta ad essere realizzata e suscettibile di avere un'applicazione su scala industriale.

Dagli articoli 46, 48, 49 e 50 del Codice, si desumono i 4 requisiti di brevettabilità delle invenzioni industriali: novità, attività inventiva, industrialità e liceità. Il brevetto viene pertanto concesso a tutela di una invenzione nuova, ossia non compresa nello stato della tecnica, che implichi un’attività inventiva (o originalità) e che sia atta ad avere un’applicazione industriale; inoltre, deve essere lecito e usato in conformità all’ordine pubblico e al buon costume. All’attività inventiva sono riconosciuti diritti di carattere patrimoniale (esclusiva di sfruttamento concessa dal brevetto registrato) e di carattere morale: i primi hanno una durata temporale e sono alienabili, a differenza dei secondi che non sono soggetti a scadenza temporale, non possono essere alienati e consentono di far figurare il proprio nome sul brevetto e sul registro dei brevetti, nonché di agire in giudizio per rivendicare la paternità dell’opera ed opporsi a qualsiasi deformazione e, in genere, a qualsiasi atto a danno dell’opera stessa che possa essere di pregiudizio all’onore o alla reputazione dell’autore.

In via generale si segnala, inoltre, che nel Codice viene mantenuta distinta la disciplina delle invenzioni industriali da quella dei modelli di utilità (nonostante tale distinzione non sia contemplata dalla Convenzione sul brevetto europeo).

Si segnala, peraltro, che l'art. 85, al comma 2, chiarisce che gli effetti della brevettazione del modello di utilità equivalgono esattamente agli effetti della brevettazione delle invenzioni industriali.

 

Il comma 2 sostituisce il comma 1 dell’art. 120 del Codice inserendo la possibilità di esperire azione di contraffazione, accanto all’azione di nullità, nonché la facoltà per il giudice di sospendere il processo, tenuto conto delle circostanze del caso.

La disposizione, confermando che le azioni in materia di proprietà industriale, i cui titoli sono concessi o in corso di concessione, si propongono avanti l'Autorità giudiziaria dello Stato, a prescindere da cittadinanza, domicilio e residenza delle parti, prevede che ogniqualvolta l'azione di nullità o di contraffazione siano proposte quando il titolo non sia stato ancora concesso, la sentenza può essere pronunciata soltanto dopo che l'Ufficio italiano brevetti abbia provveduto sulla domanda di concessione, esaminandola con precedenza rispetto a domande presentate in data anteriore.

Infine il giudice, tenuto conto delle circostanze, può disporre la sospensione del processo, per una o più volte, fissando con il medesimo provvedimento l'udienza in cui il processo deve proseguire

 

Il comma 3 sostituisce l’articolo 239 del Codice della proprietà industriale[28], concernente i limiti alla protezione accordata dal diritto d’autore ai disegni e modelli industriali.

 

In premessa, si ricorda che la legge n. 633/1941[29], ossia la legge principale in materia di diritto d’autore, a seguito di modifica introdotta con il decreto legislativo n. 95 del 2001[30], di recepimento della direttiva 98/71/CE[31], annovera tra le opere che possono beneficiare della tutela d’autore anche le “opere del disegno industriale che presentino di per sé carattere creativo e valore artistico” (art. 2, numero 10)[32].

Parallelamente, l’articolo 44, comma 1, del Codice della proprietà industriale specifica che i diritti di utilizzazione economica dei disegni e modelli industriali suscettibili di essere protetti durano tutta la vita dell'autore e sino al termine del settantesimo anno solare dopo la sua morte o dopo la morte dell'ultimo dei coautori.

L’articolo 239 del Codice, novellato da ultimo con il decreto legge. n. 10 del 2007[33], circoscrive, invece, l’ambito oggettivo della protezione accordata. In particolare, tale norma, nel testo attualmente vigente, stabilisce che la protezione non opera in relazione ai prodotti realizzati in conformità con disegni e modelli che, anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 95 del 2001 (ossia 19 aprile 2001), erano, oppure, erano diventati, di pubblico dominio.

 

La disposizione in esame modifica la norma, circoscrivendo ulteriormente le ipotesi di esclusione della protezione.

Infatti, essa specifica che la tutela per diritto d’autore non può essere fatta valere unicamente nei confronti di coloro che, anteriormente alla data del 19 aprile 2001, hanno intrapreso la fabbricazione, l’offerta o la commercializzazione di prodotti realizzati in conformità con disegni e modelli che erano, ovvero erano divenuti, di pubblico dominio. In tali casi, tuttavia, l’attività può proseguire nei soli limiti del preuso.

In altri termini, la novella sembra restringere le ipotesi di limite solo in relazione a coloro che prima del 2001 abbiano compiuto investimenti effettivi per lo sfruttamento di ciò che, a partire dal 2001, è entrato nell'ambito della protezione del diritto d’autore.

 

La novella, prevede, inoltre, che i diritti di fabbricazione, di offerta e di commercializzazione non possano essere trasferiti separatamente dall’azienda.

 

Il comma 4 dispone l’abrogazione dell'articolo 3 del D.M. 3 ottobre 2007.

Il D.M. 3 ottobre 2007 attribuisce all'Ufficio europeo dei brevetti il compito di effettuare la ricerca di anteriorità. Segnatamente, l’articolo 3 fissa norme in materia di decadenza stabilendo che Il ritardo del pagamento della quinta annualità per il brevetto per invenzione industriale, del secondo quinquennio per il brevetto per modello di utilità e per la registrazione di disegno o modello comporta la decadenza del diritto di proprietà industriale dalla data del deposito della relativa domanda.

Da ultimo, si segnala il decreto del Ministero dello sviluppo economico del 27 giugno 2008, il quale, nel disciplinare la ricerca di anteriorità relativamente alle domande di brevetto per invenzione industriale, conferma come l'Ufficio Europeo dei Brevetti (EPO) sia l'autorità competente ad effettuare tale ricerca relativamente alle domande di brevetto per invenzione industriale depositate presso l'Ufficio italiano brevetti e marchi prevedendo che le modalità siano stabilite da un apposito Accordo stipulato tra il Ministero dello sviluppo economico - Ufficio italiano brevetti e marchi e l'Organizzazione europea dei brevetti. La ricerca di anteriorità di cui sopra si applica alle domande di brevetto per invenzione industriale depositate a partire dal 1° luglio 2008.

 

Il comma 5 delega il Governo ad adottare, entro il 30 dicembre 2008, disposizioni correttive o integrative del Codice della proprietà industriale secondo le modalità e i princìpi di cui all'art. 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59 e previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, nonché nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

§      correggere gli errori materiali e i difetti di coordinamento presenti nel codice;

§      armonizzare la normativa alla disciplina comunitaria e internazionale in materia di protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche;

§      introdurre strumenti di semplificazione e di riduzione degli adempimenti amministrativi;

§      prevedere che, in caso di invenzioni realizzate da ricercatori universitari o di altre strutture pubbliche di ricerca, l'università o l'amministrazione attui la procedura di brevettazione, acquisendo il relativo diritto sull'invenzione.

 

Si ricorda brevemente che al fine di soddisfare le esigenze di semplificazione amministrativa, con la L. 59/1997 (cd. legge Bassanini) si è provveduto a rendere più flessibili le regole dell’agire della pubblica amministrazione attraverso la delegificazione delle norme che regolano i procedimenti amministrativi.

Per quanto in questa sede interessa, si evidenzia che il comma 3-bis dell’articolo 20 prevede che, qualora il Governo proceda ad una codificazione, questo realizzi anche la raccolta organica delle norme regolamentari vigenti nella materia oggetto del riassetto.

 

Il comma 6 stabilisce che dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che agli adempimenti previsti dal medesimo si provvede nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie già disponibili a legislazione vigente.

 

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)

La Commissione ha presentato, il 16 luglio 2008, un pacchetto di iniziative sui diritti di proprietà intellettuale[34] che comprende: una comunicazione sui diritti di proprietà industriale; una proposta di direttiva per l’estensione della durata del diritto di autore delle registrazioni sonore ed un libro verde sul diritto d’autore nell’economia della conoscenza.

Proprietà industriale

Il 16 luglio 2008 ha presentato una comunicazione relativa ad una nuova strategia europea in materia di diritti di proprietà industriale (COM(2008) 465). Oltre la creazione di un brevetto comunitario e di una giurisdizione integrata, specializzata in materia di brevetti, questa comunicazione descrive una serie di misure considerate essenziali per mantenere un sistema di proprietà industriale di alta qualità per l’UE nel 21° secolo.

 

La comunicazione è stata preceduta, il 3 aprile 2007, dalla comunicazioneMigliorare il sistema dei brevetti in Europa” (COM(2007) 165), che ha stimolato il dibattito sul brevetto comunitario e sul sistema di giurisdizione in materia di brevetti.

La comunicazione del 2007 verte, in particolare, sull’introduzione del brevetto comunitario e sull’istituzione di una efficiente giurisdizione in materia di brevetti su scala comunitaria: affronta argomenti quali la qualità dei brevetti, il sostegno alle piccole e medie imprese, il trasferimento di tecnologia e le questioni attuative, compresi i modi alternativi di risoluzione delle controversie, l’assicurazione per le spese connesse alle controversie in materia di brevetti e gli aspetti internazionali dell’applicazione.

Il Consiglio, durante uno scambio di opinioni a tal riguardo svolto il 22 novembre 2007, ha convenuto che i lavori dovrebbero proseguire affinché possano essere trovate soluzioni per un sistema europeo unificato di risoluzione delle controversie in materia di brevetti nonché per un brevetto comunitario.

La Commissione europea, nella comunicazione relativa alla sua strategia politica per il 2008, ha espresso l’intenzione di monitorare la nuova strategia in materia di brevetto europeo.

 

La comunicazione della Commissione sui diritti di proprietà industriale costituisce una riflessione più ampia sulle iniziative future; pur non trattando del brevetto comunitario e del sistema di giurisdizione, sottolinea l’importanza di adottare con urgenza il brevetto comunitario per la competitività dell’Unione europea.

 

La strategia delineata ha l’obiettivo di aiutare gli inventori a compiere scelte consapevoli riguardo la protezione dei loro diritti di proprietà industriale e preconizza un controllo rigoroso del rispetto dei diritti per lottare contro la contraffazione e la pirateria. Questa comunicazione, inoltre, è volta a garantire un alto livello di qualità dei diritti di proprietà industriale in Europa e la loro accessibilità a tutti gli innovatori, in particolare le piccole e medie imprese (PMI).

 

La Commissione sottolinea che un sistema solido di diritti di proprietà industriale costituisce un motore dell’innovazione: stimola gli investimenti nella ricerca e nello sviluppo, facilita il trasferimento di conoscenze dal laboratorio al mercato. Oltre all’adozione urgente della proposta di brevetto comunitario e alla creazione di una giurisdizione integrata su scala dell’UE in materia di brevetti, le misure proposte intendono assicurare all’Europa un sistema di diritti di proprietà industriale di alta qualità per gli anni a venire:

-        controlli efficaci sul terreno per lottare contro la contraffazione e la pirateria, che raggiungono livelli allarmanti e hanno incidenze nefaste sulla creazione di occupazione in Europa e sulla salute e sicurezza dei consumatori; la Commissione intende migliorare il coordinamento tra gli attori chiave del controllo su scala nazionale e vigilare sull’attuazione di una collaborazione efficace tra gli Stati membri nei settori della raccolta delle informazioni e dello scambio rapido di informazioni sulle merci di contraffazione e le merci pirata. Inoltre, la Commissione intende favorire accordi che associno i settori pubblico e privato allo scopo di contrastare in modo efficace le violazioni manifeste dei diritti di proprietà industriale;

-        garanzia di un alto livello di qualità dei diritti di proprietà industriale in Europa, accessibili a tutti gli innovatori, comprese le piccole e medie imprese. A tal fine la Commissione intende realizzare studi sulla qualità del sistema di brevetti e sul funzionamento generale dei sistemi di marchi commerciali nell’UE;

-        misure in favore di un migliore uso dei diritti di proprietà industriale da parte delle PMI. La comunicazione descrive misure volte a facilitare l’accesso ai diritti di proprietà industriale e alle procedure di regolamento delle controversie, e a sensibilizzare maggiormente le PMI alla gestione della proprietà industriale nel quadro di un piano di impresa globale.

Diritto d’autore

La Commissione ha adottato, il 16 luglio 2008, due iniziative nel settore dei diritti d’autore:

§      proposta di direttiva che modifica la direttiva 2006/116/CE sulla durata della protezione del diritto di autore e di alcuni diritti correlati (COM(2008) 464);

§      Libro verde sul diritto d’autore nell’economia della conoscenza (COM(2008) 466).

Durata della protezione del diritto d’autore

La proposta di direttiva intende allineare la durata della protezione dei diritti degli artisti interpreti o esecutori a quella degli autori, colmando così la perdita degli introiti cui devono far fronte gli artisti interpreti e esecutori alla fine della loro vita. Propone inoltre una armonizzazione completa della durata dei diritti che si applicano alle composizioni musicali contenenti contributi di più autori.

In particolare, la proposta intende portare da 50 a 95 anni la durata di protezione delle esecuzioni registrate e della registrazione propriamente detta. Del prolungamento della durata beneficerebbero gli artisti interpreti o esecutori, che potrebbero continuare a guadagnare per un periodo di tempo maggiore. Un periodo di 95 anni compenserebbe la perdita di guadagno che gli artisti subiscono quando raggiungono i 70 anni di età, momento in cui le loro prime registrazioni effettuate a 20 anni diventano di pubblico dominio. Continuerebbero inoltre a beneficiare delle remunerazioni per la radiodiffusione e le esecuzioni in luoghi pubblici, così come per la copia privata delle loro esecuzioni.

Diritto d’autore nell’economia della conoscenza

Il Libro verde è un documento di consultazione che affronta i temi di interesse per lo sviluppo di una economia moderna, trainata dalla diffusione rapida della conoscenza e dell’informazione.

Il Libro verde pone l’accento sul modo in cui il materiale scientifico, di ricerca e di educazione viene diffuso presso il pubblico e esaminerà se la conoscenza circola liberamente nell’ambito del mercato interno. Il documento di consultazione intende inoltre valutare se il quadro attuale che regola il diritto d’autore è abbastanza solido per proteggere i prodotti della conoscenza e se gli autori e gli editori sono sufficientemente incoraggiati a creare e diffondere versioni elettroniche di questi documenti. La Commissione intende condurre un dibattito strutturato sull’avvenire a lungo termine della politica in materia di diritto d’autore nei settori ad alta intensità cognitiva. Il libro verde evoca le sfide che investiranno i settori delle pubblicazioni scientifiche e universitarie, dei motori di ricerca e delle deroghe speciali in favore delle biblioteche, dei ricercatori e dei disabili.

 


 

Articolo 15
(Delega al Governo per la definizione dei criteri di localizzazione dei siti nucleari e delle misure compensative da riconoscere alle popolazioni interessate)

 


1. Il Governo, nel rispetto delle norme in tema di valutazione di impatto ambientale e di pubblicità delle relative procedure, è delegato ad adottare, secondo le modalità e i princìpi e criteri direttivi di cui all'articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni, nonché nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi di cui al comma 2 del presente articolo, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, entro il 31 dicembre 2008, uno o più decreti legislativi di riassetto normativo recanti i criteri per la disciplina della localizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione elettrica nucleare, per i sistemi di stoccaggio dei rifiuti radioattivi e del materiale nucleare e per la definizione delle misure compensative minime da corrispondere alle popolazioni interessate.

2. La delega di cui al comma 1 è esercitata nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) previsione della possibilità di dichiarare i siti aree di interesse strategico nazionale, soggette a speciali forme di vigilanza e di protezione;

b) definizione di adeguati livelli di sicurezza dei siti, che tengano conto delle esigenze di tutela della salute della popolazione e dell'ambiente;

c) riconoscimento di benefìci diretti alle famiglie e alle imprese residenti nel territorio circostante al sito, con oneri a carico delle imprese coinvolte nella costruzione o nell'esercizio degli impianti e delle strutture;

d) previsione che, nei giudizi davanti agli organi di giustizia amministrativa che comunque riguardino le procedure di progettazione, approvazione e realizzazione delle opere, delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi concernenti il settore dell'energia e le relative attività di espropriazione, occupazione e asservimento, si applichino le disposizioni dell'articolo 246 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.

3. Disposizioni correttive e integrative dei decreti legislativi di cui al comma 1 possono essere emanate, nel rispetto delle modalità e dei princìpi e criteri direttivi di cui ai commi 1 e 2, entro un anno dalla data della loro entrata in vigore.

4. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


 

 

Il comma 1 dell'articolo in esame delega il Governo ad adottare entro il 31 dicembre 2008, uno o più decreti legislativi di riassetto normativo recanti i criteri per:

 

§      la disciplina della localizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione elettrica nucleare;

Tale disposizione appare necessaria alla luce della possibilità di realizzare sul territorio nazionale impianti di produzione di energia nucleare prevista dall’art. 7 del D.L. n. 112/2008, convertito con modificazioni dalla legge n. 133/2008, come uno degli obiettivi cui deve tendere la «Strategia energetica nazionale» prevista dal medesimo articolo.

Il comma 3 del medesimo articolo, inoltre, autorizza il Governo ad avviare la stipula di uno o più accordi con Stati membri dell’Unione Europea o Paesi Terzi entro il 31 dicembre 2009, onde poter dare avvio al processo di sviluppo del settore dell’energia nucleare al fine di ridurre le emissioni di anidride carbonica. In base ai successivi commi 4 e 5 tali accordi potranno prevedere modelli contrattuali volti all’ottenimento di forniture di energia nucleare a lungo termine e definire tutti gli aspetti connessi della normativa provvedendo al necessario coordinamento con le disposizioni vigenti e nel rispetto delle competenze delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome.

Si ricorda, altresì, che l’attuale disciplina in materia di sorgenti e impianti nucleari è contenuta nel D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 230 recante “Attuazione delle direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 92/3/Euratom e 96/29/Euratom in materia di radiazioni ionizzanti” (le cui disposizioni si applicano, tra l’altro, “alla costruzione, all'esercizio ed alla disattivazione degli impianti nucleari”), e nel D.Lgs. 6 febbraio 2007, n. 52 di attuazione della direttiva 2003/122/CE Euratom sul controllo delle sorgenti radioattive sigillate ad alta attività e delle sorgenti orfane. Si segnala, inoltre, che l’art. 22 della legge comunitaria 2007 (n. 34/2008) ha delegato il Governo ad adottare, entro il 25 dicembre 2008, un decreto legislativo al fine di dare organica attuazione alla direttiva 2006/117/EURATOM, relativa alla sorveglianza ed al controllo delle spedizioni di rifiuti radioattivi e di combustibile nucleare esaurito, ed allo scopo di garantire l'adeguata protezione della popolazione ai sensi dell'articolo 1, paragrafo 1, della medesima direttiva, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi fissati dal medesimo articolo 22.

§      i sistemi di stoccaggio dei rifiuti radioattivi e del materiale nucleare;

Relativamente al problema dello stoccaggio dei rifiuti radioattivi, si ricorda che nel corso della XIV legislatura, è stata adottata una normativa finalizzata ad individuare le procedure per la messa in sicurezza delle scorie radioattive.

Con l’emanazione del decreto-legge n. 314/2003[35], il Governo ha provveduto, in particolare, a dettare norme per l’individuazione di un sito ove realizzare sia gli impianti e le infrastrutture per il deposito definitivo dei rifiuti a bassa e media attività e a breve vita (II categoria) - che rappresentano volumetricamente la quantità principale di rifiuti presenti sul territorio nazionale - sia il deposito temporaneo in bunker del combustibile irraggiato e dei rifiuti ad alta attività e/o a lunga vita (III categoria)[36].

L’individuazione del sito più idoneo (sulla base delle integrazioni apportate al decreto legge dai commi 98-105 della cd. legge Marzano, n. 239/2004) per la realizzazione del citato deposito è stata demandata ad un Commissario straordinario, previo parere di una apposita Commissione tecnico-scientifica istituita con compiti di valutazione e di alta vigilanza e previa intesa in sede di Conferenza unificata ed è stata fissata la data del 31 dicembre 2008 quale termine ultimo per la realizzazione (affidata alla SOGIN S.p.A.[37]) del deposito stesso.

Lo stesso decreto n. 314, come integrato dai citati commi della cd. legge Marzano, inoltre, ha previsto una specifica procedura per la messa in sicurezza e lo stoccaggio provvisorio dei rifiuti radioattivi di I, II e III categoria, da parte della SOGIN S.p.A.[38]

La citata Commissione non è tuttavia mai stata costituita. Con il D.M. 25 febbraio 2008[39] però, il Ministero dello sviluppo economico ha provveduto alla costituzione di un gruppo di lavoro per l'individuazione della tipologia, delle procedure e della metodologia di selezione dirette alla realizzazione, su un sito del territorio nazionale, di un centro di servizi tecnologici e di ricerca ad alto livello nel settore dei rifiuti radioattivi, comprendente un deposito nazionale centralizzato per l'allocazione definitiva dei rifiuti radioattivi di seconda categoria, e per l'immagazzinamento temporaneo di medio termine dei rifiuti radioattivi di terza categoria, del combustibile nucleare esaurito e delle materie nucleari ancora presenti in Italia, anche alla luce dell’accordo intergovernativo (ricordato nelle premesse del decreto) “firmato in data 24 novembre 2006, tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica francese e perfezionato in data 2 maggio 2007, per il riprocessamento del combustibile nucleare irraggiato depositato negli impianti nucleari italiani che prevede tra l'altro il rientro in Italia dei relativi rifiuti entro il 2025”.

§      la definizione delle misure compensative minime da corrispondere alle popolazioni interessate.

In proposito si ricorda che l’art. 4 del citato D.L. n. 314/2003 ha previsto la determinazione di misure di compensazione territoriale, a favore dei siti che ospitano centrali nucleari e impianti del ciclo del combustibile nucleare, fino al definitivo smantellamento degli impianti. Dalla data di messa in esercizio del deposito nazionale, tali misure sono trasferite al territorio che ospita il deposito, proporzionalmente alla allocazione dei rifiuti radioattivi. Lo stesso articolo ha demandato al CIPE l’effettuazione del riparto, avvenuto con la delibera n. 101 del 28 settembre 2007[40].

 

Il comma 1 precisa che i decreti legislativi devono essere adottati nel rispetto delle norme in tema di valutazione di impatto ambientale e di pubblicità delle relative procedure.

 

Si ricorda, in proposito, che la disciplina delle procedure di valutazione dell’impatto ambientale (VIA) è recata dalla parte seconda del D.Lgs. 152/2006 (cd. codice ambientale).

 

La norma prevede, poi, che i decreti legislativi devono essere adottati secondo le modalità e nel rispetto dei criteri di cui all’articolo 20 della legge n. 59 del 1997.

 

L’articolo 20 della legge 15 marzo 1997, n. 59, disciplina le procedure per l’emanazione della legge annuale di semplificazione, nonché dei decreti legislativi e regolamenti adottati in attuazione di essa.

Per quanto concerne la procedura di adozione dei decreti legislativi, il comma 5 dispone che essi siano emanati su proposta del Ministro competente, di concerto con il Presidente del Consiglio dei Ministri o il Ministro per la funzione pubblica, con i Ministri interessati e con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa acquisizione del parere della Conferenza unificata successivamente, dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti, che sono resi entro il termine di sessanta giorni dal ricevimento della richiesta.

Quanto ai principi e criteri direttivi per l’esercizio della delega, il comma 3 dispone che i decreti legislativi devono prevedere:

a) la definizione del riassetto normativo e codificazione della normativa primaria regolante la materia, previa acquisizione del parere del Consiglio di Stato, reso nel termine di novanta giorni dal ricevimento della richiesta, con determinazione dei princìpi fondamentali nelle materie di legislazione concorrente;

a-bis) il coordinamento formale e sostanziale del testo delle disposizioni vigenti, apportando le modifiche necessarie per garantire la coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa e per adeguare, aggiornare e semplificare il linguaggio normativo (64);

b) l’indicazione esplicita delle norme abrogate, fatta salva l'applicazione dell'articolo 15 delle disposizioni sulla legge in generale premesse al codice civile;

c) l’indicazione dei princìpi generali, in particolare per quanto attiene alla informazione, alla partecipazione, al contraddittorio, alla trasparenza e pubblicità che regolano i procedimenti amministrativi, nell'àmbito dei princìpi stabiliti dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni;

d) l’eliminazione degli interventi amministrativi autorizzatori e delle misure di condizionamento della libertà contrattuale, ove non vi contrastino gli interessi pubblici alla difesa nazionale, all'ordine e alla sicurezza pubblica, all'amministrazione della giustizia, alla regolazione dei mercati e alla tutela della concorrenza, alla salvaguardia del patrimonio culturale e dell'ambiente, all'ordinato assetto del territorio, alla tutela dell'igiene e della salute pubblica;

e) la sostituzione degli atti di autorizzazione, licenza, concessione, nulla osta, permesso e di consenso comunque denominati che non implichino esercizio di discrezionalità amministrativa e il cui rilascio dipenda dall'accertamento dei requisiti e presupposti di legge, con una denuncia di inizio di attività da presentare da parte dell'interessato all'amministrazione competente corredata dalle attestazioni e dalle certificazioni eventualmente richieste;

f) la determinazione dei casi in cui le domande di rilascio di un atto di consenso, comunque denominato, che non implichi esercizio di discrezionalità amministrativa, corredate dalla documentazione e dalle certificazioni relative alle caratteristiche tecniche o produttive dell'attività da svolgere, eventualmente richieste, si considerano accolte qualora non venga comunicato apposito provvedimento di diniego entro il termine fissato per categorie di atti in relazione alla complessità del procedimento, con esclusione, in ogni caso, dell'equivalenza tra silenzio e diniego o rifiuto;

g) la revisione e riduzione delle funzioni amministrative non direttamente rivolte:

1) alla regolazione ai fini dell'incentivazione della concorrenza;

2) alla eliminazione delle rendite e dei diritti di esclusività, anche alla luce della normativa comunitaria;

3) alla eliminazione dei limiti all'accesso e all'esercizio delle attività economiche e lavorative;

4) alla protezione di interessi primari, costituzionalmente rilevanti, per la realizzazione della solidarietà sociale;

5) alla tutela dell'identità e della qualità della produzione tipica e tradizionale e della professionalità;

h) la promozione degli interventi di autoregolazione per standard qualitativi e delle certificazioni di conformità da parte delle categorie produttive, sotto la vigilanza pubblica o di organismi indipendenti, anche privati, che accertino e garantiscano la qualità delle fasi delle attività economiche e professionali, nonché dei processi produttivi e dei prodotti o dei servizi;

i) per le ipotesi per le quali sono soppressi i poteri amministrativi autorizzatori o ridotte le funzioni pubbliche condizionanti l'esercizio delle attività private, la previsione dell'autoconformazione degli interessati a modelli di regolazione, nonché di adeguati strumenti di verifica e controllo successivi. I modelli di regolazione vengono definiti dalle amministrazioni competenti in relazione all'incentivazione della concorrenzialità, alla riduzione dei costi privati per il rispetto dei parametri di pubblico interesse, alla flessibilità dell'adeguamento dei parametri stessi alle esigenze manifestatesi nel settore regolato;

l) l’attribuzione delle funzioni amministrative ai comuni, salvo il conferimento di funzioni a province, città metropolitane, regioni e Stato al fine di assicurarne l'esercizio unitario in base ai princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza; determinazione dei princìpi fondamentali di attribuzione delle funzioni secondo gli stessi criteri da parte delle regioni nelle materie di competenza legislativa concorrente;

m) la definizione dei criteri di adeguamento dell'organizzazione amministrativa alle modalità di esercizio delle funzioni di cui al presente comma;

n) l’indicazione esplicita dell'autorità competente a ricevere il rapporto relativo alle sanzioni amministrative, ai sensi dell'articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n. 689.

I decreti legislativi devono essere adottati entro il 31 dicembre 2008 (fatta salva l’adozione di decreti correttivi ai sensi del successivo comma 3).

 

Il comma 2 definisce i principi e criteri direttivi (oltre quelli previsti al comma 1) che il Governo è tenuto a rispettare nell’esercizio della delega:

a)  previsione della possibilità di dichiarare i siti aree di interesse strategico nazionale, soggette a speciali forme di vigilanza e di protezione;

b)  definizione di adeguati livelli di sicurezza dei siti, che tengano conto delle esigenze di tutela della salute della popolazione e dell'ambiente;

c)  riconoscimento di benefìci diretti alle famiglie e alle imprese residenti nel territorio circostante al sito, con oneri a carico delle imprese coinvolte nella costruzione o nell'esercizio degli impianti e delle strutture;

d)  previsione che, nei giudizi davanti agli organi di giustizia amministrativa che comunque riguardino le procedure di progettazione, approvazione e realizzazione delle opere, delle infrastrutture e degli insediamenti produttivi concernenti il settore dell'energia e le relative attività di espropriazione, occupazione e asservimento, si applichino le disposizioni dell'articolo 246 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.

Relativamente a quest’ultimo aspetto, nella relazione illustrativa viene sottolineato che tale criterio è volto a limitare l’incidenza dei provvedimenti giurisdizionali sulla realizzazione delle opere e degli interventi programmati in sede politica e normativa, che “non è limitata al solo profilo della mancata realizzazione - nei tempi previsti - delle opere e degli interventi, ma concerne anche il profilo dei costi degli interventi stessi, i livelli di occupazione, la credibilità degli attori istituzionali del sistema e la fiducia degli operatori economici. Appare opportuno, pertanto, estendere al settore dell'energia modelli processuali già sperimentati dal legislatore in altri settori e ritenuti pienamente legittimi dalla Corte costituzionale”.

L’art. 246 del D.Lgs. n. 163/2006 “si connota per l'applicazione delle direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE che permettono di escludere la caducazione del contratto già stipulato dai soggetti aggiudicatori nelle ipotesi di sospensione o di annullamento giurisdizionale dell'aggiudicazione di prestazioni pertinenti alle infrastrutture, limitando la riparazione degli interessi o dei diritti lesi al solo risarcimento per equivalente, con esclusione della reintegrazione in forma specifica”.

 

Il comma 3 prevede che il Governo possa adottare disposizione integrative o correttive dei decreti legislativi entro un anno dalla loro entrata in vigore, nel rispetto delle medesime modalità di adozione dei provvedimenti e dei medesimi principi e criteri direttivi.

 

Il comma 4 stabilisce che dall’attuazione delle norme non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)

L’8 settembre 2004 la Commissione ha presentato due proposte modificate di direttiva (COM(2004)526)[41] relative a:

§      obblighi fondamentali e i princìpi generali nel settore della sicurezza degli impianti nucleari.

La proposta prevede, tra l’altro, l’istituzione da parte di ciascuno Stato membro di un’autorità di regolamentazione responsabile della sicurezza nucleare degli impianti nucleari e dell’effettiva attuazione delle norme di sicurezza. Tali autorità nazionali andrebbero a comporre un Comitato delle autorità di regolamentazione a livello europeo.

§      gestione sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi.

La proposta vincolerebbe gli Stati membri, tra l’altro, alla elaborazione di programmi nazionali di gestione di tali rifiuti, ben definiti e che includano un calendario per il deposito definitivo dei rifiuti radioattivi.

Tali proposte sono intese a dotare l’Unione europea allargata di una legislazione vincolante nel settore della sicurezza delle installazioni nucleari e della gestione dei rifiuti, al fine di mantenere un elevato livello di sicurezza nucleare al proprio interno.

Con le proposte modificate la Commissione ha inteso tenere conto delle proposte di modifica del Parlamento europeo che, nell’ambito della procedura di consultazione, ha approvato un parere nel corso della seduta del 13 gennaio 2004.

La Commissione, in particolare, ribadisce la necessità di “comunitarizzare” le norme esistenti, di instaurare un sistema comune di valutazione della sicurezza nucleare in ciascuno Stato membro, di mantenere l’obbligo per ogni Stato di definire un programma per la gestione definitiva dei rifiuti e di intensificare le attività di ricerca e sviluppo in questo settore.

Per contro, il Consiglio ambiente del 28 giugno 2004 ha sottolineato l’importanza del principio della responsabilità nazionale per quanto concerne la sicurezza degli impianti nucleari, discostandosi in tal modo dalla posizione della Commissione.

Il 12 dicembre 2006 la Commissione ha presentato una comunicazione relativa a un programma europeo per la protezione delle infrastrutture critiche (COM(2006)786) e una proposta di direttiva del Consiglio relativa all'individuazione e alla designazione delle infrastrutture critiche europee[42] e alla valutazione della necessità di migliorarne la protezione (COM(2006)787) in cui si prospettano una serie di misure volte a migliorare la protezione di dette infrastrutture, comprese le installazioni nucleari, e prevenirne la distruzione o i guasti.

Il 19 aprile 2007 il Consiglio ha adottato conclusioni con cui accoglie favorevolmente gli sforzi compiuti dalla Commissione intesi a sviluppare una procedura europea per l'individuazione e la designazione delle infrastrutture critiche europee e la valutazione della necessità di migliorarne la protezione. Il Consiglio, tra l’altro, riconosce che gli Stati membri sono i responsabili principali della gestione delle modalità di protezione delle infrastrutture critiche all'interno dei loro confini nazionali, incoraggiandoli a varare ogni azione adeguata per la protezione delle infrastrutture critiche.

Il 10 luglio 2007 il Parlamento europeo ha esaminato, in prima e unica lettura secondo la procedura di consultazione, la proposta di direttiva del Consiglio relativa all'individuazione e alla designazione delle infrastrutture critiche europee approvando emendamenti. Il 5 giugno 2008 il Consiglio ha raggiunto un accordo politico sulla proposta.

Infine si ricorda che il 12 dicembre 2007 la Commissione ha presentato una comunicazione relativa alla seconda relazione sull’utilizzo delle risorse finanziarie destinate alla disattivazione delle installazioni nucleari e alla gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi (COM(2007)794) intesa, tra l’altro, a rispondere alle preoccupazioni relative alle potenziali implicazioni in materia di sicurezza derivanti da una eventuale indisponibilità di fondi sufficienti al momento della disattivazione delle installazioni nucleari, nonché da una cattiva gestione delle risorse accantonate e dalla potenziale distorsione della concorrenza.

Procedure di contenzioso
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)

Il 5 luglio 2005 la Commissione ha inviato all’Italia un parere motivato[43] per essere venuta meno agli obblighi imposti dalla direttiva 96/29/Euratom, che stabilisce le norme di sicurezza relative alla protezione sanitaria della popolazione contro i pericoli delle radiazioni ionizzanti e dalla direttiva 89/618/Euratom, concernente l’informazione della popolazione sui provvedimenti di protezione sanitaria applicabili e sul comportamento da adottare in caso di emergenza radioattiva. La Commissione, in particolare, contesta all’Italia di non aver adottato i decreti di attuazione necessari a garantire un’effettiva applicazione delle due direttive in esame[44].

 


 

Articolo 16
(Energia nucleare)

 

1. Con delibera del CIPE, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, sentito il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sono definite le tipologie degli impianti di produzione di energia elettrica nucleare che possono essere realizzati nel territorio nazionale. Con le stesse modalità sono, altresì, stabiliti le procedure autorizzative e i requisiti soggettivi per lo svolgimento delle attività di costruzione e di esercizio degli impianti di cui al periodo precedente.

 

 

L’articolo 16 prevede che con delibera del CIPE, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, sentito il Ministro dell’ambiente, siano definite le tipologie degli impianti di produzione di energia elettrica nucleare che possono essere realizzati nel territorio nazionale, nonché le procedure autorizzative e i requisiti soggettivi per lo svolgimento delle attività di costruzione e di esercizio degli impianti.

 

Si evidenzia l’opportunità di indicare un termine per l’adozione della delibera del CIPE, anche al fine di coordinare proceduralmente tale atto con la delega prevista all’articolo 15.

 

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)

Il Consiglio europeo dell’8-9 marzo 2007, nell’approvare un piano d’azione globale in materia dienergiaper ilperiodo 2007-2009, per ciò che concerne il rispetto delle scelte degli Stati membri riguardo al mix energetico ha, tra l’altro:

§      preso atto della valutazione effettuata dalla Commissione riguardo al contributo dell'energia nucleare nel far fronte alle crescenti preoccupazioni concernenti la sicurezza dell'approvvigionamento energetico e la necessità di ridurre le emissioni di CO2, mantenendo la sicurezza e la protezione nucleare al centro del processo decisionale;

§      confermato che spetta a ciascuno Stato membro decidere se fare affidamento o meno sull'energia nucleare;

§      sostenuto la proposta della Commissione di istituire un Gruppo ad alto livello sulla sicurezza nucleare e la gestione dei rifiuti[45];

§      proposto che la discussione sulle opportunità e sui rischi dell'energia nucleare si svolga in maniera ampia fra tutte le parti interessate.

Il 4 ottobre 2007, secondo quanto previsto dall’articolo 40 del trattato Euratom[46], la Commissione ha presentato la comunicazione relativa al “Programma indicativo per il settore nucleare” (COM(2007)565) che illustra la situazione attuale del nucleare nell’Unione europea e gli scenari possibili per il futuro e opera un’analisi delle prospettive di sviluppo e d’investimento nei diversi paesi che producono attualmente energia nucleare nell’Unione europea[47].

La Commissione, tra l’altro, ritiene che l’energia nucleare, con emissioni di CO2 vicine allo zero, possa svolgere un ruolo importante nel realizzare gli obiettivi energetici europei, ma che spetta agli Stati membri, anche nel rispetto delle opinioni pubbliche, decidere se avvalersene o meno. Indipendentemente dalle scelte operate dagli Stati membri nel settore dell’energia, la Commissione ritiene che l'UE debba intraprendere un’azione coerente nel settore della sicurezza nucleare, della disattivazione degli impianti e della gestione dei rifiuti.

Il 20 marzo 2007 la Commissione ha presentato la comunicazioneI 50 anni del trattato Euratom” (COM(2007)124), elaborata in occasione del cinquantesimo anniversario della firma dei trattati di Roma che dettero vita alla Comunità economica europea, divenuta poi Comunità europea, e alla Comunità europea dell'energia atomica, sovente chiamata Euratom.

Nel passare in rassegna i principali risultati conseguiti dal trattato, la Commissione pone in evidenza la valutazione largamente positiva delle attività svolte nell’ambito del trattato Euratom, in particolare per ciò che riguarda: la sicurezza dell’approvvigionamento energetico, i progressi nei settori della ricerca, della protezione della salute, del controllo sugli usi pacifici delle materie nucleari e delle relazioni internazionali.

In riferimento alla comunicazione della Commissione sui 50 anni dell’Euratom, sopra citata, il 10 maggio 2007 il Parlamento europeo ha approvato una relazione d’iniziativa(cioè non legata ad un procedimento legislativo).

Il Parlamento europeo riconosce l'importante ruolo del nucleare a favore dell'approvvigionamento energetico dell'UE e il suo basso impatto in termini di emissioni di anidride carbonica, tuttavia sottolinea che, se la scelta nucleare spetta agli Stati membri, è necessario porre la sicurezza al centro delle attività Euratom e implicare il Parlamento nel processo decisionale.

In particolare, il Parlamento europeo ritiene che sia necessaria una revisione generalizzata del trattato Euratom per colmare il deficit democratico in quanto il Parlamento europeo risulta quasi completamente escluso dal processo legislativo Euratom. Il Parlamento europeo ritiene, altresì, necessario porre le questioni relative alla sicurezza comune al centro delle attività nucleari dell'Unione e dei suoi Stati membri.

 

Il 22 maggio 2008 la Commissione ha presentato la comunicazioneLa sicurezza nucleare: una sfida internazionale”(COM(2008)312), intesa ad analizzare i problemi di sicurezza connessi alla diffusione geografica del nucleare e a proporre raccomandazioni su questioni prioritarie, anche in considerazione del dibattito mondiale sulle questioni del cambiamento climatico e del possibile contributo che l’energia nucleare potrebbe dare nell’ottica della riduzione delle emissioni di gas a effetto serra.

La Commissione, tra l’altro, ribadisce che la Comunità intende proseguire i suoi sforzi volti a garantire che gli standard sempre più elevati applicati all'interno della Comunità per le misure di non proliferazione e di sicurezza vengano osservati anche a livello internazionale[48] e sottolinea la necessità che la Comunità stessa debba essere pronta ad esaminare le opportunità per una maggiore cooperazione con paesi terzi al fine di promuovere la non proliferazione e la sicurezza.

 

Il 3 luglio 2008 la Commissione ha presentato la comunicazioneSintesi delle attività svolte dalla Commissione nel 2007 per l'attuazione del titolo II, capi da 3 a 10, del trattato Euratom” (COM(2008)417)

Il documento espone le più recenti principali attività svolte a livello europeo al fine di migliorare il quadro per l'energia nucleare in Europa, nel contesto del piano d’azione del piano d’azione globale in materia di energia per ilperiodo 2007-2009, approvato sulla base di quanto prospettato dalla Commissione nella comunicazione “Una politica energetica per l’Europa” (COM(2007)1), presentata il 10 gennaio 2007, e del Programma indicativo sopra citato.

Tra l’altro, la comunicazione fa riferimento alla creazione di:

§      Gruppo di alto livello sulla sicurezza nucleare e la gestione dei rifiuti.

Il17 luglio 2007 la Commissione ha approvato la decisione 2007/530/Euratom, relativa all'istituzione del gruppo europeo ad alto livello sulla sicurezza nucleare e la sicurezza della gestione dei residui. Il gruppo è composto da 27 rappresentanti nazionali competenti nei settori della sicurezza degli impianti nucleari e della sicurezza della gestione del combustibile esaurito e dei residui radioattivi e ha compiti consultivi nei confronti della Commissione. Obiettivo del gruppo è sviluppare metodologie comuni nel campo della sicurezza nucleare e nella gestione dei rifiuti e individuare rapidamente i problemi relativi alla sicurezza nucleare da trattare in via prioritaria oltre a raccomandare azioni da avviare a livello europeo. A tal fine il gruppo ad alto livello, tra l’altro, agevola le consultazioni, il coordinamento e la cooperazione delle autorità nazionali di regolamentazione e promuove ampie consultazioni con le parti e i cittadini interessati in modo aperto e trasparente. Il gruppo si è riunito per la prima volta nell'ottobre 2007.

In tale contesto, il 30 maggio 2008 il Gruppo ha approvato una serie di princìpi sulla base dei quali i rappresentanti delle autorità nazionali di regolamentazione in materia di sicurezza nucleare degli Stati membri dell’UE, il 9 giugno 2008 hanno raggiunto un accordo inteso a rendere ulteriormente sicuro, in tutti i paesi dell’UE, l’utilizzo dell’energia nucleare, la gestione dei rifiuti radioattivi e le modalità di dismissione degli impianti nucleari obsoleti. Tra l’altro, si prospetta la necessità di una sempre maggiore collaborazione fra Stati membri e organismi internazionali quali, ad esempio, l’Agenzia internazionale per l’energia nucleare[49]; di aumentare la trasparenza delle discussioni di fronte al pubblico, ad esempio, creando un accesso europeo via web ai principali dati relativi alla sicurezza nucleare negli Stati membri; che il gruppo ad alto livello discuta della opportunità di stabilire ed attuare un piano per la gestione dei rifiuti radioattivi in ogni Stato membro dell’UE.

§      Forum europeo sull'energia nucleare.

In linea con le conclusioni del Consiglio europeo di primavera, la Commissione ha creato un forum per facilitare il dialogo tra le diverse parti interessate - governi della UE, membri del Parlamento europeo, industria nucleare, consumatori industriali di energia e la società civile - sulle opportunità e i rischi dell'energia nucleare. Gli incontri del forum si terranno alternativamente a Bratislava e a Praga. La riunione inaugurale del forum si è tenuta in novembre 2008 a Bratislava, alla presenza dei primi ministri dei paesi ospiti, di ministri e membri del Parlamento europeo nonché di altri operatori importanti del settore dell'energia nucleare. In tale occasione sono stati creati tre gruppi di lavoro sulle opportunità, i rischi e la trasparenza.

 


 

Articolo 17
(Promozione dell'innovazione nel settore energetico)

 


1. Al fine di promuovere la ricerca nel settore energetico, con particolare riferimento allo sviluppo del nucleare di nuova generazione e delle tecnologie per la cattura e il confinamento dell'anidride carbonica emessa dagli impianti termoelettrici, è stipulata un'apposita convenzione tra l'Agenzia per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa Spa, il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, nella quale sono individuate le risorse della stessa Agenzia disponibili per la realizzazione del Piano di cui al terzo periodo del presente comma, per ciascun anno del triennio. La convenzione è approvata con decreto del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. Ai fini di cui al presente comma il CIPE, su proposta del Ministro dello sviluppo economico, provvede all'approvazione di un Piano operativo che, fermo restando quanto disposto al comma 2, definisce obiettivi specifici, priorità, modalità di utilizzo delle risorse e tipologia dei soggetti esecutori.

2. Il Piano di cui al comma 1 persegue in particolare le seguenti finalità:

a) realizzazione di un progetto dimostrativo sulla cattura e sul confinamento dell'anidride carbonica emessa dagli impianti termoelettrici, con il concorso dei principali operatori nazionali industriali e della ricerca, con sostegno finanziario limitato alla copertura dei costi addizionali per lo sviluppo della parte innovativa a maggiore rischio del progetto;

b) partecipazione attiva, con ricostruzione della capacità di ricerca e di sviluppo, ai programmi internazionali sul nucleare denominati «Generation IV International Forum» (GIF), «Global Nuclear Energy Partnership» (GNEP), «International Project on Innovative Nuclear Reactors and Fuel Cycles» (INPRO), «Accordo bilaterale Italia-USA di cooperazione energetica» e «International Thermonuclear Experimental Reactor» (ITER).


 

 

L’articolo 17 prevede la predisposizione, da parte del CIPE, di un Piano operativo per la promozione dell’innovazione nel settore energetico. Il Piano dovrà definire obiettivi, priorità, modalità di utilizzo delle risorse, tipologia dei soggetti esecutori, nonché, in particolare, prevedere la realizzazione di un progetto dimostrativo sulla cattura e il confinamento dell’anidride carbonica emessa dagli impianti termoelettrici e la partecipazione a vari programmi internazionali sull’energia nucleare. Per la realizzazione degli interventi si rinvia ad apposita Convenzione tra l’Agenzia per l’attrazione degli investimenti, il Ministero dello sviluppo economico e il Ministero dell’ambiente, con la quale si provvederà anche ad individuare le risorse dell’Agenzia da destinare alla realizzazione del Piano operativo.

 

L’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A

Per quanto riguarda l’attività di attrazione degli investimenti, si segnala che l’articolo 43 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112 (c.d. manovra per il 2009-2011) provvede a ridisciplinare la materia, prevedendo l’emanazione di un decreto di natura non regolamentare del Ministro dello sviluppo economico per la concessione di agevolazioni finanziariea sostegno degli investimenti privati e per la realizzazione di interventi ad essi complementari e funzionali. La gestione degli interventi viene affidata, con modalità stabilite da apposita convenzione, all’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa S.p.A. Tale strumento di intervento sostituirà i contratti di programma e i contratti di localizzazione per l’attrazione degli investimenti[50].

Si ricorda che, a partire dalla legge finanziaria 2005, sono stati previsti diversi strumenti di intervento per favorire l’attrazione di investimenti in Italia, assegnandone la competenza gestionale a Sviluppo Italia, poi trasformata in Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa S.p.A Infatti la legge finanziaria 2007 (legge n. 296/2006) all’articolo 1, comma 460, oltre a mutare la denominazione di Sviluppo Italia S.p.A. in “Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa S.p.A.“, ha attribuito al Ministro dello sviluppo economico una serie di poteri, tra cui quello di definire con apposite direttive le priorità e gli obiettivi dell’Agenzia. In particolare la direttiva del Ministro dell’economia e delle finanze del 27 marzo 2007 ha stabilito che l’azione dell’Agenzia dovrà essere diretta, con particolare riferimento al Mezzogiorno, a conseguire le seguenti priorità:

1.  favorire l’attrazione degli investimenti esteri di elevata qualità, in grado di dare un contributo allo sviluppo del sistema economico e produttivo nazionale;

2.  sviluppare l’innovazione e la competitività industriale e imprenditoriale nei sistemi produttivi e nei sistemi territoriali;

3.  promuovere la competitività e le potenzialità attrattive dei territori.

 

L’ENEA e i recenti sviluppi delle ricerche in materia di energia nucleare[51]

Il mantenimento della cultura e delle competenze nel settore nucleare è affidato all’Ente per le nuove tecnologie, l’energia e l’ambiente (ENEA), che promuove e svolge attività di ricerca nucleare di base e applicata, per le quali esplica il ruolo di advisor tecnico-scientifico per il Governo. Il decreto legislativo 3 settembre 2003, n. 257, recante il riordino della disciplina dell’ENEA, affida all'Ente il compito di preservare la cultura e le competenze nel settore del nucleare nel nostro Paese, conferendogli il “ruolo di responsabile del presidio scientifico e tecnologico in tema di energia nucleare”. L’ENEA è inoltre chiamato a svolgere attività di ricerca e sviluppo (R&S) in questo campo, a supporto della competitività del settore produttivo.

L’Ente detiene rilevanti competenze, conservate e sviluppate grazie alla partecipazione ai programmi del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sulla trasmutazione, ai progetti europei dei vari programmi quadro Euratom e agli organismi internazionali del settore (OECD Nuclear Energy Agency - NEA, International Atomic Energy Agency - IAEA, ecc.). Peculiare è la sua capacità di integrazione di sistema, in particolare per quanto riguarda la progettazione dell’isola nucleare, i cicli avanzati del combustibile e gli aspetti di sicurezza e radioprotezione. A ciò si aggiunge l’esistenza di importanti infrastrutture sperimentali, presso i Centri ricerche ENEA della Casaccia e del Brasimone, in cui è possibile effettuare prove di qualifica di componenti e sviluppo dei materiali per reattori.

Le iniziative internazionali più rilevanti in cui si sviluppa l’attività dell’ENEA, e che prevedono, a medio-lungo termine, realizzazioni di sistemi nucleari avanzati sono:

-        GNEP (Global Nuclear Energy Initiative), lanciata dal Governo statunitense nel 2006;

-        Generation IV, lanciata dal U.S.Department of Energy (DOE) nel 2000;

-        INPRO (International Project on Innovative Nuclear Reactors and Fuel Cycles) promosso nel 2000 dall’International Atomic Energy Agency (IAEA);

-        Sustainable Nuclear Energy Technology Platform europea lanciata dalla Commissione Europea il 21 settembre 2007.

In particolare, i grandi temi di R&S su cui l’ENEA, assieme alle sue partecipate, sarà maggiormente impegnato nel prossimo triennio sono:

§       nell’ambito GNEP, lo sviluppo del reattore PWR IRIS, con 22 partners di 10 paesi, sette dei quali italiani, sotto la responsabilità della Westinghouse. Il reattore IRIS è di Generation III+, cioè appartiene a quella classe di reattori meno rivoluzionari della Generation IV, ma di tecnologia più certa e realizzabile (2012-2015);

§       nell’ambito Generation IV:

-        il reattore veloce raffreddato a piombo (LFR) che, se risultasse vincente come tecnologia (aspetti di compatibilità piombo fuso-acciaio) porterebbe a reattori veloci semplici, sicuri ed economicamente più competitivi di quelli raffreddati a sodio rendendo l’uranio una risorsa praticamente inesauribile;

-        il reattore veloce raffreddato a sodio (SFR), in collaborazione, nell’ambito del VI Programma Quadro europeo, con l’Università di Roma “La Sapienza”, la controllata CESI Ricerca e il CEA francese;

-        il Technology Survey sui reattori a gas ad alta temperatura (VHTR – Very High Temperature Reactor) per il quale è attiva la partecipazione in ambito europeo;

§       nell’ambito degli studi riguardanti la non proliferazione e i cicli avanzati del combustibile mediante Partitioning&Transmutation in reattori critici e sottocritici (ADS–Accelerator Driven System), l’eliminazione dei rifiuti radioattivi ad alta attività e lunga vita.

 

Nucleare da fissione

Nonostante il ridimensionamento di risorse umane e strumentali conseguente al referendum del 1987, l’Italia possiede ancora rilevanti competenze specifiche sul nucleare da fissione[52]e infrastrutture di ricerca di livello internazionale, conservate e sviluppate in questi anni da ENEA con il concorso e in collaborazione con gli altri soggetti nazionali attivi nel settore, che hanno permesso di ricostituire e mantenere un sistema nazionale qualificato, agevolmente inserito in attività di ricerca e sviluppo sia a livello comunitario, sia ad un più ampio livello internazionale.

Competenze ed infrastrutture per la ricerca nucleare da fissione sono concentrate presso i Centri ENEA di Bologna, del Brasimone, della Casaccia (dove si trovano due dei quattro reattori di ricerca italiani ancora in funzione) e di Saluggia, le partecipate SIET, CESI Ricerca e NUCLECO e presso le Università che fanno capo al Consorzio CIRTEN[53].

ENEA è impegnato in numerose attività di ricerca e sviluppo (R&S) e di sistema sul nucleare a fissione per contribuire a ricreare le competenze e le capacità in questo settore e consentire all’Italia di partecipare a pieno titolo alle grandi iniziative di R&S internazionali ed europee attualmente in atto.

A livello nazionale, nell’ambito dell’Accordo di programma con il Ministero dello sviluppo economico[54], cui fornisce supporto per il coordinamento della partecipazione nazionale a progetti e accordi internazionali nel campo del nuovo nucleare da fissione, ENEA sta effettuando rilevanti attività teoriche e sperimentali per lo sviluppo degli impianti di ultima generazione (GEN III+, GEN IV), che soddisfano i criteri di sostenibilità, economicità, sicurezza e resistenza alla proliferazione.

A livello europeo e internazionale l’ente presidia e sviluppa, attraverso la partecipazione alle grandi iniziative europee e internazionali in corso[55]e mediante accordi bilaterali con organismi governativi di ricerca come il DOE americano e il CEA francese, importanti attività di R&S sui reattori avanzati e innovativi, nonché sui cicli del combustibile avanzati, che permettono un migliore sfruttamento delle risorse naturali e la minimizzazione dei rifiuti radioattivi ad alta attività e a lunga vita.

 

Nucleare da fusione

La fusione termonucleare[56]è attualmente considerata una delle opzioni utili, in presenza di una crescente richiesta globale di energia e di sicurezza nell’approvvigionamento, in grado di rendere disponibile una fonte di energia sostenibile, di larga scala, sicura e praticamente inesauribile. Sebbene i progressi compiuti dalla ricerca negli ultimi anni siano notevoli, per poter realizzare una centrale a fusione commerciale, che consentirebbe un approvvigionamento quasi illimitato di energia pulita, sono necessari ulteriori sviluppi di fisica, tecnologia e ingegneria.

L'Italia è fortemente impegnata nelle ricerche sulla fusione a livello europeo e internazionale sia nel campo della fisica, che nel in quello della tecnologia. Le attività vengono svolte dall' Associazione ENEA-EURATOM che, oltre all' EURATOM e alla UTS Fusione dell' ENEA, comprende:

-        l'Istituto di fisica del plasma del Centro nazionale delle ricerche (CNR) di Milano;

-        il Consorzio RFX (CNR-Padova), dove è attiva la macchina di tipo Reversed Field Pinch RFX;

-        istituti universitari quali il Politecnico di Torino, l'Università di Catania DIEES, l'Universita' di Roma Tor Vergata e il Consorzio universitario CREATE (Consorzio di ricerca per l’energia e le applicazioni tecnologiche dell’elettromagnetismo).

Documenti all’esame delle Istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione Europea)

Il 22 novembre 2007 la Commissione, facendo seguito a quanto annunciato nel piano d’azione in materia energetica, adottato dal Consiglio europeo dell’8-9 marzo 2007, ha presentato un piano strategico europeo per le tecnologie energetiche (piano SET[57]) (COM(2007)723) inteso accelerare lo sviluppo e l’impiego diffuso di tecnologie a bassa emissione di carbonio attraverso la predisposizione di un nuovo ed ampio programma di ricerca nel campo energetico.

La Commissione propone misure che, rilanciando gli investimenti per la ricerca nel settore energetico e migliorandone l’impiego ed il coordinamento a livello europeo, consentano l’abbassamento dei costi per la produzione di energia pulita e permettano all’industria europea di porsi all’avanguardia in un settore considerato in rapida espansione qual è quello delle tecnologie a bassa produzione di carbonio.

La Commissione propone, tra l’altro, che priorità e azioni nel settore della ricerca energetica siano definite da un gruppo direttivo (o di pilotaggio) sulle tecnologie energetiche strategiche (Steering Group on Strategic Energy Technologies) presieduto dalla Commissione e composto da rappresentanti di alto livello delle amministrazioni degli Stati membri. Tale gruppo dovrebbe, tra l’altro, elaborare azioni congiunte e monitorare i progressi in modo sistematico, al fine di rafforzare la coerenza fra gli sforzi compiuti a livello nazionale, europeo ed internazionale avvalendosi anche di un sistema di gestione delle informazioni e della conoscenza ad accesso aperto, che comprenderà una “mappa delle tecnologie” (stato delle conoscenze, ostacoli e potenziale delle tecnologie) e una “mappa delle capacità” (risorse finanziarie e umane) sviluppati dal Centro comune di ricerca[58] della Commissione, istituiti dalla Commissione.

Tra i settori prioritari per cui la Commissione propone di lanciare, a partire dal 2008, una serie di nuove iniziative industriali europee figurano anche la cattura, il trasporto e lo stoccaggio di CO2 e la fissione nucleare sostenibile. Tali iniziative industriali europee potranno assumere la forma di partenariati pubblico-privato o concretizzarsi in una programmazione congiunta da parte di coalizioni di Stati membri interessati, a seconda della natura e delle esigenze dei settori e delle tecnologie interessate. Tra gli esempi utili ad illustrare le iniziative del piano SET la Commissione cita il programma europeo di ricerca sulla fusione nucleare che ha nel programma ITER (International Thermonuclear Experimental Reactor) il suo progetto di punta.

Il progetto internazionale ITER è volto a dimostrare la fattibilità scientifica e tecnica dell’energia di fusione per usi pacifici, il cui elemento essenziale è costituito dalla costruzione di un reattore sperimentale di fusione termonucleare a Cadarache, nel sud della Francia. L’inizio dei lavori per la costruzione del reattore è fissato per il 2008 e dovrebbe concludersi entro i dieci anni successivi. Gli accordi per la realizzazione congiunta del Progetto ITER sono stati firmati a Parigi il 20 novembre 2006. L’accordo è stato firmato dai ministri dei sette partner che partecipano al progetto: Unione europea, Stati Uniti, Russia, Giappone, Cina, Corea del Sud e India. L’Italia partecipa al progetto attraverso tre enti di ricerca: l’Enea, il Cnr e l’Istituto di Fisica Nucleare (Infn).

La Commissione preannuncia, inoltre, la presentazione entro fine 2008 di una comunicazione sul finanziamento delle tecnologie a basso tenore di carbonio che esaminerà, tra l’altro, le vie possibili per ottenere finanziamenti privati, compreso il private equity e il venture capital, nonché per migliorare il coordinamento fra le fonti di finanziamento. In particolare, sarà valutata l’opportunità di istituire un nuovo meccanismo o fondo europeo per la dimostrazione su scala industriale e la prima applicazione commerciale di tecnologie avanzate a basso tenore di carbonio. La comunicazione valuterà, inoltre, i costi e i benefici degli incentivi fiscali per l’innovazione.

 

Il 21 settembre 2007 è stata lanciata una piattaforma tecnologica per l'energia nucleare sostenibile (SNET-TP) che riunisce rappresentanti delle industrie, organizzazioni di ricerca, università e rappresentanti nazionali. La piattaforma è stata creata, tra l'altro, per favorire e consolidare la cooperazione europea nel settore della ricerca e dello sviluppo con particolare riferimento alla fissione nucleare.

 


 

Articolo 18
(Tutela giurisdizionale)

 


1. Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e attribuite alla competenza del tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma, tutte le controversie, anche in relazione alla fase cautelare e alle eventuali questioni risarcitorie, comunque attinenti alle procedure e ai provvedimenti dell'amministrazione pubblica o dei soggetti alla stessa equiparati concernenti il settore dell'energia. La giurisdizione di cui al presente comma si intende estesa anche alle controversie relative a diritti costituzionalmente garantiti.

2. Le questioni di cui al comma 1 sono rilevate d'ufficio.

3. Le norme del presente articolo si applicano anche ai processi in corso e l'efficacia delle misure cautelari emanate da un'autorità giudiziaria diversa da quella di cui al comma 1 è sospesa fino alla loro conferma, modifica o revoca da parte del tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma, cui la parte interessata può riproporre il ricorso e l'istanza cautelare.

4. Dall'attuazione delle disposizioni del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Agli adempimenti previsti dal presente articolo si provvede nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.


 

 

Il comma 1 della disposizione in esamedevolve alla giurisdizione esclusiva del TAR del Lazio, con sede in Roma, la competenza in primo grado su tutte le controversie (comprese quelle di natura cautelare e risarcitoria) concernenti le procedure e i provvedimenti della pubblica amministrazione (e dei soggetti ad essa equiparati) in materia di energia.

La norma precisa che la giurisdizione esclusiva comprende anche le controversie relative a “diritti costituzionalmente garantiti”.

Per quanto concerne il settore dell’energia, l’art. 1, comma 552, della legge 311 del 2004 (legge finanziaria 2005) ha devoluto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi ad oggetto le procedure ed i provvedimenti in materia di impianti di energia elettrica di cui al DL 7/2002 (Misure urgenti per garantire la sicurezza del sistema elettrico nazionale) convertito, con modificazioni, dalla legge 55/2002 e le relative questioni risarcitorie.

La norma citata ha superato il vaglio di legittimità costituzionale (C. Cost. 27 aprile 2007, n. 140)[59]affermando la Consulta che essa “è conforme all’orientamento espresso nelle sentenze n. 204 del 2004 e, soprattutto, n. 191 del 2006 di questa Corte”. Secondo tali pronunce, l’art. 103 Cost., pur non avendo conferito al legislatore ordinario una assoluta ed incondizionata discrezionalità nell’attribuzione al giudice amministrativo di materie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, gli ha riconosciuto il potere di indicare «particolari materie» nelle quali la tutela nei confronti della pubblica amministrazione investe «anche» diritti soggettivi.

Deve trattarsi tuttavia, di materie determinate nelle quali la pubblica amministrazione agisce nell’esercizio del suo potere. La richiamata giurisprudenza della Corte esclude, poi, che la giurisdizione possa competere al giudice ordinario per il solo fatto che la domanda abbia ad oggetto esclusivo il risarcimento del danno (sentenza n. 191 del 2006).

Nella fattispecie disciplinata dal comma 552 dell’art. 1 della legge n. 311 del 2004 la Corte costituzionale ha ritenuto sufficienti i presupposti che legittimano il riconoscimento di una giurisdizione esclusiva al giudice amministrativo in quanto l’oggetto delle controversie è rigorosamente circoscritto alle particolari «procedure e provvedimenti», tipizzati dalla legge (decreto-legge n. 7 del 2002), e concernenti una materia specifica (gli impianti di generazione di energia elettrica).

Inoltre, la Consulta ha affermato che alla validità costituzionale del «sistema» in esame non è di ostacolo la natura «fondamentale» dei diritti soggettivi coinvolti nelle controversie de quibus, non essendovi alcun principio o norma nel nostro ordinamento che riservi esclusivamente al giudice ordinario - escludendone il giudice amministrativo - la tutela dei diritti costituzionalmente protetti.

Da ultimo le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza 18 dicembre 2007 n. 27187, sono intervenute sulla questione dei diritti fondamentali e - riprendendo quanto affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza 140/2007– hanno precisato che, in materia di giurisdizione esclusiva, la tutela giurisdizionale spetta al giudice amministrativo anche quando l’atto amministrativo o il comportamento esecutivo di un atto amministrativo incide sui diritti fondamentali.

 

Il comma 2 prevede la rilevabilità d’ufficio delle questioni di cui al comma 1.

Il comma 3 definisce la disciplina transitoria, precisando che le norme sulla devoluzione di competenza al TAR del Lazio si applicano anche ai processi in corso. Particolare disciplina è inoltre dettata per le misure cautelari adottate da un’autorità giudiziaria diversa dal TAR del Lazio, la cui efficacia è sospesa fino alla loro conferma, modifica o revoca da parte del TAR del Lazio, cui la parte interessata può riproporre il ricorso e l’istanza cautelare.

Il comma 4 prevede, infine, che dall’applicazione dell’art. 18 non debbano derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato.

Va, per completezza, segnalato che analoga norma di tutela giurisdizionale esclusiva è stata introdotta dall’art. 4 del recente D.L. 23 maggio 2008 n. 90 “Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile”, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 123. Tale disposizione ha attribuito al TAR del Lazio, con sede in Roma, la competenza (in primo grado) su tutte le controversie, anche in ordine alla fase cautelare, comunque attinenti alla complessiva azione di gestione dei rifiuti, anche posta in essere con comportamenti dell'amministrazione pubblica o dei soggetti alla stessa equiparati[60].

 


 

Articolo 22
(Razionalizzazione della rete di distribuzione dei carburanti)

 


1. Al fine di garantire il pieno rispetto delle disposizioni dell'ordinamento comunitario in materia di tutela della concorrenza e di assicurare il corretto e uniforme funzionamento del mercato, l'installazione e l'esercizio di un impianto di distribuzione di carburanti non possono essere subordinati alla chiusura di impianti esistenti né al rispetto di vincoli, con finalità commerciali, relativi a contingentamenti numerici, distanze minime tra impianti e tra impianti ed esercizi o superfici minime commerciali o che pongono restrizioni od obblighi circa la possibilità di offrire, nel medesimo impianto o nella stessa area, attività e servizi integrativi.

2. Le disposizioni di cui al comma 1 costituiscono princìpi generali in materia di tutela della concorrenza e livelli essenziali delle prestazioni ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione.

3. All'articolo 1, comma 3, primo periodo, del decreto legislativo 11 febbraio 1998, n. 32, le parole: «iscritto al relativo albo professionale» sono sostituite dalle seguenti: «abilitato ai sensi delle specifiche normative vigenti nei Paesi dell'Unione europea».

4. All'articolo 7, comma 1, del decreto legislativo 11 febbraio 1998, n. 32, le parole: «e a fronte della chiusura di almeno settemila impianti nel periodo successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo,» sono soppresse.

5. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nell'ambito dei poteri di programmazione del territorio, promuovono il miglioramento della rete distributiva dei carburanti e la diffusione dei carburanti eco-compatibili, secondo criteri di efficienza, adeguatezza e qualità del servizio per i cittadini, nel rispetto dei princìpi di non discriminazione previsti al comma 1 e della disciplina in materia ambientale, urbanistica e di sicurezza.

6. Il Ministro dello sviluppo economico, sentita l'Autorità per l'energia elettrica e il gas, determina, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, i criteri di vettoriamento del gas metano per autotrazione attraverso le reti di trasporto e distribuzione del gas naturale.


 

 

L’articolo 22 detta disposizioni volte a liberalizzare l’attività di distribuzione dei carburanti.

Si segnala che le disposizioni dell’art. 22 sono contenute nell’art. 83-bis, commi 17-22 del DL 112/2008, introdotto dalla legge di conversione n. 133/2008.

 

La disposizione, come si legge nella relazione governativa, è rivolta a fornire risposte ai rilievi avanzati dalla Commissione europea in materia, riguardanti vincoli con finalità commerciali (distanze minime, contingentamenti e bacini minimi di utenza, superfici minime commerciali e obblighi o limiti ad integrare attività oil ad attività non oil nello stesso impianto).

Il comma 1 vieta la subordinazione dell’attività di installazione e di esercizio degli impianti di distribuzione di carburanti alla chiusura di impianti esistenti e al rispetto di vincoli relativi a contingentamenti numerici, distanza minima tra impianti e tra impianti ed esercizi o superfici minime commerciali, o concernenti limitazioni od obblighi relativamente all’offerta di attività e servizi integrativi nello stesso impianto o nella medesima area.

Il comma 2 precisa che le disposizioni del comma 1, volte alla tutela della concorrenza e alla definizione di livelli essenziali di prestazioni, rientrano nella potestà legislativa dello Stato in quanto costituiscono principi generali in materia ai sensi dell’art. 117 Cost. e pertanto non richiedono norme di adeguamento da parte delle regioni.

I commi 3 e 4 apportano modifiche agli articolo 1 e 7 del D.Lgs. 32/98 riguardanti rispettivamente :

§      la redazione della perizia giurata – che correda l’auto certificazione inviata al comune con la domanda di autorizzazione all'installazione e all'esercizio di impianti di distribuzione - da parte da un ingegnere o altro tecnico competente per la sottoscrizione del progetto, cui, a seguito della modifica, viene richiesta l’abilitazione secondo le norme vigenti nei Paesi UE in luogo dell’iscrizione al relativo albo professionale;

§      l’esercizio della facoltà per il gestore dell’impianto di aumentare l’orario massimo di servizio fino al 50% dell’orario minimo stabilito, che non è più subordinato alla chiusura di almeno 7000 impianti.

Il comma 5 riconosce il ruolo di programmazione delle regioni nella promozione del miglioramento della rete distributiva e nella diffusione di carburanti eco-compatibili, secondo criteri di efficienza, adeguatezza e qualità del servizio reso ai cittadini e nel rispetto dei principi di non discriminazione e delle norme in materia ambientale, igienico sanitaria e di sicurezza.

Infine il comma 6, demanda al Ministro dello sviluppo economico la determinazione - entro sei mesi dall’entrata in vigore del presente provvedimento e sentita l’Autorità per l’energia elettrica e il gas - i criteri di vettoriamento del gas metano per autotrazione attraverso le reti di trasporto e di distribuzione del gas naturale.

 

Quadro normativo

Si ricorda che nel corso della XIII legislatura il sistema di distribuzione dei carburanti è stato oggetto di una profonda riforma operata, in attuazione della legge 59 del 1997 (c.d. legge Bassanini), con il D.Lgs. 11 febbraio 1998, n. 32, successivamente modificato in più punti dal D.Lgs. 8 settembre 1999, n. 346 e dal DL 383/99 ai quali ha fatto seguito l’art. 19 della legge 57/2001 che ha prescritto l’adozione di un Piano nazionale emanato con DM 31 ottobre 2001, con il quale alle regioni è stata riconosciuta una importante funzione programmatoria.

Il D.Lgs. 11 febbraio 1998, n. 32, che ha ridisciplinato interamente la materia del sistema di distribuzione dei carburanti sulla rete di viabilità ordinaria[61], rappresenta il punto di partenza e la base normativa essenziale del processo di riforma del settore.

I principi ispiratori del decreto possono essere così riassunti:

-        liberalizzazione dell’attività di distribuzione, tramite l’abolizione del previgente regime concessorio, sostituito da un’autorizzazione comunale, e la liberalizzazione degli orari e della vendita nelle stazioni di servizio di prodotti non petroliferi (c.d. settore non oil);

-        ristrutturazione della rete distributiva, in direzione di una riduzione del numero di impianti e della riqualificazione di quelli restanti, per aumentarne la reddittività e la sicurezza e migliorare il servizio all’utenza.

Con riferimento alle competenze regionali e comunali in materia il D.Lgs. n. 32 ha previsto che ai comuni fosse attribuito il compito di rideterminare, entro un breve termine, i criteri, i requisiti e le caratteristiche delle aree per l'installazione dei nuovi impianti, disponendo contestualmente l'adeguamento degli strumenti urbanistici, così da non creare contrasti fra le due discipline. Tuttavia tale obiettivo, che presupponeva un'azione incisiva da parte dei comuni, è stato conseguito parzialmente e prevalentemente sulla base delle iniziative volontarie di chiusura da parte delle aziende.

L'articolo 3 del D.Lgs. n. 32/98 che ha provveduto a disciplinare il passaggio dal vecchio al nuovo regime ha definito un programma di chiusure graduali, in modo da omologare la rete italiana a quella europea e di riqualificazione degli impianti di distribuzione (commi 1, 2, 3 e 7), con alcune deroghe parziali (commi 4 e 8). Ha infatti previsto, al comma 1 un periodo transitorio durante il quale l’apertura di nuovi impianti veniva subordinata alla chiusura di impianti già esistenti (fino al 30 giugno 2000).

L'articolo 7 intervenendo in materia di orari e di turnazioni degli impianti di distribuzione dei carburanti, ha previsto che al termine del periodo transitorio di cui all’art. 3, e a fronte della chiusura di almeno 7000 impianti, il gestore potesse aumentare l’orario massimo di servizio fino al 50% dell’orario minimo stabilito e definire autonomamente la modulazione dell’orario e dei periodi di riposo previa comunicazione al comune.

Il successivo D.Lgs. 346/99 di modifica del decreto 32 ha rivisto la tempistica precedentemente stabilita fissando termini più stretti per i comuni, con poteri sostitutivi da parte delle regioni in caso di inadempienza. Ulteriori elementi di liberalizzazione sono stati, poi, introdotti dal DL 383/99, conv. con modif. dalla legge 496/99. Infine, l’articolo 19 della legge n. 57/01 (Disposizioni in materia di apertura e regolazione dei mercati) ha previsto l’adozione da parte del Ministro dell’industria, d’intesa con la Conferenza unificata, di un Piano nazionale contenente le linee guida per l’ammodernamento del sistema di distribuzione dei carburanti in coerenza con il quale le regioni sono state chiamate a provvederanno alla redazione di piani regionali sulla base di precisi indirizzi. Il Piano è stato approvato con il DM 31 ottobre 2001.

 

Segnalazioni dell’Antitrust

La necessità di una riforma del settore in senso favorevole alla liberalizzazione è stata espressa a più riprese dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato che già con la segnalazione AS283 del 10 novembre 2004, ha evidenziato come gli obiettivi di razionalizzazione e liberalizzazione del settore perseguiti dalla normativa nazionale di riforma (decreto legislativo 11 febbraio 1998, n. 32; legge 28 dicembre 1999, n. 496; decreto ministeriale 31 ottobre 2001) non siano stati conseguiti “nella misura necessaria a garantire l’effettivo raggiungimento degli attesi guadagni di efficienza e a rendere possibile il loro trasferimento ai consumatori, attraverso una riduzione dei prezzi al consumo”, indicando una serie di vincoli normativi nazionali che regionali che per il loro effetto cumulativo si sono tradotti sostanzialmente in un ostacolo alla capacità competitiva degli operatori non integrati verticalmente, sia per quelli già attivi nel settore petrolifero (grossisti o retisti), sia per i potenziali entranti (imprese della grande distribuzione commerciale. L’Autorità è intervenuta nuovamente sull’argomento con la segnalazione AS379 del 18 gennaio 2007, nella quale ha sottolineato come agli auspici espressi nel precedente intervento non siano seguite modifiche legislative adeguate, sia a livello nazionale che regionale. Al contrario, dall’analisi delle normative adottate nel corso dei due anni precedenti dalle amministrazioni regionali e locali, è emerso in modo evidente come gli ampimargini di discrezionalità ad esse riconosciuti dalla legislazione nazionale siano stati utilizzati in genere in modo difforme rispetto ai suggerimenti formulati nel precedente intervento. Più recentemente l’Autorità è intervenuta sull’argomento con la Segnalazione al Governo e al Parlamento approvata nella riunione del 9 giugno 2008, nella quale sono stati posti in evidenza gli aspetti che limitano la concorrenza nei settori economici più importanti per il Paese .

L’Autorità ha colto l’occasione per denunciare nuovamente il mancato completamento del processo di ammodernamento della rete nazionale di distribuzione, avviato ben 10 anni fa con il citato decreto legislativo 11 febbraio 1998, n. 32, rilevando ritardi ed inefficienze del sistema distributivo italiano rispetto al resto d’Europa “in termini di erogato per punto vendita, diffusione del self-service, sviluppo delle attività non-oil, ingresso e penetrazione della grande distribuzione commerciale organizzata” che a loro volta si ripercuotono negativamente sul livello dei prezzi al dettaglio di benzina e gasolio, costantemente più elevati rispetto alla media europea. L’Autorità ha ribadito nuovamente come le carenze e le criticità della struttura distributiva siano imputabili, essenzialmente, ad ostacoli di natura normativa (a livello sia nazionale che regionale) connessi a una “disciplina dell’accesso e delle modalità di esercizio dell’attività economica che risulta spesso eccessivamente restrittiva in rapporto alla pur legittima tutela di specifici interessi pubblici”. Per quanto riguarda la disciplina dell’accesso al mercato ha ricordato l’obbligo per le Regioni di individuazione - nella determinazione dei criteri per l’autorizzazione di nuovi impianti - dei contingentamenti sulla base di bacini di utenza e distanze minime e la possibilità loro riconosciuta di imporre il rispetto di obblighi in termini di superfici minime o caratteristiche qualitative (ad esempio offerta di servizi non-oil). Ha rilevato, altresì, il mantenimento da parte delle Regioni - che nell’attuazione delle disposizioni nazionali hanno seguito criteri e modalità spesso notevolmente differenti abbiano - in taluni casi dell’obbligo di chiusura di un determinato numero di impianti preesistenti quale condizione per l’apertura di nuovi punti vendita, previsto dalla normativa nazionale solo in via transitoria. Quanto ai vincoli al comportamento d’impresa segnala come principale limite posto dalla attuale normativa l’imposizione di turni ed orari (minimi e massimi) di apertura.

 


 

Articolo 31
(Progetti di innovazione industriale)

 


1. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, al fine di promuovere e sostenere la competitività del sistema produttivo, il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, sentiti il Ministro per la semplificazione normativa e il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, d'intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, può individuare nuove aree tecnologiche ovvero aggiornare o modificare quelle già individuate e, a decorrere dall'anno 2009, l'individuazione di nuove aree tecnologiche o l'aggiornamento di quelle individuate può intervenire entro il 30 giugno di ogni anno.

2. All'articolo 1, comma 842, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, e successive modificazioni, le parole: «di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, nonché con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali di concerto con il Ministro per i diritti e le pari opportunità,» sono soppresse.

3. All'articolo 1, comma 843, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, le parole da: «, sentiti i Ministri» fino a: «in cui gli stessi concorrono,» sono soppresse.

4. All'articolo 1, comma 844, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) le parole: «i Ministri dell'università» sono sostituite dalle seguenti: «il Ministro dell'università»;

b) le parole: «, per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, per gli affari regionali e le autonomie locali,» sono soppresse;

c) i periodi secondo, terzo e quarto sono soppressi.


 

 

L’articolo 31 interviene in materia di progetti di innovazione industriale (PII), previsti dalla legge finanziaria per il 2007 (legge 27 dicembre 2006, n. 296), attribuendo al Ministro dello sviluppo economico il potere di individuarenuove aree tecnologiche ovvero di aggiornare o modificare quelle già individuate, entro 90 giorni dall’entrata in vigore del provvedimento in esame (comma 1).

Alla individuazione o alla modifica delle suddette aree - che a partire dal 2009 potrà avere cadenza annuale (entro il 30 giugno) - il titolare del dicastero provvederà di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sentiti i ministri per la semplificazione amministrativa e per la pubblica amministrazione e l’innovazione tecnologica. E’ prevista, altresì, l’intesa con la Conferenza Stato regioni e province autonome di Trento e Bolzano.

Si ricorda che la legge 296/2006 prevede il finanziamento, a valere sul Fondo per la competitività (art. 1, commi 841ss della legge finanziaria 2007), nel rispetto degli obiettivi fissati con la strategia di Lisbona, di progetti di innovazione industriale (PII) (previsti dal comma 842 della legge finanziaria per il 2007). Si tratta di progetti di intervento organico miranti a favorire lo sviluppo di una specifica tipologia di prodotti e servizi ad alto contenuto di innovazione in aree tecnologico-produttive strategiche, con forte impatto sullo sviluppo del sistema produttivo e intensa ricaduta sul sistema Paese: efficienza energetica, mobilità sostenibile, nuove tecnologie per la vita, nuove tecnologie per il Made in Italy, tecnologie innovative per i beni culturali e turistici[62].

I Progetti di innovazione industriale si inseriscono nel quadro di politiche pubbliche volte al rafforzamento della competitività del sistema anche attraverso liberalizzazioni e misure di semplificazione amministrativa e di sostegno generalizzato all’apparato produttivo, da realizzarsi prevalentemente con incentivi automatici (quali il credito di imposta per investimenti in ricerca e sviluppo).

Tra le novità dei Progetti di innovazione industriale si segnalano:

-        la designazione di un responsabile (Project Manager) per ogni progetto industriale;

-        la mobilitazione di una pluralità di attori per il raggiungimento degli obiettivi tecnologico-produttivi. Imprese (piccole, medie e grandi), enti di ricerca, università e soggetti finanziari sono chiamati a partecipare ai singoli Progetti sulla base di specifici inviti lanciati dal Responsabile di progetto. Le amministrazioni pubbliche nazionali e locali, in particolare le regioni, possono contribuire prevedendo strumenti di intervento che andranno ad affiancarsi a quello specificatamente previsto per i Progetti di innovazione industriale;

-        la ridefinizione degli strumenti di incentivazione per le imprese che partecipano ai Progetti di innovazione industriale. L’intervento pubblico per il sostegno finanziario dei Progetti di innovazione industriale mira a “confezionare” dei pacchetti di agevolazioni tagliati su misura rispetto alle finalità da perseguire e alle specificità delle iniziative da realizzare;

-        la possibilità di attivare il partenariato pubblico-privato. Queste forme di cooperazione tra autorità pubbliche e operatori economici intendono rappresentare modalità efficienti per finanziare, realizzare o sfruttare un’infrastruttura materiale o immateriale o la fornitura di un servizio nell’ambito della realizzazione di azioni o parti di azioni previste nei Progetti di Innovazione Industriale.

Si segnala che ad oggi sono stati avviati i primi tre Progetti di innovazione industriale, riguardanti le seguenti aree strategiche: Efficienza energetica, Mobilità sostenibile e Nuove Tecnologie per il Made in Italy.

 

I commi 2-4 apportano modifiche ad alcune disposizioni della legge finanziaria 2007 concernenti, per l’appunto, la disciplina dei PII.

Le modifiche riguardano in particolare :

-       il comma 842, relativo al finanziamento dei progetti posto a carico della quota delle risorse del Fondo per la competitività individuata con decreto del Ministro dello sviluppo economico, per la cui adozione, a seguito delle modifiche introdotte dal comma 2 in esame, non è più richiesto il concerto con i ministri dell’economia e delle finanze, per gli affari regionali e le autonomie locali, per i diritti e le pari opportunità, mentre è ancora prevista l’intesa con la Conferenza permanente Stato-regioni;

-       il comma 843 riguardante la nomina di un responsabile di progetto, ai fini dell’individuazione del contenuto dei singoli progetti, da parte del Ministro dello sviluppo economico che non è più tenuto a sentire i ministri dell’università e della ricerca, per le riforme e l’innovazione nella pubblica amministrazione, per gli affari regionali e le autonomie locali e per i diritti e le pari opportunità;

-       il comma 844 relativo all’adozione dei progetti demandata, sulla base delle proposte del responsabile, a decreti del Ministro dello sviluppo economico per la cui adozione è richiesta unicamente - a seguito delle modifiche introdotte - l’intesa con la Conferenza permanenteper i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome e il concerto con il Ministro dell’istruzione dell’università e della ricerca (nel testo del ddl ancora erroneamente indicato come Ministero dell’università e delle ricerca), nonché con gli altri ministri interessati in relazione ai progetti cui gli stessi concorrono. Scompare dal testo ogni riferimento ai ministri per le riforme e l’innovazione nella pubblica amministrazione, per gli affari regionali e le autonomie locali. Vengono, altresì, soppresse le disposizioni riguardanti l’invio al CIPE dei progetti finanziati con le risorse per le aree sottoutilizzate, ai fini della loro approvazione e la previsione dell’adozione delle necessarie norme procedurali da parte dello stesso organismo.

 


 

Articolo 70
(SACE Spa)

 


1. Al fine di ottimizzare l'efficienza dell'attività della SACE Spa a sostegno della internazionalizzazione dell'economia italiana e la sua competitività rispetto agli altri organismi che operano con le stesse finalità sui mercati internazionali, il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi volti a prevedere:

a) la separazione tra le attività che la SACE Spa svolge a condizioni di mercato dall'attività che, avente ad oggetto rischi non di mercato, beneficia della garanzia dello Stato secondo la normativa vigente;

b) la possibilità che le due attività di cui alla lettera a) siano esercitate da organismi diversi, determinandone la costituzione e i rapporti;

c) la possibilità che all'organismo destinato a svolgere l'attività a condizioni di mercato possono partecipare anche soggetti interessati all'attività o all'investimento.

2. Il secondo periodo del comma 2 dell'articolo 6 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326, è soppresso.

3. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.


 

 

L’articolo 70 al comma 1 reca una delega al governo per l’adozione di uno o più decreti legislativi destinati ad incidere sull’attività svolta dalla SACEspa a favore del comparto dell’internazionalizzazione e della competitività dell’economia italiana, allo scopo di ottimizzarne l’efficienza rispetto ad altri organismi operanti sui mercati internazionali con le stesse finalità.

LIstituto per i servizi assicurativi del commercio estero (SACE), riformato dal titolo I del D.Lgs. 143/1998[63] e successivamente dal D.Lgs. n. 170/1999 (recante disposizioni correttive del D.Lgs 143/98), ha la funzione di assumere in assicurazione e in riassicurazione la garanzia sui rischi (di carattere politico, catastrofico, economico, commerciale e dei cambi) ai quali sono esposti gli operatori nazionali nella loro attività con l'estero. Il DL 269/2003, convertito con modificazioni nella legge n. 326/2003, all’art. 6 ha disposto la trasformazione della SACE in spa con decorrenza dal 1 gennaio 2004. Le azioni della SACE spa sono attribuite al Ministero dell’economia e delle finanze che provvede alle nomine dei componenti degli organi sociali, d’intesa con i Ministeri degli affari esteri, delle attività produttive e delle politiche agricole e forestali. Ulteriori modifiche alla disciplina relativa alla SACE sono state apportate dal decreto-legge n. 35/2005[64], che con l’articolo 11-quinquies ha introdotto disposizioni volte al sostegno dell’internazionalizzazione delle imprese, con particolare riferimento all’attività di rilascio di garanzie e di coperture assicurative da parte di SACE spa. Da ultimo è intervenuta la legge finanziaria 2007 (L. 296/06) che ai commi 1334-1339 reca disposizioni riguardanti la SACE. In particolare, oltre a provvedere alla sostituzione del termine “ Istituto” con il termine “Società”, in conformità all’attuale natura giuridica della SACE Spa (comma 1334), tali disposizioni precisano che le attività della società sono rivolte non solo a favore degli operatori nazionali ma anche delle loro controllate e collegate estere (comma 1334) e che la SACE è autorizzata al rilascio di garanzie e coperture assicurative per le imprese estere in relazione a progetti strategici per l’economia italiana. I commi 1336 e 1337 provvedono ad ampliare la gamma dei clienti della società consentendo il rilascio di garanzie anche a società finanziarie che rispettino adeguati principi di organizzazione, vigilanza, patrimonializzazione e operatività, relativamente a crediti concessi da tali soggetti ad operatori nazionali o alla controparte estera e destinati al finanziamento, mentre si esclude la possibilità di concedere garanzie ad operatori e controparte estera per crediti concessi da questi soggetti a Stati e banche centrali per il finanziamento di debiti statali. Con il comma 1338 relativo agli accordi di riassicurazione e coassicurazione, viene meno la limitazione prevista in precedenza in base alla quale tali accordi possono essere stipulati con enti o imprese autorizzati ai sensi del DPR 229/59. Si prevede, inoltre la possibilità per la SACE di stipulare contratti di copertura del rischio assicurativo a condizioni di mercato con primari operatori del settore. Il comma 1339 prevede una riduzione del capitale sociale della SACE in favore del Ministero dell’economia e delle finanze.

 

I decreti legislativi – il cui termine di adozione è stabilito in sei mesi dall’entrata in vigore della presente legge - dovranno in particolare:

-       prevedere la separazione dell’attività che la Sace svolge a condizioni di mercato, da quella che beneficia della garanzia da parte dello Stato in quanto avente come oggetto rischi non di mercato.

Il comma 11, art. 6, del DL 269 citato mantiene esplicitamente la disciplina dettata dall’articolo 2, comma 3, dall’articolo 8, comma 1, e dall’articolo 24 del decreto legislativo n. 143 del 1998, riguardanti la definizione da parte del CIPE dei rischi assicurabili, per quelle attività SACE che godono della garanzia dello Stato.

I commi 12 e 13 regolamentano l'attività della società con riferimento ai segmenti di mercato che in base alla disciplina comunitaria non possono beneficiare del sostegno pubblico.

Il comma 12, in particolare, stabilisce che la SACE S.p.A. può svolgere attività assicurativa e di garanzia rischi di mercato, che non beneficia comunque di garanzia da parte dello Stato, mediante la costituzione di una diversa società od operando con contabilità separata rispetto alle attività che beneficiano, invece, di garanzia statale.

Nel caso in cui l'esercizio dell'attività suddetta venga effettuato attraverso la costituzione di una diversa società, la partecipazione in tale società da parte della SACE S.p.A. non può essere inferiore al 30%. Tale partecipazione, inoltre non può essere sottoscritta mediante i crediti indennizzati e ristrutturati, dei quali è attualmente titolare il Ministro dell'economia e delle finanze e del relativo flusso di recuperi, che il comma 3 dell'articolo in esame trasferisce alla SACE S.p.A (Cfr. supra).

Il comma 13 assoggetta le attività della SACE S.p.A., svolte a garanzia dei rischi di mercato, che non beneficino di garanzia da parte dello Stato, alla normativa nazionale sulle assicurazioni private, in particolare alle disposizioni della legge n. 576 del 1982, recante la riforma della vigilanza sulle assicurazioni.

-       consentire l’esercizio delle due attività da parte di distinti organismi di cui determineranno la costituzione e i rapporti;

-       consentire la partecipazione all’organismo incaricato dell’attività a condizioni di mercato di soggetti interessati alla medesima attività o all’investimento.

 

Il comma 2 dell’articolo in commento dispone la soppressione – in vista di una eventuale privatizzazione della SACE, come si legge nella relazione governativa - della disposizione dell’art. 6 del DL 269/2003[65] (trasformazione della SACE in spa) che demanda al Ministro dell'economia e delle finanze le nomine dei componenti degli organi della società, d’intesa con alcuni ministri indicati al comma 5 dell’articolo 4 del decreto legislativo n. 143 del 1998 (art. 6, comma 2, secondo periodo[66]). In tal modo la composizione del consiglio di amministrazione della società viene rinviata implicitamente alle disposizioni statutarie.

 

Il comma 3 reca la clausola di invarianza della spesa.


 

Articolo 75
(Disposizioni finanziarie)

 

1. Per la realizzazione degli interventi di cui ai capi I, II e III del titolo I, effettuati per il tramite dell'Agenzia per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo d'impresa Spa, si provvede a valere sulle risorse finanziarie disponibili presso l'Agenzia medesima, ferme restando le modalità di utilizzo già previste dalla normativa vigente per le disponibilità giacenti sui conti di tesoreria intestati all'Agenzia.

 

L’articolo dispone in ordine alla copertura finanziaria degli interventi previsti al capo I - Impresa (articoli da 1 a 13) -, al capo II – Innovazione (articolo 14) - e capo III - Energia (articoli 15-18) del titolo I (Sviluppo economico, semplificazione e competitività), effettuati tramite l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa Spa (ex Sviluppo Italia Spa), stabilendo che per la realizzazione degli stessi si provvede a valere sulle risorse finanziarie disponibili presso l’Agenzia stessa, ferme restando le modalità di utilizzo - a carattere rotativo - già previste per le disponibilità giacenti sui conti di tesoreria intestati all’Agenzia.

 

Si osserva come le disposizioni in esame andrebbero più correttamente riferite ai soli articoli 5 e 17, ossia alle sole norme che prevedono l’intervento dell’Agenzia.

Si segnala, infatti, che la relazione tecnica allegata al disegno di legge, relativamente agli articoli da 1 a 18, presenta schede soltanto per gli articoli 1, 2, 4, 9 e 14, indicando che non comportano oneri.

In particolare, relativamente agli articoli 1 e 2, si tratta di risorse già autorizzate, che non risulterebbero suscettibili di determinare effetti sui saldi in quanto non è prevista una accelerazione della spesa; la copertura degli oneri previsti dall’articolo 4 (Banca del Mezzogiorno) è posta a carico del Fondo speciale (Tabella A); gli articoli 1, 2 e 4 sono peraltro confluiti nel D.L. n. 112, come approvato dalla Camera dei deputati. L’articolo 9 (Utilizzo quota degli utili SIMEST) riguarda le risorse dello specifico fondo di rotazione; gli 800 milioni di euro destinati alla banda larga (articolo 14) sono a valere sulle risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS).

Si osserva, infine, che, relativamente agli articoli 5 (interventi di reidustrializzazione) e 17 (Innovazione nel settore energetico), non viene fissato l’ammontare complessivo delle agevolazioni (articolo 5) o del Piano operativo (articolo 17); la copertura degli oneri è posta a valere sulle disponibilità giacenti sui conti di tesoreria intestati all’Agenzia, ma la relazione non ne indica l’attuale ammontare, che dovrebbe eventualmente essere in parte vincolato alle nuove finalizzazioni.



[1]     Si segnala che la Corte costituzionale, con la sentenza n.165 del 18 aprile-11 maggio 2007 (GU 16 maggio 2007, n. 19 - Prima serie speciale), ha dichiarato l’illegittimità del comma 366, relativamente alla parte in cui non prevede – ai fini della definizione, con decreto, delle caratteristiche e delle modalità di individuazione dei distretti produttivi - la previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, sentite le Regioni interessate.

[2]     Interventi di sostegno per i consorzi tra piccole e medie imprese industriali, commerciali ed artigiane.

[3]     La nuova disciplina in materia di distretti produttivi è stata estesa al settore della pesca dal DL n. 2 del 10 gennaio 2006 (Interventi urgenti per i settori dell’agricoltura, dell’agroindustria, della pesca, nonché in materia di fiscalità d’impresa), convertito con modificazioni dalla legge n. 81 dell’11 marzo 2006 (SO n. 58 della GU n. 59 dell’11 marzo 2006), art. 5-bis, comma 1.

[4]     Articolo aggiunto dall’art. 2, comma 43-ter, del D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4.

[5]     Di cui al decreto ministeriale 18 settembre 2001, n. 468 e successive modifiche ed integrazioni, l’ultima delle quali è avvenuta ad opera del DM 28 novembre 2006, n. 308 (GU n. 24 del 30 gennaio 2007, S.O. n. 23).

[6]     Al comma 8 dell’art. 252-bis viene infatti esplicitato che gli obiettivi di bonifica dei suoli e delle acque sono stabiliti dalla Tabella I dell'Allegato 5 al titolo V del D.Lgs. n. 152/2006, in luogo dell’analisi di rischio ordinariamente prevista.

[7]     Si veda, ad esempio, L. Musmeci, La nuova disciplina della bonifica, in “Rifiuti - Bollettino di informazione normativa” n. 148-149 del 2008.

[8]     L’accordo di programma, introdotto dall'art. 27 della L. 142/1990 e ora disciplinato dall'art. 34 del D.Lgs. 267/2000 (Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali) è un atto mediante il quale diversi enti pubblici (regioni, province comuni, amministrazioni statali) coordinano le loro attività future per la realizzazione di opere pubbliche e infrastrutture, di interventi o di programmi di intervento che richiedono, per la loro completa realizzazione, l'azione integrata e coordinata di due o più tra i soggetti predetti. Il procedimento per la conclusione dell'accordo è promosso, anche su richiesta di uno o più dei soggetti interessati, dall'ente territoriale cui spetta in modo prevalente la competenza per la realizzazione delle opere, per assicurare il coordinamento delle azioni e per determinarne i tempi, le modalità, il finanziamento ed ogni altro connesso adempimento. L’accordo è approvato con atto formale del presidente della regione o del presidente della provincia o del sindaco ed è pubblicato nel bollettino ufficiale della regione. Se comporta la partecipazione di più regioni deve essere promosso dalla Presidenza del consiglio dei ministri.

[9]     Il principale strumento di attrazione degli investimenti è stato identificato nel “contratto di localizzazione”. Si tratta di uno strumento previsto nel “Programma operativo pluriennale di marketing territoriale per l’attrazione degli investimenti esteri”, finanziato dal CIPE con la delibera n. 130/2002 e richiamato dall’articolo 6, comma 13, del D.L. n. 35 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 80 del 2005.

[10]    L’Accordo, di durata triennale e tacitamente rinnovabile per un periodo di uguale durata, è stato sottoscritto il 30 aprile 2001 allo scopo di valorizzare le Università italiane nelle loro interconnessioni con il sistema economico, sia in qualità di soggetti a cui è demandata in via prioritaria la creazione di conoscenza e l'alta formazione, sia in qualità di canali per l'acquisizione, lo sviluppo e la diffusione delle conoscenze specialistiche e innovative che fanno da supporto ai processi di internazionalizzazione e di acquisizione di una maggiore competitività delle imprese. Tra gli obiettivi primari individuati dall’Accordo rientrano: a) l'integrazione fra la produzione di conoscenza in materia di internazionalizzazione del sistema universitario e il mondo delle imprese, incentivando a tal fine i rapporti delle Università con i sistemi produttivi locali, i distretti industriali e i parchi tecnologici italiani e stranieri; b) promozione all'estero dell'offerta formativa del sistema universitario italiano. Le azioni derivanti dall’Accordo dovranno essere individuate in coerenza con le Linee direttrici ministeriali in materia di attività promozionale e tenendo conto degli interventi a favore dei sistemi produttivi anche in ambito degli Accordi programma sottoscritti con le Regioni e degli Accordi di settore sottoscritti con le Associazioni di categoria. In prima applicazione tali azioni saranno volte: alla promozione e al sostegno della diffusione all'estero di informazioni sulle attività formative delle Università italiane; alla realizzazione di specifiche iniziative promozionali per presentare l'offerta formativa del sistema universitario italiano o le opportunità formative settoriali; l'identificazione di potenziali partners stranieri per lo svolgimento di attività di ricerca e formazione in materia di internazionalizzazione; la realizzazione di iniziative di scambio, comprese quelle relative a tecnologie, tra Università ed imprese, mediante forum, organizzazione di meeting, workshop, seminari nei centri di produzione, parchi tecnologici ecc.; lo sviluppo della collaborazione tra le Università e tra queste e gli altri soggetti operanti nel campo della formazione per l'internazionalizzazione - in primo luogo l'ICE. L’art. 3 dell’Accordo demanda al Ministero (ora dello sviluppo economico) il compito di individuare priorità, risorse e procedure relative alla selezione e al finanziamento dei progetti, stabilendo, inoltre che la valutazione dei progetti sia realizzata con l’apporto di un Comitato di valutazione appositamente costituito. Lo stesso art. 3 stabilisce che la valutazione dei progetti sia realizzata con l’apporto di un Comitato costituito ad hoc (art.4), in cui siedono i rappresentanti del Ministero delle attività produttive, della Conferenza dei rettori delle università, dell’Istituto per il commercio estero e del Ministero degli affari esteri.

[11]    Si ricorda che nel corso della XIV legislatura l’intento governativo di riordinare il settore si era concretizzato nella previsione di due deleghe per l’adozione di appositi provvedimenti, contenute nelle leggi n. 229/03 (Interventi in materia di qualità della regolazione, riassetto normativo e codificazione - Legge di semplificazione 2001) e n. 56/05, nessuna delle quali è peraltro stata attuata, nonché nella trasformazione in società per azioni dell’Istituto per i servizi assicurativi del commercio estero (SACE) e nella revisione della disciplina istitutiva della società SIMEST, recata dalla legge n. 100 del 1990.

[12]    "Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59".

[13]    COM(2006)567. Obiettivo della comunicazione è quello di definire una strategia per aprire nuovi mercati esteri all’Unione europea, assicurando che gli esportatori europei siano in grado di sostenere una leale competitività, e per mantenere aperti i propri mercati.

[14]    La precedente strategia di accesso al mercato dell’Unione europea è stata definita nel 1996, sulla base della comunicazione della Commissione “Una strategia di accesso ai mercati per l'Unione europea” (COM (1996) 53) del 14 febbraio 1996.

[15]    Si tratterebbe di gruppi comunitari, impiantati localmente, composti da rappresentanti delle delegazioni della Commissione, delle ambasciate degli Stati membri e delle organizzazioni delle imprese.

[16]    Il DL 14 marzo 2005, n. 35 recante (Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale) è stato convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.

[17]    Simest (Società italiana per le imprese all'estero) è una società per azioni controllata dallo Stato, che ne detiene il 76 per cento del pacchetto azionario, istituita nel 1990 sulla base di quanto previsto dalla legge n. 100 del 1990 (Norme sulla promozione della partecipazione a società ed imprese miste all'estero) ed operativa dal 1991. La missione della Società è la promozione del processo di internazionalizzazione delle imprese italiane e l’assistenza degli imprenditori nelle loro attività all’estero, mediante la partecipazione alle società estere partecipate da imprese italiane (c.d. joint-ventures) ovvero ai consorzi che prestano servizi alle imprese, nonché l’offerta di servizi di assistenza e consulenza e la concessione di garanzie a favore delle imprese presso gli intermediari finanziari.

[18]    Il DL 30 settembre 2005, n. 203 recante Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia tributaria e finanziaria è statoconvertito in legge, con modificazioni dall’art. 1 della legge 2 dicembre 2005, n. 248.

[19]    La legge n. 84/01(Disposizioni per la partecipazione italiana alla stabilizzazione, alla ricostruzione e allo sviluppo di Paesi dell'area balcanica), all’articolo 5, co. 2,lettera c), prevede, l'istituzione presso la SIMEST Spa di un fondo autonomo e distinto dal patrimonio della società medesima con finalità di capitale di rischio (venture capital), per l'acquisizione, da parte di quest'ultima, di partecipazioni societarie fino al 40 per cento del capitale o fondo sociale delle società o imprese partecipare. Ciascun intervento non può essere superiore ad 1 miliardo delle vecchie lire e, comunque, le partecipazioni devono essere cedute, a prezzo non inferiore a valori correnti, entro otto anni dall'acquisizione. Analogamente l’articolo 46 della legge 273/2002 (“Misure per favorire l'iniziativa privata e lo sviluppo della concorrenza”) ha autorizzato il Ministero delle attività produttive a costituire, ai sensi e per le finalità della legge n. 100 del 24 aprile 1990, e successive modificazioni, fondi rotativi per la gestione delle risorse deliberate dal CIPE per il sostegno degli investimenti delle piccole e medie imprese nella Repubblica Federale di Jugoslavia, per il finanziamento di operazioni venture capital nei Paesi del Mediterraneo e per favorire il processo di internazionalizzazione delle imprese italiane.

[20]    La SIMEST - Società italiana per le imprese all'estero – è una società per azioni controllata dal Governo italiano che detiene il 76% del pacchetto azionario, ed è stata istituita dalla legge 24 aprile 1990, n. 100 con il compito di partecipare alle società estere partecipate dalle imprese italiane, le cosiddette joint-ventures.

[21]    Il D.Lgs. 31-3-1998 n. 143, recante “Disposizioni in materia di commercio con l'estero, a norma dell'articolo 4, comma 4, lettera c), e dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59” è stato pubblicato nella Gazz. Uff. 13 maggio 1998, n. 109

[22]    L’art. 17, comma 2, L. 400/1988, prevede che il Governo possa emanare regolamenti diretti a disciplinare materie non coperte da riserva assoluta di legge, dettando “le norme generali regolatrici della materia” e disponendo l’abrogazione delle norme vigenti dal momento dell’entrata in vigore di quelle regolamentari. Tali regolamenti hanno natura normativa e, conseguentemente, per la loro adozione è richiesto il parere del Consiglio di Stato (si veda C.d.S., Sez. IV, sent. 15-2-2001, n.734).

[23]    La proposta modifica la precedente proposta presentata dalla Commissione il 12 luglio 2005 (COM(2005)276, 1-2, costituita da una proposta di direttiva relativa alle misure penali finalizzate ad assicurare il rispetto dei diritti di proprietà intellettuale e da una proposta di decisione quadro relativa al rafforzamento del quadro penale per la repressione delle violazioni della proprietà intellettuale e da una proposta di decisione quadro), al fine di adeguarla alla sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee del 13 settembre (2005C-176/03 Commissione contro Consiglio), alla luce della quale le disposizioni di diritto penale necessarie all’effettiva attuazione del diritto comunitario sono disciplinate dal trattato CE. Il nuovo testo integra pertanto le disposizioni relative al livello delle sanzioni e agli ampi poteri di confisca che figuravano nella proposta di decisione quadro.

[24]    Proposta di decisione quadro relativa alla lotta contro la criminalità organizzata (COM(2005)6), presentata dalla Commissione europea il 19 febbraio 2005

[25]    D.L. 14 marzo 2005 n. 35, Disposizioni urgenti nell'àmbito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale, convertito dalla L. 14 maggio 2005, n. 80.

[26]    Il citato articolo 46 fissa in norme in tema di novità stabilendo che un'invenzione viene considerata nuova se non è compresa nello stato della tecnica che, a sua volta, è costituito da tutto ciò che è stato reso accessibile al pubblico nel territorio dello Stato o all'estero prima della data del deposito della domanda di brevetto, mediante una descrizione scritta od orale, una utilizzazione o un qualsiasi altro mezzo. È pure considerato come compreso nello stato della tecnica il contenuto di domande di brevetto nazionale o di domande di brevetto europeo o internazionali designanti e aventi effetto per l'Italia, così come sono state depositate, che abbiano una data di deposito anteriore a quella sopra menzionata e che siano state pubblicate o rese accessibili al pubblico anche in questa data o più tardi. Le disposizioni anzidette non escludono la brevettabilità di una sostanza o di una composizione di sostanze già compresa nello stato della tecnica, purché in funzione di una nuova utilizzazione.

[27]    Con la Convenzione di Parigi del 22 novembre 1928, caratterizzata dall’adesione di molti Stati tra cui l’Italia, con il fine di regolamentare organizzazione e frequenza delle molte esposizioni internazionali succedutesi in varie città dei paesi industrializzati dalla seconda metà dell’Ottocento al primi decennio del Novecento, è stato istituto il B.I.E (Bureau International des Expositions). La Convenzione conta attualmente 140 Stati e organismi membri. Aggiornata di continuo dal 1928 ad oggi, la Convenzione ha delineato il carattere fondamentale che ogni Esposizione internazionale deve assumere. Nella Convenzione inoltre vengono distinte due tipologie di Esposizioni internazionali: l’Esposizione Internazionale registrata, o Universale, caratterizzata dalla frequenza ogni cinque anni, dalla durata di sei mesi, da una estensione superficiale non aprioristicamente delimitata e da ampio tema generale di identificazione; l’Esposizione Internazionale riconosciuta, o Internazionale, da svolgere nell’intervallo temporale tra due Esposizioni Universali, con durata massima di tre mesi, superficie occupata che non supera 25 ettari e con tema centrale a carattere specialistico.

[28]    D.Lgs. 10 febbraio 2005, n. 30, Codice della proprietà industriale, a norma dell'articolo 15 della L. 12 dicembre 2002, n. 273.

[29]    L. 22 aprile 1941, n. 633, Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio.

[30]    D.Lgs. 2 febbraio 2001, n. 95, Attuazione della direttiva 98/71/CE relativa alla protezione giuridica dei disegni e dei modelli (articolo 22, comma 1, lett. b)).

[31]    Dir. 13 ottobre 1998, n. 98/71/CE, Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla protezione giuridica dei disegni e dei modelli. In particolare, l’articolo 17 della direttiva prevede che i disegni e modelli protetti come disegni o modelli registrati in uno Stato membro o con effetti in uno Stato membro sono ammessi a beneficiare altresì della protezione della legge sul diritto d'autore vigente in tale Stato fin dal momento in cui il disegno o modello è stato creato o stabilito in una qualsiasi forma. Ciascuno Stato membro determina l'estensione della protezione e le condizioni alle quali essa è concessa, compreso il grado di originalità che il disegno o modello deve possedere.

[32]    In tal modo, si è rinunciato al principio della tutela superata ed è stato introdotto il principio del cumulo della protezione offerta dalla normativa sui disegni e modelli registrati e dalla normativa concernente il diritto d’autore. In altri termini, a partire dal 2001, l’opera di design industriale può godere di due tutele concorrenti: a) la registrazione; b) il diritto d’autore.

[33]    D.L. 15 febbraio 2007, n. 10, Disposizioni volte a dare attuazione ad obblighi comunitari ed internazionali (articolo 4, comma 4, lett. b)), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, L. 6 aprile 2007, n. 46.

[34]    La Commissione specifica che la proprietà intellettuale si riferisce ai diritti connessi alla creazione intellettuale, quali le invenzioni, i lavori artistici e letterari, simboli e disegni. La proprietà intellettuale si divide normalmente in due categorie: diritto d’autore e proprietà industriale. Il diritto d’autore – copyrights – comprende le creazioni letterarie ed artistiche. I diritti di proprietà industriale comprendono, fra l’altro, brevetti per invenzioni, marchi, design industriale.

[35]    Convertito, con modificazioni, dalla legge n. 368/2003.

[36]    Sulla classificazione dei rifiuti radioattivi nelle tre categorie I, II e III, si veda la Guida Tecnica n. 26 “Gestione dei rifiuti radioattivi” dell’ENEA (1987), disponibile anche all’indirizzo internet http://info.casaccia.enea.it/conferenza-statoregioni/atti/doc_attori/11 - guidatecnica26.pdf.

[37]    Società gestione impianti nucleari (www.sogin.it).

[38]    Per una trattazione più approfondita dei contenuti del decreto-legge n. 314/2003 e della legge n. 239/2004 (cd. legge Marzano) si rinvia al capitolo “Scorie nucleari” del dossier “L’attività delle commissioni nella XIV legislatura”, consultabile all’indirizzo internet www.camera.it/cartellecomuni/leg14/RapportoAttivitaCommissioni/testi/08/08_cap04.htm.

[39]    Pubblicato nella G.U. 7 marzo 2008, n. 57.

[40]    Pubblicata nella G.U. n. 277 del 28 novembre 2007 e disponibile anche all’indirizzo internet www.cipecomitato.it/delibere/E070101.doc.

[41]    Le proposte modificano le precedenti proposte di direttiva concernenti la sicurezza degli impianti nucleari (COM(2003)32-1), e la gestione dei rifiuti radioattivi (COM(2003)32-2), presentate dalla Commissione il 30 gennaio 2003. Tali proposte formano il cosiddetto “pacchetto nucleare”, unitamente alla comunicazione volta a delineare un approccio comunitario in materia di sicurezza nucleare nell’Unione europea in vista dell’allargamento (COM(2002)605), presentata dalla Commissione il 6 novembre 2002.

[42]    Per "infrastruttura critica europea" s'intendono gli elementi, sistemi o parti di essi ubicati negli Stati membri dell'UE che sono fondamentali per il mantenimento delle funzioni vitali della società, la salute, la sicurezza e il benessere economico o sociale dei cittadini (quali produzione, trasporto e distribuzione di energia elettrica, gas e idrocarburi; telecomunicazioni; agricoltura; servizi finanziari e di sicurezza, ecc.) e la cui perturbazione o distruzione avrebbe un significativo impatto su almeno due Stati membri dell'UE.

[43]    Procedura 2003/4755.

[44]    Il recepimento delle direttive 96/29/Euratom e 89/618/Euratom è previsto dal D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 230, modificato dal D.L. 26 maggio 2000, n. 241.

[45]    Il17 luglio 2007 la Commissione ha approvato la decisione 2007/530/Euratom, relativa all'istituzione del gruppo europeo ad alto livello sulla sicurezza nucleare e la sicurezza della gestione dei residui. Il gruppo è composto da 27 rappresentanti nazionali competenti nei settori della sicurezza degli impianti nucleari e della sicurezza della gestione del combustibile esaurito e dei residui radioattivi e ha compiti consultivi nei confronti della Commissione. A tal fine il gruppo ad alto livello, tra l’altro, agevola le consultazioni, il coordinamento e la cooperazione delle autorità nazionali di regolamentazione e promuove ampie consultazioni con le parti e i cittadini interessati in modo aperto e trasparente.

[46]    L’articolo 40, Titolo II, Capo 4 del trattato Euratom dispone che la Commissionepubblica periodicamente dei programmi a carattere indicativo, riguardanti in particolare obiettivi di produzione di energia nucleare e gli investimenti di qualsiasi natura richiesti dalla loro realizzazione”. Dal 1958 sono stati pubblicati quattro programmi indicativi ed un aggiornamento: nel 1966, 1972, 1984, 1990 e l'ultima volta nel 1997. La versione finale del “Programma indicativo per il settore nucleare” è stata pubblicata dalla Commissione in seguito al parere espresso dal Comitato economico e sociale europeo in merito ad un progetto di “Programma indicativo per il settore nucleare” (COM(2006)844), presentato il 23 gennaio 2007 dalla Commissione nel contesto di un pacchetto di proposte per la politica energetica europea, ben illustrate dalla comunicazione della Commissione “Una politica energetica per l’Europa” (COM(2007)1), che sono alla base del Piano d’azione approvato dal Consiglio europeo del marzo 2007.

[47]    Il documento della Commissione segnala che le centrali nucleari producono attualmente circa un terzo dell’energia elettrica e il 15% dell’energia consumata nell’Unione europea (UE) e che il nucleare rappresenta attualmente nell'UE una delle principali fonti di energia che non producono emissioni di carbonio (CO2).

[48]    Come annunciato nella Comunicazione "Una politica energetica per l'Europa", COM(2007)1.

[49]    International Atomic Energy Agency (IAEA) istituita presso le Nazioni Unite.

[50]    Il principale strumento di attrazione degli investimenti è stato identificato nel “contratto di localizzazione”. Si tratta di uno strumento previsto nel “Programma operativo pluriennale di marketing territoriale per l’attrazione degli investimenti esteri”, finanziato dal CIPE con la delibera n. 130/2002 e richiamato dall’articolo 6, comma 13, del D.L. n. 35 del 2005, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 80 del 2005.

[51]    Le seguenti note sono una sintetica rielaborazione di alcune pagine presenti sul sito www.enea.it, a cui si rimanda per eventuali approfondimenti.

[52]    La fissione nucleare è una reazione in cui atomi di uranio 235, plutonio 239 o di altri elementi pesanti adatti vengono divisi in due o più frammenti in un processo che libera energia. La reazione può avvenire spontaneamente o a causa del bombardamento di neutroni (è il caso più diffuso), particelle cariche, raggi gamma (fissione nucleare indotta). La fissione è comunemente utilizzata nelle centrali nucleari, dove avviene in modo controllato e il calore prodotto viene trasformato in energia elettrica.

[53]    Università italiane raggruppate nel consorzio CIRTEN: Politecnici di Milano e Torino e Università di Roma, Palermo, Pisa e Pavia.

[54]    L’Accordo di programma triennale è stato siglato il 21 giugno 2007. Nel programma di ricerca sono coinvolti, oltre ad ENEA, che svolge il ruolo di capofila, anche la sua partecipata SIET, il Consorzio interuniversitario CIRTEN, l’Ansaldo Nucleare, l’Ansaldo Camozzi e la Del Fungo Giera Energia.

[55]    L’Italia partecipa al Generation IV International Forum tramite l’Euratom

[56]    La fusione nucleare, che è il processo che avviene nel Sole e nelle stelle, consiste nella fusione di due atomi leggeri in uno più pesante, che libera energia in quantità proporzionale alla massa persa; perché avvenga la fusione nucleare, i nuclei devono avvicinarsi fra loro vincendo la forza di repulsione elettrostatica dovuta alla loro carica positiva. Questo è possibile solo in gas a temperature di milioni o decine di milioni di gradi, in cui i nuclei si muovono ad altissima velocità a causa del violento moto di agitazione termica.

[57]    Strategic Energy Technology Plan.

[58]    Istituito con decisione 2006/975/CE, il Centro comune di ricerca (CCR) ha la missione di fornire un supporto scientifico e tecnico personalizzato alla progettazione, allo sviluppo, all'attuazione e al controllo delle politiche dell'UE.

[59]    Il ricorso alla Consulta contro la norma della Finanziaria 2005, sollevato dal Tribunale di Civitavecchia, riguardava la devoluzione esclusiva al giudice amministrativo delle controversie sul procedimento autorizzativo della riconversione a carbone della centrale ENEL di Torrevaldaliga Nord di Civitavecchia.

[60]    L’attribuzione di tale giurisdizione esclusiva opera mediante il richiamo all’applicazione dell’art. 3, comma 2-bis, del DL 245/2005 Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dei rifiuti nella regione Campania (convertito dalla legge 21/2006) che ha previsto che in tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'articolo 5, comma 1, della legge 225/1992, la competenza di primo grado a conoscere della legittimità delle ordinanze adottate e dei consequenziali provvedimenti commissariali spetta in via esclusiva, anche per l'emanazione di misure cautelari, al tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma. Il citato art. 3, comma 2-bis, è stata dichiarato costituzionalmente legittimo da C. Cost. 26 giugno 2007, n. 237.

[61]    Il D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi a regioni e enti locali, ai sensi dell’art. 1 della L. 59/97), ha fatto salva la disciplina del D.Lgs. 32/1998 (art. 1, comma 1). Peraltro, il successivo art. 105, co. 2, lett. f), ha attribuito alle regioni le funzioni in materia di concessioni per l’installazione e l’esercizio di impianti lungo le autostrade ed i raccordi autostradali.

[62]    Il riferimento a quest’ultima tipologia di attività (“turistiche”) è stato disposto dalla legge finanziaria per il 2008 (L. 244/07, art. 2, comma 184).

[63]    D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 143 recante Disposizioni in materia di commercio con l'estero, a norma dell'articolo 4, comma 4, lettera c), e dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59.

[64]    Il DL 14 marzo 2005, n. 35 recante (Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale) è stato convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80.

[65]    Il decreto-legge 2 settembre 2003, n. 269 recante Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici è stato convertitoin legge, con modificazioni, dall'art.1, L. 24 novembre 2003, n. 326.

[66]    Si ricorda che il comma 2 del D.Lgs. 143/98 attribuisce le azioni della SACE S.p.A. al Ministero dell’economia e delle finanze.