Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento ambiente
Titolo: Istituzione di campi di ormeggio attrezzati per unità da diporto nelle aree marine protette, nelle aree marine di reperimento e nei tratti di costa sottoposti ad eccessiva pressione turistica ed antropica - A.C. 2722 - Elementi per l'istruttoria legislativa
Riferimenti:
AC N. 2722/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 228
Data: 13/10/2009
Descrittori:
NAVIGAZIONE E NAUTICA DA DIPORTO   PORTI TURISTICI
ZONE E AREE PROTETTE     
Organi della Camera: VIII-Ambiente, territorio e lavori pubblici

 

13 ottobre 2009

 

n. 228/0

Istituzione di campi di ormeggio attrezzati per unità da diporto nelle aree marine protette, nelle aree marine di reperimento e nei tratti di costa sottoposti ad eccessiva pressione turistica ed antropica

A.C. 2722

Elementi per l’istruttoria legislativa

 

Numero del progetto di legge

A.C. 2722

Titolo

Istituzione di campi di ormeggio attrezzati per unità da diporto nelle aree marine protette, nelle aree marine di reperimento e nei tratti di costa sottoposti ad eccessiva pressione turistica ed antropica

Iniziativa

Parlamentare

Iter al Senato

SI

Numero di articoli

4

Date:

 

presentazione o trasmissione alla Camera

24 settembre 2009

assegnazione

30 settembre 2009

Commissione competente

VIII Commissione Ambiente

Sede

Referente

Pareri previsti

Commissioni I, IV, V, IX, XIV e Questioni regionali

 

 


Contenuto

La proposta di legge, composta da 4 articoli, approvata dall’altro ramo del Parlamento, mira a promuovere un progetto di infrastrutturazione leggera delle aree marine protette e di reperimento, al fine di dotarle di campi di ormeggio attrezzati laddove più alta è la pressione del diporto.

 

Come è emerso durante il dibattito al Senato, le isole minori e alcune aree marine di maggior pregio subiscono, specie nel periodo estivo, una pressione turistica che rischia di comprometterne i valori ambientali. In particolare è fortemente avvertita la necessità di promuovere un intervento nelle isole minori e nelle altre aree marine di pregio naturalistico, attraverso la costruzione di campi ormeggio attrezzati ove risulta maggiore la pressione della nautica da diporto.

 

L’articolo 1, comma 1, prevede che gli enti gestori delle aree marine protette possano istituire, in regime di esenzione concessoria, campi di ormeggio attrezzati, anche con l'impiego di tecnologie informatiche e telematiche, nelle zone di riserva generale (zone B) o di riserva parziale (zone C) per le unità da diporto autorizzate alla navigazione in tali zone ai sensi del regolamento di organizzazione dell'area marina protetta.

I campi di ormeggio, detti anche campi boe, sono aree adibite alla sosta delle unità da diporto, attrezzate con gavitelli ancorati al fondale, disposti in file ordinate e segnalati per la sicurezza della navigazione. Sono già previsti nei regolamenti di esecuzione e di organizzazione di alcune aree marine protette italiane.[1]

I progetti di installazione dei campi di ormeggio sono, in tali casi, sottoposti al parere della locale Capitaneria di porto, la quale provvede con ordinanza per gli aspetti relativi alla sicurezza.

Il Corpo delle Capitanerie di Porto - Guardia Costiera è un Corpo della Marina Militare che svolge compiti e funzioni collegate in prevalenza con l'uso del mare per i fini civili e con dipendenza funzionale da vari ministeri che si avvalgono della loro opera. Tra le altre, il Corpo svolge funzioni polizia marittima, comprendente la disciplina della navigazione marittima e la regolamentazione di eventi che si svolgono negli spazi marittimi soggetti alla sovranità nazionale, il controllo del traffico marittimo, la manovra delle navi e la sicurezza nei porti, le inchieste sui sinistri marittimi, il controllo del demanio marittimo, i collaudi e le ispezioni periodiche di depositi costieri e di altri impianti pericolosi.

 

Giova ricordare, in estrema sintesi, che la disciplina base sull’istituzione delle aree marine protette si può rinvenire prevalentemente nel titolo V (artt.25-32) della legge 979/1982 (Disposizioni per la difesa del mare) e negli articoli 18-21 della legge 349/1991 (Legge quadro sulle aree protette).

Le aree marine protette vengono istituite con decreto del Ministro dell'ambiente, che reca la denominazione e la delimitazione dell'area, gli obiettivi e la disciplina di tutela a cui è finalizzata la protezione[2]. Le aree marine protette sono generalmente suddivise al loro interno in diverse tipologie di zone denominate A, B e C, al fine di assicurare la massima protezione agli ambiti di maggior valore ambientale, che ricadono nelle zone di riserva integrale (zona A), applicando in modo rigoroso i vincoli stabiliti dalla legge. Con le zone B e C si vuole assicurare, invece, una gradualità di protezione attuando, attraverso i decreti istitutivi, delle eccezioni (deroghe) a tali vincoli al fine di coniugare la conservazione dei valori ambientali con la fruizione ed uso sostenibile dell'ambiente marino. Le tre tipologie di zone sono delimitate da coordinate geografiche e riportate nella cartografia allegata al decreto istitutivo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale.

La gestione delle aree marine protette, ai sensi dell’art. 2, comma 37, della legge 426/1998, è affidata ad enti pubblici, istituzioni scientifiche o associazioni ambientaliste riconosciute, anche consorziati tra di loro. L’affidamento avviene anch’esso con decreto del Ministro dell'ambiente, sentiti la regione e gli enti locali territorialmente interessati. La maggior parte delle aree marine protette è comunque gestita dai comuni interessati, come si può evincere dai dati forniti dal Ministero dell’ambiente[3].

 

Il comma 2 reca quindi le finalità dei campi di ormeggio: riduzione del fenomeno dell'aratura e danneggiamento dei fondali vulnerabili da parte di ancore delle unità da diporto; fruizione regolamentata dell'area; erogazione di un numero limitato di permessi di stazionamento; garanzia della trasparenza dei criteri di accesso attraverso forme di prenotazione non onerosa ed in via telematica.

 

Durante l’iter al Senato è stato precisato che tali campi di ormeggio avrebbero un precipuo effetto di tutela del fondale marino. Essi dovrebbero, infatti, essere contraddistinti da un innovativo sistema di ancoraggio delle boe, caratterizzato da corpi morti ancorati al fondale facilmente installabili, senza impatto ambientale e resistenti anche a forti mareggiate, che permetterebbe, inoltre, anche di limitare, se non di eliminare completamente, gli ancoraggi sulle praterie di posidonia oceanica che rappresentano uno dei principali fattori di impatto sull'ecosistema. In altre riserve marine del Mediterraneo come Port-Cros (Francia), Lavezzi (Corsica) o Isole Medes (Spagna), sono state avvertite analoghe esigenze e si stanno approntando o si sono approntati parchi boe.

 

In tale contesto, gli enti gestori dei campi di ormeggio provvedono alla definizione di tariffe orarie e giornaliere di stazionamento e alla destinazione di una quota, pari al 15 per cento degli ormeggi, riservata alle imbarcazioni a propulsione velica, come definite dal codice della navigazione.

Si rileva in proposito che la normativa dettata dal d.lgs. n. 171/2005 (Codice della nautica da diporto ed attuazione della direttiva 2003/44/CE) in materia di navigazione da diporto, reca una classificazione delle imbarcazioni sulla base della lunghezza dello scafo[4], senza prevedere un’autonoma disciplina per le imbarcazioni a vela.

 

I proventi dovranno essere destinati, oltre che al recupero delle spese per l’allestimento e la manutenzione dei campi di ormeggio, ad interventi di tutela ambientale dell'area marina, in particolare per servizi di pulizia e raccolta differenziata dei rifiuti e per servizi di sorveglianza e prevenzione contro gli sversamenti e l'abbandono di rifiuti in mare (commi 3, 4 e 5).

 

Nell’allestimento dei campi di ormeggio gli enti gestori dovranno, altresì, seguire alcuni criteri indicati ai commi 6 e 7, ovvero dovranno individuare, per l’ancoraggio sul fondale delle boe, sistemi compatibili con le caratteristiche dei fondali, al fine di assicurare un minore impatto ambientale. Inoltre, potranno prevedere sistemi tecnologicamente avanzati per il monitoraggio remoto degli ormeggi e delle strutture a terra, al fine di verificarne costantemente il corretto posizionamento e funzionamento.

 

I commi 8 e 9 danno la possibilità direttamente ai comuni di istituire campi di ormeggio per la tutela e la salvaguardia di particolari tratti di costa sottoposti ad eccessiva pressione turistica, ma non ricompresi nelle aree marine protette o in quelle di reperimento, sulla base di linee guida predisposte entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della proposta di legge in esame, dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. I comuni dovranno redigere mappe ecologiche e di vulnerabilità dei fondali, nonché anche studi di incidenza, ove necessario.

 

Il comma 10 prevede che le disposizione recate dalla proposta in esame rispettino la normativa in materia di difesa del mare e delle aree marine protette.

 

L’articolo 2 prevede che anche nelle aree marine di reperimento i comuni possano istituire campi di ormeggio per le finalità e secondo i criteri indicati nell’art. 1, in regime di esenzione concessoria e con la facoltà di affidamento dell'allestimento e della manutenzione a terzi. Spetterà, invece, alla locale Capitaneria di porto provvedere in merito agli aspetti relativi alla sicurezza della navigazione.

 

Le aree marine di reperimento sono state definite dall’art. 36 della legge 394/1991. Al fine dell'istituzione di un'area marina protetta, un tratto di mare deve innanzitutto essere individuato per legge quale "area marina di reperimento". Le 49 "aree marine di reperimento" (50 se si considera che le Isole Pontine sono state scorporate in: isole di Ponza, Palmarola e Zannone e isole di Ventotene e Santo Stefano) finora individuate sono state indicate in una serie di disposizioni legislative: di esse, 21 sono già state istituite e altre 18 sono di imminente o prossima istituzione in quanto è già in corso l'iter che porterà al decreto istitutivo. Le restanti 11 sono solo state indicate dalla legge come meritevoli di tutela ma non è ancora iniziato alcun iter amministrativo per l'istituzione[5].

 

L’articolo 3, infine, stabilisce che i campi di ormeggio vengano segnalati in base alle indicazioni che i comuni e gli enti gestori acquisiscono dall’Istituto idrografico della Marina. A tale istituto- oltre che al competente ufficio tecnico dei fari della Marina militare - gli enti gestoridevono comunicare la posizione e le caratteristiche dei campi di ormeggio.

L’Istituto Idrografico della Marina ha sede a Genova dal 1872 ed è contemporaneamente Organo Cartografico dello Stato ed Ente della Marina Militare. Quale responsabile del Servizio Idrografico Nazionale, ha come compiti principali il rilievo sistematico dei mari e delle coste italiane e la loro rappresentazione sotto forma di carte e pubblicazioni nautiche che costituiscono la documentazione ufficiale per la sicurezza della navigazione. Come Ente Militare, cura la produzione di cartografia classificata e fornisce la documentazione e strumentazione nautica alle Unità navali.

 

L’Ufficio Tecnico per i Fari (U.T.F.) della Marina Militare (MARITECNOFARI), con sede a La Spezia, è alle dipendenze dell’Uffici dell'Ispettorato per il Supporto logistico e dei fari.

Le competenze dell’Ufficio sono individuate dal D.M. 24 febbraio 1992 n. 337, recante regolamento per il servizio dei fari e del segnalamento marittimo.

L’Ufficio tecnico dei fari e del segnalamento marittimo è retto da un capitano di vascello del corpo di stato maggiore, opera alle dirette dipendenze dell'ispettorato che lo impiega per svolgere funzioni tecniche e logistiche a beneficio dell'intera rete nazionale dei segnalamenti. Ha alle sue dipendenze personale militare e civile stabilito dalle tabelle organiche.

 

L’articolo 4reca la clausola di invarianza degli oneri finanziari.

 

Necessità dell’intervento con legge

La finalità principale della proposta in esame è quella di promuovere un progetto di infrastrutturazione leggera delle aree marine protette e di reperimento, al fine di dotarle di campi di ormeggio attrezzati laddove più alta è la pressione del diporto. L’atto normativo di rango primario sembra rappresentare strumento di intervento idoneo e necessario, posto che l’intera materia delle aree marine protette e delle aree marine di reperimento è disciplinata con legge.

 

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

L’articolo 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, rimette alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia della «tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali» nel cui ambito rientra la tutela delle aree marine protette.

Da ultimo, nella sentenza n. 233 del 2009,la Corte ricorda che le acque marine e costiere, a differenza delle acque dolci interne, che hanno un preciso collegamento al bacino territoriale di riferimento, in cui si configura la competenza regionale, coinvolgono interessi cui sovrintendono organi statali.

 

Compatibilità comunitaria

Esame del provvedimento in relazione alla normativa comunitaria

Si ricorda che la direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino (direttiva 2008/56/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 giugno 2008) stabilisce un quadro normativo e obiettivi comuni per la protezione e la conservazione dell’ambiente marino fino al 2020. Per poter raggiungere tali obiettivi, gli Stati membri dovranno valutare i bisogni esistenti nelle zone marine di loro competenza. Essi dovranno poi elaborare e attuare piani di gestione coerenti in ogni regione e successivamente assicurarne il monitoraggio. Il termine di recepimento negli Stati membri è il 15 luglio 2010. In Italia, il recepimento è previsto dall’Allegato B della legge 7 luglio 2009, n. 88 (legge comunitaria 2008).

La direttiva 2008/56/CE è stata elaborata sulla base delle indicazioni del VI° Programma di azione in materia ambientale dell'UE6 che prevedeva l’elaborazione di una strategia specifica per la protezione e la conservazione dell'ambiente marino europeo con l'obiettivo generale di promuovere l'uso sostenibile dei mari e la conservazione degli ecosistemi marini. Subito dopo la Commissione europea7 aveva rilevato come i principali fattori di rischio per gli ecosistemi marini europei e di conseguenza per la salute umana fossero rappresentati dagli effetti dei cambiamenti climatici, dall’impatto della pesca commerciale, dagli scarichi accidentali di idrocarburi, dalla contaminazione da sostanze pericolose, dall’eutrofizzazione e conseguente proliferazione di alghe tossiche, dall’inquinamento da rifiuti, dall’inquinamento microbiologico, dagli scarichi di sostanze radioattive e dall’introduzione di specie non indigene. La Commissione aveva, quindi, sottolineato come il quadro normativo europeo risultasse frammentario e non in grado di garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente marino nella sua globalità. Inoltre, anche le misure esistenti a livello nazionale ed europeo risultano spesso di tipo settoriale e poco armonizzate tra di loro e le convenzioni marine internazionali esistenti in Europa non sempre hanno un sufficiente potere a livello politico, compromettendone, pertanto l’efficacia.

 

 

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6  Approvato decisione 1600/2002/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 luglio 2002.

7  COM(2002) 539 “Verso una strategia per la protezione e la conservazione dell'ambiente marino” - http://eurlex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=COM:2002:0539:FIN:IT:PDF

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Servizio Studi – Dipartimento Ambiente

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File: Am0089a.doc



[1]    Si tratta delle aree marine protette denominate: Isole Pelagie, Regno di Nettuno, Portofino, Torre Guaceto; Plemmirio, Capo Rizzuto e Isola dell’Asinara.

[2]  Per un elenco delle aree marine protette istituite si veda il sito del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare http://www.minambiente.it/index.php?id_sezione=1032

[3]  http://www.minambiente.it/index.php?id_sezione=1026

[4]    Minore di 10 metri (natante), da 10 a 24 metri (imbarcazione) oltre 24 metri (nave).

[5]  Dati tratti dal sito del Ministero dell’ambiente

http://www.minambiente.it/index.php?id_sezione=1031