Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento agricoltura
Titolo: Fauna selvatica - A.C. 781, 2117 e 2354 - Elementi per l'istruttoria legislativa
Riferimenti:
AC N. 2117/XVI   AC N. 2354/XVI
AC N. 781/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 150
Data: 21/04/2009
Descrittori:
ANIMALI   CACCIA SPORTIVA
Organi della Camera: XIII-Agricoltura

 

21 aprile 2009

 

n. 150/0

Fauna selvatica

A.C. 781, 2117 e 2354

Elementi per l’istruttoria legislativa

 

Numero del progetto di legge

781

2117

2354

Titolo

Disposizioni per l'esercizio della deroga alle norme sul prelievo venatorio, relati
vamente allo storno (sturnus vulgaris)

Modifica all'articolo 2 della legge 11 febbraio 1992, n. 157, e altre disposizioni per l'abbattimento delle nutrie

Disposizioni per il conte­nimento dei danni causati dai cinghiali alle produzioni agricole

Iniziativa

Parlamentare

Parlamentare

Parlamentare

Iter al Senato

No

No

No

Numero di articoli

1

2

8

Date:

 

 

 

presentazione o trasmissione alla Camera

6 maggio 2008

28 gennaio 2009

2 aprile 2009

assegnazione

16 settembre 2008

24 febbraio 2009

6 aprile 2009

Commissione competente

XIII Commissione Agricoltura

XIII Commissione Agricoltura

XIII Commissione Agricoltura

Sede

Referente

Referente

Referente

Pareri previsti

I Affari Costituzionali, V Bilancio, VIII Ambiente, XIV Politiche dell'Unione euro­pea e Commissione parla­mentare per le questioni regionali

I Affari Costituzionali, V Bilancio, VIII Ambiente, XIV Politiche dell'Unione euro­pea e Commissione parla­mentare per le questioni regionali

Affari Costituzionali, II Giustizia (ex articolo 73, comma 1-bis, del regola­mento, per le disposizioni in materia di sanzioni), V Bilancio, VI Finanze, VIII Ambiente, XIV Politiche dell'Unione europea e Com­missione parlamentare per le questioni regionali

 


Contenuto

Tutte le proposte in esame sono dirette a consentire un più efficace controllo di specie faunistiche dannose sia per il territorio che per le colture agricole.

La pdl Carlucci (AC 781) per contenere la popolazione degli storni (sturnus vulgaris) attiva la procedura del “prelievo in deroga” prevista dall’art. 9 della direttiva 79/409/CEE sulla conservazione degli uccelli selvatici, cui è stata data attuazione con l’art. 19-bis della legge n. 157/92 nota come legge sulla caccia.

La direttiva comunitaria vieta (art. 5 dir. n. 409) di uccidere o di catturare tutte le specie di uccelli viventi allo stato selvatico nel territorio degli Stati membri fatta eccezione per le specie elencate nell'Allegato II che possono essere oggetto di atti di caccia nel quadro delle leggi nazionali (art. 7).

Le specie dell'allegato II/2 possono tuttavia essere cacciate soltanto negli Stati membri per i quali esse sono menzionate, e lo storno non può essere cacciato in Italia.

Tale regime limitativo del prelievo venatorio è mitigato dalla possibilità riconosciuta agli Stati membri di derogarvi, nel rispetto di specifiche condizioni ed in presenza di adeguati controlli, per individuate ragioni compresa la necessità di tutelare la salute pubblica o prevenire gravi danni alle colture (art. 9, lett. a) e sempre che non vi siano altre soluzioni soddisfacenti.

La disciplina delle deroghe è rimessa dalle norme nazionali alle regioni che la esercitano in base all’art. 19-bis legge n. 157, introdotto dalla legge n. 221/02 proprio per mettere fine alla pratica diffusa da parte delle regioni di autorizzare deroghe contrarie ai principi dell’articolo 9. In base a tali norme le regioni che intendono autorizzare la caccia in deroga sono tenute, dopo aver consultato l’INFS (ora ISPRA), a menzionare le specie che ne formano oggetto, i mezzi, gli impianti e i metodi di prelievo autorizzati, le condizioni di rischio, le circostanze di tempo e di luogo del prelievo, il numero dei capi giornalmente e complessivamente prelevabili nel periodo, i controlli e le forme di vigilanza cui il prelievo è soggetto e gli organi incaricati della stessa.

Alle regioni, d’intesa con gli Ambiti territoriali di caccia ed i comprensori alpini, spetta anche la individuazione dei soggetti abilitati al prelievo.

Al Presidente del Consiglio dei Ministri è solo riconosciuto un potere di annullamentodei provvedimenti di deroga delle regioni e previa diffida delle stesse.

Entro il 30 giugno di ogni anno, ciascuna regione deve trasmettere, anche alle competenti Commissioni parlamentari, una relazione sull'attuazione delle deroghe.

L’AC 781 autorizza le regioni ad attivare la procedura di cui all’art. 9 della direttiva comunitaria nei modi ed alle condizioni dalla proposta stesse definiti.

E’ così stabilito un termine entro il quale le regioni interessate al prelievo in deroga per la stagione venatoria 2008/2009 debbono consultare l’INFS Istituito Nazionale per la Fauna Selvatica (ora Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale-Ispra), per il cui parere viene introdotto il principio del silenzio assenso.

E’ anche introdotto un regime autorizzatorio, per il quale è competente il MIPAAF, che può essere annualmente prorogato nelle successive stagioni venatorie su istanza delle regioni.

I soggetti che possono esercitare il prelievo, così come quelli cui sono demandati i controlli, sono direttamente individuati dalla proposta stessa, che stabilisce anche tempi e modi per la compilazione di schede relative a dati riassuntivi dei prelievi effettuati.

La pdl Bellotti (AC 2117) novella la legge sulla caccia allo scopo di sottrarre le nutrie alle diverse forme di tutela che la legge stessa assicura alla fauna selvatica presente sul territorio nazionale. A tale scopo la proposta aggiunge il Myocastor corpus alle specie elencate al comma 2 dell’art. 2 della legge n. 157/92 sulla caccia (talpe, ratti, topi e arvicole) che sono escluse dall’applicazione della legge, e che peraltro non sono menzionate nella direttiva n. 409.

L’AC 2117 prevede altresì la possibilità per le regioni di adottare piani di abbattimento selettivo anche nelle aree protette e nei parchi naturali individuati in base alla legge n. 394/91, per la cui esecuzione è possibile avvalersi del Corpo forestale dello Stato.

La legge n. 394 del 1991 (art.11, comma 3 lett. a) vieta all’interno dei parchi la cattura, l'uccisione, il danneggiamento, il disturbo delle specie animali rimettendo al regolamento dei parchi, e al solo fine di ricomporre squilibri ecologici accertati dall'Ente parco, la disciplina di eventuali prelievi faunistici e abbattimenti selettivi (co. 4). La medesima disposizione prevede altresì che prelievi e abbattimenti debbano avvenire per iniziativa e sotto la diretta responsabilità e sorveglianza dell'Ente parco ed essere attuati dal personale dell'Ente parco o da persone espressamente autorizzate dall'Ente parco stesso.

Norme di contenuto sostanzialmente analogo sono dettate, per i parchi regionali, dall’articolo 22, comma 6.

La pdl Cenni ed altri (AC 2354) è fondamentalmente diretta a contenere i danni causati dal cinghiale (Sus scrofa) alle colture ed alle produzioni agricole.

Le regioni, d’intesa con le province, con gli organismi di gestione delle aree protette e con gli organi direttivi degli ambiti territoriali di caccia e dei comprensori alpini interessati, debbono pertanto assumere, entro sei mesi dalla entrata in vigore della legge, appositi provvedimenti per favorire la compatibilità tra la presenza dei cinghiali sul proprio territorio e le esigenze delle imprese agricole, in coerenza con le indicazioni fornite dai documenti tecnici pubblicati dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA) ed avvalendosi anche dei propri istituti di ricerca. Laddove i danni causati dai cinghiali superino la soglia di tollerabilità, le regioni, di concerto con le province e gli organismi di gestione delle aree protette, definiscono le aree territoriali in cui realizzare interventi di contenimento del danno, individuandone puntualmente l’estensione e specificando la durata degli interventi; i dati relativi alle misure di prevenzione adottate ed agli abbattimenti eseguiti sono raccolti in apposite banche dati regionali, secondo protocolli nazionali predisposti dall’ISPRA ed approvati dalla Conferenza Stato-regioni (artt. 1 e 2).

Le regioni possono anche definire una pianificazione faunistico-venatoria in deroga alla pianificazione ordinaria prevista dall’articolo 10 della legge n. 157, ma sono in tal caso tenute ad individuare le zone specifiche, gli obiettivi qualitativi e quantitativi, modalità e tempi dell’attività volta al controllo numerico dei cinghiali, tenuto conto del prelievo attuato durante la stagione venatoria (art. 3, co. 1).

Con l’adozione di uno specifico regolamento regionale che ne definisca anche tempi e modalità, il prelievo può essere consentito (art. 3, co. 2) nelle zone di cui sopra anche se ricomprendenti territori destinati alla protezione della fauna selvatica quali le oasi e le zone e i centri destinati al ripopolamento o alla riproduzione della fauna, dove il divieto di caccia deve di norma essere accompagnato anche da provvedimenti che agevolino la sosta, la riproduzione e la cura della prole (art. 10, co. 4 della legge 157).

Le regioni provvedono altresì con proprio regolamento (art. 3, comma 3) a definire procedure volte a garantire agli agricoltori un tempestivo e congruo indennizzo dei danni causati dai cinghiali.

Per il mantenimento della presenza dei cinghiali alla densità stabilita negli specifici piani faunistico-venatori alle regioni è consentito di concludere convenzioni con associazioni venatorie, eventualmente accompagnate dalla organizzazione di corsi di formazione (art.4).

Le misure di controllo prevedono che tutti i capi abbattuti siano conferiti ai centri regionali di controllo dopo essere stati muniti di un contrassegno che indichi anche la data di abbattimento (art.5).

L’art. 6 stabilisce il divieto di immettere cinghiali in natura o di alimentarli in maniera artificiale, e stabilisce le relative sanzioni; affida inoltre alle regioni l’emanazione di norme regolamentari sulle modalità di allevamento.

Per l’attuazione delle disposizioni della pdl le regioni si possono avvalere della quota che lo Stato trasferisce loro sulla tariffa dovuta per la licenza di porto di fucile da caccia.

 

Relazioni allegate

Alle proposte di legge, tutte di iniziativa parlamentare, è allegata la sola relazione illustrativa.

Necessità dell’intervento con legge

Le proposte di legge derogano o modificano espressamente disposizioni di rango legislativo.

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Le proposte di legge in esame affrontano la questione del contenimento dei danni arrecati alle colture agricole dalla fauna selvatica.

Esse interessano pertanto trasversalmente competenze in parte assegnate allo Stato ed in parte assegnate alle regioni, secondo la ripartizione contenuta nell'articolo 117 della Costituzione.

Così, tale questione sembra interessare la competenza esclusiva dello Stato per quanto riguarda:

-        la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema - lett. s), comma secondo, dell'articolo 117 Cost.;

-        i rapporti dello Stato con l’Unione europea- lett. A, comma secondo dell’art. 117- dato che la tutela della fauna selvatica è oggetto di normativa comunitaria.

La materia dell’agricoltura è da ritenersi invece attribuita alla competenza residuale delle Regioni.

 

La giurisprudenza della Corte costituzionale in materia di caccia (anche se formatasi sul precedente sistema di riparto delle competenze costituzionali, anteriore, quindi, alla riforma del titolo V della Costituzione, operata con la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.3) ha sempre riconosciuto la competenza dello Stato a dettare i principi fondamentali in materia di prelievo venatorio, riconoscendo alle disposizioni contenute nella legge n.157/1992 carattere di “riforma economico-sociale” e al ruolo dello Stato, natura di attività di indirizzo e coordinamento tecnico. Secondo la Corte costituzionale, infatti, le attribuzioni delle regioni in tema di "caccia", pur tenendo conto degli ulteriori trasferimenti di competenze operati in favore delle regioni dal decreto legislativo 4 giugno 1997, n.143, non implicano il disconoscimento delle competenze che, in materia di "tutela della fauna selvatica", restano, comunque, affidate allo Stato e che sono tali da riverberarsi anche sulla disciplina delle modalità della caccia stessa, nei limiti in cui prevede misure indispensabili per assicurare la sopravvivenza e la riproduzione delle specie selvatiche (Corte cost., 14 maggio 1999, n.169).

La Corte si è finora espressa sulla competenza in materia di protezione della fauna e della regolazione del prelievo venatorio alla luce del nuovo riparto di competenze operato con la riforma del titolo V della Costituzione con le sentenze 18/20 dicembre 2002, n.536, 19 giugno-4 luglio 2003, nn.226 e 227, che hanno sostanzialmente confermato la precedente giurisprudenza in materia.

 

Compatibilità comunitaria

Esame del provvedimento in relazione alla normativa comunitaria

La materia concernente la protezione della fauna selvatica e l’esercizio del prelievo venatorio è disciplinata dalla direttiva del Consiglio 79/409/CEE del 2 aprile 1979, che detta disposizioni in merito alla conservazione degli uccelli selvatici.

La direttiva,dopo aver precisato che oggetto della disciplina è la “conservazione di tutte le specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico nel territorio europeo ”,prevede che gli Stati membri, al fine di preservare o ristabilire gli habitat naturali:

-          prevedano misure speciali di conservazione per le specie elencate nell'Allegato I, individuando i territori più idonei alla conservazione di tali specie;

-          vietino la vendita, il trasporto per la vendita, la detenzione per la vendita nonché l'offerta in vendita degli uccelli vivi e degli uccelli morti, salvo che per le specie elencate nell'Allegato III;

-          impongano il divieto di uccisione o di cattura salvo per le specie elencate nell'Allegato II le quali possono essere oggetto di atti di caccia nel quadro della legislazione nazionale;

-          escludano il ricorso a qualsiasi mezzo, impianto e metodo di cattura o di uccisione, in massa o non selettiva o che possa portare localmente all'estinzione di una specie, con particolare riguardo a quelli elencati nell'Allegato IV, lett. a);

-          possono derogare ai divieti previsti quando sussistano particolari ragioni di salute e sicurezza pubblica e per prevenire gravi danni alle colture, al bestiame, ai boschi, alla pesca e alle acque, nonché per la protezione della flora e della fauna;

-          trasmettono alla Commissione ogni tre anni una relazione sull'applicazione delle disposizioni nazionali adottate sulla base della direttiva.

Procedure di contenzioso
(a cura dell'Ufficio Rapporti con l'Unione europea)

Il 22 dicembre 2008 la Commissione europea ha presentato un ricorso alla Corte di giustizia delle Comunità europee (procedura n. 2006/2131, causa C-573/08) sostenendo che la “legislazione italiana non costituisce recepimento completo e conforme della direttiva 79/409/CEE”, concernente la conservazione degli uccelli selvatici.

Il 28 giugno 2006, inoltre, la Commissione europea ha deferito l’Italia alla Corte di giustizia delle Comunità europee (procedure n. 2004/4242 e 2004/4926) per violazione della direttiva 79/409/CEE da parte della legislazione regionale di Sardegna e Veneto.

Il 27 novembre 2008, infine, l’Italia ha ricevuto una lettera di messa in mora complementare (procedura n. 2001/4156) per non aver dato esecuzione alla sentenza della Corte di giustizia relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche nella provincia di Foggia, in violazione dell’art. 4, paragrafo della direttiva 79/409/CEE.

Documenti all’esame delle istituzioni dell’Unione europea
(a cura dell'Ufficio Rapporti con l'Unione europea)

Il 20 marzo 2009 la Commissione europea ha presentato una proposta di direttiva concernente la conservazione degli uccelli selvatici (COM(2009)129) che mira a codificare le disposizioni della direttiva 79/409/CEE e le sue successive modifiche, apportando unicamente le modifiche formali necessarie ai fini della codificazione.

La proposta sarà esaminata dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell’UE secondo la procedura di codecisione

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Coordinamento con la normativa vigente

Disposizioni di carattere generale sulla tutela delle produzioni agricole dalla fauna selvatica sono contenute nell’articolo 19 della legge sulla caccia n. 157/1992, il quale prevede che le regioni, per varie finalità tra le quali compare anche la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche, provvedano al controllo delle specie di fauna selvatica anche nelle zone vietate alla caccia. Tale controllo, esercitato selettivamente, viene praticato di norma mediante l’utilizzo di metodi ecologici su parere dell’INFS. Qualora l’istituto verifichi l’inefficacia di tali metodi, le regioni possono autorizzare piani di abbattimento, attuati dalle guardie venatorie provinciali con la collaborazione dei proprietari o conduttori dei fondi, purché muniti di licenza di caccia.

Nessuna delle proposte di legge in esame interviene direttamente sulle disposizioni sopra richiamate.

Collegamento con lavori legislativi in corso

Nella seduta del 11 marzo 2009 la Commissione XIII del Senato (Territorio, ambiente e beni ambientali) ha adottato un testo unificato di ampia revisione della legge sulla caccia (A.S. 276 e abbinati) con il quale (art. 2) modificando l’art. 2 della legge n. 157 anche le nutrie vengono escluse dall’ambito di applicazione delle norme. Vengono poi introdotte (con l’art. 21) disposizioni volte al “controllo faunistico”, dirette anche all’allontanamento, cattura o abbattimento di specie la cui densità eccessiva comporti danni alle attività economiche o al territorio. Il piano d’intervento deve essere disposto dal prefetto o dal presidente della regione con ordinanza di protezione civile su richiesta del soggetto interessato (provincia, organismo di gestione delle aree protette, comunità montana, associazioni agricole, ambiti territoriali di caccia o comprensori alpini, ASL, ISPRA) e le attività di controllo possono essere esercitate da proprietari o conduttori di fondi, cittadini, agenti di polizia giudiziaria, se abilitati all’attività venatoria. Il parere dell’ISPRA è previsto solo se l’attività di contenimento si protrae per oltre sette giorni anche non consecutivi.

Si ricorda inoltre che sulla specifica questione dei danni provocati all’agricoltura dalla fauna selvatica la Commissione agricoltura della camera ha in corso una indagine conoscitiva.

Impatto sui destinatari delle norme

Secondo alcune stime elaborate da associazioni di categoria, citate nella relazione alla pdl. A.C. 2354, le perdite economiche causate dalla fauna selvatica alle colture agricole ammonterebbero ad oltre 70 miliardi di euro annui, in molti casi non rimborsati o rimborsati solo parzialmente.

 


 

 

 

 

 

Servizio Studi – Dipartimento Agricoltura

( 066760-3610 – *st_agricoltura@camera.it

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File: Ag0075_0.doc