Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Prevenzione e repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione - A.C. 4434 - Legge 6 novembre 2012, n. 190 - Lavori preparatori - Iter alla Camera (A.C. 4434-B) (esame in sede referente, consultiva e discussione in Assemblea) - Parte sesta
Riferimenti:
AC N. 4434/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 513    Progressivo: 1
Data: 06/12/2012
Descrittori:
CORRUZIONE E CONCUSSIONE   L 2012 0190
PREVENZIONE DEL CRIMINE   REATI CONTRO L' AMMINISTRAZIONE PUBBLICA E LA GIUSTIZIA
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni
II-Giustizia
Altri riferimenti:
AS N. 2164/XVI   AS N. 2168/XVI
AS N. 2044/XVI   AS N. 2174/XVI
AS N. 2340/XVI   AS N. 2346/XVI
AS N. 2156/XVI     

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Disposizioni per la prevenzione
e la repressione della corruzione
e dell'illegalità nella pubblica amministrazione

 

Legge 6 novembre 2012, n. 190

Lavori preparatori

Iter alla Camera (A.C. 4434-B)
(esame in sede referente, consultiva e discussione in Assemblea)

 

n. 531/1

(parte sesta)

 

 

5 dicembre 2012

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Istituzioni

( 066760-3855 / 066760-9475 – * st_istituzioni@camera.it

 

 

 

 

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: ac0660a6.doc

 


INDICE

 

Camera dei deputati

Progetto di legge

A.C. 4434-B, (Governo), Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione                                                                                     5

Esame in sede referente

Commissioni riunite (I Affari costituzionali e II Giustizia)

Seduta del 24 ottobre 2012                                                                                     55

Seduta del 25 ottobre 2012                                                                                     63

Esame in sede consultiva

Pareri resi alle Commissioni riunite (I Affari costituzionali e II Giustizia)

Comitato per la legislazione

Seduta del 25 ottobre 2012                                                                                     77

III Commissione (Affari esteri)

Seduta del 25 ottobre 2012                                                                                     85

V Commissione (Bilancio, tesoro e programmazione)

Seduta del 25 ottobre 2012                                                                                     87

Discussione in Assemblea

A.C. 4434-C, (Governo), Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione                                                                                   91

Seduta del 29 ottobre 2012                                                                                     99

Seduta del 30 ottobre 2012                                                                                   131

Seduta del 31 ottobre 2012                                                                                   163

 

 


Camera dei deputati

 


Progetto di legge

 


N. 4434-B

¾

CAMERA DEI DEPUTATI

______________________________

DISEGNO DI LEGGE

 

APPROVATO DAL SENATO DELLA REPUBBLICA

il 15 giugno 2011 (v. stampato Camera n. 4434)

 

MODIFICATO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI

il 14 giugno 2012 (v. stampato Senato n. 2156-B)

 

MODIFICATO DAL SENATO DELLA REPUBBLICA

il 17 ottobre 2012

 

presentato dal ministro della giustizia

(ALFANO)

di concerto con il ministro dell'interno

(MARONI)

con il ministro per le riforme per il federalismo

(BOSSI)

con il ministro per la semplificazione normativa

(CALDEROLI)

e con il ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione

(BRUNETTA)

¾

 

Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione

 

¾¾¾¾¾¾¾¾

Trasmesso dal Presidente del Senato della Repubblica il 18 ottobre 2012

¾¾¾¾¾¾¾¾


 

TESTO

approvato dalla Camera dei deputati

TESTO

modificato dal Senato della Repubblica

Art. 1.
(Autorità nazionale anticorruzione. Piano nazionale anticorruzione).

Art. 1.
(Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione).

1. In attuazione dell'articolo 6 della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall'Assemblea generale dell'ONU il 31 ottobre 2003 e ratificata ai sensi della legge 3 agosto 2009, n. 116, e degli articoli 20 e 21 della Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999, la presente legge individua, in ambito nazionale, l'Autorità nazionale anticorruzione e gli altri organi incaricati di svolgere, con modalità tali da assicurare azione coordinata, attività di controllo, di prevenzione e di contrasto della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione.

1. In attuazione dell'articolo 6 della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dalla Assemblea generale dell'ONU il 31 ottobre 2003 e ratificata ai sensi della legge 3 agosto 2009, n. 116, e degli articoli 20 e 21 della Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999 e ratificata ai sensi della legge 28 giugno 2012, n. 110, la presente legge individua, in ambito nazionale, l'Autorità nazionale anticorruzione e gli altri organi incaricati di svolgere, con modalità tali da assicurare azione coordinata, attività di controllo, di prevenzione e di contrasto della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione.

2. La Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche, di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, e successive modificazioni, di seguito denominata «Commissione», opera quale Autorità nazionale anticorruzione, ai sensi del comma 1 del presente articolo. In particolare, la Commissione:

2. Identico:

a) collabora con i paritetici organismi stranieri, con le organizzazioni regionali ed internazionali competenti;

a) identica;

b) approva il Piano nazionale anticorruzione predisposto dal Dipartimento della funzione pubblica, di cui al comma 4, lettera c);

b) identica;

c) analizza le cause e i fattori della corruzione e individua gli interventi che ne possono favorire la prevenzione e il contrasto;

c) identica;

d) esprime pareri facoltativi agli organi dello Stato e a tutte le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, in materia di conformità di atti e comportamenti dei funzionari pubblici alla legge, ai codici di comportamento e ai contratti, collettivi e individuali, regolanti il rapporto di lavoro pubblico;

d) identica;

e) esprime pareri facoltativi in materia di autorizzazioni, di cui all'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, allo svolgimento di incarichi esterni da parte dei dirigenti amministrativi dello Stato e degli enti pubblici nazionali, con particolare riferimento all'applicazione del comma 16-ter, introdotto dall'articolo 8, comma 1, lettera l), della presente legge;

e) esprime pareri facoltativi in materia di autorizzazioni, di cui all'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, allo svolgimento di incarichi esterni da parte dei dirigenti amministrativi dello Stato e degli enti pubblici nazionali, con particolare riferimento all'applicazione del comma 16-ter, introdotto dal comma 42, lettera l), del presente articolo;

f) esercita la vigilanza e il controllo sull'effettiva applicazione e sull'efficacia delle misure adottate dalle pubbliche amministrazioni ai sensi dei commi 4 e 5 del presente articolo e sul rispetto delle regole sulla trasparenza dell'attività amministrativa previste dall'articolo 3 e dalle altre disposizioni vigenti;

f) esercita la vigilanza e il controllo sull'effettiva applicazione e sull'efficacia delle misure adottate dalle pubbliche amministrazioni ai sensi dei commi 4 e 5 del presente articolo e sul rispetto delle regole sulla trasparenza dell'attività amministrativa previste dai commi da 15 a 36 del presente articolo e dalle altre disposizioni vigenti;

g) riferisce al Parlamento, presentando una relazione entro il 31 dicembre di ciascun anno, sull'attività di contrasto della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione e sull'efficacia delle disposizioni vigenti in materia.

g) identica.

3. Per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 2, lettera f), la Commissione esercita poteri ispettivi mediante richiesta di notizie, informazioni, atti e documenti alle pubbliche amministrazioni, e ordina l'adozione di atti o provvedimenti richiesti dai piani di cui ai commi 4 e 5 del presente articolo e dalle regole sulla trasparenza dell'attività amministrativa previste dall'articolo 3 e dalle altre disposizioni vigenti, ovvero la rimozione di comportamenti o atti contrastanti con i piani e le regole sulla trasparenza citati. La Commissione e le amministrazioni interessate danno notizia, nei rispettivi siti web istituzionali, dei provvedimenti adottati ai sensi del presente comma.

3. Per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 2, lettera f), la Commissione esercita poteri ispettivi mediante richiesta di notizie, informazioni, atti e documenti alle pubbliche amministrazioni, e ordina l'adozione di atti o provvedimenti richiesti dai piani di cui ai commi 4 e 5 del presente articolo e dalle regole sulla trasparenza dell'attività amministrativa previste dai commi da 15 a 36 del presente articolo e dalle altre disposizioni vigenti, ovvero la rimozione di comportamenti o atti contrastanti con i piani e le regole sulla trasparenza citati. La Commissione e le amministrazioni interessate danno notizia, nei rispettivi siti web istituzionali, dei provvedimenti adottati ai sensi del presente comma.

4. Il Dipartimento della funzione pubblica, anche secondo linee di indirizzo adottate da un Comitato interministeriale istituito e disciplinato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri:

4. Il Dipartimento della funzione pubblica, anche secondo linee di indirizzo adottate dal Comitato interministeriale istituito e disciplinato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri:

a) coordina l'attuazione delle strategie di prevenzione e contrasto della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione elaborate a livello nazionale e internazionale;

a) identica;

b) promuove e definisce norme e metodologie comuni per la prevenzione della corruzione, coerenti con gli indirizzi, i programmi e i progetti internazionali;

b) identica;

c) predispone il Piano nazionale anticorruzione, anche al fine di assicurare l'attuazione coordinata delle misure di cui alla lettera a);

c) identica;

d) definisce modelli standard delle informazioni e dei dati occorrenti per il conseguimento degli obiettivi previsti dalla presente legge, secondo modalità che consentano la loro gestione ed analisi informatizzata;

d) identica;

e) definisce criteri per assicurare la rotazione dei dirigenti nei settori particolarmente esposti alla corruzione e misure per evitare sovrapposizioni di funzioni e cumuli di incarichi nominativi in capo ai dirigenti pubblici, anche esterni.

e) identica.

5. Le pubbliche amministrazioni centrali definiscono e trasmettono al Dipartimento della funzione pubblica:

5. Identico.

a) un piano di prevenzione della corruzione che fornisce una valutazione del diverso livello di esposizione degli uffici al rischio di corruzione e indica gli interventi organizzativi volti a prevenire il medesimo rischio;

 

b) procedure appropriate per selezionare e formare, in collaborazione con la Scuola superiore della pubblica amministrazione, i dipendenti chiamati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione, prevedendo, negli stessi settori, la rotazione di dirigenti e funzionari.

 

6. Ai fini della predisposizione del piano di prevenzione della corruzione, il prefetto, su richiesta, fornisce il necessario supporto tecnico e informativo agli enti locali, anche al fine di assicurare che i piani siano formulati e adottati nel rispetto delle linee guida contenute nel Piano nazionale approvato dalla Commissione.

6. Identico.

7. A tal fine, l'organo di indirizzo politico individua, di norma tra i dirigenti amministrativi di ruolo di prima fascia in servizio, il responsabile della prevenzione della corruzione. Negli enti locali, il responsabile della prevenzione della corruzione è individuato, di norma, nel segretario, salva diversa e motivata determinazione.

7. Identico.

8. L'organo di indirizzo politico, su proposta del responsabile individuato ai sensi del comma 7, entro il 31 gennaio di ogni anno, adotta il piano triennale di prevenzione della corruzione, curandone la trasmissione al Dipartimento della funzione pubblica. L'attività di elaborazione del piano non può essere affidata a soggetti estranei all'amministrazione. Il responsabile, entro lo stesso termine, definisce procedure appropriate per selezionare e formare, ai sensi del comma 10, i dipendenti destinati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione. Le attività a rischio di corruzione devono essere svolte, ove possibile, dal personale di cui al comma 11. La mancata predisposizione del piano e la mancata adozione delle procedure per la selezione e la formazione dei dipendenti costituiscono elementi di valutazione della responsabilità dirigenziale.

8. Identico.

9. Il piano di cui al comma 5 risponde alle seguenti esigenze:

9. Identico:

a) individuare le attività, tra le quali quelle di cui all'articolo 3, comma 2, nell'ambito delle quali è più elevato il rischio di corruzione, anche raccogliendo le proposte dei dirigenti, elaborate nell'esercizio delle competenze previste dall'articolo 16, comma 1, lettera a-bis), del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;

a) individuare le attività, tra le quali quelle di cui al comma 16, nell'ambito delle quali è più elevato il rischio di corruzione, anche raccogliendo le proposte dei dirigenti, elaborate nell'esercizio delle competenze previste dall'articolo 16, comma 1, lettera a-bis), del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165;

b) prevedere, per le attività individuate ai sensi della lettera a), meccanismi di formazione, attuazione e controllo delle decisioni idonei a prevenire il rischio di corruzione;

b) identica;

c) prevedere, con particolare riguardo alle attività individuate ai sensi della lettera a), obblighi di informazione nei confronti del responsabile, individuato ai sensi del comma 7, chiamato a vigilare sul funzionamento e sull'osservanza del piano;

c) identica;

d) monitorare il rispetto dei termini, previsti dalla legge o dai regolamenti, per la conclusione dei procedimenti;

d) identica;

e) monitorare i rapporti tra l'amministrazione e i soggetti che con la stessa stipulano contratti o che sono interessati a procedimenti di autorizzazione, concessione o erogazione di vantaggi economici di qualunque genere, anche verificando eventuali relazioni di parentela o affinità sussistenti tra i titolari, gli amministratori, i soci e i dipendenti degli stessi soggetti e i dirigenti e i dipendenti dell'amministrazione;

e) identica;

f) individuare specifici obblighi di trasparenza ulteriori rispetto a quelli previsti da disposizioni di legge.

f) identica.

10. Il responsabile individuato ai sensi del comma 7 provvede anche:

10. Identico.

a) alla verifica dell'efficace attuazione del piano e della sua idoneità, nonché a proporre la modifica dello stesso quando sono accertate significative violazioni delle prescrizioni ovvero quando intervengono mutamenti nell'organizzazione o nell'attività dell'amministrazione;

 

b) alla verifica, d'intesa con il dirigente competente, dell'effettiva rotazione degli incarichi negli uffici preposti allo svolgimento delle attività nel cui ambito è più elevato il rischio che siano commessi reati di corruzione;

 

c) ad individuare il personale da inserire nei programmi di formazione di cui al comma 11.

 

11. La Scuola superiore della pubblica amministrazione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e utilizzando le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, predispone percorsi, anche specifici e settoriali, di formazione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni statali sui temi dell'etica e della legalità. Con cadenza periodica e d'intesa con le amministrazioni, provvede alla formazione dei dipendenti pubblici chiamati ad operare nei settori in cui è più elevato, sulla base dei piani adottati dalle singole amministrazioni, il rischio che siano commessi reati di corruzione.

11. Identico.

12. In caso di commissione, all'interno dell'amministrazione, di un reato di corruzione accertato con sentenza passata in giudicato, il responsabile individuato ai sensi del comma 7 del presente articolo risponde ai sensi dell'articolo 21 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, nonché sul piano disciplinare, oltre che per il danno erariale e all'immagine della pubblica amministrazione, salvo che provi tutte le seguenti circostanze:

12. Identico.

a) di avere predisposto, prima della commissione del fatto, il piano di cui al comma 5 e di aver osservato le prescrizioni di cui ai commi 9 e 10 del presente articolo;

 

b) di aver vigilato sul funzionamento e sull'osservanza del piano.

 

13. La sanzione disciplinare a carico del responsabile individuato ai sensi del comma 7 non può essere inferiore alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di un mese ad un massimo di sei mesi.

13. Identico.

14. In caso di ripetute violazioni delle misure di prevenzione previste dal piano, il responsabile individuato ai sensi del comma 7 del presente articolo risponde ai sensi dell'articolo 21 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, nonché, per omesso controllo, sul piano disciplinare. La violazione, da parte dei dipendenti dell'amministrazione, delle misure di prevenzione previste dal piano costituisce illecito disciplinare. Entro il 15 dicembre di ogni anno, il dirigente individuato ai sensi del comma 7 del presente articolo pubblica nel sito web dell'amministrazione una relazione recante i risultati dell'attività svolta e la trasmette all'organo di indirizzo politico dell'amministrazione. Nei casi in cui l'organo di indirizzo politico lo richieda o qualora il dirigente responsabile lo ritenga opportuno, quest'ultimo riferisce sull'attività.

14. Identico.

Art. 2.
(Modifica all'articolo 4 della legge 4 marzo 2009, n. 15).

Soppresso.

1. Dopo il comma 3 dell'articolo 4 della legge 4 marzo 2009, n. 15, è inserito il seguente:

 

«3-bis. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, tutti gli stanziamenti autorizzati ai sensi del comma 3 sono destinati nei limiti delle risorse iscritte in bilancio a legislazione vigente, alla copertura degli oneri relativi al funzionamento della Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche (CIVIT), ivi compresi i compensi per i componenti della Commissione medesima».

 

Art. 3.
(Trasparenza dell'attività amministrativa e delega al Governo per il riordino della relativa disciplina).

 

1. Ai fini della presente legge, la trasparenza dell'attività amministrativa, che costituisce livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, secondo quanto previsto all'articolo 11 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, è assicurata mediante la pubblicazione, nei siti web istituzionali delle pubbliche amministrazioni, delle informazioni relative ai procedimenti amministrativi, secondo criteri di facile accessibilità, completezza e semplicità di consultazione, nel rispetto delle disposizioni in materia di segreto di Stato, di segreto d'ufficio e di protezione dei dati personali. Nei siti web istituzionali delle amministrazioni pubbliche sono pubblicati anche i relativi bilanci e conti consuntivi, nonché i costi unitari di realizzazione delle opere pubbliche e di produzione dei servizi erogati ai cittadini. Le informazioni sui costi sono pubblicate sulla base di uno schema tipo redatto dall'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, che ne cura altresì la raccolta e la pubblicazione nel proprio sito web istituzionale al fine di consentirne una agevole comparazione.

15. Identico.

2. Fermo restando quanto stabilito nell'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come da ultimo modificato dall'articolo 8 della presente legge, nell'articolo 54 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, nell'articolo 21 della legge 18 giugno 2009, n. 69, e successive modificazioni, e nell'articolo 11 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, le pubbliche amministrazioni assicurano i livelli essenziali di cui al comma 1 del presente articolo con particolare riferimento ai procedimenti di:

16. Fermo restando quanto stabilito nell'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come da ultimo modificato dal comma 42 del presente articolo, nell'articolo 54 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, nell'articolo 21 della legge 18 giugno 2009, n. 69, e successive modificazioni, e nell'articolo 11 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, le pubbliche amministrazioni assicurano i livelli essenziali di cui al comma 15 del presente articolo con particolare riferimento ai procedimenti di:

a) autorizzazione o concessione;

a) identica;

b) scelta del contraente per l'affidamento di lavori, forniture e servizi, anche con riferimento alla modalità di selezione prescelta ai sensi del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;

b) identica;

c) concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati;

c) identica;

d) concorsi e prove selettive per l'assunzione del personale e progressioni di carriera di cui all'articolo 24 del citato decreto legislativo n. 150 del 2009.

d) identica.

3. Le stazioni appaltanti possono prevedere negli avvisi, bandi di gara o lettere di invito che il mancato rispetto delle clausole contenute nei protocolli di legalità o nei patti di integrità costituisce causa di esclusione dalla gara.

17. Identico.

4. Ai magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, agli avvocati e procuratori dello Stato e ai componenti delle commissioni tributarie è vietata, pena la decadenza dagli incarichi e la nullità degli atti compiuti, la partecipazione a collegi arbitrali o l'assunzione di incarico di arbitro unico.

18. Identico.

5. Il comma 1 dell'articolo 241 del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, è sostituito dal seguente:

19. Identico.

«1. Le controversie su diritti soggettivi, derivanti dall'esecuzione dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi, forniture, concorsi di progettazione e di idee, comprese quelle conseguenti al mancato raggiungimento dell'accordo bonario previsto dall'articolo 240, possono essere deferite ad arbitri, previa autorizzazione motivata da parte dell'organo di governo dell'amministrazione. L'inclusione della clausola compromissoria, senza preventiva autorizzazione, nel bando o nell'avviso con cui è indetta la gara ovvero, per le procedure senza bando, nell'invito, o il ricorso all'arbitrato, senza preventiva autorizzazione, sono nulli».

 

6. Le disposizioni relative al ricorso ad arbitri, di cui all'articolo 241, comma 1, del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, come sostituito dal comma 5 del presente articolo, si applicano anche alle controversie relative a concessioni e appalti pubblici di opere, servizi e forniture in cui sia parte una società a partecipazione pubblica o che comunque abbiano ad oggetto opere o forniture finanziate con risorse a carico dei bilanci pubblici. A tal fine, l'organo amministrativo rilascia l'autorizzazione di cui al citato comma 1 dell'articolo 241 del codice di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006, come sostituito dal comma 5 del presente articolo.

20. Le disposizioni relative al ricorso ad arbitri, di cui all'articolo 241, comma 1, del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, come sostituito dal comma 19 del presente articolo, si applicano anche alle controversie relative a concessioni e appalti pubblici di opere, servizi e forniture in cui sia parte una società a partecipazione pubblica ovvero una società controllata o collegata a una società a partecipazione pubblica, ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, o che comunque abbiano ad oggetto opere o forniture finanziate con risorse a carico dei bilanci pubblici. A tal fine, l'organo amministrativo rilascia l'autorizzazione di cui al citato comma 1 dell'articolo 241 del codice di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006, come sostituito dal comma 19 del presente articolo.

7. La nomina degli arbitri per la risoluzione delle controversie nelle quali è parte una pubblica amministrazione avviene nel rispetto dei princìpi di pubblicità e di rotazione e secondo le modalità previste dai commi 8, 9 e 10 del presente articolo, oltre che nel rispetto delle disposizioni del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, in quanto applicabili.

21. La nomina degli arbitri per la risoluzione delle controversie nelle quali è parte una pubblica amministrazione avviene nel rispetto dei princìpi di pubblicità e di rotazione e secondo le modalità previste dai commi 22, 23 e 24 del presente articolo, oltre che nel rispetto delle disposizioni del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, in quanto applicabili.

8. Qualora la controversia si svolga tra due pubbliche amministrazioni, gli arbitri di parte sono individuati esclusivamente tra dirigenti pubblici.

22. Identico.

9. Qualora la controversia abbia luogo tra una pubblica amministrazione e un privato, l'arbitro individuato dalla pubblica amministrazione è scelto preferibilmente tra i dirigenti pubblici. Qualora non risulti possibile alla pubblica amministrazione nominare un arbitro scelto tra i dirigenti pubblici, la nomina è disposta, con provvedimento motivato, nel rispetto delle disposizioni del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.

23. Identico.

10. La pubblica amministrazione stabilisce, a pena di nullità della nomina, l'importo massimo spettante al dirigente pubblico per l'attività arbitrale. L'eventuale differenza tra l'importo spettante agli arbitri nominati e l'importo massimo stabilito per il dirigente è acquisita al bilancio della pubblica amministrazione che ha indetto la gara.

24. Identico.

11. Le disposizioni di cui ai commi 5, 6, 7, 8, 9 e 10 non si applicano agli arbitrati conferiti o autorizzati prima della data di entrata in vigore della presente legge.

25. Le disposizioni di cui ai commi da 19 a 24 non si applicano agli arbitrati conferiti o autorizzati prima della data di entrata in vigore della presente legge.

12. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano anche ai procedimenti posti in essere in deroga alle procedure ordinarie. I soggetti che operano in deroga e che non dispongono di propri siti web istituzionali pubblicano le informazioni di cui ai citati commi 1 e 2 nei siti web istituzionali delle amministrazioni dalle quali sono nominati.

26. Le disposizioni di cui ai commi 15 e 16 si applicano anche ai procedimenti posti in essere in deroga alle procedure ordinarie. I soggetti che operano in deroga e che non dispongono di propri siti web istituzionali pubblicano le informazioni di cui ai citati commi 15 e 16 nei siti web istituzionali delle amministrazioni dalle quali sono nominati.

13. Le informazioni pubblicate ai sensi dei commi 1 e 2 sono trasmesse in via telematica alla Commissione.

27. Le informazioni pubblicate ai sensi dei commi 15 e 16 sono trasmesse in via telematica alla Commissione.

14. Le amministrazioni provvedono altresì al monitoraggio periodico del rispetto dei tempi procedimentali attraverso la tempestiva eliminazione delle anomalie. I risultati del monitoraggio sono consultabili nel sito web istituzionale di ciascuna amministrazione.

28. Identico.

15. Ogni amministrazione pubblica rende noto, tramite il proprio sito web istituzionale, almeno un indirizzo di posta elettronica certificata cui il cittadino possa rivolgersi per trasmettere istanze ai sensi dell'articolo 38 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, e successive modificazioni, e ricevere informazioni circa i provvedimenti e i procedimenti amministrativi che lo riguardano.

29. Identico.

16. Le amministrazioni, nel rispetto della disciplina del diritto di accesso ai documenti amministrativi di cui al capo V della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, in materia di procedimento amministrativo, hanno l'obbligo di rendere accessibili in ogni momento agli interessati, tramite strumenti di identificazione informatica di cui all'articolo 65, comma 1, del codice di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, le informazioni relative ai provvedimenti e ai procedimenti amministrativi che li riguardano, ivi comprese quelle relative allo stato della procedura, ai relativi tempi e allo specifico ufficio competente in ogni singola fase.

30. Identico.

17. Con uno o più decreti del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per le materie di competenza, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuate le informazioni rilevanti ai fini dell'applicazione dei commi 1 e 2 del presente articolo e le relative modalità di pubblicazione, nonché le indicazioni generali per l'applicazione dei commi 15 e 16. Restano ferme le disposizioni in materia di pubblicità previste dal codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.

31. Con uno o più decreti del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per le materie di competenza, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuate le informazioni rilevanti ai fini dell'applicazione dei commi 15 e 16 del presente articolo e le relative modalità di pubblicazione, nonché le indicazioni generali per l'applicazione dei commi 29 e 30. Restano ferme le disposizioni in materia di pubblicità previste dal codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.

18. Con riferimento ai procedimenti di cui al comma 2, lettera b), del presente articolo, le stazioni appaltanti sono in ogni caso tenute a pubblicare nei propri siti web istituzionali: la struttura proponente; l'oggetto del bando; l'elenco degli operatori invitati a presentare offerte; l'aggiudicatario; l'importo di aggiudicazione; i tempi di completamento dell'opera, servizio o fornitura; l'importo delle somme liquidate. Entro il 31 gennaio di ogni anno, tali informazioni, relativamente all'anno precedente, sono pubblicate in tabelle riassuntive rese liberamente scaricabili in un formato digitale standard aperto che consenta di analizzare e rielaborare, anche a fini statistici, i dati informatici. Le amministrazioni trasmettono in formato digitale tali informazioni all'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, che le pubblica nel proprio sito web in una sezione liberamente consultabile da tutti i cittadini, catalogate in base alla tipologia di stazione appaltante e per regione. L'Autorità individua con propria deliberazione le informazioni rilevanti e le relative modalità di trasmissione. Entro il 30 aprile di ciascun anno, l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture trasmette alla Corte dei conti l'elenco delle amministrazioni che hanno omesso di trasmettere e pubblicare, in tutto o in parte, le informazioni di cui al presente comma in formato digitale standard aperto. Si applica l'articolo 6, comma 11, del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.

32. Con riferimento ai procedimenti di cui al comma 16, lettera b), del presente articolo, le stazioni appaltanti sono in ogni caso tenute a pubblicare nei propri siti web istituzionali: la struttura proponente; l'oggetto del bando; l'elenco degli operatori invitati a presentare offerte; l'aggiudicatario; l'importo di aggiudicazione; i tempi di completamento dell'opera, servizio o fornitura; l'importo delle somme liquidate. Entro il 31 gennaio di ogni anno, tali informazioni, relativamente all'anno precedente, sono pubblicate in tabelle riassuntive rese liberamente scaricabili in un formato digitale standard aperto che consenta di analizzare e rielaborare, anche a fini statistici, i dati informatici. Le amministrazioni trasmettono in formato digitale tali informazioni all'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, che le pubblica nel proprio sito web in una sezione liberamente consultabile da tutti i cittadini, catalogate in base alla tipologia di stazione appaltante e per regione. L'Autorità individua con propria deliberazione le informazioni rilevanti e le relative modalità di trasmissione. Entro il 30 aprile di ciascun anno, l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture trasmette alla Corte dei conti l'elenco delle amministrazioni che hanno omesso di trasmettere e pubblicare, in tutto o in parte, le informazioni di cui al presente comma in formato digitale standard aperto. Si applica l'articolo 6, comma 11, del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.

19. La mancata o incompleta pubblicazione, da parte delle pubbliche amministrazioni, delle informazioni di cui al comma 17 del presente articolo costituisce violazione degli standard qualitativi ed economici ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 20 dicembre 2009, n. 198, ed è comunque valutata ai sensi dell'articolo 21 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni. Eventuali ritardi nell'aggiornamento dei contenuti sugli strumenti informatici sono sanzionati a carico dei responsabili del servizio.

33. La mancata o incompleta pubblicazione, da parte delle pubbliche amministrazioni, delle informazioni di cui al comma 31 costituisce violazione degli standard qualitativi ed economici ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 20 dicembre 2009, n. 198, ed è comunque valutata ai sensi dell'articolo 21 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni. Eventuali ritardi nell'aggiornamento dei contenuti sugli strumenti informatici sono sanzionati a carico dei responsabili del servizio.

20. Le disposizioni del presente articolo si applicano alle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, agli enti pubblici nazionali, nonché alle società partecipate dalle amministrazioni pubbliche, limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell'Unione europea.

34. Le disposizioni dei commi da 15 a 33 si applicano alle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, agli enti pubblici nazionali, nonché alle società partecipate dalle amministrazioni pubbliche e dalle loro controllate, ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile, limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell'Unione europea.

21. Il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per il riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, mediante la modifica o l'integrazione delle disposizioni vigenti, ovvero mediante la previsione di nuove forme di pubblicità, nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

35. Identico.

a) ricognizione e coordinamento delle disposizioni che prevedono obblighi di pubblicità a carico delle amministrazioni pubbliche;

 

b) previsione di forme di pubblicità sia in ordine all'uso delle risorse pubbliche sia in ordine allo svolgimento e ai risultati delle funzioni amministrative;

 

c) precisazione degli obblighi di pubblicità di dati relativi ai titolari di incarichi politici, di carattere elettivo o comunque di esercizio di poteri di indirizzo politico, di livello statale, regionale e locale. Le dichiarazioni oggetto di pubblicazione obbligatoria di cui alla lettera a) devono concernere almeno la situazione patrimoniale complessiva del titolare al momento dell'assunzione della carica, la titolarità di imprese, le partecipazioni azionarie proprie, del coniuge e dei parenti entro il secondo grado di parentela, nonché tutti i compensi cui dà diritto l'assunzione della carica;

 

d) ampliamento delle ipotesi di pubblicità, mediante pubblicazione nei siti web istituzionali, di informazioni relative ai titolari degli incarichi dirigenziali nelle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, sia con riferimento a quelli che comportano funzioni di amministrazione e gestione, sia con riferimento agli incarichi di responsabilità degli uffici di diretta collaborazione;

 

e) definizione di categorie di informazioni che le amministrazioni devono pubblicare e delle modalità di elaborazione dei relativi formati;

 

f) obbligo di pubblicare tutti gli atti, i documenti e le informazioni di cui al presente comma anche in formato elettronico elaborabile e in formati di dati aperti. Per formati di dati aperti si devono intendere almeno i dati resi disponibili e fruibili on line in formati non proprietari, a condizioni tali da permetterne il più ampio riutilizzo anche a fini statistici e la ridistribuzione senza ulteriori restrizioni d'uso, di riuso o di diffusione diverse dall'obbligo di citare la fonte e di rispettarne l'integrità;

 

g) individuazione, anche mediante integrazione e coordinamento della disciplina vigente, della durata e dei termini di aggiornamento per ciascuna pubblicazione obbligatoria;

 

h) individuazione, anche mediante revisione e integrazione della disciplina vigente, delle responsabilità e delle sanzioni per il mancato, ritardato o inesatto adempimento degli obblighi di pubblicazione.

 

22. Le disposizioni di cui al decreto legislativo adottato ai sensi del comma 21 integrano l'individuazione del livello essenziale delle prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche a fini di trasparenza, prevenzione, contrasto della corru-zione e della cattiva amministrazione, a norma dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, e costituiscono altresì esercizio della funzione di coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale, di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera r), della Costituzione.

36. Le disposizioni di cui al decreto legislativo adottato ai sensi del comma 35 integrano l'individuazione del livello essenziale delle prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche a fini di trasparenza, prevenzione, contrasto della corru-zione e della cattiva amministrazione, a norma dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, e costituiscono altresì esercizio della funzione di coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale, di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera r), della Costituzione.

Art. 4.
(Modifica all'articolo 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241, concernente gli obblighi dei soggetti privati preposti all'esercizio di attività amministrative).

 

1. All'articolo 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241, al comma 1-ter sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, con un livello di garanzia non inferiore a quello cui sono tenute le pubbliche amministrazioni in forza delle disposizioni di cui alla presente legge».

37. Identico.

Art. 5.
(Modifica all'articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, concernente il provvedimento conclusivo del procedimento amministrativo).

 

1. All'articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, al comma 1 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Se ravvisano la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza della domanda, le pubbliche amministrazioni concludono il procedimento con un provvedimento espresso redatto in forma semplificata, la cui motivazione può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo».

38. Identico.

Art. 6.
(Trasparenza delle attribuzioni di posizioni dirigenziali).

 

1. Al fine di garantire l'esercizio imparziale delle funzioni amministrative e di rafforzare la separazione e la reciproca autonomia tra organi di indirizzo politico e organi amministrativi, le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, nonché le aziende e le società partecipate dallo Stato e dagli altri enti pubblici, in occasione del monitoraggio posto in essere ai fini dell'articolo 36, comma 3, del medesimo decreto legislativo n. 165 del 2001, e successive modificazioni, comunicano al Dipartimento della funzione pubblica, per il tramite degli organismi indipendenti di valutazione, tutti i dati utili a rilevare le posizioni dirigenziali attribuite a persone, anche esterne alle pubbliche amministrazioni, individuate discrezionalmente dall'organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione. I dati forniti confluiscono nella relazione annuale al Parlamento di cui al citato articolo 36, comma 3, del decreto legislativo n. 165 del 2001, e successive modificazioni, e vengono trasmessi alla Commissione per le finalità di cui all'articolo 1 della presente legge.

39. Al fine di garantire l'esercizio imparziale delle funzioni amministrative e di rafforzare la separazione e la reciproca autonomia tra organi di indirizzo politico e organi amministrativi, le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, nonché le aziende e le società partecipate dallo Stato e dagli altri enti pubblici, in occasione del monitoraggio posto in essere ai fini dell'articolo 36, comma 3, del medesimo decreto legislativo n. 165 del 2001, e successive modificazioni, comunicano al Dipartimento della funzione pubblica, per il tramite degli organismi indipendenti di valutazione, tutti i dati utili a rilevare le posizioni dirigenziali attribuite a persone, anche esterne alle pubbliche amministrazioni, individuate discrezionalmente dall'organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione. I dati forniti confluiscono nella relazione annuale al Parlamento di cui al citato articolo 36, comma 3, del decreto legislativo n. 165 del 2001, e successive modificazioni, e vengono trasmessi alla Commissione per le finalità di cui ai commi da 1 a 14 del presente articolo.

2. I titoli e i curricula riferiti ai soggetti di cui al comma 1 si intendono parte integrante dei dati comunicati al Dipartimento della funzione pubblica.

40. I titoli e i curricula riferiti ai soggetti di cui al comma 39 si intendono parte integrante dei dati comunicati al Dipartimento della funzione pubblica.

Art. 7.
(Introduzione dell'articolo 6-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, in materia di conflitto di interessi).

 

1. Nel capo II della legge 7 agosto 1990, n. 241, dopo l'articolo 6 è aggiunto il seguente:

41. Identico.

«Art. 6-bis. — (Conflitto di interessi). — 1. Il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale».

 

Art. 8.
(Modifiche agli articoli 53 e 54 e introduzione dell'articolo 35-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165).

 

1. All'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

42. Identico:

a) dopo il comma 3 è inserito il seguente:

a) identica;

«3-bis. Ai fini previsti dal comma 2, con appositi regolamenti emanati su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, di concerto con i Ministri interessati, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, sono individuati, secondo criteri differenziati in rapporto alle diverse qualifiche e ruoli professionali, gli incarichi vietati ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2»;

 

b) al comma 5 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «o situazioni di conflitto, anche potenziale, di interessi, che pregiudichino l'esercizio imparziale delle funzioni attribuite al dipendente»;

b) identica;

c) al comma 7 e al comma 9, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Ai fini dell'autorizzazione, l'amministrazione verifica l'insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi»;

c) identica;

d) dopo il comma 7 è inserito il seguente:

d) identica;

«7-bis. L'omissione del versamento del compenso da parte del dipendente pubblico indebito percettore costituisce ipotesi di responsabilità erariale soggetta alla giurisdizione della Corte dei conti»;

 

e) il comma 11 è sostituito dal seguente:

e) identica;

«11. Entro quindici giorni dall'erogazione del compenso per gli incarichi di cui al comma 6, i soggetti pubblici o privati comunicano all'amministrazione di appartenenza l'ammontare dei compensi erogati ai dipendenti pubblici»;

 

f) al comma 12, il primo periodo è sostituito dal seguente: «Le amministrazioni pubbliche che conferiscono o autorizzano incarichi, anche a titolo gratuito, ai propri dipendenti comunicano in via telematica, nel termine di quindici giorni, al Dipartimento della funzione pubblica gli incarichi conferiti o autorizzati ai dipendenti stessi, con l'indicazione dell'oggetto dell'incarico e del compenso lordo, ove previsto»; al medesimo comma 12, al secondo periodo, le parole: «L'elenco è accompagnato» sono sostituite dalle seguenti: «La comunicazione è accompagnata» e, al terzo periodo, le parole: «Nello stesso termine» sono sostituite dalle seguenti: «Entro il 30 giugno di ciascun anno»;

f) identica;

g) al comma 13, le parole: «Entro lo stesso termine di cui al comma 12» sono sostituite dalle seguenti: «Entro il 30 giugno di ciascun anno»;

g) identica;

h) al comma 14, secondo periodo, dopo le parole: «l'oggetto, la durata e il compenso dell'incarico» sono aggiunte le seguenti: «nonché l'attestazione dell'avvenuta verifica dell'insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interessi»;

h) identica;

i) al comma 14, dopo il secondo periodo sono inseriti i seguenti: «Le informazioni relative a consulenze e incarichi comunicate dalle amministrazioni al Dipartimento della funzione pubblica, nonché le informazioni pubblicate dalle stesse nelle proprie banche dati accessibili al pubblico per via telematica ai sensi del presente articolo, sono trasmesse e pubblicate in tabelle riassuntive rese liberamente scaricabili in un formato digitale standard aperto che consenta di analizzare e rielaborare, anche a fini statistici, i dati informatici. Entro il 31 dicembre di ciascun anno il Dipartimento della funzione pubblica trasmette alla Corte dei conti l'elenco delle amministrazioni che hanno omesso di trasmettere e pubblicare, in tutto o in parte, le informazioni di cui al terzo periodo del presente comma in formato digitale standard aperto»;

i) identica;

l) dopo il comma 16-bis è aggiunto il seguente:

l) identico:

«16-ter. I dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, non possono svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell'attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri. I contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione di quanto previsto dal presente comma sono nulli ed è fatto divieto ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni ed è prevista la restituzione dei compensi eventualmente percepiti e accertati ad essi riferiti».

«16-ter. I dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, non possono svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell'attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri. I contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione di quanto previsto dal presente comma sono nulli ed è fatto divieto ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni con obbligo di restituzione dei compensi eventualmente percepiti e accertati ad essi riferiti».

2. Le disposizioni di cui all'articolo 53, comma 16-ter, secondo periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, introdotto dal comma 1, lettera l), del presente articolo, non si applicano ai contratti già sottoscritti alla data di entrata in vigore della presente legge.

43. Le disposizioni di cui all'articolo 53, comma 16-ter, secondo periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, introdotto dal comma 42, lettera l), non si applicano ai contratti già sottoscritti alla data di entrata in vigore della presente legge.

3. L'articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è sostituito dal seguente:

44. Identico.

«Art. 54. – (Codice di comportamento). – 1. Il Governo definisce un codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni al fine di assicurare la qualità dei servizi, la prevenzione dei fenomeni di corruzione, il rispetto dei doveri costituzionali di diligenza, lealtà, imparzialità e servizio esclusivo alla cura dell'interesse pubblico. Il codice contiene una specifica sezione dedicata ai doveri dei dirigenti, articolati in relazione alle funzioni attribuite, e comunque prevede per tutti i dipendenti pubblici il divieto di chiedere o di accettare, a qualsiasi titolo, compensi, regali o altre utilità, in connessione con l'espletamento delle proprie funzioni o dei compiti affidati, fatti salvi i regali d'uso, purché di modico valore e nei limiti delle normali relazioni di cortesia.

 

2. Il codice, approvato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, previa intesa in sede di Conferenza unificata, è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale e consegnato al dipendente, che lo sottoscrive all'atto dell'assunzione.

 

3. La violazione dei doveri contenuti nel codice di comportamento, compresi quelli relativi all'attuazione del piano di prevenzione della corruzione, è fonte di responsabilità disciplinare. La violazione dei doveri è altresì rilevante ai fini della responsabilità civile, amministrativa e contabile ogniqualvolta le stesse responsabilità siano collegate alla violazione di doveri, obblighi, leggi o regolamenti. Violazioni gravi o reiterate del codice comportano l'applicazione della sanzione di cui all'articolo 55-quater, comma 1.

 

4. Per ciascuna magistratura e per l'Avvocatura dello Stato, gli organi delle associazioni di categoria adottano un codice etico a cui devono aderire gli appartenenti alla magistratura interessata. In caso di inerzia, il codice è adottato dall'organo di autogoverno.

 

5. Ciascuna pubblica amministrazione definisce, con procedura aperta alla partecipazione e previo parere obbligatorio del proprio organismo indipendente di valutazione, un proprio codice di comportamento che integra e specifica il codice di comportamento di cui al comma 1. Al codice di comportamento di cui al presente comma si applicano le disposizioni del comma 3. A tali fini, la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche (CIVIT) definisce criteri, linee guida e modelli uniformi per singoli settori o tipologie di amministrazione.

 

6. Sull'applicazione dei codici di cui al presente articolo vigilano i dirigenti responsabili di ciascuna struttura, le strutture di controllo interno e gli uffici di disciplina.

 

7. Le pubbliche amministrazioni verificano annualmente lo stato di applicazione dei codici e organizzano attività di formazione del personale per la conoscenza e la corretta applicazione degli stessi».

 

4. I codici di cui all'articolo 54, commi 1 e 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come sostituito dal comma 3 del presente articolo, sono approvati entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

45. I codici di cui all'articolo 54, commi 1 e 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come sostituito dal comma 44 del presente articolo, sono approvati entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

5. Dopo l'articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è inserito il seguente:

46. Identico.

«Art. 35-bis. – (Prevenzione del fenomeno della corruzione nella formazione di commissioni e nelle assegnazioni agli uffici).1. Coloro che sono stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per i reati previsti nel capo I del titolo II del libro secondo del codice penale:

 

a) non possono fare parte, anche con compiti di segreteria, di commissioni per l'accesso o la selezione a pubblici impieghi;

 

b) non possono essere assegnati, anche con funzioni direttive, agli uffici preposti alla gestione delle risorse finanziarie, all'acquisizione di beni, servizi e forniture, nonché alla concessione o all'erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari o attribuzioni di vantaggi economici a soggetti pubblici e privati;

 

c) non possono fare parte delle commissioni per la scelta del contraente per l'affidamento di lavori, forniture e servizi, per la concessione o l'erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché per l'attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere.

 

2. La disposizione prevista al comma 1 integra le leggi e regolamenti che disciplinano la formazione di commissioni e la nomina dei relativi segretari».

 

Art. 9.
(Modifica all'articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241, concernente la motivazione degli accordi integrativi o sostitutivi del provvedimento).

 

1. All'articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n. 241, al comma 2 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Gli accordi di cui al presente articolo devono essere motivati ai sensi dell'articolo 3».

47. Identico.

Art. 10.
(Delega al Governo per la definizione degli illeciti e delle sanzioni disciplinari concernenti i termini dei procedimenti amministrativi).

 

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per la disciplina organica degli illeciti, e relative sanzioni disciplinari, correlati al superamento dei termini di definizione dei procedimenti amministrativi, secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:

48. Identico.

a) omogeneità degli illeciti connessi al ritardo, superando le logiche specifiche dei differenti settori delle pubbliche amministrazioni;

 

b) omogeneità dei controlli da parte dei dirigenti, volti a evitare ritardi;

 

c) omogeneità, certezza e cogenza nel sistema delle sanzioni, sempre in relazione al mancato rispetto dei termini.

 

Art. 11.
(Delega al Governo per la disciplina dei casi di non conferibilità e di incompatibilità degli incarichi dirigenziali).

 

1. Ai fini della prevenzione e del contrasto della corruzione, nonché della prevenzione dei conflitti di interessi, il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi diretti a modificare la disciplina vigente in materia di attribuzione di incarichi dirigenziali e di incarichi di responsabilità amministrativa di vertice nelle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, e negli enti di diritto privato sottoposti a controllo pubblico esercitanti funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici, da conferire a soggetti interni o esterni alle pubbliche amministrazioni, che comportano funzioni di amministrazione e gestione, nonché a modificare la disciplina vigente in materia di incompatibilità tra i detti incarichi e lo svolgimento di incarichi pubblici elettivi o la titolarità di interessi privati che possano porsi in conflitto con l'esercizio imparziale delle funzioni pubbliche affidate.

49. Identico.

2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono emanati nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

50. I decreti legislativi di cui al comma 49 sono emanati nel rispetto dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere in modo esplicito, ai fini della prevenzione e del contrasto della corruzione, i casi di non conferibilità di incarichi dirigenziali, adottando in via generale il criterio della non conferibilità per coloro che sono stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per i reati previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale;

a) identica;

b) prevedere in modo esplicito, ai fini della prevenzione e del contrasto della corruzione, i casi di non conferibilità di incarichi dirigenziali, adottando in via generale il criterio della non conferibilità per coloro che per un congruo periodo di tempo, non inferiore ad un anno, antecedente al conferimento abbiano svolto incarichi o ricoperto cariche in enti di diritto privato sottoposti a controllo o finanziati da parte dell'amministrazione che conferisce l'incarico;

b) identica;

c) disciplinare i criteri di conferimento nonché i casi di non conferibilità di incarichi dirigenziali ai soggetti estranei alle amministrazioni che, per un congruo periodo di tempo, non inferiore ad un anno, antecedente al conferimento abbiano fatto parte di organi di indirizzo politico o abbiano ricoperto cariche pubbliche elettive. I casi di non conferibilità devono essere graduati e regolati in rapporto alla rilevanza delle cariche di carattere politico ricoperte, all'ente di riferimento e al collegamento, anche territoriale, con l'amministrazione che conferisce l'incarico. È escluso in ogni caso, fatta eccezione per gli incarichi di responsabile degli uffici di diretta collaborazione degli organi di indirizzo politico, il conferimento di incarichi dirigenziali a coloro che presso le medesime amministrazioni abbiano svolto incarichi di indirizzo politico o abbiano ricoperto cariche pubbliche elettive nel periodo, comunque non inferiore ad un anno, immediatamente precedente al conferimento dell'incarico;

c) identica;

d) comprendere tra gli incarichi oggetto della disciplina:

d) identica;

1) gli incarichi amministrativi di vertice nonché gli incarichi dirigenziali, anche conferiti a soggetti estranei alle pubbliche amministrazioni, che comportano l'esercizio in via esclusiva delle competenze di amministrazione e gestione;

 

2) gli incarichi di direttore generale, sanitario e amministrativo delle aziende sanitarie locali e delle aziende ospedaliere;

 

3) gli incarichi di amministratore di enti pubblici e di enti di diritto privato sottoposti a controllo pubblico;

 

e) disciplinare i casi di incompatibilità tra gli incarichi di cui alla lettera d) già conferiti e lo svolgimento di attività, retribuite o no, presso enti di diritto privato sottoposti a regolazione, a controllo o finanziati da parte dell'amministrazione che ha conferito l'incarico o lo svolgimento in proprio di attività professionali, se l'ente o l'attività professionale sono soggetti a regolazione o finanziati da parte dell'amministrazione;

e) identica;

f) disciplinare i casi di incompatibilità tra gli incarichi di cui alla lettera d) già conferiti e l'esercizio di cariche negli organi di indirizzo politico.

f) identica.

Art. 12.
(Introduzione dell'articolo 54-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165).

 

1. Dopo l'articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è inserito il seguente:

51. Identico.

«Art. 54-bis. – (Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti). – 1. Fuori dei casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione, ovvero per lo stesso titolo ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile, il pubblico dipendente che denuncia all'autorità giudiziaria o alla Corte dei conti ovvero riferisce al proprio superiore gerarchico condotte illecite, di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia.

 

2. Nell'ambito del procedimento disciplinare, l'identità del segnalante non può essere rivelata, senza il suo consenso, sempre che la contestazione dell'addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione. Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnala-zione, l'identità può essere rivelata ove la sua conoscenza sia assolutamente indispensabile per la difesa dell'incolpato.

 

3. L'adozione di misure discriminatorie è segnalata al Dipartimento della funzione pubblica, per i provvedimenti di competenza, dall'interessato o dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nell'amministrazione nella quale le stesse sono state poste in essere.

 

4. La denuncia è sottratta all'accesso previsto dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni».

 

Art. 13.
(Attività di imprese particolarmente esposte al rischio di infiltrazione mafiosa).

 

1. Per l'efficacia dei controlli antimafia nelle attività imprenditoriali di cui al comma 2, presso ogni prefettura è istituito l'elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa operanti nei medesimi settori. L'iscrizione negli elenchi della prefettura della provincia in cui l'impresa ha sede soddisfa i requisiti per l'informazione antimafia per l'esercizio della relativa attività. La prefettura effettua verifiche periodiche circa la perdurante insussistenza dei suddetti rischi e, in caso di esito negativo, dispone la cancellazione dell'impresa dall'elenco.

52. Per l'efficacia dei controlli antimafia nelle attività imprenditoriali di cui al comma 53, presso ogni prefettura è istituito l'elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa operanti nei medesimi settori. L'iscrizione negli elenchi della prefettura della provincia in cui l'impresa ha sede soddisfa i requisiti per l'informazione antimafia per l'esercizio della relativa attività. La prefettura effettua verifiche periodiche circa la perdurante insussistenza dei suddetti rischi e, in caso di esito negativo, dispone la cancellazione dell'impresa dall'elenco.

2. Sono definite come maggiormente esposte al rischio di infiltrazione mafiosa le seguenti attività:

53. Identico.

a) trasporto di materiali a discarica per conto di terzi;

 

b) trasporto, anche transfrontaliero, e smaltimento di rifiuti per conto di terzi;

 

c) estrazione, fornitura e trasporto di terra e materiali inerti;

 

d) confezionamento, fornitura e trasporto di calcestruzzo e di bitume;

 

e) noli a freddo di macchinari;

 

f) fornitura di ferro lavorato;

 

g) noli a caldo;

 

h) autotrasporti per conto di terzi;

 

i) guardianìa dei cantieri.

 

3. L'indicazione delle attività di cui al comma 2 può essere aggiornata, entro il 31 dicembre di ogni anno, con apposito decreto del Ministro dell'interno, adottato di concerto con i Ministri della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, da rendere entro trenta giorni dalla data di trasmissione del relativo schema alle Camere. Qualora le Commissioni non si pronuncino entro il termine, il decreto può essere comunque adottato.

54. L'indicazione delle attività di cui al comma 53 può essere aggiornata, entro il 31 dicembre di ogni anno, con apposito decreto del Ministro dell'interno, adottato di concerto con i Ministri della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, da rendere entro trenta giorni dalla data di trasmissione del relativo schema alle Camere. Qualora le Commissioni non si pronuncino entro il termine, il decreto può essere comunque adottato.

4. L'impresa iscritta nell'elenco di cui al comma 1 comunica alla prefettura competente qualsiasi modifica dell'assetto proprietario e dei propri organi sociali, entro trenta giorni dalla data della modifica. Le società di capitali quotate in mercati regolamentati comunicano le variazioni rilevanti secondo quanto previsto dal testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. La mancata comunicazione comporta la cancellazione dell'iscrizione.

55. L'impresa iscritta nell'elenco di cui al comma 52 comunica alla prefettura competente qualsiasi modifica dell'assetto proprietario e dei propri organi sociali, entro trenta giorni dalla data della modifica. Le società di capitali quotate in mercati regolamentati comunicano le variazioni rilevanti secondo quanto previsto dal testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. La mancata comunicazione comporta la cancellazione dell'iscrizione.

5. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e la semplificazione, dell'interno, della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti e dello sviluppo economico, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le modalità per l'istituzione e l'aggiornamento, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, dell'elenco di cui al comma 1, nonché per l'attività di verifica.

56. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e la semplificazione, dell'interno, della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti e dello sviluppo economico, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le modalità per l'istituzione e l'aggiornamento, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, dell'elenco di cui al comma 52, nonché per l'attività di verifica.

6. Fino al sessantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 5 continua ad applicarsi la normativa vigente alla data di entrata in vigore della presente legge.

57. Fino al sessantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 56 continua ad applicarsi la normativa vigente alla data di entrata in vigore della presente legge.

Art. 14.
(Modifica al codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163).

 

1. All'articolo 135, comma 1, del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, dopo le parole: «passata in giudicato» sono inserite le seguenti: «per i delitti previsti dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale, dagli articoli 314, primo comma, 316, 316-bis, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater e 320 del codice penale, nonché».

58. Identico.

Art. 15.
(Prevenzione della corruzione nelle regioni, negli enti locali, negli enti pubblici e nei soggetti di diritto privato sottoposti al loro controllo).

 

1. Le disposizioni di prevenzione della corruzione di cui agli articoli da 1 a 13 della presente legge, di diretta attuazione del principio di imparzialità di cui all'articolo 97 della Costituzione, sono applicate in tutte le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.

59. Le disposizioni di prevenzione della corruzione di cui ai commi da 1 a 57 del presente articolo, di diretta attuazione del principio di imparzialità di cui all'articolo 97 della Costituzione, sono applicate in tutte le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.

2. Entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, attraverso intese in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8, comma 1, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, si definiscono gli adempimenti, con l'indicazione dei relativi termini, delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano e degli enti locali, nonché degli enti pubblici e dei soggetti di diritto privato sottoposti al loro controllo, volti alla piena e sollecita attuazione delle disposizioni della presente legge, con particolare riguardo:

60. Identico:

a) alla definizione, da parte di ciascuna amministrazione, del piano triennale di prevenzione della corruzione, a partire da quello relativo agli anni 2013-2015, e alla sua trasmissione alla regione interessata e al Dipartimento della funzione pubblica;

a) identica;

b) all'adozione, da parte di ciascuna amministrazione, di norme regolamentari relative all'individuazione degli incarichi vietati ai dipendenti pubblici di cui all'articolo 53, comma 3-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, introdotto dall'articolo 8 della presente legge, ferma restando la disposizione del comma 4 dello stesso articolo 53;

b) all'adozione, da parte di ciascuna amministrazione, di norme regolamentari relative all'individuazione degli incarichi vietati ai dipendenti pubblici di cui all'articolo 53, comma 3-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, introdotto dal comma 42, lettera a), del presente articolo, ferma restando la disposizione del comma 4 dello stesso articolo 53;

c) all'adozione, da parte di ciascuna amministrazione, del codice di comportamento di cui all'articolo 54, comma 5, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come sostituito dall'articolo 8 della presente legge.

c) all'adozione, da parte di ciascuna amministrazione, del codice di comportamento di cui all'articolo 54, comma 5, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come sostituito dal comma 44 del presente articolo.

3. Attraverso intese in sede di Conferenza unificata sono altresì definiti gli adempimenti attuativi delle disposizioni dei decreti legislativi previsti dalla presente legge da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano e degli enti locali, nonché degli enti pubblici e dei soggetti di diritto privato sottoposti al loro controllo.

61. Identico.

Art. 16.
(Modifica all'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20).

 

1. All'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, dopo il comma 1-quinquies sono inseriti i seguenti:

62. Identico.

«1-sexies. Nel giudizio di responsabilità, l'entità del danno all'immagine della pubblica amministrazione derivante dalla commissione di un reato contro la stessa pubblica amministrazione accertato con sentenza passata in giudicato si presume, salva prova contraria, pari al doppio della somma di denaro o del valore patrimoniale di altra utilità illecitamente percepita dal dipendente.

 

1-septies. Nei giudizi di responsabilità aventi ad oggetto atti o fatti di cui al comma 1-sexies, il sequestro conservativo di cui all'articolo 5, comma 2, del decreto-legge 15 novembre 1993, n. 453, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19, è concesso in tutti i casi di fondato timore di attenuazione della garanzia del credito erariale».

 

Art. 17.
(Delega al Governo per l'adozione di un testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di governo conseguente a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi).

 

1. Il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo recante un testo unico della normativa in materia di incandidabilità alla carica di membro del Parlamento europeo, di deputato e di senatore della Repubblica, di incandidabilità alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali e di divieto di ricoprire le cariche di presidente e di componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, di presidente e di componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, di consigliere di amministrazione e di presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all'articolo 114 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, di presidente e di componente degli organi esecutivi delle comunità montane.

63. Identico.

2. Il decreto legislativo di cui al comma 1 provvede al riordino e all'armonizzazione della vigente normativa ed è adottato secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:

64. Il decreto legislativo di cui al comma 63 provvede al riordino e all'armonizzazione della vigente normativa ed è adottato secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) ferme restando le disposizioni del codice penale in materia di interdizione perpetua dai pubblici uffici, prevedere che non siano temporaneamente candidabili a deputati o a senatori coloro che abbiano riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione per i delitti previsti dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale;

a) identica;

b) in aggiunta a quanto previsto nella lettera a), prevedere che non siano temporaneamente candidabili a deputati o a senatori coloro che abbiano riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione per i delitti previsti nel libro secondo, titolo II, capo I, del codice penale ovvero per altri delitti per i quali la legge preveda una pena detentiva superiore nel massimo a tre anni;

b) identica;

c) prevedere la durata dell'incandidabilità di cui alle lettere a) e b);

c) identica;

d) prevedere che l'incandidabilità operi anche in caso di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale;

d) identica;

e) coordinare le disposizioni relative all'incandidabilità con le vigenti norme in materia di interdizione dai pubblici uffici e di riabilitazione, nonché con le restrizioni all'esercizio del diritto di elettorato attivo;

e) identica;

f) prevedere che le condizioni di incandidabilità alla carica di deputato e di senatore siano applicate altresì all'assunzione delle cariche di governo;

f) identica;

g) operare una completa ricognizione della normativa vigente in materia di incandidabilità alle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali e di divieto di ricoprire le cariche di presidente della provincia, sindaco, assessore e consigliere provinciale e comunale, presidente e componente del consiglio circoscrizionale, presidente e componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all'articolo 114 del testo unico di cui al citato decreto legislativo n. 267 del 2000, presidente e componente degli organi delle comunità montane, determinata da sentenze definitive di condanna;

g) identica;

h) valutare per le cariche di cui alla lettera g), in coerenza con le scelte operate in attuazione delle lettere a) e i), l'introduzione di ulteriori ipotesi di incandidabilità determinate da sentenze definitive di condanna per delitti di grave allarme sociale;

h) identica;

i) individuare, fatta salva la competenza legislativa regionale sul sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del presidente e degli altri componenti della giunta regionale nonché dei consiglieri regionali, le ipotesi di incandidabilità alle elezioni regionali e di divieto di ricoprire cariche negli organi politici di vertice delle regioni, conseguenti a sentenze definitive di condanna;

i) identica;

l) prevedere l'abrogazione espressa della normativa incompatibile con le disposizioni del decreto legislativo di cui al comma 1;

l) prevedere l'abrogazione espressa della normativa incompatibile con le disposizioni del decreto legislativo di cui al comma 63;

m) disciplinare le ipotesi di sospensione e decadenza di diritto dalle cariche di cui al comma 1 in caso di sentenza definitiva di condanna per delitti non colposi successiva alla candidatura o all'affidamento della carica.

m) disciplinare le ipotesi di sospensione e decadenza di diritto dalle cariche di cui al comma 63 in caso di sentenza definitiva di condanna per delitti non colposi successiva alla candidatura o all'affidamento della carica.

3. Lo schema del decreto legislativo di cui al comma 1, corredato di relazione tecnica, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, e successive modificazioni, è trasmesso alle Camere ai fini dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che sono resi entro sessanta giorni dalla data di trasmissione dello schema di decreto. Decorso il termine di cui al periodo precedente senza che le Commissioni abbiano espresso i pareri di rispettiva competenza, il decreto legislativo può essere comunque adottato.

65. Lo schema del decreto legislativo di cui al comma 63, corredato di relazione tecnica, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, è trasmesso alle Camere ai fini dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che sono resi entro sessanta giorni dalla data di trasmissione dello schema di decreto. Decorso il termine di cui al periodo precedente senza che le Commissioni abbiano espresso i pareri di rispettiva competenza, il decreto legislativo può essere comunque adottato.

 

66. Tutti gli incarichi presso istituzioni, organi ed enti pubblici, nazionali ed internazionali attribuiti in posizioni apicali o semiapicali, compresi quelli di titolarità dell'ufficio di gabinetto, a magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, avvocati e procuratori dello Stato, devono essere svolti con contestuale collocamento in posizione di fuori ruolo, che deve permanere per tutta la durata dell'incarico. Gli incarichi in corso alla data di entrata in vigore della presente legge cessano di diritto se nei centottanta giorni successivi non viene adottato il provvedimento di collocamento in posizione di fuori ruolo.

 

67. Il Governo è delegato ad adottare, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per l'individuazione di ulteriori incarichi, anche negli uffici di diretta collaborazione, che, in aggiunta a quelli di cui al comma 66, comportano l'obbligatorio collocamento in posizione di fuori ruolo, sulla base dei seguenti princìpi e criteri direttivi:

 

a) tener conto delle differenze e specificità dei regimi e delle funzioni connessi alla giurisdizione ordinaria, amministrativa, contabile e militare, nonché all'Avvocatura dello Stato;

 

b) durata dell'incarico;

 

c) continuatività e onerosità dell'impegno lavorativo connesso allo svolgimento dell'incarico;

 

d) possibili situazioni di conflitto di interesse tra le funzioni esercitate presso l'amministrazione di appartenenza e quelle esercitate in ragione dell'incarico ricoperto fuori ruolo.

Art. 18.
(Norme in materia di collocamento fuori ruolo dei magistrati ordinari, amministrativi e contabili e degli avvocati e procuratori dello Stato).

 

1. Il servizio in posizione di fuori ruolo, o in un'altra analoga posizione, svolto dai magistrati ordinari, amministrativi e contabili e dagli avvocati e procuratori dello Stato, previsto dagli ordinamenti di appartenenza, non può essere prestato per più di cinque anni consecutivi. I magistrati ordinari, amministrativi e contabili e gli avvocati e procuratori dello Stato non possono in nessun caso essere collocati fuori ruolo per un tempo che, nell'arco del loro servizio, superi complessivamente dieci anni. I magistrati ordinari, amministrativi e contabili e gli avvocati e procuratori dello Stato che sono stati ricollocati in ruolo non possono essere nuovamente collocati fuori ruolo se non hanno esercitato continuativamente ed effettivamente le proprie funzioni per almeno cinque anni. Le predette posizioni in ogni caso non possono determinare alcun pregiudizio relativo al posizionamento nei ruoli di appartenenza.

68. Salvo quanto previsto dal comma 69, i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, gli avvocati e procuratori dello Stato non possono essere collocati in posizione di fuori ruolo per un tempo che, nell'arco del loro servizio, superi complessivamente dieci anni, anche continuativi. Il predetto collocamento non può comunque determinare alcun pregiudizio con riferimento alla posizione rivestita nei ruoli di appartenenza.

2. Il personale collocato fuori ruolo di cui al comma 1 mantiene esclusivamente il trattamento economico fondamentale dell'amministrazione di appartenenza, compresa l'indennità, e i relativi oneri rimangono a carico della stessa.

Soppresso.

3. Le disposizioni del presente articolo prevalgono su ogni altra norma, anche di natura speciale, e si applicano anche agli incarichi già conferiti alla data della sua entrata in vigore.

Soppresso.

 

69. Salvo quanto previsto nei commi 70, 71 e 72 le disposizioni di cui al comma 68 si applicano anche agli incarichi in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.

 

70. Le disposizioni di cui ai commi da 66 a 72 non si applicano ai membri di Governo, alle cariche elettive, anche presso gli organi di autogoverno, ai componenti delle Corti internazionali comunque denominate.

 

71. Per gli incarichi previsti dal comma 4 dell'articolo 1-bis del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181, anche se conferiti successivamente all'entrata in vigore della presente legge, il termine di cui al comma 68 decorre dalla data di entrata in vigore della presente legge.

 

72. I magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, nonché gli avvocati e procuratori dello Stato che, alla data di entrata in vigore della presente legge, hanno già maturato o che, successivamente a tale data, maturino il periodo massimo di collocamento in posizione di fuori ruolo, di cui al comma 68, si intendono confermati nella posizione di fuori ruolo sino al termine dell'incarico, della legislatura, della consiliatura o del mandato relativo all'ente o soggetto presso cui è svolto l'incarico. Qualora l'incarico non preveda un termine, il collocamento in posizione di fuori ruolo si intende confermato per i dodici mesi successivi all'entrata in vigore della presente legge.

 

73. Lo schema del decreto legislativo di cui al comma 67 è trasmesso alle Camere ai fini dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia, che sono resi entro trenta giorni dalla data di trasmissione del medesimo schema di decreto. Decorso il termine senza che le Commissioni abbiano espresso i pareri di rispettiva competenza il decreto legislativo può essere comunque adottato.

 

74. Entro un anno dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al comma 67, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi ivi stabiliti, il Governo è autorizzato ad adottare disposizioni integrative o correttive del decreto legislativo stesso.

Art. 19.
(Modifiche al codice penale).

 

1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

75. Identico:

a) all'articolo 32-quater, dopo le parole: «319-bis,» sono inserite le seguenti: «319-quater,»;

a) identica;

b) all'articolo 32-quinquies, dopo le parole: «319-ter» sono inserite le seguenti: «, 319-quater, primo comma,»;

b) identica;

c) al primo comma dell'articolo 314, la parola: «tre» è sostituita dalla seguente: «quattro»;

c) identica;

d) l'articolo 317 è sostituito dal seguente:

d) identica;

«Art. 317. – (Concussione). – Il pubblico ufficiale che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità è punito con la reclusione da sei a dodici anni»;

 

e) all'articolo 317-bis, le parole: «314 e 317» sono sostituite dalle seguenti: «314, 317, 319 e 319-ter»;

e) identica;

f) l'articolo 318 è sostituito dal seguente:

f) identica;

«Art. 318. – (Corruzione per l'esercizio della funzione). – Il pubblico ufficiale che, per l'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, indebitamente riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità o ne accetta la promessa è punito con la reclusione da uno a cinque anni»;

 

g) all'articolo 319, le parole: «da due a cinque» sono sostituite dalle seguenti: «da quattro a otto»;

g) identica;

h) all'articolo 319-ter sono apportate le seguenti modificazioni:

h) identica;

1) nel primo comma, le parole: «da tre a otto» sono sostituite dalle seguenti: «da quattro a dieci»;

 

2) nel secondo comma, la parola: «quattro» è sostituita dalla seguente: «cinque»;

 

i) dopo l'articolo 319-ter è inserito il seguente:

i) identica;

«Art. 319-quater. – (Induzione indebita a dare o promettere utilità). – Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità è punito con la reclusione da tre a otto anni.

 

Nei casi previsti dal primo comma, chi dà o promette denaro o altra utilità è punito con la reclusione fino a tre anni»;

 

l) all'articolo 320, il primo comma è sostituito dal seguente:

l) identica;

«Le disposizioni degli articoli 318 e 319 si applicano anche all'incaricato di un pubblico servizio»;

 

m) all'articolo 322 sono apportate le seguenti modificazioni:

m) identica;

1) nel primo comma, le parole: «che riveste la qualità di pubblico impiegato, per indurlo a compiere un atto del suo ufficio» sono sostituite dalle seguenti: «, per l'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri»;

 

2) il terzo comma è sostituito dal seguente:

 

«La pena di cui al primo comma si applica al pubblico ufficiale o all'incari-cato di un pubblico servizio che sollecita una promessa o dazione di denaro o altra utilità per l'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri»;

 

n) all'articolo 322-bis sono apportate le seguenti modificazioni:

n) identica;

1) nel secondo comma, dopo le parole: «Le disposizioni degli articoli» sono inserite le seguenti: «319-quater, secondo comma,»;

 

2) nella rubrica, dopo la parola: «concussione,» sono inserite le seguenti: «induzione indebita a dare o promettere utilità,»;

 

o) all'articolo 322-ter, primo comma, dopo le parole: «a tale prezzo» sono aggiunte le seguenti: «o profitto»;

o) identica;

p) all'articolo 323, primo comma, le parole: «da sei mesi a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «da uno a quattro anni»;

p) identica;

q) all'articolo 323-bis, dopo la parola: «319,» sono inserite le seguenti: «319-quater,»;

q) identica;

r) dopo l'articolo 346 è inserito il seguente:

r) identico:

«Art. 346-bis. – (Traffico di influenze illecite). – Chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 318, 319 e 319-ter, sfruttando relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o con un incaricato di un pubblico servizio, indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale, come prezzo della propria mediazione illecita, ovvero per remunerare il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, è punito con la reclusione da uno a tre anni.

«Art. 346-bis. – (Traffico di influenze illecite). – Chiunque, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 319 e 319-ter, sfruttando relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o con un incaricato di un pubblico servizio, indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale, come prezzo della propria mediazione illecita verso il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio ovvero per remunerarlo, in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio o all'omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio, è punito con la reclusione da uno a tre anni.

La stessa pena si applica a chi indebitamente dà o promette denaro o altro vantaggio patrimoniale.

Identico.

La pena è aumentata se il soggetto che indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio.

Identico.

Le pene sono altresì aumentate se i fatti sono commessi in relazione all'esercizio di attività giudiziarie.

Identico.

Se i fatti sono di particolare tenuità, la pena è diminuita».

Identico».

Art. 20.
(Modifica dell'articolo 2635 del codice civile).

 

1. L'articolo 2635 del codice civile è sostituito dal seguente:

76. Identico:

«Art. 2635. – (Corruzione tra privati). – Salvo che il fatto costituisca più grave reato, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, che, a seguito della dazione o della promessa di denaro o altra utilità, per sé o per altri, compiono od omettono atti, in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, cagionando nocumento alla società, sono puniti con la reclusione da uno a tre anni.

«Art. 2635. – (Corruzione tra privati).Identico.

Si applica la pena della reclusione fino a un anno e sei mesi se il fatto è commesso da chi è sottoposto alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti indicati al primo comma.

Identico.

Chi dà o promette denaro o altra utilità alle persone indicate nel primo e nel secondo comma è punito con le pene ivi previste.

Identico.

Le pene stabilite nei commi precedenti sono raddoppiate se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell'Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell'articolo 116 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni».

Identico.

 

Si procede a querela della persona offesa, salvo che dal fatto derivi una distorsione della concorrenza nella acquisizione di beni o servizi».

Art. 21.
(Modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231).

 

1. Al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, sono apportate le seguenti modificazioni:

77. Identico:

a) all'articolo 25:

a) identico:

1) al comma 3, dopo le parole: «319-ter, comma 2,» sono inserite le seguenti: «319-quater»;

1) nella rubrica, dopo la parola: «Concussione» sono inserite le seguenti: «, induzione indebita a dare o promettere utilità».

2) nella rubrica, dopo la parola: «Concussione» sono inserite le seguenti: «, induzione indebita a dare o promettere utilità»;

2) al comma 3, dopo le parole: «319-ter, comma 2,» sono inserite le seguenti: «319-quater».

b) all'articolo 25-ter, comma 1, dopo la lettera s) è aggiunta la seguente:

b) identica.

«s-bis) per il delitto di corruzione tra privati, nei casi previsti dal terzo comma dell'articolo 2635 del codice civile, la sanzione pecuniaria da duecento a quattrocento quote».

 

vedi articolo 22, comma 2.

78. All’articolo 308 del codice di procedura penale, dopo il comma 2 è inserito il seguente:

 

«2-bis. Nel caso si proceda per uno dei delitti previsti dagli articoli 314, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, primo comma, e 320 del codice penale, le misure interdittive perdono efficacia decorsi sei mesi dall'inizio della loro esecuzione. In ogni caso, qualora esse siano state disposte per esigenze probatorie, il giudice può disporne la rinnovazione anche oltre sei mesi dall'inizio dell'esecuzione, fermo restando che comunque la loro efficacia viene meno se dall'inizio della loro esecuzione è decorso un periodo di tempo pari al triplo dei termini previsti dall'articolo 303».

Art. 22.
(Modifiche al codice di procedura penale e alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del medesimo codice).

 

1. All'articolo 133, comma 1-bis, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, dopo le parole: «319-ter» sono inserite le seguenti: «, 319-quater».

79. Identico.

2. Dopo il comma 2 dell'articolo 308 del codice di procedura penale è inserito il seguente:

vedi comma 78

«2-bis. Nel caso si proceda per uno dei delitti previsti dagli articoli 314, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, primo comma, e 320 del codice penale, le misure interdittive perdono efficacia decorsi sei mesi dall'inizio della loro esecuzione. In ogni caso, qualora esse siano state disposte per esigenze probatorie, il giudice può disporne la rinnovazione anche oltre sei mesi dall'inizio dell'esecuzione, fermo restando che comunque la loro efficacia viene meno se dall'inizio della loro esecuzione è decorso un periodo di tempo pari al triplo dei termini previsti dall'articolo 303».

 

Art. 23.
(Modifiche all'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356).

 

1. All'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

80. Identico.

a) al comma 1, dopo le parole: «319-ter,» sono inserite le seguenti: «319-quater,»;

 

b) al comma 2-bis, dopo le parole: «319-ter,» sono inserite le seguenti: «319-quater,».

 

Art. 24.
(Modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonché disposizioni concernenti la revoca del segretario comunale o provinciale).

 

1. Al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:

81. Identico:

a) all'articolo 58, comma 1, lettera b), le parole: «(corruzione per un atto d'ufficio)» sono sostituite dalle seguenti: «(corruzione per l'esercizio della funzione)» e dopo le parole: «319-ter (corruzione in atti giudiziari),» sono inserite le seguenti: «319-quater, primo comma (induzione indebita a dare o promettere utilità),»;

a) identica;

b) all'articolo 59, comma 1, lettera a), dopo le parole: «319-ter» sono inserite le seguenti: «, 319-quater».

b) identica;

vedi articolo 25

c) all'articolo 59, comma 1, lettera c), dopo le parole: «misure coercitive di cui agli articoli 284, 285 e 286 del codice di procedura penale» sono aggiunte le seguenti: «nonché di cui all'articolo 283, comma 1, del codice di procedura penale, quando il divieto di dimora riguarda la sede dove si svolge il mandato elettorale».

2. Il provvedimento di revoca di cui all'articolo 100, comma 1, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è comunicato dal prefetto all'Autorità nazionale anticorruzione, di cui all'articolo 1 della presente legge, che si esprime entro trenta giorni. Decorso tale termine, la revoca diventa efficace, salvo che l'Autorità rilevi che la stessa sia correlata alle attività svolte dal segretario in materia di prevenzione della corruzione.

82. Il provvedimento di revoca di cui all'articolo 100, comma 1, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è comunicato dal prefetto all'Autorità nazionale anticorruzione, di cui al comma 1 del presente articolo, che si esprime entro trenta giorni. Decorso tale termine, la revoca diventa efficace, salvo che l'Autorità rilevi che la stessa sia correlata alle attività svolte dal segretario in materia di prevenzione della corruzione.

Art. 25.
(Modifica all'articolo 59 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267).

 

1. All'articolo 59, comma 1, lettera c), del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, dopo le parole: «misure coercitive di cui agli articoli 284, 285 e 286 del codice di procedura penale» sono aggiunte le seguenti: «, nonché di cui all'articolo 283, comma 1, del codice di procedura penale, quando il divieto di dimora riguarda la sede dove si svolge il mandato elettorale».

vedi comma 81, lettera c)

Art. 26.
(Modifica alla legge 27 marzo 2001, n. 97).

 

1. All'articolo 3, comma 1, della legge 27 marzo 2001, n. 97, dopo le parole: «319-ter» sono inserite le seguenti: «, 319-quater».

83. Identico.

Art. 27.
(Clausola di invarianza).

Art. 2.
(Clausola di invarianza).

1. Dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Identico.

2. Le amministrazioni competenti provvedono allo svolgimento delle attività previste dalla presente legge con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

 

 


 

Esame in sede referente

 


 

COMMISSIONI RIUNITE

I  (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)

e II (Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Mercoledì 24 ottobre 2012. — Presidenza del   presidente della II Commissione Giulia BONGIORNO. — Intervengono il Ministro della giustizia, Paola Severino Di Benedetto e il sottosegretario di Stato per la giustizia, Sabato Malinconico.

La seduta comincia alle 12.

Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione.

C. 4434-B Governo.

(Esame e rinvio). Le Commissioni iniziano l'esame del provvedimento.

 

Giulia BONGIORNO, presidente, ricorda che nella riunione congiunta svoltasi ieri, gli Uffici di Presidenza, integrati dai rappresentanti dei gruppi, delle Commissioni I e II, hanno stabilito che l'esame in sede referente del disegno di legge sia avviato oggi per concludersi, acquisiti i parerei delle Commissioni competenti, domani, al fine di consentire una sua eventuale iscrizione nel calendario dell'Assemblea a partire da lunedì 29 ottobre. La seduta di oggi è quindi dedicata all'esame preliminare. Il termine per la presentazione degli emendamenti è fissato alle ore 9 di domani. Questi saranno poi esaminati nella seduta che si terrà nella medesima giornata.

Jole SANTELLI (PdL), relatore per la I Commissione, ricorda che il provvedimento in esame tre origine da un disegno di legge presentato dal Governo il 4 maggio 2010 (S. 2156). Il testo attuale, risultante da due letture del Senato ed una prima lettura della Camera dei deputati, risulta profondamente modificato rispetto all'impianto originario. Il testo approvato dalla Camera il 14 giugno 2012 è stato modificato dal Senato e torna quindi nuovamente all'esame della Camera. Il testo che viene dal Senato consta di due soli articoli: l'articolo 1, composto da 83 commi recanti la disciplina sostanziale, e l'articolo 2, relativo alla clausola di invarianza finanziaria.

Ricorda che il disegno di legge nel complesso reca misure volte a prevenire e reprimere la corruzione e l'illegalità nella pubblica amministrazione; ed introduce nel codice penale importanti modifiche alla disciplina dei reati contro la pubblica amministrazione. Il testo approvato con modificazioni dalla Camera dei deputati il 14 giugno 2012 era composto da 27 articoli. Nel corso dell'esame al Senato, a seguito dell'approvazione di un emendamento del Governo, i primi 26 articoli sono stati sostituiti e inglobati in un articolo unico.

L'esame della Camera si limiterà in questa fase alle sole parti del testo modificate nell'ultima lettura al Senato. Ciò premesso, la mia relazione esporrà molto sinteticamente il contenuto provvedimento soffermandosi sulle modifiche introdotte dal Senato in relazione agli arbitrati negli appalti pubblici e alla incompatibilità dei dipendenti pubblici. La collega Angela Napoli descriverà invece le modifiche apportate dal Senato alla disciplina del collocamento fuori ruolo in magistratura e a quella sul traffico di influenze illecite e sulla corruzione tra privati.

Per quanto riguarda la prevenzione e repressione della corruzione nella pubblica amministrazione, il provvedimento individua nella Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche (Civit) l'Autorità nazionale anticorruzione (il ruolo è, attualmente, ricoperto dal Dipartimento della funzione pubblica). Sono dettate specifiche misure volte alla trasparenza dell'attività amministrativa, compresa l'attività relativa agli appalti pubblici e al ricorso ad arbitri, e nell'attribuzione di posizioni dirigenziali oltre a misure per l'assolvimento di obblighi informativi ai cittadini da parte delle pubbliche amministrazioni. È dettata una più stringente disciplina delle incompatibilità, del cumulo di impieghi e degli incarichi di dipendenti pubblici ed è affidata al Governo la definizione di un codice di comportamento dei pubblici dipendenti e degli illeciti e delle sanzioni disciplinari relative ai termini dei procedimenti amministrativi. Il Governo viene delegato all'adozione entro un anno di un testo unico in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di governo a seguito di condanne definitive per delitti non colposi. È prevista la tutela del pubblico dipendente che denuncia o riferisce condotte illecite apprese in ragione del suo rapporto di lavoro. Sono elencate le attività d'impresa particolarmente esposte al rischio di infiltrazione mafiosa ed è istituito presso ogni prefettura l'elenco dei fornitori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa. È incrementato il catalogo dei reati alla cui condanna consegue, per l'appaltatore, la risoluzione del contratto con una pubblica amministrazione. È previsto un obbligo di adeguamento per Regioni ed enti locali. È prevista – come dirà la collega Napoli – una più restrittiva disciplina del «fuori ruolo» per i magistrati e gli avvocati dello Stato. È reso più incisivo il giudizio di responsabilità amministrativa nei confronti del dipendente pubblico che ha causato un danno all'immagine della pubblica amministrazione. Sono dettate nuove cause ostative alle candidature negli enti locali e nuovi casi di decadenza o sospensione dalla carica. Sono previste misure organizzative da parte delle amministrazioni in caso di rinvio a giudizio di un dipendente per concussione per induzione. È modificato il procedimento di revoca dei segretari comunali.

Con riguardo alle modifiche al codice penale, oltre ad un complessivo aumento delle pene e alle modifiche processuali di coordinamento, il provvedimento in esame prevede che il reato di concussione (articolo 317) diventi riferibile al solo pubblico ufficiale (e non più anche all'incaricato di pubblico servizio) e rivede la fattispecie per induzione, oggetto di un autonomo reato. L'attuale fattispecie di reato di cui all'articolo 318 relativo alla cosiddetta corruzione impropria del pubblico ufficiale (Corruzione per un atto d'ufficio), ora rubricato «corruzione per l'esercizio della funzione», viene rideterminata in modo da rendere più evidenti i confini tra le diverse forme di corruzione: da una parte, la corruzione propria di cui all'articolo 319, che rimane ancorata alla prospettiva del compimento di un atto contrario ai doveri d'ufficio; dall'altra, l'accettazione o la promessa di una utilità indebita, da parte del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio, che prescinde dall'adozione o dall'omissione di atti inerenti al proprio ufficio.

È aggiunto al codice il nuovo articolo 319-quater, con il delitto di «Induzione indebita a dare o promettere utilità» (cosiddetta concussione per induzione), che punisce sia il pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio che induce il privato a pagare (reclusione da 3 a 8 anni) sia il privato che dà o promette denaro o altra utilità (reclusione fino a 3 anni). È altresì inserito nel codice il delitto di «Traffico di influenze illecite» (nuovo articolo 346-bis) del quale parlerà la relatrice Angela Napoli. Viene poi riformulata anche l'attuale fattispecie di cui all'articolo 2635 del codice civile (Infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità): anche di questo parlerà la relatrice Angela Napoli. Infine, viene adeguata alle nuove fattispecie anche la responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche.

Per quanto riguarda le modifiche introdotte dal Senato – lasciando da parte quelle di semplice coordinamento conseguenti alla nuova numerazione dei commi e degli articoli e la soppressione dell'articolo 2 del testo della Camera sul finanziamento della CIVIT, che è già in vigore per effetto dell'articolo 5, comma 12, del 95 del 2012 – tali modifiche riguardano, come già detto, glidecreto-legge n. arbitrati negli appalti pubblici; l'incompatibilità dei dipendenti pubblici; la disciplina del collocamento fuori ruolo in magistratura; il nuovo reato di traffico di influenze illecite; e il nuovo reato di corruzione tra privati.

Quanto agli arbitrati negli appalti pubblici, il testo approvato dalla Camera (articolo 3, comma 5) ha previsto, novellando l'articolo 241 del Codice 163 del 2006), che ledegli appalti (di cui al decreto legislativo n. controversie sui diritti soggettivi derivanti dall'esecuzione di appalti pubblici, comprese quelle derivanti dal mancato raggiungimento di un accordo bonario tra le parti, possano essere risolte con un arbitrato soltanto previa autorizzazione dell'organo di governo della pubblica amministrazione; in mancanza dell'autorizzazione, sia il ricorso ad arbitri che l'inclusione della clausola compromissoria nel bando o avviso-invito di gara sono nulli. Il successivo comma 6 dell'articolo 3 ha esteso tale disciplina autorizzatoria anche agli analoghi contenziosi in cui sia parte una società a partecipazione pubblica o che comunque abbiano ad oggetto opere o forniture finanziate con risorse a carico di bilanci pubblici. Il testo approvato dal Senato (articolo 1, comma 20) ha esteso ulteriormente alle società controllate o collegate ad una società partecipata pubblica (di cui all'articolo 2359 del codice civile) l'obbligo di previa autorizzazione motivata all'arbitrato da parte dell’«organo di governo». Il comma 34 riguarda invece l'ambito applicativo delle disposizioni in materia di trasparenza amministrativa (commi da 15 a 33 dell'articolo 1). Il testo approvato dalla Camera riferiva tali disposizioni a tutte le pubbliche amministrazioni, agli enti pubblici nazionali nonché alle società partecipate dalle pubbliche amministrazioni, limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dell'Unione Europea. La modifica del Senato aggiunge le società controllate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile alla lista dei destinatari della disposizione.

Quanto alle incompatibilità dei dipendenti pubblici, il Senato ha precisato la formulazione di un passaggio del nuovo comma 16-ter dell'articolo 53 del testo unico 165 del 2001). La norma, sul pubblico impiego (di cui al decreto legislativo n. nel testo approvato dalla Camera stabilisce che i dipendenti che negli ultimi tre anni di servizio hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni non possono svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell'attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri. I contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione di tali previsioni sono nulli; è vietato ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni. Il testo della Camera stabilisce inoltre che «è prevista la restituzione dei compensi eventualmente percepiti e accertati ad essi riferiti». La modifica approvata dal Senato precisa il testo chiarendo che dove si dice che «è prevista la restituzione» dei compensi, si intende che c’è l’«obbligo di restituzione» dei compensi.

Angela NAPOLI (FLpTP), relatore per la II Commissione, precisa che si soffermerà sulle parti di competenza della Commissione giustizia, che si riferiscono alle modifiche del testo della Camera relative alla disciplina del collocamento fuori ruolo in magistratura ed ai nuovi reati di traffico di influenze illecite e di corruzione tra privati.

In merito alla disciplina del collocamento fuori ruolo in magistratura, l'articolo 1, commi da 66 a 74, prevede una nuova disciplina del collocamento fuori ruolo dei magistrati ordinari, amministrativi e contabili (cui sono stati aggiunti dal Senato i magistrati militari) e degli avvocati e procuratori dello Stato.

Nel testo approvato dalla Camera (articolo 18), tale disciplina stabiliva che i magistrati potessero prestare servizio in posizione di fuori ruolo, o in un'altra analoga posizione, per non più di cinque anni consecutivi e, nel corso dell'intera carriera, per un tempo massimo complessivo di dieci anni; che i ricollocati in ruolo non potessero essere nuovamente collocati fuori ruolo se non avessero esercitato continuativamente ed effettivamente le proprie funzioni per almeno cinque anni; che il collocamento fuori ruolo non potesse determinare alcun pregiudizio relativo al posizionamento nei ruoli di appartenenza e che il magistrato fuori ruolo mantenesse, nel nuovo incarico, esclusivamente il trattamento economico fondamentale dell'amministrazione di appartenenza, compresa l'indennità, rimanendo a carico della stessa i relativi oneri. L'articolo 18, infine, precisava la prevalenza della nuova disciplina su ogni normativa speciale, nonché la sua applicazione agli incarichi già conferiti alla data della sua entrata in vigore.

Il testo approvato dal Senato – interamente sostitutivo – introduce l'obbligo per i citati magistrati e avvocati e procuratori dello Stato con funzioni apicali o semiapicali (compresi i capi di gabinetto) presso istituzioni, organi ed enti pubblici, nazionali ed internazionali, di essere collocati fuori ruolo per tutta la durata dell'incarico. In mancanza di provvedimento di collocamento fuori ruolo nei 180 giorni successivi all'entrata in vigore della legge, gli incarichi in corso cessano di diritto. Sarà inoltre il Governo, attraverso l'esercizio di una delega – di cui sono stabiliti principi e criteri direttivi – a individuare, entro 4 mesi, eventuali ulteriori incarichi per cui sarà obbligatorio il collocamento fuori ruolo. I principi e criteri direttivi per l'esercizio della delega sono la specificità di regimi e funzioni, la durata dell'incarico, l'impegno lavorativo del medesimo, i possibili conflitti d'interesse. Viene confermata in 10 anni la durata massima delle attività fuori ruolo, ma è introdotta un'eccezione per chi ha incarichi di Governo od elettivi, presso organi di autogoverno (come il CSM) e corti internazionali. Per i magistrati destinati a funzioni non giudiziarie presso la Presidenza della Repubblica, la Corte costituzionale ed il CSM resta il termine massimo di 10 anni, che scatterà dall'entrata in vigore della legge, anche se gli incarichi sono stati conferiti dopo tale data; il magistrato con un altro incarico in corso all'entrata in vigore della legge, che abbia già maturato il termine decennale (o lo maturerà successivamente), è confermato nel fuori ruolo fino alla scadenza naturale della legislatura, del mandato, della consiliatura. Se l'incarico non ha un termine prefissato, il collocamento fuori ruolo è confermato per i 12 mesi successivi all'entrata in vigore della legge. È stata soppressa dal Senato la citata previsione dell'articolo 18 (comma 2) per la quale i fuori ruolo mantengono solo il trattamento economico fondamentale dell'amministrazione di appartenenza (cui spettano i relativi oneri), compresa 'indennità. Dalla nuova disciplina transitoria introdotta, deriva la soppressione del comma 3 dell'articolo 18 del testo Camera, che recava la clausola di prevalenza delle nuove disposizioni su ogni altra norma, anche speciale, e prevedeva l'applicabilità anche agli incarichi in corso. In fine, è previsto che entro un anno dall'entrata in vigore del decreto legislativo, il Governo possa adottare disposizioni integrative e correttive.

Passa quindi all'esame delle disposizioni penali, partendo dal reato di «traffico di influenze illecite». Il testo dell'articolo 19, approvato dalla Camera, introduce nel codice penale il nuovo reato di «traffico di influenze illecite» (articolo 346-bis) che, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 318 e 319 (corruzione propria e impropria) e 319-ter (corruzione in atti giudiziari), punisce con la reclusione da uno a tre anni chi, sfruttando relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale come prezzo della propria mediazione illecita ovvero per remunerare il pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio. La stessa pena si applica a chi indebitamente dà o promette denaro o altro vantaggio patrimoniale. Sono previste aggravanti e attenuanti speciali.

La norma è stata modificata dal Senato con l'obiettivo di meglio specificare la condotta, superando quelle perplessità sulla determinatezza della formulazione della fattispecie che avrebbe potuto portare, secondo alcuni, ad incriminazioni di condotte in realtà non lesive di beni giuridici penalmente rilevanti. L'articolo 1, comma 75, lettera r), infatti: configura la possibilità del concorso del reato di traffico di influenze illecite con la corruzione impropria (articolo 318 del codice penale, corruzione per l'esercizio della funzione) che non compare più nella clausola «fuori dei casi...»; precisa che la mediazione illecita è «verso il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio»; esplicita che la condotta deve essere in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri d'ufficio o all'omissione o al ritardo di un atto dell'ufficio del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio.

Si potrebbe dire che è stata rafforzata la prodromicità del reato rispetto ai fatti corruttivi, andando a punire condotte che avrebbero potuto configurare, in alcuni casi, dei veri e propri tentativi di corruzione.

In merito al reato di corruzione tra privati, la nuova norma sostituisce l'attuale fattispecie di cui all'articolo 2635 del Codice civile (“Infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità”) con quella di “Corruzione tra privati”. La disposizione prevede che siano puniti con la reclusione da uno a tre anni gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori che, compiendo o omettendo atti in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, cagionano nocumento alla società. È stabilita l'applicazione della pena della reclusione fino a un anno e sei mesi se il fatto è commesso da chi è sottoposto alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti indicati al precedente comma. Il nuovo articolo 2635 dispone, poi, che il soggetto che dà o promette denaro o altra utilità alle persone indicate sia punito con le pene ivi previste. La norma infine, statuisce che le pene sopraindicate siano raddoppiate se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell'Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell'articolo 116 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (legislativo n. decreto 58/1998).

Il testo approvato dal Senato (articolo 1, comma 76), senza modificare la fattispecie penale ex articolo 2635 del Codice civile, approvata dalla Camera, ha introdotto la procedibilità a querela della corruzione tra privati; si procede tuttavia d'ufficio quando dall'illecito derivi una distorsione della concorrenza nell'acquisizione di beni e servizi.

Dichiara che avrebbe preferito un provvedimento più incisivo rispetto a quello in esame, al fine di contrastare in maniera efficace la corruzione che oramai è diventata un fenomeno dilagante. In particolare avrebbe preferito che nel testo fossero introdotte anche le disposizioni concernenti il falso in bilancio, l'autoriciclaggio, il voto di scambio senza il passaggio di denaro, considerato che si tratta di questioni tutte strettamente connesse e, in alcuni casi, prodromiche agli atti corruttivi. Inoltre avrebbe preferito che la delega in materia d'incandidabilità fosse ben più rigorosa rispetto a quella contenuta ora nel testo. Per tale ragione auspica che il Governo attui quanto prima la delega in materia di incandidabilità e presenti delle proposte di iniziativa legislativa volte ad integrare il provvedimento in esame, andando a colpire il fenomeno della corruzione nella sua interezza.

Tuttavia, nonostante queste sue perplessità, ritiene opportuno approvare quanto prima il provvedimento in esame, auspicando che questo possa poi essere migliorato attraverso successivi interventi legislativi, ritenendo che sia intollerabile che l'Italia non abbia ancora approvato un provvedimento che, sia pure parzialmente, cerchi di intervenire in maniera articolata sul gravissimo fenomeno della corruzione.

Federico PALOMBA (IdV) dichiara di non condividere assolutamente la fretta di approvare un testo del tutto insoddisfacente, che non affronta in maniera adeguata il fenomeno della corruzione.

Ritiene che vi sia una grave responsabilità del Governo e della sua maggioranza parlamentare nel non voler risolvere realmente la questione della corruzione, accontentandosi di un testo che è inaccettabile per la sua pochezza e che, come si è già fatto in altri casi, come – ad esempio – per il disegno di legge sulle intercettazioni, dovrebbe essere abbandonato dal Parlamento, per esaminare poi un nuovo testo che intervenga in maniera adeguata sul tema della corruzione. Ritiene inoltre che il testo approvato dalla Camera, riguardo al quale ribadisce tutta la sua contrarietà, sia stato addirittura peggiorato dal Senato.

Sottolinea come sia scorretto giustificare il testo in esame facendo riferimento ai moniti che arrivano dall'Europa circa l'esigenza di approvare una legge contro la corruzione. A tale proposito ricorda che l'Europa chiede all'Italia non una legge qualsiasi, quanto piuttosto una legge che contrasti efficacemente la corruzione, andando a colpire anche l'autoriciclaggio e il falso in bilancio nonché incidendo sulla disciplina della prescrizione del reato attraverso una completa rivisitazione della legge ex Cirielli. Tutto ciò non è presente nel testo in esame. Anzi, l'applicazione delle nuove normative in materia penale e, in particolare, quelle sulla concussione per induzione, porteranno alla chiusura di un numero notevole di processi a causa della prescrizione dei reati. Ricorda che più volte ha chiesto al Governo di fornire i dati circa gli effetti che la nuova normativa determinerebbe sui processi in corso, senza limitarsi a quelli pendenti in Cassazione, considerato che anche processi che si trovano in fasi processuali antecedenti, come ad esempio quello che vede coinvolto Filippo Penati, termineranno con la prescrizione del reato. Ritiene inoltre che le modifiche apportate al reato di concussione avranno come effetto quello di azzerare le denunce da parte di coloro che oggi sono considerate vittime della concussione. Ricorda infine che lo stesso Consiglio superiore della magistratura ha criticato il testo approvato dal Senato ritenendolo eccessivamente blando.

Enrico COSTA (PdL) esprime tutto il suo disappunto per l'intervento della relatrice per la II Commissione, onorevole Angela Napoli, che ha espresso delle critiche al testo in esame che non possono trovare alcun accoglimento se non violando il principio costituzionale secondo cui non si può intervenire su parti del testo approvate in maniera identica da Camera e Senato, come ad esempio quelle sull'incandidabilità. Ritiene che sia del tutto strumentale che un relatore critichi ora il testo per delle parti non più modificabili.

Donatella FERRANTI (PD) ritiene che, per quanto l'esame della Camera si limiti alle parti del testo modificate dal Senato, sia doveroso per chi, come i deputati del PD, abbia dato sempre un contributo coerente volto a rendere più efficace il disegno di legge del Governo nella lotta contro la corruzione, sottolineare come talune affermazioni critiche dell'onorevole Palomba siano demagogiche, non potendo portare ad alcun risultato positivo o comunque migliorativo del testo. Ritiene anzi che questo atteggiamento di forte critica al testo debba comportare una seria responsabilità politica in quanto si traduce in un tentativo di affossare una legge che, per quanto non sia quella ideale, è comunque diretta ad affrontare la grave questione del dilagante fenomeno della corruzione in Italia.

Che non si tratti per lei del testo ideale risulta chiaramente dagli emendamenti da lei stessa presentati, così come da altri deputati del suo gruppo, che poi sono stati respinti dalle Commissioni riunite. Nonostante la reiezione di tali emendamenti, ritiene che comunque il testo in esame rappresenti sicuramente un importante passo in avanti nella lotta contro la corruzione, la quale ha bisogno non solamente di norme repressive, che sono comunque necessarie, ma anche di misure preventive, come lo sono molte delle disposizioni contenute nel testo.

Per tale ragione, lascia molto perplessi il «gioco al massacro» che certa stampa e alcune parti politiche fanno nei confronti del testo per raggiungere uno scopo che non si riesce bene a comprendere.

Replica all'onorevole Palomba ricordando come anche il gruppo dell'Italia dei Valori avesse presentato degli emendamenti al disegno di legge originario, volti ad abrogare il reato di concussione riscrivendolo nell'ambito del reato di corruzione. Rileva inoltre che la circostanza che alcune disposizioni penali del testo in esame possano trovare applicazione a processi in corso sia del tutto naturale, essendo la conseguenza dell'applicazione delle norme generali relative alla successione delle leggi penali nel tempo, come peraltro è avvenuto quando si è riformato il delitto di abuso di ufficio.

Ricorda inoltre che le modifiche relative al reato di concussione non potranno avere degli effetti complessivamente negativi, in quanto la nuova formulazione delle fattispecie penali garantisce comunque continuità, secondo i principi della successione delle leggi penali nel tempo, tra le vecchie e le nuove fattispecie.

Vi è poi un dato del quale non si può non tenere conto quando si valuta l'efficacia del testo in esame: l'esiguità del numero delle condanne per concussione e corruzione a fronte di un fenomeno dilagante dimostrano come vi sia una reale esigenza di modificare la normativa penale vigente. Per tale ragione, ritiene estremamente grave affermare che non si dovrebbe ora approvare il testo in esame per lasciare la normativa vigente nello stato nel quale si trova.

Rileva inoltre che la circostanza che l'Europa non chieda all'Italia di modificare il reato di concussione non derivi dal fatto che la sua formulazione sia generalmente condivisa a livello europeo, quanto piuttosto dal fatto che tale reato è previsto solo in Italia, in quanto colui che noi consideriamo concusso in Europa è considerato comunque un corruttore.

Relativamente all'esigenza di intervenire sulla disciplina della prescrizione del reato al fine di eliminare tutti gli effetti negativi derivanti dalla «legge ex Cirielli» ricorda a tutti che, all'inizio della legislatura, il Partito democratico aveva indicato tale esigenza come una delle proprie priorità in materia di giustizia, ottenendo che una proposta di legge in materia venisse posta all'ordine del giorno della Commissione Giustizia in quota opposizione. L’iter legislativo dopo poche sedute si è fermato e ciò sicuramente non può essere imputato al gruppo del PD, che ha per lungo tempo continuato a chiedere che venisse ripreso l'esame di tale proposta di legge. Conclude sottolineando come non sia il provvedimento in esame a far emergere l'esigenza di modificare le norme sulla prescrizione, considerato peraltro che questo provvedimento alza la pena del reato di corruzione intervenendo di conseguenza sui tempi di prescrizione del reato stesso.

Maurizio PANIZ (PdL) ricorda che in occasione della prima lettura da parte della Camera, si dichiarò critico rispetto ad alcuni punti del provvedimento in esame, quali l'introduzione dei nuovi reati di traffico di influenze e di corruzione tra privati nonché l'allungamento dei tempi di prescrizione dei reati. Ringrazia ora il ministro della giustizia, la professoressa Paola Severino, per lo sforzo compiuto al Senato al fine di garantire un maggior grado di determinatezza alle fattispecie penali relative ai predetti nuovi reati, ritenendo che si sia svolto comunque un buon lavoro. Esprime pertanto il suo rammarico per l'atteggiamento critico di alcuni organi di informazione, che non colgono gli aspetti positivi del lavoro svolto. Ritiene che il risultato raggiunto sia positivo, essendo peraltro il frutto di un lavoro di mediazione politica tra i gruppi e il Governo. Ricorda a tale proposito come ogni forza politica abbia dovuto abbandonare alcune posizioni personali al fine di pervenire comunque all'approvazione di un testo che rappresentasse un passo in avanti nella lotta contro la corruzione. Ritiene importante precisare, alla luce di molte critiche apportate al testo, che le modifiche al codice penale previste non inficino il lavoro finora svolto da magistrati.

Angela NAPOLI (FLpTP), relatrice per la II Commissione, replica all'onorevole Costa dichiarandosi dispiaciuta del fatto che non abbia seguito attentamente il suo intervento e non abbia colto come ella abbia voluto limitarsi ad evidenziare alcune criticità del testo, affermando comunque l'esigenza di approvarlo senza modifiche. Ritiene che non vi sia alcuna contraddizione tra l'evidenziare come si sarebbe potuto approvare un testo più efficace e l'affermare l'esigenza di approvare il provvedimento in esame, considerato che comunque costituisce un importante passo in avanti nella lotta contro la corruzione.

Il Ministro Paola SEVERINO DI BENEDETTO, dopo avere preannunciato che non potrà essere presente alla seduta che si svolgerà domani, in quanto impegnata con il Presidente Monti in un vertice internazionale che si terrà in Israele, dichiara di aver preso atto degli interventi svolti, ritenendo opportuno non intervenire in replica ma affidarsi serenamente al lavoro che svolgerà la Camera, approvando un testo che servirà sicuramente a contrastare con maggiore efficacia il gravissimo fenomeno della corruzione.

Giulia BONGIORNO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, dichiara concluso l'esame preliminare e ricorda che il termine per la presentazione degli emendamenti al disegno di legge in esame è stato fissato alle ore 9 di domani. Rinvia il seguito dell'esame alla seduta già convocata domani al termine delle votazioni che si svolgeranno nella seduta antimeridiana dell'Assemblea.

La seduta termina alle 13.05.


 

 


 

COMMISSIONI RIUNITE

I  (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni)

e II (Giustizia)

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SEDE REFERENTE

Giovedì 25 ottobre 2012. — Presidenza del presidente della I Commissione Donato BRUNO. – Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia Antonino Gullo.

La seduta comincia alle 13.20.

Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione.

C. 4434/B, approvato dal Senato, modificato dalla Camera e nuovamente modificato dal Senato.

(Seguito dell'esame e conclusione).

 

Le Commissioni proseguono l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 23 ottobre.

Donato BRUNO, presidente, avverte che sul provvedimento il Comitato per la legislazione ha espresso il proprio parere. Ricorda che il termine per la presentazione di emendamenti è scaduto alle ore 9 di oggi, 25 ottobre, e che sono stati presentati emendamenti (vedi allegato).

Ricorda che, ai sensi dell'articolo 70, comma 2, del Regolamento, in caso di testi già approvati dalla Camera e modificati dal Senato, la Camera può deliberare solo sulle parti modificate e le proposte emendative possono riferirsi ed essere conseguenti esclusivamente alle medesime.

In base a quanto esposto, sono da considerare quindi irricevibili due emendamenti a firma Sisto volti rispettivamente: a sopprimere la lettera dell'on. p) del comma 75 dell'articolo 1, la quale non è stato oggetto di modifica da parte del Senato; a sopprimere la lettera r) del comma 75 dell'articolo 1, la quale era già presente nel testo approvato dalla Camera ed è stata soltanto parzialmente modificata da parte del Senato.

Invita le relatrici ed il rappresentante del Governo ad esprimere il prescritto parere.

Angela NAPOLI (FLpTP), relatore per la II Commissione, invita al ritiro di tutti gli emendamenti presentati; diversamente, il parere deve intendersi contrario.

Jole SANTELLI (PdL), relatore per la I Commissione, invita al ritiro di tutti gli emendamenti, ad eccezione degli emendamenti Sisto 1.1 e Giachetti 1.2, sui quali si rimette alle Commissioni.

Il sottosegretario Antonino GULLO invita al ritiro di tutti gli emendamenti presentati; diversamente, il parere deve intendersi contrario.

Roberto GIACHETTI (PD), ritenendo importante che ciascuno dichiari responsabilmente la propria posizione sulle sue proposte, insiste per la votazione dei suoi emendamenti. Ricorda che la Camera, nella precedente lettura, aveva introdotto nel provvedimento una disciplina stringente in materia di conferimento di incarichi extragiudiziali ai magistrati, la quale è stata poi fortemente ammorbidita dal Senato. Per inciso, rileva che per giustificare la revisione della disposizione approvata dalla Camera, il ministro della giustizia ha dichiarato in una trasmissione televisiva che l'emendamento Giachetti da cui origina la disposizione del testo della Camera (articolo 18) doveva essere modificato in quanto esso si applicava soltanto ai magistrati ordinari e non anche a quelli amministrativi: il che è falso.

Illustrando i suoi emendamenti, chiarisce che essi tendono a reintrodurre nel testo i principi, più rigorosi, della disciplina che su questa materia aveva deliberato la Camera, la quale prevede che il limite dei dieci anni di tempo massimo complessivo di collocamento fuori ruolo valgano per tutti i magistrati, senza eccezioni, e che in ogni caso un magistrato non possa restare fuori ruolo per più di cinque anni consecutivi, ma debba al termine dei cinque anni tornare a svolgere le funzioni nel ruolo per almeno altri cinque anni. Con le modifiche introdotte dal Senato, invece, il limite dei dieci anni al massimo di fuori ruolo non si applica ai soggetti di cui all'articolo 1, comma 70, mentre ai soggetti di cui all'articolo 1, comma 71, che sono forse la maggioranza dei magistrati interessati dall'intervento o che comunque sono quelli che in termini di tempo hanno abusato della possibilità di essere applicati a funzioni non giudiziarie, si applica solo per il futuro, e quindi per altri dieci anni a partire da oggi, a prescindere da quanti anni abbiano già passato nell'esercizio di funzioni non giudiziarie. Si aggiunga che al Senato è stata soppressa anche la disposizione di cui al comma 2 dell'articolo 18 del testo della Camera, ossia quella in base alla quale ai magistrati fuori ruolo spetta esclusivamente la retribuzione da magistrato, senza possibilità di cumulo con altre indennità. Anche se uno dei decreti-legge del Governo Monti in materia di revisione della spesa (spending review) prevede che il cumulo delle retribuzioni non possa portare ad un incremento dello stipendio di base superiore al 25 per cento, resta il fatto che la soppressione del predetto comma 2 ha molto mitigato la severità della disciplina voluta dalla Camera.

In conclusione, sottolinea come i suoi emendamenti vadano in direzione di una disciplina vera e seria del fenomeno dei magistrati che svolgono incarichi esterni alla magistratura, laddove la disciplina approvata dal Senato rappresenta una sorta di finzione che renderà impossibile intervenire su questa materia prima di molti anni.

Luigi VITALI (PdL) ricorda di avere votato in prima lettura a favore dell'emendamento Giachetti, che introduceva nel testo le regole sul collocamento fuori ruolo dei magistrati, in quanto ha sempre ritenuto che il magistrato che vince un concorso deve esercitare le funzioni giurisdizionali con delle eccezioni ben limitate nel numero e nel tempo. L'emendamento era pertanto diretto a rimediare a quanto accade oggi, considerato che vi è un gran numero di magistrati collocati fuori ruolo che non esercitano le funzioni giurisdizionali, il che dovrebbe essere ammissibile unicamente per i magistrati destinati alle Corti internazionali. Dichiara invece di essere contrario all'emendamento 1.2 ora in esame.

Giuseppe CALDERISI (PdL) ricorda come la posizione del suo gruppo nel merito della questione sia stata già espressa nell'esame in prima lettura del provvedimento. La questione politica adesso attiene all'esigenza di portare in tempi brevi alla definitiva approvazione il testo in discussione, come modificato dal Senato. Solo per questi motivi, il suo gruppo esprime parere contrario sugli emendamenti in esame.

Federico PALOMBA (IdV) fa presente che, per quanto le parti peggiori del testo in esame siano quelle in merito alle quali si è configurata la doppia lettura conforme tra Camera e Senato, il suo gruppo ha comunque presentato degli emendamenti volti a modificare le parti introdotte dal Senato, come ad esempio quelle relative al collocamento fuori ruolo dei magistrati. Dichiara comunque che voterà a favore anche dell'emendamento Giachetti 1.2 sulla medesima materia.

Andrea ORLANDO (PD) rileva come, dopo un faticoso iter parlamentare, si sia arrivati comunque a un testo che ha una parte importante nella prevenzione del fenomeno corruttivo, alla quale si accompagna una parte inerente ai reati, e che può sicuramente essere considerato favorevolmente.

Per quanto attiene alla nuova disciplina sul collocamento fuori ruolo dei magistrati, ritiene che occorra fare una riflessione di sistema, trattandosi di un punto d'incontro che hanno trovato forze politiche che negli anni hanno tenuto in diversa considerazione il ruolo della magistratura. Vi è di positivo che comunque alcuni nodi siano stati sciolti e che siano state date delle indicazioni di profilassi alla giustizia amministrativa. A tale proposito rileva come il testo trasmesso dal Senato sia sicuramente più completo in merito alla disciplina da applicare ai giudici amministrativi. Si tratta sicuramente di un passo in avanti, così come lo è lo stesso provvedimento nella sua interezza, per quanto sicuramente perfettibile. Ritiene che sia necessario approvare senza modifiche il testo trasmesso dal Senato, non soltanto perché occorre mandare un segnale al Paese circa la volontà di contrastare la corruzione, quanto piuttosto perché contiene una serie di disposizioni che saranno senza dubbio efficaci nella lotta contro la corruzione. Si tratta di un primo importante passo in questa lotta, che rappresenta anche un punto di equilibrio raggiunto tra le diverse forze politiche, del quale non si può non tenere conto.

Rita BERNARDINI (PD) preliminarmente rileva come le modifiche apportate dal Senato al testo della Camera in materia di collocamento fuori ruolo dei magistrati sia stato il risultato di una pressione da parte della magistratura associata, che peraltro da tempo immemorabile si oppone ad ogni regolamentazione del cosiddetto «fuori ruolo». Ricorda che i Radicali su tale materia hanno presentato una proposta di legge e che nel caso in esame hanno sottoscritto l'emendamento 1.2, diretto a riproporre il testo licenziato dalla Camera, con l'approvazione dell'emendamento Giachetti.

Ritiene che la sorte negativa dell'emendamento Giachetti era già segnata prima ancora delle modifiche apportate dal Senato, essendo a suo avviso significativa la previsione nella manovra di bilancio di aumenti dello stanziamento a favore della magistratura amministrativa. Dichiara di essere meravigliata che tra gli oppositori vi siano anche coloro che contestano la presenza dei magistrati negli uffici legislativi. A suo parere si tratta di una vera e propria questione di democrazia, in quanto alcuni magistrati hanno strumentalizzato la loro posizione di titolari di uffici legislativi dei ministeri, condizionando la stessa formulazione delle leggi.

Auspica infine che la Camera dei deputati abbia un sussulto di dignità, come quando ha approvato in prima lettura l'articolo aggiuntivo del collega Giachetti, votando oggi a favore dell'emendamento Giachetti 1.2.

Matteo BRAGANTINI (LNP) ricorda come l'esame del provvedimento in prima lettura alla Camera sia stato fermo per più di sei mesi in attesa della posizione del Governo.

Rileva altresì come il Parlamento avesse dato indicazioni chiare sulle limitazioni ritenute necessarie rispetto alla disciplina del collocamento in posizione di fuori ruolo, anche considerato che si continua a lamentare la carenza di magistrati ed una giustizia troppo lenta nel nostro Paese ma, al tempo stesso, si consente a molti di essi di essere messi in posizione di fuori ruolo, anche con incarichi parziali.

Prende atto che, in questa fase dell’iter, viene detto che il testo non può essere più modificato poiché altrimenti si inficia tutto il lavoro che è stato fatto sul provvedimento. Ritiene tale impostazione assurda poiché ci sono tutti i tempi per consentire una nuova lettura al Senato entro poche settimane, se c’è la volontà politica del Partito democratico e del Popolo delle libertà di migliorare il testo e di superare le incongruenze ed i privilegi verso alcune categorie che non sono più giustificabili.

Per le ragioni testé esposte, preannuncia il voto favorevole del suo gruppo su tutti gli emendamenti presentati dal deputato Giachetti.

Linda LANZILLOTTA (Misto) ricorda come in prima lettura avesse sostenuto con convinzione l'esigenza di intervenire sulla materia che disciplina il collocamento in posizione di fuori ruolo, votando a favore dell'emendamento a suo tempo presentato alla Camera dal deputato Giachetti.

Ritiene che l'intervento del Governo su questa parte del testo, alla luce   della complessità dell’iter che così faticosamente era stata definita dalla Camera, poteva essere evitata.

Peraltro, è a suo avviso opportuno evidenziare alcuni aspetti che la portano a concordare con quanto testé evidenziato dal collega Orlando.

In primo luogo, si tratta di un provvedimento di grande urgenza e di forte valenza; il fatto che la disciplina del collocamento in posizione di fuori ruolo sia stata inserita nell'ambito di un provvedimento che riguarda le misure per contrastare la corruzione non è, a suo avviso, un elemento da sottovalutare.

In secondo luogo, sottolinea come il termine per l'esercizio della delega da parte del Governo sia stato fissato in quattro mesi e, quindi, il Governo e le Commissioni competenti per il parere avranno la responsabilità di assicurare e di monitorare il pieno iter attuativo della disposizione di delega e del decreto legislativo conseguente. Invita quindi il collega Giachetti a tenere conto in particolare di tale aspetto.

Ritiene inoltre non veritiero affermare che, sulla base del testo approvato dal Senato, il termine massimo per il collocamento fuori ruolo decorra nuovamente dall'entrata in vigore della legge. Il testo, infatti, consente semplicemente di esaurire il mandato in corso a chi ha raggiunto il termine massimo consentito, per garantire la funzionalità degli organi e delle amministrazioni interessate.

A suo avviso, infatti, va sempre tenuto conto, in primo luogo, della necessità di garantire il funzionamento delle istituzioni. Fa presente come questo sia quello che sancisce il comma 72 dell'articolo 1 e riguardo alla durata massima va considerato che vi sono funzioni che di per sé prevedono una durata del mandato maggiore di cinque anni. Pertanto, o si afferma che non è possibile essere collocati fuori ruolo in organismi che prevedono una durata più lunga o non si può stabilire un termine di cinque anni piuttosto che un termine di dieci anni.

Ritiene infine necessario che il Governo intervenga quanto prima su alcuni aspetti, a suo avviso iniqui, della disciplina dei compensi nel settore pubblico, con particolare riferimento alla possibilità di cumulo degli emolumenti spettanti ai magistrati.

Enrico COSTA (PdL) ricorda come nel corso della prima lettura presso la Camera il gruppo del PdL avesse votato e, successivamente, anche difeso la proposta emendativa dell'onorevole Giachetti sui magistrati fuori ruolo. Nel corso dell'esame al Senato, in particolare in Commissione, si è deciso di stabilire un obbligo generalizzato di collocamento fuori ruolo per tutta la durata dell'incarico per i magistrati ed avvocati e procuratori dello Stato con funzioni apicali o semiapicali (compresi i capi di gabinetto) presso istituzioni, organi ed enti pubblici, nazionali ed internazionali. Tuttavia, questo obbligo è stato in seguito integrato con la previsione di una delega legislativa. Sarà quindi il Governo a individuare eventuali ulteriori incarichi per cui sarà obbligatorio il collocamento fuori ruolo. Il termine di quattro mesi per l'esercizio della delega non è casuale, in quanto volto a consentire al Governo di esercitare la delega medesima entro la fine della legislatura. Chiede quindi al Governo di assumere in questo momento un preciso impegno in questo senso, dovendosi ritenere, in difetto, che la disposizione in questione sia una mera «norma manifesto».

Il sottosegretario Antonino GULLO ricorda che al Senato il Governo si è impegnato, accogliendo un ordine del giorno in tal senso, ad esercitare la delega legislativa in tempi brevi. Non è in grado tuttavia di dire quanto tempo in concreto sarà necessario al Governo per definire il testo dello schema di decreto legislativo. Ritiene che su questo punto il ministro della giustizia potrà fornire indicazioni più precise nel corso della discussione del provvedimento in Assemblea.

Roberto RAO (UdCpTP) premette che il gruppo dell'UdC non voterà a favore delle proposte emendative dell'onorevole Giachetti e dell'Italia dei Valori. Ritiene infatti che il collega Giachetti debba essere ringraziato per avere fatto finalmente luce su una questione annosa e che non si era mai riusciti ad affrontare a causa della presenza di una corporazione forte e ramificata nelle istituzioni; per avere ottenuto l'inserimento nel testo del provvedimento, sia pure con qualche forzatura, di una disciplina del collocamento fuori ruolo restrittiva, dettagliata e idonea a consentire risparmi di spesa, oltre che un più efficace e ed efficiente impiego dei magistrati, non potendosi dimenticare come gli stessi rappresentino, anzitutto, delle risorse del sistema giustizia. Tuttavia, il testo nel suo complesso rappresenta la più alta mediazione possibile e, per quanto perfettibile, ritiene che debba essere immediatamente approvato poiché, a suo giudizio, consentirà di ridurre il livello della corruzione effettiva e percepita nel nostro Paese, di conquistare nuovamente la fiducia degli investitori stranieri e di recuperare posizioni anche negli indici e nelle apposite classifiche stilate dagli organismi internazionali. Sottolinea quindi come qualsiasi modifica, comprese quelle che deriverebbero dall'approvazione degli emendamenti dell'onorevole Giachetti, comprometterebbe il raggiungimento di questo importante risultato, atteso che un nuovo esame da parte del Senato determinerebbe, con ogni probabilità, l'affossamento del provvedimento.

Francesco Paolo SISTO (PdL) chiede alla presidenza di rivedere la dichiarazione di irricevibilità pronunciata con riferimento a due degli emendamenti da lui presentati. Ricorda che ci sono stati casi in cui la presidenza ha consentito la presentazione di emendamenti su parti di un testo approvate dalla Camera e non modificate dal Senato: nella sua esperienza di deputato componente della Commissione giustizia, ciò è accaduto nel corso dell'esame di due provvedimenti, vale a dire quello che prevedeva l'introduzione di un filtro per i ricorsi in Cassazione e quello che recava norme in materia di intercettazioni.

Quanto ai suoi emendamenti dichiarati ammissibili, fa presente che essi tendono a ripristinare la disciplina approvata dalla Camera in materia di collocamento fuori ruolo dei magistrati, la quale era nata da un emendamento dal deputato Giachetti e che era, a suo avviso, più equilibrata di quella deliberata dal Senato. Ritiene che i dieci anni di tempo massimo di esercizio di funzioni fuori ruolo non possano decorrere da oggi per nessuno, come invece previsto dall'articolo 1, comma 71. Auspica che il Governo, se non in Commissione, almeno in Aula, chiarisca le ragioni della disposizione del predetto comma 71. Ritira in ogni caso il suo emendamento 1.1, per agevolare i lavori, riservandosi di ripresentarlo in Assemblea.

Donato BRUNO, presidente, sottolinea che, a prescindere da quanto possa essere accaduto in casi sporadici, ciascuno dei quali andrebbe valutato nella sua specificità, resta fermo il principio secondo cui non possono essere considerati ricevibili gli emendamenti che intervengono su parti di testo già deliberate dalla Camera e non modificate dal Senato. Sottolinea che, dei due emendamenti del deputato Sisto giudicati irricevibili, il primo è irricevibile in quanto sopprime una parte di testo approvata dalla Camera e non modificata dal Senato; quanto invece al secondo, che sopprime invece una parte di testo approvata dalla Camera e modificata dal Senato, chiarisce che in questi casi possono essere considerati ricevibili soltanto emendamenti che intervengano sulle modifiche apportate dal Senato oppure quelli che ripristinino il testo approvato dalla Camera: non può essere quindi considerato ricevibile un emendamento che, tendendo a sopprimere il testo approvato dalla Camera, rimetta in discussione la decisione della Camera stessa di affrontare nel provvedimento in esame una certa materia.

Luca Rodolfo PAOLINI (LNP) ritiene che gli emendamenti dell'onorevole Giachetti siano estremamente qualificanti e condivisibili, invitando tutti i colleghi a votare secondo coscienza.

Le Commissioni respingono l'emendamento Giachetti 1.2.

Federico PALOMBA (IdV) ritira gli emendamenti Di Pietro 1.4, 1.20, 1.21 e 1.22, dei quali è cofirmatario. Insiste invece sulla votazione degli altri emendamenti del suo gruppo, che illustra, sottolineando come gli stessi tendano a reintrodurre nel provvedimento il principio stabilito dall'articolo 18 del testo approvato dalla Camera, secondo cui il singolo collocamento fuori ruolo del magistrato non può durare più di cinque anni. Non è a suo parere convincente l'obiezione secondo cui è preferibile non modificare il testo del Senato per poter approvare la legge il prima possibile. Approvare questa legge non servirà all'Italia a migliorare le sue posizioni nella classifica dei Paesi secondo la diffusione della corruzione, in quanto per questo scopo servirebbero ben altre norme, vale a dire quelle che l'Unione europea chiede da tempo e che in questo provvedimento non sono contenute. Conclude chiedendo che non si dica che la modifica della disciplina sul collocamento fuori ruolo disposta dal Senato è stata voluta dai magistrati: essa è stata voluta da quei pochissimi magistrati che da anni stanno vicino al potere politico e che possono condizionare il processo normativo a proprio vantaggio.

Le Commissioni, con distinte votazioni, respingono gli emendamenti Di Pietro 1.3 e 1.5.

Federico PALOMBA (IdV) illustra gli emendamenti Di Pietro, dei quali è cofirmatario, che tendono a ripristinare la disciplina deliberata dalla Camera in prima lettura sulla materia del fuori ruolo dei magistrati.

Le Commissioni, con distinte votazioni, respingono gli emendamenti Di Pietro 1.6, 1.7 e 1.8.

Francesco Paolo SISTO (PdL) ritira il suo emendamento 1.9, identico all'emendamento Di Pietro 1.10.

Le Commissioni, con distinte votazioni, respingono gli emendamenti Di Pietro 1.10 e 1.11, Giachetti 1.12, Di Pietro 1.13, Giachetti 1.14 e Di Pietro 1.15.

Federico PALOMBA (IdV) preannuncia il voto favorevole del suo gruppo sull'emendamento Giachetti 1.16.

Le Commissioni, con distinte votazioni, respingono gli emendamenti Giachetti 1.17 e Di Pietro 1.18.

Francesco Paolo SISTO (PdL) illustra il proprio emendamento 1.23, volto a sopprimere dall'articolo 346-bis le parole «o al ritardo» che, essendo prive di contenuto tipizzante, rendono la fattispecie assolutamente generica e indeterminata.

Le Commissioni respingono l'emendamento Sisto 1.23.

Francesco Paolo SISTO (PdL) ritira il suo emendamento 1.24.

Donato BRUNO, presidente, avverte che è terminato l'esame degli emendamenti. Sospende quindi la seduta in attesa che si pronuncino le Commissioni competenti in sede consultiva.

 

La seduta, sospesa alle 14.35, riprende alle 14.55.

 

Donato BRUNO, presidente, comunica che sono pervenuti i pareri favorevoli della III Commissione (Affari esteri) e della V Commissione (Bilancio). Le Commissioni IV (Difesa), VIII (Ambiente) e X (Attività produttive) non si esprimeranno.

Le Commissioni deliberano di conferire ai relatori, deputata Santelli per la I Commissione e deputata Angela Napoli per la II Commissione, il mandato di riferire all'Assemblea in senso favorevole sul provvedimento in esame. Deliberano altresì di chiedere l'autorizzazione a riferire oralmente.

Donato BRUNO, presidente, avverte che la presidenza si riserva di designare i componenti del Comitato dei nove sulla base delle indicazioni dei gruppi.

 

La seduta termina alle 15.


 


ALLEGATO

Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione (C. 4434-B, approvato dal Senato, modificato dalla Camera e nuovamente modificato dal Senato)

EMENDAMENTI

 


ART. 1.

Sostituire il comma 68 con i seguenti:

68. Il servizio in posizione di fuori ruolo, o in un'altra analoga posizione, svolto dai magistrati ordinari, amministrativi e contabili e dagli avvocati e procuratori dello Stato, previsto dagli ordinamenti di appartenenza, non può essere prestato per più di cinque anni consecutivi. I magistrati ordinari, amministrativi e contabili e gli avvocati e procuratori dello Stato non possono in nessun caso essere collocati fuori ruolo per un tempo che, nell'arco del loro servizio, superi complessivamente dieci anni. I magistrati ordinari, amministrativi e contabili e gli avvocati e procuratori dello Stato che sono stati ricollocati in ruolo non possono essere nuovamente collocati fuori ruolo se non hanno esercitato continuativamente ed effettivamente le proprie funzioni per almeno cinque anni. Le predette posizioni in ogni caso non possono determinare alcun pregiudizio relativo al posizionamento nei ruoli di appartenenza.

68-bis. Il personale collocato fuori ruolo di cui al comma 1 mantiene esclusivamente il trattamento economico fondamentale dell'amministrazione di appartenenza, compresa l'indennità, e i relativi oneri rimangono a carico della stessa.

68-ter. Le disposizioni del presente articolo prevalgono su ogni altra norma, anche di natura speciale, e si applicano anche agli incarichi già conferiti alla data della sua entrata in vigore.

1. 1. Sisto.

 

Sostituire il comma 68 con il seguente:

68. I magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, gli avvocati e procuratori dello Stato non possono essere collocati in posizione di fuori ruolo per un tempo superiore a cinque anni consecutivi e che, nell'arco del loro servizio, superi complessivamente dieci anni. I magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, gli avvocati e procuratori dello Stato che sono stati ricollocati in ruolo non possono essere nuovamente collocati fuori ruolo se non hanno esercitato continuativamente ed effettivamente le proprie funzioni per almeno 5 anni. Il predetto collocamento non può comunque determinare alcun pregiudizio con riferimento alla posizione rivestita nei ruoli di appartenenza.

1. 2. Giachetti, Bernardini.

 

Al comma 68, premettere il seguente periodo:

«Il servizio in posizione di fuori ruolo, o in un'altra analoga posizione, svolto dai magistrati ordinari, amministrativi e contabili e dagli avvocati e procuratori dello Stato, previsto dagli ordinamenti di appartenenza, non può essere prestato per più di cinque anni consecutivi».

1. 3. Di Pietro, Palomba.

 

Al comma 68, primo periodo, sopprimere le parole: Salvo quanto previsto dal comma 69.

1. 4. Di Pietro, Palomba.

 

Al comma 68, primo periodo, sopprimere le parole: anche continuativi.

1. 5. Di Pietro, Palomba.

 

Al comma 68, aggiungere, in fine, le seguenti parole: «I magistrati ordinari, amministrativi e contabili e gli avvocati procuratori dello Stato, che sono stati ricollocati in ruolo non possono nuovamente essere collocati fuori ruolo se non hanno esercitato continuativamente ed effettivamente le proprie funzioni per almeno cinque anni.»

1. 6. Di Pietro, Palomba.

 

Al comma 68, aggiungere, in fine, le seguenti parole: Il personale collocato fuori ruolo di cui sopra mantiene esclusivamente il trattamento economico fondamentale dell'amministrazione di appartenenza, compresa l'indennità, e i relativi oneri rimangono a carico dello stesso».

1. 7. Di Pietro, Palomba.

 

Al comma 68, aggiungere, in fine, le seguenti parole: Le disposizioni del presente comma prevalgono su ogni altra norma, anche di natura speciale, e si applicano anche agli incarichi già conferiti alla data di entrata in vigore della presente legge.

1. 8. Di Pietro, Palomba.

 

Sopprimere i commi da 69 a 74.

*1. 9. Sisto.

 

Sopprimere i commi da 69 a 74.

*1. 10. Di Pietro, Palomba.

 

Sopprimere il comma 69.

1. 11. Di Pietro, Palomba.

 

Sostituire il comma 69 con il seguente:

69. Le disposizioni   di cui al comma 68 si applicano anche agli incarichi in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.

1. 12. Giachetti, Bernardini.

 

Sopprimere il comma 70.

1. 13. Di Pietro, Palomba.

 

Sostituire il comma 70 con il seguente:

70. «Il personale collocato fuori ruolo di cui al comma 66 mantiene esclusivamente il trattamento economico fondamentale dell'amministrazione di appartenenza, compresa l'indennità, e i relativi oneri rimangono a carico della stessa».

1. 14. Giachetti, Bernardini.

 

Sopprimere il comma 71.

1. 15. Di Pietro, Palomba.

 

Sostituire il comma 71 con il seguente:

71. Le disposizioni   dei commi 66, 68, 69, 70, dello presente legge prevalgono su ogni altra norma, anche di carattere speciale, e si applicano anche agli incarichi già conferiti alla data della sua entrata in vigore.

1. 16. Giachetti, Bernardini.

 

Sopprimere il comma 72.

1. 17. Giachetti, Bernardini.

 

Al comma 72 sopprimere le parole da: sino al termine fino a: si intende confermato.

1. 18. Di Pietro, Palomba.

 

Al comma 75, lettera r), capoverso articolo 346-bis, primo comma, prima delle parole: 319 e 319-ter inserire le seguenti: 317,318.

1. 20. Di Pietro, Palomba.

 

Al comma 75, lettera r), capoverso articolo 346-bis, primo comma, dopo le parole: ovvero per remunerarlo aggiungere le seguenti: anche indipendentemente dal fatto che l'influenza sia o meno esercitata.

1. 21. Di Pietro, Palomba.

Al comma 75, lettera r), capoverso articolo 346-bis, primo comma, dopo le parole: in relazione al compimento di un atto aggiungere le seguenti: idoneo a procurare a sé o ad altri qualsiasi vantaggio e in relazione al compimento di un atto.

1. 22. Di Pietro, Palomba.

 

Al comma 75, lettera r), capoverso articolo 346-bis, sopprimere le parole: o al ritardo.

1. 23. Sisto.

 

Al comma 76, capoverso articolo 2635 c.c., sopprimere le parole: , salvo che fino a: quinto comma servizi.

1. 24. Sisto.

 

 


 


 

 

 

 

 

 

 

 


 

Esame in sede consultiva

 


 

Comitato per la legislazione

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ESAME AI SENSI DELL'ARTICOLO 16-BIS, COMMA 6-BIS, DEL REGOLAMENTO

Giovedì 25 ottobre 2012. — Presidenza del Presidente Doris LO MORO.

La seduta comincia alle 9.

Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione.

Esame C. 4434-B – Governo.

(Parere alle Commissioni I e II).

(Esame e conclusione – Parere con condizione e osservazioni).

Il Comitato inizia l'esame del provvedimento in titolo.

Doris LO MORO, presidente e relatore, in via preliminare, fa presente che il provvedimento in esame è stato approvato in prima lettura dal Senato, indi modificato dalla Camera e nuovamente modificato dal Senato e che esso, nel suo complesso, da un lato, reca misure volte a prevenire e reprimere la corruzione e l'illegalità nella pubblica amministrazione e, dall'altro, introduce nel codice penale importanti modifiche alla disciplina dei reati contro la pubblica amministrazione.

Quanto alle modifiche introdotte dal Senato, che costituiscono oggetto di esame da parte della Camera in quarta lettura, precisa che esse, oltre agli interventi di semplice coordinamento, riguardano la disciplina degli arbitrati negli appalti pubblici; la disciplina delle incompatibilità dei dipendenti pubblici; la disciplina del collocamento fuori ruolo in magistratura; la disciplina del nuovo reato di traffico di influenze illecite e del nuovo reato di corruzione tra privati.

Al riguardo, precisa che la disciplina che presenta maggiore interesse per il Comitato per la legislazione, contenuta all'articolo 1, commi da 66 a 74, è quella concernente il collocamento fuori ruolo dei magistrati ordinari, amministrativi e contabili (cui sono stati aggiunti dal Senato i magistrati militari) e degli avvocati e procuratori dello Stato.

In relazione a tale disciplina, evidenzia, in primo luogo, che essa interviene su una normativa assai stratificata alla quale si sovrappone senza procedere ai necessari coordinamenti ed alle dovute abrogazioni. In secondo luogo, osserva che, in relazione alla suddetta disciplina, non solo è stata inserita una normativa di immediata applicazione (sia a regime che transitoria), ma è stato anche previsto il conferimento di una delega al Governo. Tuttavia, con riferimento alla struttura del testo, segnala che la normativa volta al conferimento della delega non è contenuta in un unico contesto normativo, ma dislocata in commi distanziati tra loro, con la conseguenza che risulta difficile ricostruire il complessivo quadro normativo che si introduce ed, in particolare, distinguere prima facie, le norme di delega da quelle immediatamente applicabili e, nell'ambito di queste ultime, le norme a regime e quelle transitorie. Fa infine presente che, in relazione alla disciplina di immediata applicazione concernente il collocamento fuori ruolo di magistrati e avvocati e procuratori dello Stato, si pongono numerosi problemi di coordinamento interno al testo.

Passa quindi ad illustrare la seguente proposta di parere:

«Il Comitato per la legislazione,

esaminato il progetto di legge C. 4434-B, recante disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione, limitatamente alle parti modificate dal Senato;

ricordato che, sul medesimo provvedimento, il Comitato si è già espresso, in prima lettura, in data 22 settembre 2011, formulando un parere con condizioni e osservazioni;

rilevato che, nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento, è stata modificata la disciplina (inserita nel corso dell'esame del provvedimento alla Camera) in materia di collocamento fuori ruolo dei magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, degli avvocati e dei procuratori dello Stato, e che, in relazione alla suddetta disciplina, è stata, da un lato, inserita sia una normativa di immediata applicazione (sia a regime che transitoria), e, dall'altro, è stato previsto il conferimento di una delega al Governo;

sotto il profilo dei rapporti con la normativa vigente:

osservato che le disposizioni contenute ai commi da 66 a 74 dell'articolo 1, in materia di collocamento in posizione di fuori ruolo dei magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari e degli avvocati e dei procuratori dello Stato, si sovrappongono, in assenza di clausole di coordinamento e senza procedere alle necessarie abrogazioni, alla stratificata normativa vigente nella materia, peraltro allo stato differenziata tra il personale della magistratura ordinaria (la cui disciplina è contenuta agli articoli 68, 196, 203 e 210 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio 195 del12; agli articoli 15 e 42 della legge n.decreto 30 gennaio 1941, n. 48 del 2001; all'articolo 4 della legge1958; all'articolo 3 della legge n. 111 del 2007 e all'articolo 1-n.bis143, comma 3, del decreto legge n. del 2008), il personale della magistratura amministrativa (la cui disciplina è 1018 del 1950 e agli articoli 13 e 29contenuta all'articolo 2 della legge n. 186 del 1982), il personale della magistratura contabile (la cui della legge n. 161 del 1953 e aglidisciplina è contenuta all'articolo 8 della legge n. 388 del 1995) earticoli 3 e 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. gli avvocati dello Stato (la cui disciplina è contenuta all'articolo 3 del regio 103 del 1979) e120 del 1941, e all'articolo 23 della legge n.decreto n. contenuta, invece, in via generale per tutti i dipendenti pubblici, 217 del 2001;nell'articolo 13 del decreto-legge n.

in relazione alle procedure di delega:

rilevato che il provvedimento, al comma 67 dell'articolo 1, che conferisce una delega al Governo finalizzata all'individuazione di incarichi (ulteriori rispetto a quelli indicati al comma 66), che comportano l'obbligatorio collocamento in posizione fuori ruolo di magistrati, procuratori e avvocati dello Stato, individua un termine breve per l'adozione del decreto legislativo (quattro mesi) ed, invece, al comma 74, un termine molto più lungo (dodici mesi) per l'adozione di eventuali disposizioni integrative e correttive;

sul piano della struttura, della corretta formulazione e del coordinamento interno al testo:

osservato che la    norma recante il conferimento della delega principale e le disposizioni che disciplinano l'espressione del parere parlamentare e l'esercizio della delega correttiva e integrativa risultano collocate, nell'ambito del disegno di legge, in due commi distanziati tra loro (rispettivamente, ai commi 67 e 73-74), tra i quali è inserita, a partire dal comma 68, prima una disciplina a regime e, indi, una normativa transitoria, con la conseguenza che risulta difficile ricostruire il complessivo quadro normativo che si introduce ed, in particolare, distinguere prima facie le norme di delega da quelle immediatamente applicabili e, nell'ambito di queste ultime, le norme a regime e quelle transitorie;

osservato inoltre che, nell'ambito della nuova disciplina, sembrerebbe evincersi, non senza difficoltà esegetiche, che l'intento del legislatore sia quello di introdurre, in relazione al collocamento fuori ruolo di magistrati e procuratori e avvocati dello Stato, tre distinte fattispecie: disciplina generale; esenzione e regime speciale. Al riguardo, infatti, i commi 66 e 68 dettano la disciplina generale del collocamento in posizione di fuori ruolo di magistrati ed avvocati e procuratori dello Stato chiamati ad esercitare altri incarichi presso istituzioni, organi ed enti pubblici, nazionali ed internazionali, fissando un termine di dieci anni per il collocamento fuori ruolo. Il comma 69, nell'introdurre il principio generale dell'immediata applicazione della nuova disciplina a regime agli incarichi in corso, fa salvi i commi 70, 71 e 72, che derogano alla medesima disciplina. Il comma 70 esclude dall'ambito di applicazione della nuova disciplina i magistrati nominati membri di Governo ovvero che esercitino cariche elettive, anche presso organi di autogoverno, o che siano componenti delle Corti internazionali. Il comma 71 prevede invece un diverso regime temporale (il termine decennale di cui al comma 68 decorre infatti dall'entrata in vigore della legge) per gli incarichi previsti dal comma 4 dell'articolo 1-bis 143, convertito, con modificazioni, del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 181, “anche se conferiti successivamente dalla legge 13 novembre 2008, n. all'entrata in vigore della presente legge”. Si tratta degli incarichi relativi a funzioni non giudiziarie presso la Presidenza della Repubblica, la Corte costituzionale, il Consiglio Superiore della Magistratura e degli “incarichi elettivi”, i quali ultimi sembrerebbero differenziarsi dalle cariche elettive di cui al comma 70 (in caso contrario si verificherebbe peraltro una sovrapposizione, seppure parziale, tra i due commi). Il comma 72 introduce infine una specifica disciplina per i magistrati e avvocati e procuratori dello Stato che abbiano già maturato – alla data di entrata in vigore della legge – il periodo massimo di collocamento fuori ruolo ovvero che lo maturino successivamente alla medesima data;

riscontrato infine, che il disegno di legge, al comma 66, affianca, introducendo un neologismo che potrebbe dare adito a dubbi interpretativi, agli incarichi ricoperti in posizioni apicali, quelli in posizioni “semiapicali”;

ritiene che, per la conformità ai parametri stabiliti dall'articolo 16-bis del Regolamento, debbano essere rispettate le seguenti condizioni:

sotto il profilo dell'efficacia del testo per la semplificazione e il riordinamento della legislazione vigente:

per quanto detto in premessa, in relazione alle disposizioni contenute ai commi da 66 a 74 dell'articolo 1, in materia di collocamento in posizione di fuori ruolo dei magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, degli avvocati e dei procuratori dello Stato, sia effettuato un adeguato coordinamento con le disposizioni vigenti (alcune delle quali rivestono peraltro natura codicistica), anche in considerazione del fatto che il settore normativo in questione è risultato già oggetto, anche in tempi recenti, di una significativa stratificazione normativa;

sotto il profilo della chiarezza e della proprietà della formulazione:

per quanto detto in premessa:

a) in relazione alla disciplina di immediata applicazione relativa al collocamento fuori ruolo dei magistrati e dei procuratori e degli avvocati dello Stato anche in relazione al relativo limite temporale, si chiarisca, in via preliminare, se l'intento perseguito sia effettivamente quello di introdurre tre distinte fattispecie (disciplina generale; esenzione; regime speciale);

b) sia riformulato il comma 71 limitandone la portata applicativa ai soli incarichi (a funzioni non giudiziarie presso la Presidenza della Repubblica, la Corte costituzionale, il Consiglio Superiore della Magistratura e degli “incarichi elettivi”) già conferiti alla data di entrata in vigore della legge, al fine di dettare esclusivamente una disciplina transitoria ed allo scopo, altresì, di scongiurare il dubbio interpretativo che, per gli incarichi conferiti successivamente all'entrata in vigore della legge, il termine di dieci anni decorra da una data antecedente al conferimento dell'incarico;

c) sia, analogamente, riformulato il comma 72, limitandone l'ambito applicativo ai soli magistrati che, alla data di entrata in vigore della legge, abbiano già maturato il periodo massimo di collocamento fuori ruolo, poiché diversamente, si finirebbe con l'assegnare alla disposizione in oggetto non solo natura transitoria ma anche a regime, con conseguente sovrapposizione con quella dettata dai commi 66, 68 e 69;

d) si proceda a raccogliere in un unico contesto le disposizioni (contenute ai commi 67, 73 e 74) recanti la delega al Governo in materia di collocamento in posizione di fuori ruolo dei magistrati chiamati ad esercitare altri incarichi.

Il Comitato osserva altresì che:

sotto il profilo della chiarezza e della proprietà della formulazione:

all'articolo 1, comma 66, si dovrebbe specificare cosa si intenda con il riferimento agli incarichi “attribuiti in posizioni (...) semiapicali”, tenuto conto che tale ultimo aggettivo non risulta in precedenza utilizzato nelle fonti di rango legislativo.».

Lino DUILIO, pur condividendo la proposta di parere formulata dalla relatrice, ritiene tuttavia che la condizione, con la quale si richiede che si proceda al coordinamento della nuova disciplina relativa al collocamento fuori ruolo di magistrati e procuratori e avvocati dello Stato chiamati a ricoprire altri incarichi, risulti eccessivamente generica. A suo avviso, posto che le condizioni dovrebbero connotarsi per la loro formulazione in termini puntuali, tali da consentirne la immediata traducibilità in proposte emendative, suggerisce che siano specificati i singoli interventi reputati necessari al fine di conseguire il coordinamento normativo in questione, ovvero, ove non risulti possibile effettuare tale riformulazione, sarebbe a suo avviso preferibile trasformare la condizione in oggetto in una raccomandazione. Se, infatti, così riformulato, da una parte, il parere perderebbe certamente di incisività, ne guadagnerebbe però in termini di coerenza: lo strumento della raccomandazione risulta infatti, a suo avviso, più appropriato ove non si intenda conferire al rilievo portata precettiva e carattere puntuale ma lo si voglia invece formulare in termini più generali.

Doris LO MORO, presidente e relatore, precisa che lo strumento della raccomandazione risulterebbe appropriato ove con esso si volesse rappresentare, in termini generali, l'esigenza che i provvedimenti siano coordinati con l'ordinamento vigente. Nel caso all'esame, l'esigenza di coordinamento viene invece espressa in relazione ad uno preciso intervento normativo e valutata sulla base del suo impatto con uno specifico settore normativo. Con la condizione contenuta nel parere non si vuole cioè sensibilizzare il legislatore a tenere un comportamento pro futuro, ma viene indicata una problematica cui si dovrebbe porre riparo modificando il testo in esame. Che poi la condizione non sia formulata in termini puntuali (requisito peraltro non necessario affinché si configuri una condizione), risponde ad una specifica scelta, quella cioè di evitare che, stante la complessa stratificazione del settore normativo su cui si interviene, si possano commettere errori nell'indicare esattamente le normative previgenti che richiedono di essere coordinate o abrogate, tanto più che tale valutazione dovrebbe essere compiutamente effettuata dalle Commissioni di merito, che meglio conoscono il settore normativo sul quale impattano le nuove disposizioni.

Roberto ZACCARIA osserva come a suo avviso il Comitato, nel pronunciarsi sul provvedimento, non possa non unire a considerazioni di natura tecnico-giuridica anche la necessaria valutazione di un dato di sistema: il provvedimento – che affronta materia politicamente sensibile – è all'esame della Camera in quarta lettura, e vi giunge all'esito di un iter particolarmente complesso. Risultando evidente come non vi siano i margini per un'ulteriore lettura del disegno di legge da parte del Senato, ritiene dunque che il Comitato, non potendo prescindere da una valutazione in ordine al reale impatto che il parere potrebbe avere nel prosieguo dell'esame parlamentare, dovrebbe astenersi dal formulare un elenco di condizioni, tutte peraltro afferenti la medesima problematica, inevitabilmente destinate a rimanere disattese. Anche alla luce dei precedenti nei quali il Comitato, al ricorrere di circostanze eccezionali – come, da ultimo, il 14 luglio 2011, in relazione al 98 del 2011 – si astenne dal formulare rilievi, ritienedecreto legge n. che anche oggi il Comitato, con un atto di self restraint, debba asciugare al massimo la parte dispositiva del parere.

Carlo MONAI, pur comprendendo lo spirito dell'intervento del collega Zaccaria, ritiene tuttavia che il Comitato non possa operare un'auto-restrizione del ruolo che è chiamato ad assolvere dal Regolamento con riferimento a ciascun progetto di legge oggetto di esame, né tralasciare di considerare la finalità primaria per la quale è stato istituito, e cioè adoperarsi, attraverso le proprie pronunce, affinché i testi di legge siano quanto più possibile funzionali alle esigenze di certezza e di chiarezza della legislazione. Tutti i rilievi contenuti nella proposta di parere sono, infatti, volti ad indicare quelle modifiche che, se effettuate, scongiurerebbero l'insorgere di dubbi interpretativi, nonché l'affermarsi di interpretazioni elusive, in sede applicativa, del dettato normativo. Per tali ragioni, reputa dunque pienamente condivisibile la proposta di parere formulata dalla relatrice, in relazione alla quale riterrebbe solamente opportuno espungere dalla premessa il riferimento ivi contenuto ai termini per l'esercizio della delega principale e di quella correttiva e integrativa, tenuto conto che la fissazione di tali termini è presumibilmente il frutto di una precisa scelta del legislatore ed in considerazione del fatto che alla descrizione del fenomeno contenuta nelle premesse non segue la formulazione di alcun rilievo.

Da ultimo, suggerisce di aggiungere al parere un ulteriore rilievo avente ad oggetto la formulazione dell'ultimo periodo del comma 76, tenuto conto che esso fa dipendere la stessa perseguibilità d'ufficio del reato (e non la sola entità della pena applicabile) da un concetto, come quello della distorsione della concorrenza, che, a suo avviso, si potrebbe prestare a larghi margini di opinabilità in sede applicativa.

Doris LO MORO, presidente e relatore, dopo aver chiarito, in relazione all'ultima osservazione del collega Monai, che si tratta di questione afferente al merito del provvedimento e che, peraltro, il nostro ordinamento già conosce altre fattispecie nelle quali l'offensività del reato incide anche sulla perseguibilità d'ufficio, ritiene pienamente condivisibile il suggerimento dello stesso collega di espungere dalle premesse il passaggio relativo ai termini di esercizio della delega.

Con riferimento invece al dibattito svoltosi in seno al Comitato sia in relazione alla formulazione della prima condizione, sia in ordine alla stessa opportunità che il Comitato esprima un parere così articolato e puntuale, stante la pressoché certa impossibilità che nel prosieguo dell'esame parlamentare i rilievi del Comitato possano essere recepiti, ritiene di svolgere alcune riflessioni. In primo luogo – non potendo il Comitato rinunziare al proprio compito istituzionale di verificare quale sia l'impatto delle nuove normative sull'ordinamento vigente – ribadisce che il primo rilievo contenuto nel parere dovrebbe, a suo avviso, mantenere la veste di una condizione. In relazione invece agli ulteriori rilievi contenuti nella proposta di parere – certamente meno pregnanti rispetto al primo – condividendo le esigenze rappresentate dal collega Zaccaria, stante la delicatezza a livello politico del provvedimento e tenuto conto, a tale ultimo proposito, che il Comitato, pur svolgendo funzioni di carattere tecnico-giuridico, rimane pur sempre un organo politico, ritiene che tutte le condizioni formulate possano essere derubricate in osservazioni.

Formula quindi la seguente nuova proposta di parere:

«Il Comitato per la legislazione,

esaminato il progetto di legge C. 4434-B, recante disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione, limitatamente alle parti modificate dal Senato;

ricordato che, sul medesimo provvedimento, il Comitato si è già espresso, in prima lettura, in data 22 settembre 2011, formulando un parere con condizioni e osservazioni;

rilevato che, nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento, è stata modificata la disciplina (inserita nel corso dell'esame del provvedimento alla Camera) in materia di collocamento fuori ruolo dei magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, degli avvocati e dei procuratori dello Stato, e che, in relazione alla suddetta disciplina, è stata, da un lato, inserita sia una normativa di immediata applicazione (sia a regime che transitoria), e, dall'altro, è stato previsto il conferimento di una delega al Governo;

sotto il profilo dei rapporti con la normativa vigente:

osservato che le disposizioni contenute ai commi da 66 a 74 dell'articolo 1, in materia di collocamento in posizione di fuori ruolo dei magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari e degli avvocati e dei procuratori dello Stato, si sovrappongono, in assenza di clausole di coordinamento e senza procedere alle necessarie abrogazioni, alla stratificata normativa vigente nella materia, peraltro allo stato differenziata tra il personale della magistratura ordinaria (la cui disciplina è contenuta agli articoli 68, 196, 203 e 210 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio 195 del12; agli articoli 15 e 42 della legge n.decreto 30 gennaio 1941, n. 48 del 2001; all'articolo 4 della legge1958; all'articolo 3 della legge n. 111 del 2007 e all'articolo 1-n.bis, comma 3, del decreto legge n. del 2008), il personale della magistratura amministrativa (la cui disciplina è  del 1950 e agli articoli 13 e 29contenuta all'articolo 2 della legge n. 186 del 1982), il personale della magistratura contabile (la cuidella legge n. 161 del 1953 e aglidisciplina è contenuta all'articolo 8 della legge n. 388 del 1995) earticoli 3 e 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. gli avvocati dello Stato (la cui disciplina è contenuta all'articolo 3 del regio 103 del 1979) e120 del 1941, e all'articolo 23 della legge n.decreto n. contenuta, invece, in via generale per tutti i dipendenti pubblici, del 2001;nell'articolo 13 del decreto-legge n. 217

sul piano della struttura, della corretta formulazione e del coordinamento interno al testo:

osservato che la norma recante il conferimento della delega principale e le disposizioni che disciplinano l'espressione del parere parlamentare e l'esercizio della delega correttiva e integrativa risultano collocate, nell'ambito del disegno di legge, in due commi distanziati tra loro (rispettivamente, ai commi 67 e 73-74), tra i quali è inserita, a partire dal comma 68, prima una disciplina a regime e, indi, una normativa transitoria, con la conseguenza che risulta difficile ricostruire il complessivo quadro normativo che si introduce ed, in particolare, distinguere prima facie le norme di delega da quelle immediatamente applicabili e, nell'ambito di queste ultime, le norme a regime e quelle transitorie;

osservato inoltre che, nell'ambito della nuova disciplina, sembrerebbe evincersi, non senza difficoltà esegetiche, che l'intento del legislatore sia quello di introdurre, in relazione al collocamento fuori ruolo di magistrati e procuratori e avvocati dello Stato, tre distinte fattispecie: disciplina generale; esenzione e regime speciale. Al riguardo, infatti, i commi 66 e 68 dettano la disciplina generale del collocamento in posizione di fuori ruolo di magistrati ed avvocati e procuratori dello Stato chiamati ad esercitare altri incarichi presso istituzioni, organi ed enti pubblici, nazionali ed internazionali, fissando un termine di dieci anni per il collocamento fuori ruolo. Il comma 69, nell'introdurre il principio generale dell'immediata applicazione della nuova disciplina a regime agli incarichi in corso, fa salvi i commi 70, 71 e 72, che derogano alla medesima disciplina. Il comma 70 esclude dall'ambito di applicazione della nuova disciplina i magistrati nominati membri di Governo ovvero che esercitino cariche elettive, anche presso organi di autogoverno, o che siano componenti delle Corti internazionali. Il comma 71 prevede invece un diverso regime temporale (il termine decennale di cui al comma 68 decorre infatti dall'entrata in vigore della legge) per gli incarichi previsti dal comma 4 dell'articolo 1-bis del decreto-legge 16 settembre 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008,2008, n. 181, “anche se conferiti successivamente all'entrata in vigore della presenten. legge”. Si tratta degli incarichi relativi a funzioni non giudiziarie presso la Presidenza della Repubblica, la Corte costituzionale, il Consiglio Superiore della Magistratura e degli “incarichi elettivi”, i quali ultimi sembrerebbero differenziarsi dalle cariche elettive di cui al comma 70 (in caso contrario si verificherebbe peraltro una sovrapposizione, seppure parziale, tra i due commi). Il comma 72 introduce infine una specifica disciplina per i magistrati e avvocati e procuratori dello Stato che abbiano già maturato – alla data di entrata in vigore della legge – il periodo massimo di collocamento fuori ruolo ovvero che lo maturino successivamente alla medesima data;

riscontrato infine, che il disegno di legge, al comma 66, affianca, introducendo un neologismo che potrebbe dare adito a dubbi interpretativi, agli incarichi ricoperti in posizioni apicali, quelli in posizioni “semiapicali”;

ritiene che, per la conformità ai parametri stabiliti dall'articolo 16-bis del Regolamento, debbano essere rispettate la seguente condizione:

sotto il profilo dell'efficacia del testo per la semplificazione e il riordinamento della legislazione vigente:

per quanto detto in premessa, in relazione alle disposizioni contenute ai commi da 66 a 74 dell'articolo 1, in materia di collocamento in posizione di fuori ruolo dei magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, degli avvocati e dei procuratori dello Stato, sia effettuato un adeguato coordinamento con le disposizioni vigenti (alcune delle quali rivestono peraltro natura codicistica), anche in considerazione del fatto che il settore normativo in questione è risultato già oggetto, anche in tempi recenti, di una significativa stratificazione normativa;

Il Comitato osserva altresì che:

sotto il profilo della chiarezza e della proprietà della formulazione:

per quanto detto in premessa, con riferimento alla formulazione della disciplina di delega:

a) in relazione alla disciplina di immediata applicazione relativa al collocamento fuori ruolo dei magistrati e dei procuratori e degli avvocati dello Stato anche in relazione al relativo limite temporale, si valuti l'opportunità di chiarire, in via preliminare, se l'intento perseguito sia effettivamente quello di introdurre tre distinte fattispecie (disciplina generale; esenzione; regime speciale);

b) si valuti l'opportunità di riformulare il comma 71 limitandone la portata applicativa ai soli incarichi (a funzioni non giudiziarie presso la Presidenza della Repubblica, la Corte costituzionale, il Consiglio Superiore della Magistratura e degli “incarichi elettivi”) già conferiti alla data di entrata in vigore della legge, al fine di dettare esclusivamente una disciplina transitoria ed allo scopo, altresì, di scongiurare il dubbio interpretativo che, per gli incarichi conferiti successivamente all'entrata in vigore della legge, il termine di dieci anni decorra da una data antecedente al conferimento dell'incarico;

c) si valuti l'opportunità di riformulare, analogamente, il comma 72, limitandone l'ambito applicativo ai soli magistrati che, alla data di entrata in vigore della legge, abbiano già maturato il periodo massimo di collocamento fuori ruolo, poiché diversamente, si finirebbe con l'assegnare alla disposizione in oggetto non solo natura transitoria ma anche a regime, con conseguente sovrapposizione con quella dettata dai commi 66, 68 e 69;

d) si valuti l'opportunità di raccogliere in un unico contesto le disposizioni (contenute ai commi 67, 73 e 74) recanti la delega al Governo in materia di collocamento in posizione di fuori ruolo dei magistrati chiamati ad esercitare altri incarichi;

si valuti l'opportunità di specificare all'articolo 1, comma 66, cosa si intenda con il riferimento agli incarichi “attribuiti in posizioni (...) semiapicali”, tenuto conto che tale ultimo aggettivo non risulta in precedenza utilizzato nelle fonti di rango legislativo.».

Il Comitato approva la proposta di parere come riformulata.

 

La seduta termina alle 9.35.

 


 


 

III COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari esteri e comunitari)
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SEDE CONSULTIVA

Giovedì 25 ottobre 2012. — Presidenza del vicepresidente Franco NARDUCCI. — Interviene il sottosegretario di Stato agli affari esteri Marta Dassù.

La seduta comincia alle 14.10.

 

Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione.

C. 4434-B, approvato dal Senato, modificato dalla Camera e nuovamente modificato dal Senato.

(Parere alle Commissioni riunite I e II).

(Esame e conclusione – Parere favorevole).

 

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Franco NARDUCCI, presidente e relatore, segnala che la Commissione è chiamata ad esprimere un parere sul provvedimento in titolo in ragione della sua calendarizzazione presso l'Assemblea a partire dalla prossima settimana. Segnala quindi che, con riferimento all'articolo 1, comma 1, del testo in esame l'altro ramo del Parlamento ha provveduto a dare conto 110 del 2012 di autorizzazione alladell'approvazione definitiva della legge n. ratifica della Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999. Propone quindi che la Commissione esprima parere favorevole, raccomandando un celere iter del provvedimento al fine della piena attuazione della predetta Convenzione (vedi allegato 1).

Il sottosegretario Marta DASSÙ si associa alle considerazioni svolte dal relatore.

La Commissione approva la proposta di parere favorevole come formulata dal relatore.



 

ALLEGATO 1

Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione (C. 4434-B, approvato dal Senato, modificato dalla Camera e nuovamente modificato dal Senato).

 

PARERE APPROVATO DALLA COMMISSIONE

La III Commissione (Affari esteri e comunitari),

esaminato il disegno di legge C. 4434-B, approvato dal Senato, modificato dalla Camera e nuovamente modificato dal Senato, recante «Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione»;

raccomandatane l'urgenza ai fini dell'attuazione della Convenzione penale, sulla corruzione del Consiglio d'Europa di cui alla legge 28 giugno 2012 n. 110

esprime

PARERE FAVOREVOLE.

 

 

 


 

V COMMISSIONE PERMANENTE

(Bilancio, tesoro e programmazione)
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SEDE CONSULTIVA

Giovedì 25 ottobre 2012. — Presidenza del vicepresidente Roberto OCCHIUTO, indi del presidente Giancarlo GIORGETTI. — Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Gianfranco Polillo.

La seduta comincia alle 13.45.

 

Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione.

C. 4434-B, approvato dal Senato, modificato dalla Camera e nuovamente modificato del Senato.

(Parere alle Commissioni I e II).

(Esame e conclusione – Parere favorevole).

 

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Marina SERENI (PD), relatore, ricorda che il provvedimento, già approvato in prima lettura dal Senato, è stato modificato dalla Camera e nuovamente emendato nel corso dell'esame in terza lettura presso il Senato. Fa presente che esso è stato approvato in terza lettura al Senato, con le modifiche introdotte da un emendamento del Governo interamente sostitutivo del testo e corredato di una relazione tecnica riferita anche a parti non modificate rispetto al testo licenziato dalla Camera dei deputati. In relazione alle modifiche introdotte dal Senato, fa presente di non avere osservazioni dal punto di vista finanziario.

Il sottosegretario Gianfranco POLILLO esprime parere favorevole all'ulteriore corso del provvedimento.

Marina SERENI (PD), relatore, propone quindi di esprimere parere favorevole sul provvedimento.

La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 14.05.


 

 

 


Discussione in Assemblea

 


 

 

N. 4434-C

¾

 

CAMERA DEI DEPUTATI

______________________________

DISEGNO DI LEGGE

 

 

 

 

APPROVATO DAL SENATO DELLA REPUBBLICA

il 15 giugno 2011 (v. stampato Camera n. 4434)

 

MODIFICATO DALLA CAMERA DEI DEPUTATI

il 14 giugno 2012 (v. stampato Senato n. 2156-B)

 

MODIFICATO DAL SENATO DELLA REPUBBLICA

il 17 ottobre 2012

 

presentato dal ministro della giustizia

(ALFANO)

di concerto con il ministro dell'interno

(MARONI)

con il ministro per le riforme per il federalismo

(BOSSI)

con il ministro per la semplificazione normativa

(CALDEROLI)

e con il ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione

(BRUNETTA)

 

¾

 

Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione

 

 

¾¾¾¾¾¾¾¾

Trasmesso dal Presidente del Senato della Repubblica il 18 ottobre 2012

¾¾¾¾¾¾¾¾

 

 

(Relatori: SANTELLI, per la I Commissione; ANGELA NAPOLI, per la II Commissione)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

NOTA: Il presente stampato contiene i pareri espressi dal Comitato per la legislazione e dalle Commissioni permanenti III (Affari esteri e comunitari) e V (Bilancio, tesoro e programmazione) sul disegno di legge n. 4434-B.

 

Le Commissioni permanenti I (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni) e II (Giustizia), il 25 ottobre 2012, hanno deliberato di riferire favorevolmente sul disegno di legge. In pari data, le Commissioni hanno chiesto di essere autorizzate a riferire oralmente.

 

Per il testo del disegno di legge si rinvia allo stampato n. 4434-B.

 

 


 

PARERE DEL COMITATO PER LA LEGISLAZIONE

 

Il Comitato per la legislazione,

esaminato il progetto di legge n. 4434-B, recante disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione, limitatamente alle parti modificate dal Senato;

ricordato che, sul medesimo provvedimento, il Comitato si è già espresso, in prima lettura, in data 22 settembre 2011, formulando un parere con condizioni e osservazioni;

rilevato che, nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento, è stata modificata la disciplina (inserita nel corso dell'esame del provvedimento alla Camera) in materia di collocamento fuori ruolo dei magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, degli avvocati e dei procuratori dello Stato, e che, in relazione alla suddetta disciplina, è stata, da un lato, inserita sia una normativa di immediata applicazione (sia a regime che transitoria), e, dall'altro, è stato previsto il conferimento di una delega al Governo;

 

sotto il profilo dei rapporti con la normativa vigente:

osservato che le disposizioni contenute ai commi da 66 a 74 dell'articolo 1, in materia di collocamento in posizione di fuori ruolo dei magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari e degli avvocati e dei procuratori dello Stato, si sovrappongono, in assenza di clausole di coordinamento e senza procedere alle necessarie abrogazioni, alla stratificata normativa vigente nella materia, peraltro allo stato differenziata tra il personale della magistratura ordinaria (la cui disciplina è contenuta agli articoli 68, 196, 203 e 210 dell'ordinamento giudiziario, di cui al regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12; agli articoli 15 e 42 della legge n. 195 del 1958; all'articolo 3 della legge n. 48 del 2001; all'articolo 4 della legge n. 111 del 2007 e all'articolo 1-bis, comma 3, del decreto legge n. 143 del 2008), il personale della magistratura amministrativa (la cui disciplina è contenuta all'articolo 2 della legge n. 1018 del 1950 e agli articoli 13 e 29 della legge n. 186 del 1982), il personale della magistratura contabile (la cui disciplina è contenuta all'articolo 8 della legge n. 161 del 1953 e agli articoli 3 e 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 388 del 1995) e gli avvocati dello Stato (la cui disciplina è contenuta all'articolo 3 del regio decreto n. 120 del 1941, e all'articolo 23 della legge n. 103 del 1979) e contenuta, invece, in via generale per tutti i dipendenti pubblici, nell'articolo 13 del decreto-legge n. 217 del 2001;

 

sul piano della struttura, della corretta formulazione e del coordinamento interno al testo:

osservato che la norma recante il conferimento della delega principale e le disposizioni che disciplinano l'espressione del parere parlamentare e l'esercizio della delega correttiva e integrativa risultano collocate, nell'ambito del disegno di legge, in due commi distanziati tra loro (rispettivamente, ai commi 67 e 73-74), tra i quali è inserita, a partire dal comma 68, prima una disciplina a regime e, indi, una normativa transitoria, con la conseguenza che risulta difficile ricostruire il complessivo quadro normativo che si introduce ed, in particolare, distinguere prima facie le norme di delega da quelle immediatamente applicabili e, nell'ambito di queste ultime, le norme a regime e quelle transitorie;

osservato inoltre che, nell'ambito della nuova disciplina, sembrerebbe evincersi, non senza difficoltà esegetiche, che l'intento del legislatore sia quello di introdurre, in relazione al collocamento fuori ruolo di magistrati e procuratori e avvocati dello Stato, tre distinte fattispecie: disciplina generale; esenzione e regime speciale. Al riguardo, infatti, i commi 66 e 68 dettano la disciplina generale del collocamento in posizione di fuori ruolo di magistrati ed avvocati e procuratori dello Stato chiamati ad esercitare altri incarichi presso istituzioni, organi ed enti pubblici, nazionali ed internazionali, fissando un termine di dieci anni per il collocamento fuori ruolo. Il comma 69, nell'introdurre il principio generale dell'immediata applicazione della nuova disciplina a regime agli incarichi in corso, fa salvi i commi 70, 71 e 72, che derogano alla medesima disciplina. Il comma 70 esclude dall'ambito di applicazione della nuova disciplina i magistrati nominati membri di Governo ovvero che esercitino cariche elettive, anche presso organi di autogoverno, o che siano componenti delle Corti internazionali. Il comma 71 prevede invece un diverso regime temporale (il termine decennale di cui al comma 68 decorre infatti dall'entrata in vigore della legge) per gli incarichi previsti dal comma 4 dell'articolo 1-bis del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181, «anche se conferiti successivamente all'entrata in vigore della presente legge». Si tratta degli incarichi relativi a funzioni non giudiziarie presso la Presidenza della Repubblica, la Corte costituzionale, il Consiglio Superiore della Magistratura e degli «incarichi elettivi», i quali ultimi sembrerebbero differenziarsi dalle cariche elettive di cui al comma 70 (in caso contrario si verificherebbe peraltro una sovrapposizione, seppure parziale, tra i due commi). Il comma 72 introduce infine una specifica disciplina per i magistrati e avvocati e procuratori dello Stato che abbiano già maturato – alla data di entrata in vigore della legge – il periodo massimo di collocamento fuori ruolo ovvero che lo maturino successivamente alla medesima data;

riscontrato infine, che il disegno di legge, al comma 66, affianca, introducendo un neologismo che potrebbe dare adito a dubbi interpretativi, agli incarichi ricoperti in posizioni apicali, quelli in posizioni «semiapicali»;

 ritiene che, per la conformità ai parametri stabiliti dall'articolo 16-bis del Regolamento, debba essere rispettata la seguente condizione:

 

sotto il profilo dell'efficacia del testo per la semplificazione e il riordinamento della legislazione vigente:

per quanto detto in premessa, in relazione alle disposizioni contenute ai commi da 66 a 74 dell'articolo 1, in materia di collocamento in posizione di fuori ruolo dei magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, degli avvocati e dei procuratori dello Stato, sia effettuato un adeguato coordinamento con le disposizioni vigenti (alcune delle quali rivestono peraltro natura codicistica), anche in considerazione del fatto che il settore normativo in questione è risultato già oggetto, anche in tempi recenti, di una significativa stratificazione normativa;

 

Il Comitato osserva altresì che:

sotto il profilo della chiarezza e della proprietà della formulazione:

per quanto detto in premessa, con riferimento alla formulazione della disciplina di delega:

a) in relazione alla disciplina di immediata applicazione relativa al collocamento fuori ruolo dei magistrati e dei procuratori e degli avvocati dello Stato anche in relazione al relativo limite temporale, si valuti l'opportunità di chiarire, in via preliminare, se l'intento perseguito sia effettivamente quello di introdurre tre distinte fattispecie (disciplina generale; esenzione; regime speciale);

b) si valuti l'opportunità di riformulare il comma 71 limitandone la portata applicativa ai soli incarichi (a funzioni non giudiziarie presso la Presidenza della Repubblica, la Corte costituzionale, il Consiglio Superiore della Magistratura e degli «incarichi elettivi») già conferiti alla data di entrata in vigore della legge, al fine di dettare esclusivamente una disciplina transitoria ed allo scopo, altresì, di scongiurare il dubbio interpretativo che, per gli incarichi conferiti successivamente all'entrata in vigore della legge, il termine di dieci anni decorra da una data antecedente al conferimento dell'incarico;

c) si valuti l'opportunità di riformulare, analogamente, il comma 72, limitandone l'ambito applicativo ai soli magistrati che, alla data di entrata in vigore della legge, abbiano già maturato il periodo massimo di collocamento fuori ruolo, poiché diversamente, si finirebbe con l'assegnare alla disposizione in oggetto non solo natura transitoria ma anche a regime, con conseguente sovrapposizione con quella dettata dai commi 66, 68 e 69;

d) si valuti l'opportunità di raccogliere in un unico contesto le disposizioni (contenute ai commi 67, 73 e 74) recanti la delega al Governo in materia di collocamento in posizione di fuori ruolo dei magistrati chiamati ad esercitare altri incarichi;

si valuti l'opportunità di specificare all'articolo 1, comma 66, cosa si intenda con il riferimento agli incarichi «attribuiti in posizioni (...) semiapicali», tenuto conto che tale ultimo aggettivo non risulta in precedenza utilizzato nelle fonti di rango legislativo.


 

PARERE DELLA III COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari esteri e comunitari)

 

La III Commissione,

 

esaminato il disegno di legge n. 4434-B, approvato dal Senato, modificato dalla Camera e nuovamente modificato dal Senato, recante «Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione»;

raccomandatane l'urgenza ai fini dell'attuazione della Convenzione penale sulla corruzione del Consiglio d'Europa di cui alla legge 28 giugno 2012 n. 110;

 

esprime

 

PARERE FAVOREVOLE

 


 

PARERE DELLA V COMMISSIONE PERMANENTE

(Bilancio, tesoro e programmazione)

 

 

 

 

PARERE FAVOREVOLE

 

 

 

 


 

RESOCONTO

SOMMARIO e STENOGRAFICO

_________

_________    _________

_________

 

 

710.

 

Seduta di lunedì29 OTTOBRE 2012

 

presidenza del vicepresidente MAURIZIO LUPI

 

La seduta comincia alle 16.

Discussione del disegno di legge: S. 2156-B - Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione (Approvato dal Senato, modificato dalla Camera e nuovamente modificato dal Senato) (C. 4434-B) (ore 16,05).

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, modificato dalla Camera e nuovamente modificato dal Senato, n. 4434-B: Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 25 ottobre 2012.

 

 (Discussione sulle linee generali - A.C. 4434-B)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che i presidenti dei gruppi parlamentari Partito Democratico e Lega Nord Padania ne hanno chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.

Avverto che le Commissioni I (Affari costituzionali) e II (Giustizia) si intendono autorizzate a riferire oralmente.

Il relatore per la Commissione affari costituzionali, onorevole Santelli, ha facoltà di svolgere la relazione.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, il provvedimento oggi all'esame dell'Aula trae origine da un disegno di legge presentato dal Governo il 4 maggio 2010 (S. 2156).

Il testo attuale, risultante da due letture del Senato ed una prima lettura della Camera dei deputati - questa è la seconda lettura - risulta profondamente modificato rispetto all'impianto originario. In particolare, il testo approvato dalla Camera il 14 giugno 2012 è stato modificato dal Senato e torna quindi nuovamente all'esame della Camera.

Il testo che viene dal Senato consta di due soli articoli: l'articolo 1, composto da 83 commi recanti la disciplina sostanziale, e l'articolo 2, relativo alla clausola di invarianza finanziaria. Il disegno di legge nel complesso reca misure volte a prevenire e reprimere la corruzione e l'illegalità nella pubblica amministrazione e introduce nel codice penale importanti modifiche alla disciplina dei reati contro la pubblica amministrazione.

Il testo approvato con modificazioni dalla Camera dei deputati il 14 giugno 2012 era composto da 27 articoli. Nel corso dell'esame al Senato, a seguito dell'approvazione di un emendamento del Governo, i primi 26 articoli sono stati sostituiti e inglobati in un articolo unico.

L'esame della Camera si limita naturalmente alle sole parti del testo modificate nell'ultima lettura al Senato. Ciò premesso, la mia relazione esporrà molto sinteticamente il contenuto del provvedimento soffermandosi sulle modifiche introdotte dal Senato in relazione agli arbitrati negli appalti pubblici e alla incompatibilità dei dipendenti pubblici. La collega Angela Napoli descriverà invece le modifiche apportate dal Senato alla disciplina del collocamento fuori ruolo in magistratura e a quella sul traffico di influenze illecite e sulla corruzione tra privati.

Per quanto riguarda la prevenzione e repressione della corruzione nella pubblica amministrazione, il provvedimento individua nella Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche (CIVIT) l'Autorità nazionale anticorruzione. Sono dettate specifiche misure volte alla trasparenza dell'attività amministrativa, compresa l'attività relativa agli appalti pubblici e al ricorso ad arbitri, e nell'attribuzione di posizioni dirigenziali, oltre a misure per l'assolvimento di obblighi informativi ai cittadini da parte delle pubbliche amministrazioni.

È dettata una più stringente disciplina delle incompatibilità, del cumulo di impieghi e degli incarichi di dipendenti pubblici ed è affidata al Governo la definizione di un codice di comportamento dei pubblici dipendenti e degli illeciti e delle sanzioni disciplinari relative ai termini dei procedimenti amministrativi.

Il Governo viene delegato all'adozione entro un anno di un testo unico in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di governo a seguito di condanne definitive per delitti non colposi. È prevista la tutela del pubblico dipendente che denuncia o riferisce condotte illecite apprese in ragione del suo rapporto di lavoro.

Sono elencate le attività d'impresa particolarmente esposte al rischio di infiltrazione mafiosa ed è istituito, presso ogni prefettura, l'elenco dei fornitori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa. È incrementato il catalogo dei reati alla cui condanna consegue, per l'appaltatore, la risoluzione del contratto con la pubblica amministrazione. È previsto un adeguamento per le regioni e per gli enti locali. È prevista - come dirà meglio la collega Angela Napoli - una più restrittiva disciplina del collocamento fuori ruolo per i magistrati e gli avvocati dello Stato. È reso più incisivo il giudizio di responsabilità amministrativa nei confronti del dipendente pubblico che ha causato un danno all'immagine della pubblica amministrazione. Sono dettate nuove cause ostative alle candidature negli enti locali e nuovi casi di decadenza o sospensione dalla carica. Sono previste misure organizzative da parte delle amministrazioni in caso di rinvio a giudizio di un dipendente per concussione per induzione. È modificato il procedimento di revoca dei segretari comunali.

Con riguardo alle modifiche al codice penale, oltre ad un complessivo aumento delle pene e alle modifiche processuali di coordinamento, il provvedimento in esame prevede che il reato di concussione diventi riferibile al solo pubblico ufficiale e non più all'incaricato di pubblico servizio e rivede la fattispecie per induzione, oggetto di un autonomo reato. È aggiunto ancora il nuovo articolo 319-quater con il delitto di induzione indebita a dare o promettere utilità. Per quanto riguarda le modifiche introdotte dal Senato - lasciando da parte quelle di semplice coordinamento conseguenti alla nuova numerazione dei commi e degli articoli e la soppressione dell'articolo 2 del testo della Camera sul finanziamento della CIVIT, che è già in vigore per effetto dell'articolo 5, comma 12, del decreto-legge n. 95 del 2012 - tali modifiche riguardano, come già detto, gli arbitrati negli appalti pubblici, l'incompatibilità dei dipendenti pubblici, la disciplina dei fuori ruolo della magistratura, il nuovo reato di traffico di influenze illecite, il nuovo reato di corruzione tra privati.

Quanto agli arbitrati negli appalti pubblici, il testo approvato dalla Camera ha previsto, novellando l'articolo 241 del codice degli appalti, che le controversie sui diritti soggettivi derivanti dall'esecuzione di appalti pubblici, comprese quelle derivanti dal mancato raggiungimento di un accordo bonario tra le parti, possano essere risolte con un arbitrato solo previa autorizzazione dell'organo di governo della pubblica amministrazione; in mancanza dell'autorizzazione, sia il ricorso ad arbitri, sia l'inclusione della clausola compromissoria nel bando o avviso-invito di gara sono nulli.

Il successivo comma 6 dell'articolo 3 ha esteso tale disciplina autorizzatoria anche agli analoghi contenziosi in cui sia parte una società a partecipazione pubblica o che, comunque, abbiano ad oggetto opere o forniture finanziate con risorse a carico di bilanci pubblici. Il testo approvato dal Senato ha esteso ulteriormente alle società controllate o collegate ad una società partecipata pubblica l'obbligo di previa autorizzazione motivata all'arbitrato da parte dell'organo di governo.

Il comma 34 riguarda, invece, l'ambito applicativo delle disposizioni in materia di trasparenza amministrativa. Il testo approvato dalla Camera riferiva tali disposizioni a tutte le pubbliche amministrazioni, agli enti pubblici nazionali nonché alle società partecipate dalle pubbliche amministrazioni, limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o dall'Unione europea. La modifica del Senato aggiunge le società controllate ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile alla lista dei destinatari della disposizione.

Quanto alle incompatibilità dei dipendenti pubblici, il Senato ha precisato la formulazione di un passaggio del nuovo comma 16-ter dell'articolo 53 del testo unico sul pubblico impiego. La norma, nel testo approvato dalla Camera, stabilisce che i dipendenti che negli ultimi tre anni di servizio hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni non possono svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell'attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri. I contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione di tali previsioni sono nulli; è vietato ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni. Il testo della Camera stabilisce, inoltre, che è prevista la restituzione dei compensi eventualmente percepiti e accertati ad essi riferiti. La modifica approvata dal Senato precisa il testo chiarendo che, dove si dice che è prevista la restituzione dei compensi, si intende che c'è l'obbligo di restituzione dei compensi.

Concludo, ricordando che sul testo si è espresso il Comitato per la legislazione. Le Commissioni III e V hanno espresso parere favorevole, mentre le Commissioni IV, VIII e X hanno comunicato che non si sarebbero espresse. Durante i lavori di Commissione non sono state apportate modifiche.

PRESIDENTE. Saluto gli studenti dell'Istituto comprensivo 3 Rodari Annecchino di Pozzuoli, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).

Ha facoltà di parlare il relatore per la Commissione giustizia, onorevole Angela Napoli.

ANGELA NAPOLI, Relatore per la II Commissione. Signor Presidente, come annunciato dalla collega Santelli, mi soffermerò sulle parti di competenza della Commissione giustizia, che si riferiscono alle modifiche del testo della Camera relativamente alla disciplina del collocamento fuori ruolo in magistratura e ai nuovi reati di traffico di influenze illecite e di corruzione tra privati.

In merito alla disciplina del collocamento fuori ruolo in magistratura, l'articolo 1, commi da 66 a 74, concerne una nuova disciplina del collocamento fuori ruolo dei magistrati ordinari, amministrativi e contabili (cui sono stati aggiunti dal Senato i magistrati militari) e degli avvocati e procuratori dello Stato.

Nel testo approvato dalla Camera (ex articolo 18), tale disciplina stabiliva che i magistrati potessero prestare servizio in posizione di fuori ruolo o in un'altra analoga posizione per non più di cinque anni consecutivi e, nel corso dell'intera carriera, per un tempo massimo complessivo di dieci anni; che i ricollocati in ruolo non potessero essere nuovamente collocati fuori ruolo se non avessero esercitato continuativamente ed effettivamente le proprie funzioni per almeno cinque anni; che il collocamento fuori ruolo non potesse determinare alcun pregiudizio relativo al posizionamento nei ruoli di appartenenza; nonché che il magistrato fuori ruolo mantenesse, nel nuovo incarico, esclusivamente il trattamento economico fondamentale dell'amministrazione di appartenenza, compresa l'indennità, rimanendo a carico della stessa i relativi oneri. L'ex articolo 18, infine, precisava la prevalenza della nuova disciplina su ogni normativa speciale, nonché la sua applicazione agli incarichi già conferiti alla data della sua entrata in vigore.

Il testo approvato dal Senato - interamente sostitutivo - introduce l'obbligo per i citati magistrati e avvocati e procuratori dello Stato con funzioni apicali o semiapicali (compresi i capi di gabinetto) presso istituzioni, organi ed enti pubblici, nazionali ed internazionali, di essere collocati fuori ruolo per tutta la durata dell'incarico. In mancanza di provvedimento di collocamento fuori ruolo nei centoottanta giorni successivi all'entrata in vigore della legge, gli incarichi in corso cessano di diritto.

Sarà inoltre il Governo, attraverso l'esercizio di una delega, di cui sono stabiliti principi e criteri direttivi, a individuare, entro quattro mesi, eventuali ulteriori incarichi per cui sarà obbligatorio il collocamento fuori ruolo. I principi e i criteri direttivi per l'esercizio della delega sono la specificità di regimi e funzioni, la durata dell'incarico, l'impegno lavorativo del medesimo, i possibili conflitti d'interesse.

Viene confermata in dieci anni la durata massima delle attività fuori ruolo, ma è introdotta un'eccezione per chi ha incarichi di Governo o elettivi, presso organi di autogoverno (come il CSM) e presso corti internazionali.

Per i magistrati destinati a funzioni non giudiziarie presso la Presidenza della Repubblica, la Corte costituzionale ed il CSM resta il termine massimo di dieci anni, che scatterà dall'entrata in vigore della legge, anche se gli incarichi sono stati conferiti dopo tale data; il magistrato con un altro incarico in corso all'entrata in vigore della legge, che abbia già maturato il termine decennale (o lo maturerà successivamente), è confermato nel fuori ruolo fino alla scadenza naturale della legislatura, del mandato, della consiliatura, eccetera. Se l'incarico non ha un termine prefissato, il collocamento fuori ruolo è confermato per i dodici mesi successivi all'entrata in vigore della legge.
È stata soppressa dal Senato la citata previsione dell'ex articolo 18, comma 2, per la quale i fuori ruolo mantengono solo il trattamento economico fondamentale dell'amministrazione di appartenenza, cui spettano i relativi oneri, compresa l'indennità. Dalla nuova disciplina transitoria introdotta, deriva la soppressione del comma 3 dell'ex articolo 18 del testo Camera, che recava la clausola di prevalenza delle nuove disposizioni su ogni altra norma, anche speciale, e prevedeva l'applicabilità anche agli incarichi in corso. Infine, è previsto che, entro un anno dall'entrata in vigore del decreto legislativo, il Governo possa adottare disposizioni integrative e correttive.

Passo ora alle parti penali, partendo dal reato di traffico di influenze illecite. Il testo dell'ex articolo 19 approvato dalla Camera introduce nel codice penale il nuovo reato di traffico di influenze illecite (articolo 346-bis), che, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 318 e 319 (corruzione propria e impropria), e 319-ter (corruzione in atti giudiziari), punisce con la reclusione da uno a tre anni chi, sfruttando relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale come prezzo della propria mediazione illecita ovvero per remunerare il pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio. La stessa pena si applica a chi indebitamente dà o promette denaro o altro vantaggio patrimoniale. Sono previste aggravanti e attenuanti speciali.

Tale norma è stata modificata dal Senato con l'obiettivo di meglio specificare la condotta, superando quelle perplessità sulla determinatezza della formulazione della fattispecie che avrebbe potuto portare, secondo alcuni, ad incriminazioni di condotte in realtà non lesive di beni giuridici penalmente rilevanti. L'articolo 1, comma 75, lettera r), infatti, configura la possibilità del concorso del reato di traffico di influenze illecite con la corruzione impropria (articolo 318 del codice penale, corruzione per l'esercizio della funzione), che non compare più nella clausola «fuori dei casi...»; inoltre precisa che la mediazione illecita è«verso il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio»; esplicita che la condotta deve essere in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri d'ufficio o all'omissione o al ritardo di un atto dell'ufficio del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio. Si potrebbe dire che è stata rafforzata la prodromicità del reato rispetto ai fatti corruttivi, andando a punire condotte che avrebbero potuto configurare in alcuni casi dei veri e propri tentativi di corruzione.

In merito al reato di corruzione tra privati, la nuova norma sostituisce all'attuale fattispecie di cui all'articolo 2635 del codice civile (infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità) quella di corruzione tra privati. La disposizione prevede che siano puniti con la reclusione da uno a tre anni gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori che, compiendo od omettendo atti in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, cagionano nocumento alla società.È stabilita l'applicazione della pena della reclusione fino a un anno e sei mesi se il fatto è commesso da chi è sottoposto alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti indicati al precedente comma.

Il nuovo articolo 2635 prevede, poi, che il soggetto che dà o promette denaro o altra utilità alle persone indicate sia punito con le pene ivi previste. La norma infine, statuisce che le pene sopraindicate siano raddoppiate se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell'Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante, ai sensi dell'articolo 116 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998.

Il testo approvato dal Senato, articolo 1, comma 76, senza modificare la fattispecie penale ex articolo 2635 del codice civile approvata dalla Camera, ha introdotto la procedibilità a querela della corruzione tra privati. Si procede tuttavia d'ufficio quando dall'illecito derivi una distorsione della concorrenza nell'acquisizione di beni e servizi.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, sarò rapidissimo, vorrei semplicemente dire che apprezzo molto la relazione svolta. Tuttavia - non so se vi è una specifica forma o semplicemente la possibilità di lasciarlo agli atti in questo modo -, in una relazione perfetta, anche per quanto riguarda la materia dei fuori ruolo, forse andava spiegato con qualche riga in più che il tema dell'articolo 18 aveva come presupposto essenziale quello che non vi erano eccezioni. Grazie al lavoro del Senato e anche del Ministro Severino, particolarmente impegnata in questo, è stata introdotta tutta una serie di deroghe che sostanzialmente vanificano il concetto stesso di fuori ruolo e consentono a coloro che sono fuori ruolo da 10, 15 o 20 anni, attraverso una serie di meccanismi di deroga di tempo, di poter continuare a starci per altri 10, 15, 20 anni.

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, sa bene che le opportunità ci sono, nel senso che abbiamo ancora da svolgere la discussione sulle linee generali, la fase di replica da parte dei relatori e del Governo, che può intervenire sia in quella fase che ora. Chiedo al rappresentante del Governo se intende intervenire adesso o se riserva di farlo in sede di replica.

PAOLA SEVERINO DI BENEDETTO, Ministro della giustizia. Signor Presidente, interverremo, sia il Ministro Patroni Griffi che io, in fase di replica.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Di Biagio. Ne ha facoltà.

ALDO DI BIAGIO. Signor Presidente, illustre Ministro, quest'oggi la discussione in Aula del provvedimento anticorruzione, o meglio ciò che ne rimane, sa tanto di conquista, una conquista amara, sofferta, rappezzata, a tratti timida, ma pur sempre una conquista. Le dinamiche che hanno portato fin qui a questo disegno di legge sono paragonabili a una vera e propria battaglia, con due fazioni diverse schierate sui fronti opposti: da un lato chi voleva che del disegno di legge rimanesse solo un inutile spauracchio, dall'altro il Governo, che con stoicismo ha tentato di mediare, aggiustare e sistemare. Il prodotto di questa complicata opera di mediazione politico-giuridica è un mosaico di norme manifesto e questioni non complete, ma come ormai si ripete da giorni, se non da mesi, è meglio di niente. Se il male minore deve essere questo provvedimento, siamo ben lieti di discuterne i contenuti, che sono certamente innovativi rispetto a quanto previsto dal nostro ordinamento, che tra lacune e superficialità ha consentito che si andasse a strutturare questo meraviglioso scenario di illecito, in cui si intrecciano corruzione, malaffare, connivenza, e si allontana sempre più ogni ipotesi di crescita e di investimenti, gettando il nostro Paese, l'Italia, in questa deprimente opacità economica-funzionale, che tanto piace additare oltreconfine e che rappresenta il più forte deterrente per gli imprenditori e investitori esteri verso il nostro Paese. Questo disegno di legge sicuramente è stata un'occasione mancata, come ha ribadito in queste ore l'ANM. Si poteva fare di più e meglio: si poteva procedere con l'effettivo rafforzamento delle misure di contrasto al fenomeno corruttivo, uniformando il nostro ordinamento a quanto sancito a livello sopranazionale, soprattutto per quanto riguarda le indicazioni provenienti dalla Convenzione internazionale in materia di contrasto alla corruzione, che paradossalmente l'Italia ha già ratificato, come la Convenzione ONU di Merida.

Ricordiamo che quest'ultima mira ad incrementare l'efficacia della lotta alla corruzione attraverso la promozione della corretta gestione degli affari pubblici. Allineare il nostro ordinamento agli standard internazionali resta una prerogativa, ma noi abbiamo preferito un adeguamento soft e indolore.

Il problema non riguarda tanto il cosa sia stato introdotto o se è stato introdotto in malo modo. Il problema principale è cosa è stato lasciato fuori, cosa si intende normare successivamente e in che modo, ma cominciamo dall'inizio. Il reato di concussione, di cui l'attualità ci ha regalato delle «piacevoli» fattispecie, è stato oggetto di spacchettamento, il che ha creato non poche difficoltà ed interpretazioni che, ovviamente, appariranno ancora più complesse alla prova dei fatti.

Il reato di nuova introduzione, che dovrebbe essere commesso per induzione, vale a dire la fattispecie più diffusa, paradossalmente ha una prescrizione molto breve, con annessa pena ridotta. Una delle novità sta nel reato di traffico di influenze illecite, vale a dire l'illecito «faccendierismo», una sorta di male atavico del nostro Paese. Questa new entry dovrebbe punire chi si pone come intermediario sul versante degli illeciti, un profilo già oggetto di sanzioni, come il concorso in corruzione o in concussione, mentre con questa rinnovata configurazione il tutto appare davvero poco chiaro, lasciando ovviamente ampio margine discrezionale ai giudici.

Rimane il fatto che per questo reato ci si trova sempre dinanzi ad una pena ultra leggera: massimo tre anni, niente carcere preventivo e prescrizione lampo, vale a dire sette anni e mezzo. Praticamente si tratta di una norma con zero effetto deterrente. Un'altra piacevole novità, che poi tanto novità non è,è il reato di corruzione tra privati. Rispetto all'idea originaria è stata limitata la pena esclusivamente agli atti illeciti di infedeltà patrimoniale nell'ambito societario, tenendo fuori i rapporti non societari di tipo privatistico, quindi tenendo fuori tutta una serie di diffuse, quanto interessanti, operazioni di corruttele che sarà dunque complesso individuare e sanzionare.

Anche su questa new entry vi è il solito limite: una prescrizione breve che parte da quando si commette l'atto e non dal momento in cui si scopre. Facendo due conti, capiamo che tipo di impatto potrà avere questa valorosa norma. L'aspetto che fa rabbrividire va rintracciato anche nella non punibilità del reato di cosiddetto «autoriciclaggio» di denaro sporco, vale a dire il facile reimpiego e la reimmissione sul mercato di risorse provenienti dal reato, in primis dalla corruzione.

Come dice l'ANM, questa condotta costituisce uno dei principali canali di occultamento dei proventi dilettuosi, in particolare del crimine organizzato e dei reati economici e di corruzione, ma paradossalmente il disegno di legge, malgrado i buoni propositi, non sanziona questa procedura, anzi non la prevede neanche. Una svista? Un rimandare la questione? Io vedo una voragine aperta.

E cosa dire degli assenti illustri come il reato di voto di scambio per altra utilità e quello di falso in bilancio, con annessa riforma? Vedo ancora un'occasione persa. Ma davvero si crede che in cambio di un voto si chieda il solito cash? Esiste un ventaglio di prodotti che in cambio del voto il politico corrotto può dare, che varia dal semplice favore, passando per il posto di lavoro al figlio o al nipote, fino ad arrivare all'appalto.

Come si dovrebbe configurare tutto questo? Una prassi? Una simpatica abitudine? No, questa è l'anima, la struttura portante del sistema del malaffare italiano. È il punto da cui tutto trae origine e si alimenta. Il non riconoscere tale reato equivale a legittimare il perdurare di una grave promiscuità tra malaffare, interesse del singolo e decadimento sociale del Paese.

Non possiamo continuare a tenere gli occhi chiusi. Per non parlare del falso in bilancio, un reato per il quale nessuno continua a pagare.

Vogliamo richiamare l'attenzione di quest'Aula su una situazione drammatica, che non ha neanche la fortuna di essere oggetto di riflesso mediatico, ossia il crack della compagnia di navigazione Deiulemar, che ha messo letteralmente nei guai più di 13 mila obbligazionisti della società, cittadini truffati e ingannati. Si tratta di un illecito, ahimè, purtroppo anche legittimato dalla normativa italiana. Il cittadino italiano decide di fare un certo tipo di investimento andandosi a guardare i bilanci di una società, teoricamente questi non dovrebbero essere rimaneggiati o, se questo accade, sarebbe il caso che la legge consentisse il riconoscimento del reato anche per evitare che questo possa succedere altre volte.

Ma è sotto gli occhi di tutti che questo purtroppo non accade, anzi il falso in bilancio con il Governo Berlusconi è stato depenalizzato, figuriamoci se si creano le condizioni per rimetterci mano. Resta poi il nodo dell'incandidabilità dei condannati, affidata ad una legge delega che auspichiamo venga emanata in tempi record. Anche in questo caso vi è stato tanto fumo, purtroppo. Noi di Futuro e Libertà un'idea al riguardo ce l'abbiamo. Qualche mese fa abbiamo lanciato il progetto di codice etico per creare liste elettorali «a prova di mafiosi».

Secondo questo progetto di codice etico, votato all'unanimità dalla Commissione antimafia, non dovrebbero essere candidati quanti sono stati rinviati a giudizio per i delitti contemplati nell'articolo 51, comma 3-bis del codice penale, vale a dire favoreggiamento mafioso, per i delitti le cui caratteristiche e modalità di commissione rientrino nelle pratiche comuni alle attività a carattere mafioso, ma anche chi si appresta ad affrontare da imputato un processo per estorsione, usura, riciclaggio di denaro sporco, esportazione illegale di denaro, traffico illecito di rifiuti.

Si tratta di un bel ventaglio di fattispecie che rispecchia la realtà dell'illecito italiano purtroppo, sicuramente ben distante dalla «norma palliativo» che si intende introdurre nel decreto legislativo del Governo. Ma noi non staremo a guardare. Quello che è certo è che i cittadini pagano lo scotto di una politica troppo schiacciata sotto il peso degli interessi estranei al bene comune. Sembra un ritornello banale, ma nella sua banalità incarna un approccio consolidato e spaventoso che dovrebbe prima essere cambiato nella mente degli italiani e successivamente nelle leggi.

Ma sappiamo bene che non vi era e non vi è alternativa a questo provvedimento. Forse l'unica alternativa era quella di abbandonare questa cosiddetta riforma in qualche scaffale polveroso delle competenti Commissioni in Senato a causa del fuoco incrociato di questo o di quel gruppo parlamentare, senza voler fare nomi. Forse allora è stato meglio procedere così, ed è proprio questa amara consapevolezza ad avermi spinto ad uno sciopero della fame, lo scorso 24 settembre, sciopero durato 24 giorni, conclusosi all'indomani della fiducia al provvedimento data al Senato.

La mia non è stata una provocazione, ma una testimonianza per gli italiani onesti perché si capisca che in questi palazzi non vi sono soltanto faccendieri e sostenitori del clientelismo e delle connivenze, ma esiste anche qualcuno che il Paese lo ama e lo ama ancora, e lo fa con gesti semplici e con i fatti. Pur consapevole che il prodotto di queste quattro letture è scarso, ho usato tutte le mie energie affinché l'iter si concludesse in maniera rapida, affinché si creasse la base per ripartire.

Questi per me sono i fatti, questi sono i gesti di cui questo Paese ammalato ha bisogno ormai da troppo tempo. La vicinanza della gente, e non soltanto dei sostenitori del mio partito, conferma proprio questo, cioè la voglia di autenticità, il desiderio di voltare pagina e di fare pulizia in questo Paese. Il problema è che questo desiderio lo colgono in pochi, purtroppo. L'impalcatura di corruzione, di svilimento della pubblica amministrazione e di schiacciamento dell'interesse privato su quello pubblico sono dei grossi freni al motore del Paese, un motore che ha tutte le risorse per poter ripartire e farlo con forza e ambizione.

Appena pochi giorni fa, in occasione della presentazione del rapporto sulla corruzione realizzato dalla Commissione sulla prevenzione del fenomeno corruttivo, è stato evidenziato che l'Italia è al sessantanovesimo posto, alla stregua del Ghana e della Macedonia, nella classifica della corruzione stilata da Transparency International, con un aggravamento progressivo negli ultimi anni.

In effetti, tutto è ampiamente confermato dalle molteplicità di scandali e operazioni denunciate dagli inquirenti.

Sfaldare le sovrastrutture del malaffare, le cinghie della corruttela, il marcio della politica e le connivenze non sono solo auspici da programma, ma una priorità per questo Paese. Dobbiamo tenere bene a mente che, se questi semplici aspetti non verranno rettificati, possiamo dimenticarci un'Italia al centro dell'Europa. L'opacità del ridicolo e la gogna del malaffare sono ormai pane quotidiano per l'immagine dell'Italia oltre confine.

Basta dare uno sguardo rapido ai giornali quali il New York Times (per quanto riguarda lo scioglimento della giunta di Reggio Calabria) o Le Monde (sulle nefandezze dello scandalo della regione Lombardia) per rendersi conto di come questi autorevoli giornali descrivano con lucidità impensabile nel nostro Paese le macchinose relazioni tra 'ndrangheta, corruzione e politica locale.

Come possiamo sperare che un investitore americano o asiatico possa anche solo pensare di farsi una passeggiata da queste parti? La promiscuità tra politica italiana e malaffare rappresenta il deterrente più potente alla crescita. Ricordiamocelo bene quando voteremo questo provvedimento nelle prossime ore. Ricordiamocelo quando a qualcuno verrà la tentazione di mettere veti e di chiedere modifiche o di apportare i cosiddetti «miglioramenti prendi tempo» tanto amati dal PdL al Senato.

Ricordiamocelo, ma voglio ricordare insieme a voi anche l'entusiasmo con il quale giornali come il Wall Street Journal hanno salutato il via libera del Senato a questo provvedimento. Alcuni hanno fatto gli auguri anche al Presidente Monti, perché soltanto in questo modo poteva ripartire il progetto per ricostruire una nuova Italia, quella che noi vogliamo.

Da questo augurio, anche noi abbiamo deciso di ripartire. Ripartire significa che il viaggio è ancora lungo e sicuramente non facile. Ma noi di Futuro e Libertà per l'Italia vogliamo crederci, certi che questo Governo vorrà terminare un lavoro faticoso dove i nodi non sciolti sono ancora tanti, la cui permanenza rischia di inficiare però quanto di buono è stato introdotto con questo disegno.

Abbiamo preferito sfuggire ai condizionamenti di certi gruppi parlamentari, superando il gioco dei veti incrociati e dei ricatti per arrivare a questo provvedimento di oggi. Questa è la conquista, una conquista d'amore per il Paese, ma non è una vittoria. Quella arriverà, se tutti voi la vorrete (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, signora Ministra, vorrei partire da questa considerazione: il Ministro per i rapporti con il Parlamento ha annunciato qualche minuto fa alla Conferenza dei presidenti di gruppo che il Governo porrà la questione di fiducia questa sera sul provvedimento e, quindi, ciò significa che per il testo, così come arrivato dal Senato, questa è l'unica occasione di discussione in quest'Aula.

Come tutti vedono, è un'Aula vuota ed è desolante che di un problema tanto importante per il nostro Paese si parli in queste condizioni e, a seguito del preannunzio della posizione della questione di fiducia, si interrompa qualunque altro ragionamento. Ringrazio, peraltro, la Ministra della giustizia, che è comunque presente, nonostante queste condizioni poco decorose per una discussione così importante.

Noi pensiamo che, considerata l'importanza che ha il freno alla corruzione nel nostro Paese (soprattutto per l'economia, per la libera concorrenza, per evitare che vi sia concorrenza sleale e per gli investimenti) questo disegno di legge appare assolutamente insufficiente, poco coraggioso per alcuni profili e addirittura in taluni casi persino controproducente, perché rende più difficile di quanto non fosse prima colpire gli eventi di corruzione.

Segnalo il fatto che non si siano introdotte disposizioni in materia di prescrizione (capisco che si tratta di norme di sistema), ma, se non viene corretta la cosiddetta legge Cirielli, ci sembrano enormi i danni che essa ha provocato - e che provocherà in futuro - per i reati contro la pubblica amministrazione.

Non si è utilizzata questa occasione per introdurre delle norme assolutamente attese sull'autoriciclaggio, che è un fenomeno criminoso spesso legato ai delitti contro la pubblica amministrazione. Queste norme erano fortemente richieste, da tanto tempo, dalla Banca d'Italia e dall'Unione europea. Noi qui ci attacchiamo alle richieste dell'Unione europea, purtroppo per altre situazioni, e quando realmente l'Unione europea ci chiede degli interventi da tempo, a questi, però, non diamo risposte.

Non sono state neanche introdotte le norme, a nostro giudizio improcrastinabili, sul falso in bilancio, perché bisognerebbe rapidamente ritornare alla formulazione precedente al 2005, a quella che noi chiamiamo controriforma del Governo Berlusconi, per ridare fiducia al mercato e agli investitori sulla correttezza e sulla veridicità dei documenti societari e dei bilanci. Pensiamo che questo sia un vulnus gravissimo. Come abbiamo visto anche la scorsa settimana, le prove addotte dal tribunale di Milano, nella condanna dell'ex Presidente del Consiglio Berlusconi a quattro anni, sono fondate su una serie di sovraffatturazioni che nascono da società residenti nei paradisi fiscali, che sono quelle che servono per creare la provvista, attraverso il falso in bilancio, per le attività di corruzione e per le attività delinquenziali. Quindi, senza questo intervento su questa materia, è difficile fare della reale attività contro la corruzione.

Poi, vi è la corruzione tra privati che, in realtà, non è stata introdotta come tale. Si è proceduto, invece, a riformulare la fattispecie già esistente di infedeltà dei dirigenti societari. Tuttavia, le sanzioni restano più basse del necessario, e non è neppure felice la formulazione utilizzata per distinguere i casi in cui si potrà procedere d'ufficio, ossia nel solo caso di distorsione della concorrenza nell'acquisto di beni e servizi, oppure a querela, per gli altri casi in cui si verifichi il fatto considerato reato dalla legge.

Quindi, non possiamo dire che questo provvedimento sia una svolta sul fronte della lotta alla corruzione. Se ne farà, come capita sempre in questi casi, un fatto mediatico, un fatto di propaganda. Ma, in realtà, noi siamo di fronte ad un documento e ad un provvedimento che manca di interventi particolarmente importanti.

Andava rafforzata la fattispecie del traffico di influenza, che è ancora troppo vaga e presidiata da sanzioni deboli. La pena prevista è addirittura inferiore a quella prevista per il reato di millantato credito e questo la dice lunga su questa situazione. Laddove si è in presenza di dazione o di promessa di denaro o di altra utilità, vi potrebbero essere, anche in questo caso, effetti indesiderati sui processi in corso perché, si badi bene, dove ci sono degli effetti negativi si rischia di andare a interferire anche nei procedimenti attualmente al vaglio della magistratura. Avevamo proposto proprio meccanismi per evitare la confusione tra le due fattispecie, prevedendo sanzioni più rigorose per il traffico di influenze. Per questo noi riteniamo che il provvedimento in esame sia mancante di una parte importante.

Allo stesso modo, la novella di cui all'articolo 2635 del codice civile, che è stato battezzato come «corruzione nel settore privato», in realtà ha una formulazione che, ripristinando l'originaria funzione, che ne prevede la perseguibilità a querela di parte, andava affiancata con una norma del codice penale che ritenevamo importante sulla corruzione tra privati, che è la misura che effettivamente risponderebbe alla delega contenuta nella legge comunitaria del 2007. Comunque, era necessario precisare meglio, in modo da evitare di limitarli, i casi in cui vi sia la procedibilità d'ufficio.

Nel reato di concussione andava, a nostro giudizio, ricompreso l'incaricato di pubblico servizio, che invece è stato escluso nel provvedimento in esame.

Tra le diverse fattispecie di concussione, occorreva uniformare a livello più alto le sanzioni. Analoga operazione di riallineamento delle pene verso l'alto doveva essere operata nelle fattispecie della corruzione e della corruzione in atti giudiziari.

Qui vengo ad un altro punto particolarmente caldo e importante: l'incandidabilità per tutte le cariche elettive e governative, ma immediatamente. Qui si doveva operare per l'immediato, per dare ai cittadini una risposta. Noi rischiamo di andare a votare senza avere una norma che incida effettivamente sull'incandidabilità. Il testo contiene in questo senso - come è noto - una delega al Governo.

Quindi, complessivamente siamo di fronte ad aspetti che meritavano una discussione in quest'Aula, ma sopratutto meritavano un atteggiamento diverso dalle parti politiche. Qui bisogna che siano chiare le responsabilità di chi non ha voluto che si introducessero norme, e che ha permesso di mantenere il nuovo reato di induzione in una fattispecie intermedia e più debole tra la concussione e la corruzione. Il primo è confinato all'ipotesi della costrizione a dare o promettere utilità e fa del concusso un soggetto passivo del reato. Più sfumata è la posizione di chi è oggetto di induzione, dal momento che il suo comportamento viene sanzionato penalmente anche se, di fatto, la condotta in cui si sostanzia il reato non è stata da lui ideata e posta in essere. Per questo, noi volevamo proporre un intervento ben più incisivo su questo tema, ad esempio prevedendo anche una causa estintiva del reato dell'indotto, consistente nel fatto che, prima che fosse esercitata l'azione penale, avesse fornito indicazioni utili all'individuazione degli altri responsabili e al sequestro delle somme e delle utilità trasferite.

Per quanto riguarda sempre il «traffico di influenze», noi volevamo che si correggessero i problemi derivanti dalla definizione della fattispecie nella parte in cui prevede che l'autore procuri indebiti vantaggi ad un terzo sfruttando le sue relazioni esclusivamente in cambio di danaro o utilità patrimoniali. È gravissimo, è gravissimo che si dica che c'è una perseguibilità solo nel caso in cui si sia in presenza di un'utilità patrimoniale e non invece anche quando il pagamento possa avere natura non patrimoniale, come invece è per la corruzione, la concussione e altre fattispecie, perfino per il millantato credito. Per il traffico di influenze illecite, invece, con riguardo a chi si offre per la mediazione illecita e riceve un compenso, il provvedimento prevede che il compenso deve avere natura patrimoniale. Ciòè illogico - lo ripeto - perché potrebbe esservi un compenso di natura non patrimoniale. Questa formulazione contraddittoria comporta anche delle interferenze con il reato di millantato credito e apre inoltre la strada a possibili influenze anche in procedimenti giudiziari in corso.

Per quanto poi riguarda il settore privato, e con ciò chiudo anche il mio intervento, anche a tal proposito, non si è inserito un reato specifico, ma semplicemente si è andati a modificare una norma del codice che riguarda i reati di tipo societario e si è inserita all'ultimo momento, forse per dare un contentino, quest'idea che la procedibilità d'ufficio ci sia in un caso che è estremamente limitato, controverso e discutibile nella sua identificabilità, che è quello della distorsione della concorrenza limitatamente all'acquisto di beni e servizi. Quindi, credo che questo non risponda alla richiesta delle convenzioni internazionali.

Ecco, quindi - e chiudo - che l'impianto del provvedimento si configura come un impianto debole, nella parte in cui non ha recepito istanze importanti sul falso in bilancio, sull'autoriciclaggio e sul traffico di influenze illecite, e persino controproducente laddove indebolisce, per la parte dell'induzione, il reato di concussione, così com'era previsto in precedenza.

Per questo motivo, preannuncio già che ci sarà il voto contrario sulla fiducia e anche sul provvedimento da parte del gruppo che rappresento.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Giovanelli. Ne ha facoltà.

ORIANO GIOVANELLI. Signor Presidente, signor Ministro, voglio ringraziare innanzitutto le relatrici, la collega Santelli della I Commissione (Affari costituzionali) e la collega Angela Napoli, e ringrazio senza infingimenti anche i Ministri Patroni Griffi e Severino perché secondo me con il voto su questo provvedimento noi consolidiamo un importante punto di partenza nella lotta alla corruzione nella pubblica amministrazione e per il rafforzamento delle politiche di legalità del nostro Paese.

Sottolineo il punto di partenza perché non c'è dubbio che molto rimane ancora da fare e se toccherà a noi, riteniamo di poter anticipare anche già da ora alcuni punti su cui riterremo di agire con un'azione più incisiva, mi riferisco al tema dell'incandidabilità per reati particolarmente odiosi, al falso in bilancio e ad alcuni aspetti delle prescrizioni per reati contro la pubblica amministrazione, e credo anche che una messa a punto migliore si possa trovare su questa questione dei fuori ruolo, non per una logica persecutoria nei confronti di figure che sono sicuramente al servizio del buon andamento delle politiche dello Stato, ma per la volontà di ricercare sempre e comunque una più netta distinzione di ruoli che è fondamentale per il buon andamento della pubblica amministrazione.

L'iter di questo provvedimento dal punto di vista politico, a mio avviso, rappresenta meglio di qualunque altro il salto di qualità che abbiamo fatto su questa materia dal momento in cui, un anno fa, siamo andati al superamento del Governo Berlusconi e nello stesso tempo dimostra meglio di qualsiasi altro esempio come sia difficile, con maggioranze spurie come quelle che sorreggono un Governo di questa natura, approvare delle riforme che abbiano un'identità, una radicalità più corrispondenti alle aspettative che, su un terreno come questo, vengono, in modo sempre più esplicito, da parte della società civile e dell'opinione pubblica.

Se si vogliono approvare riforme forti, ci vogliono maggioranze politiche, e credo che questa vicenda ce lo dimostri in modo inequivocabile, ma - lo dico con soddisfazione e non con rammarico - abbiamo qualche anno di vita politica sulle spalle per dire che quello che conta è il senso di marcia delle decisioni che si vanno a prendere, e non ho il minimo dubbio sul fatto che il provvedimento in discussione per la sua approvazione definitiva - non ci urta il fatto che sia stata annunciata la richiesta del voto di fiducia, una volta tanto anzi lo salutiamo come una fatto positivo - va nella direzione giusta e colma un ritardo più che decennale che sta nella responsabilità del Parlamento di non aver saputo colmare mentre il fenomeno della corruzione diventava sempre di più qualcosa di diverso da un fenomeno ascrivibile soltanto all'etica dei comportamenti e sempre di più un fattore discriminante della competitività economica del nostro Paese, talché gli osservatori internazionali guardano al nostro Paese dal punto di vista della sua capacità di imprimere un cambiamento proprio su questi aspetti della nostra vita pubblica, politica e amministrativa.

Ho detto e ripeto: se verrà posta la questione di fiducia, come abbiamo sentito, per noi non ci sono problemi, anzi riteniamo che sia un fatto positivo dal momento che così avremo uno slancio maggiore e un tempo maggiore per metterci al lavoro per la redazione di tutte quelle norme delegate che il provvedimento contiene. Va da sé che anche noi sottolineiamo con la massima forza il fatto che non si possa andare alle elezioni politiche della primavera prossima, senza aver approvato almeno i decreti delegati previsti da questo provvedimento sulla incandidabilità, che noi avremmo voluto più incisiva e più cogente già dal momento stesso in cui veniva approvato il provvedimento. Questo non è stato possibile, ma che almeno i decreti delegati vengano tempestivamente varati e approvati. Ce ne sono anche tante altre di norme regolamentari attuative di questo provvedimento che vedranno impegnati il Governo, le Commissioni parlamentari e la struttura amministrativa del nostro Paese e credo che non bisogna assolutamente perdere tempo e mettersi al lavoro per dare seguito, concretezza e attuazione a questo provvedimento.

Credo che questo slancio e questo impegno attuativo che bisognerà mettere nei mesi prossimi relativamente al provvedimento che stiamo approvando, ci debba suggerire un altro concetto importante, che vale adesso per questo tema, ma vale per tante altre materie che riguardano la pubblica amministrazione. Non esiste un'«ora X» per la quale con una bacchetta magica noi interveniamo sulla pubblica amministrazione ed eliminiamo la corruzione. Esiste un complesso di politiche che devono agire sulla pubblica amministrazione con continuità, e il tema della continuità dell'azione sulla pubblica amministrazione per prevenire questi fenomeni è decisivo. Per questo non capisco, se non per una strumentalità politica che, secondo me, va al di là del ragionevole, questo gioco «al più uno», che rischia di non farci cogliere neanche i risultati maturi che questo provvedimento ci consegna, e che ci ha già fatto perdere troppo tempo rispetto al tempo che sarebbe stato sufficiente per approvare un provvedimento di questo tipo.

La continuità dell'azione della politica e della dirigenza amministrativa è fondamentale come quella di critica, di osservazione e di attenzione da parte della società civile per avere un cantiere sempre aperto su questi temi, senza mai illuderci o illudere di aver risolto una volta e per sempre una vera piaga, che ci colloca nella fascia bassa dei Paesi credibili e direi rispettabili nel contesto internazionale.

Per la frequentazione più ravvicinata dei temi legati alla pubblica amministrazione rispetto a quelli più legati al diritto penale, sui quali interverrà la collega Ferranti, volevo riportare qui un giudizio, secondo me molto bello, che questa mattina ho avuto modo di sentire dal direttore generale della Confindustria, Marcella Panucci. Il direttore generale di Confindustria, riferendosi a questo provvedimento, stamattina in un convegno dell'OCSE ha detto: siamo di fronte ad un disegno molto innovativo dove - io dico finalmente - la prevenzione assume pari dignità della repressione. Considero questo giudizio un elemento davvero qualificante del lavoro che si è cercato di fare tra Parlamento e Governo.

Lo considero un vero passo avanti anche rispetto ad un modo di discutere dei problemi della giustizia in questo Paese che in questi vent'anni si è risolto in un urlo contrapposto tra chi vede la giustizia come una minaccia e chi vede la giustizia penale sempre come la soluzione del problema. No, la giustizia penale, rispetto a fenomeni come questo, non è la soluzione del problema! Interviene sempre a valle rispetto ad un fenomeno che invece va, in qualche modo, intercettato, prevenuto, colpito prima! Gli strumenti ci possono essere, basta soltanto non fare spallucce quando si parla, appunto, di azione preventiva e non rimandare sempre tutto alla pena, alla pena, alla pena, quasi che la pena sia la risoluzione taumaturgica di comportamenti che sono scorretti fino all'illegalità. Certo, la pena ci deve essere, deve essere soprattutto severa e certa, ma prima della pena vi è la politica, vi è l'intervento della politica, della cultura politica, che si deve affermare su un tema come quello del contrasto della corruzione.

Vi sono tanti campi entro i quali si può agire per favorire la crescita e l'affermazione di questa politica. Uno è, ad esempio, la semplificazione istituzionale: avere un organismo istituzionale, un'impalcatura istituzionale della Repubblica meno barocca, dove sia più chiaro chi fa cosa, quali sono le funzioni che vengono affidate ai diversi livelli istituzionali, significa porre un freno al rimpallo delle competenze, laddove si annida molto spesso il ricorso alla corruzione per snellire i tempi, perché magari la corruzione si ritiene più economica rispetto alle lungaggini che questi rimpalli comportano. La semplificazione amministrativa, perché i passaggi amministrativi che oggi noi imponiamo attraverso le procedure burocratiche e che abbiamo cercato di snellire dalla legge n. 241 del 1990 in poi, ancora continuano ad essere troppo vischiosi rispetto alla linearità che prevede ad ogni provvedimento amministrativo una risposta certa da parte della pubblica amministrazione. Sono aspetti che vanno a colpire duramente il fenomeno della corruzione e su questo bisognerà ulteriormente lavorare. La trasparenza. La trasparenza, non invocata, anche questa, come una panacea, ma perseguita scientificamente. Diceva bene, giustamente, il Ministro Patroni Griffi stamattina nello stesso convegno che ho già citato: si può anche rendere non trasparente una situazione per eccesso di informazioni, nel senso che si inondano la società civile e i soggetti interessati di una serie di informazioni inutili pur di non far sapere la sostanza. È bene quindi andare ad una disciplina più rigorosa di ciò che va reso pubblico, ma certamente pubblico e trasparente. Norme sull'incompatibilità per la dirigenza e anche per la politica. Tutela di chi denuncia. La tutela di chi denuncia è un punto su cui gli osservatori europei insistono tantissimo e che ritengono essere strategico rispetto alla lotta alla corruzione nella pubblica amministrazione. Rimozione delle situazioni di rischio all'interno della gestione amministrativa, cioè laddove è più facile che, per la natura degli oggetti che si trattano, all'interno della gestione amministrativa si annidino fenomeni di corruttela. Lì bisognerà andare al ricambio, lì bisognerà andare alla rotazione degli incarichi, lì bisognerà essere più presenti con i piani anticorruzione. E poi i codici. I codici di comportamento. Se in un Paese come questo parli di un codice di comportamento la prima cosa che ti fanno è un sorrisino beffardo.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Giovanelli.

ORIANO GIOVANELLI. Negli altri Paesi i codici di comportamento sono, invece, l'elemento al quale si fa riferimento per l'autodisciplina delle professioni, per l'autodisciplina delle amministrazioni. Ritengo che questo debba diventarlo sempre di più anche da noi.

Ecco, credo che per queste ragioni noi abbiamo davanti un grande lavoro da fare. Penso che sarà sempre e comunque decisiva la volontà politica di portarlo fino in fondo. Avremo bisogno di professionalità e di impegno anche nuovi rispetto alla nostra tradizione, ma oggi segniamo un elemento di novità, un elemento di discontinuità rispetto al passato che non possiamo che salutare con favore (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Paolini. Ne ha facoltà.

LUCA RODOLFO PAOLINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo testo oggi viene portato alla nostra attenzione già con un vulnus di suo, vale a dire che sappiamo tutti, quelli che siamo qui, e tra poco lo saprà anche l'opinione pubblica, che su questo testo sarà messa tra poco la fiducia e quindi ancora una volta questo Governo strozza il dibattito parlamentare anche laddove, su un provvedimento come questo, ci sarebbe qualcosa da dire. Certamente è un provvedimento su cui Lega Nord - anticipo solo - voterà a favore. Non voterà certamente la fiducia, come ha fatto al Senato, ma lo voterà con una pregiudiziale di fondo, vale a dire, secondo il noto proverbio caro all'ex Ministro Tremonti, «piuttosto che niente è meglio piuttosto».

E in effetti questo provvedimento ha delle cose positive senz'altro, ma ne ha anche altre che mancano. Quello che più che altro manca è la concretezza: è vero che tutta la prima parte riguarda tutte le norme che vengono delegate al Governo per introdurre, da qui ad un tempo variabile da qualche mese ad un anno, una serie di normative finalizzate ad andare nella direzione che tutti noi, noi della Lega per primi vogliamo, vale a dire porre uno stop a quel cancro micidiale per la vita di tutti i cittadini che è la corruzione, che sappiamo tutti essere endemica, plurilevel, come direbbe qualcuno, ovvero va dalla piccola corruzione dell'usciere di pochi euro, fino alla grande corruzione che vede soprattutto nella sostanziale impunità che esiste nel nostro ordinamento la sua molla principale.

E, tra l'altro, altro problema generale nel nostro Paese è l'assoluta assenza di controlli di carattere preventivo e automatico di pubblicità. Questo è il vero vulnus: il Governo, e il Parlamento per carità, vanno nella direzione giusta ma non si spingono quel passino più in là che avrebbe portato a un'efficacia molto più decisiva. È vero che viene istituita la CiVIT, o meglio la CiVIT viene denominata Autorità nazionale anticorruzione, ed è una cosa certamente positiva. È vero che le vengono conferiti determinati poteri, ma sono tutti poteri che, se andiamo a vedere bene, sono privi di quella capacità di coazione diretta che sarebbero stati utili. Non ignoro naturalmente che la CiVIT può chiedere e può anche imporre, può ordinare, però le manca, come dire, quel passettino in più che consente, ad esempio, di adottare provvedimenti di sospensione o di nomina di commissari ad acta direttamente e che potrebbero quindi costituire più che una deterrenza nel caso singolo, una deterrenza di carattere generale, vale a dire determinare conseguenze immediate nei confronti di quegli amministratori o quelle amministrazioni che non adempiano subito alle richieste che arrivano da questa autorità, che peraltro è senz'altro, anche qui lo ripeto, un passo avanti.

Per quanto riguarda quello che non c'è, ebbene, ci è mancato il coraggio di introdurre, come diceva poco fa qualche collega, la normativa sull'autoriciclaggio, cosa che molti magistrati vogliono, cosa che tutti coloro che hanno a che fare con la mafia dicono essere oggi, in questo momento storico, uno dei principali problemi cui bisognerebbe porre rimedio, e in questa occasione il problema dell'autoriciclaggio non viene assolutamente toccato. Quanto al falso in bilancio, anche qui il concetto è giusto, bisognerà poi vedere, se e quando verrà introdotta, la misura, come pure per il traffico di influenze. Vedete, siamo in un momento in cui francamente il populismo fa aggio sulla ragione, quindi gridare «Tutti dentro!»,«Tutti ladri!»,«Tutti corrotti!»,è molto facile e va bene, peròè anche vero che quando per una classe dirigente - sono convinto che qui dentro ci sono molte persone che fanno parte della classe dirigente e ne hanno la statura - si parla di traffico di influenze, bisogna essere molto attenti nel fissare dei paletti corretti e soprattutto nell'indicare delle condotte specifiche, perché altrimenti tutto diventa traffico di influenze, tutto diventa fango che da un lato distrugge le persone per fatti assolutamente minimali o irrilevanti, dall'altro consente, in un sistema giudiziario come il nostro in cui ogni procura è praticamente una Repubblica autonoma che non risponde di fatto a nessuno e soprattutto in cui ci sono dei tempi giudiziari che macinano le persone al di là di quelle che sono poi le loro effettive responsabilità, salvo poi scoprire a distanza di cinque, sei, dieci, quindici, diciassette, venti anni, che quel poveraccio che è stato triturato nella macchina nel fango, non meritava di esserlo.

Certamente è un fatto positivo introdurre la corruzione tra privati, perché sappiamo anche qui perfettamente che nell'economia moderna, nell'economia del nostro Paese, non di rado l'impresa privata che agisce sul pubblico è formalmente privata, ma è comunque alimentata, direttamente o indirettamente, con soldi pubblici. Quindi, corrompere il singolo dirigente, il singolo funzionario privato ha un effetto se non diretto quantomeno indiretto sul costo finale di qualsiasi opera e di qualsiasi appalto, e quindi indirettamente sulle casse pubbliche.

Certamente un altro dei problemi che non è stato affrontato è quello che passa per il cosiddetto emendamento Giachetti, che è qui presente e che voglio citare anche per il grande impegno che ha profuso in questa sua battaglia (che non è certamente personale perchéè stata condivisa dalla Lega Nord e anche dall'IdV, o meglio da qualche persona dell'IdV), e che ha parlato chiaramente di norma incompleta. In altre parole, è giusto prevedere dei termini finali, ma quello che è stato fatto in questo testo è un modo per svicolare il problema, vale a dire che la norma varrà per il futuro, la norma può prevedere una serie di eccezioni che sono demandate al Governo. In buona sostanza, il problema non è stato affrontato né tantomeno risolto. Eppure è un problema sentito dai cittadini, perché se è vero che vale per i politici il cosiddetto criterio della non permanenza a vita nella carica, dovrebbe valere ancor più per coloro che questo posto ce l'hanno o per concorso o per nomina, ma che non è neppure soggetto a controllo dell'elettorato. Questa è la grande differenza, perché poi si parla sempre dei politici ma, bene o male, i politici a tutti i livelli, dal consigliere comunale, al deputato, al senatore, all'eurodeputato, se il popolo non li vuole li può cacciare. Mentre invece il grand commis, il gran burocrate o il professore universitario che svendicchia gli esami non possono essere cacciati da nessuno, se non appunto dall'opera certamente meritoria della magistratura. Per quanto riguarda gli incarichi extragiudiziali dei magistrati, un collega magistrato in Commissione giustizia ha ricordato: non è che tutti i magistrati sono a favore di questa norma; una parte dei magistrati, magari quelli che se ne avvantaggiano, sono a favore, ma la stragrande maggioranza dei magistrati italiani vedono nel consolidamento di queste - chiamiamole così - correnti interne, corporazioni, minilobby, in questo nucleo di magistratura all'interno della magistratura, che a tempo talvolta indeterminato di fatto occupa determinati ruoli e svolge determinati incarichi fuori ruolo, vedono essi stessi, la stragrande maggioranza, una sorta di deminutio del loro ruolo e anche «ingiustizia» che patiscono anche sul piano personale.

Il problema dei magistrati fuori ruolo certamente c'è, perché sono secondo alcuni 227, secondo altri 219, certamente molti di loro sono proprio le forze migliori che vengono sottratte agli incarichi giurisdizionali per svolgere funzioni altre. Ecco, sarebbe opportuno che anche su questo punto il Governo, o il Parlamento, ammesso che il Parlamento ancora abbia un ruolo, intervenisse o in futuro intervenisse per disciplinare meglio la questione.

Per quanto riguarda i nuovi reati abbiamo certamente fatto un passo avanti. Abbiamo un aumento di pene, ad esempio nel reato di concussione: passiamo da quattro a sei anni come pena minima, il che certamente è un passo avanti. Ma anche qui il problema vero di sempre nel nostro Paese è sia il fatto che i tempi processuali sono infiniti e quindi la prescrizione molto spesso salva i rei, non tanto in questo reato, quanto in quegli altri che sono pure contemplati in questo provvedimento che vedono pene da uno a tre anni e, in alcuni casi di particolare tenuità, addirittura pena ulteriormente diminuita. Quindi, la tagliola della prescrizione, che è ben conosciuta da chi commette questa tipologia di reati, perché si tratta spesso di personaggi che hanno a che fare con le leggi e sono ben preparati, molto spesso garantisce l'impunità a queste persone. Forse bisognava agire di più. Certo, si è fatto qualcosa e di questo va dato atto, ma bisognava agire di più sulla questione della trasparenza.

Infatti, il vero, unico e principale rimedio alla corruzione è la trasparenza e, se le cose fossero andate diversamente, se questo Parlamento avesse attuato quella grande riforma che la Lega Nord proponeva, in particolare quella relativa ai costi standard, molte di queste norme che oggi voteremo e, comunque, saremo costretti a votare, non noi con la fiducia, ma noi nel merito del provvedimento, non avrebbe avuto ragion d'essere. Infatti, se si fosse attuata la riforma federalista dello Stato, che prevedeva che se quella benedetta e famosa siringa che costa un euro a Milano deve costare un euro anche a Reggio Calabria e a Bolzano, e che chiunque, dirigente pubblico, funzionario, preposto agli acquisti, appaltante la pagasse un prezzo superiore di una certa entità, questo potesse essere cacciato a pedate o, peggio ancora, nei casi più gravi, incarcerato, tutto quello che è stato scritto in questo provvedimento in buona parte sarebbe stato obsoleto, sarebbe stato inutile.

La vera riforma è la trasparenza e la trasparenza, in poche parole, limita, evita di dover scrivere troppe norme. Nel momento in cui il cittadino, l'amministratore, può effettuare delle comparazioni dirette, immediate, è chiaro che è molto difficile, per chi compie atti illeciti, nasconderli e garantirsi il silenzio e, quindi, l'impunità.È vero - ed è questo un altro dei passi positivi che c'è nel presente provvedimento - che si obbligherà a porre a disposizione delle pubbliche amministrazioni in formato digitale accessibile, e, quindi, non proprietario i dati e le informazioni che servono a fare comparazioni. Questo senz'altro è un passo avanti, ma ancora molto deve essere fatto.

Concludo, dicendo che il nostro giudizio nel complesso è, come ripeto, positivo perché questo chiedono i cittadini, questo chiedono gli onesti che sempre più sono costretti ad erogazioni o a favori o a subire delle pressioni indebite da parte di chi occupa ruoli, sia nell'amministrazione che nel cosiddetto sottobosco amministrativo, e chiede l'indebito per consentire all'onesto di lavorare. Certamente, è anche molto interessante la corruzione per l'esercizio della funzione perché l'aumento di pena, da uno a cinque anni, consente l'intercettazione di coloro che compiono questo tipo di illeciti e che, molto spesso, rappresenta l'unico modo per conoscere prima e reprimere poi il reato.

Anche interessanti sono i passaggi in cui si prevede l'interdizione dai pubblici uffici, naturalmente nell'ipotesi in cui non è già prevista dall'ordinamento. Però, attenzione, questo è un altro di quegli errori che talvolta vengono indotti scientemente nell'opinione pubblica: anche in questo provvedimento, a nostro avviso, e a mio avviso almeno, giustamente, ma credo sia impossibile fare diversamente, si punisce la condanna definitiva. Infatti, qui siamo arrivati al paradosso che ormai la Costituzione serve solo nelle parate o quando si deve fare un po' di retorica, ma si dimentica il principio costituzionale fondamentale di tutti i Paesi civili per cui uno è colpevole quando è raggiunto da una condanna definitiva e questo provvedimento correttamente ne tiene conto. Quindi, sì, prevede la possibilità di emanare in futuro norme che contemplino l'interdizione dai pubblici uffici, ma solo se e quando la persona attenzionata è condannata definitivamente.

Quindi, in conclusione, la Lega Nord, sia pure con le riserve che ho detto e che hanno in parte espresso anche altri colleghi di altre formazioni, voterà a favore di questo provvedimento, ma, naturalmente, negherà la fiducia al presente Governo, anche perché non è questo ancora una volta il modo di rispettare il Parlamento che, fino a prova contraria, rappresenta il popolo italiano (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Misiti. Ne ha facoltà.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, una legge sulla prevenzione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione nel nostro Paese si è resa necessaria da tempo ed è anche indispensabile visti i gravissimi episodi che sempre più spesso si verificano.

Le classifiche internazionali - le hanno citate altri interventi - ci collocano ai primi posti, nel mondo sviluppato, per reati di questa natura. Quindi le misure che sono state introdotte, soprattutto quelle volte alla prevenzione e ad una maggiore repressione, rispetto al passato, di tali reati, sono numerose. Tra queste spiccano alcune, che sono state citate dai relatori e che effettivamente, in qualche caso, sono anche nuove.

La prima, a mio avviso, importante misura è relativa alla trasparenza negli appalti pubblici. Badate che questo è un problema enorme, perchéè molto diffusa la mancanza di trasparenza negli appalti pubblici, che significa una perdita enorme di credibilità internazionale e, se questa trasparenza non c'è, comporta una perdita enorme per le casse dello Stato, per l'erario, se gli appalti pubblici non vengono portati a conoscenza dell'opinione pubblica e soprattutto di coloro i quali devono partecipare alle gare.

Poi c'è - importantissima - la costituzione della Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche, che sostituisce, di fatto, il Ministero della funzione pubblica come autorità anticorruzione.

Quindi, c'era e c'è bisogno di una disciplina che sia molto più stringente, più aggressiva - direi - sulle incompatibilità tra impieghi e incarichi. Certo, noi avremmo preferito che la questione dell'incandidabilità si fosse decisa subito e che fosse un'incandidabilità più restrittiva; invece, purtroppo, viene trattata in un disegno di legge delega al Governo affinché entro un anno, cioè dopo le elezioni politiche, siano emanati i provvedimenti in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive o di Governo a seguito di condanne definitive per delitti non colposi. Avremmo preferito che l'istituto entrasse in funzione prima delle elezioni, anche se evidentemente forse avrebbe presentato parecchie difficoltà.

Poi ci sono altre e numerose questioni che riguardano proprio la prima parte, cioè l'articolo 1 di questo provvedimento, che ci è stato restituito dal Senato composto di due norme. È prevista, per esempio, la tutela del pubblico dipendente che denunci un fatto, e questo è un passo avanti rispetto al passato. È incrementato anche il catalogo dei reati alla cui condanna consegue, per l'appaltatore, la risoluzione del contratto.

Sono tutte iniziative normative che vanno nella direzione di migliorare gli appalti pubblici e di renderli più trasparenti, specialmente se poi si adegueranno - speriamo in tempi brevi - anche gli enti locali e, soprattutto, le regioni e quello che resterà delle province.

La norma che riguarda il collocamento fuori ruolo dei magistrati (che, tra l'altro, è collegata all'attività dei magistrati, ma anche ad un altro aspetto molto importante relativamente sempre agli appalti pubblici) è una norma un po' all'italiana; credo che la previsione di un periodo di dieci anni per chi sta fuori dal Consiglio di Stato, dalla Corte dei conti, dai TAR o anche da altri tipi di magistratura, sia relativa ad un tempo straordinariamente alto, quindi sarebbe stato necessario introdurre dei tempi più brevi.

Quindi - e mi avvio alla conclusione, signor Presidente -, ritengo che le modifiche apportate dal Senato al testo della Camera siano in gran parte positive, ma qualcuna è estremamente negativa e cioè stato messo in rilievo un po' da tutti.

In conclusione, anche se sarebbe stato auspicabile un cambiamento e un arricchimento delle norme che sono state trasmesse al Senato e di quelle che sono tornate alla Camera e che, purtroppo, non possono essere modificate, dobbiamo ritenere che la mediazione raggiunta possa essere da noi sostenuta e accolta; quindi, oltre alla fiducia che continueremo a garantire al Governo, che porrà la questione di fiducia su questo testo, voteremo a favore del provvedimento. Grande Sud, ancora una volta, voterà favorevolmente al testo e sosterrà il Governo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Grande Sud-PPA).

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Barbato, iscritto a parlare. Si intende che vi abbia rinunziato.

È iscritta a parlare l'onorevole Ferranti. Ne ha facoltà.

DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, finalmente, forse, siamo arrivati alla fine di questo lungo iter legislativo del disegno di legge che è stato presentato nel maggio 2010 da Alfano e Brunetta e che è stato completamente riscritto dalle Commissioni giustizia e affari costituzionali della Camera; sicuramente un notevole contributo in questo senso lo hanno dato i Ministri Severino e Patroni Griffi.

Naturalmente noi del Partito Democratico rivendichiamo il lavoro svolto nelle Commissioni; siamo consapevoli dei molti punti positivi raggiunti e delle carenze del provvedimento, che abbiamo cercato di colmare fino alla fine, presentando emendamenti volti ad alzare i minimi e i massimi di pena per i reati più gravi, abbassare i limiti cui ricollegare le pene accessorie (l'interdizione dai pubblici uffici, l'estinzione del rapporto di pubblico impiego), inserire il reato di autoriciclaggio, la modifica del reato di voto di scambio, la reintroduzione del falso in bilancio, ma il testo così com'è oggi e su cui ci sarà il voto è quello che ha raggiunto il massimo di mediazione politica possibile.

Rivendichiamo di non avere accettato alcuna modifica al ribasso del testo Severino, nessuna modifica che ne indebolisse la portata, perché l'impianto della riforma - lo sappiamo e rivendichiamo che si tratta di un testo equilibrato - costituisce comunque un passo avanti nella lotta alla corruzione.

A chi, in questi giorni, in questi mesi, ha sollevato un mare di critiche a questo provvedimento, a chi demagogicamente chiede che le nuove misure anticorruzione si fermino e siano affossate in un binario morto, voglio ricordare che non si può non tenere conto che la giustizia è stato un tema profondamente divisivo, il più divisivo degli anni che abbiamo alle spalle; che questo è il Parlamento che, fino a qualche mese fa, ha sostenuto il Governo Berlusconi; che la prima parte di questa legislatura è stata costellata da leggi ad personam che noi abbiamo fermamente combattuto; che oggi, invece, si può discutere di un testo contro la corruzione e del rigore di alcune norme che ci sono, e credo che comunque questo sia già, di per sé, un passo avanti della politica molto significativo anche per il futuro del nostro Paese.

Ecco quindi che con coerenza e coraggio noi difendiamo questo testo che è all'esame dell'Aula. Lo difendiamo sapendo che è indispensabile approvare nuove norme contro la corruzione proprio per uscire dalla crisi economica, proprio per fronteggiarla, proprio per aiutare la crescita e lo sviluppo. Finalmente ci è consentito adempiere agli impegni internazionali assunti dallo Stato italiano; ci si allinea sotto vari aspetti ai meccanismi di contrasto già utilizzati nella maggior parte dei Paesi.

Non possiamo tollerare i ritardi - lo sappiamo tutti -, perché, in un momento come quello che stiamo vivendo e considerando la forte criticità dell'economia, sarebbe da irresponsabili non porre un argine effettivo alla corruzione, che non solo mette a rischio la legalità, ma pesa sull'economia per 70 miliardi di euro l'anno e pesa, quindi, su ogni cittadino.

La corruzione criminale, privata e pubblica, è ormai divenuta un fenomeno endemico, che influenza la società nel suo complesso nel nostro Paese. Anche il nostro sistema repressivo penale è diventato inadeguato. Lo evidenziano i dati forniti dall'ISTAT, che proprio da ultimo sono stati pubblicati: il numero delle persone coinvolte nei reati denunciati per corruzione e concussione, in crescita dal 1992 al 1995, si è ridotto progressivamente negli anni successivi; nel 2010 vi sono stati 88 casi di reati consumati e 595 persone denunciate, nel 2006 solo 239 condanne e nel 2008 solo 46 condannati. Ma questo che vuol dire? Non vuol dire che vi è stata una diminuzione del fenomeno, anzi, si ha la percezione che la sua reale diffusione sia in crescita e le ultime rilevazioni compiute da Trasparency International collocano l'Italia al 69o posto, insieme al Ghana e alla Macedonia, con un progressivo aggravamento della corruzione percepita negli ultimi anni, nonostante l'impegno costante delle forze di polizia e della magistratura.

La corruzione non è stata debellata, anzi si è intensificata, con un grado di sommersione e di collegamento con la criminalità organizzata e intrecci perversi tra società politica e società civile che hanno invaso i gangli del Paese.

Combattere la corruzione è diventata, oggi, una parola d'ordine sulla bocca di tutti, anche se bisognerebbe saper stigmatizzare i moralizzatori a scoppio ritardato. Ora, però,è venuto il momento di superare ogni freno, ogni limite, fare almeno i primi passi concreti per una politica di contrasto integrato - come ha detto prima il collega Giovanelli - e coordinato del fenomeno corruttivo, che sia volta non solo a rafforzare gli interventi e i rimedi di tipo repressivo penale, ma anche a introdurre strumenti di prevenzione volti a incidere sulle occasioni di corruzione e sui fattori che ne favoriscono la diffusione. Questo provvedimento contiene questi aspetti, contiene queste linee.

L'atteggiamento di chi fortemente critica il testo dovrebbe comportare una seria responsabilità politica, in quanto si traduce in un tentativo di affossare un provvedimento che, per quanto non sia quello ideale, è comunque diretto ad affrontare la grave questione del dilagante fenomeno della corruzione in Italia. Il testo è sicuramente un passo avanti nella lotta contro la corruzione, che ha bisogno non soltanto di norme repressive - lo abbiamo detto -, ma anche di misure preventive.

Lascia molto perplessi, quindi, il gioco al massacro che alcune parti politiche hanno ritenuto di fare in questi ultimi giorni, che bene non si riesce a comprendere se non per scopi propagandistici ed elettorali contingenti, che non hanno nulla a che fare con la volontà vera di approvare misure anticorruzione.

Una cosa è certa: dal punto di vista della repressione penale il testo mantiene il reato di concussione (articolo 317 del codice penale) e lo punisce più gravemente, perché da un minimo di quattro si passa a un minimo di sei anni e il massimo è invariato a dodici, per il pubblico ufficiale che costringa a dare o a promettere denaro o altra utilità. In questo caso chi paga è vittima oggi, resta vittima non punibile dopo l'approvazione di questo disegno di legge.

L'induzione a dare o promettere, invece, diventa un altro reato, diventa un reato distinto, autonomo, e il privato indotto verrà punito, per i fatti commessi successivamente all'entrata in vigore della legge, fino a tre anni.

Chiediamoci la vera ragione di questa scomposizione: non certo per favorire qualche imputato, come è stato detto in maniera del tutto falsa e del tutto scorretta, perché si risponde alle numerose sollecitazioni dell'OCSE del 1997 e, da ultimo, a quelle della Commissione GRECO del rapporto 2012.

Gli organismi internazionali sono preoccupati del pericolo che il privato, che è stato indotto a pagare o a promettere, sfugga alla punizione, assicurandosi il ruolo di vittima, di parte offesa e testimone, anziché imputato, pur avendo avuto un margine di scelta, pur avendo potuto non accettare di pagare le mazzette. È questo il punto: pur avendo avuto un margine di scelta, pur non avendo subìto alcuna minaccia, ha comunque deciso di pagare, accettando invece di assicurarsi un vantaggio per profitti personali.

Ecco perché abbiamo accettato la soluzione proposta nel testo: nessuna abrogazione, nessuna norma di favore per nessun imputato, solo la necessità di intervenire con fermezza per spezzare, con un intento di politica criminale che spetta al legislatore adottare, il fenomeno corruttivo, non avallando posizioni di comodo, anche processuali, e dando seguito agli impegni internazionali.

Si tratta di uno strumento - lo ripetiamo - sicuramente migliorabile, ma che si pone in concreto contrasto rispetto a quella che, in maniera efficace, è stata definita la «corruzione della mentalità», basata sul disprezzo delle regole che alimenta il malaffare nei poteri pubblici.

Alcune volte, ci viene domandato del ruolo dell'Europa: ricordo che l'Europa non ci chiede, in base alla Convenzione del 1999, di modificare il reato di concussione, ma ci chiede di introdurre misure più efficaci contro la corruzione. Perché non ce lo chiede l'Europa? Non perché la formulazione attuale sia generalmente condivisa, quanto piuttosto perché tale reato è previsto solo in Italia, così com'è configurato oggi, in quanto colui che noi consideriamo concusso in Europa è considerato sempre e comunque un concussore.

Quindi, la distinzione tra concussione per costrizione e concussione per induzione ha una funzione pedagogica in un Paese che è abituato, alcune volte, a compiangersi un po' troppo e in un mondo in cui non bisogna avere giustificazioni quando si violano le regole. Questa è una scelta che impone un impegno sul piano della politica criminale di cui bisogna farsi carico senza paure, con coraggio, pronti a modificarla, pronti a migliorarla, pronti a monitorarne gli effetti, ma un dato è certo: ad oggi, come è stato verificato recentemente con i dati sull'andamento della prevenzione, ma anche della repressione penale, il sistema attuale penale non funziona, e non funziona adeguatamente rispetto alle aspettative e al dilagare del fenomeno corruttivo.

Altre sono state le critiche che sono state ripetute anche dai colleghi qui in Aula riguardanti il tema della prescrizione, che si dice non sia stato adeguatamente affrontato nel provvedimento che si sta qui esaminando. Ma su questo punto vorrei ricordare, con orgoglio, che l'esigenza di intervenire sulla disciplina della prescrizione del reato al fine di eliminare gli effetti negativi derivanti dalla legge ex Cirielli, approvata nel 2005, è stata posta dall'inizio di questa legislatura solo dal Partito Democratico, che l'ha indicata tra le priorità in materia di giustizia e che ha ottenuto, quando ancora era all'opposizione, che la propria proposta venisse messa in quota all'ordine del giorno della Commissione giustizia.

Forse i tempi non erano maturi, forse non c'era una condivisione, eppure all'epoca quell'iter legislativo si è fermato, perché non vi è stata adesione di nessun'altra forza politica e, anzi, sono iniziate in quel periodo le proposte che venivano dal PdL riguardanti il processo lungo e la prescrizione ancora più breve.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE (ore 17,45)

DONATELLA FERRANTI. Questo non vuol dire nulla, ma vuol dire che bisogna continuare, che non era il momento opportuno e non era il momento propizio, ma certamente dire che qui non si sia voluto, da parte della nostra forza politica, affrontare il tema credo non faccia onore a chi ha vissuto i momenti che sono stati determinanti di questa legislatura.

Certo è che il tema della prescrizione non poteva essere risolto solo per i reati contro pubblica amministrazione. Noi abbiamo presentato degli emendamenti in questo senso: abbiamo chiesto il raddoppio dei termini della prescrizione e abbiamo chiesto comunque la sospensione dei termini dopo la sentenza di primo grado.

Ma comunque, in merito al problema della prescrizione del reato, gli effetti nefasti - lo ripeto - derivano da una legge, la legge cosiddetta ex Cirielli, che oggi tutti criticano, ma che in realtà è stata approvata nel 2005, quando al Governo mi pare ci fosse sempre la maggioranza PdL e Lega, quindi qualcuno che oggi - ho sentito anche il collega Paolini ed altri - ci viene a dire che qui mancano alcuni interventi. Allora siamo ben lieti che, a un certo punto, ci si renda conto degli effetti nefasti di quelle modifiche legislative, soprattutto nei confronti di reati di così difficile accertamento, come i reati contro la pubblica amministrazione, che si consumano nel momento in cui vi è l'accordo, in cui vi è la dazione di denaro, in cui vi è la minaccia, e quindi sono di difficile accertamento, mentre il tempo per la prescrizione del reato comincia a decorrere subito, anche prima che il reato venga scoperto, e continua a decorrere nonostante che il processo vada avanti nei tre gradi di giudizio.

Ma quella riforma sulla prescrizione, che sarà uno dei nostri punti programmatici, lo è stato prima e lo continuerà ad essere, non si è potuta affrontare proprio perché la maggioranza di sostegno di questo Governo è una maggioranza che deriva sempre da una situazione politica di difficile equilibrio. Non si è potuto, ma non per questo non si vuole affrontare anche in altra sede e, se siamo pronti, anche adesso. Quindi, continuare a ripetere vecchi copioni di una recita che ormai non può incantare più nessuno credo che non faccia bene alla politica.

Credo che tutti gli episodi di grave distorsione della politica che sono emersi in questi ultimi tempi debbano richiamare alla responsabilità, alla coerenza, al dovere di lealtà: la lealtà nei confronti delle altre forze politiche e la lealtà nei confronti dei cittadini.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Ferranti.

DONATELLA FERRANTI. Credo comunque che, dopo un periodo, dopo un momento, dopo varie fasi in cui scontri molto forti si sono avuti sulla giustizia, l'essere riusciti e riuscire a varare un testo di norme significativo, sia pure migliorabile, per contrastare la corruzione e gli altri mali del nostro Paese ha un forte significato politico che non può essere trascurato, soprattutto dopo l'emergere degli scandali che hanno dominato la cronaca di questo ultimo periodo, e che giustifica anche il nostro impegno nel sostenere questo provvedimento, affinché possa essere l'inizio di un percorso per la ricostruzione del buon governo e della legalità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, non occuperò lo spazio che il Regolamento mi attribuisce e cercherò di fare qualche valutazione a margine di questo provvedimento. Ovviamente la nostra presenza, la presenza dell'UdC in questa fase, nell'iter parlamentare di questo provvedimento, non vuole essere semplicemente una testimonianza, ma soprattutto una condivisione del lavoro e del percorso fin qui consumato e ha il sapore quindi di una sollecitazione ulteriore che facciamo in questo particolare momento.

Ci troviamo, signor Presidente, alle ultime battute anche di questo provvedimento. Non c'è dubbio che si tratti di un provvedimento travagliato, articolato, complesso. È complesso il tema, l'argomento che trattiamo, ossia le norme anticorruzione. Sono complessi ovviamente i tentativi, che pure vengono ad essere contenuti in questo provvedimento, di innovazione e di rottura rispetto a quella che è una situazione non più sostenibile all'interno del nostro Paese. Ritengo che sia certamente innovativo, che sia certamente un fatto nuovo che richiama anche altri problemi, altri temi e altri argomenti. Lo voglio dire, signor Presidente, anche ai Ministri che stanno dall'altra parte, che chi ha vissuto per alcuni anni nella vita parlamentare un po' ha raccolto via via una serie di esperienze.

Le esperienze riguardano la grande produttività normativa. C'è sempre qualcuno che dice che questo Parlamento non è in grado perché produce norme. Poi, quando non si producono norme e non si approvano leggi, allora si dice chiaramente che il Parlamento è inefficiente, ma qui ci troviamo di fronte ad una fase veramente difficile, incomprensibile e indecifrabile dell'antipolitica.

Le norme certamente sono importanti e fondamentali, così come lo sono le norme che sono contenute in questo provvedimento. Ma sono importanti e fondamentali nella misura in cui rispecchiano e recuperano un dato culturale: non ha senso semplicemente affidarsi alla norma. L'ho detto anche quando abbiamo discusso nella prima lettura di questo provvedimento. Non ha senso affidare semplicemente alle norme in termini taumaturgici ogni rinnovamento e ogni adeguamento alle esigenze, alle richieste e alle sollecitazioni che provengono dal Paese.

La lotta alla corruzione si fa certamente con le norme, ma non bastano semplicemente le norme, che sono un passaggio fondamentale e io non posso certamente che apprezzare il lavoro svolto dai colleghi delle due Commissioni e dai due relatori. Non posso che apprezzare certamente il lavoro, la disponibilità, la puntigliosità, la tenacia e la pazienza anche dello stesso Ministro della giustizia.

Ma io ritengo che questa sia una fase di passaggio (non dico di avvio) obbligato, che dovevamo pur fare, con la previsione di alcune fattispecie di reato. Ma soprattutto, con tutta l'impalcatura della prevenzione, non mettere in condizione il pubblico amministratore oppure il funzionario amministrativo della pubblica amministrazione di delinquere credo sia un fatto importante per quanto riguarda l'eliminazione di alcune condizioni particolari di incompatibilità.

Ritengo che siano dati fondanti rispetto ad una esigenza di controllo, perché le incompatibilità o il cumulo degli incarichi oppure le condizioni dove si configurano anche interessi particolari e propri riversati nella pubblica amministrazione debbono avere un controllo. Tutto questo certo è affidato alla norma, ma la norma da sola non è esaustiva in tutto questo. Bisogna che ci sia sempre di più una capacità forte dove si individua la responsabilità della politica nell'esaltazione delle istituzioni, visto e considerato anche che questo provvedimento dell'anticorruzione è stato un po' evidenziato e monitorato come un provvedimento importante e fondamentale per la crescita economica del nostro Paese. Ma io dico che è fondamentale per rimuovere alcuni ostacoli per la crescita umana e civile.

Non c'è una crescita economica senza una crescita culturale, civile e un retroterra umano, che nasce ovviamente dal rispetto per evitare ovviamente che tutto questo si traduca - se noi vogliamo - nel restringimento della democrazia e della libertà. Una pubblica amministrazione che certamente nasce oppure si introduce nel circuito della corruttela poi sempre di più restringe la democrazia, la libertà, ma soprattutto penalizza la dignità della persona umana e frustra ogni tipo di speranza e soprattutto di progresso sul piano civile che questo nostro Paese intende ottenere.

Ritengo che alcune cose ci siano. Lo hanno rivendicato e illustrato con molta chiarezza sia nelle Commissioni congiunte I e II sia le due relatrici, che ho ringraziato e ritorno ovviamente a ringraziare. Ritengo che ci troviamo di fronte ad una fase nuova. Certo diciamo con estrema chiarezza che ci sono anche un dato e un aspetto che riguardano anche la criminalità organizzata.

Questo è un altro argomento che voglio riportare e riproporre anche all'attenzione dell'Aula. Si fa molta differenza spesso tra criminalità organizzata e non. Ritengo che noi dobbiamo avere una disponibilità a fare una riflessione in più.

Certamente, anche la corruzione, molte volte strumentale anche alla criminalità organizzata, si introduce nella pubblica amministrazione. Ritengo che anche le innovazioni fatte, per quanto riguarda gli elenchi che dovrebbero essere nelle prefetture - le black list o le white list -, credo rappresentino un passaggio importante ma da sole non sono esaustive. Vi è bisogno di ulteriori controlli in termini molto più cogenti rispetto a quelli che sono gli obiettivi.

Ma vi è un altro aspetto e un altro dato che voglio rilevare, in questo particolare momento. Quando parliamo di corruzione e di corruttele parliamo, ovviamente, di credibilità delle istituzioni e della democrazia. Dunque, vi è certamente anche il problema relativo alla non ricandidabilità e alle incompatibilità sulla candidabilità.È certamente un aspetto importante e fondamentale. Quante volte lo abbiamo detto ed esplicitato questo pensiero, soprattutto quando si è parlato dello scioglimento dei consigli comunali. Noi abbiamo rilevato un'incongruenza in quella legge, su cui votai contro allorché venne varata. Coloro che sono indicati nel decreto di scioglimento come sospettati di avere una qualche responsabilità poi conservano, per intero, l'elettorato attivo e l'elettorato passivo. Questa è veramente un'incongruenza che non si capisce bene. Allo stesso modo, ovviamente, vi sono anche altri aspetti che attengono alla responsabilità laddove chi, indirettamente o direttamente, è indicato e monitorato dovrebbe avvertire la responsabilità di dimettersi, allorché si trova a gestire e a guidare le amministrazioni, per corrispondere certamente a quella che è un'esigenza avvertita nel nostro Paese.

Oggi, poi, si fa molto e si dice molto sulla «rottamazione». Sembra che questo sia una categoria culturale, una categoria filosofica, signor Presidente, relativa alla «rottamazione». Ma, questo che significa? È un altro lavoro che dovremmo fare per rivendicare, ovviamente, l'autorevolezza di una concezione che non nasce dalle violenze o dai giudizi apodittici ma che nasce, certamente, dalla volontà di costruire, sul piano umano e sul piano civile, una prospettiva diversa.

Certamente, anche su altri aspetti si dovrebbe effettuare una lunga discussione, come per il traffico di influenze, per la corruzione fra privati e per la concussione per induzione, che sono i fatti nuovi. Vi è, poi, il discorso sulla prescrizione. Abbiamo letto anche il documento del Consiglio superiore della magistratura che, correttamente, ha voluto licenziarlo dopo la fase conclusiva del provvedimento. Il Consiglio superiore della magistratura interloquisce molte volte sui problemi in termini molto forti e molte volte anche appropriati. Certo, vi è il discorso della prescrizione ma il discorso della prescrizione richiama un altro problema: il problema della durata, comunque, dei processi. Non ci si può trincerare sulla prescrizione senza avere la contezza in ordine alla congruenza sulla durata dei processi. Altrimenti, parliamo soltanto di prescrizione - di eliminare la prescrizione, di allargare i termini della prescrizione, come viene ad essere anche indicato da parte del Consiglio superiore della magistratura - ma c'è anche un problema sulla durata dei processi.

Ma vi è anche - e con questo mi avvio a concludere, signor Presidente - quel famoso emendamento presentato dall'onorevole Giachetti. Io ho votato a favore su quell'emendamento. Ovviamente, abbiamo deciso e si è deciso di non presentare emendamenti e, quindi, non abbiamo presentato emendamenti. Il Governo, fra qualche ora, porrà la questione di fiducia su questo provvedimento e, finalmente, calerà il sipario su questo provvedimento. Ma, quell'emendamento presentato dall'onorevole Giachetti, interpretato e modificato dal Senato, poneva alcuni problemi che certamente il Senato non ha colto. Non voglio parlare di influenze - entreremmo nel traffico di influenze - ma, come sapete, noi siamo sempre oggetto di chiacchierio e di chiacchiericcio, come si suole dire, e di essere la casta. C'è la casta dei parlamentari! Non parliamo, invece, della casta del Governo, perché il Governo non è casta, per carità di Dio! Ogni cosa la riversiamo soltanto sui parlamentari. Inoltre, svolgiamo anche molte volte trasmissioni sui parlamentari e poi quando uno fa delle provocazioni ne viene fatto un problema di Stato, per difendere le istituzioni. Tutto sulla casta! Ma non è possibile accettare! Ma questo è un problema serio. Ho rivendicato, moltissimi anni fa, che non è possibile indossare lo stesso «berretto», ad esempio, e mi riferisco ai magistrati, che sono anche direttori generali del Ministero della giustizia. Del Ministero della giustizia! Sono direttori generali che, ovviamente, hanno una propensione per quanto riguarda le leggi, perché gestiscono gli uffici studi e fanno altre cose sul piano legislativo e sono direttori generali e magistrati.

Quando gli conviene sono magistrati, quando non gli conviene sono direttori generali.

Più volte, quando ho vissuto le mie esperienze nei dieci anni di Governo, parlando con i colleghi che erano al Ministero della giustizia, ho sempre chiesto: ma chi conta, chi sta al Governo o i magistrati? Credo che oggi il Ministro abbia una grande responsabilità - lo apprezzo e l'abbiamo apprezzato - e qualche difficoltà di interpretazione - lo dico nella mia libertà - e quella vicenda della permanenza dei magistrati fuori ruolo crea qualche sospetto e qualche inquietudine in più. Qualche collega ha detto che era fuori materia e non è vero, perché molte volte si è controllori e controllati, ci sono connivenze strane e intrecci vari e in questo credo che consista la corruzione, altrimenti ci prendiamo in giro.

Signor Presidente, mi avvio alla conclusione: certamente ci saremmo aspettati qualcosa di più, in relazione, ad esempio, al delitto di riciclaggio o al falso in bilancio. Quante volte l'abbiamo chiesto anche in Commissione Antimafia? Questa era l'occasione buona. Ci sono problemi e dati forti per i quali non si può travalicare? Questo è il discorso delle vicende culturali perché, se non c'è un processo di maturazione forte e se tutto il processo normativo non viene accompagnato e sostenuto dalla cultura, dalla sensibilità e dalla novità, le norme rimangono appese senza nessuna conseguenza e senza nessuna incidenza.

Allora, certamente qualche amarezza ce l'ho: ci siamo certamente adeguati all'orientamento di carattere generale di non presentare emendamenti e di licenziare subito questo provvedimento, ma se si pensa che con questo provvedimento si riequilibra un clima di antistato si sbaglia di grosso. Io ritengo che il giorno dopo dobbiamo operare in termini consequenziali. Non è con le norme ad hoc che si esorcizza un atteggiamento contro le istituzioni, contro la democrazia parlamentare e contro la storia di questo Paese. Noi dobbiamo recuperare una nuova storia, conservare questi 18 anni che non sono stati esaltanti per la democrazia e ricomporre un altro cammino, certo con il sostegno di norme, di principi, ma anche di comportamenti ed atteggiamenti seri. Ritengo che questo sia il dato importante e fondamentale e, visto che ho di fronte a me anche il professor Patroni Griffi, qualcosa mi viene in mente da dirle, signor Ministro, per quanto riguarda i tetti, le consulenze e tutto il modo di essere consulenti e, al contempo, all'interno dell'amministrazione, portatori di responsabilità di gestione. Noi abbiamo fatto i consulenti e ovviamente abbiamo creato una figura che è sovraordinata di fatto sostanzialmente anche rispetto a quelli che sono i portatori di responsabilità per quanto riguarda la pubblica amministrazione. Ho promesso di essere breve, forse ho travalicato in qualche momento, ma rispettosamente mantengo l'impegno che ho assunto.

Per queste considerazioni - visto che poi gli altri colleghi avranno modo di fare le dichiarazioni di voto sia per quanto riguarda la questione di fiducia che verrà posta, sia con riguardo al voto finale sul provvedimento - per quanto ci è dato di dire in questo particolare momento, questo è certamente un avvio. Forse ci aspettavamo qualcosa di più, ma è comunque un avvio. Non consideriamo questo percorso esaustivo perché, considerarlo esaustivo, vuol dire festeggiare e soprattutto esaltarci per il momento: l'esaltazione viene attraverso la considerazione esposta sul fatto che questo processo è avviato. Bisogna continuare in questa legislatura e in altre legislature, con la speranza ovviamente che il lascito alle altre legislature sia prettamente politico. Se verrà meno la politica e se la politica ancora manterrà questa sua opacità e questa sua crisi, tutto sarà difficile, ma ci auguriamo di rilanciare la politica e tutto quello che si conviene sul piano della crescita morale ed etica di questo nostro Paese.

Se manca il senso dell'etica, della responsabilità e della morale, tutto sarà difficile; ci possono essere mille norme, milioni di norme, se ci sarà una nuova cultura, una nuova sensibilità della responsabilità, certamente tutto può cambiare e le norme saranno lo strumento e saranno d'aiuto per andare avanti e raggiungere alcuni obiettivi.

PRESIDENTE. Saluto gli insegnanti e gli studenti della scuola media Domenico Zipoli e dell'istituto comprensivo Gandhi di Prato, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).

Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo - A.C. 4434-B)

PRESIDENTE. Prendo atto che l'onorevole Santelli, relatore per la I Commissione (Affari costituzionali), e l'onorevole Angela Napoli, relatore per la II Commissione (Giustizia), rinunciano alla replica. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

PAOLA SEVERINO DI BENEDETTO, Ministro della giustizia. Signor Presidente, siamo giunti ad una tappa che potrebbe essere l'ultima di questo provvedimento, ed allora è bene segnarne, con tutta obiettività e nella massima sinteticità, la storia, perché la storia deve rimanere consegnata agli atti del Parlamento, e per tracciare la storia di questo provvedimento richiamerò alla memoria di noi tutti una famosa favola di Esopo.

«Un vecchio faceva il cammino con il figlio giovinetto. Il padre e il figlio avevano un unico piccolo asinello: a turno venivano portati dall'asino ed alleviavano la fatica del percorso. Mentre il padre veniva portato e il figlio procedeva con i suoi piedi, i passanti li schernivano: «Ecco,» dicevano «un vecchietto moribondo e inutile, mentre risparmia la sua salute, fa ammalare un bel giovinetto». Il vecchio saltò giù e fece salire al suo posto il figlio suo malgrado. La folla dei viandanti borbottò:«Ecco, un giovinetto pigro e sanissimo, mentre indulge alla sua pigrizia, ammazza il padre decrepito». Egli, vinto dalla vergogna, costringe il padre a salire sull'asino. Così sono portati entrambi dall'unico quadrupede: il borbottio dei passanti e l'indignazione si accresce, perché un unico piccolo animale era montato da due persone. Allora parimenti padre e figlio scendono e procedono a piedi con l'asinello libero. Allora sì che si sente lo scherno e il riso di tutti: «Due asini, mentre risparmiano uno, non risparmiano se stessi». Allora il padre disse: «Vedi figlio: nulla è approvato da tutti; ora ritorneremo al nostro vecchio modo di comportarci».

Le favole di Esopo ci hanno raccontato tante cose e ci hanno detto tante cose vere, profonde, serie e questa storia mi fa pensare alla storia di questo provvedimento. Nulla è approvato da tutti, questo è il primo principio che traggo da questa favola, nulla è approvato da tutti perché nulla è perfetto, tutto è perfettibile, e se aspettassimo di avere un provvedimento perfetto, probabilmente la legge non si muoverebbe mai, il legislatore non si muoverebbe mai, il Parlamento non approverebbe mai leggi, e non credo che questo sia il compito di un legislatore. Il legislatore deve avere il coraggio di andare avanti anche quando non c'è una condivisione totalitaria.

Secondo insegnamento: torneremo al nostro vecchio metodo di comportarci, che era quello di fare a turno, di cercare di non stancare troppo l'asinello, di non stancare troppo il papà e di non stancare troppo il bambino, cioè di mantenere un equilibrio tra le cose, perché la prima caratteristica di una legge è il suo equilibrio, un equilibrio tra modelli estremi e tra la possibilità di comprendere tutto in un unico provvedimento e la necessità di limitare quel provvedimento a ciò che è inerente, e strettamente inerente, alla materia.

Ma equilibrio non vuol dire rinuncia, equilibrio vuol dire fermezza sui capisaldi che hanno ispirato il comportamento; ritornare al vecchio comportamento vuol dire mantenere i capisaldi dai quali eravamo partiti e, se andiamo a riesaminare questi capisaldi, noi vediamo che ciò che era stato fatto e detto in quest'Aula, è stato mantenuto, ciò che era stato fatto e detto in II Commissione (Giustizia) della Camera è stato mantenuto.

I capisaldi sono ancora lì dove dovevano essere. L'equilibrio delle pene e l'introduzione di nuovi reati sono stati i capisaldi sulla base dei quali ci siamo mossi fin dal primo momento e sui quali il provvedimento è stato mantenuto.

Sempre per ripercorrere sinteticamente la storia del provvedimento, ricordo quel che c'era in questo provvedimento in una prima fase: emendamenti abrogativi, emendamenti eccessivamente penalizzanti, emendamenti su materie non omogenee. Qual era la possibile scelta? Mantenere tutto così, rendendo dei pareri più o meno farisei - mi rimetto o sono contrario - oppure cercare di fare qualcosa di equilibrato, selezionare ciò che poteva essere fatto ragionevolmente, e farlo ragionevolmente. Ecco, questa è la scelta che il Governo ha fatto. È questa la responsabilità e la sfida che il Governo ha ritenuto di assumersi, ed ora è qui a rispondere di questa sfida e del suo risultato, una sfida nella quale però ha trovato degli straordinari alleati, perché le Commissioni giustizia hanno lavorato intensamente sia alla Camera sia al Senato per arrivare a questo risultato, ed il fatto che in Aula si sia posta la questione di fiducia non esclude che questo provvedimento sia stato profondamente condiviso da tutti i gruppi parlamentari, che hanno partecipato lungamente alla discussione.

Quali sono stati i capisaldi, fin dall'inizio, sui quali ci siamo mossi? Non abbandonare l'idea della distinzione tra concussione e corruzione, ma migliorarla, esattamente come ci chiedevano le fonti internazionali, che non ci chiedevano né di negare la specificità delle nostre scelte, né di eliminare il delitto di concussione, ma ci dicevano semplicemente di stare attenti - ma poi è già stato detto molto bene da alcuni di coloro che sono intervenuti - perché nel nostro ordinamento si può creare una certa confusione tra chi è certamente vittima del reato e chi in qualche modo ha contribuito allo stesso. È per questo che abbiamo introdotto la fattispecie intermedia della concussione per induzione. Non replicherò alle critiche che sono state fatte in maniera così aggressiva a questa intenzione, perché l'intenzione è chiara ed è stata spiegata più volte, se non la si vuol comprendere non è perché non sia possibile comprenderla, ma evidentemente perché non si vuole comprenderla. Anche qui che la scelta fosse ragionevole lo ha confermato la prima dottrina che si è formata sull'argomento, che ha parlato di continuità tra fattispecie, che ha parlato di ragionevolezza di questa distinzione, che ha parlato di un miglioramento della differenziazione tra concussione e corruzione. Andatevi a rileggere tutto quello che è stato scritto dopo che il provvedimento era uscito dalle Commissioni giustizia. Non vi erano altro che commenti positivi su questo.

Ancora, l'altro caposaldo riguarda l'inserimento di nuove ipotesi di reato, che venivano da suggerimenti internazionali, ma che erano anche avvertite come necessità nel nostro Paese: il traffico di influenze illecite e la corruzione tra privati. Vedete, oggi questo risultato sembra scontato e ovvio: oh guarda, avete inserito due reati, è così banale. Ebbene, credo che chi ha partecipato al dibattito sappia perfettamente che questo inserimento non è stato indolore e non è stato indifferente, ma ha comportato una serie di dibattiti e di discussioni, con una prima fase nella quale c'è stata una certa definizione, ed una seconda fase che, nell'ambito di un dibattito molto aspro - lo voglio ricordare - ha portato poi comunque ad una condivisione di una ristrutturazione delle fattispecie, che non hanno però perso la loro fisionomia. Non solo non sono state eliminate, ma rimangono lì a testimonianza della serietà delle intenzioni di dar luogo ad un provvedimento compiuto ed equilibrato, ed a testimonianza del fatto che non si voleva venire meno ai capisaldi della riforma.

Qualcuno oggi ha detto che è stata una conquista. Sì,è stata una conquista.

Nel parlare di questa conquista, però, molti hanno dimenticato che oltre a questi due capisaldi, vi era il grande capitolo delle pene da affrontare, e che in questo grande capitolo, tutte le risposte sanzionatorie sono state modificate nel senso di una maggiore intensità. Credo sia inutile farvi l'elenco di tutte le pene, sapete perfettamente come le abbiamo modificate, ossia in maniera equilibrata, ritenendo che la gravità dei reati di concussione meritasse una risposta più severa che è stata data. Perché nessuno ricorda questo? Perché si ricordano solo le assenze del provvedimento e non le presenze che sono importantissime?

Per quanto riguarda l'abuso d'ufficio, la pena della reclusione da sei mesi a tre anni è passata da uno a quattro anni. Per la concussione la pena è rimasta comunque quella vera, quella che merita, ossia la reclusione da quattro a dodici anni. Per la corruzione per l'esercizio della funzione, la corrispondente pena che andava da sei mesi a tre anni, è passata da uno a cinque anni. Per la corruzione propria, la reclusione da due a cinque anni passa da quattro a otto. Per la corruzione in atti giudiziari, da tre a otto passa da quattro a dieci e nel secondo comma viene ulteriormente aumentata. Nel peculato, la pena minima viene passata da tre a quattro anni. Perché questo nessuno lo ricorda? Perché nessuno lo dice? Perché sembra che questo provvedimento sia passato come acqua fresca da una Camera all'altra e da una fase all'altra? A me sembra che questi elementi debbano essere ricordati nel momento in cui si sta per chiedere l'approvazione con fiducia di questo provvedimento, proprio perché il Parlamento si senta sereno nell'approvare il provvedimento stesso, sereno di aver compiuto fino all'ultimo il proprio dovere.

Nella seconda fase di questo provvedimento - mi avvio veramente alla conclusione, senza farvi preoccupare per la durata del mio intervento -, ossia nel passaggio dalla Camera al Senato, è cominciata la fase della disperazione. Tutti dicevano che il provvedimento era su un binario morto, che non sarebbe passato, che non sarebbe stato approvato. Si diceva che se non fosse stato fissato a luglio e discusso a settembre non ce la si sarebbe fatta. Bene, oggi siamo qui per una fase conclusiva. Credo che di questo si debba dare un apprezzamento al Parlamento che non ha rallentato l'iter di questo complesso provvedimento. Si tratta forse del provvedimento più complesso degli ultimi mesi sia per numero di articoli, sia per materie che ha regolamentato, cioè l'intera materia della corruzione nella prospettiva della prevenzione e della repressione. Nonostante questa difficoltà, nonostante la delicatezza, nonostante i temi della giustizia siano sempre stati problematici, siamo arrivati alla fase finale. Ma quando siamo arrivati alla fase finale, nonostante tutta la struttura del provvedimento fosse sostanzialmente immodificata, salvo alcuni emendamenti, a mio avviso migliorativi, che hanno riguardato soltanto la corruzione tra privati e il traffico di influenze - sui fuori ruolo poi farò una piccolissima precisazione -, si rimette tutto in discussione come se si fosse chiesto a questo provvedimento di essere la panacea di tutti i mali. Allora si comincia a dire che non è prevista la riforma della prescrizione, il falso in bilancio, il voto di scambio. Vi è un'altra cosa che non sarebbe presente e che ora non ricordo.

MARIO TASSONE. L'autoriciclaggio.

PAOLA SEVERINO DI BENEDETTO, Ministro della giustizia. L'autoriciclaggio, perfetto, grazie del suggerimento.

Non è previsto l'autoriciclaggio, cioè non vi sono delle regolamentazioni che sono sì a contorno dei delitti contro la pubblica amministrazione, ma che non sono dentro la corruzione. Anche questo, come dissi fin dalle prime discussioni in II Commissione (Giustizia) della Camera, non è una scoperta dell'ultimo momento.

Io dissi che della prescrizione si deve parlare in un provvedimento di carattere generale, dissi che dell'autoriciclaggio si deve parlare in un provvedimento di carattere generale, per il falso in bilancio e per il voto di scambio anche c'è un disegno pendente in Parlamento. Perché far confluire qui dentro tutto, con l'unico risultato di bloccare ogni possibilità di approvazione di questo provvedimento? Questa è la logica molto lineare, molto chiara, molto trasparente che ha ispirato il Governo nella sua scelta di volere centrare il cuore del problema e cioè prevenzione e repressione della corruzione. Quanto al tema del fuori ruolo mi limiterò a dire quale era la mia originale intenzione, perché poi la Commissione giustizia del Senato ha adottato un suo testo. La mia preoccupazione, vedete, nell'emendamento che avevo presentato e che poi è stato superato da un emendamento del Senato, era semplicemente quella di dare un numero di anni uguale a quello che era dell'originario provvedimento Giachetti, cinque più cinque, e portarlo a dieci, ma semplicemente perché volevo tutelare la continuità di alcune funzioni. Non era certamente mia intenzione aderire alla linea di chi riteneva che il fuori ruolo dovesse essere eterno, assolutamente no, sono la prima a credere che nessun magistrato debba poter stare fuori ruolo per tutta la vita o per periodi lunghissimi. Mi preoccupavo però dell'interruzione delle funzioni, mi preoccupavo all'idea che vi fossero funzioni elevate la cui durata era superiore a cinque anni e che sarebbero state interrotte dal termine del cinque più cinque. Da qui la mia preoccupazione che senza cambiare il totale, quindi rimanendo a dieci, queste funzioni non si spezzassero e questo era riflesso anche nell'emendamento che avevo proposto in cui l'unica eccezione era quella di tipo funzionale.

C'è stato poi l'emendamento approvato dal Senato che comunque si ispira ad una logica di escludere eccezioni assolute e di mantenerle comunque soltanto collegate all'esercizio di alcune funzioni.

Dicevo che questi sono i punti del cosa c'è nel provvedimento, questi i punti fondamentali, questi i punti con i quali si è cercato di dare equilibrio a questo provvedimento ed io credo che tutto questo, voi, proprio voi che avete vissuto fin dalle prime fasi l'elaborazione di questo provvedimento, le prime riunioni, le prime discussioni in Commissione giustizia, sappiate che è stata l'evoluzione del provvedimento. Quindi, io credo che sia con assoluta serenità che si possa dire che questo provvedimento è stato ampiamente discusso, ampiamente condiviso e che sia giunta l'ora che esso sia trasformato in legge.

 

Testo sostituito con errata corrige volante(Posizione della questione di fiducia - Articolo unico - A.C. 4434-B)(Posizione della questione di fiducia - Articolo uno - A.C. 4434-B)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, Filippo Patroni Griffi. Ne ha facoltà.

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Signor Presidente, onorevoli deputati, credo che un elemento caratterizzante questo disegno di legge è, come è stato notato anche dalla collega Severino in sede di replica al Senato, la visione integrata di prevenzione e repressione del fenomeno della corruzione. Questo è, ritengo, un elemento fortemente caratterizzante e fortemente innovatore del disegno di legge, cui ha contribuito l'impostazione originaria del precedente Governo, cui hanno contribuito i passaggi parlamentari, cui penso abbia contribuito anche questo Governo.

Naturalmente per così dire la favola di Esopo richiamata dalla collega Severino si applica, sia pure forse in misura minore, anche alla parte relativa alla prevenzione se è vero, com'è vero, che ho letto che la parte della prevenzione si ispirerebbe a una logica di forte complicazione per la vita delle pubbliche amministrazioni, mentre l'efficienza della pubblica amministrazione richiederebbe maggiore discrezionalità.

La parte concernente la prevenzione credo dia in primo luogo attuazione ad alcuni obblighi internazionali, dalla Convenzione di Merida del 2003, cui dovevamo adeguare il nostro ordinamento, individuando una autorità con carattere di indipendenza come referente nazionale per l'anticorruzione.

Ed è questo che viene fatto all'articolo 1 di questo disegno di legge, delineando quindi un diverso ruolo del Dipartimento della funzione pubblica che, essendo un'autorità di Governo, non poteva avere quelle caratteristiche di indipendenza richieste dalla Convenzione di Merida. La parte della prevenzione si ispira poi anche alle raccomandazioni e alle indicazioni operative delle organizzazioni internazionali quali l'OCSE, o alle best practices di alcuni Stati che hanno un'esperienza considerevole in materia di prevenzione dei fenomeni della corruzione. Come abbiamo avuto modo oggi di confrontarci anche in un seminario proprio con l'OCSE e con alcuni di questi Paesi, i contenuti del disegno di legge sulla prevenzione della corruzione vanno sicuramente nella direzione suggerita sia dalle organizzazioni internazionali sia soprattutto dalle pratiche operative degli altri Paesi.

Qui siamo al punto centrale. Noi siamo assolutamente consapevoli dell'importanza che l'attuazione di queste misure, di queste previsioni normative in tema di prevenzione richiederanno, attuazione in primo luogo sul piano normativo, ma poi anche e soprattutto forse nel tempo sul piano delle misure amministrative. Per quanto riguarda il piano normativo vorrei ricordare tre provvedimenti normativi delegati previsti dal disegno di legge sull'anticorruzione: quello sull'incandidabilità per le elezioni politiche, quello che riguarda l'incompatibilità dei dirigenti e la loro rotazione sugli incarichi dirigenziali, quello sulla trasparenza, a cui si accompagna la previsione di un decreto del Presidente della Repubblica previa delibera del Consiglio dei ministri per quanto riguarda la maggiore cogenza dei codici di condotta dei dipendenti pubblici nel nostro ordinamento.

Credo di poter assicurare l'impegno massimo del Governo perché queste misure di tipo normativo, di attuazione, possano essere adottate nello spazio temporale di questa legislatura. Naturalmente siamo anche consapevoli che bisogna evitare che la riforma della burocrazia, collegata evidentemente a queste misure di prevenzione della corruzione, si traduca in una sorta di burocratizzazione della riforma. È chiaro quindi che le misure previste, che riguardano essenzialmente la redazione di piani anticorruzione, l'individuazione di modelli organizzativi di prevenzione, soprattutto nelle aree individuate come aree a rischio, richiedono delle misure flessibili e calibrate sulle singole amministrazioni che le adottano; richiedono molto monitoraggio, richiedono un supporto adeguato che, per esempio l'amministrazione dell'interno a richiesta fornirà ai molti comuni che dovranno adattarsi e dovranno adottare questa normativa; richiede, in altri termini, quell'atteggiamento fermo e combattente che Benedetto Croce riteneva indispensabile per poter ottenere una riforma dell'apparato pubblico. Posso assicurare che quindi in questo il Governo si impegnerà perché consapevole dei danni economici più volte ripetuti che la corruzione dà al nostro sistema economico, dà alle nostre prospettive di crescita e di sviluppo, ma anche perché consapevole dei danni di tipo etico che la corruzione introduce nella nostra società, minando il principio di eguaglianza nel momento stesso in cui altera le regole delle pari opportunità tra i cittadini.

Da ultimo, vorrei senz'altro anch'io ringraziare in questo caso la Camera e anche il Senato per il lavoro che è stato fatto in questi mesi, un lavoro non facile per nessuno, ma che oramai sembra vedere finalmente la luce.

È dunque conclusivamente che a nome del Governo, pongo la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti e articoli aggiuntivi, dell'articolo 1 del disegno di legge, già approvato dal Senato, modificato dalla Camera e nuovamente modificato al Senato, Atto Camera n. 4434-B (Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione), nel testo delle Commissioni, identico a quello approvato dal Senato.

ANTONIO BORGHESI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, la Ministra Severino ha fatto ricorso ad una favola di Esopo per spiegare che il Governo è il legislatore e deve andare avanti. Preferisco non parlare di favole, ma parlare della Costituzione, che non è una favola. Con questa richiesta di fiducia, con un uso inappropriato che questo Governo fa della questione di fiducia, si sta verificando una violazione di leggi costituzionali che chiedono che il legislatore non sia il Governo, ponendo la fiducia, ma sia il Parlamento e, quindi, Senato e Camera che discutono e approvano oppure respingono le proposte che vi vengono fatte.

Ora, mi rivolgo non più ai signori Ministri, importanti rappresentanti di questo Governo, ma a chi lo presiede, che oggi chiamerei commissario di Stato, senatore Mario Monti. Infatti, con questa ennesima fiducia dimostra di essere un commissario di Stato, e non il Capo di un Governo. Non credo di rivelare nessun segreto quando dico che, di fronte all'obiezione nella Conferenza dei presidenti di gruppo del Presidente Fini, che ha ricordato che vi erano solo dieci emendamenti da votare - solo dieci emendamenti! -, il Ministro per i rapporti con il Parlamento ha detto che per alcuni si sarebbe potuto richiedere il voto segreto. E questo basta a giustificare la posizione della questione di fiducia su un provvedimento di questa importanza, anziché una serena discussione di quei dieci emendamenti dentro quest'Aula. Questo certifica che siamo di fronte ad una nuova violazione della Costituzione, perché il Governo sottrae così al Parlamento la sua funzione legislativa, che era quella di discutere di quei dieci emendamenti e di votarli in quest'Aula.

RAFFAELE VOLPI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RAFFAELE VOLPI. Signor Presidente, volevo ricordare alla signora Ministro che comunque c'è stato anche l'apporto della Commissione affari costituzionali, oltre a quello della Commissione giustizia.

Non c'è dubbio che questa posizione della questione di fiducia non ha giustificazione. Lo dico con serenità e con chiarezza: noi stiamo votando una fiducia alla settimana, ma proprio questa non aveva nessuna motivazione. O meglio, Presidente, Ministri, una motivazione chiara c'è: il nostro gruppo, il gruppo Lega Nord, non ha presentato emendamenti, il gruppo Lega Nord è stato forse qualche volta quello che ha fatto più polemica se si perdeva tempo. Mi ricordo e mi permetto, ovviamente da un punto di vista unicamente politico, di aver trovato qualche volta anch'io stesso modo di dire al Ministro che stavamo aspettando troppo nel ragionare su quello che stavamo facendo nel momento in cui ella subentrò al Ministro precedente. Ebbene, penso che quando un gruppo di opposizione non presenta emendamenti e si trova nell'obbligo di dover affrontare un voto come quello della questione di fiducia, si trova in una situazione di grande disagio e si trova in una situazione di grande disagio perché i dieci emendamenti presentati sono in buona parte, Ministro, emendamenti presentati dalla vostra maggioranza.

Allora, credo che il problema politico non possa essere continuamente sottovalutato e lo dico anche in prospettiva perché, sa, penso che il ragionamento della politica non si fermi mai contestualizzato al momento in cui ci diciamo delle cose. Se questa è la preoccupazione che c'è, immagino che sui prossimi provvedimenti la preoccupazione diventerà ancora maggiore e, quindi, il riflesso della non coesione di questa maggioranza probabilmente dovrà far fare qualche riflessione più forte anche al Presidente del Consiglio.

Con questo dico che, in questo modo, abbiamo un'altra volta dato uno schiaffo al Parlamento. Diamo uno schiaffo alle opposizioni che qui dentro ormai non hanno più nessuna possibilità di fare un loro lavoro, nemmeno di votare a favore di un provvedimento che condividono. Penso che questo sia molto grave, non c'è giustificazione. Segniamo oggi un'altra brutta pagina dei rapporti fra il Governo e il Parlamento. Sono cose che restano. Sono cose che restano e restano in maniera significativa in quello che poi ci si può immaginare come un rapporto sereno fra le istituzioni.

Spero che su questo ci sia una riflessione molto seria da parte della Presidenza della Camera, ma anche da parte della Presidenza della Repubblica.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, in questo momento io non intervengo sulle comunicazioni del Governo, ma per fatto personale, sull'ordine dei lavori; atteso che il mio nome e il mio cognome sono riecheggiati in quest'Aula più volte, volevo chiederle: decida lei se darmi la parola a fine seduta per fatto personale, sull'ordine dei lavori, oppure in questo momento, come preferisce.

PRESIDENTE. A termini di Regolamento, sarebbe più corretto a fine seduta per fatto personale, piuttosto che adesso sull'ordine dei lavori.

 

Sull'ordine dei lavori (ore 18,35).

Testo sostituito con errata corrige volantePRESIDENTE. Per quanto riguarda il seguito dell'esame del disegno di legge sulla repressione della corruzione, dopo la posizione della questione di fiducia da parte del Governo sull'articolo unico, secondo quanto precisato nell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, si procederà questa sera all'illustrazione degli emendamenti presentati, ove ne venga fatta richiesta, ai sensi dell'articolo 116 del Regolamento. Le dichiarazioni di voto sulla fiducia avranno luogo domani, martedì 30 ottobre, alle ore 18 e la votazione per appello nominale avrà luogo a partire dalle ore 20. Si procederà poi con le successive fasi dell'esame del provvedimento, fino alla votazione finale, per concludere l'iter entro mercoledì 31 ottobre. Il termine per la presentazione degli ordini del giorno è fissato alle ore 12 di domani, martedì 30 ottobre. Per quanto riguarda i lavori, sempre di questa settimana, si è convenuto di procedere al seguito dell'esame del disegno di legge sulla professione forense nella giornata di mercoledì 31 ottobre, dopo la conclusione dell'esame del disegno di legge sulla repressione della corruzione.

PRESIDENTE. Per quanto riguarda il seguito dell'esame del disegno di legge sulla repressione della corruzione, dopo la posizione della questione di fiducia da parte del Governo sull'articolo uno, secondo quanto precisato nell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, si procederà questa sera all'illustrazione degli emendamenti presentati, ove ne venga fatta richiesta, ai sensi dell'articolo 116 del Regolamento. Le dichiarazioni di voto sulla fiducia avranno luogo domani, martedì 30 ottobre, alle ore 18 e la votazione per appello nominale avrà luogo a partire dalle ore 20. Si procederà poi con le successive fasi dell'esame del provvedimento, fino alla votazione finale, per concludere l'iter entro mercoledì 31 ottobre. Il termine per la presentazione degli ordini del giorno è fissato alle ore 12 di domani, martedì 30 ottobre. Per quanto riguarda i lavori, sempre di questa settimana, si è convenuto di procedere al seguito dell'esame del disegno di legge sulla professione forense nella giornata di mercoledì 31 ottobre, dopo la conclusione dell'esame del disegno di legge sulla repressione della corruzione.

Si riprende la discussione (ore 18,37).

PRESIDENTE. Chiedo se vi siano interventi per illustrare gli emendamenti presentati. Prendo atto che nessuno chiede di intervenire per illustrare gli emendamenti.
Il seguito della discussione del provvedimento è pertanto rinviato alla seduta di domani, a partire dalle ore 18.

(omissis)

Per fatto personale (ore 18,40).

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, rubo solo due minuti e ringrazio anche i Ministri Severino e Patroni Griffi per essere rimasti, in una situazione di Aula in cui non era per loro doveroso venire. Veramente in due minuti vorrei dire una battuta al Ministro Severino: c'è un'altra bella favola, che non è dell'autore che lei ha citato ma è di Fedro, che è La volpe e l'uva e che racconta di una volpe che voleva raccogliere un frutto e, nel momento in cui si è resa conto che non era in grado di raccoglierlo, constatò che non era maturo, che era acerbo. Ecco, io penso che sulla norma che riguarda il «fuori ruolo» al Ministro Severino è accaduto un pò questo.

Non posso che darle atto del fatto che il suo emendamento, signor Ministro, ha recepito puntualmente le proposte di modifica che sono state avanzate al Senato da quella che io chiamo la lobby dei magistrati-senatori e cioè due emendamenti, uno presentato dai magistrati del Partito Democratico e un altro presentato dai magistrati del Popolo della Libertà, che hanno smontato completamente l'emendamento che era stato inserito nel testo e votato dalla Camera; le do atto, signor Ministro, che quando si trattò di votare quel testo alla Camera, lei fino all'ultimo istante, nelle Commissioni Giustizia e Affari costituzionali, fece di tutto per cambiarlo già in prima lettura, però, purtroppo, il Parlamento è sovrano e alla Camera passò un testo che era diverso da quello che era nei suoi auspici. Quindi, in questo, non credo che lei abbia dato pareri farisei; lei è stata lineare, era contraria a una norma che regolamentava in modo molto ferreo il collocamento fuori ruolo, e così ha mantenuto questa sua posizione. Devo dirle che negli emendamenti che sono stati approvati dalle Commissioni, e anche nel suo, erano già saltate alcune norme: quelle che riguardavano il cumulo degli stipendi e quella che riguardava il fatto che queste norme avrebbero avuto comunque la priorità su qualunque norma anche di carattere speciale; ciò proprio per evitare che di fronte a conflitti, ci si potesse appellare alla confusione normativa.

Ovviamente, e mi avvio a concludere, signor Presidente, signori Ministri, mi rendo perfettamente conto che di fronte alla questione di fiducia io voterò favorevolmente, perché credo che comunque questo provvedimento sia importante e perché sto in una maggioranza e ho fiducia in un Governo al quale ho votato la questione di fiducia tante volte. Tuttavia, vorrei semplicemente chiarire una cosa, signor Ministro, e per questo sono intervenuto a titolo personale, e non certo perché lei lo voglia materialmente fare ma perché indirettamente, in qualche modo, possono essere sfregiati i connotati della mia idea rispetto a questo emendamento; vorrei chiarire che questo emendamento aveva una sola intenzione: quella di regolare gli anni del collocamento fuori ruolo; cinque anni e dieci complessivamente non sono pochi nella carriera di un magistrato e, soprattutto, signor Ministro, lei lo sa perfettamente, quello che era contenuto in quell'emendamento era l'esclusione di qualunque tipo di deroga. Al Senato, pezzo dopo pezzo, sono state reinserite tutte le deroghe che configurano una situazione nella quale - se non ne ha idea penso che lei, signor Ministro, possa rivolgersi a qualche suo collega di Governo, magari al sottosegretario Catricalà, se non vuole rivolgersi al Ministro Patroni Griffi che sta lì - tutti coloro che sono stati fuori ruolo per anni, e per tanti anni, grazie alle eccezioni che avete introdotto, potranno continuare a stare fuori ruolo per altri dieci, dodici, quindici anni. Quindi, avete fatto un'operazione - ed è così, posso anche tranquillamente dimostrarlo - che probabilmente non incide su quelli che in qualche modo sono collocati fuori ruolo per altre ragioni, ma incide positivamente nel senso che potranno continuare a starci, sostanzialmente a vita, coloro che ci stanno già da parecchi anni.

Chiudo con un'ultima annotazione; visto che lei è stata in una televisione privata e ha dichiarato che era necessario intervenire sull'emendamento Giachetti perché non si occupava dei magistrati amministrativi ma solo di quelli ordinari, ecco è bene che almeno in Parlamento, visto che non ho avuto la possibilità di confutare nulla in quella sede televisiva, io possa avere la possibilità di dirle che lei non ha detto la verità, perché l'emendamento che è stato inserito nel testo, che è stato approvato dalla Camera, testualmente recita: «il servizio in posizione di fuori ruolo» - e guardi, Ministro, dice anche: «o in un'altra analoga posizione», il che vuol dire che tutto quello che lei ha aggiunto insieme agli altri nella specifica era tranquillamente contenuto nel discorso: «in un'altra analoga posizione» - «svolto dai magistrati ordinari, amministrativi e contabili». Quindi, signor Ministro, mi dispiace ma i magistrati contabili ci stavano al pari di quelli ordinari e al pari di quelli amministrativi. È vero, mi ero scordato i magistrati militari, che sicuramente sono il fenomeno scandaloso dei fuori ruolo, però a questo ci avete pensato voi, così come avete pensato a eliminare la norma sui cumuli e a reinserire tutte le deroghe. Però almeno la proposta originaria era di quel tipo e non di altro.

 

La seduta termina alle 18,55.

 

 

 

 


 

RESOCONTO

SOMMARIO e STENOGRAFICO

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711.

 

Seduta di MARTedì30 oTTOBRE 2012

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE

 

La seduta comincia alle 18.

 

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 2156-B - Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione (Approvato dal Senato, modificato dalla Camera e nuovamente modificato dal Senato) (A.C. 4434-B) (ore 18,06).

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, modificato dalla Camera e nuovamente modificato dal Senato: Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione.

Ricordo che nella seduta di ieri il Governo ha posto la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, dell'articolo 1 del disegno di legge in esame, nel testo delle Commissioni, identico a quello approvato dal Senato (Vedi l'allegato A - A.C. 4434-B).

 

(Dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia - Articolo 1 - A.C. 4434-B)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto sulla questione di fiducia.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Melchiorre. Ne ha facoltà.

DANIELA MELCHIORRE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, in diverse circostanze noi Liberal Democratici abbiamo auspicato che la cosiddetta legge anticorruzione vedesse la luce il prima possibile, e non già perché considerassimo questo provvedimento davvero efficace per la prevenzione e il contrasto della corruzione in Italia, ma perché riteniamo che esso costituisca un primo necessario passo verso un cambio di mentalità nel nostro Paese, a cui dovranno seguire, però, necessariamente altri provvedimenti ben più incisivi e mirati, innanzitutto in materia di prescrizione.

Infatti, riteniamo che una rimodulazione dei termini della prescrizione possa far sì che le norme che sono contenute Pag. 2nella cosiddetta legge anticorruzione possano trovare effettiva applicazione. Non siamo inoltre granché soddisfatti, per così dire, o comunque contenti, del fatto che a questa definitiva approvazione si giunga attraverso un voto di fiducia, ma ne comprendiamo le ragioni.

Sappiamo, infatti, quanto sia stato tormentato l'iter tra Camera e Senato di questo disegno di legge, del quale oggi possiamo finalmente dire di salutarne la nascita. Ebbene, dobbiamo però dire che tutto ciò, oltre appunto ad essere un primo passo verso un auspicato ed auspicabile ripristino delle condizioni minime di legalità per il nostro Paese, debba vedere affrontato anche un altro tema a noi particolarmente caro, che è uno dei temi centrali contenuto in questo provvedimento e che attiene alla incandidabilità dei condannati.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

DANIELA MELCHIORRE. Ebbene, ricordando ciò che Bertolt Brecht diceva a proposito del «guai a quel Paese che ha bisogno di eroi», noi non avremmo voluto essere il Paese che ha bisogno di una legge per l'incandidabilità dei condannati nelle liste del Parlamento. Noi avevamo presentato anche degli emendamenti che avevano almeno l'obiettivo di prevedere che le norme che avrebbero impedito ai condannati di essere eletti in quest'Aula, fossero emanate già a partire dalla prossima tornata elettorale.

PRESIDENTE. Deve concludere.

DANIELA MELCHIORRE. Ebbene, noi confidiamo che questo nostro voto di fiducia, che comunque siamo pronti a dare nuovamente al Governo, vada anche nella direzione di una fiducia in quanto era stato promesso all'indomani dell'approvazione del provvedimento nella prima lettura alla Camera dallo stesso Esecutivo, nel rendere i termini per la legge delega più brevi di un anno dall'approvazione di questa legge, onde evitare che sia di fatto vanificato lo sforzo di prevedere per la successiva tornata elettorale, che ci siano dei condannati nelle liste dei candidati (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Liberal Democratici-MAIE).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zeller. Ne ha facoltà.

KARL ZELLER. Signor Presidente, la Südtiroler Volkspartei approva il provvedimento anticorruzione e ne condivide l'urgenza, ma non voterà a favore della questione di fiducia, perché ribadiamo come non vi possa essere il consenso da parte nostra nei confronti di un Governo che calpesta le autonomie e, in particolare, le autonomie speciali, le norme costituzionali e addirittura anche le sentenze della Corte costituzionale, a salvaguardia delle prerogative autonomistiche.

Il dissenso è nei confronti di un Governo che opera nella prospettiva opposta alla nostra, opposta al federalismo, con provvedimenti palesemente illegittimi, con tagli unilaterali e addirittura spesso retroattivi delle compartecipazioni erariali, nei confronti dei quali è inevitabile opporsi attraverso ormai innumerevoli ricorsi davanti alla Corte costituzionale. Ad aggravare il contenzioso tra le autonomie speciali e il Governo, sono stati gli attacchi recenti del Presidente del Consiglio Monti contro gli accordi internazionali che tutelano, insieme alla Costituzione, la nostra autonomia speciale.

Negare, come ha fatto Monti, che vi siano ragioni internazionali in questo ambito e la funzione di tutela che ha l'Austria in merito agli accordi De Gasperi-Gruber del 1946 e del pacchetto del 1969 e affermare dunque che l'autonomia speciale nostra debba essere ridotta ad affare interno dello Stato italiano, significa non solo ignorare la storia, ma anche i basilari principi di diritto internazionale.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Zeller.

KARL ZELLER. Per queste ragioni, noi non voteremo la fiducia al Governo e confermiamo il nostro ruolo di opposizione a questo Governo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Iannaccone. Ne ha facoltà.

ARTURO IANNACCONE. Signor Presidente, i deputati del gruppo Misto - Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia, voteranno contro la questione di fiducia. Si tratta di un'ennesima richiesta di fiducia che calpesta il Parlamento, le sue prerogative, lo offende, lo demotiva in quella azione fondamentale di controllo dell'operato del Governo, di modifica e di miglioramento delle leggi. Noi votiamo contro la questione di fiducia non per un pregiudizio, e nemmeno per il merito del provvedimento. Noi siamo favorevoli ad un provvedimento rigoroso, che favorisca la lotta alla corruzione nella pubblica amministrazione, e non solo nella pubblica amministrazione, ma votiamo contro la questione di fiducia per un giudizio negativo sul Governo, anche se abbiamo stima di alcuni rappresentanti di questo Governo, e alcuni siedono anche attualmente sui banchi.

Votiamo contro l'operato di questo Governo, che è stato fin qui un operato che ha messo in crisi il nostro Paese, ne ha accentuato le difficoltà, le famiglie italiane sono più povere, ma soprattutto accusa una maggiore difficoltà quella parte più debole del nostro Paese, che è il Sud. Oltre il 50 per cento dei giovani meridionali sono disoccupati, c'è un ritardo infrastrutturale che non viene colmato dall'azione di questo Governo.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Iannaccone.

ARTURO IANNACCONE. Ed è un'azione che - e concludo - ha determinato anche un aumento a dismisura dell'antipolitica. Per queste ragioni, senza cadere in contraddizione, noi voteremo contro la questione di fiducia ma voteremo a favore del provvedimento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pisicchio. Ne ha facoltà.

PINO PISICCHIO. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, il lungo dibattito che ha accompagnato l'iter di questo provvedimento nelle Aule parlamentari e nei media, un po' ci esime dalla considerazione del merito delle norme, consentendoci di svolgere invece qualche considerazione sul significato che il provvedimento assume di fronte al Paese.

Perché in questa circostanza il valore sociale della norma, il suo accordarsi con il sentimento della pubblica opinione, il suo incontrare la volontà del popolo sovrano e, inoltre, il suo proporsi come paradigma alternativo in una stagione in cui troppo spesso l'esercizio di una funzione pubblica ha significato l'ingresso nelle cronache giudiziarie, in questa circostanza, dunque, il gesto dell'approvazione di un provvedimento che afferma per la via delle norme penali un codice di comportamento, che sarebbe solo la precondizione per esercitare una funzione pubblica, è un gesto che assume oggi una rilevanza politica.

Verrebbe da chiedere: «Ma che cosa abbiamo fatto alla politica per renderla così insopportabile agli occhi della gente? Come abbiamo potuto allontanare i cittadini dalla cosa pubblica in modo così lacerante da indurre all'abbandono delle urne e alla rinuncia del diritto al voto che rappresentò la conquista democratica più alta dei nostri padri dopo anni di dittatura fascista? Come abbiamo potuto esporre gli elettori alle seduzioni di tutti i populismi, a quella specie di nuovo luddismo elettorale che è il voto di protesta?».

Infatti, onorevoli colleghi, quella devastante divaricazione tra mondo della politica e società, che soltanto qualche ora fa ha lasciato il suo segno nel voto siciliano, si alimenta anche di questo: della percezione che la vita pubblica si intrida di atti corruttivi, di illegalità, di comportamenti al limite.

Quella percezione blocca il nostro sviluppo, perché la permanenza nella lista nera dei paesi dove la corruzione è endemica non solo ci umilia, ma anche ci impoverisce. Certo il provvedimento avrebbe potuto contenere anche altre fattispecie: Pag. 4il falso in bilancio, l'autoriciclaggio, una regolazione del regime delle prescrizioni per i reati collegati alla corruzione. Certo una parte del Parlamento obietterà sulla misura delle pene introdotte. Ma vorrei dire che ci sarà un'occasione per ritornare lavorando su provvedimenti autonomi sulle singole fattispecie.

Oggi occorre che il Parlamento compia un gesto senza rifugiarsi in grovigli legulei, senza infingimenti e, pertanto, noi di Alleanza per l'Italia voteremo la fiducia posta dal Governo su questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alleanza per l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Misiti. Ne ha facoltà.

AURELIO SALVATORE MISITI. Signor Presidente, Grande Sud voterà convintamente la fiducia al Governo e voterà favorevolmente allo stesso provvedimento. Sul provvedimento ci siamo pronunciati chiaramente nella discussione sulle linee generali. Abbiamo ritenuto importante una legge sulla prevenzione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione, in quanto nel nostro Paese si sono visti gravissimi episodi che sempre più spesso sono riportati dalla stampa e dai media e, quindi, influenzano negativamente l'opinione pubblica, ma anche gli osservatori internazionali, con grave danno all'immagine dell'Italia.

D'altra parte, noi sappiamo che le classifiche internazionali ci collocano ai primi posti nel mondo sviluppato per reati di questa natura. Quindi, le misure che si occupano soprattutto di prevenzione e che aggravano e che incidono anche sulla repressione (quindi una repressione più incisiva rispetto al passato) sono viste di buon occhio non solo dal nostro gruppo, ma credo dall'intera opinione pubblica italiana.

Tra queste misure contenute nel disegno di legge (e, quindi, in quello che ne è rimasto dopo l'esame del Senato) se ne possono citare soprattutto alcune che vanno nella direzione giusta. Certo, avremmo voluto altre misure ancora. Avremmo voluto per esempio che l'incandidabilità fosse decisa immediatamente e non rinviata in una delega di un anno, mentre le altre due deleghe ci sembrano opportune per realizzare i contenuti del provvedimento.

In definitiva, per noi sono sempre benvenute le iniziative normative che vanno nella direzione di migliorare, ad esempio, gli appalti pubblici e di renderli più trasparenti, perché gli appalti pubblici sono i più soggetti all'intromissione della malavita organizzata.

Sono anche soggetti, in un certo senso, a una gestione poco trasparente che danneggia l'economia e, quindi, l'erario stesso.

La norma, quindi, che più ci sembra opportuna è quella del collocamento fuori ruolo dei magistrati. Qui avremmo potuto fare qualcosa di più. Non è passato l'emendamento presentato dall'onorevole Giachetti che avremmo voluto appoggiare. Però, sappiamo benissimo che il punto di arrivo, cioè il compromesso realizzato, rispecchia un po' la realtà del Parlamento ma anche del Paese.

Altre occasioni avremo per completare il provvedimento, con interventi su altri temi importanti. Ma noi, oggi, ci dobbiamo accontentare e dare un messaggio al nostro Paese e all'opinione pubblica, mostrando che il Governo e il Parlamento dell'Italia sono interessati e sono impegnati a rispondere alle esigenze che dal Paese provengono, le esigenze di trasparenza, di una maggiore legalità, le esigenze che fanno crescere il Paese dopo, purtroppo, i provvedimenti che siamo stati costretti ad approvare, data la crisi economica che attanaglia l'economia europea e anche italiana.

Pertanto ribadisco, ancora una volta, che la fiducia al Governo, da parte della componente politica del gruppo Misto Grande Sud-PPA, è senz'altro assicurata.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, signora Ministro, signori del Governo, Pag. 5con profonda delusione noi siamo costretti a negare la fiducia e a non votare questo provvedimento, che avremmo voluto votare convintamente se esso fosse stato davvero un provvedimento di contrasto alla corruzione e al malaffare nella pubblica amministrazione.

Noi stiamo vivendo un paradosso che ci fa male: avere invocato, per tanto tempo, un contrasto forte ed efficace al malaffare nella pubblica amministrazione, alla delinquenza dei colletti bianchi e dei funzionari infedeli e trovarci, oggi, di fronte ad un testo del tutto inadatto, del tutto insufficiente a contrastare l'illegalità nella pubblica amministrazione ed anzi, peggio, un testo che contiene norme che indeboliscono quel baluardo giuridico che finora avevamo.

Con una fretta diabolica si fa calare il sipario su una vicenda per noi inquietante. Per noi il sipario cala mestamente, perché avremmo voluto un provvedimento molto più severo e molto più duro di contrasto alla corruzione. Ma non pretendiamo di guastare la festa ad altri che si fregano le mani. Fin da maggio abbiamo rassegnato, con speranza e con fiducia, al Governo le nostre richieste, che erano richieste di riempire questo cestello vuoto di provvedimenti e di norme veramente efficaci nella lotta alla corruzione, quelle norme che l'Europa davvero ci chiede e, cioè, abbiamo chiesto l'inserimento delle norme relative all'autoriciclaggio. Lei, Ministro, ci ha risposto che del riciclaggio si sarebbe occupata in un altro momento. Abbiamo chiesto norme stringenti, che spazzassero via questo regime della prescrizione voluto come legge ad personam e che tanti guasti ha fatto.

I reati contro la pubblica amministrazione - lei lo sa molto meglio di noi, signora Ministro, perchéè cattedratica universitaria e perché ha svolto efficacemente il ruolo di avvocato - spesso si scoprono tardi rispetto alla data del commesso reato; spesso sono anche di difficile accertamento perché richiedono indagini penetranti - di frequente, della Guardia di finanza - di carattere economico, richiedono rogatorie e un grande impegno. Lei sa che la prescrizione - già quella prevista oggi, che non ci sarà più domani - non consentiva di portarle a compimento.

Le abbiamo chiesto, Ministro, di intervenire sulla prescrizione, oggi, non domani, perché, se lei interviene domani, gli effetti perversi della legge più favorevole al reo che discendono dalla pena ridotta di un terzo e, quindi, dalla prescrizione ridotta di un terzo si saranno verificati. Era oggi il momento per intervenire e lei, Ministro, ci ha risposto: interverremo globalmente sulla prescrizione; magari, dico io, quando i buoi saranno scappati dalla stalla. Le abbiamo chiesto di intervenire inserendo il falso in bilancio, le abbiamo chiesto di intervenire con una norma più stringente sul voto di scambio, ma lei ci ha detto che non era il tempo: era maggio, oggi siamo a novembre, il tempo c'era, Ministro. Ci domandiamo con amarezza e preoccupazione perché non lo si è trovato.

Eravamo quasi i soli a fare queste richieste e a dire che bisognava riempire e rimpolpare questo provvedimento gracile e che bisognava togliere una mela avvelenata che noi vedevamo, il nuovo articolo 319-quater del codice penale. Ma poi, man mano, sia la stampa indipendente, sia altri settori come l'Associazione nazionale magistrati, come il Consiglio superiore della magistratura, sia pure tardivamente, a cose fatte, «a babbo morto», si direbbe in qualche posto, sono intervenuti per dire che queste cose non vanno, quindi non per dire che va bene, ma per dire che va male questo provvedimento.

Lo dicono anche gli inquirenti, le forze di polizia ed i periti che hanno destinato e dedicato tanto tempo all'accertamento dei reati, che vedranno il loro lavoro mandato al macero con questa prescrizione precoce, che discende dall'eliminazione della concussione per induzione e, contestualmente, dal fatto che l'induzione indebita è un reato punito assai meno severamente.

La realtà è questa, signor Ministro, è inutile che ce lo nascondiamo. La realtà è che non c'è piramide delle pene che tenga di fronte all'esigenza cogente e stringente di dare un segnale di terribile determinazione e di severa decisione nella lotta alla corruzione. E non è un buon inizio dire a chi ha commesso dei reati di concussione: «vai, la tua colpa ti è perdonata». Ma come? Non stiamo facendo un provvedimento anticorruzione, non stiamo facendo un provvedimento che deve inasprire il contrasto alla corruzione (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)? E noi esordiamo dicendo: «sì, ma la concussione per induzione, tutto sommato, è una cosa minore», di modo che noi avremo un effetto devastante: saranno spazzati via un gran numero di processi. Io, Ministro, le ho chiesto quanti potrebbero essere, ma non ho avuto la fortuna di una sua risposta, che avremmo gradito e che si sarebbe collocata all'interno di un fair play istituzionale.

Un parlamentare ha il diritto di conoscere dal Governo, dal maggio scorso, quanti sono i processi per concussione pendenti; non lo abbiamo mai saputo e ci dispiace molto, perché non è vero, Ministro, che i provvedimenti si approvano indipendentemente dalle ricadute sulla situazione concreta. Non è esattamente così, perché se noi vogliamo combattere la criminalità nella pubblica amministrazione abbiamo il dovere di sapere prima quali sono le ricadute sui processi in corso, sulle fatiche dei magistrati e degli inquirenti, fatiche che essi vedranno vanificate. Non siamo rimasti convinti dalle motivazioni addotte su un'azione di contrasto alla corruzione che, contestualmente, però, riduce la reazione alla corruzione stessa.

Ministro, il Governo presenta un cestello, un cestinetto misero e gracile di frutta, con pochi frutti, senza quelli che sarebbe stato necessario ci fossero; in compenso c'è un frutto avvelenato. Questo ci dispiace molto, perché nel treno che il Presidente Monti dice che noi mandiamo a Strasburgo come prova della nostra volontà di contrastare la corruzione mancano molti vagoni, ma ce n'è uno che ha delle scorie tossiche. Non è questo il modo con il quale ci dobbiamo presentare all'Europa, non era questo il momento di fare una amnistia mascherata (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)...

PRESIDENTE. Onorevole Palomba, la invito a concludere.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, mi avvio alla conclusione. Un'amnistia mascherata che sostanzialmente indebolirà anche nell'immagine il contrasto alla corruzione.

È perciò con grande dolore che noi siamo costretti a non votare a favore di un provvedimento anticorruzione che in realtà, secondo noi, non rappresenta un vero contrasto a questo fenomeno gravissimo di delinquenza dei funzionari infedeli, dei colletti bianchi e degli indagati eccellenti (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Moffa. Ne ha facoltà.

SILVANO MOFFA. Signor Presidente, signor Ministro della giustizia, onorevoli colleghi, le dirò subito, signor Ministro, che Popolo e Territorio voterà la fiducia e sosterrà il provvedimento. Lo dico perché, prima di entrare nell'ambito di alcune considerazioni, abbiamo molto apprezzato il senso di equilibrio che ha accompagnato la conduzione dei lavori in seno alla Commissione giustizia e abbiamo apprezzato anche le dichiarazioni che lei ha voluto rendere in Parlamento circa i limiti entro i quali questo provvedimento si è mosso e, citando Esopo, giustamente ha osservato che anche i provvedimenti migliori sono provvedimenti perfettibili, e quando si affronta il tema della giustizia c'è sempre da intervenire ulteriormente e migliorare la situazione.

Mi consentirà di dire, senza voler con questo aprire una polemica, che abbiamo meno apprezzato ancora una volta il ricorso al voto di fiducia. Non vorrei ripetere considerazioni che più volte abbiamo portato all'attenzione del Governo, ma questa ritualità rischia di sconfinare in un'ulteriore e sostanziale delegittimazione Pag. 7del Parlamento. Lo dico sottovoce, signor Ministro, perché io ho notato una palese contraddizione in quello che ha recentemente detto in una conferenza il Presidente del Consiglio, il senatore Monti, quando ha riconosciuto, anche come prestigio del lavoro di questo Esecutivo, di essere riuscito, dopo tanti periodi molto difficili e complessi della vita parlamentare, a far dialogare addirittura forze politiche che ha voluto definire «nemiche».È riuscito, in qualche misura, ad aprire un confronto e ad arrivare anche a posizioni comuni, condivise da quelle forze politiche definite, appunto, «nemiche».

La contraddizione sta nel fatto che, nel momento stesso in cui il Governo si vanta - credo anche correttamente - di aver raggiunto questo importante risultato, poi pone e chiede la fiducia, che significa, di fatto, un disconoscimento sostanziale di quel processo di composizione unitaria intorno ad argomenti molto seri che nasce proprio dal dialogo e dal confronto.

Non vorrei che tutto questo, in qualche ulteriore misura e in guisa ulteriore, delegittimasse, come dicevo poc'anzi, il Parlamento e svuotasse ancora di più la politica della sua essenza, della sua efficacia e della sua nobiltà. Quelle che sto pronunciando sembrano parole retoriche, ma continuo a credere che la politica debba riqualificare se stessa, anche attraverso il confronto parlamentare, soprattutto su argomenti così delicati e complessi, come quelli che attengono alla lotta alla corruzione, e debba essere tale da avere un Parlamento non condizionato da questa ritualità del voto di fiducia.

Per essere ancora più franchi con lei, signor Ministro, noi abbiamo apprezzato, come dicevo poc'anzi, le sue dichiarazioni che in qualche modo hanno rivendicato, anche al Governo e a questa fase complessa di un provvedimento, che si è trascinato tra Camera e Senato e poi è ritornato alla nostra attenzione con qualche ulteriore modifica, il fatto che ci sono stati inasprimenti delle pene e interventi sicuramente efficaci - almeno ce lo auguriamo - nei confronti dell'andamento della pubblica amministrazione in generale.

Certamente domani lo dirà in maniera ancora più pressante la collega Siliquini, che ha seguito il provvedimento in Commissione giustizia. Noi riteniamo estremamente importanti alcuni elementi che sono inseriti in queste misure, che riguardano la Commissione di valutazione per la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche, che riguardano, in particolare, i tentativi di rendere ancora più trasparente l'attività amministrativa, soprattutto in materia di appalti pubblici e di ricorso agli arbitri.

Sappiamo che, per la prima volta, in maniera molto chiara interviene una disciplina molto stringente in materia di incompatibilità, di cumulo di impieghi e di incarichi di dipendenti pubblici, anche se poi il Governo dovrà individuare un codice di comportamento che dovrà disciplinare compiutamente i procedimenti amministrativi proprio per garantire questi elementi e questa qualità dell'atto amministrativo e dei comportamenti che i dipendenti pubblici devono tenere. Come pure è assolutamente importante aver affrontato il tema dell'incandidabilità e della tutela del pubblico dipendente che denuncia o riferisce condotte illecite apprese in ragione del suo rapporto di lavoro. È importante pure aver reso più incisivo il giudizio di responsabilità amministrativa e aver, in qualche modo, modificato in maniera molto sostanziale tutto il tema dell'affidamento dell'arbitrato ai magistrati. Mi consenta di dire che questo è l'aspetto preponderante di un provvedimento al quale noi ci apprestiamo a dare un voto favorevole.

Ma io vorrei qui, visto che stiamo parlando soprattutto in termini politici e di questioni di fiducia, sottolineare un altro aspetto: qualche anno fa, direi forse un decennio fa, uscì un libro interessantissimo di un autore americano, John Noonan; un libro bellissimo, ponderoso, intitolato «Ungere le ruote: storia della corruzione politica dal 3000 a.C. alla Rivoluzione francese».È un libro che dovrebbe essere letto ancora oggi, perché è denso di approfondimenti. Tra l'altro, Noonan è un giurista ma anche un filosofo e in quel libro affrontò il tema della corruzione, cercando di spiegare come la corruzione non sia un fenomeno di oggi, ma sia un fenomeno che percorre la storia dell'umanità. Quello è un libro importantissimo perché è anche provocatorio ed aiuta in qualche misura a scoprire il significato della corruzione nella società umana.

Non è un attacco - voglio dire - semplicistico alla corruzione né una cinica celebrazione della sua inevitabilità:è la cronaca viva ed affascinante per certi versi di quasi quattromila anni di storia di una pratica assai incompresa. E sottolineo assai incompresa, perché il concetto di dono illecito, come rileva Noonan, è relativamente costante e la corruzione è sempre esistita dall'Egitto dei faraoni fino anche agli scandali colossali dei giorni nostri. Noonan illustra la nostra ambivalenza verso la corruzione, vista come idea e come atto.

Qualche riferimento storico: la Chiesa medievale, ad esempio, condannò come simonia la vendita dei favori spirituali ed al tempo stesso incoraggiò a dare un contributo per ottenere le indulgenze. Oggi la sottile demarcazione tra legale ed illegale è pur sempre presente. È reato, per esempio, pagare un parlamentare perché voti in un certo modo, ma i contributi dati per le campagne elettorali sono perfettamente legali.

E allora, chiarendo l'evoluzione della corruzione, i suoi mutevoli contenuti, i contesti nei quali essa si è sviluppata e le sue innumerevoli definizioni, Noonan aguzza la nostra capacità di fare la difficile distinzione tra doni, che sono necessitati dal punto di vista spirituale e sociale, e l'atto di corruzione fondamentalmente immorale. La sua conclusione è che il desiderio di condanna della corruzione non deve essere né una paranoica caccia alle streghe né una fobia puritana, ma la ricerca, da parte del cittadino, dell'integrità nella carica. Ecco il punto: l'integrità nella carica. Infatti, non c'è dubbio che la corruzione lacera il fragile tessuto della fiducia e dell'onestà che in qualche modo riesce a tenerci tutti uniti.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Moffa.

SILVANO MOFFA. Ma è pur vero che, al di là della legge, l'elemento corruttivo può essere colpito soltanto se c'è un recupero di etica della responsabilità, di senso del dovere, di senso della responsabilità e di quella etica pubblica che è scomparsa all'interno della politica e che noi dobbiamo recuperare, perché non è con la legge che si combatte la corruzione, ma recuperando etica politica e senso del dovere, attraverso anche interventi radicali.

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Moffa.

SILVANO MOFFA. Perché, per esempio, non affrontiamo il tema del finanziamento pubblico dei partiti eliminandolo, perché li è la radice di tutti mali? Da lì si ricostruisce un'etica pubblica. Ecco perché noi vorremmo che la politica recuperasse la capacità di affrontare soprattutto questi temi, se vogliamo davvero tornare a configurare la politica come qualcosa di alto e di nobile (Applausi dei deputati del gruppo Popolo e Territorio e di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Angela Napoli. Ne ha facoltà.

ANGELA NAPOLI. Signor Presidente, signori ministri, onorevoli colleghi, Futuro e Libertà per il Terzo Polo voterà anche questa volta con favore la fiducia al Governo nella consapevolezza dell'importanza che finalmente l'Italia possa dotarsi di una norma anticorruzione.

Avremmo voluto un provvedimento più forte, più coraggioso, più efficiente, soprattutto nella parte relativa alla repressione, non perché desideriamo essere considerati giustizialisti a tutti i costi, ma perché Pag. 9vorremmo potessero pagare il conto tutti coloro che, da anni ed ancora oggi, hanno contribuito ad influenzare la nostra società con una corruzione pervasiva e sistematica, così come definita nel «Rapporto Greco» adottato a Strasburgo nel 2009.

Ma la nostra fiducia al Governo vuole essere anche un riconoscimento alla costanza e alla capacità di mediazione con le quali, in particolare i ministri Patroni Griffi e Severino, sono riusciti a portare a compimento un provvedimento difficile, travagliato, che nel suo iter si è imbattuto in ostacoli di vario genere, alcuni, a volte, posti persino con ricatti da parte di qualche forza politica, altre volte anche da lobby esterne.

Non passa giorno senza che il cittadino italiano sia costretto a registrare le risultanze di indagini o inchieste che coinvolgono questo o quel politico, questo o quell'amministratore pubblico, questo o quell'imprenditore e che pertanto avverta i richiami ai sacrifici come una beffa, vedendo non colpiti coloro che pervertono e logorano l'assetto sociale e democratico.

In Italia, per molti è diventato normale tutelare solo i tornaconti personali e questa mancanza di etica, tanto più grave se perpetrata da chi amministra la cosa pubblica, ha portato al fattore corruzione, che grava enormemente sul nostro Paese, incidendo in modo negativo sullo sviluppo e sull'economia. I cittadini italiani hanno l'abitudine di lamentarsi, a volte anche con ragione, per le numerose tasse loro inflitte ma quanti sono consapevoli di dovere anche pagare ogni anno mille euro a testa per una tassa occulta chiamata corruzione? Ma ai costi di natura economica vanno aggiunti quelli politici e quelli sociali. La corruzione altera sensibilmente la qualità della democrazia in un Paese. Un candidato corrotto infatti dispone di maggiori risorse finanziarie per la sua campagna elettorale ed ha quindi maggiori possibilità di vincere rispetto ad un candidato onesto e il politico corrotto, una volta eletto, non lavorerà certamente per il bene e l'interesse comune ma dovrà render conto e quindi tutelare gli interessi di coloro che lo hanno sostenuto e tra questi, a volte, anche gli uomini della mafia, si veda il consiglio regionale della Calabria e il consiglio regionale della Lombardia. Dal punto di vista poi dei costi sociali, laddove vi è corruzione la qualità delle opere pubbliche è scadente, la meritocrazia è soppiantata dalla furbizia, i controlli sono assenti, il territorio è devastato dalla criminalità nonché da quell'imprenditoria e da quella politica che fanno affari con essa. Senza poi sottacere il fenomeno della corruzione ambientale, che interessa il ciclo dei rifiuti come l'abusivismo edilizio, le lottizzazioni come le bonifiche, i traffici e i riciclaggi, con un danno che non è misurabile solo in soldi ma anche in salute dei cittadini, sistema di corruzione dove gli appalti vengono gonfiati a dismisura, le fatture vengono rilasciate per prestazioni fasulle, gli incarichi importanti, comprese le consulenze, affidati per conoscenza e favoritismo a persone del tutto incompetenti, dove vengono create negli enti locali società di servizi partecipate con prestanome delle cosche mafiose, dove i soldi pubblici vengono usati per attività private. Se è vero che la criminalità organizzata incide negativamente sulla crescita del Paese non da meno è l'incisività della corruzione nella quale, tra l'altro, la stessa criminalità organizzata sguazza. Occorre prendere atto che un sistema di corruzione pervasivo quale quello che registriamo in Italia pone in discussione la coesione sociale e la stessa unità nazionale. Basti pensare - e mi spiace doverlo sempre ricordare - che, nella classifica degli Stati percepiti come più corrotti nel mondo, stilata da Transparency International per il 2011, l'Italia è al 69o posto su 182 Paesi, insieme al Ghana e appena sopra Grecia, Romania e Bulgaria. Siamo giunti quindi alla fine di un lungo e travagliato iter parlamentare che porterà all'approvazione di una norma anticorruzione e che noi di Futuro e Libertà per il Terzo Polo consideriamo quale punto di partenza per una reale prevenzione e repressione di questo dilagante fenomeno. Ci auguriamo infatti che il Governo, con l'aiuto responsabile del Parlamento, possa adempiere al varo di tutti i provvedimenti delegati contenuti in questo disegno di legge, primo tra tutti quello delle incandidabilità e che possa altresì varare ulteriori norme utili a rendere davvero efficiente il contrasto al fenomeno della corruzione.

Mi riferisco, in particolare, al falso in bilancio, al voto di scambio, all'interdizione perpetua per i condannati per i reati di mafia o contro la pubblica amministrazione, alla confisca dei patrimoni illeciti dei politici, ai termini di prescrizione, al reato di autoriciclaggio utile ad imporre un sistema di controllo attivo sulle transazioni di denaro a favore di funzionari pubblici, di portaborse e di politici. Infine, Presidente, Ministri, colleghi, Futuro e Libertà per l'Italia è consapevole che il fenomeno della corruzione non potrà essere realmente combattuto con le sole leggi, ma che queste vanno accompagnate dalla promozione della cultura della legalità nell'attività amministrativa. Ma soprattutto credo che il Paese debba uscire dallo stato di coma etico, così come definito da don Luigi Ciotti, non solo con la riappropriazione da parte di tutti del vero significato della parola etica ma con il richiamo all'articolo 54 della nostra Carta costituzionale che recita: «I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore (...) (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rao. Ne ha facoltà.

ROBERTO RAO. Signor Presidente, signora Ministro, onorevoli colleghi, ogni giorno che passa ormai (i risultati elettorali di queste ore purtroppo lo confermano) aumenta il distacco dei cittadini dalla politica e diminuisce la fiducia degli italiani nelle istituzioni per motivi che purtroppo sempre meno hanno a che fare con le scelte del Parlamento e del Governo e sempre più invece con problemi di legalità e di moralità. Oggi questo Parlamento torna a battere un colpo contro la corruzione e lo fa con una legge sicuramente perfettibile, e che noi stessi avremmo voluto diversa in alcune sue parti, ma che rappresenta indubbiamente un punto di mediazione convincente e utile tra le forze politiche rappresentate in quest'Aula e che negli ultimi anni si sono combattute da barricate contrapposte su qualsiasi legge toccasse appena il tema sensibile della giustizia.

Chi ha seguito il dibattito in Aula e in Commissione alla Camera e al Senato conosce bene l'iter di una legge nata per iniziativa dell'allora Ministro Alfano due anni fa e che sta per essere approvata con colpevole, gravissimo ritardo solo grazie alla capacità dei tre gruppi parlamentari che sostengono il Governo di compiere un passo indietro rispetto a posizioni considerate irrinunciabili fino a qualche mese fa per favorire una soluzione condivisa, ripeto, la più alta possibile con questa maggioranza, voluta e ottenuta con caparbietà dal Ministro Severino e dal Presidente Monti. Molti in questa Aula hanno fatto finta di inseguire una legge migliore per pulirsi la coscienza e vantarsi di fronte all'opinione pubblica, ben sapendo che qualsiasi modifica avrebbe determinato un ulteriore passaggio all'altro ramo del Parlamento e avrebbe definitivamente affossato qualsiasi tentativo di portare in porto la norma, lasciando le cose come stanno e l'Italia indegnamente agli ultimi posti delle classifiche internazionali sulla corruzione, sulla trasparenza, sulla capacità di attrarre investimenti, che poi è uno dei compiti fondamentali di un Governo che voglia rilanciare l'immagine e insieme l'economia e lo sviluppo di un Paese.

Dicevamo che questo provvedimento si sarebbe dovuto e potuto approvare prima, molto prima: prima che le relazioni della Corte dei conti ne confermassero l'enorme impatto sulla vita dei cittadini, con un danno erariale stimato intorno a sessanta miliardi di euro che ovviamente potevano essere impiegati meglio (per diminuire la pressione fiscale, incrementare la quantità e la qualità della spesa in settori come la sanità, l'istruzione, la previdenza, e forse la stessa giustizia); prima che il 52 per Pag. 11cento dei siciliani voltasse le spalle alle istituzioni disertando il voto; prima che le giunte di tre delle quattro regioni più popolose del Paese franassero sotto un fiume in piena di scandali e che dovrebbero generare in noi, questi eventi, in noi che sediamo in questa parola prima ancora che nei cittadini, una condanna senza attenuanti e una voglia di riscatto immediato che tarda purtroppo troppo ad arrivare. L'anticorruzione doveva arrivare prima che la protesta e l'antipolitica diventassero un rifugio per tanti cittadini comuni e perbene, moderati, progressisti, riformatori, senza distinzioni che non vogliono più saperne della politica, se l'unica politica a cui assistono è quella delle occasioni perse, delle contrapposizioni sterili, delle scelte non fatte, e, per restare all'ambito della giustizia, delle leggi ad personam o contra personam, senza badare all'interesse del cittadino utente o meglio spesso vittima della giustizia penale o civile.

Da questa consapevolezza, quindi, occorrerà ripartire oggi, sapendo che questo disegno di legge rappresenta un argine contro il dilagare della corruzione. Per qualcuno questo sarà poco, per noi è un punto di partenza irrinunciabile che già in questa legislatura e nella prossima vogliamo migliorare, affrontando nodi irrisolti, come la questione delle prescrizioni troppo rapide e troppo frequenti, che portano alla sostanziale impunità per troppi odiosi reati, il falso in bilancio e l'incandidabilità, già prevista per delega, che vogliamo operativa già dalle prossime elezioni politiche, di chi ha violato la legge e le regole del vivere comune. Anche su questo credo che, oltre alle leggi, debbano però essere i partiti a dotarsi di un codice di autoregolamentazione come quello che due anni fa ha varato la Commissione antimafia presieduta dal senatore Pisanu, per riacquistare fiducia, e vorrei dire anche onore, agli occhi degli elettori.

Partiamo da qui se vogliamo arginare l'antipolitica e riportare la partecipazione democratica agli italiani che oggi non vogliono più votare, consapevoli che, però, dobbiamo fare molto di più anche su altri fronti, a cominciare dall'approvazione di una legge elettorale, invocata ancora oggi dal Presidente della Repubblica, che restituisca ai cittadini il diritto di scegliersi i propri rappresentanti, per proseguire con l'abbandono di qualsiasi tentazione populista o antieuropeista che, come dimostrano i fatti, non fa guadagnare un voto alle forze presenti in Parlamento e ne regala a chi vorrebbe un Paese ingovernabile e condizionato soltanto dalle piazze. Quello che stiamo per compiere, insomma, è soltanto un primo passo nella direzione giusta dopo tanti, troppi passi in quella sbagliata. Un primo passo importante perché, per la prima volta, l'Italia si dota di una normativa organica in materia di lotta alla corruzione, fortemente orientata alla prevenzione e, quindi, ad un'iniezione culturale di trasparenza nella nostra pubblica amministrazione, a tutti i livelli, che sarà certamente accolta con favore dalle nostre imprese e anche dagli investitori esteri, investitori che, dopo una serie di interventi duri, ma necessari sulla tenuta del bilancio dello Stato, attendono segnali forti anche sul fronte della giustizia e di questo pure al Ministro Patroni Griffi dobbiamo dire grazie. Bene, quindi, la previsione del risarcimento alla pubblica amministrazione di una somma doppia rispetto a quella illecitamente percepita dal dipendente infedele, la compilazione di white list in ogni prefettura delle imprese virtuose e impermeabili alle infiltrazioni mafiose, la stretta sugli arbitrati, il divieto di ottenere appalti pubblici per chi si è macchiato di reati gravi come la corruzione stessa. Bene ancora le nuove norme sulla trasparenza dei procedimenti amministrativi, dei costi di opere e servizi, sul monitoraggio del rispetto dei tempi, sulla pubblicazione degli incarichi e delle retribuzioni.

Si è molto discusso, poi, sullo sdoppiamento della concussione e sulle altre modifiche, principalmente sui minimi e sui massimi delle pene edittali per i reati di corruzione già previsti dal codice. Nel complesso, considerata la gravità del problema, è positivo aver previsto un inasprimento delle sanzioni. Certo, ancora una Pag. 12volta - e tanti colleghi lo hanno fatto in quest'Aula e in Commissione - si può ribadire che si sarebbe dovuto fare di più. Sotto questo profilo, peraltro, il Ministro Severino ancora una volta ha dimostrato di avere le idee chiare, sollevando il tema di una modifica dell'istituto della prescrizione che, ogni anno, manda ancora in fumo 170 mila processi, con uno spreco di risorse e di tempo, una denegata pronuncia nel merito della giustizia che noi riteniamo inaccettabile.

Signor Ministro, colleghi, l'Unione di Centro per il Terzo Polo non ha mai fatto mancare il suo contributo costruttivo durante tutto l'iter parlamentare. Abbiamo presentato emendamenti per migliorare il testo che sono stati accolti, ne abbiamo ritirati molti per favorire una rapida approvazione di questa legge. E devo dire anche un grazie al collega Giachetti per aver fatto luce sulla questione dei magistrati fuori ruolo e averne ottenuto, grazie ad un suo emendamento, una forte limitazione. Anche qui avremmo potuto fare di più se si fosse conosciuta l'esatta geografia del fenomeno, ma abbiamo ottenuto già adesso, non solo un risparmio di spesa, ma anche un più efficace ed efficiente impiego delle risorse, per far fronte all'emergenza giustizia, che non possono essere disperse in mille rivoli e in mille uffici. Riconosciamo oggi alla Ministro Severino il coraggio di essersi assunta la responsabilità di difendere un provvedimento che, per motivi diversi, anche di bieca speculazione politica, molti volevano affossare. Diamo atto al PD e al PdL di aver superato protagonismi e antagonismi che hanno rischiato di compromettere l'esito positivo del DDL anticorruzione. Infatti, non dimentichiamolo: l'obiettivo di questa legge è la lotta alla corruzione e non può essere questa una bandiera di parte, non può essere causa di defezioni o di divisioni tra noi. Occorrono norme più severe per chi si macchia di reati odiosi verso il bene pubblico e su questo tutte le forze politiche responsabili non possono che concordare. Dobbiamo dire «no» alla corruzione e metterci la faccia, proprio come ha detto il Presidente del Consiglio. Non dobbiamo regalare alla cosiddetta antipolitica l'idea che il Parlamento non sia in grado di offrire agli italiani una risposta concreta su questi temi.

E se questa non fosse sufficiente, ne daremo una migliore, a partire da domani o dalla prossima legislatura, perché questa è una battaglia essenziale non solo per la giustizia, ma per l'economia, per l'occupazione, per la crescita, per lo sviluppo e prima ancora per una rinascita morale del nostro Paese e della sua immagine internazionale.

Concludo, signor Presidente: voteremo la fiducia perché dobbiamo prendere coscienza che la corruzione non è un destino inevitabile inflittoci dalla nostra storia e dal destino. Questo disegno di legge rappresenta un'inversione di tendenza rispetto agli ultimi vent'anni, un punto di equilibrio raggiunto fra le diverse forze politiche, di cui non si può non tener conto. Per il mio gruppo questo è un passo concreto, necessario e vorrei dire propedeutico per realizzare altre importanti riforme in materia di giustizia, a tutela, prima di tutto e finalmente, dei cittadini utenti (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paolini. Ne ha facoltà.

LUCA RODOLFO PAOLINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi e signori Ministri, certo un provvedimento che si intitola: «Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione», non può che meritare il nostro plauso, è evidente. Quello che non va bene è che, ancora una volta, avete scelto, per una cosa giusta, la strada peggiore, cioè quella di porre la questione di fiducia, cioè quella di strozzare ancora una volta di più questo Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Poi ci si chiede perché il cittadino non rispetti il Parlamento: ma perché questo Governo - e non solo questo, ma soprattutto questo nell'ultimo anno - l'ha radicalmente e più Pag. 13volte umiliato, relegandolo al ruolo di vero e proprio passacarte.

Tornando al provvedimento, la Lega Nord voterà contro la fiducia, ve lo dico subito, ma voterà poi a favore del provvedimento perché, come amava dire il nostro ex Ministro Tremonti, piuttosto che niente è meglio piuttosto. Questo è un insieme di norme che certamente hanno in parte una valenza positiva, ma operano in un contesto che purtroppo non è quello decisivo. Il contesto decisivo voi avevate la strada per farlo, questo Governo aveva la strada giusta da percorrere, che era quella di portare a termine il disegno, la proposta di riforma federalista dello Stato e soprattutto dando attuazione ai decreti sui costi standard e tutto il corollario di normative che incidono non sulla corruzione sul piano penale e amministrativo, ma sulla rilevabilità immediata e ragione stessa di essere della corruzione. Basterebbe che introducessimo i costi standard: laddove il cittadino, grazie ad una trasparenza sempre maggiore, potesse rilevare che quella determinata macchina per la TAC costa un milione di euro presso la sua regione e 800.000 euro, poniamo, presso la regione vicina, immediatamente avrebbe modo di vedere che chi lo amministra, amministra male e, immediatamente, gli organi di repressione potrebbero agire. Se non si fa questo, la corruzione non verrà di certo battuta con queste norme, certamente meritorie, certamente un passo avanti, ma, come ricordava poc'anzi un collega, la corruzione non è stata mai battuta nella storia dell'uomo e neppure oggi lo è, neppure da ordinamenti che applicano pene quali la reclusione a vita o la pena di morte (in antichità addirittura vi erano pene draconiane). Quindi, il problema è mettere insieme un meccanismo amministrativo di rilevazione dei costi, ed era questo il grande obiettivo che la Lega Nord voleva portare a termine e che non le è stato concesso di portare a termine: la rilevazione dei costi, che avrebbe impedito in nuce il verificarsi di situazioni nelle quali la corruzione alligna e prolifera. Ma parliamo di norme e di piccolezze quando abbiamo in Italia intere regioni che per anni non presentano il bilancio. Ma che paura volete che facciano o che faranno norme di questo genere, su soggetti che francamente se ne infischiano, come si diceva una volta?

Quindi ben venga questo passo avanti, per l'amor di Dio, noi lo voteremo, anche perché non vogliamo certo essere additati, come purtroppo qualche maligno avversario farebbe, come quelli che sono dalla parte della corruzione. No, noi siamo - e lo saremmo stati ancora di più, se non fosse accaduto quello che è accaduto - comunque la miglior cura per la corruzione, contro quello sperpero del denaro pubblico che troverebbe nel federalismo la sola vera cura. Laddove le procedure sono trasparenti, i dati sono comunicati e gli amministratori rispondono immediatamente di quello che fanno, lo spazio per il corruttore si riduce in proporzione alla brevità dei percorsi amministrativi.

Qui, invece, cosa vediamo? Vediamo che si parla di CiVIT, per l'amor di Dio, cose utilissime ma c'è molta teoria, si introducono norme e metodologia, si parla di Piano nazionale anticorruzione, di analisi, della possibilità di esprimere pareri facoltativi, di esercitare vigilanza e controllo, tutte cose bellissime ma che io temo, e spero di sbagliare, resteranno molto teoria e poca pratica. Laddove, invece, in Paesi vicini - dico l'Austria perché è un caso che conosciamo - per avere una concessione amministrativa per realizzare un nuovo capannone, in tre mesi ottieni quello che ti spetta, sempre nell'ambito del rispetto delle loro leggi; è chiaro che in procedure così snelle, trasparenti e veloci, lo spazio per eventuali corruttori e corrotti si riduce automaticamente.

Certo, abbiamo accolto con plauso l'aumento di pene per alcuni reati e con minor plauso la diminuzione di pene per altri reati. Abbiamo certamente preso atto che queste norme sicuramente introducono nuovi reati come ad esempio quello, importante, della corruzione tra privati, non meno grave di altre fattispecie già previste; francamente, abbiamo anche apprezzato, ad esempio, il fatto che la perseguibilità Pag. 14sia generalmente a querela, ma d'ufficio, laddove la condotta fraudolenta generi un grave turbamento nel mercato e quindi abbia una particolare valenza di danno nei confronti della collettività. Certamente abbiamo apprezzato la norma che pone delle limitazioni negli arbitrati che erano diventati ormai e che sono tuttora una sorta di zona d'ombra nella quale si agitano le peggiori cose, talora, e con costi assolutamente sproporzionati rispetto all'entità del valore stesso della causa.

Certo, dobbiamo ricordare che non avete fatto un passo che invece era necessario e che la Lega, ma anche l'IdV, ma anche altre forze e altre singole persone responsabili hanno chiesto, cioè non avete avuto la volontà di attuare il famoso emendamento Giachetti, quello che prevedeva una norma sacrosanta, vale a dire porre dei limiti anche alla durata indeterminata dei fuori ruolo, perché se è vero che i politici vanno rottamati, forse anche certi grand commis ogni tanto andrebbero rottamati. Anche i bravissimi e competenti magistrati, dopo dieci anni che stanno fuori ruolo, forse andrebbero restituiti alla funzione per la quale hanno fatto un concorso e per la quale sono certamente più ferrati, riportando, così, all'interno della giurisdizione, le competenze e le esperienze che hanno acquisito nel fuori ruolo. Questo non è stato fatto; è vero, si potrà fare e noi ci auguriamo che non tanto questo Governo, perché il tempo ormai è veramente poco, ma senz'altro il prossimo Governo vada anche in questa direzione. Se vogliamo introdurre dei meccanismi di rinnovo questi meccanismi devono riguardare non solo la classe politica ma, anche e soprattutto, chi, l'ho detto ieri, nelle università, nelle amministrazioni, nei vari apparati dello Stato, non meno di certi politici, ha costituito incrostazioni permanenti di durata decennale, quindicennale, ventennale o trentennale che non sono meno forieri, in taluni, deplorevoli casi, della stessa corruzione. Infatti, si corrompe chi sta da tanto tempo lì; è chiaro che, nel momento in cui vuoi un favore, devi avere la certezza che quello a cui lo chiedi, quello che te lo impone o un po' e un po', sia lì in grado di farlo, conosca bene il meccanismo e conosca tutti i passaggi di una procedura per ottenere quello che indebitamente si chiede. Per cui, il giudizio è certamente negativo sul metodo e quindi «no» alla fiducia a questo Governo; sul provvedimento, invece, pur con tutte le obiezioni testé formulate, non solo da me, ma anche da altri colleghi, daremo comunque un parere favorevole, auspicando naturalmente che il Governo, nell'esercizio dei suoi poteri, possa ulteriormente migliorare, anche nell'arco dei pochi mesi che pure sono previsti dalle norme, queste norme nel senso a cui ho appena accennato.

Naturalmente se vorrete, magari, porre la questione di fiducia per approvare qualcosa in più di federalismo, anziché fare, come state facendo, in ogni settore, compreso quello che stiamo esaminando oggi in Commissione giustizia, dei passi indietro verso un centralismo che ricorda più lo Stato di Mussolini piuttosto che gli Stati Uniti d'America, noi saremo pronti in quel caso davvero, signori Ministri, a votarvi la fiducia (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Melis. Ne ha facoltà.

GUIDO MELIS. Signor Presidente, ha osservato di recente Sabino Cassese che la legge contro la corruzione non è un'opera che si fa in un giorno, ma c'è un giorno in cui bisogna pure cominciare. Il presente disegno di legge comincia, nelle condizioni possibili, parlamentarmente e politicamente possibili, un cammino che noi del Partito Democratico prendiamo il fermo impegno di proseguire e completare con altri provvedimenti, investendo di ciò la prossima legislatura, nella quale speriamo che le condizioni date siano più favorevoli.

La corruzione ci costa 60-70 miliardi di euro l'anno e pone il nostro Paese in una situazione di grave difficoltà, determinando tra l'altro un handicap serio nella capacità di attrarre investimenti stranieri; ci pone nella vergognosa posizione di essere al 69o posto in una classifica nella quale tutti i nostri dirimpettai europei occupano caselle di gran lunga più in alto. Non è stato sempre così, signor Presidente. Non è accettabile il luogo comune qualunquistico che gli italiani la correzione ce l'hanno nel sangue, nella loro plurisecolare estraneità allo Stato, nel loro familismo, nel loro clientelismo di fondo. La veritàè che questo disastro è stato a lungo preparato, favorito più o meno consapevolmente da classi dirigenti complici, o quantomeno inette; incoraggiato da una morale corrente che nella soppressione delle regole e nella violazione dei comportamenti etici ha fondato per vent'anni la sua egemonia politica. Paghiamo adesso le esortazioni a evadere le tasse pronunciate da uomini che avrebbero dovuto impersonare al più alto livello la moralità delle istituzioni. Paghiamo adesso la filosofia che il mercato non deve subire vincoli, fossero anche i vincoli della legalità. Altri, non noi, hanno abolito il reato di falso in bilancio. Altri, non noi, hanno sistematicamente accorciato le prescrizioni.

Tre grandi pilastri della lotta alla corruzione sono stati scientemente smantellati nel corso degli anni, e in particolare nel corso degli ultimi anni. Il primo pilastro è stato quello rappresentato dai grandi corpi ispettivi dello Stato, praticamente ridotti a zero; il secondo è stato quello rappresentato della amministrazioni tecniche, i corpi di specialisti, che sino almeno agli ultimi decenni del Novecento hanno costituito preziose riserve di esperienza e di conoscenza al servizio dello Stato, di modo che dinanzi ai grandi interessi privati, ai potenti interessi privati, lo Stato e gli enti pubblici si sono trovati sistematicamente privi di occhi per vedere e di mani per toccare; il terzo pilastro soppresso è la separazione tra politica e amministrazione, demolita con la pratica selvaggia dello spoil system, subito rimbalzate in tutte le amministrazioni regionali e locali, a loro volta lasciate colpevolmente, senza controlli esterni, in balia dei vari Fiorito o Formigoni.

Questo provvedimento, del quale va dato merito ai Ministri Severino e Patroni Griffi, ma che il PD ha voluto fermamente e che dopo il cambio di Governo è stato letteralmente riscritto, ripescando i nostri emendamenti che erano stati bocciati dalla vecchia maggioranza, contiene principi e norme che noi rivendichiamo. Ma voglio segnalare specialmente la filosofia inedita del provvedimento, che non si limita a punire la corruzione, ma che intende prevenirla. Il giudice penale, signor Presidente, arriva sempre a cose fatte e ha disposizione la scure, più o meno affilata, rappresentata dal codice. Una buona rete di norme preventive, invece, agisce prima, scoraggia, impedisce, evita le situazioni a rischio, allontana dalla scena i soggetti corrompibili e gli interessi corruttori, e di norme preventive questo provvedimento è letteralmente intriso. Ne elenco alcune: le incompatibilità; l'incandidabilità a cariche elettive; l'obbligo della trasparenza dell'informazione, importantissimo; la piena tutela di chi denuncia il reato; il divieto di cumulo degli incarichi; la disciplina dell'istituto dei fuori ruolo, sia pure con le limitazioni che sappiamo, e la rivalutazione della responsabilità amministrativa, perché non occorre che arrivi il terzo grado di giudizio per rimuovere un corrotto, può e deve agire l'amministrazione subito, con i suoi poteri, come avveniva un tempo. Sotto il profilo penale si mantiene il reato di concussione e lo si punisce più gravemente, passando, per il pubblico ufficiale coinvolto, dal minimo di 4 a quello di 6 anni, restando 12 anni il massimo della pena.

L'induzione a dare o a promettere, come ci chiedono in Europa, diventa un reato distinto, con pena per il privato che vi è coinvolto fino a tre anni. Si inserisce il reato di traffico di influenze illecite (da uno a tre anni), si riformula quella che ora si chiama la corruzione tra privati. È troppo poco questo? Si sarebbe potuto fare di più? Ma naturalmente: si sarebbe potuto fare di più, ma - scusate il bisticcio di parole - non è stato possibile, perché la politica si svolge nelle condizioni date, e le condizioni date di questo tempo che ci Pag. 16tocca di vivere sono quelle di un equilibrio ancora più che precario tra le forze del rinnovamento e le forze della conservazione.

Vorrei ricordare, però, che oggi, per la prima volta, approviamo una legge concretamente volta a combattere la corruzione. È un fatto storico, se mi permettete, specie se si pensa alle leggi di tutt'altro segno di cui è stata disseminata questa legislatura e alcune delle legislature precedenti. Per questo noi confermiamo la fiducia al Governo, signori Ministri, proprio in queste ore nelle quali il principale artefice dell'abbassamento della soglia della legalità in questo Paese minaccia di staccare la spina al vostro Governo. Noi votiamo, al contrario, questa buona legge con convinzione e la votiamo anche contro di lui (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Signor Presidente, noi voteremo a favore di questo provvedimento, ma mai come in questo frangente sono assolutamente decisive le cause, le ragioni del voto, quel movente che, a differenza di quanto accade nel sistema penale, in politica è assolutamente rilevante. Voteremo a favore per appartenenza, perché questo è un provvedimento - basta leggere l'intestazione - presentato, voluto e confezionato da Angelino Alfano. È un nostro provvedimento.

La sensibilità all'anticorruzione nasce all'interno del PdL di questo Parlamento ed è griffata da Angelino Alfano. Che nessuno ci provi ad attaccarsi distintivi che non gli appartengono. Questo è un provvedimento di cui noi rivendichiamo l'appartenenza. Voteremo a favore, perchéè necessario votare a favore di questo provvedimento.

Vito Marino Caferra, che è un magistrato illuminato e colto, definisce la corruzione in un suo studio, che non esito a definire pirotecnico, un sistema, e se la corruzione è un sistema, e un sistema è capace di adeguarsi alla realtà, al progresso e a come cambia il mondo, è indispensabile certamente un più efficace ripensamento sulle terapie, cioè: se la illiceità si adegua al tempo, il diritto deve adeguarsi al cambio di marcia del crimine, quindi è indispensabile un voto favorevole perché è necessario un intervento di questo genere.

Voteremo ancora a favore, signor Presidente - e proseguo nella individuazione del movente qualificante per questo voto a favore - perché la parte relativa alla prevenzione e repressione della corruzione nella pubblica amministrazione è convincente. Merito al Ministro Patroni Griffi e al dottor Garofoli di aver interpretato, per quanto possibile correttamente, i principi del buon andamento e dell'imparzialità«sponsorizzati» dall'articolo 97 della Costituzione in passaggi che non esito a definire importanti come l'Autorità nazionale anticorruzione, la trasparenza negli appalti pubblici, negli arbitrati e negli obblighi informativi ai cittadini, per rendere il procedimento amministrativo un vero effettivo palazzo di vetro accessibile a chiunque. Questo vuol dire combattere seriamente la corruzione, come vuol dire combatterla seriamente, la corruzione, occuparsi di incompatibilità, dei cumuli di incarichi ai dipendenti pubblici, agli impieghi, della promessa di un codice comportamentale, con delega, delle tematiche sulle candidabilità che, attenzione, rispettano - nessuno si azzardi a toccare la Costituzione - la presunzione di non colpevolezza che l'articolo 27 ha consacrato in maniera ineludibile. Piazza o non piazza, la presunzione di non colpevolezza va rispettata. In quest'Aula nessuno si azzardi a metterla in discussione, per nessuna ragione, anche di consenso elettorale. Ma voteremo a favore, ancora, signor Presidente, nonostante alcune scelte relative alle modifiche del codice penale non siano convincenti.

Lo dico con grande pacatezza e con grande rispetto del lavoro del Guardasigilli, perché sul piano tecnico mantenere delle norme in bianco, come l'articolo 346-bis, nonostante gli sforzi del Senato di Pag. 17renderlo più tipico, e smembrare in maniera illogica la concussione non convince. Sui giornali di tutti i giorni, se mi fate passare questo termine, vi è il sospetto che questa norma possa essere comunque indirettamente e volontariamente ad personam verso alcuni soggetti che vedrebbero cancellati i propri reati con questo illogico smembramento, che non trova alcun tipo di addentellato, né dottrinario e meno che mai giurisprudenziale, perché vorrei chiedere quante concussioni per costrizione abbiamo nella nostra esperienza quotidiana: sono tutte praticamente concussioni per induzione. Se questo è vero, lo smembramento non ha una sua logica esperienziale.

Sotto questo profilo, anche l'aumento, direi qualche volta ingiustificato, si pensi all'abuso di ufficio «catturabile», non convince. Ma voglio essere ancora più ampio, accetterei anche questo tipo di scelta, cioè sposterei il baricentro della differenza tra fatto lecito e illecito. Si pensi alla raccomandazione, storicamente annidata nelle abitudini politiche di questo Paese, sono anche pronto a considerarla come una nuova forma di illecito, ma non è questo il problema. Il problema è che queste norme vanno a calarsi in procure «creative», che di queste norme non so se faranno un buon governo.

La preoccupazione del rispetto dei canoni tecnici non è soltanto un arzigogolo giudiziario o un «piccio» di tipo culturale che si è prospettato in Commissione. Il problema è che sappiamo che nel nostro Paese c'è un problema di applicazione della legge penale, allora il rigore e la massima chiusura a ipotesi di slabbramento non consentito deriva soltanto da questa legittima preoccupazione. Dice Fabrizio Cicchitto, «l'uso politico della giustizia»: attenzione a non scambiare in maniera non consentita l'uso giustizialista della politica. Questo sarebbe un fenomeno ancora più grave e da cui dobbiamo sicuramente rifuggire.

Pertanto, se questa è la preoccupazione che è stata manifestata e se è giusto anche ampliare, ma essere consapevoli, che queste norme vanno a calarsi in un contesto cruento nella loro applicazione, come - ahimè - la quotidianità dimostra in ogni parte del nostro Paese, se noi dobbiamo preoccuparci non di come le norme sono scritte, anche di quello, ma delle variazioni Goldberg, delle jam session di talune procure molto, molto creative, è evidente che il PdL di questo tiene conto. Ma la necessità di tenere unito il Paese in un momento non solo economicamente difficile, le ripercussioni sul piano economico, che non legittimano, sia chiaro, la frettolosità nelle scansioni giuridiche delle norme, - non si possono modellare le norme penali a botte di PIL, questo deve essere ben chiaro, in quanto afferiscono a diritti individuali molto più rilevanti spesse volte dei problemi economici -, determina un senso di responsabilità che Angelino Alfano ha puntualmente richiamato, e a cui noi volentieri rispondiamo, che ci porta a votare assolutamente a favore di questo provvedimento. Questo senso di responsabilità, Presidente, credo non debba mai abbandonare la politica. L'Italia ci sta a cuore, take care of Italy, non contro qualcuno, non seguendo umoralità da piazza, ma tenendo duro, Presidente, sui principi, tenendo duro su principi costituzionali, sui principi legislativi. Posso dire che noi rispondiamo in questo modo all'antipolitica a testa alta con una parola: la credibilità. La credibilità, illustre Presidente, non è un titolo che qualcuno ti regala, la credibilità la si conquista, la si merita.

Credo che con questo voto favorevole il PdL, che può essere anche una belva ferita, ma attenzione alle belve ferite, le belve ferite diventano quelle più capaci poi di riprendere qualsivoglia tipo di forza e di ottenere risultati che probabilmente senza le ferite non avrebbero ottenuto, noi siamo pronti a riprenderci tutta la credibilità che qualcuno ci vuole togliere, e da questo punto di vista il voto favorevole è sicuramente testimonianza di grande credibilità (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. L'onorevole Giulietti ha chiesto la parola per dichiarazione di voto, Pag. 18a titolo personale, ma non è in grado di parlare perché nella giornata di oggi è totalmente afono, cosa che ha contribuito anche al regolare svolgimento dei lavori. Pertanto, ha chiesto che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della sua dichiarazione di voto. La Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti. Auguriamo all'onorevole Giulietti una pronta guarigione, in modo da poter godere ancora delle sue osservazioni penetranti nel corso dei nostri dibattiti.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bernardini. Ne ha facoltà.

RITA BERNARDINI. Signor Presidente, volevo brevemente - anche perché non ho tempo - fare questa dichiarazione di voto che è sicuramente per la fiducia al Governo. Però vorrei segnalare al Governo stesso che in questo provvedimento manca una cosa. Manca sicuramente l'anagrafe pubblica degli eletti e dei nominati. Ci sono delle proposte di legge depositate dalla delegazione dei Radicali in questo senso. Una porta la firma del mio collega Beltrandi, un'altra porta la mia firma mentre la prima firma è dell'onorevole Albonetti.

Dico questo perché siete voi Governo a dirlo, visto che lunedì prossimo presenterete il rapporto del Governo sulla corruzione in Italia, quindi siamo in tema. In questo rapporto proponete che chiunque ricopra una carica elettiva dovrà rendere pubblico il proprio patrimonio e le proprie ricchezze prima, durante e dopo il mandato.

Signora Ministra, io le avevo consegnato un articolato su questo, sull'anagrafe patrimoniale degli eletti e (mi auguro) dei nominati da mettere online, quando mi ricevette insieme a Marco Pannella. Evidentemente ha ritenuto di non doverla inserire in questo provvedimento e mi ha auguro che in questo scorcio di legislatura la normativa possa essere approvata (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia.

A questo punto debbo però fare una osservazione. Mi spiace che non sia in Aula l'onorevole Zeller. Mi sono fatto portare il resoconto della seduta e, in effetti, l'onorevole Zeller ha detto alcune cose che ho il dovere di precisare. Gli accordi De Gasperi-Gruber del 1946 e anche il pacchetto del 1969 non conferiscono all'Austria alcun diritto di tutela rispetto alla minoranza di lingua tedesca che vive in Italia e la tutela dei loro diritti è affidata interamente, come quella dei diritti di ogni cittadino italiano, alle protezioni previste dall'ordinamento italiano.

Pretese in questo senso non sono state mai accettate dal Governo italiano e, quindi, si può dire quello che ha detto il Capo del Governo, Monti, senza che questo significhi né ignorare la storia e neanche i basilari principi di diritto internazionale. All'interno dei confini italiani la tutela dei diritti dei cittadini italiani è affidata all'ordinamento italiano.

Questo vale per quelli che sono di lingua madre italiana e per quelli che sono di lingua madre tedesca. L'Austria è un grande Paese amico, particolarmente caro al mio cuore per mille ragioni della mia biografia personale, ma questa è la realtà dei fatti, che avevo l'obbligo di rimettere in chiaro.

MAURIZIO FUGATTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAURIZIO FUGATTI. Signor Presidente, intervengo su quello che lei ha appena detto perché, credo, che l'onorevole Zeller, che adesso non è presente, al di là delle questioni del patto De Gasperi-Gruber e dei diritti o meno austriaci, volesse sottolineare una situazione molto semplice: quello che ha fatto e sta facendo questo Governo contro le autonomie speciali - siano esse del Nord o del Sud - non lo ha mai fatto nessun altro Governo.

Le autonomie speciali hanno uno statuto di autonomia, che, lei sa, ha una valenza costituzionale. In ogni provvedimento di questo Governo il rimando alla tutela dello statuto di autonomia non c'è mai, mentre c'è sempre stato con tutti gli altri Governi, siano essi stati di centrodestra o di centrosinistra.

Io credo che le parole dell'onorevole Zeller vadano lette in quella maniera e sono parole che noi condividiamo.

PRESIDENTE. Onorevole Fugatti, questa è una valutazione politica a cui lei ha tutto il diritto e, ovviamente, ha tutto il diritto anche l'onorevole Zeller. Come Presidente di questa Assemblea, avevo soltanto l'obbligo di rimettere in chiaro un'altra questione, che attiene alla sovranità dello Stato italiano.

Poiché la Conferenza dei presidenti di gruppo ha stabilito che la votazione per appello nominale avrà inizio alle ore 20, sospendo la seduta fino a tale ora.

 

La seduta, sospesa alle 19,30, è ripresa alle 20.

 

(Votazione della questione di fiducia - Articolo 1 - A.C. 4434-B)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione della questione di fiducia.

Indìco la votazione per appello nominale sull'articolo 1, nel testo delle Commissioni, identico a quello approvato dal Senato, sulla cui approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, il Governo ha posto la questione di fiducia.

Per agevolare le operazioni di voto, invito i deputati ad avvicinarsi al banco della Presidenza seguendo il proprio turno di votazione, che è evidenziato sul tabellone elettronico, evitando quindi di stazionare nell'emiciclo e di rendere così più difficoltosa l'espressione del voto.

Avverto che la Presidenza ha accolto alcune richieste di anticipazione del turno di voto di deputati appartenenti ai vari gruppi, che ne hanno fatto motivata richiesta per gravi ragioni personali o per impegni legati alla loro carica.

Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.

(Segue il sorteggio).

La chiama avrà inizio dall'onorevole Lulli.

Invito dunque i deputati segretari a procedere alla chiama.

(Segue la chiama).

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 20,03)

(Segue la chiama).

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE (ore 20,05)

(Segue la chiama).

 

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione dell'articolo 1, nel testo delle Commissioni, identico a quello approvato dal Senato, sulla cui approvazione, senza emendamenti e articoli aggiuntivi, il Governo ha posto la questione di fiducia:

Presenti 549

Votanti 536

Astenuti 13

Maggioranza 269

Hanno risposto 460

Hanno risposto no 76

(La Camera approva - Vedi votazioni).

Si intendono così respinte tutte le proposte emendative riferite all'articolo 1.

Hanno risposto sì:

Abelli Gian Carlo
Abrignani Ignazio
Adinolfi Mario
Adornato Ferdinando
Agostini Luciano
Albini Tea
Albonetti Gabriele
Alfano Angelino
Alfano Gioacchino
Amici Sesa
Angelucci Antonio
Aracu Sabatino
Argentin Ileana
Baccini Mario
Bachelet Giovanni Battista
Baldelli Simone
Barani Lucio
Barbareschi Luca Giorgio
Barbaro Claudio
Barbi Mario
Barbieri Emerenzio
Baretta Pier Paolo
Bellanova Teresa
Bellotti Luca
Beltrandi Marco
Benamati Gianluca
Bernardini Rita
Bernardo Maurizio
Bernini Anna Maria
Berretta Giuseppe
Bertolini Isabella
Biancofiore Michaela
Biasotti Sandro
Biava Francesco
Bindi Rosy
Binetti Paola
Bobba Luigi
Bocchino Italo
Bocci Gianpiero
Boccia Francesco
Bocciardo Mariella
Boccuzzi Antonio
Boffa Costantino
Bonaiuti Paolo
Bonavitacola Fulvio
Bonciani Alessio
Bongiorno Giulia
Bordo Michele
Bosi Francesco
Bossa Luisa
Braga Chiara
Brancher Aldo
Brandolini Sandro
Bratti Alessandro
Bressa Gianclaudio
Brunetta Renato
Bruno Donato
Bucchino Gino
Buonfiglio Antonio
Burtone Giovanni Mario Salvino
Buttiglione Rocco
Calabria Annagrazia
Calderisi Giuseppe
Calgaro Marco
Calvisi Giulio
Cambursano Renato
Cannella Pietro
Capano Cinzia
Capitanio Santolini Luisa
Capodicasa Angelo
Cardinale Daniela
Carella Renzo
Carfagna Maria Rosaria
Carlucci Gabriella
Carra Enzo
Carra Marco
Casero Luigi
Casini Pier Ferdinando
Cassinelli Roberto
Castagnetti Pierluigi
Castellani Carla
Catone Giampiero
Causi Marco
Cavallaro Mario
Cazzola Giuliano
Ceccacci Rubino Fiorella
Cenni Susanna
Centemero Elena
Cera Angelo
Ceroni Remigio
Cesa Lorenzo
Cesario Bruno
Cesaro Luigi
Ciccanti Amedeo
Cicchitto Fabrizio
Ciccioli Carlo
Cicu Salvatore
Cilluffo Francesca
Ciriello Pasquale
Codurelli Lucia
Colaninno Matteo
Colombo Furio
Colucci Francesco
Commercio Roberto Mario Sergio
Compagnon Angelo
Concia Anna Paola
Consolo Giuseppe
Conte Gianfranco
Conte Giorgio
Contento Manlio
Corsini Paolo
Coscia Maria
Cosentino Nicola
Cosenza Giulia
Cossiga Giuseppe
Costa Enrico
Craxi Stefania Gabriella Anastasia
Crimi Rocco
Crolla Simone Andrea
Cuomo Antonio
Cuperlo Giovanni
D'Alema Massimo
Dal Moro Gian Pietro
Damiano Cesare
D'Anna Vincenzo
D'Antona Olga
D'Antoni Sergio Antonio
De Biasi Emilia Grazia
De Camillis Sabrina
De Corato Riccardo
De Girolamo Nunzia
Delfino Teresio
Della Vedova Benedetto
Dell'Elce Giovanni
Del Tenno Maurizio
De Luca Francesco
De Micheli Paola
De Nichilo Rizzoli Melania
De Pasquale Rosa
De Poli Antonio
De Torre Maria Letizia
Di Biagio Aldo
Di Cagno Abbrescia Simeone
Di Caterina Marcello
Di Centa Manuela
D'Incecco Vittoria
Dionisi Armando
D'Ippolito Vitale Ida
Di Virgilio Domenico
Duilio Lino
Esposito Stefano
Fabbri Luigi
Faenzi Monica
Farina Gianni
Farina Renato
Farina Coscioni Maria Antonietta
Farinone Enrico
Fedi Marco
Ferranti Donatella
Ferrari Pierangelo
Fiano Emanuele
Fiorio Massimo
Fioroni Giuseppe
Fitto Raffaele
Fluvi Alberto
Fogliardi Giampaolo
Fontana Gregorio
Fontanelli Paolo
Formichella Nicola
Formisano Anna Teresa
Foti Antonino
Foti Tommaso
Franceschini Dario
Frassinetti Paola
Frattini Franco
Froner Laura
Fucci Benedetto Francesco
Galati Giuseppe
Galletti Gian Luca
Galli Daniele
Garagnani Fabio
Garavini Laura
Garofalo Vincenzo
Garofani Francesco Saverio
Gasbarra Enrico
Gatti Maria Grazia
Gava Fabio
Gelmini Mariastella
Genovese Francantonio
Gentiloni Silveri Paolo
Ghiglia Agostino
Ghizzoni Manuela
Giachetti Roberto
Giacomelli Antonello
Giacomoni Sestino
Gibiino Vincenzo
Ginefra Dario
Ginoble Tommaso
Giovanelli Oriano
Girlanda Rocco
Giro Francesco Maria
Gnecchi Marialuisa
Golfo Lella
Gottardo Isidoro
Gozi Sandro
Granata Benedetto Fabio
Grassi Gero
Graziano Stefano
Guzzanti Paolo
Holzmann Giorgio
Iannarilli Antonello
Iannuzzi Tino
Iapicca Maurizio
Jannone Giorgio
Laboccetta Amedeo
Laffranco Pietro
La Forgia Antonio
Laganà Fortugno Maria Grazia
Lainati Giorgio
La Loggia Enrico
La Malfa Giorgio
Landolfi Mario
Lanzillotta Linda
Laratta Francesco
La Russa Ignazio
Lazzari Luigi
Lenzi Donata
Leo Maurizio
Leone Antonio
Letta Enrico
Levi Ricardo Franco
Libè Mauro
Lisi Ugo
Lo Moro Doris
Lorenzin Beatrice
Losacco Alberto
Lovelli Mario
Lulli Andrea
Lunardi Pietro
Lupi Maurizio
Lusetti Renzo
Madia Maria Anna
Malgieri Gennaro
Mantini Pierluigi
Mantovano Alfredo
Maran Alessandro
Marantelli Daniele
Marcazzan Pietro
Marchi Maino
Marchignoli Massimo
Marchioni Elisa
Margiotta Salvatore
Mariani Raffaella
Marinello Giuseppe Francesco Maria
Marini Cesare
Marrocu Siro
Marsilio Marco
Martella Andrea
Martino Pierdomenico
Mastromauro Margherita Angela
Mattesini Donella
Mazzarella Eugenio
Mazzocchi Antonio
Mazzoni Riccardo
Mazzuca Giancarlo
Melandri Giovanna
Melchiorre Daniela
Melis Guido
Meloni Giorgia
Menia Roberto
Mereu Antonio
Merlo Giorgio
Merlo Ricardo Antonio
Meta Michele Pompeo
Migliavacca Maurizio
Miglioli Ivano
Migliori Riccardo
Milanato Lorena
Milanese Marco Mario
Milo Antonio
Minardo Antonino
Minasso Eugenio
Minniti Marco
Miotto Anna Margherita
Misiani Antonio
Mistrello Destro Giustina
Misuraca Dore
Moffa Silvano
Mogherini Rebesani Federica
Mondello Gabriella
Morassut Roberto
Moroni Chiara
Mosca Alessia Maria
Mosella Donato Renato
Motta Carmen
Mottola Giovanni Carlo Francesco
Murer Delia
Murgia Bruno
Muro Luigi
Naccarato Alessandro
Nannicini Rolando
Napoli Angela
Napoli Osvaldo
Narducci Franco
Naro Giuseppe
Nastri Gaetano
Nicolucci Massimo
Nirenstein Fiamma
Nizzi Settimo
Oliverio Nicodemo Nazzareno
Orlando Andrea
Orsini Andrea
Ossorio Giuseppe
Paglia Gianfranco
Palmieri Antonio
Palumbo Giuseppe
Paniz Maurizio
Papa Alfonso
Parisi Arturo Mario Luigi
Parisi Massimo
Patarino Carmine Santo
Pecorella Gaetano
Pedoto Luciana
Pelino Paola
Peluffo Vinicio Giuseppe Guido
Pepe Antonio
Pepe Mario (PD)
Perina Flavia
Pes Caterina
Pescante Mario
Petrenga Giovanna
Pezzotta Savino
Pianetta Enrico
Piccolo Salvatore
Picierno Pina
Pionati Francesco
Pisacane Michele
Pisicchio Pino
Piso Vincenzo
Pistelli Lapo
Pittelli Giancarlo
Pizzetti Luciano
Pizzolante Sergio
Poli Nedo Lorenzo
Polidori Catia
Pollastrini Barbara
Pompili Massimo
Porcu Carmelo
Porta Fabio
Portas Giacomo Antonio
Prestigiacomo Stefania
Proietti Cosimi Francesco
Pugliese Marco
Quartiani Erminio Angelo
Raisi Enzo
Rampelli Fabio
Rampi Elisabetta
Rao Roberto
Ravetto Laura
Razzi Antonio
Realacci Ermete
Recchia Pier Fausto
Repetti Manuela
Ria Lorenzo
Rigoni Andrea
Roccella Eugenia
Romani Paolo
Romele Giuseppe
Ronchi Andrea
Rosato Ettore
Rossa Sabina
Rossi Luciano
Rosso Roberto
Rossomando Anna
Rotondi Gianfranco
Ruben Alessandro
Rubinato Simonetta
Ruggeri Salvatore
Rugghia Antonio
Russo Antonino
Saglia Stefano
Saltamartini Barbara
Sammarco Gianfranco
Samperi Marilena
Sanga Giovanni
Sani Luca
Santagata Giulio
Santori Angelo
Sarubbi Andrea
Savino Elvira
Sbai Souad
Sbrollini Daniela
Scajola Claudio
Scalera Giuseppe
Scalia Giuseppe
Scanderebech Deodato
Scapagnini Umberto
Scarpetti Lido
Scelli Maurizio
Schirru Amalia
Sereni Marina
Servodio Giuseppina
Siliquini Maria Grazia
Simeoni Giorgio
Siragusa Alessandra
Sisto Francesco Paolo
Speciale Roberto
Sposetti Ugo
Stagno d'Alcontres Francesco
Stanca Lucio
Stracquadanio Giorgio Clelio
Strizzolo Ivano
Tabacci Bruno
Taddei Vincenzo
Tanoni Italo
Tassone Mario
Tempestini Francesco
Tenaglia Lanfranco
Terranova Giacomo
Testa Federico
Testa Nunzio Francesco
Testoni Piero
Toccafondi Gabriele
Tocci Walter
Torrisi Salvatore
Tortoli Roberto
Toto Daniele
Touadi Jean Leonard
Trappolino Carlo Emanuele
Traversa Michele
Tullo Mario
Turco Livia
Turco Maurizio
Urso Adolfo
Valducci Mario
Valentini Valentino
Vassallo Salvatore
Vatinno Giuseppe
Vella Paolo
Velo Silvia
Veltroni Walter
Ventucci Cosimo
Ventura Michele
Verdini Denis
Verducci Francesco
Verini Walter
Vernetti Gianni
Vico Ludovico
Vignali Raffaello
Villecco Calipari Rosa Maria
Viola Rodolfo Giuliano
Vitali Luigi
Vito Elio
Zaccaria Roberto
Zampa Sandra
Zamparutti Elisabetta
Zani Ezio
Zinzi Domenico
Zucchi Angelo
Zunino Massimo

Hanno risposto no:

Alessandri Angelo
Allasia Stefano
Barbato Francesco
Belcastro Elio Vittorio
Bianconi Maurizio
Bonino Guido
Borghesi Antonio
Bossi Umberto
Bragantini Matteo
Brugger Siegfried
Buonanno Gianluca
Callegari Corrado
Cavallotto Davide
Chiappori Giacomo
Comaroli Silvana Andreina
Consiglio Nunziante
Crosio Jonny
D'Alessandro Luca
Dal Lago Manuela
D'Amico Claudio
Desiderati Marco
Di Giuseppe Anita
Dima Giovanni
Di Pietro Antonio
Di Vizia Gian Carlo
Donadi Massimo
Dozzo Gianpaolo
Dussin Guido
Evangelisti Fabio
Fabi Sabina
Favia David
Fedriga Massimiliano
Fogliato Sebastiano
Follegot Fulvio
Forcolin Gianluca
Formisano Aniello
Fugatti Maurizio
Gidoni Franco
Giorgetti Giancarlo
Grimoldi Paolo
Iannaccone Arturo
Isidori Eraldo
Lanzarin Manuela
Lussana Carolina
Maggioni Marco
Meroni Fabio
Messina Ignazio
Molteni Laura
Molteni Nicola
Monai Carlo
Montagnoli Alessandro
Munerato Emanuela
Mura Silvana
Negro Giovanna
Paladini Giovanni
Palagiano Antonio
Palomba Federico
Paolini Luca Rodolfo
Pastore Maria Piera
Piffari Sergio Michele
Pini Gianluca
Polledri Massimo
Porcino Gaetano
Rainieri Fabio
Reguzzoni Marco Giovanni
Rivolta Erica
Rondini Marco
Rota Ivan
Scilipoti Domenico
Simonetti Roberto
Togni Renato Walter
Torazzi Alberto
Vanalli Pierguido
Volpi Raffaele
Zazzera Pierfelice
Zeller Karl

Si sono astenuti:

Aracri Francesco
Bergamini Deborah
Castiello Giuseppina
Catanoso Basilio
Crosetto Guido
Giulietti Giuseppe
Lehner Giancarlo
Mancuso Gianni
Martino Antonio
Moles Giuseppe
Nicco Roberto Rolando
Nola Carlo
Pili Mauro

Sono in missione:

Antonione Roberto
Boniver Margherita
Caparini Davide
Cirielli Edmondo
Fallica Giuseppe
Fava Giovanni
Lamorte Donato
Lombardo Angelo Salvatore
Mecacci Matteo
Misiti Aurelio Salvatore
Mussolini Alessandra
Nucara Francesco
Russo Paolo
Stefani Stefano
Stucchi Giacomo
Volontè Luca

 

PRESIDENTE. Avverto che non sarà posto in votazione l'articolo 2, in quanto non modificato dal Senato.

Interrompiamo a questo punto l'esame del provvedimento, che riprenderà nella seduta di domani, a partire dalle ore 9,30.

 

La seduta termina alle 21,05.


 

TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO SULLA QUESTIONE DI FIDUCIA DEL DEPUTATO GIUSEPPE GIULIETTI SUL DISEGNO DI LEGGE N. 4434-B

 

 

GIUSEPPE GIULIETTI. Mi asterrò nel voto di fiducia odierno perché la cosiddetta legge anticorruzione rappresenta, sì, un piccolo passo avanti, ma appare debole, reticente e largamente insufficiente rispetto alle esigenze del momento. In particolare appare incomprensibile la rinunzia alla immediata definizione del «Codice per le candidature».

In questa materia non si possono accettare veto e conflitto d'interesse di alcuna natura.

Ritardi in questa materia rappresentano un forte sostegno a quella che viene chiamata l'anti-politica.

Sarebbero servite altre scelte più coraggiose e di netta rottura con atteggiamenti e metodi che hanno fortemente contribuito a minare la credibilità delle istituzioni e dell'intero sistema politico.

 

 

 


 

RESOCONTO

SOMMARIO e STENOGRAFICO

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712.

 

Seduta di MERCOLedì31 oTTOBRE 2012

 

presidenza del vicepresidente MAURIZIO LUPI

 

 

La seduta comincia alle 9,40.

 

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 2156-B - Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione (Approvato dal Senato, modificato dalla Camera e nuovamente modificato dal Senato) (A.C. 4434-B) (ore 9,44).

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato, modificato dalla Camera e nuovamente modificato dal Senato, n. 4434-B: Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione.

Ricordo che nella seduta di ieri l'Assemblea ha approvato l'articolo 1, nel testo delle Commissioni, identico a quello licenziato dal Senato, sulla cui approvazione, senza emendamenti e articoli aggiuntivi, il Governo aveva posto la questione di fiducia.

Ricordo altresì che l'articolo 2 non è stato posto in votazione, in quanto non modificato dal Senato.

 

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,45).

 

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

 

La seduta, sospesa alle 9,55, è ripresa alle 10,10.

 

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

 

Si riprende la discussione.

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 4434-B)

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 4434-B).

L'onorevole Giachetti ha facoltà di illustrare il suo ordine del giorno n. 9/4434-B/12.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, sarò molto breve. Questo ordine del giorno cerca di sanare un problema con il quale coloro che hanno avuto la possibilità di lavorare sul disegno di legge anticorruzione e, nello specifico, sul tema che riguardava il collocamento fuori ruolo, si sono scontrati. Occorre dare atto ai Ministri, in particolare al Ministro della giustizia, ma anche al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, del fatto che, dopo anni nei quali navigavamo nel buio, perlomeno sono riusciti a portare dei dati all'attenzione del Parlamento. Prima che questo accadesse, nell'anno precedente, abbiamo fatto una lunga discussione sulla base di informazioni raccolte a destra e a sinistra, ma senza dati ufficiali.

Non c'è dubbio che il Ministro Severino e il Ministro Patroni Griffi, portando alcuni dati su nostra richiesta, hanno messo in condizione la Commissione di fare un ragionamento che almeno tenesse conto di quale fosse il fenomeno relativo al tema dei fuori ruolo.

Va anche dato atto - e lo faccio volentieri - al Ministro Severino di avere sicuramente aumentato la possibilità, con una parte dell'integrazione del testo che riguarda anche la possibilità di fare emergere tutta una serie di incarichi che pur venivano svolti, ancorché non in funzione del fuori ruolo, per il Parlamento, ma anche per i cittadini, di verificare quale sia effettivamente lo stato dell'arte dell'impegno dei magistrati contabili, amministrativi, ordinari e militari, oltre che dei procuratori e degli avvocati dello Stato, riguardo a incarichi diversi da quelli che li riguardano dal punto di vista della loro missione.

Detto questo, però, credo che tutti ci siamo resi conto di come tali dati - che ovviamente non hanno elaborato i Ministri, ma che gli sono stati forniti - siano abbastanza incompleti e difficili da verificare, perché sono assemblati in un modo abbastanza confuso.

Signor Presidente, fatte salve le mie considerazioni sulle modifiche che sono state apportate dal Senato rispetto al testo approvato dalla Camera riguardo al «fuori ruolo», l'obiettivo di questo ordine del giorno è di fare in modo che, nel giro di poco tempo, sia almeno possibile avere un quadro complessivo effettivo e soprattutto chiaro di quale sia l'effettiva consistenza di questo fenomeno.

Quindi, ho presentato un ordine del giorno nel quale sostanzialmente si chiede di costituire una banca dati, entro sessanta giorni, che sia consultabile anche attraverso i siti Internet (e quindi da tutti, anche dai cittadini), per verificare non solo quale sia la consistenza complessiva, ma anche singolarmente, per ogni titolare di un incarico fuori ruolo, quale sia lo stato attuale dell'impiego e la durata del suo incarico e, soprattutto, nel corso della sua carriera, quale sia stato l'impiego che c'è stato nei confronti di questo magistrato per incarichi fuori ruolo.

Questo è il senso del mio ordine del giorno, mi auguro che i Ministri competenti e il Governo vogliano accoglierlo e mi riservo una rapida dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di intervenire, invito il rappresentante del Governo a esprimere il parere sugli ordini del giorno presentati.

SAVERIO RUPERTO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Toto n. 9/4434-B/1, a condizione di una riformulazione che espunga il secondo capoverso delle premesse, quello che inizia con le parole «appare, così, opportuno modificare ulteriormente l'articolo 1 (...)», e che, nella parte dispositiva, siano aggiunte le parole: «anche relativamente ai soggetti privati coinvolti nel giudizio di responsabilità dinanzi alla Corte dei conti».

PRESIDENTE. Sta bene. Qual è il parere sull'ordine del giorno Contento n. 9/4434-B/2.

ANTONINO GULLO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Contento n. 9/4434-B/2.

PRESIDENTE. Il parere sull'ordine del giorno Mantini n. 9/4434-B/3.

SAVERIO RUPERTO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Mantini n. 9/4434-B/3.

PRESIDENTE. Il parere sull'ordine del giorno Ferranti n. 9/4434-B/4.

SAVERIO RUPERTO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, il Governo chiede di ritirare l'ordine del giorno Ferranti n. 9/4434-B/4, per riportare all'ordine del giorno Mantini n. 9/4434-B/3, in quanto il termine di 30 giorni è considerato non praticabile dal Governo.

PRESIDENTE. Quindi, vi è un invito al ritiro e, in caso contrario, un parere contrario, giusto?

SAVERIO RUPERTO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Sì, signor Presidente. Inoltre, il Governo esprime sull'ordine del giorno Di Pietro n. 9/4434-B/5 lo stesso parere espresso sull'ordine del giorno Ferranti n. 9/4434-B/4.

PRESIDENTE. Quindi, vi è un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario.

Il parere sull'ordine del giorno Lo Presti n. 9/4434-B/6.

ANTONINO GULLO, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Lo Presti n. 9/4434-B/6, purché riformulato, eliminando, dalle premesse, il quarto capoverso, ossia quello dalle parole: «la depenalizzazione» sino a «bilanci», ed il settimo capoverso, quello dalle parole: «a questo proposito» sino a «corruzione» - quindi integralmente i capoversi quarto e settimo - e riformulando la parte dispositiva nei seguenti termini: «a valutare ogni ulteriore iniziativa utile a contrastare il fenomeno della corruzione, assumendo altresì le iniziative di propria competenza in relazione all'esame dei provvedimenti pendenti in Parlamento in tema di falso in bilancio».

PRESIDENTE. Il parere sull'ordine del giorno Di Biagio n. 9/4434-B/7.

SAVERIO RUPERTO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Di Biagio n. 9/4434-B/7.

PRESIDENTE. Il parere sull'ordine del giorno Granata n. 9/4434-B/8.

SAVERIO RUPERTO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Granata n. 9/4434-B/8, purché riformulato nella parte dispositiva nei termini seguenti: «impegna il Governo ad adottare tempestivamente ulteriori misure di competenza volte a favorire l'applicazione dei principi introdotti dal codice etico di cui in premessa».

PRESIDENTE. Il parere sull'ordine del giorno Scilipoti n. 9/4434-B/9.

SAVERIO RUPERTO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Scilipoti n. 9/4434-B/9.

PRESIDENTE. Il parere sull'ordine del giorno Bernardini n. 9/4434-B/10.

SAVERIO RUPERTO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, il Governo esprime parere contrario sull'ordine del giorno Bernardini n. 9/4434-B/10, in quanto non praticabile perché i limiti della delega non lo consentono.

PRESIDENTE. Il parere sull'ordine del giorno Di Stanislao n. 9/4434-B/11.

SAVERIO RUPERTO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, lo esprimo successivamente.

PRESIDENTE. Passiamo all'ordine del giorno Giachetti n. 9/4434-B/12.

SAVERIO RUPERTO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, il Governo esprime favorevole sull'ordine del giorno Giachetti n. 9/4434-B/12, purché riformulato nel seguente modo: sostituire, nella parte dispositiva, le parole: «il Dipartimento per la pubblica amministrazione e la semplificazione» con le parole: «Presidenza del Consiglio dei ministri» e sostituire le parole: «di colui o colei che viene (...)» con le parole: «magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari che vengono posti fuori ruolo».

PRESIDENTE. Il parere sull'ordine del giorno Giovanelli n. 9/4434-B/13.

SAVERIO RUPERTO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, il Governo esprime parere favorevole sull'ordine del giorno Giovanelli n. 9/4434-B/13.

PRESIDENTE. Allora, il Governo può esprimere il parere sull'ordine del giorno Di Stanislao n. 9/4434-B/11. Onorevole Ferranti, prego di non disturbare.

Pregherei il Governo di esprimere il parere sull'ordine del giorno Di Stanislao n. 9/4434-B/11.

SAVERIO RUPERTO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, il parere sull'ordine del giorno Di Stanislao n. 9/4434-B/11 è favorevole.

PRESIDENTE. Sta bene.

Prendo atto che il presentatore accetta la riformulazione e non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Toto n. 9/4434-B/1, accettato dal Governo, purché riformulato.

Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Contento n. 9/4434-B/2, accettato dal Governo.

Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Mantini n. 9/4434-B/3, accettato dal Governo.

Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'ordine del giorno Ferranti n. 9/4434-B/4, formulato dal Governo.

DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, credo che l'invito al ritiro sia del tutto immotivato e su questo punto noi chiederemmo al Governo di rivedere il suo parere che mi sembra un po' avulso dal contesto reale. Ora, forse la formula: «adottare»è una formula che deve essere rivista, ma lo stesso ordine del giorno è stato sostanzialmente approvato al Senato. Noi lo abbiamo ripreso da quello che è stato approvato in Senato proprio perché si è detto che, poiché la delega nel testo che è rimasto invariato con le varie fiducie deve essere esercitata entro un anno, e siccome esercitare la delega per l'incandidabilità entro un anno sembra uno schiaffo non solo al Parlamento, ma a tutti i cittadini, chiedo al sottosegretario di rivedere il parere. Eventualmente noi siamo disponibili a riformulare l'ordine del giorno in maniera tale che sia possibile esercitare la delega, ma vogliamo che la delega sia esercitata in tempo utile alle prossime elezioni politiche. Quindi, chiedo al Governo di rivedere il suo parere.

PRESIDENTE. Il Governo?

SAVERIO RUPERTO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, il parere è favorevole se si toglie in sostanza il termine dei 30 giorni, ma si consente un termine più ampio per l'esercizio della delega. In questo caso, il parere è favorevole, così come riportato nell'ordine del giorno Mantini n. 9/4434-B/3, cioè senza il termine dei 30 giorni.

PRESIDENTE. Onorevole Ferranti, va bene così? Signor sottosegretario, può leggere la riformulazione proposta?

SAVERIO RUPERTO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, la riformulazione in sostanza è togliere il termine dei 30 giorni, quindi che l'applicazione della nuova normativa sia disposta entro le prossime elezioni politiche generali.

PRESIDENTE. Ricordo che l'ordine del giorno Mantini n. 9/4434-B/3 diceva «con urgenza». Credo che potrebbe essere...

DONATELLA FERRANTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, a proposito del termine, poiché abbiamo indicato nel dispositivo: «voler adottare», quindi ciò vuol dire che deve essere esaurito tutto l'iter, io vorrei proporre: «voler adottare il decreto legislativo in tempo utile per poter consentire l'entrata in vigore e l'applicazione in occasione delle prossime elezioni politiche, regionali e amministrative».

PRESIDENTE. Prendo atto che il Governo è d'accordo sulla riformulazione dell'ordine del giorno Ferranti n. 9/4434-B/4, suggerita dai presentatori, che non insistono per la votazione.

Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'ordine del giorno Di Pietro n. 9/4434-B/5, formulato dal Governo.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, chiedo al Governo che accolga l'ordine del giorno Di Pietro n. 9/4434-B/5 poiché si tratta esattamente della stessa cosa di cui si è parlato finora, quindi sono sorpreso.

PRESIDENTE. Il Governo?

SAVERIO RUPERTO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, il parere sull'ordine del giorno Di Pietro n. 9/4434-B/5 è favorevole con la stessa riformulazione dell'altro.

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Di Pietro n. 9/4434-B/5, accettato dal Governo, purché riformulato.

Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Lo Presti n. 9/4434-B/6, accettato dal Governo, purché riformulato.

Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Di Biagio n. 9/4434-B/7, accettato dal Governo.

Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Granata n. 9/4434-B/8, accettato dal Governo, purché riformulato.

Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Scilipoti n. 9/4434-B/9, accettato dal Governo.

Chiedo ai presentatori se insistano per la votazione dell'ordine del giorno Bernardini n. 9/4434-B/10, non accettato dal Governo.

RITA BERNARDINI. Signor Presidente, questo ordine del giorno riguarda l'incandidabilità alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali, perché la normativa è notevolmente differente da quella che riguarda le elezioni nazionali ed europee.

Inoltre, riconduce nell'ambito delle ipotesi di incandidabilità, attraverso un'interpretazione che noi riteniamo estensiva del dettato normativo, anche i comportamenti meno gravi tra quelli tipicamente indicati nell'articolo 73 del decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, che riguarda gli stupefacenti. Si tratta di condotte, cioè, che nulla hanno a che fare con la produzione o il traffico di sostanze stupefacenti, le sole che sono state presuntivamente e ragionevolmente ricollegate dal legislatore all'attività della criminalità organizzata e che nulla hanno a che fare con eventuali infiltrazioni appunto della criminalità stessa negli enti locali.

Quindi, non si capisce perché persista questa ipotesi di incandidabilità e non ci sembra adeguata la risposta del Governo che afferma che questo ordine del giorno, che pure è stato ammesso, non è praticabile per i limiti della delega, che non consentirebbero questo tipo di intervento, quando sappiamo che nella delega è previsto un intervento per armonizzare tutta la legislazione riguardante l'incandidabilità.

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori insistono per la votazione dell'ordine del giorno Bernardini n. 9/4434-B/10 non accettato dal Governo.

Passiamo ai voti.

Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Bernardini n. 9/4434-B/10, non accettato dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Leo, Mantini...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 464
Votanti 458
Astenuti 6
Maggioranza 230
Hanno votato
8
Hanno votato
no 450).

Prendo atto che i deputati Scanderebech, Calvisi, Zinzi e Cosenza hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario e che il deputato Cambursano ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.

Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Di Stanislao n. 9/4434-B/11, accettato dal Governo.

Chiedo al presentatore se accetti la riformulazione dell'ordine del giorno Giachetti n. 9/4434-B/12, accettato dal Governo, purché riformulato.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, a me la riformulazione va bene. Mi permetterei di fare presente al Governo che, quando ha citato la sostituzione delle parole: «di colui o colei (...)» con il riferimento ai magistrati vari, non ha citato gli avvocati e i procuratori dello Stato. Volevo sapere se è una decisione voluta. Per me è uguale, però credo che dovrebbero rientrare, considerato che stanno in tutta la categoria dei fuori ruolo.

PRESIDENTE. Il Governo?

SAVERIO RUPERTO, Sottosegretario di Stato per l'interno. Signor Presidente, va bene, sì, anche avvocati e procuratori dello Stato.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, però le chiedo - e chiarisco al Governo che lo chiedo per dare più forza al Governo stesso, che so perfettamente avrà grande difficoltà, perché non dipende solo da lui poter mettere in piedi una banca dati che, per varie ragioni, altri soggetti non aiutano certo e collaborano a fare - che, a questo fine, vi sia un voto dell'Aula perché questo parere favorevole del Governo sia rafforzato anche da un voto dell'Assemblea.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Giachetti n. 9/4434-B/12, nel testo riformulato, accettato dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 468
Votanti 462
Astenuti 6
Maggioranza 232
Hanno votato
462).

Prendo atto che l'onorevole Giovanelli non insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/4434-B/13, sul quale il Governo ha espresso parere favorevole.

È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

 

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 4434-B)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Belcastro. Ne ha facoltà per due minuti.

ELIO VITTORIO BELCASTRO. Signor Presidente, intervengo molto brevemente, anche per il tempo che mi è concesso, per dire che noi voteremo questo provvedimento, nonostante ieri abbiamo votato contro la fiducia a questo Governo, anche se si tratta di un provvedimento assolutamente incompleto e assolutamente non idoneo a rimediare alle problematiche di una corruzione dilagante su tutto il territorio nazionale ed a maggior ragione su quei territori dove lo Stato è inidoneo a fronteggiare la criminalità organizzata, dove lo Stato si è rivelato inidoneo rispetto a tutto ciò che ha contribuito a creare condizioni di non agibilità democratica.

Mi si dice anche che, nelle ultime elezioni siciliane, c'è stata una compravendita di voti e i prezzi sono fortemente lievitati, addirittura mi si dice che un voto è stato pagato 300 euro. In Calabria, alle scorse elezioni, al massimo si era arrivati a 70 euro. Allora, se lo Stato non pone rimedio a questo con leggi rigorosissime, se si consente a gente che fa la politica di investire per guadagnare nella politica, io dico che lo Stato non c'è.

PRESIDENTE. Onorevole Belcastro, la prego di concludere.

ELIO VITTORIO BELCASTRO. È questo il motivo per cui io chiedo al Ministro, a questo Parlamento e ai partiti politici che hanno avuto un segnale forte da queste ultime elezioni, di porre rimedio a quello che sta accadendo e a un'Italia che va a rotoli.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mario Pepe (Misto-R-A). Ne ha facoltà per tre minuti.

MARIO PEPE (Misto-R-A). Signor Presidente, preannunzio il voto favorevole a questo provvedimento, perché in un momento non facile della nostra vita nazionale un filo rosso unisce l'Italia, del nord e del sud. Queste due «Italie» diverse, economicamente disuguali, sono unite dal fenomeno della corruzione generalizzata, che è presente al nord come al sud. Gli scandali che hanno coinvolto le istituzioni regionali hanno scavato un solco più profondo tra cittadini e la politica, come hanno dimostrato le ultime elezioni siciliane in cui il 53 per cento ha disertato le urne.

Cari colleghi, il tempo delle chiacchiere è finito. Gli slogan e le parole d'ordine che ci siamo detti urlando in questi anni perdono ogni significato ed efficacia perché la gente è impermeabile a qualsiasi discorso. È tempo di riflettere in silenzio, osservando una specie di «ramadan della parola» e agire - sì agire - perché tocca ancora a questo Parlamento fare qualcosa. Tocca a questo Parlamento assediato e vilipeso fare qualcosa per il Paese, perché mi riferisco alla legge elettorale. Le elezioni siciliane consegnano ai partiti un avvertimento: i partiti tornino ad essere strumento nelle mani dei cittadini e non i cittadini strumento nelle mani dei partiti.

Se in questi ultimi mesi di legislatura riusciremo a fare una legge elettorale che restituisca rispettabilità al Parlamento e non consegni il Paese al caos dell'ingovernabilità, potremo dire che il nostro passaggio in quest'Aula non sarà stato inutile. Per questo annuncio il voto favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Repubblicani-Azionisti).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pisicchio. Ne ha facoltà per tre minuti.

PINO PISICCHIO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signora Ministro, ieri nella dichiarazione di voto sulla questione di fiducia abbiamo avuto modo di sottolineare quanto il disegno di legge sull'anticorruzione possa interpretare un sentimento di attesa da parte dei cittadini, attesa che la politica compia un gesto di virtuosa controtendenza e, per ciò stesso, carico di significato.

Poiché al di là dei necessari adempimenti sul piano degli impegni internazionali, al di là della struttura normativa del provvedimento, che pure introduce e riconsidera fattispecie penali emblematiche, al di là persino del giudizio di insufficienza o di straripamento, che abbiamo potuto ascoltare in quest'Aula e anche fuori, una cosa appare certa: l'approvazione della legge, da parte del Parlamento, rappresenta oggi un passo concreto nella direzione dell'uscita del nostro Paese dalla black list delle nazioni corrotte.

Onorevoli colleghi, non vi è soluzione di continuità tra crisi della politica, crisi delle istituzioni, crisi dell'economia e presenza endemica dell'anticultura dell'illegalità nel nostro Paese e, in modo particolare, nella scena pubblica. È questo clima che soffoca le imprese, che alimenta fuori dall'Italia la percezione, anche al di là della giusta misura, che fare investimenti qui da noi è una causa perduta. È questo clima che avvelena i pozzi della politica, allontanando la gente dalla democrazia ed esponendola alle trappole di tutti i populismi, siano essi vestiti in doppio petto o proposti con il gesto caricaturale di qualche teatrante.

Vi è un articolo della nostra Costituzione, onorevoli colleghi, un po' dimenticato, un po' caduto in desuetudine, che basterebbe a dare senso a questo provvedimento. È l'articolo 54, che al secondo comma dice: «I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore (...)». Dunque, tutti i pubblici ufficiali, impiegati dello Stato ed eletti nelle istituzioni rappresentative della volontà popolare hanno il dovere di servire lo Stato con disciplina ed onore, con competenza e rettitudine, con consapevolezza ed onestà. Parole desuete anche queste, parole che la politica ha consumato a tal punto da svuotarle di ogni significato, ma parole che rappresentano la base per ogni ripartenza di una democrazia, di una civiltà, parole che possono sconfiggere tutti i cattivi personaggi da fumetto che hanno attraversato la vita pubblica del nostro Paese negli ultimi anni.

Certo, il provvedimento avrebbe potuto contenere ancora altre fattispecie, che attendono ancora puntuale regolazione. Pensiamo al falso in bilancio, all'incandidabilità per i condannati, alla prescrizione dei reati corruttivi, all'autoriciclaggio. Ma vi sarà modo, nelle prossime settimane, di lavorare anche su questi temi. Ciò che conta, oggi, è approvare questo provvedimento, emblema di una svolta.

È con queste forte ragioni che i deputati di Alleanza per l'Italia dichiarano il loro voto favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alleanza per l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Siliquini. Ne ha facoltà.

MARIA GRAZIA SILIQUINI. Signor Presidente, ringrazio il Governo e il Ministro per il lavoro svolto. Voglio evidenziare, in maniera sommaria, alcuni passaggi, e consegnerò poi, invece, il testo scritto del mio intervento, che è più completo e preciso su temi così delicati.

Credo, signor Presidente, che abbiamo fatto un bel pezzo di strada, abbiamo fatto un bel pezzo di lavoro. Do atto al Ministro che ha cercato sicuramente di mediare posizioni difficili e contrastanti, obiettivamente. Noi abbiamo contribuito - e penso che ci verrà anche dato atto di questo - in maniera costruttiva, con degli emendamenti volti a migliorare la fattispecie, soprattutto in quella parte della fattispecie penale prevista negli ultimi articoli del testo del provvedimento su cui abbiamo già votato la fiducia - e lo evidenzio - e che ci accingiamo a votare senza, però, poterci esimere da quelle osservazioni o considerazioni critiche sotto l'aspetto puramente penale che, comunque, servono per indirizzare una futura attività del Parlamento a fare norme eventualmente integrative o eventualmente necessarie là dove vi fossero delle lacune.

Quindi, direi che in questo provvedimento vi sono delle luci e vi sono delle ombre. Le luci sono soprattutto riferite al fatto che, come ho detto, abbiamo fatto un passo avanti nei confronti di quelli che, secondo me, sono i principi essenziali su cui si può muovere una democrazia e, quindi, il nostro Paese Italia, che stiamo cercando, tutti insieme, di portare avanti.

I tre cardini principali sono la legalità, la trasparenza e la meritocrazia, che sono le nostre guide, in base alle quali questo provvedimento cerca di portare avanti il Paese. Quindi, mai avremmo potuto - anche se riteniamo certe norme migliorabili e perfettibili - non dare questa spinta in avanti al corpo legislativo dell'Italia proprio per stare dietro a questi principi che, altrimenti, ci portano indietro a livello internazionale ed europeo. Abbiamo dei problemi economici seri, abbiamo dei problemi di raffronto nell'ambito di una platea internazionale che ci sta a guardare e credo che quindi sia giusto che oggi, tutti insieme, votiamo questo provvedimento e facciamo questo passo avanti. Questo è lo spirito con cui ci accingiamo a votare.

Non possiamo però non dire, in brevissimo tempo - poi consegnerò il testo della mia dichiarazione di voto - che questo provvedimento non nasce oggi, questo provvedimento è nato a maggio del 2010, quando l'ex Guardasigilli, Alfano, depositò alla Presidenza del Senato della Repubblica il provvedimento che oggi, dopo un lungo iter, andiamo a completare. Infatti, tutto nasce addirittura nel 1999 - lo sappiamo -, cioè dalla Convenzione europea, e quindi voglio dare atto al nostro ex Ministro Guardasigilli di aver voluto avviare e portare avanti questo iter con un suo atto di impulso preciso, determinato e chiaro. Poi la storia d'Italia ha visto evoluzioni diverse ed oggi il Parlamento completa quel percorso dopo il lavoro che abbiamo fatto.

Le ombre. Le ombre, signor Ministro, sono quelle già scritte negli emendamenti e quindi non c'è nulla di nuovo, però voglio sottolinearlo ai colleghi dell'Aula: sicuramente, noi abbiamo a che fare con i reati contro la pubblica amministrazione, e già quando si parla di reato c'è tutta una complessità che richiede una condotta precisa, un dolo intenzionale e una - chiamiamola maggiore - rigidità nell'indicazione dei confini, perché si deve stabilire quando un fatto passa dal lecito all'illecito penale e quindi non si tratta solo di un fatto eticamente censurabile, ma di quello che passa davanti al procuratore della Repubblica e, prima o poi, davanti ad un organo giudicante. Quindi, questo passaggio andrà nel futuro, secondo me, meglio previsto e meglio corretto soprattutto in ordine ad alcuni articoli nuovi, che sono stati successivamente inseriti e che riguardano l'articolo 317 del codice penale, ossia la concussione, l'articolo 318, ossia la corruzione, l'articolo 346, ossia il traffico di influenze illecite ed il 346-bis. Vorrei ricordare a noi stessi - come si usa dire - che la determinatezza della fattispecie e della condotta è un punto previsto dalla Carta costituzionale, che non possiamo superare o sorpassare. Questa determinatezza, per cui bisogna circoscrivere i confini della condotta criminosa, funge da guida non solo al comportamento del cittadino, che deve sapere fino a dove si può spingere e la soglia oltre la quale non può andare perché altrimenti riceverà un'informazione di garanzia, ma deve servire anche perché il cittadino sia messo al riparo da interpretazioni fantasiose che talora alcuni magistrati a caso possono eventualmente svolgere se la norma non è particolarmente cogente, se la norma non è particolarmente descrittiva e prescrittiva. Quindi, è una doppia tutela semplicemente quella che indico che forse andava più assolta.

Quindi, di conseguenza, oltre alla determinatezza della pena, vorrei sottolineare che noi avevamo presentato un emendamento chiedendo che il dolo fosse ben previsto come intenzionale perché, su questa materia scivolosa, una materia dove si può franare su aspetti che riguardano la pubblica amministrazione complicata, la politica che ci si infila dentro condotte di ogni genere - ne abbiamo viste purtroppo, e dico purtroppo, troppe - nel momento in cui vogliamo giustamente stabilire dei principi rigorosi e introdurre nuove norme che sicuramente vadano meglio a sanzionare delle condotte che non vogliamo più vedere nel nostro Paese, questo andrà fatto prevedendo però una struttura della norma non aperta, ma più chiusa, un dolo non eventuale o di altro genere, ma fortemente ancorato all'intenzionalità, perché, altrimenti, lasciamo i cittadini esposti a quelle che possono essere - lo dico prima - le eventuali interpretazioni che poi magari in primo grado portano a serie e gravi condanne - ed è storia di tutti i giorni nel nostro Paese - che poi la Corte d'appello magari riduce o cambia e poi magari la Corte di cassazione o annulla per sempre tali sentenze o le annulla con rinvio.

La storia d'Italia è piena di questi processi, in tutti i campi, allora forse - questa era la mia sommessa proposta - era necessaria quella di stabilire un maggiore criterio di fermezza sul dolo intenzionale. Ultima, la distribuzione della pena più graduata, differenziata a seconda dei vari tipi di reato. Io capisco che è giusto farla questa legge, ma forse andava - e comunque dovrà essere fatto dopo - meglio prevista come una singola fattispecie sia collegabile ad una pena più piccola, un'altra ad una pena più grande, quindi suddividendo ovviamente, ad esempio, tra il tentativo e la consumazione, tra reato semplice e reato aggravato, a prescindere dalle aggravanti generali, ma proprio tipicizzato su questi reati che oggi stiamo esaminando, forse bisognerebbe aver dovuto dosare le sanzioni in maniera corrispondente all'obiettivo di valore del reato connesso, perché questa è la funzione della norma.

Ricordiamo ad esempio che i pubblici ufficiali sono diversi per funzione rispetto agli incaricati di pubblico servizio, devono avere quindi una maggiore responsabilità nel caso di violazione dei rispettivi doveri, quindi doveva essere prevista, ad esempio sempre, una pena decisamente diversa tra la condotta messa in atto dall'incaricato di pubblico servizio e quella messa in atto dal pubblico ufficiale. Ho voluto solo fare degli esempi, sono tutti problemi che richiedono un intervento ulteriore di maggiore lavoro proprio ai fini di dare la doppia tutela, la tutela alla società, che non vengano più commessi reati di questo genere nella pubblica amministrazione, quindi tutela con - giustamente, e le voteremo - nuove previsioni di reato, ma contemporaneamente, insieme, io mi sarei aspettata un po' di più e lavoreremo per farlo in futuro, una maggiore tutela anche dei cittadini tutti, quelli onesti, che per fortuna credo siano la maggioranza in questo Paese, perché altrimenti, Ministro, mi permetto di dirle da collega avvocato, lei lo sa, si aprono, anche se noi non lo vogliamo, delle voragini interpretative...

PRESIDENTE. Onorevole Siliquini, la invito a concludere.

MARIA GRAZIA SILIQUINI. Signor Presidente, mi avvio alla conclusione. Noi vogliamo che non avvenga, per cui voteremo, ma con queste precisazioni di carattere assolutamente garantistico (Applausi dei deputati del gruppo Popolo e Territorio).

Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale della mia dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Onorevole Siliquini, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Pietro. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, l'Italia dei Valori, come il Ministro già sa, ha votato «no» alla fiducia ed ancor più convintamente esprime il proprio voto contrario nel merito di questo provvedimento. Prima di entrare nel merito però, mi sia permesso fare qui, in questa sede, una denuncia politica. Lo stesso Ministro ha detto nei giorni scorsi pubblicamente che trattasi di un compromesso politico fra le forze politiche che appoggiano questo Governo e che trattasi di un provvedimento chiamato anticorruzione, ma che è stato formulato in questo modo perché altrimenti le forze politiche non lo avrebbero approvato. Quindi, è lo stesso Ministro che disconosce la qualità di questo provvedimento, che viene fatto semplicemente per indurre in errore l'opinione pubblica e far credere che stiamo qui emanando un provvedimento anticorruzione per rispondere alle osservazioni, alle indicazioni e alle prescrizioni che ci ha dato l'Unione europea con la Convenzione internazionale di Strasburgo.

Facciamo una denuncia politica perché quando si chiede un voto di fiducia, il voto di fiducia si chiede su quel che il Governo ritiene giusto e necessario fare per contrastare la corruzione, invece il Governo chiede il voto di fiducia su quel che è un compromesso politico, quindi non chiede un voto di fiducia per sé, ma il Parlamento in questo momento ha dato un voto di fiducia a sé stesso, e non all'operato del Governo, in ciò dimostrando ancora una volta il ricorso abnorme, il ricorso poco corretto che si è fatto a questo istituto.

Intendiamo denunciare qui in modo chiaro il fatto che sia avvenuta una trattativa su un provvedimento così delicato, quale il provvedimento anticorruzione, e che la trattativa abbia portato ad un provvedimento che nel merito è chiaramente al ribasso, perché non combatte la corruzione né combatte i reati contro la pubblica amministrazione, ma nel merito è pro corruzione ed aiuta ancora di più i corrotti e i corruttori. Quel che affermiamo è tanto vero che fa impressione ascoltare i colleghi che hanno preso e prendono la parola in questo Parlamento per dire che questo provvedimento andava fatto in modo diverso, eppure lo votano lo stesso, senza comprendere la ragione per cui si poteva fare e andava fatto in un modo diverso e non è stato fatto in questo Parlamento in questo momento. Questa idea di far passare un provvedimento per quel che non è un artifizio e un raggiro per indurre gli italiani in errore e far credere che questo Parlamento finalmente prende delle decisioni che doveva prendere dagli inizi degli anni Novanta, ma che ancora non prende e non ha preso.

Volendo entrare ora nel merito, vorrei soltanto ricordare alcuni errori gravi contenuti in questo provvedimento: innanzitutto l'eliminazione del reato della concussione per induzione. Come ci hanno insegnato a scuola, la concussione è il reato del politico e del pubblico ufficiale - lo è anche dell'incaricato di pubblico servizio e adesso non si capisce per quale ragione questa figura sia stata tolta - che con violenza o minaccia induce il privato a concedere delle somme di denaro o altra utilità. Ebbene, non si è mai visto nella storia giudiziaria italiana un reato di concussione per violenza, perché non si è mai visto un politico prendere a martellate, a botte o a cazzotti un imprenditore per farsi dare i soldi; non si è mai visto un procedimento penale per concussione per minaccia, perché non si è mai visto un pubblico ufficiale o un amministratore pubblico mettere la pistola alla tempia per farsi dare i soldi da un privato. Si è sempre vista, invece, la concussione per induzione, cioè quel modo di fare e di comportarsi del pubblico ufficiale, del politico e dell'amministratore pubblico che, senza parlare, fischiettando, girandosi dall'altra parte, chiudendo la pratica e non rispondendo al telefono, mette il privato in condizioni tali per cui non può che ridursi ad accettare una proposta che non ha più neanche bisogno di essere formulata per essere imposta. Questa, fino a ieri e fino ad oggi, si chiamava concussione per induzione ed era il reato tipico dei procedimenti che hanno invaso decine e decine di procure della Repubblica in questi vent'anni di storia giudiziaria italiana.

Ebbene, questo reato è stato eliminato, e allora è ovvio che non può chiamarsi anticorruzione un provvedimento che invece aiuta i pubblici ufficiali e gli amministratori a commettere fatti ancora più gravi. Così come noi contestiamo nel merito il fatto che non si sia intervenuti alla radice attraverso il ripristino del reato di falso in bilancio, delle modalità con cui venivano e vengono formate le provviste per pagare le corruzioni, le concussioni e quant'altro. Fino a quando non si ripristina il falso in bilancio, è ovvio che non si interviene a monte su come viene formata la provvista, perché non è che l'imprenditore, quando paga una tangente, la prende dalla tasca propria; la fa uscire dall'azienda come una spesa dell'impresa e la fa uscire attraverso la falsificazione dei bilanci. Il Governo Berlusconi aveva eliminato apposta questa norma, proprio per giustificare comportamenti diretti del Presidente del Consiglio, che sul falso in bilancio ci ha giocato molto. Il Governo tecnico ci dice oggi che ha dovuto trovare un compromesso politico, altrimenti questa riforma non gli veniva approvata, e che nel compromesso politico ha previsto la non reintroduzione del falso in bilancio. Noi chiamiamo questo non compromesso politico, ma chiamiamo questo coinvolgimento politico; chiamiamo questa complicità politica nel mantenere questo provvedimento pro corruzione.

Noi riteniamo che sia stato e sia un errore grave avere previsto una riduzione della repressione penale - e non un aumento -, perché è vero che è stato previsto il traffico di influenze private, ma, addirittura, con una punibilità inferiore a quella del millantato credito. Vale a dire, se solo ci riflettete, che, se una persona millanta suoi interventi presso un pubblico ufficiale, viene condannata a quattro anni, ma, se lo fa veramente, solo a tre anni.

Anche questo ci sembra un'assurdità, ma capiamo le ragioni per cui è stato fatto: si vogliono evitare le intercettazioni telefoniche, si vuole evitare che su questo tipo di reati si possa intervenire con mezzi istruttori idonei per scoprirlo e quindi si deve prevedere una pena tale per cui interventi istruttori in tal senso non possano essere fatti.

È ovvio, quindi, ancora una volta, che siamo in presenza di un provvedimento che raggira la volontà popolare.

Così come non capiamo perché sia stata eliminata l'interdizione automatica dai pubblici uffici. Se uno viene condannato, è giusto che sia interdetto dai pubblici uffici in via automatica, almeno per un certo numero di anni, fino alla riabilitazione.

Così come non comprendiamo per quale ragione sia stato delegato al Governo l'inserimento di una norma che noi riteniamo fondamentale per mandare un messaggio al Paese di ripresa di dignità di questo Parlamento, vale a dire la previsione di liste pulite nelle candidature e quindi la non candidabilità delle persone condannate. Non vi era bisogno di fare un provvedimento di delega; bastava inserirlo direttamente in questo disegno di legge.

Ecco perché noi riteniamo, per questa e per mille altre ragioni, così come hanno detto l'Associazione nazionale magistrati e il Consiglio superiore della magistratura, che si tratti, ancora una volta, di un'occasione mancata, anzi, queste autorità hanno detto che si tratta di un'amnistia parziale e - aggiungo io - mascherata.

È per questa ragione che concludo il mio intervento con un accorato appello al Capo dello Stato, affinché, con il suo intervento, possa rinviare questo provvedimento al Parlamento per una sua rilettura complessiva. Infatti, in questo modo e fino a questo momento il disegno di legge in esame è semplicemente un raggiro dell'opinione pubblica e dell'elettorato italiano per fini elettorali! Signor Presidente della Repubblica, rinvii questo provvedimento al Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori), affinché il Parlamento si assuma le sue responsabilità e approvi finalmente un provvedimento che serva ai cittadini e non a nascondere sotto il tappeto le magagne di questa politica (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Saluto i docenti e gli studenti dell'istituto Giacomo Quarenghi di Subiaco, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Angela Napoli. Ne ha facoltà.

ANGELA NAPOLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, Futuro e Libertà per l'Italia voterà convintamente in modo favorevole su questo provvedimento, che, come ho già detto nella dichiarazione di voto sulla fiducia ieri sera, avremmo desiderato apparisse e fosse in realtà davvero più coraggioso e maggiormente efficiente. Però, siamo consapevoli che il contenuto del provvedimento che oggi quest'Aula voterà nella sua fase ultimativa è sicuramente da considerare un punto di partenza, una pietra miliare dalla quale iniziare un percorso che possa davvero contrastare questo dilagante e pervasivo fenomeno della corruzione, perché, così come è evidenziato nel rapporto del Governo presentato proprio il 24 ottobre 2012, nel nostro Paese la situazione su tale versante è davvero molto molto grave.

Sappiamo benissimo, perché lo abbiamo seguito attentamente, quale sia stato il percorso estremamente difficoltoso del provvedimento, iniziato con un testo al Senato che noi di Futuro e Libertà avevamo considerato quale testo puramente manifesto, perché assolutamente non valido per contrastare questo fenomeno, purtroppo, dilagante.

Oggi il testo non è così inefficace o inefficiente come vorrebbe fare apparire una certa stampa. Certo - l'ho confermato ieri sera -, ci sono ancora dei vuoti, che noi ci auguriamo possano essere colmati al più presto con l'attuazione delle deleghe contenute nel provvedimento; ci auguriamo che possano essere colmati con dei provvedimenti che riescano a fungere da collante e a rendere questo provvedimento davvero efficiente. Tuttavia, non trascuriamo di evidenziare tutto ciò che di positivo all'interno del provvedimento c'è, sia in termini di prevenzione, sia in termini di repressione.

A livello di prevenzione sono dettate specifiche misure volte alla trasparenza dell'attività amministrativa, compresa l'attività relativa agli appalti pubblici e al ricorso ad arbitrati, e nell'attribuzione di posizioni dirigenziali, oltre a misure per l'assolvimento di obblighi informativi ai cittadini da parte delle pubbliche amministrazioni.

È dettata una più stringente disciplina delle incompatibilità, dei cumuli di impieghi e di incarichi dei dipendenti pubblici. È delegato il Governo all'adozione, entro un anno, di un testo unico in materia di incandidabilità. Qui mi si lasci aggiungere che ho trovato sicuramente condivisibile l'approvazione dell'ordine del giorno presentato dalla collega Ferranti e da altri colleghi, con il quale si invita il Governo a procedere all'attuazione di questa delega prima delle prossime elezioni amministrative e politiche, perché credo che questo punto, signor Ministro, della incandidabilità vada veramente vagliato in maniera opportuna.

Fermi restando i criteri contenuti nella delega, credo che il Governo, alla luce proprio delle situazioni che, purtroppo, emergono ad ogni piè sospinto e ad ogni tornata elettorale, possa davvero valutare la materia della incandidabilità nella sua interezza, prevedendo tutto ciò che i cittadini onesti di questo Paese si aspettano.

Sempre in termini di previsione non possiamo dimenticare che è prevista la tutela del pubblico dipendente che denuncia o riferisce condotte illecite apprese in ragione del suo rapporto di lavoro, e che sono dettate nuove cause ostative, appunto, delle candidature negli enti locali. Ma non dobbiamo trascurare anche la parte relativa alle modifiche nel codice penale.

Ieri sera ho ribadito che avremmo sì gradito un intervento maggiormente coraggioso, non perché siamo a tutti i costi - o vogliamo apparire - giustizialisti, ma perché vorremmo che chi ha derubato i soldi pubblici, chi ha fatto della carica pubblica il proprio interesse, mettendo da parte l'interesse comune, debba effettivamente pagare il conto.

È questo che vogliono i cittadini, quei cittadini che vengono chiamati quotidianamente ad affrontare sacrifici, ma che, in contrapposizione, non vedono poi il conto pagato da chi ha perpetrato e disperso davvero i soldi pubblici, a discapito di coloro che, invece, amministrano con grande realtà.

Rispetto alle modifiche del codice penale, occorre ricordare che sono stati introdotti nuovi reati, quali il traffico di influenze illecite, la corruzione tra privati e la responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche e adeguate alle nuove fattispecie.

Ministro, onorevoli colleghi, ho ribadito ieri sera che siamo ormai in un momento, attraversato dal nostro Paese, nel quale le norme sono sì necessarie, ma non sono le uniche a dare realmente una svolta. Accanto a questo provvedimento, che oggi il Parlamento approverà e che ribadisco ci auguriamo possa essere coadiuvato da tutte le altre norme che il Governo è stato invitato ad adottare e per le quali si è impegnato, credo che serva al nostro Paese una svolta culturale, che possa davvero dare efficienza a coloro che amministrano...

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Angela Napoli.

ANGELA NAPOLI. ...la cosa pubblica, che possa riportare l'etica nella funzione pubblica e che possa ricordare a tutti coloro che amministrano la cosa pubblica stessa l'articolo 54 della Costituzione italiana (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, la corruzione, come sappiamo, è molte cose: può nascondersi nell'avidità umana, nell'assenza di trasparenza e di concorrenza, nella debolezza della legge e persino nell'eccesso di leggi. Corruptissima re publica plurimae leges, scriveva già Tacito.

Proprio la corruzione rappresenta, per il nostro Paese, un problema gravissimo dal quale dipende il suo insoddisfacente sviluppo economico e il suo scarso credito internazionale. L'ultima, purtroppo citatissima, classifica stilata da Transparency International ci colloca al sessantanovesimo posto, allo stesso livello di Ghana e Macedonia. Un altro indice, il Rating of control of corruption, della Banca mondiale, ci relega agli ultimi posti in Europa, con una tendenza negativa in aumento. Come pure è ben noto, la Corte dei conti stima in oltre 60 miliardi di euro il danno erariale annuale derivante dalla corruzione, una cifra enorme che ben potrebbe essere utilizzata per i problemi dei cittadini, per diminuire le tasse, per il lavoro, per la scuola, per la previdenza e per i giovani.

Nonostante le statistiche giudiziarie riportino una diminuzione dei delitti di corruzione e concussione, le cronache e la percezione netta dei mercati e dei partner internazionali ci propongono una verità del tutto opposta.

Una conferma ci è arrivata anche dall'allarmante rapporto presentato il 22 ottobre a palazzo Chigi dal gruppo di lavoro istituito ad hoc dal Ministero della pubblica amministrazione.

Occorre dunque cambiare con decisione per ragioni economiche, di giustizia, di moralità, di credibilità internazionale dell'Italia. D'altronde il Parlamento italiano è stato colpevole: solo negli ultimi mesi ha ratificato la Convenzione penale sulla corruzione del Consiglio d'Europa del 27 gennaio 1999, colmando un gravissimo ritardo.

Alcuni fattori, come sappiamo, rivelano che la corruzione in Italia è sistemica: basti pensare alle ecomafie, agli appalti, al voto di scambio. È perciò necessaria una grande battaglia civile e politica, non solo sul terreno della repressione, ma anche su quello della prevenzione. In tal senso si muove la riforma al nostro esame, una riforma travagliata, come sappiamo, che ha registrato troppe resistenze, ma che con caparbietà abbiamo voluto.

Tra le misure di prevenzione ricordo sommariamente che è stata finalmente individuata nella CIVIT l'autorità nazionale anticorruzione. Sono state dettate specifiche misure volte alla trasparenza dell'attività amministrativa, compresa l'attività relativa agli appalti pubblici, al ricorso ad arbitri e nell'attribuzione di posizioni dirigenziali, oltre a misure per l'assolvimento di obblighi di informazione nei confronti dei cittadini. È stata dettata una più stringente disciplina delle incompatibilità e del cumulo di impieghi e incarichi di dipendenti pubblici ed è affidata al Governo una delega importante per adottare un codice di comportamento dei pubblici dipendenti. È delegato il Governo all'adozione, come sappiamo, di un testo unico in materia di incandidabilità, su cui abbiamo presentato un emendamento, ma anche un ordine del giorno accolto, affinché questo provvedimento sia utile per le prossime elezioni politiche del 2013. È prevista la tutela del pubblico dipendente che denuncia o riferisce condotte illecite. Sono elencate le attività di imprese particolarmente esposte al rischio di infiltrazione mafiosa ed è istituito quindi presso ogni prefettura l'elenco dei fornitori non soggetti a questi tentativi. È incrementato il catalogo dei reati alla cui condanna consegue per l'appaltatore la risoluzione del contratto con la pubblica amministrazione ed è prevista anche una più restrittiva disciplina del fuori ruolo per i magistrati e gli avvocati dello Stato, che certo potrà essere migliorata.

Insomma, abbiamo messo in campo una serie di importanti misure nuove di prevenzione, caro onorevole Di Pietro.

Tra le misure penali, ricordo sommariamente che appunto l'attuale reato di cui all'articolo 318, la cosiddetta corruzione impropria del pubblico ufficiale, viene riformulato in modo da rendere più evidenti i confini fra le diverse forme di corruzione: da una parte, la corruzione propria di cui all'articolo 319, che rimane ancorata alla prospettiva del compimento di un atto contrario ai doveri d'ufficio, dall'altra parte, l'accettazione o la promessa di una utilità indebita da parte del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio.

È aggiunto al codice penale il nuovo articolo 319-quater, cioè il delitto di induzione a dare o promettere utilità, che punisce sia il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che induce il privato a pagare (con la reclusione da tre a otto anni), sia, in modo nuovo e come ci era pure richiesto dall'Europa, il privato che dà o promette denaro o altra utilità.

È inserito per la prima volta nel codice penale il delitto di traffico di influenze illecite, che sanziona chi sfrutta le sue relazioni con il pubblico ufficiale. Abbiamo riformulato l'attuale fattispecie di cui all'articolo 2635 del codice civile, introducendo la corruzione fra privati. Le cronache di tutti i giorni, anche ieri, in occasione di un'importante inchiesta che riguarda le ferrovie, ci segnalano l'importanza di questo nuovo strumento penale.

Insomma, si tratta di una buona legge in sostanza, di un importante passo in avanti per un'Italia più giusta, più credibile, cui il gruppo dell'Unione di Centro ha offerto un costante contributo di proposte e anche di mediazione nei momenti critici.

Per questo lavoro dobbiamo e vogliamo ringraziare il Ministro Paola Severino e il Ministro Patroni Griffi per l'impegno assoluto, assiduo, tenace e competente. Proprio queste considerazioni ci consentono di non nascondere le ombre per ciò che ancora manca e dovrà essere fatto. Il sistema delle prescrizioni che permane non va bene, perché consente a troppi processi di risolversi in nulla e al corruttore di farla franca.

Come è noto, la sanzione penale ha un effetto punitivo, ma anche dissuasivo e preventivo e, dunque, deve esserne garantita la certezza. È una critica al sistema italiano formulata dal gruppo degli Stati europei contro la corruzione e ribadita in un recente documento dell'Associazione nazionale magistrati, che su questi punti condividiamo. I reati di riciclaggio e di falso in bilancio accompagnano in modo coessenziale i fatti di corruzione ed essi devono essere puniti in modo più efficace. Sarà necessario farlo, e lo faremo, d'intesa con l'impegno assunto dal Governo, così come non dubitiamo - lo abbiamo ribadito con un nostro ordine del giorno - che tempestivo sarà il provvedimento sull'incandidabilità dei già condannati.

Cambiare l'Italia, recuperare la via della legalità e di una più forte etica pubblica e, con esse, la via della crescita e dell'equità,è possibile ed è necessario. È il cammino di risanamento iniziato con il Governo Monti: non solo risanamento dei conti e della credibilità internazionale, ma anche della moralità pubblica. Noi dell'Unione di Centro per l'Italia voteremo questo provvedimento, perché crediamo in questo cammino (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Saluto la delegazione di amici brasiliani guidata dal vicesindaco di San Paolo, Alda Marco Antonio, che sta assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lussana. Ne ha facoltà.

CAROLINA LUSSANA. Signor Presidente, signor Ministro, onorevoli colleghi, la corruzione è un cancro che al nostro Paese costa la bellezza di ben 70 miliardi di euro all'anno: qualcuno ha parlato di una autentica tassa occulta, pari a 1.000-1.500 euro per ogni cittadino italiano. La corruzione danneggia la nostra economia, continua a minare la fiducia nei mercati, a scoraggiare gli investimenti finanziari e a gonfiare pesantemente i costi degli appalti pubblici. Nell'ultima classifica di Transparency International, che misura la percezione della corruzione, l'Italia è scivolata al sessantanovesimo posto, dopo il Ghana e la Macedonia.

Cresce forte nel Paese, che produce, che lavora e fa sacrifici per andare avanti, l'indignazione per il fenomeno della corruzione che, purtroppo, però continua a dilagare. Eppure, il Parlamento, si dimostra - anche le vicende al di fuori di quest'Aula lo testimoniano -, si è dimostrato ancora una volta disattento rispetto all'importanza, invece, di dotarsi di nuove norme per contrastare questo fenomeno e ha impiegato ben due anni prima di riuscire a concludere, oggi, l'iter di approvazione di questo disegno di legge. Forse - farò male a pensarlo, sarò maliziosa -, se non ci fossero stati gli scandali che hanno suscitato tanto e forte sdegno nell'opinione pubblica, Ministro Severino, visti gli «stop and go» di questo provvedimento, magari, lo stesso sarebbe rimasto ancora nel cassetto. Così come un altro grande tema di cui i cittadini italiani sentono il bisogno, cioè quello della riduzione dei parlamentari, di cui tutti parliamo, ma che è rimasto nel cassetto, che non è stato neanche calendarizzato. Ci aveva provato la Lega Nord con la devolution (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania): se quella riforma fosse stata confermata dal voto popolare con il referendum, oggi, i costi della politica sarebbero già stati abbattuti.

Comunque, tornando al nostro provvedimento, alla corruzione, oggi, arriviamo alla votazione finale di un testo che noi della Lega Nord non disconosciamo.

Nella formulazione iniziale questo disegno di legge presenta la firma di ben tre Ministri della Lega Nord e abbiamo continuato a sostenere questo disegno di legge in tutto il suo iter, anche dopo la caduta del Governo Berlusconi e anche nel nostro ruolo di opposizione.

Però, purtroppo, non possiamo non evidenziare, signor Ministro, come lei stessa tra l'altro ha dichiarato, che il risultato di oggi è purtroppo un forte e un netto compromesso al ribasso. Si doveva fare di più e si poteva fare di più, Ministro Severino, per contrastare l'illegalità e il malaffare nel nostro Paese. Invece abbiamo assistito - e questo da un Governo tecnico sinceramente non ce lo saremmo aspettato - a continui passi avanti e passi indietro, a tentennamenti e ripensamenti, alla ricerca continua di mediazioni, accordi e compromessi sottobanco, per cercare di tenere unita una maggioranza, che, su un tema di giustizia così delicato come quello della lotta alla corruzione, si è dimostrata troppe volte divisa e sfilacciata.

Ci saremmo aspettati - torno a dirlo - di più da un Governo di tecnici. Ci saremmo aspettati soprattutto, Ministro Severino, che un Governo di tecnici avesse il coraggio e la volontà di venire in Aula a confrontarsi in un dibattito aperto e trasparente con le forze politiche e non di trincerarsi dietro alla blindatura del voto di fiducia. In questo modo avremmo potuto scoprire veramente le carte (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), vedere i comportamenti sui singoli argomenti delle forze politiche. E invece no: avete preferito la strada del compromesso. Insomma, cerchiamo di portare a casa un minimo risultato. Avete preferito portare a casa un «sei» politico senza infamia e senza lode. Vi è mancato il coraggio e questa sicuramente è una grande occasione perduta per il nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

Detto questo, noi della Lega Nord restiamo fermamente convinti che questo sia un provvedimento che, comunque, presenta luci ed ombre. Cose sicuramente positive ce ne sono, ma altre mancano. Tuttavia, nonostante questo, proprio per l'importanza che diamo alla lotta alla corruzione, che per noi riveste un impegno politico ma soprattutto un impegno morale, lo dico subito che, rispetto al precedente passaggio parlamentare, dove alla Camera ci eravamo astenuti, questa volta voteremo a favore del provvedimento, come tra l'altro il nostro gruppo ha già fatto al Senato. Secondo una logica che il collega Paolini ha già bene evidenziato nel suo intervento di ieri, anche noi sposiamo la logica del «piuttosto che niente, è meglio piuttosto».

E allora scendiamo anche un po' nei dettagli del provvedimento. Sicuramente valutiamo positivamente tutti gli aspetti relativi alla prevenzione del fenomeno della corruzione, dal codice di comportamento per i dipendenti, ai corsi di etica e legalità, al divieto di regali per i dipendenti della pubblica amministrazione, alle tutele per i dipendenti che denunciano gli illeciti commessi da dipendenti o superiori; e ancora, dalla maggiore trasparenza per gli incarichi dei dirigenti nella pubblica amministrazione, alla maggiore trasparenza e alla mappatura delle procedure di appalti: molto significativa è la creazione, ad esempio, della banca dati on line sugli appalti.

Infatti, signor Ministro, il rimedio principale della corruzione è la trasparenza. Nel momento in cui il cittadino e l'amministratore possono effettuare comparazioni, nel momento in cui si possono effettuare comparazioni dirette e immediate, è chiaro che diventa poi molto difficile per chi commette atti illeciti nasconderli e, quindi, garantirsi l'impunità. Per questo, riteniamo estremamente positiva l'introduzione della CiVIT: certo, forse le si potevano dare poteri concreti e pratici maggiori, ma comunque sulla strada della trasparenza bisogna continuare.

Noi della Lega Nord ci avevamo provato, con una grande riforma che è quella del federalismo fiscale. La riforma, finalmente, che consente di valutare gli amministratori bravi, che rispettano la gestione standard, rispetto a quelli, invece, che sono spreconi, che sforano e che non possono più, poi, ripresentarsi al giudizio degli elettori, che devono essere incandidabili e ineleggibili (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)! È solo attraverso l'attuazione del federalismo fiscale e dei costi standard, signor Ministro, che si batte e che si contrasta il fenomeno della corruzione, e noi vorremmo che questo Governo, che il Premier Monti ci desse delle risposte: dove sono finiti i costi standard e il federalismo fiscale? Questo è concretezza, il resto sono leggi-manifesto, chiacchiere.

Veniamo, poi, ad un altro tema che è stato fortemente dibattuto: quello dell'incandidabilità. Ministro, anche qui la Lega avrebbe voluto una corsia accelerata, avremmo voluto che si disciplinasse, da subito, la materia; avete scelto la via della delega, ebbene, aspettiamo che il decreto delegato ci sia in termini brevi, non certo entro l'anno, ma, come ha detto lei, subito, prima delle prossime elezioni del 2013.

Per quanto riguarda, poi, le norme e l'aspetto penale, abbiamo apprezzato l'introduzione dei nuovi reati, la corruzione tra privati, il traffico di influenze; tuttavia, Ministro, non prendiamoci in giro, con una pena da uno a tre anni, difficilmente i cittadini italiani assisteranno a delle condanne; infatti, fra prescrizione e altri benefici sappiamo che, sì, abbiamo fatto la norma, ma di condanne non ne vedremo. Non possiamo, inoltre, non evidenziare alcune anomalie: perché non c'è stato il coraggio di andare avanti nella previsione, ad esempio, del reato di autoriciclaggio? Chi contrasta e lotta tutti giorni contro le mafie, ci chiede di adeguarci, ci chiede che sia inserita nel nostro ordinamento questa nuova fattispecie penale. Ci sono anche delle altre anomalie: non abbiamo capito, ad esempio, come mai per quanto riguarda l'ambito della concussione, dalla previsione della condotta criminosa, sia stato escluso l'incaricato di pubblico servizio, è previsto solo il pubblico ufficiale; ancora, abbiamo trovato illogico, ad esempio, aver spacchettato alcune norme, come la cosiddetta concussione per induzione, con una sensibile diminuzione della pena edittale.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

CAROLINA LUSSANA. Qui, mi rivolgo in modo particolare ai colleghi del Partito Democratico che so essere molto sensibili sul tema: avete fatto delle battaglie giustificate, enormi, contro il processo breve, il processo lungo e poi così, con un colpo d'ala, avete consentito l'abbattimento del 50 per cento dei processi per concussione (Applausi)! Penati compreso! Vorremmo capirne le motivazioni.

Mi avvio a concludere, signor Presidente, con il tema ampiamente dibattuto dei magistrati fuori ruolo. Se nella lotta alla corruzione non brilliamo nelle classifiche mondiali, non andiamo meglio in quanto a sistema giustizia, signor Ministro. Quanto ad efficienza del nostro sistema, siamo al centocinquantaseiesimo posto, signor Ministro; allora io dico: i magistrati impieghiamoli per abbattere il numero dei processi, per abbattere i tempi dei processi, gli incarichi extragiudiziali facciamoli svolgere, invece, ad altri funzionari bravi e capaci che possano svolgerli al meglio, senza sottrarre risorse al sistema giustizia!

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Lussana.

CAROLINA LUSSANA. Con queste luci e ombre noi comunque voteremo a favore.

 

Si riprende la discussione.

(Ripresa dichiarazioni di voto finale - A.C. 4434-B)

 

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Orlando. Ne ha facoltà.

ANDREA ORLANDO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, non sarà una legge, neppure la migliore, a debellare la corruzione. Chi si illude che questo possa avvenire sottovaluta il disfacimento che segna le istituzioni in questa fase storica. Un disfacimento, uno smarrimento di senso e di missione di cui la corruzione è uno dei segni più evidenti, ma non l'unico.

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE
(ore 11,35)

 

ANDREA ORLANDO. La corruzione intesa come condotta contro il bene pubblico rinvia all'accezione più generale del termine, quella appunto di decomposizione, in questo caso dello Stato e delle sue articolazioni. Combattere le radici della corruzione significa oggi, innanzitutto, costruire una nuova dimensione pubblica, contrastare le ideologie che hanno descritto lo Stato come una sorta di male necessario, anziché come la proiezione di una comunità, affrontare finalmente il tema delle modalità di selezione e formazione delle classi dirigenti, estirpare dalle strutture pubbliche i presidi degli interessi particolari, illeciti o criminali che siano. In altre parole, costruire una nuova Repubblica che faccia i conti con la crisi degli Stati nazionali e con la fragilità del nostro in particolare. Tuttavia, questa considerazione non può esimerci dal cercare di fare buone leggi o almeno migliorare quelle esistenti. Questo si è provato a fare, noi pensiamo riuscendoci. Non annoierò l'Aula ripetendo un refrain giustamente utilizzato in queste settimane e per il quale il meglio è nemico del bene. Diciamolo subito: resta molto da fare e molto si può fare prima delle urne. È giusto dire però ciò che è stato fatto e come ciò che è stato fatto può cambiare l'approccio al fenomeno corruttivo. Lo ha recentemente ricordato Gerardo D'Ambrosio, che qualcosa contro la corruzione in questo Paese ha fatto. Ad oggi, sino a questo provvedimento e a vent'anni da «tangentopoli», il legislatore si è preoccupato soprattutto di rallentare l'azione della magistratura, alla quale aveva nel contempo delegato il compito di contrastare il fenomeno. Con questo provvedimento si provano ad offrire nuovi strumenti a chi indaga, a rimuovere aree di impunità, a promuovere nuovi strumenti di prevenzione.

Oggi si può, anche simbolicamente, invertire una tendenza. Il parere del CSM, quello approvato, ha parlato di una legge da valutarsi positivamente per la determinazione con cui si intende dare spazio ad una riforma globale e sistematica dei reati contro la pubblica amministrazione e ha valutato con estremo favore il tentativo di prevenzione della nuova legge. Qui sta il primo punto in positivo: un tentativo organico di affrontare la corruzione e le sue cause, non limitandosi alla repressione penale. La legge lo fa fotografando ciò che oggi è la corruzione: il frutto di una complessa rete di relazione, di un intricato intreccio di favori e utilità che si sviluppa in strutture poco trasparenti, caratterizzate da contiguità e collusioni, dove cresce la commistione tra funzioni ed interessi pubblici e privati, tra controllati e controllori.

Non credo sia casuale se di questa parte della legge, quella che affronta la prevenzione, si sia parlato poco, troppo poco. Da un lato, è poco affascinante per i media la ricerca dei cattivi e forme di punizioni esemplari, dall'altro, scomoda quei settori della pubblica amministrazione e della magistratura che della commistione hanno fatto una seconda natura. La norma sugli arbitrati io credo, ad esempio, valga da sola una legge.

Sulla base della fotografia di ciò che è oggi la corruzione questo provvedimento introduce nuovi reati. Non sono figure che escono dalla testa di Giove, sono illeciti - ora penali - previsti dalle Convenzioni che l'Italia ha liberamente sottoscritto quasi 15 anni fa, rimasti lettera morta sino ad oggi. Il traffico di influenze illecite è lo strumento per incidere su quella fauna di faccendieri e pseudoconsulenti che ammorbano le istituzioni pubbliche, forzando, e talvolta guidando, l'azione di una politica troppo debole. Credo sia importante il fatto che, per la prima volta nella storia del nostro ordinamento, sia riconosciuta la corruzione tra privati, un'intromissione inammissibile nella sfera privata secondo alcuni colleghi del PdL, come se la trasparenza del mercato e il destino di importanti soggetti economici, spesso a proprietà diffusa, non fosse un bene da tutelare giuridicamente.

Certo si poteva fare di più, si dovrà fare di più, in alcuni casi si può ancora fare, evitando però delle estemporaneità possibilmente, perché non si capisce per quale motivo la normativa sul voto di scambio mafioso dovrebbe trovare sede in questo testo, essendo quella normativa sulla criminalità organizzata collocata altrove, e quella elettorale - ci si augura - alle porte.

Vorrei ricordare alla collega Lussana che il Ministro Maroni si è giustamente vantato di aver portato al voto del Parlamento un codice contro la mafia, ahimè scordando di introdurre il reato di autoriciclaggio. Manca, invece, una normativa sulla reintroduzione del reato di falso in bilancio e questo è oggettivamente un vulnus. Il PD ha rinunciato ai propri emendamenti che andavano in questa direzione a fronte dell'impegno del Ministro a sostenere l'approvazione della legge ad hoc proposta dall'IdV e attualmente in Commissione.

Il nostro voto di fiducia ha anche come presupposto questo impegno assunto dal Ministro, così come io credo vi siano, in occasione delle prossime misure economiche, le condizioni per introdurre appunto il reato di autoriciclaggio. Ci auguriamo che il Governo non subisca ulteriormente le resistenze che sino qui hanno impedito di cogliere questi obiettivi, quelle esplicite, che abbiamo misurato in quest'Aula, e quelle implicite, che abbiamo misurato attorno a quest'Aula.

Questo provvedimento non è solo la ricerca di un difficile minimo comun denominatore tra chi, sino a pochi mesi fa, produceva leggi ad personam a getto continuo e chi si opponeva. Esso è anche, grazie al cielo, il punto di equilibrio tra visioni diverse, persino alternative, in ordine al ruolo dello Stato, del mercato e della giurisdizione.

Si può fare di più, si potrà sicuramente fare di più in un Parlamento diverso da quello che ha votato sull'identità della «nipote di Mubarak», ma si potrà fare di più anche in una dialettica che sia frutto della competizione tra progetti alternativi di Governo e di riforma della società. Il modo in cui si leggono i fenomeni e gli strumenti per fronteggiarli, quelli criminali inclusi, non è mai - e non può essere - neutro, né tanto meno meramente tecnico. Lo si veda per la vicenda della riconfigurazione del reato di concussione, misurata secondo l'ottica di quanti imputati può agevolare. Pochi, pochissimi per fortuna, con eccezione dell'OCSE, hanno notato come la concussione, così come configurata in Italia, ha costituito un fattore di impunità per migliaia di corruttori che potevano dichiararsi, secondo necessità, concussi.

Alla base di questa polemica non c'è soltanto la legittima preoccupazione che qualche imputato eccellente possa farla franca, c'è una visione del fenomeno che quasi tende a giustificare la condotta del corruttore, che con un esiguo scarto può diventare concusso perché altrimenti non lavora, dimenticando che centinaia di migliaia di imprenditori hanno rinunciato a lavorare piuttosto che pagare una tangente, dimenticando che il corruttore tradisce non solo la comunità, ma anche i propri concorrenti che rispettano le regole (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Carlo Federico Grosso ha in più occasioni spiegato perché, sulla base dei principi di successione delle leggi penali, non verrà cancellata né un'imputazione né un processo. Tuttavia c'è da chiedersi se questo sia il metro migliore per valutare una norma. In altre parole, noi facciamo le leggi per punire più o meno duramente un imputato, come paradossalmente sostiene il noto riformatore della giustizia, Silvio Berlusconi, oppure per disincentivare alcune condotte? Come si vede, anche su questo non ci può essere neutralità di giudizio.

Per questo, su tutte sorprende una critica mossa anche da fonti autorevolissime, cioè il rammarico per la mancata revisione dell'istituto della prescrizione nel suo insieme. Per anni ci è stato consigliato, a noi del Partito Democratico, di non avventurarci sul terreno delle modifiche processual-penalistiche. Chi lo ha soltanto ipotizzato si è esposto alla critica di essere, nella migliore delle ipotesi, un inconsapevole che si espone ai magheggi del nemico e, nella peggiore, un colluso. Oggi, dagli stessi, ci viene rimproverato di non aver affrontato il nodo non banale di quando far finire un processo. Un terreno su cui si è giocata tutta la politica di aggressione alla giurisdizione della destra.

Secondo i medesimi osservatori avremmo dovuto tentare il colpaccio nella Commissione che ha licenziato la legge contro le intercettazioni, perché quella è rimasta, nell'Aula che ha approvato l'emendamento alla legge comunitaria sulla responsabilità civile dei magistrati, dovrei ricordarlo, dopo la caduta del Governo Berlusconi. Il Governo ora eserciti le deleghe senza propaganda, ma anche senza timidezza, con l'equilibrio e la determinazione che il Ministro Severino e il Ministro Patroni Griffi hanno sino ad oggi dimostrato e che ha consentito di fare di questo provvedimento neppure il lontano parente di quello che il Ministro Alfano aveva sottoposto alle Camere. Con esse si può fare un passo avanti.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Orlando.

ANDREA ORLANDO. Non casualmente le tre deleghe - concludo, Presidente - incidono su soggetti cruciali per il contrasto e per lo sviluppo della dinamica corruttiva: la politica, la burocrazia, la magistratura, con le norme sulle incompatibilità. Non sottovaluterei quest'ultima, perché per la prima volta il Governo dovrà stabilire le funzioni incompatibili con l'esercizio della giurisdizione. Non è naturalmente questione che riguarda solo i magistrati, anche se è indubbio che tra questi c'è una particolare attenzione. È questione che attiene alla separazione e all'indipendenza dei poteri. Non affrontarla con nettezza significherebbe girare la testa dall'altra parte e rispettare relazioni poco salubri tra i poteri dello Stato; farlo in modo propagandistico, o peggio punitivo, equivale a rinunciare a distinguere caso da caso, funzione da funzione e alla fine compromettere il primo serio tentativo di scegliere questo nodo. Il Presidente Monti, con una discutibile - mi si consenta - dichiarazione, ha sostenuto che i limiti del disegno di legge sono dovuti alle resistenze dei partiti. Dal PD non ne sono venute (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Il PD ha chiesto che la lettura al Senato non modificasse il testo uscito da quest'Aula ed oggi il PD chiede al Governo di utilizzare tutte le opportunità per rafforzare la lotta al malaffare pubblico e privato. Falso in bilancio, autoriciclaggio, voto di scambio sono temi - lo ripetiamo - che in forza di una risoluta iniziativa del Governo possono essere affrontati dal Parlamento. I corrotti non si limitano a violare le norme penali, vecchie o nuove che siano, i corrotti dilapidano il bene oggi più scarso: la fiducia dei cittadini nelle istituzioni. Per questo sono nostri nemici qualunque colore assumano per chi, come noi, crede nel valore della democrazia e della partecipazione popolare. Per questo chiediamo al Governo di proseguire il lavoro. Per questo noi assicuriamo che lo proseguiremo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paniz. Ne ha facoltà.

MAURIZIO PANIZ. Signor Presidente, parliamoci subito chiaro, colleghi: questo provvedimento porta nel suo frontespizio un nome, quello dell'onorevole Alfano, già Ministro della giustizia. Da quel nome è partito e con quel nome diventa ora legge dello Stato. Porta principalmente anche un altro nome: quello dell'ex Ministro della pubblica amministrazione, onorevole Brunetta, ed ha per il 70 per cento dei contenuti già predisposti dal precedente Governo.

Diamo a Cesare quel che è di Cesare e parliamoci subito chiaro anche su un altro punto. Qualche mese fa, votando a fatica la fiducia sul testo originario portato in quest'Aula dal Governo Monti, eravamo stati univoci dicendo: «Vanno cambiati tre articoli: quello sul traffico di influenze (perché il reato non è tipizzato), quello sulla corruzione tra privati - perché deve essere procedibile a querela - e quello sulla concussione per induzione (statisticamente il più comune, essendo ben raro che la mazzetta venga richiesta con la forza).

Attenuandone la pena, si riduce anche la prescrizione da 15 a 10 anni e, punendo il concusso, si finisce per diminuire le possibili denunce. Ebbene, sui primi due articoli la modifica è intervenuta. Il Ministro ha compreso ed assecondato le legittime istanze del PdL. Grazie, Ministro! Il "Donna avvisata, mezzo salvata" del nostro capogruppo non è stato lanciato invano. Non aveva alcun intento intimidatorio, ma era il richiamo forte alla imprescindibile volontà di avere un testo normativo chiaro, tale da consentire ad ogni cittadino di percepire agevolmente il disvalore del suo eventuale comportamento, non una norma raffazzonata, un'ipotesi di reato da esibire ai media ed al mondo e da lasciare magari ad inquirenti senza scrupoli verso politici ed amministratori, perché ci sono - magari rari, ma ci sono - anche inquirenti di questo tipo.

Sul terzo articolo, invece, nessuna modifica è intervenuta e nessuno toglie dalla testa l'idea che si tratta di un favore non giustificato ad un certo signor Penati, al quale è contestato, tra gli altri, proprio anche questo reato che, con la nuova modifica normativa, sarebbe già prescritto. Per lui il beneficio è evidentissimo ed immediato. Nonostante sia inadeguata la nuova norma sulla concussione per induzione, comunque il PdL oggi vota convintamente.

Intendiamoci però: non si tratta di quello straordinario toccasana indispensabile al prodotto interno lordo del nostro Paese che viene spesso, forse esageratamente ed incautamente evocato, ma solo di un buon testo normativo. La crescita del PIL è motivata da ben altro: interventi sulle assunzioni, sul costo del lavoro, sulla imposizione fiscale. I grandi gruppi multinazionali abbandonano il nostro mercato non tanto per la corruzione, quanto piuttosto per le tasse altissime, per la palese inefficienza della giustizia civile, per l'elevato costo dell'energia. Su questi temi servono interventi veri, tempestivi e concreti.

Nel nostro ordinamento esistono già i reati di concussione, corruzione, peculato, abuso d'ufficio e così via e non è giusto svilire il lavoro fatto fino ad oggi dalla magistratura, che ha giustamente perseguito non pochi illeciti contro la pubblica amministrazione. Si dice che non basta? Può essere, ma non siamo noi, non è stato e non è il PdL a mettersi di traverso. Siamo anche noi, almeno tanto quanto gli altri, il partito che vuole la legalità, la trasparenza e la giustizia. Anche nel PdL ci sono decine, centinaia, migliaia di onesti rappresentanti e se al PdL apparteneva Fiorito, come ci è stato ricordato con enfasi negli interventi di ieri, non sono certo del PdL i vari Maruccio, Belsito, Lusi o Cuffaro, tanto per accontentare tutti e dare a ciascuno il suo. Ma, a differenza di molti, noi siamo anche garantisti cioè non inseguiamo ipotesi di reato tanto per mettere le bandierine e non ci vergogniamo di dirlo.

La nostra resistenza ad accettare il reato di traffico di influenza, nella sua originaria formulazione, non era il frutto di un'ingiustificata ed apodittica presa di posizione, ma solo la coerente risposta a ciò che anni fa è accaduto, ad esempio, per il reato di abuso di ufficio, originariamente talmente generico e non tipizzato che ne hanno fatto le spese tantissimi buoni amministratori, colpiti da sospetti e poi assolti, piano piano, attraverso l'opera individualizzante della fattispecie delittuosa operata saggiamente soprattutto dalla Cassazione.

Ma, quale prezzo si è pagato a questo percorso? Migliaia e migliaia di innocenti indagati e processati, vite invano rovinate e sofferte. Con la nostra resistenza abbiamo dimostrato di non accettare solo norme di facciata. Non abbiamo mai fatto ostruzionismo al provvedimento. Volevamo e vogliamo buone leggi, non solo nuove leggi. Noi guardiamo la Costituzione come alla vera stella polare della nostra democrazia e nella Costituzione, che noi rispettiamo senza se e senza ma, vi è una presunzione di innocenza che per noi rappresenta ancora un cardine imprescindibile della vita democratica, un vero e proprio punto di riferimento. Meglio ribadirlo una volta di più, soprattutto in questi giorni, dopo recenti sentenze di primo grado che lasciano sgomenti - L'Aquila insegna - e dopo continui richiami a non candidare tutti gli indagati, come se essere indagati per lesioni colpose o per ingiurie, tanto per esemplificare, o per il più banale dei reati contravvenzionali dovesse porre nel nulla un principio costituzionale di sacrosanta democrazia, come quello della presunzione di innocenza.

Poi, se vogliamo andare oltre al testo attuale e valutare temi come la prescrizione, l'autoriciclaggio, i reati societari, sui quali si appuntano rilievi mediatici e tardivi, siamo qui e non ci sottraiamo al rapido ed efficace confronto costruttivo, purché sia confronto vero e non solo populistica affermazione di principi teorici, che non porta da nessuna parte. Siamo ben consapevoli che esiste anche una corruzione della mentalità, penetrata in troppa gente, fatta di insensibilità o decisamente di disprezzo verso le regole. Allo stesso modo, vi è una corruzione passiva, propria di quanti assistono a tanti illeciti in una posizione di dormienti partecipando, comunque, ai benefici della spartizione di abnormi somme di denaro senza muovere un dito per poi alzare, invece, la voce quando emergono scandali o contestazioni. Il Paese è pieno di moralizzatori a scoppio ritardato!

Oggi è comunque ingeneroso non dare merito al Parlamento del lavoro fatto in questo testo e con questo testo ed al Governo, soprattutto in persona dei Ministri Severino e Patroni Griffi, della pervicacia nel voler raggiungere un nuovo obiettivo di auspicata legalità. Se è vero che parlano le statistiche, se è vero che parlano i sessanta miliardi annui di costi diretti della corruzione italiana, indicati dalla Corte dei conti, è altrettanto vero che parla anche l'impegno di questi mesi per avere un buon testo. Sottolineo, un buon testo, non un compromesso al ribasso come qualcuno - vero ANM, vero onorevole Di Pietro? - l'ha ingenerosamente definito.

Anche noi, del Popolo della Libertà, vogliamo combattere la corruzione e non ci acquietiamo alla constatazione che è un fenomeno che percorre la storia dell'umanità e che non ci saranno pene, quando anche draconiane, che la estingueranno. Anche noi vogliamo che l'Italia esca dalla lista nera, anche noi pensiamo che l'etica civile sia un valore imprescindibile, anche noi rivendichiamo forte il messaggio di trasparenza e di onestà. Fanno sorridere i «soloni» dell'ultima ora. Ma dove erano quando questo testo ha iniziato e sviluppato il suo percorso parlamentare?

Non so quanta reale affidabilità hanno tutte quelle statistiche che, negli ultimi tempi, riempiono pagine e pagine e vengono diffuse a piene mani nel mondo, con ogni conseguente discredito del nostro Paese, per cui l'Italia sarebbe al sessantaquattresimo posto nella lotta alla corruzione e per cui ben tre punti di PIL dipenderebbero dalla corruzione.

Ma so, che oltre all'Italia dei corrotti, c'è un'Italia degli onesti, un'Italia della legalità e della trasparenza anche tra i politici, anche tra i pubblici amministratori, anche tra i pubblici dipendenti. Questa è l'Italia che noi vogliamo: a questa Italia, l'Italia del futuro, l'Italia vera dedichiamo l'impegno messo nel predisporre ed approvare, anche con il nostro voto, questo disegno di legge (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto in dissenso dal proprio gruppo l'onorevole Mantovano. Ne ha facoltà.

ALFREDO MANTOVANO. Signor Presidente, signor Ministro, colleghi, nella vita quotidiana, ma anche nella vita delle istituzioni, spesso ci si trova di fronte ad una divergenza tra il mito e la realtà. Questo disegno di legge è uno di questi casi. Il mito: questo provvedimento - lo si è ascoltato anche nelle dichiarazioni di voto - dovrebbe rilanciare la nostra immagine in Europa e sul piano internazionale, dovrebbe incrementare la competitività delle nostre aziende e dovrebbe rendere più efficace il contrasto e la prevenzione di fenomeni così gravi. La realtà: nella parte della prevenzione c'è un po' di burocrazia in più; nella parte penalistica, tra l'altro, vi è la disarticolazione di istituti secolari del diritto penale. Penso - e se ne è parlato in lungo e in largo in quest'Aula - all'estrapolazione della condotta di induzione dalla figura di reato nella concussione, così come ci sono altri reati di nuova introduzione che, essendo svincolati da una disciplina di insieme della lobbying, consegnano ai pubblici ministeri di stabilire la linea di confine tra l'attività lobbistica legale e quella illegale.

Avendo ieri votato la fiducia al Governo, oggi non riesco ad andare oltre il voto di astensione (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Bernardini. Ne ha facoltà.

RITA BERNARDINI. Signor Presidente, signori Ministri, colleghi, pur avendo votato ieri la fiducia al Governo Monti, riteniamo oggi di doverci astenere per due ordini di motivi. Il primo è lo scempio che è stato fatto dell'emendamento Giachetti sui magistrati fuori ruolo; si tratta letteralmente di uno scempio di un emendamento che aveva ottenuto in questa Camera la maggioranza, ossia il voto favorevole dei deputati. L'altro ordine di motivi è legato alla cosa che manca a questo provvedimento e che, con fiducia, avevamo consegnato nelle mani del Ministro della giustizia, Paola Severino, che evidentemente non è stata ascoltata dal suo collega di Governo, Patroni Griffi.

Si tratta dell'anagrafe pubblica degli eletti e dei nominati, per la quale - da Radicali - ci battiamo da sei anni e che ci stava tutta in questo provvedimento per prevenire la corruzione. L'anagrafe patrimoniale - le avevamo consegnato, signora Ministro, un articolato dettagliato a tal proposito - non c'è in questo provvedimento e adesso il timore che abbiamo è che, nello scorcio finale di questa legislatura, si rischi di non riuscire in questa Camera, in questo Parlamento a prevedere l'istituzione di questa anagrafe pubblica.

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto finale.

 

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 4434-B)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 4434-B, di cui si è testé concluso l'esame.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Maurizio Turco, Cicchitto, Rigoni, Concia, Lupi, Zinzi, Galletti, Patarino, Cesa...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(S. 2156-B - Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione) (Approvato dal Senato, modificato dalla Camera e nuovamente modificato dal Senato) (4434-B):

(Presenti 524
Votanti 499
Astenuti 25
Maggioranza 250
Hanno votato
480
Hanno votato no 19).

 

Sull'ordine dei lavori (ore 12).

 

ROBERTO RAO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Prima di darle la parola, vorrei ricordare che dopo questo voto è previsto il seguito dell'esame della proposta di legge in materia di riforma dell'ordinamento della professione forense, con ulteriori votazioni.

ROBERTO RAO. Signor Presidente, l'onorevole Belcastro in quest'Aula, intervenendo per dichiarazione di voto sul provvedimento in materia di prevenzione e repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione, ha denunciato una compravendita di voti in Sicilia e addirittura un aumento dei prezzi di listino degli stessi - mi sembra di aver capito di circa 200 euro - dicendo che lo stesso era a conoscenza che invece i voti in Calabria costavano circa 70 euro.

Ora, se il mio collega o altri colleghi fossero davvero a conoscenza di fatti non gravi, ma gravissimi, come questi, prima o subito dopo il voto dovrebbero recarsi alla procura della Repubblica per denunciarli e raccontare all'autorità giudiziaria tutto quello che sanno (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo) altrimenti, signor Presidente, il loro comportamento omertoso e omissivo e le loro insinuazioni - mi permetta - striscianti non faranno altro che generare una sensazione di complicità di questo Parlamento con comportamenti gravissimi e delinquenziali come la compravendita di voti.

Signor Presidente, io sono indignato, la prego di far valere tutta l'autorevolezza del suo ruolo per impedire che in quest'Aula si ripetano accuse tanto gravi quanto generiche, senza che ne segua alcuna iniziativa politica o giudiziaria (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro per il Terzo Polo e Partito Democratico).

ELIO VITTORIO BELCASTRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ELIO VITTORIO BELCASTRO. Signor Presidente, non ritengo che l'intervento dell'onorevole Rao, che conosco come persona corretta e rispettosa delle leggi, possa significare un'intimidazione ad un uomo libero quale sono io che denuncia dei fatti gravi per i quali già in Calabria esistono dei procedimenti penali in corso, specie per quanto riguarda le ultime elezioni che hanno riguardato la città di Catanzaro dove, peraltro, l'Unione di Centro per il Terzo Polo era interessata e credo che sia anche parte offesa da un eventuale reato di questo tipo.

Per cui non credo che l'onorevole Rao voglia tappare la bocca ad un parlamentare libero che denuncia dei fatti proprio perché si muove nei territori a sentire ciò che la gente denuncia e lamenta.

Per quello che mi riguarda, di ciò che sono a conoscenza, sarei anche pronto a riferire. Naturalmente il de relato e l'aver appreso notizie, il denunciare ipotesi di reato non è compito di un parlamentare, il parlamentare ha il dovere di denunciare questi fatti nell'Aula dove è stato mandato dai suoi elettori per rappresentarli. Ritengo che le procure della Repubblica interessate siano già in movimento per impedire questo scempio che offre del sud, ma non solo del sud, un risultato così negativo da mettere a rischio la democrazia, quella vera, che sui nostri territori - ahimè - spesso manca.

Per cui mi sarei aspettato non una denuncia contro chi denuncia, ma una richiesta di approfondimenti ulteriori, uno stimolare le procure, che, spesso intasate, purtroppo non hanno il tempo materiale di svolgere tutte le indagini. Ho detto al Governo di prendere provvedimenti che possano consentire una certa rapidità degli accertamenti, perché non ha senso accertare la verità quando nel frattempo si è costretti, senza cambiare le regole, a subire ulteriormente, con altre elezioni truccate, la negazione della democrazia. Per cui ritengo di essere stato nel giusto, di aver fatto, come sempre, il mio dovere e di avere, come sempre, la coscienza a posto.

PRESIDENTE. Il deputato denuncia politicamente in quest'Aula gli episodi di malcostume, assumendosi la piena responsabilità politica di quello che dice. Mi permetto sommessamente di far notare che il cittadino che abbia notizie di reato ha un dovere morale di portarle a conoscenza della magistratura (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

 


 

TESTO INTEGRALE DELLA DICHIARAZIONE DI VOTO FINALE DEL DEPUTATO MARIA GRAZIA SILIQUINI SUL DISEGNO DI LEGGE N. 4434-B

 

 

MARIA GRAZIA SILIQUINI. Signor Presidente, Signor Ministro, Governo, mi soffermerò sulle parti del disegno di legge «anticorruzione» oggi in discussione di competenza della Commissione Giustizia ed in particolare sulle modifiche al testo approvato dalla Camera, relative ai nuovi reati di traffico di influenze illecite, di corruzione tra privati e di concussione per induzione, nonché alle norme che hanno portato all'inasprimento delle sanzioni previste per i reati di abuso d'ufficio, peculato, corruzione propria, corruzione per l'esercizio delle funzioni e corruzione in atti giudiziari.

Il nostro gruppo Popolo e Territorio, voterà certamente questa legge dopo aver fatto un «bilancio» della stessa che presenta sicuramente un punto di «mediazione» ma ancora presenta luci ed ombre che non possono non essere, seppur sommariamente, indicate. Votiamo per senso di responsabilità.

Il Ministro ricorderà la nostra fattiva partecipazione ai lavori della Commissione Giustizia della Camera ove abbiamo presentato emendamenti migliorativi per cercare di «costruire» norme non solo rigorose ma anche utili, effettivamente, a combattere fenomeni assolutamente troppo «diffusi» nel nostro Paese e che noi vogliamo con questa legge cercare di ridurre, sanzionare e soprattutto prevenire.

Tre principi cardine: legalità, trasparenza e meritocrazia.

Sappiamo che la corruzione è un cancro per ogni istituzione e per ogni consesso civile e va combattuto senza mai retrocedere di un passo, senza timori o «balbettii» nel redigere norme di prevenzione o sanzione (o altre), quindi sia sotto il profilo dell'«adempimento» dell'impegno internazionale assunto, sia sotto il profilo della necessità di norme di maggior contrasto e prevenzione alla concussione e corruzione.

Per queste ragioni era indispensabile intervenire e non si poteva più differire l'introduzione di questa normativa.

L'approvazione stessa della legge rappresenta un punto di luce per quanto decisamente migliorabile, ciò in quanto si dà finalmente esecuzione alla Convenzione penale del Consiglio d'Europa sulla corruzione, sottoscritta dall'Italia nel 1999 e che ricordo doveva ancora essere ratificata all'inizio di questa legislatura, dopo dieci anni!

Chiarezza vuole che sia dato atto che fu l'allora Ministro guardasigilli, onorevole Alfano, a voler dare avvio a questo provvedimento con l'emanazione nel Consiglio dei Ministri del nostro Governo e la presentazione immediata alla Presidenza del Senato sin dal maggio 2010.

Passi avanti sono stati fatti sul fronte della riduzione dei tempi degli incarichi fuori ruolo dei magistrati anche se la soluzione scelta risulta decisamente non condivisibile nel merito (numero di anni troppo elevato).

Ombre, quindi, perché non avete previsto tempi stretti per riportare i magistrati a svolgere prima il loro ruolo principale, la giurisdizione, considerato che essi stessi lamentano che i numeri sono insufficienti.

Il Parlamento di conseguenza deve censurare poi che non sia fatta piena luce sul quadro complessivo degli incarichi dirigenziali né sui doppi o multipli incarichi.

È stata approfondita ed eliminata la incompatibilità degli incarichi.

E i cumuli degli incarichi dei dipendenti pubblici che destano scandalo perché sono ancora totalmente operativi?

Passi avanti sono stati fatti sul fronte della prevenzione e repressione della corruzione. È assoluta la necessità del nostro Paese di diffondere la cultura della trasparenza e legalità in ogni atto della pubblica amministrazione così come della politica, lì dove abbiamo dovuto constatare che persiste una illegalità diffusa.

Le ombre sono ravvisabili anche nella normativa di diritto penale sostanziale con nuovi reati In particolare, potendo fare solo qualche esempio, ricordo che: in nessuno dei reati contro la pubblica amministrazione è stato inserito l'avverbio «intenzionalmente» (malgrado i nostri emendamenti) seppure indicato negli articoli 2 e 3 della Convenzione Penale.

Il mancato inserimento porta alla inevitabile lesione del principio penale della determinatezza della pena previsto dall'articolo 25 della Costituzione.

La redazione di norme in materia di pubblica amministrazione doveva portare alla previsione di una condotta più di un dolo volontario (intenzionale) sufficientemente definito e circoscritto (per garantire il corretto funzionamento della pubblica amministrazione).

In particolare, gli articoli 317 (concussione), 318 (corruzione), 346 (traffico di influenze illecite), (laddove la determinatezza è condizione essenziale e indispensabile sia per circoscrivere i confini della condotta criminosa sia per fungere da guida al comportamento del cittadino) mettono il cittadino al riparo da ipotesi ricorrenti di abusi nell'interpretazione dell'organo inquirente o giudicante.

Preservare la tutela dei cittadini: la norma sarà più obbedita quanto più sarà chiara.

L'introduzione di un più cogente elemento descrittivo avrebbe dato maggiore certezza giuridica che è un valore funzionale al rispetto del principio di legalità.

Il principio di determinatezza pregiudicherebbe lo stesso principio dell'obbligatorietà dell'azione penale posto che farebbe difetto il criterio di verifica dell'osservanza di tale obbligo. Inoltre risulterebbe menomato anche il diritto costituzionale alla difesa, data la difficoltà di confrontarsi con un'imputazione ben precisa in assenza di una puntuale descrizione legale del fatto contestato.

Il principio di tassatività perciò vincola da un lato il giudice ad una interpretazione che rifletta il fatto di reato descritto dalla norma e dall'altro il legislatore ad una descrizione il più possibile precisa del fatto di reato.

Per tali motivi per la redazione della fattispecie penale dei reati contro la pubblica amministrazione non può essere apprezzata la tecnica di legiferazione della formazione sintetica adottata.

L'introduzione dell'elemento descrittivo (intenzionalmente) avrebbe dato maggiore certezza giuridica che - come abbiamo visto - rappresenta un valore funzionale rispetto al principio di legalità.

L'avverbio «intenzionalmente» incide proprio sull'elemento soggettivo dei reati in esame.

Il dolo intenzionale è infatti quello in cui assume ruolo dominante la volontà che raggiunge l'intensità massima.

È evidente, pertanto, che in materia di reati contro la pubblica amministrazione sarebbe stato opportuno limitare la configurabilità del reato - così come previsto dalla convenzione penale sulla corruzione ratificata lo scorso 14 marzo per tutti i reati di corruzione - alle sole ipotesi realizzate con la forma del dolo intenzionale (escludendo tutte le altre forme più lievi di dolo quali il dolo eventuale e il dolo indiretto che ovviamente in assenza di tale avverbio possono essere anche idonee a configurare i delitti in oggetto).

La struttura aperta del dolo prevista per tutti i reati contro la pubblica amministrazione disciplinati da questo decreto si pone perciò in contrasto con le tecniche di redazione delle norme improntate nel rispetto del principio costituzionale di determinatezza ai sensi dell'articolo 25 della Costituzione.

Altra ombra: questo provvedimento viola il principio di proporzionalità delle pene.

Inoltre questo provvedimento presenta problemi di costituzionalità con riferimento al principio della proporzionalità delle pene considerato che l'aumento delle pene per i reati contro la pubblica amministrazione è stato introdotto senza distinguere le diverse fattispecie e apportando l'aumento a prescindere dal grado di offesa apportato dalla condotta punita al bene protetto.

Nell'ottica di voler combattere la concussione, reato gravissimo (che rappresenta una minaccia, si pone contro lo Stato di diritto, la democrazia e i diritti dell'uomo, mina i principi di buon governo, di equità e di giustizia sociale, falsa la concorrenza, ostacola lo sviluppo economico e mette in pericolo la stabilità delle istituzioni democratiche e i fondamenti morali della società)è necessario comunque predisporre delle norme tali da consentire al destinatario della norma di «avvertire» il fatto sanzionato come illecito e avvertire come giusta e proporzionata la pena che gli viene inflitta e ciò non è avvenuto.

Nell'attuale legge in quest'ottica sarebbe stato opportuno ad esempio prevedere tre forme di concussione alle pene differenti, in modo da essere proporzionate alla diversa gravità dell'offesa al bene giuridico protetto dal reato di concussione.

Con la diversificazione delle condotte sovra indicate si sarebbe eliminata una disparità di trattamento tra il pubblico ufficiale che ha ottenuto la dazione e quello che invece questa non l'ha ottenuta e tra il pubblico ufficiale che ha ottenuto l'accettazione della promessa e quello che non l'ha ottenuta in conformità dei principi costituzionali di cui agli articoli 25 e 27 secondo i quali la pena deve esser proporzionata al fatto di reato.

In particolare si osserva che il legislatore costituzionale ha affermato all'articolo 27, comma 3, Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato.

Detta norma però non è isolata e deve essere posta in relazione all'articolo 25, comma 2, della Costituzione Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso.

La differenziazione.

Ne deriva allora che proprio in base al combinato disposto dei predetti articoli, presupposto della stessa pretesa rieducativa non può che essere costituito dalla commissione di un fatto socialmente dannoso da parte del soggetto da rieducare.
Non a caso all'interno di una prospettiva tecnica pur favorevole al principio di rieducazione si è sostenuto che l'idea retributiva rappresenta un momento logico ineliminabile della pena.

La retribuzione della pena lungi cioè dall'assurgere ad un fine in sé offre pertanto la garanzia che il diritto penale mantenga l'imprescindibile nesso col fatto di reato ed in tal modo preservi la libertà del singolo da una illimitata possibilità di intervento statuale: in altri termini posto che il concetto stesso della retribuzione della pena (almeno nella sua accezione «liberal garantista») evoca un rapporto di corrispondenze tra gravità del male commesso e intensità della risposta sanzionatoria, il suo mantenimento (pur all'interno di una prospettiva che ravvisi nella rieducazione lo scopo vero della pena) permetterebbe di dosare le sanzioni in maniera corrispondente all'obbiettivo disvalore dei reati commessi perché vi è la necessità di distinguere le varie condotte concessive diversamente sanzionate. Le stesse considerazioni valgono anche in relazione all'inasprimento delle sanzioni previste per i reati di abuso d'ufficio e di peculato in quanto deve ritenersi alla luce di quanto sino ad ora osservato non proporzionato.

La prevenzione è uno dei fondamentali poli intorno a cui da sempre ruota il dibattito sul concetto e sulle funzioni della pena. La tesi che la pena serva a compensare o retribuire il male arrecato alla società con l'atto criminoso implica l'idea retributiva ovvero l'idea di proporzione tra entità della sanzione e gravità dell'offesa arrecata, tra misura della pena e grado della colpevolezza.

Il principio di proporzione oltre a caratterizzare l'idea generale di giustizia costituisce uno dei criteri guida che presiedono allo stesso funzionamento dello Stato di diritto, è per questa ragione che il principio in parola costituisce un parametro essenziale di qualsiasi teoria razionale e moderna della pena.

Nello stesso tempo la proporzione tra fatto e sanzione consente nella diversa ma complementare prospettiva della prevenzione speciale che il reo avverta la pena come giusta e che perciò assuma un atteggiamento di maggiore disponibilità psicologica verso il processo rieducativo. Oggi si concorda, infatti, all'interno di un'ottica di prevenzione generale, nell'osservare che la minaccia di una pena eccessivamente severa, comunque sproporzionata, può suscitare sentimenti di insofferenza nel potenziale trasgressore e alterare nei consociati la percezione di quella corretta scala di valori che dovrebbe riflettersi nel rapporto tra singoli reati e le sanzioni corrispondenti.

Traffico di influenze.

Altro aspetto negativo del disegno di legge in discussione è attinente al fatto che la condotta di traffico di influenza non è punita più severamente se è compiuta dal pubblico ufficiale e meno se è posta in essere dall'incaricato di un pubblico servizio. Anche in questo caso la diversificazione della pena viene effettuata al fine di garantire il principio di proporzione della pena sovra esposto.A tal fine si osserva che i pubblici ufficiali rispetto agli incaricati di un pubblico servizio debbono avere una maggiore responsabilità nel caso di violazione dei rispettivi doveri dall'altro debbono assicurare ad essi una maggiore protezione di fronte alle possibili offese degli estranei in quanto i pubblici ufficiali esercitano mansioni più alte e delicate in quanto ai sensi dell'articolo 357 del codice penale sono coloro che formano o concorrono a formare la volontà dell'ente pubblico o comunque lo rappresentano di fronte agli estranei.

Il pubblico ufficiale doveva quindi essere prevista una pena diversa dall'incaricato di un pubblico servizio.

Da questo punto di vista la «proporzionatezza» tra fatto e sanzione avvertita come tale dal reo costituisce una promessa ineliminabile dell'accettazione psicologica di un trattamento diretto a favorire nel condannato il recupero della capacità di apprezzare i valori tutelati dall'ordinamento.

L'affidabilità di un complesso normativo penale dipende, infatti, in buona parte in questo come in altri campi, non solo dalla redazione di norme incriminatrici chiuse e circoscritte ma anche e soprattutto dalla sapiente «modulazione» dei diversi possibili tipi di sanzioni a disposizione dell'ordinamento, premesse indispensabili per un controllo giudiziario misurato ed efficace che non è stato effettuato.

Pertanto è necessario segnare i confini degli illeciti meritevoli del tipo di reazione potenzialmente più drastica a disposizione dell'ordinamento distinguendo infrazioni lievi da assegnare alla competenza di meri controlli interni e/o disciplinari, da illeciti di modesta gravità sui quali intervenire mediante la previsione di illeciti amministrativi o di reati puniti con pene meno gravi - come nell'ipotesi di promessa senza dazione - e da illeciti di gravità maggiore che nel rispetto delle proporzioni comparative dell'intero sistema giuridico riescano a far emergere con chiarezza un autentico bisogno di pena criminale come nell'ipotesi più grave della dazione.

Il successo perciò degli interventi riformatori sulla materia dipenderà prevalentemente dal risalto che nelle norme di incriminazione riescano ad assumere un livello comprensibile di dannosità e un altrettanto tangibile disvalore delle condotte dei soggetti pubblici. Come dire, in definitiva dall'evidenza di un'accettabile, ragionevole, condivisibile meritevolezza della pena.

Tutti i problemi che per mancanza di attinenza della condotta e suo dolo volontario porterà all'apertura di inevitabili voragini interpretative.

Per quanto riguarda infine le ipotesi non previste andranno sicuramente normati il mancato inserimento di altre ipotesi di reato in materia di reati contro la pubblica amministrazione, il riciclaggio, il voto di scambio e il falso in bilancio, si rileva che esso non rappresenta alcun ostacolo in quanto detti reati andranno disciplinati da provvedimenti futuri a carattere generale.

Infatti non sarebbe stato corretto inserirli in questo testo che ha linee precise dettate dalla Convenzione internazionale.

È una legge che sicuramente dobbiamo votare - così come abbiamo votato la fiducia - per l'Italia, certo, per il bene dell'Italia, che vogliamo mantenga e accresca il suo ruolo in sede internazionale per motivi economici e politici.

Ma come deputati in piena autonomia e indipendenza o come giuristi non possiamo esimerci dalle numerose critiche sulle singole norme con formulazioni dubbie che non sono nell'interesse della tutela dello Stato di diritto e delle garanzie di tutti i cittadini italiani di cui siamo convintamente sostenitori.

Quindi seppur con luci e ombre sotto il profilo di diritto penale sostanziale e procedurale, impegnandosi però a dar vita a future norme che integrino le lacune e migliorino il testo, il nostro gruppo voterà a favore dell'approvazione di questa legge.

 

 


 

DISEGNO DI LEGGE: S. 2156-B – DISPOSIZIONI PER LA PREVENZIONE E LA REPRESSIONE DELLA CORRUZIONE E DELL'ILLEGALITÀ NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE (APPROVATO DAL SENATO, MODIFICATO DALLA CAMERA E NUOVAMENTE MODIFICATO DAL SENATO) (A.C. 4434-B)

 

A.C. 4434-B – Ordini del giorno

 

ORDINI DEL GIORNO

 

La Camera,

premesso che:

le plurime e allarmanti notizie di utilizzo illecito e smodato di denaro pubblico e di beni pubblici da parte, in primis, di amministratori e dipendenti pubblici, pongono la necessità di introdurre norme, da un lato, più restrittive e, dall'altro lato, di maggior efficacia preventiva e ammonitrice, per sospingere il sistema a un'inversione di tendenza rispetto al fenomeno rilevato, la cui ampiezza ha assunto, nel tempo, contorni di assoluta, inusitata e, ormai, non più tollerabile rilevanza;

appare, così, opportuno modificare ulteriormente 20, del quale, nel testo dell'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. disegno di legge in esame, nella versione approvata dal Senato della Repubblica, si sono già introdotte, alla stregua delle previsioni dell'articolo 1, comma 62, modificazioni, nel senso di prevedere che, nel giudizio di responsabilità amministrativa, susseguente alla commissione di reati contro la pubblica amministrazione, accertati con sentenza passata in giudicato, la liquidazione del danno all'immagine della medesima sia riservata alla valutazione equitativa del giudice, salvo prova contraria;

è di notevole momento, inoltre, che l'onere della prova del danno all'immagine alla pubblica amministrazione, nei predetti giudizi, sia invertito, ponendolo a carico del convenuto, sul quale, dunque, dovrebbe incombere la dimostrazione che il danno non ci sia stato o che sia stato risarcito, al fine di introdurre nell'ordinamento un incisivo e significativo deterrente, utilmente concorrente alla prevenzione dei reati di corruzione, concussione, abuso e quant'altri ancora enumerabili, consumati in vista di un profitto personale;

appare, altresì, di enorme rilievo la previsione della perseguibilità anche del soggetto privato che, in concorso con l'amministratore o il dipendente pubblico, commetta un reato dal quale derivi un danno all'immagine della pubblica amministrazione. Si annullerebbe, in tal modo, ogni discriminazione tra soggetti che concorrano alla commissione di un medesimo reato, se ne avvantaggino ciascuno per la propria parte ma, poi, non siano indistintamente perseguibili per il medesimo danno all'immagine della pubblica amministrazione, innanzi alla Corte dei Conti,

 

impegna il Governo

 

a valutare gli effetti applicativi dell'articolo 1, comma 62, al fine di adottare eventuali ulteriori iniziative normative volte ad introdurre modifiche nel senso indicato nelle premesse.

9/4434-B/1.Toto.

 

 

La Camera,

premesso che:

le plurime e allarmanti notizie di utilizzo illecito e smodato di denaro pubblico e di beni pubblici da parte, in primis, di amministratori e dipendenti pubblici, pongono la necessità di introdurre norme, da un lato, più restrittive e, dall'altro lato, di maggior efficacia preventiva e ammonitrice, per sospingere il sistema a un'inversione di tendenza rispetto al fenomeno rilevato, la cui ampiezza ha assunto, nel tempo, contorni di assoluta, inusitata e, ormai, non più tollerabile rilevanza;

è di notevole momento, inoltre, che l'onere della prova del danno all'immagine alla pubblica amministrazione, nei predetti giudizi, sia invertito, ponendolo a carico del convenuto, sul quale, dunque, dovrebbe incombere la dimostrazione che il danno non ci sia stato o che sia stato risarcito, al fine di introdurre nell'ordinamento un incisivo e significativo deterrente, utilmente concorrente alla prevenzione dei reati di corruzione, concussione, abuso e quant'altri ancora enumerabili, consumati in vista di un profitto personale;

appare, altresì, di enorme rilievo la previsione della perseguibilità anche del soggetto privato che, in concorso con l'amministratore o il dipendente pubblico, commetta un reato dal quale derivi un danno all'immagine della pubblica amministrazione. Si annullerebbe, in tal modo, ogni discriminazione tra soggetti che concorrano alla commissione di un medesimo reato, se ne avvantaggino ciascuno per la propria parte ma, poi, non siano indistintamente perseguibili per il medesimo danno all'immagine della pubblica amministrazione, innanzi alla Corte dei Conti,

 

impegna il Governo

 

a valutare gli effetti applicativi dell'articolo 1, comma 62, al fine di adottare eventuali ulteriori iniziative normative volte ad introdurre modifiche nel senso indicato nelle premesse, anche relativamente ai soggetti privati coinvolti nel giudizio di responsabilità dinanzi alla Corte dei conti.

9/4434-B/1.(Testo modificato nel corso della seduta)Toto.


 

La Camera,

viste le disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione;

atteso che il fenomeno richiede un monitoraggio continuo dei procedimenti penali concernenti i delitti commessi da pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione;

ricordato che i criteri relativi all'indice della cosiddetta corruzione percepita, utilizzati dalla trasparency international e basati su di un sistema di interviste ad operatori economici, non paiono poter prescindere dal numero di procedimenti penali avviati e conclusi ogni anno e dagli esiti dei medesimi,

 

impegna il Governo

ad evidenziare, in occasione della consueta relazione annuale sullo stato della giustizia, il numero e gli esiti dei procedimenti avviati, sopraggiunti e definiti in ordine ai delitti previsti nel libro secondo, titolo secondo, capo primo del codice penale.

9/4434-B/2.Contento, Torrisi.

 

 

La Camera,

premesso che:

il provvedimento in materia di norme contro la corruzione prevede una delega al Governo per disciplinare l'incandidabilità dei condannati al Parlamento;

attualmente è vigente una normativa in materia di incandidabilità per le elezioni locali e regionali ma essa non si estende, inspiegabilmente, al Parlamento nazionale, come pure era stato proposto con un emendamento dal presentatore del presente ordine del giorno;

l'articolo 51 della Costituzione prevede che sia la legge a definire le condizioni di accesso alle cariche pubbliche e l'articolo 54 della Costituzione stabilisce che esse debbano essere esercitate «con onore»;

nell'opinione pubblica è diffusa l'idea che i parlamentari debbano esprimere evidenti doti di moralità pubblica e non essere gravati da condanne per reati di una certa gravità;

è urgente che, per la necessaria fiducia tra cittadini e istituzioni democratiche, siano adottate con urgenza tutte le misure utili per affermare la cultura della legalità e favorire la crescita di una condivisa etica pubblica,

 

impegna il Governo

 

ad esercitare con urgenza la delega in materia di incandidabilità affinché le nuove norme possano essere vigenti già per le prossime elezioni nazionali del 2013.

9/4434-B/3.Mantini.

 

 

La Camera,

premesso che:

l'articolo 1, commi 63 e seguenti, del provvedimento in esame delega il Governo ad adottare un testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità temporanea a cariche elettive e di governo, a livello centrale, regionale e locale, nonché in materia di divieto di ricoprire alcune cariche, proprie degli enti locali, in caso di sentenze definitive di condanna per delitti previsti dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater del codice di procedura penale e per i delitti previsti dal Libro II, Capo I del codice penale ovvero per altri delitti per i quali la legge preveda una pena detentiva superiore nel massimo a tre anni;

il termine della delega è fissato in un anno dalla data di entrata in vigore della legge e, ove venisse utilizzato interamente dal Governo, le significative innovazioni concernenti le incandidabilità non potrebbero disciplinare le imminenti elezioni per la Camera dei deputati, per il Senato della Repubblica e per i Consigli regionali;

lo schema di decreto legislativo dovrà, inoltre, essere trasmesso alle Camere ai fini dell'espressione, entro sessanta giorni, dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, prima di poter essere definitivamente adottato;

è opportuno applicare la disciplina prevista dalle disposizioni della delega a partire dalle prossime scadenze elettorali;

è necessario che a tal fine le disposizioni abbiano carattere cogente sin dalla fase di formazione e quindi dalla presentazione delle stesse,

 

impegna il Governo

a voler adottare il decreto legislativo di cui ai commi 63 e seguenti entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge ovvero, in ogni caso, in tempo utile per poter consentirne l'entrata in vigore e l'applicazione in occasione delle prossime elezioni politiche, regionali e amministrative.

9/4434-B/4.Ferranti, Bressa, Orlando, Giovanelli, Amici, Lo Moro, Bordo, D'Antona, Fiano, Fontanelli, Minniti, Naccarato, Pollastrini, Vassallo, Zaccaria, Capano, Cavallaro, Cilluffo, Ciriello, Concia, Cuperlo, Franceschini, Melis, Rossomando, Samperi, Tenaglia, Picierno, Ferrari, Garavini, Narducci.

 

 

La Camera,

premesso che:

l'articolo 1, commi 63 e seguenti, del provvedimento in esame delega il Governo ad adottare un testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità temporanea a cariche elettive e di governo, a livello centrale, regionale e locale, nonché in materia di divieto di ricoprire alcune cariche, proprie degli enti locali, in caso di sentenze definitive di condanna per delitti previsti dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater del codice di procedura penale e per i delitti previsti dal Libro II, Capo I del codice penale ovvero per altri delitti per i quali la legge preveda una pena detentiva superiore nel massimo a tre anni;

il termine della delega è fissato in un anno dalla data di entrata in vigore della legge e, ove venisse utilizzato interamente dal Governo, le significative innovazioni concernenti le incandidabilità non potrebbero disciplinare le imminenti elezioni per la Camera dei deputati, per il Senato della Repubblica e per i Consigli regionali;

lo schema di decreto legislativo dovrà, inoltre, essere trasmesso alle Camere ai fini dell'espressione, entro sessanta giorni, dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, prima di poter essere definitivamente adottato;

è opportuno applicare la disciplina prevista dalle disposizioni della delega a partire dalle prossime scadenze elettorali;

è necessario che a tal fine le disposizioni abbiano carattere cogente sin dalla fase di formazione e quindi dalla presentazione delle stesse,

 

impegna il Governo

a voler adottare il decreto legislativo in tempo utile per poter consentirne l'entrata in vigore e l'applicazione in occasione delle prossime elezioni politiche, regionali e amministrative.

9/4434-B/4.(Testo modificato nel corso della seduta)Ferranti, Bressa, Orlando, Giovanelli, Amici, Lo Moro, Bordo, D'Antona, Fiano, Fontanelli, Minniti, Naccarato, Pollastrini, Vassallo, Zaccaria, Capano, Cavallaro, Cilluffo, Ciriello, Concia, Cuperlo, Franceschini, Melis, Rossomando, Samperi, Tenaglia, Picierno, Ferrari, Garavini, Narducci.

 

 

La Camera,

premesso che:

l'articolo 1, commi 63 e seguenti, delega il Governo ad adottare un testo unico per disciplinare, in caso di sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, l'incandidabilità temporanea a cariche elettive e di governo, a livello centrale, regionale e locale nonché il divieto di ricoprire alcune cariche, proprie degli enti locali;

il termine della delega è tuttavia fissato, dal comma 63, in un anno dalla data di entrata in vigore della legge. Conseguentemente, ove dovesse essere approvata definitivamente la norma in oggetto ed ove l'Esecutivo dovesse utilizzare interamente l'ambito temporale ivi contenuto, le significative innovazioni concernenti le incandidabilità non potrebbero disciplinare le imminenti elezioni per la Camera dei deputati, per il Senato della Repubblica e per i Consigli regionali;

pur stigmatizzando il carattere temporaneo della incandidabilità, così come disciplinata dal provvedimento in oggetto, l'istituto potrebbe in ogni caso rappresentare valida soluzione con riferimento alle prossime scadenze elettorali,

 

impegna il Governo

a voler adottare il decreto legislativo di cui ai commi 63 e seguenti entro un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge ovvero, in ogni caso, in tempo utile per poter consentirne l'entrata in vigore e l'applicazione in occasione delle prossime elezioni regionali e politiche.

9/4434-B/5.Di Pietro, Palomba, Donadi, Favia, Borghesi, Evangelisti.

 

 

La Camera,

premesso che:

l'articolo 1, commi 63 e seguenti, delega il Governo ad adottare un testo unico per disciplinare, in caso di sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, l'incandidabilità temporanea a cariche elettive e di governo, a livello centrale, regionale e locale nonché il divieto di ricoprire alcune cariche, proprie degli enti locali;

il termine della delega è tuttavia fissato, dal comma 63, in un anno dalla data di entrata in vigore della legge. Conseguentemente, ove dovesse essere approvata definitivamente la norma in oggetto ed ove l'Esecutivo dovesse utilizzare interamente l'ambito temporale ivi contenuto, le significative innovazioni concernenti le incandidabilità non potrebbero disciplinare le imminenti elezioni per la Camera dei deputati, per il Senato della Repubblica e per i Consigli regionali;

pur stigmatizzando il carattere temporaneo della incandidabilità, così come disciplinata dal provvedimento in oggetto, l'istituto potrebbe in ogni caso rappresentare valida soluzione con riferimento alle prossime scadenze elettorali,

 

impegna il Governo

a voler adottare il decreto legislativo in tempo utile per poter consentirne l'entrata in vigore e l'applicazione in occasione delle prossime elezioni regionali e politiche.

9/4434-B/5.(Testo modificato nel corso della seduta)Di Pietro, Palomba, Donadi, Favia, Borghesi, Evangelisti.

 

 

La Camera,

premesso che:

il provvedimento in discussione reca disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione;

il sistema giuridico italiano utilizza la locuzione «false comunicazioni sociali» per indicare quel reato contemplato dal codice civile all'articolo 2621 e specificato dagli articoli successivi, e che comprende quindi non soltanto la fraudolenta compilazione del solo bilancio, ma anche quella di tutte le comunicazioni sociali e delle relazioni che la legge impone di redigere, oltre all'omissione di questi obblighi;

le norme sanzionatorie in materia societaria sono state oggetto di profonda revisione a seguito dell'entrata in vigore del decreto legislativo 11 aprile 2002, n.61, che ha, tra l'altro, sostituito l'intero titolo XI del libro quinto del codice civile, dettando nuove disposizioni penali in materia di società e di consorzi;

la depenalizzazione del reato di falso in bilancio di fatto ha facilitato una gestione spericolata e spesso fantasiosa dei bilanci;

per effetto delle modifiche introdotte dal legislatore molti reati in materia societaria sono stati trasformati da delitti (punibili con la reclusione) a contravvenzioni (punibili con l'arresto), se non in meri illeciti amministrativi;

la sesta Commissione del Consiglio superiore della magistratura, nel suo parere sul disegno di legge in discussione, ha precisato che un «intervento ambizioso» avrebbe potuto riguardare anche il «reato di falso in bilancio’’, fattispecie «funzionalmente connessa ai reati contro la pubblica amministrazione». Ad avvalorare la tesi «parlano le statistiche internazionali»;

a questo proposito si è persa una grande occasione per reintrodurre nel nostro sistema una norma di civiltà, quella che punisce il falso in bilancio: posto che esso serve a costituire quei fondi neri che sono appunto l'anticamera della corruzione;

appare quanto mai opportuno e urgente impedire la formazione di patrimoni illeciti da parte delle società poiché questi possono essere agevolmente utilizzati, in via occulta, per commettere altri reati, in particolare per attivare pratiche di corruzione lesive del buon andamento della pubblica amministrazione e delle istituzioni,

 

impegna il Governo

 

a valutare l'opportunità di adottare ogni ulteriore iniziativa utile a ridurre e contrastare il fenomeno della corruzione, provvedendo altresì a ripristinare le disposizioni in materia di «falso in bilancio».

9/4434-B/6. Lo Presti, Granata, Di Biagio.

 

 

La Camera,

premesso che:

il provvedimento in discussione reca disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione;

il sistema giuridico italiano utilizza la locuzione «false comunicazioni sociali» per indicare quel reato contemplato dal codice civile all'articolo 2621 e specificato dagli articoli successivi, e che comprende quindi non soltanto la fraudolenta compilazione del solo bilancio, ma anche quella di tutte le comunicazioni sociali e delle relazioni che la legge impone di redigere, oltre all'omissione di questi obblighi;

le norme sanzionatorie in materia societaria sono state oggetto di profonda revisione a seguito dell'entrata in vigore del decreto 61, che ha, tra l'altro, sostituito l'interolegislativo 11 aprile 2002, n. titolo XI del libro quinto del codice civile, dettando nuove disposizioni penali in materia di società e di consorzi;

per effetto delle modifiche introdotte dal legislatore molti reati in materia societaria sono stati trasformati da delitti (punibili con la reclusione) a contravvenzioni (punibili con l'arresto), se non in meri illeciti amministrativi;

la sesta Commissione del Consiglio superiore della magistratura, nel suo parere sul disegno di legge in discussione, ha precisato che un «intervento ambizioso» avrebbe potuto riguardare anche il «reato di falso in bilancio’’, fattispecie «funzionalmente connessa ai reati contro la pubblica amministrazione». Ad avvalorare la tesi «parlano le statistiche internazionali»;

appare quanto mai opportuno e urgente impedire la formazione di patrimoni illeciti da parte delle società poiché questi possono essere agevolmente utilizzati, in via occulta, per commettere altri reati, in particolare per attivare pratiche di corruzione lesive del buon andamento della pubblica amministrazione e delle istituzioni,

impegna il Governo

a valutare ogni ulteriore iniziativa utile a contrastare il fenomeno della corruzione, assumendo altresì le iniziative di propria competenza in relazione all'esame dei provvedimenti pendenti in Parlamento in tema di «falso in bilancio».

9/4434-B/6.(Testo modificato nel corso della seduta) Lo Presti, Granata, Di Biagio.

 

 

La Camera,

premesso che:

il provvedimento in discussione reca disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione;

in Italia il voto di scambio è una pratica tristemente e largamente estesa, e in particolare quello politico-mafioso è un reato ai sensi dell'articolo 416-ter del codice penale;

è diffuso il «voto di scambio» per cui viene sfruttata, nel corso di consultazioni elettorali, l'influenza che gli ambienti delinquenziali esercitano su gran parte della popolazione per far confluire i voti su soggetti che hanno favorito (o che favoriranno), con interventi legislativi o con la concessione di appalti per la costruzione di opere pubbliche, lo sviluppo delle attività imprenditoriali riferite a gruppi criminali;

dalle cronache degli ultimi mesi si è potuto osservare come le aree di influenza della criminalità organizzata si sono estese sino alle regioni del Nord e anche qui sono ormai evidenti segnali di indirizzo illecito del voto attraverso scambi o promesse di scambi;

ciò che rende l'atto illegale e particolarmente deprecabile è l'abuso di potere teso a elargire favori, spesso illegali, in cambio del voto, violentando in questa maniera le istituzioni politiche e amministrative, «falsando» inoltre gli esiti di quelle che dovrebbero essere regolari e democratiche consultazioni elettorali;

occorre integrare la normativa del codice penale prevista dall'articolo 416-ter al fine di estendere la pena stabilita per lo scambio elettorale politico-mafioso anche a chi si adopera per far ottenere la promessa di voti prevista dal terzo comma dell'articolo articolo 416-bis;

appare urgente inoltre prevedere che, oltre all'erogazione di denaro, anche il trasferimento di qualunque altra utilità possa rientrare tra le finalità del reato,

impegna il Governo

a valutare l'opportunità, sin dai prossimi interventi in materia, di rendere più incisiva la disciplina sul voto di scambio estendendo l'applicabilità della normativa vigente.

9/4434-B/7.Di Biagio, Granata, Lo Presti.

 

La Camera,

premesso che:

il provvedimento in esame, modificato dal Senato, reca una serie di disposizioni in materia di prevenzione e repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione;

in particolare, l'articolo 1, comma 63, con riguardo alla prevenzione e repressione della corruzione nella pubblica amministrazione, delega il Governo ad adottare un decreto legislativo recante un testo unico della normativa in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di governo (a livello centrale, regionale, locale ed europeo), a seguito di sentenze definitive di condanna per delitti non colposi;

la finalità del testo unico è, inoltre, quella di disciplinare i casi di decadenza e di sospensione dalle cariche in caso di sentenze definite di condanna successive all'elezione o all'assunzione della carica e di coordinare le norme sull'incandidabilità con quelle vigenti in materia di interdizione dai pubblici uffici e di riabilitazione, nonché con le restrizioni all'esercizio del diritto di voto attivo;

in questo particolare momento storico, caratterizzato da un forte e diffuso senso di sfiducia collettiva verso l'intero sistema istituzionale italiano, è quanto mai urgente, anche al fine di determinare l'avvio di una nuova stagione politica e «civile» per il nostro Paese, affrontare tali tematiche in maniera efficace e credibile;

è auspicabile, quindi, che tutti i partiti e i movimenti politici, con una chiara e coerente assunzione di responsabilità, non candidino nelle proprie liste coloro che siano stati condannati, anche con sentenza non definitiva, per alcuni reati particolarmente gravi e di particolare allarme sociale, recependo integralmente il codice etico di formazione delle liste delle candidature approvato all'unanimità da tutti gli schieramenti politici presenti in Commissione bicamerale antimafia,

 

impegna il Governo

ad adottare tempestivamente tutte le misure di competenza – anche attraverso ulteriori interventi di carattere normativo – volte a recepire e a rendere vincolanti nell'ordinamento i principi introdotti dal codice etico di cui in premessa.

9/4434-B/8.Granata, Di Biagio, Lo Presti.

 

 

La Camera,

premesso che:

il provvedimento in esame, modificato dal Senato, reca una serie di disposizioni in materia di prevenzione e repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione;

in particolare, l'articolo 1, comma 63, con riguardo alla prevenzione e repressione della corruzione nella pubblica amministrazione, delega il Governo ad adottare un decreto legislativo recante un testo unico della normativa in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di governo (a livello centrale, regionale, locale ed europeo), a seguito di sentenze definitive di condanna per delitti non colposi;

la finalità del testo unico è, inoltre, quella di disciplinare i casi di decadenza e di sospensione dalle cariche in caso di sentenze definite di condanna successive all'elezione o all'assunzione della carica e di coordinare le norme sull'incandidabilità con quelle vigenti in materia di interdizione dai pubblici uffici e di riabilitazione, nonché con le restrizioni all'esercizio del diritto di voto attivo;

in questo particolare momento storico, caratterizzato da un forte e diffuso senso di sfiducia collettiva verso l'intero sistema istituzionale italiano, è quanto mai urgente, anche al fine di determinare l'avvio di una nuova stagione politica e «civile» per il nostro Paese, affrontare tali tematiche in maniera efficace e credibile;

è auspicabile, quindi, che tutti i partiti e i movimenti politici, con una chiara e coerente assunzione di responsabilità, non candidino nelle proprie liste coloro che siano stati condannati, anche con sentenza non definitiva, per alcuni reati particolarmente gravi e di particolare allarme sociale, recependo integralmente il codice etico di formazione delle liste delle candidature approvato all'unanimità da tutti gli schieramenti politici presenti in Commissione bicamerale antimafia,

 

impegna il Governo

ad adottare tempestivamente ulteriori misure di competenza volte a favorire l'applicazione dei principi introdotti dal codice etico di cui in premessa.

9/4434-B/8.(Testo modificato nel corso della seduta)Granata, Di Biagio, Lo Presti.

 

 

La Camera,

premesso che:

la persona segnalante eventuali fenomeni di corruzione o atti illegali nella pubblica amministrazione, di fatto compie il proprio dovere morale e tutela la propria persona fisica anche al fine di prendere le distanze da qualunque reato associativo concorsuale;

il segnalato in sede disciplinare deve dimostrare, al contrario, la propria estraneità da ciò che viene a lui addebitato;

la sezione disciplinare deve avere compiti definiti e libertà di azione al fine di accertare i fatti derivanti dalla segnalazione,

 

impegna il Governo

a monitorare gli effetti applicativi della disposizione di cui al comma 51 dell'articolo 1, al fine di adottare ulteriori iniziative normative volte a prevedere che non sia resa pubblica l'identità della persona segnalante, nel proprio ambito di lavoro, onde evitare possibili ripercussioni morali e fisiche di cui il segnalante potrebbe essere oggetto.

9/4434-B/9.Scilipoti.

 

La Camera,

premesso che:

il comma 64 dell'articolo 1, alle lettere g) ed i), impegna il Governo: 1) ad operare una completa ricognizione della normativa vigente in materia di incandidabilità alle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali e di divieto di ricoprire le cariche di presidente della provincia, sindaco, assessore e consigliere provinciale e comunale, presidente e componente del consiglio circoscrizionale, presidente e componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all'articolo 114 del testo unico di cui al decreto 267 del 2000, presidente e componente degli organi delle comunitàlegislativo n. montane, determinata da sentenze definitive di condanna; 2) ad individuare, fatta salva la competenza legislativa regionale sul sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del presidente e degli altri componenti della giunta regionale nonché dei consiglieri regionali, le ipotesi di incandidabilità alle elezioni regionali e di divieto di ricoprire cariche negli organi politici di vertice delle regioni, conseguenti a sentenze definitive di condanna;

l’articolo 15 della legge n. 55 del 1990 (recante «Nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazione di pericolosità sociale»), per le elezioni regionali, e l'articolo 58 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali per quanto riguarda quelle provinciali, comunali e circoscrizionali, sanciscono le ipotesi di incandidabilità di tutti coloro che sono stati condannati con sentenza passata in giudicato per determinati reati ovvero cui sia stata applicata con provvedimento definitivo una misura di prevenzione in quanto indiziati di appartenere ad una associazione di tipo mafioso;

nell'individuare i casi di incandidabilità, ciascuna delle citate norme rimanda a fattispecie di reato molto diverse tra loro: reati di associazione mafiosa; delitto di cui all'articolo 74 del testo unico approvato con decreto 309 del 1990, o un delitto di cuidel Presidente della Repubblica n. all'articolo 73 del citato testo unico sugli stupefacenti, concernente la produzione o il traffico di dette sostanze; i più gravi reati contro la pubblica amministrazione; i delitti concernenti la fabbricazione, l'importazione, l'esportazione, la vendita o cessione, nonché, nei casi in cui sia inflitta la pena della reclusione non inferiore ad un anno, il porto, il trasporto e la detenzione di armi, munizioni o materie esplodenti, o per il delitto di favoreggiamento personale o reale commesso in relazione a taluno dei predetti reati; delitti non colposi puniti con una pena superiore ai due anni di reclusione; ogni altro reato per il quale sia stata applicata una pena superiore ai sei mesi di reclusione se, nel contempo, ricorra l'abuso dei poteri o la violazione dei doveri inerenti una pubblica funzione;

dunque le ipotesi che portano alla incandidabilità, in linea con la ratio e le finalità 55 del 1990, che a sua volta si inserisce nel filone delladella legge n. cosiddetta legislazione antimafia, sono state determinate dal legislatore sulla base della «gravità dei fatti»; fatti e delitti talmente gravi da comportare, per la persona investita del «munus publicum», la perdita della «dignità necessaria» allo svolgimento della funzione. Solo le predette esigenze e finalità possono infatti determinare restrizioni del diritto all'elettorato passivo, che la Costituzione assicura in via generale all'articolo 51 e che la stessa Corte costituzionale ha riportato nell'alveo dei diritti inviolabili sanciti dall'articolo 2 della stessa Carta fondamentale;

pur avendo le citate disposizioni natura di norme eccezionali, attualmente, nell'ambito delle ipotesi di incandidabilità, vengono pacificamente ricondotti, attraverso una interpretazione estensiva del dettato normativo, anche i comportamenti meno gravi tra quelli tipicamente indicati dall'articolo 73 del decreto del 309 del 1990; condotte cioè che nulla hanno a chePresidente della Repubblica n. fare con la produzione o il traffico di sostanze stupefacenti (le sole che sono state presuntivamente, e ragionevolmente, ricollegate dal legislatore alle attività della criminalità), o che nulla hanno a che fare con eventuali infiltrazioni della criminalità organizzata negli enti locali e, quindi, con la salvaguardia dell'ordine e della sicurezza pubblica, con la tutela della libera determinazione degli organi elettivi e con il buon andamento e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche, e che, pertanto, difficilmente possono essere considerate sintomatiche di quella «capacità criminale degli eletti» idonea a risolvere il rapporto fiduciario con gli elettori ed a compromettere il corretto funzionamento dell'amministrazione pubblica;

tale mancata distinzione concettuale corre il rischio di essere fonte di difficoltà interpretativa e soprattutto di essere penalizzante nei confronti di quei cittadini che abbiano riportato una condanna per fatti di particolare tenuità o in presenza di circostanze attenuanti che mal si conciliano con un giudizio di «indegnità morale» a ricoprire cariche elettive;

appare quanto mai opportuno che, in sede di attuazione della delega, sia posta attenzione al problema e data ad esso corretta soluzione tecnico-legislativa, atteso che in tutti questi casi la necessità di difendere lo Stato dalle infiltrazioni della criminalità organizzata, dagli intrecci mafia-politica, dalle corruttele e dai clientelismi propri di alcuni gravissimi reati, tra cui quelli contro la pubblica 55 del 1990 e il testo unico sugli enti localiamministrazione, che la legge n. prendono in considerazione, non ha ragione di esistere,

 

impegna il Governo

a precisare, in sede di emanazione della normativa delegata, che l'incandidabilità nelle ipotesi di cui all'articolo 1, comma 64, lettere g), h) ed i), non sussiste ogniqualvolta nella sentenza definitiva di condanna od in quella di applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale sia stata riconosciuta all'imputato la circostanza attenuante di cui all'articolo 62, numero 1), del codice penale o la circostanza attenuante ad effetto speciale del fatto di lieve entità.

9/4434-B/10.Bernardini, Beltrandi, Farina Coscioni, Mecacci, Maurizio Turco, Zamparutti.

 

 

La Camera,

premesso che:

le ultime rilevazioni dell'indice della percezione della corruzione compiute da Transparency International basate sulle opinioni di esperti e professionisti, collocano l'Italia al sessantanovesimo posto a pari merito con il Ghana e la Macedonia, con un progressivo aggravamento della corruzione percepita negli ultimi anni;

nell'ultima rilevazione dell'indice, pubblicata il 1o dicembre 2011, all'esito della valutazione di 182 paesi, l'Italia si è attestata sul punteggio di 3.9 contro il 6.9 della media OCSE;

l'indice della percezione è stato poi ulteriormente elaborato in considerazione del rapporto che, generalmente, lega la corruzione al reddito pro capite e all'indice di sviluppo umano. Il risultato è l’Excess Perceived Corruption Index (EPCI), che misura quanto un paese si discosti dai valori di corruzione attesi. Secondo quest'ultimo indice, l'Italia si collocherebbe al penultimo posto, «battuta» solo dalla Grecia;

il livello di legalità, il funzionamento efficace ed efficiente della pubblica amministrazione, il contrasto alla corruzione sono i veri fattori critici di successo per lo sviluppo economico;

la qualità dei canali attraverso cui passa la spesa pubblica in tutti i settori diventa oggi più che mai prerogativa indispensabile,

 

impegna il Governo

a valutare la possibilità di adottare ulteriori misure più restrittive e ad adottare ulteriori misure di prevenzione e di contrasto della corruzione e dell'illegalità anche in settori pubblici più a rischio come la sanità, appalti, servizi e forniture e controlli.
9/4434-B/11.
Di Stanislao.

 

 

La Camera,

premesso che:

ai commi dal 66 al 72 dell'articolo 1 del disegno di legge in esame si disciplina modificandolo il regime della messa in fuori ruolo per i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, avvocati e procuratori dello Stato;

in particolare al comma 66 si prevede che «tutti gli incarichi presso istituzioni, organi ed enti pubblici, nazionali ed internazionali attribuiti in posizioni apicali o semiapicali, compresi quelli di titolarità dell'ufficio di gabinetto, a magistrati ordinari amministrativi, contabili e militari, avvocati e procuratori dello Stato, devono essere svolti con contestuale collocamento in posizione di fuori ruolo, che deve permanere per tutta la durata dell'incarico»;

al comma 67 si prevede che «il Governo è delegato ad adottare, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per l'individuazione di ulteriori incarichi, anche negli uffici di diretta collaborazione che in aggiunta a quelli di cui al comma 66, comportano l'obbligatorio collocamento in posizione di fuori ruolo»;

nel corso dell’iter del provvedimento sia in Commissione che in Aula è stato impossibile poter fare delle valutazioni precise in quanto non si avevano dati precisi sulla consistenza dell'utilizzo del regime di messa in fuori ruolo;

i dati forniti alle Commissioni Affari costituzionali e Giustizia da parte dei Ministri della giustizia e per la pubblica amministrazione e la semplificazione erano incompleti e non aggiornati,

 

impegna il Governo

a costituire, entro sessanta giorni dall'approvazione della presente legge, presso i Ministero della giustizia e il Dipartimento per la pubblica amministrazione e la semplificazione, un'unica banca dati consultabile pubblicamente, anche online attraverso i rispettivi siti, nella quale siano raccolti e classificati in modo chiaro e leggibile i seguenti dati: ruolo originario di colui o colei che viene posto in fuori ruolo; titolarità e durata dell'incarico fuori ruolo attuale; elenco degli incarichi fuori ruolo precedentemente svolti comprensivi per ciascuno della durata e della funzione; computo complessivo degli anni trascorsi in posizione di fuori ruolo nell'intera carriera;

ad aggiornare tale banca dati con periodicità mensile;

a depositare copia della medesima banca dati, entro sessanta giorni dall'approvazione della presente legge, alla Presidenza della Camera dei deputati e a quella del Senato della Repubblica, affinché la possano trasmettere alle Commissioni competenti.

9/4434-B/12.Giachetti, Reguzzoni.

 

 

La Camera,

premesso che:

ai commi dal 66 al 72 dell'articolo 1 del disegno di legge in esame si disciplina modificandolo il regime della messa in fuori ruolo per i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, avvocati e procuratori dello Stato;

in particolare al comma 66 si prevede che «tutti gli incarichi presso istituzioni, organi ed enti pubblici, nazionali ed internazionali attribuiti in posizioni apicali o semiapicali, compresi quelli di titolarità dell'ufficio di gabinetto, a magistrati ordinari amministrativi, contabili e militari, avvocati e procuratori dello Stato, devono essere svolti con contestuale collocamento in posizione di fuori ruolo, che deve permanere per tutta la durata dell'incarico»;

al comma 67 si prevede che «il Governo è delegato ad adottare, entro quattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per l'individuazione di ulteriori incarichi, anche negli uffici di diretta collaborazione che in aggiunta a quelli di cui al comma 66, comportano l'obbligatorio collocamento in posizione di fuori ruolo»;

nel corso dell’iter del provvedimento sia in Commissione che in Aula è stato impossibile poter fare delle valutazioni precise in quanto non si avevano dati precisi sulla consistenza dell'utilizzo del regime di messa in fuori ruolo;

i dati forniti alle Commissioni Affari costituzionali e Giustizia da parte dei Ministri della giustizia e per la pubblica amministrazione e la semplificazione erano incompleti e non aggiornati,

 

impegna il Governo

a costituire, entro sessanta giorni dall'approvazione della presente legge, presso il Ministero della giustizia e la Presidenza del Consiglio dei ministri, un'unica banca dati consultabile pubblicamente, anche online attraverso i rispettivi siti, nella quale siano raccolti e classificati in modo chiaro e leggibile i seguenti dati: ruolo originario dei magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, avvocati e procuratori dello Stato che vengono posti fuori ruolo; titolarità e durata dell'incarico fuori ruolo attuale; elenco degli incarichi fuori ruolo precedentemente svolti comprensivi per ciascuno della durata e della funzione; computo complessivo degli anni trascorsi in posizione di fuori ruolo nell'intera carriera;

ad aggiornare tale banca dati con periodicità mensile;

a depositare copia della medesima banca dati, entro sessanta giorni dall'approvazione della presente legge, alla Presidenza della Camera dei deputati e a quella del Senato della Repubblica, affinché la possano trasmettere alle Commissioni competenti.

9/4434-B/12.(Testo modificato nel corso della seduta) Giachetti, Reguzzoni.

 

La Camera,

premesso che:

il provvedimento intende realizzare un'efficace politica di contrasto integrato e coordinato del fenomeno corruttivo mediante l'introduzione di strumenti di prevenzione, volti ad incidere sull'occasione di corruzione e sui fattori che ne favoriscono la diffusione e in particolare a tal fine il Governo è delegato ad adottare:

a) un decreto legislativo per il riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione;

b) un decreto legislativo per la disciplina organica degli illeciti e sanzioni disciplinari;

c) un decreto legislativo per la attribuzione di incarichi dirigenziali di non conferibilità e di incompatibilità degli incarichi dirigenziali;

il provvedimento prevede, inoltre, che il Governo definisca un codice di comportamento per i dipendenti della pubblica amministrazione, da approvare con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri;

esiste la necessità cogente che le disposizioni in materia di contrasto del fenomeno della corruzione esplichino la loro efficacia entro la fine della legislatura, anche in virtù della connessione con la attuale crisi economica, per ridare slancio alla crescita e lo sviluppo del Paese,

impegna il Governo

ad esercitare le deleghe di cui in premessa e ad approvare il decreto del Presidente della Repubblica in materia di codice di comportamento per i dipendenti della pubblica amministrazione in tempo utile a consentirne l'entrata in vigore entro la fine della legislatura.

9/4434-B/13.Giovanelli, Ferranti.