Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Prevenzione e repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione A.C. 4434 - Legge 6 novembre 2012, n. 190 - Lavori preparatori - Iter alla Camera -Discussione in Assemblea - Parte quarta
Riferimenti:
AC N. 4434/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 513    Progressivo: 1
Data: 05/12/2012
Descrittori:
CORRUZIONE E CONCUSSIONE   L 2012 0190
PREVENZIONE DEL CRIMINE   REATI CONTRO L' AMMINISTRAZIONE PUBBLICA E LA GIUSTIZIA
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni
II-Giustizia
Altri riferimenti:
AS N. 2164/XVI   AS N. 2168/XVI
AS N. 2174/XVI   AS N. 2340/XVI
AS N. 2346/XVI   AS N. 2156/XVI
AS N. 2044/XVI     

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di

Progetti di legge

Disposizioni per la prevenzione
e la repressione della corruzione
e dell'illegalità nella pubblica amministrazione

 

Legge 6 novembre 2012, n. 190

Lavori preparatori
Camera dei deputati (A.C. 4434) (discussione in Assemblea)

 

 

 

 

 

 

n. 513/1

(parte quarta)

 

 

5 dicembre 2012

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Istituzioni

( 066760-3855 / 066760-9475 – * st_istituzioni@camera.it

 

 

 

 

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: ac0660a4.doc

 


INDICE

Camera dei deputati

§      A.C. 4434 e abb.-A, (Governo), Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione                                                                 3

Discussione in Assemblea

Seduta del 28 maggio 2012                                                                                    47

Seduta del 30 maggio 2012                                                                                    93

Seduta del 31 maggio 2012                                                                                  146

Seduta del 5 giugno 2012                                                                                     197

Seduta del 6 giugno 2012                                                                                     249

Seduta del 7 giugno 2012                                                                                     299

Seduta del 12 giugno 2012                                                                                   310

Seduta del 13 giugno 2012                                                                                   317

Seduta del 14 giugno 2012                                                                                   433

 

 


Camera dei deputati

 


 

N. 4434-3380-3580-4382-4501-4516-4906-A

 

CAMERA DEI DEPUTATI

______________________________

DISEGNO DI LEGGE

 

 

APPROVATO DAL SENATO DELLA REPUBBLICA

il 15 giugno 2011 (v. stampato Senato n. 2156)

presentato dal ministro della giustizia

(ALFANO)

di concerto con il ministro dell'interno

(MARONI)

con il ministro per le riforme per il federalismo

(BOSSI)

con il ministro per la semplificazione normativa

(CALDEROLI)

e con il ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione

(BRUNETTA)

Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione

Trasmesso dal Presidente del Senato della Repubblica il 16 giugno 2011

 

e sulle

 

PROPOSTE DI LEGGE

 

n. 3380, d'iniziativa dei deputati

DI PIETRO, PALOMBA, DONADI, EVANGELISTI, BORGHESI, BARBATO, CAMBURSANO, CIMADORO, DI GIUSEPPE, DI STANISLAO, FAVIA, ANIELLO FORMISANO, MESSINA, MONAI, MURA, LEOLUCA ORLANDO, PALADINI, PALAGIANO, PIFFARI, PORCINO, RAZZI, ROTA, SCILIPOTI, ZAZZERA

Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in materia di delitti contro la pubblica amministrazione, nonché disposizioni in materia di incandidabilità e di ineleggibilità alle cariche di deputato, di senatore e di membro del Parlamento europeo e disposizioni concernenti le cause ostative all'assunzione di incarichi di governo

Presentata il 9 aprile 2010

 

 

n. 3850, d'iniziativa dei deputati

FERRANTI, ANDREA ORLANDO, AMICI, CAVALLARO, CIRIELLO, CUPERLO, D'ANTONA, FERRARI, FIANO, MELIS, NACCARATO, PICIERNO, SAMPERI, TENAGLIA, TIDEI, TOUADI

Modifiche al codice penale e altre disposizioni per il contrasto della corruzione nella pubblica amministrazione e nel settore privato, nonché disposizioni in materia di incandidabilità, di ineleggibilità e di decadenza dalle cariche elettive negli enti locali

Presentata il 10 novembre 2010

 

 

n. 4382, d'iniziativa dei deputati

GIOVANELLI, ANDREA ORLANDO, MELIS, AGOSTINI, AMICI, BELLANOVA, BERRETTA, BOCCI, BOCCIA, BOCCUZZI, BOFFA, BOSSA, BRAGA, BRANDOLINI, CAPODICASA, CARELLA, MARCO CARRA, CASTAGNETTI, CAVALLARO, CENNI, CODURELLI, CORSINI, CUPERLO, DAL MORO, D'ANTONA, DE BIASI, DE PASQUALE, D'INCECCO, FEDI, FERRARI, FIANO, FONTANELLI, FRONER, GARAVINI, GATTI, GHIZZONI, GINOBLE, GNECCHI, GOZI, GRAZIANO, LAGANÀ FORTUGNO, LARATTA, LENZI, LOVELLI, LUCÀ, LULLI, MARANTELLI, MARCHI, MARCHIGNOLI, MARGIOTTA, MARIANI, CESARE MARINI, MARTELLA, MATTESINI, MAZZARELLA, GIORGIO MERLO, MIGLIOLI, MIOTTO, MISIANI, MOGHERINI REBESANI, MOTTA, MURER, NACCARATO, NARDUCCI, OLIVERIO, PEDOTO, PELUFFO, MARIO PEPE (PD), PICCOLO, PIZZETTI, POLLASTRINI, POMPILI, PORTA, QUARTIANI, RAMPI, ROSATO, ROSSOMANDO, RUBINATO, RUGGHIA, SAMPERI, SANI, SBROLLINI, SCHIRRU, SERENI, SIRAGUSA, SPOSETTI, TOUADI, TRAPPOLINO, TULLO, LIVIA TURCO, VANNUCCI, VELO, VICO, VILLECCO CALIPARI, VIOLA, ZACCARIA, ZAMPA, ZUCCHI, ZUNINO

Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione nonché per la funzionalità e la razionalizzazione delle spese della pubblica amministrazione e delega al Governo in materia di economicità e trasparenza nell'esecuzione delle opere pubbliche

Presentata il 25 maggio 2011

 

n. 4501, d'iniziativa dei deputati

TORRISI, CASSINELLI, DISTASO, FUCCI, PIANETTA

Modifiche al codice penale e altre disposizioni in materia di delitti contro la pubblica amministrazione

Presentata il 12 luglio 2011

 

 

n. 4516, d'iniziativa del deputato GARAVINI

Modifiche al codice penale e al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, per il contrasto della corruzione e del traffico di influenze illecite

Presentata il 15 luglio 2011

 

 

n. 4906, d'iniziativa dei deputati

FERRANTI, ANDREA ORLANDO, FIORONI, VENTURA, VILLECCO CALIPARI, SAMPERI, ROSATO, LUCÀ, NACCARATO, BRANDOLINI, D'INCECCO, LARATTA, CODURELLI, TIDEI, MARCHI, MATTESINI, MARCO CARRA, MIOTTO, FONTANELLI, VELO, BOCCI, GINOBLE, SANI, RUBINATO, VERINI, TRAPPOLINO, CAUSI, SBROLLINI, IANNUZZI, BUCCHINO, DE BIASI, GNECCHI, ROSSOMANDO, SERENI

Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, per il contrasto della corruzione nella pubblica amministrazione e nel settore privato

Presentata il 25 gennaio 2012

 

(Relatori: SANTELLI per la I Commissione

 

ANGELA NAPOLI per la II Commissione)

 

¾

 

 

 

 


 

 

PARERE DEL COMITATO PER LA LEGISLAZIONE

 

Il Comitato per la legislazione,

 

esaminato il testo del disegno di legge n. 4434 e rilevato che:

sotto il profilo dell'omogeneità del contenuto:

esso reca una pluralità di disposizioni che incidono in materia di: individuazione dell'autorità nazionale competente a coordinare l'attività di contrasto della corruzione nella pubblica amministrazione (articolo 1), trasparenza dell'attività amministrativa (articolo 2), incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi di dipendenti pubblici (articolo 3), tutela del pubblico dipendente che denuncia o riferisce condotte illecite apprese in ragione del suo rapporto di lavoro (articolo 4), individuazione delle attività d'impresa particolarmente esposte al rischio di inquinamento mafioso (articolo 5), danno all'immagine della pubblica amministrazione (articolo 7), aumento delle pene per alcuni delitti contro la pubblica amministrazione (articolo 9), nonché norme di delega al Governo per l'adozione di un testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi (articolo 8), il cui elemento unificante risulta essere la finalità di assicurare una maggiore efficacia nella prevenzione e nella repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione e negli organi rappresentativi e di governo dei diversi livelli territoriali; peraltro, il testo non risulta articolato per capi corrispondenti agli anzidetti settori di intervento, come sarebbe stato invece auspicabile;

sotto il profilo dei rapporti con la normativa vigente:

nel procedere a numerose modifiche della disciplina vigente, il provvedimento in esame, ancorché la grandissima parte delle disposizioni dallo stesso recate siano formulate in termini di novella, non sempre effettua un adeguato coordinamento con le preesistenti fonti normative, che risultano talvolta oggetto di modifiche non testuali; ciò si riscontra, ad esempio, all'articolo 1, che modifica l'attuale assetto delle competenze in materia di lotta alla corruzione, attribuendo alla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 13 del decreto legislativo n. 150 del 2009, il ruolo di Autorità nazionale anticorruzione, attualmente svolto dal Dipartimento della funzione pubblica, senza tuttavia novellare il suddetto articolo 13 che istituisce la Commissione in questione, né coordinando le nuove disposizioni con la normativa che delinea l'attuale assetto di competenze (si tratta dell'articolo 6 della legge n. 116 del 2009, dell'articolo 68, comma 6-bis del decreto legge n. 112 del 2008 e delle relative disposizioni di attuazione); ciò si riscontra altresì all'articolo 2, recante disposizioni in materia di trasparenza dell'attività amministrativa, che contiene misure – principalmente di carattere ricognitivo – che fanno sistema con quelle oggetto di numerosi altri provvedimenti con le quali dovrebbero essere opportunamente coordinate (si tratta, segnatamente, dell'articolo 11 del decreto legislativo n. 150 del 2009, degli articoli 54 e 57 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005, rispettivamente riguardanti il contenuto dei siti delle pubbliche amministrazioni e dei moduli e dei formulari da rendere disponibili in via telematica; del combinato disposto dell'articolo 65 del citato codice dell'amministrazione digitale e dell'articolo 38 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, che già prevedono che tutte le istanze e dichiarazioni da presentare alla pubblica amministrazione o ai gestori o esercenti di pubblici esercizi possono essere inviate anche per fax e via telematica; dell'articolo 6 del recente decreto legge 13 maggio 2011, n. 70, che reca ulteriore riduzione e semplificazioni degli adempimenti burocratici, ponendo tra l'altro in capo alle pubbliche amministrazioni l'obbligo di pubblicare sul proprio sito istituzionale l'elenco degli atti e dei documenti necessari per ottenere provvedimenti amministrativi); inoltre, con particolare riguardo al comma 5, l'articolo 2 in questione, laddove prevede che «le amministrazioni possono rendere accessibili in ogni momento agli interessati (...) le informazioni relative ai provvedimenti e ai procedimenti amministrativi che li riguardano (...)», reca una norma della quale andrebbe valutata la congruità con la disciplina del diritto di accesso ai documenti amministrativi di cui al Capo V della legge generale in materia di procedimento amministrativo (legge 241 del 1990), nonché, con particolare riferimento al contenuto necessario dei siti delle pubbliche amministrazioni, con gli obblighi di pubblicità posti in capo alle pubbliche amministrazioni dagli articoli 54 e 57 del codice dell'amministrazione digitale di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005; un difetto di coordinamento con la normativa previgente si riscontra altresì all'articolo 5, che fa sistema con l'articolo 4, comma 13, del decreto legge n. 70 del 2011, che ha previsto l'istituzione, presso ogni prefettura, dell’«elenco di fornitori e prestatori di servizi non soggetti a rischio di inquinamento mafioso, ai quali possono rivolgersi gli esecutori dei lavori, servizi e forniture», individuando una serie di attività «come particolarmente esposte a tale rischio», mentre si sovrappone con quanto disposto dall'articolo 101, comma 8, dello schema di decreto legislativo recante il cosiddetto codice antimafia, definitivamente approvato dal Consiglio dei ministri e non ancora pubblicato nella Gazzetta Ufficiale;

analogamente, il provvedimento, all'articolo 9, comma 1, lettera h), laddove novella il primo comma dell'articolo 319-ter del codice penale, che disciplina il reato di corruzione in atti giudiziari, innalzando il minimo della pena ivi previsto da tre a quattro anni, non effettua il necessario coordinamento con la disposizione recata al comma 2 del medesimo articolo che, in relazione alla fattispecie di reato aggravata dall'evento (dell'ingiusta condanna di taluno alla reclusione non superiore a cinque anni) prevede, a seguito della modifica del comma 1, il medesimo minimo edittale;

il disegno di legge si connota per la presenza di numerose disposizioni – meramente ricognitive e quindi prive di un'autonoma portata normativa – che, nel modificare alcuni aspetti dell'ordinamento, precisano che determinate norme o discipline previgenti continuano ad avere efficacia: ciò si riscontra, ad esempio, all'articolo 2, al comma 2 e al comma 6, ultimo periodo;

sul piano delle procedure parlamentari di formazione delle leggi:

esso reca disposizioni che riproducono il contenuto di progetti di legge all'esame del Parlamento (si veda, in particolare, l'articolo 4 che ha contenuto analogo a quello dell'articolo 9 della Convenzione civile sulla corruzione, del 4 novembre 1999, il cui disegno di legge di ratifica – AC 3737 – approvato dal Senato, è all'esame della Commissione esteri della Camera), nonché una disposizione – si tratta dell'articolo 5 – che si sovrappone, senza che sia tuttavia effettuato il necessario coordinamento, con altra contenuta all'articolo 101, comma 8, dello schema di decreto legislativo recante il cosiddetto codice antimafia, sul quale il Comitato per la legislazione si è espresso nella seduta del 26 luglio 2011, e che è stato definitivamente approvato dal Consiglio dei ministri nella riunione del 3 agosto 2011, ma non ancora pubblicato nella Gazzetta Ufficiale; tali circostanze, come rilevato già in altre occasioni analoghe, configurano una modalità di produzione legislativa non conforme alle esigenze di stabilità, certezza e semplificazione della legislazione;

sul piano dei rapporti con le fonti di rango primario:

il provvedimento, all'articolo 5, comma 2, laddove attribuisce ad un decreto interministeriale la possibilità di aggiornare l'indicazione delle attività particolarmente esposte al rischio di inquinamento mafioso contenuta al comma 1 del medesimo articolo, demanda ad una fonte secondaria del diritto il compito di modificare una disciplina oggetto di fonte primaria, secondo una procedura che si discosta da quella prevista dall'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988 per i regolamenti di delegificazione, che non offre pertanto le medesime garanzie individuate da tale procedura e di cui appare dubbia la coerenza con il sistema delle fonti;

sul piano dei rapporti tra le fonti primarie e le fonti subordinate:

il disegno di legge, all'articolo 1, comma 4, nell'elencare le funzioni del Dipartimento della funzione pubblica nell'ambito della strategia di prevenzione e contrasto alla corruzione nella pubblica amministrazione, dispone che esso agisce «anche secondo linee di indirizzo adottate dal Comitato interministeriale istituito e disciplinato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri», demandando conseguentemente ad un atto – peraltro neanche qualificabile come fonte secondaria del diritto – la definizione di una disciplina che dovrebbe essere oggetto della legge, quanto meno per ciò che concerne la definizione delle finalità e della composizione del Comitato;

sul piano della corretta formulazione, del coordinamento interno e della tecnica di redazione del testo:

il disegno di legge, all'articolo 8 (che reca una delega al Governo per l'adozione di un testo unico [rectius: di un codice] delle disposizioni in materia di incandidabilità e divieto di ricoprire cariche elettive e di governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi), al comma 1, relativo alla definizione dell'oggetto della delega, da un lato, reca un'espressione imprecisa, in quanto il riferimento ivi contenuto al «testo unico» lascerebbe presupporre che la delega abbia ad oggetto la sola ricognizione ed armonizzazione della normativa vigente, e non anche la disciplina di una nuova materia, quale quella della incandidabilità alla carica di deputato e di senatore della Repubblica, sulla base dei principi e dei criteri direttivi indicati al comma 2, lettere da a) ad f), e, dall'altro, reca una disposizione incompleta, considerato che, mentre la rubrica dell'articolo (cui si conformano i principi e i criteri direttivi indicati al comma 2) specifica che «il testo unico» concerne l'incandidabilità e il divieto di ricoprire cariche elettive e di governo in conseguenza di «sentenze definitive di condanna per delitti non colposi», tale riferimento è assente al comma 1; al successivo comma 2, l'articolo 8 indica undici principi e criteri direttivi per l'esercizio della delega, taluni dei quali appaiono tuttavia coincidere con l'oggetto della delega (si vedano, al riguardo, la lettera f) e la lettera g), che riproduce pressoché interamente il contenuto del comma 1 del medesimo articolo), mentre altri appaiono eccessivamente generici: ciò si riscontra, ad esempio, alla lettera b), che demanda al Governo l'individuazione «se del caso» di altri delitti, oltre a quelli indicati alle lettere a) e b), «per i quali la legge preveda una pena detentiva superiore nel massimo a tre anni», in relazione ai quali, in caso di condanna definitiva, far discendere l'incandidabilità temporanea; alla lettera c), che demanda al Governo la definizione della durata dell'incandidabilità temporanea in assenza di qualsiasi criterio direttivo; alla lettera h), che prevede «l'introduzione di ulteriori ipotesi di incandidabilità determinate da delitti di grave allarme sociale»; altre formulazioni generiche si riscontrano altresì alle lettere i) e m);

esso, reca talune espressioni generiche, imprecise o delle quali andrebbe chiarita la portata normativa; ciò si riscontra, ad esempio, all'articolo 9, comma 1, lettera i) che, nell'introdurre nel codice penale un nuovo articolo 335-ter che individua le circostanze aggravanti in caso di delitti dei pubblici ufficiali contro la Pubblica Amministrazione, opera un riferimento ad: «atti particolarmente lesivi per la pubblica amministrazione», richiamando una fattispecie della quale andrebbe chiarita la portata normativa;

infine, il disegno di legge presentato dal Governo al Senato non è corredato della relazione sull'analisi tecnico-normativa (ATN), né è provvisto della relazione sull'analisi di impatto della regolamentazione (AIR), senza che nella relazione di accompagnamento si riferisca in merito all'eventuale esenzione dall'obbligo di redigerla, in difformità dunque da quanto statuito dall'articolo 9 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 170 del 2008;

ritiene che, per la conformità ai parametri stabiliti dall'articolo 16-bis del Regolamento, debbano essere rispettate la seguenti condizioni:

sotto il profilo dell'efficacia del testo per la semplificazione e il riordinamento della legislazione vigente:

all'articolo 1, comma 4, laddove prevede che il Dipartimento della funzione pubblica agisca «anche secondo linee di indirizzo adottate dal Comitato interministeriale istituito e disciplinato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri», siano quanto meno definite per legge le finalità e la composizione del Comitato in questione, onde evitare che l'intera disciplina della materia sia demandata ad una fonte atipica del diritto;

sia chiarita la portata normativa complessiva dell'articolo 2, che, in materia di trasparenza dell'attività amministrativa, reca disposizioni che appaiono generalmente di carattere ricognitivo e delle quali non sembra quindi chiara la portata novativa; sia in particolare chiarita la portata normativa del comma 5 che – laddove configura come mera facoltà per le pubbliche amministrazioni quella di consentire l'accesso agli atti da parte degli interessati – non appare coordinata con la disciplina del diritto di accesso ai documenti amministrativi di cui al Capo V della legge generale in materia di procedimento amministrativo (legge 241 del 1990), nonché, con particolare riferimento al contenuto necessario dei siti delle pubbliche amministrazioni, con gli obblighi di pubblicità posti in capo alle pubbliche amministrazioni dagli articoli 54 e 57 del codice dell'amministrazione digitale di cui al decreto legislativo n. 82 del 2005;

all'articolo 5, commi 2 e 3, sia valutata la congruità dello strumento giuridico prescelto (il decreto interministeriale) al fine di aggiornare l'indicazione delle attività particolarmente esposte al rischio di inquinamento mafioso contenuta al comma 1 del medesimo articolo, secondo una procedura che si discosta da quella prevista dall'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, per i regolamenti di delegificazione e di cui appare dubbia la coerenza con il sistema delle fonti, valutando, eventualmente, la possibilità di demandare alla fonte secondaria il solo compito di maggiormente specificare l'elenco di attività contenuto al comma 1;

all'articolo 8, comma 1, sia sostituito il riferimento ivi contenuto al «testo unico» – che lascerebbe presupporre che la delega abbia ad oggetto la sola ricognizione ed armonizzazione della normativa vigente – con il riferimento al «codice» delle norme che disciplinano la materia, in considerazione del carattere innovativo della delega in relazione alla disciplina delle incandidabilità e del divieto di ricoprire le cariche di deputato e di senatore della Repubblica; conseguentemente, al successivo comma 2, che indica i principi e i criteri direttivi cui il Governo dovrà attenersi nell'esercizio della delega, sia precisato che il decreto legislativo che sarà adottato, avrà il compito non solo di riordinare e armonizzare la normativa vigente, ma anche quello di innovarla e di modificarla.

sotto il profilo della chiarezza e della proprietà della formulazione:

all'articolo 8, comma 1, che delega il Governo ad adottare «un testo unico» delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di governo, sia precisato che – come si evince dalla rubrica dell'articolo nonché dai principi e criteri direttivi indicati al comma 2 – l'incandidabilità ed i divieti in questione sono conseguenza di sentenze definitive di condanna per delitti non colposi;

all'articolo 8, comma 2, che indica undici principi e criteri direttivi per l'esercizio della delega:

a) per quanto detto in premessa, siano esplicitati i principi e i criteri direttivi contenuti alle lettere b), c) e h);

b) alla lettera f), in materia di divieto di ricoprire cariche di governo, sia espunto il riferimento, ivi contenuto, all'incandidabilità e sia sostituito il riferimento «all'assunzione delle cariche» con una locuzione conforme a quella utilizzata nella rubrica dell'articolo;

c) alla lettera g), sia valutata la portata normativa del «principio e criterio direttivo» ivi indicato, tenuto conto che lo stesso – che sembra peraltro coincidere con l'oggetto della delega – riproduce sostanzialmente i contenuti del comma 1 dell'articolo 8;

d) alla lettera i), laddove «fatta salva la competenza legislativa regionale sul sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del presidente e degli altri componenti della giunta regionale nonché dei consiglieri regionali», delega il Governo a definire le ipotesi di incandidabilità conseguenti a sentenze definitive di condanna, sia chiarita la portata normativa della disposizione in questione, alla luce del disposto dell'articolo 122, primo comma della Costituzione, che stabilisce che i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del presidente e degli altri componenti della giunta regionale nonché dei consiglieri regionali sono disciplinati con legge della regione nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica, e tenuto conto che la legge n. 165 del 2004, all'articolo 2, fa salve le disposizioni legislative statali in materia di incandidabilità per coloro che hanno riportato sentenze di condanna o nei cui confronti sono state applicate misure di prevenzione;

e) alla lettera m), sia valutata l'opportunità di specificare che le ipotesi di sospensione e di decadenza di diritto dalle cariche non si riferiscono ai titolari delle cariche di deputato e senatore, dal momento che l'articolo 66 della Costituzione stabilisce espressamente che «Ciascuna Camera giudica dei titoli di ammissione dei suoi componenti e delle cause sopraggiunte di ineleggibilità e di incompatibilità».

Il Comitato osserva altresì che:

sotto il profilo dell'efficacia del testo per la semplificazione e il riordinamento della legislazione vigente:

all'articolo 1, valutino le Commissioni l'opportunità di riformulare i commi 2 e 3 in termini di novella all'articolo 13 del decreto legislativo n. 150 del 2009, istitutivo della Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche, nonché di coordinare, più in generale, le disposizioni introdotte dall'articolo in questione con le norme sulle quali si fonda l'assetto organizzativo e funzionale oggi vigente in materia di prevenzione e controllo di fenomeni di corruzione nella pubblica amministrazione e, in particolare, con quanto previsto dall'articolo 6 della legge n. 106 del 2009, dall'articolo 68, comma 6-bis del decreto legge n. 112 del 2008 e dalle relative norme di attuazione;

all'articolo 2, commi 2 e 6, ultimo periodo – che precisano che le disposizioni dai medesimi richiamate continuano ad avere efficacia – sia valutata l'opportunità di espungere le norme in questione, tenuto conto che le stesse hanno mera natura ricognitiva e sono prive di portata normativa autonoma.

sotto il profilo della chiarezza e della proprietà della formulazione:

all'articolo 9, comma 1, lettera i) che, nell'introdurre nel codice penale un nuovo articolo 335-ter in materia di circostanze aggravanti in caso di delitti dei pubblici ufficiali contro la Pubblica Amministrazione, opera un riferimento ad: «atti particolarmente lesivi per la pubblica amministrazione», si dovrebbe chiarire la portata normativa della fattispecie in questione; al medesimo articolo, medesimo comma, medesima lettera, si dovrebbe altresì sostituire il riferimento alle «Comunità europee», con quello, più corretto, all'Unione Europea.

 

 

PARERE DELLA III COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari esteri e comunitari)

La III Commissione,

esaminato il disegno di legge n. 4434 Governo, approvato dal Senato, recante «Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione»;

sottolineata l'importanza di dare sollecita e accurata attuazione alla Convenzione delle Nazioni sulla corruzione, entrata in vigore nel 2005 e ratificata dall'Italia con la legge n. 116 del 2009;

apprezzata in particolare l'istituzione di un'Autorità nazionale contro la corruzione, che, unitamente alle altre misure previste, contribuisce a rafforzare l'immagine internazionale del nostro Paese nel contrasto all'illegalità sia a livello nazionale che internazionale,

esprime

PARERE FAVOREVOLE

(Parere espresso il 5 ottobre 2011)


La III Commissione,

esaminato il nuovo testo del disegno di legge n. 4434 Governo, approvato dal Senato, recante «Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione»;

ribadita l'importanza di dare attuazione alla Convenzione delle Nazioni sulla corruzione, entrata in vigore nel 2005 e ratificata dall'Italia con la legge n. 116 del 2009;

preso atto che le modifiche introdotte al codice penale e al codice civile sono coerenti agli impegni internazionali assunti dall'Italia nel sottoscrivere la Convenzione penale sulla corruzione del Consiglio d'Europa, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999,

esprime

PARERE FAVOREVOLE

(Parere espresso il 23 maggio 2012)

 

 

PARERE DELLA VI COMMISSIONE PERMANENTE

(Finanze)

NULLA OSTA

 

 

PARERE DELLA VIII COMMISSIONE PERMANENTE

(Ambiente, territorio e lavori pubblici)

PARERE FAVOREVOLE

 

 

PARERE DELLA X COMMISSIONE PERMANENTE

(Attività produttive, commercio e turismo)

La X Commissione,

esaminato il testo del disegno di legge recante: Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione (C. 4434 Governo, approvato dal Senato, e abb.), quale risultante dagli emendamenti approvati dalle Commissioni nel corso dell'esame in sede referente,
delibera di esprimere

PARERE FAVOREVOLE

con la seguente osservazione:

a) valutino le Commissioni di merito l'impatto che può avere sul sistema delle piccole e medie imprese l'introduzione della procedibilità d'ufficio di cui all'articolo 2635 del codice civile, come novellato dall'articolo 9-bis del provvedimento in esame.

 

 

PARERE DELLA XI COMMISSIONE PERMANENTE

(Lavoro pubblico e privato)

La XI Commissione,

esaminato, per le parti di competenza, il disegno di legge n. 4434, approvato dal Senato, nel testo risultante dagli emendamenti (al quale sono abbinate ulteriori proposte di legge di iniziativa parlamentare);

rilevato che il provvedimento è stato modificato e integrato in diverse parti, anche con riferimento alle competenze della XI Commissione;

preso atto che all'articolo 1, comma 4, è stata inserita la lettera e), con cui si attribuisce al Dipartimento della funzione pubblica anche il compito di definire criteri per assicurare la rotazione dei dirigenti nei settori particolarmente esposti alla corruzione;

osservato che il nuovo articolo 2-bis introduce condivisibili criteri per la trasparenza delle attribuzioni di posizioni dirigenziali;

considerato che all'articolo 4 si prevede una specifica forma di tutela per i pubblici dipendenti che segnalino illeciti;

preso atto delle nuove disposizioni introdotte con l'articolo 8-ter, che reca interventi per il collocamento fuori ruolo dei magistrati ordinari, amministrativi e contabili e degli avvocati e procuratori dello Stato,

esprime

PARERE FAVOREVOLE

 

PARERE DELLA XII COMMISSIONE PERMANENTE

(Affari sociali)

PARERE FAVOREVOLE

 

 

PARERE DELLA XIV COMMISSIONE PERMANENTE

(Politiche dell'Unione europea)

PARERE FAVOREVOLE

(Parere espresso il 27 settembre 2011)

La XIV Commissione,

esaminato il nuovo testo del disegno di legge n. 4434 Governo, approvato dal Senato, e abb., recante «Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione»;

vista la Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999;

ricordato che il 6 giugno 2011 la Commissione europea ha presentato una Comunicazione sulla lotta alla corruzione nell'UE, che individua nuovi strumenti di valutazione dell'azione delle istituzioni UE e degli Stati membri in materia, nonché gli interventi necessari per potenziare il contrasto alla corruzione nelle politiche interne ed esterne dell'UE (COM(2011)308), e che tale comunicazione è accompagnata da due relazioni rispettivamente dedicate alle modalità di partecipazione dell'Unione europea in seno al Gruppo di Stati del Consiglio d'Europa contro la corruzione (GRECO) (COM(2011)307) e all'attuazione della decisione quadro 2003/568/GAI, relativa alla lotta alla corruzione nel settore privato (COM(2011)309);

rilevato che tale Comunicazione sottolinea che l'impatto finanziario stimato della corruzione risulterebbe pari a 120 miliardi di euro ogni anno, ossia l'1 per cento del PIL dell'UE;

evidenziato che, al fine di stimolare la volontà politica a combattere la corruzione, e di aumentare la coerenza fra le politiche e le azioni anti-corruzione intraprese dagli Stati membri, la Commissione intende predisporre un nuovo meccanismo, la «Relazione dell'UE sulla lotta alla corruzione», per monitorare e valutare gli sforzi degli Stati membri in tale settore e generare di conseguenza un maggiore impegno politico; tale Relazione sarà pubblicata a partire dal 2013, con cadenza biennale e in essa saranno identificate le tendenze e le carenze che devono essere affrontate;

ricordato infine che il 14 marzo 2012 il Parlamento europeo ha approvato la costituzione di una commissione parlamentare speciale sulla criminalità organizzata, la corruzione e il riciclaggio di denaro,

esprime

PARERE FAVOREVOLE

(Parere espresso il 23 maggio 2012)

 

PARERE DELLA COMMISSIONE PARLAMENTARE PER LE QUESTIONI REGIONALI

La Commissione parlamentare per le questioni regionali,

esaminato, per i profili di propria competenza, il testo del disegno di legge n. 4434, in corso di esame presso le commissioni riunite I e II della Camera, recante disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione;

valutato che, con riferimento ai diversi aspetti del provvedimento, assumono rilievo materie quali ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato, giurisdizione e norme processuali, ordinamento civile e penale, organi dello Stato e relative leggi elettorali, riconducibili alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma della Costituzione;

rilevato che il disegno di legge appare finalizzato a prevenire i fenomeni degenerativi della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione, in modo da fornire risposte adeguate alla domanda di trasparenza, intesa quale livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione;

evidenziata l'esigenza di assicurare la conformità alle competenze regionali fissate dal Titolo V della Costituzione delle previsioni di cui all'articolo 6, secondo cui le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nonché gli enti locali, adeguano, compatibilmente con le disposizioni previste dagli statuti e dalle relative norme di attuazione in materia, i propri ordinamenti alle disposizioni di cui agli articoli da 1 a 5 del testo,
      esprime

PARERE FAVOREVOLE

(Parere espresso il 28 settembre 2011)


La Commissione parlamentare per le questioni regionali,

esaminato, per i profili di propria competenza, il testo del disegno di legge n. 4434, in corso di esame presso le commissioni riunite I e II della Camera, recante disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione;

valutato che, con riferimento ai diversi aspetti del provvedimento, assumono rilievo materie quali ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato, giurisdizione e norme processuali, ordinamento civile e penale, organi dello Stato e relative leggi elettorali, riconducibili alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma della Costituzione;

evidenziata l'esigenza di assicurare la conformità alle competenze regionali fissate dal Titolo V della Costituzione delle previsioni di cui all'articolo 6, secondo cui le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, nonché gli enti locali, adeguano, compatibilmente con le disposizioni previste dagli statuti e dalle relative norme di

attuazione in materia, i propri ordinamenti alle disposizioni di cui agli articoli da 1 a 5 del testo,

esprime

PARERE FAVOREVOLE

(Parere espresso il 23 maggio 2012)

 


 

TESTO

del disegno di legge n. 4434 approvato dal Senato della Repubblica

TESTO

delle Commissioni

Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione.

Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione.

Art. 1.

(Autorità nazionale anticorruzione. Piano nazionale anticorruzione).

Art. 1.

(Autorità nazionale anticorruzione. Piano nazionale anticorruzione).

1. In attuazione dell'articolo 6 della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dalla Assemblea generale dell'ONU il 31 ottobre 2003 e ratificata ai sensi della legge 3 agosto 2009, n. 116, e degli articoli 20 e 21 della Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999, la presente legge individua, in ambito nazionale, l'Autorità nazionale anticorruzione e gli altri organi incaricati di svolgere, con modalità tali da assicurare azione coordinata, attività di controllo, di prevenzione e di contrasto al fenomeno corruttivo e dell'illegalità nella pubblica amministrazione.

1. In attuazione dell'articolo 6 della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dalla Assemblea generale dell'ONU il 31 ottobre 2003 e ratificata ai sensi della legge 3 agosto 2009, n. 116, e degli articoli 20 e 21 della Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999, la presente legge individua, in ambito nazionale, l'Autorità nazionale anticorruzione e gli altri organi incaricati di svolgere, con modalità tali da assicurare azione coordinata, attività di controllo, di prevenzione e di contrasto della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione.

2. La Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, opera quale Autorità nazionale anticorruzione, ai sensi del comma 1. In particolare, la Commissione:

2. La Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, e successive modificazioni, di seguito denominata «Commissione», opera quale Autorità nazionale anticorruzione, ai sensi del comma 1. In particolare, la Commissione:

a) collabora con i paritetici organismi stranieri, con le organizzazioni regionali ed internazionali competenti;

a) identica;

b) approva il Piano nazionale anticorruzione predisposto dal Dipartimento della funzione pubblica, di cui al comma 4, lettera c);

b) identica;

 

c) analizza le cause e i fattori della corruzione e individua gli interventi che ne possono favorire la prevenzione e il contrasto;

c) esercita la vigilanza e il controllo sull'effettiva applicazione e sull'efficacia delle misure adottate dalle pubbliche amministrazioni ai sensi dei commi 4 e 5;

d) esercita la vigilanza e il controllo sull'effettiva applicazione e sull'efficacia delle misure adottate dalle pubbliche amministrazioni ai sensi dei commi 4 e 5 del presente articolo e sul rispetto delle regole sulla trasparenza dell'attività amministrativa previste dall'articolo 2 e dalle altre disposizioni vigenti;

d) riferisce al Parlamento, presentando una relazione entro il 31 dicembre di ciascun anno, sull'attività di contrasto al fenomeno corruttivo e dell'illegalità nella pubblica amministrazione e sull'efficacia delle disposizioni vigenti in materia.

e) identica.

3. Per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 2, lettera c), la Commissione può esercitare poteri ispettivi chiedendo notizie, informazioni, atti e documenti alle pubbliche amministrazioni, e ordina la rimozione di comportamenti o atti contrastanti con i piani di cui ai commi 4 e 5.

3. Per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 2, lettera d), la Commissione esercita poteri ispettivi mediante richiesta di notizie, informazioni, atti e documenti alle pubbliche amministrazioni, e ordina l'adozione di atti o provvedimenti richiesti dai piani di cui ai commi 4 e 5 del presente articolo e dalle regole sulla trasparenza dell'attività amministrativa previste dall'articolo 2 della presente legge e dalle altre disposizioni, ovvero la rimozione di comportamenti o atti contrastanti con i piani e le regole sulla trasparenza citati. La Commissione e le amministrazioni interessate danno notizia, nei rispettivi siti istituzionali, dei provvedimenti adottati ai sensi del presente comma.

4. Il Dipartimento della funzione pubblica, anche secondo linee di indirizzo adottate dal Comitato interministeriale istituito e disciplinato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri:

4. Identico:

a) coordina l'attuazione delle strategie di prevenzione e contrasto della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione elaborate a livello nazionale e internazionale;

a) identica;

b) promuove e definisce norme e metodologie comuni per la prevenzione della corruzione, coerenti con gli indirizzi, i programmi e i progetti internazionali;

b) identica;

c) predispone sulla base dei piani delle pubbliche amministrazioni centrali di cui al comma 5 il Piano nazionale anticorruzione, anche al fine di assicurare l'attuazione coordinata delle misure di cui alla lettera a);

c) identica;

d) definisce modelli standard delle informazioni e dei dati occorrenti per il conseguimento degli obiettivi previsti dalla presente legge, secondo modalità che consentano la loro gestione ed analisi informatizzata.

d) identica;

 

e) definisce criteri per assicurare la rotazione dei dirigenti nei settori particolarmente esposti alla corruzione.

5. Le pubbliche amministrazioni centrali definiscono e trasmettono al Dipartimento della funzione pubblica:

5. Identico.

a) propri piani di azione che forniscono una valutazione del diverso livello di esposizione al rischio corruzione degli uffici;

 

b) gli interventi organizzativi per presidiare il rischio di cui alla lettera a);

 

c) procedure appropriate per selezionare e formare, in collaborazione con la Scuola superiore della pubblica amministrazione, i dipendenti chiamati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione, prevedendo, negli stessi settori, la rotazione di dirigenti e funzionari.

 

Art. 2.

(Trasparenza dell'attività amministrativa).

Art. 2.

(Trasparenza dell'attività amministrativa).

1. La trasparenza dell'attività amministrativa, che costituisce livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, secondo quanto previsto all'articolo 11 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, è assicurata mediante la pubblicazione, sui siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni, delle informazioni relative ai procedimenti amministrativi, secondo criteri di facile accessibilità, completezza e semplicità di consultazione, nel rispetto delle disposizioni in materia di segreto di Stato, di segreto d'ufficio e di protezione dei dati personali.

1. La trasparenza dell'attività amministrativa, che costituisce livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, secondo quanto previsto all'articolo 11 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, è assicurata mediante la pubblicazione, nei siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni, delle informazioni relative ai procedimenti amministrativi, secondo criteri di facile accessibilità, completezza e semplicità di consultazione, nel rispetto delle disposizioni in materia di segreto di Stato, di segreto d'ufficio e di protezione dei dati personali. Nei siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni sono altresì pubblicati i costi unitari di realizzazione delle opere pubbliche e di produzione dei servizi erogati ai cittadini. Tali informazioni sono pubblicate sulla base di uno schema tipo redatto dall'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture che ne cura altresì la raccolta e la pubblicazione nel proprio sito istituzionale al fine di consentirne una agevole comparazione.

2. Fermo restando quanto stabilito nell'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come modificato dall'articolo 3 della presente legge, nell'articolo 54 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, nell'articolo 21 della legge 18 giugno 2009, n. 69, e nell'articolo 11 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, le amministrazioni pubbliche assicurano i livelli essenziali di cui al comma 1 con particolare riferimento ai procedimenti di:

2. Fermo restando quanto stabilito nell'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come da ultimo modificato dall'articolo 4 della presente legge, nell'articolo 54 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, nell'articolo 21 della legge 18 giugno 2009, n. 69, e successive modificazioni, e nell'articolo 11 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, le pubbliche amministrazioni assicurano i livelli essenziali di cui al comma 1 del presente articolo con particolare riferimento ai procedimenti di:

a) autorizzazione o concessione;

a) identica;

b) scelta del contraente per l'affidamento di lavori, forniture e servizi, anche con riferimento alla modalità di selezione prescelta ai sensi del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;

b) identica;

c) concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati;

c) identica;

d) concorsi e prove selettive per l'assunzione del personale e progressioni di carriera di cui all'articolo 24 del citato decreto legislativo n. 150 del 2009.

d) identica.

 

3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano anche ai procedimenti posti in essere in deroga alle procedure ordinarie. I soggetti che operano in deroga e che non dispongono di propri siti istituzionali pubblicano le informazioni di cui ai citati commi 1 e 2 nei siti istituzionali delle amministrazioni dalle quali sono nominati.

 

4. Le informazioni pubblicate ai sensi dei commi 1 e 2 sono trasmesse in via telematica alla Commissione.

3. Le amministrazioni provvedono altresì al monitoraggio periodico del rispetto dei tempi procedimentali attraverso la tempestiva eliminazione delle anomalie.

5. Le amministrazioni provvedono altresì al monitoraggio periodico del rispetto dei tempi procedimentali attraverso la tempestiva eliminazione delle anomalie. I risultati del monitoraggio sono consultabili nel sito istituzionale di ciascuna amministrazione.

4. Ogni amministrazione pubblica rende noto, tramite il proprio sito istituzionale, almeno un indirizzo di posta elettronica certificata cui il cittadino possa rivolgersi per trasmettere istanze ai sensi dell'articolo 38 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, e ricevere informazioni circa i provvedimenti e i procedimenti amministrativi che lo riguardano.

6. Identico.

5. Le amministrazioni possono rendere accessibili in ogni momento agli interessati, tramite strumenti di identificazione informatica di cui all'articolo 65, comma 1, del codice di cui al citato decreto legislativo n. 82 del 2005, e successive modificazioni, le informazioni relative ai provvedimenti e ai procedimenti amministrativi che li riguardano, ivi comprese quelle relative allo stato della procedura, ai relativi tempi e allo specifico ufficio competente in ogni singola fase.

7. Identico.

6. Con uno o più decreti dei Ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione e per la semplificazione normativa, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per le materie di competenza, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuate le informazioni rilevanti ai fini dell'applicazione dei commi 1 e 2 del presente articolo e le relative modalità di pubblicazione, nonché le indicazioni generali per l'applicazione dei commi 4 e 5. Restano ferme le disposizioni in materia di pubblicità previste dal codice di cui al citato decreto legislativo n. 163 del 2006.

8. Con uno o più decreti dei Ministri per la pubblica amministrazione e la semplificazione, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per le materie di competenza, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuate le informazioni rilevanti ai fini dell'applicazione dei commi 1 e 2 del presente articolo e le relative modalità di pubblicazione, nonché le indicazioni generali per l'applicazione dei commi 6 e 7. Restano ferme le disposizioni in materia di pubblicità previste dal codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.

7. La mancata o incompleta pubblicazione da parte delle pubbliche amministrazioni delle informazioni di cui al comma 6 costituisce violazione degli standard qualitativi ed economici ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 20 dicembre 2009, n. 198, ed è comunque valutata ai sensi dell'articolo 21 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Eventuali ritardi nell'aggiornamento dei contenuti sugli strumenti informatici sono sanzionati a carico dei responsabili del servizio.

9. La mancata o incompleta pubblicazione da parte delle pubbliche amministrazioni delle informazioni di cui al comma 8 del presente articolo costituisce violazione degli standard qualitativi ed economici ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 20 dicembre 2009, n. 198, ed è comunque valutata ai sensi dell'articolo 21 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni. Eventuali ritardi nell'aggiornamento dei contenuti sugli strumenti informatici sono sanzionati a carico dei responsabili del servizio.

 

Art. 3.

(Trasparenza delle attribuzioni di posizioni dirigenziali).

 

1. Al fine di garantire l'esercizio imparziale delle funzioni amministrative e di rafforzare la separazione e la reciproca autonomia tra organi di indirizzo politico e organi amministrativi, le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, nonché le aziende e le società partecipate dallo Stato e dagli altri enti pubblici, in occasione del monitoraggio posto in essere ai fini dell'articolo 36, comma 3, del medesimo decreto legislativo n. 165 del 2001, e successive modificazioni, comunicano al Dipartimento della funzione pubblica, per il tramite degli organismi indipendenti di valutazione, tutti i dati utili a rilevare le posizioni dirigenziali attribuite a persone, anche esterne alle pubbliche amministrazioni, individuate discrezionalmente dall'organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione. I dati forniti confluiscono nella relazione annuale al Parlamento di cui al citato articolo 36, comma 3, del decreto legislativo n. 165 del 2001, e successive modificazioni, e vengono trasmessi alla Commissione per le finalità di cui all'articolo 1 della presente legge.

Art. 3.

(Modifiche all'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165).

Art. 4.

(Modifiche all'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165).

1. All'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono apportate le seguenti modificazioni:

Identico.

a) al comma 7, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Ai fini dell'autorizzazione, l'amministrazione verifica l'insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interesse»;

 

b) il comma 11 è sostituito dal seguente:

 

«11. Entro quindici giorni dall'erogazione del compenso per gli incarichi di cui al comma 6, i soggetti pubblici o privati comunicano all'amministrazione di appartenenza l'ammontare dei compensi erogati ai dipendenti pubblici»;

 

c) al comma 12, il primo periodo è sostituito dal seguente: «Le amministrazioni pubbliche che conferiscono o autorizzano incarichi, anche a titolo gratuito, ai propri dipendenti comunicano in via telematica, nel termine di quindici giorni, al Dipartimento della funzione pubblica gli incarichi conferiti o autorizzati ai dipendenti stessi, con l'indicazione dell'oggetto dell'incarico e del compenso lordo, ove previsto»;

 

d) dopo il comma 16-bis è aggiunto il seguente:

 

«16-ter. I dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, non possono svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell'attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri. I contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione di quanto previsto dal presente comma sono nulli ed è fatto divieto ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni».

 

2. Le disposizioni di cui all'articolo 53, comma 16-ter, secondo periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, introdotto dal comma 1, lettera d), del presente articolo, non si applicano ai contratti già sottoscritti alla data di entrata in vigore della presente legge.

 

Art. 4.

(Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti).

Art. 5.

(Introduzione dell'articolo 54-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165).

 

1. Dopo l'articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, è inserito il seguente:

1. Fuori dei casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione, il pubblico dipendente che denuncia o riferisce condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia.

«Art. 54-bis. – (Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti). – 1. Identico.

2. Salvi gli obblighi di denuncia previsti dalla legge, l'identità del segnalante non può essere rivelata, senza il suo consenso, fino alla contestazione dell'addebito disciplinare.

2. Identico».

Art. 5.

(Attività d'impresa particolarmente esposte a rischio d'inquinamento mafioso).

Art. 6.

(Attività d'impresa particolarmente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa).

1. Ai fini dell'applicazione delle norme vigenti in materia di controlli antimafia in relazione alle attività d'impresa, mediante gli elenchi di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a rischio d'inquinamento mafioso, sono definite come particolarmente esposte a tale rischio le seguenti attività:

1. Fino alla data di entrata in vigore del regolamento previsto dall'articolo 91, comma 7, del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, sono individuate le seguenti tipologie di attività suscettibili di infiltrazione mafiosa per le quali è sempre richiesta l'informazione antimafia di cui all'articolo 84 del citato codice indipendentemente dal valore del contratto o del sub-contratto:

a) trasporto di materiali a discarica conto terzi;

a) trasporto di materiali a discarica per conto terzi;

b) trasporto e smaltimento di rifiuti a conto terzi;

b) trasporto e smaltimento di rifiuti per conto terzi;

c) estrazione, fornitura e trasporto di terra e materiali inerti;

c) identica;

d) confezionamento, fornitura e trasporto di calcestruzzo e di bitume;

d) identica;

e) noli a freddo di macchinari;

e) identica;

f) fornitura di ferro lavorato;

f) identica;

g) noli a caldo, qualora il relativo contratto non sia assimilabile al subappalto, ai sensi dell'articolo 118, comma 11, del codice di cui al citato decreto legislativo n. 163 del 2006;

g) noli a caldo, qualora il relativo contratto non sia assimilabile al subappalto, ai sensi dell'articolo 118, comma 11, del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;

h) autotrasporti conto terzi;

h) autotrasporti per conto terzi;

i) guardianìa dei cantieri.

i) identica.

 

2. L'affidamento a terzi, da parte dell'aggiudicatario, di attività comprese tra quelle di cui al comma 1, nonché le modifiche dell'assetto proprietario e degli organi sociali delle imprese aggiudicatarie degli appalti riguardanti le attività di cui al comma 1 sono oggetto di comunicazione alla prefettura per l'espletamento degli opportuni controlli anche ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 2 agosto 2010, n. 150. Si applicano le disposizioni dell'articolo 86, commi 3 e 4, del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159.

2. L'indicazione delle attività di cui al comma 1 può essere aggiornata, entro il 31 dicembre di ogni anno, con apposito decreto del Ministro dell'interno, adottato di concerto con i Ministri della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze.

3. L'individuazione delle attività di cui al comma 1 può essere aggiornata, con decreto del Ministro dell'interno, adottato di concerto con i Ministri della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti e dello sviluppo economico, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400.

3. I decreti di cui al comma 2 sono adottati previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, da rendere entro trenta giorni dalla data di trasmissione alle Camere dei relativi schemi. Qualora le Commissioni non si pronuncino entro il termine, i decreti possono essere comunque adottati.

Soppresso

4. Dall'applicazione delle disposizioni del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Soppresso

 

Art. 7.

(Modifica al codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163).

 

1. All'articolo 135, comma 1, del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, dopo le parole: «passata in giudicato» sono inserite le seguenti: «per i delitti previsti dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale, dagli articoli 314, comma 1, 316, 316-bis, 317, 318, 319, 319-ter e 320 del codice penale, nonché».

Art. 6.

(Princìpi generali per regioni ed enti locali).

Art. 8.

(Princìpi generali per regioni ed enti locali).

1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, anche per quanto concerne i propri enti e le amministrazioni del Servizio sanitario nazionale, nonché gli enti locali adeguano, compatibilmente con le disposizioni previste dagli statuti e dalle relative norme di attuazione in materia, i propri ordinamenti alle disposizioni di cui agli articoli da 1 a 5 della presente legge.

Identico.

Art. 7.

(Modifiche all'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20).

Art. 9.

(Modifica all'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20).

1. All'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, dopo il comma 1-quinquies, sono inseriti i seguenti:

1. Identico:

«1-sexies. Nel giudizio di responsabilità, l'entità del danno all'immagine della pubblica amministrazione derivante dalla commissione di un reato contro la stessa pubblica amministrazione accertato con sentenza passata in giudicato si presume, salvo prova contraria, pari al doppio della somma di denaro o del valore di altra utilità illecitamente percepita dal dipendente.

«1-sexies. Identico.

1-septies. Nei giudizi di responsabilità aventi ad oggetto atti o fatti di cui al comma 1-sexies, il sequestro conservativo di cui all'articolo 5, comma 2, del decreto-legge 15 novembre 1993, n. 453, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19, è concesso in tutti i casi di probabile attenuazione della garanzia del credito erariale».

1-septies. Nei giudizi di responsabilità aventi ad oggetto atti o fatti di cui al comma 1-sexies, il sequestro conservativo di cui all'articolo 5, comma 2, del decreto-legge 15 novembre 1993, n. 453, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19, è concesso in tutti i casi di fondato timore di attenuazione della garanzia del credito erariale».

Art. 8.

(Delega al Governo per l'adozione di un testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e divieto di ricoprire cariche elettive e di governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi).

Art. 10.

(Delega al Governo per l'adozione di un testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di governo conseguente a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi).

1. Il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo contenente un testo unico della normativa in materia di incandidabilità alla carica di deputato e di senatore della Repubblica, di incandidabilità alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali e di divieto di ricoprire le cariche di presidente e componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all'articolo 114 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, presidente e componente degli organi esecutivi delle comunità montane.

1. Il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo recante un testo unico della normativa in materia di incandidabilità alla carica di membro del Parlamento europeo, di deputato e di senatore della Repubblica, di incandidabilità alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali e di divieto di ricoprire le cariche di presidente e di componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, di presidente e di componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, di consigliere di amministrazione e di presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all'articolo 114 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, di presidente e di componente degli organi esecutivi delle comunità montane.

2. Il decreto legislativo di cui al comma 1 provvede al riordino e all'armonizzazione della vigente normativa ed è adottato secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:

2. Identico:

a) ferme restando le disposizioni del codice penale in materia di interdizione perpetua dai pubblici uffici, prevedere che non siano temporaneamente candidabili a deputati o a senatori coloro che abbiano riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione per i delitti previsti dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale;

a) identica;

b) in aggiunta a quanto previsto nella lettera a), prevedere che non siano temporaneamente candidabili a deputati o a senatori coloro che abbiano riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione per i delitti previsti nel libro II, titolo II, capo I, del codice penale e, se del caso, per altri delitti per i quali la legge preveda una pena detentiva superiore nel massimo a tre anni;

b) in aggiunta a quanto previsto nella lettera a), prevedere che non siano temporaneamente candidabili a deputati o a senatori coloro che abbiano riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione per i delitti previsti nel libro II, titolo II, capo I, del codice penale ovvero per altri delitti per i quali la legge preveda una pena detentiva superiore nel massimo a tre anni;

c) prevedere la durata dell'incandidabilità di cui alle lettere a) e b);

c) identica;

d) prevedere che l'incandidabilità operi anche in caso di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale;

d) identica;

e) coordinare le disposizioni relative all'incandidabilità con le vigenti norme in materia di interdizione dai pubblici uffici e di riabilitazione, nonché con le restrizioni all'esercizio del diritto di elettorato attivo;

e) identica;

f) prevedere che le condizioni di incandidabilità alla carica di deputato e di senatore siano applicate altresì all'assunzione delle cariche di governo;

f) identica;

g) operare una completa ricognizione della normativa vigente in materia di incandidabilità alle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali e di divieto di ricoprire le cariche di presidente della provincia, sindaco, assessore e consigliere provinciale e comunale, presidente e componente del consiglio circoscrizionale, presidente e componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all'articolo 114 del testo unico di cui al citato decreto legislativo n. 267 del 2000, presidente e componente degli organi delle comunità montane, determinata da sentenze definitive di condanna;

g) identica;

h) valutare per le cariche di cui alla lettera g), in coerenza con le scelte operate in attuazione della lettera a) e della lettera i), l'introduzione di ulteriori ipotesi di incandidabilità determinate da delitti di grave allarme sociale;

h) valutare per le cariche di cui alla lettera g), in coerenza con le scelte operate in attuazione delle lettere a) e i), l'introduzione di ulteriori ipotesi di incandidabilità determinate da sentenze definitive di condanna per delitti di grave allarme sociale;

i) individuare, fatta salva la competenza legislativa regionale sul sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del presidente e degli altri componenti della giunta regionale nonché dei consiglieri regionali, le ipotesi di incandidabilità alle elezioni regionali e di divieto di ricoprire cariche negli organi politici di vertice delle regioni, conseguenti a sentenze definitive di condanna;

i) identica;

l) prevedere l'abrogazione espressa della normativa incompatibile con le disposizioni del decreto legislativo di cui al comma 1;

l) identica;

m) disciplinare le ipotesi di sospensione e decadenza di diritto dalle cariche di cui al comma 1 in caso di sentenza definitiva di condanna per delitti non colposi successiva alla candidatura o all'affidamento della carica.

m) identica.

3. Lo schema del decreto legislativo di cui al comma 1, corredato di relazione tecnica, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, è trasmesso alle Camere ai fini dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che sono resi entro sessanta giorni dalla data di trasmissione dello schema di decreto. Decorso il termine di cui al periodo precedente senza che le Commissioni abbiano espresso i pareri di rispettiva competenza, il decreto legislativo può essere comunque adottato.

3. Identico.

 

Art. 11.

(Modifica all'articolo 59 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267).

 

1. All'articolo 59, comma 1, lettera c), del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, dopo le parole: «misure coercitive di cui agli articoli 284, 285 e 286 del codice di procedura penale» sono inserite le seguenti: «nonché di cui all'articolo 283, comma 1, del codice di procedura penale, quando il divieto di dimora riguarda la sede dove si svolge il mandato elettorale».

 

Art. 12.

(Norme in materia di collocamento fuori ruolo dei magistrati ordinari, amministrativi e contabili e degli avvocati e procuratori dello Stato).

 

1. Il servizio in posizione di fuori ruolo, o in un'altra analoga posizione, svolto dai magistrati ordinari, amministrativi e contabili e dagli avvocati e procuratori dello Stato, previsto dagli ordinamenti di appartenenza, non può essere prestato per più di cinque anni consecutivi. I magistrati ordinari, amministrativi e contabili e gli avvocati e procuratori dello Stato non possono in nessun caso essere collocati fuori ruolo per un tempo che, nell'arco del loro servizio, superi complessivamente dieci anni. I magistrati ordinari, amministrativi e contabili e gli avvocati e procuratori dello Stato che sono stati ricollocati in ruolo non possono essere nuovamente collocati fuori ruolo se non hanno esercitato continuativamente ed effettivamente le proprie funzioni per almeno cinque anni. Le predette posizioni in ogni caso non possono determinare alcun pregiudizio relativo al posizionamento nei ruoli di appartenenza.

 

2. Il personale collocato fuori ruolo di cui al comma 1 mantiene esclusivamente il trattamento economico fondamentale dell'amministrazione di appartenenza, compresa l'indennità, e i relativi oneri rimangono a carico della stessa.

 

3. Le disposizioni della presente legge prevalgono su ogni altra norma anche di natura speciale e si applicano anche agli incarichi già conferiti alla data della sua entrata in vigore.

Art. 9.

(Modifiche al codice penale).

Art. 13.

(Modifiche al codice penale).

1. Al libro II, titolo II, del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 314, primo comma, la parola: «tre» è sostituita dalla seguente: «quattro»;

a) all'articolo 32-quater, dopo le parole: «319-bis,» sono aggiunte le seguenti: «319-quater,»;

b) all'articolo 316, le parole: «da sei mesi a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «da uno a quattro anni»;

b) all'articolo 32-quinquies, dopo le parole: «319-ter» sono aggiunte le seguenti: «, 319-quater, primo comma,»;

c) all'articolo 316-bis, le parole: «da sei mesi a quattro anni» sono sostituite dalle seguenti: «da uno a cinque anni»;

c) al primo comma dell’articolo 314 la parola: «tre» è sostituita dalla seguente: «quattro»;

d) all'articolo 316-ter, primo comma, le parole: «da sei mesi a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «da uno a quattro anni»;

d) l'articolo 317 è sostituito dal seguente:
«Art. 317. – (Concussione). – Il pubblico ufficiale che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro od altra utilità è punito con la reclusione da sei a dodici anni»;

e) all'articolo 318, primo comma, le parole: «da sei mesi a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «da uno a quattro anni»;

e) all'articolo 317-bis le parole: «314 e 317» sono sostituite dalle seguenti: «314, 317, 319 e 319-ter»;

f) all'articolo 318, secondo comma, le parole: «fino a un anno» sono sostituite dalle seguenti: «fino a un anno e sei mesi»;

f) l’articolo 318 è sostituito dal seguente:
«Art. 318. – (Corruzione per l'esercizio della funzione). – Il pubblico ufficiale che, per l'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, indebitamente riceve, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità o ne accetta la promessa è punito con la reclusione da uno a cinque anni»;

g) all'articolo 319, le parole: «da due a cinque anni » sono sostituite dalle seguenti: «da tre a sei anni»;

g) all'articolo 319, le parole: «da due a cinque» sono sostituite dalle seguenti: «da quattro a otto »;

h) all'articolo 319-ter, primo comma, le parole: «da tre a otto anni » sono sostituite dalle seguenti: «da quattro a otto anni»;

h) all'articolo 319-ter sono apportate le seguenti modificazioni:

1) nel primo comma, le parole: «da tre a otto» sono sostituite dalle seguenti: «da quattro a dieci»;

2) nel secondo comma, la parola: «quattro» è sostituita dalla seguente: «cinque»;

i) nel capo I, dopo l'articolo 335-bis, è aggiunto il seguente:
«Art. 335-ter. – (Circostanze aggravanti). – Per i delitti previsti dal presente capo, le pene per il solo pubblico ufficiale sono aumentate in caso di atti particolarmente lesivi per la pubblica amministrazione ovvero commessi al fine di far conseguire indebitamente contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee»;

i) dopo l'articolo 319-ter è inserito il seguente:
«Art. 319-quater. – (Induzione indebita a dare o promettere utilità). – Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, induce taluno a dare o promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro od altra utilità è punito con la reclusione da tre a otto anni.
Nei casi previsti dal primo comma, chi dà o promette denaro o altra utilità è punito con la reclusione fino a tre anni»;

l) all'articolo 354, le parole: «sino a sei mesi o con la multa fino a euro 516» sono sostituite dalle seguenti: «fino a un anno»;

l) all'articolo 320, il primo comma è sostituito dal seguente: «Le disposizioni degli articoli 318 e 319 si applicano anche all'incaricato di un pubblico servizio»;

m) all'articolo 356, primo comma, le parole: «da uno a cinque anni» sono sostituite dalle seguenti: «da due a sei anni».

m) all'articolo 322 sono apportate le seguenti modificazioni:

1) nel primo comma, le parole: «che riveste la qualità di pubblico impiegato, per indurlo a compiere un atto del suo ufficio» sono sostituite dalle seguenti: «, per l'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri»;

 

2) il terzo comma è sostituito dal seguente:

 

«La pena di cui al primo comma si applica al pubblico ufficiale o all'incaricato di pubblico servizio che sollecita una promessa o dazione di denaro o altra utilità per l'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri»;

 

n) all'articolo 322-bis sono apportate le seguenti modificazioni:

 

1) nel secondo comma, dopo le parole: «Le disposizioni degli articoli» sono inserite le seguenti: «319-quater, secondo comma,»;

 

2) nella rubrica, dopo la parola: «concussione,» sono inserite le seguenti: «induzione indebita a dare o promettere utilità»;

 

o) all'articolo 322-ter, primo comma, dopo le parole: «a tale prezzo» sono aggiunte le seguenti: «o profitto»;

 

p) all'articolo 323, primo comma, le parole: «da sei mesi a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «da uno a quattro anni»;

 

q) all'articolo 323-bis, dopo la parola: «319,» è inserita la seguente: «319-quater,»;

 

r) dopo l'articolo 346 è inserito il seguente:

 

«Art. 346-bis. – (Traffico di influenze illecite). – Chiunque, fuori dai casi di concorso nei reati di cui agli articoli 318, 319 e 319-ter, sfruttando relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o con un incaricato di un pubblico servizio, indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale, come prezzo della propria mediazione illecita, ovvero per remunerare il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, è punito con la reclusione da uno a tre anni.

La stessa pena si applica a chi indebitamente dà o promette denaro o altro vantaggio patrimoniale.

La pena è aumentata se il soggetto che indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio.

Le pene sono altresì aumentate se i fatti sono commessi in relazione all'esercizio di attività giudiziarie.

Se i fatti sono di particolare tenuità, la pena è diminuita».

 

Art. 14.

(Modifica dell'articolo 2635 del codice civile).

 

1. L'articolo 2635 del codice civile è sostituito dal seguente:

 

«Art. 2635. – (Corruzione tra privati). – Salvo che il fatto costituisca più grave reato, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, che, a seguito della dazione o della promessa di denaro o altra utilità, per sé o per altri, compiono od omettono atti, in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, cagionando nocumento alla società, sono puniti con la reclusione da uno a tre anni.

Si applica la pena della reclusione fino a un anno e sei mesi se il fatto è commesso da chi è sottoposto alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti indicati al primo comma.

Chi dà o promette denaro o altra utilità alle persone indicate nel primo comma e nel secondo comma è punito con le pene ivi previste.

Le pene stabilite nei commi precedenti sono raddoppiate se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell'Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell'articolo 116 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni».

 

Art. 15.

(Modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231).

 

1. Al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

a) all'articolo 25 sono apportate le seguenti modificazioni:

 

1) al comma 3, dopo le parole: «319-ter, comma 2,» sono inserite le seguenti: «319-quater»;

 

2) nella rubrica, dopo la parola: «Concussione» sono inserite le seguenti: «, induzione indebita a dare o promettere utilità»;

b) all'articolo 25-ter, comma 1, dopo la lettera s) è aggiunta la seguente:

«s-bis) per il delitto di corruzione tra privati, nei casi previsti dal terzo comma dell'articolo 2635 del codice civile, la sanzione pecuniaria da duecento a quattrocento quote».

 

Art. 16.

(Modifica alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale).

 

1. All'articolo 133, comma 1-bis, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, dopo le parole: «319-ter» sono inserite le seguenti: «, 319-quater».

 

Art. 17.

(Modifiche all'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356).

 

1. All'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, dopo le parole: «319-ter,» sono inserite le seguenti: «319-quater,»;

b) al comma 2-bis, dopo le parole: «319-ter,» sono inserite le seguenti: «319-quater,».

 

Art. 18.

(Modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267).

 

1. Al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:

 

a) all'articolo 58, comma 1, lettera b), dopo le parole: «319-ter (corruzione in atti giudiziari),» sono inserite le seguenti: «319-quater, primo comma (induzione indebita a dare o promettere utilità),»;

 

b) all'articolo 59, comma 1, lettera a), dopo le parole: «319-ter» sono inserite le seguenti: «, 319-quater».

 

Art. 19.

(Modifica alla legge 27 marzo 2001, n. 97).

 

1. All'articolo 3, comma 1, della legge 27 marzo 2001, n. 97, dopo le parole: «319-ter» sono inserite le seguenti: «, 319-quater».

Art. 10.

(Clausola di invarianza).

Art. 20.

(Clausola di invarianza).

1. Dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Identico.

2. Le amministrazioni competenti provvedono allo svolgimento delle attività previste dalla presente legge con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

 

 


 

Discussione in Assemblea

 


 

 

RESOCONTO

SOMMARIO e STENOGRAFICO

_________

 

639.

 

Seduta di lunedì28 mAGGIo 2012

 

presidenza del vicepresidente ROCCO BUTTIGLIONE

 

 


La seduta comincia alle 14,35.

 

Discussione del disegno di legge: S. 2156 - Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione (Approvato dal Senato) (A.C. 4434-A); e delle abbinate proposte di legge: Di Pietro ed altri; Ferranti ed altri; Giovanelli ed altri; Torrisi ed altri; Garavini; Ferranti ed altri (A.C. 3380-3850-4382-4501-4516-4906) (ore 14,40).

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione; e delle abbinate proposte di legge di iniziativa dei deputati Di Pietro ed altri; Ferranti ed altri; Giovanelli ed altri; Torrisi ed altri; Garavini; Ferranti ed altri.

Avverto che lo schema recante la ripartizione dei tempi è pubblicato in calce al resoconto stenografico della seduta del 24 maggio 2012.

(Discussione sulle linee generali - A.C. 4434-A)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.

Avverto che il presidente del gruppo parlamentare del Partito Democratico ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del Regolamento.

Avverto, altresì, che le Commissioni I (Affari costituzionali) e II (Giustizia) si intendono autorizzate a riferire oralmente.

La relatrice per la Commissione affari costituzionali, onorevole Santelli, ha facoltà di svolgere la relazione.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il testo che le Commissioni I e II sottopongono all'approvazione dell'Assemblea, si articola in tre fondamentali aspetti dell'azione di contrasto alla corruzione e all'illegalità nel settore pubblico: prevenzione generale, controlli mirati e sanzioni.

Esso è volto, in particolare, a dare attuazione alle politiche ed alle «buone pratiche» di prevenzione della corruzione previste nel capo II della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall'Assemblea generale dell'ONU il 31 ottobre 2003, firmata dallo Stato italiano il 9 dicembre 2003 e ratificata ai sensi della legge 3 agosto 2009, n. 116.

L'adozione del Piano nazionale anticorruzione si rende necessaria anche a seguito della valutazione svolta dal Gruppo di Stati contro la corruzione (GRECO), organismo istituito nell'ambito del Consiglio d'Europa, di cui l'Italia fa parte dal 2007. Tra le altre raccomandazioni formulate, il GRECO ha invitato il nostro Paese ad adottare un Piano nazionale per la prevenzione e il contrasto alla corruzione e a riferirne dinanzi al Consiglio d'Europa.

Com'è noto, la Commissione europea ha stimato che la corruzione costa all'economia dell'Unione 120 miliardi di euro l'anno, ovvero l'1 per cento del PIL dell'Unione europea e poco meno del bilancio annuale dell'Unione europea.

Per quanto riguarda l'Italia, la Corte dei conti ha di recente ricordato che il nostro Paese nella classifica degli Stati percepiti più corrotti nel mondo stilata da Transparency International per il 2011 assume il non commendevole posto di sessantanovesimo su 182 Paesi presi in esame e nell'Unione europea è posizionata avanti a Grecia, Romania e Bulgaria. Un intervento del Parlamento appare, pertanto, urgente e quanto mai necessario.

Il testo definito dalle Commissioni riunite I e II al termine dell'esame svolto in sede referente è stato, quindi, oggetto di particolare attenzione ed approfondimento. Nella mia relazione mi soffermerò sui profili che investono maggiormente le competenze della Commissione affari costituzionali, rinviando, per le altri parti, a quanto illustrerà la collega relatrice per la Commissione giustizia, onorevole Angela Napoli.

Il testo che l'Assemblea si accinge ad esaminare reca disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione. Le Commissioni riunite hanno deliberato di adottare come testo base per l'esame in sede referente il disegno di legge del Governo A.C. 4434, approvato dal Senato, in esito ad alcuni stralci deliberati presso l'altro ramo del Parlamento sul testo presentato dal Governo il 4 maggio 2010.

Il provvedimento si pone come attuazione dell'articolo 6 della Convenzione dell'organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione del 2003, nonché degli articoli 20 e 21 della Convenzione penale del Consiglio d'Europa sulla corruzione del 1999, che richiedono, sostanzialmente, che in ogni ordinamento vi siano uno o più organi specializzati, incaricati di prevenire la corruzione, con i quali le autorità preposte alle indagini e al perseguimento di reati cooperino.

A tal fine, l'articolo 1 del disegno di legge, ampiamente modificato nel corso dell'iter al Senato e, quindi, dalle Commissioni I e II della Camera nell'ambito dell'esame in sede referente, individua l'Autorità nazionale competente a coordinare l'attività di contrasto della corruzione nella Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche-Civit, di cui all'articolo 13 del decreto legislativo n. 150 del 2009.

Viene così modificata l'attuale distribuzione delle competenze in questa materia, poiché la Civit si sostituisce nel ruolo di Autorità nazionale anticorruzione al Dipartimento della funzione pubblica, che tale ruolo ricopre secondo la normativa vigente.

Il testo individua anche le funzioni degli altri organi incaricati di funzioni di prevenzione e contrasto dell'illegalità, delineando una collaborazione tra la Civit, il Dipartimento della funzione pubblica e le pubbliche amministrazioni centrali.

Tra i compiti della Civit vi è quello di riferire al Parlamento sull'attività di contrasto al fenomeno corruttivo e dell'illegalità nella pubblica amministrazione e sull'efficacia delle disposizioni vigenti in materia, presentando una relazione entro il 31 dicembre di ciascun anno. Al contempo, in base a quanto previsto da un emendamento approvato dalle Commissioni in sede referente, la Civit è chiamata ad analizzare le cause e i fattori della corruzione e ad individuare interventi che ne possano favorire la prevenzione e il contrasto.

Per l'esercizio delle funzioni di concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché di attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati si prevede che la Civit eserciti poteri ispettivi mediante richiesta di notizie, informazioni, atti e documenti alle pubbliche amministrazioni e che ordini l'adozione di atti o provvedimenti richiesti dai piani e dalle regole sulla trasparenza dell'attività amministrativa, ovvero provveda alla rimozione di comportamenti o atti contrastanti con i piani e le regole sulla trasparenza summenzionati.

La Civit e le amministrazioni interessate devono dare notizia sui rispettivi siti istituzionali dei provvedimenti a tal fine adottati. Residuano in capo al Dipartimento della funzione pubblica importanti funzioni normative, esecutive e di coordinamento, tra cui la predisposizione del Piano nazionale anticorruzione, sulla base dei singoli piani predisposti e trasmessi dalle pubbliche amministrazioni centrali, nonché la definizione di criteri per assicurare la rotazione dei dirigenti nei settori particolarmente esposti alla corruzione.

Il Dipartimento svolge le sue funzioni anche secondo le linee di indirizzo adottate dal Comitato interministeriale istituito e disciplinato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Poiché la disciplina, la composizione e le funzioni del Comitato non sono altrimenti individuate, vi è da ritenere che siano comprese nel rinvio alla fonte secondaria.

L'articolo 2 reca norme concernenti la trasparenza dell'attività amministrativa, con specifico riferimento ai procedimenti amministrativi. Si prevede che la trasparenza, che, ai sensi dell'articolo 11 del decreto legislativo n. 150 del 2009, è livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, sia assicurata attraverso la pubblicazione sui siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni delle informazioni relative ai procedimenti amministrativi.

L'articolo 2 richiede che le pubbliche amministrazioni assicurino i livelli essenziali di trasparenza con particolare riferimento a specifici procedimenti: autorizzazione o concessione; scelta del contraente per l'affidamento di lavori, forniture e servizi; concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché di attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati; concorsi e prove selettive per l'assunzione di personale e progressioni in carriera.

Inoltre, le pubbliche amministrazioni devono rendere noto, tramite il proprio sito istituzionale, almeno un indirizzo di posta elettronica certificata cui il cittadino possa rivolgersi per trasmettere istanze e dichiarazioni e ricevere informazioni circa i provvedimenti e i procedimenti amministrativi che lo riguardano.

Ancora, le amministrazioni possono rendere accessibili in ogni momento agli interessati, tramite strumenti di identificazione informatica, le informazioni relative ai provvedimenti e ai procedimenti amministrativi che li riguardano, ivi comprese quelle relative allo stato della procedura, ai relativi tempi e allo specifico ufficio competente in ogni singola fase.

Secondo quanto previsto da alcuni emendamenti approvati dalle Commissioni riunite I e II, si stabilisce, inoltre, che sui siti Internet delle amministrazioni pubbliche sono altresì pubblicati i costi unitari di realizzazione delle opere pubbliche e di produzione dei servizi erogati ai cittadini. Tali informazioni sono pubblicate sulla base di uno schema tipo redatto dall'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, che ne cura, altresì, la raccolta sul proprio sito, al fine di consentirne un'agevole comparazione.

Al contempo, in base alle modifiche approvate, tali disposizioni si applicano anche ai procedimenti realizzati in deroga alle procedure ordinarie. Viene altresì specificato che i soggetti che operano in deroga e che non dispongono di propri siti istituzionali, come ad esempio i commissari, pubblicano le informazioni sui siti istituzionali delle amministrazioni dalle quali sono nominati. Le informazioni così pubblicizzate sono poi trasmesse in via telematica alla Civit.

Ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 2, si prevede l'emanazione di uno o più decreti ministeriali e la mancata o incompleta pubblicazione da parte delle pubbliche amministrazioni delle informazioni individuate da tali atti costituisce violazione degli standard qualitativi ed economici ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo n. 198 del 2009 e, dunque, presupposto per la cosiddetta azione di gruppo (class action) contro la pubblica amministrazione. Ciòè altresì valutato ai sensi dell'articolo 21 del decreto legislativo n. 165 del 2001, in materia di responsabilità dirigenziale, così come eventuali ritardi nell'aggiornamento dei contenuti e sugli strumenti informatici sono sanzionati a carico dei responsabili del servizio.

Nell'ambito dell'esame in sede referente, è stato poi approvato un nuovo articolo 3 in materia di trasparenza delle attribuzioni di posizioni dirigenziali con il quale si stabilisce che, al fine di garantire l'esercizio imparziale delle funzioni amministrative e di rafforzare la separazione tra organi di indirizzo politico e organi amministrativi e la reciproca autonomia, le amministrazioni pubbliche, nonché le aziende e le società partecipate dallo Stato e dagli altri enti pubblici, in occasione del monitoraggio previsto dall'articolo 36, comma 3, del decreto legislativo n. 165 del 2001, comunicano al Dipartimento della funzione pubblica, tramite gli organismi indipendenti di valutazione, tutti i dati utili a rilevare le posizioni dirigenziali attribuite a persone, anche esterne alla pubblica amministrazione, individuate discrezionalmente dall'organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione. I dati forniti confluiscono nella relazione annuale al Parlamento di cui al medesimo articolo 36, comma 3, del decreto legislativo n. 165 del 2001 e vengono trasmessi alla Civit per le finalità di cui all'articolo 1 del disegno di legge in esame.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Santelli.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. L'articolo 4, non modificato nel corso dell'esame in sede referente, modifica l'articolo 53 del decreto legislativo n. 165 del 2001 in tema di incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi di dipendenti pubblici, prevedendo che: per l'autorizzazione a svolgere incarichi l'amministrazione di appartenenza verifica l'insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interesse; i soggetti pubblici o privati comunicano all'amministrazione di appartenenza l'ammontare dei compensi erogati ai dipendenti pubblici entro 15 giorni dall'erogazione stessa; le amministrazioni pubbliche che conferiscono o autorizzano incarichi, anche a titolo gratuito, ai propri dipendenti comunicano in via telematica...

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Santelli.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Santelli, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.

Ha facoltà di parlare la relatrice per la Commissione giustizia, onorevole Angela Napoli.

ANGELA NAPOLI, Relatore per la II Commissione. Signor Presidente, Ministri, onorevoli colleghi, la mia relazione si concentra sulle parti del testo riconducibili alla competenza propria della Commissione giustizia e, in particolare, sugli articoli 5, 6, 7, 9 e da 12 a 19.

L'articolo 5, introdotto nel corso dell'esame al Senato, mira a tutelare il pubblico dipendente che, fuori dei casi di responsabilità per calunnia o diffamazione, denuncia o riferisce condotte illecite apprese in ragione del suo rapporto di lavoro, sulla base del comma 1. Viene, infatti, disposto che il segnalante non può essere licenziato o sottoposto a misure discriminatorie aventi effetto sulle condizioni di lavoro per motivi, direttamente o meno, collegati alla denuncia presentata.

Fatti salvi gli obblighi legali di denuncia, è fatto divieto alla pubblica amministrazione di rivelare l'identità del segnalante, in assenza del consenso di quest'ultimo, fino alla contestazione dell'illecito disciplinare, sulla base del comma 2. È importante segnalare che analoga disposizione a tutela del dipendente pubblico è contenuta nell'articolo 9 della Convenzione civile sulla corruzione, stipulata a Strasburgo il 4 novembre 1999, e attualmente in corso di ratifica parlamentare. Il provvedimento, approvato dal Senato, è proprio oggi all'esame dell'Assemblea.

Rispetto al testo del Senato, le Commissioni riunite I e II, per ragioni sistematiche, hanno collocato la disposizione nel decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 dopo l'articolo 54 recante le «Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche».

L'articolo 6, introdotto dal Senato, individua una serie di attività di impresa particolarmente esposte al rischio di infiltrazione mafiosa per le quali è apparso opportuno prevedere immediatamente - cioè senza attendere l'emanazione ed efficacia di un apposito regolamento previsto dal Codice sulle leggi antimafia - l'informazione antimafia, indipendentemente dal valore del contratto o del subcontratto.

L'elenco delle attività a rischio è aggiornabile dalla fonte secondaria al fine di evitare tutte quelle difficoltà che potrebbero derivare dall'approvazione di una nuova legge. In Commissione, per prevenire facili elusioni della norma, si è previsto che l'affidamento a terzi da parte dell'aggiudicatario di attività comprese tra quelle individuate a rischio di infiltrazione mafiosa, nonché le modifiche dell'assetto proprietario e degli organi sociali delle imprese aggiudicatarie degli appalti riguardanti le attività in questione, sono oggetto di comunicazione alla prefettura per l'espletamento degli opportuni controlli.

L'articolo 7 interviene sul decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, il cosiddetto Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture ed in particolare sui casi di risoluzione del contratto per reati accertati e per decadenza dell'attestazione di qualificazione, ampliandone l'applicazione ai delitti previsti dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale, e dagli articoli 314, comma 1, 316, 316-bis, 317, 318, 319, 319-ter e 320 del codice penale. Forse questa lista dovrà essere rivista a seguito delle modifiche apportate dal provvedimento in esame al codice penale nei successivi articoli del presente provvedimento.

L'articolo 9 reca disposizioni in materia di danno all'immagine della pubblica amministrazione, mediante modifica dell'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20 che disciplina il giudizio di responsabilità amministrativa. In particolare il comma 1 prevede due nuovi commi (1-sexies e 1-septies) all'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20.

Con il primo, è introdotta una presunzione relativa sulla quantificazione del danno all'immagine della pubblica amministrazione. Secondo quanto si dispone, infatti, qualora sia stato commesso un reato contro la pubblica amministrazione accertato con sentenza passata in giudicato, l'entità del danno all'immagine dell'amministrazione derivante da tale reato si presume, salvo prova contraria, pari al doppio della somma di denaro o del valore di altra utilità che sia stata indebitamente percepita dal dipendente.

Con la seconda modificazione, che introduce il comma 1-septies dell'articolo 1 della legge n. 20 del 1994, si prevede che nei giudizi di responsabilità amministrativa per il danno all'immagine - nell'ipotesi di fondato timore di attenuazione, anziché di probabile attenuazione come previsto nel testo del Senato, della garanzia patrimoniale del credito erariale - su richiesta del procuratore regionale, sia sempre concesso dal presidente della sezione della Corte dei conti, competente sul merito del giudizio, il sequestro conservativo di beni mobili e immobili del convenuto, comprese somme e cose allo stesso dovute.

Il provvedimento cautelare è assunto con decreto motivato che il giudice può con ordinanza confermare, modificare o revocare alla successiva udienza di comparizione. Contro l'ordinanza è ammesso reclamo ai sensi articolo 669-terdecies del codice di procedura civile davanti alla sezione giurisdizionale della Corte dei conti.

L'articolo 12, introdotto dalle Commissioni, prevede che il servizio in posizione di fuori ruolo, o in altra analoga posizione, svolto dai magistrati ordinari, amministrativi e contabili e dagli avvocati e procuratori dello Stato, previsto dagli ordinamenti di appartenenza, non può essere prestato per più di cinque anni consecutivi.

Viene posto il limite massimo di dieci anni complessivi. Si stabilisce che il soggetto ricollocato in ruolo non può essere nuovamente collocato fuori ruolo se non ha esercitato continuativamente ed effettivamente le proprie funzioni per almeno cinque anni. In merito al trattamento economico si stabilisce che il personale collocato fuori ruolo mantiene esclusivamente il trattamento economico fondamentale dell'amministrazione di appartenenza compresa l'indennità, mentre i relativi oneri rimangono a carico della stessa. Si tratta di una disposizione che è stata a lungo all'esame delle Commissioni per le diverse implicazioni, anche di natura organizzatoria, che determina. Proprio per tali questioni il Governo e il relatore per la I Commissione (Affari costituzionali) avevano espresso parere contrario sull'articolo aggiuntivo presentato dall'onorevole Giachetti, che introduceva nel testo la disposizione in esame. Anzi, dopo alcuni mesi che già si era avviato l'esame dell'articolo aggiuntivo, il relatore per la I Commissione (Affari costituzionali), l'onorevole Santelli, riprendendo un subemendamento presentato fuori il termine massimo, ha presentato un articolo aggiuntivo sulla medesima materia volto a disciplinare una serie di questioni che necessitano di essere risolte, ma che non erano trattate dall'articolo aggiuntivo dell'onorevole Giachetti. All'articolo aggiuntivo del relatore sono stati presentati subemendamenti da parte di tutti i gruppi, almeno su uno dei quali il Governo aveva preannunciato parere favorevole così come lo aveva fatto per l'articolo aggiuntivo del relatore. Tuttavia, non si è arrivati ad esaminare questo articolo aggiuntivo, essendo stato precluso dall'approvazione dell'articolo aggiuntivo Giachetti.

Gli articoli da 13 a 19 sono stati introdotti dalle Commissioni a seguito dell'approvazione di un emendamento presentato dal Ministro Severino, volto a sostituire l'articolo 9 del testo trasmesso dal Senato, che interveniva in maniera del tutto insufficiente su una materia, quale quella dei reati contro la pubblica amministrazione, che invece, considerata la drammaticità del fenomeno corruttivo, necessita di una vera e propria riforma radicale.

Per quanto nel corso dell'esame presso il Senato tanto le forze politiche di maggioranza ed opposizione quanto il Governo, con allora a capo il Presidente Berlusconi, avessero rinviato all'esame della Camera la sistemazione della parte penale...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ANGELA NAPOLI, Relatore per la II Commissione. ...quando si è avviato l'esame presso questo ramo del Parlamento, si è registrato da parte delle forze di Governo e del Governo stesso un atteggiamento di chiusura che avrebbe dovuto portare alla conferma di quanto approvato dal Senato. Solo il cambio di Governo, avvenuto proprio quando le Commissioni stavano ad accingersi ad esaminare la parte penale del disegno di legge, ha consentito un'inversione di tendenza. Il Ministro Paola Severino, una volta insediatasi, proprio in ragione di questo nuovo spirito con cui il Governo affrontava la materia della lotta alla corruzione, ha chiesto tempo per studiare a fondo gli emendamenti presentati ed eventualmente presentarne di nuovi. Cosìè avvenuto e le Commissioni hanno approvato un emendamento del Governo risultante dalla modifica di tre subemendamenti. Altri emendamenti e subemendamenti non sono stati approvati, per quanto meritevoli di interesse, come ad esempio quelli diretti ad introdurre nell'ordinamento il reato di autoriciclaggio, spesso connesso a fatti corruttivi. La scelta di non intervenire in tale materia è stata giustificata dal Governo dal fatto che si tratterebbe di un reato la cui formulazione comporta una serie di questioni che esulano dalla materia della lotta alla corruzione, trattandosi di un reato di portata generale e connesso anche a reati diversi da quelli contro la pubblica amministrazione.

PRESIDENTE. Onorevole Napoli, la prego di concludere.

ANGELA NAPOLI, Relatore per la II Commissione. Per la stessa ragione il Governo non ha accolto gli emendamenti volti ad incidere sulla disciplina generale della prescrizione del reato, per aumentare il periodo di prescrizione dei reati contro la pubblica amministrazione.

Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento, perché la relazione è abbastanza lunga e circostanziata ma il tema da trattare richiede anche la lunghezza e la definizione di tutti i contenuti.

PRESIDENTE. Onorevole Napoli, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti. Leggeremo con grande interesse la sua relazione adeguata all'importanza del provvedimento in esame.

Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Signor Presidente, il Governo si riserva di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. Sta bene. È iscritto a parlare l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, ho ascoltato con molta attenzione le relazioni dei due relatori, almeno per quanto riguarda la parte che hanno potuto leggere, ma li avevo già ascoltati durante i lavori delle Commissioni congiunte, per cui conosco bene quale è stato il loro impegno, la loro azione, che ci ha portato anche con il concorso di tutti colleghi ad affrontare in questa fase tutta la problematica e la tematica del provvedimento oggi all'esame di questa Aula. Vorrei fare alcune considerazioni, rimettendomi ovviamente nello specifico alle cose che abbiamo ascoltato e che abbiamo detto. È un lavoro che si sta trascinando, che si è trascinato in un arco molto lungo di tempo nelle Commissioni congiunte. Noi capiamo e comprendiamo che la problematica non era semplice, che si sono confrontate varie scuole di pensiero, di dottrina e di quant'altro, ma il tema credo che debba uscire fuori dalle varie interpretazioni e anche dalle forzature che pur ci sono quando si parla di corruzione, e soprattutto della produzione di norme e provvedimenti sull'anticorruzione.

Si è detto parecchie volte, signor Presidente, signori Ministri, che la corruzione crea delle disarmonie, delle disarmonie sociali, delle colpevoli penalizzazioni sul piano economico. L'onorevole Santelli poc'anzi faceva riferimento ad una cifra a livello europeo, 120 miliardi costerebbe la corruzione all'interno del nostro Paese; in Italia si parla di 60 o 70 miliardi ma poi ovviamente sono sempre cifre relative, e non è che abbiamo contezza del volume che crea queste disarmonie, volume di denaro, di risorse che vengono ad essere sottratte allo sviluppo economico, alle prospettive di avanzamento civile e umano nel nostro Paese. Certo è che la corruzione crea e ha creato delle situazioni incredibili. Ne abbiamo avuto contezza nella vita del nostro Paese anche recente e possiamo dire che rispetto anche al passato (faccio riferimento al 1992-1993 quando si è evidenziata l'azione del pool di Mani Pulite) la corruzione è lungi dall'essere svanita ed attutita, ma abbiamo anche degli elementi che ci consentono in questo momento di dire che per alcuni versi si è aggravata; si è aggravata nell'attività di gestione del nostro Paese, delle autonomie locali, delle regioni, e si aggrava sempre di più ed evidenzia sempre con maggiore forza una situazione di malessere, delle situazioni ovviamente ammalate che certamente non hanno predisposto alla creazione di condizioni per guardare al futuro con un minimo di serenità. C'è da dirsi: le norme che abbiamo predisposto certamente raggiungono degli obiettivi, ma le norme da sole non sono sufficienti.

Se le norme consentono di creare una fase culturale diversa, di creare una diffusa sensibilità all'interno del nostro Paese, nelle istituzioni, nel rapporto fra istituzioni, pubblica amministrazione e cittadino, certamente alcuni traguardi possono essere raggiunti. Ma le norme da sole non possono farcela. Tutte queste norme, infatti, sia della prima parte che veniva ad essere indicata dalla relatrice per la I Commissione, sia della seconda parte che veniva ad essere elencata e, quindi, sviluppata dall'onorevole Angela Napoli, possono servire da deterrenza, da condizioni, ma da sole non sono sufficienti, se non c'è un senso morale, se non c'è un'etica che riguarda la responsabilità e il modo di essere diverso nei rapporti tra istituzioni, come dicevo poc'anzi, e cittadini. Questo è il dato. Non c'è dubbio che il problema è la pubblica amministrazione, il problema è della responsabilità. Dobbiamo pensare, capire e comprendere che esiste, anche per normative passate, una differenziazione fra due momenti, fra l'organo politico che programma e l'organo amministrativo che attua e gestisce, e che questi due momenti non sono stati assorbiti e metabolizzati nemmeno sul piano culturale dove a volte il funzionamento di questa realtà differenziata, spesso dicotomica, non ha creato delle condizioni di agibilità. Le norme che sono state poste in essere sono certamente importanti e fondamentali; mi riferisco sia alla prima parte, quella a cui faceva riferimento l'onorevole Santelli, come dicevo poc'anzi, sia a tutta l'area e alla fase delle sanzioni, le quali sono importanti e fondamentali. Alcune sanzioni le abbiamo aumentate, alcune fattispecie le abbiamo anche innovate, abbiamo introdotto delle previsioni nuove rispetto al codice penale, ma certamente tutto questo non può essere sufficiente se non si accompagna ad una azione molto più vasta e complessiva che riguarda l'educazione, la formazione, ma, soprattutto, una presa di coscienza rivoluzionaria all'interno del nostro Paese.

Non c'è dubbio che una delle prime vicende che noi abbiamo dovuto affrontare è questa della CIVIT che, certamente, è un fatto importante, concernente l'Autorità nazionale anticorruzione, per quanto riguarda anche i compiti che essa ha e dovrebbe avere. È previsto ovviamente dalla norma. Ma qualcosa non ci tranquillizza - lo dico con estrema chiarezza - per il modo con cui i componenti di questa autorità vengono ad essere nominati. Per un certo senso vengo ad essere nominati da parte del Governo; poi c'è, ovviamente, la fase parlamentare con la comunicazione della composizione al Parlamento. Certamente questo avviene per i tanti atti e fatti di cui è competente tale autorità. Non c'è dubbio che qualcosa, però, come ripeto, non funziona per quanto riguarda l'indipendenza e l'autonomia. L'autonomia e l'indipendenza sono elementi importanti e fondamentali, da garantire e da sottolineare per quanto riguarda un'autorità come la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche. Questo è un dato su cui certamente abbiamo discusso e che abbiamo valutato, forse non sufficientemente - lo dico anche ai colleghi della I e della II Commissione - perché questo nostro Paese si trova sempre a dover gestire e, quindi, creare delle autorità e non sappiamo fino a che punto esse sono autonome e fino a che punto riescono a determinare quelle svolte che tutti quanti auspichiamo. Ma c'è un altro problema che noi abbiamo sempre più evidenziato e sottolineato, quello della pubblica amministrazione. Mi fa piacere che c'è il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Il problema è quello di capire cos'è la pubblica amministrazione, se esistono delle sfasature, se esiste un ridimensionamento della pubblica amministrazione stessa, se esiste una mancanza di coscienza, di passione, di entusiasmo e, come dicevo poc'anzi, di responsabilità nella pubblica amministrazione. Signor Ministro della giustizia, possiamo approvare tutte le norme, possiamo aumentare le pene e creare delle fattispecie, ma se non c'è una grande presa di coscienza di un Paese che deve consolidarsi nelle sue strutture, nella sua azione e nel suo modo di essere e di stare, certamente sul «mercato delle realizzazioni» tutto questo svanisce.

Si è fatto riferimento alla dirigenza recuperando lo spoil system, cosicché coloro che vengono ad essere nominati fuori dall'amministrazione, devono sempre declinare le proprie generalità: chi sono, da dove vengono, cosa hanno fatto, cosa hanno determinato o cosa hanno costruito nella loro vita. Questo è un dato che viene fuori e sul quale ci interroghiamo: vale ancora lo spoil system? È ancora necessario mantenere questa figura che veniva ad essere un po' recuperata dall'esperienza, per così dire, dalla cultura americana, statunitense? Oppure bisogna fare qualche passo in avanti non per eliminare lo spoil system, ma perché sia accompagnato da altre vicende, da altre storie e da un dato culturale diverso. Infatti i dirigenti generali che sono nominati dall'esterno appartengono molto più alla cerchia ristretta di chi li nomina e, quindi, perdono di vista il dato che avevamo evidenziato: la differenziazione e l'autonomia tra l'organo di indirizzo programmatico e politico e l'organo amministrativo. Ognuno con le proprie responsabilità distinte: questa differenziazione, quando uno viene ad essere nominato, si perde, si svilisce, svanisce, si attenua sempre di più. Dunque pongo il problema certamente in questi termini. Allo stesso modo nella pubblica amministrazione - l'ho sempre sottolineato - questa pletora di consulenti, che a volte prendono il posto di chi ha la responsabilità istituzionale nella gestione amministrativa, sono figure anomale perché diventano collaboratori del Ministro e, di fatto, sono sovraordinati agli stessi dirigenti generali della pubblica amministrazione. Il fatto vero è che se andiamo a capire e a comprendere che cosa sta avvenendo fuori, verifichiamo la perdita di vigore ma soprattutto di entusiasmo della pubblica amministrazione. Certamente l'inefficienza della pubblica amministrazione crea una fascia di permeabilità e, quindi, di corruttela e non possiamo far finta che tutto questo non esiste negli appalti e nei subappalti. L'onorevole Napoli per quanto riguarda gli affidamenti dei subappalti ricordava che c'è una misura prevista anche in questo articolato secondo la quale bisogna avere chiarimenti circa le attività svolte e tutte le garanzie necessarie, visto e considerato che le infiltrazioni mafiose si insinuano attraverso le forniture, i subappalti e i vari servizi. Chi vive in regioni compromesse conosce il fenomeno - ma non sappiamo quali sono le vere regioni compromesse oltre quelle del Mezzogiorno - che credo sia ormai diffuso. Certamente chi fornisce materiale e quant'altro molte volte è collegato oppure è il tramite veicolare di organizzazioni criminali ed organizzazioni mafiose. Ma in tutto questo manca il senso del controllo in questo nostro Paese. Lo diciamo con estrema chiarezza: non c'è un controllo perché anche in tutto questo impianto che abbiamo costruito, che le commissioni saggiamente, con grande senso di opportunità, hanno costruito manca il controllo. Infatti bisognerebbe parlare di un altro aspetto più importante, che è quello della denuncia: spesso chi è che denuncia? È difficile molte volte esporre denuncia se non c'è una tutela e se non c'è una reattività da parte dell'organo politico e da parte dei vertici della pubblica amministrazione. Credo sia un aspetto da tenere ben presente per evitare che margini di manovra di organizzazioni criminali si inseriscano in vicende e in situazioni che dovrebbero certamente essere salvaguardate per dare ovviamente una prospettiva, un'immagine diversa alle opere pubbliche.

Qualcuno mi diceva, qualche tempo fa, che, forse, quando negli appalti o negli enti - e così via - emerge qualche dato legato alla corruzione, molte volte, c'è uno sviluppo. Esiste, infatti, un ulteriore problema che vorrei indicare con estrema chiarezza: il problema di un Paese che vuole essere sano rispetto ad un altro Paese che, invece, sano non è. Lo Stato e l'anti-Stato. Si dice chiaramente che con la lotta alla corruzione dobbiamo salvare la nostra economia: ebbene, in alcune regioni del nostro Paese, il lavoro nero e il lavoro della criminalità organizzata creano un certo tipo di equilibrio.

È brutto dire queste cose, ma lo faccio per farvi capire fino in fondo quale sia la situazione reale. In alcune regioni, in alcuni territori, se non vi fosse il lavoro nero e se non vi fossero organizzazioni, possiamo dire, non legali, forse, alcuni collassi sarebbero molto più forti e, soprattutto, molto deflagranti. Io ritengo che dobbiamo parlare di questo aspetto, perché la battaglia contro la corruzione è una battaglia di civiltà e di libertà:«corruzione», infatti, significa non essere liberi nei propri movimenti, significa che i cittadini non sono liberi nei propri movimenti.

Si fa bene, tanto per parlare di un'altra questione, quando, dall'articolo 1 all'articolo 5, si dice che anche le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano dovrebbero essere informate a questi principi. Poi, vi è tutta la vicenda della sanità nel nostro Paese, con la sua mole. Ma voi pensate veramente, quando si dice, in questo articoletto, che le province autonome di Trento e di Bolzano o le regioni si debbano informare a questi principi, che esse siano sotto controllo? Da parte di chi? Da parte di chi le regioni sono sotto controllo? La spesa, da parte di chi è sotto controllo? La corruzione, da parte di chi? Chi ha oggi la responsabilità di tutto questo?

La vicenda dei controlli è un'altra vicenda opaca. Per le autonomie locali non sono previste più le vecchie giunte provinciali amministrative né i comitati regionali di controllo Co.Re.Co.; nei comuni, vi sono semplicemente i revisori dei conti, che sono una caricatura di un reale controllo; nelle regioni, c'era un commissario di Governo. Non sto vagheggiando né sono nostalgico di cose antiche e superate, ma i controlli non ci sono. Dunque, possiamo anche realizzare un nuovo codice penale, signori Ministri, ma se non ci sono i controlli e se non c'è la responsabilità, tutto diventa relativo e difficile, perché la criminalità - quella con i colletti bianchi o vestita di grigio - che bypassa le norme, le aggira sempre di più e, certamente, non si commuove né si intimorisce perché vi sono nuove fattispecie di reato o figure giuridiche, come quelle che sono state indicate ed evidenziate anche attraverso il lavoro congiunto delle Commissioni I (Affari costituzionali) e II (Giustizia).

Potrei anche parlare della crescita economica, tuttavia, non credo che oggi sia il momento dell'enfatizzazione. In questo nostro Paese, fin quando ci saranno poteri forti, non si riuscirà a scardinare il sistema. Ci sono delle immoralità che tutti quanti capiamo e conosciamo. Non è possibile, con le difficoltà che abbiamo avuto in sede di Commissioni congiunte I (Affari costituzionali) e XI (Lavoro) - mi rivolgo al Ministro Patroni Griffi -, non sapere quanto, ad esempio, sia il volume. Egli è riuscito ad avere un quadro di ciò e per questo, la volta scorsa, l'ho ringraziato, gliel'ho comunicato in contumacia, mentre, adesso, lo faccio direttamente, lo ringrazio per il suo lavoro. Non si sa: è una materia sfuggente. Non sappiamo chi è, chi sono queste realtà. Dunque, si operano tagli lineari, ad esempio, per quanto riguarda la pubblica amministrazione, ma vi sono zone e aree che godono del diritto di extraterritorialità: non si può andare da nessuna parte.

In questo nostro Paese ci sono persone che sono ancora in una condizione di incompatibilità chiara. Faccio un esempio per una questione di brevità del discorso: non è ammissibile che ci sia uno che fa il presidente dell'ANAS e nel contempo, da molti anni, sia presidente della società per la realizzazione del ponte sullo stretto di Messina. Credo che questo discorso sia chiaro; se volete vi dico il nome: Ciucci. Come si fa? Ma di che cosa stiamo parlando? Se c'è una situazione di questo genere, non esiste uno straccio di norma che sia necessaria, non c'è bisogno di approvare una norma di questo genere, perché ci sono già altre norme, le norme dell'opportunità, del buonsenso, norme che certamente il Governo della Repubblica può incoraggiare e alle quali può richiamarsi con molta forza. Ritengo che questi siano problemi e temi che riguardano il modo di essere; ecco perché facevo riferimento al costume, questo è un dato culturale molto importante, fondamentale.

Non c'è dubbio che il lavoro fatto dalle Commissioni sia importante; debbo ringraziare anche il Ministro della giustizia per ciò che è riuscita a fare, in una situazione un po' difficile come questa, con un provvedimento a cavallo tra la Seconda Repubblica - alla quale non ho mai creduto, che ritengo una finzione - e la nascita di non si sa bene che cosa, non si sa di quale Repubblica; qualcuno vuole andare subito alla Quinta Repubblica con il semipresidenziale, scavalcando delle fasi storiche. Comunque, come dicevo, ci troviamo a cavallo tra queste due fasi, a cavallo tra un Governo e l'altro, parlando un po' per scherzo, che poi tanto scherzo non è, e certamente le relatrici, le Commissioni e il Governo, sono riusciti a puntualizzare alcune condizioni in grado di sbloccare una situazione che risentiva e rischiava di risentire di vicende del passato legate non necessariamente al provvedimento stesso, ma ad altre situazioni che potevano essere politiche e quindi estranee alla materia, come si suole dire. Eppure si sono ottenute quelle individuazioni che sono state fatte e che sono state racchiuse nell'articolo 13 per quanto riguarda, ad esempio, la concussione, la corruzione nell'esercizio delle funzioni, l'induzione indebita; tutte queste sono figure che, certamente, completano un po' il quadro di riferimento, a mio avviso importante e necessario a dare una prospettiva reale all'interno del nostro Paese.

Questo provvedimento contiene poi l'articolo sul traffico di influenze illecite di cui si è parlato e si è discusso, e questo è un fatto innovativo, è un fatto di costume. Il traffico di influenze illecite può essere capito o non essere capito, a seconda dell'ottica con cui lo analizziamo; non è un problema di scuole di pensiero o di dottrina, non è un fatto teorico, è un fatto che rientra pienamente nei comportamenti e nei modi di essere dove ci sono, certamente, i cialtroni, dove ci sono gli impostori e dove ci sono anche coloro che sfruttano la loro condizione, il loro status, per creare affari e creare condizionamenti al proseguo lineare anche del nostro impegno civile e sociale all'interno del nostro Paese.

Vorrei terminare qui; non avrei altro da aggiungere; ecco perché mi sono rimesso un po' alle cose che ho sentito dire dalle relatrici. Certamente viviamo un momento importante e particolarmente significativo. Mi ero però dimenticato il problema del riciclaggio. Più volte in Commissione antimafia, anche con Angela Napoli, abbiamo tentato di sollecitare l'attenzione su questo punto. Capisco che questa parte potrebbe creare delle condizioni su cui bisogna riflettere, ma su che cosa? Vorrei che sempre in quest'Aula, in sede di replica, il Governo potesse dare qualche indicazione per il futuro per quanto riguarda l'autoriciclaggio. Ritengo che questo sia un dato importante.

Non ho voluto ripercorrere tutte le fasi, in termini analitici, dei lavori delle Commissioni, ma soprattutto non ho voluto richiamare punto per punto quello che è il provvedimento, che, certo, è un buon aggancio, un buon punto di riferimento. Dico ciò, signor Presidente, perché poi bisogna che qualcuno le applichi queste norme. I Ministri si chiederanno: ma di cosa parla? Noi abbiamo approvato, dopo tanto tempo di lavoro, quel provvedimento che va sotto il nome di legge Lazzati, la

n. 175 del 13 ottobre 2010, che toglie ai sorvegliati speciali la possibilità di fare propaganda elettorale, ma ancora non è stato realizzato; non si realizza! L'abbiamo approvato, e vi fu una grande soddisfazione - fu approvato all'unanimità, in un periodo delicato (mi sembra che l'onorevole Napoli fosse la relatrice ed io ero stato tredici o quindici anni fa il primo presentatore di questo provvedimento) -, ma di esso non vi è applicazione. Vi è il problema dei magistrati, certamente. Questa è una fattispecie di reato che nessuno sta perseguendo, che non esiste, e allora il dato vero, importante e fondamentale sono certamente le norme. Vi sono le incompatibilità e tutto il resto, ma vi è certamente il problema di una presa di coscienza anche di carattere culturale.

Un altro dato, per quanto riguarda l'incandidabilità: abbiamo amministrazioni che hanno candidato, in queste elezioni - non tanti anni fa - gente che è stata condannata per delitti nei confronti della pubblica amministrazione con sentenza passata in giudicato. Ma non si muove nessuno, come se questa'Aula, quando discutiamo questi argomenti, o l'aula della Commissione - in questo caso la sala del Mappamondo - fosse destinata semplicemente ad un'accademia di persone di buon senso e di buona volontà; ma il Paese è estraneo, non vi è coinvolgimento. Le forze politiche sono in crisi e in difficoltà. Noi abbiamo approvato - e faccio riferimento alla Commissione antimafia - un codice deontologico, che doveva essere affidato alla sensibilità dei partiti; ma non vi è questa sensibilità dei partiti; manca la lungimiranza anche dei magistrati, per alcuni versi, che fanno tutti quanti il proprio dovere, e non facciamo altro che ringraziare i magistrati e le forze dell'ordine, ma ritengo che l'approdo serio, più tangibile e più concreto del lavoro che si sta facendo sia di dare una spinta, sul piano culturale, a questo Paese, che deve trovare la sua ragion d'essere, la sua identità, la sua capacità di reagire; e si reagisce con una motivazione più volte evidenziata e da me richiamata, quella dello sviluppo economico, per vedere, per capire e per far capire, soprattutto, che le tangenti e la corruzione affossano anche l'economia.

Quest'ultimo è un motivo ulteriore, ma bisogna che nasca l'orgoglio del Paese, l'amore verso il Paese. Vi sono strutture e realtà dove il cittadino è violentato: non può avere una definizione di una pratica se non paga la tangente. Ritengo che questo sia il danno vero, e il dato è che il cittadino non denuncia. Non denuncia l'usura, non denuncia l'estorsione e tutte le fattispecie di reato - introdotte anche con il concorso autorevole del Ministro Severino - che sono rappresentate dall'estorsione. Ci troviamo di fronte a delle estorsioni pure e semplici; poi abbiamo creato altre figure di reato, ma sono delle estorsioni. Allora ritengo che l'impegno non sia soltanto di votare una legge, ma di creare una fase nuova. Non so se ci troviamo sulla strada della Terza o della Quarta Repubblica, ma l'auspicio che noi facciamo, in questo momento, e che noi poniamo, è che questa fase possa essere ricca di grande impegno e di grande slancio. Credo che le forze politiche si recuperino, e possano recuperare il loro ruolo, dando dignità e forza soprattutto alla norma, ma soprattutto con una capacità diversa anche di approcciarsi ai temi, ai grandi problemi e alle grandi questioni che abbiamo oggi sul tappeto.

PRESIDENTE. Onorevole Tassone, la prego di concludere.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, ho concluso e sarò ligio al suo richiamo autorevolissimo.

Credo di aver dato qualche sollecitazione e manifestato qualche sentimento mio e qualche mia preoccupazione, ma non ci sono solo preoccupazioni. C'è qualche sentimento, a volte di pessimismo, ma quello che prevale, nel momento in cui abbiamo discusso e discutiamo, per poi approvarlo, questo provvedimento, credo sia la necessità di dare spazio e cittadinanza alla fiducia nella democrazia e nel funzionamento delle istituzioni, come garanzia della sopravvivenza di questo Paese, ma soprattutto come perseguimento e tutela dei suoi interessi generali.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Nicola Molteni. Ne ha facoltà.

NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, colleghi, signor Ministro, innanzitutto voglio ricordare come questo sia un provvedimento importantissimo, che viene giustamente portato all'attenzione del Parlamento. C'è l'augurio, da parte del gruppo della Lega Nord Padania, che questo provvedimento venga approvato e quindi reso esecutivo nel più rapido tempo possibile, perché la richiesta che proviene dal Paese, dai cittadini, dalla Corte dei conti e dall'Europa, su questo tema, è pressante ed importante. Quindi credo che anche il nostro Parlamento debba dare una risposta altrettanto importante e altrettanto celere.

Noi siamo all'opposizione, e siamo sempre stati duramente all'opposizione di questo Governo, ma abbiamo sempre detto, sin dall'inizio, che se il Governo avesse proposto iniziative interessanti, utili ed importanti da approvare, da parte nostra ci sarebbe stato un atteggiamento assolutamente serio e responsabile, che è poi l'atteggiamento che abbiamo tenuto in questi mesi di Commissione e che terremo ovviamente anche in Aula.

Prima il collega Tassone diceva che questo provvedimento si è trascinato tanto tempo in Commissione ed io direi che forse si è trascinato troppo tempo in Commissione, anche perché questo è un provvedimento che è già stato approvato al Senato, che è arrivato nelle Commissioni riunite I (Affari costituzionali) e II (Giustizia) il 7 luglio scorso, ed il suo iter era già stato avviato dal precedente Governo. Crediamo che, anche alla luce del fatto che si tratta di una provvedimento particolarmente complesso, in modo particolare sulla parte penale, lo si sarebbe potuto concludere e portare all'attenzione del Parlamento in tempi un po' più stringenti.

Do atto al Ministro - noi spesse volte siamo entrati in discussione ed in conflitto con il Ministro su tanti provvedimenti - di aver cercato di trovare una sorta di mediazione e di compromesso, non sempre facile - mi permetto di dire, signor Ministro - soprattutto per le diverse sensibilità che campeggiano all'interno della vostra maggioranza.

Non abbiamo voluto strumentalizzare o fare della demagogia su questi tipi di difficoltà all'interno della maggioranza, e abbiamo sempre tentato di tenere un atteggiamento costruttivo. Anzi, soprattutto nelle ultime fasi, quando vi erano ancora numerosi emendamenti pendenti che avrebbero rischiato, non dico di affossare il provvedimento, ma di tenerlo ancora troppo tempo in Commissione, sono stati proprio i parlamentari della Lega Nord Padania a chiedere una accelerazione del provvedimento, affinché esso arrivasse in Aula per una approvazione rapida.

Facciamo presente semplicemente questo al Governo, e in modo particolare al Ministro Severino: questo è il primo provvedimento importante in materia di giustizia che viene portato all'attenzione del Parlamento e crediamo che esso avrebbe potuto essere anticipato rispetto ad altri, che invece avete ritenuto più opportuni. Mi riferisco, in modo particolare, al famoso «svuota carceri», e all'altro provvedimento, che arriverà in settimana, sulla particolare tenuità del fatto, detto anche «svuota processi».

Credo che avreste potuto avere maggiore attenzione e sensibilità per questo tema, anche perché, se è vero, come è vero, che i dati - ovvero centoventi miliardi di euro di sistema corruttivo presente nel nostro Paese - sono importanti, gravi e seri, credo che una maggiore attenzione e una maggiore celerità potevano essere rivolte a questo provvedimento. È indiscutibile che all'interno della maggioranza ci siano state e ci siano sensibilità diverse. Mi auguro che l'esame del provvedimento in Aula non rispecchi le diverse sensibilità che sono emerse in Commissione.

Credo che questo provvedimento possa e debba essere ulteriormente migliorato, soprattutto sulla parte relativa alle fattispecie penali. Mi auguro che, in modo particolare, alcuni colleghi di maggioranza possano ripresentare alcuni degli emendamenti già presentati e poi ritirati in Commissione, perché credo che possano tranquillamente essere considerati oltremodo migliorativi di questo testo. Il tema della corruzione è un tema grave, un tema importante e, quindi, credo e mi auguro che, sia oggi sia questa settimana, si possa scrivere una pagina importante, una pagina bella della politica di giustizia del nostro Paese.

Sono alcuni, in modo particolare, gli aspetti che vorrei sottolineare e sui quali credo che debba dato essere merito al lavoro che è stato svolto. In modo particolare, per quanto riguarda la prima parte, ovvero il rapporto tra la pubblica amministrazione e gli illeciti penali, credo che siano stati introdotti e individuati anche nuovi organi - e credo che sia giusto anche ricordare il buon lavoro svolto dal precedente Governo da questo punto di vista -, come la Civit. Come diceva prima il collega Tassone, si tratta di un organo di valutazione, di analisi, di trasparenza e di integrità delle pubbliche amministrazioni. È un organo importante e va a sostituire il ruolo svolto dal Dipartimento della funzione pubblica. Inoltre, vengono dettate alcune specifiche misure volte alla trasparenza dell'attività amministrativa nell'attribuzione di posizioni dirigenziali, oltre a misure per l'assorbimento di obblighi informativi verso i cittadini da parte delle pubbliche amministrazioni.

Poi vi è il tema delle incompatibilità, il cumulo di impieghi di incarichi di dipendenti pubblici, la delega, che viene data al Governo, per l'adozione di un testo unico in materia di incandidabilità e di divieto a ricoprire cariche elettive e di governo a seguito di condanne. Giustamente, prima il collega Tassone citava la presenza, purtroppo ancora all'interno del Parlamento, di soggetti con condanne definitive a carico che siedono ancora all'interno del Parlamento stesso. Credo che questo fatto, in questo momento di antipolitica importante e dilagante, possa e debba diventare un deterrente importante di serietà, di trasparenza e di coerenza che, credo, il Parlamento debba dare. Ricordo, inoltre, che il gruppo parlamentare cui appartengo ne ha sempre sollecitato un'immediata definizione.

Poi vi è la tutela del pubblico dipendente che denuncia o riferisce condotte illecite apprese in ragione del rapporto di lavoro. Vengono indicate, sempre nei primi articoli del provvedimento, le attività di impresa particolarmente esposte al rischio di infiltrazione mafiosa per le quali, indipendentemente dal valore del contratto, è sempre richiesta l'informazione antimafia. Su questo punto mi permetto di dire che un primo incipit, da questo punto di vista, venne fatto dal Ministro Roberto Maroni, allora Ministro dell'interno, che, in tema di lotta alla criminalità organizzata, in tema di lotta alla mafia e in tema di infiltrazioni della mafia e della criminalità organizzata all'interno delle pubbliche amministrazioni, soprattutto in materia di appalti, diede risposte importanti e significative, ad esempio con le white list. Poi, vi è l'adeguamento a queste normative da parte di regioni ed enti locali.

Vi è, inoltre, il tema dei magistrati fuori ruolo, che è stato un tema che ha appassionato molto la Commissione e in merito al quale ci si è dibattuti, confrontati e sul quale vi sono state importanti riflessioni che hanno poi portato a una disciplina opportunamente più restrittiva, tanto per i magistrati quanto per gli avvocati e i componenti dell'Avvocatura dello Stato.

Sono poi state introdotte nuove figure penali. Qui è subentrata la parte probabilmente più delicata, la parte più complicata, la parte più difficile del provvedimento. Diamo atto al Ministro di essere intervenuta in modo tale da poter sbrogliare una matassa che stava assumendo contorni abbastanza difficili, abbastanza complicati. Il Ministro, però, non sempre è stato supportato dalla propria maggioranza. Credo, comunque, che siano state individuate e introdotte nuove figure penali importanti e significative, in riferimento alle quali, come peraltro il Ministro stesso ha dichiarato a seguito dell'approvazione del provvedimento in Commissione, serviranno delle ulteriori modifiche e degli ulteriori aggiustamenti sia per quanto riguarda le pene sia per quanto riguarda la prescrizione, che è l'altro tema importante su cui poi mi soffermerò. Però, credo che si sia, alla fine di un lavoro importante e complesso, arrivati a una soluzione che, per quanto riguarda il gruppo della Lega, troverà sostegno, appoggio e piena condivisione. Mi riferisco, in modo particolare, al reato di concussione, che diventa riferibile al solo pubblico ufficiale. Non è più prevista la fattispecie dell'induzione che, invece, viene prevista come reato a se stante e sul quale svolgerò alcune considerazioni.

L'attuale reato dell'articolo 318 del codice penale, relativo alla corruzione impropria del pubblico ufficiale, che ora diventa «corruzione per l'esercizio della funzione», viene riformato in modo da rendere più evidenti i confini tra le diverse forme corruttive: da una parte, la corruzione propria prevista dall'articolo 319 del codice penale, che rimane ancora ancorata alla prospettiva del compimento di un atto contrario ai doveri d'ufficio e, dall'altra parte, l'accettazione o la promessa di un'utilità indebita da parte del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio, che prescinde dall'adozione o dall'omissione di atti inerenti al proprio ufficio.

C'è l'introduzione di due nuovi delitti: la cosiddetta concussione per induzione ed il cosiddetto reato di induzione indebita a dare o promettere utilità e noi riteniamo - e ci auguriamo - che, con riferimento a questa nuova fattispecie di reato introdotta, anche alla luce di alcuni articoli apparsi su quotidiani nazionali, essendovi una nuova e diversa definizione dei minimi e dei massimi di pena, la previsione della pena del reato da tre a otto anni debba essere modificata, nel senso di riportare - peraltro come già prevede un emendamento presentato e poi ritirato e mi auguro di nuovo presentato in Aula dalla collega Ferranti - la pena a dieci anni, altrimenti a pene più basse corrispondono termini di prescrizione più bassi. Alcuni reati eccellenti, che in questi giorni, in queste settimane e in questi mesi hanno colpito ed accompagnato l'opinione pubblica rischiano di poter cadere in prescrizione, prestandosi pertanto a tutta una serie di strumentalizzazioni e demagogie che credo non debbano entrare in questo provvedimento ed accompagnare la sua approvazione. Credo nella buona fede del Ministro, credo nella buona fede di coloro i quali hanno proposto questo nuovo reato, ma credo anche che qualche aggiustamento e qualche miglioramento - come anche il Ministro ha annunciato - si possa apportare. Noi sosterremo quelle modifiche che elimineranno dubbi, equivoci o si presteranno, in modo particolare ad un'interpretazione non corrispondente al vero.

Oltre all'introduzione di questo nuovo reato vi è anche l'introduzione - come diceva prima il collega Tassone - del reato di «traffico di influenze illecite». Il nuovo articolo 346-bis del codice penale sanziona con la reclusione da uno a tre anni chi sfrutta le sue relazioni con il pubblico ufficiale al fine di farsi dare o promettere denaro o altro vantaggio patrimoniale come prezzo della sua mediazione illecita. La stessa pena si applica a chi indebitamente dà o promette.

Altro tema importante ed altra importante innovazione è l'introduzione della cosiddetta corruzione tra privati, la modifica dell'articolo 2635 del codice civile, l'infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità, denominata corruzione tra privati, riferita all'infedeltà nella redazione dei documenti contabili e societari.

Mi accingo a concludere, proprio perché questo è un provvedimento che è stato abbondantemente frutto di analisi, di riflessioni, di dibattito, anche acceso, all'interno della Commissione tra maggioranza e opposizione. Crediamo che in alcuni passaggi vi siano stati atteggiamenti, se non propriamente dilatori, tali da consentire alla maggioranza di poter recuperare una propria univoca sensibilità, che su questo tema evidentemente non è stata tale. Ribadisco la nostra posizione ed il nostro atteggiamento: un atteggiamento serio e responsabile di chi - di fronte a problemi reali del Paese, di fronte a problemi seri, di fronte a soluzioni importanti che vengono proposte dalla maggioranza e dal Governo - non ha alcun timore a prendersi le sue responsabilità e a sostenere tutti quei provvedimenti che vanno nella direzione giusta. Crediamo che questo provvedimento vada in quella direzione. Invitiamo il Ministro a continuare a percorrere queste soluzioni e ad affrontare i problemi della giustizia da punti di vista corretti e giusti. Questo crediamo che sia un punto di vista giusto e quindi, da parte nostra, ci sarà lealtà, collaborazione, responsabilità e coerenza.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Giovanelli. Ne ha facoltà.

ORIANO GIOVANELLI. Signor Presidente, signor Ministro, innanzitutto vorrei sottolineare come dal punto di vista politico siamo di fronte ad un fatto rilevante.

Dopo un lungo tempo, in cui questo provvedimento sulla corruzione è rimasto chiuso nei cassetti e poi ha avuto un'approvazione per noi del tutto insoddisfacente nell'altro ramo del Parlamento, oggi mi pare che siamo nelle condizioni di poter avviare la discussione per arrivare ad approvare un testo significativamente migliorato. Di questo voglio dare atto ai Ministri e anche ai colleghi e ai relatori, perché penso, mi auguro che in questi giorni di discussione parlamentare ci sia la forte assunzione di responsabilità rispetto al fatto che non possiamo mancare questo obiettivo. Il Paese attende questo obiettivo, che ha un grande significato politico e tutti siamo chiamati a concorrervi.

Il secondo elemento politico che mi sembra importante è che, dopo l'approvazione, nella scorsa settimana, del provvedimento sulla riforma delle modalità attraverso le quali si contribuisce al finanziamento dei costi della politica, ci sia la possibilità di affrontare questo provvedimento. Volevo segnalare cioè come politicamente mi sembra rilevante che la contingenza istituzionale e politica che stiamo attraversando non sia soltanto dominata dalla necessità di mettere a posto i conti e rilanciare la crescita, ma anche di ridare su alcune basi etiche, morali e di trasparenza, segnali importanti per riacquistare un rapporto di fiducia tra i cittadini e le istituzioni. Sono passaggi fondamentali. Se pensiamo che siamo al ventennale da tangentopoli e questo Paese non era stato ancora in grado di produrre una legge più o meno organica di contrasto della corruzione, penso che possiamo dirci tutti insufficienti rispetto al percorso che sarebbe stato necessario. Quindi, questa insufficienza va rapidamente colmata.

Penso che ci spinga verso questa assunzione di responsabilità anche la particolare situazione economica. Penso che la corruzione nella pubblica amministrazione si sia fatta strada perché, tutto sommato, la si è sempre ritenuta sostenibile e in qualche modo conveniente per i singoli. Oggi penso che siamo tutti chiamati a delle decisioni che rendano evidente il fatto che per il sistema Italia la corruzione è un fenomeno insostenibile, per la sua dimensione, per i costi sociali che scarica sulla possibilità di accesso ai diritti fondamentali da parte dei singoli cittadini, per l'alterazione delle regole del mercato, che squalificano il nostro Paese agli occhi dell'economia internazionale e quindi allontanano possibili investitori dal nostro Paese, proprio nel momento in cui abbiamo bisogno di rappresentarci al mondo nel modo migliore. Questa insostenibilità del costo della corruzione deve diventare motore di una rigorosa intransigenza nell'esame e nell'approvazione degli articoli che andiamo a discutere. Da questo punto di vista, a mio parere, è certo importante il dibattito relativamente alla parte del provvedimento che attiene alle norme relative al codice penale. Il Ministro Severino ha dato un contributo importante per sbloccare una situazione che si stava impantanando e per consentirci di arrivare a fare dei passi avanti significativi da questo punto di vista. Ma non meno rilevante - se mi consentite, forse più rilevante - è tutto il lavoro che va fatto in direzione della prevenzione del fenomeno, cioè di tutti quei gesti, quegli atti, quelle decisioni e quelle norme che possono tornare a dare un valore alla pubblica amministrazione.

Non è un caso che anche gli organismi internazionali, ad esempio, ci richiamino sull'importanza dei codici etici. Quando si parla di codici etici nel nostro Paese, qualcuno fa un sorrisino, nel senso che si afferma che questi non si negano a nessuno. Invece, i codici etici testimoniano il valore che noi stessi assegniamo al lavoro della pubblica amministrazione. Se passiamo gli anni a denigrare la pubblica amministrazione, se passiamo gli anni a considerare chi lavora nella pubblica amministrazione soltanto un costo e un peso, se ne squalifichiamo sistematicamente la professionalità, poi non si può pensare che chi sta nella pubblica amministrazione si dia valore, dia valore a se stesso. Passare attraverso l'approvazione e la definizione di codici etici è, invece, una modalità attraverso la quale si torna ad investire sul valore intrinseco della funzione della pubblica amministrazione.

E come è importante questo passaggio, credo che sia importante il passaggio relativo alla definizione di norme che possano prevenire, in qualche modo, la corruzione nella pubblica amministrazione, che sono norme sulle quali, poi, mi dilungherò un attimo. La settimana scorsa abbiamo vissuto una parentesi di una discussione. Parlavamo del finanziamento della politica e, a un certo punto, Ugo Sposetti, un collega che per me è molto più di un collega, ha fatto un'affermazione che, in qualche modo, è stata ripresa questa sera anche dal collega Tassone: egli ha detto che non vi è alcuna norma che ci possa salvare dai corrotti, non vi è alcuna norma che possa, in qualche modo, impedire di rubare, se uno vuole rubare. Penso che dietro questa affermazione vi sia qualche elemento distorsivo e qualche pericolo, che va svelato. Vi è un errore di impostazione, perché, invece, le norme sono molto importanti. Non è vero che le norme non possano aiutare non solo a creare una visione, un punto di vista, una cultura relativi al contrasto di fenomeni corruttivi, ma le norme possono indirizzare il nostro lavoro, il lavoro pubblico, sia esso fatto dai politici, dai dirigenti o dai funzionari e dai dipendenti della pubblica amministrazione, in uno o in un altro modo. Penso che sottovalutare questo aspetto significhi tirarsi la zappa sui piedi e non capire quanto sia importante imprimere, invece, una svolta in questo senso. È come se vi fosse, sotto sotto, una sorta di ineluttabilità rispetto a certi fenomeni, che vengono considerati incomprimibili; invece, di incomprimibile rispetto alle cattive pratiche nella pubblica amministrazione non vi è proprio niente, tanto meno la corruzione.

Quali sono gli strumenti che si possono, e si devono, costruire per affrontare questo fenomeno? Innanzitutto, vi deve essere, come ci viene chiesto dagli organismi internazionali, una struttura dello Stato che si occupi di queste questioni con sistematica continuità, che definisca modelli, analizzi pratiche, intervenga a correggerne e così via. Abbiamo individuato, nel presente disegno di legge, questo soggetto nella Civit, e noi condividiamo questa individuazione. Mi sia consentito, tra parentesi, di dire che non so quanto la Civit, nelle modalità organizzative e di risorse con cui opera oggi, sia pari all'impegno che le viene chiesto. È un elemento di riflessione sul quale sospendo il giudizio, nel senso che siamo d'accordo ad andare avanti sull'attribuzione di questa funzione alla Civit, ma pensiamo che, forse, una riflessione sulle sue risorse e sulle sue strutture, per poter far fronte anche a questo tipo di lavoro, sia fondamentale. Quello che condividiamo dell'individuazione della Civit è che mettiamo la corruzione in parallelo con il presidio della trasparenza e della qualità della performance della pubblica amministrazione. Stabiliamo un nesso funzionale forte tra trasparenza e valutazione del merito nella pubblica amministrazione e lotta alla corruzione, ed è un nesso funzionale assolutamente virtuoso, sul quale bisogna lavorare.

Infatti, la prima azione concreta che va portata avanti per combattere la corruzione è la trasparenza! Questo significa, ad esempio, avere chiari quali sono i punti critici, all'interno di una struttura amministrativa, laddove è maggiormente possibile che si verifichi un fenomeno corruttivo. Non tutti i mestieri sono uguali all'interno della pubblica amministrazione! Ve ne sono alcuni più a rischio di altri.

Trasparenza significa, ad esempio, ruotare gli incarichi per fare in modo che non vi sia una sorta di concentrazione di funzioni, di poteri, di ruoli, in capo a persone che diventano talmente indispensabili nel sistema amministrativo da poter essere al di sopra di qualsiasi valutazione. È il «collo di bottiglia», sostanzialmente, che spesso accade di trovare nella pubblica amministrazione e che va prevenuto attraverso la rotazione di questi incarichi e l'individuazione dei punti critici che soltanto dei piani contro la corruzione possono individuare in modo adeguato.

Trasparenza, quindi, attraverso l'uso di nuove tecnologie e l'abbattimento di pretestuosi limiti dovuti ad una privacy che spesso è soltanto un alibi rispetto al divieto di rendere tutto accertabile e conoscibile da parte dei cittadini. Non vi è nulla che riguarda la vita della pubblica amministrazione che non possa essere conosciuto dai cittadini, se non i dati sensibili che attengono alla dignità della persona.

Un altro elemento che deve caratterizzare la «sterzata» contro la corruzione è costituito dalla revisione dell'abuso che si è fatto in questo Paese dell'emergenza e dello strumento dell'ordinanza. Diciamo che se ne discuterà in altra sede. Adesso abbiamo alla nostra attenzione la riforma della Protezione civile, già incardinata nei lavori della I Commissione, e ne discuteremo, ma questo è stato un passaggio delicatissimo nel rapporto tra l'opinione pubblica e la pubblica amministrazione perché ha evidenziato una distorsione profonda, una strumentalizzazione del concetto di emergenza tanto da portare ad un abuso dell'ordinanza, che è diventata un elemento sostitutivo della norma e dei regolamenti. Questo è un elemento che abbiamo messo a fuoco, mi pare, del quale cominciamo a prendere le misure e rispetto al quale bisognerà essere assolutamente conseguenti.

Un altro elemento, contenuto in un provvedimento presente nel calendario dei lavori del Senato, riguarda gli acquisti. In questo Paese le «fabbriche della spesa» - come le chiama il Ministro Giarda - si moltiplicano. Insieme a queste, si moltiplicano anche i luoghi dove si dispone l'acquisto di beni e servizi. Non è che manchino le strutture, la Consip esiste - vi sono anche alcuni modelli di livello regionale che si rifanno alla Consip - ma è stato tollerato fino alla sfacciataggine in questi anni il non utilizzo di questi strumenti, malgrado esistessero. Pensiamo che soltanto i Ministeri ricorrono alla Consip per una percentuale di acquisti di beni e servizi pari al 3,5 per cento. Questa percentuale è ridicola.

Non soltanto potremmo andare verso un risparmio della spesa della pubblica amministrazione, ma sicuramente anche verso l'introduzione di misure più trasparenti nell'acquisto di beni e servizi. Perché lì si annida la corruzione, altrimenti dove?

Un altro aspetto che spero verrà rafforzato in questi giorni riguarda il tema delle incompatibilità. So che anche nel disegno di legge delega che andrà al Consiglio dei ministri, concernente il lavoro pubblico, vi saranno delle norme rafforzative del tema delle incompatibilità, ma questa è una questione di fondo.

Pensate soltanto al tema degli incarichi nella pubblica amministrazione. C'è gente che prende uno stipendio per fare un lavoro e viene incaricata sistematicamente per farne altri e senza una rotazione anche di quel tipo: sono più o meno sempre gli stessi. Oppure pensate al tema degli arbitrati come se la pubblica amministrazione, per farsi difendere, abbia bisogno di fare il mercato degli arbitrati e non di incaricare i propri dirigenti.

Si tratta di questioni specifiche e rilevanti che, se affrontiamo con il rigore che meritano, possono consentirci di prevenire sistematicamente il proliferare della corruzione.

L'altro tema è quello dei controllori e dei controllati che noi abbiamo affrontato per i fuori ruolo, approvando un emendamento a prima firma Giachetti (anche chi vi parla era promotore di un emendamento in questa direzione). Non c'è dubbio che noi abbiamo visto negli ultimi anni emergere questo fenomeno delle cricche. Che cosa era e che cos'è questo fenomeno delle cricche, se non un'alterazione della classica corruzione e della classica questione morale che era legata all'invadenza del ruolo dei partiti? Le cricche sono una specie di sistema all'interno del quale operano figure amministrative, figure politiche, figure della magistratura e ove vi è il gioco a definire i destini delle persone e le loro carriere o i destini di appalti milionari. Le cricche si combattono andando ad analizzare sistematicamente il tema della congiunzione funzionale fra controllori e controllati, cioè laddove si crea la sovrapposizione. Questo problema va affrontato con grande energia e con grande forza se lo si vuole estirpare.

Un altro aspetto - e mi avvio verso la conclusione - che attiene alla lotta ed alla prevenzione del fenomeno corruttivo è la semplificazione: semplificazione normativa e semplificazione istituzionale. Laddove più poteri si sovrappongono nel determinare le scelte e l'esercizio di diritti da parte dei cittadini e delle imprese, si crea la ragnatela e, quindi, non solo si hanno ritardi nelle risposte da parte della pubblica amministrazione, ma diventa più equivoco sapere chi è responsabile e di che cosa Infatti, c'è il rimpallo delle competenze e, nel rimpallo delle competenze, c'è la vischiosità della pubblica amministrazione, sulla quale rimangono attaccate appunto le possibilità di esercitare i diritti delle imprese e dei cittadini.

Tale questione si affronta con le riforme costituzionali, con la Carta delle autonomia, ma anche con una semplificazione normativa sempre più rilevante.

Concludo con un passaggio - che a me sta molto a cuore e che sta a cuore, credo, ad ognuno di coloro i quali hanno della pubblica amministrazione un giudizio non semplificatorio, ma legato alla sua funzione fondamentale - che riguarda la dirigenza.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Giovanelli.

ORIANO GIOVANELLI. Si è discusso tanto in passato e si continuerà sempre a discutere su dove arriva la funzione della politica e dove comincia quella della dirigenza. Ciò che posso dire a nome del mio gruppo, per le conoscenze che ho, è che un Paese che non ha una dirigenza capace di esercitare autonomamente la sua funzione e che sistematicamente dipende dalla discrezionalità politica, non sarà mai in grado di affrontare i nodi che stiamo mettendo a fuoco con questo provvedimento.

Dobbiamo fare un passo avanti, che non è un passo indietro della politica ma è un passo avanti di tutti, sia della funzione dirigente che della politica.

PRESIDENTE. Deve concludere, onorevole Giovanelli.

ORIANO GIOVANELLI. Infatti, la politica che si riduce a determinare i destini di un appalto è una politica non degna di questo nome (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Constato l'assenza dell'onorevole Misiti che era iscritto a parlare. Si intende vi abbia rinunziato.

È iscritto a parlare l'onorevole Giachetti. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, il collega Giovanelli è appena intervenuto su una parte di questo provvedimento complesso che investe due Commissioni, la I Commissione (Affari costituzionali) e la II Commissione (Giustizia), mentre la collega Ferranti interverrà più tardi. Entrambi hanno parlato riguardo il complesso del provvedimento, o meglio, il collega Giovanelli e poi la collega Ferranti parleranno sul complesso del provvedimento per la parte che più direttamente compete a queste due Commissioni. Ho chiesto la parola e, anzi, la prego, se non abuso della sua pazienza, signor Presidente, di avvisarmi quando avrò raggiunto i cinque minuti a mia disposizione, per un brevissimo flash che riguarda una materia che, grazie anche a quanto dettagliatamente riportato dal relatore Angela Napoli nella sua relazione, mi ha visto in qualche modo protagonista riguardo ad una proposta: si tratta del famoso articolo aggiuntivo sul collocamento fuori ruolo, che poi è diventato il noto articolo 8-ter del provvedimento in esame.

Vorrei semplicemente dedicare poche parole a spiegare la ratio di questa proposta emendativa che è stata letta da più parti anche come un tentativo di abolire drasticamente l'istituto del collocamento fuori ruolo e comunque qualcosa di particolarmente pesante. Vorrei semplicemente spiegarne la ratio e contemporaneamente rivolgere un appello al Governo. Sono stati presenti fino a poco fa i due Ministri, il Ministro Patroni Griffi e il Ministro Severino, ora è presente il sottosegretario Mazzamuto, ma sono sicuro che avrà la possibilità di trasferire questo mio appello al Ministro della giustizia.

Signor Presidente, con questa proposta emendativa non ho mai pensato di abolire drasticamente l'istituto del collocamento fuori ruolo che, come sappiamo, nel corso del tempo, ha avuto in modo elastico uno sviluppo abbastanza cospicuo in termini di anni di posizionamento fuori ruolo dei magistrati, che si è tentato in alcuni casi di regolare, il che non sempre è riuscito molto bene. La mia proposta, ora contenuta nel disegno di legge, semplicemente circoscrive a dieci anni nella carriera di un magistrato - ci riferiamo anche alla Corte dei conti, al Consiglio di Stato e all'Avvocatura dello Stato - la possibilità di essere collocato fuori ruolo. Il collocamento fuori ruolo sappiamo tutti cosa significa, signor Presidente: nonostante siamo in presenza di funzionari che fanno parte di una certa amministrazione, questa amministrazione, per ragioni le più diverse, decide di collocare fuori dal ruolo previsto in quella medesima amministrazione il personale e di dedicarlo ad un'altra istituzione e, ovviamente, può trattarsi delle istituzioni più varie. Il mio intento è quello di dire che può essere utile e necessario che questo accada ma nella carriera di un rappresentante dello Stato ciò dovrebbe essere limitato a dieci anni, con un intervallo di cinque anni: cinque anni si è collocati fuori ruolo, cinque anni si rientra in ruolo, e poi si può di nuovo essere collocati fuori ruolo per altri cinque anni. Complessivamente, in una carriera che ovviamente io auguro a tutti sia la più lunga possibile, stiamo parlando di quindici anni, quindi non stiamo parlando di un termine molto breve.

Il secondo aspetto che era in evidenza, quello che è contenuto nella norma, è che nel momento in cui si decide di collocare fuori ruolo del personale, questo non percepisca la doppia retribuzione - cosa che è accaduta e continua ad accadere - sia da parte dell'ente di provenienza che da parte dell'ente che lo accoglie per gli importanti incarichi che deve sostenere ma che semplicemente, proprio perché l'amministrazione di appartenenza ritiene utile dare il contributo del proprio personale per far andare avanti un altro istituto, sia più che sufficiente mantenere lo stipendio di provenienza, peraltro si tratta nella stragrande maggioranza di primi livelli e funzionari direttivi.

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ROBERTO GIACHETTI. Sto per concludere, signor Presidente.

L'altro elemento, quello conclusivo, è che l'entrata in vigore di questa legge fa cessare gli incarichi già in essere di durata superiore a cinque anni. Sappiamo perfettamente, signor Presidente, che non pochi di questi incarichi vanno avanti da anni, in talune occasioni anche da 20-25 anni, quindi stiamo parlando di persone che ormai il ruolo non se lo ricordano più e magari ricordano solo il fuori ruolo. Questo emendamento nasce in un momento diverso (lo ricordava la collega Angela Napoli), tanti mesi fa. Ancora non era accaduto in Italia tutto quello che è accaduto, e mi riferisco agli interventi necessari e spesso drammatici per i cittadini «normali» con i tagli, gli interventi sulle pensioni, e abbiamo visto il dibattito che sta procurando anche il disegno di legge sulla riforma del lavoro. Ovviamente siamo in una situazione diversa. Penso che, dopo che abbiamo tagliato con provvedimenti di Monti il tetto per gli stipendi dei manager, dopo che abbiamo tagliato (anche se poco si sa, ma dobbiamo rivendicarlo magari solo in questa Aula) gli stipendi dei parlamentari, dopo che abbiamo tagliato il finanziamento pubblico, cioè abbiamo «tagliato» in Italia per la situazione in cui siamo, a tutti i livelli, francamente è singolare che si possa pensare che vi sia un angolo del mondo in cui non si possa fare nulla.

Mi si è detto che era un emendamento troppo drastico, ma penso che sia un emendamento semplice - concludo -, un emendamento approvato senza voti contrari dalla Commissione. Il mio appello al Governo (e la prego, sottosegretario, di trasferirlo al Ministro Severino), è il seguente: questa norma è all'interno del provvedimento, pensate bene se effettivamente, in questo momento, inserire modifiche che tolgano la chiarezza di un limite (non la negazione di un istituto o di un diritto) da porre in questa materia sia davvero auspicabile. È una responsabilità che veramente il Governo si sente di prendere davanti al Paese nel momento in cui il Paese sta vivendo - come è inevitabile - il peso di tante decisioni impopolari che toccano la vita quotidiana di tante persone che certo non sono a questi livelli di retribuzione, non sono certamente a questo livello di possibilità? Probabilmente in un ambito di regolamentazione e di riduzione, inevitabile per tutti quanti, di certi status, sarebbe opportuno lasciare la norma così com'è (poi quando ci saranno tempi migliori si potrà rivedere tutto magari, se si ritiene di doverlo fare); pertanto, l'appello che faccio veramente al Governo è di pensare bene se toccare una questione che, a mio avviso, è semplice ma anche emblematica di un sistema nel quale sacrifici e pesi devono toccare a tutti, proprio a tutti (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Costa. Ne ha facoltà.

ENRICO COSTA. Signor Presidente, devo evidenziare che il lavoro che è stato svolto dalle Commissioni su questo disegno di legge è un lavoro molto intenso. Devo ricordare - ci tengo a farlo - che il disegno di legge è stato presentato dal Governo Berlusconi, in particolare dal Ministro della giustizia Alfano in Consiglio dei Ministri e poi nell'Aula del Senato. Quindi si tratta chiaramente di un'innovazione rispetto al passato, passato in cui si pensava che le criticità nell'ambito della pubblica amministrazione, i crimini nell'ambito della pubblica amministrazione vedessero soltanto un momento di repressione attraverso la norma penalistica; tale aspetto è stato valutato insieme ad un altro, secondo me molto interessante, il momento della prevenzione, il momento della trasparenza, il momento della valutazione dell'inserimento di procedure nell'ambito del procedimento amministrativo che potessero consentire un controllo ex ante sugli atti della pubblica amministrazione. Questo è un elemento particolarmente importante dimostrato anche dal peso di queste norme rispetto al complesso del provvedimento. Ebbene, forse la comunicazione esterna crea delle proporzioni diverse in colui che legge, che recepisce i termini di questo provvedimento.

Infatti, un solo articolo è dedicato alla modifica delle norme penali, mentre otto articoli sono dedicati alla procedura amministrativa e alle buone pratiche di amministrazione per giungere ad un controllo e ad una trasparenza. Un percorso, quindi, in due fasi e l'obiettivo, che mi sento di dire comune a tutte le forze politiche, di evitare, di reprimere e di prevenire quei fenomeni criminosi, nei confronti chiaramente della pubblica amministrazione che, per svariate ragioni, nel nostro Paese sembrano avere terreno fertile. Mi soffermo sulle modifiche al codice penale di competenza, ovviamente, della Commissione giustizia e ci tengo a precisare che la discussione dei subemendamenti all'emendamento del Governo presentato all'articolo 9 è stata costruttiva. Alcuni hanno tentato di far apparire la voglia di discutere da parte del gruppo del Popolo della Libertà come una forma di ostruzionismo. Ebbene, si tratta di un provvedimento che è arrivato in Commissione intorno al 7 luglio del 2011 e che è stato più volte rinviato non su richiesta del Popolo della Libertà.È stato affrontato negli otto articoli in modo intenso dalle due Commissioni, attraverso votazioni e dibattiti, e si è fermato per due mesi su richiesta del Governo che aveva intenzione di presentare un emendamento. A fronte di un numero minimo di emendamenti presentati dal Popolo della Libertà, che ha inteso correggere il provvedimento e ha inteso motivare queste proposte emendative, talune forze politiche hanno ritenuto di svilire questo atteggiamento qualificandolo come ostruzionismo. Siamo qua in Aula, non c'è stata alcuna forma di ostruzionismo, ma c'è stata una discussione seria, anche accesa, e ci sono stati dei temi che sono stati posti, taluni accolti, taluni condivisi, altri che, in sostanza, hanno aperto un dibattito. Gli emendamenti, comunque, sono stati chiari, puntuali e precisi e si sono agganciati ad alcuni aspetti di politica penale che, chiaramente, aprono delle fasi di riflessione.

Il punto fondamentale è cercare di capire se il Parlamento, attraverso queste norme, voglia semplicemente dare un segnale all'esterno o approvare una norma manifesto oppure individuare delle soluzioni efficaci. È facile, se vogliamo approvare una norma manifesto, raddoppiamo le pene. Questa è una norma che dal punto di vista esterno e della propaganda può avere il suo effetto, però dal punto di vista della prevenzione e della repressione probabilmente effetto pratico ne avrà ben poco. Vogliamo fare propaganda o vogliamo invece riflettere sulle norme, sulla loro struttura, sugli elementi oggettivi delle norme stesse, sull'elemento psicologico, su quelle che sono le attuali lacune dell'ordinamento? Nel nostro ordinamento ci sono delle lacune, ci sono delle situazioni che meritano di essere affrontate? Vi sono delle lacune, vi sono degli spazi entro i quali dei comportamenti critici possono trovare terreno fertile? Da questo dobbiamo partire. Approfitto della presenza del Ministro Patroni Griffi per ritornare ad un aspetto che è fondamentale e che non attiene alle questioni e alle vicende realistiche, ma alla pubblica amministrazione. Le pratiche criminose nella pubblica amministrazione trovano terreno fertile anche per una ragione, per il grande impatto della burocrazia che c'è nel nostro Paese.

Nel nostro Paese la trasparenza viene soffocata dalla burocrazia. Nel nostro Paese non sappiamo quante sono le leggi in vigore: c'è chi dice che siano 50 mila, c'è chi dice che siano 70 mila. C'è una Commissione bicamerale per la semplificazione normativa che ha preparato il terreno al cosiddetto provvedimento «taglia leggi». Ebbene, c'è un disordine normativo ancora oggi che non consente all'interprete, non consente al cittadino, non consente a chi vorrebbe in qualche modo controllare le procedure amministrative, di farlo in modo intellegibile. È chiaro che in questo disordine burocratico presente nel nostro Paese - in questo Paese pesante, in questo elefante che non vuole dimagrire - si possono annidare comportamenti critici e che i controlli sono sempre più difficili. Quindi la burocrazia crea costi notevoli e dovremmo pensarci ogni volta che premiamo il tasto favorevole ad un emendamento o ad una legge. Infatti ogni legge crea uffici, strutture, funzionari, controlli, adempimenti e, quindi, crea anche la possibilità di annidarsi a delle pratiche criminose. Questa considerazione è fondamentale e, da liberale, dico che nel nostro Stato, nel momento in cui siamo chiamati ad affrontare aspetti normativi di innovazione, dovremmo sempre pensare più all'abrogazione che all'innovazione normativa. Sotto questo profilo è fondamentale intervenire. Il provvedimento lo fa in modo consistente. Otto articoli su nove affrontano questo argomento. Il profilo penalistico sicuramente parte dalla valutazione delle lacune nel nostro ordinamento. È fondamentale: lo ha fatto l'Europa, lo ha fatto il Ministro in modo serio. Ha valutato quelli che possono essere i comportamenti che oggi mancano di una copertura penalistica: sono comportamenti critici che mancano di una copertura penalistica. Lo ha fatto chiaramente alla luce di un lavoro e di un coordinamento con le discipline degli altri Paesi europei. In alcuni casi lo ha fatto, a nostro parere, in modo molto efficace. In altri casi siamo convinti che magari il Parlamento possa ancora intervenire per migliorare ulteriormente le norme. Il traffico di influenza, ad esempio, è un altro aspetto che condividiamo in relazione all'obiettivo finale come condividiamo anche il percorso che è stato posto in essere per cercare di delimitare la fattispecie. È fondamentale che il legislatore sappia identificare in modo chiaro ciò che è illecito e ciò che è lecito, evitando di attribuire al giudice e all'interprete questo compito. A mio avviso al giudice, invece, deve essere attribuito il compito di valutare, alla luce del caso concreto, l'entità della pena. A questo punto mi ricollego proprio all'aspetto dei minimi edittali delle pene. Non ci convince un innalzamento «manifesto» delle pene minime perché dobbiamo fare in modo che le pene, le sanzioni, vengano comminate in proporzione ai fatti che sono posti in essere. A fronte di fatti lievi è giusto che vi siano sanzioni lievi. In questo modo non andremo in contraddizione con un provvedimento che avremo all'esame del Parlamento tra poche settimane: quello sulla tenuità del fatto. Non possiamo come Parlamento individuare come non procedibile un fatto perché considerato tenue e, poi andare ad innalzare, sottraendo alla discrezionalità del magistrato, le pene minime edittali.

Dobbiamo cercare di essere coerenti, e mi rivolgo agli amici del Partito Democratico, che hanno proposto il provvedimento, che ci trova favorevoli, sulla tenuità del fatto.

Vorremmo - l'ho già evidenziato - che tutte le norme, quelle nuove, fossero chiare, tassative ed intelligibili. Su questo, lo sforzo del Ministro, che dal punto di vista tecnico sicuramente può insegnare a noi come confezionare le norme e come raggiungere gli obiettivi che ci poniamo, può essere molto utile.

È fondamentale cercare di correggere alcuni passaggi che, forse, sono sfuggiti alle Commissioni. Mi riferisco ad un emendamento sulle pene previste dall'articolo 319 del codice penale, che rende poco coerente il sistema delle pene, che è stato predisposto dal Ministro: l'ho già evidenziato, i minimi edittali, non fare scelte precipitose.

Per quanto riguarda la distinzione tra la concussione e l'induzione - quindi, il mantenimento dell'articolo 317 del codice penale -, già presso le Commissioni, ho evidenziato come il ragionamento fatto dalle autorità europee portasse, forse, ad una conclusione diversa. Tuttavia, devo dire che apprezzo la raffinata tecnica che ha portato il Governo a predisporre un emendamento fatto sicuramente in modo equilibrato, nell'ambito di quella che è stata la «piramide» che il Ministro ha più volte evocato.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

ENRICO COSTA. Faremo, proporremo degli emendamenti; cercheremo di intervenire in modo costruttivo per migliorare ancora, se possibile, il testo. Rivolgo un auspicio: che sui nostri emendamenti, come sugli emendamenti di tutti, vi sia - e lo dico da deputato che vota la fiducia a questo Governo - un'indicazione chiara da parte del Governo. C'è una maggioranza parlamentare, c'è un Governo, c'è un Ministro del quale abbiamo fiducia: quindi, l'auspicio è che vi sia una linea chiara da parte del Governo, per evitare che, in certe circostanze, si possa arrivare a maggioranze diverse da quella che sostiene il Governo. Perché? Perché questo potrebbe, altrimenti, giustificare, anche nell'altro ramo del Parlamento, anche su provvedimenti concernenti la giustizia, il mantenimento di norme - penso alla responsabilità civile - attraverso maggioranze diverse. Questo non lo vogliamo: vogliamo condividere con il Governo tutto il percorso su tutti i provvedimenti. Quindi, anche il metodo per noi è molto importante (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE.È iscritta a parlare l'onorevole Ferranti. Ne ha facoltà.

DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, prendo la parola dopo vari interventi che hanno affrontato in maniera costruttiva questo provvedimento. Vorrei subito dire che, sicuramente, c'è soddisfazione per un provvedimento così complesso e così articolato, che cerca di affrontare, in maniera dirimente, il fenomeno della corruzione dal punto di vista della prevenzione e della repressione, e che, finalmente, è approdato in Aula.

Su questo, come dicevo, c'è soddisfazione e c'è anche la coscienza, la consapevolezza di un forte mutamento rispetto ai contenuti con cui il provvedimento era approdato alla Camera dopo il voto del Senato; un provvedimento che aveva un titolo altisonante, ma contenuti, a nostro avviso, scarsamente incidenti sul fenomeno.

Un fenomeno, quello della corruzione, che - come è stato più volte ripetuto e ormai rappresenta un denominatore comune di vari interventi, anche di esponenti di diverse forze politiche - sicuramente è sistemico, invasivo, mina la fiducia dei cittadini, mina la nostra economia ma che, soprattutto, ha un'incidenza, a mio avviso, negativa proprio sulla società e sull'affermazione di principi fondamentali della democrazia - quali l'eguaglianza, la trasparenza, il buon andamento della pubblica amministrazione - e che, quindi, necessitava di una azione forte, costruttiva, fatta, non solo di affermazioni, ma di soluzioni. Tali soluzioni sono state trovate attraverso una sinergia e, a questo proposito, certamente, bisogna dare atto al Parlamento del fatto di voler affrontare questa problematica a trecentosessanta gradi e quindi, come è stato detto dal collega Giovanelli e da altri parlamentari, occorre cercare di cogliere prima di tutto l'aspetto della prevenzione; questa parte dovrà essere ancora rivista - credo che ne abbia parlato anche la relatrice Santelli - e arricchita da ulteriori emendamenti che ci attendiamo dal Ministro Patroni Griffi. Nella parte che attiene alla repressione dei reati credo che la proposta del Ministro Severino rappresenti un notevole passo avanti rispetto all'articolo 9 del disegno di legge Alfano. Un ulteriore passo avanti c'è stato, anche grazie al contributo forte e rigoroso della relatrice, oltre che nell'atteggiamento e nella attività di costruzione che siamo riusciti in qualche modo a portare avanti nella discussione in Commissione. Credo che ci sia un punto fermo: noi - e con il noi intendo tutte le forze politiche - non ci possiamo sottrarre a questo impegno che rappresenta un banco di prova di credibilità della politica; non ci possiamo sottrarre a quello che deve essere un confronto sì, ma non al ribasso. Questo provvedimento deve accrescersi, eventualmente, di strumenti che rafforzino la lotta alla corruzione, ma non deve assolutamente indebolirsi. Questo è un fenomeno dilagante, un fenomeno incidente che non si può superare con le parole; non ci possiamo accontentare di dire che incide per 70 miliardi di euro e ripeterlo, continuamente, nei vari interventi sull'economia; abbiamo la responsabilità politica, istituzionale, di trovare degli strumenti che lo contrastino. Su questo punto dobbiamo tener conto anche delle tracce e degli input che vengono dagli organismi internazionali; non solo dalle convenzioni internazionali - e credo che sia un punto molto favorevole per questo Parlamento il fatto che contestualmente si avvii anche la ratifica, da parte della Camera, della Convenzione internazionale di Strasburgo del 1999 proprio sulla corruzione penale - ma dobbiamo tener conto anche di quello che è il frutto del rapporto della Commissione Greco, depositato nel marzo 2012, dove sostanzialmente, dopo una approfondita valutazione e un approfondito monitoraggio, vengono riportati quelli che sono gli aspetti critici del nostro ordinamento.

Noi non possiamo stravolgere la proposta del Ministro Severino e quindi far finta di non comprendere che bisogna andare in certe direzioni. Alcune lacune che interessano proprio il nostro contesto legislativo sono state colmate; nel nuovo articolato presentato dal Ministro sono state introdotte nuove fattispecie di reato che prima non c'erano o non erano adeguate.

Si è parlato prima del traffico di influenza illecita, che si distingue dal millantato credito, che già esisteva nel nostro ordinamento, ma che fa riferimento all'inganno da parte del millantatore, mentre nel traffico di influenza illecita vi è lo sfruttamento di relazioni esistenti, il pagamento di un prezzo per mediazioni illecite, e su ciò vi è stato lo sforzo congiunto per cercare di delimitare le fattispecie di reato, per non creare incertezze, per non punire condotte border line, per non creare proprio quella situazione di non determinatezza della fattispecie normativa penale. Però, sicuramente, l'introduzione di questo reato, non ci è richiesta solo dalle convenzioni internazionali, ma perché essa coglie anche prassi ed effetti distorti della nostra società e del fenomeno corruttivo.

Sappiamo che lo statuto che riguarda i reati contro la pubblica amministrazione, oggi vigente è antico: costruito negli anni Novanta, ha avuto qualche ritocco negli anni Duemila, ma in realtàè ancora impostato sul cosiddetto patto duale, l'accordo tra corrotto e corruttore, quando invece la fenomenologia della corruzione è molto più articolata e molto più complessa, perché vi sono le triangolazioni e vi sono le cricche. Occorre adeguare la norma penale alle nuove fattispecie di reato di corruzione è stato perciò costruito il nuovo reato della corruzione per l'esercizio della funzione, ne parleremo poi diffusamente, quando si entrerà nel merito dell'esame degli articoli e delle eventuali proposte emendative. Tuttavia, con questa nuova figura si è voluto colpire quello che rappresenta un altro aspetto molto pericoloso, che è quello della messa a libro paga del pubblico ufficiale, il fatto che non vi sia uno stretto collegamento con l'atto illecito, con l'atto contrario ai propri doveri, ma un collegamento con l'esercizio della funzione che viene sostanzialmente asservita, che viene, in qualche modo, messa a disposizione di interessi illeciti privati che esula e distorce quello che deve essere il rapporto con la pubblica amministrazione.

Dobbiamo ricordare che prima di questo rapporto del marzo 2012, vi sono stati altri rapporti della commissione Greco, vi sono state ventidue raccomandazioni ancora non recepite, per le quali, quindi, siamo in grandissimo ritardo. Esse coglievano anche la necessità di introdurre un nuovo reato o, comunque, di rivedere un reato che è addirittura inserito nell'ambito del codice civile: la corruzione nel settore privato, sostanzialmente in disuso, disapplicato, così come congegnato, in quanto era un reato punibile soltanto a querela. La corruzione tra privati rivisitata dall'emendamento del Governo ha avuto una rivitalizzazione, una nuova costruzione, che, a nostro avviso, può essere ancora migliorata, proprio perché vede come elemento essenziale il nocumento alla società privata, mentre sappiamo, così come accade per il falso in bilancio, che questo tipo di reati non hanno come bene giuridico di riferimento il patrimonio della società e gli interessi privati della società, ma piuttosto quello del libero mercato, della garanzia della concorrenza, della tutela dei terzi che devono poter partecipare alle attività imprenditoriali, senza che vi sia quell'alterazione che deriva dalla corruzione dei manager, dai passaggi di denaro che può darsi portino anche vantaggio alle società private, ma che sicuramente incidono negativamente e alterano le regole del libero mercato.

Per tornare e rispondere, nella riflessione che faceva poco prima il collega Costa: vorrei fare qualche precisazione in merito alla inadeguatezza delle sanzioni penali, dei minimi e dei massimi delle pene.

Non si può pensare che alzare il minimo delle pene voglia dire «essere forcaioli», perché questa - ecco il motivo per cui dico che bisogna stare accorti a come si porterà avanti anche questo dibattito, perché la pubblica opinione ci guarda - sarebbe un'ipocrisia.

Nel regime complessivo delle pene, e quindi in relazione alla gravità dei comportamenti, credo che sicuramente sia grave il furto, sia grave la rapina, sia grave l'estorsione, perché attentano al patrimonio privato, ma sono ugualmente, se non più gravi, soprattutto certi reati, emblematici dello sviamento della funzione pubblica. Mi riferisco alla concussione, alla corruzione propria, alla corruzione per induzione, alla sanzione per atti qualificabili come reati che incidono sulla fiducia del cittadino nell'apparato-Stato, e creano anche rilevanti danni economici e sociali alle istituzioni.

Quindi, non ci dobbiamo nascondere dietro a un dito. Sappiamo che quando si parla di pene, dobbiamo guardare alla proporzione rispetto alla gravità delle condotte nelle varie articolazioni, ed anche nelle ulteriori fattispecie criminose. Si è tenuto presente il fatto che alcune fattispecie, per esempio, sono prodromiche, ossia puniscono comportamenti «preparatori» rispetto alla corruzione vera e propria, alla devianza vera e propria della funzione, e quindi a quella che è l'essenza della corruzione.

Lì abbiamo mantenuto delle pene che, ad esempio per il traffico di influenza, arrivano fino a tre anni, così per la corruzione tra privati, ed anche per quanto riguarda la corruzione nell'esercizio della funzione (il nuovo 318 c.p. arriva fino a cinque anni). Il minimo, cioè, alcune volte non è fissato ed altre volte è mantenuto basso. Dove si è alzato il minimo? Si è alzato rispetto a reati che hanno un particolare disvalore sociale, e che quindi abbisognano di una pena adeguata, anche perché quella pena, con le pene accessorie collegate, esercita una funzione di repressione e di prevenzione.

Infatti, è ovvio che quando si pensa di poter avere delle conseguenze effettivamente dannose dal proprio comportamento, ciò ha un'efficacia anche di prevenzione nei confronti del pubblico ufficiale. L'inadeguatezza degli attuali minimi e massimi ha fatto sì che uno studio che è riportato nella relazione del rapporto Greco del 2 marzo 2012, analizzando le statistiche dei tribunali per i periodi dal 1983 al 2004, abbia evidenziato che l'87,63 per cento delle condanne per fatti di corruzione sia stato convertito in sospensione della pena.

Poi è intervenuto nel 2006 l'indulto, che ha previsto una riduzione di tre anni di pena per ogni condanna detentiva per tutti i reati commessi al 2 maggio 2006, inclusi i reati in materia di corruzione, e questo ha contribuito sicuramente a rafforzare gli effetti di una sostanziale impunità. Questo è tratto dal rapporto della commissione Greco depositata qualche mese fa. Quindi, su questa linea di congruità delle pene (principali ed accessorie) riteniamo possa essere in qualche modo migliorato il testo attraverso un dibattito adeguato.

Non vogliamo dare un messaggio, comunque, riferibile esclusivamente alla pena carceraria. Noi, invece, vogliamo dare un messaggio che sia anche di deterrenza reale e che riguardi anche l'effettività delle pene accessorie e, quindi, per sintesi: estinzione del rapporto di pubblico impiego, divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, interdizione dai pubblici uffici, incandidabilità. Su questo punto vi è anche la delega che fa parte della prima parte dell'articolato, quello che è maggiormente di pertinenza della I Commissione (Affari costituzionali). Su questo, Ministro, verteranno anche alcuni dei nostri emendamenti, che vorremmo discutere proprio perché, a prescindere dalla bontà dell'uno o dell'altro emendamento, ne esca un testo che garantisca, in qualche modo, l'effettività della pena principale e anche di quella accessoria.

L'altro punto, che non deriva soltanto da una nostra linea politica, ma che fa parte anche dei rilievi che sono stati espressi a livello internazionale, nelle raccomandazioni ripetute di cui parlavo, è quello - che si raccorda sempre con l'effettività dell'accertamento e, quindi, delle sanzioni - che riguarda il regime della prescrizione. Su questo punto presenteremo alcune proposte, una o due, che sostanzialmente, a nostro avviso, potrebbero dare un segnale importante e fattivo. Siamo consapevoli del fatto che il regime della prescrizione dovrebbe essere affrontato in maniera sistematica. Però, riteniamo che così come già il legislatore ha previsto delle deroghe al regime che è attualmente in vigore, quello che deriva dall'ex Cirielli, che sostanzialmente ha dimezzato i tempi di prescrizione, riteniamo che alcune deroghe possano essere previste anche per i reati più gravi riguardanti la pubblica amministrazione, in un contesto di deroghe già previste dal legislatore per alcuni fatti di particolare allarme.

Credo, dunque, che sia importante segnalare la trattazione di questo provvedimento in Aula. Si tratta di un provvedimento che non deve assolutamente porsi come uno spot, ma che può essere un banco effettivo di prova e di confronto tra le forze politiche. Mi ha fatto piacere che anche la Lega Nord Padania si sia apertamente manifestata in un atteggiamento costruttivo, perché credo che non vi sia più tempo da perdere. Credo che la politica debba dare un segnale effettivo. Lo ha dato l'altra settimana con il provvedimento riguardante il finanziamento dei partiti, ma credo che questo sia uno dei provvedimenti concreti, con cui la politica possa riappropriarsi della fiducia e della credibilità dei cittadini.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Ferranti.

DONATELLA FERRANTI. Noi ci adopereremo sicuramente per procedere lungo questa strada, in questi giorni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, chiedo di autorizzarmi a depositare il testo che ho predisposto, che è molto articolato e di cui mi limiterò a farne una sintesi a voce.

Vorrei, innanzitutto, rendere un apprezzamento alla signora Ministro, che è presente in Aula. Questo fatto non è avvenuto molto spesso, in passato.

Apprezziamo questo stile, che pratichiamo - di rispetto per le istituzioni - che non mi esimerà naturalmente dall'esprimere, con garbo, ma con nettezza, le ragioni per le quali l'Italia dei valori non è d'accordo sul testo che arriva oggi all'esame dell'Aula. Vorrei leggere molto brevemente alcune considerazioni.

La corruzione è un fatto molto grave di deformazione del sistema politico; la corruzione distorce alla radice il ruolo delle istituzioni rappresentative perché le usa come terreno di scambio politico tra richieste clientelari e prestazioni dei governanti. In tal modo, le scelte politiche favoriscono gli obiettivi ristretti di quanti possiedono i mezzi per influenzarle ed impediscono la realizzazione del bene comune di tutti i cittadini. La corruzione va annoverata tra le cause che maggiormente concorrono a determinare il sottosviluppo e la povertà e talvolta è presente anche all'interno degli stessi processi di aiuto ai Paesi poveri. La corruzione priva i popoli di un fondamentale bene comune, quello della legalità, il rispetto delle regole, il corretto funzionamento delle istituzioni economiche e politiche e la trasparenza. Quello della legalitàè un vero bene comune a destinazione universale: esso è infatti una delle chiavi per lo sviluppo in quanto permette di stabilire corretti rapporti tra società, economia e politica e predispone il quadro della fiducia in cui l'attività economica si iscrive. Queste poche parole descrivono in modo molto chiaro il concetto della pericolosità della corruzione. Esse non sono parole scritte dall'Italia dei Valori, ma contenute nel documento del Pontificio consiglio della giustizia e della pace, adottato a seguito di un congresso internazionale che quel consiglio ha svolto nel 2006. Noi le facciamo nostre.

È una battaglia, quella per legalità e contro la corruzione nella pubblica amministrazione, che da tempo l'Italia dei valori conduce, ed è per questo che noi diamo una valutazione complessivamente di una certa delusione per il risultato complessivo di questo provvedimento. La parte relativa alla prevenzione avrebbe potuto essere molto, ma molto più efficace e determinata. Lo strumento della delega adoperato non ci trova d'accordo per motivi istituzionali, di metodo e di contenuto, ma questa è una parte che non è attribuibile agli attuali Ministri presenti - saluto anche il Ministro Patroni Griffi - in quando si tratta di norme e disposizioni di un articolato approvato prima che questo Governo si insediasse.

Vogliamo esprimere anche un giudizio di delusione nei confronti della parte relativa alla normativa penale. Questa deriva da due considerazioni: la prima è relativa al fatto che in questo provvedimento avrebbero potuto essere presenti alcune norme molto più efficaci di contrasto alla corruzione all'interno della pubblica amministrazione. Voglio riferirmi alla normativa più stringente sulla prescrizione: è noto che i reati contro la pubblica amministrazione spesso vengono scoperti tardi, e quando vengono scoperti necessitano di un'istruttoria molto lunga e prolungata; cosìè facile che questi processi cadano in prescrizione. Noi crediamo che un intervento di carattere generale sulla prescrizione - come si prevede in una nostra proposta di legge, per la quale la prescrizione rimane definitivamente sospesa una volta che vi è l'esercizio dell'azione penale - oppure delle normative relative alla specie dei reati contro la pubblica amministrazione, avrebbero potuto portare a quella efficace azione di contrasto a questa tipologia di criminalità, che l'Unione europea raccomanda a tutti gli Stati membri. Purtroppo, noi siamo agli ultimi posti per quanto riguarda la ratifica della Convenzione, ma soprattutto per quanto riguarda l'adeguamento della normativa penale interna ad una più efficace lotta contro la corruzione.

Avremmo voluto e abbiamo anche chiesto che in questo provvedimento venisse inserito il nuovo delitto di autoriciclaggio. Abbiamo proposto degli emendamenti che riguardavano la punizione di reati come l'istigazione alla concussione quando non viene accolta e l'istigazione alla corruzione quando non viene accolta. Abbiamo anche proposto una serie di emendamenti volti a rendere assai più severe le pene accessorie. Tutto questo non ha avuto ingresso e per noi è una riduzione, una diminuzione, una rinuncia ad interventi e a strumenti normativi che avrebbero potuto rendere assai più efficace e direi inesorabile, implacabile la lotta contro questo cancro della nostra società, che colloca purtroppo l'Italia ai livelli più bassi nella graduatoria mondiale della corruzione.

Ma ci sono anche alcuni elementi concreti che secondo noi indeboliscono la lotta contro la corruzione. Ci riferiamo in modo particolare a quello che noi abbiamo chiamato lo spacchettamento dell'articolo 317 del codice penale, cioè la distinzione tra concussione per costrizione, che rimane l'unica forma di concussione, e la concussione per induzione, che non esiste più come reato di concussione, ma è diventata un'illecita induzione a dare o promettere danaro o altri benefici o vantaggi. Noi su questo abbiamo una concezione che ci fa piacere aver visto presente anche nella relatrice per la Commissione giustizia. Abbiamo apprezzato che anche lei, come noi, abbia rinunciato a tutti gli emendamenti. Ma noi non abbiamo rinunciato al loro contenuto, in quanto abbiamo ritirato gli emendamenti per consentire al Governo un voto in Commissione sulla sua proposta. Questo lo crediamo assolutamente legittimo, ma noi riproponiamo in questa Aula la nostra concezione, che è una concezione di assimilazione in un unico delitto di concussione-corruzione di tutte le ipotesi, sia di concussione per costrizione, sia di concussione per induzione, sia di corruzione propria, sia di corruzione impropria. In questo modo, avremmo messo in un'unica fattispecie normativa incriminatrice tutta questa tipologia di reati contro la pubblica amministrazione, senza se e senza ma, senza distinguere tra le condotte, cosa che spesso è molto difficile.

Credo che in il reato di concussione per costrizione sia rarissimamente contestato. Mi domando quale sia la costrizione. Se c'è una pistola puntata alla tempia o un sequestro di una persona in atto? La costrizione è fisica e morale e sono ipotesi di una tale rarità che conservare solo per esse l'ipotesi della concussione ci sembra francamente molto riduttivo. La concussione per induzione è quella che più frequentemente si verifica. L'induzione, il suggerimento molto cogente, che rappresenta spesso non solo la forma più frequente di tentativo di coartazione della volontà altrui, ma spesso anche una forma più subdola e non necessariamente meno grave della costrizione. D'altra parte la mafia, quando non usa lo scioglimento nell'acido o nel cemento, usa l'induzione, cioè tutte quelle forme di timore che viene inculcato per un bene dei propri figli o anche per un bene immateriale da conseguire, come un concorso o una laurea.

Ecco, la concussione per induzione è uno degli strumenti più subdoli. Ora, noi riteniamo che averla espunta dalla concussione, averla chiamata in modo diverso e, soprattutto, averla punita con molta minore serietà determini una ridotta efficacia della lotta contro la corruzione e la concussione nella pubblica amministrazione.

Tutti noi leggiamo la stampa, anche quella meno schierata, la stampa più oggettiva, che si è posta e ha posto all'opinione pubblica rilevanti problemi e interrogativi, che oggi vorrei trasferire, con tutto il rispetto, ma anche con tutta la nettezza che è necessaria in quest'Aula, che è il luogo della responsabilità, al Ministro. Il Sole 24 Ore è un organo assolutamente imparziale, che si occupa di questi problemi non con una visione di parte, ma, ugualmente, anche su il Fatto Quotidiano e su altri organi di stampa importanti sono nati diversi interrogativi. In Commissione ho detto che il nuovo articolo 319-quater è la madre di tutte le verità, perché da questa ipotesi si vede se si vuole fare una lotta efficace nei confronti della corruzione e della concussione. Vorrei porre alcuni interrogativi, che sono rivolti all'illustre giurista per quanto riguarda gli aspetti tecnici e sono rivolti al Ministro per quanto riguarda gli aspetti politici.

La prima domanda è questa: quale regime giuridico, poiché ci sono diverse leggi nel tempo, reggerà i processi in corso, che sono stati iniziati con l'imputazione di concussione per induzione, ai sensi dell'articolo 317 del codice penale? Se in certi processi l'imputazione sarà stata fatta in concorso o comunque vi sarà un concorso formale di reati e se ci saranno diversi reati in un unico procedimento, cosa succederà? Si fermerà tutto il procedimento? Si farà uno stralcio soltanto per iniziare un nuovo procedimento? Sono interrogativi seri e importanti, signora Ministro. In quanto tempo si prescriverà il nuovo reato dell'articolo 319-quater, anche rispetto all'attuale articolo 317, soprattutto in rapporto al fatto che, mentre la pena della concussione per induzione supera i 10 anni, arriva fino a 12 anni, la pena prevista per il reato di cui all'articolo 319-quater si ferma a 8 anni? Mi pare di capire che la prescrizione sarà assai più ridotta e limitata.

Vorrei anche chiedere se risulta al Ministro quanti processi pendono per concussione per induzione che saranno soggetti al nuovo regime giuridico. Qual è la data di prescrizione di questi diversi processi? È vero che alcuni di questi stanno per prescriversi e che anche processi in corso a carico di imputati eccellenti, di cui non dico i nomi qui, ma sono scritti sulla stampa, se si passa dalla concussione per induzione all'induzione illecita con consegna di denaro o di altra utilità, sarebbero già automaticamente prescritti? Sono processi che riguardano, ripeto, imputati eccellenti, che fanno riferimento a diversi partiti, presenti anche in Parlamento.

Queste cose le chiedo non solo perché il gruppo di Italia dei Valori ritiene che sia importante saperle, ma anche perché credo che sia un'opera di chiarezza importante, anche per eliminare equivoci, anche per eliminare dubbi, anche per eliminare ogni ombra che possa esistere su un'operazione di questo genere.

Soprattutto, c'è una domanda che io mi rivolgo e che ho rivolto anche alla Commissione: perché? Perché si è avvertita la necessità di trasformare un'ipotesi criminosa quale la concussione per induzione in un reato meno grave? Fuori da ogni strumentalità, signora Ministro, fuori da ogni problema di lotta politica, che qui non esiste, perché stiamo trattando questioni di grande serietà per la nostra collettività, io non mi so dare una risposta al perchéè stata operata una trasformazione, una modifica, così grande.

Noi abbiamo proposto degli emendamenti che servirebbero anche a sgombrare ogni equivoco, ogni nube, ogni dubbio, ogni sospetto. Per esempio, abbiamo proposto - a parte l'emendamento soppressivo, a parte la nostra ipotesi di delitto di concussione e corruzione che coincide, lo ripeto, con quella della relatrice collega Angela Napoli - anche alcuni emendamenti. Portiamo la pena per l'induzione indebita prevista dal 319-quater alla pena da 6 anni a 12 anni. In questo modo, lo qualifichiamo diversamente, però non apportiamo variazioni rispetto al sistema attuale che riguarda, tra l'altro, la prescrizione.

Ci siamo anche posti il problema se non sia possibile, in deroga al quarto comma dell'articolo 2 del codice penale, prevedere che comunque questa normativa non si applichi ai processi in corso. Non mi pare che ci sia un vincolo costituzionale, perché il secondo comma dell'articolo 25 della Costituzione, che si occupa di questi problemi, vieta solo la retroattività della norma penale.

Ecco alcuni interrogativi che noi crediamo che l'opinione pubblica si aspetti di vedere risolti, perché crediamo che in un intervento di questo genere non sia possibile, ma sia necessario, fugare ogni dubbio. Naturalmente, siccome discuteremo di nuovo e cominceremo la votazione mercoledì, ci sarà tutto il tempo per poi fare anche tutti questi accertamenti, anche quantitativi, su queste cose.

Se non ci fossero state alcune cose che noi consideriamo un vulnus per una maggiore efficacia della lotta nei confronti della corruzione e concussione, avremmo preso in considerazione diversamente questo testo. Lo avremmo preso in considerazione diversamente perché riteniamo che sia di straordinaria importanza, oltre che di necessità assoluta, il fatto che il Parlamento, finalmente, dopo più di dieci anni in cui non ha ratificato la Convenzione di Strasburgo, arrivi ad una sua determinazione. Ci conforta il fatto di vedere che non stiamo più discutendo su un disegno di legge che il precedente Governo aveva, secondo noi, confezionato in maniera ancora meno efficace, ma avremmo voluto, ci avrebbe fatto piacere, che questo testo fosse stato ancora più efficace e stringente nei confronti della corruzione. Confidiamo che ci sia la possibilità ancora, in sede di discussione in Aula, di apportare quegli emendamenti che servirebbero comunque a fugare ogni dubbio e ogni perplessità, cosa che noi fortemente desideriamo.

Signor Presidente, chiedo che la Presidenza autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto della seduta odierna del testo integrale del mio intervento.

PRESIDENTE. Onorevole Palomba, la Presidenza lo consente, sulla base dei criteri costantemente seguiti.

Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.

(Repliche dei relatori e del Governo - A.C. 4434-A)

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare la relatrice per la Commissione affari costituzionali, onorevole Santelli. Prendo atto che l'onorevole Santelli vi rinuncia.

Ha facoltà di replicare la relatrice per la Commissione giustizia, onorevole Angela Napoli.

ANGELA NAPOLI, Relatore per la II Commissione. Signor Presidente, intervengo brevemente solo per ringraziare intanto i due ministri, Patroni Griffi e Severino, per essere stati presenti e sicuramente avere preso atto di quelli che sono stati gli interventi dei colleghi rappresentanti dei vari gruppi.

Il provvedimento è stato calendarizzato, ha iniziato il suo iter un anno fa. È un provvedimento di notevole necessità ed urgenza. Sicuramente, dal mio punto di vista, meriterebbe ancora qualche intervento, anche nel settore relativo alla prevenzione. Penso che il Ministro Patroni Griffi interverrà in tal senso, sperando che non vi siano, nelle sue proposte emendative, delle retrocessioni rispetto a quanto è stato il frutto del lavoro delle due Commissioni. Mi auguro che anche il Ministro Severino, senza volere per questo stravolgere l'impianto predisposto nel settore della repressione dallo stesso Ministro, possa tuttavia prendere atto di quello che è possibile ancora affinare. Ringrazio per gli interventi.

PRESIDENTE. Ha facoltà di replicare il rappresentante del Governo.

PAOLA SEVERINO DI BENEDETTO, Ministro della giustizia. Signor Presidente, intervengo molto brevemente perché ritengo che poi vi sarà, nell'esame dei singoli articoli, una più specifica presa di posizione.

Come lor parlamentari sanno, questo è un provvedimento del quale abbiamo lungamente discusso e sul quale, quindi, vi è stato un forte impegno del Governo insieme alle Commissioni riunite per arrivare ad un testo che tenesse conto di una serie di esigenze di carattere assolutamente oggettivo. Questo ci terrei a sottolinearlo. In questo testo nulla vi è che non sia stato ispirato dal desiderio di mettere in fila una serie di valori di rilevanza costituzionale, di coniugarli con delle condotte che si è cercato di specificare al meglio e di collegarli a delle sanzioni che fossero proporzionate ai valori individuati e alle pene che sono state ritenute più aderenti a questo elenco di valori.

Per quanto riguarda la selezione delle fattispecie, come pure tutti sanno, l'introduzione delle due nuove fattispecie, di traffico di influenze illecite e di corruzione privata, ha rappresentato una delle novità di questo provvedimento. Si tratta di fattispecie sulle quali il confronto con altri Paesi europei è stato condotto in maniera assolutamente piena, proprio per verificare che vi fossero fattispecie simili negli altri ordinamenti europei e per allineare l'Italia a queste esigenze, che comunque apparivano ampiamente e fortemente condivise.

La costruzione delle condotte non è stata semplicissima. Io ringrazio la Commissione per il contributo che, su invito del Governo, ha dato ad una migliore costruzione delle fattispecie ed a una migliore selezione dei disvalori costituzionalmente tutelati da porre a presidio di queste fattispecie.

Anche il tema della corruzione, con una spendita della funzione della corruzione per atto contrario ai doveri d'ufficio, mi pare che abbia ricevuto un beneficio dal contributo della Commissione in termini di definizione delle condotte.

Rimangono due temi su quali il dibattito è rimasto acceso: quello delle pene e quello della concussione. Sul tema delle pene devo dire che la scala dei valori è abbastanza ben delineata.

Vorrei che si evitasse - lo vorrei nell'interesse dei cittadini, del Paese e di un'esigenza di avere una normativa coerente e compatta - un'altalena di pene che non siano in scala con i valori. Dunque certamente la discussione è aperta, perché ancora sono aperti tutti i termini per gli emendamenti, ma naturalmente mi aspetto fiducia nel fatto che, dopo il ritiro degli originari emendamenti, si riesca a trovare una soluzione che coordini le pene, perché credo che dobbiamo dar conto al Paese di una normativa, di una legislazione importante, di un blocco importante di norme che devono avere una loro coerenza intrinseca. Quindi più che di temi di carattere generale, di pena minima e di pena massima, credo si debba mantenere una coerenza interna al sistema. Accolgo quindi l'invito ad una presa di posizione del Governo al riguardo. Certamente il Governo non si è mai sottratto alle proprie responsabilità; ha semplicemente voluto che il Parlamento e i parlamentari avessero il più ampio spazio per fornire un contributo costruttivo, ma nel momento in cui occorrerà arrivare ad una determinazione il Governo è senz'altro pronto ad assumersi tutte le responsabilità.

Rimane il tema della concussione. Al riguardo, si è cercato di costruire una fattispecie che prescindesse dal tema dei processi in corso, il che ritengo sia un pregio e non un difetto della legislazione. Se il legislatore dovesse, ogni volta che modifica una norma, darsi carico di ciò che sta accadendo nelle aule di giustizia, nessuna norma sarebbe modificabile nel nostro ordinamento.

Le ragioni di questa modifica - poiché mi è stato chiesto di darne conto - ci sono, esistono, e si rinvengono nell'invito, che noi abbiamo ricevuto dall'Europa, non a specifici interventi di unione di due fattispecie diverse, come la corruzione e la concussione, ma semmai a dare maggiore chiarezza ad una distinzione che può portare l'impunità di alcuni soggetti e la punibilità di altri. È a questo bisogno di chiarezza che ho cercato di rispondere, creando una struttura nella quale la concussione per costrizione vede come unico soggetto attivo il pubblico ufficiale che non ha bisogno della pistola per costringere, non ha bisogno della violenza fisica per costringere, ha uno strumento molto più forte che è quello del metus publicae potestatis, rispetto al quale il soggetto privato non si può sottrarre. Al contrario, nella fattispecie di induzione ci sono due categorie di soggetti, anche quella dell'incaricato di un pubblico servizio, e dunque vi è una situazione di superiorità del soggetto pubblico ma non tale da portare ad una vera e propria costrizione. Di questo abbiamo già a lungo discusso in sede di Commissione, quindi credo il tema sia chiaro. Anche sul tema invece del fondere le due fattispecie di corruzione e concussione, la cosiddetta «proposta Cernobbio», si è molto discusso ma vi sono state molte critiche in sedi assolutamente non sospettabili di avere interessi diversi da quelli scientifico-teorici perché il dibattito si è svolto proprio sul piano scientifico-teorico. Quella unione delle due fattispecie non tiene conto di una profonda diversità di due situazioni: quella del privato che si accorda con il pubblico ufficiale e ne ottiene quindi un qualcosa di utile e quella invece del privato che è costretto ad un certo comportamento. Ho fatto più volte l'esempio del padre che per ricoverare il proprio figlio è costretto a pagare il primario: in questa situazione vi è una costrizione vera e propria e gradatamente vi sarà poi un'induzione nella quale vi sarà una corresponsabilità, sia pure con pena più bassa, del privato e poi un accordo vero e proprio. Questa è la linea che ho cercato di tenere e che naturalmente tiene conto del fatto che nell'esperienza giurisprudenziale le due figure della concussione per costrizione e per induzione coesistano ampiamente. Sono proprio i casi di induzione che hanno determinato maggiori difficoltà interpretative.

È proprio per questo che ho cercato di dare un apporto di maggiore chiarezza sulla distinzione, e su questo ringrazio la Commissione che a maggioranza ha seguito questa indicazione. Un'ultima annotazione sul tema della prescrizione. Ho detto più volte che il regime della prescrizione segue e non precede quello dell'entità della pena. La pena va stabilita non sulla base di ragioni prescrizionali ma sulla base del rilievo del bene giuridico tutelato. Dunque la prescrizione sarà una conseguenza, e più volte ho detto che un'eventuale modifica della prescrizione va fatta in altra sede, in sede di carattere generale, per non creare dei provvedimenti che sono sproporzionati e pieni di quelli che chiamerei una sorta di bubboni che nulla hanno a che vedere con l'impianto normativo di quello specifico settore. La stessa cosa vale per l'autoriciclaggio. Il rifiuto dell'idea di inserire una norma sull'autoriciclaggio nell'ambito del provvedimento in materia di concussione nasce da una considerazione: la condotta di autoriciclaggio è una condotta che può essere comune a tutti i reati che abbiano un contenuto patrimoniale.

Allora rimbocchiamoci le maniche e studiamo una ipotesi di aggravante o di fattispecie autonoma (sono a piena disposizione per farlo), ma che questa norma debba essere inserita in questo provvedimento mi sembra sia assolutamente incongruo. Mi sono mantenuta alla sintesi perché anche gli onorevoli parlamentari lo avevano fatto (li ringrazio anche di questo), visto che del tema si è abbondantemente discusso e ci sono delle relazioni scritte estremamente ampie. Quindi confido poi in un confronto sugli emendamenti che possa essere, come già lo è stato in Commissione, estremamente costruttivo.

PRESIDENTE. Il seguito del dibattito è rinviato ad altra seduta.

 


Allegato A

 


TESTO INTEGRALE DELLE RELAZIONI DEI DEPUTATI JOLE SANTELLI E ANGELA NAPOLI IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE N. 4434-A

 

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Onorevoli Colleghi! Il testo che le Commissioni I (Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni) e II (Giustizia) sottopongono all'approvazione dell'Assemblea, si articola in tre fondamentali aspetti dell'azione di contrasto alla corruzione e all'illegalità nel settore pubblico: prevenzione generale, controlli mirati e sanzioni.

Esso è volto, in particolare, a dare attuazione alle politiche ed alle «buone pratiche» di prevenzione della corruzione previste nel capo II della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dalla Assemblea generale dell'ONU il 31 ottobre 2003, firmata dallo Stato italiano il 9 dicembre 2003 e ratificata ai sensi della legge 3 agosto 2009, n. 116.

L'adozione del Piano nazionale anticorruzione si rende necessaria anche a seguito della valutazione svolta dal Gruppo di Stati contro la corruzione (GRECO), organismo istituito nell'ambito del Consiglio d'Europa, di cui l'Italia fa parte dal 2007. Tra le altre raccomandazioni formulate, il GRECO ha invitato il nostro Paese ad adottare un Piano nazionale per la prevenzione e il contrasto alla corruzione e a riferirne dinanzi al Consiglio d'Europa.

Com'è noto, la Commissione europea ha stimato che la corruzione costa all'economia dell'Unione 120 miliardi di euro l'anno, ovvero l'1% del Pil della Ue e poco meno del bilancio annuale dell'Unione europea.

Per quanto riguarda l'Italia, la Corte dei Conti ha di recente ricordato che il nostro Paese nella classifica degli Stati percepiti più corrotti nel mondo stilata da Transparency International per il 2011 assume il non commendevole posto di 69o su 182 Paesi presi in esame e nell'Unione europea è posizionato avanti alla Grecia, Romania e Bulgaria. Un intervento del Parlamento appare, pertanto, urgente e quanto mai necessario.

Il testo definito dalle Commissioni riunite I e II al termine dell'esame svolto in sede referente è stato quindi oggetto di particolare attenzione ed approfondimento. Nella mia relazione mi soffermerò sui profili che investono maggiormente le competenze della Commissione Affari costituzionali rinviando, per le altri parti, a quanto illustrerà la collega relatrice per la Commissione Giustizia, onorevole Angela Napoli.

Ambito normativo e contenuto.

Il testo che l'Assemblea si accinge ad esaminare reca disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione. Le Commissioni riunite hanno deliberato di adottare come testo base per l'esame in sede referente il disegno di legge del Governo C. 4434, approvato dal Senato, in esito ad alcuni stralci deliberati presso l'altro ramo del Parlamento sul testo presentato dal Governo il 4 maggio 2010.

Il provvedimento si pone come attuazione dell'articolo 6 della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione del 2003 (cosiddetta Convenzione di Merida), nonché degli articoli 20 e 21 della Convenzione penale del Consiglio d'Europa sulla corruzione del 1999, che richiedono, sostanzialmente, che in ogni ordinamento vi siano uno o più organi, specializzati, incaricati di prevenire la corruzione, con i quali le autorità preposte alle indagini e al perseguimento di reati cooperino.

A tal fine, l'articolo 1 del disegno di legge, ampiamente modificato nel corso dell'iter al Senato e, quindi, dalle Commissioni I e II della Camera nell'ambito dell'esame in sede referente, individua l'autorità nazionale competente a coordinare l'attività di contrasto della corruzione nella Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche (Civit) di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 150 del 2009. È così modificata l'attuale distribuzione delle competenze in questa materia, poiché la Civit si sostituisce nel ruolo di Autorità nazionale anticorruzione al Dipartimento della funzione pubblica, che tale ruolo ricopre secondo la normativa vigente. Il testo individua anche le funzioni degli altri organi incaricati di funzioni di prevenzione e contrasto dell'illegalità, delineando una collaborazione tra la Civit, il Dipartimento della funzione pubblica e le pubbliche amministrazioni centrali.

Tra i compiti della Civit vi è quello di riferire al Parlamento sull'attività di contrasto al fenomeno corruttivo e dell'illegalità nella pubblica amministrazione e sull'efficacia delle disposizioni vigenti in materia, presentando una relazione entro il 31 dicembre di ciascun anno. Al contempo, in base a quanto previsto da un emendamento approvato dalle Commissioni in sede referente, la Civit è chiamata ad analizzare le cause e i fattori della corruzione e ad individuare interventi che ne possano favorire la prevenzione e il contrasto.

Per l'esercizio delle funzioni di concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché di attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati, si prevede che la Civit eserciti poteri ispettivi mediante richiesta di notizie, informazioni, atti e documenti alle pubbliche amministrazioni e che ordini l'adozione di atti o provvedimenti richiesti dai piani e dalle regole sulla trasparenza dell'attività amministrativa, ovvero provveda alla rimozione di comportamenti o atti contrastanti con i piani e le regole sulla trasparenza summenzionati. La Civit e le amministrazioni interessate devono dare notizia, sui rispettivi siti istituzionali, dei provvedimenti a tal fine adottati.

Residuano in capo al Dipartimento della funzione pubblica importanti funzioni normative, esecutive e di coordinamento, tra cui la predisposizione del Piano nazionale anticorruzione, sulla base dei singoli piani predisposti e trasmessi dalle pubbliche amministrazioni centrali nonché la definizione di criteri per assicurare la rotazione dei dirigenti nei settori particolarmente esposti alla corruzione. Il Dipartimento svolge le sue funzioni «anche secondo le linee di indirizzo adottate dal Comitato interministeriale istituito e disciplinato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri». Poiché la disciplina, la composizione e le funzioni del Comitato non sono altrimenti individuate, vi è da ritenere che siano comprese nel rinvio alla fonte secondaria.

L'articolo 2 reca norme concernenti la trasparenza dell'attività amministrativa, con specifico riferimento ai procedimenti amministrativi. Si prevede che la trasparenza - che ai sensi dell'articolo 11 del decreto legislativo 150 del 2009 è livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione - sia assicurata attraverso pubblicazione, sui siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni, delle informazioni relative ai procedimenti amministrativi.

L'articolo 2 richiede che le pubbliche amministrazioni assicurino i livelli essenziali di trasparenza con particolare riferimento a specifici procedimenti: autorizzazione o concessione; scelta del contraente per l'affidamento di lavori, forniture e servizi; concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché di attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati; concorsi e prove selettive per l'assunzione del personale e progressioni in carriera. Inoltre, le pubbliche amministrazioni devono rendere noto, tramite il proprio sito istituzionale, almeno un indirizzo di posta elettronica certificata cui il cittadino possa rivolgersi per trasmettere istanze e dichiarazioni e ricevere informazioni circa i provvedimenti e i procedimenti amministrativi che lo riguardano. Ancora, le amministrazioni possono rendere accessibili in ogni momento agli interessati, tramite strumenti di identificazione informatica, le informazioni relative ai provvedimenti e ai procedimenti amministrativi che li riguardano, ivi comprese quelle relative allo stato della procedura, ai relativi tempi e allo specifico ufficio competente in ogni singola fase.

Secondo quanto previsto da alcuni emendamenti approvati dalle Commissioni riunite I e II si stabilisce, inoltre, che sui siti internet delle amministrazioni pubbliche sono altresì pubblicati i costi unitari di realizzazione delle opere pubbliche e di produzione dei servizi erogati ai cittadini. Tali informazioni sono pubblicate sulla base di uno schema tipo redatto dall'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture che ne cura altresì la raccolta sul proprio sito al fine di consentirne una agevole comparazione.

Al contempo, in base alle modifiche approvate, tali disposizioni si applicano anche ai procedimenti realizzati in deroga alle procedure ordinarie. Viene altresì specificato che i soggetti che operano in deroga e che non dispongono di propri siti istituzionali (ad esempio i commissari) pubblicano le informazioni sui siti istituzionali delle amministrazioni dalle quali sono nominati.

Le informazioni così pubblicizzate sono poi trasmesse in via telematica alla Civit.

Ai fini dell'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 2 si prevede l'emanazione di uno o più decreti ministeriali e la mancata o incompleta pubblicazione da parte delle pubbliche amministrazioni delle informazioni individuate da tali atti costituisce violazione degli standard qualitativi ed economici, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo n. 198 del 2009 e, dunque, presupposto per la cosiddetta azione di gruppo (class action) contro la pubblica amministrazione. Ciòè, altresì, valutato ai sensi dell'articolo 21 decreto legislativo 165 del 2001 (in materia di responsabilità dirigenziale) così come eventuali ritardi nell'aggiornamento dei contenuti sugli strumenti informatici sono sanzionati a carico dei responsabili del servizio.

Nell'ambito dell'esame in sede referente, è stato poi approvato un nuovo articolo 3 in materia di trasparenza delle attribuzioni di posizioni dirigenziali con il quale si stabilisce che, al fine di garantire l'esercizio imparziale delle funzioni amministrative e di rafforzare la separazione tra organi di indirizzo politico e organi amministrativi e la reciproca autonomia, le amministrazioni pubbliche, nonché le aziende e società partecipate dello Stato e degli altri enti pubblici, in occasione del monitoraggio previsto dall'articolo 36, comma 3, del decreto legislativo n. 165 del 2001, comunicano al Dipartimento della funzione pubblica, per il tramite degli organismi indipendenti di valutazione, tutti i dati utili a rilevare le posizioni dirigenziali attribuite a persone, anche esterne alla pubblica amministrazione, individuate discrezionalmente dall'organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione. I dati forniti confluiscono nella relazione annuale al Parlamento di cui al medesimo articolo 36, comma 3, del decreto legislativo n. 165 del 2001 e vengono trasmessi alla CIVIT per le finalità di cui all'articolo 1 della proposta di legge in esame.

L'articolo 4, non modificato nel corso dell'esame in sede referente, modifica l'articolo 53 del decreto legislativo 165 del 2001 in tema di incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi di dipendenti pubblici prevedendo che: per l'autorizzazione a svolgere incarichi, l'amministrazione di appartenenza verifica l'insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interesse; i soggetti pubblici o privati comunicano all'amministrazione di appartenenza l'ammontare dei compensi erogati ai dipendenti pubblici entro 15 giorni dall'erogazione; le amministrazioni pubbliche che conferiscono o autorizzano incarichi, anche a titolo gratuito, ai propri dipendenti comunicano in via telematica, nel termine di quindici giorni, al Dipartimento della funzione pubblica gli incarichi conferiti o autorizzati; i dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, abbiano esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto di pubbliche amministrazioni non possono svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell'attività della pubblica amministrazione. Sono nulli i contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione ed è vietato ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni.

L'articolo 5 introduce l'articolo 54-bis nel decreto legislativo n. 165 del 2001 ed attiene alla tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti. Si prevede che fuori dei casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione, il pubblico dipendente che denuncia o riferisce condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia. Salvi gli obblighi di denuncia previsti dalla legge, l'identità del segnalante non può essere rivelata, senza il suo consenso, fino alla contestazione dell'addebito disciplinare.

Sull'articolo 6 si soffermerà la collega Angela Napoli.

L'articolo 7 introduce una modifica all'articolo 135 del codice degli appalti, in materia di risoluzione del contratto per reati accertati e per decadenza dell'attestazione di qualificazione, al fine di ampliare il novero dei reati a carico dell'appaltatore per i quali, dopo che sia intervenuta sentenza di condanna passata in giudicato, il responsabile del procedimento procede, in relazione allo stato dei lavori e alle eventuali conseguenze nei riguardi delle finalità dell'intervento, alla risoluzione del contratto.

L'articolo 8, non modificato nel corso dell'esame in sede referente, contiene una clausola di adeguamento ad alcune disposizioni del provvedimento per le regioni e province autonome di Trento e Bolzano, ivi compresi gli enti regionali e le amministrazioni del Servizio sanitario nazionale, nonché per gli enti locali. È fatta salva la compatibilità con le disposizioni previste dagli statuti e dalle relative norme di attuazione in materia.

L'articolo 9 reca disposizioni in materia di danno all'immagine della pubblica amministrazione, mediante novella dell'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, che disciplina il giudizio di responsabilità amministrativa.

In particolare, si introduce una presunzione relativa sulla quantificazione del danno all'immagine della Pubblica amministrazione. Si dispone, infatti, qualora sia stato commesso un reato contro la pubblica amministrazione accertato con sentenza passata in giudicato, l'entità del danno all'immagine della amministrazione derivante da tale reato si presume, salvo prova contraria, pari al doppio della somma di denaro del valore di altra utilità che sia stata indebitamente percepita dal dipendente.

Con la seconda novella, si prevede che nei giudizi di responsabilità amministrativa per il danno all'immagine - nell'ipotesi di fondato timore di attenuazione della garanzia patrimoniale del credito erariale - su richiesta del procuratore regionale, sia concesso dal presidente della sezione della Corte dei conti competente sul merito del giudizio, il sequestro conservativo di beni mobili e immobili del convenuto, comprese somme e cose allo stesso dovute. Il provvedimento cautelare è assunto con decreto motivato che il giudice può - con ordinanza - confermare, modificare o revocare alla successiva udienza di comparizione. Contro l'ordinanza è ammesso reclamo davanti alla sezione giurisdizionale della Corte dei conti.

L'articolo 10 reca una delega, con termine annuale, che autorizza il Governo ad adottare un testo unico per disciplinare - in caso di sentenze definitive di condanna per delitti non colposi - l'incandidabilità a diverse cariche elettive e di governo a livello centrale, regionale e locale, nonché il divieto di ricoprire alcune cariche elettive e di governo proprie degli enti locali.

L'incandidabilità, che ha natura temporanea, riguarda le elezioni europee, politiche, regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali. Il divieto riguarda le cariche di presidente e componente del consiglio di amministrazione dei consorzi; presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni; consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all'articolo 114 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (decreto legislativo 267 del 2000); presidente e componente degli organi esecutivi delle comunità montane.

La finalità del testo unico è individuata nel riordino e nell'armonizzazione della normativa vigente, nonché nel coordinamento delle norme sull'incandidabilità con quelle in materia di interdizione dai pubblici uffici e di riabilitazione, nonché con le restrizioni all'esercizio del diritto di voto attivo.

In base al comma 3 lo schema di testo unico è trasmesso alle Camere che esprimono il parere attraverso le competenti Commissioni per materia e per i profili finanziari entro 60 giorni e, decorso tale termine, il testo unico può essere comunque emanato anche in assenza dei pareri.

L'articolo 11, introdotto nel corso dell'esame in sede referente, modifica l'articolo 59, comma 1, lettera c), del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di sospensione di diritto dalla carica. Si prevede che questa consegua, altresì, quando è disposta l'applicazione di una delle misure coercitive di cui all'articolo 283, comma 1, del codice di procedura penale (Divieto e obbligo di dimora), quando il divieto di dimora riguarda la sede dove si svolge il mandato elettorale.

Sugli altri articoli riferirà la relatrice per la II Commissione.

Istruttoria legislativa svolta.

Le Commissioni riunite I e II hanno avviato, il 7 luglio 2011, l'esame in sede referente degli abbinati progetti di legge, deliberando successivamente di procedere allo svolgimento di un'indagine conoscitiva nell'ambito dell'istruttoria legislativa sui progetti di legge.

Le Commissioni hanno dunque proceduto, nelle sedute del 13 e del 14 settembre 2011, ad una serie di audizioni di esperti della materia.

Il 15 settembre 2011 è stato adottato come testo base il disegno di legge n. 4344 del Governo. Nelle successive sedute le Commissioni hanno esaminato, svolgendo un attento approfondimento ed un ampio dibattito, i numerosi emendamenti ed articoli aggiuntivi presentati. Sono state quindi approvate proposte emendative di diversi gruppi giungendo, in taluni casi, ad una diversa formulazione del testo dopo ulteriori valutazioni da parte delle relatrici e sulla base di una costante interlocuzione con i rappresentanti del Governo.

Infine, dopo aver acquisito i pareri delle competenti Commissioni in sede consultiva, nella seduta del 24 maggio 2012, è stato dato mandato alle relatrici a riferire in Assemblea in senso favorevole sul testo elaborato dalle Commissioni nel corso dell'esame in sede referente.

L'auspicio è dunque quello che quest'Assemblea possa giungere in tempi brevi e con il più ampio consenso all'approvazione del testo in esame, volto a definire misure efficaci per contrastare il fenomeno della corruzione e dell'illegalità nell'azione amministrativa, che - com'è noto - crea nella realtà un forte danno alla credibilità del Paese, stimato dalla Corte dei conti in 60 miliardi di euro annui, disincentivando gli investimenti, anche stranieri, e frenando, di conseguenza, quello sviluppo economico di cui il Paese ha così forte bisogno.

ANGELA NAPOLI, Relatore per la II Commissione. La mia relazione si concentra sulle parti del testo riconducibili alla competenza propria della Commissione Giustizia ed, in particolare, sugli articoli 5, 6, 7, 9 e da 12 a 19.

L'articolo 5 - introdotto nel corso dell'esame al Senato - mira a tutelare il pubblico dipendente che - fuori dei casi di responsabilità per calunnia o diffamazione - denuncia o riferisce condotte illecite apprese in ragione del suo rapporto di lavoro (comma 1). Viene, infatti, disposto che il segnalante non può esser licenziato, o sottoposto a misure discriminatorie aventi effetto sulle condizioni di lavoro per motivi, direttamente o meno, collegati alla denuncia presentata. Fatti salvi gli obblighi legali di denuncia (il riferimento è ai pubblici dipendenti che rivestono anche la qualifica di pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio) è fatto divieto alla Pubblica Amministrazione di rivelare l'identità del segnalante - in assenza del consenso di quest'ultimo - fino alla contestazione dell'illecito disciplinare (comma 2). È importante segnalare che analoga disposizione a tutela del dipendente pubblico è contenuta nell'articolo 9 della Convenzione civile sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 4 novembre 1999, ed attualmente in corso di ratifica parlamentare. Il provvedimento, approvato dal Senato, è proprio oggi all'esame dell'Assemblea. Rispetto al testo del Senato, le Commissioni, per ragioni sistematiche, hanno collocato la disposizione nel decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (dopo l'articolo 54) recante le «Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche».

L'articolo 6, introdotto dal Senato, individua una serie di attività d'impresa particolarmente esposte al rischio di infiltrazione mafiosa, per le quali è apparso opportuno prevedere immediatamente, cioè senza attendere l'emanazione ed efficacia di un apposito regolamento previsto dal codice sulle leggi antimafia, l'informazione antimafia indipendentemente dal valore del contratto o del sub-contratto. L'elenco delle attività a rischio è aggiornabile dalla fonte secondaria, al fine di evitare tutte quelle difficoltà che potrebbero derivare dall'approvazione di una nuova legge. In Commissione, per prevenire facili elusioni della norma, si è previsto che l'affidamento a terzi, da parte dell'aggiudicatario, di attività comprese tra quelle individuate a rischio di infiltrazione mafiosa, nonché le modifiche dell'assetto proprietario e degli organi sociali delle imprese aggiudicatarie degli appalti riguardanti le attività in questione, sono oggetto di comunicazione alla prefettura per l'espletamento degli opportuni controlli.

L'articolo 7 interviene sul decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, il cosiddetto Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, ed in particolare sui casi di risoluzione del contratto per reati accertati e per decadenza dell'attestazione di qualificazione, ampliandone l'applicazione ai i delitti previsti dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale, dagli articoli 314, comma 1, 316, 316-bis, 317, 318, 319, 319-ter e 320 del Codice penale. Forse questa lista dovrà essere rivista a seguito delle modifiche apportate dal provvedimento in esame al codice penale nei successivi articoli del presente provvedimento.

L'articolo 9 reca disposizioni in materia di danno all'immagine della pubblica amministrazione, mediante modifica dell'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, che disciplina il giudizio di responsabilità amministrativa. In particolare, il comma 1 prevede due nuovi commi 1-sexies e 1-septies all'articolo 1 della legge 20 del 1994.

Con il primo, è introdotta una presunzione relativa sulla quantificazione del danno all'immagine della Pubblica amministrazione. Si dispone, infatti, qualora sia stato commesso un reato contro la pubblica amministrazione accertato con sentenza passata in giudicato, che l'entità del danno all'immagine dell'amministrazione derivante da tale reato si presume, salvo prova contraria, pari al doppio della somma di denaro del valore di altra utilità che sia stata indebitamente percepita dal dipendente.

Con la seconda modificazione, che introduce il comma 1-septies dell'articolo 1 legge 20 del 1994, si prevede che nei giudizi di responsabilità amministrativa per il danno all'immagine - nell'ipotesi di fondato timore di attenuazione (anziché di probabile attenuazione, come previsto nel testo Senato) della garanzia patrimoniale del credito erariale - su richiesta del procuratore regionale, sia sempre concesso dal presidente della sezione della Corte dei conti competente sul merito del giudizio, il sequestro conservativo di beni mobili e immobili del convenuto, comprese somme e cose allo stesso dovute. Il provvedimento cautelare è assunto con decreto motivato che il giudice, può - con ordinanza - confermare, modificare o revocare alla successiva udienza di comparizione. Contro l'ordinanza è ammesso reclamo ai sensi dell'articolo 669-terdecies del codice di procedura civile davanti alla sezione giurisdizionale della Corte dei conti.

L'articolo 12, introdotto dalle Commissioni, prevede che il servizio in posizione di fuori ruolo, o in un'altra analoga posizione, svolto dai magistrati ordinari, amministrativi e contabili e dagli avvocati e procuratori dello Stato, previsto dagli ordinamenti di appartenenza, non può essere prestato per più di cinque anni consecutivi. Viene posto il limite massimo dei dieci anni complessivi. Si stabilisce che il soggetto ricollocato in ruolo non può essere nuovamente collocato fuori ruolo se non ha esercitato continuativamente ed effettivamente le proprie funzioni per almeno cinque anni. In merito al trattamento economico si stabilisce che il personale collocato fuori ruolo mantiene esclusivamente il trattamento economico fondamentale dell'amministrazione di appartenenza, compresa l'indennità, e i relativi oneri rimangono a carico della stessa. Si tratta di una disposizione che è stata a lungo all'esame delle Commissioni per le diverse implicazioni anche di natura organizzatoria che determina. Proprio per tali questioni il Governo ed il relatore per la I Commissione avevano espresso parere contrario sull'articolo aggiuntivo presentato dall'onorevole Giachetti, che introduceva nel testo la disposizione in esame. Anzi, dopo alcuni mesi che già si era avviato l'esame dell'articolo aggiuntivo, il relatore per la I Commissione, riprendendo un subemendamento presentato fuori il termine massimo, ha presentato un articolo aggiuntivo sulla medesima materia volto a disciplinare una serie di questioni che necessitano di essere risolte, ma che non erano trattate dall'articolo aggiuntivo dell'onorevole Giachetti. All'articolo aggiuntivo del relatore sono stati presentati subemendamenti da tutti i gruppi, almeno su uno dei quali il Governo aveva preannunciato parere favorevole così come lo aveva fatto per l'articolo aggiuntivo del relatore. Tuttavia, non si è arrivati ad esaminare questo articolo aggiuntivo, essendo stato precluso dall'approvazione dell'articolo aggiuntivo Giachetti.

Gli articoli da 13 a 19 sono stati introdotti dalle Commissioni a seguito dell'approvazione di un emendamento presentato dal Ministro Severino volto a sostituire l'articolo 9 del testo trasmesso dal Senato, che interveniva in maniera del tutto insufficiente su una materia, quale quella dei reati contro la pubblica amministrazione, che invece, considerata la drammaticità del fenomeno corruttivo, necessita di una vera e proprio riforma radicale. Per quanto nel corso dell'esame presso il Senato tanto le forze politiche di maggioranza ed opposizione quanto il Governo, con allora a capo il Presidente Berlusconi, avessero rinviato all'esame della Camera la sistemazione della parte penale, quando si è avviato l'esame presso questo ramo del Parlamento si è registrato da parte delle forze di governo e del Governo stesso un atteggiamento di chiusura che avrebbe dovuto portare alla conferma di quanto approvato dal Senato. Solo il cambio di Governo, avvenuto proprio quando le commissioni stavano ad accingersi ad esaminare la parte penale del disegno di legge, ha consentito una inversione di tendenza.

Il Ministro Paola Severino, una volta insediatasi, proprio in ragione di questo nuovo spirito con cui il Governo affrontava la materia della lotta alla corruzione, ha chiesto tempo per studiare a fondo gli emendamenti presentati ed eventualmente presentarne di nuovi. Cosìè avvenuto e le Commissioni hanno approvato un emendamento del Governo risultante dalla modifica di tre subemendamenti. Altri emendamenti e subemendamenti non sono stati approvati, per quanto meritevoli di interesse, come ad esempio quelli diretti ad introdurre nell'ordinamento il reato di autoriciclaggio, spesso connesso a fatti corruttivi. La scelta di non intervenire in tale materia è stata giustificata dal Governo dal fatto che si tratterebbe di un reato la cui formulazione comporta una serie di questioni che esulano dalla materia della lotta alla corruzione, trattandosi di un reato di portata generale e connesso anche a reti diversi da quelli contro la pubblica amministrazione. Per la stessa ragione il Governo non ha accolto gli emendamenti volti ad incidere sulla disciplina generale della prescrizione del reato, per aumentare il periodo di prescrizione dei reati contro la pubblica amministrazione.

Obiettivo delle novità introdotte dagli articoli 13 e seguenti è rafforzare il contrasto penale della corruzione pubblica e privata anche in attuazione degli accordi internazionali già ratificati dall'Italia (Convenzione delle Nazioni Unite sulla corruzione) o in corso di ratifica (Convenzione penale sulla corruzione, Strasburgo 27 gennaio 1997). Il Governo inoltre ha inteso precisare anche che le modifiche all'attuale normativa recepiscono le raccomandazioni dei gruppi di lavoro dell'OCSE e del Consiglio d'Europa (GRECO), incaricati di verificare la conformità agli standards internazionali delle norme statali in materia di corruzione.

In tale contesto, secondo il Governo, si collocano la modifica della concussione e l'introduzione del reato di induzione indebita a dare o a promettere denaro o altra utilità, previste rispettivamente nelle lettere d) ed i) del comma 1 dell'articolo 13.

In Commissione questa scelta è stata oggetto di confronto, in quanto non tutti condividono lo spacchettamento delle fattispecie corruttive. Vi sono stati emendamenti volti a ricondurre ad un'unica fattispecie i reati di corruzione e concussione, facendo rimanere nell'ambito della concussione anche l'induzione. Chi, come io stessa, era di questa opinione, ha ritenuto anche eccessiva la scelta di ricondurre la concussione alla sola figura del pubblico ufficiale.

Il Governo ha mantenuto la sua posizione ricordando che nel rapporto del Gruppo di lavoro sulla corruzione internazionale dell'OCSE (Work Group Bribery - WGB), relativo al terzo ciclo di valutazione sull'Italia, è stata recentemente rinnovata la raccomandazione all'Italia di modificare l'articolo 317 del Codice penale, con riferimento ai casi di corruzione internazionale, in quanto strumento di possibile esonero dalla responsabilità del privato che effettui la promessa o la dazione indebita. Analogamente, nel Rapporto sull'Italia adottato in occasione della 54a riunione plenaria del GRECO (Strasburgo, 20-23 marzo 2012), si fa menzione del rischio di un ricorso improprio al delitto di concussione nell'ambito di indagini aventi ad oggetto rapporti illeciti tra privati e pubblici agenti, raccomandando pertanto di valutare possibili modifiche della norma penale.

L'emendamento approvato e, quindi, il testo in esame, si propongono di circoscrivere la concussione alle sole ipotesi in cui la condotta abusiva abbia determinato una costrizione in capo al privato limitando la soggettività attiva, e la conseguente punibilità, al pubblico ufficiale in quanto titolare dei poteri autoritativi da cui deriva il metus publicae potestatis.

Nella relazione di accompagnamento all'emendamento, il Governo sottolinea che a tale limitazione si accompagna la netta differenziazione delle ipotesi di costrizione e induzione. Le condotte di induzione, oggi ricadenti nell'articolo 317 del Codice penale confluiscono, infatti, in un'autonoma fattispecie di reato, rubricata «Indebita induzione a dare o promettere denaro o altra utilità» (articolo 13, comma 1, lettera i)). In questo caso, soggetti attivi del reato sono tanto il pubblico ufficiale quanto l'incaricato di pubblico servizio e la punibilitàè estesa anche al privato che, non essendo costretto ma semplicemente indotto alla promessa o dazione, mantiene un margine di scelta tale da giustificare una pena seppure in misura ridotta rispetto al pubblico agente.

Quanto al trattamento sanzionatorio, il minimo della pena detentiva per il delitto di concussione è aumentato da quattro a sei anni, fermi restando il limite massimo (dodici anni) e lo speciale regime della pena accessoria previsto dall'articolo 317-bis del codice penale. Nei casi di induzione indebita, invece, il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio è punito con la reclusione da tre a otto anni, mentre il privato con la reclusione fino a tre anni. È prevista, inoltre, l'applicazione della circostanza attenuante prevista dall'articolo 323-bis con riferimento a fatti di particolare tenuità (lettera q)).

L'articolo 13, comma 1, lettera e), estende il regime dell'interdizione dai pubblici uffici, oggi previsto in caso di condanna per peculato e concussione, ai reati di corruzione propria (articolo 319 del Codice penale) e di corruzione in atti giudiziari (articolo 319-ter).

L'articolo 13, comma 1, lettera f), riformula l'articolo 318 del Codice penale nel senso di sostituire la figura della corruzione per un atto d'ufficio, o corruzione impropria, con la corruzione per l'esercizio della funzione. Una delle tre modifiche apportate al testo del Governo dalle Commissioni attiene proprio alla descrizione della condotta, che inizialmente puniva il pubblico ufficiale che, in relazione all'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, riceve denaro od altra utilità o ne accetti la promessa. Al fine di evitare il rischio di una fattispecie indeterminata che avrebbe potuto punire anche condotte prive di una effettiva lesività dal punto di vista del diritto penale si è costruita la fattispecie sulla base di un nesso teleologico anziché funzionale: la condotta si realizza quando il pubblico ufficiale riceve denaro od altra utilità o ne accetta la promessa per l'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, anziché in relazione ad essi. Inoltre, si è specificato che la ricezione deve essere indebita. In tal modo si è voluto evitare il rischio di applicare la fattispecie a comportamenti che nella realtà concreta non devono essere ricondotti al fenomeno della corruzione.

Con la riformulazione dell'articolo 318 del Codice penale, pertanto, coesistono nel codice due forme di corruzione: quella tradizionale della corruzione propria, ancorata ad un atto contrario ai doveri d'ufficio, e quella nuova che prescinde dall'adozione o dall'omissione di atti. Quest'ultima forma è meno grave per la pubblica amministrazione e, pertanto, punita con una pena più tenue (reclusione da uno a cinque anni) rispetto a quella della corruzione propria.

A questo proposito si segnala che il testo originario dell'emendamento del Governo elevava la pena del reato di corruzione propria aumentando il minimo ed il massimo, portandoli rispettivamente a tre e sette anni, rispetto agli attuali due e cinque. Le Commissioni hanno ulteriormente innalzato la pena portandola a quattro ed otto anni.

Attraverso l'aumento delle pene anziché attraverso le modifiche della disciplina generale del codice civile - come previsto da alcuni emendamenti presentati anche da me - si è intervenuti sulla durata della prescrizione dei reati contro la pubblica amministrazione. Si ricorda, infatti, che l'aumento del massimo edittale della pena fa conseguire un allungamento dei termini massimi di prescrizione. Le lettere e) ed h) del comma 1 dell'articolo 13 aumentano le pene previste per il peculato e per la corruzione in atti giudiziari.

Una novità sicuramente rilevante è l'estensione dell'applicabilità della confisca per equivalente prevista in caso di delitti contro la pubblica amministrazione (articolo 322-ter, primo comma, codice penale) e di truffa ai danni dello Stato e delle Comunità europee (articoli 640, 640-bis e 640-quater del Codice penale). Con l'articolo 13, comma 1, lettera o) si prevede che la confisca per equivalente può ricadere su tutti i proventi criminosi; non limitandosi al prezzo del reato, secondo la normativa vigente, ma estendendosi al profitto. Ciò consentirà di applicare questa sanzione anche quando mancherà il prezzo del reato, come nei casi di condanne per peculato o per concussione. In questo modo, la norma interna è allineata al diritto dell'Unione europea che obbliga gli Stati a prevedere la confisca di valore in relazione a qualsiasi vantaggio economico da reato (articolo 2, paragrafo 1, della decisione quadro 212/2005).

Altro punto importante del testo è la lettera r), che introduce nel codice penale il reato di traffico di influenze illecite, che consente di realizzare una tutela anticipata dei beni del buon andamento e dell'imparzialità della Pubblica amministrazione, sanzionando comportamenti eventualmente prodromici all'accordo corruttivo. Si tratta, peraltro, di un reato previsto dalla Convenzione di Strasburgo sulla corruzione penale, che l'Italia si appresta a ratificare.

Viene punito con la reclusione da uno a tre anni colui che, sfruttando relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o con un incaricato di un pubblico servizio, indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale, come prezzo della propria mediazione illecita, ovvero per remunerare il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio. La stessa pena si applica a chi indebitamente dà o promette denaro o altro vantaggio patrimoniale.

La norma si colloca nel codice penale subito dopo la disposizione che punisce colui che millanta del credito. Si tratta di due condotte ben distinte per quanto la giurisprudenza abbia incluso nel millantato credito, tanto le ipotesi di vanto di un credito inesistente quanto quelle di amplificazione di un credito reale.

Proprio sul reato di traffico di influenze illecite si concentra l'ulteriore modifica apportata dalle Commissioni al testo dell'emendamento del Governo. Con il subemendamento, peraltro riformulato a seguito di richiesta del Governo, si è previsto che la condotta si esplichi nello sfruttare relazioni esistenti, anziché nell'avvalersi delle medesime. In tal modo si è resa la fattispecie maggiormente determinata, sembrando eccessivamente elastica la nozione riconducibile all'avvalersi di relazioni. Sempre con la finalità di evitare di punire condotte che concretamente non ledono beni giuridici di rilevanza penale, si è previsto che oggetto di dazione o promessa di essa non debba essere (oltre al denaro) ogni utilità quanto piuttosto ogni altro vantaggio patrimoniale. È evidente che in tal modo si è ristretto l'ambito applicativo del reato, per quanto la giurisprudenza abbia interpretato in maniera molto ampia la nozione di patrimonialità. Si è poi voluto specificare che la mediazione deve essere illecita affinché vi sia il reato. Anche in questo caso la modifica al testo del Governo è stata dettata dalla preoccupazione di alcuni gruppi parlamentari di evitare il rischio di punire condotte che in realtà non sono corruttive.

L'articolo 14 è diretto a modificare l'articolo 2635 del Codice civile, che punisce l'infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità, riferita alle infedeltà nella redazione dei documenti contabili societari., introducendo nell'ordinamento italiano il reato di corruzione tra privati. Anche in questo caso si tratta di un reato previsto dalla Convenzione di Strasburgo sulla corruzione penale, che l'Italia si appresta a ratificare.

Le modifiche incidono anzitutto sulla platea degli autori, includendo tra i soggetti attivi accanto ad amministratori, direttori generali, dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, sindaci e liquidatori, coloro che sono sottoposti alla direzione o vigilanza di questi ultimi. Il reato, punito con la reclusione da uno a tre anni, consiste nel compiere od omettere atti, in violazione degli obblighi inerenti all'ufficio o degli obblighi di fedeltà, cagionando nocumento alla società. Si prevede poi la riferibilità della dazione o promessa di denaro o altra utilità non solo ai soggetti attivi ma anche a terzi e la procedibilità d'ufficio. Quest'ultima scelta è determinata dalla constatazione che gli effetti negativi del reato non si limitano alla società ma investono l'intero mercato venendo leso, ad esempio, il bene della concorrenza, essendo questa alterata. Proprio per questa ragione potrebbe essere utile sopprimere il riferimento al nocumento prodotto alla società quale evento del reato.

L'articolo 15 inserisce l'induzione indebita a dare o promettere utilità e la corruzione tra privati tra i reati presupposto della responsabilità dell'ente ai sensi del decreto legislativo n. 231 del 2001.

Infine, gli articoli da 16 a 19 prevedono una serie di coordinamenti con le norme contenenti espliciti richiami al reato di concussione, che ora è sdoppiato in quello di induzione indebita a dare o promettere utilità, relativamente all'applicazione di pene accessorie, di ipotesi particolari di confisca, di cause ostative alla candidatura o al mantenimento di cariche elettive, alla disciplina della notifica all'amministrazione di appartenenza del decreto che dispone il giudizio emesso nei confronti di dipendenti di amministrazioni pubbliche, enti pubblici, enti a prevalente partecipazione pubblica.


 

TESTO INTEGRALE DELL'INTERVENTO DEL DEPUTATO FEDERICO PALOMBA IN SEDE DI DISCUSSIONE SULLE LINEE GENERALI DEL DISEGNO DI LEGGE N. 4434-A

 

FEDERICO PALOMBA. Il disegno di legge in titolo, detto in modo roboante «anticorruzione», si aggira dal 2010 tra i meandri del Parlamento. È stato presentato dal Governo Berlusconi nel marzo 2010 e assegnato al Senato, dal quale è uscito nel giugno del 2011 per iniziare l'iter alla Camera. Due anni e due mesi per giungere all'approvazione di un testo nato spuntato come arma contro la corruzione e non molto migliorato. Non si può dire, infatti, se il testo che giunge oggi in Aula sia buono o cattivo, in quanto è vicino ad essere inutile, indifferente ai fini della lotta alla corruzione.

Persa la credibilità dello Stato e quella che i tecnici definiscono «fiducia sistemica», c'è da domandarsi: «Se non ora quando?». Invece è il momento di agire contro soluzioni minimaliste o «patteggiate» di un fenomeno corruttivo che morde e deruba lo Stato ed i cittadini. «Se non ora quando?»: lo gridavano gli scienziati e gli umanisti uniti negli Anni '70, lo gridano ora le donne vittime di una recrudescente sopraffazione maschile, dovrebbero gridarlo tutti coloro che ritengono sia questo il momento di imprimere una brusca inversione di rotta per una rieducazione all'etica pubblica, che prescinde, di base, dal fatto che un comportamento sia o no penalmente rilevante o perseguibile, ma si lega ai concetti di responsabilità, dignità, onorabilità, opportunità di fare o non fare qualcosa. Lo stesso Presidente della Corte dei Conti ha sottolineato che «per contribuire ad accrescere la cultura dell'integrità nella p.a. e sfidare la corruzione, un ruolo fondamentale può svolgere l'etica, vale a dire la propria, intima tensione morale del funzionario pubblico al suo corretto agire». Ha proseguito ritenendo che «oggiè necessario prestare una più rilevante attenzione a questo aspetto e spendere un impegno anche personale per dare maggiore senso civico a tutto il nostro Paese e una migliore diffusione di comportamenti virtuosi, rispettosi delle norme e improntati, alla massima considerazione del bene comune.»

Siamo davanti a questo testo mentre molti continuano imperturbati a divorare la ricchezza residua della nazione, saccheggiano denaro pubblico sotto lo scudo di un'impunità garantita dalla stratificazione di leggi che nell'ultimo decennio hanno azzerato il rischio penale, garantendo la sistematica prescrizione di reati ridotti a carta straccia, impianto che funge da straordinario moltiplicatore della corruzione.

Da un punto di vista economico, una recente ricerca (P. Davigo e M. Arnone, «Arriva la crisi economica? Subito spunta la corruzione»), evidenziata da «Lavoce.info», ha messo in relazione l'interazione tra la variazione percentuale del PIL e l'emersione di vicende corruttive di una certa rilevanza, E ha confermato la tesi generale secondo cui fasi negative del ciclo economico facilitano l'emersione di fenomeni di criminalità politico-affaristica in generale e corruttiva in particolare.

Ciò non significa che la casistica dei reati di corruzione aumenti nei frangenti di crisi economica, anzi è assunto condiviso che gli illeciti tendano a essere costanti nel tempo: si può riscontrare un'improvvisa contrazione solo quando l'emersione degli scandali è tale da innalzare esponenzialmente il «costo del rischio» del mercato illegale, rendendo l'accordo corruttivo «diseconomico». Ad esempio, negli appalti banditi dopo «Tangentopoli» il prezzo pagato dagli enti pubblici è calato in media del 40-50% (dai 300-350 mld di lire per km della metropolitana di Milano si è passati a 150-250 mld.).

Come indicato dal Presidente della Corte dei Conti Giampaolino, la lotta alla corruzione, specie se viene intesa nel modo più ampio di «malamministrazione», svolge un ruolo chiave per l'economia di un Paese, in quanto consente di liberare energie vitali compresse, che possono aiutare lo sviluppo dei mercati, e favorisce situazioni di emersione delle attività economiche che giovano al sistema generale della fiscalità:«I fenomeni corruttivi vanno perseguiti con rigore perché incidono con conseguenze profondamente negative sulla Comunità, non solo in termini di lesione del principio della concorrenza, con effetti deprimenti sul sistema economico, ma anche sotto il profilo etico-sociale. L'incremento di gravi episodi di illegalità nell'ambito delle pubbliche amministrazioni può minare la credibilità delle istituzioni pubbliche nazionali e comunitarie, favorendo il consolidarsi nella società di atteggiamenti negativi di mancanza di fiducia nel corretto funzionamento dell'ordinamento democratico.»

Il provvedimento in esame, l'impianto che ne scaturisce e gli strumenti che ha inteso utilizzare non sembrano idonei a condizionare il mercato della corruzione, che altro non è che una tassa occulta sui cittadini estranei all'accordo criminale.

Dal testo non si evince con chiarezza che tipo di «sistema» intenda adottare il legislatore italiano per combattere, nel combinato disposto della prevenzione e della repressione, la corruzione e l'illegalità, pur così diffusa. Nel Regno Unito, ad esempio, è chiara la scelta in favore di un sistema di tutela marcatamente preventivo, severissimo sui controlli di tutti i fattori in gioco e sulle linee-guida di comportamento per i funzionari pubblici.

Di seguito, indichiamo alcuni dei punti intorno ai quali, secondo Italia dei Valori, si dovrebbe costruire un impianto efficace per la lotta alla corruzione.

Il nuovo testo del progetto di legge, elaborato dalle Commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia, è composto da 20 articoli.

L'articolo 1 (Autorità nazionale anticorruzione. Piano nazionale anticorruzione) individua, in ossequio alle Convenzioni internazionali in materia di lotta alla corruzione, l'Autorità nazionale competente a coordinare l'attività di contrasto della corruzione nella pubblica amministrazione nella Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche - Civit, di cui all'articolo 13 del D.Lgs. 150/2009. Si modifica così l'attuale distribuzione delle competenze in materia, con la sostituzione della Civit, nel ruolo di Autorità nazionale anticorruzione, al Dipartimento della funzione pubblica, che lo ricopre secondo la normativa vigente. Il testo elenca, poi, i compiti spettanti alla Commissione tra i quali la collaborazione con organismi stranieri paritetici e l'analisi delle cause e dei fattori della corruzione con l'individuazione degli interventi che ne possano favorire la prevenzione e il contrasto; alla stessa sono riconosciuti importanti poteri ispettivi e d'indagine (richiesta di notizie, atti e documenti alle pubbliche amministrazioni) nonché poteri di sollecitazione e sanzionatori (ordina l'adozione di atti o la rimozione di comportamenti contrastanti con le regole sulla trasparenza amministrativa). Vengono, infine, individuate le attività degli altri organi incaricati di funzioni di prevenzione e contrasto dell'illegalità, delineando una collaborazione tra la Civit, il Dipartimento della funzione pubblica e le pubbliche amministrazioni centrali (tra le quali si segnala l'introduzione, nel corso dell'esame in sede referente, della definizione dei criteri per assicurare la rotazione dei dirigenti nei settori particolarmente esposti alla corruzione).

L'articolo 2 (Trasparenza dell'attività amministrativa) dispone che la trasparenza dell'attività amministrativa - livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione - sia assicurata con la pubblicazione delle informazioni relative a: procedimenti amministrativi, anche se realizzati in deroga alle procedure ordinarie e costi unitari di realizzazione delle opere pubbliche e di produzione dei servizi erogati ai cittadini (le informazioni pubblicizzate sono trasmesse in via telematica alla Civit); risultati del monitoraggio periodico del rispetto dei tempi procedimentali. Le pubbliche amministrazioni devono rendere noto, tramite il proprio sito istituzionale, almeno un indirizzo di posta elettronica certificata cui il cittadino possa rivolgersi per trasmettere istanze e dichiarazioni e ricevere informazioni circa i provvedimenti e i procedimenti amministrativi che lo riguardano. Si prevede, altresì, che le amministrazioni possono rendere accessibili in ogni momento agli interessati, tramite strumenti di identificazione informatica, le informazioni relative ai provvedimenti e ai procedimenti amministrativi che li riguardano, ivi comprese quelle relative allo stato della procedura, ai relativi tempi e allo specifico ufficio competente in ogni singola fase.

L'articolo 3 (Trasparenza delle attribuzioni di posizioni dirigenziali) è volto a realizzare la trasparenza delle attribuzioni di posizioni dirigenziali imponendo alle pubbliche amministrazioni, in occasione dell'annuale rapporto informativo sulle tipologie di lavoro flessibile da esse utilizzate, la comunicazione di tutti i dati utili a rilevare le posizioni dirigenziali attribuite a persone, anche esterne all'amministrazione, individuate discrezionalmente dall'organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione.

L'articolo 4 (Modifica all'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165), modifica l'articolo 53 del d.lgs. 165/2001 in tema di incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi di dipendenti pubblici.

L'articolo 5 (Modifica all'articolo 54-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165), aggiunge l'articolo 54-bis al TU pubblico impiego al fine di a tutelare il pubblico dipendente che, fuori dei casi di responsabilità per calunnia o diffamazione, denuncia o riferisce condotte illecite apprese in ragione del suo rapporto di lavoro.

L'articolo 6 (Attività d'impresa particolarmente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa) individua - fino all'entrata in vigore dell'apposito regolamento ministeriale previsto dal Codice antimafia (D.Lgs n. 159/2011) - le attività d'impresa particolarmente esposte al rischio di infiltrazione mafiosa per le quali - indipendentemente dal valore del contratto - è sempre richiesta l'informazione antimafia. Il relativo elenco può essere modificato con decreto, adottato dal Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze. È obbligatorio segnalare al prefetto, ai fini dei controlli antimafia, sia l'affidamento a terzi delle attività comprese tra quelle individuate come a rischio d'infiltrazione che le variazioni degli assetti proprietari delle stesse imprese. Le citate variazioni devono essere comunicate entro 30 gg.; la violazione di tale obbligo è punito, con la sanzione amministrativa pecuniaria da 20.000 euro a 60.000 euro.

L'articolo 7 (Modifiche al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163) modifica l'articolo 135 del Codice dei contratti pubblici al fine di inserire tra le cause di risoluzione del contratto con l'appaltatore anche la sentenza definitiva di condanna nei confronti di quest'ultimo per i gravi reati di cui all'articolo 51, commi 3-bis (ad es. associazione mafiosa, sequestro di persona a scopo di estorsione, tratta di persone, riduzione in schiavitù) e 3-quater (delitti con finalità di terrorismo), per il reato di peculato, peculato mediante profitto dell'errore altrui, malversazione a danno dello Stato, concussione, corruzione per l'esercizio della funzione (v. ultra articolo 13) e per atto contrario ai doveri d'ufficio, corruzione in atti giudiziari e corruzione di incaricato di un pubblico servizio.

L'articolo 8 (Principi generali per regioni ed enti locali) contiene una clausola di adeguamento alle disposizioni degli articoli da 1 a 5 per le regioni e province autonome di Trento e Bolzano, ivi compresi gli enti regionali e le amministrazioni del Servizio sanitario nazionale, nonché per gli enti locali. È fatta salva la compatibilità con le disposizioni previste dagli statuti e dalle relative norme di attuazione in materia.

L'articolo 9 (Modifica all'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20) dispone in tema di danno all'immagine della pubblica amministrazione, inserendo due nuovi commi all'articolo 1 della legge 20/1994 che disciplina il giudizio di responsabilità amministrativa. In particolare si prevede: una presunzione fino a prova contraria relativa alla quantificazione del danno all'immagine della PA, derivante dalla commissione di un reato contro la stessa p.a. da parte del dipendente (il danno si presume essere pari al doppio del valore illecitamente percepito dal dipendente); la concessione del sequestro conservativo di beni mobili e immobili del convenuto nei giudizi di responsabilità amministrativa per il danno all'immagine in tutti i casi di fondato timore di attenuazione della garanzia del credito erariale.

L'articolo 10 (Delega al Governo per l'adozione di un testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di governo conseguente a sentenze di condanna per delitti non colposi) delega il Governo ad adottare un testo unico per disciplinare, in caso sentenze definitive di condanna per delitti non colposi: l'incandidabilità a diverse cariche elettive e di governo a livello centrale, regionale e locale e al Parlamento europeo; il divieto di ricoprire alcune cariche elettive e di governo proprie degli enti locali; le ipotesi di decadenza o sospensione dalle cariche in caso di sentenze di condanna successive all'elezione o all'assunzione della carica.

L'articolo 11 (Modifica all'articolo 59 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267) novella l'articolo 59 del TUEL (Testo unico enti locali) prevedendo la sospensione di diritto da una serie di cariche pubbliche elettive (presidente della provincia, sindaco, assessore consigliere provinciale e comunale, presidente e componente del consiglio circoscrizionale) delle persone nei cui confronti l'autorità giudiziaria ha applicato la misura coercitiva del divieto di dimora, quando quest'ultima coincida con la sede dove si svolge il mandato elettorale.

L'articolo 12 (Norme in materia di collocamento fuori ruolo dei magistrati ordinari, amministrativi, contabili, così come gli avvocati dello Stato) prevede che i magistrati (ordinari, amministrativi, contabili, così come gli avvocati dello Stato) possano rimanere fuori ruolo per non più di cinque anni consecutivi e, nel corso della carriera, per un massimo di dieci anni. Tra i due incarichi devono, tuttavia, intercorrere almeno cinque anni. Si prevede, inoltre, che non si possa determinare pregiudizio relativo al posizionamento nei ruoli di appartenenza e che il magistrato fuori ruolo mantenga, nel nuovo incarico, esclusivamente il trattamento economico fondamentale dell'amministrazione di appartenenza, compresa l'indennità.

È precisata la prevalenza della nuova disciplina su ogni normativa speciale nonché la sua applicazione agli incarichi già conferiti alla data della sua entrata in vigore.

L'articolo 13 (modifiche al codice penale) introduce numerose modifiche al codice penale. Il minimo sanzionatorio della reclusione per peculato (articolo 314 c.p.) è portato da tre a quattro anni.

È ridefinito il reato di concussione (articolo 317) che diventa riferibile al solo pubblico ufficiale (e non più anche all'incaricato di pubblico servizio) e da cui è espunta la fattispecie per induzione (v. ultra); è previsto un aumento del minimo edittale, portato da quattro a sei anni di reclusione.

È dettata una nuova formulazione dell'attuale reato di cui all'articolo 318 (Corruzione per un atto d'ufficio), ora rubricato «Corruzione per l'esercizio della funzione», sanzionato più severamente (la reclusione da uno a cinque anni, anziché da sei mesi a tre anni). Con la riformulazione dell'articolo 318 (cd. corruzione impropria) vengono ridelimitate le diverse forme di corruzione: da una parte, la corruzione propria di cui all'articolo 319, che rimane ancorata al compimento di un atto contrario ai doveri d'ufficio; dall'altra, l'indebita ricezione o accettazione della promessa di denaro o altra utilità di cui al nuovo articolo 318, che risulta adesso collegata all'esercizio delle funzioni e non al compimento di un atto dell'ufficio.

Risulta inoltre soppressa l'ipotesi più lieve per il pubblico ufficiale che riceve la retribuzione per un atto già compiuto. La disposizione si applica anche all'incaricato di pubblico servizio.

È aumentata, all'articolo 319 (che continua ad applicarsi anche all'incaricato di pubblico servizio), la pena della reclusione prevista per la corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio (da quattro a otto anni anziché da due a cinque anni), mentre all'articolo 319-ter è prevista, per la corruzione in atti giudiziari, la pena della reclusione da quattro a dieci anni (attualmente va da tre a otto anni).

Sono introdotti nel codice due nuovi delitti: «l'induzione indebita a dare o promettere utilità» (cosiddetta concussione per induzione, nuovo articolo 319-quater). La norma punisce il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che induce il privato a pagare (reclusione da tre a otto anni); il privato che dà o promette denaro o altra utilitàè punito con la reclusione fino a tre anni; il «traffico di influenze illecite» (nuovo articolo 346-bis) che punisce con la reclusione da uno a tre anni chi sfrutta le sue relazioni con il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio al fine di farsi dare o promettere denaro o altro vantaggio patrimoniale come prezzo della sua mediazione illecita ovvero per remunerare il pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio. La stessa pena si applica a chi dà o promette denaro o altro vantaggio. Sono previste aggravanti e attenuanti speciali.

È sanzionato più severamente l'abuso d'ufficio (articolo 323: è prevista la pena della reclusione da uno a quattro anni anziché da sei mesi a tre anni).

È modificato l'articolo 317-bis c.p.: l'interdizione perpetua dai pubblici uffici consegue anche alla condanna per corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio e in atti giudiziari.

Ulteriori modifiche al codice penale dettate dall'articolo 9 hanno, soprattutto, natura di coordinamento rispetto alle novelle introdotte, con particolare riferimento ai nuovi reati aggiunti. Si tratta delle disposizioni sull'incapacità di contrattare con la p.a. a seguito di condanna (articolo 32-quater c.p.), sull'estinzione del rapporto di lavoro (articolo 32-quinquies), sulla fattispecie di istigazione alla corruzione (articolo 322), sull'applicabilità agli organi dell'UE (articolo 322-bis), sulla confisca (articolo 322-ter), sulla circostanza attenuante (articolo 323-bis).

L'articolo 14 (Modifica all'articolo 2635 del codice civile) sostituisce all'attuale fattispecie di cui all'articolo 2635 del codice civile (Infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità) quella di corruzione tra privati. Sono puniti con la reclusione da uno a tre anni gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori che, compiendo od omettendo atti in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, cagionano nocumento alla società.

L'articolo 15 (Modifiche al D.Lgs n. 231/2001) coordina con le novelle introdotte nel codice penale la disciplina della responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche di cui al D.Lgs n. 231/2001.

In particolare, la citata responsabilità consegue anche per i reati: di concussione per induzione (ovvero l'induzione indebita a dare o promettere utilità) sanzionato con la sanzione pecuniaria da 300 a 800 quote; di corruzione tra privati (nella ipotesi aggravata in cui la società danneggiata sia una società quotata sui mercati regolamentati) sanzionato con la sanzione pecuniaria da 200 a 400 quote.

L'articolo 16 (Modifica alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale) novella l'articolo 133 delle norme di attuazione del c.p.p. prevedendo che anche il decreto che dispone il giudizio per il nuovo reato di cui all'articolo 319-quater c.p. (induzione indebita a dare o promettere utilità) sia comunicato alle amministrazioni o enti di appartenenza.

L'articolo 17 (Modifiche all'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306) aggiunge la condanna per il citato reato di induzione indebita a dare o promettere utilità tra quelle per cui si applica la confisca obbligatoria di beni, denaro o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza, confisca prevista dall'articolo 12-sexies del decreto-legge n. 306/1992 (L. n. 356/1992).

L'articolo 18, ( Modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267) modificando gli artt. 58-59 del TUEL, introduce la condanna definitiva per il reato di induzione indebita a dare o promettere utilità tra le cause ostative alla candidatura alle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali ovvero di impedimento a ricoprire cariche presso gli organi rappresentativi degli enti locali. Ad analoga condanna, ma non definitiva, consegue la sospensione di diritto dalle cariche rappresentative degli enti locali.

L'articolo 19 (Modifica alla legge n. 97/2001) novella l'articolo 3 della legge n. 97/2001 prevedendo, anche nei confronti del dipendente pubblico rinviato a giudizio per il reato di induzione indebita a dare o promettere utilità, il trasferimento - da parte dell'amministrazione di appartenenza - ad un ufficio diverso da quello in cui prestava servizio al momento del fatto, con attribuzione di funzioni corrispondenti, per inquadramento, mansioni e prospettive di carriera, a quelle svolte in precedenza.

L'articolo 20 reca la clausola di invarianza finanziaria.

 


 

 

 


 

 

RESOCONTO

SOMMARIO e STENOGRAFICO

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641.

 

Seduta di MERCOLedì30 maGGIo 2012

 

presidenza del vicepresidente ROCCO BUTTIGLIONE

 

La seduta comincia alle 11,10.

 

 


Seguito della discussione del disegno di legge: S. 2156 - Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione (Approvato dal Senato) (A.C. 4434-A); e delle abbinate proposte di legge: Di Pietro ed altri; Ferranti ed altri; Giovanelli ed altri; Torrisi ed altri; Garavini; Ferranti ed altri (A.C. 3380-3850-4382-4501-4516-4906).

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione; e delle abbinate proposte di legge di iniziativa dei deputati Di Pietro ed altri; Ferranti ed altri; Giovanelli ed altri; Torrisi ed altri; Garavini; Ferranti ed altri. Ha chiesto di intervenire il presidente della II Commissione (Giustizia), onorevole Bongiorno. Ne ha facoltà.

GIULIA BONGIORNO, Presidente della II Commissione. Signor Presidente, intervengo anche a nome del presidente Bruno per rappresentarle che presso le Commissioni I e II - siamo in sede, come sa, di Comitato dei diciotto relativamente al disegno di legge anticorruzione - siamo ancora in attesa del parere della V Commissione (Bilancio). Ovviamente le devo chiedere quindi un rinvio dell'inizio dei lavori. Non sono assolutamente in grado di quantificare il tempo necessario per avere questo parere, perché dipende dalla Commissione bilancio. Non so nemmeno che tipo di condizioni verranno apposte. Le chiederei mezz'ora, ma non so nemmeno se saremo in grado di rispettare questo termine. Chiederei alla signoria sua di verificare.

PRESIDENTE. Chiarissimo, presidente Bongiorno, la ringrazio anche per la «signoria sua».

ANTONIO DI PIETRO. Una volta tanto!

PRESIDENTE. L'onorevole Di Pietro è abituato a questo linguaggio.

MAURIZIO FUGATTI. Chiedi di parlare.

PRESIDENTE. Mi perdoni onorevole Fugatti, poi le darò la parola (e anche all'onorevole Giulietti). Se non ci sono obiezioni, visto la richiesta del presidente Bongiorno (minimo una mezz'ora), suggerirei di evitare di trovarci tra mezz'ora e poi dover eventualmente sospendere un'altra volta. Chiedo ai presidenti, Bongiorno e Bruno, e al presidente della Commissione bilancio di avere a disposizione al massimo un'ora in modo da poter aggiornare i nostri lavori e iniziare alle 17 ma in maniera continuata con il complesso degli emendamenti, disponendo a quel punto - mi confermi e mi conforti - di tutti i pareri espressi da parte della V Commissione e anche delle Commissioni riunite. Se poi dovesse eventualmente accadere qualcosa vedremo, ma un'ora, se non ci sono obiezioni, mi sembra il tempo congruo. Presidente Bongiorno, è d'accordo?

GIULIA BONGIORNO, Presidente della II Commissione. Sì, Presidente.

RAFFAELE VOLPI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RAFFAELE VOLPI. Signor Presidente, intervengo solo per chiedere alla presidente Bongiorno se, visto che lo spazio che viene definito ora in concordanza con l'Aula è di un'ora, intendano procedere anche all'esame dei rimanenti emendamenti che sono stati lasciati da parte in Commissione rinviandoli a domani mattina. Mentre si aspetta il parere della Commissione bilancio, credo che debba essere reso utile il lavoro delle Commissioni riunite continuando anche l'esame degli emendamenti che sono stati messi da parte.

PRESIDENTE. È evidente che è un suggerimento. Non entriamo in un dibattito sull'organizzazione dei lavori che è di competenza sia del presidente Bongiorno che del presidente Bruno. Auspichiamo che questo possa accadere, nel senso che ci permetterà di accelerare i lavori dell'Aula.

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE

 

Si riprende la discussione.

PRESIDENTE. Ricordo che nella seduta del 28 maggio 2012 si è conclusa la discussione sulle linee generali e la relatrice per la Commissione giustizia ed il rappresentante del Governo sono intervenuti in sede di replica.

(Esame degli articoli - A.C. 4434-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli articoli del disegno di legge, nel testo delle Commissioni.

Avverto che la V Commissione (Bilancio) ha espresso il prescritto parere (Vedi l'allegato A - A.C. 4434-A), che è distribuito in fotocopia, e che reca una condizione riferita all'articolo aggiuntivo del Governo 1.0600 volta a garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma della Costituzione. Al fine di recepire tale condizione, le Commissioni hanno presentato il subemendamento 0.1.0600.300, che è in distribuzione.

Le Commissioni hanno, altresì, presentato il subemendamento 0.4.600.300 che è in distribuzione.

Informo l'Assemblea che, in relazione al numero di emendamenti presentati, la Presidenza applicherà l'articolo 85-bis del Regolamento, procedendo in particolare a votazioni per principi o riassuntive, ai sensi dell'articolo 85, comma 8, ultimo periodo, ferma restando l'applicazione dell'ordinario regime delle preclusioni e delle votazioni a scalare. A tal fine, il gruppo dell'Italia dei Valori è stato invitato a segnalare gli emendamenti da porre comunque in votazione.

Avverto che l'emendamento della Commissione 4.600, sarà posto in votazione prima dell'emendamento Paolini 4.290, a pagina 20 del fascicolo.

Avverto, altresì, che l'emendamento Di Pietro 13.301, identico all'emendamento Ferranti 13.89, collocato a pagina 78 del fascicolo, deve intendersi rinumerato come 13.351.

Avverto, altresì, che all'emendamento Scilipoti 2.255, il riferimento normativo è alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e non n. 240; all'emendamento Vassallo 2.257 le parole «31 aprile» devono intendersi sostituite dalle parole «30 aprile».

Avverto, inoltre, che la Presidenza non ritiene ammissibili, ai sensi degli articoli 86, comma 1, e 89 del Regolamento, le seguenti proposte emendative, non previamente presentate in sede referente ed estranee, comunque, rispetto al contenuto del provvedimento: Mantovano 4.0255 che, novellando il decreto legislativo n. 104 del 2010, prevede che le Autorità amministrative indipendenti possano agire in giudizio contro gli atti amministrativi generali, i regolamenti ed i provvedimenti amministrativi che violino le norme poste a tutela degli interessi pubblici garantiti dalle Autorità stesse nell'ambito delle proprie competenze.

Avverto, ancora, che la Presidenza non ritiene ammissibile, ai sensi dell'articolo 89 del Regolamento, l'articolo aggiuntivo Di Pietro 13.08, già dichiarato inammissibile in sede referente e volto a prevedere, nell'ambito del codice di procedura penale, la costituzione di squadre investigative comuni in caso di indagini collegate a quelle condotte in altri Stati.

Avverto, infine, che all'emendamento del Governo 2.600, parte consequenziale, lettera b), le parole: «le informazioni sui conti» devono intendersi sostituite dalle seguenti: «le informazioni sui costi».

(Esame dell'articolo 1 - A.C. 4434-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 1 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 4434-A).

Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative l'onorevole Lehner. Ne ha facoltà.

GIANCARLO LEHNER. Signor Presidente, farò un intervento che potrà apparire un po' insolito ma voglio arrivare al dunque partendo da una vicenda storica che credo non sia a tutti nota.

Dopo il 28 settembre 1939, con l'accordo Stalin-Hitler sulla cosiddetta frontiera della pace, il territorio polacco fu diviso in tre parti: la parte orientale fu annessa all'Urss, quella occidentale al Terzo Reich, e rimase una parte centrale, una striscia, che da Varsavia arrivava a Cracovia, che fu chiamata Gubernia Generale. Il territorio della Gubernia Generale fu affidata al generale tedesco Hans Frank, il quale poi scelse come sua sede il castello Wawel, la storica sede dei re polacchi. Il generale Frank, come governatore della Gubernia generale, si rivelerà uno dei più bestiali criminali nazisti. Frank apparteneva a quella mentalità giuridica secondo la quale l'unico vero ostacolo o impedimento alla commissione di reati era la durezza della pena, la più dura possibile. Il deterrente, insomma, era l'inasprimento, oltre ogni limite, delle pene.

Infatti, nel codice penale della Gubernia, Frank inserì pene durissime per qualsiasi reato. Venne, ad esempio, prevista la pena di morte per chiunque nascondesse in casa, o ospitasse in casa, un ebreo, un maiale o un partigiano, perché per il generale Frank, partigiani ed ebrei erano assimilabili al maiale. Il «bestiale» giurista Frank pensava, con questa norma barbarica (condanna a morte per ospitare in casa esseri umani e un maiale), di avere tolto ai polacchi ogni voglia di commettere questo reato; eppure, nonostante la pena di morte e la polizia nazista, le SS, che controllavano famiglia per famiglia, molti polacchi continuarono a commettere quel reato, ospitando non solo il proprio maiale, ma ebrei e partigiani. A Gerusalemme vi è un parco, il parco dei giusti, in cui vi sono alberi che ricordano molti cittadini polacchi che non si fecero piegare dalla durezza della pena, e così, i partigiani in Polonia, anche dopo l'occupazione sovietica, continuarono a esistere fino al 1962. La resistenza polacca durò, anche nei confronti dei comunisti, fino al 1962, operando nei boschi e ospitati da altri coraggiosi cittadini polacchi. Vi ho raccontato questi accadimenti terribili, ma anche questi esempi di grande coraggio, di grande senso civico, di capacità di orgoglio e di resistenza alla violenza e alle leggi disumane.

Ciò proprio per dire che noi abbiamo per anni, a destra e a sinistra, teorizzato e ci siamo riempiti la bocca con il concetto, secondo me giusto, che ad impedire o comunque a limitare la commissione dei reati non è la durezza della pena, ma è la certezza della pena. Ne abbiamo parlato in questi anni da tutte le parti, in Commissione, sui giornali, in Aula.

La mia osservazione critica nei confronti di questo provvedimento di legge è che invece va nella direzione opposta, ossia che la corruzione si possa combattere non con la prevenzione, non con la certezza della pena, ma con delle grida manzoniane che divengono via via sempre più pesanti, sempre più dure e mi riferisco al fatto che vengono aumentati gli anni di carcere (da tre a sei anni, fino ad otto anni; siamo arrivati, mi pare, ad otto anni).

Credo che sia culturalmente, filosoficamente, giuridicamente e politicamente sbagliato questo atteggiamento mentale, anche perché - attenzione - in questo momento accade un fenomeno secondo me preoccupante: ci sono magistrati che premono sul Parlamento affinché vari non una buona legge anticorruzione, ma una durissima legge anticorruzione, il che non corrisponde affatto alla finalità di combattere la corruzione, ma - attenzione - ad un messaggio politico. Poiché non voglio fare polemiche con nessuna parte del Parlamento, non voglio cercare di analizzare qual è questo messaggio politico, ma certamente si tratta di un messaggio politico preoccupante in una temperie in cui la politica è quanto mai debole e ci sono invece altri poteri che sono eccessivamente potenti ed eccessivamente forti.

Quindi dico: se non riuscì la belva Hans Frank a convincere i polacchi con la pena di morte a non commettere quei gesti umani, ma anche allora sembravano reati, non capisco come possiamo illuderci di andare a limitare, impedire o ostacolare la corruzione, indurendo le pene e aumentando gli anni di carcere (Applausi dei deputati del gruppo Popolo e Territorio).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Ria. Ne ha facoltà.

LORENZO RIA. Signor Presidente, signor Ministro, la materia dell'anticorruzione è argomento di massima pregnanza ed urgenza nel quadro delle esigenze normative rilevate nell'ambito del settore giustizia. I fenomeni di corruzione e di illegalità nella pubblica amministrazione presentano profili di disvalore molteplici e diffusi, riverberando i loro effetti non solo nell'ambito strettamente amministrativo, ma anche e soprattutto nel settore economico, contribuendo a peggiorare il quadro già drammatico della burocrazia e dei rapporti tra cittadino e pubblica amministrazione.

Per questo motivo, il tema avrebbe meritato, nel corso della legislatura, ben altra tempistica rispetto all'iter che al momento non lascia intravedere nulla di buono circa la definitiva approvazione del provvedimento al nostro esame, pur rendendomi conto che l'approfondimento e lo studio si sono resi essenziali e imprescindibili nell'ambito dei lavori delle Commissioni I e II specie con riguardo alle modifiche relative alla parte della materia che afferisce agli illeciti penali.

Rispetto al testo approvato dal Senato, quello su cui oggi siamo chiamati a votare è stato a mio avviso migliorato e raffinato anche grazie all'intervento poderoso del Governo che ha rimodulato in prima battuta gli aspetti repressivi della proposta per poi presentare in Assemblea una serie di emendamenti rivolti anche alle disposizioni con fini preventivi.

Certamente è da accogliere con favore l'istituzione dell'Autorità nazionale anti-corruzione, che eserciterà i propri poteri attraverso un vero e proprio piano di azione generale da disciplinare in via regolamentare. Il Governo, sul punto, ha presentato un corposo emendamento all'articolo che coordina i compiti delle pubbliche amministrazioni centrali, chiamate a definire uno specifico piano di prevenzione della corruzione che fornisca una valutazione del diverso livello di esposizione al rischio corruzione degli uffici e gli interventi organizzativi volti a prevenire il medesimo rischio.

Si prevede, inoltre, l'individuazione del responsabile della prevenzione della corruzione tra i dirigenti amministrativi di ruolo di prima fascia in servizio. Ciò risponde alla necessità di poter affidare ad un soggetto il compito specifico di presidiare sulla corretta applicazione delle norme sulla prevenzione della corruzione. Questo schema, a mio avviso, è da accogliere con favore poiché affronta il problema con metodo che definirei scientifico. Ciò che si vuole ottenere attraverso una specifica modifica dell'organigramma del personale delle pubbliche amministrazione e degli enti locali mi fa pensare, in una sorta di parallelismo, al metodo utilizzato per la prevenzione dei rischi sul luogo di lavoro che, seppure con altri fini, si muove proprio sulla stessa riga facendo riferimento a due parti essenziali: la redazione di un documento sull'individuazione dei rischi e la nomina di un responsabile.

Sicuramente la proposta di legge sull'anti-corruzione si caratterizza, in un Paese come il nostro, quasi come una svolta epocale. Prima di affrontare qualsiasi problema è necessario, infatti, rendersi conto della portata e dell'estensione del fenomeno, di modo da calibrare a dovere i possibili rimedi. Non sarà facile ottenere quella che si configura come una vera e propria rivoluzione culturale prima che normativa. Ciò che effettivamente può fare la differenza dal punto di vista preventivo su un tema come quello degli illeciti contro la pubblica amministrazione è un lavoro che parta dal basso, dalle maglie più larghe della società. Auspico un percorso di legalità che coinvolga i cittadini e che parta dal momento in cui per la prima volta si confrontano con la società (penso alle scuole, ad esempio) e termini nei più impervi rapporti con la burocrazia con cui ognuno di noi, in misura più o meno rilevante, in funzione di variabili soggettive connesse prettamente alla sfera lavorativa, si trova presto o tardi a fare i conti.

A tal proposito, mi sembra d'obbligo spendere una breve considerazione in merito all'emendamento presentato dal Ministro Patroni Griffi all'articolo 5, disponendo sulla garanzia di anonimato per il pubblico dipendente che informa l'autorità giudiziaria o la Corte dei conti ovvero riferisce al proprio superiore gerarchico di condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro. Mi pare che tale misura possa essere a ragione annoverata proprio tra quelle finalizzate alla rivoluzione culturale cui accennavo poco fa.

È necessario, infatti, bilanciare la sollecitazione a collaborare da parte dei dipendenti con un sistema di tutela della loro posizione lavorativa poiché spesso è proprio il timore di poter subire delle ripercussioni discriminatorie nell'ambiente di lavoro ad alimentare l'omertà ed il silenzio sui reati gravissimi contro la pubblica amministrazione.

È, infatti, una caratteristica ontologicamente connaturata a tale tipologia di illecito quella di poter essere portata alla luce solo grazie a chi, per ragioni di contatto sul piano lavorativo, può venire a conoscenza del fatto illecito. Ricordiamo che la corruzione, ad esempio, punisce, nella maggior parte dei casi, sia il corrotto sia il corruttore. È uno dei cosiddetti reati a concorso necessario e per tale ragione difficilmente i soggetti coinvolti vengono allo scoperto.

Mi pare che il Governo abbia, dunque, segnato un ulteriore punto nella corsa al perfezionamento del testo preordinato alla sua efficacia e mi sembra doveroso ricordare che su un tema come questo e, più precisamente, su tutti gli argomenti del settore giustizia, l'atteggiamento che bisognerebbe tenere, da parte di tutte le forze politiche coinvolte, dovrebbe essere proprio e solo quello della tensione al miglioramento dei testi e all'efficienza dei percorsi normativi.

Accolgo pienamente le parole pronunciate lunedì in Aula dal Ministro Severino, con cui ci ha più volte invitato ad affrontare le questioni in maniera che possa dirsi scevra da qualsiasi spettacolarizzazione e, aggiungerei, da qualsiasi strumentalizzazione. Purtroppo, in più di un'occasione ho avuto l'impressione che sui temi della giustizia si stesse attuando una sorta di trattativa politica. Più di una volta ho temuto che si potesse decretare l'azzeramento dei lavori di Commissione a causa di prese di posizione più o meno esplicitamente personalistiche.

Mi duole rilevare che anche in questa fase stiamo assistendo a provocazioni di questo genere. Mi riferisco all'emendamento presentato dal collega Sisto, sulla concussione. È stato prontamente ribattezzato «norma Ruby» riportandoci, come in un terribile ritorno al passato, alle leggi ad personam. Penso che sia necessario sgombrare il campo da tali dinamiche, che reputo contorte e ammorbanti. Penso che non costruiscano nulla di buono, perché temi così determinanti per il Paese non possono e non devono essere terreno di trattativa politica, tanto meno se dettata da evidenti interessi personalistici.

Non vogliamo più assistere alle spettacolarizzazioni cui abbiamo ampiamente assistito in passato. Abbiamo bisogno, piuttosto, di un approccio eminentemente tecnico nella definizione dei provvedimenti di legge e politico nel senso più nobile del termine, per la definizione degli scopi dei provvedimenti stessi.

Ritornando, signor Ministro, all'impianto, come dire, preventivo del provvedimento - mi riferisco ai primi 12 articoli -, oltre ad accogliere con favore gli emendamenti presentati dal Governo credo che si debba attuare un'opera di raccordo di alcuni degli articoli con disposizioni già esistenti, che incidono sulla stessa materia. Ne richiamo uno, signor Ministro, a titolo di esempio, poiché lo reputo il più importante anche perché modifica quella che, nel testo del comma 5 dell'articolo 2, è prevista come mera facoltà in un vero e proprio obbligo per la pubblica amministrazione. Mi riferisco alla parte in cui la disposizione prevede che «le amministrazioni possono rendere accessibili in ogni momento agli interessati le informazioni relative ai provvedimenti e ai procedimenti amministrativi che li riguardano». Ebbene, tale disposizione contravverrebbe all'obbligo già disposto dalla disciplina sul diritto di accesso ai documenti amministrativi, di cui al capo V della legge generale in materia di procedimento amministrativo, appunto la legge n. 241 del 1990.

Penso quindi che sia nostro dovere porre rimedio alla discrasia che conseguirebbe all'approvazione dell'attuale articolo 2, approvandone la modifica da me proposta.

Quanto alla parte della legge che affronta l'aspetto repressivo, mi soffermo sugli emendamenti all'articolo 13 che, nella sua originaria formulazione, prevedeva sostanzialmente un aumento della pena edittale prevista per alcuni dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché la previsione di circostanze aggravanti specifiche. Su questo schema si è innestata dapprima l'emendamento del Governo, che avuto l'intento di adeguare la normativa penale dei reati contro la pubblica amministrazione alle linee guida contenute in accordi internazionali già ratificati dall'Italia o in corso di ratifica. Premesso un generale giudizio di favore rispetto all'azione di rafforzamento del contrasto penale della corruzione pubblica e privata, non si può, nell'ottica di una costante tensione al miglioramento delle norme, non considerare l'opportunità di analizzare ulteriormente il testo di legge al fine di rendere ancora più efficaci e concrete le regole imposte sul rispetto e la tutela del corretto andamento della pubblica amministrazione.

Ciò che preme anzitutto rilevare concerne la modifica introdotta in seno al reato di concussione, di cui all'articolo 317 del codice penale, dall'articolo 13, lettera d). Si modifica il reato nella parte riguardante i soggetti attivi, eliminando la figura dell'incaricato di pubblico servizio e lasciando unicamente quella del pubblico ufficiale. Per quanto l'esperienza giuridica indichi l'esiguità dei casi di concussione commessa dall'incaricato di pubblico servizio, ritengo che il restringimento del campo dei soggetti attivi riferito ad un reato di tale gravità non possa considerarsi in linea con lo spirito generale della riforma, che tende all'opposto a rinvigorire sia l'aspetto preventivo, sia quello repressivo del reato proprio in oggetto. Su questo punto ho proposto quindi la rimodulazione del reato di concussione per costrizione, mantenendo la punibilità dell'incaricato di pubblico servizio oltre che quella del pubblico ufficiale, adottando l'aumento del minimo della pena, come nell'emendamento del Governo, da quattro a sei anni di reclusione.

Quanto alla corruzione tra privati, di cui all'articolo 2635 del codice civile, gli emendamenti presentati si dirigono nella direzione di aumentare la forbice edittale di pena prevista e di agevolare l'accertamento processuale del fatto, sopprimendo l'inciso: «cagionando nocumento alla società». La fattispecie passerebbe dunque da reato di evento a reato cosiddetto di mera condotta, con evidenti ripercussioni positive in seno all'accertamento dello stesso dal punto di vista processuale.

Richiamo da ultimo l'emendamento a mia firma che incide sull'articolo 363 del codice penale estendendone l'applicabilità anche ai reati contro la pubblica amministrazione. Tale disposizione attualmente prevede infatti circostanze aggravanti specifiche relative ai reati contro le personalità dello Stato, che ben possono applicarsi anche ai reati contro la pubblica amministrazione, stante la necessità condivisa ed ispiratrice dell'intero provvedimento di rafforzare la repressione di questa categoria di fatti penalmente illeciti.

Alla luce di quanto esposto - e concludo - esprimo ampio consenso agli emendamenti presentati dal mio gruppo, invitando i colleghi a sostenerli con il voto favorevole.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole D'Anna. Ne ha facoltà.

VINCENZO D'ANNA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, il provvedimento che siamo qui ad esaminare pare sia stato spezzettato in due tranche: la prima che riguarda il discorso più in generale del provvedimento e quindi la parte amministrativa, salvo poi valutare nei giorni della prossima settimana la parte del penale.

Indipendentemente quindi dalla discussione di merito che certamente dovrà essere fatta sia sulla prima che sulla seconda parte, credo che quello che il collega Lehner poc'anzi ci diceva ci debba far riflettere. Vedete, vige su questo Parlamento ormai un condizionamento esasperato da parte di una certa parte della pubblica opinione, cioè di quella che sostanzialmente ha in ampio discredito sia il Parlamento che i parlamentari e credo che invece di riaffermare la bontà e la funzione in democrazia della politica, della rappresentanza e della volontà popolare nella sede istituzionale che è quella del Parlamento, attraverso il ruolo e la funzione dei parlamentari, da qualche parte ci si affanna ad inseguire delle leggi che siano da modello, che siano da scudo, che testimonino per noi una garanzia del fatto che non siamo e non intendiamo essere quello che gli altri dicono che noi siamo.

Quindi c'è una rincorsa all'esasperazione delle norme - così come Lehner prima ci ricordava - per cui il più onesto, il più bravo, il più integerrimo è colui che chiede condanne sempre più esemplari, che affastella norme che più numerose sono, più danno luogo all'inapplicabilità delle stesse - perchéè tipico dello Stato burocratico avere più funzioni, più funzionari e più norme da applicare - per cui mi sovviene la frase che Silone cita in La scuola dei dittatori, quando dice che la burocrazia è anonima e irresponsabile, sostanzialmente crea difficoltà per vendere benefici. In buona sostanza, vedo che in tutto questo coacervo di articoli ed emendamenti c'è una corsa a chi maggiormente escogita ulteriori rimedi per porre freno all'incipiente e, oserei dire, all'ontologica vocazione corruttiva della pubblica amministrazione.

Credo che stiamo sbagliando strada, non perché io debba essere considerato migliore degli altri, ma credo che ognuno di noi è quel che fa, indipendentemente da come la pensa sulla natura dello Stato e la sua funzione. Credo che uno Stato sburocratizzato, che uno Stato in cui le autorizzazioni e le concessioni sono limitate al massimo e quindi portate al minimo, sia la migliore garanzia perché i funzionari, ridotti al minimo e all'essenziale di questo Stato, non possano esercitare influenze e corruttele nei confronti di coloro che si rivolgono alla pubblica amministrazione. Noi invece ci affanniamo a curare i sintomi della malattia e a non voler fare i conti con una profonda revisione della struttura, della natura e della funzione dello Stato, tentando di recuperare a valle quello che non riusciamo ad arginare a monte, per cui nessuno si pone il problema di ampliare l'ambito delle libertà negative - come Isaiah Berlin le chiama - cioè delle libertà che sono indisponibili allo Stato e ai poteri di controllo dello Stato, perché più si aumenta la gamma delle autorizzazioni, delle concessioni, dei visti e dei timbri più si alimenta in potenza la possibilità che nella pubblica amministrazione ci sia chi fa mercimonio di questi timbri, firme, autorizzazioni e concessioni.

Quindi, invece di andare verso uno Stato più snello, in cui le libertà e i diritti dei cittadini siano indisponibili nei confronti di chi esercita la pubblica autorità - credo che questo sia uno dei compiti del liberalismo: riscattare il cittadino dal soggiacere alla pervicace opera di controllo e di indirizzo dello Stato - noi approviamo una legge per complicare e burocratizzare ulteriormente il vivere civile e la funzione e il ruolo che lo Stato svolgono nei confronti del cittadino.

Consentitemi di dire, pur in un'Aula distratta, che chi ha letto La città del sole di Campanella ricorda che l'utopia, definita impossibile, era tale perchéè impossibile ricondurre la vita degli individui all'interno di schemi e il magistrato - credo che La città del Sole di Campanella sia la Repubblica preferita di alcuni, in cui Di Pietro potrebbe certamente fare il Capo dello Stato - in quell'aureo mondo era colui che stabiliva finanche la foggia degli vestiti degli individui e stabiliva chi e come si dovesse accoppiare. Non lo dico perché sono a favore della corruzione. Sono, però, a favore di uno Stato che come minimo non possa esercitare tutta una serie di greppie, di autorizzazioni, di vincoli, che sono criminogeni di per se stessi. Allora, in questo provvedimento noi arriviamo, nella parte relativa alla concussione, addirittura ad ipotizzare il reato di traffico di influenze illecite, ad ipotizzare che, ancorché vi sia qualcuno che ha millantato qualche credito, ma, in buona sostanza, non ha esercitato alcun potere corruttivo, né ha manomesso, alterato o turbato le conclusioni di un procedimento o di un endoprocedimento amministrativo, questa persona, per il fatto di averlo millantato, sia da sottoporre ad una pena detentiva dai 2 ai 7 anni.

Delle due l'una: o qui facciamo il processo alle intenzioni e siamo alla carcerazione preventiva o vi è l'altra condizione, per cui, qualora l'ipotesi del traffico di influenze illecite abbia portato ad un illecito amministrativo, il reato non può che prevedere la pena dell'ergastolo. Infatti, se il reato non si è consumato e diamo a una persona 7 anni di carcere, se il reato si è consumato gliene dobbiamo dare almeno 30.

Allora, cari colleghi, l'invito che vi faccio non è quello di mettere una sentinella dietro ogni cittadino, ma di fare della cittadinanza il luogo in cui vi siano dei diritti indisponibili allo Stato e che lo Stato sia minimo ed autorevole. Vedete, non saranno una serie di norme astruse e pletoriche a diminuire la corruttela in Italia. Vi sarà, invece, uno Stato che è più autorevole, perché noi non abbiamo bisogno di ulteriori leggi, cari amici, noi abbiamo bisogno di buoni esempi (Applausi dei deputati del gruppo Popolo e Territorio).

PRESIDENTE. Nessun altro chiedendo di parlare sull'articolo 1 e sulle proposte emendative ad esso presentate, invito il relatore ad esprimere il parere delle Commissioni.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti Favia 1.252 e Favia 1.8.

Sull'emendamento Zaccaria 1.9 vi è una richiesta di riformulazione. La leggo.

«Al comma 2, dopo la lettera c), aggiungere le seguenti: c-bis) esprime pareri facoltativi agli organi dello Stato e a tutte le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in materia di conformità di atti e comportamenti dei funzionari pubblici alla legge, ai codici di comportamento, ai contratti, collettivi e individuali, regolanti il rapporto di lavoro pubblico; c-ter) esprime pareri facoltativi in materia di autorizzazioni, di cui all'articolo 53 del decreto legislativo, allo svolgimento di incarichi esterni da parte dei dirigenti amministrativi dello Stato e degli enti pubblici nazionali, con particolare riferimento all'applicazione del comma 16-ter, introdotto dall'articolo 4, comma 1, lettera d) della presente legge».

PRESIDENTE. Prendo atto che l'onorevole Zaccaria accetta la riformulazione. Prego, onorevole relatore.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti Favia 1.253 e Mantini 1.250. Le Commissioni, sul medesimo punto, hanno presentato un subemendamento che leggerei, anche se è riferito all'articolo 4. All'emendamento 4.600 del Governo, parte consequenziale, comma 2-bis, capoverso articolo 54, comma 1, aggiungere, in fine, le seguenti parole: «e che comunque preveda il divieto per tutti i dipendenti pubblici di chiedere o accettare, a qualsiasi titolo, compensi, regali o altre utilità in connessione con l'espletamento delle proprie funzioni o dei compiti affidati, fatti salvi i regali d'uso, purché di modico valore e nei limiti delle normali relazioni di cortesia».

Ricordo che l'emendamento Mantini 1.251 è stato ritirato.

Le Commissioni esprimono parere favorevole sull'emendamento 1.600 del Governo e formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'emendamento Favia 1.256.

Le Commissioni esprimono altresì parere favorevole sull'emendamento Favia 1.255 e sull'articolo aggiuntivo 1.0600 del Governo e raccomandando l'approvazione del subemendamento 0.1.0600.300 delle Commissioni, riferito all'articolo aggiuntivo 1.0600 del Governo.

DAVID FAVIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, se è consentito dal Regolamento, noi vorremmo far nostro il testo originario dell'emendamento Zaccaria 1.9, sottoscrivendolo.

PRESIDENTE. Onorevole Favia, aspettiamo prima i pareri del Governo.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, non vorrei poi che fosse tardiva la richiesta.

PRESIDENTE. Il Governo?

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore per la I Commissione. Se mi è possibile, vorrei specificare, sull'emendamento Mantini 1.250, i motivi. Pur comprendendo l'importanza dei contenuti della norma, la difficoltà nostra è che, vuoi l'autorità, vuoi il Governo difficilmente potrebbe emanare un codice etico per gli amministratori. È solo questo il motivo per cui noi abbiamo aderito al parere del relatore per la I Commissione, invitando il proponente a valutare l'opportunità di ritirare l'emendamento.

DAVID FAVIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, non mi sono permesso di interrompere la relatrice mentre dava i pareri, ma vorremmo fare nostro l'emendamento Zaccaria 1.9 nella formulazione originaria, per poterlo sottoporre al voto, anche nella parte relativa agli articoli 357 e 358 del codice penale.

PRESIDENTE. Onorevole Favia, si possono fare propri solo gli emendamenti ritirati e non quelli riformulati. C'è sostanzialmente un parere favorevole, con quella riformulazione. Insomma, l'emendamento Zaccaria 1.9 non è ritirato. In termini di Regolamento, non è possibile farlo proprio.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, noi lo sottoscriveremmo e, una volta sottoscritto, ne chiederemmo la votazione. Chiedo se è consentito dal Regolamento.

PRESIDENTE. No assolutamente, onorevole Favia, non è possibile.

Passiamo alla votazione dell'emendamento Favia 1.252. Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Favia 1.252, formulato dal relatore.

DAVID FAVIA. No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, interverrò su questo emendamento anche a proposito di altri, per economia, con un intervento solo.

Quest'emendamento è interamente sostitutivo dell'articolo 1 e ripristina l'autorità anticorruzione istituita dal Governo Prodi, che era denominata Alto commissario per la prevenzione ed il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito all'interno pubblica amministrazione e nel settore privato, che è stato poi soppresso. L'Alto commissario, così come lo proponiamo noi, ovvero come era originariamente sia nella forma che nella sostanza, si attaglia perfettamente a quanto espressamente indicato nella Convenzione ONU contro la corruzione. L'articolo 1 del provvedimento individua l'autorità nazionale competente a coordinare l'attività di contrasto della corruzione, come richiesto dalla Convenzione ONU contro la corruzione, nella commissione cosiddetta CiVIT, che apparentemente rispecchia le finalità indicate dalla Convenzione. In realtà, noi crediamo che la vecchia autorità sia più attinente alla Convenzione ONU, mentre la CiVIT appare sostanzialmente una dipendenza del Dipartimento della funzione pubblica. Crediamo, cioè, che il modello originario presentasse più attinenza con la Convenzione ONU e più indipendenza con le proprie regolamentazioni.

Noi crediamo che il cuore di questo articolo sia l'emendamento 1.600 del Governo e vogliamo dare atto al Ministro ed al Governo di aver compiuto uno sforzo apprezzabile, ma debole. Certamente poco è meglio di niente, però questo nuovo istituto - che è basato sostanzialmente sui piani anticorruzione delle pubbliche amministrazioni locali, piani che si basano sulla collaborazione del prefetto, ma sostanzialmente su questa figura centrale del segretario comunale - potrebbe avere una valenza, ma troviamo che la previsione che il segretario comunale, nel caso in cui nella propria amministrazione, fatto un piano, vi sia una sentenza di condanna passata in giudicato per corruzione, venga di fatto punito con una sospensione dal servizio e dallo stipendio da uno a sei mesi sia una misura estremamente debole, come è facilmente comprensibile.

Avremmo ritenuto più opportuno giungere alla decadenza, al limite, nei casi più gravi. Abbiamo poi una scriminante, se così vogliamo chiamarla, molto facilmente raggiungibile, perché basta dimostrare di avere fatto il piano e di avere in qualche modo agito affinché il piano venisse applicato. Sappiamo, in realtà, che è abbastanza semplice per il segretario comunale conoscere tutti i vari gangli della propria amministrazione, a meno che non parliamo di amministrazioni di dimensioni gigantesche, che in Italia non ci sono. Quindi, al limite, avremmo potuto limitare questa scriminante alle amministrazioni superiori ad un certo numero di abitanti. Come ripeto, lo sforzo è quindi apprezzabile, ma francamente ci sembra che la struttura che viene proposta sia estremamente debole.

Tornando al mio emendamento 1.252, riteniamo che l'organismo originario abrogato fosse ben migliore e più attinente alla Convenzione ONU di questo che viene proposto e, quindi, insistiamo per la votazione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Favia 1.252, non accettato dalle Commissioni né dal Governo, e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevole Nizzi, onorevole Bernardo, onorevole Moles, onorevole Zampa, onorevole Stradella, onorevole Garagnani, onorevole Castellani, onorevole Paladini, onorevole Porcino, onorevole Concia, onorevole Bonaiuti, onorevole Servodio, onorevole Gibiino, onorevole Gasbarra, onorevole Mastromauro...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 498

Votanti 496

Astenuti 2

Maggioranza 249

Hanno votato21

Hanno votato no 475).

Prendo atto che il deputato Ruben ha segnalato che non è riuscito a votare.

Passiamo all'emendamento Zaccaria 1.9 Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione dell'emendamento Zaccaria 1.9.

ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, noi abbiamo esaminato questo emendamento al Comitato dei Diciotto. Le dico la riformulazione proposta dai relatori: esprime pareri facoltativi, cioè, sia nella lettera c)-bis, sia nella lettera c)-ter; in entrambi i casi si fa riferimento a pareri facoltativi. Per il resto il testo rimane quello precedente ed è espunta, nella prima parte, il riferimento all'articolo 357 del codice penale, e poi la parte conseguente. Volevo chiarire che in sede di Comitato dei Diciotto, il Ministro Severino ha spiegato che questa riformulazione (con la parte che è stata espunta e che io ho accettato che fosse espunta) aveva un significato dal punto di vista amministrativo (quello su cui le idee sono forse più mature, almeno nel sottoscritto), mentre dal punto di vista penale avrebbe determinato dei problemi.

Questa è la ragione - lo dico in due battute - per la quale ho accettato questa riformulazione che rappresenta parte dell'emendamento iniziale. Per il resto non c'è altro, quindi, ovviamente, incrementa le facoltà della CIVIT e questo per me è un fatto molto positivo.

PRESIDENTE. Onorevole relatore, è questo il senso della proposta di riformulazione da lei avanzata?

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Si, signor Presidente.

PRESIDENTE. Prendo atto che anche il Governo è d'accordo. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Zaccaria 1.9, nel testo riformulato, accettato dalle Commissioni e dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevole Lussana, onorevole Mura, onorevole Paladini, onorevole Sbai, onorevole Grassano, onorevole Cesaro, onorevole Divella, onorevole Corsini...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 507

Votanti 503

Astenuti 4

Maggioranza 252

Hanno votato498

Hanno votato no 5).

Prendo atto che il deputato Ruben ha segnalato che non è riuscito a votare.

Passiamo all'emendamento Favia 1.253. Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro dell'emendamento Favia 1.253, formulato dal relatore. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Favia 1.253, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevole Mura, onorevole Ruben...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 510

Votanti 507

Astenuti 3

Maggioranza 254

Hanno votato32

Hanno votato no 475).

Passiamo all'emendamento Mantini 1.250.

Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Mantini 1.250 formulato dai relatori.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, abbiamo a lungo meditato su questa formula, però abbiamo il dovere di informare veramente in breve l'Aula, perché stiamo parlando di un divieto da porre come principio per un codice etico di comportamento, che vuole che gli amministratori e i dipendenti pubblici non possano prendere regali ingenti, di qualunque natura, superiori al modico uso o regalo di cortesia, da persone che hanno affari o attività strettamente inerenti alle funzioni amministrative esercitate. Può sembrare un principio quasi scontato, ma scontato non è, e qualche fatto di cronaca ci dice che, in realtà, queste condotte ci sono. Ho visto pure che qualche agenzia parla di cozze pelose, di vacanze ai Caraibi. Non c'interessa. Il punto è che il Governo ha sollevato, e anche i relatori, delle perplessità, affermando che ciò si può fare per i dipendenti pubblici, ma non per gli amministratori.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI (ore 18,25)

PIERLUIGI MANTINI. Francamente noi dell'Unione di Centro per il Terzo Polo, che abbiamo sottoscritto questo emendamento, abbiamo un'opinione diversa. Il divieto in questione si può estendere anche agli amministratori pubblici elettivi, cioè gli assessori, i sindaci e i presidenti, che sono amministratori pubblici e che possono, anche loro, avere dei principi deontologici di comportamento. Tuttavia, siccome il Governo ha mostrato la disponibilità ad accogliere uno stringente ordine del giorno che estenda questo principio, non solo ai dipendenti pubblici, ma anche agli amministratori pubblici, riteniamo di aderire a questa soluzione - naturalmente con l'impegno del Governo che poniamo un po' come condizione, seppur rispettosamente - di un accoglimento del suddetto ordine del giorno volto ad estendere un principio, che è un principio di sobrietà della politica, anche agli amministratori pubblici.

PRESIDENTE. Prendo atto, quindi, che i presentatori dell'emendamento Mantini 1.250 lo ritirano.

Prendo, altresì, atto che il presentatore dell'emendamento Mantini 1.251 lo ritira.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.600 del Governo.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 1.600 del Governo, accettato dalle Commissioni.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Zeller, D'Incecco, Sbai...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 506

Votanti 500

Astenuti 6

Maggioranza 251

Hanno votato498

Hanno votato no 2).

Prendo atto che il deputato Di Biagio ha segnalato che non è riuscito a votare.

Passiamo all'emendamento Favia 1.256.

Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Favia 1.256 non accedono all'invito al ritiro formulato dai relatori.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Favia 1.256, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Scilipoti, Sardelli, Toto, Di Pietro...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 507

Votanti 505

Astenuti 2

Maggioranza 253

Hanno votato69

Hanno votato no 436).

Prendo atto che il deputato Di Biagio ha segnalato che non è riuscito a votare.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Favia 1.255, accettato dalle Commissioni e dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevole Della Vedova... onorevole Lehner... onorevole Laboccetta... onorevole Moles... onorevole Cesareo...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 509

Votanti 503

Astenuti 6

Maggioranza 252

Hanno votato497

Hanno votato no 6).

Prendo atto che il deputato Di Biagio ha segnalato che non è riuscito a votare.

Passiamo alla votazione dell'articolo 1.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Zaccaria. Ne ha facoltà per tre minuti.

ROBERTO ZACCARIA. Signor Presidente, molto rapidamente, questo articolo 1 non è soltanto la premessa, ma anche l'architrave di questo provvedimento dal punto di vista organizzativo e istituzionale. Bisogna ricordare che l'articolo 6 della Convenzione delle Nazione Unite contro la corruzione, adottata nel lontano 2003 e poi ratificata nel 2009, e un'altra serie di principi normativi contenuti negli articoli 20 e 21 della Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999, richiedono agli Stati l'individuazione di autorità nazionali anticorruzione. Questo adempimento non era stato realizzato dal nostro Paese. Invece con il provvedimento in esame, questa autorità oggi è riconosciuta: è un'autorità che già opera, già esiste, ed è la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche.

Questa autorità, più sinteticamente chiamata Civit, sostanzialmente svolge una serie di funzioni importanti, collabora con gli organismi stranieri, approva - e questo è l'elemento fulcro di questa materia - il piano nazionale anticorruzione, esercita la vigilanza e il controllo sull'effettiva applicazione e l'efficacia delle misure adottate e riferisce, come normalmente fanno le autorità, al Parlamento alla fine di ogni anno. Con l'emendamento 1.9 a mia prima firma, che abbiamo appena approvato, e sul quale il Governo ha espresso parere favorevole, si aggiungono funzioni ulteriori a tale autorità, che sono un po' ricalcate su modelli stranieri, in particolare sul modello anglosassone del comitato che vigila sugli standard di comportamento nella vita pubblica. In quel Paese essi sono anche applicati ai comportamenti dei soggetti politici. Questi standard, che sono contenuti nelle nostre normative, richiedono un adempimento da parte dei funzionari pubblici, e la Civit, quindi, sia pure non ordinariamente ma facoltativamente, può intervenire in merito. La Civit si somma al Dipartimento per la funzione pubblica, che viene potenziato dall'emendamento del Governo. L'insieme, la struttura così costruita, con l'emendamento del Governo e con la base di partenza che nasceva dalle nostre proposte, costituisce l'architrave della legge che stiamo approvando.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 1, nel testo emendato.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevole Lussana... onorevole Leone... onorevole Stefani...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 507

Votanti 504

Astenuti 3

Maggioranza 253

Hanno votato502

Hanno votato no 2).

Prendo atto che il deputato Di Biagio ha segnalato che non è riuscito a votare.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento delle Commissioni 0.1.0600.300, accettato dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevole Sardelli? Onorevole Mura? Onorevole Mondello? Onorevole Pili? Onorevole Leone? Onorevole Cambursano?

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 503

Votanti 498

Astenuti 5

Maggioranza 250

Hanno votato497

Hanno votato no 1).

Prendo atto che il deputato Di Biagio ha segnalato che non è riuscito a votare.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo del Governo 1.0600, accettato dalle Commissioni.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevole Scilipoti? Onorevole Garagnani? Onorevole Volpi?

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 508

Votanti 505

Astenuti 3

Maggioranza 253

Hanno votato504

Hanno votato no 1).

Prendo atto che il deputato Di Biagio ha segnalato che non è riuscito a votare

(omissis)

Si riprende la discussione (ore 18,35).

 

(Esame dell'articolo 2 - A.C. 4434-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 4434-A).

Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative l'onorevole Orsini. Ne ha facoltà.

ANDREA ORSINI. Signor Presidente, signor Ministro e onorevoli colleghi, ho chiesto la parola sull'articolo 2, perché credo sia una buona occasione per sottolineare, proprio anche alla luce degli emendamenti presentati, e in particolare dell'ampio emendamento presentato dal Governo, che evidenzia un importante, ed io credo politicamente ed anche moralmente significativa continuità nella battaglia per la trasparenza, che è una continuità istituzionale e, io credo, di grande valore, al di là delle diverse formule politiche o tecnico-politiche. Ricordo che fu la riforma Brunetta a fare della trasparenza un livello essenziale delle prestazioni della pubblica amministrazione, come definite dall'articolo 117 della Costituzione, e da lì prese il via una serie di scelte sulla strada della trasparenza, di cui questo provvedimento è in qualche modo il punto d'arrivo. Certo, colleghi, siamo tutti - io credo - consapevoli del fatto che la trasparenza, come l'onestà, non si impongono per legge. La trasparenza, come l'onestà, sono parte di un codice etico e di un codice morale che riguarda le persone. Ma sappiamo anche che delle buone leggi servono a prosciugare quello stagno di acque torbide, e appunto poco trasparenti, nelle quali, a causa della mancanza di trasparenza, si annidano i margini per la disonestà. Ma non è neppure, colleghi, soltanto una questione di carattere morale: se anche fosse solo una questione di carattere morale, ciò sarebbe più che sufficiente per affrontare tale problema con grande determinazione e con grande impegno. Ma è anche, colleghi, una questione di carattere economico. Se - e ce lo dicono tutti i rapporti, ce lo dicono tutti gli studi, ce lo dicono tutte le inchieste - gli investimenti stranieri esitano a venire in Italia, è per tanti motivi.

Tra questi tanti motivi, l'incertezza dei tempi, l'incertezza delle procedure, l'incertezza delle risposte della pubblica amministrazione e il malcostume che in questa si insidia sono una delle cause principali e più gravi. Allo stesso modo sappiamo, anche, che è un grande costo in sé, per la collettività, per il complesso della spesa pubblica, l'impossibilità di avere tempi certi; il tempo è un costo nell'attività dello Stato e nell'attività pubblica. Quindi, ben venga l'emendamento del Governo che delega al Governo stesso il riordino complessivo di questa materia secondo criteri da un lato più organici e dall'altro più stringenti.

Questo è un grande passo avanti per un rapporto meno conflittuale e più aperto e, quindi, un rapporto, in definitiva, più liberale fra lo Stato e i cittadini. Se il rapporto fra i cittadini e lo Stato è spesso così difficile, se i cittadini in Italia, purtroppo, non amano lo Stato, non amano la burocrazia, non amano le istituzioni, spesso, le colpe di ciò vengono date alla politica e la politica ha il dovere di dare una risposta, non con vani esercizi retorici ma con atti concreti che rendano la pubblica amministrazione veramente più trasparente e veramente più al servizio del cittadino. Questo significa, innanzitutto, nello spirito di questa legge, prevenire la corruzione; la corruzione non si combatte, la corruzione si previene; solo laddove non si sia riusciti a prevenirla si può provare a combatterla, ma sarà tutto molto meno efficace. Allora io credo che dobbiamo dire grazie, e mi avvio a concludere, al Ministro Alfano che, a suo tempo, ha varato ed ha creato questo pacchetto di provvedimenti di grande importanza, meritatamente continuati poi, a suo tempo, dal Ministro Nitto Palma e oggi dai ministri Severino e Patroni Griffi che abbiamo il dovere di ringraziare per aver portato a compimento questo provvedimento.

Ci sarebbero molte altre cose da dire, ma il tempo non me lo consente; aggiungo soltanto che, negli emendamenti di molti colleghi, vedo la volontà di inserire ulteriori elementi e altre procedure orientate alla trasparenza ma, spesso, il meglio è nemico del bene e, forse, in questo caso, il meglio rischia di essere ancora più nemico del bene perché ciò che rende le procedure più lente e più complesse, anche se a fin di bene, non aiuta la trasparenza ma la rende più difficile.

PRESIDENTE. Nessuno altro chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere delle Commissioni.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, le Commissioni esprimono parere favorevole sul subemendamento Vassallo 0.2.600.1.

Ricordo che, a pagina 8 del fascicolo degli emendamenti, nell'emendamento 2.600 del Governo, al comma 1, lettera b) c'è un refuso e quindi le parole: «le informazioni sui conti» devono essere lette come: «le informazioni sui costi». Le Commissioni raccomandano l'approvazione di questo emendamento.

Le Commissioni esprimono parere contrario sugli emendamenti Ria 2.250, Mariani 2.17, Mariani 2.80 e Barbaro 2.2.Il parere è invece favorevole sull'emendamento Mariani 2.19.

Le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'emendamento Scilipoti 2.254 ed esprimono parere favorevole sull'emendamento Mariani 2.281 a condizione che sia accolta la seguente riformulazione: dopo il comma 2, aggiungere il seguente 2-bis: «Ai magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, agli avvocati e procuratori dello Stato e ai componenti delle commissioni tributarie è vietata, pena la decadenza dagli incarichi e la nullità degli atti compiuti, la partecipazione a collegi arbitrali o l'assunzione di incarico di arbitro unico».

PRESIDENTE. Onorevole Santelli, viene espunta anche la lettera b), oppure la lettera b) rimane?

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. No, va via, rimane solo il comma 2-bis.

PRESIDENTE. Mi scusi, rimane solo la lettera a) e non più la lettera b), giusto? Allora rimane solo fino alle parole: «arbitro unico» e tutto il resto viene eliminato. Sta bene.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Le Commissioni invitano al ritiro altrimenti il parere è contrario sull'emendamento Scilipoti 2.255 mentre invitano i presentatori al ritiro, altrimenti il parere è contrario, dell'emendamento Barbaro 2.256.

Le Commissioni esprimono parere favorevole sull'emendamento Ria 2.251, mentre invitano al ritiro, altrimenti il parere è contrario, degli identici emendamenti Favia 2.7 e Ferranti 2.20, nonché degli emendamenti Ria 2.252 e 2.253,.

Signor Presidente, le Commissioni chiedono l'accantonamento dell'emendamento Vassallo 2.257, perché stiamo facendo un approfondimento legislativo.

Inoltre, le Commissioni invitano al ritiro degli articoli aggiuntivi Abrignani 2.0260, degli identici articoli aggiuntivi Pisicchio 2.0251 e Cimadoro 2.0270, e degli articoli aggiuntivi Barbaro 2.01 e Ferranti 2.010, altrimenti il parere è contrario.

Le Commissioni esprimono parere favorevole sull'articolo aggiuntivo Mantovano 2.0250, mentre esprimono parere favorevole sull'articolo aggiuntivo Mantovano 2.0280 a condizione che sia accolta la seguente riformulazione: Dopo l'articolo 2 aggiungere il seguente: Art. 2-bis. All'articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, comma 1, è aggiunto, infine, il seguente periodo: «1. Se ravvisano la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza della domanda, le pubbliche amministrazioni svolgono il procedimento con istruttoria celere e lo concludono con un provvedimento espresso redatto in forma semplificata, la cui motivazione può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo.»

Infine, Le Commissioni invitano al ritiro, altrimenti il parere è contrario, dell'articolo aggiuntivo Mantovano 2.0252.

PRESIDENTE. Il Governo?

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Sta bene.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Vassallo 0.2.600.1, accettato dalle Commissioni e dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Santori, Binetti, Frassinetti, Sardelli, Cesaro, Paladini, Lussana, Rao.

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 501

Votanti 498

Astenuti 3

Maggioranza 250

Hanno votato496

Hanno votato no 2).

Prendo atto che il deputato Sarubbi ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.600 del Governo, nel testo corretto come subemendato, accettato dalle Commissioni.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Lussana, Sardelli, Cesario, Della Vedova..

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 507

Votanti 504

Astenuti 3

Maggioranza 253

Hanno votato503

Hanno votato no 1).

Prendo atto che i presentatori degli emendamenti Ria 2.250 e Mariani 2.17 li ritirano.

Passiamo all'emendamento Mariani 2.280.

DORIS LO MORO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DORIS LO MORO. Signor Presidente, ritiriamo il nostro emendamento, però volevamo segnalare l'importanza che davamo all'emendamento, che è un po' collegato ad un altro che, comunque, è stato accolto. Il tema è quello degli arbitrati: riteniamo che le pubbliche amministrazioni dovrebbero evitarli. Vedremo, poi, durante l'esame del prossimo articolo, che quanto meno abbiamo evitato la partecipazione di un certo tipo di soggetti.

PRESIDENTE. Sta bene. Dovremmo passare all'emendamento Barbaro 2.2.

ANTONIO DI PIETRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, noi effettivamente riteniamo estremamente interessante ed importante la proposta della collega e ci apprestavamo a votare favorevolmente. Non vorrei rubare molto tempo per spiegarlo, anzi non credo neanche di far perdere molto tempo all'Aula. Tenete presente che stiamo parlando di divieti di ricorrere ad arbitrati nelle controversie relative a concessioni di appalti, servizi e forniture da parte di una particolare categoria di soggetti, soprattutto per quanto riguarda le società a partecipazione pubblica.

È una vexata quaestio molto delicata che si sposa anche con la questione riguardante gli arbitrati molto spesso fatti dai magistrati, altra questione che affronteremo in un altro emendamento. Pertanto, chiedo - e invito a riflettere su questa questione - se davvero valga la pena di rinunciarci. Lo dico al Governo, perché il rappresentante del Governo che ci ascolta ha scritto dei grandi trattati su questo argomento, convincendo anche me. Si autoconvinca ancora di quello che ha scritto, la prego.

PRESIDENTE. Quindi, onorevole Di Pietro - poi dovrò chiedere conferma all'onorevole Evangelisti o all'onorevole Borghesi - lo fate vostro?

ANTONIO DI PIETRO. Sì, signor Presidente, a nome mio.

PRESIDENTE. L'onorevole Borghesi mi conferma?

ANTONIO BORGHESI. Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. Non era per mettere in discussione l'autorevolezza dell'onorevole Di Pietro, ma sono i responsabili d'Aula che devono farlo. Quindi dovremmo ora votare l'emendamento Mariani 2.280, fatto proprio dal gruppo dell'Italia dei Valori.

ERMETE REALACCI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMETE REALACCI. Signor Presidente, intendo sottoscrivere l'emendamento, condividendone totalmente il contenuto.

LINDA LANZILLOTTA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LINDA LANZILLOTTA. Signor Presidente, anche io vorrei sottoscrivere lo stesso emendamento.

PRESIDENTE. Chiunque voglia sottoscrivere l'emendamento può rivolgersi agli uffici.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, volevo chiedere, nel caso in cui passasse questo emendamento, se gli emendamenti successivi, che riprendono parti delle questioni che sono trattate nell'emendamento Mariani 2.280, vengono meno, oppure possono essere ugualmente votati. Questa è una questione non indifferente.

PRESIDENTE. Il Relatore? Onorevole Santelli, c'è una domanda - credo anche opportuna per i lavori dell'Assemblea - da parte dell'onorevole Quartini: nel caso (poi ha chiesto di intervenire anche il Governo) fosse approvato l'emendamento Mariani 2.280, gli emendamenti successivi vengono preclusi nel voto, ne viene messa in discussione l'approvazione, oppure no? Prendo atto che è indipendente, cioè vive per conto proprio. Credo sia chiara la risposta del relatore.

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Signor Presidente, intervengo solo per chiarire che stiamo discutendo della nullità di clausole compromissorie. In altri termini, per risolvere controversie tra imprese private e pubbliche amministrazioni non sarà più possibile ricorrere a... Mi si dice di no? Mi sembra di sì. Non sarà più possibile ricorrere all'arbitrato.

ANTONIO DI PIETRO. Società a partecipazione pubblica!

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Allora, il problema quindi riguarda la nullità integrale delle clausole compromissorie per come io capisco l'emendamento e, se sbaglio, me ne scuso. Volevo sottoporre alla loro attenzione che raccomandazioni dell'Unione europea tendono a favorire il ricorso a rimedi alternativi alla giurisdizione e che imprese private che lavorano con soggetti pubblici possono avere interesse a queste formule di rimedi alternativi alla giurisdizione. Solo questo volevo sottoporre alla loro attenzione. Si arriverebbe, cioè, a vietare la possibilità per le imprese private di ricorrere a rimedi alternativi alla giurisdizione.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, alla luce delle considerazioni svolte dal Ministro volevo chiedere al relatore e al presidente della Commissione, visto che tanto abbiamo già accantonato un emendamento all'articolo 2 che non ci consentirà di votare l'articolo perché c'è l'accantonamento, se fosse possibile accantonare anche questo per verificare come le dichiarazioni del Ministro incidano effettivamente rispetto all'emendamento.

PRESIDENTE. Onorevole Santelli?

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, va bene.

PRESIDENTE. Quindi, l'emendamento Mariani 2.280 risulta accantonato, anche perché abbiamo verificato che l'accantonamento non incide sull'eventuale approvazione degli emendamenti successivi e, pertanto, possiamo proseguire in ogni caso.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Barbaro 2.2, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevole Lussana... Onorevole Giacomoni... Onorevole Gregorio Fontana... Onorevole Repetti... Onorevole Renato Farina... Onorevole Raisi...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 495

Votanti 493

Astenuti 2

Maggioranza 247

Hanno votato21

Hanno votato no 472).

Prendo atto che il deputato Corsaro ha segnalato che non è riuscito a votare e che la deputata Samperi ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mariani 2.19, accettato dalle Commissioni e dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevole Cicchitto... Onorevole Razzi... Onorevole Lussana... Onorevole Vaccaro...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 492

Votanti 451

Astenuti 41

Maggioranza 226

Hanno votato440

Hanno votato no 11).

Prendo atto che il deputato Tullo ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole e che la deputata Pedoto ha segnalato di aver espresso voto contrario mentre avrebbe voluto esprimere voto favorevole.

Passiamo all'emendamento Scilipoti 2.254.

Prendo atto che l'onorevole Scilipoti insiste per la votazione del suo emendamento 2.254, sul quale il relatore aveva formulato un invito al ritiro.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Scilipoti 2.254, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevole Anna Teresa Formisano Onorevole Mariarosaria Rossi Onorevole Tanoni... Onorevole Fugatti Onorevole Polledri Onorevole Simeoni Onorevole Letta. Onorevole Pes.

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 502

Votanti 463

Astenuti 39

Maggioranza 232

Hanno votato20

Hanno votato no 443).

Chiedo ai presentatori se accettano la riformulazione proposta dal relatore dell'emendamento Mariani 2.281.

DORIS LO MORO. Signor Presidente, ho sottoscritto tutti gli emendamenti dell'onorevole Mariani, che oggi non è presente. Accettiamo la riformulazione anche perché sono state eliminate alcune parti in quanto già previste dalla normativa vigente. Solo per questo abbiamo accettato di buon grado la riformulazione.

DONATELLA FERRANTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, vorrei aggiungere la mia firma.

ANTONIO DI PIETRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, voglio intervenire per porre una questione d'ordine che non capisco. Se ho capito bene, la lettera d) è stata soppressa. Anche in questo caso si è verificato quanto accaduto con l'emendamento Zaccaria 1.9, vale a dire che noi non possiamo chiedere che venga reinserita?

PRESIDENTE. No, onorevole Di Pietro. Questo è un tema di competenza della Presidenza. Si tratta di un problema regolamentare.

Lei lo poteva far proprio, come ha fatto prima, se l'onorevole Mariani o l'onorevole Lo Moro avessero ritirato l'emendamento. In quel caso un gruppo può farlo proprio. In questo caso, invece, l'emendamento permane. Il presentatore ha accettato la riformulazione proposta dalla Commissione e dal Governo e, quindi, si deve, per forza di cose, votare l'emendamento così come riformulato perché, appunto, la riformulazione è stata accettata. Lei può votare a favore o contro.

ANTONIO DI PIETRO. Posso intervenire sull'emendamento, allora?

PRESIDENTE. Assolutamente sì e può dire se è d'accordo o no.

Dunque, ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Pietro. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, l'intero emendamento Mariani 2.281 pone una questione di fondo che dovrebbe essere vista insieme - e mi auguro che sia così - allorché la Commissione ha chiesto di accantonare anche l'emendamento Mariani 2.280, volto ad introdurre il comma 2-bis.

La questione di cui stiamo discutendo è delicatissima e riguarda, da una parte, la possibilità o meno che quando nasce una controversia, di cui è parte la pubblica amministrazione, questa si possa risolvere al di fuori di un normale procedimento giudiziario con arbitrati. Dall'altra parte - e con quest'altro emendamento si chiude il cerchio - si pone, una volta per tutte, termine al ricorso da parte di enti pubblici, dello Stato e di tutti coloro che fanno gare, a magistrati di qualsiasi ordine - ordinari, amministrativi, contabili, avvocati dello Stato e quant'altro - vietando loro di partecipare a collegi arbitrali o alle commissioni di gare di aggiudicazioni.

Credo che sia molto importante stabilire, una volta per tutte, che il magistrato deve fare il magistrato e lo deve fare nelle aule dei tribunali e non al di fuori delle stesse, in arbitrati tra privati e in cui una delle parti è, addirittura, la pubblica amministrazione. Vi è un luogo deputato, che è il tribunale, e un organo deputato, che è la magistratura ordinaria. Questa idea, cioè, che addirittura quando è parte la pubblica amministrazione o, comunque sia, che si debbano utilizzare i magistrati al di fuori delle proprie funzioni potrà essere valida per i medici, che svolgono attività intramoenia. Ma i magistrati che svolgono attività intramoenia a me sembra un cosa che non ha né capo né coda!

Dunque, si tratta di un emendamento molto importante perché stabilisce, una volta per tutte, che non si può partecipare, da parte di qualsiasi organo giurisdizionale, a commissioni di gara di aggiudicazione o, comunque, ad attività inerenti alla scelta del contraente. Questo perché? Perché se fai l'arbitro non puoi fare il giocatore!

Avrei scelto anche la possibilità che non si faccia parte di collegi arbitrali. Insomma, a me sembra limitativo quel che è stato disposto adesso e che la Commissione ha richiesto e, cioè, di eliminare il punto b). Perché mai il magistrato dovrebbe partecipare a commissioni di gara di aggiudicazione o, comunque, di attività inerenti a procedure per la scelta del contraente (Commenti del deputato Giovanelli)? Perché, allora, lo avete inserito qui?

Invece, sono estremamente favorevole al fatto che, una volta per tutte, il magistrato sia escluso completamente dai collegi arbitrali. Per questa ragione chiedo di apporre la mia firma all'emendamento Mariani 2.281 e chiedo al mio gruppo di votare a favore.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, intervengo solo per dare una giustificazione all'Assemblea. L'emendamento Mariani 2.281 è stato riformulato perché eravamo tutti concordi su questi principi. Tuttavia, alcuni di questi sono già previsti dalla legge.

PRESIDENTE. Sì, onorevole Santelli. Credo che l'onorevole Lo Moro lo abbia già detto prima in maniera molto chiara, accettando la riformulazione.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lanzillotta. Ne ha facoltà.

LINDA LANZILLOTTA. Signor Presidente, questo emendamento ha contenuto identico al mio emendamento 12.5, che ho formulato in quel punto perché l'articolo 12 riguarda le incompatibilità dei magistrati, i fuori ruolo e gli incarichi.

Quindi, o si rinvia l'argomento all'articolo 12 o chiederei che i due emendamenti fossero esaminati congiuntamente.

PRESIDENTE. L'onorevole Lanzillotta si riferisce all'emendamento 12.5 da lei sottoscritto.

L'osservazione dell'onorevole Lanzillotta è pertinente. Possiamo quindi votare congiuntamente i due emendamenti a condizione che la Commissione esprima esattamente lo stesso parere sull'emendamento Lanzillotta 12.5, proponendo la stessa identica riformulazione proposta per l'emendamento Mariani 2.281 ed accettata dall'onorevole Lo Moro.

JOLE SANTELLI. Relatore per la I Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, la cosa più opportuna sarebbe che la collega Lanzillotta accettasse la stessa riformulazione espressa dalla Commissione con riferimento all'emendamento Mariani 2.281.

PRESIDENTE. La relatrice sta chiedendo quanto la Presidenza ha proposto. Onorevole Lanzillotta, l'emendamento 12.5 da lei sottoscritto verrebbe posto in votazione congiuntamente all'emendamento Mariani 2.281 a condizione che lei accetti la medesima riformulazione accettata dall'onorevole Lo Moro.

LINDA LANZILLOTTA. Signor Presidente, potrei riascoltare la riformulazione dell'emendamento Mariani 2.281?

PRESIDENTE. Onorevole Lanzillotta la rileggo. L'emendamento Mariani 2.281 viene così riformulato: «Ai magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, agli avvocati ed ai procuratori dello Stato, ai componenti delle commissioni tributarie è vietata, pena la decadenza dagli incarichi e la nullità degli atti compiuti, la partecipazione a collegi arbitrali o l'assunzione di incarico di arbitro unico».

Onorevole Lanzillotta accetta la riformulazione?

LINDA LANZILLOTTA. Si, signor Presidente, accetto la riformulazione dell'emendamento a mia prima firma 12.5.

PRESIDENTE. Sta bene.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Mariani 2.281 e Lanzillotta 12.5, nel testo riformulato, accettati dalle Commissioni e dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Scilipoti, Pianetta, Maurizio Turco...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 497

Votanti 490

Astenuti 7

Maggioranza 246

Hanno votato486

Hanno votato no 4).

Prendo atto che i deputati Tenaglia e Lovelli hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.

Passiamo all'emendamento Scilipoti 2.255.

Prendo atto che il presentatore non accede all'invito al ritiro dell'emendamento Scilipoti 2.255 formulato dal relatore.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Scilipoti 2.255, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Leone, Osvaldo Napoli, Veltroni, Ventura...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 497

Votanti 456

Astenuti 41

Maggioranza 229

Hanno votato28

Hanno votato no 428).

Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Barbaro 2.256 formulato dal relatore.

ALDO DI BIAGIO. Sì, signor Presidente, accediamo all'invito al ritiro.

ANTONIO DI PIETRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, l'emendamento interviene - se ho capito bene, altrimenti correggetemi - su una determinata questione. Il comma 7 dell'articolo 2 prevede che «le amministrazioni possono rendere accessibili in ogni momento agli interessati (...)». La proposta emendativa del collega, testé ritirata, prevede invece che la locuzione «possono rendere» venga sostituita con la parola «rendono».

La questione è questa: di cosa stiamo parlando? Le amministrazioni già adesso possono farlo senza bisogno di una legge, la legge non dà una facoltà, dà un'indicazione, pertanto le amministrazioni «rendono» accessibile in ogni momento agli interessati tramite gli strumenti di identificazione informatica le informazioni relative ai provvedimenti. Se lasciamo «possono rendere» vuol dire che possono anche non renderlo, in pratica paradossalmente una norma che è destinata a dettare più trasparenza, lasciando «possono rendere», mette in condizione l'amministrazione di fare una scelta discrezionale a danno della trasparenza, ecco perché io dico che mai come in questo momento, se decidiamo che le amministrazioni devono rendere trasparenti le loro attività, dobbiamo usare un verbo indicativo, «rendono», in questo senso chiedo al Ministro di esprimersi davvero e darci una spiegazione.

PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro, è implicito ovviamente nel suo intervento, ma lo deve rendere esplicito, a questo punto fate vostro l'emendamento? Sta bene, l'onorevole Borghesi fa proprio l'emendamento Barbaro 2.256, quindi è possibile che a questo punto il Governo intervenga.

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Signor Presidente, vorrei chiedere all'onorevole Di Pietro di leggere l'emendamento successivo, l'emendamento Ria 2.251, sul quale sia i relatori che il Governo hanno espresso parere favorevole. L'emendamento successivo dice che le amministrazioni «hanno l'obbligo», nel rispetto della legge 7 agosto 1990, n. 241. Poiché sono certo che anche l'onorevole Di Pietro convenga che la legge 7 agosto 1990, n. 241 vada rispettata e che «hanno l'obbligo»è anche meglio di «rendono» perché appunto stabilisce che «hanno l'obbligo», mi chiedo se, questo solo per comprendere almeno da parte del Governo il ritiro da parte del presentatore, che ovviamente non ha bisogno di...

PRESIDENTE. Prima di dare la parola all'onorevole Borghesi, è evidente quello che sta dicendo il Governo, nel senso che le Commissioni hanno espresso un invito al ritiro dell'emendamento Barbaro 2.256 proprio perché, qualora invece fosse approvato, sarebbe preclusa la votazione dell'emendamento Ria 2.251. Da quello che percepisce la Presidenza, sia i relatori che il Governo ritengono «più coerente» l'approvazione dell'emendamento Ria 2.251 rispetto a quella dell'emendamento Barbaro 2.256. Vorrei quindi chiedere a questo punto all'onorevole Borghesi se, comprese le ragioni del Governo che sono state condivise anche dai relatori, non vi aderisca, in modo che si possa passare alla votazione dell'emendamento Ria 2.251.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, vorrei fare una precisazione, anche al Governo: proprio perché nel successivo emendamento si fa riferimento a una norma cogente, per quale motivo dovrebbe restare il «possono rendere» anziché il «rendono»? Questo diventa a mio giudizio non comprensibile, per questo noi chiediamo che si ponga in votazione l'emendamento Barbaro 2.256.

PRESIDENTE. Quindi, volete procedere con la votazione?

ANTONIO BORGHESI. Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. Perchéè evidente che l'emendamento successivo sostituisce questo, comunque...

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, se posso ultimare il mio ragionamento, noi non sappiamo se il prossimo emendamento verrà approvato o meno!

PRESIDENTE. Ma c'è il parere favorevole delle Commissioni e del Governo! Comunque, il Presidente deve solo regolamentare i lavori, quindi da questo punto di vista...

ANTONIO BORGHESI. Ogni emendamento ha una storia...

PRESIDENTE. È chiarissimo, il suo gruppo ha assolutamente la possibilità di ripetere quello che state dicendo, una volta compreso l'iter, ognuno è giustamente libero di dire no, noi vogliamo lo stesso il voto.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare, per un richiamo al Regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, credo che, anche per dare consequenzialità alle cose che ha detto poco fa il collega Borghesi, se si vuole prima andare a verificare la possibilità che l'emendamento Ria 2.251 venga approvato, si potrebbe accantonare l'emendamento Barbaro 2.256 e procedere prima alla votazione dell'emendamento Ria 2.251.

PRESIDENTE. Questo non è assolutamente possibile, perché si altererebbe il senso della votazione, ma è evidente, poiché il Presidente ha il compito di chiarire, questa è un'osservazione di altro genere, che non appartiene alla Presidenza, ma che riguarda il dibattito parlamentare.

Quindi, ogni gruppo è autonomo nel sottoporlo. Preciso, per gli atti parlamentari, che l'emendamento Lanzillotta 12.5 deve intendersi rinumerato come emendamento Lanzillotta 2.800.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, in sede di espressione del parere avevo già spiegato perché le Commissioni hanno dato parere favorevole all'emendamento Ria 2.251 rispetto ad altri: esso è più cogente e afferma che le amministrazioni hanno «l'obbligo di rendere, ai sensi della legge sull'accesso».

PRESIDENTE. Va bene, è molto chiaro. Siamo in fase di dichiarazione di voto e la relatrice sta dicendo che conferma il parere contrario.

ORIANO GIOVANELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ORIANO GIOVANELLI. Signor Presidente, suggerirei di ritirare l'emendamento Barbaro 2.256, perché, casomai l'emendamento Ria 2.251 non venisse approvato, ve ne sono altri due, gli identici emendamenti Favia 2.7 e Ferranti 2.20, di sicurezza. Quindi, dov'è tutta questa paura? Secondo me l'emendamento Barbaro 2.256 va ritirato e va votato l'emendamento Ria 2.251.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Barbaro 2.256, fatto proprio dal gruppo dell'Italia dei Valori, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Veltroni, D'Antona...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 482

Votanti 481

Astenuti 1

Maggioranza 241

Hanno votato21

Hanno votato no 460).

Prendo atto che il deputato Crosio ha segnalato che non è riuscito a votare.

Passiamo alla votazione dell'emendamento Ria 2.251.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ria. Ne ha facoltà.

LORENZO RIA. Signor Presidente, poiché ho provocato tutta la discussione sull'emendamento precedente, vorrei ringraziare la relatrice e il Governo che hanno scelto la formula dell'emendamento da me proposto per sciogliere questa discrasia.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ria 2.251, accettato dalle Commissioni e dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Pionati, Servodio, Mondello, Froner...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 488

Votanti 485

Astenuti 3

Maggioranza 243

Hanno votato482

Hanno votato no 3).

Prendo atto che il deputato Stefani ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.

Con l'approvazione dell'emendamento Ria 2.251 gli identici emendamenti Favia 2.7 e Ferranti 2.20 sono assorbiti.

Prendo atto che il presentatore degli emendamenti Ria 2.252 e 2.253 accede all'invito al ritiro formulato dal relatore.

Ricordo che l'emendamento Vassallo 2.257 è stato accantonato.

Non potendo procedere alla votazione dell'articolo 2, passiamo agli articoli aggiuntivi all'articolo 2. Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'articolo aggiuntivo Abrignani 2.0260, formulato dal relatore.

IGNAZIO ABRIGNANI. Signor Presidente, accedo all'invito al ritiro, anche se sottolineo l'importanza di questo articolo aggiuntivo, relativo all'estensione anche ai servizi del meccanismo delle SOA previsto per i lavori pubblici. Però, d'accordo con il Ministro, vi sarà una normativa ad hoc per questo tipo di impegno. Per questo, presenterò un ordine del giorno.

PRESIDENTE. Sta bene.

Passiamo agli identici articoli aggiuntivi Pisicchio 2.0251 e Cimadoro 2.0270.

Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'articolo aggiuntivo Pisicchio 2.0251, formulato dal relatore.

PINO PISICCHIO. Signor Presidente, l'intento di questo emendamento è facilmente intuibile. Nasce dalla volontà di inserire in questo provvedimento una regolazione giuridica delle lobby, un'esigenza che sentiamo da tempo in questo Parlamento, vi sono proposte di legge che risalgono addirittura a tre o quattro legislature fa. Credo che, in un atto come quello che stiamo prendendo in considerazione, che tende alla costruzione di uno schema di massima trasparenza tra la pubblica amministrazione e il vasto pubblico degli utenti, questo ci stia tutto, abbia senso.

Mi rendo conto che forse il luogo per discutere di questa compiuta e minuziosa disciplina possa anche non essere, come dire, perfetto all'interno di questo contesto, tuttavia accolgo l'invito al ritiro, ma pongo il problema e rammento, ancora una volta, la necessità di intervenire su questo grande, importante, moderno, fondamentale problema rappresentato dalla regolazione del lobbismo.

PRESIDENTE. Passiamo all'articolo aggiuntivo Cimadoro 2.0270.

Prendo atto che il presentatore accede all'invito al ritiro formulato dal relatore.

Passiamo all'articolo aggiuntivo Barbaro 2.01.

Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.

Passiamo dunque ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Barbaro 2.01, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Lussana, Pelino, Crosetto...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 484

Votanti 479

Astenuti 5

Maggioranza 240

Hanno votato26

Hanno votato no 453).

Passiamo all'articolo aggiuntivo Ferranti 2.010.

Prendo atto che i presentatori accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Mantovano 2.0250, accettato dalle Commissioni e dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Contento, Scilipoti, Gioacchino Alfano, Follegot...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 479

Votanti 477

Astenuti 2

Maggioranza 239

Hanno votato470

Hanno votato no 7).

Passiamo all'articolo aggiuntivo Mantovano 2.0280.

Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione proposta dal relatore. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Contento. Ne ha facoltà.

MANLIO CONTENTO. Signor Presidente, vorrei invitare il relatore e il Governo a fare una riflessione, perché la proposta di Mantovano è del tutto condivisibile, ma c'è un aspetto, secondo me, che pecca sotto il profilo logico. Infatti, la norma dice «se ravvisano la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza della domanda, le pubbliche amministrazioni svolgono il procedimento con istruttoria celere», ma, in realtà, se è manifesta non dovrebbe esserci alcuna istruttoria. Per cui, a mio giudizio, sarebbe forse opportuno che la disposizione venisse riformulata - mi rivolgo al relatore e al Governo - in modo da affermare che se ravvisano la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza della domanda, le pubbliche amministrazioni concludono senza ritardo il procedimento, con un provvedimento redatto in forma semplificata.

Infatti, altrimenti, non avrebbe senso fare addirittura un'istruttoria celere, quando la stessa non serve a nulla.

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Signor Presidente, l'onorevole Contento ha manifestamente ragione.

PRESIDENTE. Quindi? Mi scusi, signor Ministro, il Governo deve esprimere un parere.

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Signor Presidente, al Governo sta bene questa riformulazione: «Se ravvisano la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza della domanda, le pubbliche amministrazioni concludono il procedimento con un provvedimento espresso...» e via di seguito, lasciando inalterata la riformulazione originaria. Sono stato chiaro?

PRESIDENTE. Sì, signor Ministro, mi scusi, siccome è una riformulazione in corso ripeto: «...le pubbliche amministrazioni concludono il procedimento con un provvedimento espresso, redatto in forma semplificata...» e via di seguito fino a «risolutivo».

Quindi, c'è una nuova riformulazione. Prendo atto che il parere delle Commissioni è conforme a quello espresso dal Governo e che i presentatori accettano la riformulazione proposta.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Signor Presidente, in linea con quanto detto dal collega Contento, quella riformulazione mi sembra che vada bene per tutte le ipotesi, tranne che per quella dell'infondatezza. L'infondatezza, essendo un giudizio di merito, richiede comunque un'istruttoria. Quindi dovremmo distinguere le ipotesi di manifesta inammissibilità o di irricevibilità o di improcedibilità, da quella dell'infondatezza.

Per essere infondata una domanda richiede comunque un'indagine nel merito. Quindi mi sembra che, per l'utente, avere un provvedimento di infondatezza senza istruttoria, possa non essere in linea con le ipotesi invece della patologia procedimentale.

PRESIDENTE. Il Governo rimane sulla formulazione espressa oppure vuole accogliere questa osservazione?

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. No, signor Presidente, il Governo rimane sulla riformulazione espressa, perché ovviamente è manifesta anche l'infondatezza. Il termine «manifesta» regge tutte le ipotesi, quindi, da questo punto di vista, la riformulazione può tenere, con questa precisazione alla giusta preoccupazione dell'onorevole Sisto.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Signor Presidente, vorrei segnalare come qualche volta la manifesta infondatezza potrebbe diventare un viatico per non istruire le domande. Parliamoci chiaro: chi stabilisce la manifesta infondatezza? Sempre colui che poi emette il provvedimento. Quindi, a tutela degli istanti, a tutela di colui che chiede comunque l'accesso, sarei per espungere la parola «infondatezza» da un provvedimento conclusivo senza istruttoria.

PRESIDENTE. Bene. Prendo, però, atto che il Governo ed il relatore rimangono nella loro riformulazione.

Passiamo dunque ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 2.0280, nel testo riformulato, accettato dalle Commissioni e dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Tremonti, Dal Moro, D'Anna...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 481

Votanti 435

Astenuti 46

Maggioranza 218

Hanno votato433

Hanno votato no 2).

Passiamo all'articolo aggiuntivo Mantovano 2.0252.

Su questo articolo aggiuntivo manca ancora un parere della V Commissione (Bilancio), quindi, o i presentatori accedono all'invito al ritiro, oppure noi dobbiamo accantonarlo per aspettare il parere della Commissione bilancio.

Prendo atto che i presentatori non accedono all'invito al ritiro e pertanto l'articolo aggiuntivo Mantovano 2.0252 viene accantonato.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Mi scusi, signor Presidente, non ho ben compreso.

PRESIDENTE. L'articolo aggiuntivo Mantovano 2.0252 è accantonato, perché non c'è il parere della Commissione Bilancio, quindi non possiamo esprimerci.

Proporrei di procedere con l'esame dell'articolo 3 e poi, se siete d'accordo e non vi sono obiezioni, di concludere anche la seduta.

(Esame dell'articolo 3 - A.C. 4434 -A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 3 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 4434-A).

Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, la Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento Melchiorre 3.250

Per quanto riguarda...

PRESIDENTE. Il 3.0250 dell'onorevole Mantovano?

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Presidente, gli articoli aggiuntivi li facciamo domani!

PRESIDENTE. Perfetto. Il Governo?

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Melchiorre 3.250. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Melchiorre 3.250, accettato dalle Commissioni e dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevole Foti, onorevole Tenaglia, onorevole Abrignani...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 472

Votanti 469

Astenuti 3

Maggioranza 235

Hanno votato464

Hanno votato no 5).

Passiamo alla votazione dell'articolo 3. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bressa. Ne ha facoltà.

GIANCLAUDIO BRESSA. Signor Presidente, intervengo solo per sottolineare l'importanza di questo articolo che pone il tema della trasparenza nell'attribuzione di posizione dirigenziali. Uno dei grandi risultati della riforma della pubblica amministrazione nel corso degli anni Novanta, è stato proprio quello di garantire l'esercizio imparziale delle funzioni amministrative e di rafforzare la separazione e la reciproca autonomia tra gli organi di indirizzo politico e gli organi amministrativi, un punto straordinariamente importante per una amministrazione improntata ad una cultura della modernità. Però la condizione perché questa separazione e autonomia siano effettive, sta nella massima trasparenza con cui si procede alle nomine dei dirigenti della pubblica amministrazione, sia che queste avvengano per concorso, sia che queste avvengano con una cultura amministrativa moderna, attraverso l'attribuzione discrezionale da parte degli organi di indirizzo politico. Scelta discrezionale che è molto importante, ma per essere accettata e accettabile dev'essere garantita al massimo la trasparenza. Ecco perché questo è un articolo importante, perché impone alle amministrazioni, alle società partecipate dallo Stato e dagli enti pubblici, di comunicare tutti i dati utili a rilevare le posizioni dirigenziali attribuite a persone anche esterne alle pubbliche amministrazioni, individuate anche discrezionalmente.

Introdurre questo principio cardine della trasparenza, è quello che legittima la possibilità di scelte diverse dai pubblici concorsi e che garantisce, pur in questa scelta discrezionale, il massimo della garanzia e dell'autonomia, della garanzia di imparzialità e di autonomia tra gli organi di indirizzo politico e gli organi amministrativi. È un articolo estremamente importante che corona un processo di riforma che è cominciato negli anni Novanta e trova questa sera una sua ragionevole conclusione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Signor Presidente, condivido quello che il collega Bressa ha testè riferito, e soprattutto condivido il tema della discrezionalità come uno dei momenti più importanti da regolamentare per una pubblica amministrazione che oltre ad essere trasparente debba esserlo con dei limiti e delle regole. Mi sembra che questa norma ponga ordine in una materia in cui ordine non c'era, e consenta di perseguire quello che deve essere, a mio avviso, lo scopo principale, anche con il riferimento al settore penale. Mi riferisco ad una discrezionalità vincolata e trasparente che sia il vero baricentro della tutela all'interno della pubblica amministrazione. Pertanto condivido le osservazioni sull'importanza di questa norma del collega Bressa.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor presidente, anch'io condivido le valutazioni fatte dai colleghi per quanto riguarda l'importanza ed il significato di questa norma (la trasparenza per quanto riguarda la dirigenza). Ritengo che bisogna fare anche un passo avanti nella valutazione anche della portata di questa norma per quanto riguarda i controlli.

La trasparenza non si può fermare semplicemente alla visitazione di quelli che sono i dati e gli elementi che la compongono e ciò vale, quindi, anche per la dirigenza. Ma c'è un problema di controlli. Infatti, se noi ci fermiamo semplicemente a questo aspetto, a questo dato, certamente sacrificheremo il tutto. Ma questa problematica l'abbiamo anche affrontata in sede di discussione sulle linee generali e ritengo che, anche passando agli altri articoli e agli altri emendamenti, avremo modo di ritornare su questo tema e su questo argomento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Pietro. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, intendo riprendere le argomentazioni svolte dal collega Tassone. Infatti, a me pare che la questione qui sia delicata perché mi sembra una decisione monca quella che viene presa. Ovviamente, è meglio di niente. Riepiloghiamo brevissimamente: stiamo discutendo del fatto che, anche quando si nominano in posizioni dirigenziali persone esterne o, comunque sia, ogni volta che la pubblica amministrazione ha la discrezionalità di scegliere a chi far fare il dirigente, poi il nominativo, le generalità e l'indicazione del suddetto dirigente siano inviati al Dipartimento della funzione pubblica ed anche alla commissione che istituiamo con questo provvedimento. E allora? Che ci faccio? Una volta che l'abbiamo saputo, che ci facciamo? Che trasparenza è se non è prevista la chiusura del cerchio? Cioè vale a dire che ci deve essere poi la possibilità di verificare se qualcuno non ha utilizzato la sua discrezionalità per metterci amici o amici degli amici, con un curriculum, con qualcosa che non vale. Se non chiudiamo il cerchio, l'articolo 3 è un'affermazione di stile che serve soltanto a dire che sarebbe bello se le persone che nominiamo a fare i dirigenti fossero anche brave, però, se non lo sono, non ci possiamo fare niente, anzi ve lo diciamo pure. Ecco perché per noi si tratta di una disposizione monca. Questa parte che viene qui scritta per noi è soltanto il cappello; noi ci asteniamo, non perché non condividiamo il cappello, ma perché ci manca il corpo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, ha già detto il collega Tassone, ma voglio solo dire con brevità che questa norma è un po' ipocrita. Sia chiaro, infatti, che, per quanto ci riguarda, il principio è che le nomine di persone esterne all'amministrazione in ruoli dirigenziali apicali si fanno con procedure di selezione pubblica. Quando non si fanno e si fanno discrezionalmente, si comunicano i dati. Non c'entra nulla la premessa «al fine di garantire l'autonomia tra». Noi riteniamo, quindi, che questo sia un piccolo passo in avanti, ma il principio deve rimanere quello detto.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 3, nel testo emendato.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Letta, Tenaglia, Ciccioli, Andrea Orlando...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 466

Votanti 446

Astenuti 20

Maggioranza 224

Hanno votato445

Hanno votato no 1).

Secondo le intese intercorse, interrompiamo a questo punto l'esame del provvedimento che riprenderà nella seduta di domani a partire dalle ore 9,30.

 



DISEGNO DI LEGGE: S. 2156 – DISPOSIZIONI PER LA PREVENZIONE E LA REPRESSIONE DELLA CORRUZIONE E DELL'ILLEGALITÀ NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 4434-A); ED ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE: DI PIETRO ED ALTRI; FERRANTI ED ALTRI; GIOVANELLI ED ALTRI; TORRISI ED ALTRI; GARAVINI; FERRANTI ED ALTRI (A.C. 3380-3850-4382-4501-4516-4906)

A.C. 4434-A – Proposte emendative inammissibili

PROPOSTE EMENDATIVE DICHIARATE INAMMISSIBILI NEL CORSO DELLA SEDUTA

  Dopo l'articolo 4, aggiungere il seguente:
  Art. 4-bis. Al decreto 104, dopo l'articolo 26 è aggiunto il seguente:legislativo 2 luglio 2010, n. Art. 26-bis. – (Diritto di azione delle Autorità amministrative indipendenti). – 1. Le Autorità amministrative indipendenti sono legittimate ad agire in giudizio contro gli atti amministrativi generali, i regolamenti ed i provvedimenti di qualsiasi amministrazione pubblica che violino le norme poste a tutela degli interessi pubblici garantiti da tali Autorità nell'ambito delle proprie competenze.
2. Ciascuna Autorità amministrativa indipendente, se ritiene
   che una pubblica amministrazione abbia emanato un atto in violazione delle norme di cui al comma 1, emette, entro sessanta giorni, un parere motivato, nel quale indica i profili delle violazioni riscontrate. Se la pubblica amministrazione non si conforma nei sessanta giorni successivi alla comunicazione del parere, l'Autorità amministrativa indipendente può presentare, tramite l'Avvocatura dello Stato, il ricorso, entro i successivi trenta giorni.
3. Ai giudizi
   instaurati ai sensi del comma 1 si applica la disciplina di cui al Libro IV, Titolo V, del presente codice.
4. 0255. Mantovano, Costa.

  Dopo l'articolo 13, aggiungere il seguente:
  Art. 13-bis. (Introduzione degli articoli 371-ter, 371-quater, 371-quinquies, 371-sexies, 371-septies e 371-octies nel codice di procedura penale). – 1. Dopo l'articolo 371-bis del codice di procedura penale è inserito il seguente:
  «Art. 371-ter. – (Procedura attiva di costituzione di Squadre investigative comuni). – 1. Nei casi previsti dagli accordi internazionali in vigore per lo Stato, il procuratore della Repubblica può richiedere la costituzione di squadre investigative comuni quando procede a indagini collegate a quelle condotte in altri Stati, sempreché vi sia l'esigenza di compiere indagini particolarmente complesse o di assicurare il coordinamento delle indagini con l'autorità straniera.
  2. La richiesta di cui ai comma 1, nel caso di avocazione delle indagini a norma dell'articolo 372, è formulata dal procuratore generale presso la Corte d'appello; nei casi indicati dall'articolo 371-bis, comma 3, lettera h), dal procuratore nazionale antimafia.
  3. La richiesta di costituzione della squadra investigativa comune è trasmessa alla competente autorità dello Stato estero. L'autorità giudiziaria richiedente, inoltre, informa dell'iniziativa il procuratore generale presso la Corte d'appello, o il procuratore nazionale antimafia, se si tratta di indagini relative ai delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, ai fini dell'eventuale coordinamento investigativo.
  4. La squadra investigativa comune che opera sul territorio dello Stato è diretta dal pubblico ministero o dall'ufficiale di polizia giudiziaria designato nell'atto costitutivo.
  5. Nei casi previsti da accordi internazionali in vigore per lo Stato, quando la richiesta di costituzione di squadra investigativa comune proviene dall'autorità di uno Stato estero, il procuratore della Repubblica informa dell'iniziativa il procuratore generale presso la Corte d'appello, o il procuratore nazionale antimafia, se si tratta di indagini relative ai delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, ai fini dell'eventuale coordinamento investigativo.
  6. Se il procuratore della Repubblica ritiene che la competenza appartiene ad altro ufficio, trasmette immediatamente la richiesta di cui al comma 1 all'autorità giudiziaria competente, dandone avviso all'autorità straniera richiedente.
  7. Nei casi di cui agli articoli 371-ter e 371-quater, il procuratore della Repubblica o, nei casi indicati nell'articolo 371-ter, comma 2, il procuratore generale presso la Corte d'appello o il procuratore nazionale antimafia, forma, con le competenti autorità straniere, l'atto scritto di costituzione della squadra investigativa comune.
  8. L'atto che costituisce la Squadra investigativa comune contiene l'indicazione:
   a) del titolo di reato con la descrizione sommaria del fatto oggetto delle indagini;
   b) dei motivi che giustificano la costituzione della squadra;
   c) del nominativo del direttore della squadra;
   d) dei nominativi dei membri nazionali e di quelli distaccati che la compongono;
   e) degli atti da compiersi;
   f) della durata delle indagini;
   g) degli Stati, delle organizzazioni internazionali e degli altri organismi istituiti, ai quali è richiesta, ai sensi del Trattato sull'Unione europea, la designazione di rappresentanti esperti nelle materie dell'indagine comune;
   h) delle modalità di partecipazione dei rappresentanti ed esperti designati da altri Stati, organizzazioni internazionali e organismi istituiti nell'ambito dell'Unione europea.

  9. Nei casi di cui agli articoli 371-ter e 371-quater, l'atto costitutivo della squadra investigativa comune è trasmesso senza ritardo al Ministro della giustizia ed al Ministro dell'interno.
  10. Nel caso di cui all'articolo 371-quater, il Ministro della giustizia, entro dieci giorni dalla ricezione del provvedimento di costituzione della squadra investigativa comune, può disporre con decreto che non si proceda al compimento degli atti indicati, se risulta evidente che gli stessi sono espressamente vietati dalla legge o sono contrari ai principi fondamentali dell'ordinamento giuridico italiano.
  11. Il termine di cui all'articolo 371-quinquies, comma 2, lettera j), non può essere superiore a sei mesi, salvo proroghe giustificate dalla oggettiva impossibilità di concludere le indagini nel termine stabilito. In ogni caso la durata non può essere superiore ad un amo. La proroga è comunicata al Ministro della giustizia ed al Ministro dell'interno, nonché, ai fini dell'eventuale coordinamento investigativo, al procuratore generale presso la Corte d'appello, o al procuratore nazionale antimafia, se si tratta di indagini relative ai delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis.
  12. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano, in quanto compatibili, in caso di successive modificazioni del contenuto dell'atto costitutivo della squadra.
  13. Salvo che nell'atto costitutivo sia stabilito diversamente, i soggetti distaccati dall'autorità giudiziaria o investigativa di altro Stato possono partecipare agli atti di indagine da compiere nel territorio dello Stato, nonché all'esecuzione dei provvedimenti dell'autorità giudiziaria. Ai membri distaccati sono attribuite le funzioni di agente di polizia giudiziaria nei limiti previsti dall'atto costitutivo della squadra investigativa comune. Ad essi, se autorizzati al porto d'armi sul territorio 36, edello Stato ai sensi dell'articolo 9 della legge 21 febbraio 1990, n. successive modificazioni, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 53 del codice penale.
  14. L'atto costitutivo può altresì prevedere che rappresentanti ed esperti designati da altri Stati, da organizzazioni internazionali e dagli organismi istituiti nell'ambito dell'Unione europea siano autorizzati ad assistere o a partecipare all'esecuzione degli atti di indagine da compiersi nel territorio dello Stato in conformità a quanto stabilito nell'atto costitutivo. Ai rappresentanti e agli esperti, se autorizzati a partecipare al compimento di atti di indagine, sono attribuite le funzioni di agenti di polizia giudiziaria, nei limiti previsti dall'atto costitutivo della squadra.
  15. Il procuratore della Repubblica può richiedere all'autorità dell'altro Stato con cui ha costituito la squadra investigativa comune di ritardare, per fini investigativi e processuali diversi da quelli indicati nell'atto costitutivo, l'utilizzazione delle informazioni ottenute dai componenti della squadra e non altrimenti disponibili, se essa può pregiudicare indagini o procedimenti penali in corso nello Stato. Il Ministro della giustizia viene informato senza ritardo della richiesta.
  16. L'autorità giudiziaria osserva le condizioni richieste dall'autorità dell'altro Stato per l'utilizzazione delle informazioni di cui al comma 1 per fini investigativi e processuali diversi da quelli indicati nel fatto costitutivo.
  17. All'articolo 431, comma 1, del codice di procedura penale, la lettera d) è sostituita dalla seguente:
   d) i documenti acquisiti all'estero mediante rogatoria internazionale, i verbali degli atti non ripetibili assunti con le stesse forme e modalità ovvero i verbali degli atti non ripetibili posti in essere dalla squadra investigativa comune”;

  18. La squadra investigativa comune opera sul territorio dello Stato in base alle disposizioni del codice di procedura penale e delle leggi complementari. Essa agisce sotto la direzione del pubblico ministero o di un ufficiale di polizia giudiziaria designato nell'atto costitutivo.
  19. Lo Stato italiano è responsabile per i danni derivanti dagli atti illeciti commessi sul territorio dello Stato da funzionari stranieri e dai membri distaccati della squadra investigativa comune.
  20. Quando la squadra investigativa comune è costituita nell'ambito degli strumenti dell'Unione europea, lo Stato italiano rinuncia a richiedere ad un altro Stato membro il risarcimento dei danni causati dal funzionario straniero o dal membro distaccato, limitatamente ai danni derivanti dallo svolgimento delle attività della squadra investigativa comune, indicate nell'atto costitutivo.
  21. Dall'attuazione degli articoli 8-bis, 8-ter, 8-quater 8-quinquies non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, all'attuazione dei medesimi si provvede nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie previste dalla legislazione vigente».
13. 08. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti.

A.C. 4434-A – Parere della V Commissione

PARERE DELLA V COMMISSIONE SUL TESTO DEL PROVVEDIMENTO E SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

Sul testo del provvedimento elaborato dalle Commissioni di merito:   

PARERE FAVOREVOLE

con la seguente condizione:
  all'articolo 2, apportare le seguenti modificazioni:
al comma 6, aggiungere, infine, le seguenti
     parole: fatte salve le disposizioni di cui agli articoli 10 e 24 della 241, le disposizioni di cui all'articolo 65, comma 1,legge 7 agosto 1990, n. lettera c-bis), ultimo periodo, del decreto legislativo 7 marzo 2005, 82, nonché le disposizioni di cui all'articolo 3, comma 2, del decreto deln. Presidente del Consiglio dei ministri 2 marzo 2011, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 69 del 25 marzo 2011;n.
    al comma 7, aggiungere, infine, le seguenti parole: fatte salve le disposizioni di cui 241;agli articoli 10 e 24 della legge 7 agosto 1990, n.
Sugli
    emendamenti trasmessi dall'Assemblea:

PARERE FAVOREVOLE

sull'articolo aggiuntivo 1.0600,  
   con la seguente condizione, volta a garantire il rispetto dell'articolo 81, quarto comma, della Costituzione:
   al comma 1, sostituire la lettera a) con la seguente:
a)
   dopo il comma 3 è inserito il seguente:
«3-
  bis. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente disposizione tutte le risorse autorizzate ai sensi del comma 3, sono destinate, nei limiti delle somme iscritte in bilancio a legislazione vigente, alla copertura degli oneri relativi al funzionamento della Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche (CIVIT), ivi compresi i compensi per i componenti della Commissione medesima».

  Conseguentemente:
a) al medesimo comma 1, sopprimere la lettera
   b);
b) sopprimere il comma 2.
   

PARERE CONTRARIO

sugli emendamenti 1.8, 1.252, 20.3 e 20.15 e sugli articoli aggiuntivi 2.0251 e 2.0270, in quanto suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;

NULLA OSTA

sulle restanti proposte emendative.  

A.C. 4434-A – Articolo 1

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE N.4434 NEL TESTO DELLE COMMISSIONI

Art. 1.
(Autorità nazionale anticorruzione. Piano nazionale anticorruzione).

1. In attuazione dell'articolo 6 della Convenzione dell'Organizzazione   delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dalla Assemblea generale dell'ONU il 31 ottobre 2003 e ratificata ai sensi della legge 3 agosto 2009, 116, e degli articoli 20 e 21 della Convenzione penale sulla corruzione,n. fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999, la presente legge individua, in ambito nazionale, l'Autorità nazionale anticorruzione e gli altri organi incaricati di svolgere, con modalità tali da assicurare azione coordinata, attività di controllo, di prevenzione e di contrasto della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione.
2. La Commissione per la valutazione, la
   trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 13 150, e successive modificazioni, didel decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. seguito denominata «Commissione», opera quale Autorità nazionale anticorruzione, ai sensi del comma 1. In particolare, la Commissione:
   a) collabora con i paritetici organismi stranieri, con le organizzazioni regionali ed internazionali competenti;
   b) approva il Piano nazionale anticorruzione predisposto dal Dipartimento della funzione pubblica, di cui al comma 4, lettera c);
c)
   analizza le cause e i fattori della corruzione e individua gli interventi che ne possono favorire la prevenzione e il contrasto;
   d) esercita la vigilanza e il controllo sull'effettiva applicazione e sull'efficacia delle misure adottate dalle pubbliche amministrazioni ai sensi dei commi 4 e 5 del presente articolo e sul rispetto delle regole sulla trasparenza dell'attività amministrativa previste dall'articolo 2 e dalle altre disposizioni vigenti;
   e) riferisce al Parlamento, presentando una relazione entro il 31 dicembre di ciascun anno, sull'attività di contrasto al fenomeno corruttivo e dell'illegalità nella pubblica amministrazione e sull'efficacia delle disposizioni vigenti in materia.

3. Per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 2, lettera   d), la Commissione esercita poteri ispettivi mediante richiesta di notizie, informazioni, atti e documenti alle pubbliche amministrazioni, e ordina l'adozione di atti o provvedimenti richiesti dai piani di cui ai commi 4 e 5 del presente articolo e dalle regole sulla trasparenza dell'attività amministrativa previste dall'articolo 2 della presente legge e dalle altre disposizioni, ovvero la rimozione di comportamenti o atti contrastanti con i piani e le regole sulla trasparenza citati. La Commissione e le amministrazioni interessate danno notizia, nei rispettivi siti istituzionali, dei provvedimenti adottati ai sensi del presente comma.
4. Il Dipartimento della funzione pubblica, anche
   secondo linee di indirizzo adottate dal Comitato interministeriale istituito e disciplinato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri:
   a) coordina l'attuazione delle strategie di prevenzione e contrasto della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione elaborate a livello nazionale e internazionale;
   b) promuove e definisce norme e metodologie comuni per la prevenzione della corruzione, coerenti con gli indirizzi, i programmi e i progetti internazionali;
   c) predispone sulla base dei piani delle pubbliche amministrazioni centrali di cui al comma 5 il Piano nazionale anticorruzione, anche al fine di assicurare l'attuazione coordinata delle misure di cui alla lettera a);
   d) definisce modelli standard delle informazioni e dei dati occorrenti per il conseguimento degli obiettivi previsti dalla presente legge, secondo modalità che consentano la loro gestione ed analisi informatizzata;
   e) definisce criteri per assicurare la rotazione dei dirigenti nei settori particolarmente esposti alla corruzione.

5. Le pubbliche amministrazioni centrali definiscono e trasmettono al   Dipartimento della funzione pubblica:
   a) propri piani di azione che forniscono una valutazione del diverso livello di esposizione al rischio corruzione degli uffici;
   b) gli interventi organizzativi per presidiare il rischio di cui alla lettera a);
   c) procedure appropriate per selezionare e formare, in collaborazione con la Scuola superiore della pubblica amministrazione, i dipendenti chiamati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione, prevedendo, negli stessi settori, la rotazione di dirigenti e funzionari.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 1.
(Autorità nazionale anticorruzione. Piano nazionale anticorruzione).

  Sostituirlo con il seguente:
  Art. 1. (Autorità nazionale anticorruzione). – 1. In attuazione dell'articolo 6 della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall'Assemblea generale dell'ONU il 31 ottobre 2003, e ratificata ai sensi della 116, e degli articoli 20 e 21 della Convenzione penalelegge 3 agosto 2009, n. sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999, la presente legge individua, in ambito nazionale, l'Autorità nazionale anticorruzione e gli altri organi incaricati di svolgere, con modalità tali da assicurare azione coordinata, attività di controllo, di prevenzione e di contrasto al fenomeno corruttivo e dell'illegalità nella pubblica amministrazione.
2.
   112, convertito, conAll'articolo 68 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 133, sono apportate le seguentimodificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. modificazioni:
   a) al comma 6, la lettera a) è abrogata;
   b) al comma 6-bis, le parole: «delle strutture di cui al comma 6, lettere a) e b)» sono sostituite dalle seguenti: «della struttura di cui al comma 6, lettera b)».

116, è sostituito dal3. L'articolo 6 della legge 3 agosto 2009, n.   seguente:
«
  Art. 6. – (Autorità nazionale anticorruzione). – 1. È designato quale autorità nazionale, ai sensi dell'articolo 6 della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall'Assemblea generale dell'ONU il 116, l'Alto31 ottobre 2003, e ratificata ai sensi della legge 3 agosto 2009, n. Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito all'interno della pubblica amministrazione e nel settore privato.
2
  . Al soggetto di cui al comma 1 sono assicurate autonomia e indipendenza nell'attività».
3
  . L'Alto Commissario, 3, assume laistituito ai sensi dell'articolo 1 della legge 16 gennaio 2003, n. denominazione di «Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito all'interno della pubblica amministrazione e nel settore privato».
1. 252. Favia, Donadi, Di Pietro, Palomba, Borghesi, Evangelisti.

  Dopo il comma 1, aggiungere i seguenti:
1-
  bis. 112, convertito, conAll'articolo 68 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 133, sono apportate le seguentimodificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. modificazioni:
   a) al comma 6, la lettera a) è abrogata;
   b) al comma 6-bis, le parole: «delle strutture di cui al comma 6, lettere a) e b)» sono sostituite dalle seguenti: «della struttura di cui al comma 6, lettera b)».
1-
  ter. 116, è sostituito dal seguente:L'articolo 6 della legge 3 agosto 2009, n.
«
  Art. 6. – (Autorità nazionale anticorruzione). – 1. È designato quale autorità nazionale, ai sensi dell'articolo 6 della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall'Assemblea generale dell'ONU il 31 ottobre 116, l'Alto2003, e ratificata ai sensi della legge 3 agosto 2009, n. Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito all'interno della pubblica amministrazione e nel settore privato.
1-
  quater. Al soggetto di cui al comma 1 sono assicurate autonomia e indipendenza nell'attività».
1-
  quinquies. L'Alto Commissario, istituito ai sensi dell'articolo 1 della legge 16 gennaio 2003, 3, assume la denominazione di «Alto Commissario per la prevenzione e iln. contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito all'interno della pubblica amministrazione e nel settore privato».
  Conseguentemente, al comma 2 e, ovunque ricorrano, sostituire le parole: Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche o la Commissione, rispettivamente, con le seguenti: l'Alto Commissario per la prevenzione ed il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito all'interno della pubblica amministrazione e nel settore privato e l'Alto Commissario.
1. 8. Favia, Donadi, Di Pietro, Palomba, Borghesi, Evangelisti.

  Al comma 2, dopo la lettera c), aggiungere le seguenti:
   c-bis) esprime pareri agli organi dello Stato e a tutte le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto 165, in materia di conformità di atti elegislativo 30 marzo 2001, n. comportamenti dei funzionari pubblici alla legge, ai codici di comportamento, ai contratti, collettivi e individuali, regolanti il rapporto di lavoro pubblico. Sono considerati pubblici funzionari tutti i soggetti cui si applica la definizione dell'articolo 357 del codice penale, così come modificato dall'articolo 13, comma 1, lettera s) della presente legge;
   c-ter) esprime pareri vincolanti in materia di autorizzazioni, di cui all'articolo 53 del decreto legislativo, allo svolgimento di incarichi esterni da parte dei dirigenti amministrativi dello Stato e degli enti pubblici nazionali, con particolare riferimento all'applicazione del comma 16-ter, introdotto dall'articolo 4, comma 1, lettera d) della presente legge».

  Conseguentemente, all'articolo 13, comma 1, aggiungere, in fine, le seguenti lettere:
   s) l'articolo 357 è sostituito dal seguente: «Art. 357. Agli effetti della legge penale sono pubblici funzionari coloro i quali svolgono direttamente o contribuiscono allo svolgimento di pubbliche funzioni, normative, giurisdizionali, amministrative. A tal fine sono pubblici funzionari i titolari di organi di indirizzo e i loro collaboratori, i titolari di incarico di coordinamento generale, i dirigenti e i dipendenti che operano presso gli organi dello Stato, presso le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, 165, ovvero presso enti e società didel decreto legislativo 30 marzo 2001, n. diritto privato controllate da pubbliche amministrazioni e comunque esercenti funzioni pubbliche, attività di servizio pubblico o finalizzate all'interesse pubblico».
   t) l'articolo 358 è abrogato.
1. 9. Zaccaria, Melis, Ferranti, Bressa, Giovanelli, Favia.

  Al comma 2, dopo la lettera c), aggiungere le seguenti:
   c-bis) esprime pareri facoltativi agli organi dello Stato e a tutte le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 165, in materia di conformità di2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. atti e comportamenti dei funzionari pubblici alla legge, ai codici di comportamento, ai contratti, collettivi e individuali, regolanti il rapporto di lavoro pubblico.
   c-ter) esprime pareri facoltativi in materia di autorizzazioni, di cui all'articolo 53 del decreto legislativo, allo svolgimento di incarichi esterni da parte dei dirigenti amministrativi dello Stato e degli enti pubblici nazionali, con particolare riferimento all'applicazione del comma 16-ter, introdotto dall'articolo 4, comma 1, lettera d) della presente legge».
1. 9.(Testo modificato nel corso della seduta) Zaccaria, Melis, Ferranti, Bressa, Giovanelli, Favia.
(Approvato)

  Al comma 2, dopo la lettera d), aggiungere la seguente:
   d-bis) ha l'obbligo di rapporto all'autorità giudiziaria e alla Corte dei conti nei casi previsti dalla legge.
1. 253. Favia, Donadi, Di Pietro, Palomba, Borghesi, Evangelisti.

  Al comma 2, aggiungere, in fine, la seguente lettera:
f)
    adotta entro sei mesi, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, il codice etico tipo delle amministrazioni pubbliche che comunque prevede il divieto di donazioni o regali, di qualunque natura, di valore superiore a trecento euro, agli amministratori pubblici, da parte di soggetti aventi affari o attività strettamente inerenti alle funzioni amministrative esercitate.
1. 250. Mantini, Tassone, Rao, D'Ippolito Vitale, Libè, Ria.

  Al comma 2, aggiungere, in fine, la seguente lettera:
f)
    adotta entro sei mesi dalla data di entrata in vigore, ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, i principi guida per il codice etico tipo delle amministrazioni pubbliche, che comunque devono prevedere il divieto, per gli amministratori pubblici elettivi o di carriera, di accettare donazioni o regali, di qualunque natura, di valore superiore a trecento euro, da parte di soggetti aventi affari o attività strettamente inerenti alle funzioni amministrative esercitate.
1. 251. Mantini.

  Al comma 4, lettera c), le parole: «sulla base dei piani delle pubbliche amministrazioni centrali di cui al comma 5» sono soppresse;

  Conseguentemente:
   a) al comma 5,
1) la
     lettera a) è sostituita dalla seguente: «a) un piano di prevenzione della corruzione che fornisce una valutazione del diverso livello di esposizione al rischio corruzione degli uffici e gli interventi organizzativi volti a prevenire il medesimo rischio;»;
2) la lettera b) è soppressa;
    
   b) dopo il comma 5, sono aggiunti i seguenti:
«5-
  bis. Ai fini della predisposizione del piano di prevenzione della corruzione, il prefetto, su richiesta, fornisce il necessario supporto tecnico e informativo agli enti locali, anche al fine di assicurare che i piani siano formulati e adottati nel rispetto delle linee guida contenute nel piano nazionale approvato dall'Autorità.
5-
  ter. A tal fine, l'organo di indirizzo politico individua, di norma tra i dirigenti amministrativi di ruolo di prima fascia in servizio, il responsabile della prevenzione della corruzione. Negli enti locali, il responsabile della prevenzione della corruzione è individuato, di norma, nel segretario, salva diversa e motivata determinazione.
5-
  quater. L'organo di indirizzo politico, su proposta del responsabile individuato ai sensi del comma 5-ter, entro il 31 gennaio di ogni anno, adotta il piano triennale di prevenzione della corruzione, curando la trasmissione al Dipartimento della funzione pubblica. L'attività di elaborazione del piano non può essere affidata a soggetti estranei all'amministrazione. Il responsabile, entro lo stesso termine, definisce procedure appropriate per selezionare e formare, ai sensi del 5-sexies, i dipendenti chiamati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione. Le attività a rischio corruzione devono essere svolte, ove possibile, dal personale ai sensi del predetto comma 5-sexies. La mancata predisposizione del piano e la mancata adozione delle procedure per la selezione e la formazione dei dipendenti costituiscono elementi di valutazione della responsabilità dirigenziale.
5-
  quinquies. Il piano di cui al comma 5 risponde alle seguenti esigenze:
   a) individuare le attività tra le quali quelle di cui all'articolo 2, comma 2, nell'ambito delle quali è più elevato il rischio corruzione, anche raccogliendo le proposte dei dirigenti, elaborate nell'esercizio delle competenze previste dall'articolo 16, comma 1, lettera a-bis)165;, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.
   b) prevedere, per le attività individuate ai sensi della lettera a), meccanismi di formazione, attuazione e controllo delle decisioni idonei a prevenire il rischio corruzione;
   c) prevedere, con particolare riguardo alle attività individuate ai sensi della lettera a), obblighi di informazione nei confronti del responsabile, individuato ai sensi del comma 5-ter, a vigilare sul funzionamento e l'osservanza del piano;
   d) monitorare il rispetto dei termini, previsti dalla legge o dai regolamenti, per la conclusione dei procedimenti;
   e) monitorare i rapporti tra l'amministrazione e i soggetti che con la stessa stipulano contratti o che sono interessati a procedimenti di autorizzazione, concessione o erogazione di vantaggi economici di qualunque genere, anche verificando eventuali relazioni di parentela o affinità sussistenti tra i titolari, i soci e i dipendenti degli stessi soggetti e gli amministratori, i dirigenti e i dipendenti dell'amministrazione;
   f) individuare specifici obblighi di trasparenza ulteriori rispetto a quelli previsti da disposizioni di legge.

5-  sexies. Il responsabile individuato ai sensi del 5-ter provvede anche a:
   a) alla verifica dell'efficace attuazione del piano e della sua idoneità, nonché a proporre la modifica dello stesso quando sono accertate significative violazioni delle prescrizioni ovvero quando intervengono mutamenti nell'organizzazione o nell'attività dell'amministrazione;
   b) alla verifica, d'intesa con il dirigente competente, dell'effettiva rotazione degli incarichi negli uffici preposti allo svolgimento delle attività nel cui ambito è più elevato il rischio che siano commessi reati di corruzione;
   c) ad individuare il personale da inserire nei programmi di formazione di cui al comma 5-septies.

5-  septies. La Scuola superiore della pubblica amministrazione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica ed utilizzando le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, predispone percorsi, anche specifici e settoriali, di formazione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni statali sui temi dell'etica e della legalità. Con cadenza periodica e d'intesa con le Amministrazioni, provvede alla formazione dei dipendenti pubblici chiamati ad operare nei settori i cui è più elevato, sulla base dei piani adottati dalle singole amministrazioni, il rischio che siano commessi reati di corruzione.
5-
  octies. In caso di commissione, all'interno dell'amministrazione, di un reato di corruzione accertato con sentenza passata in giudicato, il responsabile individuato ai sensi del comma 5-ter risponde ai sensi dell'articolo 21 del decreto 165, nonché sul piano disciplinare, oltre che perlegislativo 30 marzo 2001, n. il danno erariale e all'immagine della pubblica amministrazione, salvo che provi tutte le seguenti circostanze:
   a) di avere predisposto, prima della commissione del fatto, il piano di cui al comma 5 e di aver osservato le prescrizioni di cui ai commi 5-quinquies e 5 sexies;
   b) di aver vigilato sul funzionamento e sull'osservanza del piano.

5-  novies. La sanzione disciplinare a carico del responsabile individuato ai sensi del comma 5-ter non può essere inferiore alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di un mese ad un massimo di sei mesi.
5-
  decies. In caso di ripetute violazioni delle misure di prevenzione previste dal piano, il responsabile individuato ai sensi del comma 5-ter risponde ai sensi dell'articolo 21 165, nonché, per omesso controllo, suldel decreto legislativo 30 marzo 2001, n. piano disciplinare. La violazione, da parte dei dipendenti dell'amministrazione, delle misure di prevenzione previste dal piano, costituisce illecito disciplinare. Entro il 15 dicembre di ogni anno, il dirigente individuato ai sensi del comma 5-ter pubblica sul sito dell'amministrazione una relazione recante i risultati dell'attività svolta e la trasmette all'organo di indirizzo politico dell'Amministrazione. Nei casi in cui l'organo di indirizzo politico lo richieda o qualora il dirigente responsabile lo ritenga opportuno, quest'ultimo riferisce sull'attività.».
1. 600. Governo.
(Approvato)

  Al comma 4, dopo la lettera d), aggiungere la seguente:
   d-bis) propone misure idonee a rafforzare, e, ove necessario, ripristinare gli opportuni poteri di controllo della Corte dei conti e di tutti i presidi di legalità nel Paese, essendo il controllo della magistratura contabile sui conti pubblici e sulla gestione della spesa arma precipua nella lotta contro fenomeni di corruttela e mala amministrazione nel campo della finanza pubblica.
1. 254. Favia, Donadi, Di Pietro, Palomba, Cimadoro, Borghesi, Evangelisti.

  Al comma 4, dopo la lettera d), aggiungere la seguente:
   d-bis) propone misure idonee al riordino della disciplina vigente in materia di rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare nella pubblica amministrazione, finalizzate all'introduzione della previsione di incompatibilità assoluta tra la condanna per reati corruzione e la permanenza nei ranghi della pubblica a amministrazione per i dipendenti pubblici e degli enti pubblici, economici e non economici, provvedendo altresì a disciplinare le misure di sospensione dal servizio nelle more e nei gradi del giudizio per i medesimi reati.
1. 256. Favia, Donadi, Di Pietro, Palomba, Borghesi, Evangelisti.

  Al comma 4, lettera e), aggiungere, in fine, le seguenti parole: e misure per scongiurare sovrapposizioni di funzioni e cumuli di incarichi nominativi in capo ai dirigenti pubblici, anche esterni.
1. 255. Favia, Donadi, Di Pietro, Palomba, Borghesi, Evangelisti.
(Approvato)

  All'articolo aggiuntivo 1.0600 del Governo, al comma 1 sostituire la lettera a) con la seguente:
a)
   dopo il comma 3 è inserito il seguente:
3-
  bis. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente disposizione tutte le risorse autorizzate ai sensi del comma 3, sono destinate, nei limiti delle risorse iscritte in bilancia a legislazione vigente, alla copertura degli oneri relativi al funzionamento della Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche (Civit), ivi compresi i compensi per i componenti della Commissione medesima.

  Conseguentemente:
a)
   al medesimo comma 1, sopprimere la lettera b);
b)
   sopprimere il comma 2.
300.0600.1.0.Le Commissioni.
(Approvato)

  Dopo l'articolo 1 inserire il seguente:
A
  rt. 1-bis. (Modifiche all'articolo 4 15 e all'articolo 13 del decreto legislativo 27della legge 4 marzo 2009, n. 150).ottobre 2009, n. 15,1. All'articolo 4 della legge 4 marzo 2009, n. sono apportate le seguenti modificazioni:
   a) dopo il comma 3 è inserito il seguente:

«3-  bis. A decorrere dall'anno 2012, agli oneri relativi al funzionamento, compresi i compensi dei componenti della Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche (CIVIT), si provvede mediante l'utilizzo delle somme di cui al comma 3.» e, conseguentemente, al comma 3, sopprimere le parole da per finanziare fino alla fine;
   b) al comma 4, le parole: del comma 3, sono sostituite dalle seguenti: dei commi 3 e 3-bis.

2. All'articolo 13, comma 13, del decreto legislativo 27 ottobre 2009,   150, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: A decorrere dall'anno 2012,n. agli oneri derivanti dal presente articolo si provvede nei limiti dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 4, comma 3-bis, della 15.legge 4 marzo 2009, n.
1. 0600. Governo.
(Approvato)

A.C. 4434-A – Articolo 2

ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE N.4434 NEL TESTO DELLE COMMISSIONI

Art. 2.
(Trasparenza dell'attività amministrativa).

1. La trasparenza dell'attività amministrativa, che costituisce livello   essenziale delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, secondo quanto previsto all'articolo 11 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, 150, è assicurata mediante la pubblicazione, nei siti istituzionali dellen. pubbliche amministrazioni, delle informazioni relative ai procedimenti amministrativi, secondo criteri di facile accessibilità, completezza e semplicità di consultazione, nel rispetto delle disposizioni in materia di segreto di Stato, di segreto d'ufficio e di protezione dei dati personali. Nei siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni sono altresì pubblicati i costi unitari di realizzazione delle opere pubbliche e di produzione dei servizi erogati ai cittadini. Tali informazioni sono pubblicate sulla base di uno schema tipo redatto dall'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture che ne cura altresì la raccolta e la pubblicazione nel proprio sito istituzionale al fine di consentirne una agevole comparazione.
2. Fermo restando quanto stabilito nell'articolo 53 del decreto
   165, come da ultimo modificato dall'articolo 4legislativo 30 marzo 2001, n. della presente legge, nell'articolo 54 del codice dell'amministrazione digitale, 82, e successive modificazioni,di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 69, e successive modificazioni,nell'articolo 21 della legge 18 giugno 2009, n. 150, le pubblichee nell'articolo 11 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. amministrazioni assicurano i livelli essenziali di cui al comma 1 del presente articolo con particolare riferimento ai procedimenti di:
   a) autorizzazione o concessione;
   b) scelta del contraente per l'affidamento di lavori, forniture e servizi, anche con riferimento alla modalità di selezione prescelta ai sensi del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 163;2006, n.
   c) concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati;
   d) concorsi e prove selettive per l'assunzione del personale e progressioni di carriera di cui all'articolo 24 del citato decreto legislativo 150 del 2009.n.

3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano anche ai procedimenti   posti
in essere in deroga alle procedure ordinarie. I soggetti che operano in deroga e che non dispongono di propri siti istituzionali pubblicano le informazioni di cui ai citati commi 1 e 2 nei siti istituzionali delle amministrazioni dalle quali sono nominati.
4. Le informazioni pubblicate
   ai sensi dei commi 1 e 2 sono trasmesse in via telematica alla Commissione.
5. Le amministrazioni provvedono altresì al monitoraggio periodico del
   rispetto dei tempi procedimentali attraverso la tempestiva eliminazione delle anomalie. I risultati del monitoraggio sono consultabili nel sito istituzionale di ciascuna amministrazione.
6. Ogni amministrazione pubblica rende noto,
   tramite il proprio sito istituzionale, almeno un indirizzo di posta elettronica certificata cui il cittadino possa rivolgersi per trasmettere istanze ai sensi dell'articolo 38 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente 445, e ricevere informazioni circa idella Repubblica 28 dicembre 2000, n. provvedimenti e i procedimenti amministrativi che lo riguardano.
7. Le
   amministrazioni possono rendere accessibili in ogni momento agli interessati, tramite strumenti di identificazione informatica di cui all'articolo 65, comma 82 del 2005, e successive1, del codice di cui al citato decreto legislativo n. modificazioni, le informazioni relative ai provvedimenti e ai procedimenti amministrativi che li riguardano, ivi comprese quelle relative allo stato della procedura, ai relativi tempi e allo specifico ufficio competente in ogni singola fase.
8. Con uno o più decreti dei Ministri per la pubblica
   amministrazione e la semplificazione, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per le materie di competenza, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 281, e successive modificazioni, da adottare entro sei mesi dalla data1997, n. di entrata in vigore della presente legge, sono individuate le informazioni rilevanti ai fini dell'applicazione dei commi 1 e 2 del presente articolo e le relative modalità di pubblicazione, nonché le indicazioni generali per l'applicazione dei commi 6 e 7. Restano ferme le disposizioni in materia di pubblicità previste dal codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, 163.n.
9. La mancata o incompleta pubblicazione da parte delle pubbliche
   amministrazioni delle informazioni di cui al comma 8 del presente articolo costituisce violazione degli standard qualitativi ed economici ai sensi 198, ed èdell'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 20 dicembre 2009, n. comunque valutata ai sensi dell'articolo 21 del decreto legislativo 30 marzo 165, e successive modificazioni. Eventuali ritardi nell'aggiornamento2001, n. dei contenuti sugli strumenti informatici sono sanzionati a carico dei responsabili del servizio.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 2.
(Trasparenza dell'attività amministrativa).

  All'emendamento 2. 600 del Governo, parte consequenziale, lettera c), comma 9-ter, lettera f), secondo periodo, dopo le parole: il più ampio riutilizzo aggiungere le seguenti: anche a fini statistici
0. 2. 600. 1. Vassallo
(Approvato)

  Al comma 1, premettere le seguenti parole: «Ai fini della presente legge,».

  Conseguentemente, al medesimo articolo 1:
   a) al comma 1, sostituire il secondo periodo con il seguente: «Sui siti istituzionali delle amministrazioni pubbliche sono pubblicati anche i relativi bilanci e conti consuntivi, nonché i costi unitari di realizzazione delle opere pubbliche e di produzione dei servizi erogati ai cittadini»;
   b) al comma 1, terzo periodo, sostituire le parole: «Tali informazioni» con le seguenti: «Le informazioni sui costi»;
   c) dopo il comma 9, aggiungere i seguenti:

9-  bis. Le disposizioni del presente articolo si applicano alle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto 165, agli enti pubblici nazionali, nonché allelegislativo 30 marzo 2001, n. società partecipate dalle amministrazioni pubbliche, limitatamente alla loro attività di pubblico interesse disciplinata dal diritto nazionale o comunitario.
9-
  ter Il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per il riordino della disciplina inerente agli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni, mediante la modifica o la integrazione delle disposizioni vigenti, ovvero mediante la previsione di nuove forme di pubblicità, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:
   a) ricognizione e coordinamento delle disposizioni che prevedono obblighi di pubblicità a carico delle amministrazioni pubbliche;
   b) previsione di forme di pubblicità sia in ordine all'uso delle risorse pubbliche sia in ordine allo svolgimento e ai risultati delle funzioni amministrative;
   c) precisazione degli obblighi di pubblicità di dati relativi ai titolari di incarichi politici, di carattere elettivo o comunque di esercizio di poteri di indirizzo politico, di livello statale, regionale e locale. Le dichiarazioni oggetto di pubblicazione obbligatoria di cui alla lettera a) devono concernere quanto meno la situazione patrimoniale complessiva del titolare al momento dell'assunzione della carica, la titolarità di imprese, le partecipazioni azionarie proprie, del coniuge e dei parenti entro il secondo grado di parentela, nonché tutti i compensi cui da diritto l'assunzione della carica in questione;
   d) ampliamento delle ipotesi di pubblicità mediante pubblicazione sui siti istituzionali di informazioni relative ai titolari degli incarichi dirigenziali nelle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, sia con riferimento a quelli che comportano funzioni di amministrazione e gestione , sia con riferimento agli incarichi di responsabilità degli uffici di diretta collaborazione;
   e) definizione di categorie di informazioni che le amministrazioni devono pubblicare e delle modalità di elaborazione dei relativi formati;
   f) obbligo di pubblicare tutti gli atti, i documenti e le informazioni di cui alla presente delega anche in formato elettronico elaborabile e in formati di dati aperti. Per formati di dati aperti si devono intendere quanto meno i dati resi disponibili e fruibili on line in formati non proprietari, a condizioni tali da permetterne il più ampio riutilizzo e la ridistribuzione senza ulteriori restrizioni d'uso, riuso o di diffusione diverse dall'obbligo di citare la fonte e di rispettarne l'integrità;
   g) individuazione, anche mediante integrazione e coordinamento della disciplina vigente, della durata e dei termini di aggiornamento per ciascun obbligo di pubblicazione;
   h) individuazione, anche mediante revisione e integrazione della disciplina vigente, delle responsabilità e delle relative sanzioni, per il mancato, ritardato o inesatto adempimento degli obblighi di pubblicazione.

9-  quater. Le disposizioni di cui al codice adottato ai sensi del comma 9-ter integrano l'individuazione del livello essenziale delle prestazioni erogate dalle amministrazioni pubbliche a fini di trasparenza, prevenzione contrasto della corruzione e della cattiva amministrazione, a norma dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione e costituiscono altresì esercizio della funzione di coordinamento informativo, statistico e informatico dei dati dell'amministrazione statale, regionale e locale di cui all'articolo 117, secondo comma, lettera r), della Costituzione».
2. 600. Governo.
(Approvato)

  Al comma 2, alinea, sopprimere le parole da: Fermo restando fino a: 150,.n.
2. 250. Ria.

  Al comma 2, lettera b), aggiungere, in fine, le parole: A tal fine gli affidamenti di lavori, servizi e forniture in economia o con procedura negoziata senza bando di importo superiore a 40.000 euro sono comunque preceduti da un avviso preventivo pubblicato sul sito internet della stazione appaltante. Per gli affidamenti di importo pari o inferiore a 40.000 euro è sufficiente la pubblicazione dell'esito della procedura.
2. 17. Mariani, Ferranti, Lo Moro, Cilluffo.

  Dopo il comma 2, aggiungere i seguenti:
2-
  bis. È fatto divieto di ricorrere all'arbitrato nelle controversie relative a concessioni ed appalti pubblici di opere, servizi e forniture in cui sia parte una pubblica amministrazione di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto 165, o una società a partecipazione pubblica, olegislativo 30 marzo 2001, n. che comunque abbiano ad oggetto opere o forniture finanziate con denaro pubblico. Le clausole compromissorie sono nulle di diritto e la loro sottoscrizione costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale per i responsabili dei relativi procedimenti. Le presenti disposizioni non si applicano agli arbitrati conferiti o autorizzati prima della data di entrata in vigore della presente legge.
2-
  ter. Gli articoli 241, 242 e 243 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e 163, sono abrogati.forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. Le disposizioni di cui ai citati articoli mantengono efficacia fino alla conclusione delle procedure relative agli arbitrati di cui al comma 2-bis.
2. 280. Mariani, Lo Moro, Borghesi, Di Pietro, Realacci, Lanzillotta, Cilluffo.

  Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
2-
  bis. Al fine di incrementare la trasparenza e favorire l'emergere delle migliori pratiche in seno alle pubbliche amministrazioni, durante la fase di pubblicazione nei siti istituzionali, i bandi potranno essere oggetto di osservazioni sui contenuti dei capitolati e sulle procedure adottate da parte degli interessati. Le amministrazioni interessate trasmettono entro sessanta giorni dall'aggiudicazione i risultati della gara, le osservazioni pervenute nella fase di pubblicazione e le valutazioni su ciascuna di esse formulate dal responsabile del procedimento. L'Autorità per i profili di propria competenza elabora e pubblica a sua volta, le proprie osservazioni sui procedimenti esaminati.
2. 2. Barbaro, Bocchino, Briguglio, Consolo, Giorgio Conte, Della Vedova, Di Biagio, Divella, Galli, Granata, Lamorte, Lo Presti, Menia, Moroni, Muro, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Toto.

  Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
2-
  bis. Le stazioni appaltanti possono inserire negli avvisi, bandi di gara o lettere di invito il rispetto delle clausole contenute nei protocolli di legalità o nei patti di integrità quale causa di esclusione dalla gara.
2. 19. Mariani, Ferranti, Lo Moro, Cilluffo.
(Approvato)

  Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
2-
  bis. La trasparenza dell'attività amministrativa è altresì assicurata attraverso la pubblicazione nei siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni, secondo normali criteri di consultazione, accessibilità e semplice fruibilità per tutti i cittadini nazionali e non, dell'importo stanziato per le commesse e gli affidamenti ed appalti per le forniture di beni e servizi a diverse società aggiudicatarie.
2. 254. Scilipoti.

  Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
2-
  bis. Ai magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, agli avvocati e procuratori dello Stato e ai componenti delle commissioni tributarie sono vietate, pena la decadenza dagli incarichi e la nullità degli atti compiuti:
   a) la partecipazione a collegi arbitrali o l'assunzione di incarico di arbitro unico nonché la partecipazione a commissioni di collaudo;
   b) la partecipazione a commissioni di gara, di aggiudicazione o comunque attinenti a procedure finalizzate alla scelta del contraente o del concessionario.
2. 281. Mariani, Lo Moro, Cilluffo.

  Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
2-
  bis. Ai magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, agli avvocati e procuratori dello Stato e ai componenti delle commissioni tributarie è vietata, pena la decadenza dagli incarichi e la nullità degli atti compiuti, la partecipazione a collegi arbitrali o l'assunzione di incarico di arbitro unico.
* 2. 281.(Testo modificato nel corso della seduta) Mariani, Lo Moro, Ferranti, Realacci, Granata, Samperi, Di Pietro, Cilluffo.
(Approvato)

  Dopo il comma 2, aggiungere il seguente:
2-
  bis. Ai magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, agli avvocati e procuratori dello Stato e ai componenti delle commissioni tributarie è vietata, pena la decadenza dagli incarichi e la nullità degli atti compiuti, la partecipazione a collegi arbitrali o l'assunzione di incarico di arbitro unico.
* 2. 800 (ex 12.5)
(Testo modificato nel corso della seduta) Lanzillotta.
(Approvato)

  Dopo il comma 5, aggiungere il seguente:
5-
  bis. 240, il comma 1 è sostituito dalAll'articolo 4 della legge 7 agosto 1990, n. seguente: «1. La pubblica amministrazione è tenuta a stabilire, per ciascun tipo di procedimento relativo ad atti di propria competenza, l'unità organizzativa responsabile della istruttoria e di ogni altro adempimento procedimentale, nonché dell'adozione del provvedimento finale e per ogni procedimento amministrativo, dopo aver individuato il responsabile, deve comunicarne il nominativo a tutte le parti interessate».
2. 255. Scilipoti

  Al comma 7, sostituire le parole: possono rendere con la seguente: rendono.
2. 256. Barbaro, Bocchino, Briguglio, Consolo, Giorgio Conte, Della Vedova, Di Biagio, Divella, Galli, Granata, Lamorte, Lo Presti, Menia, Moroni, Muro, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Toto, Borghesi, Di Pietro.

  Al comma 7, sostituire la parola: possono con le seguenti: , nel rispetto della disciplina del diritto di accesso ai 241, indocumenti amministrativi di cui al Capo V della legge 7 agosto 1990, n. materia di procedimento amministrativo, hanno l'obbligo di.
2. 251. Ria, Ferranti.
(Approvato)

  Al comma 7 sostituire la parola: possono con la seguente: devono.
*2. 7. Favia, Donadi, Di Pietro, Palomba, Borghesi, Evangelisti.

  Al comma 7, sostituire la parola: possono con la seguente: devono.
*2. 20. Ferranti, Andrea Orlando, Capano, Cavallaro, Cilluffo, Ciriello, Concia, Cuperlo, Melis, Rossomando, Samperi, Tenaglia, Tidei, Vaccaro, Picierno.

  Al comma 7, dopo le parole: e successive modificazioni, aggiungere le seguenti: coerentemente con quanto disposto dagli articoli 54 e 57 del decreto medesimo, in ordine al contenuto dei siti delle pubbliche amministrazioni e alla redazione di moduli e formulari,
2. 252. Ria.

  Al comma 8, sopprimere l'ultimo periodo.
2. 253. Ria.

  Dopo il comma 8, aggiungere il seguente:
8-
  bis. Con riferimento ai procedimenti di cui al comma 2, lettera b), del presente articolo, le stazioni appaltanti sono in ogni caso tenute a pubblicare nei propri siti istituzionali: la struttura proponente; l'oggetto del bando; l'elenco degli operatori invitati a presentare offerta; l'aggiudicatario; l'importo di aggiudicazione; i tempi di completamento dell'opera, servizio o fornitura; l'importo delle somme liquidate. Entro il 31 gennaio di ogni anno, tali informazioni, relative all'anno precedente, sono pubblicate in tabelle riassuntive rese liberamente scaricabili in un formato digitale standard aperto che consenta di analizzarne e rielaborarne, anche a fini statistici, il contenuto. Le amministrazioni trasmettono in formato digitale tali informazioni all'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture che le pubblica sul proprio sito web in una sezione liberamente consultabile da tutti i cittadini, catalogate in base alla tipologia di stazione appaltante e per regione. L'Autorità individua con propria deliberazione le informazioni rilevanti e le relative modalità di trasmissione. Entro il 31 aprile di ciascun anno l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture trasmette alla Corte dei conti l'elenco delle amministrazioni che hanno omesso di trasmettere e pubblicare, in tutto o in parte, le informazioni di cui al presente comma in formato digitale standard aperto. Si applica l'articolo 6, comma 11, del decreto 163.legislativo 12 aprile 2006, n.
2. 257. Vassallo.

  Dopo l'articolo 2, aggiungere il seguente:
A
  rt. 2-bis. – (Efficienza, economicità e trasparenza amministrativa nei contratti pubblici di servizi e forniture). – 1. Al fine di tutelare l'efficienza, l'economicità e la trasparenza dell'azione amministrativa, la disciplina relativa alla qualificazione per eseguire i lavori pubblici, di cui al decreto legislativo 12 163, recante «Codice dei contratti pubblici relativi a lavori,aprile 2006, n. servizi e forniture in attuazione delle direttive 2004/17/CE e 2004/18/CE», è estesa ai servizi e alle forniture pubbliche di importo superiore ai 150.000 euro.
163, sono apportate le
2. Al decreto legislativo 12 aprile 2006, n.   seguenti modificazioni:
   a) all'articolo 40, le parole: «lavori pubblici» sono sostituite, ovunque ricorrano, dalle seguenti: «lavori, servizi e forniture pubbliche»;
   b) all'articolo 41, comma 1, alinea, dopo le parole: «Negli appalti di forniture o servizi» sono aggiunte le seguenti: «di importo pari o inferiore a 150.000 euro»;
   c) all'articolo 42, comma 1, alinea, dopo le parole: «Negli appalti di servizi e forniture» sono aggiunte le seguenti: «di importo pari o inferiore a 150.000 euro»;
   d) all'articolo 74, comma 2-bis, le parole: «servizi e forniture o per i contratti relativi a lavori di importo pari o inferiore a 150.000 euro» sono sostituite dalle seguenti: «lavori, servizi e forniture pubbliche di importo pari o inferiore a 150.000 euro».

3. Agli articoli 60 e 61 del decreto del Presidente della Repubblica 5   207, recante «Regolamento di esecuzione ed attuazione delottobre 2010, n. 163», le parole: «lavori» e le parole:decreto legislativo 12 aprile 2006, n. «lavori pubblici» sono sostituite, ovunque ricorrano, dalle seguenti: «lavori, servizi e forniture pubbliche».

3. Le disposizioni di cui al Capo III del Titolo III, relative ai requisiti   per la qualificazione dei lavori pubblici, si applicano ai contratti di servizi e forniture pubbliche in quanto compatibili.
2. 0260. Abrignani.

  Dopo l'articolo 2, aggiungere il seguente
A
  rt. 2-bis. – (Istituzione del Registro pubblico della trasparenza). – 1. In analogia con quanto deciso dal Parlamento Europeo e dalla Commissione Europea, è istituito, senza oneri aggiuntivi per lo Stato, il Registro pubblico della trasparenza, al fine di rendere trasparenti tutte le attività di rapporti con le istituzioni, a prescindere dai canali o dai mezzi di comunicazione impiegati, svolte allo scopo di influenzare, direttamente o indirettamente, l'elaborazione o l'attuazione delle politiche e i processi decisionali di Parlamento, Governo, Pubbliche Amministrazioni, Enti pubblici statali, Enti locali, Amministrazioni del servizio sanitario nazionale. Dette attività comprendono, inter alia, i contatti con membri, funzionari o altro personale delle istituzioni, la preparazione, la divulgazione e la trasmissione di lettere, materiale informativo o documenti di dibattito e di sintesi, e l'organizzazione di eventi, riunioni, attività promozionali e iniziative sociali o conferenze, cui siano stati invitati membri, funzionari o altro personale delle istituzioni. È altresì inclusa la partecipazione a consultazioni formali su futuri atti legislativi o altri atti giuridici delle istituzioni ovvero ad altre consultazioni aperte.
2. Al Registro per la trasparenza sono obbligati ad iscriversi tutti
   coloro che intendono svolgere tali attività di rappresentanza degli interessi anche di natura non economica. Sono esclusi dall'obbligo le Chiese, le parti sociali, in quanto attori di processi decisionali che si concludono con protocolli d'intesa e altri strumenti di concertazione. Sono esclusi dall'obbligo di registrazione anche i partiti politici, eccetto le organizzazioni da essi create, sostenute o impegnate in attività che rientrano nell'ambito di applicazione del Registro.
3. Con la registrazione, di cui
   al comma 1, le persone fisiche e giuridiche e le organizzazioni interessate:

   a) sottoscrivono l'impegno ad agire in conformità con il Codice di condotta, adottato di comune accordo dal Parlamento Europeo e dalla Commissione Europea, per quanto compatibile, in particolare:

1) si identificano sempre con il proprio nome e facendo riferimento     all'organismo o agli organismi per cui lavorano o che rappresentano;

2) dichiarano gli interessi, gli obiettivi e le finalità promosse e, se     del caso, specificano i clienti o i membri che essi rappresentano;

3) evitano di ottenere o cercare di ottenere informazioni o decisioni in     maniera disonesta, esercitando pressioni indebite o comportandosi in modo inadeguato;

4) non rivendicano alcuna relazione ufficiale con le istituzioni nei loro     rapporti con terzi, e non distorcono gli effetti della registrazione in maniera da ingannare i terzi o i funzionari o altro personale delle istituzioni;
5) garantiscono che, per quanto a loro conoscenza, le informazioni
     fornite ai fini della registrazione e successivamente nell'esercizio delle loro attività rientranti nell'ambito di applicazione del registro sono complete, aggiornate e non fuorvianti;
6) si astengono dal vendere a terzi copia
     dei documenti ricevuti dalle istituzioni;
7) non inducono i membri delle
     istituzioni, i funzionari e altro personale delle istituzioni a contravvenire alle disposizioni e alle norme di comportamento a essi applicabili;
8)
     qualora ex funzionari o altro personale delle istituzioni, ovvero ex assistenti dei membri delle istituzioni, lavorino per loro, rispettano l'obbligo di tali lavoratori di conformarsi alle norme e agli obblighi a essi applicabili in materia di riservatezza;
9) informano chiunque loro rappresentino dei
     propri obblighi nei confronti delle istituzioni;
   b) sono tenute a fornire annualmente informazioni specifiche sulla propria identità, sull'identità dei portatori di interesse rappresentanti, sulla natura di questi interessi e sull'entità finanziaria dell'attività. Tali informazioni sono rese pubbliche sul sito internet del Registro per la trasparenza.

4. I decisori pubblici, destinatari di attività di rapporti con le   istituzioni finalizzate alla rappresentanza di interessi, danno evidenza, nei documenti relativi agli atti normativi e amministrativi, dei contatti avuti con i rappresentanti di interessi iscritti nel Registro e segnalano eventuali violazioni del Codice di condotta.
5. Entro 90 giorni dalla data di
   entrata in vigore della presente legge le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e le Autorità indipendenti definiscono con atti amministrativi le modalità di accesso ai propri uffici dei rappresentanti di interessi iscritti al Registro.
6. Entro lo stesso termine, il Senato
   della Repubblica e la Camera dei Deputati possono individuare le modalità di armonizzazione dei propri Regolamenti alle disposizioni del presente articolo.
7. Il Governo è delegato ad adottare, entro 120 giorni dalla data di
   entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per definire:
   a) i requisiti per l'iscrizione al Registro, con l'esclusione di coloro che abbiano riportato condanne passate in giudicato per reati di particolare rilevanza e gravità;
   b) le modalità di accesso, per gli iscritti al Registro, alle sedi istituzionali e alle informazioni necessarie per lo svolgimento dell'attività di rappresentanza di interesse;
   c) le modalità di partecipazione per gli iscritti al Registro alle attività di analisi dell'impatto della regolamentazione(AIR) e di verifica dell'impatto della regolamentazione (VIR) di cui all'articolo 14 della 246, del decreto del Presidente del Consiglio deilegge 28 novembre 2005, n. 170, e della direttiva del Presidente delministri 11 settembre 2008, n. Consiglio dei ministri del 26 febbraio 2009;
   d) le modalità di partecipazione per gli iscritti al Registro alle consultazioni pubbliche disposte dalle autorità indipendenti;
   e) le modalità di accesso per gli iscritti al Registro ai documenti ove gli interessi rappresentati siano pertinenti all'oggetto dei processi decisionali pubblici in atto, secondo quanto 241, e successiveprevisto dall'articolo 25 della legge 7 agosto 1990, n. modificazioni, fatta salva l'applicazione dell'articolo 24 della medesima legge, ad eccezione del comma 1, lettera c);
   f) le attività incompatibili con l'iscrizione al Registro;
   g) le sanzioni per chi svolge l'attività di rapporti con le istituzioni finalizzata alla rappresentanza di interessi senza essere iscritto al Registro;
   h) le sanzioni per chi viola gli obblighi del Codice di condotta;
   i) le sanzioni per chi fornisce al Registro informazioni false;
   l) le modalità di tenuta del Registro e la possibilità che possa essere attivato un Registro presso ciascuna istituzione.
*2. 0251. Pisicchio.

  Dopo l'articolo 2, aggiungere il seguente
A
  rt. 2-bis. – (Istituzione del Registro pubblico della trasparenza). – 1. In analogia con quanto deciso dal Parlamento Europeo e dalla Commissione Europea, è istituito, senza oneri aggiuntivi per lo Stato, il Registro pubblico della trasparenza, al fine di rendere trasparenti tutte le attività di rapporti con le istituzioni, a prescindere dai canali o dai mezzi di comunicazione impiegati, svolte allo scopo di influenzare, direttamente o indirettamente, l'elaborazione o l'attuazione delle politiche e i processi decisionali di Parlamento, Governo, Pubbliche Amministrazioni, Enti pubblici statali, Enti locali, Amministrazioni del servizio sanitario nazionale. Dette attività comprendono, inter alia, i contatti con membri, funzionari o altro personale delle istituzioni, la preparazione, la divulgazione e la trasmissione di lettere, materiale informativo o documenti di dibattito e di sintesi, e l'organizzazione di eventi, riunioni, attività promozionali e iniziative sociali o conferenze, cui siano stati invitati membri, funzionari o altro personale delle istituzioni. È altresì inclusa la partecipazione a consultazioni formali su futuri atti legislativi o altri atti giuridici delle istituzioni ovvero ad altre consultazioni aperte.
2. Al Registro per la trasparenza sono obbligati ad iscriversi tutti
   coloro che intendono svolgere tali attività di rappresentanza degli interessi anche di natura non economica. Sono esclusi dall'obbligo le Chiese, le parti sociali, in quanto attori di processi decisionali che si concludono con protocolli d'intesa e altri strumenti di concertazione. Sono esclusi dall'obbligo di registrazione anche i partiti politici, eccetto le organizzazioni da essi create, sostenute o impegnate in attività che rientrano nell'ambito di applicazione del Registro.
3. Con la registrazione, di cui
   al comma 1, le persone fisiche e giuridiche e le organizzazioni interessate:
   a) sottoscrivono l'impegno ad agire in conformità con il Codice di condotta, adottato di comune accordo dal Parlamento Europeo e dalla Commissione Europea, per quanto compatibile, in particolare:
1) si
     identificano sempre con il proprio nome e facendo riferimento all'organismo o agli organismi per cui lavorano o che rappresentano;
2) dichiarano gli
     interessi, gli obiettivi e le finalità promosse e, se del caso, specificano i clienti o i membri che essi rappresentano;
3) evitano di ottenere o
     cercare di ottenere informazioni o decisioni in maniera disonesta, esercitando pressioni indebite o comportandosi in modo inadeguato;
4) non
     rivendicano alcuna relazione ufficiale con le istituzioni nei loro rapporti con terzi, e non distorcono gli effetti della registrazione in maniera da ingannare i terzi o i funzionari o altro personale delle istituzioni;
5)
     garantiscono che, per quanto a loro conoscenza, le informazioni fornite ai fini della registrazione e successivamente nell'esercizio delle loro attività rientranti nell'ambito di applicazione del registro sono complete, aggiornate e non fuorvianti;
6) si astengono dal vendere a terzi copia dei documenti
     ricevuti dalle istituzioni;
7) non inducono i membri delle istituzioni,
     i funzionari e altro personale delle istituzioni a contravvenire alle disposizioni e alle norme di comportamento a essi applicabili;

8) qualora ex funzionari o altro personale delle istituzioni, ovvero ex     assistenti dei membri delle istituzioni, lavorino per loro, rispettano l'obbligo di tali lavoratori di conformarsi alle norme e agli obblighi a essi applicabili in materia di riservatezza;

9) informano chiunque loro rappresentino dei propri obblighi nei     confronti delle istituzioni;

   b) sono tenute a fornire annualmente informazioni specifiche sulla propria identità, sull'identità dei portatori di interesse rappresentanti, sulla natura di questi interessi e sull'entità finanziaria dell'attività. Tali informazioni sono rese pubbliche sul sito internet del Registro per la trasparenza.

4. I decisori pubblici, destinatari di attività di rapporti con le   istituzioni finalizzate alla rappresentanza di interessi, danno evidenza, nei documenti relativi agli atti normativi e amministrativi, dei contatti avuti con i rappresentanti di interessi iscritti nel Registro e segnalano eventuali violazioni del Codice di condotta.
5. Entro 90 giorni dalla data di
   entrata in vigore della presente legge le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e le Autorità indipendenti definiscono con atti amministrativi le modalità di accesso ai propri uffici dei rappresentanti di interessi iscritti al Registro.
6. Entro lo stesso termine, il Senato
   della Repubblica e la Camera dei Deputati possono individuare le modalità di armonizzazione dei propri Regolamenti alle disposizioni del presente articolo.
7. Il Governo è delegato ad adottare, entro 120 giorni dalla data di
   entrata in
vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per definire:
   a) i requisiti per l'iscrizione al Registro, con l'esclusione di coloro che abbiano riportato condanne passate in giudicato per reati di particolare rilevanza e gravità;
   b) le modalità di accesso, per gli iscritti al Registro, alle sedi istituzionali e alle informazioni necessarie per lo svolgimento dell'attività di rappresentanza di interesse;
   c) le modalità di partecipazione per gli iscritti al Registro alle attività di analisi dell'impatto della regolamentazione(AIR) e di verifica dell'impatto della regolamentazione (VIR) di cui all'articolo 14 della 246, del decreto del Presidente del Consiglio deilegge 28 novembre 2005, n. 170, e della direttiva del Presidente delministri 11 settembre 2008, n. Consiglio dei ministri del 26 febbraio 2009;
   d) le modalità di partecipazione per gli iscritti al Registro alle consultazioni pubbliche disposte dalle autorità indipendenti;
   e) le modalità di accesso per gli iscritti al Registro ai documenti ove gli interessi rappresentati siano pertinenti all'oggetto dei processi decisionali pubblici in atto, secondo quanto 241, e successiveprevisto dall'articolo 25 della legge 7 agosto 1990, n. modificazioni, fatta salva l'applicazione dell'articolo 24 della medesima legge, ad eccezione del comma 1, lettera c);
   f) le attività incompatibili con l'iscrizione al Registro;
   g) le sanzioni per chi svolge l'attività di rapporti con le istituzioni finalizzata alla rappresentanza di interessi senza essere iscritto al Registro;
   h) le sanzioni per chi viola gli obblighi del Codice di condotta;
   i) le sanzioni per chi fornisce al Registro informazioni false;
   l) le modalità di tenuta del Registro e la possibilità che possa essere attivato un Registro presso ciascuna istituzione.
*2. 0270. Cimadoro.

  Dopo l'articolo 2 aggiungere il seguente:
  Art. 2-bis. – (Compensi per gli incarichi extra giudiziari dei magistrati). – 1. È vietato ai magistrati di ogni ordine e grado, ai quali siano stati conferiti dall'organo di autogoverno o dallo stesso autorizzati incarichi extra istituzionali, ricevere direttamente alcun compenso dalle amministrazioni o organismi presso i quali espletano le relative attività.
2. Le amministrazioni e gli organismi versano il
   compenso , ivi inclusi i rimborsi spesa, relativo agli incarichi di cui al comma 1 all'amministrazione di appartenenza dei magistrati destinatari degli incarichi, le quali provvedono a corrisponderlo ai magistrati interessati nel limite di un terzo del totale dell'importo attribuito come compenso complessivo, per ciascun anno solare.
3. Le somme eccedenti il limite di cui al comma 2
   sono versate nei fondi perequativi eventualmente previsti dai rispettivi ordinamenti magistratuali o, in mancanza di tali fondi, in un capitolo dell'amministrazione riguardante l'assistenza e la previdenza del personale di magistratura.
4. Il presente articolo non si applica agli incarichi di
   docenza presso Università o altri soggetti pubblici.
2. 01. Barbaro, Bocchino, Briguglio, Consolo, Giorgio Conte, Della Vedova, Di Biagio, Divella, Galli, Granata, Lamorte, Lo Presti, Menia, Moroni, Muro, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Toto.

  Dopo l'articolo 2 aggiungere il seguente:
  Art. 2-bis. – (Secretazione delle procedure di affidamento dei contratti pubblici). – 1. All'articolo 16, 165, e successivecomma 1, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. modificazioni, la lettera d-bis è abrogata.
2. All'articolo 17
   del Codice degli appalti pubblici, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, 163, sono apportate le seguenti modificazioni:n.
   a) il comma 2 è sostituito dal seguente:

2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del   Ministro competente, sono individuate le opere, i servizi e le forniture da 1161, e dellaconsiderarsi segreti ai sensi del regio decreto 11 luglio 1941, n. 124, o di altre norme vigenti, oppure eseguibili conlegge 3 agosto 2007, n. speciali misure di sicurezza».
   b) al comma 4, le parole: «e sempre che la negoziazione con più di un operatore economico sia compatibile con le esigenze di segretezza» sono soppresse.
2. 010. Ferranti, Andrea Orlando, Capano, Cavallaro, Cilluffo, Ciriello, Concia, Cuperlo, Melis, Rossomando, Samperi, Tenaglia, Tidei, Vaccaro, Picierno.

  Dopo l'articolo 2 aggiungere il seguente:
  Art. 2-bis. All'articolo 1 241, al comma 1-della legge 7 agosto 1990, n.ter, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, con un livello di garanzia non inferiore a quello cui sono tenute le pubbliche amministrazioni in forza delle disposizioni di cui alla presente legge».
2. 0250. Mantovano, Costa.
(Approvato)

  Dopo l'articolo 2 aggiungere il seguente:
  Art. 2-bis. All'articolo 2 241, il comma 1 è sostituito dal seguente:della legge 7 agosto 1990, n.
«1. Le pubbliche amministrazioni rispondono con provvedimento espresso e
   motivato a ogni domanda di parte. Se ravvisano la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza della domanda, le pubbliche amministrazioni svolgono il procedimento con istruttoria celere e lo concludono con un provvedimento espresso redatto in forma semplificata, la cui motivazione può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo. L'abuso del procedimento, nei soli casi di cui al secondo periodo nei quali si configura grave negligenza e violazione del principio di correttezza nella proposizione della domanda, può essere sanzionato dalle pubbliche amministrazioni nel provvedimento finale ponendo a carico dell'istante una somma non superiore alla metà delle spese di istruttoria del procedimento. Se il procedimento amministrativo va avviato d'ufficio, le pubbliche amministrazioni lo concludono con provvedimento motivato».
2. 0280. Mantovano, Costa.

  Dopo l'articolo 2, aggiungere il seguente:
  Art. 2-bis. All'articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, al comma 1, è aggiunto, in fine, il seguente periodo:
«Se ravvisano la manifesta irricevibilità, inammissibilità,
   improcedibilità o infondatezza della domanda, le pubbliche amministrazioni concludono il procedimento con un provvedimento espresso redatto in forma semplificata, la cui motivazione può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo».
02802.(Testo modificato nel corso della seduta). Mantovano, Costa.
(Approvato)

  Dopo l'articolo 2 aggiungere il seguente:
  Art. 2-bis. All'articolo 3 241, al comma 1, secondo periodo, sono aggiunte,della legge 7 agosto 1990, n. in fine, le seguenti parole: «, nonché contenere, per le ipotesi di attività discrezionale, la completa rappresentazione di tutte le alternative decisorie prospettabili da parte della pubblica amministrazione procedente e una analisi dei costi e dei benefici per ciascuna delle suddette alternative».
2. 0252. Mantovano, Costa.

A.C. 4434-A – Articolo 3

ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE N.4434 NEL TESTO DELLE COMMISSIONI

Art. 3.
(Trasparenza delle attribuzioni di posizioni dirigenziali).

1. Al fine di garantire l'esercizio imparziale delle funzioni   amministrative e di rafforzare la separazione e la reciproca autonomia tra organi di indirizzo politico e organi amministrativi, le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, 165, e successive modificazioni, nonché le aziende e le società partecipaten. dallo Stato e dagli altri enti pubblici, in occasione del monitoraggio posto in essere ai fini dell'articolo 36, comma 3, del medesimo decreto legislativo 165 del 2001, e successive modificazioni, comunicano al Dipartimento dellan. funzione pubblica, per il tramite degli organismi indipendenti di valutazione, tutti i dati utili a rilevare le posizioni dirigenziali attribuite a persone, anche esterne alle pubbliche amministrazioni, individuate discrezionalmente dall'organo di indirizzo politico senza procedure pubbliche di selezione. I dati forniti confluiscono nella relazione annuale al Parlamento di cui al citato 165 del 2001, e successivearticolo 36, comma 3, del decreto legislativo n. modificazioni, e vengono trasmessi alla Commissione per le finalità di cui all'articolo 1 della presente legge.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 3.
(Trasparenza delle attribuzioni di posizioni dirigenziali).

  Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:
2. I titoli e i
   curricula riferiti ai soggetti di cui al comma 1 si intendono parte integrante dei dati comunicati al Dipartimento della funzione pubblica.
3. 250. Melchiorre, Tanoni.
(Approvato)

  Dopo l'articolo 3, aggiungere il seguente:
  Art. 3-bis. Dopo l'articolo 6, è inserito il seguente:della legge 7 agosto 1990, n. 241
  Art. 6-bis. – (Conflitto di interessi). – 1. Il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale devono astenersi in ogni caso di conflitto di interessi.
2. I soggetti di cui al comma 1, prima della
   conclusione del procedimento, rendono personalmente all'amministrazione di appartenenza una dichiarazione scritta, con la quale attestano che, per tutto il corso del procedimento, non si sono verificate in capo ad essi situazioni di conflitto di interessi di qualsiasi tipo in relazione al procedimento medesimo. Le pubbliche amministrazioni forniscono adeguata pubblicità a tali dichiarazioni con le forme di cui all'articolo 26.
3. 0250. Mantovano,
Costa.


 

 


 

 

RESOCONTO

SOMMARIO e STENOGRAFICO

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642.

 

Seduta di GIOVedì31 maGGIo 2012

 

presidenza del vicepresidente ANTONIO LEONE

 


La seduta comincia alle 9,40.

 

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 2156 - Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione (Approvato dal Senato) (A.C. 4434-A); e delle abbinate proposte di legge: Di Pietro ed altri; Ferranti ed altri; Giovanelli ed altri; Torrisi ed altri; Garavini; Ferranti ed altri (A.C. 3380-3850-4382-4501-4516-4906).

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione; e delle abbinate proposte di legge di iniziativa dei deputati Di Pietro ed altri; Ferranti ed altri; Giovanelli ed altri; Torrisi ed altri; Garavini; Ferranti ed altri.

Ricordo che nella seduta di ieri è stato approvato l'articolo 1, sono stati accantonati gli emendamenti Di Pietro 2.280 e Vassallo 2.257, nonché la votazione dell'articolo 2. È stato altresì accantonato l'articolo aggiuntivo Mantovano 2.0252, in quanto sul medesimo non era stato ancora espresso il parere della Commissione bilancio. È stato infine approvato l'articolo 3.

In proposito avverto che, per un mero errore materiale, così come ricordato prima dal Presidente Bruno, nel fascicolo degli emendamenti n. 2, a pagina 2, l'emendamento 2.280 risulta ancora sottoscritto dai deputati Mariani, Lo Moro e Cilluffo, mentre deve correttamente intendersi a firma dei deputati Di Pietro, Evangelisti, Borghesi e Realacci; a pagina 3 risultano ancora l'emendamento 3.250 e la votazione dell'articolo 3, che sono già stati esaminati nella seduta di ieri e non saranno pertanto posti in votazione.

Avverto, inoltre, che la Commissione bilancio ha espresso il parere, che è in distribuzione, sull'articolo aggiuntivo Mantovano 2.0252, accantonato nella seduta di ieri, e sulle altre proposte emendative su cui si era riservata nel parere precedentemente reso (Vedi l'allegato A - A.C. 4434-A).

Avverto altresì che le Commissioni hanno presentato l'articolo aggiuntivo 4.0650, che è in distribuzione e con riferimento al quale il termine per la presentazione di subemendamenti è fissato alle ore 12 di oggi.

Avverto, infine, che gli articoli aggiuntivi Mantovano 4.0256, 4.0258, 4.0259, 4.0260, 4.0261 sono stati ritirati dal presentatore.

Chiedo al presidente della I Commissione da quale proposta emendativa intenda riprendere i nostri lavori.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Possiamo riprendere dall'articolo 2.

(Ripresa esame dell'articolo 2 - A.C. 4434-A)

PRESIDENTE. Riprendiamo dunque l'esame dell'articolo 2 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 4434-A).

Prego, presidente Bruno.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, nel riprendere l'articolo 2, devo sottolineare però che in relazione all'emendamento 2.280 c'è una richiesta di accantonamento da parte delle Commissioni, mentre le Commissioni esprimono parere favorevole sull'emendamento Vassallo 2.257, a condizione che sia accolta la seguente riformulazione laddove recita: «Entro il 31 gennaio di ogni anno, tali informazioni, relative all'anno precedente, sono pubblicate in tabelle riassuntive rese liberamente scaricabili in un formato digitale standard aperto che consenta di» le parole successive devono essere modificate con: «analizzare e rielaborare, anche a fini statistici, i dati informatici». Poi segue la formula originaria.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE

GIANFRANCO FINI (ore 10,53).

PRESIDENTE. Il Governo?

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Il parere del Governo è conforme a quello espresso dalle Commissioni e quindi è favorevole alla riformulazione proposta.

PRESIDENTE. Onorevole Vassallo, accetta la riformulazione proposta dalle Commissioni?

SALVATORE VASSALLO. Sì, signor Presidente, sono d'accordo sulla riformulazione. Se posso brevemente intervenire, anche considerando che i colleghi stanno prendendo posto, vorrei segnalare il fatto che questo emendamento ha qualche rilievo nel senso che progressivamente la legislazione ha previsto che le amministrazioni pubbliche mettano a disposizione dei cittadini, e di chiunque voglia capire come loro operano, una serie di informazioni. Tuttavia, molto spesso, queste informazioni sono fornite in maniera scarsamente fruibile, anzi c'è il rischio che la montagna di informazioni rese disponibili porti a una scarsissima possibilità di farsi un'idea di che cosa significhino, perché non sono rielaborabili. Questo emendamento si riferisce ai dati relativi alle opere e agli appalti.

Questo ed un altro emendamento simile, riferito invece agli incarichi di collaborazione esterna, richiedono che le amministrazioni mettano a disposizione una serie di dati essenziali, come, in questo caso, la struttura proponente e l'oggetto del bando, l'elenco degli operatori invitati a presentare l'offerta, l'aggiudicatario, l'importo di aggiudicazione, i tempi di completamento dell'opera e l'importo liquidato, in un formato informatico che consenta ai cittadini di scaricare l'intera base dati e di rielaborarla, anche per porsi quesiti come, ad esempio, quante volte la medesima ditta è stata aggiudicataria di appalti da una certa pubblica amministrazione, per quale importo complessivo, quante volte l'importo liquidato è stato differente dall'importo di aggiudicazione e così via. Si tratta di dati che sono essenziali non solo per un controllo diffuso da parte dell'opinione pubblica, ma che saranno essenziali anche per attività di benchmarking che dovrebbe fare la Civit o di spending review e altre attività importanti per il controllo dell'efficienza delle amministrazioni pubbliche. Ringrazio il Governo e le Commissioni per aver risolto un piccolo problema, di carattere meramente formale, su cui ci siamo esercitati e, quindi, per aver poi accolto il mio emendamento.

PRESIDENTE. Sta bene. Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Vassallo 2.257, nel testo riformulato, accettato dalle Commissioni e dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Bersani, Vignali, Biasotti, Samperi, Tassone...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 454

Votanti 453

Astenuti 1

Maggioranza 227

Hanno votato453).

Prendo atto che i deputati Gianni, Bosi e Samperi hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.

Non possiamo votare l'articolo 2, perchéè stato accantonato l'emendamento Di Pietro 2.280.

Chiedo ai relatori di esprimere il parere sull'articolo aggiuntivo Mantovano 2.0252.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, le Commissioni esprimono parere contrario sull'articolo aggiuntivo Mantovano 2.0252.

PRESIDENTE. Il Governo?

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Signor Presidente, il parere del Governo è contrario.

PRESIDENTE. Onorevole Mantovano, insiste per la votazione?

ALFREDO MANTOVANO. Sì signor Presidente, e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALFREDO MANTOVANO. Signor Presidente, mi sembra vi siano due ostacoli: il primo un parere contrario della Commissione bilancio, e poi quello del relatore e del Governo. Se mi permette, Presidente, dirò due parole su un fronte e sull'altro. L'obiettivo dell'articolo aggiuntivo è di puntare alla trasparenza, soprattutto per le scelte delle amministrazioni ad alto tasso di discrezionalità e contestualmente di limitare il più possibile il contenzioso.

L'articolo aggiuntivo chiede semplicemente qualche parola in più di motivazione quando un provvedimento chiude un procedimento in cui c'è un elevata discrezionalità. In altri termini, se ho davanti a me le scelte «x»,«y» e «z» e opto per «x», si tratta semplicemente di dire per quale motivo ho scartato «y» e «z», magari con una comparazione tra i costi e i benefici.

Non vedo quale sia l'aggravio finanziario per due righe di motivazione in più. Mi preoccuperei se si intendesse questo come una complicazione procedurale, perché do per scontato che il bilancio tra costi e benefici per scelte che si mettono da parte sia effettuato. Si va nella direzione della chiarezza e, quindi, del risparmio di spese attraverso contenziosi che possono essere limitati. Lo stipendio per il funzionario che svolge questa attivitàè sempre quello. Non c'è un centesimo in più, per cui ritengo che non ci sia un problema di aggravio di bilancio e sollecito il voto favorevole dell'Assemblea a questo articolo aggiuntivo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Pietro. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, con il premesso dall'onorevole Mantovano chiedo di poter apporre la mia firma, anche nome dell'Italia dei Valori, a questo articolo aggiuntivo e vorrei porre una questione di principio. Rispetto ad una proposta del genere (e anche ad altre), sentir dire dal Governo o anche dalle Commissioni «parere contrario»...magari potrei anche essere convinto e potrei anche convincermi che sto sbagliando io, però sentire un parere contrario senza spiegarne le ragioni e un po' da Marchese del grillo. Mi si perdoni.

Vorrei capire per quale ragione - laddove ci si trova di fronte a più alternative prospettabili rispetto a procedure e analisi di costi benefici su più offerte - non si deve far sapere perché si è scelta un'alternativa piuttosto che un'altra. Se non si fa questo atto di trasparenza, cioè se non si mette in condizione chi vuol saperlo di apprendere le ragioni per cui sia stata fatta una scelta piuttosto che un'altra tra più scelte possibili, non abbiamo a che fare con un'attività propria della pubblica amministrazione e della cosiddetta discrezionalità della pubblica amministrazione.

Vorrei ricordare a me stesso che c'è un'enorme differenza tra discrezionalità ed arbitrio. Il privato potrà fare quello che gli pare e piace, ma la pubblica amministrazione dovrà motivare perché fa una scelta piuttosto che l'altra e se non si rende pubblica questa sua motivazione e rimane solo interna corporis a me pare che sia una anomalia e una menomazione del principio della trasparenza.

Quanto poi all'idea che questa possa comportare un costo, mi si lasci dire: ma quale costo può comportare mai, visto che le persone che debbono renderlo pubblico già fanno parte della pubblica amministrazione? Debbono semplicemente svolgere il loro lavoro all'interno dell'ufficio e già sono pagati per quello che fanno. A me pare che l'idea di rifugiarsi a un eventuale costo appaia piuttosto una scusa per non permettere di far conoscere le reali motivazioni rispetto a più scelte possibili per cui viene fatta una scelta piuttosto che un'altra.

Per questa ragione mi sento di insistere e pregare l'Assemblea di riflettere su questo tema. Non è che noi siamo obbligati a votare per forza per alzata di mano ogni volta che il Governo - o chi per esso - dice «no» e non ci spiega le ragioni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, intervengo su questo tema una sola volta e non più, per un brevissimo ragionamento. Questo parere del Governo è del tutto logico, perché stiamo parlando di un aggravio della motivazione del provvedimento amministrativo. Imporre un criterio di scelta come quello suggerito dal collega Mantovano, secondo cui nel processo logico, decisionale e motivazionale bisogna esplicitare anche tutte le alternative possibili nell'assumere una decisione e anche il relativo parametro costi-benefici, significa fare un'opera di illuminismo del tutto incompatibile con i normali criteri di decisione.

Sono molto favorevole ad alcune proposte avanzate dal collega Mantovano, che vanno nella direzione di una pubblica amministrazione che motiva ed è più trasparente, ma non è questa la sede. Lo dico con molta chiarezza, una volta per tutte: si può anche pensare che il mondo sia corrotto, ma se si vuole riformare il mondo con questo provvedimento, si sta facendo una cosa molto precisa: non si vuole fare la legge contro la corruzione. Lo dico ai colleghi, a tutti i colleghi che avanzano questioni del tutto secondarie - a mio avviso, anche un po' speciose - che di fatto, oggettivamente, ostacolano il cammino di questa riforma. Non aggiungo altro.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Lorenzin. Ne ha facoltà.

BEATRICE LORENZIN. Signor Presidente, intendo fare un chiarimento come membro del Comitato dei nove: noi abbiamo analizzato questo articolo aggiuntivo in modo estremamente attento e volevo anche sincerare i colleghi che, nella bontà dell'idea che ha mosso l'onorevole Mantovano, che - come diceva l'onorevole Mantini - ha presentato un complesso di proposte emendative estremamente interessanti, molte delle quali abbiamo accolto, questo articolo aggiuntivo, se letto avulso dal resto della norma, non si potrebbe comprendere.

Il provvedimento mira a chiarire il percorso degli atti amministrativi, puntando sulla trasparenza, sull'efficienza della pubblica amministrazione. Questo tipo di provvedimento - chi conosce l'amministrazione lo sa -, invece di favorire a pieno percorsi di trasparenza, finirebbe per complicare ancora di più la farraginosità di una macchina, che comunque deve produrre atti.

In tutta l'analisi - poi interverremo probabilmente anche più avanti - delle proposte emendative presentate dai colleghi - non credo, onorevole Mantini, con volontà farraginosa, ma con la sincera volontà di andare a risolvere un problema così ampio, come quello della corruzione - devo sottolineare che noi qui non possiamo risolvere tutti i problemi. Abbiamo sempre a fronte il bilanciamento di due elementi: da una parte garantire la trasparenza, dall'altra garantire l'efficienza. Questo articolo aggiuntivo non andrebbe in questo senso.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paolini. Ne ha facoltà.

LUCA RODOLFO PAOLINI. Signor Presidente, anche noi condividiamo lo spirito che anima questo articolo aggiuntivo, che è senz'altro lodevole, ma in concreto - a nostro avviso - si tradurrebbe non solo in un aggravio notevolissimo di procedure (soprattutto per i piccoli comuni), ma soprattutto potrebbe, a sua volta, ingenerare ulteriore contenzioso perché, anche sulle spiegazioni del «no» alle altre due soluzioni, si potrebbero innescare ulteriori provvedimenti di discussione.

Quindi, riteniamo che - tutto sommato - l'articolo aggiuntivo non sia condivisibile.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente, ascoltiamo sempre con piacere le considerazioni del collega Mantini. Lui ha un suo percorso per l'anticorruzione, ma non possiamo dargli il monopolio delle vie e delle strade per l'anticorruzione. Noi seguiamo un altro percorso: crediamo che tutte le situazioni in cui si può accrescere la trasparenza siano da prendere in considerazione. Ecco perché confermiamo il nostro voto favorevole e la sottoscrizione dell'articolo aggiuntivo del collega Mantovano.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Mantovano 2.0252, non accettato dalle Commissioni né dal Governo e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevole Scilipoti.

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 477

Votanti 470

Astenuti 7

Maggioranza 236

Hanno votato52

Hanno votato no 418).

(Esame dell'articolo aggiuntivo Mantovano 3.0250 - A.C. 4434-A)

PRESIDENTE. Ricordo che l'articolo 3 è stato votato ieri.

Chiedo dunque al relatore di esprimere il parere della Commissione sull'articolo aggiuntivo Mantovano 3.0250 (Vedi l'allegato A - A.C. 4434-A).

JOLE SANTELLI. Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, le Commissioni esprimono parere favorevole sull'articolo aggiuntivo Mantovano 3.0250, a condizione che sia accolta la seguente riformulazione: dopo l'articolo 3, aggiungere il seguente: articolo 3-bis. «Dopo l'articolo 6 della legge 7 agosto 1990, n. 241, è inserito il seguente: articolo 6-bis. - (Conflitto di interessi). Il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto anche potenziale».

PRESIDENTE. Il Governo?

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore e quindi è favorevole alla riformulazione proposta.

PRESIDENTE. Onorevole Mantovano, accetta la riformulazione proposta dal relatore?

ALFREDO MANTOVANO. Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Pietro. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, nell'esprimere parere favorevole anche sulla riformulazione, chiedo alle Commissioni se hanno valutato e come hanno pensato di risolvere la mancanza di un segmento, vale a dire «e possano essere ricusati». Questa norma prevede l'obbligo di astensione, ma se non ci si astiene, finisce a sé o può essere ricusato? È solo una domanda che rivolgo, ma ovviamente esprimo parere favorevole.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Mantovano 3.0250, nel testo riformulato, accettato dalle Commissioni e dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Pezzotta, Crolla...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 487

Votanti 485

Astenuti 2

Maggioranza 243

Hanno votato483

Hanno votato no 2).

(Esame dell'articolo 4 - A.C. 4434-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 4 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 4434-A).

Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative l'onorevole Cirielli. Ne ha facoltà.

EDMONDO CIRIELLI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, vorrei sostenere, prendendo spunto dall'articolo 4, che nonostante questo provvedimento nel suo complesso abbia numerosi aspetti positivi, io mi sto astenendo nella sostanza dal provvedimento e lo faccio perché c'è un clima inidoneo ad approvare un provvedimento così importante, dettato dal conformismo, dalla paura di assumersi responsabilità da parte della classe apicale della nazione, pensando di salvarsi rispetto al clima di antipolitica che questo Parlamento stesso ha provocato scegliendo male i suoi rappresentanti.

D'altro canto nessuno parla, io ho parlato con molti colleghi in questi giorni, molti - di tutti gli schieramenti - sono contrari alla fretta, al pressappochismo e anche alla superficialità che sta contraddistinguendo questo programma perché chi vota contro sembra che sia a favore della corruzione. Onestamente non me la sento di portare il cervello all'ammasso e credo che sia giusto dire quello che si pensa.

Innanzitutto molte delle norme che stiamo introducendo sono dei bizantinismi che provocheranno una paralisi della pubblica amministrazione e questa è anche la conferma che purtroppo sarebbe necessario, prima di arrivare in Parlamento, aver frequentato altri banchi, chi vuole riformare la politica negli enti locali, in questi enti locali deve aver seduto, perché altrimenti non si rende conto di quello che fa. Posso anche dire che è inutile introdurre una serie di norme che complicano la vita alla pubblica amministrazione, quando sappiamo benissimo che oggi - ovviamente lo sa chi ci sta negli enti locali - ci sono decine di casi di dipendenti pubblici che commettono fatti gravissimi, non possono essere mandati via e continuano a rimanere al loro posto.

In questa maniera, invece, non si interviene assolutamente nella fattispecie. Dico semplicemente che magari basterebbe non rendere pregiudiziale il processo penale rispetto a quelli disciplinari nei confronti di tanti dipendenti.

D'altro canto, collegandomi al concetto degli articoli che stiamo esaminando, anche questa spasmodica voglia di introdurre nuove incompatibilità, per chi si candida negli enti locali, è la dimostrazione che non si è capito nulla dell'importanza degli enti locali. Se introduciamo una serie di limitazioni, presupponendo che chi si candida o fa il sindaco o il consigliere di per sé sia un corrotto o un corruttore, chi si candiderà più? Non avevamo detto che era necessario portare gente per bene e di qualità all'interno della politica degli enti locali? Invece sta divenendo una condanna ed un marchio rappresentare i cittadini, soprattutto negli enti che funzionano di più, oltre che in Parlamento.

Che dire della nuova introduzione di due reati penali? In anni di Commissione giustizia, ho sentito tanti colleghi, che pontificavano sui massimi principi del diritto penale, parlare di diritto penale minimo, di depenalizzazioni, di tipicità dei reati. Invece oggi si vuole punire con il diritto penale ogni forma di comportamento, introducendo due reati che non hanno una distinta condotta, due reati che sono chiaramente contro la nostra Costituzione, contro Costituzioni democratiche, perché nessuno può essere punito se non in forza di un fatto che deve essere espressamente previsto dalla legge come reato.

Il principio di tassativitàè un principio fondante della democrazia. Soltanto il regime nazionalsocialista e il sovietico prevedevano reati con questo tasso di indiscriminata e non chiara definibilità della condotta. Peraltro sono anche norme ingiuste. Ormai sono quasi diciotto anni che sono eletto tra gli enti locali e gli organi nazionali e onestamente non mi sento un delinquente. Eppure dopo l'approvazione del reato di induzione e del traffico di influenze probabilmente lo sarei e lo sarebbero molti politici che conosco, persino molti leader, con i quali ho parlato personalmente. D'altro canto, queste norme provocheranno una decapitazione della classe politica soprattutto negli enti locali, che dai sondaggi risulta quella più amata, assai più di quella del Parlamento. Qualcuno dovrebbe fare una riflessione su questo. Dopodiché, nei prossimi anni, le persone perbene non si candideranno negli enti locali e si candideranno soltanto quelli al servizio dei ricchi e dei potenti, che non avranno nulla da perdere. Porteremo ad una paralisi della giustizia, perché ingolferemo le aule dei tribunali con decine di procedimenti penali. Ciò che prima si risolveva semplicemente con un ricorso al TAR oggi finirà nei tribunali ordinari per una denuncia reciproca tra consiglieri comunali. Provocheremo un conflitto fortissimo, ancora più forte di quello che c'è oggi tra politica e giustizia. Anche la maggior parte dei magistrati, che sono onesti e perbene e che non si vogliono intromettere nella politica, saranno costretti dalle denunce delle opposizioni, a seconda di quelle che saranno al momento, ad intromettersi e ad intervenire per giudicare comportamenti dei singoli politici negli enti locali. Si creerà un autentico clima di terrore, del genere di quello che si era verificato ai tempi di Robespierre. Ma c'è un vecchio detto che dice: a quelli che oggi vogliono fare i puri, che c'è sempre uno più puro che ti epura. In sostanza, si vorrebbe realizzare un uomo nuovo, una persona priva di sentimenti, priva di relazioni umane. Si confonde in realtà l'umanità con la corruzione.

Si spinge a un clima di delazione, ma, anche qui, l'uomo nuovo e la delazione erano spinti da altri regimi, che ho già citato: quello nazionalsocialista e quello sovietico. Per non dire, poi, della corruzione tra privati, reato che comporterà un accanimento tra concorrenti, che ingolferanno le procure di denunce per danneggiare l'avversario, e che provocherà un'ulteriore crisi economica rispetto a quella che già c'è.

Certo, ci guadagneranno solo gli avvocati (potrei chiedere al Ministro Severino, a questo proposito, se ci spiega cosa ne pensa). Sono convinto che con questa normativa scellerata, sicuramente nel tentativo di dare in pasto all'opinione pubblica qualcosa, si finirà con il distruggere la possibilità di una politica sana e diversa in Parlamento e nella nostra nazione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Lorenzin. Ne ha facoltà.

BEATRICE LORENZIN. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo articolo, insieme, soprattutto, agli emendamenti che sono stati presentati, è, forse, uno degli articoli più importanti di questo disegno di legge. È importante nella sua stesura iniziale, ma ancora di più nella forma che rischia di prendere all'indomani dell'approvazione degli innumerevoli emendamenti che sono stati presentati.

In questi giorni sulla stampa e sui mass media si è parlato molto di altri articoli, di altri punti del disegno di legge, che, probabilmente, destano più attenzione nei mass media. Questo articolo, invece, investe direttamente il delicatissimo rapporto tra politica e pubblica amministrazione, un rapporto ancora più delicato alla luce delle riforme che stiamo mettendo in atto in questo Parlamento: prima quella approvata sui rimborsi elettorali, domani quella che stiamo portando avanti nella Commissione affari costituzionali sull'articolo 49 della Costituzione.

Non è un argomento peregrino, perché guardate, cari colleghi, lo ha accennato chi mi precedeva: mentre nella stesura originaria del disegno di legge si andavano a disciplinare alcuni abusi, che, obiettivamente, sono sotto gli occhi di tutti, all'interno delle pubbliche amministrazioni e si cercava di disciplinarli con un certo buon senso, rifacendosi ai principi del buon andamento della pubblica amministrazione, del merito e della pubblicità degli atti, e quindi della trasparenza dei procedimenti decisionali, nonché della nomina della dirigenza della pubblica amministrazione, con gli emendamenti che si sono susseguiti, alcuni dei quali presentati dal Governo, noi ci troviamo di fronte a scelte dirimenti.

Pensate - lo dico a chi non ha avuto modo di leggerli - che, addirittura, essere candidato in una lista per le amministrative o per le politiche esclude da qualsiasi tipo di nomina alla dirigenza di un'amministrazione. Se ci pensate bene, è un paradosso: prestare servizio, prestare la propria persona alla politica come servizio, ad una candidatura - non parliamo neanche di elezione - nelle pubbliche amministrazioni, così come alla Camera o al Senato, dovrebbe essere un elemento di vanto, dovrebbe essere un elemento di garanzia della capacità e della propensione civica di una persona.

Così come, ad esempio, avere esercitato un ruolo elettivo all'interno di un'assemblea, fosse essa un'assemblea amministrativa o un'assemblea legislativa, come questa, dovrebbe rappresentare per ognuno di noi e per chi è fuori un elemento di garanzia, in quanto qui si rappresenta lo Stato italiano al massimo del suo livello.

Ebbene, il disegno di legge parte da un pregiudizio, e noi abbiamo visto i danni che sono stati creati dal pregiudizio dagli anni Novanta in poi. Molte delle norme che hanno messo mano alla riforma della pubblica amministrazione partivano dal presupposto che la classe politica italiana era indegna di esercitare al primo livello delle responsabilità nella scelta della decisione politica-amministrativa.

A seguito di queste norme abbiamo avuto, forse, un miglioramento del livello della qualità della nostra pubblica amministrazione? È forse scomparsa la corruzione dai nostri uffici, dalle nostre amministrazioni e dalle stazioni appaltanti di cui si parla tanto in questo disegno di legge?

No, signori, non è scomparsa! Ancora oggi siamo al limite delle statistiche in ambito di corruzione! Questo perché vi è, come molti hanno già detto in questa discussione, un problema culturale e di responsabilità delle scelte. Declinare le responsabilitàè una sconfitta, in primis, della politica. Vi è sempre qualcuno che sceglie qualcun altro; un conto è operare una scelta consapevole, fatta con trasparenza, un altro conto è abbandonare questo a farraginose procedure che non garantiscono alcuno e, in primis, non garantiscono il cittadino utente che è l'ultimo anello finale di questa catena decisionale.

Credo che dovremmo riflettere tutti per un attimo. Lasciamo l'antipolitica fuori da quest'Aula e proviamo a pensare che stiamo adottando una norma importantissima, che influenzerà i processi decisionali di scelta della classe dirigente nei prossimi anni, anni di crisi, di scelte difficili per le pubbliche amministrazioni, complesse, in cui la dirigenza è chiamata a mediare il conflitto sociale e non soltanto a mettere un timbro o una firma, a parte il fatto che, oggi, nessuno firma più nulla perché chiunque firma un atto ha paura di andare in galera con le pene descritte prima, pene superiori a quelle previste per reati molto più gravi contro la persona.

Quindi, dobbiamo essere calmi, introdurre delle misure che garantiscano - lo dico con chiarezza - il buon senso del bilanciamento degli interessi in campo, che costringano alla responsabilità la dirigenza amministrativa e la scelta politica, ma che non partano da presupposti paradossali per cui una persona candidata in una lista non può ricoprire il ruolo di dirigente in una pubblica amministrazione, ma un dirigente di una pubblica amministrazione si può candidare, può vincere, può fare il consigliere comunale, il sindaco, il Ministro, e poi torna, il giorno dopo, a fare esattamente quello che faceva prima, cioè il dirigente di una pubblica amministrazione (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)!

Credo che dobbiamo chiarire cosa vogliamo ottenere, perché se la politica è tutta «brutta, sporca e cattiva» il risultato è che, poi, non dobbiamo lamentarci se ci troviamo di fronte a quei Governi rappresentati in tanti libri di fantapolitica - penso ad uno in particolare, che è«1984» di Orwell - dove poi si è governati dalle plutocrazie e non invece da persone elette dal popolo, scelte dal popolo, giudicate dal popolo e non semplicemente messe lì per concorso pubblico!

Mi aggancio a questa mia ultima battuta per dire che il tema dei concorsi viene considerato nella norma in oggetto, però vi sono anche delle cose che dobbiamo chiederci con chiarezza. O decidiamo che alla dirigenza apicale dello Stato, o delle ASL, o delle regioni, o delle aziende partecipate, ci si arriva per concorso, oppure che ci si arriva per nomina e, quindi, per scelta politica. In quest'ultimo caso, allora, cerchiamo di valutare le persone per il merito, per il loro curriculum, per quello che hanno fatto nella vita, per le loro capacità operative e non per il fatto che abbiano avuto o meno, nella propria vita, un'esperienza politica, perché sino a quando sarò in questo Parlamento credo che avere fatto esperienza politica sia un elemento di vanto personale, morale e civico (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Popolo e Territorio e di deputati del gruppo Partito Democratico)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Granata. Ne ha facoltà.

BENEDETTO FABIO GRANATA. Signor Presidente, credo che invece di scomodare Orwell, i regimi nazionalsocialisti o quelli del totalitarismo comunista del Novecento, occorre argomentare l'assoluta necessità che, invece, puntualmente il Governo - e spero anche la maggioranza di questo Parlamento - ha individuato nella necessità di intervenire in quella zona grigia presente nei rapporti tra la politica e la pubblica amministrazione, al fine di arrivare ad una definizione di un provvedimento anticorruzione che non sia «aria fritta», ma che incida realmente sulla possibilità di creare un «punto e a capo» in Italia rispetto a questo tema. Credo che questo sia un elemento di grande importanza contenuto nel provvedimento in esame.

Per questo motivo, intervenendo sul complesso delle proposte emendative all'articolo 4, credo che il Governo abbia fatto molto bene ad intervenire, soprattutto attraverso l'articolo 4-bis che prevede una delega al Governo per regolamentare i casi di non conferibilità e di incompatibilità degli incarichi dirigenziali.

La corruzione - si è detto spesso - è un argomento di tanti dibattiti televisivi, ma poi, quando si arriva al nodo cruciale di dover impedire attraverso le norme che questi meccanismi di partito trasversale del denaro e della corruzione possano essere posti in essere, arrivano alte le grida da parte di alcuni settori parlamentari sulla necessità di salvaguardare la politica.

Qui la politica non c'entra assolutamente nulla. La bella politica! Il Governo finalmente intende regolamentare in maniera chiara e trasparente e rompere quella zona grigia tra l'attività politica e alcune funzioni essenziali della pubblica amministrazione, che devono essere equilibrate, eque e soprattutto trasparenti.

L'esperienza italiana di questi anni dimostra essenzialmente il contrario: 60 miliardi di corruzione che costa allo Stato. Il sistema della corruzione sta a significare che tutto questo è impensabile che possa essere stato posto in essere, senza che questa zona grigia tra politica e burocrazia possa essere stata, per così dire, protagonista di questo meccanismo.

Allora si parla dell'applicazione - ne parleremo anche più in là - di un codice etico, che tutte le forze politiche hanno ritenuto retoricamente di apprezzare, da parte dell'antimafia, nel rispetto pieno del principio costituzionale e della presunzione di innocenza. Però si dice che per potere svolgere alcuni incarichi - compresi quelli legati agli incarichi politici più importanti - basta la condanna in primo grado, o in alcuni casi il rinvio a giudizio, per essere esclusi dalle candidature o per svolgere alcuni ruoli pubblici. Ebbene qui il Governo, all'interno dell'articolo 4, va a prevedere in modo esplicito dei casi di non conferibilità di incarichi dirigenziali per tutti coloro i quali sono stati condannati anche con sentenza passata in giudicato per reati molto gravi, che poi sono quelli della corruzione, della concussione, dell'associazione a delinquere e dell'associazione mafiosa.

Allora queste citazioni dotte di Orwell, del nazionalsocialismo o del comunismo, stanno a significare che si vuole mettere davanti una sorta, per così dire, di ipocrisia generale, per cui non si vuole deliberare qui in Parlamento l'approvazione di queste norme. Si vuole impedire che queste norme vengano approvate: una netta separazione tra la funzione amministrativa e la funzione dirigenziale, tra la funzione burocratica e la funzione politica.

Concludo su questa considerazione: sfido chiunque a dimostrarmi che il sistema della sanità italiana, soprattutto al Sud - ma oramai, purtroppo per l'Italia, non soltanto al Sud - non sia profondamente caratterizzato da quelli che vengono definiti «cavalli di ritorno», cioè dei soggetti politici che, non avendo ottenuto un'elezione o avendo concluso un periodo di attività parlamentare o nell'amministrazione dove ricoprivano incarichi pubblici politici, vengono poi indirizzati dai partiti a guidare la sanità o a guidare settori particolarmente delicati della pubblica amministrazione.

Finalmente, con questo codice e con quest'azione da parte del Governo, non si vuole mettere fuori la politica dalla centralità. La politica si deve occupare di bene comune, non si deve occupare di appalti, di sanità o di affari. Questo è il senso di questo provvedimento ed in questo Parlamento si vedrà chi sta dalla parte del bene comune e chi vuole proseguire in quel meccanismo che, molto più di altre questioni, ha portato l'Italia allo stato in cui oggi si trova, con 60 miliardi di euro drenati dai soldi pubblici e con una situazione socialmente, eticamente e politicamente disastrosa.

Per questo sosteniamo questa riformulazione importante ed articolata da parte del Governo attraverso l'articolo 4 e gli emendamenti che ad esso sono stati presentati (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Melis. Ne ha facoltà.

GUIDO MELIS. Signor Presidente, un certo tasso di corruzione rappresenta da sempre la patologia di tutti i sistemi amministrativi, anche dei più virtuosi.

Il punto è, però, che in Italia, negli ultimi decenni, questo elemento patologico si è tramutato nella fisiologia del sistema, ha pervaso le alte zone dell'amministrazione, specie dove gli apparati pubblici sono entrati in maggiore contatto con prepotenti interessi privati, e si è nutrito e si nutre di un intreccio perverso ed allarmante tra burocrazia e ceto politico. Di questo stiamo parlando, del fatto che siamo diventati un caso in Europa.

Vorrei dire che non sempre è stato così. Ci sono state epoche storiche remote, ma anche relativamente prossime, nelle quali il fenomeno di cui stiamo parlando è stato tenuto apprezzabilmente sotto controllo e ridotto in termini accettabili.

Cosìè stato nel corso dell'intera età liberale, così in parte durante lo stesso fascismo sebbene già allora con la nascita del parastato si sia creata una zona a forte rischio di contaminazione politica, l'amministrazione. Cosìè stato nei primi anni della Repubblica sebbene già si intravedessero le pressioni dei partiti politici, specie nel mondo degli enti pubblici. Due fattori funzionarono allora da antidoto: il livello dell'etica pubblica e un sistema di regole atto a rendere difficile in radice l'abuso. Sul livello dell'etica pubblica e sul suo progressivo degrado negli ultimi decenni, e non solo nella sfera del pubblico ma anche in quella privata, non posso qui soffermarmi; certo, l'altissimo tasso di evasione fiscale, raro a trovarsi negli stessi termini in Europa, dice molto in proposito e ci induce a essere pessimisti. È invece sul sistema delle «regole antidoto» - come le ho chiamate - che vorrei brevemente soffermarmi.

Ieri ho sentito con interesse un intervento del collega Giancarlo Lehner che accostava il presente provvedimento nientemeno che all'occupazione nazista della Polonia, paragonando (a quanto ho capito) l'eroica resistenza dei polacchi al Reich alla resistenza che dovremmo mettere in atto oggi contro quella che lui giudica una legge di strapotere dei giudici. Io sono amico dell'onorevole Lehner, lo stimo anche come storico, mi consentirà di sorridere del paragone. No, signor Presidente, questa non è affatto una legge solo repressiva. Il contrario piuttosto, contiene infatti una consistente serie di misure preventive nascendo da una cultura ben lontana dall'iperpenalismo che paventa l'onorevole Lehner. Siamo tutti consapevoli, il Ministro per primo credo, che i sistemi amministrativi, in particolare contemporanei, si nutrono piuttosto che di diritto penale di buon diritto amministrativo, vivono piuttosto che di leggi draconiane di regolazioni soft e talvolta di buone pratiche, di codici etici introiettati nelle coscienze, di moralità diffusa nei comportamenti. Se in Italia nella lotta recente alla corruzione risalta oggettivamente il ruolo dei pubblici ministeri ciò non avviene perché sia in atto una esondazione penalistica, ma piuttosto perché per anni l'amministrazione non è stata governata né nutrita di buone regole, né monitorata come avrebbe dovuto essere; perché leggi pure eccellenti come quelle degli anni Novanta sono state lasciate da sole a inaridire senza nessuna manutenzione; perché i fenomeni degenerativi gravissimi che ci affliggono hanno potuto prosperare per anni indisturbati nella proliferazione dei regimi di eccezione (come è successo per la Protezione civile ai tempi di Bertolaso), nella omissione dei controlli (le amministrazioni ad esse preposte, quelle ispettive per prime sono state sguarnite), nel declino delle grandi amministrazioni tecniche dello Stato che consentivano allo Stato di avere occhi per vedere e mani per operare e che sono state invece via via sguarnite e distrutte.

L'articolo 4, ma direi tutto il provvedimento del quale stiamo discutendo, vuole cominciare a porre riparo a queste inadempienze, vuole affermare prima della repressione la linea della prevenzione: incompatibilità dunque, si incompatibilità, divieto di cumulo degli impieghi, estrema prudenza nell'attribuire gli incarichi alle persone che fanno parte della pubblica amministrazione e agli esterni, magistrati che facciano i magistrati e non per l'intera loro carriera - come accade - i collaboratori stretti del Governo, limitazione della prassi a rischio dei doni e dei regali, indipendenza ed inaccessibilità dei pubblici funzionari, drastico taglio e controllo delle consulenze, limiti rigorosi e regole per gli uffici di diretta collaborazione (che sono quelli in cui si è più a rischio perché lì vengono introdotte senza nessun criterio di selezione e senza nessuna trasparenza persone che possono avere degli interessi in conflitto con gli interessi pubblici).

Signor Presidente, l'amministrazione italiana ha vissuto negli ultimi decenni processi di intensa e tumultuosa trasformazione, al centro come in periferia. C'è una geografia frastagliata in cui sono nati apparati paralleli che oggi convivono, più modelli organizzativi, più figure burocratiche. In questa confusione alligna il rapporto non trasparente tra la politica e l'amministrazione, in una giungla nella quale il reclutamento è discrezionale, i requisiti sono inesistenti, il trattamento economico è esorbitante. Qui si cela il rischio che abbiamo constatato in recenti scandalistici episodi che sono sui giornali in questi giorni.

Anni fa - e concludo, signor Presidente - quello che è il più acuto studioso della nostra amministrazione, uno studioso che so caro al Ministro Patroni Griffi, Sabino Cassese, concludeva una sua celebre intervista sull'amministrazione con una frase che non ho più dimenticato: «L'amministrazione - diceva pressappoco così - è come un grande giardino e chi la governa è come un giardiniere laborioso. Egli deve lavorare nel giardino tutti i giorni, che faccia sole o che piova, una volta estirperà le erbacce, un'altra curerà una pianta malata, un'altra innesterà, un'altra seminerà, innaffierà, poterà, si prenderà cura del giardino». Il giardino, colleghi, l'abbiamo troppo spesso trascurato, scaricando sull'amministrazione troppe volte le grandi contraddizioni della vita sociale. Ne abbiamo fatto la camera di salvataggio per le crisi occupative, ne abbiamo fatto il luogo di assunzione con gli ope legis e senza selezione, di personale non all'altezza. Abbiamo consentito che cadessero ad uno ad uno i confini tra la cattiva politica, i cattivi interessi e la buona amministrazione. Questa legge comincia a coltivare di nuovo il suddetto giardino ed è per questo che noi voteremo l'articolo 4 e voteremo l'intero articolato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Saluto i docenti e gli studenti dell'istituto di istruzione superiore di ragioneria «Fabio Besta» di Battipaglia (Salerno) e anche gli insegnanti e gli studenti della scuola primaria «Telesforo Righi» di Brescello (Reggio Emilia), accompagnati dal sindaco, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).

Ha chiesto di parlare l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, vorrei dire che mi ritrovo integralmente nell'intervento del collega Granata, mentre resto assolutamente sorpreso e stupito dagli interventi precedenti che facevano intendere come se lo status quo dovesse in qualche modo essere difeso. Ed è una questione così rilevante quella sulla quale stiamo discutendo oggi che sono davvero sorpreso, in particolare dall'intervento della collega Lorenzin che parla di pregiudizio nei confronti della politica. Ma come, collega, quando le leggi esistenti hanno permesso che in questo Parlamento possano sedere venticinque persone già condannate con sentenza passata in giudicato per reati gravissimi, compresa la corruzione? È questo che vuole difendere, peraltro in larga parte ascrivibili al suo partito? Credo che quest'Aula debba andare avanti in profondità per tagliare quella che è la vera piaga che sta impedendo a questo Paese di crescere e che ci fa collocare da Transparency International al settantesimo posto come Paese per l'elevatezza della corruzione, persino dopo il Ruanda, con tutto il rispetto per questo Paese africano. Andiamo avanti e andiamo avanti in profondità perchéè una piaga che prima la si estirpa e meglio va e andrà nel nostro Paese. In particolare, continuo a dire che dovremmo fare finalmente un intervento che permetta di impedire di entrare in questo Parlamento a persone condannate con sentenza passata in giudicato per corruzione, cosa che, invece, attualmente è consentita (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, dopo che questo dibattito si è svolto con ampiezza di motivazioni, vorrei solo far presente che sul punto oggetto degli interventi più appassionati, ossia che i candidati alle elezioni non possano aver rivestito nei tre anni precedenti ruoli dirigenziali nelle pubbliche amministrazioni, c'è già stata una disponibilità del Governo ad una riformulazione. Quindi, questi argomenti, legittimamente svolti dai colleghi, sono ben noti. L'articolo aggiuntivo 4.0600 del Governo sarà accantonato o oggetto di riformulazione. Lo dico perchéè bene non acuire posizioni ideologiche, dato che non ci sono tesi così contrapposte sull'argomento, ma c'è una piena comprensione, anche da parte del Governo, del tema e, quindi, ci sarà una riformulazione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Contento. Ne ha facoltà.

MANLIO CONTENTO. Signor Presidente, poche battute perché l'intervento precedente a quello del collega Mantini merita secondo me una risposta.

E non lo faccio per difendere una collega capace come l'onorevole Lorenzin che non ha bisogno della mia difesa. Lo faccio perché forse è il caso che chi ha preso la parola sulle questioni di cui stiamo parlando, leggesse con attenzione nell'articolo aggiuntivo 4.0600 (Nuova formulazione) del Governo la lettera c). Infatti tale lettera c) non ha nulla a che fare con persone che rivestono cariche pubbliche o che sono state candidate e che hanno riportato condanne per gravi reati come quelli che sono stati evocati (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Vedo con piacere che chi è intervenuto sta cercando di leggere la lettera c) dopo essere intervenuto e me ne compiaccio, ma se l'avesse fatto prima si sarebbe reso conto che la questione sollevata dall'onorevole Lorenzin ha un pregio sotto il profilo etico, morale e politico.

Infatti se è giusto non candidare - penso di essere tra quelli che lo sostengono - persone che hanno riportato condanne definitive per gravi reati, non capisco perché si devono equiparare a queste persone uomini o donne che hanno semplicemente assunto il ruolo di eletti al Parlamento o in amministrazioni pubbliche e lo hanno fatto magari con dignità e onore come prevede la Carta costituzionale (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà e di deputati del Partito Democratico). Di questo parla l'articolo aggiuntivo. Signor Presidente, permetta di rivolgermi ancora una volta anche a lei. Mi permetto di dire che non ritengo del tutto corretto che una proposta emendativa come questa sia stata sottoscritta dal Governo. Infatti questo articolo aggiuntivo interferisce sui diritti di elettorato perché sostanzialmente condiziona anche la possibilità, badi bene, non soltanto di rivestire la carica pubblica, ma addirittura di essere candidati. Infatti se uno è stato candidato per tre anni, non può fare il dirigente amministrativo. Trovo che sia allucinante, nonostante quello che accade sui dibattiti politici, sui giornali e sui mezzi di comunicazione. Non si tratta di difendere la categoria. Si tratta di distinguere le persone per bene da quelle che hanno riportato condanne. Chi difende le persone perbene sta con la maggioranza degli italiani, non contro le istituzioni (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà, Popolo e Territorio, Lega Nord Padania e di deputati dei gruppi Partito Democratico e Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Mi permetta di ricordarle, perché ha avuto l'amabilità di rivolgersi direttamente alla Presidenza, che la Presidenza non ha alcun titolo per valutare l'opportunità politica o meno di...

MANLIO CONTENTO. Vuol fare qualche comunicato anche lei, signor Presidente?

PRESIDENTE. Il Presidente quel che può fare lo sta facendo, vale a dire rispondere al suo cortese intervento ricordando che non è nei poteri della Presidenza valutare se i Governi hanno sensibilità o meno quando firmano una proposta emendativa.

Ha chiesto di parlare l'onorevole Muro. Ne ha facoltà.

LUIGI MURO. Signor Presidente, molto brevemente, fermo restando che condivido il contenuto sostanziale dell'intervento del collega Granata, vorrei segnalare al Governo una criticità dal momento che stiamo attribuendo una delega. Inserire la lettera c) nell'ambito di un provvedimento anticorruzione, a mio avviso, non solo dal punto di vista politico, ma anche dal punto di vista sistematico della normativa è una criticità fortissima. Si lancia un messaggio che chi ha svolto un ruolo politico elettivo è più corruttibile di chi invece non l'ha svolto. Secondo noi questa è una criticità forte che deve essere tenuta dal Governo nel giusto conto in sede di adozione e di sviluppo della delega (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere delle Commissioni.

JOLE SANTELLI, Relatore. Signor Presidente, le Commissioni esprimono parere contrario sull'emendamento Melis 4.15.

Le Commissioni raccomandano l'approvazione del loro subemendamento 0.4.600.300 e accettano l'emendamento 4.600 del Governo.

Le Commissioni esprimono parere favorevole sull'emendamento Paolini 4.290 mentre esprimono parere contrario sull'emendamento Ferranti 4.16.

Le Commissioni esprimono parere favorevole sull'emendamento Paolini 4.295 ed esprimono parere favorevole sull'emendamento Vassallo 4.250 purché sia riformulato. Leggo la riformulazione.

Al comma 1, dopo la lettera c), aggiungere la seguente: c-bis) al comma 14, dopo il secondo periodo, sono aggiunti i seguenti: «Le informazioni relative a consulenze e incarichi comunicate dalle amministrazioni al dipartimento della funzione pubblica, nonché le informazioni pubblicate dalle stesse nelle proprie banche dati accessibili al pubblico per via telematica ai sensi del presente articolo, sono trasmesse e pubblicate in tabelle riassuntive, rese liberamente scaricabili in un formato digitale standard aperto che consenta di analizzare e rielaborare, anche a fini statistici, i dati informatici. Entro il 31 dicembre di ciascun anno il dipartimento della funzione pubblica trasmette alla Corte dei conti l'elenco delle amministrazioni che hanno omesso di trasmettere e pubblicare, in tutto o in parte, le informazioni di cui al terzo periodo del presente comma in formato digitale standard aperto».

Le Commissioni esprimono parere favorevole sull'emendamento Ferranti 4.17, mentre esprimono parere contrario sull'emendamento Ferranti 4.18.

PRESIDENTE. Il Governo?

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Melis 4.15, non accettato dalle Commissioni né dal Governo...

ROBERTO GIACHETTI. È stato ritirato!

PRESIDENTE. Onorevole Giachetti, prendo atto con piacere che è ritirato: era sufficiente segnalarlo alla Presidenza qualche istante prima.

Allora è ritirato.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.4.600.300 delle Commissioni, accettato dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione...

(Segue la votazione).

ANTONIO DI PIETRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro, ho dichiarato aperta la votazione. Onorevole Di Pietro, lei è un collega esperto: è sufficiente avvisare la Presidenza qualche istante prima, se si vuole prendere la parola.

ANTONIO DI PIETRO. Allora, su tutti gli emendamenti preannuncio che vorrei prendere la parola.

PRESIDENTE. Perfetto, mi sembra più che corretto, quindi lei avrà diritto di parola, ovviamente nell'ambito del tempo a disposizione.

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 495

Votanti 491

Astenuti 4

Maggioranza 246

Hanno votato489

Hanno votato no 2).

Passiamo alla votazione dell'emendamento 4.600 del Governo.

Aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Pietro. Prendo atto che vi rinunzia.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 4.600 del Governo, accettato dalle Commissioni.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

PIPPO GIANNI. Anche io devo votare!

PRESIDENTE. E chi glielo impedisce, onorevole Gianni? Ecco, come ha visto, ha votato: è sufficiente stare tranquilli e si vota subito.

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 494

Votanti 488

Astenuti 6

Maggioranza 245

Hanno votato485

Hanno votato no 3).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Paolini 4.290.

Aveva chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Pietro. Prendo atto che vi rinunzia.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Paolini 4.290, accettato dalle Commissioni e dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Marini, Rao...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 496

Votanti 492

Astenuti 4

Maggioranza 247

Hanno votato491

Hanno votato no 1).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Ferranti 4.16. Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Ferranti 4.16 lo ritirano.

ANTONIO DI PIETRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, facciamo nostro l'emendamento in oggetto e chiediamo che sia posto in votazione.

DONATELLA FERRANTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, confermo di voler ritirare l'emendamento a mia prima firma 4.16.

PRESIDENTE. Sta bene, onorevole Ferranti, tuttavia, l'onorevole Di Pietro ha annunciato di far proprio l'emendamento.

Passiamo, dunque, ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ferranti 4.16, fatto proprio dal gruppo dell'Italia dei Valori, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

I colleghi hanno votato? Onorevole Saltamartini... onorevole Servodio...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione:

Presenti 490

Votanti 470

Astenuti 20

Maggioranza 236

Hanno votato sì 237

Hanno votato no 233.

(La Camera approva - Vedi votazioni).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Paolini 4.295, accettato dalle Commissioni e dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevole Pezzotta...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 491

Votanti 487

Astenuti 4

Maggioranza 244

Hanno votato484

Hanno votato no 3).

Passiamo alla votazione dell'emendamento Vassallo 4.250.

Prendo atto che il presentatore dell'emendamento Vassallo 4.250 accetta la riformulazione proposta dal relatore.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Vassallo 4.250, nel testo riformulato, accettato dalle Commissioni e dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

I colleghi hanno votato? Onorevole De Nichilo Rizzoli... onorevole D'Anna... onorevole Gianni... onorevole Paglia...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 497

Votanti 495

Astenuti 2

Maggioranza 248

Hanno votato494

Hanno votato no 1).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ferranti 4.17, accettato dalle Commissioni e dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

I colleghi hanno votato?

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 489

Votanti 486

Astenuti 3

Maggioranza 244

Hanno votato485

Hanno votato no 1).

Prendo atto che l'onorevole Misuraca ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.

Passiamo all'emendamento Ferranti 4.18. Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Ferranti 4.18 lo ritirano.

ANTONIO DI PIETRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, in realtà, l'emendamento che aveva proposto la collega Ferranti è molto importante, perché fa una scelta di campo: indica se una cosa si può fare o non si può fare, eliminando, appunto, la particella «non». Io invito a leggere e a considerare se davvero si possa ritirare un emendamento di questo genere: è una scelta di campo e, dunque, non riusciamo a capire la ragione per la quale avviene questo ripensamento.

Noi dell'Italia dei Valori riteniamo, invece, che la proposta sia estremamente importante e invitiamo in tal senso a votare favorevolmente facendo nostro questo emendamento.

PRESIDENTE. Onorevole di Pietro, quindi se ho ben compreso, qualora l'onorevole Ferranti confermi che l'emendamento è ritirato, lei lo farebbe proprio. Sta bene.

BEATRICE LORENZIN. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BEATRICE LORENZIN. Signor Presidente, si sta verificando un fatto alquanto antipatico: noi in Comitato dei diciotto abbiamo doppi relatori, rappresentanti di varie forze politiche e abbiamo fatto un grosso lavoro di mediazione e di analisi sugli emendamenti; ora, se la maggioranza si spacca e vota in modo difforme rispetto anche ad accordi presi nell'ambito del Comitato dei diciotto, dove non c'era un indirizzo a rimettersi all'Aula, sinceramente diventa un po' difficile il lavoro che stiamo facendo con equilibrio e con buonsenso (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori e poi la collega Ferranti, presumibilmente, interverrà sul merito dell'emendamento.

Poiché si sta verificando una condizione secondo la quale gli emendamenti dei colleghi del Partito Democratico, che vengono ritirati, sono fatti propri da un altro gruppo, indipendentemente dalla discussione di merito e visto che il ritiro degli emendamenti è l'esito del lavoro delle Commissioni e del Comitato dei diciotto, nel momento in cui gli emendamenti dei colleghi del PD ritirati vengano fatti propri da altri gruppi, il gruppo del PD si asterrà nella votazione.

DONATELLA FERRANTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, vorrei motivare il ritiro dell'emendamento e ci tengo anche a spiegarlo al collega Di Pietro.

In effetti, c'è la questione del lavoro di mediazione del Comitato dei diciotto ma, in realtà, c'è una convinzione del fatto che il «non» era riferito alla parte che disciplina la situazione transitoria. Quindi la norma del disegno di legge che andiamo a discutere e ad approvare prevede che le disposizioni di cui all'articolo 53 non si applichino - ecco il «non» - ai contratti già sottoscritti alla data di entrata in vigore. Quindi, il nostro era un ritiro convinto perché bisogna salvaguardare le situazioni già in corso.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Contento. Ne ha facoltà.

MANLIO CONTENTO. Signor Presidente, vorrei rivolgere il mio intervento a lei e, indirettamente, al collega Di Pietro perché, il collega Di Pietro fa proprio un emendamento che, a mio giudizio, ha degli effetti assurdi. Infatti, il famoso comma 16-ter, che viene inserito da questa disposizione, prevede, sostanzialmente, che i dipendenti che negli ultimi tre anni di servizio abbiano esercitato poteri autorizzativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni non possano svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari delle attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri.

La norma poi prevede che i contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione di quanto previsto dal presente comma siano nulli ed è fatto divieto ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con la pubblica amministrazione per i successivi tre anni.

Ora, onorevole di Pietro, se lei fosse stato un dipendente pubblico e avesse cessato la sua attività e magari non avesse ancora l'età per ottenere, attraverso il provvedimento di quiescenza, la pensione e se, in base a questo, si fosse fatto un'attività lavorativa all'interno di un'amministrazione privata e avesse concluso un contratto, grazie al suo emendamento lei rimarrebbe senza lavoro e il contratto verrebbe annullato retroattivamente.

Allora, santo cielo, quando parliamo della certezza del diritto, dobbiamo avere anche attenzione a fare in modo che le nuove norme che vogliamo inserire abbiano effetti per il futuro e non siano quindi retroattive. Quindi, sotto questo profilo, abbiamo rafforzato la tutela, ma dobbiamo anche garantire la certezza del diritto. Ecco perché aveva fatto bene - secondo noi - la collega Ferranti a ritirare l'emendamento, e forse lei non ha fatto altrettanto bene a farlo proprio.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Borghesi. Ne ha facoltà.

ANTONIO BORGHESI. Signor Presidente, intervengo solo per ricordare che o questo principio ha un senso, dal punto di vista della lotta contro la corruzione, o non ce l'ha. Se ce l'ha, non si capisce perché dovrebbe esserne rinviata l'applicazione per qualcuno. Vorrei ricordare che, nella storia delle leggi che sono state fatte in questo Paese, quante volte sono state cambiate le regole del gioco a persone che avevano prese delle decisioni sulla base di legislazioni precedenti? Penso, ad esempio, agli esodati, ai 300 mila esodati; su quelli non ha avuto nulla da dire il collega? Non ha avuto nulla da dire il collega?

VINCENZO PISO. Ma cosa c'entra, pagliaccio? Vai a studiare!

ANTONIO BORGHESI. Allora, credo sia giusto che noi abbiamo fatto proprio questo emendamento, e chiediamo all'Aula di votarlo, perché se la norma ha un senso deve averlo immediatamente e non fra qualche anno.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ferranti 4.18 fatto proprio dal gruppo Italia dei Valori, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Speciale, Marini...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 497

Votanti 318

Astenuti 179

Maggioranza 160

Hanno votato22

Hanno votato no 296).

Passiamo alla votazione dell'articolo 4.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, interverrò brevissimamente. Il nostro gruppo voterà a favore di questo articolo. Ho ascoltato con molta attenzione il confronto che vi è stato e che ha preceduto l'analisi delle proposte emendative. Dico subito che questo è un momento per il quale bisogna capire e comprendere che l'obiettivo che noi perseguiamo è quello dell'efficienza della pubblica amministrazione, di una tutela della pubblica amministrazione e del cittadino in un giusto e concreto equilibrio. Chi pensa - lo voglio dire con estrema chiarezza - di cogliere questo provvedimento per andare ultra petitum, oltre quello che è lo spazio e l'aria che ci riserva questo provvedimento, sbaglia, è errato, perché qui sono in gioco, ovviamente, valori e principi fondamentali, su cui tutti quanti dobbiamo puntare la nostra attenzione e che dobbiamo tutti quanti rafforzare giorno per giorno.

Certamente noi siamo perché vi sia una trasparenza nella pubblica amministrazione; non ci dobbiamo nascondere ipocritamente di quello che è successo e che succede: qualche rilassamento, qualche incertezza, qualche confusione, qualche conflitto. Certamente sarebbe esiziale se, partendo da tutto ciò, non vi fosse una tutela sia della pubblica amministrazione, sia dei dirigenti, sia dei funzionari e sia dei cittadini, e il fatto che debba crearsi un clima armonico per raggiungere alcuni obiettivi fondamentali. Voglio cogliere l'opportunità che ci è data dalla presenza del Ministro della funzione pubblica, per dire una cosa importante e fondamentale: vi è un problema di rinnovamento, di innovazione della pubblica amministrazione, come servizio fondamentale. Non dobbiamo vedere sempre una controparte - come si è visto anche in molte occasioni -, ma tentare di recuperare sul piano culturale un processo forte di grande dignità, dove sono in gioco, certamente, le istituzioni democratiche all'interno del nostro Paese.

Sia a livello centrale sia a livello locale ci debbono certamente essere una trasparenza e una chiarezza attraverso una comunicazione e un'offerta di una limpidezza di comportamenti e di gestione, anche attraverso l'eliminazione dei conflitti di interessi.

Ritengo che questo sia un momento particolare che stiamo vivendo e non vorrei che si aprisse un confronto che c'è stato nelle Commissioni congiunte tra coloro che sono ortodossi o fondamentalisti e altri che non lo sono. Non credo che questa sia l'occasione per dimostrare grande senso di responsabilità, ma soprattutto di cogliere anche i processi che vengono in atto e che sono in atto all'interno del nostro partito per dare a questa nostra funzione un ruolo importante e fondamentale nel recuperare, soprattutto per quanto riguarda la pubblica amministrazione, e fugare delle zone d'ombra e di incertezza.

Ecco perché credo che il discorso che va fatto in questo momento sia culturale. Che ci sia un aggravamento in più di pena o di sanzione, che ci sia una fattispecie in più o in meno è importante e fondamentale, ma certamente sono mancati l'effettività della pena di norme già esistenti, un controllo reale sulla pubblica amministrazione, un'assenza di trasparenza, ma soprattutto di adattamento e di assuefazione da parte dei più. Ritengo che un processo che viene fatto attraverso una normativa debba incoraggiare certamente un approntamento di elementi e di strumenti, ma soprattutto deve acquisire e far acquisire una nuova sensibilità all'interno del nostro Paese.

PRESIDENTE. Onorevole Tassone, la prego di concludere.

MARIO TASSONE. Ecco perché, signor Presidente, votiamo a favore dell'articolo 4 dopo aver registrato, a mio avviso, un dibattito importante e fondamentale con qualche punto in più di polemiche, ma soprattutto di forzature che non rientrano certamente nello spirito della norma e di questo provvedimento che tutti quanti concorriamo a realizzare (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nicola Molteni. Ne ha facoltà.

NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, intervengo per annunciare il voto favorevole del gruppo della Lega Nord all'articolo 4. Ma non posso ovviamente esimermi dal fare alcune osservazioni anche alla luce di quello a cui abbiamo assistito ieri ed oggi in Aula, ma soprattutto di quello a cui stiamo assistendo ormai da mesi nell'attività in Commissione. Voteremo a favore di questo provvedimento e dell'articolo 4, a fronte dell'atteggiamento che il gruppo della Lega ha tenuto, sta tenendo e continuerà a tenere su questo provvedimento. Si tratta di un provvedimento importante e urgente, che ci chiede il Paese, di legalità e di correttezza, necessario per potere ridare uno spirito di legalità non solo rispetto alle pubbliche amministrazioni, ma al Paese.

A fronte del nostro atteggiamento di serietà, coerenza, responsabilità, costruttività, ma anche di stimolo a procedere celermente all'approvazione di questa legge, non possiamo però non denotare su questo provvedimento ciò di cui abbiamo avuto riprova oggi in Aula. Credo che ne avremo riprova nei prossimi giorni e la settimana prossima, quando andremo a toccare la parte relativa agli aspetti penali e credo che in quell'occasione avremo da divertirci purtroppo in senso negativo. Oggi, infatti, assistiamo ad una grande divisione all'interno della maggioranza.

La collega Lorenzin prima ricordava ai colleghi del PD e dell'Italia dei Valori queste divisioni. Mi preme però far notare alla collega Lorenzin che di questa maggioranza divisa su questo provvedimento fa parte anche il Popolo della Libertà. Quindi, credo che su un provvedimento così importante serva, soprattutto nell'Aula, un senso di maggiore responsabilità. Invitiamo anche il Governo. L'assenza costante e continua del Ministro Severino credo che non sia un fatto che vada trascurato (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), anche perché gli aspetti di natura penalistica saranno gli aspetti che andranno ad incidere in maniera maggioritaria e più incidente su questo provvedimento. Mi auguro che da qui al termine del provvedimento la maggioranza possa ricomporre quel senso di unità, compattezza e - mi permetto di dire - anche di responsabilità che oggi non vediamo. Abbiamo presentato pochi emendamenti di merito, che vanno a specificare e definire alcuni aspetti significativi del provvedimento.

Denotiamo invece, da parte di questa maggioranza inusuale, allargata e divisa, non il medesimo atteggiamento. Quindi, ribadendo il voto favorevole del gruppo della Lega, riteniamo però anche che vada sottolineato e richiamati il Governo e la maggioranza ad una maggiore serietà, perché questo provvedimento non può consentire questo tipo di comportamento. Per mesi, abbiamo avuto degli stop and go nelle Commissioni, mi auguro che questo atteggiamento - a volte anche ostruzionistico, a volte meramente dilatorio - non trovi poi presenza anche in Aula, perché il Paese aspetta questa legge e, da parte nostra, continuerà ad esserci un atteggiamento di grande responsabilità.

Il Paese vuole questa legge e la Lega farà la sua parte affinché questa legge venga approvata in tempi rapidi e celeri (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Pietro. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, sarò brevissimo. Intervengo solo per annunciare il voto favorevole dell'Italia dei Valori all'articolo 4 e per dare così una risposta a chi si è permesso di dire che, siccome su qualche punto la pensiamo diversamente da lui, noi stiamo lavorando per non approvare il provvedimento che dovrebbe invece contribuire a ridare trasparenza ed efficienza alla pubblica amministrazione.

In un'Aula parlamentare ci si confronta sulle idee, sui programmi e soprattutto sul concreto. Questa accusa, che ci viene rivolta semplicemente perché ci permettiamo di far riflettere su alcuni temi, ci sembra davvero fuori luogo ed offensiva sul piano personale. Anche perché se avessi dovuto fare delle questioni, avrei potuto farne ben altre rispetto ai compromessi ai quali stiamo assistendo in quest'Aula.

Non so se è chiaro, ma qui - ogni volta che su un problema c'è un partito politico che la pensa in un modo ed un partito politico che la pensa in un altro - si decide come Ponzio Pilato ed il provvedimento viene ritirato, in modo che non se ne discuta. A me pare che questo sia grave. Invece, credo che in una democrazia evoluta ognuno si debba assumere le proprie responsabilità e votare per come pensa e non per come gli fa più comodo. C'è invece l'idea per la quale, siccome dobbiamo far vedere all'esterno che c'è una maggioranza, dobbiamo anche qui all'interno rinunciare alle nostre idee ed ai nostri principi. Stiamo parlando di questioni tecniche specifiche, non stiamo parlando di chissà quale tema. Su una questione tecnica specifica si può anche essere in disaccordo all'interno di una maggioranza, senza che questo diventi uno scandalo.

È stato approvato prima un emendamento proposto dall'Italia dei Valori, o meglio copiato dall'Italia dei Valori e proposto da un'altra forza politica: sembrava che ci fosse chissà quale scandalo. Io invece credo che non sia successo niente, credo che su quel problema e su quel tema specifico la maggioranza dei parlamentari responsabilmente ha pensato in modo diverso. Non è possibile che noi, per far vedere che il Governo ha la sua maggioranza, rinunciamo a fare un provvedimento, su cui la maggioranza dei parlamentari altrimenti voterebbe in modo diverso.

Per questa ragione, diciamo che non intendiamo rinunciare alle nostre idee. Votiamo a favore anche di questo articolo, per dimostrare che stiamo lavorando perché ci sia un provvedimento serio ed oculato e non perché si faccia mero ostruzionismo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lorenzin. Ne ha facoltà.

BEATRICE LORENZIN. Signor Presidente, intervengo per annunciare il voto favorevole del mio gruppo, del PdL, che è assolutamente favorevole a questo articolo.

Mi dispiace aver sentito queste parole dall'onorevole di Pietro: qui nessuno l'ha voluto offendere, ma nel dibattito che c'è stato sugli articoli aggiuntivi all'articolo 4 - ed in particolare sugli emendamenti del Governo - credo che le questioni sollevate dal mio gruppo siano delle questioni dirimenti che riguardano il rapporto cruciale tra politica, pubblica amministrazione e buon andamento ed efficienza della pubblica amministrazione. Spiace invece che proprio per quella libertà del dibattito di quest'Aula, che lui richiamava, si perdano di vista gli elementi essenziali e si vada a cercare l'articolo che ci piace di più o che ci piace di meno per articolare il dibattito.

L'articolo, così come esce anche grazie all'accantonamento - poi affronteremo il tema degli articoli aggiuntivi - risponde alle esigenze che ci siamo posti tutti e cioè a quelle di attivare dei percorsi chiari nella selezione della classe dirigente e di andare a disciplinare quelli che sicuramente sono degli abusi che si sono verificati e che sono stati accertati negli ultimi anni.

Quindi, da questo punto di vista il PdL ha intenzione di continuare a lavorare su questo provvedimento in modo serio, in modo responsabile, entrando nel merito dei singoli emendamenti che non sono emendamenti speciosi, ma che in alcuni casi potrebbero finire per stravolgere non solo il senso di questa norma, ma intere altre normative che regolano oggi la pubblica amministrazione ed il rapporto tra dirigenza e giudizio nella pubblica amministrazione.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI (ore 12,20).

BEATRICE LORENZIN. Il nostro intento è quello di uscire fuori da questo percorso, con una legge che dia garanzie in più ai cittadini e alle imprese, e da questo punto di vista siamo pronti a continuare a confrontarci con il lavoro serio che è stato fatto in questi giorni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Casini. Ne ha facoltà.

PIER FERDINANDO CASINI. Signor Presidente, vorrei prendere spunto dalle dichiarazioni degli onorevoli Di Pietro e Lorenzin per dire questo: credo anch'io che si stia facendo un lavoro molto importante, credo che l'onorevole Lorenzin abbia arricchito certamente il dibattito di questa mattina con interventi puntuali, possiamo avere opinioni diverse, le opinioni diverse sono fisiologiche, ma ci deve essere a questo punto del lavoro una presa di posizione comune.

Questo provvedimento deve andare avanti, non possono essere applicate a questo provvedimento tecniche dilatorie, perché un conto sono le legittime posizioni che possono essere diverse, ma guai se il Parlamento, in questa fase di delegittimazione della politica, venisse a dover verificare che non riesce ad affrontare questo tema. Poiché nei boatos paralleli al lavoro di Aula si sente parlare della possibilità di rinvio, io voglio dire con chiarezza che su questo ciascuno si assumerà le proprie responsabilità, noi non potremo accettare alcun rinvio dell'esame di questo provvedimento che magari dovesse delinearsi parallelamente ai lavori dell'Aula, in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, perché credo che sarebbe una sconfitta per tutti (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giovanelli. Ne ha facoltà.

ORIANO GIOVANELLI. Signor Presidente, vorrei annunciare il voto favorevole del Partito Democratico su questo articolo e dare atto con assoluta sincerità al Governo di aver contribuito, con il suo subemendamento, ad arricchire significativamente il testo che era stato elaborato prima dalle Commissioni riunite, segnando una significativa innovazione su tutto il campo dei codici etici, che è il vero cuore di questo articolo. Per questo vorrei che si mettesse da parte qualsiasi atteggiamento e qualsiasi tono teso a sminuire o incrinare il ruolo costruttivo che il Governo in una situazione delicata, quando l'esame del provvedimento era già in corso e per quanto riguarda questa parte già oltre i termini di una discussione normale sugli emendamenti, ha dato per rimettere su binari corretti e innovativi un dibattito su una questione centrale come quella della trasparenza e della lotta alla corruzione.

Nessuno può sottovalutare o sottolineare un qualche atteggiamento dilatorio da parte del Partito Democratico, nessuno può sottolineare un nostro atteggiamento teso a non farci carico fino in fondo della questione decisiva che stiamo affrontando; non sarà consentito a nessuno, nell'ambito di un'azione costruttiva e tesa ad arrivare in fondo per dare al Paese una legge, qualsiasi atteggiamento teso a svuotare l'innovazione che abbiamo cercato di inserire in questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Evangelisti. Ne ha facoltà.

FABIO EVANGELISTI. Signor Presidente, seguo sempre con molta attenzione ed interesse le esternazioni del Presidente Casini, che quando parla non parla mai a caso.

Sono sicuro che non si riferisse al gruppo dell'Italia dei Valori nel suo riferimento a coloro che vogliono rinviare la discussione di questo provvedimento, anche perché - se non è noto, ve ne rendo edotti - il gruppo dell'Italia dei Valori ha consumato, ad oggi, ventitré minuti ed ha ancora a disposizione un'ora e ventitré minuti. Quindi, da parte nostra c'è soltanto un lavoro serio, deciso, determinato, coerente e puntuale sugli emendamenti che abbiamo presentato noi e su quelli che hanno presentato altri colleghi. Invito, pertanto, il presidente Casini, se ci sono dei boatos, a denunciarli apertamente, in modo che ciascuno di noi sappia come affrontarli e respingerli.

DARIO FRANCESCHINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DARIO FRANCESCHINI. Signor Presidente, l'intervento dell'onorevole Casini, che condivido nel merito, mi obbliga a dire con molta chiarezza quello che per noi è ovvio e scontato in questa Aula, ma affinché non resti nessuna ombra e nessuna perplessità: noi siamo qua per andare avanti nel calendario dei lavori di questa e della prossima settimana sino alla conclusione del provvedimento, senza nessun rinvio e con piena assunzione di responsabilità da parte del Governo e dei singoli gruppi parlamentari su ogni singolo emendamento (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Muro. Ne ha facoltà.

LUIGI MURO. Signor Presidente, il gruppo di Futuro e Libertà intende dare un segnale chiaro, quello di continuare a lavorare per tutto il tempo necessario da subito. Già nelle situazioni ordinarie è sbagliato annunciare una cosa e non farla. In un periodo come questo, in cui la sensibilità della gente è particolarmente vicina ai temi che stiamo trattando, sarebbe veramente un errore gravissimo, oltre che un'ingiustizia grave, non continuare. Quindi, per noi dobbiamo proseguire senza nessun rallentamento (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Dozzo. Ne ha facoltà.

GIANPAOLO DOZZO. Signor Presidente, ho sentito i colleghi Di Pietro, Casini e Franceschini porre la questione dei termini e della celerità per quanto riguarda l'approvazione di questo provvedimento. Mi auguro, cari colleghi, che si possa approvare in maniera celere questo provvedimento, senza però ricorrere a nessun voto di fiducia (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Se ci fosse l'intenzione di ricorrere all'ennesimo voto di fiducia, magari su qualche articolo, che dal punto di vista regolamentare è fattibile - ci sono stati altri precedenti - ho la netta sensazione che si potrebbe forzare, sia da una parte che dall'altra, l'esito del voto su questo provvedimento. Quindi, da parte mia - concludo, signor Presidente - spero che martedì o mercoledì non ci si ritrovi qui a votare non so se la quindicesima, la diciottesima o la ventesima fiducia al Governo Monti su un provvedimento che nulla ha a che vedere con le attività del Governo, ma attiene di più alle attività del Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

FABRIZIO CICCHITTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABRIZIO CICCHITTO. Signor Presidente, non so a cosa ed a chi si riferisse l'onorevole Casini. Per quanto ci riguarda, siamo impegnati ad approvare questo provvedimento, ma evidentemente non alla cieca. Nessuno può mettere in moto un meccanismo per cui, facendo un indegno processo alle intenzioni, poi non ci si confronta sul merito dei problemi e delle questioni che sono molto ampie (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Noi diciamo con chiarezza che siamo impegnati ad approvare questo provvedimento, ma non siamo impegnati ad approvare cose che non condividiamo, ad approvare proposte che sono arrivate non in Commissione, ma direttamente in Aula, senza guardarle attentamente. Se voi ritenete, in nome di una demagogia, che francamente rinvio al mittente, che si possano approvare alla cieca norme che possono provocare danni e guasti nel lavoro della pubblica amministrazione e nel rapporto tra cittadini e politica, ebbene noi questo non lo facciamo.

Facciamo, invece, un lavoro serio, che riguarda i vari articoli (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Non a caso, alcuni articoli sono stati rinviati perché vi sono dei problemi e delle questioni...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Cicchitto.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 4, nel testo emendato.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Cesare Marini, Napoli, Laboccetta, Foti, Costa, Moles, Testoni...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 485

Votanti 484

Astenuti 1

Maggioranza 243

Hanno votato481

Hanno votato no 3).

Prendo atto che i deputati Crosio, Realacci e Lamorte hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.

Invito il relatore ad esprimere il parere sugli articoli aggiuntivi all'articolo 4.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, le Commissioni chiedono l'accantonamento dell'articolo aggiuntivo 4.0600 (Nuova formulazione) del Governo, e quindi, conseguentemente, chiedono l'accantonamento anche dei subemendamenti Bragantini 0.4.0600.1 e Vassallo 0.4.0600.2. Le Commissioni chiedono l'accantonamento dell'articolo aggiuntivo Mantovano 4.0250.

Le Commissioni esprimono parere favorevole sull'articolo aggiuntivo Mantovano 4.0251, chiedono l'accantonamento dell'articolo aggiuntivo Mantovano 4.0252 ed esprimono parere contrario sull'articolo aggiuntivo Mantovano 4.0253. Mi risultano ritirati gli articoli aggiuntivi Mantovano 4.0254 e....

PRESIDENTE. Onorevole Santelli, alla Presidenza non risulta ritirato l'articolo aggiuntivo Mantovano 4.0254. Quindi, per il momento, esprima il parere.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli articoli aggiuntivi Mantovano 4.0254 e 4.0256...

PRESIDENTE. No, gli articoli aggiuntivi Mantovano 4.0256, 4.0258, 4.0259, 4.0260 e 4.0261 sono stati ritirati.

Quindi, onorevole Santelli, deve esprimere il parere sull'articolo aggiuntivo 4.0650 delle Commissioni.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, le Commissioni raccomandano l'approvazione del proprio articolo aggiuntivo 4.0650.

PRESIDENTE. Qual è il parere del Governo?

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Signor Presidente, il Governo concorda con il relatore. Voglio cogliere l'occasione solo per precisare che il Ministro Severino sarà senz'altro presente per il Governo per tutti gli emendamenti che riguarderanno la parte penale.

PRESIDENTE. L'articolo aggiuntivo 4.0600 (nuova formulazione) del Governo e i relativi subemendamenti si intendono dunque accantonati. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Mantovano 4.0251, accettato dalle Commissioni e dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Cesare Marini, Servodio, Tanoni, Sposetti, Sbrollini, Fitto, Carlucci, Mondello, De Luca...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 484

Votanti 482

Astenuti 2

Maggioranza 242

Hanno votato482).

Ricordo che l'articolo aggiuntivo Mantovano 4.0252 deve intendersi accantonato.

Passiamo all'articolo aggiuntivo Mantovano 4.0253.

ALFREDO MANTOVANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALFREDO MANTOVANO. Signor Presidente, non sono disponibile ad accogliere l'invito garbatamente rivolto dalla relatrice e dal Governo perché l'articolo aggiuntivo in questione punta ad affrontare una questione grave e seria.

Si assiste, con una certa frequenza, alla seguente scansione: un'amministrazione adotta un provvedimento, si ricorre contro il provvedimento medesimo e, dopo un certo tempo, il giudice amministrativo accoglie il ricorso. A questo punto si assiste ad una circostanza singolare: in troppi casi, chi ha promosso il ricorso, dopo avere ottenuto ragione da parte del giudice amministrativo, rinuncia al ricorso medesimo, facendo rivivere il provvedimento dichiarato illegittimo. La sentenza formalmente viene meno, il provvedimento annullato rivive, anche se il giudice amministrativo lo ha «bollato» di illegittimità.

Il campo in cui una vicenda del genere si svolge con maggiore frequenza, guarda un po', è quello delle gare d'appalto. Il concorrente escluso dall'aggiudicazione presenta ricorso, l'esecuzione dell'opera, ordinariamente, viene bloccata e poi lo stesso ricorrente, certo non alla luce del sole, contratta con l'aggiudicatario la propria rinuncia al ricorso. È evidente che il prezzo non legale, non lecito, della rinuncia sale mano a mano che ci si avvicina alla sentenza e subisce un rialzo dopo la pronuncia della sentenza se favorevole al ricorrente.

Non so per quali ragioni, perché non sono state esplicitate, le relatrici e il Governo hanno espresso parere contrario sull'articolo aggiuntivo in questione. Può darsi che la motivazione sia quella che il processo amministrativo è un processo di parti, ma nel momento del procedimento oggetto dell'articolo aggiuntivo in esame, quando il giudice si è già pronunciato, vi è un interesse pubblico che, a mio avviso, è certamente prevalente su quello privato della parte a non fare rivivere un atto dichiarato illegittimo a seguito del contraddittorio delle parti medesime.

Allora, gradirei - sollecitando l'attenzione favorevole dell'Aula all'articolo aggiuntivo in oggetto - che sì, si affrontassero pure tutti i discorsi che abbiamo seguito finora sui massimi sistemi correlati alla corruzione, ma che poi si fosse coerenti e non si bocciassero le proposte che puntano a circoscrivere - non certo ad eliminare, perché nessuno si fa illusioni - l'area della possibile corruttela.

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Signor Presidente, intervengo solo per spiegare il problema tecnico, a mio avviso non indifferente, che è dietro l'articolo aggiuntivo in questione.

Come sapete, il giudizio amministrativo è un giudizio di parte, non è un giudizio oggettivo al pari del giudizio civile. La situazione denunciata dall'onorevole Mantovano va ricostruita perché non è che il problema presentato in sé non esista. Che questo tipo di distorsione possa verificarsi non solo non lo posso escludere, ma posso anche ritenerlo possibile.

Il problema peròè il seguente. Secondo l'articolo aggiuntivo in oggetto «Le pubbliche amministrazioni dispongono in ogni caso l'annullamento d'ufficio dei provvedimenti amministrativi definitivamente annullati in sede giurisdizionale, anche nei casi in cui la parte vittoriosa nel giudizio ha volontariamente rinunciato al ricorso o agli effetti della sentenza di annullamento». Questa evenienza è tecnicamente possibile nel processo amministrativo solo ed esclusivamente se pende l'appello, quindi la parola «definitivamente» la debbo intendere riferita alla sentenza di primo grado.

Quindi, noi abbiamo una sentenza di primo grado che annulla e abbiamo un ricorso in appello. A questo punto, poiché non posso, ovviamente, impedire alla parte di rinunciare con l'appello al ricorso originario, nel momento in cui la parte rinuncia al ricorso originario, quella sentenza di primo grado non definitiva viene meno tecnicamente, perché non c'è più il ricorso con cui quel provvedimento è stato impugnato.

Se questo è vero, si ricollega automaticamente l'autotutela ad un fatto che non esiste più. Non esiste più nella realtà fisica; c'è una sentenza di annullamento che non esiste più e che - vorrei far presente - era una sentenza non definitiva, tant'è vero che era impugnata e, quindi, suscettibile di riforma in appello. Quindi quei fatti - l'illegittimità del provvedimento originario - non risultano accertati ed in particolare l'illegittimità non risulta accertata né da una sentenza irrevocabile né, a seguito della rinuncia, da alcuna sentenza, perchéè il giudizio di primo grado a venire meno.

In questa situazione confesso che, a fronte di un semplice ricorso che è stato proposto e al quale poi si è rinunciato, sia pure per il passaggio di una sentenza di primo grado che ha ritenuto l'illegittimità, fare scattare obbligatoriamente l'autotutela è un problema che, nell'assetto del giudizio amministrativo dell'interesse al ricorso, è davvero dirompente nel sistema, fermo restando che ovviamente l'amministrazione ha sempre la facoltà di ricorrere all'autotutela secondo i principi del diritto amministrativo.

Questa sola è la motivazione della contrarietà, assolutamente sul piano tecnico del Governo, a questo articolo aggiuntivo.

PRESIDENTE. Onorevole Mantovano, conferma la sua posizione?

ALFREDO MANTOVANO. Signor Presidente, registro che il Ministro - e lo ringrazio per questo - ha attestato che il problema sottostante esiste, cioè esiste un problema di «compravendita» di ricorsi e di rinunce a ricorsi in presenza di una sentenza già emanata.

Allora, se il problema esiste, provo a formulare un'ipotesi subordinata: si accantoni questo articolo aggiuntivo e si trovi una soluzione, magari circoscrivendo l'area dell'irrinunciabilità al ricorso alle materie più sensibili a rischio di corruttela, per esempio le gare d'appalto. Si troverà un punto di equilibrio tra l'esigenza di rispetto della logica del processo amministrativo - che però in questo caso mi sembra, più che formale, formalistica - e l'esigenza sostanziale di restringere l'area della corruzione.

PRESIDENTE. Quindi mi sembra che l'onorevole Mantovano, laddove non ci fosse una proposta da parte della relatrice di accantonamento, confermi la richiesta di voto sul suo articolo aggiuntivo.

Prendo atto che la relatrice non intende proporre l'accantonamento.

LUCA RODOLFO PAOLINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCA RODOLFO PAOLINI. Signor Presidente, chiediamo anche noi l'accantonamento.

Mi sembra che vi sia una questione molto importante, addirittura di logica di sistema e di diritti soggettivi e, quindi, crediamo che sia il caso di procedere con l'accantonamento.

PRESIDENTE. Prima di procedere con il dibattito, siccome c'è un'ulteriore richiesta, anche da parte del gruppo della Lega, di accantonamento, o i relatori si dicono disponibili all'accantonamento oppure dobbiamo fare parlare un oratore a favore ed uno contro per decidere se accantonare o meno l'articolo aggiuntivo in esame.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, il Ministro ha chiarito qual è la posizione che si viene a verificare nelle varie fattispecie.

Se il presentatore dell'emendamento ritiene che si possa riformulare, è un discorso, però, in questo caso deve convenirlo con il Governo. Personalmente ritengo che la riformulazione di questo concetto non sia semplice. Infatti partiamo da un concetto un poco diverso: parliamo di giudicato e di non giudicato. Credo che probabilmente il presentatore non è in condizione di riformularlo.

Se si ritiene - ma lo deve dire il Governo - che su questa materia il Governo intenda riflettere, accantoneremo l'articolo aggiuntivo.

ANTONIO DI PIETRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro, se lei interviene sull'ordine dei lavori le do la parola, altrimenti dobbiamo risolvere questa questione dell'accantonamento e, poi, entreremo nel merito.

ANTONIO DI PIETRO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, credo che sapere cosa pensano i gruppi sull'accantonamento sia una questione preliminare.

PRESIDENTE. Infatti, l'oggetto è l'accantonamento.

ANTONIO DI PIETRO. Allora sull'accantonamento noi vogliamo parlare. Infatti anche noi volevamo proporre una riflessione su due questioni, entrambe delicate: quella posta dal Governo, per non trovarsi ad un certo punto con «un non provvedimento» che genera un obbligo ad annullarne un altro; e quella di una realtà che però esiste, cioè una «compravendita» di sentenze già emanate, seppure in primo grado, e poi «accordate» nelle more.

Siccome questa è diventata una delle migliori attività di faccendieri e speculatori forse è il caso che la affrontiamo serenamente, ma non in questa Aula, in un Comitato dei Diciotto per andare a trovare il punto di caduta che possa soddisfare tutti. Nel dire da subito che chiedo di sottoscrivere questo articolo aggiuntivo (ma per aiutare a riformularlo) chiedo anche che venga accantonato.

PRESIDENTE. Mi sembra, anche a fronte dell'intervento dell'onorevole Di Pietro ma in particolare della domanda rivolta dal presidente della I Commissione al Ministro, che il Ministro debba una risposta. Se il Governo ritiene che sia utile l'accantonamento...

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Signor Presidente, credo che tecnicamente sia molto complicato se non impossibile. Detto questo però, poiché non ho mai rifiutato un approfondimento e poiché ci sono altri emendamenti accantonati sempre su questo articolo, non mi sembra giusto negare una riflessione.

PRESIDENTE. Sta bene, mi sembra che la risposta al presidente e alla relatrice sia stata data dal Governo.

Quindi l'articolo aggiuntivo è accantonato.

Passiamo all'articolo aggiuntivo Mantovano 4.0254. Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Mantovano 4.0254 formulato dal relatore.

ALFREDO MANTOVANO. Signor Presidente, accolgo questo invito, e se mi permette un secondo spiego perché. Questa proposta, come le altre successive fino al 4.0260, puntavano ad affrontare un tema di cui discutiamo sempre nei vari convegni e nelle occasioni di approfondimento quando si cerca di individuare un filtro di giuridicità all'operato degli enti territoriali dopo le Bassanini che hanno dato una configurazione diversa ai funzionari degli enti territoriali, in modo particolare al segretario comunale. Mi rendo conto che non ci sono le condizioni per un voto favorevole nei confronti della problematica nel suo insieme, e il ritiro è funzionale non all'essermi convinto che non vada affrontato il tema, ma ad evitare che una valutazione negativa blocchi definitivamente o per lo meno per un tempo apprezzabile la discussione di una questione che invece ha un suo peso.

ANTONIO DI PIETRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, proprio per non rubare tempo mi permetto di esprimere già un parere non solo sull'articolo aggiuntivo in esame ma anche sui successivi articoli aggiuntivi (Mantovano 4.0256, 4.0258, 4.0259 e 4.0260), che mi pare siano le proposte per le quali è stato chiesto il ritiro oppure è stato espresso il parere contrario. Non so poi sugli altri articoli aggiuntivi il collega Mantovano che cosa intenda fare, ma le questioni che pone in questa Aula in questo momento non credo stiano facendo perdere tempo. Il collega Mantovano dell'alto dalla sua professionalità e della sua storia personale di magistrato sta cercando di darci indicazioni molto interessanti in tema di controllo di legalità. Ebbene in questo caso di che cosa stiamo parlando? Innanzi tutto del ruolo del segretario comunale. Giàè stato svuotato quello che una volta...

PRESIDENTE. Mi scusi se la interrompo. Gli altri articoli aggiuntivi cui ha fatto riferimento sono già stati tutti ritirati. Siamo sull'articolo aggiuntivo Mantovano 4.0254, sul quale sta intervenendo, che è stato ritirato. Lei interviene per farlo proprio, oppure no?

ANTONIO DI PIETRO. Intervengo per fare propri tutti questi articoli aggiuntivi nel caso siano stati ritirati: gli articoli aggiuntivi Mantovano 4.0254, 4.0256, 4.0258, 4.0259 e 4.0260.

PRESIDENTE. Ne prendo atto.

ANTONIO DI PIETRO. Poiché non voglio farle perdere tempo ne parlo una volta sola.

PRESIDENTE. Lo aveva lasciato implicito, lo deve esplicitare.

ANTONIO DI PIETRO. Intendo chiarire la ragione per cui intendiamo fare nostre queste proposte, invitando a riflettere su ciò che ci ha segnalato l'onorevole Mantovano, che non mi pare faccia parte del mio gruppo, né mi pare che facciamo parte della stessa maggioranza, però credo stia esprimendo dei concetti e delle riflessioni che devono interessare a quest'Aula: il ruolo del segretario comunale e soprattutto cosa può fare il segretario comunale per aiutare le giunte e i consigli comunali a non prendere delle «cantonate» mostruose. Stiamo parlando di organismi elettivi che magari hanno bisogno di avere pareri, peraltro facoltativi, ma almeno c'è una responsabilità.

Un domani non possono dire di non sapere che cosa stavano facendo perché c'è un organo tecnico che glielo sta spiegando. E, allora, che cosa si sta chiedendo qui? Che si dia un parere di conformità alla legge sulle delibere, da parte del segretario comunale, ogni volta che la giunta o il consiglio comunale prendono una decisione. Non mi pare che si stia chiedendo la luna. Che cosa si sta chiedendo? Che il segretario comunale esprima parere preventivo sulla regolarità dell'azione amministrativa. Non mi pare che si stia chiedendo la luna. Che ci sta a fare il segretario comunale se non a fare questo? Mi pare si stia cercando di fare modo che tutti i cittadini che abbiano interesse possano accedere ai documenti amministrativi. Come torno a ripetere, qui non si tratta di doversi arroccare su un voto per partito preso. Questa questione non interessa né la destra, né il centro, né la sinistra, né la maggioranza, né l'opposizione. C'è una proposta avanzata da un'autorevole collega di riflessione su questo tema. Chiedo per quale ragione dobbiamo accontentarci di un parere negativo che il Governo dà senza spiegazione e dobbiamo rinunciare a un ruolo e ad una funzione per cui il segretario comunale viene pagato. Per questa ragione, faccio mie queste proposte emendative e chiedo, senza intervenire sulle altre, che vengano votate.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Moffa. Ne ha facoltà.

SILVANO MOFFA. Signor Presidente, le osservazioni che sono state testè fatte dall'onorevole Di Pietro, e anche le considerazioni svolte dall'onorevole Mantovano, introducono un argomento estremamente delicato che riguarda sostanzialmente il tema del ruolo dei segretari comunali all'interno della pubblica amministrazione, un tema che è stato oggetto in passato anche di una sostanziale e radicale modifica nel concetto delle autonomie locali. Trovo francamente sconveniente affrontare questa questione in maniera parziale ed episodica. Possiamo discutere anche sul ritorno ad una responsabilità diretta del segretario per quanto riguarda la legittimazione di un atto amministrativo e, quindi, la conformità alla legge di quell'atto, ma in questo caso dovremmo ridiscutere complessivamente su quello che è il ruolo del segretario nella pubblica amministrazione. Infatti, è radicalmente cambiato, come lei sa, onorevole Di Pietro, dal momento che è un organo di collaborazione che viene nominato attraverso un'agenzia dei segretari e, quindi, nel corpo di un sistema autonomistico degli enti locali. Diversa era la situazione quando veniva nominato dalle prefetture ed era un organo diretto del Ministero degli interni. Capisco che quando c'è un provvedimento così ampio come quello che riguarda il sistema anticorruttivo occorre occuparsi anche di questo argomento, ma sarebbe più logico riportarlo nell'ambito di un discorso più compiuto in tema di autonomia e ordinamento locale, altrimenti rischiamo di fare soltanto grande confusione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paolini. Ne ha facoltà.

LUCA RODOLFO PAOLINI. Signor Presidente, intervengo sul punto con una riflessione: l'onorevole Di Pietro ha detto una cosa teoricamente giusta, però ricordiamoci bene che, all'atto pratico, una cosa del genere secondo me va inquadrata nella riforma complessiva della legge sulla trasparenza e non così.È giusta, ma non così. Immaginiamo, infatti, se in un comune con mille abitanti, tutti i mille abitanti si mettono a chiedere tutti gli atti dei precedenti cinque anni; quel comune, da quel momento in poi, fa solo fotocopie. Questo è l'impatto pratico di una norma del genere, giusta, ma non così. La mia opinione personale, quindi, è che venga ritirata oppure è meglio votare contro in questo contesto.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cesare Marini. Ne ha facoltà.

CESARE MARINI. Signor Presidente, vorrei ricordare ai colleghi che vi è stata la riforma Bassanini che ha separato la funzione di programmazione e di decisione dalla fase gestionale. Un sistema funziona se ha un suo equilibrio, se si rompe l'equilibrio non funziona più. I segretari, come ha ricordato il collega Moffa, in un precedente periodo dipendevano direttamente dalle prefetture, anche se erano pagati dai comuni, e, quindi, avevano la funzione di controllo dell'attività amministrativa. Poi c'è stato un lungo dibattito, anche un conflitto, in conseguenza dei quali si è approdati alla riforma che ha portato, appunto, i segretari a diventare collaboratori dell'amministrazione, ossia a svolgere un'altra funzione.

I segretari non possono diventare i custodi della correttezza amministrativa: infatti non ha senso parlare di correttezza amministrativa. Gli atti amministrativi sono legittimi o illegittimi. Non sono corretti o scorretti. Quindi dobbiamo avere una visione chiara e precisa di quella che è l'amministrazione e, soprattutto, l'amministrazione locale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Lorenzin. Ne ha facoltà per un minuto.

BEATRICE LORENZIN. Signor Presidente, dal punto di vista formale, così come è accaduto precedentemente al gruppo del PD, l'onorevole Mantovano ha ritirato la sua proposta che è stata fatta propria da un altro gruppo. Per questo noi ci asterremo. Se mi permettete, tuttavia, facendo parte del Comitato dei diciotto vorrei evidenziare che la questione sollevata dall'onorevole Mantovano ha grandissimo interesse ma, proprio per le motivazioni che sono state prima addotte dall'onorevole Moffa, riteniamo opportuno che si apra un nuovo dibattito sul ruolo dei consiglieri comunali perché, soprattutto nelle piccole amministrazioni, alla luce anche della riforma del testo delle autonomie che abbiamo già approvato in quest'aula, probabilmente dovremmo rivedere complessivamente il funzionamento della pubblica amministrazione così da garantire l'efficienza, il controllo e l'aiuto ai consiglieri comunali.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ria. Ne ha facoltà.

LORENZO RIA. Signor Presidente, non mi meraviglio che in quest'aula viene ritrovato un feeling e una sintonia tra i colleghi Di Pietro e Mantovano, come ex-magistrati e che, quindi, si ritrovi tra ex-magistrati questa sintonia. Per la stessa ragione è più facile che uno come me si ritrovi di più nelle posizioni espresse dal collega Moffa per aver vissuto per lunghi anni l'esperienza dell'amministratore locale. Ma, al di là di questo, vorrei entrare nel merito. Anzitutto c'è un problema di metodo a cui sia pure indirettamente ha fatto riferimento il Ministro Patroni Griffi. Con il provvedimento in esame che vogliamo venga approvato nel più breve tempo possibile, non possiamo occuparci di tutto. Non possiamo pensare cioè di modificare la procedura prevista, ad esempio, per i ricorsi al TAR ma anche qui introduco un fatto di esperienza collegato alle migliaia, migliaia e migliaia di ricorsi che vengono presentati per impugnare le gare d'appalto. Lei può fare riferimento ad eccezioni che ci possano essere state e che ci sono. Ma le posso assicurare da amministratore che ha visto centinaia e centinaia di procedure di appalto, che quando c'è un'esclusione a cui lei ha fatto riferimento, l'esclusione cioè di una ditta partecipante alla gara, la norma, la regola è che se il TAR dà ragione c'è la riproposizione della procedura. Se poi lei vuole qui ipotizzare l'illegittimità del provvedimento per circostanze di fatto che fanno ragionevolmente pensare a fatti illeciti, l'amministratore pubblico, il dirigente in questo caso ha il dovere di denunciare il tutto all'autorità giudiziaria. Come pure, venendo all'articolo aggiuntivo di cui ci stiamo occupando, anche per i segretari comunali si fanno affermazioni inesatte, onorevole Di Pietro: aiutare l'amministratore che viene eletto. Intanto non è il caso che faccia io in quest'aula la difesa dell'amministratore locale. Si tratta di persone elette, in molti casi molto, molto più competenti di noi che sediamo su questi banchi in quest'aula del Parlamento. Ma, al di là di questo, proporre un emendamento per dire che, su ogni proposta della giunta, il segretario comunale esprime il parere di conformità alle leggi e che tale parere non è vincolante non è necessario: questo onorevole Mantovano è già previsto. Il fatto che il segretario comunale esprima un parere non vincolante è già previsto e, quindi, non è il caso di incidere su una materia che riguarda l'insieme dell'ordinamento delle autonomie locali. Giustamente qui è stato ricordato. C'è un codice delle autonomie oggi all'esame del Senato, ahimè, dopo tanto tempo è stato licenziato qui alla Camera. È quella la sede per risolvere questo tipo di questioni. Pertanto, a titolo personale ma penso anche del gruppo, voto contro l'articolo aggiuntivo fatto proprio dall'onorevole Di Pietro.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lanzillotta. Ne ha facoltà.

LINDA LANZILLOTTA. Signor Presidente, io credo che bisognerebbe fare una riflessione sul fatto che i problemi sollevati e che oggi noi constatiamo nel sistema degli enti locali dall'attuazione delle riforme degli anni Novanta derivano dal fatto che quelle riforme hanno eliminato tutte insieme tutto il sistema dei controlli, perchéè stato eliminato il ruolo del segretario generale, ma è stato eliminato il ruolo del Co.Re.Co., così come non è stata data una condizione di autonomia ai collegi dei sindaci degli enti locali, che vengono nominati dai consigli comunali e quindi hanno una situazione di dipendenza. Allora io inviterei i colleghi a riflettere sul fatto che il problema non è quello di riportare all'indietro il ruolo del segretario generale ad una funzione di controllo e non di consulenza, che invece è preziosa, ma che bisogna valutare la reintroduzione di un meccanismo di controlli che, senza bloccare l'attività amministrativa, sia però un occhio vigile sulla legittimità, sulla trasparenza e sulla correttezza. Segnalo che qualcosa si è fatto nei decreti attuativi del federalismo fiscale, dove si è data una maggiore autonomia al collegio dei revisori interni dei comuni e degli altri enti locali e quindi invito i presentatori a valutare se non si debba non intervenire sul ruolo del segretario generale, ma riflettere un attimo e approfondire la questione di un nuovo meccanismo di controlli che obiettivamente oggi nel sistema degli enti locali è totalmente sparito.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Osvaldo Napoli. Ne ha facoltà, per un minuto.

OSVALDO NAPOLI. Signor Presidente, sarò velocissimo, ma io rimango allibito. Qua innanzitutto invito Di Pietro a fare il consigliere comunale: forse avrebbe più«proprietà» di quello che avviene in un comune, specialmente in un piccolo comune. Ma ascoltate, lo ha detto un collega: ci rifacciamo per piacere alla Bassanini? Quando abbiamo lasciato il controllo di tutti gli atti non al politico, ma al tecnico del comune e il tecnico del comune, stando la propria firma, ne risponde in tutti i sensi. Allora vengo a dire: ma quale discussione facciamo? Io sono tra quelli che dicono quell'articolo della legge Bassanini è da cambiare, bisogna ritornare alla responsabilità del sindaco, mentre invece allora abbiamo dato la responsabilità al tecnico, che continua. Aggiungo che ha ragione qualche collega: vi è un testo al Senato, ma voi ci pensate? Amministrare un comune di 500 abitanti è come amministrare il comune di Roma, con le stesse medesime leggi? Per piacere, guardiamo i fatti concreti e non riempiamoci di parole.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto a titolo personale l'onorevole Consolo. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente, intervengo a titolo personale perché a me sembra che le considerazioni svolte dall'onorevole Di Pietro non siano, così come si vogliono far apparire, campate in aria. Qui si tratta di focalizzare il ruolo del segretario comunale e di introdurre un parere che, è vero, non è vincolante, ma è un parere obbligatorio, che costringe il segretario comunale ad assumersi delle responsabilità. Quindi io ritengo che il Governo dovrebbe meditare su questo emendamento e personalmente voterò a favore.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Melchiorre. Ne ha facoltà.

DANIELA MELCHIORRE. Signor Presidente, soltanto una chiosa su questo argomento: basterebbe restituire al segretario comunale le competenze che aveva in precedenza, poiché esisteva effettivamente chi avrebbe potuto controllare l'attività negli enti locali ed in particolare dei comuni, ed era proprio il segretario comunale. Quindi istituire un'autorità o comunque un'ulteriore figura, dopo che il segretario comunale è stato spogliato di quella che era la sua principale attività, mi sembra surreale.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto a titolo personale l'onorevole Marchignoli. Ne ha facoltà, per un minuto.

MASSIMO MARCHIGNOLI. Signor Presidente, impiego solo pochi secondi: stiamo discutendo di una norma i cui effetti già esistono. I segretari comunali non sono collaboratori dei sindaci, sono responsabili della legittimità degli atti amministrativi delle giunte e dei consigli, a cui si aggiungono, dopo le Bassanini, le responsabilità dei dirigenti dei vari settori.

Quindi, non c'è bisogno di cambiare nulla. In passato, c'erano i CoReCo: ebbene, sono stati eliminati e la responsabilità della legittimità degli atti delle giunte e dei consigli - quindi, degli organi politici - è in capo ai segretari comunali. Pertanto, questo articolo aggiuntivo non ha senso (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Garagnani. Ne ha facoltà.

FABIO GARAGNANI. Signor Presidente, mi unisco anch'io alle voci intervenute numerose in quest'Aula per chiedere, proprio in relazione all'articolo aggiuntivo presentato, una revisione del ruolo del segretario comunale.

Un certo potere di controllo, nella passata legislazione, il segretario comunale, svincolato da rapporti organici con la giunta, lo aveva e poteva esprimere valutazioni significative in merito a determinati provvedimenti. Oggi come oggi, con l'attuale normativa, egli è privo di poteri di controllo e di garanzia nei confronti di tutti i cittadini.

Pertanto, credo che almeno un ruolo di consiglio e di valutazione obbligatoria sia opportuno, in previsione, però, di una modifica della normativa che, di fatto, ha creato questo personaggio, che è un ibrido tra la funzione di controllo e la funzione di consultazione e registrazione.

PRESIDENTE. La invito a concludere.

FABIO GARAGNANI. Per questo motivo, il mio auspicio è che, traendo spunto da questo dibattito, si provveda ad una modifica della figura del segretario comunale, dandogli quei poteri di controllo che prima aveva.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Garagnani.

L'onorevole Mantovano ha chiesto di parlare: onorevole Mantovano, non posso darle la parola, perchéè già intervenuto.

ALFREDO MANTOVANO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALFREDO MANTOVANO. Signor Presidente, sono intervenuto in precedenza per ritirare l'articolo aggiuntivo a mia prima firma: poiché adesso ci accingiamo a votarlo, credo che, come presentatore, abbia titolo ad esprimermi sullo stesso. Non ruberò più di dieci secondi.

PRESIDENTE. Prego, ne ha facoltà.

ALFREDO MANTOVANO. Signor Presidente, intervengo solo per far presente, in primo luogo, che il ritiro delle proposte emendative era funzionale ad una discussione più equilibrata nel metodo: visto che adesso si entra nel merito, avendole presentate, annuncio il mio voto a favore.

In secondo luogo, il primo degli articoli aggiuntivi che ci aggiungiamo a votare non riguarda il ruolo del segretario comunale, ma riguarda una più ampia possibilità di accesso agli atti di un ente pubblico all'insegna della garanzia di chiarezza e di trasparenza. Credo che questo, fuoriuscendo dalla discussione e dal conflitto che vi è stato finora in quest'Aula, possa essere - spero - accolto favorevolmente da tutti.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Mantovano 4.0254, fatto proprio dal gruppo Italia dei Valori, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevole Brugger... onorevole Tanoni... onorevole Alberto Giorgetti... onorevole Vanalli...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 476

Votanti 369

Astenuti 107

Maggioranza 185

Hanno votato54

Hanno votato no 315).

Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo Mantovano 4.0256, fatto proprio dal gruppo Italia dei Valori.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, vorrei sapere quando sono stati ritirati questi articoli aggiuntivi.

PRESIDENTE. Questi articoli aggiuntivi sono stati ritirati dai presentatori.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Sono stati ritirati precedentemente, è questo il punto. Infatti, in Commissione, il relatore aveva annunciato il ritiro di questi articoli aggiuntivi. Signor Presidente, lei sa che, per Regolamento, se il ritiro è avvenuto prima, non possono essere fatti propri.

PRESIDENTE. Però a noi risulta, ed è per questo che abbiamo accettato la richiesta all'inizio della seduta.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Sto solo chiedendo quando è avvenuto il ritiro.

PRESIDENTE. All'inizio della seduta.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Quindi?

PRESIDENTE. Quindi, essendo in corso la seduta ed essendo stati ritirati, possono essere fatti propri dal gruppo dell'Italia dei Valori.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantovano. Ne ha facoltà.

ALFREDO MANTOVANO. Signor Presidente, intervengo per una dichiarazione di voto a favore, se mi è consentito.

PRESIDENTE. Certamente, onorevole Mantovano.

ALFREDO MANTOVANO. Avendo ascoltato con attenzione il dibattito precedente, intervengo solo per dire che non si tratta, con questo articolo aggiuntivo, di tornare alla situazione antecedente alla legge Bassanini, ma di ridisegnare, in un'ottica di riequilibrio, il ruolo del segretario comunale, non come semplice consigliere, in questo caso non del principe ma del sindaco, né come un personaggio che rischia di subire quello che potremmo definire il complesso della vedova del maharaja, nel senso che quando il sindaco va via o, comunque, quando il sindaco cambia idea, poi viene bruciato sulla pila, viene arso vivo.

Il parere che viene chiesto al segretario comunale, oltre non essere vincolante, è un parere di conformità alle leggi, allo statuto e ai regolamenti: è, quindi, un filtro di giuridicità. Non si entra, ovviamente, nel merito delle scelte dell'amministrazione, ma si viene chiamati ad un ruolo di supporto dell'amministrazione medesima, che previene i contenziosi e, dal momento che parliamo di corruzione, indirizza su comportamenti amministrativi che potrebbero, qualora si discostassero dalle leggi, dal regolamento e dallo statuto, avviarsi verso certe derive di non conformità alla legge.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Mantovano 4.0256, fatto proprio dal gruppo Italia dei Valori, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Di Virgilio e Nizzi...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 459

Votanti 448

Astenuti 11

Maggioranza 225

Hanno votato55

Hanno votato no 393).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Mantovano 4.0258, fatto proprio dal gruppo Italia dei Valori, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Garagnani, De Nichilo Rizzoli, Golfo, D'Amico e Goisis...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 463

Votanti 450

Astenuti 13

Maggioranza 226

Hanno votato45

Hanno votato no 405).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Mantovano 4.0259, fatto proprio dal gruppo Italia dei Valori, non accettato dalle Commissioni né dal Governo, e sul quale la V Commissione (Bilancio) ha espresso parere contrario.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Cesare Marini, De Camillis e Castellani...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 465

Votanti 446

Astenuti 19

Maggioranza 224

Hanno votato46

Hanno votato no 400). Prendo atto che il deputato D'Alessandro ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Mantovano 4.0260, fatto proprio dal gruppo Italia dei Valori, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Cassinelli, Pes, Garofani e Agostini...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 464

Votanti 453

Astenuti 11

Maggioranza 227

Hanno votato46

Hanno votato no 407).

Passiamo all'articolo aggiuntivo Mantovani 4.0261.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, su questo articolo aggiuntivo le Commissioni avevano espresso un invito al ritiro perché c'è una riformulazione presentata dalle Commissioni stesse.

PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro, intende fare propria anche la proposta emendativa in esame oppure possiamo passare, come dice la relatrice, all'articolo aggiuntivo 4.0650 delle Commissioni che riformula, evidentemente, l'articolo aggiuntivo Mantovano 4.0261?

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, anche questo articolo aggiuntivo è stato presentato da Mantovano, quindi credo che debba parlare prima lui per dire se lo ritira o non lo ritira.

PRESIDENTE. A noi risultava già ritirato.

ALFREDO MANTOVANO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ALFREDO MANTOVANO. Signor Presidente, mi spiace se si è creato un equivoco ma questo articolo aggiuntivo, come è stato spiegato prima dalle relatrici, è stato interamente riformulato dalle Commissioni.

Il problema era costituito dall'individuazione dello strumento previsto per fare quello che la proposta emendativa richiedeva e che nella mia formulazione originaria era un regolamento; opportunamente, il Governo ha detto che c'è bisogno di un decreto legislativo con dei criteri di delega e io ho accolto questo suggerimento saggio e tecnicamente attrezzato del Governo; per cui è ovvio che l'ho ritirato per sostituirlo con uno migliore.

PRESIDENTE. Onorevole Mantovano, la ringrazio per il chiarimento; in tal modo si spiega quello che la Presidenza ha detto e cioè che l'articolo aggiuntivo è stato ritirato.

ANTONIO DI PIETRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, se ho capito bene è stato ritirato l'articolo aggiuntivo Mantovano 4.0261 perché il Governo oppure le Commissioni ne vogliono presentare un altro? Non lo avete ancora presentato?

PRESIDENTE. Sì,è già stato presentato ed è denominato come articolo aggiuntivo 4.0650 delle Commissioni. Credo che sia quello che lei ha in mano.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, proprio per spirito di collaborazione, affinché si abbia il miglior risultato, non faccio mio l'articolo aggiuntivo Mantovano 4.0261, perché altrimenti votando questo si creerebbero dei problemi, e dichiaro fin d'ora il voto favorevole all'articolo aggiuntivo 4.0650 delle Commissioni.

PRESIDENTE. Quindi, l'articolo aggiuntivo 4.0261, come spiegato dall'onorevole Mantovano, è ritirato.

Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo 4.0650 delle Commissioni.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 4.0650 delle Commissioni, accettato dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Pianetta, Rosato....

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 460

Votanti 459

Astenuti 1

Maggioranza 230

Hanno votato455

Hanno votato no 4).

Prendo atto che il deputato Vico ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.

(Esame dell'articolo 5 - A.C. 4434-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 5 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 4434-A).

Ha chiesto di parlare sul complesso delle proposte emendative l'onorevole Costa. Ne ha facoltà.

ENRICO COSTA. Signor Presidente, intervengo sul complesso degli emendamenti a questo articolo che, peraltro, sono semplicemente un paio, perché ritengo che il tema sia di particolare interesse.

Infatti, andiamo a toccare la materia della cosiddetta tutela del dipendente pubblico che segnala degli illeciti. Questo problema è balzato agli onori delle cronache anche di recente ed è evidente che coloro che, nell'ambito dell'adempimento del loro dovere si trovano ad avere a che fare con dei comportamenti illeciti, poco trasparenti o costituenti reato, temono, in molte circostanze, di trovarsi di fronte ad un bivio: da un lato, quello di chiudere un occhio per evitare delle rogne o delle ritorsioni e, dall'altro lato, quello di svolgere il loro dovere e di incorrere in tutta una serie di difficoltà anche lavorative, con il rischio in più, come è capitato in qualche circostanza, di ritrovarsi come superiori, come se niente fosse accaduto, quegli stessi soggetti che erano stati condannati in seguito ad una loro denuncia.

Questo è il tema, ed è, secondo me, molto rilevante.

Ma è molto importante anche valutare e rilevare come, sia il testo della norma, sia l'emendamento governativo, puntino a modificare la norma e ad intervenire su questo problema. Ebbene, in buona sostanza, vi sono due punti: un punto che attiene alle conseguenze, sul piano lavorativo, del soggetto denunciante; un altro legato, invece, all'identità e alla rivelazione dell'identità del soggetto denunciante.

Ebbene, sotto il primo profilo mi sento di evidenziare che l'emendamento è stato presentato dal collega Sisto - sul quale chiedo, in assenza del collega, di poter apporre... Signor Presidente, è complicato intervenire con questo baccano.

L'emendamento presentato dal collega Sisto va a colmare quella che poteva essere una lacuna del testo originario, perché il testo originario fa riferimento ai casi di responsabilità a titolo di calunnia o di diffamazione nel caso in cui la segnalazione da parte del pubblico dipendente fosse inveritiera o infondata.

Non sempre una dichiarazione inveritiera o infondata possono dar vita ad un reato di calunnia o di diffamazione. Ritengo, quindi, che opportunamente il collega Sisto abbia integrato questa norma, inserendo, oltre alla «diffamazione», anche le parole «ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile», quindi andando a colmare la lacuna e inserendo anche delle situazioni che non costituiscono reato e che però danno luogo ad una segnalazione; una denuncia infondata che merita, in un certo senso, di determinare degli effetti sul dipendente che l'ha fatta, e giustamente.

Per quello che riguarda il comma 2, il problema è legato all'identità del segnalante. Ebbene, sotto questo profilo il Governo ha cercato di trovare una mediazione, un bilanciamento tra opposte esigenze. In sostanza, l'identità del segnalante sarebbe salvaguardata nel caso in cui, attraverso ulteriori elementi, si possa giungere alla contestazione dell'illecito disciplinare, quindi non essendo necessaria la denuncia, che è la miccia, ma in sostanza l'innesco è causato da altre ragioni, e in questo caso è tutelata l'identità e l'anonimato del segnalante. Laddove, invece, sia necessaria la presenza o la partecipazione del segnalante nell'ambito della denuncia, si ritiene che l'identità debba essere, in un certo senso, svelata.

Sotto questo profilo, però, devo dire che è necessaria una maggiore riflessione, perché ritengo che in molte circostanze la denuncia da parte del pubblico dipendente possa si determinare un procedimento disciplinare, magari coperto dall'anonimato e anche da tutta una serie di elementi nuovi che fanno venir meno l'importanza della denuncia stessa, portando, quindi, all'anonimato, ma magari quel fatto comincia ad avere rilevanza penale.

Ad esempio il caso in cui un dipendente denuncia un fatto costituente reato ad un suo superiore ed il suo superiore presenta un esposto da cui nasce un procedimento penale: in questo caso l'anonimato del dipendente, seppur magari salvaguardato dalla norma disciplinare che abbiamo inserito, deve essere comunque svelato in seguito al procedimento penale.

Infatti, sarà chiamato a rendere informazioni e sarà chiamato quindi nell'ambito del tribunale. Dunque, in sostanza si rischia in determinati casi di avere una disciplina molto contraddittoria tra quello che è il procedimento disciplinare, che cura l'anonimato del pubblico dipendente denunciante, rispetto al procedimento penale nel quale chiaramente non si potrà certamente invocare la stessa disciplina. Questo è un primo aspetto che chiederei fosse oggetto di riflessione.

Un secondo aspetto è legato alla norma nella sua seconda parte, come formulata dal Governo. Quindi, si tratta dei casi in cui è impossibile svelare l'identità del denunciante. Qualora la contestazione sia fondata in tutto o in parte sulla segnalazione d'identità, questa può essere rivelata ove la sua conoscenza sia assolutamente indispensabile per la difesa dell'incolpato. Ebbene, mi chiedo: chi è il soggetto che determina e stabilisce l'assoluta indispensabilità dell'identità ai fini della difesa dell'incolpato? È sufficiente che il difensore o l'incolpato stesso richiami la sua necessità per poter essere svelata? C'è un'autorità? C'è il segretario comunale o il direttore generale che individua questo? Questo, secondo me, è un aspetto importante al di là poi dell'eccessiva - io penso - genericità.

Poi chiaramente immagino che siano valutate varie formule e questa sia giudicata la più idonea da parte del Governo, perché probabilmente altre formule potrebbero avere delle controindicazioni maggiori. Tuttavia, scrivere che «ove la conoscenza sia assolutamente indispensabile per la difesa dell'incolpato»è una clausola piuttosto generica che rischia comunque di dar luogo a degli equivoci o comunque malintesi o situazioni di tensione nell'ambito del procedimento amministrativo.

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, chiederei un attimo di attenzione in particolare ai gruppi e ai responsabili d'Aula. Hanno chiesto di intervenire sul complesso delle proposte emendative gli onorevoli Paolini, Pecorella e Di Pietro. Sono le 13,30 e si era concordato che la seduta si concludesse alle 13,30. Se c'è un accordo da parte di tutti i gruppi, credo che si possa concludere la seduta qui e ritenere che abbiano chiesto di intervenire, ovviamente come da Regolamento, coloro che si sono iscritti (se non c'è nessun altro che si vuole iscrivere) per la prossima seduta. Vedo che i fatti e i segni valgono più delle parole. Mi sembra che ci sia l'unanimità di consensi, compreso quello del Presidente Leone.

ANTONIO DI PIETRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, capisco che la presa di posizione dell'Italia dei Valori possa interessare poco, ma, affinché resti agli atti, noi siamo assolutamente contrari a che non si discuta adesso sul complesso delle proposte emendative. Si trattava di 10 o 15 minuti in cui ognuno di noi avrebbe avuto la possibilità avendo un quadro completo e immediato per poter intervenire. La prossima volta magari alcuni di noi ci saranno e altri no. A me pare, quindi, che l'aver menomato adesso una discussione in corso sul complesso delle proposte emendative sia stato un grosso errore e anche una menomazione delle questioni che ci riguardano. Già che ci siamo, però, signor Presidente, quando vuole, dopo aver chiuso questa parte, prima di lasciare l'Aula devo porre un quesito.

PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro, chiudiamo questa parte, nel senso che le ribadisco che, ovviamente, non è che si sospende la discussione e gli interventi sul complesso degli emendamenti non si terranno più. Proseguiranno semplicemente nella prossima seduta in calendario che la Conferenza dei presidenti di gruppo deciderà.

Se non vi sono altre osservazioni, sospenderei l'esame del provvedimento a questo punto.

 


 


DISEGNO DI LEGGE: S. 2156 – DISPOSIZIONI PER LA PREVENZIONE E LA REPRESSIONE DELLA CORRUZIONE E DELL'ILLEGALITÀ NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 4434-A); ED ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE: DI PIETRO ED ALTRI; FERRANTI ED ALTRI; GIOVANELLI ED ALTRI; TORRISI ED ALTRI; GARAVINI; FERRANTI ED ALTRI (A.C. 3380-3850-4382-4501-4516-4906)

 

A.C. 4434-A – Parere della V Commissione

 

PARERE DELLA V COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

 

  Sugli emendamenti trasmessi dall'Assemblea:

 

PARERE CONTRARIO

 

   sugli emendamenti 13.33, limitatamente al capoverso Art. 318, 13.270, limitatamente al capoverso lettera g), 13.281, 13.404 e sugli articoli aggiuntivi 2.0252, 4.0259, 9.08, 10.06, 10.012 e 10.027, in quanto suscettibili di determinare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica privi di idonea quantificazione e copertura;

 

NULLA OSTA

 

   sugli emendamenti contenuti nel fascicolo n.2.

 

A.C. 4434-A – Articolo 2

 

ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE N.4434 NEL TESTO DELLE COMMISSIONI

 

Art. 2.

(Trasparenza dell'attività amministrativa).

  1. La trasparenza dell'attività amministrativa, che costituisce livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, secondo quanto previsto all'articolo 11 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n.150, è assicurata mediante la pubblicazione, nei siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni, delle informazioni relative ai procedimenti amministrativi, secondo criteri di facile accessibilità, completezza e semplicità di consultazione, nel rispetto delle disposizioni in materia di segreto di Stato, di segreto d'ufficio e di protezione dei dati personali. Nei siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni sono altresì pubblicati i costi unitari di realizzazione delle opere pubbliche e di produzione dei servizi erogati ai cittadini. Tali informazioni sono pubblicate sulla base di uno schema tipo redatto dall'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture che ne cura altresì la raccolta e la pubblicazione nel proprio sito istituzionale al fine di consentirne una agevole comparazione.

  2. Fermo restando quanto stabilito nell'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, come da ultimo modificato dall'articolo 4 della presente legge, nell'articolo 54 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n.82, e successive modificazioni, nell'articolo 21 della legge 18 giugno 2009, n.69, e successive modificazioni, e nell'articolo 11 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n.150, le pubbliche amministrazioni assicurano i livelli essenziali di cui al comma 1 del presente articolo con particolare riferimento ai procedimenti di:

   a) autorizzazione o concessione;

   b) scelta del contraente per l'affidamento di lavori, forniture e servizi, anche con riferimento alla modalità di selezione prescelta ai sensi del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163;

   c) concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati;

   d) concorsi e prove selettive per l'assunzione del personale e progressioni di carriera di cui all'articolo 24 del citato decreto legislativo n.150 del 2009.

  3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano anche ai procedimenti posti

in essere in deroga alle procedure ordinarie. I soggetti che operano in deroga e che non dispongono di propri siti istituzionali pubblicano le informazioni di cui ai citati commi 1 e 2 nei siti istituzionali delle amministrazioni dalle quali sono nominati.

  4. Le informazioni pubblicate ai sensi dei commi 1 e 2 sono trasmesse in via telematica alla Commissione.

  5. Le amministrazioni provvedono altresì al monitoraggio periodico del rispetto dei tempi procedimentali attraverso la tempestiva eliminazione delle anomalie. I risultati del monitoraggio sono consultabili nel sito istituzionale di ciascuna amministrazione.

  6. Ogni amministrazione pubblica rende noto, tramite il proprio sito istituzionale, almeno un indirizzo di posta elettronica certificata cui il cittadino possa rivolgersi per trasmettere istanze ai sensi dell'articolo 38 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n.445, e ricevere informazioni circa i provvedimenti e i procedimenti amministrativi che lo riguardano.

  7. Le amministrazioni possono rendere accessibili in ogni momento agli interessati, tramite strumenti di identificazione informatica di cui all'articolo 65, comma 1, del codice di cui al citato decreto legislativo n.82 del 2005, e successive modificazioni, le informazioni relative ai provvedimenti e ai procedimenti amministrativi che li riguardano, ivi comprese quelle relative allo stato della procedura, ai relativi tempi e allo specifico ufficio competente in ogni singola fase.

  8. Con uno o più decreti dei Ministri per la pubblica amministrazione e la semplificazione, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per le materie di competenza, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.281, e successive modificazioni, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuate le informazioni rilevanti ai fini dell'applicazione dei commi 1 e 2 del presente articolo e le relative modalità di pubblicazione, nonché le indicazioni generali per l'applicazione dei commi 6 e 7. Restano ferme le disposizioni in materia di pubblicità previste dal codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163.

  9. La mancata o incompleta pubblicazione da parte delle pubbliche amministrazioni delle informazioni di cui al comma 8 del presente articolo costituisce violazione degli standard qualitativi ed economici ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 20 dicembre 2009, n.198, ed è comunque valutata ai sensi dell'articolo 21 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, e successive modificazioni. Eventuali ritardi nell'aggiornamento dei contenuti sugli strumenti informatici sono sanzionati a carico dei responsabili del servizio.

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE

 

ART. 2.

(Trasparenza dell'attività amministrativa).

  Dopo il comma 2, aggiungere i seguenti:

  2-bis. È fatto divieto di ricorrere all'arbitrato nelle controversie relative a concessioni ed appalti pubblici di opere, servizi e forniture in cui sia parte una pubblica amministrazione di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, o una società a partecipazione pubblica, o che comunque abbiano ad oggetto opere o forniture finanziate con denaro pubblico. Le clausole compromissorie sono nulle di diritto e la loro sottoscrizione costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale per i responsabili dei relativi procedimenti. Le presenti disposizioni non si applicano agli arbitrati conferiti o autorizzati prima della data di entrata in vigore della presente legge.

  2-ter. Gli articoli 241, 242 e 243 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163, sono abrogati. Le disposizioni di cui ai citati articoli mantengono efficacia fino alla conclusione delle procedure relative agli arbitrati di cui al comma 2-bis.

2. 280. Di Pietro, Evangelisti, Borghesi, Realacci.

  Dopo il comma 8, aggiungere il seguente:

  8-bis. Con riferimento ai procedimenti di cui al comma 2, lettera b), del presente articolo, le stazioni appaltanti sono in ogni caso tenute a pubblicare nei propri siti istituzionali: la struttura proponente; l'oggetto del bando; l'elenco degli operatori invitati a presentare offerta; l'aggiudicatario; l'importo di aggiudicazione; i tempi di completamento dell'opera, servizio o fornitura; l'importo delle somme liquidate. Entro il 31 gennaio di ogni anno, tali informazioni, relative all'anno precedente, sono pubblicate in tabelle riassuntive rese liberamente scaricabili in un formato digitale standard aperto che consenta di analizzarne e rielaborarne, anche a fini statistici, il contenuto. Le amministrazioni trasmettono in formato digitale tali informazioni all'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture che le pubblica sul proprio sito web in una sezione liberamente consultabile da tutti i cittadini, catalogate in base alla tipologia di stazione appaltante e per regione. L'Autorità individua con propria deliberazione le informazioni rilevanti e le relative modalità di trasmissione. Entro il 30 aprile di ciascun anno l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture trasmette alla Corte dei conti l'elenco delle amministrazioni che hanno omesso di trasmettere e pubblicare, in tutto o in parte, le informazioni di cui al presente comma in formato digitale standard aperto. Si applica l'articolo 6, comma 11, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163.

2. 257. Vassallo.

 

  Dopo il comma 8, aggiungere il seguente:

  8-bis. Con riferimento ai procedimenti di cui al comma 2, lettera b), del presente articolo, le stazioni appaltanti sono in ogni caso tenute a pubblicare nei propri siti istituzionali: la struttura proponente; l'oggetto del bando; l'elenco degli operatori invitati a presentare offerta; l'aggiudicatario; l'importo di aggiudicazione; i tempi di completamento dell'opera, servizio o fornitura; l'importo delle somme liquidate. Entro il 31 gennaio di ogni anno, tali informazioni, relativamente all'anno precedente, sono pubblicate in tabelle riassuntive rese liberamente scaricabili in un formato digitale standard aperto che consenta di analizzare e rielaborare, anche a fini statistici, i dati informatici. Le amministrazioni trasmettono in formato digitale tali informazioni all'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture che le pubblica sul proprio sito web in una sezione liberamente consultabile da tutti i cittadini, catalogate in base alla tipologia di stazione appaltante e per regione. L'Autorità individua con propria deliberazione le informazioni rilevanti e le relative modalità di trasmissione. Entro il 30 aprile di ciascun anno l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture trasmette alla Corte dei conti l'elenco delle amministrazioni che hanno omesso di trasmettere e pubblicare, in tutto o in parte, le informazioni di cui al presente comma in formato digitale standard aperto. Si applica l'articolo 6, comma 11, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163.

2. 257.(Testo modificato nel corso della seduta) Vassallo.

(Approvato)

 

  Dopo l'articolo 2 aggiungere il seguente:

  Art. 2-bis. All'articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n.241, al comma 1, secondo periodo, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, nonché contenere, per le ipotesi di attività discrezionale, la completa rappresentazione di tutte le alternative decisorie prospettabili da parte della pubblica amministrazione procedente e una analisi dei costi e dei benefici per ciascuna delle suddette alternative».

2. 0252. Mantovano, Costa, Di Pietro, Paladini.

 

A.C. 4434-A – Proposta emendativa riferita all'articolo 3

 

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE

 

ART. 3.

(Trasparenza delle attribuzioni di posizioni dirigenziali).

 

  Dopo l'articolo 3, aggiungere il seguente:

  Art. 3-bis. Dopo l'articolo 6 della legge 7 agosto 1990, n.241, è inserito il seguente:

  Art. 6-bis. – (Conflitto di interessi). – 1. Il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale devono astenersi in ogni caso di conflitto di interessi.

  2. I soggetti di cui al comma 1, prima della conclusione del procedimento, rendono personalmente all'amministrazione di appartenenza una dichiarazione scritta, con la quale attestano che, per tutto il corso del procedimento, non si sono verificate in capo ad essi situazioni di conflitto di interessi di qualsiasi tipo in relazione al procedimento medesimo. Le pubbliche amministrazioni forniscono adeguata pubblicità a tali dichiarazioni con le forme di cui all'articolo 26.

3. 0250. Mantovano, Costa.

 

  Dopo l'articolo 3 aggiungere il seguente:

  Art. 3-bis. Dopo l'articolo 6 della legge 7 agosto 1990, n.241, è inserito il seguente:

  «Art. 6-bis. – (Conflitto di interessi). – 1. Il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale.

3. 0250.(Testo modificato nel corso della seduta) Mantovano, Costa.

(Approvato)

 

A.C. 4434-A – Articolo 4

 

ARTICOLO 4 DEL DISEGNO DI LEGGE N.4434 NEL TESTO DELLE COMMISSIONI IDENTICO A QUELLO APPROVATO AL SENATO

 

Art. 4.

(Modifiche all'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165).

 

  1. All'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) al comma 7, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Ai fini dell'autorizzazione, l'amministrazione verifica l'insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interesse»;

   b) il comma 11 è sostituito dal seguente:

  «11. Entro quindici giorni dall'erogazione del compenso per gli incarichi di cui al comma 6, i soggetti pubblici o privati comunicano all'amministrazione di appartenenza l'ammontare dei compensi erogati ai dipendenti pubblici»;

   c) al comma 12, il primo periodo è sostituito dal seguente: «Le amministrazioni pubbliche che conferiscono o autorizzano incarichi, anche a titolo gratuito, ai propri dipendenti comunicano in via telematica, nel termine di quindici giorni, al Dipartimento della funzione pubblica gli incarichi conferiti o autorizzati ai dipendenti stessi, con l'indicazione dell'oggetto dell'incarico e del compenso lordo, ove previsto»;

   d) dopo il comma 16-bis è aggiunto il seguente:

  «16-ter. I dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, non possono svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell'attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri. I contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione di quanto previsto dal presente comma sono nulli ed è fatto divieto ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni».

 

  2. Le disposizioni di cui all'articolo 53, comma 16-ter, secondo periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, introdotto dal comma 1, lettera d), del presente articolo, non si applicano ai contratti già sottoscritti alla data di entrata in vigore della presente legge.

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 4 DEL DISEGNO DI LEGGE

 

ART. 4.

(Modifiche all'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165).

 

  Al comma 1, premettere i seguenti:

  01. All'articolo 14 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, dopo il comma 2, è aggiunto il seguente:

  2-bis. Tutto il personale operante presso gli uffici di cui al comma 2 non può esercitare l'industria o il commercio né svolgere attività professionale. Anche se non dipendente di una pubblica amministrazione, è tenuto al rispetto del codice di comportamento di cui all'articolo 54. Il dirigente dell'ufficio competente per la gestione del personale vigila sul rispetto delle previsioni di questo articolo. In caso di violazione, propone l'avvio del procedimento disciplinare o propone al vertice politico la revoca dell'incarico.

  02. All'articolo 19 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, i commi 5-bis e 6 sono abrogati. Gli incarichi conferiti in base ai suddetti commi cessano entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge e non possono essere rinnovati.

 

  Conseguentemente, dopo il comma 2, aggiungere il seguente:

  2-bis. Al comma 5 dell'articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, è aggiunto, in fine, il seguente periodo:

  «Sono comunque definite specifiche norme di comportamento per il personale degli uffici di diretta collaborazione di cui all'articolo 14, comma 2, e al personale addetto a funzioni ispettive e all'attività contrattuale.».

4. 15. Melis, Zaccaria, Ferranti, Bressa, Giovanelli.

 

  All'emendamento 4.600 del Governo, parte consequenziale, comma 2-bis, capoverso ART. 54, comma 1, aggiungere, in fine, le parole: e che comunque preveda il divieto per tutti i dipendenti pubblici di chiedere o accettare, a qualsiasi titolo, compensi, regali o altre utilità, in connessione con l'espletamento delle proprie funzioni o dei compiti affidati, fatti salvi i regali d'uso, purché di modico valore e nei limiti delle normali relazioni di cortesia.

0. 4. 600. 300. Le Commissioni.

(Approvato)

 

  Al comma 1, alla lettera a) premettere le seguenti:

   0a) dopo il comma 3, è aggiunto il seguente:

  «3-bis. Ai fini previsti dal comma 2, con appositi regolamenti emanati su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, di concerto con i Ministri interessati, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n.400, sono individuati, secondo criteri differenziati in rapporto alle diverse qualifiche e ruoli professionali, gli incarichi vietati ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2.»;

   0b) al comma 5, sono aggiunte, in fine, le parole: «o situazioni di conflitto, anche potenziale, di interesse, che pregiudichino l'esercizio imparziale delle funzioni attribuite al dipendente.»;

 

  Conseguentemente, dopo il comma 2, aggiungere i seguenti:

  2-bis. L'articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, è sostituito dal seguente:

  «Art. 54. – 1. Il Governo definisce un codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni al fine di assicurare la qualità dei servizi, la prevenzione dei fenomeni di corruzione, il rispetto dei doveri costituzionali di diligenza, lealtà, imparzialità e servizio esclusivo alla cura dell'interesse pubblico. Il codice contiene una specifica sezione dedicata ai doveri dei dirigenti, articolati in relazione alle funzioni attribuite.

  2. Il codice, approvato con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, previa intesa in Conferenza Unificata, è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale e consegnato al dipendente che lo sottoscrive all'atto dell'assunzione.

  3. La violazione dei doveri contenuti nel codice di comportamento, compresi quelli relativi all'attuazione del Piano di prevenzione della corruzione, è fonte di responsabilità disciplinare. La violazione dei doveri è altresì rilevante ai fini della responsabilità civile, amministrativa e contabile ogni qual volta le stesse responsabilità siano collegate alla violazione di doveri, obblighi, leggi o regolamenti. Violazioni gravi o reiterate del codice comportano l'applicazione delle sanzioni di cui all'articolo 55-quater, comma 1.

  4. Per ciascuna magistratura e per l'Avvocatura dello Stato, gli organi delle associazioni di categoria adottano un Codice etico a cui devono aderire gli appartenenti alla magistratura interessata. In caso di inerzia il codice è adottato dall'organo di autogoverno.

  5. Ciascuna pubblica amministrazione definisce con procedura aperta alla partecipazione e previo parere obbligatorio del proprio Organismo indipendente di valutazione, un proprio codice di comportamento che integra e specifica il codice di comportamento di cui al comma 1. Al codice di comportamento di cui al presente comma si applicano le disposizioni di cui al comma 3. A tali fini, la CIVIT definisce criteri, linee guida e modelli uniformi per singoli settori o tipologie di amministrazione.

  6. Sull'applicazione dei codici di cui al presente articolo vigilano i dirigenti responsabili di ciascuna struttura, le strutture di controllo interno e gli uffici di disciplina.

  7. Le pubbliche amministrazioni verificano annualmente lo stato di applicazione dei codici ed organizzano attività di formazione del personale per la conoscenza e la corretta applicazione degli stessi.».

 

  2-ter. Il codice di cui al comma 2-bis è approvato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

  2-quater. Dopo l'articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, è inserito il seguente:

  «Art. 35-bis. – (Prevenzione del fenomeno corruzione nella formazione di commissioni e nelle assegnazioni agli uffici) – 1. Coloro che sono stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per i reati previsti nel Libro II, Titolo II, Capo I, del Codice penale:

   a) non possono fare parte, anche con compiti di segreteria, di commissioni per l'accesso o la selezione a posti di pubblici impieghi;

   b) non possono essere assegnati, anche con funzioni direttive, agli uffici preposti alla gestione delle risorse finanziarie, all'acquisizione di beni, servizi e forniture, nonché alla concessione o erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari o attribuzioni di vantaggi economici a soggetti pubblici e privati;

   c) non possono fare parte delle commissioni per la scelta del contraente per l'affidamento di lavori, forniture e servizi, per la concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché per l'attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere.

 

  2. La disposizione prevista al comma 1 integra le leggi e regolamenti che disciplinano la formazione di commissioni e la nomina dei relativi segretari.».

4. 600. Governo.

(Approvato)

 

  Al comma 1, lettera a), dopo le parole: , al comma 7 aggiungere le seguenti: e al comma 9.

4. 290. Paolini, Follegot, Nicola Molteni, Lussana, Isidori.

(Approvato)

 

  Al comma 1, dopo la lettera a), aggiungere la seguente: a-bis) dopo il comma 7, è aggiunto il seguente: «7-bis. L'omissione del versamento del compenso da parte del dipendente pubblico indebito percettore costituisce ipotesi di responsabilità erariale soggetta alla giurisdizione della Corte dei conti».

4. 16. Ferranti, Andrea Orlando, Capano, Cavallaro, Cilluffo, Ciriello, Concia, Cuperlo, Melis, Rossomando, Samperi, Tenaglia, Tidei, Vaccaro, Picierno, Di Pietro, Paladini.

(Approvato)

 

  Al comma 1, dopo la lettera c), aggiungere la seguente:

   c-bis) al comma 14, secondo periodo, dopo le parole: «l'oggetto, la durata e il compenso dell'incarico» sono aggiunte le seguenti: «nonché l'attestazione della avvenuta verifica della insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitti di interesse».

4. 295. Paolini, Follegot, Nicola Molteni, Lussana, Isidori.

(Approvato)

 

  Al comma 1, dopo la lettera c), aggiungere la seguente:

   c-bis) al comma 14, dopo il secondo periodo, sono aggiunti i seguenti: «Le informazioni relative a consulenze e incarichi comunicate dalle amministrazioni al Dipartimento della funzione pubblica, nonché le informazioni pubblicate dalle stesse nelle proprie banche dati accessibili al pubblico per via telematica ai sensi del presente articolo, sono trasmesse e pubblicate in tabelle riassuntive rese liberamente scaricabili in un formato digitale standard aperto che consenta di analizzarne e rielaborarne, anche a fini statistici, il contenuto. Entro il 31 dicembre di ciascun anno il Dipartimento della funzione pubblica trasmette alla Corte dei conti l'elenco delle amministrazioni che hanno omesso di trasmettere e pubblicare, in tutto o in parte, le informazioni di cui al terzo periodo del presente comma in formato digitale standard aperto».

4. 250. Vassallo.

 

  Al comma 1, dopo la lettera c), aggiungere la seguente:

   c-bis) al comma 14, dopo il secondo periodo, sono aggiunti i seguenti: «Le informazioni relative a consulenze e incarichi comunicate dalle amministrazioni al Dipartimento della funzione pubblica, nonché le informazioni pubblicate dalle stesse nelle proprie banche dati accessibili al pubblico per via telematica ai sensi del presente articolo, sono trasmesse e pubblicate in tabelle riassuntive rese liberamente scaricabili in un formato digitale standard aperto che consenta di analizzare e rielaborare, anche a fini statistici, i dati informatici. Entro il 31 dicembre di ciascun anno il Dipartimento della funzione pubblica trasmette alla Corte dei conti l'elenco delle amministrazioni che hanno omesso di trasmettere e pubblicare, in tutto o in parte, le informazioni di cui al terzo periodo del presente comma in formato digitale standard aperto».

4. 250.(Testo modificato nel corso della seduta) Vassallo.

(Approvato)

 

  Al comma 1, lettera d), capoverso 16-ter, aggiungere, in fine, le seguenti parole: ed è prevista la restituzione dei compensi eventualmente percepiti ed accertati ad essi riferiti.

4. 17. Ferranti, Andrea Orlando, Capano, Cavallaro, Cilluffo, Ciriello, Concia, Cuperlo, Melis, Rossomando, Samperi, Tenaglia, Tidei, Vaccaro, Picierno.

(Approvato)

 

  Al comma 2, sopprimere la parola: non.

4. 18. Ferranti, Andrea Orlando, Capano, Cavallaro, Cilluffo, Ciriello, Concia, Cuperlo, Melis, Rossomando, Samperi, Tenaglia, Tidei, Vaccaro, Picierno, Di Pietro, Paladini.

 

  All'articolo aggiuntivo 4. 0600 (nuova formulazione) del Governo, comma 2, lettera c), sopprimere le parole: o siano stati candidati agli stessi incarichi.

0. 4. 0600. 1. Bragantini, Vanalli, Meroni, Pastore, Volpi, Nicola Molteni, Lussana, Follegot, Paolini, Isidori.

 

  All'articolo aggiuntivo 4. 0600 (nuova formulazione) del Governo, comma 2, lettera c), dopo le parole: in ogni caso aggiungere le seguenti: , fatta eccezione per gli incarichi di responsabile degli uffici di diretta collaborazione degli organi di indirizzo politico.

0. 4. 0600. 2. Vassallo.

 

  Dopo l'articolo 4, aggiungere il seguente:

  Art. 4-bis. – (Delega al Governo per la disciplina dei casi di non conferibilità e di incompatibilità degli incarichi dirigenziali). – 1. Ai fini della prevenzione e del contrasto della corruzione e della prevenzione dei conflitti di interesse il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi diretti a rivedere la disciplina vigente in materia di attribuzione di incarichi dirigenziali e di incarichi di responsabilità amministrativa di vertice nelle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, e nei soggetti di diritto privato in controllo pubblico esercitanti funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici, nonché a rivedere la disciplina vigente in materia di incompatibilità tra i detti incarichi e lo svolgimento di incarichi pubblici elettivi o la titolarità di interessi privati che possano porsi in conflitto con l'esercizio imparziale delle funzioni pubbliche affidate.

  2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono emanati nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:

   a) definire una disciplina organica dei casi di non conferibilità e di incompatibilità degli incarichi dirigenziali nelle pubbliche amministrazioni di cui di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, con particolare riguardo per quelli, da attribuire a soggetti interni o esterni alle pubbliche amministrazioni, che comportano funzioni di amministrazione e gestione, ai fini della garanzia della massima imparzialità dei titolari degli incarichi nello svolgimento delle loro funzioni e ai fini della prevenzione dei fenomeni di corruzione e cattiva amministrazione;

   b) prevedere in modo esplicito i casi di non conferibilità di incarichi dirigenziali, adottando in via generale il criterio della non conferibilità per coloro che sono stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per i reati previsti dal Libro II, Titolo II, Capo I del codice penale, nonché per coloro che, per un adeguato periodo di tempo, non inferiore ai tre anni, antecedente al conferimento, abbiano svolto incarichi o ricoperto cariche in imprese sottoposte a regolazione, a controllo o a contribuzione economica da parte dell'amministrazione che conferisce l'incarico;

   c) disciplinare i casi di non conferibilità di incarichi dirigenziali ai soggetti estranei alle amministrazioni che, per un adeguato periodo di tempo, non inferiore ai tre anni, antecedente al conferimento, abbiano fatto parte di organi di indirizzo politico, abbiano rivestito incarichi pubblici elettivi o siano stati candidati agli stessi incarichi, escludendo in ogni caso il conferimento di incarichi dirigenziali a coloro che presso le medesime amministrazioni abbiano svolto incarichi di indirizzo politico o incarichi pubblici elettivi, nel periodo immediatamente precedente al conferimento dell'incarico, comunque non inferiore ai tre anni. I casi di non conferibilità vanno graduati in rapporto alla rilevanza degli incarichi di carattere politico svolti e all'ente di riferimento.

   d) comprendere tra gli incarichi oggetto della disciplina:

    1) gli incarichi amministrativi di vertice nonché gli incarichi dirigenziali, anche esterni, nelle pubbliche amministrazioni che comportano l'esercizio in via esclusiva delle competenze di amministrazione e gestione;

    2) i direttori generali, sanitari e amministrativi delle aziende sanitarie locali;

    3) gli amministratori di enti pubblici e di soggetti di diritto privato in controllo pubblico;

   e) disciplinare i casi di incompatibilità tra gli incarichi di cui alla lettera d) già conferiti e lo svolgimento di attività, retribuite o non, presso imprese private sottoposte a regolazione, a controllo o a contribuzione economica da parte dell'amministrazione che ha conferito l'incarico o lo svolgimento in proprio di attività professionali, se l'impresa o l'attività professionale è soggetta a regolazione o a contribuzioni economiche da parte dell'amministrazione;

   f) disciplinare i casi di incompatibilità tra gli incarichi di cui alla lettera d) già conferiti e l'esercizio di cariche negli organi di indirizzo politico.

4. 0600.(nuova formulazione). Governo.

 

  Dopo l'articolo 4, aggiungere il seguente:

  Art. 4-bis. L'articolo 9 della legge 7 agosto 1990, n.241, è sostituito dal seguente:

  Art. 9. – (Intervento dei portatori di interessi nel procedimento). – 1. Le persone fisiche portatrici di propri interessi individuali e i loro rappresentanti legali o volontari, i soggetti portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati in conformità alle disposizioni normative di settore, nonché i soggetti portatori di interessi pubblici in qualsiasi forma costituiti, hanno facoltà di intervenire nel procedimento amministrativo in ogni sua fase sino alla decisione finale.

  2. L'intervento nel procedimento amministrativo di soggetti diversi da quelli di cui al comma 1, in particolare di imprese, persone giuridiche, portatori di interessi particolari altrui o gruppi di interesse, per i procedimenti di competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali, è disciplinato con regolamento, da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n.400, nel termine di sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge. Il regolamento indica le modalità di partecipazione e le forme di interlocuzione con le amministrazioni procedenti in ordine all'intervento di cui al presente comma, con garanzie elevate di trasparenza, pubblicità e imparzialità. Le regioni e gli enti locali si conformano al principio di differenziazione delle modalità partecipative di cui al presente comma, nell'ambito delle rispettive competenze, disciplinando la materia ai sensi dell'articolo 29. Nelle more dell'adozione delle misure normative di cui al presente comma, si applica la disciplina di cui al comma 1.

4. 0250. Mantovano, Costa.

 

  Dopo l'articolo 4, aggiungere il seguente:

  Art. 4-bis. All'articolo 11 della legge 7 agosto 1990, n.241, al comma 2, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Gli accordi di cui al presente articolo devono essere motivati ai sensi dell'articolo 3».

4. 0251. Mantovano, Costa.

(Approvato)

 

  Dopo l'articolo 4, aggiungere il seguente:

  Art. 4-bis. All'articolo 13 della legge 7 agosto 1990, n.241, dopo il comma 1, è inserito il seguente:

  1-bis. L'adozione finale degli atti di cui al comma 1 deve in ogni caso essere preceduta da una consultazione pubblica che consenta a tutti gli interessati di esprimersi con osservazioni scritte sullo schema di atto elaborato nel corso del procedimento dalle amministrazioni competenti. La consultazione pubblica può svolgersi anche in forma telematica.

4. 0252. Mantovano, Costa.

 

  Dopo l'articolo 4, aggiungere il seguente:

  Art. 4-bis. All'articolo 21-nonies della legge 7 agosto 1990, n.241, sono apportate le seguenti modificazioni:

   dopo il comma 1, sono inseriti i seguenti:

  1-bis. Il procedimento di annullamento d'ufficio sia avvia senza deroghe quando l'amministrazione competente per l'autotutela ha notizia di circostanze di fatto tali da far ragionevolmente ipotizzare che l'illegittimità del provvedimento di primo grado si correla, direttamente o indirettamente, a fatti di corruzione nell'attività amministrativa.

  1-ter. Le pubbliche amministrazioni dispongono in ogni caso l'annullamento d'ufficio dei provvedimenti amministrativi definitivamente annullati in sede giurisdizionale, anche nei casi in cui la parte vittoriosa nel giudizio ha volontariamente rinunciato al ricorso o agli effetti della sentenza di annullamento.

  1-quater. I provvedimenti di annullamento d'ufficio sono trasmessi dalle amministrazioni competenti, in via telematica, alla Corte dei conti;

   al comma 2, in fine, è aggiunto il seguente periodo: «Il procedimento di convalida non può essere avviato nei casi di cui ai commi 1-bis e 1-ter».

4. 0253. Mantovano, Costa, Di Pietro, Paladini.

 

  Dopo l'articolo 4, aggiungere il seguente:

  Art. 4-bis. 1. All'articolo 22 della legge 7 agosto 1990, n.241, al comma 1, la lettera b) è sostituita dalla seguente: b) «per “interessati”, tutti i soggetti che a qualsiasi titolo richiedano l'accesso».

  2. All'articolo 24 della legge 7 agosto 1990, n.241, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) al comma 1, la lettera c) è abrogata;

   b) il comma 3 è sostituito dal seguente: «Le singole pubbliche amministrazioni consentono l'accesso a chiunque ne faccia richiesta, senza che questi debba dichiarare il proprio interesse».

 

  3. All'articolo 25 della legge 7 agosto 1990, n.241, al comma 2, le parole «deve essere motivata. Essa» sono soppresse.

4. 0254. Mantovano, Costa, Di Pietro, Paladini.

 

  Dopo l'articolo 4, aggiungere il seguente:

  Art. 4-bis. 1. All'articolo 49 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, dopo il comma 2 è aggiunto il seguente:

  2-bis. Su ogni proposta di deliberazione sottoposta alla Giunta ed al Consiglio, che non sia mero atto di indirizzo, il Segretario comunale esprime il parere di conformità alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti. Il parere non è vincolante.

4. 0256. Mantovano, Costa, Di Pietro, Paladini.

 

  Dopo l'articolo 4, aggiungere il seguente:

  Art. 4-bis. Dopo l'articolo 147 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, è aggiunto il seguente:

  Art. 147-bis. – (Controllo di regolarità amministrativa e contabile). – 1. Il controllo di regolarità tecnico-amministrativa e contabile si esercita nella fase preventiva della formazione della deliberazione mediante i pareri di cui all'articolo 49.

  2. Per i restanti atti amministrativi, la sottoscrizione del responsabile di servizio attesta la regolarità tecnico-amministrativa. Il controllo preventivo di regolarità contabile è effettuato dal responsabile del servizio finanziario attraverso l'apposizione del visto attestante la copertura finanziaria sulle determinazioni di spesa. La regolarità e la correttezza dell'azione amministrativa viene espressa dal Segretario comunale preventivamente all'adozione sulle determinazioni di impegno di spesa, sugli atti; di diminuzione dell'entrata, sugli atti di liquidazione della spesa, sui contratti, che superino i parametri di riferimento stabiliti in base alla dimensione dell'ente. Inoltre detto controllo ricade sugli atti amministrativi concernenti le procedure assunzionali.

4. 0258. Mantovano, Costa, Di Pietro, Paladini.

 

  Dopo l'articolo 4, aggiungere il seguente:

  Art. 4-bis. All'articolo 196 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

  3. Il controllo di gestione ha per oggetto l'intera attività amministrativa e gestionale delle province, dei Comuni, delle Unioni dei Comuni e delle Città metropolitane ed è svolto con una cadenza periodica definita dal regolamento di contabilità dell'Ente. Nei Comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti e nelle unioni di Comuni il controllo di gestione è affidato al responsabile del servizio economico finanziario ed al Segretario comunale, e può essere svolto anche mediante forme di gestione associata con altri enti limitrofi.

4. 0259. Mantovano, Costa, Di Pietro, Paladini.

 

  Dopo l'articolo 4, aggiungere il seguente:

  Art. 4-bis. All'articolo 234 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, il comma 2 è sostituito dal seguente:

  2. I componenti del collegio dei revisori sono scelti, sulla base dei criteri individuati dallo statuto dell'ente, volti a garantire specifica professionalità e privilegiare il credito formativo:

   a) tra gli iscritti all'ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili;

   b) tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili;

   c) tra i Segretari comunali e provinciali privi di sede che abbiano seguito un percorso formativo specialistico.

4. 0260. Mantovano, Costa, Di Pietro, Paladini.

 

  Dopo l'articolo 4, aggiungere il seguente:

  Art. 4-bis. – 1. Il Governo è delegato a emanare, nel termine di sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, un regolamento, da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n.400, per la disciplina organica degli illeciti, e relative sanzioni disciplinari, correlati al superamento dei termini di definizione dei procedimenti amministrativi.

4. 0261. Mantovano, Costa.

 

  Dopo l'articolo 4, aggiungere il seguente:

  Art. 4-bis. Il Governo è delegato a emanare, nel termine di sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per la disciplina organica degli illeciti, e relative sanzioni disciplinari, correlati al superamento dei termini di definizione dei procedimenti amministrativi, secondo i seguenti principi:

   a) omogeneità degli illeciti connessi al ritardo, superando le logiche specifiche dei differenti settori delle pubbliche amministrazioni;

   b) omogeneità dei controlli da parte dei dirigenti, volti a evitare ritardi;

   c) omogeneità, certezza e cogenza nel sistema delle sanzioni, sempre in relazione al mancato rispetto dei termini.

4. 0650.Le Commissioni.

(Approvato)

 

A.C. 4434-A – Articolo 5

 

ARTICOLO 5 DEL DISEGNO DI LEGGE N.4434 NEL TESTO DELLE COMMISSIONI

 

Art. 5.

(Introduzione dell'articolo 54-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165).

 

  1. Dopo l'articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, è inserito il seguente:

  «Art. 54-bis. – (Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti). – 1. Fuori dei casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione, il pubblico dipendente che denuncia o riferisce condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia.

  2. Salvi gli obblighi di denuncia previsti dalla legge, l'identità del segnalante non può essere rivelata, senza il suo consenso, fino alla contestazione dell'addebito disciplinare».

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 5 DEL DISEGNO DI LEGGE

 

ART. 5.

(Introduzione dell'articolo 54-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165).

 

  Al comma 1, capoverso, comma 1, sostituire le parole: o diffamazione con le seguenti: , diffamazione ovvero ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile.

5. 250. Sisto.

 

  Al comma 1, capoverso, comma 1, sostituire le parole: o riferisce con le seguenti: all'Autorità giudiziaria o alla Corte dei conti, ovvero riferisce al proprio superiore gerarchico;

 

  Conseguentemente, al medesimo capoverso:

   a) al comma 2, sostituire le parole: fino alla contestazione dell'addebito disciplinare con le seguenti: sempre che la contestazione dell'addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione. Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione, l'identità può essere rivelata ove la sua conoscenza sia assolutamente indispensabile per la difesa dell'incolpato;

   b) dopo il comma 2, aggiungere i seguenti:

  «2-bis. L'adozione di misure discriminatorie è segnalata al Dipartimento della funzione pubblica per i provvedimenti di competenza, dall'interessato o dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nell'amministrazione nella quale le stesse sono state poste in essere.

  2-ter. La denuncia è sottratta all'accesso previsto dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241».

5. 600. Governo.

 

 


 

 

RESOCONTO

SOMMARIO e STENOGRAFICO

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644.

 

Seduta di MARTedì5 GIUGNo 2012

 

presidenza del vicepresidente ANTONIO LEONE

 


La seduta comincia alle 11,35.

 

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 2156 - Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione (Approvato dal Senato) (A.C. 4434-A); e delle abbinate proposte di legge: Di Pietro ed altri; Ferranti ed altri; Giovanelli ed altri; Torrisi ed altri; Garavini; Ferranti ed altri (A.C. 3380-3850-4382-4501-4516-4906) (ore 16,51).

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione; e delle abbinate proposte di legge di iniziativa dei deputati Di Pietro ed altri; Ferranti ed altri; Giovanelli ed altri; Torrisi ed altri; Garavini; Ferranti ed altri.

Ricordo che nella seduta del 30 maggio 2012 sono stati accantonati l'emendamento Di Pietro 2.280 e la votazione dell'articolo 2. Ricordo, inoltre, che nella seduta del 31 maggio sono stati accantonati i seguenti articoli aggiuntivi: 4.0600 del Governo, unitamente ai relativi subemendamenti Bragantini 0.4.0600.1 e Vassallo 0.4.0600.2; Mantovano 4.0250, 4.0252 e 4.0253.

Avverto che sono in distribuzione un'ulteriore nuova formulazione dell'articolo aggiuntivo 4.0600 del Governo e una nuova formulazione dell'emendamento 5.600 del Governo, nonché il subemendamento Favia 0.4.0600.3.

Avverto, inoltre, che, prima dell'inizio della seduta, sono state ritirate dai presentatori le seguenti proposte emendative: Ferranti 9.06 e 10.259, Mariani 9.07 e 9.08, Ria 10.251, Giovanelli 10.026, 10.027, 10.06, 10.09 e 10.07.

Ricordo che nella seduta del 31 maggio 2012 sono iniziati gli interventi sul complesso degli emendamenti riferiti all'articolo 5.

Chiedo al relatore da dove intenda riprendere i nostri lavori.

ANTONIO DI PIETRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, ho sentito ora per la prima volta che ci sono degli emendamenti ritirati. Poiché noi riteniamo di fare nostri diversi di essi, vorrei che risulti agli atti che segnaliamo di farli nostri. Vogliamo che ciò risulti agli atti.

PRESIDENTE. Tutti quelli che sono stati ritirati?

ANTONIO DI PIETRO. No, non voglio far perdere tempo. Presentiamo adesso la richiesta, ma intanto continuate. Deve risultare agli atti perché altrimenti ci dite che siamo fuori termine. Tutto qui.

PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro, secondo la costante prassi interpretativa, adottata sin dalla XIII legislatura, gli emendamenti ritirati al di fuori della seduta non possono essere fatti propri, non sussistendo fra il ritiro e l'appropriazione quel vincolo di immediatezza che il Regolamento prevede. Le proposte emendative ritirate prima della seduta, infatti, non esistono più agli atti. In tal senso, si veda anche la seduta della Giunta per il Regolamento del 28 febbraio 2007, in cui è stata confermata la validità della prassi che esclude che possano essere appropriati emendamenti o subemendamenti ritirati fuori dalla seduta. La ratio di tale disciplina discende dalla necessità, precisata dal Presidente della Camera nella seduta del 17 novembre 1999 e dalla Giunta per il Regolamento in pari data, di consentire al deputato che intenda ritirare l'emendamento di presentare un ordine del giorno che sarebbe altrimenti precluso dall'eventuale appropriazione dell'emendamento stesso e dalla sua reiezione da parte dell'Assemblea.

Torno a chiedere al relatore da dove intenda riprendere i nostri lavori. Prego, onorevole Santelli.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, noi continueremmo dall'articolo 5.

(Ripresa esame dell'articolo 5 - A.C. 4434-A)

PRESIDENTE. Riprendiamo dunque l'esame dell'articolo 5 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 4434-A). Risultano ancora aver chiesto di parlare sul complesso degli emendamenti dell'articolo 5 l'onorevole Paolini e l'onorevole Di Pietro.

Prendo atto che i deputati Paolini e Di Pietro rinunciano ad intervenire.

ANTONIO DI PIETRO. Se ci fa capire, signor Presidente... non capisco! Deve rispettare anche noi!

PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro, la prego però... Ripeto, onorevole Di Pietro, quando si sta in Aula, si ascolta. Ho chiesto al relatore da quale punto dovevamo ripartire. Ha detto dall'articolo 5 e ho annunciato che risultavano ancora iscritti sul complesso degli emendamenti all'articolo 5 l'onorevole Paolini e l'onorevole Di Pietro. Ho dato la parola all'onorevole Paolini che ha rinunciato ad intervenire. Chiedo a lei se intenda intervenire sul complesso degli emendamenti all'articolo 5. Non intende farlo. Bene, rinuncia.

Chiedo, quindi, al relatore di esprimere il parere sugli emendamenti all'articolo 5.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Le Commissioni esprimono parere favorevole sull'emendamento Sisto 5.250, purché sia riformulato nel modo seguente: «al comma 1, capoverso, comma 1, sostituire le parole: "o diffamazione" con le seguenti: "ovvero per lo stesso titolo ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile"».

Le Commissioni accettano l'emendamento 5.600 (Nuova formulazione) del Governo.

PRESIDENTE. Onorevole Santelli, chiedo scusa, ma la riformulazione che risulta a noi depositata non prevede la soppressione della parola «diffamazione». Può rileggerla, per favore, così siamo tutti più tranquilli?

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. «Per diffamazione ovvero per lo stesso titolo ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile».

PRESIDENTE. Il Governo?

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Il parere del Governo è conforme a quello del relatore.

PRESIDENTE. Onorevole Sisto, accoglie la riformulazione dell'emendamento 5.250, a sua prima firma, proposta dalle Commissioni?

FRANCESCO PAOLO SISTO. Sì, signor Presidente. Vorrei in breve tempo spiegare i motivi di questo emendamento affinché ne rimanga traccia. È un emendamento che serve semplicemente ad evitare che, per raccogliere le condizioni spiegate proprio dall'articolo 5, sia sempre indispensabile esercitare, a mezzo della querela o di denuncia, un'azione in sede penale dei reati di calunnia e di diffamazione. L'emendamento serve a chiarire che lo stesso obiettivo raggiunto in sede civile può essere prodotto con una sentenza ovviamente definitiva. Dunque accolgo la riformulazione perché centra esattamente l'intento genetico di questo emendamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Capano. Ne ha facoltà.

CINZIA CAPANO. Signor Presidente, la mia dichiarazione di voto era contraria nella precedente formulazione, ma in questa formulazione la dichiarazione di voto è positiva.

PRESIDENTE. Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Sisto 5.250, nel testo riformulato, accettato dalle Commissioni e dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevole Barba... onorevole Divella... onorevole Mario Pepe... onorevole Ascierto...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 509

Votanti 508

Astenuti 1

Maggioranza 255

Hanno votato508).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 5.600 (Nuova formulazione) del Governo, accettato dalle Commissioni.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevole Mazzuca... onorevole Ria... onorevole Goisis... onorevole Cesario... onorevole Cesaro... onorevole De Nichilo Rizzoli... onorevole Coscia...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 508

Votanti 506

Astenuti 2

Maggioranza 254

Hanno votato506).

Passiamo alla votazione dell'articolo 5.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vassallo. Ne ha facoltà, per tre minuti.

SALVATORE VASSALLO. Signor Presidente, questo articolo, introdotto attraverso un emendamento nel corso dell'esame al Senato, mira a tutelare il pubblico dipendente che denuncia o riferisce condotte illecite, riferite sia a reati sia ad illeciti disciplinari, apprese sul posto di lavoro. Per buone ragioni, si tratta di un intervento legislativo che non è stato molto controverso, né al Senato, né in sede di esame presso le Commissioni, né in Aula, e che mira a tutelare il dipendente fuori dai casi di responsabilità per calunnia o diffamazione.

Si prevede che chi segnala comportamenti illeciti non possa essere licenziato né sottoposto a misure discriminatorie sul piano lavorativo, in qualche misura, per motivi collegati con la denuncia presentata. Salvo i casi in cui la denuncia corrisponda ad un obbligo d'ufficio e in assenza del consenso del lavoratore che ha segnalato tale condotta, la sua identità non può essere rilevata, ma deve essere tenuta riservata. Vi sono, dunque, una serie di cautele che, naturalmente, tendono non a promuovere la delazione, ma a tutelare quei dipendenti che correttamente collaborano per limitare comportamenti illeciti al servizio del buon andamento e della buona immagine delle amministrazioni pubbliche.

Le ulteriori cautele introdotte nel corso dell'esame in Aula rendono questa norma non solo utile, ma anche chiara ed equilibrata, dando, in questo modo, attuazione ad una disposizione contenuta nella Convenzione civile sulla corruzione del Consiglio d'Europa, fatta a Strasburgo nel 1999, che stiamo un po' tardivamente ratificando (il 29 maggio scorso, la Commissione affari esteri l'ha licenziata). Questa Convenzione, all'articolo 9, prevede che noi ci impegniamo a garantire adeguata tutela contro ogni ingiustificata sanzione nei confronti di dipendenti i quali, in buona fede, denuncino alle persone o autorità competenti fatti di corruzione di cui abbiano giusti motivi di sospetto.

La norma che la Camera si accinge ad approvare corrisponde in maniera equilibrata a questo obiettivo sancito anche dalla citata Convenzione del Consiglio d'Europa e, dunque, il gruppo del Partito Democratico darà il suo voto favorevole (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ria. Ne ha facoltà.

LORENZO RIA. Signor Presidente intervengo per dichiarare il sostegno del mio gruppo all'approvazione dell'articolo 5, così com'è stato modificato dall'azione e dall'emendamento proposto dal Governo. Anzi, vorrei cogliere l'occasione per dire che il lavoro svolto dal Ministro Patroni Griffi su questo articolo, come sul restante assetto preventivo del provvedimento, a mio avviso, è encomiabile ed è il frutto tangibile di un'estrema competenza in materia; prerogativa quest'ultima dalla quale non si può prescindere per dar vita ad un intervento normativo organico e coerente, così come ci stiamo impegnando a fare.

L'anticorruzione necessita, infatti, di un'azione di contrasto mirata e specifica che non permetta di tralasciare gli aspetti precipuamente collegati all'indagine. Mi riferisco, soprattutto, all'importanza di individuare un sistema che garantisca il più possibile che la notizia criminis, anzitutto, giunga all'autorità giudiziaria, alla Corte dei conti, ovvero ai soggetti su cui incombe l'obbligo di denuncia.

L'esperienza ha dimostrato, infatti, che questo genere di reati incontra un particolare limite proprio nella fase cosiddetta di emersione della notizia; le condotte che li caratterizzano sono infatti tangenti, per così dire, naturalmente, rispetto allo svolgimento dei compiti connessi al ruolo del dipendente pubblico e facilmente si confondono e restano coperti dall'atteggiamento di chi non denuncia per timore di ritorsioni nell'ambiente stesso di lavoro. Giudico dunque più che appropriata la misura prevista dall'articolo 5 laddove garantisce la tutela del dipendente pubblico che denuncia fatti illeciti, imponendo un sistema che lo protegga da eventuali misure discriminatorie.

Ritengo di poter esprimere lo stesso giudizio rispetto all'ultima delle modifiche apportate, ovvero quella che estende la tutela del dipendente anche al procedimento disciplinare. Particolarmente indicata a perseguire lo scopo mi sembra, peraltro, la sottrazione della denuncia all'accesso previsto dagli articoli 22 e seguenti della legge sul procedimento amministrativo.

Mi avvio a concludere, ma, per la verità, vorrei esprimere qualche dubbio sull'introduzione, all'interno della clausola di riserva iniziale, del riferimento all'articolo 2043 del codice civile, che pure ho concorso ad approvare votando l'emendamento del collega Sisto, quand'anche la richiesta di accertamento del danno sia fondata su fatti di calunnia o diffamazione. Le ragioni del mio dubitare attengono al piano applicativo e stanno ovviamente nella differente articolazione dei processi penale e civile che, a mio parere, non può essere superata su basi sostanziali e cioè quando si ricorra in sede civile, seppure sulla base di fatti rilevanti penalmente dei quali il giudice accerta la sussistenza ai soli fini storici per fondare il presupposto del danno ingiusto. A parte queste ultime osservazioni, credo di poter affermare che l'articolo 5 nel suo complesso rappresenti, sul piano normativo, un punto di forte raccordo tra diritto sostanziale e diritto processuale; per tali motivi ribadisco il voto favorevole del mio gruppo all'articolo in esame.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Signor Presidente, comunico il voto favorevole del Popolo della Libertà a questo articolo. Si tratta di una norma che non esito a definire equilibrata; è una norma che, da un lato, non esalta e non tutela indiscriminatamente il dipendente pubblico che, nell'ambito della stessa pubblica amministrazione, denuncia o riferisce condotte illecite ma lo protegge con dei limiti che sono quelli del dipendente pubblico che non dica qualificatamente il vero nelle forme della calunnia e della diffamazione. Non è secondaria l'aggiunta, da parte del Ministro, del limite, nell'ambito del procedimento disciplinare, del divieto di rivelare l'identità.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Segnalo, per coerenza di sistema, che l'atteggiamento non è nuovo nella nostra esperienza; il lavoratore molto spesso è tutelato nell'ambito di talune condotte dalle possibili ripercussioni da parte del datore di lavoro. Mi riferisco, per esempio, alla procedibilità d'ufficio di tutti i reati in tema di sicurezza sul lavoro, laddove anche per lesioni più gravi è prevista la procedibilità a querela. È evidente che la lesione del lavoratore va perseguita d'ufficio perché potrebbe, invece, entrare nella disponibilità del suo datore la procedibilità ad impulso. Mi sembra pertanto che questa norma, con quel chiarimento non secondario del non relegare nel panpenalismo dell'accertamento le ipotesi di calunnia e di diffamazione, abbia dignità di coerenza armonica e armonizzata con l'intero sistema. Voteremo «sì» a questo articolo.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 17,10)

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Favia. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, intervengo per dichiarare il voto favorevole del gruppo Italia dei Valori a questo articolo 5 dato che, se è vero che da una parte in uno Stato corretto non ci dovrebbe nemmeno essere perché dovrebbe essere normale per chi percepisce un illecito denunciarlo, dovrebbe essere altrettanto normale che colui che lo denuncia correttamente non avesse conseguenze persecutorie.

Tuttavia, salutiamo con molto favore questo articolo, che riteniamo equilibrato e bilanciato, perché protegge anche contro le calunnie, la diffamazione e, grazie all'aggiunta che è stata posta questa mattina nel Comitato dei diciotto, anche quando questa calunnia e questa diffamazione venga fuori non in sede penale, ma in sede civilistica, ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile.

Vi è, comunque, una protezione importante per chi favorisca, denunciando all'autorità giudiziaria o alla Corte dei conti, ovvero al proprio superiore gerarchico, dei fatti di corruzione. Ovviamente deve trattarsi di una denuncia seria e circostanziata, perché altrimenti vi sarebbe il controbilanciamento dell'azione disciplinare contraria. Quindi, crediamo che anche il fatto che vi sia la possibilità, da parte delle organizzazioni sindacali del perseguitato, di denunciare al Dipartimento della funzione pubblica le azioni persecutorie, sia una protezione importante. Quindi, lo ripeto, salutiamo con favore l'introduzione di questa norma nell'ordinamento e voteremo a suo favore.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Granata. Ne ha facoltà.

BENEDETTO FABIO GRANATA. Signor Presidente, anche Futuro e Libertà per l'Italia esprime il proprio parere favorevole su questo articolo, che riteniamo essere particolarmente qualificante, perché introduce una rottura culturale rispetto a un andazzo. Si tutela la forza e la volontà, da parte di chi appartiene alla pubblica amministrazione, ad esempio, di denunciare fatti di corruzione; lo si tutela di fronte alle ritorsioni possibili e, per certi versi, si crea, all'interno della nostra legislazione, un procedimento analogo a quello che, con successo, gli imprenditori, soprattutto quelli della mia Sicilia, hanno seguito, arrivando prima a prevedere l'espulsione dall'associazione degli industriali di chi non denuncia fatti legati a pratiche estorsive e, successivamente, per legge, si è introdotto un principio per cui quell'atteggiamento è non soltanto culturalmente riprovevole, ma penalmente rilevante, perché di fatto si favorisce l'azione delle organizzazioni criminali.

In questo senso l'articolo 5, anche attraverso elementi di riequilibrio che erano necessari - perché era probabilmente eccessivamente pericoloso delegare soltanto alla parola di chi denuncia trovare un punto di accordo, di equilibrio - è certamente un tassello qualificante di una norma che speriamo, nella sua interezza e nel suo rigore, approvare nei tempi più rapidi possibili.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 5, nel testo emendato.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Papa, Cimadoro, Brandolini, Pippo Gianni, De Torre, Siliquini, Scilipoti, Fiano, Rosso, Pepe Mario...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 521

Votanti 519

Astenuti 2

Maggioranza 260

Hanno votato519.

(Esame dell'articolo 6 - A.C. 4434-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 6 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 4434-A).

Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

ANGELA NAPOLI, Relatore per la II Commissione. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sugli identici emendamenti Mantovano 6.250, Vitali 6.1, Barbaro 6.252 e Rao 6.253. La Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento Melchiorre 6.251.

PRESIDENTE. Il Governo?

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Mantovano 6.250. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantovano. Ne ha facoltà.

ALFREDO MANTOVANO. Signor Presidente, intervengo solo per motivare il voto a favore di questo emendamento. Tutti desideriamo fortemente impedire infiltrazioni mafiose nei settori cruciali dell'economia, ma spero che tutti desideriamo alla stessa maniera evitare dei pasticci. Vorrei fare un brevissimo riassunto delle puntate precedenti per arrivare alla questione. Nel 2010 il Parlamento, all'unanimità, vara la legge delega per l'adozione del codice antimafia, la legge n. 136 del 2010.

Nel settembre del 2011 viene pubblicato, dopo il passaggio in Parlamento, il decreto legislativo di esercizio di questa delega, che contiene al proprio interno, fra le altre, due norme: l'articolo 84, che disciplina la documentazione antimafia e le informazioni antimafia, e l'articolo 91, che al comma 7 delega ad un regolamento da adottare da parte del Ministro dell'interno, insieme con altri Ministri (giustizia, infrastrutture e trasporti, sviluppo economico, eccetera) le tipologie di attività a rischio di infiltrazione mafiosa nelle attività di impresa per le quali, in relazione al settore di impiego e a situazioni ambientali determinate, vi siano dei rischi di infiltrazione, sempre da contrastare con idonea documentazione antimafia.

Quindi, si rinvia ad un regolamento. Perchéè stato scelto il regolamento? Perchéè uno strumento relativamente flessibile, tale da poter recepire, a seconda del momento storico, l'indicazione delle attività a rischio che possono in parte mutare a seconda dei tempi e dei contesti. Perché l'articolo 6 rischia di essere un pasticcio? Perché la cosa più normale, sulla base delle puntate precedenti fin qui illustrate, è che gli uffici dei Ministeri interessati - in primis quello dell'interno - essendo trascorsi nove mesi - non 9 giorni o 9 settimane, ma 9 mesi - dall'entrata in vigore della norma principale, diano alla luce la norma secondaria, quella regolamentare.

Ora, invece di fare la cosa più normale, e cioè accelerare questo lavoro, si fa qualcosa di molto più complicato e francamente difficilmente comprensibile: si scomoda una norma di legge primaria e si dice una cosa illogica. Infatti al primo comma dell'articolo 6, che quest'Aula si appresta a varare, si dice: fino alla data di entrata in vigore del regolamento previsto dall'articolo 91, comma 7, del codice delle leggi antimafia, sono individuate le seguenti tipologie di attività a rischio (segue l'elenco). Se questo emendamento fosse bocciato, come da parere delle relatrici e del Governo, e quindi vi fosse la piena operatività dell'articolo 6, si avrebbe una serie di conseguenze francamente spiacevoli, a cominciare dalla ammissione di un grave ritardo da parte degli uffici dei Ministeri interessati che dovevano provvedere in nove mesi alla redazione di questo regolamento.

Ancora: la legge verrebbe adoperata come toppa provvisoria rispetto a tale ritardo. Ancora: si scrive da subito che una norma di legge è a tempo - e questo riguarda ogni norma della legge - ma è a un tempo molto limitato, addirittura può venir meno nel momento in cui si sarà varata una norma secondaria, con il rischio...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

ALFREDO MANTOVANO. Se mi permette, signor Presidente, mi pare sia una questione di un certo peso, non rubo più di un minuto. Vi è il rischio, infatti, di un grave contrasto tra le varie white e black list contemplate da varie disposizioni in vigore; Expo 2015, ricostruzione in Abruzzo, il codice antimafia e questa norma, rischiano di fare impazzire i funzionari delle prefetture e le imprese interessate.

Allora - e concludo - può anche darsi che il Governo, il Ministero dell'interno in primis, ritenga di fare a meno del regolamento, e quindi si presenti in quest'Aula e dica: chiedo all'Aula di approvare una norma di legge primaria che abolisce il regolamento, e indica questo elenco. Ma non è ammissibile una soluzione a metà che, oltre ad essere a metà, sia un pasticcio che rischia di portare soltanto confusione operativa.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Mantovano 6.250, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Farina Coscioni, Paladini, Pezzotta, Casini, D'Alessandro, Sardelli...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 512

Votanti 487

Astenuti 25

Maggioranza 244

Hanno votato60

Hanno votato no 427).

Prendo atto che il deputato Biasotti ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.

Passiamo alla votazione degli identici emendamenti Vitali 6.1, Barbaro 6.252, Rao 6.253.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Contento. Ne ha facoltà.

MANLIO CONTENTO. Signor Presidente, l'excursus fatto dal collega Mantovano mi fa risparmiare tempo. Questo emendamento, unitamente ad altri di colleghi appartenenti ad altri gruppi, aveva lo scopo di porre all'Aula una questione che riguarda proprio le informazioni antimafia. Oggi il meccanismo funziona grosso modo in questi termini: affida alle prefetture, su richiesta delle pubbliche amministrazioni interessate, di rispondere entro determinati termini, dando naturalmente le informazioni di cui le prefetture dispongono.

In alcuni casi è accaduto che le grosse imprese che si sono aggiudicate gli appalti, si sono rivolte ad imprese che rientrano nel novero di quelle che sono richiamate dall'articolo 6 - quelle, diciamo così, a maggior rischio di infiltrazione mafiosa -, hanno concluso dei rapporti contrattuali con queste imprese e, dopo avere in alcuni casi ricevuto l'informazione antimafia, si sono trovate al centro di inchieste giudiziarie, nelle quali veniva chiesto ad esse di spiegare come mai avessero intrattenuto rapporti con imprese su cui, attraverso accertamenti successivi, era emerso un pericolo di infiltrazione mafiosa.

Che cosa fanno le proposte emendative che, lo anticipo già, io ritirerò? Rovesciano il concetto. Siccome l'autorità di controllo e di prevenzione antimafia è la prefettura, la nostra proposta prevedeva, in buona sostanza, che ci fossero delle liste, cosiddette white list, all'interno delle quali ogni operatore che rientrava in questi settori trovava ospitalità e, una volta che era censito all'interno di queste white list, le imprese aggiudicatarie degli appalti vi si potevano rivolgere per i lavori necessari, senza alcun problema.

Questo rovesciamento avrebbe lo scopo di far eseguire i compiti di accertamento e di prevenzione a chi li deve svolgere, e di evitare alle imprese di correre rischi quando le informazioni date in un primo momento non siano sufficienti a prevenire naturalmente gli aspetti di infiltrazione mafiosa. Noi crediamo nella bontà di questa nostra proposta. Ci sono situazioni diverse. Io, Presidente, vorrei sentire l'opinione degli altri colleghi che hanno presentato analoghi emendamenti, fermo come sono ad aderire all'invito del Governo, qualora anche gli altri fossero di conseguenza d'accordo nel ritirare i loro emendamenti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Granata. Ne ha facoltà.

BENEDETTO FABIO GRANATA. Signor Presidente, prima ho voluto sottolineare con particolare forza la positività del principio introdotto con l'articolo 5 nel nostro ordinamento, e la dimostrazione è stata, da parte dell'intero Parlamento, un'autentica piccola rivoluzione culturale che avviene attraverso un provvedimento legislativo.

Debbo dirvi che sia il parere delle Commissioni, sia lo stesso parere del Governo, mi lasciano, e ci lasciano, come Futuro e Libertà per il Terzo Polo, molto perplessi. Non capiamo le motivazioni di un invito al ritiro di un provvedimento (cioè di una riscrittura dell'articolo 6) che, come il collega che mi ha preceduto ha voluto sottolineare, è un articolo che ha uno scopo evidentissimo di prevenzione rispetto ad uno dei meccanismi - non il solo a dire il vero - attraverso il quale le gare di appalto possono essere preda di settori confinanti con i sistemi criminali.

Si tratta cioè dell'istituzione di un elenco presso le prefetture e di un monitoraggio costante di quelle imprese che, in regime di subappalto, svolgono alcuni lavori o comunque sono affidatarie di alcune tipologie di attività come il trasporto del materiale alle discariche, il trasporto e lo smaltimento dei rifiuti. Non voglio elencarle perché sono ben elencate nell'emendamento. Quindi, questa è una grande opportunità all'interno di un disegno di legge anticorruzione, per dare una garanzia (prima è stata definita una white list e di questo si tratta) alle imprese.

Infatti, con un elenco presente all'interno delle prefetture, non soltanto si fotografa uno spaccato di imprenditoria sana monitorata dalle prefetture stesse, ma le prefetture e le autorità preposte alle indagini preventive nei confronti delle infiltrazioni mafiose sugli appalti, proprio su quell'elenco di ditte, svolgono dei controlli costanti per garantire che non ci siano mutazioni di assetti societari, ingressi di nuovi soci anche in conseguenza di attività estorsive verso le stesse ditte.

Quindi, la motivazione politica e giuridica dell'introduzione di questo principio, che non è un caso che sia stata prevista in una formulazione analoga da una fascia di parlamentari larghissima, ci lascia realmente sorpresi. Per questo motivo, essendo coerenti nell'impostazione propositiva che vogliamo dare insieme al Governo all'approvazione di questo disegno di legge anticorruzione, riteniamo che l'articolo 6 sostitutivo, sia estremamente qualificante per la legislazione italiana, ed estremamente utile in una fase nella quale andiamo ad affrontare grandi questioni. Penso fra tutte all'Expo: che cosa significa l'Expo a Milano da gestire senza la possibilità di monitorare non soltanto le ditte che vincono gli appalti, ma tutto ciò che avviene all'interno di quel lavori? Quindi, noi riteniamo positiva la proposizione di questo articolo sostitutivo e, per questo, Futuro e Libertà chiede che venga posto in votazione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rao. Ne ha facoltà.

ROBERTO RAO. Signor Presidente, anche gli interventi che mi hanno preceduto - in particolare quello del collega Mantovano, ma poi anche quelli dei colleghi Contento e Granata - hanno sottolineato un punto molto importante sul quale ci siamo lungamente confrontati nelle Commissioni. Anche noi, come ha anticipato il collega Contento, ritireremo il nostro emendamento, che è stato proposto per integrare una previsione contenuta nel testo dell'articolo 6, per dare maggiore efficacia alle disposizioni che abbiamo ottenuto, con una sintesi avvenuta in sede di Commissioni, anche con la collaborazione del Governo.

Infatti, consideriamo - e lo ritiriamo per questo motivo - un comportamento apprezzabile da parte del Governo il fatto che per la prima volta una norma di legge individui ed elenchi le attività economiche che, secondo un'esperienza comprovata da parte di tutti gli operatori del settore e confermata dalla direttiva del Ministro Maroni del 23 giugno 2010, costituiscano i settori più esposti al rischio di infiltrazioni mafiose. Tutti i colleghi che si sono occupati in Commissione giustizia o in Commissione antimafia del settore dello sviluppo hanno potuto toccare con mano quanto ciò sia vero.

Il nostro emendamento tendeva, per rendere veramente efficace questa disposizione, ad accompagnarla con l'indicazione specifica delle modalità con le quali dovrà essere effettuato il controllo degli operatori iscritti nell'elenco della prefettura e anche delle conseguenze derivanti dall'esito negativo degli accertamenti prescritti.

Quindi, poi con questo emendamento volevamo - e lo abbiamo presentato in maniera analoga con altri colleghi degli altri gruppi - prevedere l'obbligatorietà dell'iscrizione negli elenchi per l'esercizio di queste attività.

Perché questo elemento ci sembra importante? Perché l'esperienza relativa alle previsioni legislative delle white list - quelle non obbligatorie ma facoltative, per parlare soltanto, come ultima esperienza, della ricostruzione in Abruzzo - non hanno prodotto risultati significativi. Quindi, quello del Governo rischia di essere uno sforzo vano, se non portato a termine.

Infine, l'obbligatorietà dell'iscrizione negli elenchi per l'esercizio di attività che, comunque, sono già sottoposte a provvedimenti di tipo autorizzatorio dell'amministrazione per altri aspetti, avrebbe la conseguenza di evitare un doppio regime fra gli appalti pubblici, per i quali l'appaltatore potrebbe sì scegliere i propri subcontraenti nelle liste controllate dalle prefetture, rispetto agli appalti privati, per i quali l'appaltatore non avrebbe, invece, alcuna garanzia sotto il profilo dell'assenza di penetrazione malavitosa nella scelta dei propri contraenti.

Questi sono gli elementi dubitativi che abbiamo sottoposto e che, con il nostro emendamento, intendiamo sottoporre al Governo. Ma, come dicevo all'inizio del mio intervento, per venire incontro anche allo sforzo di mediazione che è stato fatto in questa circostanza e d'intesa anche con gli altri colleghi, ritireremo il nostro emendamento. Però, riteniamo che sia un tema su cui il Governo, che ha dimostrato una grande sensibilità, riuscendo ad intervenire su questo aspetto come prima non si era fatto, possa e debba trovare il tempo - magari se riusciamo senza ritirare l'emendamento ad accantonarlo, come chiedono anche gli altri colleghi - per valutarlo nel percorso complicato, ma produttivo, che fino ad ora ha avuto questo provvedimento sulla prevenzione e sulla repressione della corruzione. Forse, insieme potremmo anche trovare il tempo e il modo, come sempre è stato fatto fino ad ora con la grande disponibilità del Ministro Patroni Griffi - devo dire - in tutte le sedi che hanno accompagnato questo provvedimento, per ritornare e per fare quel passo in avanti che servirebbe per dare reale efficacia a questo emendamento.

PRESIDENTE. Onorevole Rao, ma lei intende ritirare il suo emendamento 6.253 o intende accantonarlo?

ROBERTO RAO. Signor Presidente, chiedo che il mio emendamento 6.253 sia accantonato.

PRESIDENTE. Onorevole Rao, se intende proporre l'accantonamento del suo emendamento 6.253 occorre acquisire il parere del relatore. Onorevole Napoli?

ANGELA NAPOLI, Relatore per la II Commissione. Signor Presidente, la Commissione esprime parere favorevole sulla proposta di accantonamento.

PRESIDENTE. Sta bene.

Avverto che, non essendovi obiezioni, deve intendersi accantonato l'esame degli identici emendamenti Vitali 6.1, Barbaro 6.252 e Rao 6.253 e, conseguentemente, la votazione dell'articolo 6.

Gli onorevoli Di Pietro e Garavini, che avevano chiesto di parlare, potranno intervenire nel momento in cui si riprenderà l'esame delle proposte emendative accantonate.

Faccio presente che occorre accantonare anche l'emendamento Melchiorre 6.251, perché gli altri emendamenti già accantonati erano interamente sostitutivi dell'articolo.

DANIELA MELCHIORRE. No, signor Presidente!

PRESIDENTE. Onorevole Melchiorre, è un fatto tecnico non di volontà!

DANIELA MELCHIORRE. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DANIELA MELCHIORRE. Signor Presidente, con il mio emendamento 6.251 si vanno ad apportare delle aggiunte al testo originario del provvedimento. Esso non ha nulla a che vedere con gli emendamenti precedenti. Quindi, non vale per esso la richiesta di accantonamento.

PRESIDENTE. Onorevole Melchiorre, non è questione di richiesta! Gli emendamenti precedenti, che sono stati accantonati, sono interamente sostitutivi. Questo comporta anche l'accantonamento del suo emendamento 6.251. Infatti, se si sostituisce integralmente l'articolo 6 del provvedimento, il suo emendamento 6.251, che è modificativo, non è più in linea con il procedimento che stiamo seguendo.

Ricordo che anche la votazione dell'articolo 6 è accantonata.

A questo punto dovremmo passare all'esame dell'articolo 7 e dell'unica proposta emendativa ad esso presentata.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, l'articolo 7 è accantonato...

PRESIDENTE. Era già accantonato?

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. ... perché introduce l'articolo 319-quater che è inserito, poi, dall'articolo 13 di questo provvedimento.

PRESIDENTE. Quindi, lei propone l'accantonamento anche dell'emendamento Ferranti 7.251 e della votazione sull'articolo 7.

Avverto che, non essendovi obiezioni, deve intendersi accantonato l'esame dell'emendamento Ferranti 7.251 e, conseguentemente, la votazione dell'articolo 7.

(Esame dell'articolo 8 - A.C. 4434-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 8 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 4434-A).

Nessuno chiedendo di parlare sull'articolo 8 e sulle proposte emendative ad esso presentate, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, la Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sui subemendamenti Zeller 0.8.600.1, 0.8.600.2 e 0.8.600.3.

La Commissione accetta l'emendamento del Governo 8.600.

Infine, la Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti Zeller 8.2 e Lanzillotta 8.250.

PRESIDENTE. Il Governo?

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo al subemendamento Zeller 0.8.600.1.

Prendo atto che i presentatori dell'emendamento Zeller 0.8.600.1 lo ritirano.

Passiamo al subemendamento Zeller 0.8.600.2.

KARL ZELLER. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

KARL ZELLER. Signor Presidente, intendo ritirare tutti i subemendamenti a mia prima firma.

PRESIDENTE. Sta bene. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 8.600 del Governo, accettato dalle Commissioni.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Razzi, Cesaro, Vassallo...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 521

Votanti 518

Astenuti 3

Maggioranza 260

Hanno votato517

Hanno votato no 1).

Ricordo che sono preclusi gli emendamenti Zeller 8.2 e Lanzillotta 8.250.

Ricordo peraltro che non si procederà alla votazione dell'articolo 8, essendo stato approvato l'emendamento 8.600 del Governo interamente sostitutivo di tale articolo.

(Esame dell'articolo 9 - A.C. 4434-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 9 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 4434-A).

Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

JOLE SANTELLI, Relatore. Signor Presidente, la Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, degli emendamenti Vassallo 9.250 e Sisto 9.251.

La Commissione esprime parere favorevole sull'emendamento Sisto 9.252, a condizione che sia accolta la seguente riformulazione: al comma 1, capoverso 1-sexies, dopo le parole: «o del valore» aggiungere la seguente: «patrimoniale».

PRESIDENTE. Il Governo?

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento Vassallo 9.250.

Prendo atto che il presentatore dell'emendamento Vassallo 9.250 lo ritira.

ANTONIO DI PIETRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, sappiamo che serve a poco, ma vorremmo che restasse agli atti che noi riteniamo molto importante l'emendamento Vassallo 9.250...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Di Pietro, se la interrompo, ma è stato ritirato, non potrebbe parlare su tale emendamento. Lo fa proprio?

ANTONIO DI PIETRO. Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. Sta bene, prego onorevole Di Pietro.

ANTONIO DI PIETRO. Vorrei che restasse agli atti, anche se ripeto interessa poco a quest'Aula, che noi riteniamo importante l'emendamento Vassallo 9.250 perché sottopone alla giurisdizione della Corte dei conti anche gli amministratori ed i dipendenti delle società direttamente o indirettamente partecipate dallo Stato o da altri enti pubblici, quando essi possiedano la maggioranza del capitale sociale o comunque ne esercitino il controllo. Ciò per un motivo molto semplice: la maggior parte delle attività economiche che vengono svolte nell'interesse dello Stato e degli enti pubblici vengono realizzate proprio da società partecipate e questa idea di fruire - attraverso le società partecipate - di un'esenzione di responsabilità, laddove invece si prevede la responsabilità per i pubblici ufficiali e per i pubblici dipendenti, ci sembra un escamotage a cui molto spesso si ricorre, quando si vogliono compiere atti contra legem.

Per questa ragione noi riteniamo che è bene che la Corte dei conti controlli anche i comportamenti e gli atti posti in essere da queste persone, e in questo senso chiedo a nome del gruppo dell'Italia dei Valori che venga votato questo emendamento.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, in particolare faccio riferimento allo speech letto dal Presidente della Camera nella settimana scorsa nel corso dell'esame del provvedimento, poiché era accaduto esattamente come oggi che il gruppo dell'Italia dei Valori aveva fatto propri degli emendamenti ritirati dal Partito Democratico e che erano stati poi messi in votazione. Il Presidente della Camera chiarì in quella occasione che questo non poteva avvenire in quanto siamo in regime di contingentamento non solo dei tempi ma anche delle proposte emendative e che se eventualmente fosse accaduto il gruppo dell'Italia dei Valori, contemporaneamente al fare proprio un emendamento di qualcun altro, avrebbe dovuto dichiarare quale era l'emendamento rispettivo, proprio, che aveva segnalato e che non si sarebbe più messo in votazione. Diversamente, signor Presidente, accade che c'è un evidente aggiramento di una norma che ha riguardato anche noi quando eravamo all'opposizione e che se c'è un contingentamento vale per tutti.

La pregherei pertanto, se il gruppo dell'Italia dei Valori conferma l'acquisizione dell'emendamento del nostro gruppo, di sapere qual è l'emendamento a cui rinuncia.

PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro, il rilievo è corretto, mi dice se rinuncia ad un emendamento?

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, ritengo molto corretta l'osservazione del collega e poiché noi non vogliamo raggirare o aggirare alcunché, la prego di depennare l'emendamento Di Pietro 10.260.

PRESIDENTE. Non prima di averle anche detto che potrebbe anche rinunciare ad un altro e mantenere questo, da un punto di vista regolamentare è corretta anche questa posizione.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, lo dico subito, anche se potrei farlo in un altro momento, però la curiosità va soddisfatta, per cui rinunciamo all'emendamento Di Pietro 10.260.

PRESIDENTE. Sta bene.

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Signor Presidente, vorrei spiegare la motivazione della contrarietà del Governo, avendo ascoltato l'onorevole Di Pietro. Vorremmo precisare che con questo emendamento si innovava in un orientamento pacifico delle sezioni unite della Corte di Cassazione che non è che neghino in questo caso la responsabilità, ma la configurano come responsabilità civile e quindi assoggettata alla giurisdizione ordinaria e questo orientamento delle sezioni unite era stato recepito dalla legge che ovviamente questo emendamento proponeva di abrogare.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Vassallo 9.250, ritirato dal presentatore e fatto proprio dal gruppo Italia dei Valori, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Goisis, Scandroglio, Cesario...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 526

Votanti 349

Astenuti 177

Maggioranza 175

Hanno votato87

Hanno votato no 262).

Chiedo al presentatore se acceda all'invito al ritiro dell'emendamento Sisto 9.251 formulato dal relatore.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Signor Presidente, vorrei soltanto illustrare talune perplessità rispetto a questo meccanismo introdotto dall'articolo 9. Queste sono di due tipologie. La prima: è la prima volta - che mi risulti - che nel nostro sistema un'entità del danno venga presunta, si legge in questa norma che nel giudizio di responsabilità l'entità del danno all'immagine della pubblica amministrazione derivante dalla commissione di un reato si presume pari al doppio della somma di denaro o del valore dell'utilità.

Trovo che questo meccanismo corra seri rischi di incostituzionalità e credo che vada meditato, perché presumere aritmeticamente la valutazione di un danno è un modo di procedere del tutto estraneo al nostro sistema. Il secondo rilievo, signor Presidente, afferisce all'espressione «salvo prova contraria», che è completamente contraria - scusate il bisticcio - al regime di prova, dove la prova deve essere data da chi richiede. Invertire l'onere della prova, che è consentito in limitatissime situazioni nel nostro sistema - si pensi alla responsabilità medica esercitata in sede civile - e introdurre la prova contraria rispetto ad un diritto presunto e calcolato aritmeticamente a me sembra un sistema che corre seri rischi di violare dei principi di costituzionalità. Ciononostante, ho posto questi temi come argomento di riflessione, accettando la riformulazione che il Governo e il relatore hanno inteso proporre del mio emendamento subordinato che aveva e che ha - intervengo anche su quello, Presidente, riassumendo i due temi - lo scopo di dare un valore a questo calcolo, perché nella formulazione originaria il concetto di utilità non aveva un punto di riferimento. Inserendo il valore patrimoniale dell'utilità quanto meno c'è un punto di partenza quantitativo per poter operare questo calcolo. Mantengo le mie perplessità, ma nonostante ciò, in virtù dell'accoglimento previa riformulazione del mio emendamento 9.252 da parte del relatore e del Governo, ritiro questo emendamento soppressivo.

PRESIDENTE. Prendo atto, quindi, che l'emendamento Sisto 9.251 è ritirato.

Passiamo all'emendamento Sisto 9.252.

Prendo atto che il presentatore accetta la riformulazione.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Sisto 9.252, nel testo riformulato, accettato dalle Commissioni e dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Mazzuca, Antonio Martino, Razzi, Cesario, Papa...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 518

Votanti 513

Astenuti 5

Maggioranza 257

Hanno votato494

Hanno votato no 19).

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 9, nel testo emendato.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Mazzuca, Sardelli, Repetti, Fioroni, Golfo, Vignali...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 521

Votanti 519

Astenuti 2

Maggioranza 260

Hanno votato516

Hanno votato no 3).

DAVID FAVIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, inizialmente sono stati accantonati gli emendamenti Di Pietro 2.280, perché la materia sarebbe in attesa di un emendamento della Commissione, e gli articoli aggiuntivi all'articolo 4. Tuttavia, poiché l'emendamento Di Pietro 2.280 non necessita di altro, chiedo che venga messo in discussione e in votazione, perché non capisco il motivo. Posso capire che la Commissione chieda tempo per formulare un proprio emendamento, ma non capisco perché debba travolgere un nostro emendamento. Quindi, se non c'è nulla in contrario, chiederei di poterlo discutere e votare.

PRESIDENTE. Onorevole Favia, è stato accantonato. All'inizio abbiamo chiesto alle Commissioni come procedere nell'ordine dei lavori. Se c'è una proposta diversa, da parte delle Commissioni e non solo da parte loro, la si può accogliere altrimenti si rimane come stabilito. Prendo atto che le Commissioni propongono di andare avanti.

ANTONIO DI PIETRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, se andate a rileggere quello che ci siamo detti all'inizio, riguardo a ciò che è stato accantonato, non si è parlato proprio di questo emendamento.

Prendiamo atto, rispettosamente, che le Commissioni oggi ci dicono che intendono accantonare il mio emendamento 2.280, ma se lei va a leggere il resoconto dell'inizio della seduta, nessuno ha parlato dell'emendamento 2.280. Se poi lo vogliono accantonare...

PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro, chiedo scusa...

ANTONIO DI PIETRO. ... ne prendiamo atto, ma che risulti agli atti che le Commissioni chiedono di accantonare il mio emendamento 2.280.

PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro, il suo emendamento 2.280 è stato accantonato precedentemente. Poi, la Presidenza ha chiesto al relatore da dove si voleva iniziare, come si fa normalmente, ed è stato detto di iniziare da dove abbiamo poi cominciato. Tra l'altro, io non ero presente in quel momento.

ANTONIO DI PIETRO. Quindi, risulta che le Commissioni hanno chiesto di accantonare il mio emendamento 2.280?

PRESIDENTE. Sì, ma non oggi. Era già stato accantonato. Non è che oggi le Commissioni hanno chiesto nuovamente di accantonare gli emendamenti che erano già stati accantonati.

ANTONIO DI PIETRO. Scusi, signor Presidente, ma il mio emendamento 2.280 è il primo nel fascicolo della seduta di oggi. Che vuol dire che è stato accantonato? Oggi è stato riportato nel fascicolo, non lo avete accantonato!

PRESIDENTE. È stato accantonato nella seduta precedente.

ANTONIO DI PIETRO. Ma oggi lo avete riportato nel fascicolo!

PRESIDENTE. Oggi non si sono riconfermati gli accantonamenti, ma è stato solo chiesto al relatore da dove ripartire con i lavori.

ANTONIO DI PIETRO. Ma per l'amor di Dio, la mia era solo una domanda.

PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro, ho chiesto al relatore se si voleva cambiare l'ordine di esame degli emendamenti, mi è stato detto di no e io vado avanti.

Passiamo all'articolo aggiuntivo Vassallo 9.0250.

Invito il relatore ad esprimere il parere delle Commissioni.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, dell'articolo aggiuntivo Vassallo 9.0250.

PRESIDENTE. Qual è il parere del Governo?

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo all'articolo aggiuntivo Vassallo 9.0250.

Prendo atto che il presentatore accede all'invito al ritiro formulato dal relatore.

ANTONIO DI PIETRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, a nome del gruppo dell'Italia dei Valori, chiedo di fare proprio l'articolo aggiuntivo Vassallo 9.0250 e di porlo in votazione.

PRESIDENTE. E a quale emendamento rinunzia?

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, rinunzio all'emendamento 20.3 che reca la mia prima firma. Detto questo, per il futuro, signor Presidente, gradiremmo rinunciare agli emendamenti quando vi arriveremo. Perché ce lo chiede prima?

PRESIDENTE. Che significa?

ANTONIO DI PIETRO. Non ci sarebbe bisogno che le dica adesso a quale emendamento rinunzio.

PRESIDENTE. Quindi, si riserva successivamente di indicare l'emendamento a cui rinunzia.

ANTONIO DI PIETRO. No, in questo caso glielo dico prima. Rinunzio al mio emendamento 20.3.

PRESIDENTE. Non è tra gli emendamenti segnalati, onorevole Di Pietro. Quindi, si riserva di rinunziare ad un altro emendamento. Lei sta rinunciando ad un emendamento che non sarà posto in votazione, perché non è tra quelli segnalati. Quando sarà il momento, dovrà indicare un altro emendamento, sia chiaro.

ANTONIO DI PIETRO. Va bene.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Vassallo 9.0250, fatto proprio dal gruppo Italia dei Valori, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Osvaldo Napoli, Berardi, Bongiorno...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 519

Votanti 345

Astenuti 174

Maggioranza 173

Hanno votato25

Hanno votato no 320).

(Esame dell'articolo 10 - A.C. 4434-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 10 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 4434-A).

Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti Favia 10.9 e Di Pietro 10.10.

Le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti Di Pietro 10.11 e 10.13.

PRESIDENTE. Ricordo che l'emendamento Favia 10.266 non è segnalato e che l'emendamento Ferranti 10.259 è stato ritirato.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Le Commissioni esprimono, invece, parere favorevole sugli identici emendamenti Melchiorre 10.253, Lanzillotta 10.254 e Ferranti 10.258.

PRESIDENTE. Ricordo che l'emendamento Ria 10.251 è stato ritirato.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti Barbaro 10.12 e Lanzillotta 10.256.

Le Commissioni formulano, altresì, un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli identici emendamenti Favia 10.2...

PRESIDENTE. No, onorevole Santelli è rimasto solo l'emendamento Barbaro 10.1, perché l'emendamento Favia 10.2 non è segnalato.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Le Commissioni formulano, allora, un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'emendamento Barbaro 10.1.

Le Commissioni esprimono, invece, parere favorevole sull'emendamento Favia 10.267.

PRESIDENTE. Onorevole Santelli, ma è segnalato?

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Sì, signor Presidente, è sbagliato il testo. Su questo emendamento è stato espresso parere favorevole sia dalle Commissioni che dal Governo.

PRESIDENTE. A noi non risulta segnalato, però. Rinunceranno ad un altro emendamento, visto che su questo c'è un parere favorevole. Va bene? Mi scusi, onorevole Santelli, il parere era favorevole?

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Sì, signor Presidente, le Commissioni esprimono parere favorevole sull'emendamento Favia 10.267.

PRESIDENTE. Perfetto.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sugli emendamenti Lanzillotta 10.255 e Paolini 10.268.

Signor Presidente, l'emendamento Di Pietro 10.260 mi sembra sia stato ritirato, vero?

PRESIDENTE. Sì, questo emendamento è stato ritirato dal presentatore in occasione del precedente, che ha fatto proprio.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Le Commissioni esprimono, invece, parere favorevole sull'emendamento Di Pietro 10.263.

Le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'emendamento Favia 10.265.

PRESIDENTE. Ricordo che gli emendamenti Favia 10.261 e 10.262 non sono segnalati.

JOLE SANTELLI. Relatore per la I Commissione. Le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'emendamento Lanzillotta 10.257.

Le Commissioni esprimono, invece, parere favorevole sull'emendamento Ria 10.252.

Le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, sull'emendamento Di Pietro 10.264.

Le Commissioni chiedono, infine, l'accantonamento dell'emendamento Mantini 10.250.

ANTONIO DI PIETRO. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, siccome noi dobbiamo rinunciare - e stiamo rinunciando - ad alcuni emendamenti, non vorrei che l'invito al ritiro venga inteso come un atto diverso dal ritiro necessario per fare propri altri emendamenti già presentati da altri. Per cui la domanda che io pongo è questa: ci sono stati fatti alcuni inviti al ritiro su emendamenti che noi eravamo - e siamo disposti - a ritirare. Ritirando tali emendamenti, abbiamo un credito rispetto ad altri emendamenti, che poi andremo a votare, oppure no? Questo voglio sapere. È una domanda. Non so se mi sono espresso.

PRESIDENTE. Sia la segnalazione che la desegnalazione devono avvenire prima, perché non è possibile fare quest'operazione: ci troveremmo in una confusione enorme. Devono avvenire prima che venga espresso il parere, altrimenti si arriva al punto che la segnalazione o la non segnalazione vengono fatte a seconda del parere che viene dato.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, proprio questo vorrei evitare, perché mi pare che noi stavamo... mi perdoni, signor Presidente, stiamo cercando di imparare.

PRESIDENTE. Prego, onorevole Di Pietro, ci mancherebbe.

ANTONIO DI PIETRO. L'emendamento Favia 10.9 è l'emendamento che noi volevamo ritirare e ci eravamo riservati di ritirare. Sentiamo esprimere su di esso dal relatore un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario. Una volta che lo ritiriamo, questo emendamento va nel conto di quegli emendamenti che abbiamo acquisito prima oppure no?

PRESIDENTE. No, onorevole Di Pietro. Ecco perché sarebbe stato meglio indicarlo prima. Quando lei fa proprio un altro emendamento, in quel momento dice: mi riservo. Poi arriva alla votazione dell'emendamento e, a seconda del parere che le viene espresso, allora decide se segnalarlo o non segnalarlo. Ecco lo scopo di indicarlo prima.

DAVID FAVIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, desegnaliamo il mio emendamento 10.9.

PRESIDENTE. Sta bene. Il parere del Governo?

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore, ma con la precisazione che il Governo si rimette all'Assemblea sui tre emendamenti che contengono il termine della delega, gli identici emendamenti Melchiorre 10.253, Lanzillotta 10.254, e Ferranti 10.258, nonché sull'emendamento Favia 10.267.

PRESIDENTE. L'emendamento 10.266 non era stato segnalato...

DAVID FAVIA. Lo abbiamo cambiato, lo abbiamo segnalato!

PRESIDENTE. Chiarito, c'è una risegnalazione sull'emendamento Favia 10.266, mentre il Governo si rimette all'Assemblea per quanto riguarda l'emendamento Favia 10.267. Passiamo all'emendamento Di Pietro 10.10. Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Di Pietro 10.10 formulato dal relatore.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, anche in questo caso intervengo affinché resti agli atti, e mi riferisco soprattutto a questo Governo tecnico, che mi pare che su alcuni argomenti non è tecnico, ma fa delle scelte politiche di fondo di cui dovrà poi assumersi la responsabilità politica, e non solo. È una questione che verrà discussa molto. Anche in questo Parlamento ho sentito molti interventi che su questo tema la pensano come noi. Devo dire che fuori da questo Parlamento sono tutti quanti d'accordo, salvo poi qui cambiare. Mi riferisco alla non candidabilità e alla non possibilità di ricoprire la carica di parlamentare per coloro che vengono condannati con sentenza definitiva per un delitto non colposo (abbiamo indicato poi anche quali e a che titolo).

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 18,05)

ANTONIO DI PIETRO. Questo è il tema che noi poniamo in questa Aula: possiamo continuare, dopo tutto quello che è accaduto in questi anni, ad avere in Parlamento persone condannate con sentenza penale passata in giudicato per delitti non colposi, in particolare per i delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, per delitti di estorsione, riciclaggio, trasferimento fraudolento di valori, omesse comunicazioni di variazioni patrimoniali da parte delle persone sottoposte alle misure di prevenzione, attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, delitti le cui caratteristiche o modalità di commissione rientrano nelle pratiche comuni alle attività a carattere mafioso? Non possono essere candidate - noi pensiamo - queste persone; invece non solo le candidiamo, molto spesso le eleggiamo, molto spesso stanno anche in questo Parlamento e dequalificano sul piano etico, sul piano morale, sul piano politico stesso, la credibilità di questo Parlamento. Allora, credo che su questo tema sia importante che questo Parlamento si esprima.

Però vogliamo che resti agli atti che alcuni, invece, preferiscono che in questo Parlamento non siano rappresentati i cittadini solo incensurati, ma pure i cittadini condannati con sentenze penali gravissime, anche in via definitiva. Noi diciamo anche qualcosa in più con quest'emendamento, ossia che non solo non possono essere candidati, ma che perdono le condizioni di eleggibilità e, perdendo queste condizioni, vi deve essere pure la decadenza dichiarata dalla Camera dei deputati entro sessanta giorni dalla notizia di condanna definitiva. Anche se il parlamentare viene condannato in costanza di mandato, la condanna definitiva per uno dei gravi reati di cui abbiamo parlato deve secondo noi comportare la decadenza d'ufficio, proprio per mandare un messaggio chiaro ai cittadini e all'opinione pubblica che, cioè, questo Parlamento riesce a fare pulizia da solo al proprio interno, senza bisogno che ogni volta debba intervenire la magistratura per cercare di riportare giustizia. Nel caso di specie poi abbiamo a che fare con casi in cui la magistratura è già intervenuta. È intervenuta in via definitiva, ha provveduto alla condanna, una condanna per reati gravissimi, ovviamente non colposi, e, ciononostante, si viene ricandidati, si viene eletti e si resta in questo Parlamento.

Noi su questo tema stiamo portando avanti anche delle proposte di iniziativa popolare e, soprattutto, di referendum. Prendo atto che alcuni, nel mentre sto occupando il tempo che mi spetta e che nessuno può togliermi, invece si sente talmente offeso di quello che sto dicendo che mi chiede di smettere. La finisco qui in questo Parlamento, ma fuori di questo Parlamento i cittadini vi giudicheranno (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Granata. Ne ha facoltà.

BENEDETTO FABIO GRANATA. Signor Presidente, credo che questo articolo sia, nella complessità con cui sono stati presentati gli emendamenti, molto delicato, ma anche molto importante. Personalmente e a nome del gruppo di Futuro e Libertà sottoscriviamo e sosteniamo gli emendamenti Di Pietro 10.11 e 10.13, perché di fatto questi due emendamenti non fanno altro che introdurre, all'interno del provvedimento anticorruzione, quel codice etico antimafia sulle candidature approvato all'unanimità da tutti gli schieramenti politici e da tutti i partiti presenti in Commissione bicamerale antimafia, che prevedeva e che prevede che, per alcuni reati particolarmente gravi e di particolare allarme sociale, che poi sono stati elencati dall'onorevole Di Pietro, che vanno dall'associazione mafiosa alla corruzione, dal traffico illecito dei rifiuti, al peculato, ci sia, non come principio portante per i partiti il cosiddetto e fondamentale principio di presunzione di innocenza, ma una norma che vieta la candidatura a quei soggetti che sono stati soltanto per questi reati rinviati a giudizio.

Per quanto riguarda l'emendamento Di Pietro 10.10 che, invece, parla di sentenza passata in giudicato, ma lasciando sostanzialmente - in questo chiedo anche un approfondimento ai colleghi - indeterminata totalmente la tipologia del reato, ci sembra che non siamo nella giusta direzione. Quello che voglio dire è che il Parlamento oggi dovrebbe confermare con un voto, soprattutto agli emendamenti Di Pietro 10.11 e 10.13, e poi via via ne esamineremo altri, quei principi che in Commissione bicamerale antimafia coerentemente tutte le forze politiche, dal PD a Futuro e Libertà, hanno approvato e hanno votato, lamentandosi poi che non venissero applicate, ma dipende dai partiti applicarle. E, in questo caso, se il Parlamento introduce nella normativa questi due emendamenti e, quindi, formula l'articolato dell'articolo 10 in modo da prevedere un'esclusione dall'eleggibilità di tutti coloro i quali sono stati rinviati a giudizio per associazione mafiosa, associazione a delinquere, peculato, traffico illecito dei rifiuti e via dicendo, dà un bel segnale all'Italia di effettiva volontà di rinnovamento della politica.

Questo è il senso di questi due emendamenti sui quali Futuro e Libertà non soltanto voterà a favore, ma attende una prova di coerenza da parte di quegli schieramenti politici che in Commissione antimafia hanno votato apertamente per questo tipo di impostazione e che, poi, invece l'hanno trasgredita nella prassi, perché hanno candidato regolarmente circa quarantadue non solo rinviati a giudizio, ma anche condannati per questi reati gravi. Quindi, in questo senso aggiungo la mia firma e annuncio il voto favorevole di Futuro e Libertà sugli emendamenti Di Pietro 10.11 e Di Pietro 10.13.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ferranti. Ne ha facoltà.

DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, francamente devo dire che sia questo intervento che l'altro che è stato fatto prima con riferimento all'articolo 6, a sostegno di alcuni emendamenti, mi sembra che siano stati fatti sicuramente secondo principi condivisibili, ma non tenendo conto che c'è un articolo 10 - infatti qui stiamo parlando dell'emendamento Di Pietro 10.10 sostitutivo dell'articolo 10 del provvedimento in discussione -; come se l'articolo 10, che prevede la delega al Governo per l'adozione di un testo unico in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguente a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, come se questo articolo 10 non vi fosse.

Dunque è come se oggi qui nelle Commissioni in tutto questo tempo, in tutto questo anno di lavoro, non si fosse fatto nulla e sento intervenire parlamentari che oggi pongono questo problema, come se soltanto questo emendamento, oggi, portasse a definire che persone condannate con sentenze passate in giudicato per gravissimi delitti quali appunto quelli riguardanti la criminalità organizzata e altri delitti contro la pubblica amministrazione, questo fosse introducibile soltanto attraverso l'emendamento che è a firma Di Pietro. In realtà non è così. Faccio questo intervento per una questione di rispetto del lavoro che è stato fatto nelle Commissioni. C'è un articolo 10 che prevede una delega che detta criteri molto stringenti, che fa salvi già tutti gli effetti che riguardano la materia di interdizione perpetua dai pubblici uffici e anche la materia riguardante l'interdizione temporanea, quindi le pene accessorie, sull'effettività delle quali noi molto crediamo anche in connessione con i delitti riguardanti la corruzione. L'articolo 10 stabilisce, inoltre, che sia prevista proprio la incandidabilità per chi ha riportato condanne superiori a due anni di reclusione per tutti i delitti riguardanti la pubblica amministrazione e altri gravi delitti per i quali la legge prevede una pena detentiva superiore nel massimo a tre anni. Allo stesso modo la lettera d) prevede, tra i principi di delega, anche il riferimento all'incandidabilità anche nel caso in cui non vi sia sentenza di condanna ma di patteggiamento; prevede l'incandidabilità per chi si è macchiato di delitti di cui all'articolo 51, commi 3-bis e quater, del codice di procedura penale, cioè quelli riguardanti la criminalità organizzata.

Quindi francamente devo dire che, fermi restando i principi che ho sentito ribadire anche dall'onorevole Granata, rimango stupita, perché in realtà sembra che l'emendamento introduca qualcosa di nuovo rispetto a quello che è presente nel provvedimento, nell'articolo 10, rispetto quindi al lavoro delle Commissioni che, rispetto al Senato, ha apportato anche modifiche più rigorose. Per questo non possiamo votare l'emendamento Di Pietro 10.10, perché quell'emendamento sostanzialmente vuole duplicare, vuole sostituire l'articolo 10 del disegno di legge ma, al contrario, riteniamo che tale articolo sia il frutto di un lavoro, di una delega molto rigorosa rispetto alla quale peraltro abbiamo chiesto che il termine di un anno previsto per l'attuazione sia ridotto almeno di sei mesi dal momento che sono passati oltre un anno per i lavori delle Commissioni.

È questa la serietà: fare in modo che la legge venga approvata prima dell'estate e che la delega venga esercitata. Cerchiamo di non fare discorsi solo demagogici.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, il tema è molto delicato e, francamente, vorrei dire, senza ripetere le osservazioni adesso svolte dalla collega Ferranti su questo testo, che noi non inseguiamo un giustizialismo di maniera con soluzioni tecnicamente infondate o molto discutibili. Tuttavia, alla domanda del cittadino comune, che si chiede come mai per partecipare ad un concorso per fare il bidello in una scuola debba esibire un certificato penale, mentre per fare il parlamentare non serve, obbiettivamente, una risposta bisogna darla; però una risposta che abbia un suo punto di equilibrio.

Noi abbiamo presentato, con l'emendamento a mia prima firma 10.250, che preferiamo rispetto alle altre soluzioni, un'impostazione che sostanzialmente estende al Parlamento lo stesso regime di incandidabilità - solo nei casi di condanne passate in giudicato, ovviamente, per alcune categorie di seri reati - che vale per i consigli comunali, provinciali e regionali. Anche alla luce dell'articolo 114 della Costituzione, che prevede che la Repubblica si articola in comuni, province, regioni e Stato, sembrerebbe giusto che quel che è previsto per la candidabilità negli enti locali e nelle regioni sia previsto anche per il Parlamento.

È chiaro che questa normativa è una normativa che nulla ha a che fare con il regime delle sanzioni accessorie: questo è stato ben chiarito dalla Corte costituzionale, con la sentenza del 15 maggio 2001, n. 132. È una normativa di attuazione dell'articolo 51 della Costituzione, che prevede che l'accesso alle cariche pubbliche sia previsto nei limiti stabiliti dalla legge. Questi profili di onorabilità sono, appunto, un requisito richiesto alla luce dell'articolo 51 della Costituzione. Quindi, una normativa costituzionale che consente di darci una risposta dinanzi ad una richiesta che, comunque, è diffusa e presente nella società.

Noi vogliamo dire che si può affermare che i condannati per certi gravi reati non devono sedere in Parlamento. Riteniamo anche che il Parlamento tutto - da tutti i banchi - saprà trovare una soluzione unitaria ad un tema che riguarda l'etica pubblica e che riguarda esattamente il decoro delle istituzioni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Signor Presidente, ha ragione l'onorevole Mantini: si tratta di un tema estremamente delicato, che prende le mosse da quello che è un principio, a mio avviso, assolutamente non scalfibile, neanche assumendo a pretesto meramente lessicale, scambiandola con una sorta di tsunami capace di travolgere tutti e tutto, la parola «antimafia».

L'articolo 27 della Costituzione impone, senza ombra di dubbio, che l'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Il Ministro Patroni Griffi si è felicemente incardinato - e non poteva essere diversamente - sui principi della Costituzione, rivendicando come presupposto ineliminabile perché possa essere assunta una decisione a carattere definitivo, la definitività del giudizio di responsabilità.

Su questo mi sembra che non ci possano e non ci debbano essere dubbi, salvo a legittimare giudizi che possono essere accelerati, decelerati, interessati, con un'interferenza della fase interinale del procedimento penale, intollerabile su quello che deve essere il percorso della politica. Sia ben chiaro: rispetto della sentenza definitiva ma nessun rispetto, ai fini definitivi, di quello che non ha il carattere del passaggio in giudicato.

Detto questo, signor Presidente, quello che è stato ben difeso dal collega, il dottor Di Pietro, nell'emendamento 10.10, presenta due patologie assolutamente convergenti dal punto di vista dell'accettabilità. Innanzitutto, stravolge il principio di presunzione di non colpevolezza ma, soprattutto, mi sia consentito, non indica quali siano i delitti non colposi - questa è l'espressione - per cui si deve essere stati condannati sicché noi dovremmo accettare, votando per questo emendamento, che, reati come l'ingiuria, la diffamazione, la violazione degli obblighi di assistenza familiare, la violazione di domicilio, l'invasione di edifici, la deviazione di acque, il deturpamento e l'imbrattamento di cose altrui dovrebbero essere ostativi all'ingresso in Parlamento. A me sembra che questo sia inaccettabile, sia paradossale e sia frutto di una disinterpretazione del ruolo del Parlamento che, anziché porsi come intelligente ragionatore sui principi del sistema costituzionale e normativo, diventerebbe una sorta di crocifissione di chiunque, anche per fatti di rilevanza davvero minima, possa incorrere nelle ire della giustizia penale. Mi sembra pertanto che, sulla scorta di questi principi che vanno tenuti ben chiari, ben netti - e la norma proposta dal Governo mi sembra che risponda in qualche modo a questi principi - il Popolo della Libertà voterà«no» a questo emendamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Lenzi. Ne ha facoltà.

DONATA LENZI. Signor Presidente, vorrei cogliere l'occasione di questo argomento, anche se non mi riferisco specificatamente all'emendamento di Pietro, per invitarvi a riflettere meglio perché siamo di fronte ad una riserva di legge costituzionale. L'articolo 65 dice che è la legge che determina i casi di ineleggibilità e di incompatibilità con il mandato parlamentare. Sono d'accordo che dobbiamo prevedere l'incandidabilità ma se lasciamo al Governo il compito di fare un decreto legislativo, possiamo noi dire, e ci sentiamo in qualche modo compresi quando diciamo che dovrà prevedere i casi in cui non siano temporaneamente candidabili a deputati e senatori coloro che... Questo sta nell'interdizione. Guardate il punto m) che introduce la sospensione per cui uno sta fuori due anni dall'Aula del Parlamento, viene sostituito dal primo dei non eletti poi quando ritorna il primo dei non eletti, torna indietro. Inviterei ad una riflessione più approfondita.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Muro. Ne ha facoltà.

LUIGI MURO. Signor Presidente, sarò molto breve ma io credo che il dibattito di questi ultimi minuti abbia chiarito come sia necessario, secondo me, approfondire un attimo questa problematica. A mio avviso l'onorevole Granata aveva chiarito in maniera evidente quale fosse questa problematica e ha detto con chiarezza che non era possibile approvare il principio secondo il quale coloro che sono condannati per un delitto non colposo non possono entrare in Parlamento perché andavamo a applicare in maniera generica un principio. Viceversa, ha detto che, se è vero come è vero che in determinati periodi - anche se dovrebbe essere sempre - l'etica e la morale comune vanno recepite dal Parlamento, in questo momento il codice etico che corrisponde, a nostro avviso, anche a quello che la gente sente al di fuori di questo palazzo, andrebbe assorbito nel nostre Aule e trasformato in legge. Quindi facciamo una proposta che determina anche un tentativo di fare chiarezza: accantoniamo tutti questi emendamenti, riscriviamo il principio secondo il quale non possono entrare in Parlamento tutti coloro che, in base alle norme approvate dalla Commissione antimafia nel cosiddetto codice etico, si ritrovano in quelle condizioni.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Favia. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, con questa serie di emendamenti tendiamo ad applicare la incandidabilità dei condannati per gravi motivi. Tutto il dibattito, sia quello che tende a delegare al Governo, sia quello che tende a dire che qualcosa, come sempre, nella vita è perfettibile e anche nei nostri emendamenti, rischia di essere estremamente ipocrita. Questo articolo è chiaramente incostituzionale, come è stato rilevato ai sensi dell'articolo 56. Infatti, non si può delegare perché si avrebbe non una legge - come dice l'articolo 56 -, ma una legislazione delegata, un decreto legislativo. Allora, siccome a parole, in tutte le sedi, siamo tutti d'accordo che i condannati per gravi motivi non devono entrare in Parlamento, accantoniamo questa materia, visto che abbiamo altre cose da discutere e da sancire. Possiamo adottare una norma tranquillamente condivisa e breve in cui diciamo che i condannati con sentenza passata in giudicato - anche in termini di sospensione per coloro con sentenza di primo grado, non è difficile regolarla - non possono entrare in Parlamento e credo che risponderemo a quello che ci chiede la gente al di fuori di queste mura. Tutto il resto sembra ipocrisia e sembra voler rinviare il problema che si dice di condividere, ma in realtà non lo si vuol fare.

PRESIDENTE. Chiedo ai relatori come vogliano procedere, considerato che l'onorevole Favia chiede l'accantonamento di questi emendamenti.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, vi sono anche altri emendamenti accantonati, e quindi l'articolo non lo voteremmo comunque, ma vi è un problema di decisione iniziale: il testo è tutto sulla delega e sulla delega tutti abbiamo lavorato, gli emendamenti dei colleghi dell'Italia dei Valori mettono tutto in legge. Ovviamente si tratta di un'impostazione che è completamente differente rispetto a tutti gli altri gruppi parlamentari. Quindi, per quanto mi riguarda possiamo anche votarli.

DAVID FAVIA. Non tutti gli altri gruppi!

PRESIDENTE. Onorevole relatrice, è evidente che se accantoniamo questo emendamento, che è totalmente sostitutivo, dovremmo accantonare anche tutte le proposte emendative all'articolo 10 e quindi passare all'articolo 11.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Esatto, signor Presidente. Secondo me possiamo anche votarli, visto e considerato che si tratta di una scelta di base fra la delega e la disposizione di legge. Per un atto di cortesia potremmo accantonarli, ma significherebbe, ovviamente, in questo momento, interrompere i lavori sull'articolo 10.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, nel corso della discussione sono state poste delle questioni di carattere giuridico che hanno bisogno, a mio modo di vedere, di un ulteriore momento di riflessione. Quindi, capisco che, relativamente ad altri emendamenti, la relatrice dice che siamo nella condizione di votarli, però, trattandosi qui, come lei ha detto, signor Presidente, di un emendamento interamente sostitutivo, va da sé che non saremmo posti nella condizioni di votare gli altri emendamenti nel momento in cui si dovesse accantonare l'emendamento principale sostitutivo.

Tra l'altro, credo, anche a nome del mio gruppo, e anche a seguito degli interventi svolti dai colleghi del mio gruppo, sarebbe importante verificare la disponibilità dei presidenti delle Commissioni e dei relatori al fine di accantonare l'intero articolo e passare all'articolo 11, in modo tale, anche qui, che non si perda ulteriore tempo in una discussione che ci impedirebbe comunque, entro il tempo che è stato stabilito delle 19,30, di concludere la discussione e la votazione dello stesso articolo in discussione.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, credo che la relatrice abbia già spiegato il senso degli emendamenti. Se lei dovesse ritenere, possiamo anche accantonare l'intero articolo 10, tenga conto che poi dovremmo passare a un solo voto, quello sull'articolo 11, perché le avrei chiesto l'accantonamento dell'articolo 12 e dell'articolo 13; per cui noi termineremmo qui i lavori.

Non sarebbe un dramma, forse è meglio che andiamo a lavorare nelle Commissioni. Se questo dibattito lo si vuole continuare nelle Commissioni, possiamo farlo tranquillamente. Noi ritenevamo che l'articolo 10 fosse pronto per l'Aula però, se c'è qualcuno che ritiene che ancora sia necessario un ripensamento, nulla vieta che possiamo farlo. Quindi accantonerei tutto l'articolo 10. Sull'articolo 11, lo ripeto, e solo sull'articolo 11, possiamo procedere al voto, però poi ci dovremmo fermare perché le Commissioni non sono pronte sugli articoli 12 e 13.

PRESIDENTE. E gli altri accantonati dal 2 al 4?

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Lo stesso, signor Presidente.

PRESIDENTE. Colleghi, a questo punto o c'è un'esplicita richiesta da parte delle Commissioni, o l'Aula deve votare, perché il presidente è stato chiaro: se accantoniamo l'articolo 10, votiamo soltanto l'articolo 11 e poi interrompiamo: va bene così? Ne prendo atto. Guardo alla mia destra: mi sembra che ci sia l'accordo anche da parte degli altri gruppi, quindi procediamo.

(Esame dell'articolo 11 - A.C. 4434-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 11 (Vedi l'allegato A - A.C. 4434-A), al quale non sono state presentate proposte emendative.

Passiamo dunque ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 11.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Ruggeri, Proietti Cosimi, Boccuzzi, Pizzolante, Boccia.

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 518

Votanti 516

Astenuti 2

Maggioranza 259

Hanno votato515

Hanno votato no 1).

A questo punto sospendiamo l'esame del provvedimento in oggetto e chiedo come si intenda procedere.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, se spetta a lei fare una proposta, attendo che la Presidenza la faccia, altrimenti la faccio io.

PRESIDENTE. La proposta del Presidente è seguire l'ordine del giorno. Sospendendo l'esame del punto che stiamo esaminando, il punto successivo all'ordine del giorno è il decreto-legge.

Prego, onorevole Quartiani.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, credo sia opportuno chiarire all'Aula che possiamo proseguire sull'ordine del giorno a condizione che domani si riprenda dal punto che noi abbiamo lasciato, cioè il disegno di legge anticorruzione. Questo mi pare evidente. Quindi vuol dire che noi ci impegniamo adesso a concludere e, se non è concluso, domani si riprende secondo l'ordine del giorno. Diversamente sarebbe meglio chiudere i lavori questa sera, se non c'è accordo su questo punto.

PRESIDENTE. Il provvedimento ha solo due emendamenti quindi se c'è un accordo tra i gruppi è assolutamente fattibile concluderlo in serata, basta che vi esprimiate e noi siamo a posto.

SIMONE BALDELLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

Testo sostituito con errata corrige volanteSIMONE BALDELLI. Signor Presidente, credo sarebbe più opportuno procedere secondo l'ordine dei lavori che ci siamo dati, interrompendo questo provvedimento a questo punto, Presidente, secondo quanto stabilito dalla Conferenza dei presidenti di gruppo che si è riunita la scorsa settimana, aggiorneremmo i lavori a domani mattina con le votazioni relative alle nomine nelle authority, e poi domani pomeriggio riprenderemmo con questo provvedimento, atteso che poi il Comitato dei diciotto dovrà ultimare alcune fasi relative a pareri che non sono stati espressi su emendamenti.

Quindi, credo, Presidente, che inoltrarci nell'esame di un decreto-legge che - lo ricordo, Presidente - è un provvedimento che il nostro Regolamento non prevede di contingentare, secondo me in questo momento forse non sarebbe un'operazione opportuna, nel senso che abbiamo avuto dei motivi per non procedere ulteriormente su questo provvedimento specifico, ma il decreto-legge in questione è stato volutamente collocato successivamente a questo provvedimento proprio per dargli priorità. Se questo si interrompe, rimane così, Presidente. SIMONE BALDELLI. Signor Presidente, credo sarebbe più opportuno procedere secondo l'ordine dei lavori che ci siamo dati, interrompendo questo provvedimento a questo punto, Presidente, secondo quanto stabilito dalla Conferenza dei presidenti di gruppo che si è riunita la scorsa settimana, aggiorneremmo i lavori a domani mattina con le votazioni relative alle nomine nelle authority, e poi domani pomeriggio riprenderemmo con questo provvedimento, atteso che poi il Comitato dei diciotto dovrà ultimare alcune fasi relative a pareri che non sono stati espressi su emendamenti.

Quindi, credo, Presidente, che inoltrarci nell'esame di un decreto-legge che - lo ricordo, Presidente - è un provvedimento che il nostro Regolamento non prevede di contingentare, secondo me in questo momento forse non sarebbe un'operazione opportuna, nel senso che abbiamo avuto dei motivi per non procedere ulteriormente su questo provvedimento specifico, ma il decreto-legge in questione è stato volutamente collocato successivamente a questo provvedimento proprio per dare priorità al DDL anticorruzione. Se questo si interrompe, l'ordine del giorno rimane identico, Presidente.

ROBERTO GIACHETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Presidente, le cose sono chiare. Mi pare evidente che a questo punto proseguiamo semplicemente, almeno per quanto ci riguarda, interrompendo l'esame di questo provvedimento, che sarà ripreso domani pomeriggio dopo il voto relativo alle authority.

ANGELO COMPAGNON. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANGELO COMPAGNON. Signor Presidente, va bene, anche da parte nostra vi è l'assenso, pur consapevoli del fatto che anche il secondo è un provvedimento che dobbiamo prima o poi completare. Rimane il fatto che ormai questa sera, avendo già concordato di concludere verso le 19, è meglio sospendere qui e riprendere domani mattina, con l'impegno a concludere l'esame anche dell'altro provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Sta bene. L'esame del provvedimento sarà ripreso domani pomeriggio.

 


 


 

DISEGNO DI LEGGE: S. 2156 – DISPOSIZIONI PER LA PREVENZIONE E LA REPRESSIONE DELLA CORRUZIONE E DELL'ILLEGALITÀ NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 4434-A); ED ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE: DI PIETRO ED ALTRI; FERRANTI ED ALTRI; GIOVANELLI ED ALTRI; TORRISI ED ALTRI; GARAVINI; FERRANTI ED ALTRI (A.C. 3380-3850-4382-4501-4516-4906)

 

A.C. 4434-A – Articolo 5

 

ARTICOLO 5 DEL DISEGNO DI LEGGE N.4434 NEL TESTO DELLE COMMISSIONI

 

Art. 5.

(Introduzione dell'articolo 54-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165).

 

  1. Dopo l'articolo 54 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, è inserito il seguente:

  «Art. 54-bis. – (Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti). – 1. Fuori dei casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione, il pubblico dipendente che denuncia o riferisce condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia.

  2. Salvi gli obblighi di denuncia previsti dalla legge, l'identità del segnalante non può essere rivelata, senza il suo consenso, fino alla contestazione dell'addebito disciplinare».

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 5 DEL DISEGNO DI LEGGE

 

ART. 5.

(Introduzione dell'articolo 54-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165).

 

  Al comma 1, capoverso, comma 1, sostituire le parole: o diffamazione con le seguenti: , diffamazione ovvero ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile.

5. 250. Sisto.

 

  Al comma 1, capoverso, comma 1, sostituire le parole: o diffamazione con le seguenti: , diffamazione ovvero per lo stesso titolo ai sensi dell'articolo 2043 del codice civile.

5. 250. (Testo modificato nel corso della seduta)Sisto.

(Approvato)

 

  Al comma 1, capoverso, comma 1, sostituire le parole: o riferisce con le seguenti: all'Autorità giudiziaria o alla Corte dei conti, ovvero riferisce al proprio superiore gerarchico;

 

  Conseguentemente, al medesimo capoverso:

   a) al comma 2, sostituire le parole: fino alla contestazione dell'addebito disciplinare con le seguenti: sempre che la contestazione dell'addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione. Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione, l'identità può essere rivelata ove la sua conoscenza sia assolutamente indispensabile per la difesa dell'incolpato;

   b) dopo il comma 2, aggiungere i seguenti:

  «2-bis. L'adozione di misure discriminatorie è segnalata al Dipartimento della funzione pubblica per i provvedimenti di competenza, dall'interessato o dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nell'amministrazione nella quale le stesse sono state poste in essere.

  2-ter. La denuncia è sottratta all'accesso previsto dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n.241».

5. 600. Governo.

 

  All'articolo 5, apportare le seguenti modificazioni:

   a) al comma 1, capoverso, comma 1, sostituire le parole: o riferisce con le seguenti: all'Autorità giudiziaria o alla Corte dei conti, ovvero riferisce al proprio superiore gerarchico.

 

  Conseguentemente, al medesimo capoverso:

   a) sostituire il comma 2 con il seguente:

  «Nell'ambito del procedimento disciplinare, l'identità del segnalante non può essere rivelata, senza il suo consenso, sempre che la contestazione dell'addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione. Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione, l'identità può essere rivelata ove la sua conoscenza sia assolutamente indispensabile per la difesa dell'incolpato.»;

 

   b) dopo il comma 2, aggiungere i seguenti:

  «2-bis. L'adozione di misure discriminatorie è segnalata al Dipartimento della funzione pubblica per i provvedimenti di competenza, dall'interessato o dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nell'amministrazione nella quale le stesse sono state poste in essere.

  2-ter. La denuncia è sottratta all'accesso previsto dagli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n.241.».

5. 600.(Nuova formulazione). Governo.

(Approvato)

 

 

A.C. 4434-A – Articolo 6

 

ARTICOLO 6 DEL DISEGNO DI LEGGE N.4434 NEL TESTO DELLE COMMISSIONI

 

Art. 6.

(Attività d'impresa particolarmente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa).

 

  1. Fino alla data di entrata in vigore del regolamento previsto dall'articolo 91,

comma 7, del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n.159, sono individuate le seguenti tipologie di attività suscettibili di infiltrazione mafiosa per le quali è sempre richiesta l'informazione antimafia di cui all'articolo 84 del citato codice indipendentemente dal valore del contratto o del sub-contratto:

   a) trasporto di materiali a discarica per conto terzi;

   b) trasporto e smaltimento di rifiuti per conto terzi;

   c) estrazione, fornitura e trasporto di terra e materiali inerti;

   d) confezionamento, fornitura e trasporto di calcestruzzo e di bitume;

   e) noli a freddo di macchinari;

   f) fornitura di ferro lavorato;

   g) noli a caldo, qualora il relativo contratto non sia assimilabile al subappalto, ai sensi dell'articolo 118, comma 11, del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163;

   h) autotrasporti per conto terzi;

   i) guardianìa dei cantieri.

 

  2. L'affidamento a terzi, da parte dell'aggiudicatario, di attività comprese tra quelle di cui al comma 1, nonché le modifiche dell'assetto proprietario e degli organi sociali delle imprese aggiudicatarie degli appalti riguardanti le attività di cui al comma 1 sono oggetto di comunicazione alla prefettura per l'espletamento degli opportuni controlli anche ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 2 agosto 2010, n.150. Si applicano le disposizioni dell'articolo 86, commi 3 e 4, del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n.159.

  3. L'individuazione delle attività di cui al comma 1 può essere aggiornata, con decreto del Ministro dell'interno, adottato di concerto con i Ministri della giustizia,

delle infrastrutture e dei trasporti e dello sviluppo economico, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n.400.

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 6 DEL DISEGNO DI LEGGE

 

ART. 6.

(Attività d'impresa particolarmente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa).

 

  Sopprimerlo.

6. 250. Mantovano, Costa.

 

  Sostituirlo con il seguente:

  Art. 6. – (Attività di imprese particolarmente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa). – 1. Per l'efficacia dei controlli antimafia nelle attività imprenditoriali di cui al comma 2, presso ogni prefettura è istituito l'elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa operanti nei medesimi settori. L'iscrizione negli elenchi della Prefettura della provincia in cui l'impresa ha sede è condizione per l'esercizio della relativa attività. La Prefettura effettua verifiche periodiche circa la perdurante insussistenza dei suddetti rischi e, in caso di esito negativo, dispone la cancellazione dell'impresa dall'elenco.

  2. Sono definite come maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa le seguenti attività:

   a) trasporto di materiali a discarica conto terzi;

   b) trasporto e smaltimento di rifiuti conto terzi;

   c) estrazione, fornitura e trasporto di terra e materiali inerti;

   d) confezionamento, fornitura e trasporto di calcestruzzo e di bitume;

   e) noli a freddo di macchinari;

   f) fornitura di ferro lavorato;

   g) noli a caldo;

   h) autotrasporti conto terzi;

   i) guardianìa dei cantieri.

 

  3. L'indicazione delle attività di cui al comma 2 può essere aggiornata, entro il 31 dicembre di ogni anno, con apposito decreto del Ministro dell'interno, adottato di concerto con i Ministri della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, da rendere entro trenta giorni dalla data di trasmissione alle Camere dei relativi schemi. Qualora le Commissioni non si pronuncino entro il termine, i decreti possono essere comunque adottati.

  4. L'impresa iscritta nell'elenco di cui al comma 1 comunica alla prefettura competente qualsiasi modifica dell'assetto proprietario e dei propri organi sociali. Le società di capitali quotate comunicano le variazioni rilevanti secondo quanto previsto dal decreto legislativo 24 febbraio 1998, n.58. La mancata comunicazione comporta la cancellazione dell'iscrizione.

  5. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e la semplificazione, dell'interno, della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti e dello sviluppo economico, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le modalità per l'istituzione e l'aggiornamento, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, dell'elenco di cui al comma 1, nonché per l'attività di verifica.

*6. 1. Vitali, Contento.

 

  Sostituirlo con il seguente:

  Art. 6. – (Attività di imprese particolarmente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa). – 1. Per l'efficacia dei controlli antimafia nelle attività imprenditoriali di cui al comma 2, presso ogni prefettura è istituito l'elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa operanti nei medesimi settori. L'iscrizione negli elenchi della Prefettura della provincia in cui l'impresa ha sede è condizione per l'esercizio della relativa attività. La Prefettura effettua verifiche periodiche circa la perdurante insussistenza dei suddetti rischi e, in caso di esito negativo, dispone la cancellazione dell'impresa dall'elenco.

  2. Sono definite come maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa le seguenti attività:

   a) trasporto di materiali a discarica conto terzi;

   b) trasporto e smaltimento di rifiuti conto terzi;

   c) estrazione, fornitura e trasporto di terra e materiali inerti;

   d) confezionamento, fornitura e trasporto di calcestruzzo e di bitume;

   e) noli a freddo di macchinari;

   f) fornitura di ferro lavorato;

   g) noli a caldo;

   h) autotrasporti conto terzi;

   i) guardianìa dei cantieri.

 

  3. L'indicazione delle attività di cui al comma 2 può essere aggiornata, entro il 31 dicembre di ogni anno, con apposito decreto del Ministro dell'interno, adottato di concerto con i Ministri della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, da rendere entro trenta giorni dalla data di trasmissione alle Camere dei relativi schemi. Qualora le Commissioni non si pronuncino entro il termine, i decreti possono essere comunque adottati.

  4. L'impresa iscritta nell'elenco di cui al comma 1 comunica alla prefettura competente qualsiasi modifica dell'assetto proprietario e dei propri organi sociali. Le società di capitali quotate comunicano le variazioni rilevanti secondo quanto previsto dal decreto legislativo 24 febbraio 1998, n.58. La mancata comunicazione comporta la cancellazione dell'iscrizione.

  5. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e la semplificazione, dell'interno, della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti e dello sviluppo economico, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le modalità per l'istituzione e l'aggiornamento, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, dell'elenco di cui al comma 1, nonché per l'attività di verifica.

*6. 252. Barbaro, Bocchino, Briguglio, Consolo, Giorgio Conte, Della Vedova, Di Biagio, Divella, Galli, Granata, Lamorte, Lo Presti, Menia, Moroni, Muro, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Toto.

 

  Sostituirlo con il seguente:

  Art. 6. – (Attività di imprese particolarmente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa). – 1. Per l'efficacia dei controlli antimafia nelle attività imprenditoriali di cui al comma 2, presso ogni prefettura è istituito l'elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa operanti nei medesimi settori. L'iscrizione negli elenchi della Prefettura della provincia in cui l'impresa ha sede è condizione per l'esercizio della relativa attività. La Prefettura effettua verifiche periodiche circa la perdurante insussistenza dei suddetti rischi e, in caso di esito negativo, dispone la cancellazione dell'impresa dall'elenco.

  2. Sono definite come maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa le seguenti attività:

   a) trasporto di materiali a discarica conto terzi;

   b) trasporto e smaltimento di rifiuti conto terzi;

   c) estrazione, fornitura e trasporto di terra e materiali inerti;

   d) confezionamento, fornitura e trasporto di calcestruzzo e di bitume;

   e) noli a freddo di macchinari;

   f) fornitura di ferro lavorato;

   g) noli a caldo;

   h) autotrasporti conto terzi;

   i) guardianìa dei cantieri.

 

  3. L'indicazione delle attività di cui al comma 2 può essere aggiornata, entro il 31 dicembre di ogni anno, con apposito decreto del Ministro dell'interno, adottato di concerto con i Ministri della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, da rendere entro trenta giorni dalla data di trasmissione alle Camere dei relativi schemi. Qualora le Commissioni non si pronuncino entro il termine, i decreti possono essere comunque adottati.

  4. L'impresa iscritta nell'elenco di cui al comma 1 comunica alla prefettura competente qualsiasi modifica dell'assetto proprietario e dei propri organi sociali. Le società di capitali quotate comunicano le variazioni rilevanti secondo quanto previsto dal decreto legislativo 24 febbraio 1998, n.58. La mancata comunicazione comporta la cancellazione dell'iscrizione.

  5. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e la semplificazione, dell'interno, della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti e dello sviluppo economico, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le modalità per l'istituzione e l'aggiornamento, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, dell'elenco di cui al comma 1, nonché per l'attività di verifica.

*6. 253. Rao.

 

  Al comma 1, dopo la lettera b), aggiungere la seguente:

   b-bis) trasporto transfrontaliero di rifiuti;

6. 251. Melchiorre, Tanoni.

 

A.C. 4434-A – Articolo 8

 

ARTICOLO 8 DEL DISEGNO DI LEGGE N.4434 NEL TESTO DELLE COMMISSIONI IDENTICO A QUELLO APPROVATO DAL SENATO

 

Art. 8.

(Princìpi generali per regioni ed enti locali).

 

  1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, anche per quanto concerne i propri enti e le amministrazioni del Servizio sanitario nazionale, nonché gli enti locali adeguano, compatibilmente con le disposizioni previste dagli statuti e dalle relative norme di attuazione in materia, i propri ordinamenti alle disposizioni di cui agli articoli da 1 a 5 della presente legge.

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 8 DEL DISEGNO DI LEGGE

 

ART. 8.

(Princìpi generali per regioni ed enti locali).

 

  All'emendamento 8.600 del Governo, comma 1, aggiungere, in fine, le parole: , fermo restando quanto disposto dall'articolo 1, comma 3, del medesimo decreto legislativo.

 

  Conseguentemente:

   al comma 2, alinea, dopo le parole: attraverso intese aggiungere le seguenti: , secondo quanto previsto dall'articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n.42,

   al comma 3, dopo le parole: attraverso intese aggiungere le seguenti: , secondo quanto previsto dall'articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n.42,

0. 8. 600. 1. Zeller, Brugger.

 

  All'emendamento 8.600 del Governo, comma 1, aggiungere, in fine, le parole: , fermo restando quanto disposto dall'articolo 1, comma 3, del medesimo decreto legislativo.

0. 8. 600. 2. Zeller, Brugger.

 

  All'emendamento 8.600 del Governo, comma 2, alinea, dopo le parole: attraverso intese aggiungere le seguenti: , secondo quanto previsto dall'articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n.42,

 

  Conseguentemente, al comma 3, dopo le parole: attraverso intese aggiungere le seguenti: , secondo quanto previsto dall'articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n.42,

0. 8. 600. 3. Zeller, Brugger.

 

  Sostituirlo con il seguente:

  Art. 8. – (Prevenzione della corruzione nelle Regioni, negli enti locali, negli enti pubblici e nei soggetti di diritto privato sottoposti al loro controllo). – 1. Le disposizioni di prevenzione della corruzione di cui agli articoli da 1 a 5 della presente legge, di diretta attuazione del principio di imparzialità di cui all'articolo 97 della Costituzione, sono applicate in tutte le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165.

  2. Entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, attraverso intese in sede di Conferenza Unificata, si definiscono gli adempimenti, con l'indicazione dei relativi termini, delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano e degli enti locali, nonché degli enti pubblici e dei soggetti di diritto privato sottoposti al loro controllo, volti alla piena e sollecita attuazione delle disposizioni della presente legge, con particolare riguardo:

   a) alla definizione, da parte di ciascuna amministrazione, del piano triennale di prevenzione della corruzione, a partire da quello relativo agli anni 2013-2015 e alla sua trasmissione alla Regione interessata e al Dipartimento della funzione pubblica;

   b) all'adozione, da parte di ciascuna amministrazione, di norme regolamentari relative all'individuazione degli incarichi vietati ai dipendenti pubblici di cui all'articolo 53, comma 3-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, introdotto dall'articolo 4 della presente legge, ferma restando la disposizione del comma 4 dello stesso articolo 53;

   c) all'adozione, da parte di ciascuna amministrazione, del codice di comportamento di cui all'articolo 54, comma 5, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, come modificato dall'articolo 4 della presente legge.

 

  3. Attraverso intese in Conferenza Unificata sono altresì definiti gli adempimenti attuativi delle disposizioni dei decreti legislativi previsti dalla presente legge da parte delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano e degli enti locali, nonché degli enti pubblici e dei soggetti di diritto privato sottoposti al loro controllo.

8. 600. Governo.

(Approvato)

 

  Sostituirlo con il seguente:

  Art. 8. – (Princìpi generali per regioni ed enti locali). – 1. L'attuazione delle disposizioni di cui agli articoli da 1 a 5 della presente legge nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano, compresi gli enti locali, anche per quanto concerne i propri enti e le amministrazioni del Servizio sanitario nazionale, avviene nel rispetto dei loro statuti, delle relative norme di attuazione e secondo quanto previsto dall'articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n.42.

8. 2. Zeller, Brugger.

 

  Al comma 1, sopprimere le parole: , compatibilmente con le disposizioni previste dagli statuti e dalle relative norme di attuazione in materia,

8. 250. Lanzillotta.

 

A.C. 4434-A – Articolo 9

 

ARTICOLO 9 DEL DISEGNO DI LEGGE N.4434 NEL TESTO DELLE COMMISSIONI

 

Art. 9.

(Modifica all'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n.20).

 

  1. All'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n.20, dopo il comma 1-quinquies, sono inseriti i seguenti:

  «1-sexies. Nel giudizio di responsabilità, l'entità del danno all'immagine della pubblica amministrazione derivante dalla commissione di un reato contro la stessa pubblica amministrazione accertato con sentenza passata in giudicato si presume, salvo prova contraria, pari al doppio della somma di denaro o del valore di altra utilità illecitamente percepita dal dipendente.

  1-septies. Nei giudizi di responsabilità aventi ad oggetto atti o fatti di cui al comma 1-sexies, il sequestro conservativo di cui all'articolo 5, comma 2, del decreto-legge 15 novembre 1993, n.453, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 gennaio 1994, n.19, è concesso in tutti i casi di fondato timore di attenuazione della garanzia del credito erariale».

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 9 DEL DISEGNO DI LEGGE

 

ART. 9.

(Modifica all'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n.20).

 

  Al comma 1, al capoverso 1-sexies, premettere il seguente:

  «01-sexies. Sono sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti anche negli amministratori e i dipendenti delle società direttamente o indirettamente partecipate dallo Stato o da altri enti pubblici, quando essi possiedano la maggioranza del capitale sociale o comunque ne esercitino il controllo ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile. L'articolo 16-bis del decreto-legge 31 dicembre 2007, n.248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n.31 è abrogato.»

9. 250. Vassallo, Di Pietro.

 

  Al comma 1, sopprimere il capoverso 1-sexies.

9. 251. Sisto.

 

  Al comma 1, capoverso 1-sexies, dopo le parole: altra utilità aggiungere la seguente: patrimoniale.

9. 252. Sisto.

 

  Al comma 1, capoverso 1-sexies, dopo le parole: o del valore aggiungere la seguente: patrimoniale.

9. 252. (Testo modificato nel corso della seduta)Sisto.

(Approvato)

 

  Dopo l'articolo 9 aggiungere il seguente:

  Art. 9-bis. – 1. All'articolo 6 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

  «13-bis. Le stazioni appaltanti destinatarie di delibere dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, che accertano l'esistenza di cause di illegittimità o di irregolarità, avviano il riesame dei provvedimenti adottati, comunicando all'Autorità nonché ai soggetti interessati l'esito del riesame. Nel caso in cui la stazione appaltante si discosti dalle indicazioni fornite dall'Autorità, la stessa è tenuta a motivare adeguatamente. Resta salva la facoltà dell'Autorità di ricorrere in giudizio avverso il provvedimento confermativo della stazione appaltante».

9. 07. Mariani, Ferranti.

 

  Dopo l'articolo 9 aggiungere il seguente:

  Art. 9-bis. – 1. È istituita presso l'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture l’«Anagrafe unica» delle stazioni appaltanti. Sono tenuti a richiedere l'iscrizione alla «Anagrafe unica», e ad aggiornare annualmente i relativi dati identificativi, tutte le pubbliche amministrazioni ed organismi di diritto pubblico che agiscono in qualità di stazioni appaltanti di contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. Dall'obbligo di iscrizione ed aggiornamento dei dati deriva, in caso di inadempimento, la nullità degli atti adottati e la responsabilità, anche contabile, dei funzionari responsabili. Le modalità operative per la istituzione ed il funzionamento della Anagrafe sono individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri da adottarsi entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

  2. È istituito presso l'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture un sistema di qualificazione delle stazioni appaltanti iscritte nella Anagrafe unica di cui al comma 1. Il sistema di qualificazione assicura che ciascuna stazione appaltante sia in grado di gestire il proprio sistema di approvvigionamento in modo trasparente, efficiente ed efficace in relazione ad una determinata classe di importo del contratto e alla complessità dell'appalto. Esso si basa su una valutazione della capacità amministrativa delle stazioni appaltanti effettuata, tra l'altro, sulla base dei seguenti criteri: organizzazione della stazione appaltante, capacità della struttura tecnica e del personale, sistemi di controllo interno, procedure utilizzate, iniziative anticorruzione adottate, contesto ambientale, misure di contrasto del lavoro nero e controllo dei subappalti. Il sistema di qualificazione assicura, altresì, la introduzione di modelli organizzativi per la gestione del ciclo dei contratti pubblici mediante sistemi qualità conformi alle norme UNI EN della serie ISO 9000. Il Governo è autorizzato ad adottare entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge disposizioni idonee a rendere operativo il sistema di qualificazione. Con le medesime disposizioni sono individuati i casi in cui le stazioni appaltanti provvedono ad acquisire lavori servizi e forniture, attraverso strutture tecniche di altre amministrazioni ai sensi dell'articolo 33, comma 3, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163.

  3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano a tutti i contratti pubblici, anche a quelli esclusi in tutto o in parte dalla applicazione del decreto legislativo 12 aprile 2006 n.163.

9. 08. Mariani, Ferranti.

 

  Dopo l'articolo 9, aggiungere il seguente:

  Art. 9-bis. – (Modifiche all'articolo 17 del decreto-legge 1o luglio 2009, n.78). – 1. L'articolo 17, comma 30-ter, del decreto-legge 1o luglio 2009, n.78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n.102, come modificato dall'articolo 1, comma 1, lettera c), numero 1), del decreto-legge 3 agosto 2009, n.103, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 ottobre 2009, n.141, è sostituito dal seguente:

  «30-ter. Le procure della Corte dei conti possono avviare l'attività istruttoria ai fini dell'esercizio dell'azione di danno erariale a fronte di concreta notizia di danno, acquisita anche con le forme della pubblicità previste dalla legge, fatte salve le fattispecie direttamente sanzionate dalla legge. Le procure della Corte dei conti esercitano l'azione per il risarcimento del danno all'immagine nei soli casi previsti dall'articolo 7, ultimo periodo, della legge 27 marzo 2001, n.97. A tale ultimo fine, il termine di prescrizione di cui al comma 2 dell'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n.20, decorre dall'esercizio dell'azione penale da parte del pubblico ministero. Qualunque atto istruttorio posto in essere in violazione delle disposizioni di cui al primo periodo del presente comma, salvo che sia stata già pronunciata sentenza anche non definitiva alla data di entrata in vigore della presente disposizione, è nullo e la relativa nullità può essere fatta valere, sino all'esercizio dell'azione di responsabilità da parte del pubblico ministero, da chiunque vi abbia interesse, innanzi alla competente sezione giurisdizionale della Corte dei conti, che decide, ai sensi dell'articolo 58 del regio decreto 13 agosto 1933, n.1038, nel termine di sessanta giorni dall'istanza di fissazione dell'udienza. Il pubblico ministero deposita le sue conclusioni entro venti giorni prima dell'udienza. Dopo l'esercizio dell'azione di responsabilità, le parti possono proporre l'eccezione di nullità nei modi e con gli effetti previsti dall'articolo 7 del citato regio decreto n.1038 del 1933.

9. 0250. Vassallo, Di Pietro.

 

  Dopo l'articolo 9, aggiungere il seguente:

  Art. 9-bis. – (Norma di interpretazione autentica). – 1. L'articolo 17, comma 30-ter, del decreto-legge 1o luglio 2009, n.78, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2009, n.102, come modificato dall'articolo 1, comma 1, lettera c), numero 1), del decreto-legge 3 agosto 2009, n.103, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 ottobre 2009, n.141, si interpreta nel senso che, fermo restando che il decorso del termine di prescrizione di cui al comma 2 dell'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n.20 è sospeso fino alla conclusione del procedimento penale, il giudizio di responsabilità amministrativa per danno all'immagine può essere promosso dalle procure regionali della Corte dei conti nei casi previsti dall'articolo 7 della legge 27 marzo 2001, n.97, nonché nei casi in cui, ai sensi dello stesso articolo 7 della legge 27 marzo 2011, n.97, le Procure ricevano la comunicazione prevista dall'articolo 129, comma 3, delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale.

9. 06. Ferranti, Andrea Orlando, Capano, Cavallaro, Cilluffo, Ciriello, Concia, Cuperlo, Melis, Rossomando, Samperi, Tenaglia, Tidei, Vaccaro, Picierno.

 

A.C. 4434-A – Articolo 10

 

ARTICOLO 10 DEL DISEGNO DI LEGGE N.4434 NEL TESTO DELLE COMMISSIONI

 

Art. 10.

(Delega al Governo per l'adozione di un testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di governo conseguente a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi).

 

  1. Il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo recante un testo unico della normativa in materia di incandidabilità alla carica di membro del Parlamento europeo, di deputato e di senatore della Repubblica, di incandidabilità alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali e di divieto di ricoprire le cariche di presidente e di componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, di presidente e di

componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, di consigliere di amministrazione e di presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all'articolo 114 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, e successive modificazioni, di presidente e di componente degli organi esecutivi delle comunità montane.

  2. Il decreto legislativo di cui al comma 1 provvede al riordino e all'armonizzazione della vigente normativa ed è adottato secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:

   a) ferme restando le disposizioni del codice penale in materia di interdizione perpetua dai pubblici uffici, prevedere che non siano temporaneamente candidabili a deputati o a senatori coloro che abbiano riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione per i delitti previsti dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale;

   b) in aggiunta a quanto previsto nella lettera a), prevedere che non siano temporaneamente candidabili a deputati o a senatori coloro che abbiano riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione per i delitti previsti nel libro II, titolo II, capo I, del codice penale ovvero per altri delitti per i quali la legge preveda una pena detentiva superiore nel massimo a tre anni;

   c) prevedere la durata dell'incandidabilità di cui alle lettere a) e b);

   d) prevedere che l'incandidabilità operi anche in caso di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale;

   e) coordinare le disposizioni relative all'incandidabilità con le vigenti norme in materia di interdizione dai pubblici uffici e di riabilitazione, nonché con le restrizioni all'esercizio del diritto di elettorato attivo;

   f) prevedere che le condizioni di incandidabilità alla carica di deputato e di senatore siano applicate altresì all'assunzione delle cariche di governo;

   g) operare una completa ricognizione della normativa vigente in materia di incandidabilità alle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali e di divieto di ricoprire le cariche di presidente della provincia, sindaco, assessore e consigliere provinciale e comunale, presidente e componente del consiglio circoscrizionale, presidente e componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all'articolo 114 del testo unico di cui al citato decreto legislativo n.267 del 2000, presidente e componente degli organi delle comunità montane, determinata da sentenze definitive di condanna;

   h) valutare per le cariche di cui alla lettera g), in coerenza con le scelte operate in attuazione delle lettere a) e i), l'introduzione di ulteriori ipotesi di incandidabilità determinate da sentenze definitive di condanna per delitti di grave allarme sociale;

   i) individuare, fatta salva la competenza legislativa regionale sul sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del presidente e degli altri componenti della giunta regionale nonché dei consiglieri regionali, le ipotesi di incandidabilità alle elezioni regionali e di divieto di ricoprire cariche negli organi politici di vertice delle regioni, conseguenti a sentenze definitive di condanna;

   l) prevedere l'abrogazione espressa della normativa incompatibile con le disposizioni del decreto legislativo di cui al comma 1;

   m) disciplinare le ipotesi di sospensione e decadenza di diritto dalle cariche di cui al comma 1 in caso di sentenza definitiva di condanna per delitti non colposi successiva alla candidatura o all'affidamento della carica.

 

  3. Lo schema del decreto legislativo di cui al comma 1, corredato di relazione tecnica, ai sensi dell'articolo 17, comma 3,

della legge 31 dicembre 2009, n.196, è trasmesso alle Camere ai fini dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che sono resi entro sessanta giorni dalla data di trasmissione dello schema di decreto. Decorso il termine di cui al periodo precedente senza che le Commissioni abbiano espresso i pareri di rispettiva competenza, il decreto legislativo può essere comunque adottato.

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 10 DEL DISEGNO DI LEGGE

 

ART. 10.

(Delega al Governo per l'adozione di un testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di governo conseguente a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi).

 

  Sopprimerlo.

10. 9. Favia, Donadi, Di Pietro, Palomba, Borghesi, Evangelisti.

 

  Sostituirlo con i seguenti:

  Art. 10. – (Introduzione degli articoli 6-bis e 6-ter del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n.361). – 1. Dopo l'articolo 6 del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n.361, sono inseriti i seguenti:

  «Art. 6-bis. – 1. Non possono essere candidati e non possono comunque ricoprire la carica di deputato coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva per un delitto non colposo.

  2. Le sentenze e i provvedimenti definitivi indicati al comma 1, emessi nei confronti di deputati in carica, sono comunicati alla Camera dei deputati per la pronuncia della decadenza.

  3. Per tutti gli effetti disciplinati dal presente articolo la sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a condanna.

  4. L'eventuale elezione di coloro che si trovano nelle condizioni di cui al comma 1 è nulla.

  Art. 6-ter. – 1. La perdita delle condizioni di eleggibilità comporta la decadenza dalla carica di deputato. Essa è dichiarata dalla Camera dei deputati entro sessanta giorni dalla notizia di condanna definitiva».

 

  2. La rubrica del capo II del titolo II del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, è sostituita dalla seguente: «Candidabilità ed eleggibilità».

  Art. 10-bis. – (Ambito applicativo dell'articolo 6-bis, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361). – 1. Le disposizioni previste dal comma 1 dell'articolo 6-bis del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, introdotto dall'articolo 10 della presente legge, si applicano a qualsiasi altro incarico con riferimento al quale, in forza di specifiche disposizioni di legge, l'elezione o la nomina è di competenza dell'Assemblea, del Presidente o dell'Ufficio di presidenza della Camera dei deputati o del Presidente o del Consiglio di presidenza del Senato della Repubblica.

  Art. 10-ter. – (Modifica all'articolo 20 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361). – 1. All'articolo 20 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

  «Unitamente alla documentazione di cui al secondo comma devono essere presentate le dichiarazioni sostitutive rese dai candidati ai sensi dell'articolo 46 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, e successive modificazioni, comprovanti l'insussistenza delle cause di incandidabilità di cui all'articolo 6-bis del presente testo unico».

  Art. 10-quater. – (Modifica all'articolo 22 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361). – 1. All'articolo 22, primo comma, numero 5), del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e di quelli per i quali non sia stata presentata la dichiarazione sostitutiva comprovante l'insussistenza delle cause di incandidabilità di cui all'articolo 6-bis o per i quali tale dichiarazione risulti non veritiera».

  Art. 10-quinquies. – (Modifica all'articolo 5 del testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione del Senato della Repubblica, di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533). – 1. All'articolo 5 del testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione del Senato della Repubblica, di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

  «1-bis. Non possono essere candidati alle elezioni politiche e non possono comunque ricoprire la carica di senatore coloro che rientrano nelle fattispecie previste dall'articolo 6-bis del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361».

  Art. 10-sexies. – (Introduzione dell'articolo 4-bis della legge 24 gennaio 1979, n. 18). – 1. Dopo l'articolo 4 della legge 24 gennaio 1979, n. 18, e successive modificazioni, è inserito il seguente:

  «Art. 4-bis. – 1. Non possono essere candidati e non possono comunque ricoprire la carica di membro del Parlamento europeo coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva per un delitto non colposo.

  2. Per tutti gli effetti disciplinati dal comma 1 del presente articolo la sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a condanna».

  Art. 10-septies. – (Modifica all'articolo 12 della legge 24 gennaio 1979, n. 18). – 1. Dopo il settimo comma dell'articolo 12 della legge 24 gennaio 1979, n. 18, è inserito il seguente:

  «Ogni candidato, unitamente alla dichiarazione di accettazione della candidatura, deve presentare la dichiarazione sostitutiva ai sensi dell'articolo 46 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, e successive modificazioni, comprovanti l'insussistenza delle cause di incandidabilità di cui all'articolo 4-bis della presente legge. L'ufficio elettorale circoscrizionale cancella dalle liste i nomi dei candidati per i quali manca la dichiarazione sostitutiva di cui al periodo precedente».

10. 10. Di Pietro, Donadi, Palomba, Favia, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Sostituirlo con i seguenti:

  Art. 10. – (Nuove disposizioni in materia di incandidabilità alla carica di membro del Parlamento europeo spettante all'Italia). – 1. Dopo l'articolo 4 della legge 24 gennaio 1979, n. 18, e successive modificazioni, è inserito il seguente:

  «Art. 4-bis. – 1. Non possono essere candidati e non possono comunque ricoprire la carica di membro del Parlamento europeo spettante all'Italia i soggetti nei cui confronti, alla data di pubblicazione della convocazione dei comizi elettorali, è stato emesso un decreto che dispone il giudizio, ovvero è stata disposta una misura cautelare personale non revocata né annullata, ovvero che si trovano in stato di latitanza o di esecuzione di pene detentive, ovvero che siano stati condannati con sentenza anche non definitiva, quando le predette condizioni sono relative a uno dei seguenti delitti:

   a) delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale;

   b) estorsione (articolo 629 del codice penale) e usura (articolo 644 del codice penale);

   c) riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (articoli 648-bis e 648-ter del codice penale);

   d) trasferimento fraudolento di valori (articolo 12-quinquies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, e successive modificazioni);

   e) omessa comunicazione delle variazioni patrimoniali da parte delle persone sottoposte a una misura di prevenzione disposta ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, nonché da parte dei condannati con sentenza definitiva per il delitto previsto dall'articolo 416-bis del codice penale (articolo 31 della legge 13 settembre 1982, n. 646);

   f) attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152);

   g) delitti le cui caratteristiche o modalità di commissione rientrino nelle pratiche comuni alle attività a carattere mafioso, previste dall'articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e successive modificazioni.

 

  2. Non possono altresì essere candidati e non possono comunque ricoprire la carica di membro del Parlamento europeo spettante all'Italia i soggetti per i quali, alla data di pubblicazione della convocazione dei comizi elettorali, ricorre una delle seguenti condizioni:

   a) è stata disposta nei loro confronti l'applicazione di misure di prevenzione personali o patrimoniali, ancorché non definitive, ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575;

   b) sono stati loro imposti divieti, sospensioni o decadenze ai sensi della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, o della legge 31 maggio 1965, n. 575;

   c) sono stati rimossi, sospesi o dichiarati decaduti ai sensi dell'articolo 142 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni.

  3. Le sentenze e i provvedimenti definitivi indicati ai commi 1 e 2, emessi nei confronti di membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia in carica, sono comunicati al Parlamento europeo per la pronuncia della decadenza.

  4. Per tutti gli effetti disciplinati dal presente articolo la sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a condanna.

  5. L'eventuale elezione o nomina di coloro che si trovano nelle condizioni di cui ai commi 1 o 2 è nulla».

  Art. 10-bis. – (Nuove disposizioni in materia di incandidabilità alla carica di deputato o di senatore). – 1. Al capo II del titolo II del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Candidabilità ed eleggibilità»;

   b) dopo l'articolo 6 è inserito il seguente:

  «Art. 6-bis. – 1. Non possono essere candidati e non possono comunque ricoprire la carica di deputato i soggetti nei cui confronti, alla data di pubblicazione della convocazione dei comizi elettorali, è stato emesso un decreto che dispone il giudizio, ovvero è stata disposta una misura cautelare personale non revocata né annullata, ovvero che si trovano in stato di latitanza o di esecuzione di pene detentive, ovvero che sono stati condannati con sentenza anche non definitiva, allorquando le predette condizioni sono relative a uno dei seguenti delitti:

   a) delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale;

   b) estorsione (articolo 629 del codice penale) e usura (articolo 644 del codice penale);

   c) riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (articoli 648-bis e 648-ter del codice penale);

   d) trasferimento fraudolento di valori (articolo 12-quinquies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, e successive modificazioni);

   e) omessa comunicazione delle variazioni patrimoniali da parte delle persone sottoposte a una misura di prevenzione disposta ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, nonché da parte dei condannati con sentenza definitiva per il delitto previsto dall'articolo 416-bis del codice penale (articolo 31 della legge 13 settembre 1982, n. 646);

   f) attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152);

   g) delitti le cui caratteristiche o modalità di commissione rientrano nelle pratiche comuni alle attività a carattere mafioso, previste dall'articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e successive modificazioni.

 

  2. Non possono altresì essere candidati e non possono comunque ricoprire la carica di deputato i soggetti per i quali, alla data di pubblicazione della convocazione dei comizi elettorali, ricorre una delle seguenti condizioni:

   a) è stata disposta nei loro confronti l'applicazione di misure di prevenzione personali o patrimoniali, ancorché non definitive, ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575;

   b) sono stati loro imposti divieti, sospensioni o decadenze ai sensi della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, o della legge 31 maggio 1965, n. 575;

   c) sono stati rimossi, sospesi o dichiarati decaduti ai sensi dell'articolo 142 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni.

 

  3. Le sentenze e i provvedimenti definitivi indicati ai commi 1 e 2, emessi nei confronti di deputati in carica, sono comunicati alla Camera dei deputati per la pronuncia della decadenza.

  4. Per tutti gli effetti disciplinati dal presente articolo la sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a condanna.

  5. L'eventuale elezione o nomina di coloro che si trovano nelle condizioni di cui ai commi 1 e 2 è nulla».

 

  2. Al comma 1 dell'articolo 5 del testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione del Senato della Repubblica, di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, dopo le parole: «non si trovano in alcuna delle condizioni» sono inserite le seguenti: «di incandidabilità previste dall'articolo 6-bis e».

  Art. 10-ter. – (Princìpi in materia di incandidabilità, ineleggibilità e incompatibilità dei consiglieri regionali, dei presidenti di regione e dei membri delle giunte regionali). – 1. Dopo l'articolo 3 della legge 2 luglio 2004, n. 165, è inserito il seguente:

  «Art. 3-bis. – (Ulteriori disposizioni di principio in materia di incandidabilità, ineleggibilità e incompatibilità). – 1. Le regioni disciplinano con legge i casi di incandidabilità, ineleggibilità e incompatibilità, sulla base dei seguenti principi fondamentali:

   a) sussistenza di cause di incandidabilità, ineleggibilità e incompatibilità per le cariche di consigliere regionale, di componente della Giunta regionale e di Presidente della regione per i soggetti nei confronti dei quali, alla data di pubblicazione della convocazione dei comizi elettorali, è stato emesso un decreto che dispone il giudizio, ovvero è stata disposta una misura cautelare personale non revocata né annullata, ovvero che si trovano in stato di latitanza o di esecuzione di pene detentive, ovvero che sono stati condannati con sentenza anche non definitiva, quando le predette condizioni sono relative a uno dei seguenti delitti:

    1) delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale;

    2) estorsione (articolo 629 del codice penale) e usura (articolo 644 del codice penale);

    3) riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (articoli 648-bis e 648-ter del codice penale);

    4) trasferimento fraudolento di valori (articolo 12-quinquies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, e successive modificazioni);

    5) omessa comunicazione delle variazioni patrimoniali da parte delle persone sottoposte a una misura di prevenzione disposta ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, nonché da parte dei condannati con sentenza definitiva per il delitto previsto dall'articolo 416-bis del codice penale (articolo 31 della legge 13 settembre 1982, n. 646);

    6) attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152);

    7) delitti le cui caratteristiche o modalità di commissione rientrano nelle pratiche comuni alle attività a carattere mafioso, previste dall'articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e successive modificazioni;

   b) sussistenza di cause di incandidabilità, ineleggibilità e incompatibilità per le cariche di consigliere regionale, di componente della Giunta regionale e di Presidente della Regione per i soggetti per i quali, alla data di pubblicazione della convocazione dei comizi elettorali, ricorre una delle seguenti condizioni:

    1) è stata disposta nei loro confronti l'applicazione di misure di prevenzione personali o patrimoniali, ancorché non definitive, ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575;

    2) sono stati loro imposti divieti, sospensioni e decadenze ai sensi della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, o della legge 31 maggio 1965, n. 575;

    3) sono stati rimossi, sospesi o dichiarati decaduti ai sensi dell'articolo 142 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni.

 

  2. Per tutti gli effetti disciplinati dal presente articolo, la sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a condanna.

  3. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano con propria legge, ai sensi dei rispettivi statuti speciali e delle relative norme di attuazione, anche per gli enti locali e gli enti ad ordinamento regionale o provinciale le cause di incandidabilità, di ineleggibilità e di incompatibilità previste per i consiglieri regionali, per i componenti della Giunta regionale e per il Presidente, sulla base dei princìpi fondamentali di cui al comma 1 del presente articolo».

  Art. 10-quater. – (Delega al Governo per la modifica del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di incandidabilità, ineleggibilità e incompatibilità degli amministratori locali). – 1. Il Governo è delegato ad adottare, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, con il Ministro dell'interno e con il Ministro per la coesione territoriale, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili di carattere finanziario, uno o più decreti legislativi per apportare al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, le modifiche strettamente necessarie all'applicazione della disciplina delle incandidabilità, ineleggibilità ed incompatibilità, di cui alla presente legge, ai componenti delle assemblee elettive e delle giunte, nonché ai sindaci e ai presidenti delle province e delle città metropolitane, sulla base dei seguenti prìncipi e criteri direttivi:

   a) prevedere l'applicazione della disciplina delle incandidabilità, ineleggibilità e incompatibilità per i soggetti nei confronti dei quali, alla data di pubblicazione della convocazione dei comizi elettorali, è stato emesso un decreto che dispone il giudizio, ovvero è stata disposta una misura cautelare personale non revocata né annullata, ovvero che si trovano in stato di latitanza o di esecuzione di pene detentive, ovvero che sono stati condannati con sentenza anche non definitiva, quando le predette condizioni sono relative a uno dei seguenti delitti:

    1) delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale;

    2) estorsione (articolo 629 del codice penale) e usura (articolo 644 del codice penale);

    3) riciclaggio e impiego di denaro di provenienza illecita (articoli 648-bis e 648-ter del codice penale);

    4) trasferimento fraudolento di valori (articolo 12-quinquies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, e successive modificazioni);

    5) omessa comunicazione delle variazioni patrimoniali da parte delle persone sottoposte a una misura di prevenzione disposta ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, nonché da parte dei condannati con sentenza definitiva per il delitto previsto dall'articolo 416-bis del codice penale (articolo 31 della legge 13 settembre 1982, n. 646);

    6) attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152);

    7) delitti le cui caratteristiche o modalità di commissione rientrino nelle pratiche comuni alle attività a carattere mafioso, previste dall'articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e successive modificazioni;

   b) prevedere che la medesima disciplina delle incandidabilità, ineleggibilità e incompatibilità si applica ai soggetti per i quali, alla data di pubblicazione della convocazione dei comizi elettorali, ricorre una delle seguenti condizioni:

    1) è stata disposta nei loro confronti l'applicazione di misure di prevenzione personali o patrimoniali, ancorché non definitive, ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575;

    2) sono stati loro imposti divieti, sospensioni e decadenze ai sensi della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, o della legge 31 maggio 1965, n. 575;

    3) sono stati rimossi, sospesi o dichiarati decaduti ai sensi dell'articolo 142 del medesimo testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni;

   c) prevedere che per tutti gli effetti disciplinati dai decreti legislativi adottati in attuazione della delega di cui al presente articolo, la sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a condanna.

 

  2. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono a disciplinare con propria legge, ai sensi dei rispettivi statuti speciali e delle relative norme di attuazione, anche per gli enti locali e gli enti ad ordinamento regionale o provinciale le cause di incandidabilità, di ineleggibilità e di incompatibilità previste per i soggetti di cui al comma 1 del presente articolo».

10. 11. Di Pietro, Donadi, Favia, Palomba, Borghesi, Evangelisti, Paladini, Granata.

 

  Sostituirlo con il seguente:

  Art. 10. – (Cause ostative all'assunzione di incarichi di governo). – 1. Non possono ricoprire incarichi di governo coloro nei confronti dei quali è stato emesso un decreto che dispone il giudizio, ovvero è stata disposta una misura cautelare personale non revocata né annullata, ovvero che si trovano in stato di latitanza o di esecuzione di pene detentive, ovvero che sono stati condannati con sentenza anche non definitiva, quando le predette condizioni siano relative a uno dei seguenti delitti:

   a) delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis del codice di procedura penale;

   b) estorsione (articolo 629 del codice penale) e usura (articolo 644 del codice penale);

   c) riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (articoli 648-bis e 648-ter del codice penale);

   d) trasferimento fraudolento di valori (articolo 12-quinquies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, e successive modificazioni);

   e) omessa comunicazione delle variazioni patrimoniali da parte delle persone sottoposte a una misura di prevenzione disposta ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575, nonché da parte dei condannati con sentenza definitiva per il delitto previsto dall'articolo 416-bis del codice penale (articolo 31 della legge 13 settembre 1982, n. 646);

   f) attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152);

   g) delitti le cui caratteristiche o modalità di commissione rientrano nelle pratiche comuni alle attività a carattere mafioso, previste dall'articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203, e successive modificazioni.

 

  2. Non possono altresì ricoprire incarichi di governo i soggetti per i quali ricorre una delle seguenti condizioni:

   a) è stata disposta nei loro confronti l'applicazione di misure di prevenzione personali o patrimoniali, ancorché non definitive, ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575;

   b) sono stati loro imposti divieti, sospensioni o decadenze ai sensi della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, ovvero della legge 31 maggio 1965, n. 575;

   c) sono stati rimossi, sospesi o dichiarati decaduti ai sensi dell'articolo 142 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni.

 

  3. Per tutti gli effetti disciplinati dal presente articolo la sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a condanna.

  4. L'eventuale nomina di coloro che si trovano nelle condizioni di cui ai commi 1 e 2 è nulla e gli atti eventualmente compiuti dal titolare dell'incarico di governo sono nulli e inefficaci, fatta salva ogni sua ulteriore eventuale responsabilità. I medesimi effetti si determinano qualora le cause ostative di cui ai citati commi 1 e 2 intervengono successivamente all'assunzione di uno degli incarichi di governo di cui al comma 5.

  5. Agli effetti del presente articolo, per titolari di incarichi di governo si intendono il Presidente del Consiglio dei ministri, i vice Presidenti del Consiglio dei ministri, i Ministri, i vice Ministri, i sottosegretari di Stato e i commissari straordinari del Governo di cui all'articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400.

10. 13. Di Pietro, Donadi, Favia, Palomba, Borghesi, Evangelisti, Paladini, Granata.

 

  Al comma 1, sostituire le parole da: un anno fino a: divieto di ricoprire le cariche con le seguenti: tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo contenente un testo unico compilativo della vigente normativa in materia di ineleggibilità, incandidabilità ed incompatibilità per le cariche di membro del Parlamento europeo, di deputato e di senatore della Repubblica, di componente delle giunte e dei consigli regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali, nonché.

10. 266. Favia, Donadi, Di Pietro, Palomba, Borghesi, Evangelisti.

 

  Al comma 1, sostituire le parole: un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge con le seguenti: il 31 dicembre 2012.

10. 259. Ferranti.

 

  Al comma 1, sostituire le parole: un anno con le seguenti: sei mesi.

*10. 253. Melchiorre, Tanoni.

 

  Al comma 1, sostituire le parole: un

anno con le seguenti: sei mesi.

*10. 254. Lanzillotta.

 

  Al comma 1, sostituire le parole: un anno con le seguenti: sei mesi.

*10. 258. Ferranti.

 

  Al comma 1, sostituire le parole: testo unico con la seguente: codice.

 

  Conseguentemente, alla rubrica, sostituire le parole: testo unico con la seguente: codice.

10. 251. Ria.

 

  Al comma 1, dopo le parole: normativa in materia di incandidabilità aggiungere le seguenti: e di ineleggibilità.

 

  Conseguentemente:

   al medesimo comma, sostituire le parole: di incandidabilità alle elezioni con le seguenti: di incandidabilità e di eleggibilità alle elezioni;

   alla rubrica, dopo la parola: incandidabilità aggiungere le seguenti: , di ineleggibilità.

10. 12. Barbaro, Bocchino, Briguglio, Consolo, Giorgio Conte, Della Vedova, Di Biagio, Divella, Galli, Granata, Lamorte, Lo Presti, Menia, Moroni, Muro, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Toto.

 

  Al comma 1, aggiungere, in fine, le parole: , nonché di consigliere di amministrazione e di presidente delle società per azioni partecipate dallo Stato e da altri enti pubblici.

10. 256. Lanzillotta.

 

  Al comma 2, lettera a), sopprimere la parola: temporaneamente.

 

  Conseguentemente, al medesimo comma:

   lettera b), sopprimere la parola: temporaneamente;

   sopprimere la lettera c).

*10. 1. Barbaro, Bocchino, Briguglio, Consolo, Giorgio Conte, Della Vedova, Di Biagio, Divella, Galli, Granata, Lamorte, Lo Presti, Menia, Moroni, Muro, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Toto.

 

  Al comma 2, lettera a), sopprimere la parola: temporaneamente.

 

  Conseguentemente, al medesimo comma:

   lettera b), sopprimere la parola: temporaneamente;

   sopprimere la lettera c).

*10. 2. Favia, Donadi, Di Pietro, Palomba, Borghesi, Evangelisti.

 

  Al comma 2, lettera a), dopo la parola: candidabili aggiungere le seguenti: alla carica di membro del Parlamento europeo spettante all'Italia,

 

  Conseguentemente, al medesimo comma, lettera b), dopo la parola: candidabili aggiungere le seguenti: alla carica di membro del Parlamento europeo spettante all'Italia,.

10. 267. Favia, Donadi, Di Pietro, Palomba, Borghesi, Evangelisti.

 

  Al comma 2, lettera a), dopo le parole: riportato condanne aggiungere le seguenti: anche non.

10. 255. Lanzillotta.

 

  Al comma 2, lettera b), sostituire la parola: ovvero con le seguenti: e, se del caso,

10. 268. Paolini, Follegot, Nicola Molteni, Lussana, Isidori.

 

  Al comma 2, lettera d), sostituire le parole: che l'incandidabilità operi anche in caso di applicazione della pena su richiesta, con le seguenti: , ai fini dell'applicazione dell'incandidabilità, l'equiparazione della sentenza emessa.

10. 260. Di Pietro, Palomba, Donadi, Favia, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 2, sostituire la lettera f) con la seguente:

   f) prevedere il divieto di ricoprire cariche di governo per coloro che si trovino nelle medesime condizioni che determinano l'incandidabilità di cui alle lettere a) e b) e disciplinare, altresì, l'applicazione dei principi di cui alle lettere d) e m).

10. 263. Di Pietro, Palomba, Donadi, Favia, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 2, lettera g), aggiungere, in fine, le parole: ; prevedere altresì che nell'Anagrafe degli amministratori locali e regionali, di cui all'articolo 76 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sia fatta menzione delle condanne emesse dalla Corte dei conti ai sensi degli articoli 63, comma 1, e 248, comma 5.

10. 265. Favia, Donadi, Di Pietro, Palomba, Borghesi, Evangelisti.

 

  Al comma 2, sopprimere la lettera h).

10. 261. Favia, Donadi, Di Pietro, Palomba, Borghesi, Evangelisti.

 

  Al comma 2, lettera h), sostituire le parole: valutare per le cariche di cui alla lettera g), in coerenza con le scelte operate in attuazione delle lettere a) con le seguenti: prevedere per le cariche di cui alla lettera g), in coerenza con le scelte operate in attuazione delle lettere a), b).

10. 262. Favia, Donadi, Di Pietro, Palomba, Borghesi, Evangelisti.

 

  Al comma 2, lettera h), dopo le parole: determinate da sentenze aggiungere le seguenti: anche non.

10. 257. Lanzillotta.

 

  Al comma 2, lettera m), aggiungere, in fine, le parole: salvo quanto previsto dall'articolo 66 della Costituzione per le cariche di deputato e senatore.

10. 252. Ria.

 

  Al comma 2, dopo la lettera m) aggiungere la seguente:

   n) prevedere la sanzione della decadenza dai contributi e dalle risorse pubbliche a qualunque titolo erogati per i partiti, movimenti politici nonché formazioni e liste civiche ove presentino candidature in violazione delle disposizioni in materia di incandidabilità.

10. 264. Di Pietro, Donadi, Favia, Palomba, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Aggiungere, in fine, il seguente comma:

  4. In attesa dell'entrata in vigore del decreto legislativo di cui ai commi precedenti, si applica ai candidati alle elezioni per il Parlamento nazionale il regime di incandidabilità previsto dall'articolo 15 della legge 19 marzo 1990, n. 55, e successive modifiche e integrazioni.

10. 250. Mantini, Tassone.

 

  Dopo l'articolo 10, aggiungere il seguente:

  Art. 10-bis. – (Disposizioni in materia di ineleggibilità di coloro che rivestono le cariche di deputato, di senatore o di membro italiano del Parlamento europeo). – 1. Chi ricopre la carica di deputato o senatore non è eleggibile alle cariche seguenti:

   a) sindaco di comune con popolazione superiore a 20.000 abitanti;

   b) presidente di giunta provinciale;

   c) presidente di giunta regionale;

   d) membro italiano del Parlamento europeo.

 

  2. I membri italiani del Parlamento europeo non sono eleggibili alle cariche seguenti:

   a) deputato o senatore della Repubblica italiana;

   b) presidente di giunta regionale;

   c) presidente di giunta provinciale;

   d) sindaco di comune con popolazione superiore a 20.000 abitanti.

10. 0250. Di Pietro, Palomba, Donadi, Favia, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Dopo l'articolo 10, aggiungere il seguente:

  Art. 10-bis. – (Razionalizzazione delle spese di funzionamento). – 1. Il Ministero dell'economia e delle finanze, avvalendosi della società CONSIP Spa, predispone, sulla base delle informazioni trasmesse dalle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato, ai sensi dell'articolo 2, comma 569, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, un piano di razionalizzazione della spesa volto all'ottimale utilizzo delle risorse necessarie al funzionamento degli apparati amministrativi statali centrali e periferici.

  2. Il piano di razionalizzazione di cui al comma 1 è redatto secondo princìpi di efficienza, di razionalità e di economicità, in modo da assicurare la complessiva e graduale riduzione delle spese di funzionamento delle amministrazioni interessate, ivi comprese le spese di amministrazione generale.

  3. Il piano di razionalizzazione di cui al comma 1, definito e approvato con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, è trasmesso alle Camere per il parere delle competenti Commissioni parlamentari entro il 30 giugno di ogni anno.

  4. Le amministrazioni centrali e periferiche dello Stato, compresi il Ministero della difesa e il Ministero degli affari esteri compatibilmente con le loro esigenze istituzionali, acquistano tutti i beni e i servizi necessari al loro funzionamento aderendo alle convenzioni stipulate dalla società CONSIP Spa per conto del Ministero dell'economia e delle finanze ai sensi dell'articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e successive modificazioni, ovvero facendo ricorso al Mercato Elettronico della Pubblica Amministrazione (MEPA).

  5. Al fine di dare attuazione a quanto previsto dal comma 4, la società CONSIP Spa, entro il 31 dicembre 2012, provvede a potenziare l'offerta di beni e di servizi disponibili sul MEPA.

10. 026. Giovanelli, Andrea Orlando.

 

  Dopo l'articolo 10, aggiungere il seguente:

  Art. 10-bis. – (Gestione commissariale delle emergenze). – 1. I commissari di cui all'articolo 5, comma 4, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, possono essere nominati esclusivamente per fare fronte a esigenze non prevedibili né programmabili.

  2. Le strutture deputate ad affrontare l'emergenza si avvalgono di personale di ruolo delle pubbliche amministrazioni ovvero, in caso di particolari necessità e con riferimento al periodo strettamente necessario, di personale utilizzato con contratto di somministrazione di lavoro.

  3. Al fine di disporre delle dotazioni necessarie ad affrontare le eventuali emergenze, il Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, di seguito denominato «Dipartimento», adotta atti di programmazione annuale e, sulla base degli stessi, conclude accordi quadro ai sensi dell'articolo 59 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni.

  4. Al fine di soddisfare le specifiche esigenze del Dipartimento, la società Concessionaria servizi informativi pubblici (CONSIP Spa), d'intesa con il medesimo Dipartimento, predispone un'apposita area del Mercato elettronico della pubblica amministrazione (MEPA).

  5. Il ricorso al MEPA da parte del Dipartimento è strumentale all'acquisizione di beni e di servizi non ricompresi negli accordi quadro stipulati ai sensi del comma 3.

10. 027. Giovanelli, Andrea Orlando, Ferranti.

 

  Dopo l'articolo 10, aggiungere il seguente:

  Art. 10-bis. – 1. L'articolo 76 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è sostituito dal seguente:

  «Art. 76. – (Istituzione dell'anagrafe telematica degli amministratori e degli eletti a cariche pubbliche locali). – 1. È istituita l'anagrafe telematica degli amministratori e degli eletti a cariche pubbliche locali.

  2. Avvenuta la proclamazione degli eletti, l'ufficio del Ministero dell'interno competente in materia elettorale raccoglie ed inserisce nell'anagrafe i dati di cui ai commi 6 e 7, nonché aggiorna i dati medesimi anche in corso di mandato.

  3. Per gli amministratori degli enti locali che non sono membri delle Assemblee elettive, i dati di cui ai commi 6 e 7 sono indicati dalle Assemblee medesime.

  4. Al fine di assicurare la massima trasparenza, chiunque ha il diritto di prendere visione dei dati contenuti nell'anagrafe.

  5. L'anagrafe è pubblicata ed aggiornata a cura del Ministero dell'interno sotto forma di sito internet, con dominio .pro no e facilmente accessibile.

  6. Nel sito internet di cui al comma 5 devono essere disponibili, per ciascun amministratore e per ciascun eletto a cariche pubbliche locali, i seguenti dati:

   a) il nome, il cognome, il luogo o la data di nascita;

   b) il numero di codice fiscale e gli incarichi elettivi ricoperti nel tempo;

   c) la lista o il gruppo di appartenenza o di collegamento;

   d) il titolo di studio o la professione esercitata;

   e) la retribuzione netta lorda, le indennità, i rimborsi e i gettoni di presenza percepiti a qualsiasi titolo dall'ente di appartenenza;

   f) la dichiarazione dei redditi e degli interessi finanziari relativi all'anno precedente l'assunzione dell'incarico e agli anni in cui l'eletto ricopre l'incarico medesimo;

   g) la dichiarazione dei finanziamenti, delle donazioni o di qualsiasi altra elargizione o atto di liberalità;

   h) la dichiarazione delle spese per lo svolgimento dell'incarico, con particolare riferimento a quelle per le consulenze, e comprensiva delle spese per lo staff, per l'ufficio, per i viaggi sia dell'eletto che dello staff, nonché delle spese telefoniche e di quelle relative alla dotazione informatica;

   i) gli atti presentati con il relativo iter;

   l) le presenze ai lavori dell'istituzione e, ove possibile ai sensi dei regolamenti delle rispettive assemblee o organi collegiali, i voti espressi sugli atti adottati dalla stessa.

 

  7. Per ogni società controllata dal comune vengono inserite nel sito internet di cui al comma 5 la ragione sociale, i dati essenziali di bilancio, i nominativi dei consiglieri di amministrazione ed i relativi emolumenti.

  8. Con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata, sono stabiliti i tempi e le modalità per l'attuazione delle disposizioni del presente articolo, al fine di consentire la realizzazione degli adempimenti ivi previsti nell'ambito delle risorse umane finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

  9. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

10. 012. Giovanelli, Fontanelli.

 

  Dopo l'articolo 10, aggiungere il seguente:

  Art. 10-bis. – (Delega al Governo in materia di economicità e trasparenza nell'esecuzione delle opere pubbliche). – 1. Il Governo è delegato ad adottare, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo recante disposizioni volte ad accrescere l'efficienza, l'economicità e la trasparenza delle procedure di realizzazione delle opere pubbliche nonché l'efficacia delle procedure di controllo per il contrasto della corruzione in tale settore, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi stabiliti al comma 3.

  2. Lo schema del decreto legislativo di cui al comma 1 è trasmesso alle Camere per l'espressione del parere delle competenti Commissioni parlamentari, che si pronunziano entro sessanta giorni dalla data di trasmissione. Decorso tale termine, il decreto può essere comunque adottato. Qualora il termine per l'espressione del parere parlamentare scada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine previsto dal comma 1 o successivamente, quest'ultimo è prorogato di novanta giorni.

  3. Il decreto legislativo di cui al comma 1 è adottato nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:

   a) attribuzione al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, salve le competenze ad esso spettanti in materia di reti infrastrutturali d'interesse nazionale, di funzioni di vigilanza e di controllo sulla realizzazione delle infrastrutture e delle opere pubbliche di valore superiore all'importo previsto dall'articolo 28, comma 1, lettera c), del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, mediante:

    1) l'obbligo, a carico dell'amministrazione procedente, di trasmettere al Ministero la documentazione necessaria per il controllo dell'idoneità della progettazione, dell'adeguatezza delle previsioni di spesa, della correttezza delle procedure di svolgimento delle gare per la loro esecuzione e delle fasi della loro realizzazione e collaudo, fermi restando i controlli di legittimità e contabili previsti dall'ordinamento;

    2) l'attribuzione al Ministero della facoltà di chiedere l'integrazione della documentazione trasmessa e di formulare rilievi motivati;

    3) l'attribuzione al Ministero del potere di eseguire verifiche e accertamenti, anche nel corso dell'esecuzione dell'opera ed entro un anno dalla data del suo collaudo, avvalendosi, ove necessario, del concorso di altre amministrazioni, compreso il Corpo della guardia di finanza;

   b) predisposizione di metodi e strumenti per la comparazione dei costi delle opere pubbliche di cui alla lettera a), articolati in forme sintetiche secondo le diverse tipologie di opere e analiticamente per le diverse categorie di costi di realizzazione, nonché su base territoriale;

   c) predisposizione di un sistema di controllo della durata delle opere pubbliche di cui alla lettera a), mediante la trasmissione al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti delle informazioni concernenti la loro utilizzazione, il loro stato, gli interventi di manutenzione straordinaria eseguiti, la demolizione o il rifacimento integrale delle medesime;

   d) previsione della rotazione nella titolarità degli uffici dirigenziali dell'amministrazione centrale e periferica delle infrastrutture e dei trasporti, attinenti alla programmazione e alla realizzazione delle opere pubbliche, all'affidamento degli appalti e allo svolgimento delle gare, con una durata massima non superiore a un quadriennio, non immediatamente rinnovabile, per la permanenza nel medesimo incarico o sede.

 

  4. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al comma 1, con la procedura e nel rispetto dei medesimi principi e criteri direttivi stabiliti dal presente articolo, il Governo può adottare disposizioni integrative e correttive delle disposizioni del medesimo decreto legislativo.

  5. Con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono adottate le modificazioni al regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 dicembre 2008, n. 211, in materia di organizzazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, conseguenti all'attuazione delle disposizioni emanate ai sensi del presente articolo.

10. 06. Giovanelli, Andrea Orlando, Ferranti.

 

  Dopo l'articolo 10, aggiungere il seguente:

  Art. 10-bis. – (Regime delle incompatibilità per i dirigenti pubblici). – 1. Al di fuori dei casi espressamente individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, i dirigenti delle pubbliche amministrazioni non possono ricoprire altri incarichi di natura gestionale, ovvero svolgere funzioni di revisione, di controllo o di consulenza se non in rappresentanza dell'amministrazione di appartenenza.

  2. Il conferimento degli incarichi ammessi ai sensi del comma 1 avviene tenendo conto:

   a) dell'esperienza professionale già maturata;

   b) dei risultati conseguiti rispetto ai programmi e agli obiettivi già assegnati;

   c) del principio di rotazione.

 

  3. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri sono individuate le sanzioni disciplinari da irrogare in caso di violazione di quanto previsto dal presente articolo.

10. 09. Giovanelli, Andrea Orlando, Ferranti.

 

  Dopo l'articolo 10, aggiungere il seguente:

  Art. 10-bis. – (Arbitrati relativi alle pubbliche amministrazioni). – 1. La nomina degli arbitri per la risoluzione di controversie nelle quali è parte una pubblica amministrazione avviene nel rispetto dei princìpi di pubblicità e di rotazione e secondo le modalità previste dai commi 2 e 3.

  2. Qualora la controversia si svolga tra due pubbliche amministrazioni, gli arbitri sono individuati esclusivamente tra dirigenti dello Stato. Qualora la controversia abbia luogo tra una pubblica amministrazione e un privato, l'arbitro individuato dalla pubblica amministrazione è scelto tra dirigenti dello Stato.

  3. Gli incarichi conferiti ai sensi del comma 2 sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale e nel sito internet istituzionale dell'amministrazione di appartenenza.

10. 07. Giovanelli, Andrea Orlando, Ferranti.

 

  Dopo l'articolo 10, aggiungere il seguente:

  Art. 10-bis. – (Avocazione allo Stato dei profitti politici illegittimi). – 1. Sono avocati allo Stato, quali profitti politici illegittimi, gli incrementi patrimoniali non giustificati dalla normale attività parlamentare, amministrativa o professionale, conseguiti a decorrere dal 1o gennaio 2006 da chi ha ricoperto dopo tale data una delle seguenti cariche:

   a) ministro o sottosegretario di Stato;

   b) senatore o deputato della Repubblica;

   c) sindaco di una città capoluogo di provincia o presidente del consiglio provinciale o regionale o presidente della giunta provinciale o regionale;

   d) assessore nelle amministrazioni dei comuni capoluoghi di provincia o nelle amministrazioni provinciali o regionali;

   e) presidente, commissario o direttore generale di enti pubblici statali o parastatali o di enti pubblici economici, e in genere, chiunque abbia conseguito profitti illeciti valendosi della carica politico-amministrativa rivestita.

 

  2. I soggetti nei confronti dei quali si procede per avocazione allo Stato di profitti politici illegittimi possono offrire la prova della legittima provenienza degli incrementi patrimoniali eccedenti la misura della loro normale attività parlamentare, amministrativa o professionale di cui al comma 1.

  3. Ai fini della determinazione della normalità degli incrementi patrimoniali si deve tener conto dell'entità dell'attività svolta, della situazione patrimoniale e familiare alla data dell'accertamento rapportata alla situazione che i soggetti stessi avevano alla data del 1o gennaio 2006, ai sensi di quanto disposto dal comma 1, nonché della natura e delle dimensioni dell'impresa o della società, del lavoro svolto e dei capitali investiti.

  4. A carico dei soggetti indicati al comma 1, lettere a), b) e c), si procede d'ufficio.

  5. I soggetti sottoposti all'accertamento sono invitati a depositare presso la sezione specializzata del Tribunale del circondario presso cui hanno la residenza, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, la descrizione dettagliata del proprio patrimonio, corredata dai relativi atti, titoli o documenti, e comprendente:

   a) i beni da loro posseduti alla data del 1o gennaio 2006 e quelli posseduti alla data di inizio dell'attività parlamentare amministrativa o professionale di cui al comma 1;

   b) i beni che nel corso del periodo successivo alla data di inizio dell'attività parlamentare amministrativa o professionale di cui al comma 1 sono stati acquistati o comunque ricevuti, specificando, per ciascuno di tali beni, la rispettiva provenienza e l'eventuale trasferimento a terzi sia a titolo gratuito che a titolo oneroso.

 

  6. Per l'accertamento degli incrementi patrimoniali che interessano i soggetti indicati al comma 1, lettere d) ed e), si procede su richiesta motivata e firmata anche di privati cittadini, inviata al presidente della sezione specializzata del tribunale competente a decidere.

10. 01. Barbaro, Bocchino, Briguglio, Consolo, Giorgio Conte, Della Vedova, Di Biagio, Divella, Galli, Granata, Lamorte, Lo Presti, Menia, Moroni, Muro, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Toto.

 

A.C. 4434-A – Articolo 11

 

ARTICOLO 11 DEL DISEGNO DI LEGGE N. 4434 NEL TESTO DELLE COMMISSIONI

 

Art. 11.

(Modifica all'articolo 59 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267).

 

  1. All'articolo 59, comma 1, lettera c), del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, dopo le parole: «misure coercitive di cui agli articoli 284, 285 e 286 del codice di procedura penale» sono inserite le seguenti: «nonché di cui all'articolo 283, comma 1, del codice di procedura penale, quando il divieto di dimora riguarda la sede dove si svolge il mandato elettorale».

 


 

 

RESOCONTO

SOMMARIO e STENOGRAFICO

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645.

 

Seduta di MERCOLedì6 GIUGNo 2012

 

presidenza del vicepresidente ANTONIO LEONE

 

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE


La seduta comincia alle 10.

 

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

 

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 16,07).

 

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Desidero informare i colleghi che è in visita alla Camera una delegazione della Commissione per i diritti umani e gli aiuti umanitari del Bundestag, Commissione guidata dall'onorevole Ute Granold.

Saluto tale delegazione, che sta assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).

 

Sull'ordine dei lavori (ore 16,08).

 

GIANCARLO GIORGETTI, Presidente della V Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANCARLO GIORGETTI, Presidente della V Commissione. Signor Presidente, intervengo per informarla che alla Commissione bilancio è giunto un nuovo emendamento, con i relativi subemendamenti, da parte delle Commissioni incaricate di seguire il disegno di legge n. 4434-A.Purtroppo, la Commissione non ha potuto esprimere il proprio parere per l'assenza del Governo. La informo di questo onde garantire la possibilità - se è presente il Governo - di esprimere il parere e permettere all'economia dei nostri lavori di procedere ulteriormente alla scadenza del termine di preavviso.

PRESIDENTE. Signor Ministro? Ha ascoltato l'intervento del presidente Giorgetti? Può assicurare la presenza del Governo?

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, chiedo di parlare per richiamo al Regolamento.

PRESIDENTE. Un attimo, onorevole Quartiani. Ho dato la parola al Ministro. Attenda che parli il Ministro ed avrà la parola.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, volevo parlare prima del Ministro.

PRESIDENTE. Onorevole Quartiani, ho dato la parola al Ministro. Successivamente darò la parola a lei.

DINO PIERO GIARDA, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, sono presente e mi dichiaro disponibile a fare quanto necessario per la prosecuzione dei lavori.

PRESIDENTE. Onorevole Quartiani, ha facoltà di parlare.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, come si poteva intuire, si è chiesto al Ministro per i rapporti con il Parlamento, che è stato impegnato fino a poco fa nel question time, di rispondere relativamente a questioni che attengono al comportamento di altri Ministri che stanno seguendo da settimane, da giorni e probabilmente qualcuno solo da qualche ora un provvedimento che, in realtà,è oggetto di un continuo rinvio.

Ovviamente la Commissione bilancio ed il presidente Giorgetti hanno chiesto il tempo necessario per valutare tutti gli emendamenti che eventualmente vengano licenziati relativamente a quelli che sono stati accantonati e per gli emendamenti che vengano riscritti o riformulati. Solo adesso è entrato il presidente Bruno; se uno dei presidenti o dei relatori delle due Commissioni ci ragguagliasse sulla situazione, forse potremmo capire se ragionevolmente i nostri lavori oggi possono proseguire con una certa celerità nell'esame del provvedimento, magari razionalizzando per tempi e per tappe le esigenze che sono state manifestate dalla Commissione bilancio e che verranno eventualmente manifestate anche dalle Commissioni di merito.

Altrimenti qui non si inizia neanche a discutere e a votare su uno degli emendamenti o degli articoli che sono stati accantonati, mentre in realtà credo che ci siano già le condizioni per discernere.

Ciò che è stato accantonato può essere subito votato dal momento che non ha bisogno di un parere della Commissione bilancio, perché non vi sono riformulazioni oppure perché il presentatore chiede di votare il testo così come è stato presentato.

Faccio un'ipotesi, ma vorremmo capire e vorremmo riaprire la discussione su quei punti in modo tale che, eventualmente, ulteriori accantonamenti relativi a riformulazione di emendamenti o a proposte di revisione di interi articoli vengano valutati dalla Commissione bilancio; vi sono poi anche altri articoli, signor Presidente, che ieri non sono stati presi in considerazione e sui quali il Governo deve esprimere probabilmente il parere, lo deve fare anche in quest'Aula e non necessariamente in Commissione, come è già stato chiarito ieri. Lo faccia, perché non è possibile non proseguire sugli articoli che riguardano le questioni più prettamente di carattere penale, lo si deve fare e ci si deve esprimere, diversamente bisognerà capire se c'è la volontà, non solo a questo punto dell'Aula complessivamente ma anche dell'Esecutivo, di andare avanti e di collaborare con il Parlamento per portare a compimento una norma importante che riguarda naturalmente una questione assai rilevante, la lotta contro la corruzione nella pubblica amministrazione.

PRESIDENTE. Al di là delle valutazioni meramente politiche che ovviamente il Presidente non può in alcun modo in questa sede né condividere né contestare, quando il presidente Giorgetti ha chiesto alla Presidenza di garantire che il Governo fosse presente onde rendere possibile il lavoro della Commissione bilancio, il Presidente non poteva fare altro che chiedere al Ministro Giarda, unico rappresentante del Governo presente in Aula, di garantire questa presenza e il Ministro Giarda, come avete sentito, l'ha garantita. Nulla toglie ovviamente a quanto lei ricordava circa il fatto che il provvedimento è seguito nel merito da altri rappresentanti del Governo, così come quanto l'onorevole Quartiani ha posto alla mia e alla vostra attenzione ha un suo oggettivo fondamento; chiederei al presidente Bruno se è in grado di assicurare all'Aula che possiamo iniziare i lavori o se, al contrario, si rende necessario un ulteriore approfondimento.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, parlo anche a nome del presidente Bongiorno. Noi abbiamo lavorato sia questa mattina che nel lasso di tempo prima di venire in Aula; purtroppo i problemi che abbiamo accantonato con il tempo non è che si vanno risolvendo, a volte si vanno aggravando, questo è il quadro della situazione. Noi credevamo che oggi avremmo potuto discutere e votare dagli emendamenti all'articolo 2 che avevamo accantonato fino a quelli all'articolo 11 incluso e credo che su questo percorso ci siamo trovati solo che, per quanto riguarda l'articolo 2, questa mattina è stato presentato un emendamento da parte delle Commissioni ed è stato dato un termine per i subemendamenti che è scaduto alle ore 15,25, per cui abbiamo preso contezza dei subemendamenti - che sono circa quindici - solo alle 15,40. I relatori hanno valutato, il Governo pure e ha espresso i pareri nel momento in cui lei dava inizio alla seduta. Quindi ci siamo precipitati - e mi sembra giusto che siamo qui - per votare l'articolo 2 perché su questo, ferme restando le competenze della V Commissione, la I e la II sono pronte ad esprimere i pareri ed eventualmente per votare.

È sopraggiunto un altro motivo in merito all'articolo 10, in quanto i gruppi si sono incontrati in via informale e alle ore 15,50 hanno consegnato un testo alle relatrici che lo stanno valutando, quindi io chiederò - lo anticipo sin d'ora - quando arriveremo alla votazione dell'articolo 10 nella parte che interessa quell'emendamento, una sospensione anche di un quarto d'ora o mezz'ora - poi lo valuteranno i gruppi e lei, signor Presidente - affinché noi ci possiamo riunire presso la sala dei Ministri per esprimere il parere eventualmente o sull'accoglimento o sul diniego di questo emendamento che mi sembra possa trovare la convergenza da parte - io mi auguro - di tutti i gruppi o della maggioranza dei gruppi.

Questo è quanto credo sia doveroso dire all'Aula.

PRESIDENTE. Sta bene, possiamo procedere.

 

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 2156 - Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione (Approvato dal Senato) (A.C. 4434-A); e delle abbinate proposte di legge: Di Pietro ed altri; Ferranti ed altri; Giovanelli ed altri; Torrisi ed altri; Garavini; Ferranti ed altri (A.C. 3380-3850-4382-4501-4516-4906) (ore 16,15).

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione e delle abbinate proposte di legge di iniziativa dei deputati di Pietro ed altri; Ferranti ed altri; Giovanelli ed altri; Torrisi ed altri; Garavini; Ferranti ed altri.

Ricordo che nella seduta di ieri è stato da ultimo approvato l'articolo 11 e sono rimasti accantonati: l'emendamento Di Pietro 2.280, la votazione dell'articolo 2, l'articolo aggiuntivo del Governo 4.0600 (Ulteriore nuova formulazione) unitamente ai subemendamenti Favia 0.4.0600.3 e Vassallo 0.4.0600.2, gli articoli aggiuntivi Mantovano 4.0250, 4.0252 e 4.0253, gli identici emendamenti Vitali 6.1, Barbaro 6.252 e Rao 6.253, l'emendamento Melchiorre 6.251, la votazione dell'articolo 6, l'emendamento Ferranti 7.251, la votazione dell'articolo 7, tutti gli emendamenti riferiti all'articolo 10, la votazione dell'articolo 10, gli articoli aggiuntivi all'articolo 10.

Se ho ben compreso, su tutti questi punti accantonati possiamo iniziare i lavori dell'Assemblea, perché non ci sono questioni poste dalla I e dalla II Commissione.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, salvo l'articolo 10. Visto che mi ha ridato la parola, le devo dire che, d'intesa con il Ministro della giustizia - è bene che l'Aula ne abbia contezza - domani mattina ci riuniremo, probabilmente molto presto, perché domani mattina il Ministro sarà in condizione di sciogliere quella che fino ad oggi era una riserva circa i pareri da dare agli emendamenti all'articolo 12 e all'articolo 13, che poi concludono il provvedimento. Noi ci auguriamo che domani mattina, in un'ora o un'ora e mezza, le Commissioni riunite nel Comitato dei diciotto possano, insieme al Ministro competente, dare in via definitiva i pareri per l'Assemblea.

PRESIDENTE. Questo accadrà auspicabilmente domani, però nella giornata di oggi possiamo procedere all'esame di tutto ciò che è stato accantonato ieri, fermandoci alla votazione dell'articolo 7, perché sull'articolo 10 non siamo ancora in grado. A questo punto, però, prima di procedere sull'emendamento Di Pietro 2.280 e soprattutto alla votazione dell'articolo 2, il presidente della V Commissione, Giancarlo Giorgetti, ci ha appena rappresentato la situazione.

GIANCARLO GIORGETTI, Presidente della V Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIANCARLO GIORGETTI, Presidente della V Commissione. Signor Presidente, la Commissione bilancio è già convocata e credo che, nell'ambito dei venti minuti, se il Governo assicura la presenza, possiamo lavorare.

PRESIDENTE. Sono le 16,20. Per iniziare con l'esame dell'articolo 2, dobbiamo acquisire il parere della Commissione bilancio. Sono sufficienti venti minuti?

GIANCARLO GIORGETTI, Presidente della V Commissione. Ritengo di sì.

PIERGUIDO VANALLI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIERGUIDO VANALLI. Signor Presidente, intervengo in merito all'ordine dei lavori ed a quanto ha appena detto il presidente Bruno, che non per niente è presidente della I Commissione ed è riuscito ad argomentare bene quello che, però, in realtà non è successo ieri. Il Ministro Severino ieri in Commissione ci ha detto che era in grado di darci i pareri, però riteneva che sarebbe stato meglio se li avesse dati in Aula. Però, già ieri sarebbe stata in grado di darli, se noi avessimo insistito. Quindi, il fatto che il Ministro Severino continui a posticipare il momento in cui ci darà i pareri dimostra quello che già abbiamo sollevato ieri, cioè l'intenzione dilatoria del Governo. Il Ministro si era detta disponibile a dare i pareri questa sera, se i lavori lo avessero consentito. Di fatto non lo consentiranno, perché finiremo chissà quando. Quindi, l'obiettivo è stato raggiunto. Al collega Quartiani dico che non esiste qualcun altro che sta tirando i lavori per le lunghe. Qui c'è una maggioranza composta da PD e PdL e tutte le volte che ci riuniamo in Commissione c'è qualcuno del PD o del PdL che presenta modifiche, emendamenti e subemendamenti. Quindi, la stanno tirando per le lunghe loro. Se non dicono niente a Quartiani, è un problema suo. Se venisse alle nostre riunioni, saprebbe chi sta allungando i tempi del provvedimento. Non è sicuramente la Lega, ma sono il PD, il PdL e il Governo, che dà una buona mano.

PRESIDENTE. Allora a questo punto sospendo la seduta fino alle ore 16,40, per consentire alla Commissione bilancio di esprimere il parere sull'articolo 2. Avverto che la seduta riprenderà con immediate votazioni.

La seduta, sospesa alle 16,20, è ripresa alle 16,40.

PRESIDENTE. Avverto che le Commissioni hanno presentato l'emendamento 2.700 e il subemendamento 0.2.700.100, che sono in distribuzione, unitamente ai relativi subemendamenti.

Con riferimento a tali proposte emendative, la Commissione bilancio ha espresso il prescritto parere, che è in distribuzione (Vedi l'allegato A - A.C. 4434-A).

Avverto che il gruppo dell'Unione di Centro ha esaurito i tempi previsti dal contingentamento. La Presidenza, come già fatto in precedenti analoghe circostanze, concederà a tale gruppo un aumento dei tempi pari ad un terzo di quello originariamente concesso.

(Ripresa esame dell'articolo 2 - A.C. 4434-A)

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo 2 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 4434-A).

Invito il relatore ad esprimere il parere delle Commissioni.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, con riferimento ai subemendamenti relativi all'emendamento 2.700 delle Commissioni, le Commissioni esprimono parere contrario sui subemendamenti Vanalli 0.2.700.10 e Sisto 0.2.700.1, esprimono parere favorevole sui subemendamenti Contento 0.2.700.2 e Vanalli 0.2.700.11, raccomandano l'approvazione del proprio subemendamento 0.2.700.100, esprimono parere contrario sul subemendamento Contento 0.2.700.3, esprimono parere favorevole sul subemendamento Sisto 0.2.700.4, esprimono parere contrario sui subemendamenti Vanalli 0.2.700.14 e 0.2.700.13 e Sisto 0.2.700.5, esprimono parere favorevole sul subemendamento Sisto 0.2.700.6, esprimono parere contrario sul subemendamento Sisto 0.2.700.7, esprimono parere favorevole sul subemendamento Contento 0.2.700.8 ed esprimono parere contrario sui subemendamenti Vanalli 0.2.700.12 e Sisto 0.2.700.9.

Le Commissioni raccomandano l'approvazione del proprio emendamento 2.700.

PRESIDENTE. Qual è il parere del Governo?

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore su tutti i subemendamenti. Come già preannunziato, invece, sugli emendamenti il Governo si rimette all'Assemblea.

PRESIDENTE. Qual è, infine, il parere delle Commissioni sull'emendamento Di Pietro 2.280?

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere contrario, dell'emendamento Di Pietro 2.280, perché, sostanzialmente, è sostituito dall'emendamento 2.700 delle Commissioni.

PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento Di Pietro 2.280.

Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'emendamento Di Pietro 2.280, formulato dal relatore.

ANTONIO DI PIETRO. No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, se stiamo parlando dell'emendamento 2.280 a mia prima firma, non possiamo accedere all'invito al ritiro, anzi, invitiamo l'Assemblea a riflettere ancora un po' su questa questione. Il tema che proponiamo è di dare una soluzione definitiva e finale ai cosiddetti arbitrati.

L'arbitrato, voi mi insegnate, è quel giudizio che viene svolto da privati al posto dell'autorità giudiziaria vera e propria. Ebbene, quando viene fuori una controversia tra una pubblica amministrazione e un privato o tra due pubbliche amministrazioni o fra una pubblica amministrazione e una società a partecipazione pubblica o, comunque, quando abbiamo a che fare con controversie dove il denaro è di provenienza pubblica e riguarda opere o forniture finanziate con denaro pubblico, perché mai la pubblica amministrazione non si deve avvalere dell'autorità giudiziaria ordinaria e deve ricorrere a degli arbitri privati?

Per definizione, il giudice non può che essere quell'organismo che è disposto dalle leggi e dallo Stato secondo la Costituzione italiana.

Il ricorso a dei giudici privati, attraverso l'arbitrato, se avviene fra privati è un accordo tra questi, ma non si capisce la ragione per cui si dovrebbe, invece, affidare questo giudizio a dei privati.

Peraltro, l'esperienza dimostra che, nell'arbitrato, guarda caso, nel 95 per cento perde la pubblica amministrazione. Guarda caso, l'arbitrato vede sempre soccombente la pubblica amministrazione. Soprattutto, questo è stato una delle fonti di maggiore inquinamento del risultato del giudizio. Lo dico qui, in quest'Aula, a ragion veduta perché ho visto centinaia e centinaia di fascicoli processuali in cui, attraverso l'istituto dell'arbitrato, si è fatto passare per lecito ciò che lecito non era, si è fatto passare per corretto ciò che corretto non era, proprio perché non abbiamo la certezza dell'indipendenza del giudice che deve giudicare.

Torno a ripetere che nel giudizio ordinario i giudici sono totalmente terzi e indipendenti rispetto alle parti, mentre nell'arbitrato sono le parti che scelgono il nuovo giudice, salvo poi il fatto che i giudici, scelti dalle parti, scelgono il loro presidente. Comunque, si tratta sempre di un affare privato che, guarda caso, gira sempre intorno agli stessi soggetti che ormai di mestiere fanno gli arbitri che si ritrovano, una volta da una parte, una volta dall'altra, a fare gli interessi dell'uno o gli interessi dell'altro.

Diciamo francamente - in quest'Aula si può dire - che vi è una lobby degli arbitri su cui, una volta per tutte, bisogna chiedere trasparenza perché questo è il problema dei problemi. Il tema che noi solleviamo - e mi fermo qui perchéè un tema che già hanno affrontato in tanti - è quello dell'impossibilità di ricorrere agli arbitrati quando si ha a che fare con un contenzioso in cui la pubblica amministrazione è parte o in cui il denaro è pubblico.

Poniamo questo tema all'attenzione della Camera affinché vi rifletta. Decida come ritiene opportuno, ma noi del gruppo Italia dei Valori riteniamo che vi sia una responsabilità da assumersi in un momento così cruciale per la lotta alla corruzione, e ve la dovete assumere (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!

PRESIDENTE. Prendo atto che l'onorevole Di Pietro non ritira il suo emendamento 2.280.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, mi scusi, intervengo per un chiarimento.

Considerato qual è il carico del giudiziario, noi abbiamo una raccomandazione dall'Europa di tentare il più possibile di risolvere le cause in sede stragiudiziale.

Per quanto riguarda, nello specifico, l'arbitrato, vi sono delle specifiche direttive europee che determinano esattamente questo istituto. Ciò nonostante, proprio per salvare l'istituto, ma per evitarne un uso improprio, l'abuso, oppure un uso a fini di corruttela, l'emendamento formulato dalla Commissione prevede di «circoscrivere», lo dico tra virgolette, la possibilità di ricorrere all'arbitrato con un'autorizzazione motivata. Per quanto riguarda le pubbliche amministrazioni, esse possono essere difese da pubblici dipendenti. Si prevede, inoltre, una disciplina, a nostro parere esaustiva, al fine di salvaguardare uno strumento utilissimo, ma evitarne l'abuso.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lo Moro. Ne ha facoltà.

DORIS LO MORO. Signor Presidente, faccio notare che l'emendamento in discussione, che ha come primo firmatario l'onorevole Di Pietro, era stato presentato dal gruppo del Partito Democratico e che l'Italia dei Valori ha fatto proprio dopo la nostra scelta, politica, più che tecnica, di ritirarlo per favorire una discussione all'interno del Comitato dei diciotto, anche perché vi era un'altra nostra proposta emendativa su cui abbiamo aperto e continuato la discussione, tant'è che oggi vi è un emendamento della Commissione che non dà la stessa risposta, ma che dà comunque una risposta importante rispetto alle cautele che ci muovevano nel presentare l'emendamento in esame.

In realtà, con l'emendamento in esame, che originariamente aveva come primo firmatario l'onorevole Mariani e che oggi, invece, è l'emendamento Di Pietro 2.280, si fa divieto di arbitrato in una serie di casi che riguardano, comunque, le pubbliche amministrazioni.

C'era una preoccupazione nell'introdurre questo divieto, che per la verità più volte è stato introdotto; ci sono stati più tentativi - e chi è qui da più anni lo sa - e ci sono stati più casi, più leggi che lo hanno introdotto. Le preoccupazioni stanno tutte nell'uso che è stato fatto dell'arbitrato, che è diventato oramai una clausola di stile: non c'è contratto della pubblica amministrazione, non c'è appalto della pubblica amministrazione che non contiene una clausola arbitrale. Gli abusi che ne sono stati fatti, i risultati che sono stati conseguiti e soprattutto le indagini giudiziarie sulle famose «cricche» hanno molto a che fare con tutto questo.

Ebbene noi oggi ci asteniamo su questo emendamento, perché sosteniamo un emendamento delle Commissioni, di cui discuteremo più tardi, che, a parere nostro, mette dei paletti importanti, in quanto - lo dico in questa fase - stabilisce innanzitutto il principio che per introdurre in un appalto e per ricorrere all'arbitrato in qualsiasi circostanza - quando l'appalto riguarda non solo la pubblica amministrazione, ma anche una società partecipata e, quindi, per così dire, anche amministrazioni in senso più lato - è necessaria un'autorizzazione dell'organo politico, che rappresenta l'amministrazione, o dell'organo di rappresentanza di una società pubblica e quant'altro.

Noi riteniamo che, responsabilizzando in questa maniera la pubblica amministrazione ed affini, società pubbliche ed enti pubblici in generale, otterremo lo stesso risultato o, comunque, otterremo un risultato che allo stato ci sembra soddisfacente (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)

PRESIDENTE. Il parere del Governo è conforme a quello del relatore?

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. No, signor Presidente, come dicevo prima, il Governo si rimette all'Assemblea.

PRESIDENTE. Passiamo, dunque, ai voti.

Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Di Pietro 2,280, non accettato dalle Commissioni e sul quale il Governo si è rimesso all'Assemblea.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Prego i colleghi di affrettarsi... Onorevole Formisano... L'onorevole Franceschini ha votato... L'onorevole Fitto ha votato? L'onorevole Ravetto ha votato...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 509

Votanti 315

Astenuti 194

Maggioranza 158

Hanno votato32

Hanno votato no 283).

Prendo atto che il deputato Gianni Farina ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario e che i deputati Oliverio e Cesare Marini hanno segnalato che avrebbero voluto astenersi.

Passiamo al subemendamento Vanalli 0.2.700.10.

Prendo atto che i presentatori ritirano il subemendamento Vanalli 0.2.700.10.

Passiamo al subemendamento Sisto 0.2.700.1.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Signor Presidente, questo subemendamento che può sembrare specifico nella sua discrezione - in quanto la proposta è quella di sostituire le parole: «sono nulli», con le seguenti: «sono inefficaci» - non ha soltanto una dimensione lessicale. È evidente che la nullitàè una categoria giuridica che, se avesse carattere di essenzialità, potrebbe addirittura coinvolgere e colpire l'intero negozio, ovvero l'intero atto. L'inefficacia, invece, riguarda gli effetti di quella clausola e, quindi, come tale è capace di limitare semplicemente al perimetro della ritenuta inefficacia gli effetti della patologia.

Che cosa voglio dire? Si corre il rischio, a ritenere quelle clausole soltanto nulle, che questa nullità, a seconda di come il bando può essere articolato, abbia un carattere di essenzialità e possa, quindi, consentire l'apertura alla nullità dell'intero negozio giuridico, che è un effetto che noi dobbiamo assolutamente evitare.

Non può essere la mancanza o la presenza dell'arbitrato ad inficiare e a consentire l'attacco del negozio giuridico della pubblica amministrazione. È notorio che, mentre la nullità afferisce alla validità del negozio giuridico, l'inefficacia consente invece di limitare gli effetti alla sola paralisi della sua capacità di efficacia.

Allora, se questa è la differenza, a me sembra che, se vogliamo fare gli interessi (come effettivamente vogliamo) delle pubbliche amministrazioni, dobbiamo ritenere che l'espressione «nullità» sia una espressione equivoca perchéè capace, se non ben ponderata, di inficiare l'intera manifestazione di volontà della pubblica amministrazione, mentre quella di «inefficacia» sia perfettamente capace di chiudere e di strozzare le clausole nella incapacità di produrre solo l'effetto dell'arbitrato. Concludo, Presidente, noi vogliamo dei negozi validi; se mancano le condizioni per un arbitrato valido che sia soltanto l'arbitrato ad essere inefficace ma che il negozio rimanga valido.

A me sembra che da questo punto di vista la correzione tecnica non sia soltanto un sofisma giuridico.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Sisto 0.2.700.1, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevole Zeller...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 516

Votanti 509

Astenuti 7

Maggioranza 255

Hanno votato75

Hanno votato no 434).

Prendo atto che il deputato Cesare Marini ha segnalato che avrebbe voluto astenersi.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Contento 0.2.700.2, accettato dalle Commissioni e dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevole Mondello... onorevole Cesaro...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 514

Votanti 507

Astenuti 7

Maggioranza 254

Hanno votato484

Hanno votato no 23).

Prendo atto che il deputato Cesare Marini ha segnalato che avrebbe voluto astenersi.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Vanalli 0.2.700.11, accettato dalle Commissioni e dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevole Galletti...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 517

Votanti 512

Astenuti 5

Maggioranza 257

Hanno votato494

Hanno votato no 18).

Prendo atto che il deputato Cesare Marini ha segnalato che avrebbe voluto astenersi.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento 0.2.700.100 delle Commissioni, accettato dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevole Speciale... onorevole Lussana...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 515

Votanti 513

Astenuti 2

Maggioranza 257

Hanno votato495

Hanno votato no 18).

Prendo atto che il deputato Pionati ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole e che il deputato Cesare Marini ha segnalato che avrebbe voluto astenersi.

Ricordo che i subemendamenti Contento 0.2.700.3 e Sisto 0.2.700.4 sono preclusi a seguito dell'approvazione del subemendamento 0.2.700.100 delle Commissioni.

Passiamo alla votazione del subemendamento Vanalli 0.2.700.14. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vanalli. Ne ha facoltà.

PIERGUIDO VANALLI. Signor Presidente, stiamo trattando dell'arbitrato e giàè stata sollevata una questione di principio, quella (quasi di fondo) per cui gli arbitrati - secondo alcuni - non dovrebbero proprio esistere. Di fatto invece stiamo mantenendo viva questa possibilità per quanto riguarda la risoluzione delle controversie tra pubbliche amministrazioni e privati, e stiamo cercando di renderla più attuale e comunque più praticabile.

Il comma 2-quinquies dell'articolo 2 dispone che, qualora le controversie si svolgano tra due pubbliche amministrazioni, gli arbitri di parte siano individuati esclusivamente tra dirigenti pubblici; però ci si dimentica una cosa: se, ammesso che accada, perché difficilmente ho visto un caso simile, ci fossero controversie tra due pubbliche amministrazioni è ipotizzabile che non sia il sindaco di un comune che sta litigando con il presidente della provincia o altro, ma che sia una struttura tecnica, per un motivo tecnico, a litigare con la struttura tecnica dell'altra parte. Quindi nominare arbitri altri tecnici dei due enti mi sembra un evidente controsenso.

Si sposta il litigio tra le strutture tecniche in un arbitrato tecnico e, quindi, credo che non si risolva assolutamente il problema. Il subemendamento che avevo proposto perlomeno cerca di spostare leggermente la questione ad amministrazioni terze rispetto alle due che stanno litigando. Che almeno siano tecnici esterni a queste due amministrazioni quelli che devono risolvere la controversia.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Vanalli 0.2.700.14, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 519

Votanti 513

Astenuti 6

Maggioranza 257

Hanno votato74

Hanno votato no 439).

Prendo atto che il deputato Pionati ha segnalato che non è riuscito ad esprimere il voto e che il deputato Cesare Marini ha segnalato che avrebbe voluto astenersi.

Prendo atto che i presentatori del subemendamento Vanalli 0.2.700.13 lo ritirano.

Passiamo alla votazione del subemendamento Sisto 0.2.700.5.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Signor Presidente, con questo subemendamento, sopprimendo semplicemente l'avverbio «preferibilmente», credo di poter rendere un servigio alla pubblica amministrazione e chiarisco. Questa norma così recita: «L'arbitro individuato dalla pubblica amministrazione è scelto preferibilmente tra i dirigenti pubblici». La nostra lingua e l'esperienza sono tali che ci consentono di comprendere come il «preferibilmente» significhi sostanzialmente aprire la stura alla possibilità di non scegliere i dirigenti pubblici come arbitri e, quindi, caricare ulteriormente, per quello che poi è previsto in questa stessa norma, la pubblica amministrazione.

Voglio chiarire: mentre per i dirigenti pubblici è possibile ed è doveroso stabilire un tetto di spesa per questo intervento, per coloro che non fossero dirigenti pubblici questo tetto non c'è. Mi chiedo questo «preferibilmente» a che cosa serva: o nella pubblica amministrazione non ci sono dirigenti pubblici - mi rifiuto di crederlo - capaci di gestire un arbitrato oppure il «preferibilmente»è semplicemente un'alternativa immotivata ad una spesa che non trova alcuna giustificazione per una pubblica amministrazione. Diverso è, ovviamente, per un privato che è libero di scegliersi l'arbitro che vuole.

In un momento come questo, non dare alla pubblica amministrazione l'obbligo di scegliersi come arbitro un dirigente pubblico significa legittimare una spesa del tutto immotivata. Chiedo, pertanto, che il termine «preferibilmente» sia eliminato e che la pubblica amministrazione, quando sceglie un arbitro, scelga un dirigente pubblico il cui pagamento, il cui prezzo, il cui onorario, la cui prestazione, siano calmierati da una delibera pubblica che consenta un indubbio risparmio allo Stato. Pertanto, chiedo che questo «preferibilmente» sia eliminato.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Pietro. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, pur ribadendo la nostra contrarietà all'istituto dell'arbitrato, nel momento in cui questo arbitrato come soluzione delle controversie in cui è parte la pubblica amministrazione è stato approvato da quest'Aula, noi riteniamo, non solo assurda questa previsione del comma 2-sexies, ma troviamo che le argomentazioni e la proposta del collega Sisto siano doppiamente da preferire a questa proposta che, invece, viene dalle Commissioni. Ciò per due ordini di motivi. Il primo: che senso ha inserire il termine «preferibilmente» e, nello stesso tempo, prevedere che la pubblica amministrazione non abbia possibilità di scegliere un dirigente pubblico potendosi rivolgere all'esterno? È apparentemente una dichiarazione di sconfitta. È, infatti, possibile che tra tutti i dirigenti della pubblica amministrazione non ce n'è uno in grado di fare l'arbitro terzo? Secondo motivo: la veritàè molto semplice, ossia che ci sarà sempre l'occasione per ricorrere all'eccezione. In ogni caso in cui si deve nominare un arbitro il soggetto che deve effettuare la nomina dirà che, in quel momento, dietro l'angolo, non ha trovato un dirigente della pubblica amministrazione, così da andarsi a scegliere uno terzo così come gli pare e piace con cui ha già deciso che cosa fare.

Per tale ragione chiedo di sottoscrivere il subemendamento Sisto 0.2.700.5 e, a nome del mio gruppo, lo sottoscrivo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vanalli. Ne ha facoltà.

PIERGUIDO VANALLI. Sì, signor Presidente, voteremo anche noi questo subemendamento Sisto 0.2.700.5 perché, quando in tutto l'articolo, si cerca di contenere il costo degli arbitrati, si cerca di andare verso la premialità delle capacità interne agli enti di risolvere le questioni. Sopprimere la parola «preferibilmente» e, quindi, obbligare a scegliere all'interno della pubblica amministrazione l'arbitro di parte, ci sembra andare incontro a questa volontà di contenere i costi e di agevolare l'arbitrato.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Sisto 0.2.700.5, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevole Gava... onorevole Lussana...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 522

Votanti 515

Astenuti 7

Maggioranza 258

Hanno votato128

Hanno votato no 387).

Prendo atto che il deputato Pionati ha segnalato che non è riuscito a votare, che il deputato Cesare Marini ha segnalato che avrebbe voluto astenersi e che la deputata Cosenza ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto contrario.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Sisto 0.2.700.6, accettato dalle Commissioni e dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevole Mistrello Destro, Onorevole Mondello...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 522

Votanti 517

Astenuti 5

Maggioranza 259

Hanno votato483

Hanno votato no 34).

Prendo atto che il deputato Pionati ha segnalato che non è riuscito a esprimere voto favorevole e che il deputato Cesare Marini ha segnalato che avrebbe voluto astenersi.

Passiamo alla votazione del subemendamento Sisto 0.2.700.7.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Signor Presidente, il subemendamento 0.2.700.7 ha uno scopo molto chiaro. L'arbitro di nomina pubblica, se dirigente pubblico, ha un costo prefissato e l'eventuale differenza tra il compenso del collegio arbitrale e quello stabilito dalla pubblica amministrazione deve essere devoluta all'ente di appartenenza. Sin qui nessun problema. Solo che l'introduzione di questa parola «altri» arbitri serve semplicemente a chiarire che le somme liquidate come compenso all'arbitro non devono essere devolute all'arbitro ma vanno devolute alla pubblica amministrazione che poi provvederà a retribuire il proprio arbitro dirigente pubblico. Sia ben chiaro che il compenso arbitrale è della pubblica amministrazione non dell'arbitro.

Quindi introdurre la parola «altri» arbitri significa che quell'anticipazione, il saldo del compenso per chi ha un minimo di conoscenza del funzionamento dei collegi arbitrali, non va devoluta direttamente all'arbitro ma versato alla pubblica amministrazione che dovrà dare all'arbitro il compenso pattuito e trattenere la differenza. Non è secondario perché questo evita complicazioni non soltanto contabili di restituzione e circolazione di denaro tra l'arbitro e la pubblica amministrazione, ma evita possibili fenomeni di distrazione anche occasionale di somme con tutto quello che può conseguire sulle complicazioni anche extracontabili di questo denaro. Pertanto anche la parola «altri» introdotta in questo contesto è motivo di ordinato svolgersi del procedimento e di nessun dubbio tra chi spetta il denaro e a chi spetti poi essere retribuito.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Sisto 0.2.700.7, non accettato dalla Commissione né dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 525

Votanti 515

Astenuti 10

Maggioranza 258

Hanno votato109

Hanno votato no 406).

Prendo atto che il deputato Cesare Marini ha segnalato che avrebbe voluto astenersi.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Contento 0.2.700.8, accettato dalle Commissioni e dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 518

Votanti 514

Astenuti 4

Maggioranza 258

Hanno votato503

Hanno votato no 11).

Prendo atto che il deputato Delfino ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole e che il deputato Cesare Marini ha segnalato che avrebbe voluto astenersi.

Passiamo alla votazione del subemendamento Vanalli 0.2.700.12.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vanalli. Ne ha facoltà.

PIERGUIDO VANALLI. Signor Presidente, questa proposta emendativa cerca di andare incontro sempre allo spirito con il quale questi arbitrati in qualche modo da una parte vengono osteggiati, perché sembra che siano la sede dove si svolge la maggior parte della corruzione della pubblica amministrazione e chi invece li vorrebbe più liberi di prima. Il testo del subemendamento stabilisce che la pubblica amministrazione stabilisce, a pena di nullità della nomina, l'importo massimo spettante al dirigente pubblico per l'attività arbitrale, cioè la persona che viene nominata arbitro dalla pubblica amministrazione, uno dei tre arbitri, quello della pubblica amministrazione, viene ricompensato con un'indennità stabilita dalla pubblica amministrazione stessa. Gli altri due arbitri, invece, nominati uno dalle parti e l'altro dai due arbitri prima nominati, vengono invece compensati, come normalmente avviene ora, con l'importo in percentuale rispetto per esempio all'entità della controversia. La differenza tra l'importo spettante agli arbitri nominati e l'importo massimo stabilito per i dirigenti è acquisita al bilancio della pubblica amministrazione, cioè la pubblica amministrazione incamera l'eventuale differenza tra quanto paga il proprio arbitro e quanto in teoria avrebbe potuto o dovuto prendere se fosse stato un arbitro nominato normalmente.

Il nostro subemendamento, invece, stabilisce quale potrebbe essere il tetto degli stipendi degli altri due arbitri, cioè che l'importo spettante agli arbitri nominati non può superare il doppio dell'importo spettante al dirigente pubblico. Siccome si parte dal concetto che gli arbitrati appunto sono sede e motivo di corruzione, se paghiamo poco, diciamo così, il nostro dipendente pubblico, però decidiamo noi quanto pagarlo e riteniamo che sia giusto, non vedo perché gli arbitri nominati da altri debbano ricevere un compenso che è sproporzionato rispetto a quello del dipendente pubblico. Già mi sembra che ricevere il doppio, per fare lo stesso lavoro, di quanto riceve il terzo arbitro, possa essere motivo di contentezza. Quindi, l'amministrazione comunale o l'amministrazione pubblica definisce il compenso del proprio arbitro e di conseguenza il compenso degli altri due arbitri viene al massimo portato al doppio di questo compenso. Questo è dovuto innanzitutto per contenere i costi della pubblica amministrazione, perché poi non è che questi importi li paga chissà chi, vengono pagati ancora dalla pubblica amministrazione, anche quanto vengono compensati gli altri due arbitri. Quindi se tutto l'impianto va verso il contenimento dei costi, probabilmente riusciamo a raggiungere un obiettivo.

Poi, visto che tutti pensano male, mi permetto, anche se da dipendente pubblico non dovrei farlo, di poter pensare male anch'io: se ci fosse l'arbitro da me designato che prende un infinitesimo di quanto possono prendere gli altri due arbitri, non vorrei che fosse magari invogliato a chiedere, per orientare il suo giudizio verso gli altri due arbitri, magari di fare a metà del loro compenso, che è comunque stratosferico rispetto al proprio. Quindi, dare un limite, un equilibrio tra quanto pago il mio arbitro e quanto vengono compensati gli altri due mi sembra una questione di buonsenso (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Pietro. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, complessivamente in questo articolo 2 poi alla fine si fanno tante belle petizioni di principio, ma è mai possibile che ogni volta che ci si addentra per cercare di trovare un sistema, con un provvedimento concreto, si ritira la mano e soprattutto che questo lo faccia il Governo? Il collega Sisto, che non è del mio partito e che probabilmente è inorridito quando ho detto «parere favorevole» al suo emendamento, aveva fatto una proposta di buonsenso, a me pareva, quella di dire: la pubblica amministrazione - benedetto il Signore! - troverà, in mezzo alle sue centinaia di migliaia di persone, qualcuno capace di fare l'arbitro; possibile che debba andare sempre da uno studio privato esterno?

Il collega della Lega, che non mi pare faccia parte del mio partito - e inorridirà, perché chiedo di sottoscrivere anche il suo subemendamento - , dice: guardate, signori arbitri dell'esterno, sappiate che questa vostra attività non può diventare un'occasione per cui si va da chi la spara più grossa, perché, certe volte, costa più l'arbitro che l'appalto! Bisogna trovare un sistema che sia equo e sia anche spendibile di fronte all'opinione pubblica. Io sono stato Ministro delle infrastrutture: ho visto degli arbitrati e li ho vietati tutti, quando ricoprivo tale carica, non ne ho firmato uno. Però - benedetto il Signore! - ho visto degli arbitrati con riferimento ai quali c'era da fare un processo agli arbitri, e non a chi faceva il contenzioso!

In una situazione di questo genere, cosa dice il collega? Stabiliamo per legge che il dirigente pubblico prenderà i soldi che deciderà la pubblica amministrazione, assumendosi la responsabilità. A chi vuole proporsi come arbitro, posso dare, al massimo, il doppio: se non ti sta bene, arrivederci e grazie, ma non fare l'arbitro, non te lo ha mica ordinato il medico! Ma perché lasciare questa possibilità di fare parcelle ad libitum, come mi piace e in modo che posso fregare? La pubblica amministrazione deve smetterla di farsi fregare, perché, mai come con gli arbitrati, si è fatta fregare. Chiedo, ovviamente, di sottoscrivere il subemendamento in esame.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Vanalli 0.2.700.12, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

I colleghi hanno votato?

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 527

Votanti 519

Astenuti 8

Maggioranza 260

Hanno votato114

Hanno votato no 405).

Prendo atto che il deputato Cesare Marini ha segnalato che avrebbe voluto astenersi.

Passiamo alla votazione del subemendamento Sisto 0.2.700.9.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Signor Presidente, mi hanno insegnato che le leggi hanno due madri: la prima è il sistema della volontà del legislatore e della volontà della legge, la seconda è il momento storico in cui le leggi si collocano. Il momento storico che stiamo vivendo è un momento che, certamente, non ci può consentire alcuna flessione in ordine alla necessità di avere a cura il risparmio nell'ambito del settore pubblico. Ciò, affinché la lotta alla corruzione non sia soltanto una lotta alla corruzione politica, ma sia anche una lotta - come questo provvedimento, giustamente, si propone - alla corruzione nell'ambito della pubblica amministrazione.

Il secondo dato è quello, non meno importante, di questo provvedimento. Questo è un provvedimento che vuole una pubblica amministrazione più trasparente, una pubblica amministrazione più controllata, una pubblica amministrazione più«motivata». Ebbene, se tutto questo è vero, la mia proposta di limitare il compenso dell'arbitro pubblico ad una somma non superiore a 10 mila euro, a me sembra assolutamente ragionevole. Infatti, qual è il rischio che noi corriamo? Di fare entrare, come sempre, dalla finestra quello che, apparentemente, è uscito dalla porta.

Allora, se noi non ci opponiamo, e non soltanto in politica, ma soprattutto, negli apparati, dove si annidano, nei procedimenti, i luoghi più frequenti di corruzione, se non siamo rigorosi in questa disamina, in questa «scannerizzazione» puntuale di questi apparati, evitiamo di riempirci, poi, la bocca soltanto di megasanzioni penali, che non hanno mai fatto trasparenza, se non nel luogo dei processi. Se non siamo rigorosi su questo, non abbiamo titolo, poi, ad un giustizialismo fuori posto.

Ecco perché, con molta praticità e molta sensibilità, a me sembra che un dirigente pubblico che per un'attività extra moenia prenda 10 mila euro, questo costituisca un compenso più che ragionevole per il momento storico, per la volontà del legislatore, per la volontà della legge, per poter limitare l'incidenza di ogni arbitrato al massimo a 10 mila euro nelle spese della pubblica amministrazione: questa è la mia proposta (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Pietro. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, intervengo solo per chiedere di poter apporre la mia firma - e a nome del mio gruppo - a questo subemendamento, perché se è vero come è vero che ci riempiamo la bocca dell'espressione «spending review», quanto è bello parlarne. Ma è mai possibile che ogni volta dobbiamo prendere una decisione per ridurre le spese, la prendiamo sempre ai danni dei poveri cristi e non in ragione di quello che possiamo fare?

Quante persone ci sono, qui dentro, anche tra i banchi del Governo, magari assenti, che hanno fatto gli arbitri? Allora io mi chiedo se costoro non sanno o non conoscono bene questa situazione. Perché, allora, si ostinano a dare parere contrario e soprattutto, mi rivolgo ai colleghi, perché ci si ostina a votare contro, per partito preso? Oggi si sta vedendo che qui non ci sono una maggioranza e una minoranza, non c'è una opposizione in ordine a questa tematica; stiamo, tutti insieme, cercando di fare un buon provvedimento. Tutti insieme cerchiamo di fare un buon provvedimento e, allora, perché non riusciamo a votare in maniera libera e invece votiamo per partito preso su temi che a me sembrano di estrema importanza e di estrema rilevanza? Per queste ragioni chiedo di sottoscrivere il subemendamento e annuncio il voto favorevole dell'Italia dei Valori.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Vitali. Ne ha facoltà.

LUIGI VITALI. Signor Presidente, devo segnalare che su questo provvedimento, probabilmente, il Governo è molto distratto, perché ha puntato la sua attenzione nella lotta alla corruzione commessa dai politici e, invece, sta trascurando completamente la corruzione che si annida all'interno della pubblica amministrazione (Applausi di deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Italia dei Valori).

Ho votato con convinzione sia la proposta emendativa del collega Sisto che voleva obbligare la pubblica amministrazione a prendere gli arbitri all'interno dei dirigenti della pubblica amministrazione, sia la proposta emendativa dell'onorevole Vanalli che voleva stabilire il doppio del compenso dell'arbitro della pubblica amministrazione. Queste due proposte emendative, stranamente col parere contrario del Governo e dei relatori, non sono stati votati. A maggior ragione, onorevole Di Pietro, non dobbiamo votare questa, perché nella legge si dice «preferibilmente della pubblica amministrazione»; se noi mettiamo il tetto di 10 mila euro, sarà sicuramente all'esterno della pubblica amministrazione. Quindi, cerchiamo di avere, almeno, un minimo di cognizione. Questo è un provvedimento che non mi piace in questa parte, ma non rendiamolo più brutto di come sta uscendo da questo Parlamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare l'onorevole Papa. Ne ha facoltà.

ALFONSO PAPA. Signor Presidente, vorrei apporre anch'io la mia firma a questo subemendamento.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, l'onorevole Paolini. Ne ha facoltà.

LUCA RODOLFO PAOLINI. Signor Presidente, per far capire al popolo sovrano che ci ha mandato qui quanto possono incidere gli arbitrati, vorrei ricordare un caso, di due o tre anni fa, in cui l'arbitro si è preso 5 milioni di euro, somma che equivale a cinque legislature di un parlamentare, anzi a dieci, oppure a molti anni di stipendio di un magistrato e ci si chiede perché poi, magari, qualcuno vada a fare l'arbitro piuttosto che il magistrato. Quindi 10 mila sono pochi ma, andiamo in questa direzione; credo che il Parlamento dovrebbe riflettere nel mettere dei limiti precisi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lo Moro. Ne ha facoltà.

DORIS LO MORO. Signor Presidente, vorrei solo chiarire il senso della soluzione trovata dalle Commissioni. È chiaro che se qui ci dobbiamo spaccare tra chi vuole dare al dipendente pubblico più di 10 mila euro e chi meno di 10 mila euro, è suggestivo questo discorso. Lo spirito della norma è quello di responsabilizzare la pubblica amministrazione, che dovrà motivare il ricorso all'arbitrato e che, per tale ragione, dobbiamo supporre, ricorrerà all'arbitrato solo nei casi in cui è veramente necessario ed opportuno.

In questo caso è la stessa pubblica amministrazione che dovrà determinare l'importo massimo spettante al dirigente, che può essere anche molto inferiore, o viceversa, potrebbe anche essere lievemente superiore ai 10 mila euro. Tuttavia, vi faccio notare che il fatto che l'emolumento che riguarda il dirigente pubblico debba essere di molto inferiore a quello che riguarda gli altri arbitri è talmente evidente che nello stesso provvedimento si dice che la differenza tra l'importo spettante al dirigente pubblico e l'importo degli altri arbitri viene devoluto all'amministrazione appaltante. Quindi, noi siamo consapevoli che tutto questo non potrà che comportare risparmi, semplicemente, pensiamo che il sindaco, il presidente della regione, della provincia, l'assessore di turno, il Ministro, devono metterci la faccia nel dire «sì» all'arbitrato e «sì» all'importo che tocca all'arbitro dirigente pubblico.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Consolo. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE CONSOLO. Signor Presidente, sono tra coloro che alcune volte hanno rivestito la qualifica di arbitro; questo non mi ha comunque vietato di votare a favore di queste proposte emendative. I ragionamenti fatti dai colleghi Vanalli e Sisto mi trovano consenziente e spiegano, forse, a quest'Aula disattenta, il vecchio brocardo per cui arbitraristi asinum fuisti.

Il che significa che gli arbitrati sono fonte alcune volte di corruzione, per essere benevoli. Chiedo, quindi, di sottoscrivere questo subemendamento (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo e di deputati del gruppo Lega Nord Padania).

CARMINE SANTO PATARINO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CARMINE SANTO PATARINO. Signor Presidente, intervengono anch'io per sottoscrivere il subemendamento Sisto 0.2.700.9.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Sisto 0.2.700.9, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 527

Votanti 515

Astenuti 12

Maggioranza 258

Hanno votato175

Hanno votato no 340).

Prendo atto che il deputato Cesare Marini ha segnalato che non è riuscito a votare e che avrebbe voluto astenersi.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.700 delle Commissioni.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bragantini. Ne ha facoltà.

MATTEO BRAGANTINI. Signor Presidente, noi interveniamo su questo emendamento per un motivo molto semplice, per spiegare qual è la posizione della Lega. La Lega indubbiamente ritiene che il ricorso all'arbitrato è un ricorso molte volte per la pubblica amministrazione particolarmente costoso. Molto probabilmente viene fatto certe volte ad hoc, semplicemente per aiutare gli amici degli amici e vengono commessi degli errori. Tuttavia siamo anche consapevoli che, se non si può utilizzare questo sistema, si deve procedere in via ordinaria, magari in via giudiziaria, e per andare a risolvere certe controversie ci si impiega anni, moltissimi anni.

Dunque, noi riteniamo che l'arbitrato è un sistema utile, che può funzionare, ma bisogna normarlo. Bisogna normarlo mettendo delle regole certe, prevedendo che sia utilizzato solo in momenti precisi e soprattutto che chi va a ricoprire questo incarico, in particolar modo se è un dirigente o un dipendente pubblico, deve farlo non dico a costo zero, ma con dei compensi normali, non quelle cifre che ogni tanto sentiamo dire, che sono veramente un pugno nello stomaco per tutti i cittadini.

Quindi, per questo avevamo presentato degli emendamenti per andare a mettere dei limiti ai compensi di queste persone e per far sì che ci fosse un risparmio per la pubblica amministrazione. Non ci avete ascoltato. Per carità, questo emendamento va già a mettere qualche piccolo limite ed è per questo che noi ci asterremo, perché speriamo che in futuro finalmente si «vada a finire» con questo abuso, con questi compensi veramente stratosferici (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, il gruppo dell'Unione di Centro esprimerà un voto di astensione. Noi siamo favorevoli ad asciugare, ridisegnare, migliorare l'istituto dell'arbitrato e abbiamo dato dei contributi nei lavori nelle Commissioni. Tuttavia non ci convince molto una riforma fatta sotto il segno dell'emergenza e anche, devo dire, in una materia un po' diversa da quella che meriterebbe una riforma ordinamentale della giustizia. Siamo in una materia di norme anticorruzione e qui noi partiamo da un concetto, ossia che se dell'abuso è stato fatto in materia di arbitrati vanno puniti i responsabili e le condotte, migliorate alcune regole, ma non penalizzato l'istituto.

Non è un caso che ci venga richiesto dall'Europa l'utilizzo di tutte le forme alternative ai riti giustiziali e giudiziari per la soluzione di controversie. In queste materie - gli appalti di servizi, di opere e così via - le riserve, soprattutto in un Paese che ha un po' smarrito la riforma Merloni e il ricorso alla progettazione, alla buona progettazione esecutiva, sono tali da richiedere risposte molto celeri e rapide.

Allora, debbo dire che la soluzione scelta presenta, insomma, qualche dubbio. Obbiettivamente, il fatto che queste norme si estendano a tutti i lavori privati purché vi sia anche una piccola quota di finanziamento pubblico è una cosa difficile anche da comprendere, perché i privati dovrebbero, se si giovano di uno sgravio fiscale o di una agevolazione pubblica di qualunque tipo, prima procedere ad una motivata autorizzazione per ricorrere ad uno degli strumenti di giustizia ordinari. Allo stesso modo, c'è un appesantimento della pubblica amministrazione che deve prima rilasciare un'autorizzazione motivata.

Poi, concludendo, sul tema dei costi vorrei dire ai molti colleghi che a vario titolo sono intervenuti che c'è una liberalizzazione dei costi e delle tariffe. Vorrei che questo fosse chiaro. Certamente negli anni passati si sono visti - ha ragione anche il collega Di Pietro - dei compensi smisurati e inidonei, ma oggi non ci sono le tariffe professionali neanche per gli arbitrati. Ci sono varie agenzie che si occupano di arbitrato presso le camere di commercio e l'Autorità di vigilanza sui lavori pubblici e ciascuno può rivolgersi ad esse, anche valutando il costo delle prestazioni, e scegliere l'arbitro che vuole.

Dunque, non neghiamo la direzione di marcia lodevole di questa norma, ma non ci convincono alcune delle soluzioni frettolosamente adottate. Pertanto ci asterremo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Pietro. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, noi dell'Italia dei Valori voteremo contro questo articolo così come riformulato dalla Commissione perché, in realtà, al di là dell'apparenza, non cambia nulla. Anzi, aggrava la situazione, aggrava anche la procedura, i costi, i tempi e dà anche più possibilità a chi ci vuole marciare sopra di marciarci anche sopra.

Anzi, d'ora in poi bisognerà passare anche attraverso qualche altra forca caudina - rectius qualche altro comportamento illecito - per arrivare ad un arbitrato che fa comodo. Infatti, non bisognerà andarlo a chiedere solo al pubblico funzionario, magari anche all'organo di autogoverno che gestisce quella amministrazione. Non a caso, tutti i grandi processi di Tangentopoli hanno avuto poi come apice della corruzione proprio l'organo di autogoverno.

Andiamo con ordine: noi contestiamo il principio in sé che, laddove la pubblica amministrazione sia parte o laddove si utilizzino soldi di provenienza pubblica, lo Stato non debba ricorrere all'autorità giudiziaria che è pagata dallo Stato per fare proprio questo. Il collega Mantini ha detto che l'Europa ci chiede riti alternativi. No, lo legga bene, collega Mantini: l'Europa ci ha chiesto riti veloci, non riti alternativi (Applausi di deputati del gruppo Partito Democratico).

Nella scelta dei riti noi ricorriamo alle alternative, ma in realtà dobbiamo velocizzare i processi ordinari, non inventarci giudici di casa che ci fanno comodo e come ci fanno comodo. Per questo, noi contestiamo questa soluzione, così come riteniamo che il fatto che le liberalizzazioni delle tariffe siano avvenute di per sé non vuol dire nulla rispetto alla malagestione che si è fatta nel tempo di questo istituto.

Non tutti hanno l'onestà intellettuale e la caratura morale di Patroni Griffi che ci sta dando il parere del Governo e che ha avuto l'onestà intellettuale di rinunciare all'incarico proibito di 500 mila euro perchéè venuto a fare il Ministro e l'esponente di Governo. Chissà quanti altri, invece, non rinunciano. Anche su questo bisognerebbe ragionare.

Noi dovremmo, tutti quanti, fare come ha fatto lui e dovremmo spogliarci del ruolo che rivestiamo per evitare, quindi, di intervenire su fatti che possono comportare conflitti di interesse.

Riteniamo che, diciamo così, la «trovata» di ricorrere all'autorizzazione motivata, da parte dell'organo di governo dell'amministrazione, sia ancora più grave perché, lo ripeto, a questo punto se ne fa una motivazione politica, né più solo giuridica né più solo tecnica. Questo non aiuta, ma aggrava ancora di più il comportamento di chi ne vuole approfittare.

Poi, lasciatemi dire qualcosa su alcune soluzioni specifiche trovate all'interno di questa proposta, che non ci convincono affatto. Mi dovete spiegare perché, laddove vi sia una controversia tra due pubbliche amministrazioni, gli arbitri devono essere individuati esclusivamente tra dirigenti pubblici, ma soltanto quelli di parte? Ma perché l'arbitro terzo devo andarlo a trovare fuori? Se si possono scegliere i due arbitri si potrà scegliere anche il terzo arbitro. Perché bisogna pagare un arbitro a parte? Ma, soprattutto, perché - lo ripeto - deve essere prevista la possibilità che si ricorra all'esterno quando, tra tutti i pubblici amministratori, vi saranno persone in grado di fare gli arbitri?

Allora, in conclusione, per una questione di principio una volta per tutte si riaffidi la soluzione della controversia ai giudici naturali e, una volta per tutte, si scelgano quanto meno all'interno della pubblica amministrazione e non tra chi si approfitta, all'esterno e non solo, di soluzioni del genere.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Di Pietro.

ANTONIO DI PIETRO. Per questa soluzione, noi voteremo contro questa norma.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Melchiorre. Ne ha facoltà.

DANIELA MELCHIORRE. Signor Presidente, noi Liberal Democratici annunciamo il voto di astensione su questa proposta emendativa perché, nonostante vi sia stato un lavoro molto intenso e ammirevole da parte delle Commissioni, nel tentativo di conciliare i rilievi che sono stati posti da tutti i gruppi e si sia arrivati, quindi, ad una sintesi che, in qualche modo, ha rispecchiato le varie anime e le varie opinioni, pur tuttavia questo emendamento ci sembra non cogliere nel segno. Si inserisce, infatti, in un articolo più generale che ci parla di trasparenza dell'attività amministrativa. È una sorta di continuazione, in un certo senso, di quel principio che viene sancito nell'articolo 2, ovviamente inserito nel provvedimento più ampio che si sta votando in questi giorni contro la corruzione o, meglio, sulla prevenzione e sulla repressione della corruzione.

Mi sono soffermata sul titolo del provvedimento non certo perché fosse sconosciuto a quest'Aula, ma proprio perché vorrei invitare tutti a riflettere su quello che ci stiamo apprestando a votare in questo momento. Questo significa, cioè, voler dire che gli arbitrati, evidentemente, sono visti come una sorta di fulcro, di luogo dove si sono consumati episodi di corruzione. Non riteniamo che questo sia così in senso assoluto, ma riteniamo che questo sia uno strumento di deflazione dell'attività giurisdizionale ordinaria. Tuttavia, non crediamo che questo provvedimento possa andare in quella direzione. Uno dei motivi è che non è ben chiaro chi sia terzo nell'arbitrato, così come riformulato in questo momento.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Melchiorre.

DANIELA MELCHIORRE. Concludo dicendo che, evidentemente, da un lato, non viene rappresentata la terzietà, anche laddove si prevede giustamente di affidare al pubblico la soluzione delle controversie. Ma siamo sicuri che il pubblico a cui si intende affidare, cioè i dirigenti pubblici che spesso sono magari indicati dal potere politico, siano effettivamente terzi?

PRESIDENTE. Concluda, onorevole Melchiorre!

DANIELA MELCHIORRE. Siamo sicuri di questo? E anche sul compenso nulla è detto...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Melchiorre.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Contento. Ne ha facoltà.

MANLIO CONTENTO. Signor Presidente, credo che la soluzione adottata in sede di Commissione abbia un merito: quello di non cedere ai facili entusiasmi di cancellare un rimedio non processuale per la definizione delle controversie.

Non dimentichiamo che l'arbitrato è uno strumento che ha e che può avere effetti deflattivi.

E non dimentichiamo che, molto spesso, nelle procedure di appalto sono in gioco interessi e competenze di carattere tecnico che sono presenti in molte amministrazioni pubbliche che di questo si occupano, ma non in tutte le amministrazioni pubbliche.

Un'ulteriore osservazione che mi permetto di fare è che, se ci sono - per così dire - situazioni che riportano alla commissione di reati contro la pubblica amministrazione, non credo che questo dipenda dallo strumento che si sceglie, ma dipende molto probabilmente dall'onestà e dal senso etico delle persone, che sono chiamate, da un lato, ad inserire le procedure arbitrali, dall'altro, a svolgerle.

Del resto, onorevole Di Pietro, mi permetto di farle osservare che - proprio nella relazione sulla giustizia tenuta dal Ministro neonominato del Governo cosiddetto tecnico - abbiamo avuto la riprova dei lunghi tempi di risoluzione delle controversie. Lei crede che quando dei soldi pubblici sono bloccati, magari per una causa relativa ad un appalto di opere di interesse pubblico, e queste opere rimangono bloccate magari per diversi anni, questo sia rendere un buon servigio alla collettività? Noi crediamo di no.

Allora, quali sono i termini della questione? Primo: un avanzamento dell'attenzione sulle procedure arbitrali. Abbiamo inserito l'obbligo di una delibera motivata e questa delibera deve venire dagli organi di governo perché la procedura arbitrale ha delle conseguenze che non sempre vengono valutate: conseguenze sotto il profilo dei costi e delle spesa e conseguenze relative agli effetti.

Quindi, riteniamo correttamente in questa situazione, pur di compromesso, di aver riportato l'attenzione agli organi di governo degli enti pubblici che sono coinvolti, cioè a chi ha la responsabilità, in un certo senso politica, non di determinare le questioni di carattere tecnico-amministrativo, ma di rispondere - pensiamo ad un ente locale - nei confronti della comunità amministrata per le scelte che si fanno. Quella deliberazione deve essere motivata.

Lei sostiene che cosìè sufficiente adottare la deliberazione e motivarla per aggirare l'obbligo di ricorrere alla giustizia ordinaria. Ma qui ci sono degli aspetti che riguardano anche le scelte della pubblica amministrazione: se la causa riguarda due amministrazioni pubbliche, la scelta dei dirigenti pubblici è obbligatoria e saranno loro a determinare, nel caso di consenso, la scelta del presidente del collegio arbitrale o, nel caso in cui questa scelta non fosse condivisa, lei sa meglio di me che ci sono i rimedi per scegliere un arbitro, signor Presidente, che dovrebbe - ed uso il condizionale - essere indipendente.

Qual è l'aspetto - e mi avvio alla conclusione - che grazie anche alla sua attenzione, onorevole Di Pietro, noi abbiamo potuto riproporre in quest'Aula? Il fatto che, quando si ha a che fare con procedure arbitrali, gli organi di governo dell'ente devono essere attenti a quello che fanno ed alle scelte che imprimono.

Questo è un merito che le va riconosciuto, onorevole Di Pietro, ma ciò non significa che - se avessimo seguito la sua strada - avremmo fatto meglio. Vorrei che su questo anche lei riflettesse. Se nei collegi arbitrali ci sono persone di competenza e preparate, se la scelta dei dirigenti premia i migliori e se soprattutto c'è un attento controllo anche sui corrispettivi che si spendono da parte degli enti pubblici nei confronti naturalmente della collettività, non è detto che quel rimedio non risolva molti problemi che oggi anche la giustizia pubblica non assicura.

Ecco perché il Popolo della libertà, che ha contribuito a questa proposta, voterà in maniera seria e convinta a favore di questo emendamento (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giovanelli. Ne ha facoltà.

ORIANO GIOVANELLI. Signor Presidente, il gruppo del Partito Democratico è orgoglioso di aver provocato questa discussione un po' tribolata e che ci ha fatto perdere un po' di tempo. Tuttavia, non è stato tempo perso, ma tempo ben impiegato per affrontare una questione che noi, con i nostri emendamenti, abbiamo posto all'attenzione prima delle Commissioni riunite e poi dell'Aula. Senza i nostri emendamenti su questa parte, non avremmo svolto questa discussione.

Dico che non è stato tempo perso perché i passi avanti che abbiamo fatto con la formulazione che andiamo ad approvare sono passi avanti significativi che, da una parte, dicono no - chiedo scusa della parola - allo «sputtanamento» sistematico della pubblica amministrazione, perché non va bene che in ogni ragionamento, a partire anche da questi temi, si pensi sempre che dalla parte della pubblica amministrazione possano venire solo delle performance negative.

Penso che abbiamo fatto un lavoro che consente, invece, di indirizzare il lavoro su un tema così delicato come quello degli arbitrati da parte della pubblica amministrazione in una direzione virtuosa.

L'altra considerazione per la quale siamo orgogliosi è che, una volta tanto, ci siamo affidati ad un supporto importante rappresentato dalle relazioni dell'Autorità che si occupa del controllo e della vigilanza sugli appalti. Noi nominiamo le autorità, le paghiamo anche bene, preparano delle relazioni ma nessuno se le fila! Alla base dei nostri emendamenti ci sono, invece, lo studio e l'approfondimento delle relazioni che sistematicamente l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture ha fatto in questa materia.

Credo che il punto a cui giungiamo è un approdo riformista e rigoroso, nel senso che ha tenuto conto dei diversi punti di vista e li ha portati avanti su una sponda più avanzata di rigore, serietà, correttezza e legalità.

Penso che anche gli emendamenti che già abbiamo approvato - come il divieto per i magistrati di far parte delle commissioni arbitrali - sia stato un significativo segnale che noi abbiamo dato in direzione di una autonomia sempre più forte che vogliamo della magistratura, a partire dalla magistratura amministrativa che ne ha molto bisogno (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Per queste ragioni noi voteremo a cuor sereno il punto di mediazione che abbiamo raggiunto, consapevoli che abbiamo scritto una bella pagina parlamentare in funzione della battaglia per la legalità e la qualità della pubblica amministrazione (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 2.700 delle Commissioni, nel testo subemendato, accettato dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 507

Votanti 420

Astenuti 87

Maggioranza 211

Hanno votato399

Hanno votato no 21).

Prendo atto che il deputato Pionati ha segnalato che non è riuscito a votare e che la deputata De Nichilo Rizzoli ha segnalato di non essere riuscita ad esprimere voto favorevole.

Passiamo alla votazione dell'articolo 2.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lo Moro. Ne ha facoltà.

DORIS LO MORO. Signor Presidente, il gruppo del Partito Democratico voterà in modo molto convinto a favore di questo articolo. Io vorrei nella parte conclusiva di questo dibattito richiamare però - perché mi sembra doveroso che rimanga a verbale e che vengano socializzati nell'Aula alcuni principi - l'articolo in questione, intitolato «Trasparenza dell'attività amministrativa».

Non c'è chi non veda quanto uso e abuso si faccia della parola trasparenza come della parola legalità, quasi fossero principi senza sostanza.

In questo momento, con riferimento ovviamente all'attività amministrativa, noi diamo concretezza al concetto di trasparenza che è stato già definito dal decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, laddove si dice che va intesa come accessibilità totale agli atti della pubblica amministrazione, ma che ancor di più oggi viene definitivamente e concretamente ad essere inserito tra i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che debbono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, di cui alla lettera m) dell'articolo 117, secondo comma, della Costituzione.

Quindi, la trasparenza non più soltanto come principio e come valore - che è grande cosa - ma come livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garanti e che, quindi, devono essere innanzitutto disciplinati e normati.

Pensiamo tra l'altro che il lavoro già fatto al Senato, ma soprattutto i miglioramenti che sono stati apportati in Commissione, con il contributo molto qualificato del Governo, con gli emendamenti alla parte finale - parlo soprattutto degli articoli 9-bis, 9-ter e 9-quater - e anche con i nostri emendamenti, hanno reso il tutto molto concreto e qualificato. Ricordo a tutti che il Comitato per la legislazione su questo punto ci aveva richiamato alla concretezza, perché il provvedimento, così come ci era stato trasmesso dal Senato, nonostante fosse già un buon passo avanti, mancava dell'elemento della concretezza. Ebbene, oggi non è più così, perché, per esempio, per quanto riguarda le informazioni che devono essere rese pubbliche dalla pubblica amministrazione, con gli emendamenti delle Commissioni e ancor più con quelli del Governo, si è sancito il principio dell'accessibilità degli atti e il dovere della pubblica amministrazione di pubblicare tutta una serie di atti, a partire dai bilanci, nei siti istituzionali della pubblica amministrazione. Si è data concretezza, anche attraverso il lavoro delle Commissioni, in cui tutti noi, ma soprattutto il collega Giovanelli, per il nostro gruppo, ha svolto un lavoro assolutamente encomiabile. Si è introdotto il concetto che le disposizioni di cui stiamo discutendo, che rendono concreta la trasparenza, si applicano anche ai procedimenti in deroga alle procedure ordinarie. Tutti noi siamo in grado di capire quanto tutto questo sia importante, che le procedure in deroga rispondano agli stessi criteri di trasparenza. Si è sancito anche il principio che le informazioni pubblicate devono essere trasmesse in via telematica alla CiVIT, ma soprattutto, con un emendamento di cui siamo grati al Governo, si è sancito il principio, con l'articolo 9-bis, che le disposizioni in materia di trasparenza non si applicano soltanto alle amministrazioni pubbliche in senso stretto, ma anche agli enti pubblici nazionali, nonché alle società partecipate dalle amministrazioni pubbliche, limitatamente ovviamente alla loro attività di pubblico interesse, disciplinata dal diritto nazionale o comunitario. Potrei ancora enumerare altre qualità che questo provvedimento ha acquisito con gli emendamenti del Governo, ma rimando, per poter parlare di altre cose che mi stanno a cuore, all'articolo 9-quater, introdotto sempre su richiesta del Ministro che oggi ci ascolta. In questa parte finale della nostra discussione, vorrei richiamare alcuni emendamenti che sono stati introdotti per volontà del Partito Democratico: in primis, quello che riguarda la possibilità che le stazioni appaltanti introducano nelle clausole i contenuti del protocollo di legalità. Le pubbliche amministrazioni vanno sottoscrivendo tanti protocolli di legalità, ma a cosa servono se poi non si dà concretezza e non si è conseguenti. Così come il divieto ai magistrati di cui ha già parlato il collega...

PRESIDENTE. Onorevole Lo Moro, la prego di concludere.

DORIS LO MORO. Se mi consente, signor Presidente, vorrei solo dire all'onorevole Di Pietro e a tutta l'Aula che il divieto degli arbitrati è stato introdotto più volte nella normativa, dalla legge Merloni, dalla finanziaria per il 2008. I termini dell'entrata in vigore sono stati sempre differiti. In realtà, alla fine non è stato introdotto laddove andava introdotto, con il decreto legislativo n. 53 del 2010. Solo il nostro gruppo era contrario a quel provvedimento nella parte in cui non includeva il divieto. Quindi, oggi con concretezza e con realismo mettiamo i paletti che ci consentono di dire che la normativa sarà efficace (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Pietro. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, inizio sempre il mio discorso affinché resti agli atti, perché, come al solito, quando si cerca di far capire che stiamo decidendo delle cose delicatissime, che resteranno anche dopo di noi, e ci stiamo assumendo una responsabilità gravissima, si fa finta di non sentire. Di che cosa parla l'articolo 2? C'è una prima parte in cui il prodotto viene venduto e c'è una seconda parte in cui si guarda la qualità del prodotto. C'è una prima parte fatta di chiacchiere e c'è una seconda parte concreta.

In particolare, nella prima parte si prevede che, da ora in poi, non è più come prima: da ora in poi le informazioni relative ai procedimenti amministrativi devono essere di facile accessibilità e devono essere pubblicizzate e pubblicate nel modo più semplice e più consultabile possibile. E chi dice di no? È una bellissima cosa!

Il problema è un altro, ed è il vero nocciolo della questione: mi riferisco ad un possibile contrasto con riferimento al problema dei problemi, cioè i contratti pubblici, le controversie che riguardano la pubblica amministrazione o le controversie che riguardano le modalità di spesa del denaro pubblico, dopo aver visto per decenni lo spreco enorme che si è fatto, dopo aver visto per decenni il ricorso abnorme agli arbitrati, che hanno fatto diventare accessibili o, meglio ancora, liquidabili somme cento o mille volte superiori a quelle di partenza.

Ricordo un appalto di cui ebbi modo di occuparmi quando facevo il pubblico ministero a Milano: il prezzo alla base dell'appalto era di 2 miliardi di lire di allora. L'arbitrato, ovviamente, ha dato ragione alla parte privata e ha liquidato 152 miliardi di lire.

Stiamo arrivando all'assurdo: in una situazione di questo genere, oggi si poteva finalmente riportare un po' di giustizia all'interno della pubblica amministrazione, dicendo, una volta per tutte, che, laddove la pubblica amministrazione o il denaro pubblico siano parte in causa, in questo caso, così come vuole la Costituzione, così come vuole la legge, è il giudice naturale, il giudice terzo, l'autorità giudiziaria ordinaria ad occuparsene.

E se è vero, come è vero, che i tempi sono lunghi, ci si impegni affinché diventino i più brevi possibili, ma non si deve ricorrere ad un istituto che è stato usato ed abusato e che è fonte notevole di corruttele ed abusi. Di più,è assolutamente inopportuno che oggi, in aggiunta a quello che è già permesso di fare, si preveda che tutto si sana con l'autorizzazione dell'organo politico, come se quest'ultimo, per definizione, solo perché eletto dal popolo, fosse al di sopra di ogni sospetto.

In realtà, proprio ciò che è avvenuto in questi anni ha dimostrato che l'organo più sospettabile è proprio l'organo politico, più ancora che quello amministrativo. In una situazione di questo genere, questo articolo prevede semplicemente che «si vende fumo e si frega arrosto». Questo è il dato di fatto! Ti vendo fumo, ti rendo noto, attraverso una serie di ghirigori inseriti nel mio sito, quanto è bello quello che sto facendo. Anche perché, poi, chi pubblica questi dati e come vengono pubblicati?

Ma è chiaro che li pubblica la parte interessata, e li pubblica dicendo e raccontando tutte le più belle - stavo per dire una parolaccia, ma mi sono fermato - stupidaggini, perché vende se stesso e rappresenta, come più gli piace, il suo prodotto.

Allora, vedremo che tutto quello che si fa apparire attraverso i siti informatici, senza alcun controllo, non ha alcun valore, ma è semplicemente un'attività commerciale. A questo si aggiunga che l'arbitrato è diventato un'attività che toglie al giudice naturale la possibilità di accertare come stanno i fatti. Per cui, noi dell'Italia dei Valori, su questo articolo, e non solo su questo, esprimiamo voto contrario.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 2, nel testo emendato.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 496

Votanti 490

Astenuti 6

Maggioranza 246

Hanno votato472

Hanno votato no 18).

Prendo atto che i deputati Mario Pepe (PD), Giorgio Merlo e Pionati hanno segnalato che non sono riusciti a votare.

(Ripresa esame degli articoli aggiuntivi riferiti all'articolo 4 - A.C. 4434-A)

PRESIDENTE. Riprendiamo dunque l'esame degli articoli aggiuntivi riferiti all'articolo 4 (Vedi l'allegato A - A.C. 4434-A).

Invito il relatore ad esprimere il parere della Commissione sui subemendamenti all'articolo aggiuntivo 4.0600 (Ulteriore nuova formulazione) del Governo e sugli articoli aggiuntivi all'articolo 4.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, la Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, del subemendamento Favia 0.4.0600.3.

La Commissione esprime parere favorevole sul subemendamento Vassallo 0.4.0600.2 ed accetta l'articolo aggiuntivo 4.0600 (Ulteriore nuova formulazione) del Governo.

La Commissione formula, altresì, un invito al ritiro degli articoli aggiuntivi Mantovano 4.0250, 4.0252 e 4.0253, ma non perché il tema non sia importante.

PRESIDENTE. Il Governo?

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore, ma vorrei dare una spiegazione sul parere contrario formulato sugli articoli aggiuntivi presentati dall'onorevole Mantovano.

PRESIDENTE. Mi perdoni, signor Ministro, il suo parere quindi è conforme a quello espresso dal relatore?

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Sì, signor Presidente. Anche il Governo formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, del subemendamento Favia 0.4.0600.3, esprime parere favorevole sul subemendamento Vassallo 0.4.0600.2 e raccomanda l'approvazione del suo articolo aggiuntivo 4.0600 (Ulteriore nuova formulazione).

Sugli articoli aggiuntivi Mantovano 4.0250, 4.0252 e 4.0253 il Governo formula un invito al ritiro. Vorrei fornire le motivazioni di questa scelta, quando lei me lo consentirà.

PRESIDENTE. Potrà intervenire al riguardo nel momento in cui verranno posti in votazione, qualora i presentatori non accedano all'invito al ritiro.

Passiamo al subemendamento Favia 0.4.0600.3.

Chiedo ai presentatori se accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, l'articolo aggiuntivo 4.0600 (Ulteriore nuova formulazione) del Governo era stato presentato in una veste molto più coraggiosa.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROSY BINDI (ore 18,04)

DAVID FAVIA. Esso prevedeva, addirittura, che chi si fosse candidato non avrebbe potuto poi ricoprire ruoli dirigenziali in quella amministrazione e prevedeva anche che chi avesse svolto una serie di ruoli previsti dallo stesso emendamento, non avrebbe poi potuto svolgere ruoli dirigenziali per almeno tre anni.

Vi è stato un contrasto nei confronti del Governo da parte, soprattutto, delle forze che lo appoggiano ed è sparita la figura del candidato come proibizione. Vi è stata una riduzione del periodo di salvaguardia da tre ad un anno. Noi chiediamo di salvare questo periodo di «quarantena» riportandolo ad almeno tre anni perché, francamente, crediamo che un periodo di un anno sia estremamente ridotto.

Siamo veramente dispiaciuti che il Ministro abbia dovuto fare una così fragorosa marcia indietro. Aveva introdotto delle disposizioni veramente positive, a favore della trasparenza e della mancanza di conflitto di interessi in quella che noi riteniamo essere una pessima pratica che «appesta» tutte le nostre pubbliche amministrazioni nel rapporto con la politica.

Quindi, chiediamo all'Aula di riflettere, di ripensarci e di votare a favore almeno della reintroduzione di questo «cuscinetto temporale» che ci sembra quanto mai opportuno e congruo.

PRESIDENTE. Prendo atto che l'onorevole Favia non ritira il suo subemendamento 0.4.0600.3 ed insiste per la votazione.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Favia 0.4.0600.3, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 509

Votanti 458

Astenuti 51

Maggioranza 230

Hanno votato28

Hanno votato no 430).

Prendo atto che il deputato Vannucci ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto contrario.

Passiamo alla votazione del subemendamento Vassallo 0.4.0600.2.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Pietro. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, intendo fare risultare agli atti la contrarietà dell'Italia dei Valori a questo subemendamento per un motivo molto semplice.

Questo subemendamento si riferisce ad una disposizione che viene data nell'articolo 4-bis del Governo, laddove si dice che è escluso in ogni caso il conferimento di incarichi dirigenziali a coloro che nelle stesse amministrazioni abbiano ricoperto anche cariche pubbliche elettive in quel periodo.

Il subemendamento cosa prevede? Che questa norma debba valere per tutti, meno che per coloro che svolgono incarichi di responsabili degli uffici di diretta collaborazione degli organi di indirizzo politico.

E perché? Vorremmo capire per quale ragione, mentre ci facciamo una legge in cui escludiamo - giustamente - la possibilità di conferire incarichi dirigenziali a coloro che hanno rivestito cariche pubbliche elettive o abbiano svolto incarichi di indirizzo politico, questa regola non debba valere per coloro che questi incarichi li abbiano svolti negli uffici di diretta collaborazione degli organi di indirizzo politico.

Mi pare che sia ancora una volta una trovata delle solite lobby che girano intorno agli uffici ministeriali che hanno sempre incarichi, qualsiasi sia il Governo e qualsiasi sia la maggioranza politica del momento. Insomma, si dice nei ministeri: i politici vanno, noi restiamo; di volta in volta andremo a fare il capo gabinetto, il capo ufficio legislativo, il capo di qua e il capo di là dell'organo politico di turno, tanto poi possiamo continuare a farlo e, anzi, ci possiamo anche candidare e fare quello che vogliamo.

Mi pare che questa sia, più che una riserva di legge, una «riserva indiana» per persone che vogliono mantenere le loro carriere.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

JOLE SANTELLI, Relatore per la I Commissione. Signor Presidente, l'articolo aggiuntivo che prevede queste incompatibilità credo che sia forse uno dei pilastri di questa legge, perché cerca di distinguere bene la politica dall'amministrazione - questo ne è il ruolo - e quindi creando anche una sorta di «raffreddamento» per coloro i quali abbiano svolto incarichi politici.

Per tale motivo già nell'articolo aggiuntivo del Governo era ovviamente previsto che chi ha esercitato politica direttamente non potesse andare a ricoprire incarichi prettamente amministrativi. L'onorevole Vassallo - e per questo abbiamo espresso parere favorevole sul suo subemendamento - ha soltanto esplicitato un qualcosa di chiaro: gli incarichi di cui parliamo sono ancora incarichi esclusivamente politici e non amministrativi.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vassallo. Ne ha facoltà.

SALVATORE VASSALLO. Signor Presidente, intervengo solo per rassicurare l'onorevole Di Pietro che, almeno per quanto mi riguarda, ho una visione almeno altrettanto rigorosa rispetto alla sua, sulla necessaria separazione tra politica ed amministrazione e sul rigore che bisogna avere quando si selezionano figure che hanno ruoli dirigenziali nell'amministrazione pubblica, evitando il più possibile che queste nomine siano inquinate da interessi o da carriere politiche.

Tuttavia, nel caso specifico, pur avendo io una visione molto rigorosa a questo riguardo, penso che bisogna essere ugualmente equilibrati. Qui stiamo parlando di uffici, ad esempio, di capo di gabinetto o capo dell'ufficio legislativo. Stiamo parlando dell'ipotesi che un sindaco debba scegliere il suo capo di gabinetto. Stiamo parlando, quindi, di figure che anche nel nostro sistema ed anche per chi abbia una visione molto rigorosa della necessaria separazione tra politica e amministrazione, rappresentano punti di snodo tra la politica e l'amministrazione ed hanno un chiaro carattere fiduciario di tipo politico.

Francamente io non credo che il sindaco farebbe male, ad esempio, dovendo scegliere il suo capo di gabinetto, a trovare una persona che naturalmente abbia tutti i requisiti richiesti di carattere professionale per potere essere inquadrato come dirigente. Ma non vedrei niente di strano se il sindaco, dovendo scegliere il suo capo di gabinetto, decidesse di sceglierlo tra persone che hanno avuto anche l'esperienza negli organi di rappresentanza politica.

Così credo che non sarebbe disdicevole che questo avvenisse a livelli ministeriali, pur essendo io perfettamente d'accordo che, di norma, vada mantenuta una rigorosa separazione tra politica e amministrazione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lorenzin. Ne ha facoltà.

BEATRICE LORENZIN. Signor Presidente, volevo tranquillizzare l'onorevole Di Pietro. Non solo, volevo chiamarlo un attimo ad una riflessione un pochino più approfondita anche alla luce dei tanti anni durante i quali lui ha svolto attività politica anche con ruoli di grandissima responsabilità (ha fatto più volte il Ministro). Mi chiedo il perché di questo tipo di riflessione e di commento dell'onorevole Di Pietro su questo subemendamento a prima firma Vassallo. Lui ha sotteso ad una differenziazione tra il ruolo dell'amministrazione e quello della politica dicendo che noi stiamo ridisegnando una sorta di «riserva indiana».

Vorrei fare un piccolo appunto. Qui dobbiamo stare molto attenti anche a come comunichiamo quello che stiamo facendo. Un fatto è il rigore che è stato applicato da tutti i gruppi nell'affrontare questo delicatissimo provvedimento che disciplina il rapporto tra politica e pubblica amministrazione; un fatto è passare dal rigore all'ottusità, ancora più grande quando questa ottusità sembra strumentale soltanto per farne una campagna politica fuori da quest'Aula e non per cercare di risolvere in modo rigoroso, attento e - permettetemi - anche con le dovute cautele il tema che noi stiamo affrontando.

Tutti sanno che gli uffici di diretta collaborazione sono proprio quel ristrettissimo ambito che è lasciato alla sfera politica per poter determinare in modo pieno ed assoluto le proprie scelte anche contornandosi di persone di fiducia che possono essere esterne alla pubblica amministrazione, che possono essere esterne e che non sono un numero infinito di persone ma solitamente una, due o tre.

Ora, che proprio in questo ambito di strettissima fiducia si debba procedere con quel pregiudizio che abbiamo già visto sollevato in altri aspetti e in altri momenti di questo dibattito (sia in Commissione, sia in Aula), pregiudizio per cui chi ha esercitato un incarico politico non può, se ne ha il titolo, il merito, le capacità, il curriculum, svolgere un servizio al proprio Paese in ambito di un ufficio di diretta collaborazione, lo trovo alquanto paradossale. Lo trovo ancor più paradossale laddove nella nostra esperienza amministrativa e politica abbiamo visto anche dal gruppo dell'onorevole Di Pietro spesso avvalersi di persone che hanno esperienza politica. La politica - lo dobbiamo dire qui molto chiaramente - non è né buona né cattiva, è neutra, dipende dalle persone sulle cui gambe cammina, che possono essere buone o cattive.

Questa è la sfida che noi siamo chiamati a svolgere in questa Aula con questo provvedimento in un periodo così delicato per la nostra storia. Quindi ritengo doveroso, assolutamente doveroso non solo appoggiare questo subemendamento a prima firma Vassallo, ma anche specificare in questa Aula per chi ci ascolta da casa che non stiamo tracciando nessuna riserva indiana ma stiamo semplicemente specificando in modo più puntuale le differenze, le distanze, gli ambiti in cui si svolge la politica, in cui si svolge l'amministrazione, senza pregiudizi, senza paura e senza infingimenti (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vanalli. Ne ha facoltà.

PIERGUIDO VANALLI. Signora Presidente, leggendo il subemendamento che ha illustrato l'onorevole Vassallo, ma direi all'interno di tutto questo provvedimento, mi sembrava di cogliere una specie di controsenso. Mi sembra che stiamo dicendo che se un incarico viene affidato dal sindaco perché ha fiducia in una persona, questa persona che acquisisce l'incarico è al di sopra di ogni sospetto.

Quelli che, invece, vengono eventualmente incaricati di svolgere un servizio attraverso un concorso o altro non possono farlo perché, per un anno in questo caso, devono restare accantonati e praticamente andare in purgatorio perché altrimenti possono combinare qualcosa di sbagliato. Stiamo creando due fattispecie che non possono esistere, signor Ministro. Qui, o le persone sono farabutte di natura e, quindi, si comportano male, sia che le nomini uno, sia che le nomini l'altro, oppure si comportano bene indipendentemente da chi le nomina. Anche la precedente regolamentazione dell'articolo, quindi, che portava a tre anni il divieto di assumere incarichi, poi ridotto a uno, di fatto era un'esagerazione. È stato ridotto a uno, ma non è stato eliminato perché si vuole comunque andare incontro a un'esigenza pubblica per far vedere, per dare in pasto all'opinione pubblica il fatto che, in qualche modo, si vuole bilanciare la situazione per cui la politica entra troppo direttamente nella gestione dei procedimenti amministrativi.

Poco fa abbiamo votato l'articolo precedente dove la giunta, il consiglio o, comunque, l'organo politico decide se ricorrere all'arbitrato e come ricorrervi. Stiamo cercando di smontare, con questo provvedimento, quanto in qualche modo, secondo me neanche in maniera tanto efficace, hanno creato le riforme Bassanini, dividendo la parte gestionale dalla parte tecnica. Per cercare di rincorrere chissà che cosa stiamo rimettendo tutto assieme; non riusciremo tra poco più a sapere se un indirizzo politico spetta alla giunta piuttosto che a un dirigente, se un'attività pratica è giusto che l'assuma direttamente un dirigente o si deve aspettare l'input politico. Si sta facendo un gran casino. Questo provvedimento, alla fine, quando dovrà essere applicato, sarà quasi incomprensibile.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sul subemendamento Vassallo 0.4.0600.2, accettato dalle Commissioni e dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Casini, De Luca...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 513

Votanti 504

Astenuti 9

Maggioranza 253

Hanno votato441

Hanno votato no 63).

Passiamo alla votazione dell'articolo aggiuntivo 4.0600 (Ulteriore nuova formulazione) del Governo.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giovanelli. Ne ha facoltà.

ORIANO GIOVANELLI. Signor Presidente, ci tenevo a non far passare sotto silenzio l'importanza di questo articolo aggiuntivo al quale noi daremo un voto assolutamente favorevole. Voglio anche cogliere l'occasione per segnalare ancora una volta il contributo importante che il Governo, nella figura dei suoi Ministri, in particolare del Ministro Patroni Griffi, che ci ha seguito davvero con tanta costanza e con tanto impegno nel lavoro di Commissione e d'Aula, ha dato per far decollare questo provvedimento rispetto alla sua stesura precedente. Questo è uno dei passaggi chiave che, se mi è consentito, fa anche piazza pulita di certe polemiche del tutto fuori luogo che leggiamo sulla stampa - stamattina in particolare leggendo il Corriere della Sera - quasi che al Governo noi avessimo un Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione preoccupato di tutelare i privilegi della pubblica amministrazione e dei suoi dirigenti. Questo articolo, come tanti altri comportamenti, testimonia esattamente il contrario. C'è in atto un lavoro molto rigoroso teso a far sì che venga riacquistata fiducia e stima nei confronti della pubblica amministrazione proprio in seguito a scelte particolarmente rigide e rigorose.

La delega che viene attribuita al Governo per la disciplina dei casi di non conferibilità e di incompatibilità degli incarichi dirigenziali è un passaggio chiave che, come è stato già notato dalla relatrice che l'ha giustamente sottolineato, va a incidere in quel delicato aspetto del rapporto tra politica e amministrazione sul quale si sono giocate le buone e, qualche volta, disastrose sorti sia della politica sia dell'amministrazione.

Penso che il fatto che si sia conferita questa delega non «a babbo morto» ma nei prossimi sei mesi significa la volontà di lavorare a testa bassa per mettere ordine su questa materia. Il rapporto tra politica e gestione e la famosa distinzione delle funzioni tra politica e gestione non può essere abbandonata. C'è stato un momento in cui sembrava che la pubblica amministrazione dovesse stare al suo posto sine die e c'era la favola che circolava all'interno degli uffici pubblici: i politici passano, gli amministrativi, i dirigenti restano. Quella inamovibilità ci ha creato molti danni, ha creato molti danni alla pubblica amministrazione. Poi si è scivolati sul terreno opposto e, quindi, gli spazi di autonomia che la politica ha avuto per poter selezionare la classe dirigente amministrativa sono finiti nell'abuso, nella commistione tra politica e amministrazione. Il compito che il Governo si assume con questa delega sarà quindi particolarmente delicato: dovrà riguardare l'amministrazione centrale come l'amministrazione regionale e locale, la pubblica amministrazione come la sanità. Ritengo che sarà particolarmente importante il lavoro di accompagnamento che dovrà essere svolto all'interno del dialogo con le organizzazioni sindacali piuttosto che con le rappresentanze degli enti locali e con le Commissioni parlamentari per fare in modo che venga ritrovato il riequilibrio virtuoso tra politica e gestione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Melchiorre.

Avverto che la componente politica del gruppo Misto Liberal-Democratici ha esaurito i tempi previsti dal contingentamento. La Presidenza, come già fatto in precedenti analoghe circostanze, concederà a tale componente un aumento dei tempi pari a un terzo di quelli originariamente concessi. Prego, onorevole Melchiorre, ha facoltà di parlare per tre minuti.

DANIELA MELCHIORRE. Visti i tempi superidotti, vorrei soffermarmi su un punto particolarmente importante contenuto in questo articolo aggiuntivo 4.0600 (Ulteriore nuova formulazione) presentato dal Governo vale a dire la famosa lettera c). Ci siamo intrattenuti a lungo in questi giorni su questa parte perché c'è sembrata in fondo la più importante sempre nell'ottica della finalità complessiva del provvedimento in esame cioè quello di prevenire e contrastare i fenomeni di corruzione in un'ottica di trasparenza dell'attività della pubblica amministrazione. Ebbene si tratta dei famosi incarichi dirigenziali che vengono conferiti ai soggetti che sono estranei alla pubblica amministrazione. Confidiamo molto nella delega che il Governo avrà la possibilità di esercitare nei sei mesi successivi all'entrata in vigore di questo disegno di legge dal momento che è stata introdotta felicemente alla lettera c) la possibilità di disciplinare i criteri di conferimento di questi incarichi. Si è cioè cercato di ragionare non soltanto in termini negativi, cioè prevedendo tutta una serie di cause di non conferibilità dei suddetti incarichi ma prevedendo bensì i criteri di conferimento cioè quali sono i criteri che devono essere seguiti per poter affidare tali incarichi.

Credo che questo sia un punto assolutamente fondamentale. Ci auguriamo quindi anche che non siano lasciate maglie troppo larghe nella disciplina di queste disposizioni future laddove si parla anche dei casi di non conferibilità che vanno graduati e regolati in rapporto alla rilevanza delle cariche di carattere politico che sono state ricoperte dai soggetti che poi andranno a ricoprire i suddetti incarichi. Ebbene crediamo e confidiamo nella lungimiranza dell'attività del Governo.

Al tempo stesso vorremmo anche che questo fosse sottolineato ed evidenziato, perchéè forse la prima volta che si ha il coraggio anche di affrontare pubblicamente e di mettere per iscritto pubblicamente questo principio, proprio per far sì che non vi sia più confusione, anche potendo prevedere nuove forme di conferimento di questi incarichi, che siano magari più pubbliche, più trasparenti. Ad esempio potrebbero anche essere dei concorsi pubblici, perché no? Tutto sommato non sarà il concorso il metodo in assoluto perfetto per scegliere i migliori, ma forse finora è l'unico che si è avvicinato alla perfezione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, solo poche parole in realtà per sostenere davvero il nostro convinto punto di vista a favore di questo articolo aggiuntivo 4.0600 (Ulteriore nuova formulazione) del Governo, che è il cuore dell'articolo 4 ed è anche il cuore di una questione, quella della delega al Governo in tema di incandidabilità tra politica e incarichi di dirigenti nelle pubbliche amministrazioni, che come è stato ricordato è stato fortemente voluto dal Ministro Patroni Griffi. Esattamente noterò anch'io - al contrario di quel che alcuni pur autorevoli opinionisti hanno oggi affermato in qualche caso - che d'altronde essere in qualche modo affezionati ed anche avere una cultura della pubblica amministrazione non può essere inteso come un difetto, perché altrimenti forse valicheremmo davvero i limiti della ragione.

Il problema è che il principio di separazione tra politica e amministrazione è un principio labile, più volte derogato e invaso, invece è un principio da tutelare con amorevolezza, perché entrambi questi soggetti, i funzionari elettivi od onorari della pubblica amministrazione e i funzionari professionali, devono collaborare, pur nella distinzione, nell'esercizio delle funzioni pubbliche. Questa norma alla fine, nella sua formulazione, si giova anche di un nostro contributo, come gruppo dell'Unione di Centro, nel sottolineare appunto la necessità che i conferimenti degli incarichi dirigenziali siano fatti non tanto sulla base del pregiudizio, per cui vanno bene i periodi di «raffreddamento» per chi già viene da un organo politico - ma non un pregiudizio in generale per chi è stato candidato magari in una qualunque elezione - ma piuttosto sulla base dei requisiti positivi soggettivi dei candidati prescelti ai vertici delle pubblichi pubbliche amministrazioni.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 18,30).

PIERLUIGI MANTINI. Qui bisogna essere chiari, come noi siamo stati in altre circostanze e in altri provvedimenti legislativi, anche di rango costituzionale: anche per questi incarichi occorre che la nomina sia fatta per merito, attraverso un confronto concorrenziale di curricula professionali. E se fosse possibile - parliamo delle nomine per le ASL, per le dirigenze anche delle società pubbliche e via dicendo - non dall'organo politico, perché lì anche è lo snodo. Occorre che vi sia una commissione di tipo tecnico a cui è affidata la valutazione dei curricula. È chiaro che c'è anche un rapporto di tipo fiduciario, ma il rapporto di tipo fiduciario non può sostituire la valutazione del merito professionale. Dunque noi invitiamo il Governo ad esercitare questa delega nello stabilire i criteri dei conferimenti, perchéè una grande occasione.

Ciò non per evitare che, magari, qualche buon candidato alle elezioni, o qualcuno che abbia ricoperto un munus pubblico elettivo, pur avendo requisiti professionali, non possa dare in altra veste un suo contributo all'amministrazione, ma per allargare finalmente l'area della distinzione tra politica e amministrazione, stabilendo che anche negli enti, nelle società collegate, nelle società pubbliche, a partecipazione pubblica, si scelga secondo merito e non secondo convenienza politica.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lorenzin. Ne ha facoltà.

BEATRICE LORENZIN. Signor Presidente, sull'articolo in esame, nella scorsa seduta, ci siamo tutti accalorati e abbiamo, a mio parere, sollevato una serie di questioni che sono state accolte in modo favorevole dal Governo. Ringrazio anche la relatrice per il lavoro che ha svolto: credo che con la collaborazione di tutti i colleghi siamo riusciti ad arrivare ad un punto di caduta.

L'articolo 4 è uno degli articoli centrali di questo provvedimento, centrale perché, con la delega che viene conferita al Governo, si ridisegna parte di quella costruzione che riguardava l'affidamento e gli elementi per affidare gli incarichi dirigenziali della pubblica amministrazione. Si pongono dei principi molto chiari, saldi, come alla lettera b), che oggi diventa la lettera a): vi è una precisa indicazione sulla non conferibilità di incarichi dirigenziali a persone che sono condannate, anche con sentenza non passata in giudicato, per reati che riguardano la corruzione.

È stata una scelta di opportunità, che se, in parte, può sembrare distonica con il nostro ordinamento costituzionale, in realtà, risponde ad un'esigenza - che viene forte anche dallo stesso mondo della pubblica amministrazione - di avere criteri sempre più stringenti per quanto riguarda le nomine e le indicazioni di leadership, di managerialità all'interno dell'amministrazione, che diventa sempre più azienda e sempre meno apparato.

Tuttavia, sulla lettera c), noi abbiamo fatto un grande lavoro: non c'è più quel riferimento alla candidabilità che, a nostro parere, era un riferimento fuori luogo rispetto all'intenzione del legislatore che, di fatto, poneva un pregiudizio nella scelta della dirigenza: per cui, addirittura, se ci si era candidati e, quindi, si aveva soltanto espresso la volontà di potersi cimentare in quello che dovrebbe essere uno dei servizi più nobili a disposizione della propria polis o della propria nazione, solo quello escludeva automaticamente dal poter diventare dirigente. Questa parte è stata espunta e sono stati ridotti i termini di esclusione, da tre a un anno. Credo che sia stato fatto un lavoro guidato da quel buon senso che dovrebbe animarci tutti, anche nella difficile opera che stiamo compiendo con questa norma. Quindi, dichiaro il grande favore del gruppo PdL per l'articolo 4.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Signor Presidente, intervengo semplicemente per ricordare all'Aula come questo passaggio si collochi esattamente nell'ambito dell'anticorruzione, in quella dicotomia, in quella suddivisione, diciamo, stereofonica fra il ramo amministrativo e quello penale. In particolare, intervenire sulla struttura e sul procedimento in termini di trasparenza e di efficienza riconduce proprio a quei criteri di imparzialità e buon andamento che l'articolo 97 della Costituzione propugna come fondamentali per una pubblica amministrazione accettabile.

Vorrei rammentare che, in linea con quello che prevede la legge del 1996 sulla responsabilità contabile, la differenza fra la responsabilità dei dirigenti e degli organi di propulsione politica è qui molto netta. Per cui, molto opportunamente, si interviene sull'incompatibilità dei dirigenti, perché, secondo la Corte dei conti, sono i dirigenti ad avere la decisa, netta e personale responsabilità sugli atti politici, al di là degli indirizzi.

PRESIDENTE. La invito a concludere, onorevole Sisto.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Quindi, per una credibile amministrazione, per un'effettiva anticorruzione, questo è un passaggio fondamentale, perché, in linea con quello che la nostra legislazione stabilisce, dà alla turnazione, alla presenza di coloro che dirigono, istruiscono e hanno la principale responsabilità del procedimento una lettura assolutamente capace di garantire una migliore percorribilità dei procedimenti amministrativi.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo 4.0600 (Ulteriore nuova formulazione) del Governo, nel testo subemendato, accettato dalle Commissioni.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Lussana, Lusetti, Golfo, Nola, Giro, Casero, Paniz, Pili....

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 504

Votanti 480

Astenuti 24

Maggioranza 241

Hanno votato479

Hanno votato no 1).

Il Governo vorrebbe intervenire sugli articoli aggiuntivi Mantovano 4.0250, 4.0252 e 4.0253 per motivare l'invito al ritiro. Prego, signor Ministro ne ha facoltà.

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Signor Presidente, gli articoli aggiuntivi Mantovano 4.0250 e 4.0252, in realtà hanno una finalità che ritengo meritevole della massima considerazione. Il problema è che la prima di queste proposte emendative, così come formulata e sostitutiva dell'attuale testo dell'articolo 9 della legge sul procedimento amministrativo, altera complessivamente il sistema della legge sul procedimento, prevedendo che i portatori di interessi cosiddetti diffusi, possano intervenire in qualsivoglia procedimento pur non avendo un interesse qualificato a farlo. Questa impostazione, che peraltro era stata in un primo momento condivisa nella preparazione della legge n. 241 dalla Commissione Nigro e poi non accolta, ha, peraltro, anche notevoli ripercussioni in materia, per esempio, di sistema di accesso ai documenti amministrativi, in materia di ricorsi giurisdizionali amministrativi o di ricorsi amministrativi. Posso, peraltro, dire che, con questi due articoli aggiuntivi si intende sostanzialmente introdurre una disciplina dell'udienza pubblica, sia pure, lo ripeto, in maniera inevitabilmente asistematica perché è un intervento contenuto in un'altra legge, quello sul disegno di legge anticorruzione che incide pesantemente sulla legge del procedimento.

Posso peraltro dire che il Governo, per alcuni di questi procedimenti, in particolare per quelli in cui più normalmente si introduce l'istituto dell'udienza pubblica, e cioè per gli atti di pianificazione di grandi opere, sta per introdurre una normativa che sostanzialmente ricalca l'istituto dell'udienza pubblica in quei procedimenti in cui questo istituto ha una sua ragion d'essere ed è anzi un istituto positivo. Questo è il motivo per cui, su queste due proposte emendative, in questa formulazione e in questa sede, c'è una contrarietà del Governo. Per quanto riguarda l'articolo aggiuntivo Mantovano 4.0253 ho già fatto presente alla Camera, nell'ultima o penultima seduta, che questo, in sé, è dirompente per il sistema del giudizio amministrativo questa volta, perché riconduce l'obbligatorietà dell'autotutela e cioè dell'annullamento di un provvedimento amministrativo a seguito di una sentenza di primo grado che lo abbia ritenuto illegittimo ma a fronte di una rinuncia al ricorso originario. Quindi, riconduce l'obbligatorietà dell'autotutela a un fatto sentenza che non esiste più, a un accertamento che non c'è più in sede giurisdizionale.

Su questo, peraltro, poiché anche qui, nel settore specifico degli appalti, vi è un'esigenza reale, è pensabile che la situazione dedotta dall'onorevole presentatore possa costituire un sintomo di un procedimento di autotutela da attivarsi e magari, su questo punto, si può anche pensare ad una qualche direttiva del Ministro per la pubblica amministrazione alle amministrazioni perché valutino attentamente in concreto tutte quelle ipotesi in cui vi sia una rinuncia all'appello in corso di un giudizio amministrativo che riguardi appalti e che questa rinuncia comporti anche una rinuncia al ricorso originario.

PRESIDENTE. Passiamo all'articolo aggiuntivo Mantovano 4.0250.

Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'articolo aggiuntivo Mantovano 4.0250, formulato dal relatore.

ALFREDO MANTOVANO. Signor Presidente, vorrei dare atto della completezza della spiegazione che il Ministro Patroni Griffi ha fornito a sostegno dell'invito al ritiro di questi articoli aggiuntivi e dell'attestazione che egli stesso ha dato di una meritevolezza di attenzione della sostanza apportata da queste proposte emendative. Esprimerò una parola, quindi, su ciascuna delle due tematiche.

I primi due, gli articoli aggiuntivi 4.0250 e 4.0252, a mia firma, puntavano, come ha sottolineato il Ministro, ad un maggior coinvolgimento procedurale di soggetti potenzialmente interessati e, quindi, ad una prevenzione del contenzioso e anche di fatti di corruttela. Il ritiro, che opero, di questi articoli aggiuntivi sarà seguito poi da un ordine del giorno funzionale ad una direttiva che il Governo potrà dare per allargare il più possibile. Peraltro, l'assicurazione che ha dato il Ministro di una norma contenuta in un provvedimento che sembra imminente può darsi che faccia entrare in vigore la nuova norma, che contiene sostanzialmente la disciplina dell'udienza pubblica, molto prima dell'approvazione e dell'entrata a regime di questo.

Sull'altro articolo aggiuntivo, cioè sul 4.0253, a mia firma, anche in questo caso l'obiettivo è quello di indurre una maggiore attenzione alle pubbliche amministrazioni di fronte a casi in cui una corruttela sottostante, derivante da una compravendita di sentenze, ha una sua evidenza e, quindi, in questo caso una direttiva del Ministro per la funzione pubblica alle amministrazioni interessate è assolutamente opportuna. Ovviamente mi permetto di invitare i colleghi, che fossero interessati a queste materie e che condividano queste proposte emendative, a non farli propri dopo la mia rinuncia perché, se li facessero propri e fossero respinti, non si potrebbero più presentare degli ordini del giorno.

Quindi, ritiro questi articoli aggiuntivi, annuncio degli ordini del giorno che saranno presentati al momento opportuno, ma mi auguro che ciò mi sia reso possibile per evitare la bocciatura di una sostanza sulla quale mi pare che con il Governo concordiamo.

PRESIDENTE. Quindi, sono ritirati tutti e tre gli articoli aggiuntivi.

(Ripresa esame dell'articolo 6 - A.C. 4434-A)

PRESIDENTE. Riprendiamo l'esame dell'articolo 6 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 4434-A).

Invito i relatori ad esprimere il parere delle Commissioni.

ANGELA NAPOLI, Relatore per la II Commissione. Signor Presidente, erano stati accantonati gli identici emendamenti Vitali 6.1, Barbaro 6.252 e Rao 6.253 ed era stato dato parere favorevole all'emendamento Melchiorre 6.251. Pertanto, propongo la riformulazione dei tre identici emendamenti, inserendo dentro anche l'emendamento Melchiorre 6.251.

PRESIDENTE. Onorevole Angela Napoli, anche il «trasporto transfrontaliero» entra praticamente nei tre identici emendamenti?

ANGELA NAPOLI, Relatore per la II Commissione. Sì, signor Presidente. Leggo la riformulazione. Al comma 1 sostituire le parole «è condizione» con le parole «soddisfa i requisiti per l'informazione antimafia». La lettera b) del comma 2 è da intendersi così riformulata: «b) trasporto, anche transfrontaliero, e smaltimento di rifiuti conto terzi» (con questa riformulazione si recepisce l'emendamento Melchiorre 6.251). Al comma 4, dopo le parole «dei propri organi sociali» aggiungere le parole «, entro trenta giorni dalla data della modifica». Infine, si propone di aggiungere il comma 6 dal seguente testo: «6. Fino al sessantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 5 continua ad applicarsi la normativa vigente alla data di entrata in vigore della presente legge».

Ripeto che questa riformulazione riguarda gli identici articoli aggiuntivi Vitali 6.1, Barbaro 6.252 e Rao 6.253 e recepisce anche l'emendamento Melchiorre 6.251.

PRESIDENTE. Prima di chiedere il parere al rappresentante del Governo, prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione degli identici emendamenti Vitali 6.1, Barbaro 6.252 e Rao 6.253.

Chiedo all'onorevole Melchiorre se accede all'invito al ritiro formulato per il suo emendamento 6.251.

DANIELA MELCHIORRE. Sì, signor Presidente, ritiro il mio emendamento 6.251.

PRESIDENTE. Invito dunque il rappresentante del Governo ad esprimere il prescritto parere.

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Signor Presidente, con la nuova formulazione proposta dai relatori il parere del Governo è favorevole.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione degli identici emendamenti in esame. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, l'onorevole Melchiorre. Ne ha facoltà.

DANIELA MELCHIORRE. Signor Presidente, intervengo a proposito dell'introduzione, nell'elencazione delle attività che vengono ricomprese nella certificazione antimafia, del trasporto transfrontaliero dei rifiuti tossici. I rifiuti in generale, ma in particolare quelli che poi vengono ritenuti tali, sono la nuova frontiera del trasporto illecito di rifiuti. Sono contenta, quindi, che sia stato recepito questo nostro emendamento da parte delle Commissioni. Quindi, annunciamo comunque il nostro voto favorevole.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Garavini. Ne ha facoltà.

LAURA GARAVINI. Signor Presidente, intervengo per illustrare a nome del Partito Democratico il voto favorevole su questo articolo 6, perché si tratta di un articolo con efficacia limitata nel tempo, che prevede l'elencazione di una serie di attività particolarmente soggette ad infiltrazione mafiosa. È un articolo che fondamentalmente è condivisibile in questo impianto generale che si dà, di certo però che non è risolutivo dei problemi legati alla certificazione antimafia. Anzi, non tocca la questione principale, vale a dire la necessità di intervenire in tempi stretti all'istituzione della banca dati della certificazione antimafia.

Questo è il punto vero che può dare un contributo concreto ed effettivo nella lotta alla criminalità organizzata.

Ecco perché ci auguriamo, nell'esprimere voto favorevole su queste proposte emendative, che il Governo intervenga urgentemente sulla questione che, appunto, non è stata trattata né nell'articolo né negli emendamenti ad esso presentati. Dunque, mi auguro che si pervenga ad una veloce e concreta attuazione della banca dati, perché solo questa può rappresentare un ausilio vero nel contrasto alla criminalità organizzata. Non si può assolutamente pensare che l'istituzione delle cosiddette white list possa essere sostitutiva e, anzi, laddove si sono istituite - perché non dimentichiamo che erano già state introdotte, anche legislativamente, dal decreto-legge sull'Abruzzo e dal decreto-legge sull'Expo 2015 - in realtà queste white list non hanno dato nessun efficace ed effettivo riscontro e, anzi, non vi sono state neanche iscrizioni alle white list. Dunque, non sarebbero per niente sostitutive o migliorative della certificazione antimafia.

PRESIDENTE. Voglio chiarire ai colleghi che l'onorevole Garavini ha parlato a pieno titolo sull'articolo, perché i tre identici emendamenti sono interamente sostitutivi dell'articolo. L'articolo 6, pertanto, non sarà più posto in votazione.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Pietro. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, intervengo per esprimere la nostra posizione favorevole su questi emendamenti che sono il frutto, appunto, di un ripensamento complessivo che riteniamo opportuno sia stato inserito in questo provvedimento. Pertanto, preannunzio il nostro voto favorevole.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Contento. Ne ha facoltà.

MANLIO CONTENTO. Signor Presidente, il Popolo della Libertà esprimerà voto favorevole su questi emendamenti, che ha contribuito a portare all'attenzione del Parlamento.

Crediamo che anche questa sia una pagina bella, perché verranno votati a larga maggioranza e consentiranno di rovesciare un concetto, in forza del quale sono sempre le imprese coinvolte nei lavori pubblici a doversi fare carico anche di alcune disfunzioni della pubblica amministrazione.

Per quanto concerne la banca dati, questi emendamenti contengono un rinvio ad un decreto che è stato appositamente pensato per superare anche quegli aspetti. Ma credo che se il Parlamento oggi non avesse avuto il coraggio di andare fino in fondo, votando questa modifica, saremmo qui ad aspettare quella banca dati anche di fronte ad altre iniziative legislative.

Ecco perché riteniamo, come Popolo della Libertà, che questo atto di coraggio imponga anche al Ministero competente - e ringrazio anche il Ministro per il suo parere favorevole - di porre mano, con forza, ad un sistema che deve essere efficiente per combattere, ancora in modo più appropriato, la criminalità organizzata e, in particolare, quella mafiosa (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Granata. Ne ha facoltà.

BENEDETTO FABIO GRANATA. Signor Presidente, a nome del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo sono già intervenuto ieri - direi molto ampiamente - su questo tema. Abbiamo registrato con soddisfazione la possibilità di approvare l'articolato così come è stato proposto.

Preannunzio, dunque, il voto favorevole, ovviamente, del gruppo parlamentare Futuro e Libertà per il Terzo Polo e credo che, all'interno di questa importante norma anticorruzione, questa formulazione, per l'aspetto che tratta, sia di particolare qualificazione dell'intero provvedimento legislativo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, anche a nome del mio gruppo preannunzio il voto favorevole su queste identiche proposte emendative.

Prendo anche la parola per una valutazione di carattere generale, complessiva. Certamente, questo è un passo in avanti per quanto riguarda la lotta alla criminalità organizzata e alle infiltrazioni mafiose. Ritengo che abbiamo anche una legislazione avanzata nel contrasto alla lotta alla criminalità. Credo che questo articolo sia importante e costituisca un passaggio fondamentale, ma non può essere considerato esaustivo.

Come abbiamo detto più volte in tante occasioni, ritengo che la battaglia per il contrasto alla criminalità organizzata sia un fatto culturale e di sensibilità. Credo, inoltre, che anche per l'aspetto relativo alle infiltrazioni della criminalità, rispetto anche ai dati e agli aspetti che sono contenuti in questo articolo, si debba prevedere un'assunzione di responsabilità.

Penso certamente ad alcune aziende pubbliche, che debbono svolgere il controllo. Non bastano semplicemente gli elenchi e gli aggiornamenti, né basta semplicemente il dato cartaceo. Ritengo che bisogna fare qualche riflessione in più, qualche battuta in più e soprattutto qualche valutazione in più perché sarebbe esiziale se noi ci considerassimo soddisfatti semplicemente con una norma che prevede alcune cose, ma che non è certamente esaustiva, come dicevo prima.

Per cui, signor Presidente, esprimiamo certamente una posizione favorevole su questo articolo 6, ma con una riflessione. Penso, ad esempio, alle prefetture che devono fare alcuni adempimenti. Ci aspettiamo che il regolamento del codice antimafia preveda anche delle strutture rafforzate, altrimenti si tratterà semplicemente di una misura cartacea che non raggiungerà il suo obiettivo.

Detto questo, confermo il voto favorevole del mio gruppo su questo articolo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nicola Molteni. Ne ha facoltà.

NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, interveniamo anche noi - come gruppo della Lega - per confermare il voto favorevole su questo articolo, che rappresenta una sorta di completamento di quanto già il Governo precedente aveva attuato in merito alle politiche antimafia, in modo particolare il Ministro Roberto Maroni. Si fa riferimento al codice antimafia ed al piano straordinario contro le mafie: erano già state anticipate le linee cardine ed i principi fondamentali. Gli elementi strutturali che andavano in questa direzione erano già stati individuati e presi in considerazione. Non si era arrivati alla formulazione e all'applicazione completa di questo principio perché mancava il regolamento che gli uffici - come ricordava prima il collega Contento - non avevano trovato modo di poter portare a compimento.

Quindi noi crediamo che con questo articolo si dia completezza ed organicità ad un tema: il tema della mafia e della criminalità particolarmente strutturato sui territori anche su quelli del Nord. Noi crediamo che il lavoro svolto all'interno del Comitato dei diciotto e le sensibilità che sono state raccolte siano stati importanti perché, su un tema come questo, ben venga che il Parlamento in modo unanime e congiunto possa trovare una soluzione condivisa. Quindi, da parte nostra c'è il voto favorevole ed il plauso per il lavoro che è stato svolto (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sugli identici emendamenti Vitali 6.1, Barbaro 6.252 e Rao 6.253, nel testo riformulato, accettati dalle Commissioni e dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Scilipoti, Razzi, Carfagna, Zeller, Veltroni, Tortoli, Antonio Pepe...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 494

Votanti 489

Astenuti 5

Maggioranza 245

Hanno votato489).

Prendo atto che il deputato Pionati ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, come avevo preannunziato, non siamo pronti per esprimere il parere sull'articolo 10, per cui le chiederemmo una sospensione, sperando che nella giornata di domani, in mattinata, il Comitato dei diciotto, possa - oltre all'articolo 10 - completare l'esame degli articoli 12 e 13, atteso che il Ministro della giustizia ci ha confermato che domani esprimerà il parere con riferimento agli articoli di sua competenza.

Le chiedo pertanto - atteso che la Commissione si riunirà alle 9,30 - di consentire un'ora di lavoro al Comitato dei diciotto e, conseguentemente, di fissare l'inizio dei lavori dell'Assemblea per le ore 10,30.

PRESIDENTE. Ritengo che, se non vi sono obiezioni, si possa stabilire nel senso richiesto ed auspicato dal presidente della Commissione.

Il seguito della discussione è, pertanto, rinviato alla seduta di domani mattina, alle ore 10,30.


 


 

DISEGNO DI LEGGE: S. 2156 – DISPOSIZIONI PER LA PREVENZIONE E LA REPRESSIONE DELLA CORRUZIONE E DELL'ILLEGALITÀ NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 4434-A); ED ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE: DI PIETRO ED ALTRI; FERRANTI ED ALTRI; GIOVANELLI ED ALTRI; TORRISI ED ALTRI; GARAVINI; FERRANTI ED ALTRI (A.C. 3380-3850-4382-4501-4516-4906)

 

A.C. 4434-A – Parere della V Commissione

 

PARERE DELLA V COMMISSIONE SULLE PROPOSTE EMENDATIVE PRESENTATE

 

NULLA OSTA

 

sull'emendamento 2.700 e sui subemendamenti 0.2.700.1, 0.2.700.2, 0.2.700.3, 0.2.700.4, 0.2.700.5, 0.2.700.6, 0.2.700.7, 0.2.700.8, 0.2.700.9, 0.2.700.10, 0.2.700.11, 0.2.700.12, 0.2.700.13, 0.2.700.14 e 0.2.700.100.

 

A.C. 4434-A – Articolo 2

 

ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE N.4434 NEL TESTO DELLE COMMISSIONI

 

Art. 2.

(Trasparenza dell'attività amministrativa).

 

  1. La trasparenza dell'attività amministrativa, che costituisce livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, secondo quanto previsto all'articolo 11 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n.150, è assicurata mediante la pubblicazione, nei siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni, delle informazioni relative ai procedimenti amministrativi, secondo criteri di facile accessibilità, completezza e semplicità di consultazione, nel rispetto delle disposizioni in materia di segreto di Stato, di segreto d'ufficio e di protezione dei dati personali. Nei siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni sono altresì pubblicati i costi unitari di realizzazione delle opere pubbliche e di produzione dei servizi erogati ai cittadini. Tali informazioni sono pubblicate sulla base di uno schema tipo redatto dall'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture che ne cura altresì la raccolta e la pubblicazione nel proprio sito istituzionale al fine di consentirne una agevole comparazione.

  2. Fermo restando quanto stabilito nell'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, come da ultimo modificato dall'articolo 4 della presente legge, nell'articolo 54 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n.82, e successive modificazioni, nell'articolo 21 della legge 18 giugno 2009, n.69, e successive modificazioni, e nell'articolo 11 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n.150, le pubbliche amministrazioni assicurano i livelli essenziali di cui al comma 1 del presente articolo con particolare riferimento ai procedimenti di:

   a) autorizzazione o concessione;

   b) scelta del contraente per l'affidamento di lavori, forniture e servizi, anche con riferimento alla modalità di selezione prescelta ai sensi del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163;

   c) concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati;

   d) concorsi e prove selettive per l'assunzione del personale e progressioni di carriera di cui all'articolo 24 del citato decreto legislativo n.150 del 2009.

 

  3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano anche ai procedimenti posti

in essere in deroga alle procedure ordinarie. I soggetti che operano in deroga e che non dispongono di propri siti istituzionali pubblicano le informazioni di cui ai citati commi 1 e 2 nei siti istituzionali delle amministrazioni dalle quali sono nominati.

  4. Le informazioni pubblicate ai sensi dei commi 1 e 2 sono trasmesse in via telematica alla Commissione.

  5. Le amministrazioni provvedono altresì al monitoraggio periodico del rispetto dei tempi procedimentali attraverso la tempestiva eliminazione delle anomalie. I risultati del monitoraggio sono consultabili nel sito istituzionale di ciascuna amministrazione.

  6. Ogni amministrazione pubblica rende noto, tramite il proprio sito istituzionale, almeno un indirizzo di posta elettronica certificata cui il cittadino possa rivolgersi per trasmettere istanze ai sensi dell'articolo 38 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n.445, e ricevere informazioni circa i provvedimenti e i procedimenti amministrativi che lo riguardano.

  7. Le amministrazioni possono rendere accessibili in ogni momento agli interessati, tramite strumenti di identificazione informatica di cui all'articolo 65, comma 1, del codice di cui al citato decreto legislativo n.82 del 2005, e successive modificazioni, le informazioni relative ai provvedimenti e ai procedimenti amministrativi che li riguardano, ivi comprese quelle relative allo stato della procedura, ai relativi tempi e allo specifico ufficio competente in ogni singola fase.

  8. Con uno o più decreti dei Ministri per la pubblica amministrazione e la semplificazione, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per le materie di competenza, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.281, e successive modificazioni, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuate le informazioni rilevanti ai fini dell'applicazione dei commi 1 e 2 del presente articolo e le relative modalità di pubblicazione, nonché le indicazioni generali per l'applicazione dei commi 6 e 7. Restano ferme le disposizioni in materia di pubblicità previste dal codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163.

  9. La mancata o incompleta pubblicazione da parte delle pubbliche amministrazioni delle informazioni di cui al comma 8 del presente articolo costituisce violazione degli standard qualitativi ed economici ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 20 dicembre 2009, n.198, ed è comunque valutata ai sensi dell'articolo 21 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, e successive modificazioni. Eventuali ritardi nell'aggiornamento dei contenuti sugli strumenti informatici sono sanzionati a carico dei responsabili del servizio.

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE

 

ART. 2.

(Trasparenza dell'attività amministrativa).

 

  Dopo il comma 2, aggiungere i seguenti:

  2-bis. È fatto divieto di ricorrere all'arbitrato nelle controversie relative a concessioni ed appalti pubblici di opere, servizi e forniture in cui sia parte una pubblica amministrazione di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, o una società a partecipazione pubblica, o che comunque abbiano ad oggetto opere o forniture finanziate con denaro pubblico. Le clausole compromissorie sono nulle di diritto e la loro sottoscrizione costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale per i responsabili dei relativi procedimenti. Le presenti disposizioni non si applicano agli arbitrati conferiti o autorizzati prima della data di entrata in vigore della presente legge.

  2-ter. Gli articoli 241, 242 e 243 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163, sono abrogati. Le disposizioni di cui ai citati articoli mantengono efficacia fino alla conclusione delle procedure relative agli arbitrati di cui al comma 2-bis.

2. 280. Di Pietro, Evangelisti, Borghesi, Realacci, Paladini.

 

  All'emendamento 2.700 delle Commissioni, comma 2-bis, capoverso, primo periodo, sopprimere le parole da: , previa autorizzazione fino alla fine del comma.

0. 2. 700. 10. Vanalli, Volpi.

 

  All'emendamento 2.700 delle Commissioni, comma 2-bis, capoverso, secondo periodo, sostituire le parole: sono nulli con le seguenti: sono inefficaci.

0. 2. 700. 1. Sisto, Baldelli.

 

  All'emendamento 2.700 delle Commissioni, comma 2-ter, primo periodo, dopo le parole: all'articolo 241 aggiungere le seguenti: , comma 1,.

0. 2. 700. 2. Contento, Baldelli.

(Approvato)

 

  All'emendamento 2.700 delle Commissioni, comma 2-ter, primo periodo, sopprimere le parole: , in tutto o in parte,.

0. 2. 700. 11. Vanalli, Volpi.

(Approvato)

 

  All'emendamento 2.700 delle Commissioni, comma 2-ter, secondo periodo, sostituire le parole da: di governo fino alla fine del comma con le seguenti: amministrativo rilascia l'autorizzazione di cui al comma 2-bis.

0. 2. 700. 100. Le Commissioni.

(Approvato)

 

  All'emendamento 2.700 delle Commissioni, comma 2-ter, secondo periodo, sostituire le parole da: della società fino alla fine del comma con le seguenti: si identifica con quello cui spetta l'amministrazione della società.

0. 2. 700. 3. Contento, Baldelli.

 

  All'emendamento 2.700 delle Commissioni, comma 2-ter, secondo periodo, sostituire le parole: individuato dallo statuto con le seguenti: specificamente delegato.

0. 2. 700. 4. Sisto, Baldelli.

 

  All'emendamento 2.700 delle Commissioni, comma 2-quinquies, aggiungere, in fine, le parole: di amministrazioni pubbliche terze.

0. 2. 700. 14. Vanalli, Volpi.

 

  All'emendamento 2.700 delle Commissioni, sopprimere il comma 2-sexies.

0. 2. 700. 13. Vanalli, Volpi.

 

  All'emendamento 2.700 delle Commissioni, comma 2-sexies, primo periodo, sostituire le parole da: preferibilmente fino alla fine del comma, con le seguenti: tra i dirigenti pubblici.

0. 2. 700. 5. Sisto, Baldelli, Di Pietro.

 

  All'emendamento 2.700 delle Commissioni, comma 2-septies, secondo periodo, sostituire le parole: La differenza con le seguenti: L'eventuale differenza.

0. 2. 700. 6. Sisto, Baldelli.

(Approvato)

 

  All'emendamento 2.700 delle Commissioni, comma 2-septies, secondo periodo, dopo le parole: spettante agli aggiungere la seguente: altri.

0. 2. 700. 7. Sisto, Baldelli.

 

  All'emendamento 2.700 delle Commissioni, comma 2-septies, secondo periodo, dopo le parole: della pubblica amministrazione aggiungere le seguenti: che ha indetto la gara.

0. 2. 700. 8. Contento, Baldelli.

(Approvato)

 

  All'emendamento 2.700 delle Commissioni, comma 2-septies, aggiungere, in fine, il seguente periodo: L'importo spettante agli arbitri nominati non può superare il doppio dell'importo spettante al dirigente pubblico.

0. 2. 700. 12. Vanalli, Volpi, Di Pietro.

 

  All'emendamento 2.700 delle Commissioni, comma 2-septies, aggiungere, in fine, il seguente periodo: L'importo spettante a ciascun arbitro nominato non può essere superiore a 10.000 euro.

0. 2. 700. 9. Sisto, Baldelli, Di Pietro, Papa, Consolo, Patarino.

 

  All'articolo 2, dopo il comma 2 aggiungere i seguenti:

  2-bis. All'articolo 241 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163, e successive modificazioni, il comma 1 è sostituito dal seguente:

  1. «Le controversie su diritti soggettivi, derivanti dall'esecuzione dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi, forniture, concorsi di progettazione e di idee, comprese quelle conseguenti al mancato raggiungimento dell'accordo bonario previsto dall'articolo 240, possono essere deferite ad arbitri, previa autorizzazione motivata da parte dell'organo di governo dell'amministrazione. L'inclusione, senza preventiva autorizzazione, nel bando o nell'avviso con cui è indetta la gara ovvero, per le procedure senza bando, nell'invito, della clausola compromissoria o il ricorso all'arbitrato, senza preventiva autorizzazione, sono nulli».

  2-ter. Le disposizioni relative al ricorso ad arbitri di cui all'articolo 241 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n, 163, e successive modificazioni, si applicano anche alle controversie relative a concessioni ed appalti pubblici di opere, servizi e forniture in cui sia parte una società a partecipazione pubblica o che comunque abbiano ad oggetto opere o forniture finanziate, in tutto o in parte, con risorse a carico dei bilanci pubblici. A tal fine, l'organo di governo della società è il soggetto che ne ha la rappresentanza legale ovvero altro soggetto individuato dallo statuto.

  2-quater. La nomina degli arbitri per la risoluzione delle controversie nelle quali è parte una pubblica amministrazione avviene nel rispetto dei principi di pubblicità e di rotazione e secondo le modalità previste dai commi 2-quinquies 2-sexies e 2-septies oltre che nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n, 163, e successive modificazioni, in quanto applicabili.

  2-quinquies. Qualora la controversia si svolga tra due pubbliche amministrazioni, gli arbitri di parte sono individuati esclusivamente tra dirigenti pubblici.

  2-sexies. Qualora la controversia abbia luogo tra una pubblica amministrazione e un privato, l'arbitro individuato dalla pubblica amministrazione è scelto preferibilmente tra i dirigenti pubblici. Qualora non risulti possibile alla pubblica amministrazione nominare un arbitro scelto tra i dirigenti pubblici, la nomina è disposta, con provvedimento motivato, nel rispetto delle disposizioni di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163, e successive modificazioni.

  2-septies. La pubblica amministrazione stabilisce, a pena di nullità della nomina, l'importo massimo spettante al dirigente pubblico per l'attività arbitrale. La differenza tra l'importo spettante agli arbitri nominati e l'importo massimo stabilito per il dirigente è acquisita al bilancio della pubblica amministrazione.

  2-octies. Le disposizioni di cui ai commi 2-bis, 2-ter, 2-quater, 2-quinquies, 2-sexies e 2-septies non si applicano agli arbitrati conferiti o autorizzati prima della data di entrata in vigore della presente legge.

2. 700. Le Commissioni.

(Approvato)

 

A.C. 4434-A – Proposte emendative all'articolo 4

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 4 DEL DISEGNO DI LEGGE

 

ART. 4.

(Modifiche all'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165).

 

Subemendamenti all'articolo aggiuntivo 4. 0600 (ulteriore nuova formulazione) del Governo

 

  All'articolo aggiuntivo 4. 0600 (ulteriore nuova formulazione) del Governo, comma 2, lettera b), sostituire le parole: ad un anno con le seguenti: a tre anni.

 

  Conseguentemente, al medesimo comma, lettera c):

   sostituire le parole: per un congruo periodo di tempo, non inferiore ad un anno con le seguenti: per un congruo periodo di tempo, non inferiore a tre anni;

   sostituire le parole: comunque non inferiore ad un anno con le seguenti: comunque non inferiore a tre anni.

0. 4. 0600. 3. Favia, Donadi, Di Pietro, Palomba, Borghesi, Evangelisti, Cambursano, Moffa, Scilipoti.

 

  All'articolo aggiuntivo 4. 0600 (ulteriore nuova formulazione) del Governo, comma 2, lettera c), dopo le parole: in ogni caso aggiungere le seguenti: , fatta eccezione per gli incarichi di responsabile degli uffici di diretta collaborazione degli organi di indirizzo politico.

0. 4. 0600. 2. Vassallo.

(Approvato)

 

  Dopo l'articolo 4, aggiungere il seguente:

  Art. 4-bis. – (Delega al Governo per la disciplina dei casi di non conferibilità e di incompatibilità degli incarichi dirigenziali). – 1. Ai fini della prevenzione e del contrasto della corruzione e della prevenzione dei conflitti di interesse il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi diretti a modificare la disciplina vigente in materia di attribuzione di incarichi dirigenziali e di incarichi di responsabilità amministrativa di vertice nelle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, e negli enti di diritto privato sottoposti a controllo pubblico esercitanti funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici, da conferire a soggetti interni o esterni alle pubbliche amministrazioni, che comportano funzioni di amministrazione e gestione, nonché a modificare la disciplina vigente in materia di incompatibilità tra i detti incarichi e lo svolgimento di incarichi pubblici elettivi o la titolarità di interessi privati che possano porsi in conflitto con l'esercizio imparziale delle funzioni pubbliche affidate.

  2. I decreti legislativi di cui al comma 1 sono emanati nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:

   a) prevedere in modo esplicito, ai fini della prevenzione e del contrasto della corruzione, i casi di non conferibilità di incarichi dirigenziali, adottando in via generale il criterio della non conferibilità per coloro che sono stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per i reati previsti dal Libro II, Titolo II, Capo I del codice penale;

   b) prevedere in modo esplicito, ai fini della prevenzione e del contrasto della corruzione, i casi di non conferibilità di incarichi dirigenziali, adottando in via generale il criterio della non conferibilità per coloro che per un congruo periodo di tempo, non inferiore ad un anno, antecedente al conferimento, abbiano svolto incarichi o ricoperto cariche in enti di diritto privato sottoposti a controllo o a contribuzione economica da parte dell'amministrazione che conferisce l'incarico;

   c) disciplinare i criteri di conferimento nonché i casi di non conferibilità di incarichi dirigenziali ai soggetti estranei alle amministrazioni che, per un congruo periodo di tempo, non inferiore ad un anno, antecedente al conferimento, abbiano fatto parte di organi di indirizzo politico o abbiano ricoperto cariche pubbliche elettive. I casi di non conferibilità vanno graduati e regolati in rapporto alla rilevanza delle cariche di carattere politico ricoperte, all'ente di riferimento e al collegamento, anche territoriale, con l'amministrazione che conferisce l'incarico. È escluso in ogni caso il conferimento di incarichi dirigenziali a coloro che presso le medesime amministrazioni abbiano svolto incarichi di indirizzo politico o abbiano ricoperto cariche pubbliche elettive nel periodo, comunque non inferiore ad un anno, immediatamente precedente al conferimento dell'incarico;

   d) comprendere tra gli incarichi oggetto della disciplina:

    1) gli incarichi amministrativi di vertice nonché gli incarichi dirigenziali, anche a soggetti estranei alle pubbliche amministrazioni che comportano l'esercizio in via esclusiva delle competenze di amministrazione e gestione;

    2) i direttori generali, sanitari e amministrativi delle aziende sanitarie locali e delle aziende ospedaliere;

    3) gli amministratori di enti pubblici e di enti di diritto privato sottoposti a controllo pubblico;

   e) disciplinare i casi di incompatibilità tra gli incarichi di cui alla lettera d) già conferiti e lo svolgimento di attività, retribuite o non, presso enti di diritto privato sottoposti a regolazione, a controllo o a contribuzione economica da parte dell'amministrazione che ha conferito l'incarico o lo svolgimento in proprio di attività professionali, se l'ente o l'attività professionale sono soggetti a regolazione o a contribuzioni economiche da parte dell'amministrazione;

   f) disciplinare i casi di incompatibilità tra gli incarichi di cui alla lettera d) già conferiti e l'esercizio di cariche negli organi di indirizzo politico.

4. 0600.(ulteriore nuova formulazione) Governo.

(Approvato)

 

  Dopo l'articolo 4, aggiungere il seguente:

  Art. 4-bis. L'articolo 9 della legge 7 agosto 1990, n.241, è sostituito dal seguente:

  Art. 9. – (Intervento dei portatori di interessi nel procedimento). – 1. Le persone fisiche portatrici di propri interessi individuali e i loro rappresentanti legali o volontari, i soggetti portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati in conformità alle disposizioni normative di settore, nonché i soggetti portatori di interessi pubblici in qualsiasi forma costituiti, hanno facoltà di intervenire nel procedimento amministrativo in ogni sua fase sino alla decisione finale.

  2. L'intervento nel procedimento amministrativo di soggetti diversi da quelli di cui al comma 1, in particolare di imprese, persone giuridiche, portatori di interessi particolari altrui o gruppi di interesse, per i procedimenti di competenza delle amministrazioni statali e degli enti pubblici nazionali, è disciplinato con regolamento, da adottare ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n.400, nel termine di sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge. Il regolamento indica le modalità di partecipazione e le forme di interlocuzione con le amministrazioni procedenti in ordine all'intervento di cui al presente comma, con garanzie elevate di trasparenza, pubblicità e imparzialità. Le regioni e gli enti locali si conformano al principio di differenziazione delle modalità partecipative di cui al presente comma, nell'ambito delle rispettive competenze, disciplinando la materia ai sensi dell'articolo 29. Nelle more dell'adozione delle misure normative di cui al presente comma, si applica la disciplina di cui al comma 1.

4. 0250. Mantovano, Costa.

 

  Dopo l'articolo 4, aggiungere il seguente:

  Art. 4-bis. All'articolo 13 della legge 7 agosto 1990, n.241, dopo il comma 1, è inserito il seguente:

  1-bis. L'adozione finale degli atti di cui al comma 1 deve in ogni caso essere preceduta da una consultazione pubblica che consenta a tutti gli interessati di esprimersi con osservazioni scritte sullo schema di atto elaborato nel corso del procedimento dalle amministrazioni competenti. La consultazione pubblica può svolgersi anche in forma telematica.

4. 0252. Mantovano, Costa.

 

  Dopo l'articolo 4, aggiungere il seguente:

  Art. 4-bis. All'articolo 21-nonies della legge 7 agosto 1990, n.241, sono apportate le seguenti modificazioni:

   dopo il comma 1, sono inseriti i seguenti:

  1-bis. Il procedimento di annullamento d'ufficio sia avvia senza deroghe quando l'amministrazione competente per l'autotutela ha notizia di circostanze di fatto tali da far ragionevolmente ipotizzare che l'illegittimità del provvedimento di primo grado si correla, direttamente o indirettamente, a fatti di corruzione nell'attività amministrativa.

  1-ter. Le pubbliche amministrazioni dispongono in ogni caso l'annullamento d'ufficio dei provvedimenti amministrativi definitivamente annullati in sede giurisdizionale, anche nei casi in cui la parte vittoriosa nel giudizio ha volontariamente rinunciato al ricorso o agli effetti della sentenza di annullamento.

  1-quater. I provvedimenti di annullamento d'ufficio sono trasmessi dalle amministrazioni competenti, in via telematica, alla Corte dei conti;

   al comma 2, in fine, è aggiunto il seguente periodo: «Il procedimento di convalida non può essere avviato nei casi di cui ai commi 1-bis e 1-ter».

4. 0253. Mantovano, Costa.

 

A.C. 4434-A – Articolo 6

 

ARTICOLO 6 DEL DISEGNO DI LEGGE N.4434 NEL TESTO DELLE COMMISSIONI

 

Art. 6.

(Attività d'impresa particolarmente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa).

 

  1. Fino alla data di entrata in vigore del regolamento previsto dall'articolo 91,

comma 7, del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n.159, sono individuate le seguenti tipologie di attività suscettibili di infiltrazione mafiosa per le quali è sempre richiesta l'informazione antimafia di cui all'articolo 84 del citato codice indipendentemente dal valore del contratto o del sub-contratto:

   a) trasporto di materiali a discarica per conto terzi;

   b) trasporto e smaltimento di rifiuti per conto terzi;

   c) estrazione, fornitura e trasporto di terra e materiali inerti;

   d) confezionamento, fornitura e trasporto di calcestruzzo e di bitume;

   e) noli a freddo di macchinari;

   f) fornitura di ferro lavorato;

   g) noli a caldo, qualora il relativo contratto non sia assimilabile al subappalto, ai sensi dell'articolo 118, comma 11, del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163;

   h) autotrasporti per conto terzi;

   i) guardianìa dei cantieri.

 

  2. L'affidamento a terzi, da parte dell'aggiudicatario, di attività comprese tra quelle di cui al comma 1, nonché le modifiche dell'assetto proprietario e degli organi sociali delle imprese aggiudicatarie degli appalti riguardanti le attività di cui al comma 1 sono oggetto di comunicazione alla prefettura per l'espletamento degli opportuni controlli anche ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 2 agosto 2010, n.150. Si applicano le disposizioni dell'articolo 86, commi 3 e 4, del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n.159.

  3. L'individuazione delle attività di cui al comma 1 può essere aggiornata, con decreto del Ministro dell'interno, adottato di concerto con i Ministri della giustizia,

delle infrastrutture e dei trasporti e dello sviluppo economico, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n.400.

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 6 DEL DISEGNO DI LEGGE

 

ART. 6.

(Attività d'impresa particolarmente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa).

 

  Sostituirlo con il seguente:

  Art. 6. – (Attività di imprese particolarmente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa). – 1. Per l'efficacia dei controlli antimafia nelle attività imprenditoriali di cui al comma 2, presso ogni prefettura è istituito l'elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa operanti nei medesimi settori. L'iscrizione negli elenchi della Prefettura della provincia in cui l'impresa ha sede è condizione per l'esercizio della relativa attività. La Prefettura effettua verifiche periodiche circa la perdurante insussistenza dei suddetti rischi e, in caso di esito negativo, dispone la cancellazione dell'impresa dall'elenco.

  2. Sono definite come maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa le seguenti attività:

   a) trasporto di materiali a discarica conto terzi;

   b) trasporto e smaltimento di rifiuti conto terzi;

   c) estrazione, fornitura e trasporto di terra e materiali inerti;

   d) confezionamento, fornitura e trasporto di calcestruzzo e di bitume;

   e) noli a freddo di macchinari;

   f) fornitura di ferro lavorato;

   g) noli a caldo;

   h) autotrasporti conto terzi;

   i) guardianìa dei cantieri.

 

  3. L'indicazione delle attività di cui al comma 2 può essere aggiornata, entro il 31 dicembre di ogni anno, con apposito decreto del Ministro dell'interno, adottato di concerto con i Ministri della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, da rendere entro trenta giorni dalla data di trasmissione alle Camere dei relativi schemi. Qualora le Commissioni non si pronuncino entro il termine, i decreti possono essere comunque adottati.

  4. L'impresa iscritta nell'elenco di cui al comma 1 comunica alla prefettura competente qualsiasi modifica dell'assetto proprietario e dei propri organi sociali. Le società di capitali quotate comunicano le variazioni rilevanti secondo quanto previsto dal decreto legislativo 24 febbraio 1998, n.58. La mancata comunicazione comporta la cancellazione dell'iscrizione.

  5. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e la semplificazione, dell'interno, della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti e dello sviluppo economico, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le modalità per l'istituzione e l'aggiornamento, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, dell'elenco di cui al comma 1, nonché per l'attività di verifica.

*6. 1. Vitali, Contento.

 

  Sostituirlo con il seguente:

  Art. 6. – (Attività di imprese particolarmente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa). – 1. Per l'efficacia dei controlli antimafia nelle attività imprenditoriali di cui al comma 2, presso ogni prefettura è istituito l'elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa operanti nei medesimi settori. L'iscrizione negli elenchi della Prefettura della provincia in cui l'impresa ha sede è condizione per l'esercizio della relativa attività. La Prefettura effettua verifiche periodiche circa la perdurante insussistenza dei suddetti rischi e, in caso di esito negativo, dispone la cancellazione dell'impresa dall'elenco.

  2. Sono definite come maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa le seguenti attività:

   a) trasporto di materiali a discarica conto terzi;

   b) trasporto e smaltimento di rifiuti conto terzi;

   c) estrazione, fornitura e trasporto di terra e materiali inerti;

   d) confezionamento, fornitura e trasporto di calcestruzzo e di bitume;

   e) noli a freddo di macchinari;

   f) fornitura di ferro lavorato;

   g) noli a caldo;

   h) autotrasporti conto terzi;

   i) guardianìa dei cantieri.

 

  3. L'indicazione delle attività di cui al comma 2 può essere aggiornata, entro il 31 dicembre di ogni anno, con apposito decreto del Ministro dell'interno, adottato di concerto con i Ministri della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, da rendere entro trenta giorni dalla data di trasmissione alle Camere dei relativi schemi. Qualora le Commissioni non si pronuncino entro il termine, i decreti possono essere comunque adottati.

  4. L'impresa iscritta nell'elenco di cui al comma 1 comunica alla prefettura competente qualsiasi modifica dell'assetto proprietario e dei propri organi sociali. Le società di capitali quotate comunicano le variazioni rilevanti secondo quanto previsto dal decreto legislativo 24 febbraio 1998, n.58. La mancata comunicazione comporta la cancellazione dell'iscrizione.

  5. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e la semplificazione, dell'interno, della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti e dello sviluppo economico, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le modalità per l'istituzione e l'aggiornamento, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, dell'elenco di cui al comma 1, nonché per l'attività di verifica.

*6. 252. Barbaro, Bocchino, Briguglio, Consolo, Giorgio Conte, Della Vedova, Di Biagio, Divella, Galli, Granata, Lamorte, Lo Presti, Menia, Moroni, Muro, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Toto.

 

  Sostituirlo con il seguente:

  Art. 6. – (Attività di imprese particolarmente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa). – 1. Per l'efficacia dei controlli antimafia nelle attività imprenditoriali di cui al comma 2, presso ogni prefettura è istituito l'elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa operanti nei medesimi settori. L'iscrizione negli elenchi della Prefettura della provincia in cui l'impresa ha sede è condizione per l'esercizio della relativa attività. La Prefettura effettua verifiche periodiche circa la perdurante insussistenza dei suddetti rischi e, in caso di esito negativo, dispone la cancellazione dell'impresa dall'elenco.

  2. Sono definite come maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa le seguenti attività:

   a) trasporto di materiali a discarica conto terzi;

   b) trasporto e smaltimento di rifiuti conto terzi;

   c) estrazione, fornitura e trasporto di terra e materiali inerti;

   d) confezionamento, fornitura e trasporto di calcestruzzo e di bitume;

   e) noli a freddo di macchinari;

   f) fornitura di ferro lavorato;

   g) noli a caldo;

   h) autotrasporti conto terzi;

   i) guardianìa dei cantieri.

 

  3. L'indicazione delle attività di cui al comma 2 può essere aggiornata, entro il 31 dicembre di ogni anno, con apposito decreto del Ministro dell'interno, adottato di concerto con i Ministri della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, da rendere entro trenta giorni dalla data di trasmissione alle Camere dei relativi schemi. Qualora le Commissioni non si pronuncino entro il termine, i decreti possono essere comunque adottati.

  4. L'impresa iscritta nell'elenco di cui al comma 1 comunica alla prefettura competente qualsiasi modifica dell'assetto proprietario e dei propri organi sociali. Le società di capitali quotate comunicano le variazioni rilevanti secondo quanto previsto dal decreto legislativo 24 febbraio 1998, n.58. La mancata comunicazione comporta la cancellazione dell'iscrizione.

  5. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e la semplificazione, dell'interno, della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti e dello sviluppo economico, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le modalità per l'istituzione e l'aggiornamento, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, dell'elenco di cui al comma 1, nonché per l'attività di verifica.

*6. 253. Rao.

 

  Sostituirlo con il seguente:

  Art. 6. – (Attività di imprese particolarmente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa). – 1. Per l'efficacia dei controlli antimafia nelle attività imprenditoriali di cui al comma 2, presso ogni prefettura è istituito l'elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa operanti nei medesimi settori. L'iscrizione negli elenchi della Prefettura della provincia in cui l'impresa ha sede soddisfa i requisiti per l'informazione antimafia per l'esercizio della relativa attività. La Prefettura effettua verifiche periodiche circa la perdurante insussistenza dei suddetti rischi e, in caso di esito negativo, dispone la cancellazione dell'impresa dall'elenco.

  2. Sono definite come maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa le seguenti attività:

   a) trasporto di materiali a discarica conto terzi;

   b) trasporto, anche transfrontaliero, e smaltimento di rifiuti conto terzi;

   c) estrazione, fornitura e trasporto di terra e materiali inerti;

   d) confezionamento, fornitura e trasporto di calcestruzzo e di bitume;

   e) noli a freddo di macchinari;

   f) fornitura di ferro lavorato;

   g) noli a caldo;

   h) autotrasporti conto terzi;

   i) guardianìa dei cantieri.

 

  3. L'indicazione delle attività di cui al comma 2 può essere aggiornata, entro il 31 dicembre di ogni anno, con apposito decreto del Ministro dell'interno, adottato di concerto con i Ministri della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, da rendere entro trenta giorni dalla data di trasmissione alle Camere dei relativi schemi. Qualora le Commissioni non si pronuncino entro il termine, i decreti possono essere comunque adottati.

  4. L'impresa iscritta nell'elenco di cui al comma 1 comunica alla prefettura competente qualsiasi modifica dell'assetto proprietario e dei propri organi sociali, entro trenta giorni dalla data della modifica. Le società di capitali quotate comunicano le variazioni rilevanti secondo quanto previsto dal decreto legislativo 24 febbraio 1998, n.58. La mancata comunicazione comporta la cancellazione dell'iscrizione.

  5. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e la semplificazione, dell'interno, della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti e dello sviluppo economico, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le modalità per l'istituzione e l'aggiornamento, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, dell'elenco di cui al comma 1, nonché per l'attività di verifica.

  6. Fino al sessantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 5 continua ad applicarsi la normativa vigente alla data di entrata in vigore della presente legge.

*6. 1.(Nuova formulazione) Vitali, Contento.

(Approvato)

 

  Sostituirlo con il seguente:

  Art. 6. – (Attività di imprese particolarmente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa). – 1. Per l'efficacia dei controlli antimafia nelle attività imprenditoriali di cui al comma 2, presso ogni prefettura è istituito l'elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa operanti nei medesimi settori. L'iscrizione negli elenchi della Prefettura della provincia in cui l'impresa ha sede soddisfa i requisiti per l'informazione antimafia per l'esercizio della relativa attività. La Prefettura effettua verifiche periodiche circa la perdurante insussistenza dei suddetti rischi e, in caso di esito negativo, dispone la cancellazione dell'impresa dall'elenco.

  2. Sono definite come maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa le seguenti attività:

   a) trasporto di materiali a discarica conto terzi;

   b) trasporto, anche transfrontaliero, e smaltimento di rifiuti conto terzi;

   c) estrazione, fornitura e trasporto di terra e materiali inerti;

   d) confezionamento, fornitura e trasporto di calcestruzzo e di bitume;

   e) noli a freddo di macchinari;

   f) fornitura di ferro lavorato;

   g) noli a caldo;

   h) autotrasporti conto terzi;

   i) guardianìa dei cantieri.

 

  3. L'indicazione delle attività di cui al comma 2 può essere aggiornata, entro il 31 dicembre di ogni anno, con apposito decreto del Ministro dell'interno, adottato di concerto con i Ministri della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, da rendere entro trenta giorni dalla data di trasmissione alle Camere dei relativi schemi. Qualora le Commissioni non si pronuncino entro il termine, i decreti possono essere comunque adottati.

  4. L'impresa iscritta nell'elenco di cui al comma 1 comunica alla prefettura competente qualsiasi modifica dell'assetto proprietario e dei propri organi sociali, entro trenta giorni dalla data della modifica. Le società di capitali quotate comunicano le variazioni rilevanti secondo quanto previsto dal decreto legislativo 24 febbraio 1998, n.58. La mancata comunicazione comporta la cancellazione dell'iscrizione.

  5. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e la semplificazione, dell'interno, della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti e dello sviluppo economico, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le modalità per l'istituzione e l'aggiornamento, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, dell'elenco di cui al comma 1, nonché per l'attività di verifica.

  6. Fino al sessantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 5 continua ad applicarsi la normativa vigente alla data di entrata in vigore della presente legge.

*6. 252.(Nuova formulazione) Barbaro, Bocchino, Briguglio, Consolo, Giorgio Conte, Della Vedova, Di Biagio, Divella, Galli, Granata, Lamorte, Lo Presti, Menia, Moroni, Muro, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Toto.

(Approvato)

 

  Sostituirlo con il seguente:

  Art. 6. – (Attività di imprese particolarmente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa). – 1. Per l'efficacia dei controlli antimafia nelle attività imprenditoriali di cui al comma 2, presso ogni prefettura è istituito l'elenco dei fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a tentativo di infiltrazione mafiosa operanti nei medesimi settori. L'iscrizione negli elenchi della Prefettura della provincia in cui l'impresa ha sede soddisfa i requisiti per l'informazione antimafia per l'esercizio della relativa attività. La Prefettura effettua verifiche periodiche circa la perdurante insussistenza dei suddetti rischi e, in caso di esito negativo, dispone la cancellazione dell'impresa dall'elenco.

  2. Sono definite come maggiormente esposte a rischio di infiltrazione mafiosa le seguenti attività:

   a) trasporto di materiali a discarica conto terzi;

   b) trasporto, anche transfrontaliero, e smaltimento di rifiuti conto terzi;

   c) estrazione, fornitura e trasporto di terra e materiali inerti;

   d) confezionamento, fornitura e trasporto di calcestruzzo e di bitume;

   e) noli a freddo di macchinari;

   f) fornitura di ferro lavorato;

   g) noli a caldo;

   h) autotrasporti conto terzi;

   i) guardianìa dei cantieri.

 

  3. L'indicazione delle attività di cui al comma 2 può essere aggiornata, entro il 31 dicembre di ogni anno, con apposito decreto del Ministro dell'interno, adottato di concerto con i Ministri della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, da rendere entro trenta giorni dalla data di trasmissione alle Camere dei relativi schemi. Qualora le Commissioni non si pronuncino entro il termine, i decreti possono essere comunque adottati.

  4. L'impresa iscritta nell'elenco di cui al comma 1 comunica alla prefettura competente qualsiasi modifica dell'assetto proprietario e dei propri organi sociali, entro trenta giorni dalla data della modifica. Le società di capitali quotate comunicano le variazioni rilevanti secondo quanto previsto dal decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. La mancata comunicazione comporta la cancellazione dell'iscrizione.

  5. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e la semplificazione, dell'interno, della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti e dello sviluppo economico, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le modalità per l'istituzione e l'aggiornamento, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, dell'elenco di cui al comma 1, nonché per l'attività di verifica.

  6. Fino al sessantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 5 continua ad applicarsi la normativa vigente alla data di entrata in vigore della presente legge.

*6. 253.(Nuova formulazione) Rao.

(Approvato)

 

  Al comma 1, dopo la lettera b), aggiungere la seguente:

   b-bis) trasporto transfrontaliero di rifiuti;

6. 251. Melchiorre, Tanoni.

 


 

 

RESOCONTO

SOMMARIO e STENOGRAFICO

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_________

 

 

646.

 

Seduta di GIOVedì7 GIUGNo 2012

 

presidenza del vicepresidente GIANFRANCO FINI

 


La seduta comincia alle 10,40.

 

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 2156 - Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione (Approvato dal Senato) (A.C. 4434-A); e delle abbinate proposte di legge: Di Pietro ed altri; Ferranti ed altri; Giovanelli ed altri; Torrisi ed altri; Garavini; Ferranti ed altri (A.C. 3380-3850-4382-4501-4516-4906).

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione; e delle abbinate proposte di legge di iniziativa dei deputati di Pietro ed altri; Ferranti ed altri; Giovanelli ed altri; Torrisi ed altri; Garavini; Ferranti ed altri.

Ricordo che nella seduta di ieri sono stati da ultimo approvati gli identici emendamenti Vitali 6.1, Barbaro 6.252 e Rao 6.253, interamente sostitutivi dell'articolo 6, nella riformulazione proposta dal relatore e accettata dai presentatori.

Sono rimasti invece accantonati l'emendamento Ferranti 7.251, la votazione dell'articolo 7, tutti gli emendamenti riferiti all'articolo 10, la votazione dell'articolo 10, gli articoli aggiuntivi all'articolo 10.

Avverto che il Governo ha presentato l'emendamento 12.800 e il subemendamento 0.12.252.800, che sono in distribuzione.

Chiedo al presidente della II Commissione da quale punto proponga di riprendere i nostri lavori.

GIULIA BONGIORNO, Presidente della II Commissione. Signor Presidente, propongo di riprendere i nostri lavori dall'articolo 12.

PRESIDENTE. Sta bene.

DAVID FAVIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, le chiedo un'interpretazione del comma 5 dell'articolo 86 del Regolamento in relazione a quanto successo poco fa durante la riunione del Comitato dei diciotto.

Il suddetto comma 5 stabilisce che: «La Commissione e il Governo possono presentare emendamenti, subemendamenti e articoli aggiuntivi fino a che sia iniziata la votazione dell'articolo o dell'emendamento cui si riferiscono (...)».

Io ho presentato alla Presidenza un'ipotesi di riformulazione degli emendamenti Di Pietro 10.10 e 10.11 che, chiaramente, non possiamo presentare. Poiché, però, il concetto di Commissione - come si evince dal suddetto comma 5 dell'articolo 86 del Regolamento - mi fa pensare ad un organo composto da più elementi che prende le sue decisioni attraverso una votazione, ho richiesto che venisse convocata la Commissione o, per essa, il Comitato dei diciotto e votasse per fare propria o meno questa proposta affinché la stessa potesse poi entrare in Aula.

La Presidenza della Commissione ha dato un'interpretazione diversa dalla mia. Credo che, gerarchicamente, la Presidenza della Camera, o attraverso prassi, o attraverso una riunione della Giunta per il Regolamento, possa dare una risposta perché ritengo che sia assurdo che le decisioni di un organo composto da cinquanta persone, o da nove, o da diciotto, sia presa da una persona che è il relatore. Questo rappresenterebbe una spoliazione dei poteri decisionali di un organo collegiale.

Quindi, la richiesta che avanzo è di porre in votazione, o in Commissione o nel Comitato dei diciotto, la proposta di «riformulazione» dei suddetti emendamenti.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, la questione è mal posta.

Noi avevamo accantonato l'articolo 10 al quale erano stati presentati emendamenti e subemendamenti. Si è chiesto, nella seduta di ieri, se vi fosse la possibilità, da parte di qualche componente di qualche gruppo, di valutare, eventualmente, una nuova formulazione dell'intero articolo. Devo dare atto al collega Favia e al suo gruppo che questo tentativo è stato portato avanti, ma l'emendamento che ci è stato presentato è stato ritenuto, sia dal Governo, sia dalle due relatrici, non soddisfacente.

Pertanto, quell'emendamento non può entrare nel fascicolo né del Comitato dei diciotto, né dell'Aula perché, altrimenti, sarebbe un modo per ammettere ancora emendamenti quando i lavori dell'Aula sono già iniziati. Il parlamentare e il gruppo non possono assolutamente farlo perché, altrimenti, ci troveremmo davanti ad una violazione del nostro Regolamento.

PRESIDENTE. Sta bene. La Presidenza prende atto delle comunicazioni del presidente Bruno.

Ricordo comunque all'onorevole Favia quanto recita il comma 3 dell'articolo 86 del Regolamento, in particolar modo l'ultimo capoverso: «Il presidente della Commissione, se ne ravvisa l'opportunità, può convocare per tale esame la Commissione plenaria».

DAVID FAVIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, le chiedo perdono e le chiedo fin d'ora eventualmente, se lei lo riterrà, una riunione della Giunta per il Regolamento.

Tuttavia, l'eccezione che lei mi fa non mi dà soddisfazione nel senso che prevede che il presidente, se ne ravvisa l'opportunità, possa convocare la Commissione plenaria.

A me basterebbe che convocasse il Comitato dei nove o dei diciotto. Cioè quello che intendo dire è che, se c'è una proposta, la volontà di un organo plurale si determina attraverso una votazione, non attraverso la delega ad una figura. Si tratta di una spoliazione dei poteri decisionali, che è inaccettabile.

Credo che una decisione in tal senso sia rilevante, visto che siamo in un momento molto particolare, perché, se la mia tesi è giusta, potrebbe essere consentita la presentazione di un emendamento estremamente importante. Io chiedo che venga accantonato questo problema ed eventualmente si tenga una riunione urgente della Giunta per il Regolamento per prendere una decisione in proposito.

PRESIDENTE. Onorevole Favia, la Presidenza ritiene che si possa proseguire, anche se concorda con lei sull'opportunità a futura memoria di chiarire in modo dettagliato in sede di Giunta per il Regolamento quanto da lei sollevato.

A questo punto procediamo.

(Esame dell'articolo 12 - A.C. 4434-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 12 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 4434-A).

Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere delle Commissioni.

ANGELA NAPOLI, Relatore per la II Commissione. Signor Presidente, le Commissioni esprimono parere contrario sull'emendamento Vassallo 12.251 ed esprimono, invece, parere favorevole sull'emendamento Rao 12.252.

Vi sono poi due proposte emendative del Governo: le Commissioni accettano l'emendamento 12.800 del Governo, mentre esprimono parere contrario sul subemendamento 0.12.252.800 del Governo, che si riferisce all'emendamento Rao 12.252.

Le Commissioni esprimono parere contrario sugli emendamenti Melchiorre 12.250, Lanzillotta 12.3 e 12.2.

PRESIDENTE. Il Governo?

PAOLA SEVERINO DI BENEDETTO, Ministro della giustizia. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

Vi è una specificazione - e mi dirà il Presidente quando avrò la parola - sul subemendamento 0.12.252.800 del Governo all'emendamento Rao 12.252.

PRESIDENTE. Sta bene. Passiamo alla votazione dell'emendamento Vassallo 12.251.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vassallo. Ne ha facoltà.

SALVATORE VASSALLO. Signor Presidente, credo che questa materia molto delicata potesse essere trattata con un po' più di attenzione in ordine ad alcuni aspetti, certamente non di dettaglio.

Credo che il testo di cui discutiamo, frutto di un emendamento del collega Giachetti, vada nella direzione giusta, ma eviti di affrontare alcuni punti non marginali. Cercherò di elencarli in maniera sintetica.

In primo luogo, non considera che fino ad oggi è stato evitato di affrontare un nodo chiave, cioè gli incarichi consentiti o vietati ai magistrati dovrebbero essere disciplinati dalla legge e non da regolamento, perché sulla base dell'articolo 108 della Costituzione, viene fissata in maniera abbastanza chiara una riserva di legge su questa materia, a tutela dell'indipendenza della magistratura. Non è un caso che la magistratura ordinaria si è sempre rifiutata che su questa materia si intervenisse con regolamenti, come invece è stato fatto per le giurisdizioni speciali.

In secondo luogo, non si precisa e non si distingue adeguatamente la figura del fuori ruolo, che sarebbe accettabile per incarichi che vengono svolti per interesse dell'amministrazione. Per altri incarichi, che vengono svolti e assegnati legittimamente, ma per un interesse ad una disponibilità legittima del singolo magistrato, sarebbe molto più opportuno prevedere l'aspettativa senza assegni.

Non si risolve il problema dei cosiddetti part-time fittizi nel senso di doppi incarichi, che magistrati in carica svolgono, anche nei casi in cui non è materialmente possibile, casi in cui i magistrati in carica vengono anche assegnati ad incarichi con ruoli dirigenziali.

Inoltre, c'è la questione delle deroghe per gli organi costituzionali che è ragionevole prevedere. È ragionevole infatti prevedere che, laddove un magistrato sia nominato a svolgere incarichi presso organi costituzionali, i vincoli ordinariamente previsti alla durata di questi incarichi esterni siano resi flessibili in ragione della durata del mandato dell'organo costituzionale cui ci si riferisce. Quindi, questa previsione andrebbe aggiunta alla proposta dell'onorevole Giachetti, ma non nel senso previsto, da quel che capisco, dall'emendamento del Governo, il quale prevede una deroga generalizzata, per cui se uno viene incaricato presso l'organo costituzionale la durata della missione non è commisurata al singolo mandato di quell'organo. Se qualcuno svolge un incarico fuori ruolo presso la Presidenza della Repubblica è giusto che non rimanga lì solo per cinque anni ma che possa rimanerci per sette, non però che questo gli apra la possibilità di una deroga indeterminata al numero di anni che può svolgere fuori ruolo.

Insomma, ci sono aspetti che purtroppo non vengono trattati, a mio avviso, adeguatamente e che ho cercato di trattare con questo emendamento che ritiro, in ossequio alla richiesta del mio gruppo.

PRESIDENTE. Sta bene. Prendo dunque atto che l'emendamento Vassallo 12.251 è ritirato.

Sul subemendamento 0.12.252.800 del Governo non risulta espresso il parere della V Commissione (Bilancio). Onorevole Giorgetti?

GIANCARLO GIORGETTI, Presidente della V Commissione. Signor Presidente, da una sommaria valutazione, credo che questo subemendamento, per quanto riguarda il secondo comma, potrebbe presentare qualche problema di carattere finanziario. Pertanto, mi spiace in qualche modo interferire con i lavori dell'Aula, ma ritengo doveroso convocare la Commissione.

PRESIDENTE. Il Ministro aveva chiesto di parlare.

PAOLA SEVERINO DI BENEDETTO, Ministro della giustizia. Signor Presidente, vorrei fare una precisazione con riferimento al subemendamento presentato dal Governo.

PRESIDENTE. Prego, ne ha facoltà.

PAOLA SEVERINO DI BENEDETTO, Ministro della giustizia. Vorrei anche illustrare il subemendamento 0.12.252.800 del Governo, oppure posso semplicemente indicare le modifiche.

PRESIDENTE. Dunque, il Governo intende proporre delle modifiche. Alla luce di quanto detto dal presidente Giorgetti e testè dal Ministro, credo sia opportuno sospendere la seduta per consentire al Comitato dei diciotto di valutare le proposte del Governo e alla V Commissione (Bilancio) di fornire l'indispensabile parere.

Ovviamente, sarà distribuita una nuova formulazione del subemendamento 0.12.252.800 del Governo. Prendo atto che trenta minuti saranno presumibilmente sufficienti.

Sospendo pertanto la seduta, che riprenderà alle ore 12.

 

La seduta, sospesa alle 11,25, è ripresa alle 12.

 

PRESIDENTE. Avverto che il Governo ha ritirato l'emendamento 12.800 e il subemendamento 0.12.252.800. Avverto, inoltre, che l'emendamento Rao 12.252 e l'emendamento Melchiorre 12.250 sono stati ritirati dai presentatori.

Passiamo alla votazione dell'emendamento Lanzillotta 12.3.

Passiamo ai voti.

Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lanzillotta 12.3, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevole Di Pietro... onorevole Lehner... onorevole Cicchitto...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 456

Votanti 454

Astenuti 2

Maggioranza 228

Hanno votato5

Hanno votato no 449).

Prendo atto che i deputati Gatti, Scalera, Cosentino, Sposetti, La Loggia, Paglia, Cimadoro, Fucci, Graziano, Martino e Laura Molteni hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario.

Prendo atto, altresì, che il deputato Scilipoti ha segnalato che non è riuscito a votare e che avrebbe voluto astenersi.

Passiamo alla votazione dell'emendamento Lanzillotta 12.2. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Lanzillotta. Ne ha facoltà.

LINDA LANZILLOTTA. Signor Presidente, questo emendamento estende e conferma, ove mai vi fosse un dubbio, che il tetto agli emolumenti previsto per tutte le categorie di pubblici dipendenti compresi i magistrati si estende anche quando queste categorie svolgono incarichi in altre istituzioni, cioè si portano dietro il regime dei tetti della categoria da cui provengono.

Questo è molto importante perché visto che - come il Governo sa - c'è stata una notevole incertezza sulla possibilità di applicare quel tetto ad altre istituzioni (come le autorità indipendenti o tipicamente quegli enti in cui i magistrati svolgono gli incarichi fuori ruolo) con questa norma si verrebbe a colmare una eventuale difficoltà interpretativa. Quindi, mi stupisco del parere contrario, e in ogni caso insisto per la votazione.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Lanzillotta 12.2, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevole Duilio... onorevole Napoli...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 473

Votanti 471

Astenuti 2

Maggioranza 236

Hanno votato9

Hanno votato no 462).

Prendo atto che i deputati Gatti, Scalera, Cosentino, Sposetti, La Loggia, Paglia, Cimadoro, Fucci, Graziano, Martino e Laura Molteni hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto contrario.

Prendo atto, altresì, che il deputato Scilipoti ha segnalato che non è riuscito a votare e che avrebbe voluto astenersi.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 12.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevole Moles...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 482

Votanti 480

Astenuti 2

Maggioranza 241

Hanno votato477

Hanno votato no 3).

Prendo atto che i deputati Rubinato, Scalera, Sposetti, Gatti, Paglia e Laura Molteni hanno segnalato che non sono riusciti ad esprimere voto favorevole.

Prendo atto, altresì, che il deputato Scilipoti ha segnalato che non è riuscito a votare e che avrebbe voluto astenersi.

Avverto che il Governo ha chiesto di convocare la Conferenza dei presidenti di gruppo dopo la votazione dell'articolo 12, che abbiamo testé effettuato, per valutazioni sul seguito del provvedimento. A questo punto sospendo la seduta, che riprenderà al termine della riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo che è convocata immediatamente al piano Aula.

 


 


 

DISEGNO DI LEGGE: S. 2156 – DISPOSIZIONI PER LA PREVENZIONE E LA REPRESSIONE DELLA CORRUZIONE E DELL'ILLEGALITÀ NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 4434-A); ED ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE: DI PIETRO ED ALTRI; FERRANTI ED ALTRI; GIOVANELLI ED ALTRI; TORRISI ED ALTRI; GARAVINI; FERRANTI ED ALTRI (A.C. 3380-3850-4382-4501-4516-4906)

 

A.C. 4434-A – Articolo 12

 

ARTICOLO 12 DEL DISEGNO DI LEGGE N.4434 NEL TESTO DELLE COMMISSIONI

 

Art. 12.

(Norme in materia di collocamento fuori ruolo dei magistrati ordinari, amministrativi e contabili e degli avvocati e procuratori dello Stato).

 

  1. Il servizio in posizione di fuori ruolo, o in un'altra analoga posizione, svolto dai magistrati ordinari, amministrativi e contabili e dagli avvocati e procuratori dello Stato, previsto dagli ordinamenti di appartenenza, non può essere prestato per più di cinque anni consecutivi. I magistrati ordinari, amministrativi e contabili e gli avvocati e procuratori dello Stato non possono in nessun caso essere collocati fuori ruolo per un tempo che, nell'arco del loro servizio, superi complessivamente dieci anni. I magistrati ordinari, amministrativi e contabili e gli avvocati e procuratori dello Stato che sono stati ricollocati

in ruolo non possono essere nuovamente collocati fuori ruolo se non hanno esercitato continuativamente ed effettivamente le proprie funzioni per almeno cinque anni. Le predette posizioni in ogni caso non possono determinare alcun pregiudizio relativo al posizionamento nei ruoli di appartenenza.

  2. Il personale collocato fuori ruolo di cui al comma 1 mantiene esclusivamente il trattamento economico fondamentale dell'amministrazione di appartenenza, compresa l'indennità, e i relativi oneri rimangono a carico della stessa.

  3. Le disposizioni della presente legge prevalgono su ogni altra norma anche di natura speciale e si applicano anche agli incarichi già conferiti alla data della sua entrata in vigore.

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 12 DEL DISEGNO DI LEGGE

 

ART. 12.

(Norme in materia di collocamento fuori ruolo dei magistrati ordinari, amministrativi e contabili e degli avvocati e procuratori dello Stato).

 

  Sostituirlo con il seguente:

  Art. 12. – (Incarichi dei magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, nonché degli avvocati e procuratori dello Stato). – 1. Il comma 3 dell'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, è abrogato.

  2. Il comma 4 dell'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, è sostituito dal seguente:

  «4. I magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, nonché agli avvocati e procuratori dello Stato:

   a) possono assumere incarichi nei soli casi espressamente previsti dalla legge;

   b) sono collocati in posizione di fuori ruolo se gli incarichi sono attinenti agli interessi dell'amministrazione di appartenenza ovvero in quanto, per un interesse dell'amministrazione che lo conferisce, l'incarico deve essere necessariamente affidato ad una specifica categoria di magistrati, ovvero ad avvocati o procuratori dello Stato;

   c) qualora siano chiamati a ricoprire incarichi consentiti dalla legge per i quali non è espressamente previsto il collocamento in posizione di fuori ruolo, sono collocati in aspettativa senza assegni;

   d) possono essere autorizzati, di anno in anno, a rimanere in servizio presso l'amministrazione di appartenenza solo se l'incarico consiste in un'attività di consulenza che non crea pregiudizio al pieno assolvimento degli obblighi di servizio; non possono essere in ogni caso autorizzati a rimanere in servizio se l'incarico implica lo svolgimento di funzioni direttive, dirigenziali o equiparate;

   e) non possono ricoprire incarichi in uffici di organi politici o funzioni direttive, dirigenziali o equiparate presso Ministeri o enti pubblici nazionali, comprese le autorità amministrative indipendenti ovvero, ove consentito, incarichi in società a totale o a parziale partecipazione pubblica, per più di cinque anni consecutivamente; il periodo può essere superiore solo nel caso di singoli incarichi svolti presso organi di rilevanza costituzionale o presso organismi internazionali per i quali siano stabiliti mandati di durata superiore a cinque anni, nel caso di destinazione al Ministero della giustizia prevista dagli articoli 196 e 210 del regio decreto 30 gennaio 1941, n.12, e dall'articolo 15, primo comma, della legge 24 marzo 1958, n.195, nonché in altri casi in cui una specifica disposizione di legge stabilisca una durata superiore per il singolo incarico conferito;

   f) prima di essere nuovamente collocati fuori ruolo o in aspettativa senza assegni per l'espletamento di uno degli incarichi di cui alla lettera e), devono prestare servizio presso l'amministrazione di appartenenza per un periodo almeno doppio rispetto a quello trascorso subito prima in aspettativa o in fuori ruolo e comunque non inferiore a tre anni;

   g) non possono essere posti fuori ruolo o in aspettativa senza assegni per l'espletamento di uno degli incarichi di cui alla lettera e) per una durata complessiva superiore a quindici anni nell'arco della carriera;

   h) se collocati fuori ruolo mantengono il trattamento economico fondamentale dell'amministrazione di appartenenza, compresa l'indennità e non possono ricevere, a titolo di retribuzioni o di indennità aggiuntive, o anche soltanto per il rimborso delle spese, introiti annui superiori al 25 per cento dell'ammontare complessivo del trattamento economico riconosciuto dall'amministrazione di appartenenza; i relativi oneri sono posti integralmente a carico della amministrazione che conferisce l'incarico;

   i) in nessun caso possono ottenere adeguamenti del trattamento economico riconosciuto dalla amministrazione di appartenenza prendendo a presupposto il trattamento economico percepito per altri incarichi anche se a qualsiasi titolo autorizzati o consentiti;

   l) eventuali conferimenti di incarichi direttivi o semidirettivi riconosciuti in base all'anzianità di servizio maturata nel periodo trascorso in fuori ruolo hanno efficacia dopo che siano trascorsi dodici mesi dal termine di detto periodo;

   m) non possono trattare questioni riferibili alle amministrazioni presso le quali hanno svolto incarichi nel biennio precedente ovvero a soggetti da queste vigilate».

 

  3. Entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, il Governo è delegato ad adottare uno o più decreti legislativi che individuino, attraverso il necessario coordinamento con le disposizioni vigenti, gli incarichi consentiti e quelli vietati ai magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, nonché agli avvocati e procuratori dello Stato, con specificazione degli incarichi per i quali deve essere necessariamente previsto il collocamento in posizione di fuori ruolo ai sensi dell'articolo 53, comma 4, lettera b), del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, come modificato dalla presente legge, garantendo uniformità di trattamento e provvedendo alla contestuale abrogazione dei regolamenti adottati sulla base dell'articolo 58, comma 3, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n.29, trasfuso nell'articolo 53, comma 3, del citato decreto legislativo n.165 del 2001. Gli schemi dei decreti legislativi, a seguito di deliberazione preliminare del Consiglio dei ministri, sono trasmessi alle Camere per l'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia, che sono resi entro il termine di trenta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale i decreti possono essere emanati anche in mancanza dei predetti pareri. Qualora tale termine venga a scadere nei trenta giorni antecedenti allo spirare del termine previsto dal primo periodo o successivamente, la scadenza di quest'ultimo è prorogata di sessanta giorni.

  4. Fino all'adozione del decreto legislativo di cui al comma 3, restano vigenti i regolamenti adottati sulla base dell'articolo 58, comma 3, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n.29, e dell'articolo 53, comma 3, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, in quanto compatibili con l'articolo 53, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, come modificato dalla presente legge.

  5. Le disposizioni della presente legge prevalgono su ogni altra norma anche di natura speciale e si applicano anche agli incarichi già conferiti alla data della sua entrata in vigore. In sede di prima applicazione dei termini massimi previsti alle lettere e) e g) dell'articolo 53, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, come modificato dalla presente legge, i periodi di sospensione dal servizio presso l'amministrazione di appartenenza in ragione di servizi prestati, anche in momenti diversi e presso una molteplicità di enti o amministrazioni, antecedentemente alla data di entrata in vigore della presente legge è computato, rispettivamente, fino ad un massimo di quattro e di dodici anni.

12. 251. Vassallo.

 

  Al comma 3, primo periodo, dopo le parole: del presente articolo inserire le seguenti: relative alla durata dell'incarico e al trattamento economico del personale di cui al comma 1.

 

  Conseguentemente al medesimo comma sostituire le parole da: incarichi connessi ad apicali svolti con le seguenti: incarichi di componente degli organi di giustizia internazionale e di componente delle autorità amministrative indipendenti, agli incarichi di diretta collaborazione svolti dal personale indicato al comma 1.

  Conseguentemente al medesimo comma dopo le parole: 13 novembre 2008, n.181 inserire le seguenti: individuati dai rispettivi ordinamenti interni e agli incarichi apicali.

  Conseguentemente al comma 4 dopo le parole: entrano in vigore inserire le seguenti: acquistano efficacia decorsi.

  Conseguentemente al comma 4 dopo le parole: analoga posizione inserire le seguenti: previsto dal comma 1, secondo periodo.

0. 12. 252. 800. Governo.

 

  Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: un'altra analoga posizione con le seguenti: ogni altra analoga posizione comunque denominata.

 

  Conseguentemente:

   al medesimo comma, secondo periodo, dopo le parole: fuori ruolo aggiungere le seguenti: o in ogni altra analoga posizione comunque denominata;

   sostituire il comma 3 con i seguenti:

  3. Le disposizioni del presente articolo prevalgono su ogni altra norma, anche di natura speciale; esse non si applicano agli incarichi connessi all'assunzione di cariche elettive o di mandato presso gli organi di autogoverno dei rispettivi ordinamenti, agli incarichi connessi all'esercizio di funzioni giurisdizionali presso gli organismi internazionali e agli incarichi apicali svolti presso gli organi costituzionali e di rilevanza costituzionale di cui all'articolo 1-bis, comma 4, del decreto-legge 19 settembre 2008, n.143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n.181, e di cui all'articolo 13 del decreto-legge 12 giugno 2001, n.217, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 agosto 2001, n.317.

  4. Le disposizioni del presente articolo entrano in vigore dopo due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge; coloro che alla predetta data abbiano superato il periodo massimo di permanenza fuori ruolo o in analoga posizione, fatte salve le eccezioni previste dal comma 3, debbono rientrare in ruolo entro i successivi sei mesi.

12. 252. Rao, Tassone, D'Ippolito Vitale, Libè, Mantini, Ria.

 

  Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole: e contabili con le seguenti: contabili e militari.

 

  Conseguentemente al medesimo comma, ovunque ricorrano sostituire le parole: e contabili con le seguenti: contabili e militari.

  Conseguentemente alla rubrica sostituire le parole: e contabili con le seguenti: contabili e militari.

12.800. Governo.

 

  Al comma 1, primo periodo, sostituire le parole da: non può essere prestato fino alla fine del comma con le seguenti: è disciplinato da uno o più decreti legislativi che il Governo è delegato ad adottare, nei termini previsti dal comma 2, secondo i seguenti principi e criteri direttivi:

   a) fissare nei ruoli organici della magistratura ordinaria, amministrativa e contabile nonché dell'Avvocatura dello Stato un numero di posti per lo svolgimento di funzioni diverse da quelle istituzionali, che non superi il dieci per cento delle rispettive dotazioni organiche;

   b) individuare gli uffici pubblici per i quali è strettamente indispensabile che siano ricoperti da magistrati collocati fuori ruolo;

   c) indicare il periodo massimo, non superiore a dieci anni, che può essere trascorso fuori dal ruolo organico per incarichi diversi da quelli di natura giurisdizionale, prevedendo una disciplina transitoria per coloro che hanno già superato il limite in ragione di servizi prestati anche presso amministrazioni diverse precedentemente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo;

   d) determinare il trattamento economico spettante al magistrato o avvocato collocato fuori ruolo in via alternativa tra quello dell'amministrazione di appartenenza e quello relativo all'incarico ricoperto fuori ruolo, regolamentando i conseguenti rapporti anche di carattere previdenziale tra le diverse amministrazioni, fatta salva la possibilità di applicare l'articolo 23-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011, n.201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n.214, rimodulando la percentuale prevista dal comma 2 di tale articolo in funzione della tipologia dell'incarico;

   e) prevedere criteri diretti ad escludere possibili situazioni di conflitto di interesse tra le funzioni esercitate presso l'amministrazione di appartenenza e quelle esercitate in ragione dell'incarico ricoperto fuori ruolo.

 

  2. I decreti legislativi previsti dal comma l sono adottati entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge su proposta del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione.

  3. Le disposizioni attuative della norma di delega di cui ai commi 1 e 2 prevalgono su ogni altra norma anche di natura speciale e si applicano, nei limiti previsti dalla delega, anche agli incarichi già conferiti alla data della sua entrata in vigore.

12. 250. Melchiorre, Tanoni.

 

  Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:

  1-bis. Con decreto del Presidente della Repubblica da adottare previa deliberazione del Consiglio dei ministri su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del Ministro della giustizia, acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari, per le categorie di cui al comma 1 è determinato il numero massimo di incarichi che non comportano la posizione di fuori ruolo, da svolgere presso amministrazioni, enti, organismi ed altre istituzioni pubbliche e sono disciplinati i relativi criteri di incompatibilità e di conflitto di interesse da osservare sia nel corso dello svolgimento dell'incarico che successivamente alla sua conclusione.

12. 3. Lanzillotta.

 

  Al comma 2, aggiungere, in fine, le parole: fermo restando il limite massimo fissato dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri adottato in applicazione dell'articolo 23-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011, n.201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n.214, recante disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici.

12. 2. Lanzillotta.

 

 


 

 

RESOCONTO

SOMMARIO e STENOGRAFICO

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648.

 

Seduta di MARTedì12 GIUGNo 2012

 

presidenza del vicepresidente GIANFRANCO FINI

 


La seduta comincia alle 11,15.

 

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 2156 - Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione (Approvato dal Senato) (A.C. 4434-A); e delle abbinate proposte di legge: Di Pietro ed altri; Ferranti ed altri; Giovanelli ed altri; Torrisi ed altri; Garavini; Ferranti ed altri (A.C. 3380-3850-4382-4501-4516-4906) (ore 11,25).

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione; e delle abbinate proposte di legge di iniziativa dei deputati Di Pietro ed altri; Ferranti ed altri; Giovanelli ed altri; Torrisi ed altri; Garavini; Ferranti ed altri.

Ricordo che nella seduta del 7 giugno 2012 l'Assemblea ha, da ultimo, approvato l'articolo 12, avendo accantonato, tra gli altri, l'esame degli articoli 7 e 10.

Ha chiesto di intervenire il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Dino Piero Giarda. Ne ha facoltà.

DINO PIERO GIARDA, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, la informo che il Governo, nonostante le promesse che aveva fatto nel corso delle ultime sedute di arrivare in tempo, per la giornata di oggi, con un testo possibile di un maxiemendamento, non è riuscito ad onorare i propri impegni, e quindi sono costretto a chiederle un congruo spostamento dei tempi per la continuazione della discussione del provvedimento.

ANTONIO DI PIETRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, l'Italia dei Valori prende atto che il Governo, ad oggi, non sa cosa fare: è una dichiarazione di sconfitta per cui merita le attenuanti generiche, perché confessa che non sa cosa fare.

Però, resta il fatto che non possiamo tenere le istituzioni bloccate sull'inerzia, l'inattività e l'incapacità del Governo di decidere cosa fare. Allora, il Governo ha chiesto un'altra ora di tempo per decidere e per accordarsi su cosa fare. La domanda formale che noi poniamo è la seguente: con chi, dove e per fare cosa?

Infatti, noi siamo stufi di vedere che vi è un luogo diverso da questo Parlamento e dalle Commissioni parlamentari dove avvengono degli accordi che non possiamo accettare (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori e di deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

Chiediamo al Governo formalmente che ci dica in quest'ora dove va: al bar, in cantina, nella Commissione parlamentare? Dove e con chi si confronta?

DARIO FRANCESCHINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DARIO FRANCESCHINI. Signor Presidente, penso che vadano distinti i problemi tecnici dai problemi politici. Mi pare che le dichiarazioni del Ministro, più volte, preannunciando la posizione di una questione di fiducia, abbiano indicato, come del resto è inevitabile, che il testo su cui, eventualmente, verrà posta la questione di fiducia è il testo delle Commissioni per la parte residua del provvedimento.

Noi abbiamo più volte sottolineato che non può essere che così, perché l'alternativa è tra proseguire nei voti in Aula, e voto per voto si vedrà cosa accade, o, viceversa, porre la questione di fiducia sul testo delle Commissioni.

Siccome sappiamo che questo - rispondo, per quello che so, all'onorevole Di Pietro - crea dei problemi circa l'ammissibilità del maxiemendamento, penso che basti un tempo molto ragionevole. Se lei ritenesse di convocare, anche prima della posizione formale della questione di fiducia, una Conferenza dei presidenti di gruppo, potremmo stabilire, non al bar, come teme l'onorevole Di Pietro, ma nella sede propria, il prosieguo dei nostri lavori.

Ripeto che, per quello che riguarda il Partito Democratico, che avrebbe voluto cambiare e migliorare questo provvedimento con le votazioni in Aula, l'unica strada possibile politicamente è la fiducia sul testo delle Commissioni (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

NICOLA MOLTENI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, prendendo atto dell'intervento del Ministro Giarda, credo che su questo tema il Governo stia improvvisando. Noi stiamo trattando questo disegno di legge ormai da mesi: è nelle Commissioni giustizia e affari costituzionali dallo scorso 7 luglio.

È quasi un anno che stiamo cercando di elaborare il testo più idoneo ed opportuno per rispondere ad un allarme grave, gravissimo, del Paese. Abbiamo la netta impressione che il Governo stia vivendo uno stato confusionale allarmante e preoccupante (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e di deputati del gruppo Italia dei Valori).

Crediamo che il Governo stia improvvisando. Ritengo che questa materia non meriti assolutamente improvvisazione, in modo particolare da parte di coloro che dovrebbero elaborare un testo migliore rispetto a quello pensato. Questo rientra nella competenza dei tecnici, di coloro che, per preparazione, per competenza e per capacità, avrebbero dovuto dare indicazioni migliori.

Abbiamo assistito, anche questa mattina, all'assenza del Ministro in Commissione, con il Comitato dei diciotto convocato apposta per potere esaminare il maxiemendamento. Abbiamo preso atto che il Ministro non si è presentato, prendiamo atto oggi di queste sue ulteriori parole. Crediamo che su un provvedimento così importante non si possa improvvisare in questo modo drammatico e vergognoso (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)! È indecente che sul provvedimento in esame il Governo, ancora una volta, dimostri di non essere preparato e pronto sul punto!

Noi abbiamo fatto la nostra parte, siamo disponibili a contribuire a migliorare questo testo. Le forze politiche all'interno delle Commissioni hanno svolto in maniera leale, corretta e seria la propria parte, in maniera assolutamente responsabile, mentre chi non si sta comportando in maniera degna e responsabile per il Parlamento, per le Commissioni e per il nostro Paese è questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e di deputati del gruppo Italia dei Valori)! Quindi, il Governo si dia una mossa, si svegli. Questo è un provvedimento fortemente richiesto dal Paese. Il Governo dia un segnale di serietà.

Per quanto riguarda le forze politiche di maggioranza, è evidente che oggi riscontriamo anche una divisione, un'incoerenza totale, tra PD e PdL sul provvedimento in oggetto. Credo che per le divisioni politiche all'interno della maggioranza e per l'incapacità del Governo di formulare un testo condiviso, noi non possiamo aspettare oltre. Il Paese ci chiede una risposta chiara, il Governo dia una risposta chiara e se non è in grado di darla, lasci fare ad altri (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania e di deputati del gruppo Italia dei Valori)!

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente, come è noto, per Futuro e Libertà per il Terzo Polo fa fede l'impegno della relatrice Angela Napoli.

Questa è una riforma strutturale, non è un orpello ad un'iniziativa politica del Governo. Anche noi, naturalmente, esprimiamo rammarico per il fatto che, pur essendovi stato tempo, ve ne è bisogno di altro da parte del Governo. Riteniamo, però, che i nervi vadano mantenuti rigorosamente saldi, soprattutto per le forze di maggioranza. Le opposizioni fanno il loro mestiere, non sono interessate al buon esito di questa vicenda, mentre noi sì. Quindi, se vi è bisogno di altro tempo, che questo sia concesso.

L'onorevole Franceschini diceva che un'eventuale questione di fiducia deve essere posta sul testo delle Commissioni. Si possono sentire le Commissioni, i relatori, il Comitato dei diciotto. Il nostro obiettivo, però,è che il testo veda la luce nel più breve tempo possibile, anche attraverso la posizione della questione di fiducia. Se vi è bisogno di altro tempo, decidiamo il tempo necessario per mettere la parola fine. Si venga in Aula. Noi abbiamo i nervi saldi anche se vi è bisogno di un'altra ora o di altre due ore. La cosa importante è che siano le ore conclusive e definitive (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

FABRIZIO CICCHITTO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FABRIZIO CICCHITTO. Signor Presidente, abbiamo già avuto modo, lo ribadiamo, di dire che siamo disponibili al massimo lavoro parlamentare. Quindi, non abbiamo assolutamente problemi rispetto alla richiesta di un'ulteriore ora di tempo da parte del Governo perché, essendo contrari alla posizione della questione di fiducia, riteniamo che si debbano fare tutti i tentativi e tutti gli sforzi possibili, mettendo da parte anche quelle proposte emendative, approvate nelle Commissioni, che hanno stravolto l'equilibrio fra le parti, in modo tale da creare le condizioni per un testo condiviso con un ruolo di mediazione del Governo, rispetto al quale noi abbiamo un atteggiamento di apertura.

Se, invece, vi è l'intenzione di chiudere questa discussione per andare ad un voto di fiducia - mi riferisco anche ad un'intervista rilasciata dal Ministro della giustizia qualche giorno fa, con dei toni ultimativi, «O votate la fiducia, o questo Governo cade» -, si viene meno ad un ruolo di mediazione che il Governo deve svolgere ancora di più, visto che si è inoltrato su una materia che, come è noto a tutti, ha visto due dei partiti più significativi che appoggiano questo Governo avere delle posizioni di segno molto diverso, per non dire opposto.

Se il Governo si inoltra su questo terreno, ha il diritto-dovere di svolgere un ruolo di mediazione e di non risolverlo con un voto di fiducia, rispetto al quale poi è evidente che apriremo una riflessione, per quello che ci riguarda, per le scelte che si devono compiere (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

ROBERTO RAO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ROBERTO RAO. Signor Presidente, intervengo solo per aggiungere qualche cosa a quello che già hanno detto i colleghi.

Sul «dove» si svolga la mediazione, credo che il Governo e le forze politiche hanno il diritto di esperire tutte le sedi possibili. Non credo che adesso possiamo anche andare a questionare sul «dove». Vi sono tanti luoghi in questo Parlamento alla luce del sole dove possono essere svolte le mediazioni e tanti risultati li abbiamo ottenuti anche in sede di Commissione e in sede di Comitato dei nove, dove è chiaro e ovvio che sono rappresentate tutte le forze politiche.

La seconda questione riguarda il «si dia una mossa e si svegli il Governo». Questo provvedimento dobbiamo anche dire che è da un anno in questa Camera e da circa due anni giace in Parlamento, per cui, se un riconoscimento in qualche modo va fatto a questo Governo, è di avere imposto un'accelerazione anche alle forze politiche, che lo hanno per così dire assecondato, per cercare di portarlo a termine e per evitare che il provvedimento giacesse per oltre metà legislatura e poi non arrivasse in porto.

È noto a tutti - in qualche modo lo ha anche sottolineato il presidente Cicchitto - che la maggioranza che oggi sostiene questo Governo in questa legislatura - e non da oggi, ma anche prima - non solo ha sostenuto idee diverse, ma è stata sulle barricate, soprattutto sul tema giustizia, confrontandosi in maniera molto forte e molto aperta.

Quindi, è chiaro il tentativo di questo Governo ed anche delle forze politiche che sostengono questo Governo. C'è stato fino all'ultimo momento e siamo riusciti in una mediazione fino all'articolo 10. Secondo me c'era anche forse il margine per andare avanti e per tentare una finale mediazione e non sottoporci al voto di fiducia. Abbiamo riscontrato questa mattina che ciò non è possibile, perché le forze politiche sono rimaste ancorate alle loro posizioni, soprattutto il Partito Democratico e il Popolo della Libertà, che partono però - dobbiamo dirlo - da posizioni diametralmente opposte. Si sono avvicinati, ma non hanno trovato un'intesa.

A questo punto credo che l'unica soluzione possibile sia quella dei tre voti di fiducia e noi non possiamo fare altro che accettare questo, perchéè prioritario. Credo che riconoscano tutti, i colleghi del Partito Democratico come i colleghi del Popolo della Libertà, che la cosa peggiore per tutti, per il valore che ha, sarebbe rimettere questo provvedimento anticorruzione nel cassetto (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Non essendoci altre richieste di interventi, la Presidenza prende ovviamente atto della comunicazione del Ministro per i rapporti con il Parlamento e, pertanto, sospenderò la seduta, che riprenderà alle ore 13.

Lasciate, comunque, alla Presidenza, prima di sospendere i lavori, una sola considerazione, in ordine al fatto che, per ragioni di evidente natura politica, era stato deciso nella mattinata di giovedì che martedì mattina, alle ore 11, il Governo avrebbe riferito all'Aula circa la volontà di porre la questione di fiducia o circa la decisione di proseguire nell'ordinario svolgimento dei lavori.

Pur essendosi deciso così nella giornata di giovedì, martedì mattina, alle ore 11, siamo esattamente nella stessa identica condizione in cui eravamo giovedì, il che - ho il dovere di dirlo - mortifica il ruolo della Camera, perché il Governo ha avuto cinque giorni per sciogliere questo nodo (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo della Libertà, Lega Nord Padania e Italia dei Valori).

Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 13. La Conferenza dei presidenti di gruppo è convocata immediatamente al piano Aula.

La seduta, sospesa alle 11,35, è ripresa alle 13.

(Posizione della questione di fiducia - Articoli 10, 13, 14 - A.C. 4434-A)

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il Ministro per i rapporti con il Parlamento, Dino Piero Giarda. Ne ha facoltà.

DINO PIERO GIARDA, Ministro per i rapporti con il Parlamento. Signor Presidente, onorevoli deputati, a nome del Governo, pongo la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, degli articoli 10, 13 e 14, nel testo delle Commissioni, del disegno di legge n. 4434-A, già approvato dal Senato, recante disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione.

PRESIDENTE. Ricordo che, secondo la prassi consolidata, una pluralità di questioni di fiducia contestualmente poste su oggetti diversi determina comunque il decorso unitario del termine regolamentare delle 24 ore, che devono pertanto intercorrere tra la posizione della fiducia e la prima delle tre votazioni che avranno luogo in sequenza.

Pertanto, come stabilito nell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, a partire dalle ore 12 di domani avranno luogo le dichiarazioni di voto relative alla prima fiducia (quella sul mantenimento dell'articolo 10), cui seguirà la votazione per appello nominale, indi le successive votazioni per appello nominale (riferite, rispettivamente, all'articolo 13 e all'articolo 14), previe dichiarazioni di voto.

Dopo le votazioni di fiducia si proseguirà con l'esame dei restanti articoli del disegno di legge, quindi con l'esame degli ordini del giorno e con il voto finale. Ricordo che il calendario prevede seduta con votazioni anche nella giornata di giovedì. Il seguito dell'esame del provvedimento è pertanto rinviato alla seduta di domani, a partire dalle ore 12.

Ricordo che nella seduta di domani, mercoledì 13, lo svolgimento dell'informativa urgente del Presidente del Consiglio sul vertice dei Capi di Stato e di Governo dell'Unione, svoltosi a Bruxelles il 23 maggio, avrà luogo con ripresa televisiva diretta dell'intervento del Presidente del Consiglio e degli interventi dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto.

RAFFAELE VOLPI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

RAFFAELE VOLPI. Signor Presidente, intervengo per una brevissima considerazione sull'ennesima posizione della questione di fiducia da parte di questo Governo. Premetto che sono estremamente basito dalle dichiarazioni del Ministro Giarda, quando dice: abbiamo fatto perdere solo due ore al Parlamento, cosa vuole che sia?

Ministro, io penso che lei debba cominciare a prendere molto sul serio il Parlamento, anche perché, bene o male, queste persone che sono sedute qua dentro rappresentano i cittadini italiani e siamo stati tutti regolarmente eletti. Rappresento alla Presidenza, e inevitabilmente al Governo, anche una profonda delusione per il fatto che si sia dovuto, per scelte politiche, arrivare alla posizione della questione di fiducia su questo provvedimento.

Noi avevamo anche dichiarato la nostra disponibilità a votare favorevolmente. Credevamo che questo provvedimento potesse e dovesse essere un provvedimento assolutamente condiviso, atteso e aspettato dai cittadini. Aspettato anche, in senso più ampio, da chi guarda l'Italia e deve guardarla anche con un momento di tranquillità per poter fare poi investimenti, per poter venire nel nostro Paese ad investire.

Vedo che il Governo della responsabilità evidentemente non ha una maggioranza con altrettanta responsabilità, perché non potete negare che questo è un problema politico. Ministro Severino, Ministro Giarda, credo sia inevitabile questa considerazione. Quindi, i Ministri possono anche sminuire con qualche battuta il fatto che si debbano votare due o tre questioni di fiducia su questo provvedimento, un provvedimento che, tra l'altro, come è stato ricordato dal collega stamattina, è assolutamente condiviso nello scopo.

Mi preme anche sottolineare un'altra questione, Ministro Severino. Lei sa che, nonostante qualche volta siamo un po' «spigolosi» rispetto a questo provvedimento, abbiamo presentato pochissimi emendamenti e sembra che siamo stati assolutamente collaborativi. Svolgo tali considerazioni anche in merito al fatto che le dichiarazioni del presidente Cicchitto non lasciano tranquillo questo Parlamento e non lasciano tranquillo il Paese, perché inevitabilmente su questo provvedimento non si tratta di una fibrillazione di breve periodo, come dice il Ministro Giarda.

Si tratta del fatto che su questo provvedimento c'è un dato politico di rottura che si richiama alla storia recente fra chi era in maggioranza e chi all'opposizione.

Noi siamo molto delusi perché, se è vero che ogni giorno si sentono proclami sul senso di responsabilità che dovrebbe avere questo Parlamento, la dimostrazione è che questa maggioranza non ha senso di responsabilità proprio su un provvedimento che avrebbe dovuto dimostrare, invece, la limpidezza di un Paese che si propone all'interno e all'esterno con grande trasparenza. Penso che il provvedimento sulla corruzione fosse uno dei punti centrali.

Dico anche un'ultima cosa, signor Presidente, me lo consenta. La delusione sta nel fatto anche di vedere, però, le battute che citavo prima. Il problema vero, Ministro Giarda, è che non abbiamo perso due ore in Parlamento, ma otto mesi. Abbiamo aspettato per molto tempo che anche il suo Governo venisse a dare dei pareri sul lavoro già fatto in Commissione. Debbo dirle anche una cosa: probabilmente con le battute non si supera un'insipienza politica che lei spesso dimostra, perché, se il caso fosse, questo Parlamento avrebbe una maggioranza molto più coesa, noi all'opposizione, e lei non avrebbe bisogno di venire qua a chiedere la fiducia.

Quindi, credo che un Governo non abbia bisogno, come dice giustamente lei, di «doti divinatorie», ma di una capacità politica di coesione con la propria maggioranza che non dovrebbe richiedere la posizione delle questioni di fiducia, specialmente su un provvedimento dove l'opposizione ha fatto un'opposizione seria e assolutamente non ostruttiva. Le rimando questa riflessione, perché penso che ci sia uno spazio della politica superiore a qualsiasi cultura personale. Penso che lei abbia una grande cultura e pecchi un po' di cultura politica e istituzionale (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).


 

 

 

 


 

 

RESOCONTO

SOMMARIO e STENOGRAFICO

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649.

 

Seduta di MERCOLedì 13 GIUGNo 2012

 

presidenza del vicepresidente GIANFRANCO FINI

 


La seduta comincia alle 9,30.

 

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 2156 - Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione (Approvato dal Senato) (A.C. 4434-A); e delle abbinate proposte di legge: Di Pietro ed altri; Ferranti ed altri; Giovanelli ed altri; Torrisi ed altri; Garavini; Ferranti ed altri (A.C. 3380-3850-4382-4501-4516-4906) (ore 12,05).

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione; e delle abbinate proposte di legge di iniziativa dei deputati Di Pietro ed altri; Ferranti ed altri; Giovanelli ed altri; Torrisi ed altri; Garavini; Ferranti ed altri.

Ricordo che nella seduta di ieri il Governo ha posto la questione di fiducia sull'approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, degli articoli 10, 13 e 14, nel testo delle Commissioni (vedi Allegato A - A.C. 4434-A).

 

(Dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia - Articolo 10 - A.C. 4434-A)

 

PRESIDENTE. Passiamo dunque alle dichiarazioni di voto dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto sulla questione di fiducia posta dal Governo sul mantenimento dell'articolo 10 nel testo delle Commissioni.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Melchiorre. Ne ha facoltà, per due minuti.

DANIELA MELCHIORRE. Signor Presidente, signora Ministro, il Governo che lei rappresenta ci chiede questa accelerazione che ci impedisce di eliminare un'autentica irrazionalità della disposizione, cioè quella di contenere una delega post mortem, cioè a scadenza, che supera di alcuni mesi la fine della legislatura.

Noi Liberal Democratici avremmo invece voluto un termine di sei mesi anziché di un anno per impedire che condannati siano eletti al prossimo Parlamento e poi magari esprimano il parere sulle norme delegate che li avrebbero esclusi. Avremmo anche voluto che non ci fossero nel prossimo Parlamento indagati e non perché non siamo garantisti ma perché avremmo voluto garantire ai cittadini un Parlamento con rappresentanti al di sopra di ogni sospetto. Il cittadino sarà quindi privato di certezze e lui stesso, come potrà, dovrà informarsi prima di votare.

Ciò considerato, ma in ragione del vincolo di fedeltà che lega noi Liberal Democratici a questo Governo sin dal suo insediamento, annunciamo il nostro voto favorevole sulla questione di fiducia.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mosella. Ne ha facoltà, per tre minuti.

DONATO RENATO MOSELLA. Signor Presidente, signor Ministro, non c'è più tempo, tempo per sottilizzare, fare distinguo, rinviare. Il Paese vive un momento talmente difficile che non si può tollerare l'idea che il provvedimento anticorruzione resti ancora fermo. La corruzione frena le imprese, allontana gli investimenti e costa ogni anno ben 60 miliardi di euro, una cifra che toglie il fiato. È dunque uno dei maggiori ostacoli allo sviluppo economico e ancor prima mina la fiducia dei cittadini nelle istituzioni e compromette la trasparenza delle relazioni sociali che sono alla base del patto sociale.

È necessario riaffermare a tutti i livelli il principio di responsabilità e il primato delle leggi e promuovere la cultura della legalità, occorre che repressione e prevenzione dell'illegalità vadano di pari passo con la crescita dell'educazione al senso dello Stato e al valore del bene comune. La corruzione ha affinato le sue strategie senza recedere di un passo, l'Italia merita meno della sufficienza nella lotta alla corruzione. Per dirla con le parole del presidente della Corte dei conti, non si avverte un reale, profondo e sostanziale rivolgimento morale, l'onestà in ogni rapporto anche privato, la valenza del merito, l'etica pubblica, il rispetto delle risorse pubbliche.

Ci sono voluti due anni e un percorso travagliato per arrivare a votare il disegno di legge anticorruzione, il lavoro delle Commissioni ha prodotto un testo equilibrato che rappresenta un punto di mediazione oltre a prevedere significative modifiche rispetto a quello approvato dal Senato.

Il ricorso alla fiducia non era auspicabile, ma si è rivelato necessario per uscire da una fase di stallo troppo difficile da giustificare al Paese stanco e sfiduciato, che ha bisogno di gesti concreti e tangibili che attestino la seria volontà dello Stato di contrastare la corruzione e il malaffare. Esprimiamo il nostro pieno appoggio all'articolo 10 del provvedimento, in base al quale non potrà essere più eletto né ricoprire incarichi di Governo chi ha avuto una condanna definitiva per reati gravi, come mafia e terrorismo o come quelli contro la pubblica amministrazione. Questo articolo restituisce credibilità alle istituzioni e colma un vuoto, dal momento che la norma, già applicabile agli amministratori locali, non era invece prevista per i parlamentari. Avremmo preferito, tuttavia, che tali norme fossero ritenute applicabili sin dalle prossime elezioni, senza dover attendere l'esercizio della delega da parte del Governo. La corruzione ha radici profonde nei diversi apparati dello Stato, della società e dell'economia. Una società infettata dalla corruzione e dal malcostume è una società che muore, che perde di vista il rispetto delle regole e dove ogni valore viene meno. Sulla base di tali considerazioni, Alleanza per l'Italia voterà a favore della fiducia, una fiducia estesa non solo al singolo provvedimento in discussione, ma all'operato del Governo in un momento altamente critico per il nostro Paese (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alleanza per l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Favia. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, signori del Governo, colleghi, il gruppo dell'Italia dei Valori voterà contro la fiducia al Governo, perché non condivide le sue politiche, lontane dalle effettive esigenze degli italiani, così come lo è questo articolo 10, che dimostra quanto siate lontani dalla gente. L'articolo 10 è illegittimo - e lo sapete - in relazione all'articolo 65 della Costituzione, che contiene una riserva di legge in materia.

Legge significa dibattito parlamentare, non legislazione delegata. L'articolo 10 prevede nella delega che l'incandidabilità sia prevista solo per chi è stato condannato con sentenza passata in giudicato per gravi reati, trascurando peraltro le condanne in primo grado per reati gravissimi, ma soprattutto prevede che essa sia comunque temporanea. Signori del Governo, come si può pensare che chi, per esempio, è condannato in primo grado per mafia o per reati contro la pubblica amministrazione possa fare nella vita l'amministratore pubblico? La temporaneitàè un concetto che deve uscire dai criteri di questa delega o comunque dovrebbe. Non è possibile che chi subisce una condanna grave possa pensare nella vita di fare l'amministratore pubblico.

C'è un'incongruenza che avete creato voi stessi. Con l'articolo aggiuntivo 4.0600 del Governo, al di là della bruttissima pagina di cedimento a volontà opache che essa ha rappresentato - il Ministro era stato molto più coraggioso, ma poi ha dovuto cedere - abbiamo previsto che chi è condannato in primo grado per gravi reati non può fare il dirigente pubblico. Ma allora mi chiedo: perché può fare l'amministratore pubblico in base a questa delega? Inoltre, l'articolo 10 sembra compilativo, ma affida illegittimamente al Governo vasti margini, a causa di principi e criteri mal definiti. Inoltre, il principio che deve informare, secondo l'articolo 10, le cause di incandidabilità temporanea indica, insieme ad alcuni tipi di delitti espressamente previsti, la possibilità di prevederne altri, purché la pena sia superiore nel massimo a tre anni. Tale previsione limitativa pone nelle mani del Governo un'arbitrarietà non condivisibile, posto che il parere successivo delle Commissioni parlamentari non è rafforzato e non è vincolante. Con la lettera f), infine, si lascia al Governo una decisione quasi di ordine costituzionale che è assolutamente illegittima, in quanto dovrebbe essere presa dall'Assemblea dopo un serio dibattito. Insomma, l'articolo 10 è assolutamente illegittimo, ma prima ancora inopportuno. La fiducia ha impedito un sereno dibattito che si era ben avviato e che il Governo non doveva stroncare. Doveva invece lasciare alle Aule parlamentari e al loro voto, se non fosse stato troppo preoccupato non del bene del Paese, ma della propria sopravvivenza, a causa dei ricatti del Popolo della Libertà, la creazione di una normativa immediata sulle incandidabilità.

Ponendo la questione di fiducia non avete nemmeno avuto il buonsenso di presentare un emendamento del Governo che riducesse la durata della delega, che accogliesse almeno gli emendamenti che avevano avuto parere favorevole, come quelli, appunto, sulla riduzione della durata della delega, sulla riferibilità dell'incandidabilità anche ai presidenti e ai consiglieri delle società pubbliche, sulla norma transitoria che applicava da subito almeno l'articolo 15 della legge n. 55 del 1990 sui condannati con sentenza passata in giudicato per reati gravissimi, ma ci saremmo accontentati anche dell'articolo 58 del decreto legislativo n. 267 del 2000.

Nemmeno avete avuto il buonsenso di applicare da subito il codice etico votato all'unanimità dalla Commissione antimafia. Questa è la prova che a parole siete tutti d'accordo, ma, quando si tratta di passare ai fatti, qualcuno non è più d'accordo e, purtroppo, il Governo lo protegge, il Governo lo ha coperto (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

Un Governo, vi ricordo, che, con una delega a un anno, prevede di predisporre una normativa dopo che si saranno effettuate le elezioni politiche. Almeno aveste avuto il buon senso di ridurre a 6 mesi quei 12 mesi previsti dalla delega! Noi dell'Italia dei Valori abbiamo avuto il merito di accendere la riflessione sulla materia, ottenendo l'accantonamento dell'articolo 10 e ottenendo alcuni giorni, purtroppo, di vano dibattito, ma intenso.

Diamo atto al Partito Democratico di avere dapprima dato la disponibilità a votare per parti separate un nostro importante emendamento e poi di aver condiviso la riformulazione del medesimo, la cui approvazione avrebbe rappresentato un grande passo in avanti sulla lunga strada della riconciliazione della politica con la gente.

Era un dovere uscire di qui con l'approvazione dell'incandidabilità immediata, per legge, in vigore da subito, e non attraverso una delega incerta di un anno, che, forse, non vedrà mai la luce, dei condannati definitivamente per gravi reati e dei condannati in primo grado per reati gravissimi, anche a costo, ne siamo ben consci, di far pronunciare nuovamente - cosa che è successa più volte -la Corte costituzionale, dopo ben 16 anni, con una sensibilità diffusa ben diversa da allora, quando la Corte, peraltro, si pronunciò su un caso di specie estremamente piccolo e limitato.

Ma il rischio, e questo spiace, che passasse il nostro emendamento, una norma seria sull'incandidabilità, mutuata dal codice etico approvato all'unanimità dalla Commissione antimafia, ha terrorizzato molti, e spiace che il Governo si sia prestato a cedere al ricatto e a coprire quel terrore con la fiducia, contro la volontà, ormai chiara, della stragrande maggioranza degli italiani e, per fortuna, di buona parte di questa Camera.

Signori del Governo, i condannati per gravi reati devono stare fuori dalle istituzioni da subito e non si capisce perché debba restare al suo posto un Governo che, di fatto, protegge le ragioni dei condannati contro l'Italia onesta (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Iapicca. Ne ha facoltà per cinque minuti.

MAURIZIO IAPICCA. Signor Presidente, a nome di Grande Sud annuncio il nostro voto favorevole alle norme che introducono le cause di incandidabilità con l'indicazione specifica dei casi che comportano l'esclusione dalla competizione elettorale. Quindi, senza toccare i principi costituzionali, siamo favorevoli e la nostra dichiarazione di voto è favorevole a quanto stabilito e presentato dal Governo in questo disegno di legge.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Anna. Ne ha facoltà.

VINCENZO D'ANNA. Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, il gruppo di Popolo e Territorio svolgerà un'unica dichiarazione di voto su tutti e tre gli articoli sui quali è stata posta la fiducia in quanto condivide ed è favorevole all'adozione dell'articolo 10, ancorché la delega al Governo non abbia ben chiarito quali siano i gravi reati che portano all'esclusione della candidatura del soggetto condannato in via definitiva.

Ci sarebbe da chiosare anche sul fatto che vi sono parlamentari condannati in via definitiva per reati che attengono alla stampa, quindi a giudizi espressi attraverso articoli nei confronti di soggetti politici o di altre istituzioni dello Stato. Non credo che questi dovrebbero ricadere all'interno dei reati gravi che ne possono escludere la candidatura.

Fatta questa precisazione, che vale anche come raccomandazione al Governo nell'esercizio della delega che qui viene chiesta, annuncio, in relazione all'articolo 10 del provvedimento in esame, il voto favorevole del gruppo Popolo e Territorio e approfitto del tempo che mi è stato dato per annunciare all'Aula che ci asterremo, cioè non parteciperemo al voto, sui successivi articoli per un ordine di ragioni molto semplice.

Noi siamo profondamente convinti della necessità dell'adozione di un provvedimento serio e concreto per eliminare questo cono d'ombra che vi può essere all'interno della pubblica amministrazione e della politica. I tempi sono tali da imporre al Parlamento l'adozione di provvedimenti cogenti, seri, senza, peraltro, indulgere in demagogie assunte sulla spinta delle situazioni che, fuori da quest'Aula, si vanno realizzando nella società, a causa del discredito più volte artatamente gettato sulla classe politica e, soprattutto, sull'istituzione parlamentare.

Riteniamo, però, ben difficile poter dare il nostro convinto e sereno consenso sul successivo articolo del provvedimento in esame che introduce, a nostro modesto avviso, un reato fumoso e pericoloso per l'esercizio del mandato elettivo.

Mi riferisco, specificamente, al traffico illecito d'influenza. Sembra di trovarci di nuovo di fronte ad un reato che ci ricorda il concorso esterno in associazione mafiosa, ossia reati impalpabili, che hanno consentito, molto spesso, alla magistratura di entrare «a gamba tesa» e di prevaricare il Parlamento, il parlamentare, la politica e i partiti politici, con accuse che non avevano alcuna consistenza, ma che hanno dato luogo a veri e propri processi mediatici e che hanno stroncato vita e carriera politica di molti nostri colleghi.

Introdurre, quindi, all'interno dell'ordinamento del codice penale un reato così fatuo, così impalpabile, espone qualunque pubblico amministratore ad essere condannato con una pena dai due ai sette anni per un traffico illecito d'influenza, quale potrebbe essere una naturale richiesta di informazioni, o manifestazione di interesse, verso pratiche legittime, fatta da persone che, per la farraginosità della struttura amministrativa, per l'indolenza e per la ridondanza delle strutture amministrative e della pubblica amministrazione in genere, in perfetta buona fede, altro non fanno che intervenire per sollecitare, nella trasparenza e nella legittimità, un'efficienza che non è dato riconoscere alla nostra pubblica amministrazione.

Se questo deve diventare uno strumento ed un espediente per dare alla magistratura politicizzata un ulteriore elemento di interdizione verso coloro i quali adempiono alla funzione di rappresentare il corpo elettorale, noi non ci stiamo. Non riteniamo di dovere dimostrare particolare zelo o particolare candore, perché noi siamo - o riteniamo di essere - onesti in quanto persone, perché l'onestà non è qualcosa che va sottolineata e sbandierata. Essa diventa ontologica nelle persone e negli uomini che hanno sposato l'impegno civile e l'impegno politico per servire il bene comune e la collettività.

Tuttavia, c'è un'altra ricaduta che noi teniamo ed è la ricaduta della già scarsa aderenza e partecipazione di quella che viene riconosciuta come società civile all'impegno politico ed all'impegno amministrativo. Chi volete si sottoponga all'alea di un'ulteriore restrizione, nel momento in cui si candida a sindaco, a consigliere provinciale, a consigliere comunale, ovvero ad essere partecipe dell'attività e della buona amministrazione della cosa pubblica, se verrà interpellato da uno qualsiasi su di un argomento che, per quanto lecito, può essere abbisognevole di una sollecitazione e può essere abbisognevole di un intervento presso le pubbliche amministrazioni?

Allora troveremo che questo elemento fungerà da deterrente alla partecipazione di quella parte della società civile, che vede ancora nella politica il regno del coinvolgimento, il regno del male, il regno di chi si deve sporcare le mani e, quindi, vuole sottrarsi da questi pericoli incombenti, che diventano ancora più concreti quando la norma è aleatoria, quando è vaga, quando è astratta e quindi manipolabile da coloro i quali oggi continuano - e lo diremo in riferimento al successivo articolo - a rivendicare l'insindacabilità e l'irresponsabilità.

Cosa prevede, infatti, l'ultimo articolo? Che lo Stato si deve fare carico dell'errore dei magistrati e, quindi, deve pagare - contrariamente a quello che era stato deciso in questo Parlamento - gli errori delle persone che esercitano la giustizia. Quale chirurgo, quale ingegnere, quale avvocato, resosi complice e responsabile di un danno verso i terzi, può godere di questa franchigia, per cui è lo Stato a pagare il fio della colpa, dell'irresponsabilità, della superficialità e dell'imperizia professionale di questi professionisti? Perché in questo Paese la magistratura debba trasformarsi da ordine in potere insindacabile nessuno è riuscito ancora a spiegarcelo.

Allora, vedete, non si aumenta il tasso di onestà degli amministratori, dando ai magistrati poteri insindacabili.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole D'Anna.

VINCENZO D'ANNA. Non si aumenta il tasso di buona amministrazione, sottoponendo gli amministratori alla gogna di reati fumosi, che altro non possono che portare ulteriore complicazione ed ulteriore discredito a chi amministra (Applausi dei deputati del gruppo Popolo e Territorio).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Della Vedova. Ne ha facoltà.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente, per Futuro e Libertà la questione corruzione è stata ed è una delle questioni costitutive.

La corruzione è una grande questione morale, che diventa una grande questione politica, civile e che diventa, poi, una grande questione ed emergenza economica, esattamente come la criminalità organizzata.

La ragione per cui abbiamo ritenuto da sempre che la lotta alla corruzione fosse non un elemento accessorio o una rivendicazione identitaria ma una delle riforme strutturali di cui il Paese ha bisogno - e di questo ringraziamo l'impegno profuso dal Governo, dal Ministro Severino, dal Ministro Patroni Griffi naturalmente e dagli altri Ministri che hanno partecipato - è che si tratta di uno dei temi molto legati alla discussione che abbiamo svolto questa mattina sulla crescita economica nel nostro Paese. La corruzione espropria i cittadini e i contribuenti dai vantaggi che ricaverebbero da mercati liberi e concorrenziali, scarica sul bilancio pubblico e sul debito pubblico quella intermediazione illegale e criminale che ha molto a che vedere, ma non solo, con la politica e quindi è uno dei fattori che deprimono il potenziale di crescita economica.

Vi sono indici internazionali sulla base dei quale gli investitori internazionali pianificano le loro decisioni di investimento: penso all'Index of Economic Freedom dell'Heritage Foundation secondo il quale l'Italia ha una posizione sulla corruzione di poco superiore a quella della Colombia, oppure il Corruption Perception Index del 2011 stilato da Transparency International che ci dice che l'Italia è sessantanovesima su 182 Paesi, a pari merito con la Macedonia, le isole Samoa e il Ghana. Questi ranking mondiali sono uno dei pesi, assieme al carico fiscale, alle legislazioni sui mercati, alla lunghezza dei processi, una delle questioni che incidono quotidianamente nelle difficoltà del Paese, nell'incapacità di raccogliere investimenti e nella minore affidabilità che complessivamente il Paese ha in momenti cruciali. Quindi, si tratta di una riforma strutturale essenziale ad un rilancio del Paese. Non è l'unica: non è sufficiente una buona legge per battere la corruzione, ridurre la spesa pubblica e i margini di intermediazione e di discrezione di chi fa gli acquisti pubblici o di chi dà gli appalti, anche attraverso la spending review; è uno dei modi per combattere la corruzione ma questo disegno di legge riveste un aspetto concreto e simbolico fondamentale nel definire la volontà del Parlamento e del Governo di lottare contro la corruzione. Ne abbiamo chiesto una rapida approvazione: confermiamo questo impegno e ringraziamo il Governo per aver tirato dritto anche con l'apposizione rigorosa della questione di fiducia. C'è un punto, però, signor Ministro Severino, signor Ministro Giarda, un allarme che qui oggi vogliamo lanciare, ed è quello relativo al primo voto di fiducia, quello sull'articolo 10, la prima delle tre questioni di fiducia. Non è responsabilità del Governo, lo sappiamo, è l'eredità che arriva dalle precedenti analisi di questo provvedimento, ma vi è un punto che rischia di essere, nel merito e per il suo valore simbolico, obiettivamente paradossale nel momento in cui si fa una normativa severa contro la corruzione, che è l'individuazione dei principi direttivi sull'incandidabilità di coloro che hanno subito condanne definitive per reati di corruzione, reati contro la pubblica amministrazione, affidato ad una delega - era già così prima - che, per i tempi di approvazione del provvedimento, che avanzano, scavalla la legislatura. È un allarme nel merito ma è anche un allarme che credo dovremmo fare tutti proprio come forze politiche perché ci sottopone al rischio - abbiamo visto tanti episodi di questo tipo negli ultimi mesi - di una sollevazione dalla rete che diventa sollevazione popolare su questo punto specifico: fanno la legge per non candidare i corrotti ma rinviano l'entrata in vigore della legge dopo le prossime elezioni. Io credo semplicemente che questo sia un punto di merito, di metodo, un punto politico sul quale dobbiamo riflettere.

Noi oggi lanciamo l'allarme di consapevolezza presentando un ordine del giorno che da parte del Parlamento impegna il Governo nella sua libera responsabilità ad esercitare questa delega nei tempi più rapidi possibili e, comunque, per evitare che il tema della incandidabilità dei corrotti sia un tema per il futuro, noi lo vogliamo per il presente.

E proprio per dare forza a questo allarme che noi vogliamo sollevare, e per rendere consapevoli tutti quanti di questo punto, perché poi non si debba rispondere a babbo morto delle polemiche, vogliamo dare un segnale. Quindi - a parte la relatrice Angela Napoli, che ringraziamo per il lavoro svolto in tutti questi anni e negli ultimi mesi su questo tema - noi non parteciperemo come gruppo di Futuro e Libertà al voto di fiducia su questo specifico punto, sull'articolo 10, mentre parteciperemo e voteremo convintamente a favore sugli altri punti all'ordine del giorno.

Ripeto, è un allarme che dobbiamo lanciare, le conseguenze le vedremo nei prossimi mesi. Affidiamo allo strumento, come sempre esile come valore di cogenza politica, dell'ordine del giorno, però, un impegno complessivo della Camera e del Governo a far sì che il «no» alla candidabilità dei condannati in via definitiva per corruzione non sia per il futuro, ma che sia una cosa di oggi, che riguardi il voto al quale ci avviciniamo delle prossime legislative del 2013 (speriamo che siano nel 2013), e non può essere una cosa rinviata al 2018 (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, onorevole Ministro, onorevoli colleghi, questo provvedimento al nostro esame ha l'importante finalità di contrastare il gravissimo fenomeno della corruzione che in Italia si aggira, secondo stime ormai note della Corte dei conti, in valori prossimi ai 60 miliardi, e che costituisce un grave freno allo sviluppo e alla crescita secondo principi liberali di concorrenza e di merito oltre che un grave fattore di inquinamento della vita sociale e amministrativa.

L'entità della corruzione in sostanza è uno dei fattori che frena e rende poco credibile il nostro sistema Paese, nonostante i lodevoli sforzi per il risanamento e la crescita, e dunque è necessario un serio intervento legislativo senza ulteriori indugi. Ha fatto bene perciò il Governo a porre la fiducia, che l'Unione di Centro voterà con convinzione e responsabilità.

È tempo di decidere. Il provvedimento è, peraltro, anche attuazione della Convenzione di Merida dell'ONU del 2003 e della Convenzione penale del Consiglio d'Europa sulla corruzione del 1999, che richiedono l'istituzione di autorità nazionali proprio su questi reati. Ora anche l'Italia avrà una Autorità nazionale anticorruzione e strumenti di contrasto più forti. È un buon passo in avanti.

Naturalmente, il provvedimento è complesso e - certo - qualche dubbio sulla parte penale si può nutrire. Non sull'aumento delle pene e il maggiore rigore, ma su una fattispecie aperta, quasi indistinta come il traffico di influenze.

Leggo testualmente su un autorevole quotidiano nazionale che i nuovi reati di corruzione tra privati e di traffico di influenze potrebbero, tra l'altro, porre fine all'attività di lobbying. Ma è davvero il caso di criminalizzare le attività di lobbying, anziché farle emergere e svolgere alla luce del sole e con regole? Non c'è il rischio che gli uomini si rifiutino di trasformarsi in angeli e che tutte le attività umane siano sospettate di illecito penale?

Ma torniamo pure alle misure amministrative, civilistiche e di prevenzione, in particolare al tema della incandidabilità di cui all'articolo 10. Ora, come è stato già detto da diversi colleghi, l'articolo 10 affida una delega molto utile al Governo, anche piuttosto ampia, ad adottare entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge un decreto legislativo recante un testo unico della normativa in materia di incandidabilità alla carica di membro del Parlamento europeo, di deputato, di senatore della Repubblica, alle elezioni regionali, provinciali, comunali, e divieto di ricoprire le cariche di presidente e componente di consigli di amministrazione di consorzi e di altri organi di governo locale.

È un principio importante, assolutamente necessario che chi è stato condannato con sentenza passata in giudicato per gravi reati non può essere candidabile. È lo stesso principio, d'altra parte, che vige già da molti anni nelle elezioni regionali e che è previsto dall'articolo 58 del Testo unico degli enti locali nelle elezioni per i comuni e le province. Quindi, nelle elezioni per comuni, province e regioni giàè vigente questo principio e deve esserlo anche per il Parlamento nazionale. C'è una domanda che si aggira anche un po' per il Paese ben al di là delle suggestioni anticasta e della demagogia di moda. La domanda che frequentemente viene avanzata, non solo, appunto, dai più accaniti critici della casta, ma dai cittadini di comune buon senso è, infatti, la seguente: come mai per partecipare ad un concorso per vigile o bidello devo dimostrare di non avere condanne e carichi penali pendenti e per essere eletto in Parlamento, invece, questo requisito non serve? Chi in genere rivolge queste domande non si accontenta della risposta di qualcuno secondo cui il voto omnia munda mundis e l'eletto dal popolo è al di sopra di queste regole perché democraticamente chiamato a fare lui le regole. A nostro avviso, la domanda di etica pubblica che in tal modo viene posta è corretta, ben oltre ogni demagogia populista, per due ordini di ragioni. In primo luogo, perché i futuri legislatori non sono legibus soluti e devono sin dall'inizio dimostrare di comprendere che devono rispondere ai principi di etica pubblica di rango costituzionale e sovranazionale e non sempre fondati sulla legge scritta, che riguardano direttamente le loro coscienze e le loro condotte personali. Se si chiede ai cittadini di non rubare e di non commettere reati e ciò costituisce condizione per l'accesso al lavoro nel pubblico impiego, non certo di meno deve essere per chi si candida ad esercitare la funzione legislativa e di Governo in nome del popolo. La seconda ragione è che occorre una certa enfasi anche sui requisiti personali dei candidati che devono essere parte non secondaria del voto elettorale, e l'idea che tra questi requisiti curriculari vi debba essere un certo tasso di onestà e il rispetto delle leggi, comprovati dall'esperienza di vita, non può certo dirsi un'idea sbagliata.

Naturalmente, occorre anche prevenire l'idea che qui si tratti di affermare una sorta di superiorità morale degli eletti. No, qui dobbiamo affermare i principi dell'etica comune da condividere. Dobbiamo però - e richiamo l'attenzione dei Ministri e del Governo - anche noi, con i toni pacati che contraddistinguono il sostegno politico dell'Unione di Centro per il Terzo Polo al Governo, esplicitare un nostro punto di insoddisfazione. Al Ministro Patroni Griffi in modo particolare il tema è molto noto: abbiamo presentato un emendamento, sottoscritto dal collega Tassone e da me, che rende più stringente questo principio di delega. Non è pensabile che una legge anticorruzione complessa e importante come questa non rechi il principio della incandidabilità dei condannati con sentenza definitiva, come vuole la Corte costituzionale, per gravi reati per le prossime elezioni politiche nazionali. Su questo punto occorre essere molto chiari perché il Governo, che giustamente si era rimesso all'Aula, si assume con questo voto di fiducia una responsabilità notevole. Noi insistiamo per questo principio. Si era raggiunto un certo accordo, un'intesa, in Commissione sul nostro emendamento riformulato che, come ripeto, si basa su due principi precisi: sentenze passate in giudicato e solo gravi reati. Ma questi principi noi vorremmo vederli riaffermati nella delega.

E vorremmo davvero che ciò fosse fatto prima del rinnovo del Parlamento nazionale. In tal senso quello che ha annunciato il collega Della Vedova noi lo abbiamo già scritto e depositato: infatti sottoponiamo all'attenzione dell'Aula, ovviamente, ma in modo particolare del Governo, un ordine del giorno già depositato che impegna esattamente il Governo ad esercitare la delega in tema di incandidabilità al Parlamento dei condannati con sentenza definitiva per gravi reati in tempo utile affinché le norme possano essere vigenti e applicabili entro la scadenza naturale dell'attuale legislatura e prima delle elezioni previste per l'anno 2013. Confidiamo nel pieno accoglimento del nostro ordine del giorno. L'Unione di Centro insiste su questo tema non per giustizialismo, non per inseguire facili demagogie ma per l'esatto opposto: per l'onore delle istituzioni democratiche, del Parlamento, della buona politica (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Bragantini. Ne ha facoltà.

MATTEO BRAGANTINI. Onorevole Presidente, signori Ministri, onorevoli colleghi. Noi come Lega voteremo contro questa fiducia non certamente per l'articolo 10, non certamente per un articolo che abbiamo affrontato in Commissione, abbiamo emendato, abbiamo insieme trovato soluzioni migliori. Si poteva fare molto di più. Eravamo d'accordo, ad esempio, affinché la delega durasse soltanto sei mesi anziché un anno. Eravamo d'accordo che per alcuni gravi reati come quelli per associazione mafiosa bastasse la condanna anche in primo grado per far sì che fosse prevista l'incandidabilità dei delinquenti. Ma siamo contrari al provvedimento in esame perché questo Governo ha dimostrato per l'ennesima volta di non aver una maggioranza. Infatti, se a parole eravamo tutti d'accordo per fare un provvedimento contro la corruzione, non vedo perché si debba mettere la fiducia. Vuol dire che non c'è una maggioranza. Non c'è, come ha detto ieri il Ministro Giarda, una maggioranza solida e coesa. Se ci fosse una maggioranza solida e coesa, a cosa servirebbe mettere la fiducia (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)? Probabilmente su queste tematiche ci sono sensibilità differenti tra il PD e il PDL, tra l'Italia dei Valori e l'UdC. Vuol dire che questo è un Governo che su grandi tematiche importanti di questo Stato non ha una maggioranza, e al collega dell'UdC, che ha parlato ieri dicendo che il merito di questo Governo è di aver dato un'accelerazione a questo provvedimento, a lui rispondo che non vada mai a fare una gara di corse in autodromo. Infatti, se accelerare vuol dire fermare per cinque mesi un provvedimento perché il Governo doveva studiare e prepararsi, vuol dire che non ci capiamo nei termini: accelerare a casa mia vuol dire abbreviare i tempi. Eravamo già a novembre sull'articolo 8, abbiamo ricominciato a maggio: questo, a casa mia, non vuol dire accelerare, vuol dire mettere il freno a mano, il freno di stazionamento.

Dunque non voteremo la fiducia perché riteniamo che questo Governo non stia facendo niente per questo Stato, non stia facendo niente di utile per i nostri popoli. Sta semplicemente aumentando le tasse, deve ancora cominciare a tagliare gli sprechi di questo Stato: infatti dobbiamo ancora tagliarli per davvero. Dobbiamo ancora tagliare i maxistipendi dei dipendenti e dei funzionari delle società controllate dal pubblico: quanto aspettiamo? Aspettiamo che il presidente dell'INPS, che prende un milione e 200 mila euro, venga mandato a casa semplicemente perché ha dato dati diversi da quelli che voleva il Governo o perché prende troppo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)? Veramente è un Governo inconcludente e la maggioranza è inconcludente, che a parole continua a dire che ha voglia di tagliare le spese, che vuole portare avanti questo provvedimento sull'anticorruzione, rilanciare l'economia addirittura sul territorio. I vostri esponenti dicono che l'IMU deve essere rimodulata per le fasce più deboli, per dare una mano a quelle famiglie che danno in comodato gratuito gli immobili ai figli: sono notizie di questi giorni.

Ma quando noi della Lega abbiamo presentato gli emendamenti, voi vi siete opposti e avete chinato il capo al Governo dei tecnici, al Governo delle lobby, al Governo dei boiardi di Stato (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), che di sicuro non vorrà mai cambiare questo Stato, perchéè stato uno Stato generoso nei loro confronti.

Dunque noi voteremo contro e auspichiamo che anche gli altri parlamentari e gli altri politici finalmente aprano gli occhi. Non servono i tecnici, servono dei cittadini che facciano politica in modo chiaro, trasparente e soprattutto con idee chiare, questo serve a questo Stato. Serve uno Stato federale, uno Stato dove vi siano maggiori autonomie per le nostre regioni, per i nostri comuni, dove vi sia responsabilità e potere non solo di spesa, ma di prelievo dei nostri amministratori: questo serve a questo Stato. Non servono dei tecnici, che magari avranno anche delle belle intenzioni, ma che sono ostaggio di una maggioranza che maggioranza non è (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Giovanelli. Ne ha facoltà.

ORIANO GIOVANELLI. Signor Presidente e signori Ministri, in verità noi la nostra fiducia attiva, operosa e vigile l'abbiamo data stamattina, con l'intervento del nostro segretario nazionale sulle comunicazioni del Presidente del Consiglio. Sono infatti d'accordo personalmente con l'intervento del collega Della Vedova, quando sottolineava che in questa occasione, in questo dibattito, non stiamo parlando di una cosa diversa rispetto a quella che abbiamo affrontato stamattina.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE (ore 12,50)

ORIANO GIOVANELLI. Se qualcuno pensa che da una parte ci sono le politiche di risanamento finanziario, le politiche per la crescita e dall'altra parte invece c'è una riserva indiana, abitata da qualche inguaribile moralista, da qualche giustizialista d'antan, che ha la fissa della lotta alla corruzione, è davvero fuori strada, è davvero fuori dalla storia ed è fuori dal fuoco centrale della crisi in cui versa il nostro Paese. Non c'è risanamento economico possibile, non c'è rinascita senza un profondo risanamento civile e morale di questo Paese. Infatti le questioni che vengono al pettine nel momento in cui affrontiamo il tema della lotta alla corruzione nella pubblica amministrazione hanno a che fare con qualcosa di profondo, che sta nelle radici spesso distorte della crescita e del rapporto tra economia e politica, che in questo Paese nei decenni si è costruito.

Non sottovalutiamo che ogni passo avanti fatto nella direzione dell'assunzione di responsabilità rispetto alla profondità di questo tema, è un passo avanti che facciamo nella direzione dell'uscita strutturale del nostro Paese dalla crisi, della possibilità di dare al suo sviluppo basi più solide e durature, della possibilità di risolvere questioni che lo hanno tenuto e lo tengono ancora profondamente invischiato in logiche perverse. Questa legge è un passo avanti e questo passo avanti noi lo sottolineeremo anche con la nostra fiducia.

In un Paese immerso in una globalizzazione estrema, un Paese che non ha risorse proprie se non il lavoro, se non la produzione di beni, che ha bisogno di investimenti e quindi ha bisogno di credibilità, la lotta alla corruzione è centrale, perché altrimenti ci sfuggirebbe come nella corruzione prodotta all'interno della pubblica amministrazione, nel rapporto tra pubblica amministrazione, l'economia e le società, lì dentro noi ritroviamo le ragioni dell'enorme evasione fiscale.

I due fenomeni sono interconnessi: lì dentro, noi vi ritroviamo le ragioni dell'infiltrazione criminale nell'economia e dell'alterazione che tale infiltrazione criminale nell'economia produce a vere e pulite logiche di mercato; noi vi ritroviamo le ragioni del diffondersi del riciclaggio, il traffico dei rifiuti tossici. Altro che moralismo: siamo dentro le questioni vere che stanno ostacolando e hanno ostacolato la crescita del nostro Paese e che stanno ostacolando, oggi, le sue chance di rinascita.

Il presidente della Corte dei conti, Giampaolino, ieri, ha dichiarato che questo provvedimento rappresenta un bel pezzo di una riforma della pubblica amministrazione. A mio avviso, ha fatto un complimento al nostro lavoro e al lavoro del Governo, perché, effettivamente, buona parte di questo provvedimento, che discutiamo e ci accingiamo ad approvare in via definitiva, è un pezzo di riforma della pubblica amministrazione. Ha ragione, perché il lavoro sulla pubblica amministrazione è fondamentale.

Io invito, anche coloro i quali non voteranno la fiducia, a valutare complessivamente i passi avanti che stiamo compiendo proprio su questo terreno. Mi riferisco al fatto che vi è una forte connessione, ad esempio, fra il lavoro che abbiamo svolto sulla semplificazione amministrativa e sulla trasparenza e gli effettivi strumenti di lotta alla corruzione nella pubblica amministrazione: più semplificazione del sistema amministrativo c'è, meno occasioni di corruttela si creano.

Io mi auguro che faremo ulteriori passi in avanti nella forte connessione, che io intravedo, fra questi due strumenti - semplificazione amministrativa e lotta alla corruzione - e il protocollo che il Ministro Patroni Griffi ha sottoscritto con le organizzazioni sindacali, con le regioni e con le autonomie locali, proprio sul pubblico impiego. Infatti, se vogliamo una pubblica amministrazione che sia reattiva rispetto al rischio della corruzione, al fenomeno della corruzione, bisogna tornare ad investire, in termini di professionalità, risorse e tecnologie, sul lavoro pubblico, sulla dignità del dipendente pubblico, su chi porta avanti quel lavoro spesso difficile ed incompreso.

Penso che all'interno di questo contesto, con questo provvedimento, produciamo delle novità importanti, che corrispondono anche al richiamo che gli organismi internazionali ci hanno fatto: da anni, infatti, dobbiamo individuare un'autorità centrale per la lotta alla corruzione; dovevamo definire piani contro la corruzione; dovevamo definire norme per favorire la trasparenza come arma, la più forte, nei confronti della corruzione; dovevamo entrare nel merito degli arbitrati e stabilire norme sulla dirigenza. Ecco, questo stiamo facendo. La sintesi non può che essere un giudizio sostanzialmente e convintamente positivo per i passi in avanti che facciamo. Ma centrale è la politica, centrale è la responsabilità della politica: non vi è chi non veda, infatti, che una buona pubblica amministrazione ed anche buone norme nei confronti della corruzione non possono avere come destinatari soltanto dirigenti e dipendenti della pubblica amministrazione. Sulla pubblica amministrazione agisce, nel bene e nel male, la politica, e a quella dobbiamo rivolgere fortemente la nostra attenzione.

Il discorso si farebbe complesso, largo: certo, chi ha prodotto un'esasperazione personalista della politica non si può, poi, lamentare che nascano come funghi i «capi bastone»: i capi bastone locali, che vogliono controllare le assunzioni, gli esiti degli appalti e il sistema degli acquisti. I capi bastone: chi ha lavorato per demolire i partiti, si tenga i capi bastone. Noi lavoreremo anche per superare questa degenerazione.

Ma non si può sfuggire ad una questione, quella che poniamo con l'articolo 10 di questo provvedimento, ossia il fatto che la politica, chi deve assumere responsabilità politiche debba essere sottoposto a norme precise di incandidabilità. Sono passati vent'anni da tangentopoli e questo Paese non ha ancora una legge organica sulla corruzione, né norme relative sull'incandidabilità riferite ai deputati e ai senatori. È una questione enorme. Abnorme!

Dunque, ci mettiamo le mani con questo provvedimento e anche l'articolo 10 corrisponde ad un obiettivo importante che si vuole perseguire da questo punto di vista. Noi, onestamente, avremmo preferito non una delega, ma norme immediatamente vigenti.

PRESIDENTE. Onorevole Giovanelli, la invito a concludere.

ORIANO GIOVANELLI. Concludo, signor Presidente. Noi avremmo preferito che per alcuni reati come quelli legati alla mafia, valesse la sentenza di primo grado, e non la sentenza definitiva, per definire l'incandidabilità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). Ma tant'è. Ogni compromesso onesto e trasparente che fa fare un passo avanti al sistema è, comunque, benvenuto.

Ma non c'è dubbio che i Ministri e il Governo si assumono una grande responsabilità con la fiducia che oggi noi, insieme agli altri gruppi, abbiamo dato e daremo: quella di fare intervenire l'operabilità dei decreti delegati prima delle prossime elezioni politiche (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico). In questo senso abbiamo presentato anche noi un ordine del giorno e in questo senso ci sentiamo di responsabilizzare fortemente il Senato, che leggerà il provvedimento dopo di noi, e il Governo, che dovrà emanare i decreti delegati (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Costa. Ne ha facoltà.

ENRICO COSTA. Signor Presidente, oggi, invece di trovarci qui a garantire il nostro voto di fiducia a questo Governo - e preciso che non ci sottrarremo alla nostra responsabilità -, avremmo preferito essere impegnati a discutere il testo nel merito, affrontare i nodi con il dibattito, individuare i miglioramenti possibili.

Dico questo innanzitutto per la delicatezza della materia che ci troviamo ad affrontare. Non ci stiamo occupando, infatti, di astratte regole economiche, di fredde politiche energetiche o ambientali. Stiamo affrontando il tema della libertà dei cittadini e della libertà personale degli individui: diritti fondamentali ed insopprimibili che, per il principio di legalità che copre i reati e le pene, possono essere ristretti solo per legge.

La Costituzione ha individuato nella legge l'unica fonte dei reati e delle relative pene. Il Parlamento ha il dovere di discuterne, di dibattere e di approvare le relative norme. È un compito esclusivo. Imporre il voto di fiducia sui diritti fondamentali, è una forzatura: forse non regolamentare, forse non giuridica, ma sicuramente politica. Presentare ai deputati l'alternativa tra il «digerire» norme, talune discutibili, senza poterle migliorare e discuterne, oppure far cadere il Governo, non è l'approccio migliore. E non lo è soprattutto perché eravamo ad un passo da un traguardo storico.

Il Governo ha rinunciato, sotto questo profilo, ad osare, a trainare la propria maggioranza, ad individuare una propria linea sulla quale il Parlamento avrebbe potuto dibattere, forse anche dissentire, ma certo discutere. Ha invece preferito una soluzione più comoda dal punto di vista pratico, rinunciando alla sintesi, ma privilegiando la tagliola del voto di fiducia.

Eravamo, come dicevo, vicini ad un traguardo storico, nell'ambito di un percorso iniziato con il disegno di legge presentato in Consiglio dei ministri dall'allora Ministro Alfano: un testo già passato al vaglio del Senato, che conteneva una fondamentale innovazione nella lotta alla corruzione. Un tempo si affrontavano le criticità nell'ambito della pubblica amministrazione, i crimini degli uomini di Stato, soltanto attraverso una repressione fatta di norme penali. Il Ministro Alfano ha coniugato tale irrinunciabile aspetto con l'altrettanto essenziale momento della prevenzione, con il momento della trasparenza, fatta di regole e procedure che rendano le varie fasi controllabili e lineari.

Un percorso, quindi, in due fasi, per un obiettivo comune a tutte le forze politiche, questo va riconosciuto: evitare, attraverso la prevenzione e la repressione, quei fenomeni criminosi che nel nostro Paese trovano terreno fertile. È fondamentale che il Parlamento, chiamato ad approvare queste norme, respinga la tentazione di fare semplice demagogia, ma si impegni per individuare soluzioni efficaci. È sufficiente, lo abbiamo visto in Commissione, per fare demagogia, presentare emendamenti che raddoppiano le pene, ma le soluzioni efficaci passano attraverso, soprattutto, il momento della prevenzione.

La burocrazia nel nostro Paese soffoca ogni passaggio amministrativo; non sappiamo quante leggi siano in vigore, c'è chi dice cinquantamila, chi settantamila, chi centomila; c'è un disordine normativo che non consente, al cittadino e talvolta al professionista che si trova ad avere a che fare con la macchina pubblica, che vorrebbe in qualche modo controllare le procedure amministrative, di farlo in modo intelligibile. Questo fenomeno cancella la trasparenza, rende complessi i controlli, favorisce l'annidarsi di comportamenti illegali. La burocrazia, oltre a creare costi notevoli, creando uffici, strutture, adempimenti, rende il cittadino indifeso di fronte alla pubblica amministrazione, e rende il pubblico funzionario padrone e signore delle procedure. La semplificazione dei passaggi amministrativi, la trasparenza degli stessi, ha caratterizzato la prima parte di questo provvedimento; lo spirito è, quindi, di rendere ogni fase controllabile e comprensibile, di avere uno Stato accessibile ad ogni cittadino.

La parte della repressione, altrettanto importante, resterebbe, quindi, incompleta senza una seria prevenzione. Repressione non significa solo norme penalistiche ma anche amministrative; sosteniamo convintamente, in questo spirito, la norma sulla quale siamo chiamati ora al voto di fiducia. Fuori dal Parlamento, fuori dalla pubblica amministrazione, fuori dagli incarichi pubblici, chi si è macchiato di gravi reati! Solo così sarà possibile rendere credibile il lavoro di chi si impegna quotidianamente nei comuni, nelle province, nelle regioni e nello Stato. Dovranno essere individuati criteri seri, regole certe, meccanismi efficaci; nessuno dovrà e potrà trincerarsi dietro interpretazioni equivoche o controverse.

Tuttavia, allo stesso tempo, occorrerà rendere alla giustizia quella dignità e quella forza nella decisione che, oggi, pare essersi smarrita; smarrita perché troppo spesso, taluni magistrati, una ridottissima minoranza, cedono alla tentazione di interferire nella vita democratica del nostro Paese con «inchieste spettacolo» che finiscono sistematicamente nel nulla (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Questa legge, per scelta del Governo che ha posto la questione di fiducia, mette, ancor più di ieri, la vita dei cittadini e degli amministratori nelle mani della giustizia e degli uomini che la amministrano; è pertanto necessario che anch'essi, quando sbagliano, siano chiamati a risponderne (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Il Senato, sotto questo profilo non mancherà di intervenire efficacemente.

Concludo su un aspetto che, molto spesso, ha interessato le cronache: l'interferenza delle leggi in materia penale con i processi in corso. È inevitabile che mettendo mano a una riforma che riguarda il codice penale, qualche processo ne venga toccato. Gli esponenti del Partito Democratico, ma anche quelli del Governo, si sono vantati del fatto che questa legge non interferisce con i processi in corso. Ma è proprio così? Certamente il Governo si è premurato di dribblare, se non di eludere, indicazioni europee pur di non rischiare anche la minima interferenza con le vicende giudiziarie di Silvio Berlusconi; non si è posto analogo problema relativamente alla prescrizione che la nuova concussione regala ad altri celebri imputati, soprattutto in quel di Monza. A questo proposito mi tornano in mente le parole che, in occasione della discussione sulle linee generali, ha pronunciato un esponente del Partito Democratico: sul regime della prescrizione presenteremo alcune proposte che potrebbero dare un segnale importante e fattivo. Allora non avevamo capito, ora abbiamo compreso (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Mussolini. Ne ha facoltà.

ALESSANDRA MUSSOLINI. Signor Presidente, voterò tre «no» convinti perché la corruzione è anche mancanza di trasparenza e mistificare i dati, come è successo con il Ministro Fornero, non è possibile: 65 mila esodati andavano bene, 400 mila no! E sono dati della Ragioneria generale dello Stato.

Quindi, è questa la correttezza di un Governo!

E poi dicono «non abbiamo più l'appoggio dei poteri forti». Ma siete voi i poteri forti! Avete fatto il blitz e avete messo le banche anche ai vertici della Rai. Dimettetevi, si dimetta la Fornero, si dimetta questo Governo e si torni finalmente a votare. Non ne avete azzeccata una da quando vi siete insediati. Vergognatevi (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà e dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia posta dal Governo sul mantenimento dell'articolo 10.

(Votazione della questione di fiducia - Articolo 10 - A.C. 4434-A)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione della questione di fiducia. Indico la votazione per appello nominale dell'articolo 10, nel testo delle Commissioni, sulla cui approvazione, senza emendamenti e articoli aggiuntivi, il Governo ha posto la questione di fiducia.

Per agevolare le operazioni di voto, invito i deputati ad avvicinarsi al banco della Presidenza seguendo il proprio turno di votazione, che è evidenziato sul tabellone elettronico, evitando, quindi, di stazionare nell'emiciclo e di rendere così più difficoltosa l'espressione del voto.

Avverto che la Presidenza ha accolto alcune richieste di anticipazione del turno di voto di deputati appartenenti ai vari gruppi, che ne hanno fatto motivata richiesta per gravi ragioni personali o per impegni legati alla loro carica.

Estraggo a sorte il norme del deputato dal quale comincerà la chiama.

(Segue il sorteggio).

La chiama avrà inizio dall'onorevole Boffa.

Invito i deputati segretari a procedere alla chiama.

(Segue la chiama).

PRESIDENTE. Saluto gli studenti e gli insegnanti dell'istituto comprensivo «Giovanni Paolo II» di Piano Tavola, Belpasso, e della scuola secondaria di I grado «Nino Martoglio», grande autore e artista teatrale catanese, di Belpasso, Catania, accompagnati dal sindaco della città Alfio Papale, che stanno assistendo ai nostri lavori dalle tribune (Applausi).

(Segue la chiama).

PRESIDENTE. Si è così conclusa anche la seconda chiama. Chiedo se vi siano altri deputati che intendano votare.

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione sull'articolo 10, nel testo delle Commissioni, sulla cui approvazione, senza emendamenti e articoli aggiuntivi, il Governo ha posto la questione di fiducia.

Presenti 543

Votanti 536

Astenuti 7

Maggioranza 269

Hanno risposto 461

Hanno risposto no 75

(La Camera approva - Vedi votazioni).

Si intendono così respinte tutte le proposte emendative riferite all'articolo 10.

(Dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia - Articolo 13 - A.C. 4434-A)

PRESIDENTE. Passiamo a questo punto alle dichiarazioni di voto dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto sulla questione di fiducia posta dal Governo sul mantenimento dell'articolo 13 nel testo delle Commissioni.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Belcastro. Ne ha facoltà.

ELIO VITTORIO BELCASTRO. Signor Presidente, intervengo per ribadire il nostro ennesimo «no» alla fiducia a questo Governo, i cui frutti stiamo cogliendo a piene mani sui nostri territori. Io parlo principalmente del sud, ma le politiche sbagliate di questo Governo stanno ricadendo su tutta la nostra nazione.

Sono fermamente convinto che questo Governo farebbe bene a chiudere questa parentesi priva di democrazia, a chiudere questa parentesi nella quale i cosiddetti tecnici stanno dimostrando di non avere alcun interesse per i problemi reali della nostra gente. Sono fermamente convinto che c'è bisogno di un ritorno alla politica. Sono fermamente convinto che, continuando su questa strada, servendo la Germania, come italiani non facciamo altro che fare un danno devastante al nostro Paese.

È questo il motivo per cui votiamo «no» ed è il motivo per cui mi appello alle forze di questo Parlamento perché comincino un'altra volta a pensare agli interessi reali del Paese, perché«A, B, C» si siedano ad un tavolo per discutere di cose serie, di come rilanciare la nostra economia e non di come accontentare i nostri partner europei che fino ad oggi hanno dimostrato di pensare, loro sì, ai loro connazionali, mentre la politica italiana se ne frega degli italiani.

È questo che abbiamo colto ed è questo il motivo per cui, finché ci sarà, voteremo sempre «no» alla fiducia a questo Governo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Tassone. Ne ha facoltà.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, il nostro gruppo ha espresso, sia in sede di discussione sulle linee generali e anche con la dichiarazione di voto resa questa mattina dall'onorevole Mantini, qual è la nostra posizione, qual è la posizione del gruppo dell'UdC.

Noi vediamo come un fatto positivo questo provvedimento. Certamente qualcuno pretenderebbe qualcosa in più, avrebbe richiesto traguardi molto più significativi da raggiungere, ma noi certamente dichiariamo con estrema tranquillità che un percorso è iniziato.

Non c'è mai nessuna norma perfetta che possa contrastare sia la criminalità organizzata e in questo caso la corruzione. Certo, è un dato importante quello che noi più volte abbiamo rilevato: sono sufficienti soltanto le norme per scardinare la corruzione all'interno del nostro Paese oppure c'è bisogno - ecco l'importanza di questo provvedimento e della discussione che abbiamo fatto - di una fase culturale nuova, di un approccio nuovo e diverso e di una presa di coscienza? Credo che il ruolo del Parlamento sia determinante e abbia la sua centralità, la sua forza, la sua capacità di mandare forti messaggi anche attraverso delle norme legislative più appropriate.

Questo provvedimento è stato presentato nel 2010. Credo che sia passato un lungo arco di tempo. Ci sono stati un dibattito e un confronto. In alcune momenti sembrava che tutto dovesse essere accantonato e dissolto. Ritengo che, invece, ci siano degli aspetti e dei fatti estremamente positivi. Noi diamo la fiducia e ci concentriamo soprattutto sull'articolo 13, quello che ha fatto discutere e un po' dialetticamente impegnare molti colleghi nelle Commissioni congiunte in cui si è discusso questo provvedimento.

Quindi, signor Presidente, si è detto più volte che la lotta alla corruzione è un fatto di civiltà, libertà e democrazia. È una lotta alla violenza. Noi diciamo ancora che la corruzione è il veicolo della corruzione e certamente aggancia anche una azione e soprattutto la presenza di criminali organizzati. Vorrei fare questo riferimento molto chiaro: c'è un'azione corruttiva anche individuale, come ci sono certamente distribuite sul territorio delle organizzazioni rivolte certamente a dare delle risposte negative sul piano anche dei rapporti tra la pubblica amministrazione e il cittadino.

Allora, c'è un problema della pubblica amministrazione che deve essere valutato attentamente. Le norme anticorruzione non possono essere disgiunte anche da una rivisitazione della pubblica amministrazione per quanto riguarda le responsabilità.

Voglio dire un'altra cosa in questo particolare momento in merito al controllo. In molte amministrazioni comunali noi avvertiamo l'assenza dei controlli di legittimità. Questo problema ovviamente non è stato mai affrontato, non c'è stata mai nessuna risposta soddisfacente ed esaustiva.

Certamente, l'assenza dei controlli di legittimitàè, a mio avviso, un fatto importante sia per quanto riguarda la legittimità sugli atti della regione sia per quanto riguarda la legittimità sugli atti delle province (fin quando rimangono), sia per quanto riguarda gli atti di legittimità delle amministrazioni comunali. Ma certamente si è detto e si è anche ripetuto continuamente che la lotta alla corruzione stabilisce un rapporto diverso - lo dicevo poc'anzi - di normalità e di dialettica democratica e civile tra pubblica amministrazione e cittadino.

C'è un altro aspetto che volevo richiamare all'attenzione del Governo e dei colleghi, signor Presidente. È possibile che quando noi parliamo di corruzione e di pubblica amministrazione ci riferiamo semplicemente agli organi centrali dello Stato? Non c'è nessun riferimento forte, nessuna volontà - questo è il mio richiamo - per quanto riguarda quello che avviene nelle regioni con riferimento ad alcune normative e ad alcuni regolamenti delle regioni che certamente prefigurano una situazione di non trasparenza (e la trasparenza è stata più volte il leitmotiv che ha accompagnato il legislatore nell'approntamento anche di queste norme) degli atti amministrativi e della loro conoscenza.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI (ore 14,40)

MARIO TASSONE. Credo, quindi, che il discorso debba essere affrontato globalmente per quanto riguarda il ruolo nella pubblica amministrazione, la capacità della pubblica amministrazione di essere efficiente; credo che occorra rompere i grigiori e le opacità, ma soprattutto colmare degli interstizi e dei vuoti nei quali certamente la corruzione si è inserita. Ecco il perché di questo articolo 13: quando noi parliamo di concussione per costrizione, quando noi parliamo di induzione e quando noi parliamo ovviamente di traffico di influenze illecite.

Su questi provvedimenti si sono inseriti, come dicevo poc'anzi, una dialettica, un dibattito e un confronto molto accesi.

Queste fattispecie, però, queste nuove casistiche, che sembrano avere quanto meno capovolto e modificato il mondo, non sono altro che una previsione a largo spettro di quelli che possono essere, signor Presidente, degli angoli, degli interstizi, su cui si è ampliata e rafforzata sempre più l'azione di corruttela.

Non vi è dubbio, signor Presidente, che gli aspetti sono vari e importanti. Io seguo le letterature che molte volte si sono affacciate e hanno caratterizzato il dibattito politico e mi chiedo se è vero che, con queste norme, qualcuno viene ad essere salvato dai processi. Nel momento in cui emaniamo delle norme anticorruzione, non credo che possiamo inseguire questi dati e questi aspetti. Bisogna guardare soprattutto alla congruità della norma stessa, della sezione, anche per quanto riguarda le sospensioni dei processi e le prescrizioni su cui si è discusso moltissimo anche per quanto attiene alle norme che abbiamo citato e che concernono l'articolo 13 del provvedimento in esame.

Vi è una intera problematica, come dico continuamente anche in altre sedi a livello parlamentare. Faccio riferimento alla normativa antimafia che è una delle normative più importanti e significative che abbiamo, nel rispetto anche agli altri Paesi. Se fossero bastate semplicemente le norme, certamente la criminalità organizzata non avrebbe dovuto avere più cittadinanza e storia all'interno del nostro Paese. Forse quello che è mancato è una grande mobilitazione.

Allora, se una norma non ha un suo retroterra culturale, di sensibilizzazione, una grande mobilitazione e, soprattutto, un controllo molto forte rischia di essere evanescente e di non avere alcuna efficacia e incidenza.

Qui vi è bisogno - e ritengo che l'articolo 13 vada in questa direzione - di un'assunzione di responsabilità da parte della pubblica amministrazione perché uno dei dati e degli aspetti più incresciosi è che molte volte non si individuano le responsabilità e non vi è una gerarchia dove la responsabilità sia definita in modo chiaro. Ritengo che questo sia l'aspetto più significativo su cui dobbiamo concentrare la nostra attenzione.

Il provvedimento in esame verrà approvato attraverso le tre questioni di fiducia poste. Avremo certamente raggiunto, come dicevo poc'anzi, un traguardo significativo e importante. Credo che al Governo vada riconosciuto, in questa fase, il merito di aver seguito una vicenda, una storia, una problematica, portata avanti dalla norma, superando una serie di difficoltà. Credo che abbiamo raggiunto l'obiettivo con una convergenza di ampi strati del Parlamento e dei gruppi parlamentari; forse qualcuno ha superato anche vecchie convinzioni, dottrine e convincimenti «filosofici» che riguardano l'impianto normativo. Ritengo che questo sia un fatto estremamente positivo.

Dobbiamo guardare al futuro rispetto a quello che possiamo fare e a quello che possono fare anche le strutture chiamate ad individuare le responsabilità. Sarebbe poca cosa se ci soffermassimo semplicemente su questo aspetto e non vedessimo quali sono i protagonisti e le forze messe in campo nel reprimere la corruzione e, soprattutto, nello scardinare alcuni processi che creano degrado sul piano morale, della civiltà e della democrazia.

È una battaglia per la libertà e contro la violenza perché corruzione significa violenza dell'uomo sull'uomo, della pubblica amministrazione nei confronti del cittadino. Se si mortifica il cittadino vengono meno i cardini fondamentali su cui si costruisce la nostra democrazia all'interno del nostro Paese.

Ecco, con questi concetti e sulla base di questi ragionamenti, con convincimento, noi annunciamo il voto favorevole del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo su questo articolo (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Melchiorre. Ne ha facoltà per due minuti.

DANIELA MELCHIORRE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signora Ministro che qui rappresenta il Governo, noi Liberal Democratici siamo consapevoli delle difficoltà poste negli iter di costruzione dell'articolo 13 in esame. Sembrava, sinceramente, di non vedere mai l'alba di questa norma.

Abbiamo comunque partecipato alla gestazione di questo articolo e ci troviamo oggi però a dover votare la fiducia su un testo che francamente in una sua parte non ci convince pienamente. Premetto che questo testo apporta delle modifiche al codice penale ed introduce l'articolo 346-bis cioè il reato di traffico di influenze illecite. Va da sé che non ci sfuggono le genericità e le imperfezioni sul bene protetto, sui presupposti del reato che appunto viene chiamato «traffico di influenze illecite», non di meno i riflessi che questo può avere sulla certezza del diritto e anche le conseguenze che esso comporta nel momento in cui ci sarà il trasferimento in capo a chi deciderà dell'individuazione di questi elementi, che non sono assolutamente indicati ma nemmeno ben chiariti dalla norma. Noi ci permettiamo di ricordare che le norme valgono per quello che dicono e non per quello che si immaginerebbe dicessero. Per questo esprimiamo delle profonde perplessità sulla norma così come viene presentata e su cui dovremo votare la questione di fiducia e anche sulla sua futura applicazione che crediamo comunque comporterà non pochi problemi interpretativi. Confidando comunque nella capacità che abbiamo sempre avuto di sostenere il Governo, esprimiamo voto favorevole, ancora per questa volta, con riferimento all'articolo 13, sulla questione di fiducia al Governo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Iapicca. Ne ha facoltà.

MAURIZIO IAPICCA. Signor Presidente, abbiamo espresso il nostro voto favorevole per l'approvazione dell'articolo 10 del disegno di legge in esame, perché contenente principi condivisibili volti all'esclusione dalla politica elettiva di soggetti condannati con sentenza passata in giudicato per reati ben individuati e connotati da assoluta gravità. Ne abbiamo apprezzato la portata rispettosa del principio costituzionale della presunzione di non colpevolezza. Non possiamo reiterare il nostro consenso rispetto all'approvazione dell'articolo 13 nella formulazione proposta. Riteniamo che la norma così concepita presenti aspetti di ineludibile criticità per due ordini di motivi: in primo luogo, introduce un'inspiegabile differenziazione qualitativa e quantitativa tra costrizione ed induzione, differenziazione che non trova alcuna razionale giustificazione sul piano tecnico e scientifico, laddove basta riflettere sulla potenziale maggiore idoneità dell'induzione rispetto all'esercizio del metus publicae potestatis. La censura è rimasta priva di qualsiasi giustificazione da parte del Ministro. In secondo luogo, non ci sembra rispondente alle indicazioni sovranazionali, reca soltanto la punibilità della vittima della condotta concussiva. Attraverso tale sdoppiamento, di fatto, le indicazioni e le richieste vengono disattese. In terzo luogo, non riconosce la necessità di conferire contenuto patrimoniale all'utilità, mantenendo una pena severissima nel minimo, a punire condotte di commisurato disvalore, con conseguente lesione del principio di proporzionalità e ragionevolezza delle pene. In quarto luogo, nella riformulazione dell'articolo 318 del codice penale, recante il reato di corruzione cosiddetta impropria per atto conforme ai doveri di ufficio come per l'esercizio della funzione, va osservata la mancanza di un netto riferimento al patto corruttivo e al fatto contrattuale illecito e l'eccessiva gravità della pena prevista, da uno a cinque anni. A tutto ciò si aggiunga l'indeterminatezza che connota l'articolo 346-bis del codice penale che potrebbe travolgere qualsiasi condotta anche lecita unitamente all'ipotesi del delitto tentato, rendendo di fatto rilevanti atti, quali quelli preparatori, attualmente esclusi dalla sfera di punibilità secondo i principi generali del diritto. Noi siamo convinti della necessità inderogabile di consentire la rigenerazione della politica a tutti i livelli. Non possiamo tuttavia prescindere da valutazioni circa connotazioni che suonano come un vulnus irreparabile dell'intera costruzione del sistema penale italiano arrecato in un clima di emergenza che da troppo tempo condiziona le scelte legislative in materia.

Si tratta di osservazioni assolutamente fondate sul piano del diritto che si tradurrebbero in alcune assolutamente incolmabili e contrastanti con i principi cardine del nostro sistema penale. Noi, quindi, come Grande Sud, preannunziamo la nostra astensione (Applausi dei deputati del gruppo Misto- Grande Sud-PPA).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Pietro. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, signori del Governo, vorrei rivolgermi al Ministro di grazia e giustizia, però non so se mi devo rivolgere al Ministro o all'avvocato Severino, e non so se devo parlare da parlamentare o da ex pubblico ministero, perché siamo qui a discutere di due specifici articoli di legge contenuti nel titolo II, capo I del Codice penale: la corruzione e la concussione. Non credo che lei non ricordi cosa ci siamo detti, cosa tutti i giuristi si sono detti alla riunione di Cernobbio del 1994, perché - non so se lei se lo ricorda - in quegli anni, all'inizio degli anni Novanta, ci fu un'inchiesta che si chiamava «Mani pulite». Quell'inchiesta ha permesso di scoprire alcune migliaia, dico migliaia, di reati contro la pubblica amministrazione. Quell'inchiesta è stata possibile realizzarla perché, utilizzando gli articoli 317 e 319 del codice penale, siamo riusciti a rompere quel patto di omertà che prevedono in sé i reati a concorso necessario. Laddove un reato prevede come necessità che siano almeno due le persone, è chiaro che tutti e due processualmente hanno interesse a non dire, a mistificare, ad imbrogliare, ad inquinare le prove, a stare zitti.

Eppure, l'inchiesta «Mani pulite» che ha permesso di scoprire migliaia, dico migliaia di casi di reati contro la pubblica amministrazione, è stata fatta proprio grazie all'utilizzo degli articoli 317 e 319 del codice penale. Lei deve averlo capito benissimo, Ministro o avvocato Severino, perché lei oggi ci propone un disegno di legge di cui parleremo domani nel suo complesso che si qualifica in questo modo: Disposizioni per la repressione della corruzione. Quindi lei vuol mandare un messaggio ben chiaro, vuole dire: state attenti signori, che i reati finora previsti per combattere la corruzione non vanno bene, adesso vi indico io quali sono i reati per combattere la corruzione. Veramente i reati per combattere la corruzione c'erano, allora la curiosità che è venuta a me è stata la seguente: visto mai che ha trovato una soluzione ancora migliore? Andiamo a leggere cosa ha previsto il Ministro o l'avvocato Severino. Cosa abbiamo scoperto? Abbiamo scoperto che appunto con l'articolo 13 lei ci propone una cosa molto semplice. Tutto il resto sono chiacchiere, sono belle parole, ma il titolo del disegno di legge che lei ci propone è combattere la corruzione, ma la proposta che lei ci fa è contenuta nella modifica dell'articolo 317 del codice penale che lei propone: l'eliminazione del reato di concussione per induzione.

Lo so bene cosa dicono alcuni. Non eliminiamo alcunché. Col cavolo non eliminate alcunché! Aggiungete qualcosa di deplorevole, perché, se è vero com'è vero che il reato di concussione nella materialità dei fatti in nulla diverge dal reato di corruzione se non per l'elemento soggettivo (vale a dire che tra chi dà e chi riceve denaro uno è una vittima e l'altro è l'autore del reato), lei, con questa proposta, fa sì che, laddove la concussione avviene per induzione, sono tutti e due colpevoli, tutti e due rispondono del fatto commesso (sia chi dà denaro sia chi lo riceve). Lei vuole dire che, ogni volta che la concussione non avviene per violenza o per minaccia ma avviene per induzione, in quel caso non deve rispondere più solo chi induce ma deve rispondere anche chi è indotto.

Sfido a leggere milioni di pagine di carte che, in quest'ultimi vent'anni, hanno rappresentato gli atti giudiziari di questo Paese e a trovarmi un solo reato di concussione per violenza (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori). Non esistono le concussioni per violenza, per un motivo molto semplice: la violenza la fa il delinquente, la violenza consiste in un atto fisico in cui io do un cazzotto a lui e la minaccia consiste in un atto fisico in cui minaccio di mandargli a morte sua moglie. Ma non esiste un politico, un pubblico ufficiale, un Ministro, un sindaco, un assessore che va a prenderlo a coltellate. Sa come si comportano - ma lei, avvocato Severino, lo sa molto bene perché ne ha difesi tanti, dalla parte delle vittime peraltro - il pubblico ufficiale e il politico? Guardandolo in faccia, sorridendogli, schernendolo, tenendo il fascicolo sul tavolo, guardando dall'altra parte, preferendo l'altro, inducendo «spintaneamente» il nostro datore di denaro a rendersi conto che o mangia quella minestra o salta quella finestra, non ce sta niente da fa'! Cosìè se vi pare. Perché si danno? Mi ricordo l'interrogatorio di un giovane ragazzo di 28 anni che da tre mesi faceva l'imprenditore. Quando ha confessato, gli ho chiesto perché dava i soldi e lui mi ha risposto: perché così faceva papà e così mi ha detto che bisognava fare. E perché tu di 80 anni glieli dai? Perché questa è la regola se volevi stare nel sistema, era la risposta.

Stabilire di volta in volta se si tratta di un'induzione, per cui è l'imprenditore a mettere in tasca al politico o al Ministro o al sindaco i soldi - «chi me li ha messi in tasca a me? Non lo sapevo», così si difendono i politici - o se è l'imprenditore indotto a darli, lo deve decidere il magistrato, perché lo dovete decidere voi per legge? Noi dobbiamo lasciare questo reato, l'articolo 317 del codice penale, così com'è, per permettere al magistrato, di volta in volta, guardando il caso concreto, di stabilire se l'induzione è una costrizione ambientale cui resisti non potest, a cui bisogna cedere. Non bisogna mettere in condizione, ogni volta che i pagamenti avvengono per induzione, cioè tutte le volte, che anche chi dà il denaro deve rispondere come chi riceve il denaro stesso. Infatti, in questo modo, sapete cosa avete ottenuto? Avete ottenuto l'omertà processuale (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori), avete ottenuto come soluzione che nessuno più va a parlare, che nessuno più potrà mai andare a chiedere giustizia perché finisce cornuto e mazziato un'altra volta, perché quella persona che non poteva fare a meno di dare denaro dovrà comunque starsi zitto perché altrimenti viene pure condannato. Infatti, avete trasformato per legge la concussione per induzione in corruzione per induzione; invece voi dovevate lasciare la possibilità che il magistrato guardasse di volta in volta come effettivamente si erano svolti i fatti per poter decidere se stavano in un regime di parità, e come tale rispondevano tutti e due, o se uno era in una soggezione psicologica, senza dire, senza minaccia, senza violenza, per il semplice fatto di essere imprenditore, perché proprio perché fa l'imprenditore, se vuole campare, se vuole accedere alla pubblica amministrazione, se vuole avere i soldi che gli spettano, deve necessariamente pagare la mazzetta (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori). Questo è il massimo della concussione perché è una concussione che non ha bisogno di dire, non ha bisogno di parlare, non ha bisogno di minacciare. Lei questo tipo di reato l'ha abrogato e di più e peggio: ha punito colui che, nonostante si trovi in quella condizione ambientale di cui non può fare a meno, se va a parlare, se va a chiedere aiuto alla giustizia, viene pure condannato.

Allora vorrei ricordare a lei che cosa avevamo previsto nel 1994, non solo noi giudici di Milano, ma a quel convegno di Cernobbio in cui c'erano i suoi colleghi, i colleghi della Bocconi del Presidente del Consiglio e tante altre professionalità. Non noi, ma avevamo previsto una soluzione diversa, distinguere, cioè, tra il corrotto e il corruttore, tra il concusso e il concussore. Ogni volta che il pubblico ufficiale, il politico o quant'altro prendeva denaro rispondeva da quattro a dodici anni, sempre. Concussione e corruzione previsti dall'articolo 317 del codice penale, un solo articolo. Il corruttore, laddove invece era corruttore, rispondeva da tre a otto anni. Solo una differenza di pena, non già una differenza di reato. E di più: avevamo previsto una riformulazione dell'articolo 321 del codice penale che affermava una cosa molto semplice, ossia la non punibilità per coloro, corrotti o corruttori, che, nei tre mesi successivi dal fatto e, comunque, prima dell'iscrizione nel registro della notizia di reato, spontaneamente si recavano all'autorità giudiziaria a riconsegnare il maltolto e a denunciare i fatti.

In questo caso ci sarebbe stato un atto di resipiscenza operosa (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori). La differenza tra la nostra proposta e la sua - concludo - sta in questo: noi proponevamo di rompere il patto di omertà, noi proponevamo di combattere la corruzione, lei in questo modo, con questo provvedimento, e soprattutto con questo articolo sta aumentando ancora di più la possibilità di commettere reati, di commettere violenza per induzione e anche di potere farla franca (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Briguglio. Ne ha facoltà.

CARMELO BRIGUGLIO. Signor Presidente, signor Ministro, facevamo parte di un altro partito, noi di Futuro e libertà, quando abbiamo affrontato il tema del provvedimento anticorruzione e sono trascorsi due anni. Questo è un provvedimento che ha impiegato due anni perché avesse un'approvazione da parte di un ramo del Parlamento e per essere approvato è stato necessario che il Governo mettesse la fiducia su ben tre articoli. Questa mattina il presidente del nostro gruppo parlamentare, onorevole Della Vedova, ha spiegato perché Futuro e Libertà, per tenere alta la guardia su questo tema a cui lega il suo stesso DNA, la sua stessa ragione sociale, ha deciso di non partecipare al voto di fiducia sull'articolo 10. Credo che abbiamo dato anche una indicazione utile al Governo in questa direzione in senso assolutamente costruttivo. Tuttavia, voteremo a favore della questione di fiducia sugli articoli 13 e 14 perché, nonostante le riserve e le obiezioni, crediamo che il provvedimento in esame sia necessario e importante sia per il suo contenuto - anche il contenuto dell'articolo 13 e dell'articolo 14 - sia per il segnale che vuole dare al Paese.

Ritengo che intanto dobbiamo tesaurizzare ciò che di positivo è presente in questo provvedimento e anche la sua ispirazione. La classe politica è chiamata a fare le riforme della politica. Credo che con la riforma, anche questa parziale, per carità, del finanziamento pubblico dei partiti ma ancora di più con il disegno di legge per la repressione dell'illegalità e della corruzione nella pubblica amministrazione, la classe dirigente di questo Paese, il Parlamento, può dare alla pubblica opinione un segnale estremamente importante, e questo al di là dei limiti che pure il provvedimento presenta. Crediamo che sia intanto importante che venga ridefinito il reato di concussione. È importante per noi che siano state elevate le pene, in particolare, per quanto riguarda il reato di concussione, da quattro a sei anni e che sia stata sanzionata in modo più severo la corruzione per l'esercizio della funzione; è estremamente importante anche aver elevato le pene nella corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio in atti giudiziari e che l'interdizione perpetua dai pubblici uffici sia stata estesa anche alla condanna per corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio in atti giudiziari; è inoltre allo stesso modo importante la grande novità dell'introduzione di due nuove fattispecie di reato, com'è noto: l'induzione indebita a dare o promettere utilità, la cosiddetta concussione per induzione, e il traffico di influenze illecite. Credo che tutto questo lo possiamo ascrivere positivamente al Governo che - per noi è estremamente importante - non può essere soltanto il Governo del rigore economico. Nella concezione della classe dirigente risorgimentale di questo Paese la nozione di rigore era unica: rigore finanziario e rigore morale.

Questa non è una visione giustizialista della società, e nemmeno moralista: è una visione di un Paese che dinanzi all'esercito dell'antipolitica che vorrebbe marciare sul palazzo della politica dà risposte serie e razionali e risposte che non sono lontane dall'interesse del cittadino, delle famiglie e delle imprese. Infatti, noi abbiamo una tassa occulta: la corruzione è una tassa occulta, di 70 miliardi di euro l'anno, ha calcolato la Corte dei conti, 1.500 euro di tassa annua su ogni cittadino e su ogni famiglia. Pertanto questa è una riforma anche di tipo economico e non soltanto di tipo politico. E quando le forze politiche - questo lo voglio dire senza nessuna polemica, ma con molta chiarezza - sono rigorose su un provvedimento di questo genere, da un lato ci guadagnano, nel senso che per quanto ci riguarda siamo fedeli alla nostra ragione sociale e allo stesso motivo per cui siamo nati come Futuro e Libertà, ma ancora di più noi pensiamo di servire gli interessi popolari, gli interessi economici delle famiglie e dei ceti sociali anche più deboli, che non possono pagare questa tassa occulta. E ancora di più: noi mettiamo uno sbarramento rispetto a quelle classi dirigenti criminogene e a quel ceto politico che è corrotto e che ha avuto rapporti costanti con l'illegalità. Sanno che da questa parte, con queste tesi, con queste posizioni, che noi non mistifichiamo in nome di un garantismo peloso, non possono venire. È anche una rinuncia ad aree di consenso. È anche una rinuncia chiara, consapevole e determinata ad intrecciarci con settori della malavita, della criminalità, della criminalità organizzata, ma anche della criminalità dei colletti bianchi che si annidano nella pubblica amministrazione.

Pertanto noi pensiamo, anche per quanto riguarda l'articolo 14 - lo anticipiamo già adesso - di dare un voto favorevole. C'è anche un ordine del giorno che presenteremo per rendere estremamente chiaro che cosa si intenda per influenza illecita, perché vi è un rischio di eccessiva genericità nella tipizzazione del nuovo reato. In altre parole diamo un contributo in termini positivi a questo provvedimento, anche se stamattina abbiamo voluto dare non dico un altolà al Governo e non è nemmeno un momento di distinzione rispetto ad un Esecutivo che stiamo sostenendo con lealtà, ma senza nessuna delega in bianco. Il Governo ha il suo ruolo e il Parlamento ha il proprio e noi intendiamo esercitare proprio in Parlamento la nostra funzione di controllo, di indirizzo e anche di critica. Quindi, crediamo molto in questo provvedimento come momento di cambiamento per la società italiana.

Vorrei concludere questo intervento dicendo qualcosa che aleggia e che in qualche modo emerge dai retroscena, anche dalla stampa: sarebbe gravissimo che su questo provvedimento vi fosse la cappa del pregiudizio: «Va bene, licenziamolo adesso e poi assassiniamolo in un agguato al Senato». Io credo che anche il Governo si debba sentire responsabile dell'iter complessivo di questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo), perché se fosse soltanto un atto di ipocrisia, cioè che deve uscire dalla Camera per poi andare al Senato, non so perché, se poi dovesse essere in qualche modo soppresso, eliminato perché non favorisce il «sistema Penati» e forse favorisce un altro tipo di sistema, il «sistema Ruby», gli italiani avrebbero il diritto - e noi non avremmo nulla da potere opporre - di elevare in qualche modo forte il loro sdegno nei confronti delle istituzioni e della classe politica (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

Questo provvedimento, per certi versi, quindi, è un segnavia: cerchiamo di passare oltre, in senso positivo. Questo è il senso del voto favorevole di Futuro e Libertà per il Terzo Polo (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Vanalli. Ne ha facoltà.

PIERGUIDO VANALLI. Signor Presidente, perché si mette nuovamente la fiducia, per l'ennesima volta? Come mai questo Governo, che gode di una maggioranza così ampia, viene, per l'ennesima volta, alla Camera e chiede la fiducia su un provvedimento che, in tutte le votazioni, in tutti gli articoli che sono stati votati fino a adesso, ha di fatto avuto l'unanimità? Tutti hanno votato favorevolmente ad ogni articolo che abbiamo approvato fino ad adesso. Come mai c'è questo cambiamento di strategia? Perché si vuole cambiare? C'è, forse, qualcuno che, cambiando idea in quest'Aula, si sta dichiarando o vorrebbe dichiararsi favorevole alla corruzione e, quindi, contrario ad un'anticorruzione? Io credo che nessuna persona di buon senso possa dire questa cosa.

Qui si sta cambiando la strategia, perché, con riferimento al provvedimento, il momento critico viene assunto quando riusciamo, presso le Commissioni, a far approvare un emendamento del PD, con il quale si cerca di regolamentare l'attività dei magistrati che, in qualche modo, smettono o interrompono di fare i magistrati, e si danno a ben altre carriere. Giustamente anche, nessuno vuole impedirglielo, però lo si vuole regolamentare. Si cerca di dargli un tempo specifico e, magari, di fare modo che riscuotano un solo stipendio, e non due, come tutti gli altri che lavorano dovrebbero fare o, magari, fanno, come anche i politici fanno giustamente.

A questo punto, succede il «patatrac»: il provvedimento si ferma, cambia il Governo, arriva il nuovo Ministro, e il nuovo Ministro si prende, giustamente, un po' di tempo per riuscire a studiare il provvedimento. Questo po' di tempo diventa qualche settimana, diventa qualche mese, diventano cinque mesi; nel frattempo, giustamente, non possiamo andare avanti, però, nell'opinione pubblica iniziano a dire: guarda i politici, non vogliono fare queste cose, i partiti sono tutti ladri disgraziati, i politici non vogliono cercare di risolvere la questione, solo il Governo riesce a farlo. E il Governo, alla fine, presenta, il sostitutivo dell'articolo 9, che, poi, diventa l'articolo 13, con il testo del Ministro Severino. Su quell'articolo sono presentati emendamenti, tutti cercano di modificarlo: d'altra parte nel gruppo del PD ci sono tanti magistrati ed ex magistrati che lo modificano come desidererebbero, com'è la loro mentalità; nella parte del PdL sono quasi tutti avvocati e vogliono fare la stessa cosa dall'altra parte.

Quindi, l'articolo del provvedimento presenta una marea di emendamenti, sui quali le relatrici espongono i propri pareri - alcune volte favorevoli, alcune volte contrari -, senza che, però, il Governo esponga mai il proprio parere. Il Governo non si è mai esposto su questo tema, salvo l'ultimo giorno prima di porre la questione di fiducia, quando, in maniera molto pilatesca - come diceva un mio collega - dice di «no» a tutto e, quindi, di fatto, ci fa lavorare inutilmente per parecchio tempo. Noi abbiamo lavorato nelle Commissioni per cercare di migliorare questo testo dal nostro punto di vista: come dicevo, nessuno è a favore della corruzione, abbiamo presentato pochissimi emendamenti, non abbiamo mai fatto ostruzionismo su questo provvedimento. Tuttavia, le norme dovrebbero essere chiare e capibili e dovrebbero essere, poi, applicate in maniera chiara e corretta: questo provvedimento, alla fine, sta uscendo come un pastrocchio che, sicuramente, non sarà di facile applicazione.

Da una parte, abbiamo la maggioranza, nel suo complesso, che aumenta le pene per chi corrompe, per chi commette reati, per chi lavora contro la pubblica amministrazione, per chi ruba, e così via, ma, nello stesso tempo, cerca di svuotare le carceri con gli indulti e con le amnistie, perché, se li prendi da una parte e li metti dentro, devi far uscire quelli prima. Allora, c'è tutta questa voglia di aumentare le pene a tutti per, poi, lasciarli andare dopo: perché facciamo lavorare inutilmente le carceri, i magistrati, gli avvocati? Cerchiamo di fare una cosa più ovvia e più equa, oppure aumentiamo le carceri, così facciamo stare dentro tutti i corrotti e tutti i corruttori. Aumenta le pene, ma non le aumenta per tutti, e si inventa l'induzione alla concussione che, è stata spiegato molto meglio di me - infatti, non provo nemmeno a spiegarlo - dal collega Di Pietro (è il suo lavoro e, anzi, probabilmente, lo avrebbe fatto molto meglio, per molto altro tempo): di fatto, abbiamo introdotto un nuovo reato che, però, ha delle pene minori rispetto ad altri reati simili.

Alla fine tutti si domandano: ma perché questa cosa? Non è che abbiamo fatto una legge ad personam e per sbaglio, quello che per tanti anni si è detto contro qualcuno, qualcun altro è riuscito a farlo pro domo sua? Qui, tutti, ci siamo domandati a chi giova tutto questo e abbiamo trovato solo una risposta: solamente al signor Penati potrebbe far comodo che questo provvedimento passasse. Sicuramente, questo, sarà considerato il solito ragionamento retrogrado e da leghista e quindi mi aspetto che, sicuramente, qualcuno dirà che ho capito male, come capita spesso e volentieri, a sentire loro.

Tuttavia, il problema più serio di questo provvedimento, secondo me, è un altro. Noi stiamo creando dei sistemi per misurare e poi per reprimere la corruzione, la concussione, il reato tra la pubblica amministrazione ed i privati e ci stiamo dimenticando di una cosa: come sta andando l'economia, come stanno andando le cose messe in campo da questo Governo, tra un pochino le amministrazioni comunali o le amministrazioni pubbliche non avranno una lira per fare gli appalti, le ditte non avranno una lira per fare i lavori, con l'IMU che dovranno pagare non potranno certo permettersi di allungare le bustarelle a qualcuno. Stiamo, di fatto, rendendo inutile un provvedimento con le altre azioni di Governo, incementando l'economia di questo Paese, rendendola di fatto inapplicabile, rendendo difficoltoso a chiunque muoversi, obbligando con il Patto di stabilità le amministrazioni a non poter spendere i soldi; stiamo facendo una cosa che raggiunge lo stesso scopo di una legge anticorruzione, cioè fare in modo che non ci sia corruzione. Togliamo alla base il motivo della corruzione, togliamo il lavoro pubblico, non facciamo più lavorare nessuno e abbiamo risolto il problema. Questo poteva essere un obiettivo da dichiarare prima, ci saremmo risparmiati otto mesi di lavoro su questo testo, con tutte le televisioni addosso, i giornalisti che su questi aspetti stanno lì a misurare le parole di tutti, a vedere se il Ministro Severino dice di più o di meno della collega Ferranti o del collega Sisto, per cercare di fronteggiare questa situazione.

Noi la nostra posizione l'abbiamo sempre tenuta in Commissione, una posizione, concettualmente, ma chiaramente contro questo tipo di reati, ma propositiva e cercando di fare in modo che le pubbliche amministrazioni possano svolgere il loro ruolo, chi lavora nelle pubbliche amministrazioni non venga visto subito come un delinquente che cerca di approfittare del privato, così come le ditte non possono essere sempre viste come quelle che cercano di approfittare della pubblica amministrazione per guadagnarci sopra. Dove ciò avviene è giusto che questo reato venga represso; come diceva il collega Di Pietro, le norme ci sono già, le norme esistono ma andrebbero applicate meglio, probabilmente, almeno io ho imparato ciò, dal sistema giustizia, che è composto non soltanto da magistrati che magari fanno altri lavori e quindi non si dedicano appieno nel loro tempo alla magistratura, ma anche da avvocati che si prendono tanto tempo per studiare le cose, alla fine dicono «no» su tutto, cosa che avrebbe credo, da parte mia, richiesto tre minuti di tempo per assumere questa decisione e non quattro mesi.

Quindi, il nostro gruppo che ha sempre votato favorevolmente agli articoli, che si è impegnato per migliorare il testo, che ha votato alcune volte contro emendamenti che chiaramente non potevano trovarci concordi, si troverà, come è giusto che sia, a votare contro la questione di fiducia che ha posto il Governo. Con questo voto contrario alla questione di fiducia viene anche messo in dubbio il rapporto collaborativo che avevamo su tutto il resto del provvedimento. Adesso bisognerà vedere come il provvedimento uscirà da questa votazione, anche perché sento tanti colleghi che non vogliono votare la questione di fiducia, ma anzi vogliono votare contro; chissà mai che magari ci sia un voto particolarmente favorevole, contrario alla questione di fiducia, cosa che potrebbe rimettere tutto in discussione.

Il problema è che questo modo di fare del Governo, della maggioranza che lo sostiene, non è relativo solo a questo provvedimento, ma a molti altri provvedimenti; quindi io temo molto che andremo avanti per dei mesi a parlare quasi del nulla in quest'Aula. Intanto l'economia va a picco, intanto l'Europa ci soverchia, ci sovrasta, ci induce a fare tutto quello che non avremmo mai voluto fare. Finalmente con l'IMU il Governo Monti è riuscito a fare quello che il Partito Comunista non è riuscito a fare per cinquant'anni e cioè la redistribuzione della ricchezza; infatti chi appena appena ha due case perché ne ha ereditata una, la deve regalare via, altrimenti ci paga sopra un'infinità di tasse. Quindi, complimenti al Governo Monti che è riuscito dove non sono riusciti per tanti anni i comunisti e complimenti ai comunisti che sono riusciti, tramite il Governo Monti, a fare quello che hanno sempre voluto fare (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ferranti. Ne ha facoltà.

DONATELLA FERRANTI. Signor Presidente, signor Ministro, il Partito Democratico voterà la fiducia al Governo sul testo dell'articolo 13, che è intitolato «Modifiche al codice penale». Cercherò di spiegarle le ragioni, cercando - questo è il mio intento, anche di questo intervento - di fare chiarezza perché ho sentito, anche in quest'Aula oggi, delle affermazioni che forse non fanno giustizia a questo provvedimento, né al lavoro parlamentare e non danno, forse, la possibilità ai cittadini di capire effettivamente cosa stiamo votando.

L'articolo 13 riproduce sostanzialmente il testo dell'emendamento presentato dal Ministro Severino, con cui il Ministro ha inteso dare il suo contributo personale, come Ministro della giustizia, per gli aspetti penali, al disegno di legge presentato nel maggio 2010 da Alfano e Brunetta, ma che nel testo approvato dal Senato era stato definito, dal PD, un'occasione mancata. L'articolo 13 è, comunque, un passo avanti rispetto all'articolo 9 del vecchio testo uscito dal Senato, che si limitava ad operare piccoli ritocchi alle pene, senza affrontare il problema di realizzare un regime sanzionatorio di misure efficaci, proporzionate e dissuasive nei confronti degli autori dei reati di corruzione, così come ci richiede l'articolo 19 della Convenzione penale di Strasburgo.

Il testo che oggi votiamo ci consente, finalmente, di adempiere agli impegni internazionali assunti dallo Stato italiano e ci allinea, sotto vari aspetti, ai meccanismi di contrasto già utilizzati nella maggior parte dei Paesi europei. Non possiamo tollerare altri ritardi, perché in un momento come quello che stiamo vivendo, di forte criticità dell'economia, sarebbe da irresponsabili non porre un argine effettivo alla corruzione, che non solo mette a rischio la legalità, ma pesa sull'economia per 70 miliardi di euro all'anno, pesa su ogni cittadino come una tassa occulta per una somma oscillante tra i 1.000 e i 1.500 euro l'anno.

Il testo che è uscito dalla Commissione certo - noi lo sappiamo e lo abbiamo sempre detto e sfido chiunque a smentire queste affermazioni - poteva essere migliorato e rafforzato. Avevamo presentato, come gruppo del Partito Democratico, pochi emendamenti, volti ad alzare i minimi e i massimi di pena per i reati più gravi, ad abbassare i limiti cui ricollegare le pene accessorie, in particolare l'interdizione dai pubblici uffici e l'estinzione del rapporto di pubblico impiego, e ad aumentare i tempi di prescrizione. Non abbiamo e non avremmo accettato alcuna modifica al ribasso del testo Severino, nessuna modifica che ne indebolisse la portata, perché l'impianto della riforma è, comunque, equilibrato e costituisce un passo avanti nella lotta alla corruzione. Il fenomeno della corruzione degli apparati della pubblica amministrazione è ormai divenuto un fenomeno endemico nel nostro Paese e il nostro sistema penale è diventato inadeguato.

Caro collega Di Pietro, forse tu hai un ricordo nostalgico, giustamente, delle vecchie norme, ma sono passati vent'anni e, nonostante l'impegno della magistratura, la corruzione è dilagata. Nonostante, appunto, le norme che tu dici che verrebbero cancellate - ma così non è -, la corruzione non è stata debellata, malgrado vi sia stata Mani Pulite.

Riassumo i punti che per noi sono più qualificanti e che danno il sostegno e il significato a questo voto di fiducia. Vi è l'introduzione di nuovi reati, richiesti dalle Convenzioni internazionali, quali corruzione nel sistema privato, traffico di influenze illecite e corruzione per l'esercizio delle funzioni. Questo è un reato con cui si reprime la fattispecie di corruzione, superando il fatto che vi sia l'aggancio a un atto illegittimo. In realtà, si vuole reprimere quella che è una realtà criminologica, ossia l'emergere di nuove prassi corruttive in cui il pubblico ufficiale si accorda con il privato per essere stabilmente a disposizione.

Le pene per i reati più gravi sono state sostanzialmente aumentate, non solo nel massimo ma anche nel minimo. Mi riferisco alla corruzione propria, al peculato, alla corruzione per atti giudiziari, all'abuso d'ufficio, alla concussione per costrizione. Ciò consente di avere tempi più lunghi di prescrizione per molti di questi reati. Dall'altro, poi, sarà più concreta l'effettiva applicazione delle pene principali e, soprattutto, di quelle accessorie.

Non dimentichiamoci un dato che è obiettivo e che deriva dalle statistiche delle condanne - perché non ci sono solo le inchieste, bisogna guardare le condanne - dei tribunali che evidenziano che l'87 per cento delle condanne per fatti di corruzione e concussione è stato convertito in sospensione della pena. Ciò ha contribuito a rafforzare gli effetti di una sostanziale impunità che alimenta la prassi corruttiva.

Certo, il problema della prescrizione non è stato risolto, ma per fare un esempio se oggi la corruzione, grazie ad una legge certamente non voluta dal Partito Democratico - la ex Cirielli - si prescrive in 7 anni e mezzo dalla consumazione - cioè da quando vi è stato l'accordo corruttivo o il ricevimento delle utilità - con questo disegno di legge di cui oggi dobbiamo votare la fiducia con questa articolo, grazie anche all'emendamento del Partito Democratico votato in Commissione, la corruzione si prescriverà in 10 anni, e così smentiamo tutte le leggende metropolitane che in questi giorni vanno avanti. È vero che i fatti di corruzione sistemica sono di difficile accertamento, che il sodalizio criminoso è particolarmente impenetrabile, che in quei termini rientra anche il periodo assai complesso delle indagini, che bisogna fare accertamenti bancari anche all'estero, che ci sono tre gradi di giudizio, che il processo è troppo lungo, ma per risolvere questo problema bisogna abrogare la ex Cirielli e rivedere il meccanismo della prescrizione, quindi aprire un'altra pagina sulla giustizia in Parlamento.

Parliamo poi di un altro punto, il cosiddetto spacchettamento della concussione: bisogna riportare la verità sul punto, non cedere a strumentalizzazioni di nessun tipo. Una cosa è certa, questo articolo mantiene il reato di concussione - il 317 - e lo punisce più gravemente - da un minimo di 4 anni oggi si passa a 6, il massimo è invariato a 12 - per il pubblico ufficiale che costringe a dare o a promettere denaro o altra utilità. In questo caso chi paga è vittima oggi resta vittima non punibile dopo l'approvazione di questo disegno di legge. L'induzione a dare o promettere invece diventa un altro reato, diventa un reato distinto, autonomo, e il privato indotto verrà punito fino a tre anni.

Chiediamoci la ragione vera di questa scomposizione, la scomposizione in due distinte fattispecie penali risponde alle numerose sollecitazioni dell'OCSE già dal 1997 e da ultimo dalla Commissione Greco nel rapporto del 2012; gli organismi internazionali, preoccupati del pericolo che il privato che è stato indotto a pagare o a promettere, sfugga alla punizione, assicurandosi il ruolo di vittima - perciò di parte offesa e testimone anziché imputato - pur avendo avuto un margine di scelta. È questo il punto, pur avendo avuto un margine di scelta e aver comunque deciso di pagare, pur non avendo subito nessun tipo di minaccia, accettando invece di assicurarsi un vantaggio.

La soluzione proposta dal testo Severino merita apprezzamento perché da un lato prevede un trattamento più severo per il pubblico ufficiale che costringa con minaccia o violenza, e la minaccia - mi rivolgo sempre al collega Di Pietro - può essere diretta, indiretta, larvata, e tutti gli esempi che poco fa sono stati fatti dal collega Di Pietro rientrano nella concussione anche nel nuovo testo, anche nel testo che ci apprestiamo a votare. L'ipotesi di induzione invece configura un distinto reato, grave, punito fino a otto anni. Nessuna abrogazione, nessuna norma di favore, per nessun imputato eccellente - nominiamoli: né Penati, né Berlusconi - solo la necessità di intervenire con fermezza per spezzare il fenomeno corruttivo, non avallare posizioni di comodo, anche processuali, e dare seguito agli impegni internazionali.

La catena deve essere spezzata con decisione, su questo punto ci siamo impegnati e il testo che ci apprestiamo a votare riesce anche a garantire la continuità dei processi in corso, lo dice il nostro sistema, basta leggere l'articolo 2 del codice penale perché i fatti di concussione per costrizione e quelli di induzione sono e continuano ad essere reato; occorre restituire serietà alla repressione dei fatti, alle falsificazioni dei bilanci di impresa, alla corruzione di amministratori pubblici e privati, dare un segnale concreto alla volontà politica di impegnarsi in una complessa strategia per il contrasto alla corruzione...

PRESIDENTE. Onorevole Ferranti, la invito a concludere.

DONATELLA FERRANTI. ...che metta insieme coordinati interventi nel campo dell'amministrazione, della trasparenza, della legislazione penale e deontologica.

Ci auguriamo che questo provvedimento diventi legge dello Stato entro l'estate, sarebbe un effettivo recupero della credibilità della politica (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Contento. Ne ha facoltà.

MANLIO CONTENTO. Signor Presidente, signora Ministro, credo di dover cominciare da una battuta, per stemperare i toni. La battuta è che mi auguro che la lotta contro la corruzione abbia un successo migliore, anche per il Governo, di quanto lo stia avendo la lotta contro lo spread, cioè il differenziale tra i titoli italiani e quelli tedeschi. Dico questo perché gli argomenti che stiamo trattando dovrebbero essere avulsi da una propaganda che non merita di entrare all'interno di queste Aule parlamentari, soprattutto quando si tratta di temi delicati che hanno attinenza con i diritti dei cittadini italiani.

Vorrei, sotto questo profilo, anche fare un appunto - signora Ministro non se ne abbia - di metodo: lei, attraverso la fiducia, ha sicuramente evitato dei problemi alla proposta emendativa che aveva presentato in Commissione prima e in Aula poi, ma ha anche contemporaneamente assunto una posizione larvata di tipo politico, perché il conflitto - è bene ricordarlo - non era con il Popolo della Libertà, che aveva anche chiesto di ritirare tutti gli emendamenti - e lei è buona testimone - pur di arrivare in Aula a votare, magari per parti separate, assumendoci la responsabilità su ogni nuova figura delittuosa, comprese quelle che contestiamo, ma il contrasto si è aperto in termini politici tra il Partito Democratico e l'Italia dei Valori, lanciati in un sorpasso continuo a chi era più giustizialista, convinti come sono che, in questo modo, si possa recuperare qualche voto, magari a scapito delle conseguenze di alcuni provvedimenti legislativi (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

Io, signora Ministro, voterò la fiducia; non lo faccio in modo convinto. La voterò perché devo un patto di lealtà al segretario nazionale del mio partito, che in questi termini si è espresso, e perché il provvedimento contro la corruzione ha preso le mosse da un disegno di legge che reca la prima firma dell'onorevole, allora Ministro, Alfano. Quindi, è il Popolo della Libertà che aveva avviato il percorso legislativo per cominciare a discutere di questi problemi tanto delicati e che, naturalmente, colpiscono l'opinione pubblica.

Semmai, signora Ministro, mi dispiace che nella sua proposta emendativa non siano state riprese altre modifiche del codice penale, come l'aumento di pena per la malversazione a danno dello Stato o l'aumento di pena per l'indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, che, invece, l'allora Ministro Alfano aveva inserito nel suo disegno di legge. Quindi voteremo perché, come lei sa, abbiamo ribadito durante i lavori in Commissione che non avremmo presentato alcun emendamento per diminuire le pene, perché ritenevamo ci volesse una risposta ferma nei confronti di tutti coloro che approfittano della pubblica amministrazione per arricchirsi personalmente in spregio alle leggi dello Stato.

Quindi, se dovete guardare a qualcuno che non ha, appunto, indulgenza nei confronti dei fenomeni corruttivi, potete guardare tranquillamente al Popolo della Libertà. Ma detto questo, signora Ministro, riteniamo - come abbiamo fatto - anche di porre delle questioni di principio, e lei sa che le avremmo poste anche nei confronti della discussione in Aula, se questa non fosse stata soffocata dalla richiesta di fiducia. Vi è un aspetto che ci preoccupa, signora Ministro, e avrebbe dovuto preoccupare anche lei: lei ha insistito per inserire nel testo dell'allora sua proposta emendativa, poi modificata dai lavori di Commissione, il traffico di influenze illecite, un nuovo reato che noi abbiamo contestato non sotto il profilo che si tratti di aspetti che non debbono rientrare in fattispecie criminose, ma per il fatto che siamo preoccupati che l'eccessiva indeterminatezza che ancora rimane su questa figura delittuosa possa prestarsi ad operazioni neanche troppo facilmente incomprensibili, che già si sono verificate in questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Comprendo, signora Ministro, che di fronte alla propaganda sia difficile affrontare questi temi, ma il Popolo della Libertà nasce anche per il rispetto dei principi, e non abbiamo paura ad affrontarli.

Lei forse non ha, e non può averla - me ne scuso - la sensibilità politica che si può avere in chi da anni opera all'interno dei consessi amministrativi. Mi riferisco a migliaia di sindaci, di assessori, di consiglieri comunali, di deputati, di senatori: non tutti una banda di delinquenti. La stragrande maggioranza sono persone per bene (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Non ho bisogno di citare alcune procure. Potrei citarne una per tutte: «l'oracolo famoso» della procura di Palermo, quello che interviene su tutto e che è stato anche oggetto di qualche censura in diretta non troppo profonda - altro che severità! - da parte del Consiglio superiore della magistratura.

Ebbene, quella sensibilità, signora Ministro, è quella che stanno provando sulla loro pelle persone e deputati come l'onorevole Mannino, assolto dopo 17 anni, come il nostro ex Ministro, onorevole Fitto, assolto con formula piena dopo essere stato oggetto di indagini per anni ripetutamente (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà) o come altri colleghi che da anni aspettano di poter veder celebrato definitivamente il loro processo e che invece devono attendere i tempi purtroppo non celeri della giustizia.

Io mi permetterei, signora Ministro, di suggerirle, anche al Senato, di riflettere sulla possibilità che un pubblico ufficiale che sia tratto a giudizio, o nei confronti del quale sia esercitata l'azione penale, possa avere la sicurezza di un processo rapido e possa contare sul fatto che le indagini si svolgano nel rispetto dei termini, perché non si possono condannare persone per bene prima ancora che il processo sia celebrato e prima che la sentenza sia definitiva (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

Questa proposta emendativa, purtroppo, apre la stura a simili preoccupazioni che noi denunciamo pubblicamente. Arrivo ora all'ultima parte del mio intervento, signora Ministro, quella che definirei di metodo e che io contesto. L'onorevole Ferranti, poco fa, ci ha ricordato espressamente le ragioni per cui siamo stati invitati, come Stato nazionale e quindi come Parlamento, a modificare le disposizioni in materia di concussione.

Quelle disposizioni vanno modificate, come giustamente è stato ricordato, perché ce lo ha chiesto l'OCSE e perché ce lo ha chiesto il gruppo che opera contro la corruzione a livello europeo. Vede, signora Ministro, se lei però avesse dato ascolto completamente a quelle preoccupazioni, avrebbe potuto trarre auspicio da quello che ci veniva effettivamente richiesto. Cito testualmente un documento di cui mi servirò e che regalerò, in particolare, al Partito Democratico.

L'OCSE ha più volte fatto rilevare, nelle raccomandazioni rivolte all'Italia e agli altri Stati parte, che deve essere assicurata la punibilità di tutte le ipotesi sussumibili nello schema della corruzione, quanto meno sotto il profilo dell'ingiusto vantaggio conseguito dal privato, essendo irrilevante a questo scopo l'eventuale costrizione e induzione asseritamente subita dal soggetto ad opera del pubblico ufficiale.

Tradotto per coloro che magari hanno la laurea, ma non capiscono o potrebbero non capire, signora Ministro, questo significa che l'OCSE ci invitava a fare una operazione molto semplice: a togliere dalla concussione il reato che si riferiva all'operatività del pubblico ufficiale tramite induzione e a riportarlo sotto la corruzione, perché sosteneva che non ci può essere differenza di pena per l'uno e per l'altro tra un'induzione a dare o a promettere e il fatto di accordarsi apertamente per dare o per promettere. Questa è la richiesta che veniva avanzata dall'OCSE.

Ma lei, signora Ministro, questo non ha fatto. Lei, come ha ricordato la collega Ferranti, ha spacchettato: ha preso l'induzione, non ha avuto il coraggio di sbatterla all'interno della corruzione, ma ne ha fatto una figura autonoma. La domanda in termini politici è: perché? La risposta, con un po' di cattiveria, è molto banale: perché, se lei avesse seguito fino in fondo le raccomandazioni dell'OCSE e del Greco, cioè riportando la concussione per induzione all'interno della figura della corruzione, avrebbe chiuso immediatamente il processo che si celebra contro Silvio Berlusconi (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

Quindi, non si tratta di una norma ad personam, ma in questo caso di una norma contra personam, con un'aggravante, signora Ministro, che al Senato stanno aspettando, avendo io conferito, prima del mio intervento, con il presidente del nostro gruppo, Gasparri. E non è l'onorevole Contento a ricordarlo, è una nota giornalista, che si occupa di temi giudiziari, su Il Sole 24 Ore: con la nuova concussione Penati prescritto (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

Ciò significa che Berlusconi, per una storia di lenzuola, obbliga lei e la sinistra a sostenere questa tesi, mentre, per poter salvaguardare magari gli interessi di Penati e di tutte quelle camarille che sono state messe in piedi, deve sussistere quella norma (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

Ci consentirà di manifestare tutto il nostro stupore.

PRESIDENTE. La prego di concludere, onorevole Contento.

MANLIO CONTENTO. Le assicuro, Presidente, che ho finito. È evidente, signora Ministro, che io voterò tranquillamente la fiducia perché sono un uomo che può guardare in faccia a tutti e non ha, allo stato, procedimenti giudiziari. Se ne avrò, potrà essere per qualche procura che mal digerisce le mie parole. Tuttavia non mi lamenterò se qualcuno non la voterà perché al Senato va posto rimedio a questa situazione che non fa giustizia, ma che espone purtroppo anche il Parlamento a non discutere di temi importanti.

Ecco perché, signora Ministro, io la ringrazio, perché ci ha dato l'occasione - e concludo - di dimostrare cosa ci stia dietro questi provvedimenti contro la corruzione (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Vitali. Ne ha facoltà.

LUIGI VITALI. Signor Presidente, io purtroppo non potrò rispettare l'indicazione che è stata data al mio gruppo dal mio segretario nazionale e dal presidente del gruppo. Devo dire che nella mia esperienza parlamentare è capitato molto raramente che le esigenze politiche si scontrassero con la mia sensibilità giuridica. L'articolo 13, però,è uno di questi casi.

Ho votato sì all'articolo 10 e voterò sì all'articolo 14 perché, grazie al clima di antipolitica che noi abbiamo alimentato nel nostro Paese, oggi si deve sapere che per chi vorrà fare politica ci vorranno requisiti e prerogative diverse da qualunque altro cittadino che si appresti a svolgere qualunque altra attività. Ma non posso, signor Presidente, facendo finta di cedere alle richieste dell'Europa, votare l'introduzione di nuovi reati, come se noi non ne avessimo già abbastanza, privi di quella tipicizzazione richiesta dal nostro ordinamento, in un sistema nel quale, nel nostro Paese, ancora oggi la magistratura è sostanzialmente l'unico potere «irresponsabile».

È vero, ci sono stati grazie a Mani pulite migliaia di casi di corruzione, ma ci sono stati anche centinaia di pubblici amministratori messi ingiustamente alla gogna e poi assolti nell'oblio generale. Questo non potrà più verificarsi, comunque non potrà verificarsi con il mio contributo. Io mi asterrò, signor Presidente (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia posta dal Governo sul mantenimento dell'articolo 13.

(Votazione della questione di fiducia - Articolo 13 - A.C. 4434-A)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione sulla questione di fiducia.

Indìco la votazione per appello nominale sull'articolo 13, nel testo delle Commissioni, sulla cui approvazione, senza emendamenti e articoli aggiuntivi, il Governo ha posto la questione di fiducia.

Per agevolare le operazioni di voto, invito i deputati ad avvicinarsi al banco della Presidenza seguendo il proprio turno di votazione, che è evidenziato sul tabellone elettronico, evitando quindi di stazionare nell'emiciclo e di rendere così più difficoltosa l'espressione del voto.

Avverto che la Presidenza ha accolto alcune richieste di anticipazione del turno di voto di deputati appartenenti ai vari gruppi, che ne hanno fatto motivata richiesta per gravi ragioni personali o per impegni legati alla loro carica.

Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.

(Segue il sorteggio).

La chiama avrà inizio dall'onorevole Pezzotta.

(Segue la votazione).

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO LEONE (ore 16,50)

(Segue la chiama).

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE MAURIZIO LUPI (ore 16,58)

(Segue la chiama).

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione dell'articolo 13, nel testo delle Commissioni, sulla cui approvazione, senza emendamenti e articoli aggiuntivi, il Governo ha posto la questione di fiducia.

Presenti 540

Votanti 502

Astenuti 38

Maggioranza 252

Hanno risposto 431

Hanno risposto no 71

(La Camera approva - Vedi votazioni).

Si intendono conseguentemente respinte tutte le proposte emendative riferite all'articolo 13.

(Dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia - Articolo 14 - A.C. 4434-A)

PRESIDENTE. Passiamo ora alle dichiarazione di voto dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto sulla questione di fiducia posta dal Governo sul mantenimento dell'articolo 14, nel testo delle Commissioni.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Melchiorre. Ne ha facoltà per due minuti.

DANIELA MELCHIORRE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, prendiamo atto, signora Ministro, che il Governo che qui rappresenta ci chiede la fiducia su una disposizione prevista dall'articolo 14 che modifica l'articolo 2635 del codice civile, che palesemente esclude dal delitto di corruzione tra privati tutto ciò che non è società. Questo ci sembra quanto mai dannoso. Ci sembra che crei per davvero un vulnus anche nelle stesse intenzioni che, con questo disegno sulla prevenzione e la lotta alla corruzione, la politica voleva dare. Vale a dire che questo articolo esclude dalla corruzione tra privati fondazioni, partiti, associazioni, consorzi, associazioni temporanee di impresa e simili: ci sembra una grave e profonda esclusione. Ciò considerato, in ragione del vincolo di fedeltà che lega noi Liberal Democratici a questo Governo sin dal suo insediamento, annunciamo il nostro voto favorevole di fiducia (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Liberal Democratici-MAIE).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Belcastro. Constato l'assenza dell'onorevole Belcastro: s'intende che vi abbia rinunziato.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ossorio. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE OSSORIO. Signor Presidente, signor rappresentante del Governo, votiamo favorevolmente anche su questo articolo come atto di responsabilità, considerate le condizioni difficili in cui versa il Paese in generale. Altri dovevano essere gli strumenti per lottare contro il sistema di corruzione. Inasprire la pena non riduce, a nostro avviso, il numero dei reati e l'entità del reato stesso. La corruzione è uno dei punti di debolezza del Paese, forse il più odioso, e lo rende estremamente vulnerabile. Basta ricordare che, secondo la Corte dei conti, il giro d'affari del sistema corruttivo si aggirerebbe intorno ai 60 miliardi. Bisognerebbe, quindi, a nostro avviso prevenire la corruzione con provvedimenti che rendono meno burocratizzata la pubblica amministrazione: è nella farraginosità e nella incertezza delle responsabilità che si annidano nella pubblica amministrazione, che vi è il punto cruciale della corruzione. L'adozione degli atti amministrativi senza controllo e l'incertezza delle responsabilità sono i punti a nostro avviso centrali della questione. Bisognerebbe quindi ripristinare un minimo di controllo preventivo della spesa pubblica. Il contrasto alla corruzione non può esaurirsi con l'inasprimento delle condanne e delle pene. È illusorio pensare che inasprendo la pena si elimini il peccato. Concludo, signor Presidente, esortando le forze politiche a smetterla di usare provvedimenti legislativi come mezzi di lotta politica. Così non si andrà molto avanti.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Grimaldi. Ne ha facoltà.

UGO MARIA GIANFRANCO GRIMALDI. Signor Presidente, signor Ministro, le preannunzio come Grande Sud che ci asteniamo dal votare la fiducia sull'articolo 14 per una serie di ragioni squisitamente tecniche e giuridiche.

Viene introdotta una nuova formulazione dell'articolo 2635 del codice civile, corruzione tra privati, con la proposta, signor Ministro, di renderla rilevante, a prescindere dal nocumento alla società e con l'introduzione di ipotesi di responsabilità praticamente oggettiva, senza dolo, così come previsto dal secondo comma. Sappiamo bene che lei, signor Ministro, ha dato libero sfogo, come si suol dire, alle proposte emendative di una parte della maggioranza che sostiene il Governo e di tutto ciò non apprezziamo assolutamente il metodo. Rileviamo che corriamo il rischio dell'introduzione di norme meramente demagogiche, prive di rispondenza ai principi generali del diritto penale.

Signor Ministro, io ho pochi minuti a disposizione. Signor Presidente, signor Presidente, io ho pochi minuti, per non dire pochi secondi, in questo Parlamento che ormai ha perso tutto, anche...

PRESIDENTE. Ministro, mi scusi, giustamente il collega Grimaldi chiede l'attenzione del Governo.

UGO MARIA GIANFRANCO GRIMALDI. La ringrazio, signor Presidente, desideravo l'attenzione, per quei pochi secondi, del Ministro.

PRESIDENTE. Lei è bravissimo ad utilizzare i pochi minuti.

UGO MARIA GIANFRANCO GRIMALDI. La ringrazio, signor Presidente, ogni tanto possiamo parlare in questo Parlamento. Rileviamo che corriamo il rischio dell'introduzione di norme meramente demagogiche, prive di rispondenza ai principi generali del diritto penale, soltanto apparentemente dettate e volte alla risoluzione degli ineludibili problemi che affliggono il Paese. Siamo tutti concordi nel ritenere che l'illiceità della condotta, piaga gravissima, tant'è vero che siamo anche contro la chiusura dei tribunali, vada frenata ad ogni costo. Ma la lotta alla corruzione potrà essere efficace se condotta rimanendo ancorati al principio della stretta legalità, e stretta legalità, signor Ministro, significa prima di tutto rispetto dei principi di ragionevolezza, di proporzionalità, di inserimento armonico nel contesto complessivo dell'ordinamento. Altrimenti, mi consenta, il tutto si risolve in un'effimera risoluzione del problema di poco momento, accompagnata anche dal rischio concreto per tutti i cittadini, cari colleghi, della perdita delle garanzie più elementari, e ciò a tacere della definitiva capitolazione rispetto allo strapotere, alle volte, della magistratura inquirente e dell'altrettanto definitiva sottomissione della politica al potere giudiziario (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Grande Sud-PPA).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Palomba. Ne ha facoltà.

FEDERICO PALOMBA. Signor Presidente e signora Ministro, in questo surreale «fiducia day» il Governo ci chiede la fiducia anche sull'articolo che inserisce la corruzione nel settore privato. Potremmo dire subito che il nostro emendamento 14.57, a prima firma Di Pietro, prevede proprio questo, in attuazione della Convenzione penale sulla corruzione fatta a Strasburgo nel 1999. Quindi non siamo certo secondi nel chiedere strumenti efficaci di lotta alla corruzione. Vorrei richiamare tre fatti. Primo: la ratifica di quella Convenzione è incardinata nel Parlamento sul disegno di legge di Italia dei Valori, primi firmatari Li Gotti al Senato e Di Pietro alla Camera. Secondo: la stessa cosa va detta per la ratifica della Convenzione civile sulla corruzione, anch'essa fatta a Strasburgo nel 1999 e inserita con progetti di legge sempre con gli stessi firmatari. Terzo: il ripristino del delitto di falso in bilancio, che pure è incardinato in Aula, sempre per iniziativa di Italia dei Valori, su un testo base a prima firma Di Pietro, di cui il nostro gruppo ha chiesto la calendarizzazione in quota opposizione-Italia dei Valori. Non è un caso quindi che il Parlamento si occupi di questi temi su iniziativa di Italia dei Valori: noi siamo un partito che ha nel suo DNA la lotta più dura ad ogni forma di illegalità e soprattutto alla corruzione, che in Italia costa 60 miliardi all'anno.

Anzi, se vogliamo, è paradossale ed incredibile che progetti di legge di ratifica di convenzioni internazionali siano introdotti su proposte di un gruppo politico e non del Governo; ragione per la quale l'Italia è in clamoroso ritardo di tredici anni nella ratifica di convenzioni che essa stessa ha firmato, ma di cui i Governi di destra si sono guardati bene dal chiedere al Parlamento la ratifica.

È anche per questo che l'Europa ci ha guardato, giustamente, con sospetto, se non con disprezzo, dato che risultiamo in coda tra i Paesi occidentali, e non solo, nella lotta ai fenomeni corruttivi. Infatti, la magistratura non fa in tempo ad inseguire concussioni e corruzioni che attraversano la penisola, incrociando troppo spesso la politica, anzi, quella malapolitica che l'Italia dei Valori incessantemente combatte nel Parlamento e nelle istituzioni, e non con colorite parole nei comizi o nella rete. Lo ricordiamo a coloro che vorrebbero strumentalmente travolgere il nostro partito, in un unico giudizio negativo sulla politica. Per questa ragione, l'inserimento del delitto di corruzione nel settore privato ci ha trovati pronti. Abbiamo letto gli articoli 7 e 8 della Convenzione e li abbiamo trasfusi nella nostra disposizione, che introduce la corruzione tra privati a modifica dell'articolo 2635 del codice civile.

La fiducia richiesta riguarda due aspetti: quello dei contenuti e quello politico, cioè della valutazione complessiva della strategia anticorruzione proposta. Sul primo aspetto, quello dei contenuti, notiamo che l'amanuense del testo proposto non ha riprodotto con attenzione gli elementi raccomandati nella Convenzione di Strasburgo. L'articolo 8, infatti, chiede che sia punito il fatto del responsabile di un ente privato - e qui richiamo, concordando, le parole dette dal collega che ha richiamato l'eccessiva limitazione nel riferimento ai responsabili del settore privato - consistente nel sollecitare un vantaggio indebito, oltre che accettarne l'offerta o la promessa. Invece, il testo su cui si pretende la fiducia punisce il dirigente privato che, a seguito della dazione o della promessa, compie o commette atti in violazione di doveri. Inoltre, richiede che sia cagionato nocumento alla società - trasformando in reato di danno quello che si è configurato come reato di pericolo - né prevede la pena accessoria dell'incapacità a ricoprire incarichi direttivi nelle società private. Infine, prevede una pena eccessivamente bassa e tale da ridurre la capacità dissuasiva. Al contrario, il nostro emendamento prevede che sia punito anche chi sollecita, non richiede il danno alla società e prevede una pena più alta. Basterebbero queste considerazioni per dire che non ci troviamo d'accordo sulla formulazione del testo, pur essendo noi favorevolissimi all'introduzione del delitto di corruzione tra privati. Ci chiediamo, tuttavia, perché sia stata posta la fiducia, quando un dibattito parlamentare avrebbe, forse, consentito l'adeguamento della norma alla Convenzione.

Ma è il contesto dei contenuti generali del provvedimento che ci impedisce di dare la nostra fiducia persino a questo articolo. Abbiamo trovato che l'impianto complessivo, in diverse parti, si discosta dalle raccomandazioni della Convenzione di Strasburgo per difetto e per eccesso. Per difetto, perché non sono stati recepiti i nostri emendamenti. Il primo riguarda l'inserimento del delitto di autoriciclaggio: ci è stato risposto che del tema ci si occuperà in altra sede, ma questo contrasta con l'articolo 13 della Convenzione secondo il quale ciascuna parte adotta le necessarie misure legislative affinché siano definiti reati penali gli atti menzionati nella Convenzione del Consiglio d'Europa sul riciclaggio. Perciò chiediamo: se non ora, quando? Questa era la sede in cui introdurre il reato di autoriciclaggio, come da noi richiesto, con uno specifico emendamento.

Il secondo riguarda l'allungamento dei termini di prescrizione, pure oggetto di una nostra proposta emendativa. Mentre la Convenzione raccomanda che il contrasto alla corruzione sia efficace, noi abbiamo trovato che i termini di prescrizione vigenti sono assolutamente inadeguati dinanzi a reati che, spesso, si scoprono in ritardo e che, in genere, necessitano di attività investigative lunghe e complesse, comprese le perizie.

Ancor più lo sarebbero se entrasse in vigore il nuovo articolo 319-quater derivante dallo spacchettamento della concussione per induzione. La prescrizione, infatti, si abbatterebbe bruscamente di un terzo, arrivando da quindici a dieci anni. Lo dice persino il professore Carlo Federico Grosso che bisognava ripristinare la vecchia durata della prescrizione, vergognosamente accorciata dalla legge ex Cirielli. Anche sotto questo profilo non ci ha, quindi, convinto il rinvio a tempi migliori della trattazione del tema della prescrizione, pure da noi proposta con ipotesi emendative.

Il testo si discosta dalla Convenzione anche per eccesso. Lo ha richiamato prima l'onorevole Di Pietro a proposito dell'articolo 13, che prevede un nuovo reato di induzione indebita, ma l'Unione europea non ci chiede affatto di confezionare un delitto autonomo meno grave, che porta alla prescrizione di molti processi; quanti processi si prescriveranno? Siamo ancora in attesa di una risposta ed è lecita la domanda, perché anche al Governo Berlusconi noi contestammo che sue proposte di legge comportassero un costo processuale grave in termini di processi che si sarebbero estinti. Quindi, è lecito chiederlo. Qualche organo di stampa ha parlato di norma «salva Ruby», forse per creare un diversivo, ma la stampa più avvertita ha detto che, se entrasse in vigore l'articolo 319-quater, numerosi processi sarebbero già prescritti. Quella stessa stampa ha richiamato accanto al processo Ruby anche i reati attribuiti a Filippo Penati, che stanno riempiendo le pagine di tanti giornali. Su di essi, in quest'Aula, il collega Contento non ha fatto finta di niente, ma soprattutto non lo hanno fatto i magistrati di Monza, i quali hanno lanciato un allarme dicendo, senza mezzi termini, che il loro lavoro sarebbe andato in fumo.

Noi comprendiamo che il Governo abbia dovuto tenere conto dei condizionamenti dei partiti che lo sostengono e siamo legittimati a pensare che l'anticorruzione abbia costituito oggetto di accordi intervenuti all'atto della formazione del Governo, o in seguito, e che la fiducia rappresenti lo strumento per tenere in piedi, contemporaneamente, il testo ed il Governo, con l'implicita minaccia del «tutti a casa». Neppure ci interessa accertare chi ha tirato di più la giacchetta, ognuno può immaginarlo vedendo chi vota, senza battere ciglio, questo testo, ma noi di Italia dei Valori crediamo che la giustizia non possa essere terreno di incursione partitica. Purtroppo, però, siamo costretti ad esprimere un giudizio di complessiva insoddisfazione sul testo e ci rammarichiamo per il fatto che una grande occasione per contrastare duramente ed efficacemente la corruzione non sia stata colta appieno. Mentre la corruzione fila via come una Ferrari, il contrasto ad essa arranca su una berlina. Peccato per ciò che avrebbe potuto e dovuto essere, ma non sarà (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ria. Ne ha facoltà.

LORENZO RIA. Signor Presidente, siamo giunti al terzo degli articoli sui quali è stata posta la questione di fiducia; la posizione del mio gruppo è stata già ampiamente illustrata dagli interventi dei colleghi Mantini e Tassone, che mi hanno preceduto. Alle considerazioni già svolte vorrei aggiungere alcune osservazioni che dimostreranno, credo, il punto di vista di chi, ogni giorno, siede in Commissione giustizia e lavora costantemente su atti che riguardano, sotto aspetti diversi, il settore giustizia.

Bisogna prendere atto di una situazione di fondo: ci sono oggi, in quest'Aula, forze che si sono barricate su posizioni completamente chiuse; dobbiamo votare tre volte la questione di fiducia e siamo arrivati a questo punto non soltanto per una questione di Regolamento - perché il maxiemendamento, come sappiamo, avrebbe dovuto contenere modifiche sostanziali e non soltanto delle postille - ma il motivo sostanziale per cui ci ritroviamo a votare tre volte la questione di fiducia al Governo è un altro, e lo conosciamo bene. Il vero motivo è che non c'è stato quel dialogo, quell'interesse comune, quel senso delle istituzioni che avrebbe dovuto superare le prese di posizione, superare l'interesse di questa o di quella parte politica, superare gli arroccamenti e lavorare per il bene del Paese.

Noi, del gruppo dell'Unione di Centro, e io stesso, più volte, abbiamo evidenziato come la giustizia non possa e non debba rappresentare terreno di trattativa politica. Qui non si tratta di recuperare voti, né di vincere gare al giustizialismo. Noi non siamo, in quest'Aula, per portare avanti biecamente gli interessi di parte. Noi siamo stati investiti del potere di rappresentare un Paese per dare attuazione alle riforme, per contribuire concretamente e positivamente allo sviluppo, in termini non soltanto economici, ma anche e soprattutto sociali.

Il provvedimento sul contrasto dell'illegalità nella pubblica amministrazione giace da tempo tra i banchi del Parlamento. È giunto dal Senato il 16 giugno 2011, esattamente un anno fa, ed era stato proposto, al Senato, esattamente il 4 maggio 2010. Sono passati, dunque, più di due anni su questo testo che, peraltro, dovrà ritornare al Senato.

Signor Presidente, mi sembra doveroso rimarcare le lungaggini dei tempi di approvazione, perché se oggi è stata posta la questione di fiducia è anche per accelerare questi tempi e per contenere il ritardo. Probabilmente, non ci rende onore questa realtà ma è, tuttavia, la realtà dei fatti, alla quale non possiamo sottrarci. Era necessario un atteggiamento di maggiore apertura e di maggiore concretezza nell'affrontare il tema, un tema importante, destinato a riverberare effetti sul tessuto culturale, oltre che normativo, del nostro Paese.

Onorevoli colleghi, abbiamo una storia alle nostre spalle, una triste pagina di storia scritta proprio per mano di reati come la corruzione e la concussione. Abbiamo un passato che insegna e che dovrebbe farci riflettere sugli esiti nefasti di una pubblica amministrazione corrotta, infiltrata dall'illegalità in varie forme. È nostro precipuo compito mettere in atto, in tempi brevi, un'azione di prevenzione e di contrasto rispetto a tali fenomeni.

L'articolo 14, quello di cui ci stiamo occupando con questo terzo voto di fiducia, riguarda la corruzione tra privati, l'articolo 2635 del codice civile, che contempla un reato vero e proprio, un reato societario che, per materia, è stato disciplinato in seno al codice civile. Ma possiamo ampiamente parlare anche degli altri reati, quelli previsti dal codice penale. Ricordo l'articolo 13 del provvedimento, perché l'argomento è esattamente lo stesso: reprimere gli atteggiamenti illeciti, calibrare le sanzioni su standard che garantiscano gli effetti della prevenzione generale e speciale.

Non dimentichiamo che l'intero provvedimento si fonda sull'adeguamento della nostra normativa alle linee guida europee. In un Paese normale non sarebbero passati due anni prima di adeguare l'ordinamento secondo parametri internazionali (e mi riferisco, nello specifico, alla Convenzione penale di Strasburgo). Forse l'Italia non è un Paese normale, ma credo che dobbiamo opporci a questa situazione. La risposta non è nella rassegnazione, ma nell'azione rivolta a fare il possibile per dimostrare il contrario, votando la fiducia oggi e approvando, conseguentemente, il testo del provvedimento sull'anticorruzione.

Dobbiamo tenere a mente il principio dello Stato di diritto, che fonda la democrazia come forma di esercizio del potere nella Repubblica. Dobbiamo considerare l'impianto delle norme di contrasto alla corruzione come un grimaldello per scardinare l'illegalità, come un mezzo, per quanto perfettibile, attraverso il quale dimostrare la presenza dello Stato come promotore della legalità e della correttezza delle procedure interne al proprio apparato burocratico.

Non possiamo non affrontare un tema così radicato nel nostro Paese, ancora afflitto dai reati contro la pubblica amministrazione, tanto che in molti hanno recentemente parlato in termini di nuova Tangentopoli. Non nascondo che il testo dei tre articoli sottoposti alla fiducia poteva essere migliorato.

Sicuramente è mancato il terreno per farlo e dopo più di due anni non possiamo rischiare di porre nel nulla il lavoro sinora svolto, ci stiamo occupando di reati molto particolari e molto pericolosi, particolari nella struttura, mi riferisco al sodalizio criminoso sotteso alla corruzione, ma anche al reato stesso di corruzione tra privati.

L'articolo 14 riguarda un reato che punisce gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci ed i liquidatori che causano un danno alla società quando, a seguito della dazione o promessa di denaro o altra autorità per sé o per altri, compiano od omettano di compiere atti in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà.

Ben si comprende allora come la fattispecie in questione, oltre a tutelare la società stessa, tutela anche il mercato, nonché il principio di libera concorrenza. Si tratta di un reato che dunque può trovarsi a monte di reati più gravi, come ad esempio reati di falso in bilancio o di riciclaggio di denaro e via dicendo. Noi avremmo preferito che il reato fosse modificato, avevamo presentato emendamenti in Commissione in questa direzione eliminando l'elemento del danno alla società e punendo la mera azione od omissione di atti in violazione degli obblighi d'ufficio o di fedeltà a seguito della dazione di danaro o di altra utilità, e speriamo che una modifica in tal senso possa trovare spazio al Senato, ma non posso non esprimere un voto favorevole alla fiducia sull'articolo 14, perché bisogna riconoscere l'urgenza dell'approvazione del provvedimento nel suo complesso.

Il nostro voto favorevole sulla fiducia è esso stesso espressione di buonsenso e deriva da una valutazione sul complesso del provvedimento che giudichiamo favorevole e la cui approvazione oggi riteniamo essenziale per la persecuzione degli illeciti in esso previsti e per sferrare un colpo fermo e definitivo al dilagare del fenomeno dell'illegalità nella pubblica amministrazione (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Briguglio. Ne ha facoltà.

CARMELO BRIGUGLIO. Signor Presidente, signor Ministro, vorrei solo confermare il voto favorevole di Futuro e Libertà anche alla fiducia sull'articolo 14. Abbiamo illustrato la nostra posizione ampiamente nel momento in cui è stato in discussione l'articolo 13. Quindi, Futuro e Libertà voterà a favore (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paolini. Ne ha facoltà.

LUCA RODOLFO PAOLINI. Signor Presidente, signori Ministri, ancora questo Governo di ottimati ha raggiunto certamente un risultato molto importante, perché in questa legislatura siete senz'altro i primi ad aver posto tre questioni di fiducia su tre singoli articoli, ed è già un buon risultato. Non so se è un precedente assoluto nella storia di questo Parlamento, ma certamente, se esistono dei precedenti, è uno dei pochissimi.

Ci chiamate ancora una volta a votare la fiducia sulla modifica dell'articolo 2635 del codice civile che, come tutte le altre norme che avete manu militari costretto questo Parlamento ad approvare, è giustificato da motivazioni lodevoli, infatti noi non contestiamo certamente le finalità ma contestiamo il metodo, il fatto che avete scomodato la bellezza di 630 per tre, migliaia di deputati a votare tre volte, per ciò che secondo il normale gioco democratico si sarebbe dovuto affrontare e risolvere - e il tempo c'è stato, perché abbiamo avuto otto-nove mesi per discuterne nelle opportune sedi - nelle Commissioni. Ricordate un po' quei ragazzini - quando eravamo ragazzi - proprietari dei palloni, che quando non li si faceva giocare dicevano: porto via il pallone e quindi non gioca più nessuno, dunque toccava farli giocare. Voi, anziché fare uno sforzo ulteriore per far sì che si arrivasse ad adottare un buon provvedimento, avete forzato la mano. In senso positivo?

Su molti aspetti vi sono ampi dubbi. Ricordo gli interventi di poco fa di due validi ex pubblici ministeri: l'onorevole Di Pietro e l'onorevole Ferranti. Entrambi magistrati, entrambi esperti di diritto penale, entrambi colleghi di notevole esperienza, che sulle medesime norme hanno dato giudizi opposti. Di Pietro ha detto che si peggiora, sostanzialmente, la punibilità, l'accertamento e soprattutto la scoperta di taluni reati contro la pubblica amministrazione, la collega Ferranti ha detto invece che si tratta di un passo avanti. Già da qui si capisce come dalla sua nascita questo provvedimento sia poco chiaro e poco comprensibile, anche se - ripeto - nell'ambito di una finalità più che lodevole, sulla quale, ovviamente, la Lega Nord esprime il massimo assenso, tant'è vero che tre dei quattro o cinque nomi che sono tra i primi propositori e firmatari di questo provvedimento sono appartenenti alla Lega Nord, che certo non può essere tacciata di essere favorevole alla corruzione.

Però, un aspetto che manca assolutamente in questo provvedimento è la filosofia di fondo, cioè agite sull'aumento delle pene, agite sulla parte penale del provvedimento, quando invece è notorio da tutti gli studiosi che la cura migliore della corruzione è la prevenzione, l'adozione di procedure trasparenti, che oggi, grazie ad Internet, possono essere agevolmente realizzate a costo zero, così come l'adozione di provvedimenti seri e preventivi contro quei dirigenti che non fanno bene il loro lavoro, ma che non toccate, perché probabilmente molti di voi fanno parte della stessa categoria professionale.

Faccio un esempio: un parametro essenziale per valutare un dirigente, a mio avviso, sarebbe quello di vedere quanti contenziosi ha generato. Chiunque ha esperienza di giudizi sa perfettamente che il 90 per cento dei problemi nascono da bandi di gara, bandi di appalti e da provvedimenti fatti male, spesso nati - lo sappiamo anche qui bene, perché chiunque di voi ha un po' di pratica giudiziaria lo sa - dal «copia e incolla» del provvedimento dell'amministrazione vicina. Allora, poiché quell'amministrazione ha fatto un bel bando d'appalto, lo copio pari pari, però, non essendo identica la situazione - a volte penso anche con malizia - si crea il problema, per poi andarlo a risolvere, e ci riagganciamo agli arbitrati e compagnia cantando.

Se un dirigente venisse valutato anche per il contenzioso che ha generato, cioè accertare se su cento casi ha generato cinque contenziosi o ne ha generati ottanta, basterebbe invitare quel signore a non fare più il dirigente, o privarlo della possibilità di dirigere. Questo è uno degli aspetti che secondo noi - o secondo me, almeno - va nella direzione giusta per prevenire la corruzione. Aumentare le pene? Non credo che, se una persona è corrotta, sia spaventata da una pena che va da quattro a otto anni molto più di quello che sarebbe da una pena da tre a sette anni. Altrettanto discutibile mi sembra l'argomentazione esposta dalla collega Ferranti per cui si dice che una pena più ampia allunga i termini di prescrizione. Ciòè giustissimo, per carità, ma allora diamo vent'anni per tutto così non abbiamo più problemi, mentre il problema vero sarebbe prevenire e riuscire a fare i processi in sette anni e mezzo, che non sono proprio pochi.

Invece, cosa si dice? Anziché cercare di accelerare la macchina di scoperta, preventiva e di punizione nell'arco di sette anni che - ricordo - non sono pochi, si aggiungono altri anni, in modo che l'innocente magari sta sotto processo per 10-12 anni salvo poi scoprirsi, a fine dell'ennesimo processo, che invece non meritava di stare sotto gogna per tutto quel tempo. Da un lato questo Governo vuole efficientare - che è una bella parola che a me piace - l'azione amministrativa, dall'altro approva una norma la cui ratio profonda dice che, siccome non siamo efficienti, aumentiamo i termini di prescrizione, così ci siamo dentro lo stesso.

Inoltre, tornando allo specifico articolo - ma evidentemente è solo uno dei tanti aspetti che la brevità del tempo qui concesso ci permette di trattare, perché il dibattito è stato strozzato nelle opportune sedi -, in merito alla corruzione tra privati: credo abbiate valutato gli aspetti problematici cui può dare origine questa norma. Se ho ben capito, essa è procedibile d'ufficio, ma immaginate l'ufficio acquisti di un'impresina con dieci dipendenti che si fa corrompere, per la quale viene fuori un processo penale; l'impresina perde le commesse; e pensiamo a cosa potrebbe succedere a un'inchiesta che riguardi dazioni di minima entità. I concetti sono molto vaghi, così come quando si dice «cagionando nocumento»: capite - come ci ha dimostrato poc'anzi e come ha anche ricordato l'onorevole Di Pietro - che sono concetti estremamente vaghi, che una procura potrebbe interpretare in un certo modo e una procura in un altro. Qui abbiamo a che fare con l'economia.

Poi un'ultima «critica»: ci avete fatto leggere decine e centinaia di emendamenti, studiare, impegnarci tutti quanti - voi stessi vi siete impegnati - per poi, come sempre, tirare fuori all'ultimo dal cilindro il solito «coniglio» della questione di fiducia su un maxiemendamento che è stato fatto poi ritirare per motivi noti.

Ma allora, che senso ha che decine e centinaia di deputati di tutti gli orientamenti politici si siano impegnati a studiare quando poi il giochetto è sempre quello? Mi ricorda quelle vecchie trattative sindacali degli anni Settanta, quando tutti sapevano che il sindacato chiedeva 100, la parte datoriale 20, ma si sapeva già tutti che, dopo infinite sedute notturne, si arrivava a 50 ed erano tutti d'accordo.

Ecco, credo che da un Governo tecnico ci si sarebbe potuti aspettare qualcosa di più di trucchetti di basso sindacalismo di fine anni Ottanta e quindi credo anche che un provvedimento così importante perché qualcuno ha detto che la corruzione vale 60 miliardi, qualcuno 70 e qualcuno 120 (non c'è molta chiarezza, anche perché evidentemente la corruzione non è esattamente quantificabile), ma certo è che...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

LUCA RODOLFO PAOLINI. Concludo, signor Presidente. Certo è che, quale che sia l'entità di questo fenomeno, va combattuto, ma per questo, secondo noi, la strada è quella di lavorare magari qualche giorno in più Commissione e arrivare ad un testo. Non è certamente mettendo la fiducia, addirittura sui singoli articoli, che si opera nell'interesse del Paese. Quindi la Lega Nord non vi darà la fiducia neanche su questo articolo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Andrea Orlando. Ne ha facoltà.

ANDREA ORLANDO. Signor Presidente, colleghi, è con convinzione, ma anche con rammarico, che voteremo la fiducia apposta sull'articolo 14 di questo disegno di legge. Ci sono evidentemente in quest'Aula dei colleghi che ritengono che l'investitore internazionale, il prototipo, la figura mitica che è stata spesso utilizzata in questi mesi come riferimento e come anche motivazione di cause non sempre commendevoli, sarebbe interessantissimo a sapere quanto tempo ci mette a licenziare ipotetici dipendenti di ipotetiche imprese da aprire nel nostro Paese, mentre sarebbe sostanzialmente indifferente al fatto che, come dicono gli osservatori internazionali, il nostro è un Paese nel quale per aprire delle imprese è necessario dare delle tangenti.

Sarebbe indifferente al fatto che il nostro è un mercato alterato dalla presenza del fenomeno corruttivo. Va dato atto al Governo Monti di aver ricordato al Parlamento questo elemento, perché vorrei dire al collega Paolini che forse ora il Governo ha portato via il pallone, ma la partita che il centrodestra ci voleva far giocare su questo disegno di legge era una partita dove il pallone non era previsto, perché era semplicemente una serie di grida manzoniane priva di qualsiasi efficacia.

Mi chiedo quale sarebbe stato il segnale che poteva venire da quest'Aula, se fosse andato avanti l'iter privo dell'emendamento posto dal Governo e dal Ministro Severino, a livello internazionale di un Paese che licenziava una legge sulla corruzione sostanzialmente non attuando alcuna delle indicazioni contenuta all'interno delle Convenzioni internazionali che aveva liberamente sottoscritto, quella di Merida e quella di Strasburgo, non il diktat quindi di una struttura tecnocratica, ma il frutto di una trattativa e di un confronto internazionale al quale l'Italia aveva liberamente e consapevolmente partecipato e che dal 1999 rimaneva sostanzialmente inattuato.

Bene, dunque - credo - questo passo, giusto aver fatto questo sforzo. Non tutto quello che ci chiedono quelle Convenzioni è stato realizzato con questo provvedimento, lo dobbiamo dire. Riteniamo che resti l'obbiettivo dell'introduzione del reato di autoriciclaggio, così come riteniamo che sia da condividere e da sostenere la battaglia dell'Italia dei Valori per la reintroduzione del reato di falso in bilancio che riteniamo parte integrante di questo stesso provvedimento.

Tuttavia, stupisce il fatto che non si colga fino in fondo il merito che questi nuovi reati affrontano. Il traffico illecito di influenze non è, come in alcune leggende metropolitane, un modo per sanzionare chi fa le raccomandazioni. È esattamente, invece, uno strumento che offre al Paese la possibilità di intervenire su quel sistema di cricche e faccendieri che ha caratterizzato la storia recente del nostro Paese.

E l'asservimento di funzioni - lo sottolineo perché credo che sia uno strumento importante che è stato introdotto - consente oggi di affrontare quel fenomeno particolare che non è caratterizzato dall'intervento sul singolo provvedimento, ma dall'assoggettamento di pezzi di pubblica amministrazione da parte di interessi di carattere particolare. Allo stesso modo la corruzione tra privati è stata sottoposta ad una serie di critiche che sembrano partire - le abbiamo sentite anche questa sera - da un'idea medievale dell'assetto della proprietà.

Sostanzialmente si dice: perché lo Stato deve andare a vedere in casa del privato se c'è uno che fa la cresta? Deve andare a vedere in quella dimensione perché, se c'è quel fenomeno, c'è un'alterazione del mercato, quindi una lesione all'interesse di carattere generale. Soprattutto - questo è l'altro aspetto che credo vada sottolineato - c'è una rilevanza sociale ormai della proprietà, così com'è strutturata attualmente. Parliamo di società con partecipazioni azionarie, con legami di carattere obbligazionario. Parliamo di società il cui eventuale crollo o la cui eventuale crisi rischia di determinare effetti che vanno molto al di là della proprietà direttamente interessata.

Questi tre reati - lo dico perché noi non abbiamo mai ritenuto che il semplice aumento del numero dei reati corrisponda ad una maggiore efficacia nel contrasto di alcuni fenomeni - denotano la consapevolezza dello Stato e degli Stati che hanno elaborato le convenzioni internazionali e del fatto che la corruzione è profondamente cambiata nel corso di questi anni.

La corruzione non è più semplicemente la dazione di denaro nei confronti del pubblico ufficiale. C'è un sistema di reti, di relazioni, di triangolazioni occulte, forme di lobby più o meno esplicite che si costituiscono per orientare l'andamento dei poteri pubblici e per condizionare il loro funzionamento, anche spesso avvalendosi del supporto di mezzi d'informazione importanti e in grado di caratterizzare e di influenzare l'opinione pubblica di un Paese. La corruzione, insomma, è diventata non soltanto un fattore di vasta scala, ma anche un elemento che ha un'enorme rilevanza politica.

Oggi noi naturalmente con il provvedimento in esame non possiamo illuderci che daremo una risposta politica a questo fenomeno. Daremo degli strumenti in più. Questo è un disegno di legge che, per esempio, affronta anche il tema dei presupposti alla corruzione. Tuttavia, attraverso l'introduzione di questi reati, attraverso l'introduzione di questi strumenti, lo Stato dice che è consapevole del fatto che la corruzione è profondamente cambiata e che per fronteggiarla bisogna fotografarla così com'è, consentendo di intervenire anche in quell'area grigia che sta tra pubblica amministrazione e forme di criminalità conclamata.

Insomma, non basterà una legge. La risposta dovrà essere costruita anche sul terreno di una nuova autorevolezza delle istituzioni pubbliche e della riconquista di un'autonomia della politica e delle istituzioni politiche, insomma sul terreno della qualità della democrazia. Tuttavia, questo disegno di legge segna, a mio avviso, un passo significativo in avanti.

Io ho ascoltato le parole dell'onorevole Di Pietro in ordine alla questione della modifica del reato di concussione. Nel merito tecnico all'onorevole Di Pietro ha risposto la collega Ferranti in modo assolutamente puntuale. Però mi ha colpito molto nella sua narrazione, per usare un termine che va di moda, il racconto che lui faceva del fenomeno corruttivo. Non so se fosse quello davvero nel 1991-1994, cioè una società e un'economia vessate dalla politica. So che quella narrazione ha prodotto due fatti: pochissimi corrotti e condannati e nessun corruttore.

Non so, non so, non so, non so...

ANTONIO DI PIETRO. Dove li hai visti? Sono 3 mila (Commenti di deputati del gruppo Partito Democratico)!

PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro, che cosa le è successo?

ANDREA ORLANDO. Onorevole Di Pietro, volevo dare atto alla cosa che stava (Commenti del deputato Di Pietro)... Quello che, invece, però...

PRESIDENTE. Prosegua, onorevole Andrea Orlando...

ANDREA ORLANDO. Quello che, invece, ritengo abbia provocato quella narrazione è questo: un turnover significativo delle classi dirigenti che considero - di questo ringrazio anche l'onorevole Di Pietro - un servizio reso al Paese, ma una sostanziale contiguità delle classi dirigenti economiche e finanziarie di questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Penso che questo sia l'errore di valutazione che sta alla base. Su questo non c'è una distinzione tecnica, c'è una diversità di valutazione politica. Lo dico perché, se forse quella fotografia che faceva Di Pietro all'epoca aveva un senso, non ce l'ha oggi, perché raccontare di una politica che vessa l'economia e la finanza significa non raccontare la verità. Oggi il problema è che la politica, le istituzioni e la democrazia sono troppo deboli e troppo spesso soggiogate da interessi di carattere particolare.

Quindi, credo che oggi possiamo dare soltanto una prima risposta che va nella direzione giusta. Penso che dovremmo dare quella vera dando una lettura diversa e una capacità di restituire autorevolezza, anche attraverso processi di autoriforma, alla politica, alle istituzioni e alle modalità in cui si rappresenta il Paese. Credo che la stella polare sia ancora una volta la Costituzione repubblicana perché in fondo, introducendo questi tre reati, noi introduciamo tre strumenti che affermano dei principi fondamentali: l'imparzialità e il buon andamento della pubblica amministrazione e la rilevanza sociale dell'impresa, la responsabilità di chi svolge una funzione imprenditoriale nei confronti di tutta la collettività.

PRESIDENTE. Onorevole Andrea Orlando, la prego di concludere.

ANDREA ORLANDO. Ci voleva forse anche questo passaggio per scoprire ancora una volta la modernità e l'importanza della Carta costituzionale di questo Paese (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Sisto. Ne ha facoltà.

FRANCESCO PAOLO SISTO. Signor Presidente, sarei in prima battuta curioso di conoscere quante di questi sentenze di condanna così numerose sono derivate da patteggiamenti post cautelari nel periodo di «Mani pulite», perché in una riforma sulla corruzione una cosa non si può: non si può perdere la memoria. Non è assolutamente possibile che le leggi nascano senza che si ricordi, facendo finta che la storia non sia storia, che non ci siano degli accadimenti avvenuti in questo Paese negli anni Novanta, azzerando completamente la situazione, anzi riproponendola con toni di arroganza inquisitoria che nulla hanno a che spartire con la Costituzione. Chiunque dovesse pensare che l'anticorruzione passa attraverso la cancellazione della memoria di questo Paese commetterebbe un reato più grave di quello che accusa gli altri di commettere.

Il dato è assolutamente rilevante. Nel nostro gruppo ci siamo divisi il compito: Enrico Costa si è occupato della metodologia parlamentare, Manlio Contento degli effetti, io vi dirò che in questa vicenda non dobbiamo mai dimenticare i presupposti che ci guidano. Innanzitutto, illustre e bravissimo Ministro, ci guida la Carta costituzionale. Gli articoli 25 e 27 della Costituzione ci insegnano e ci debbono insegnare costantemente il rispetto di tre principi: la presunzione di non colpevolezza, che nel nostro sistema - volenti o nolenti - obbliga a ritenere responsabile e colpevole solo il soggetto che ha una sentenza definitiva di condanna e questo principio di civiltà non può essere cancellato come non può essere cancellata la Costituzione.

In secondo luogo, le pene debbono essere umane e debbono tendere alla rieducazione. Queste dosi massicce di pena, questa sorta di «endorfina negativa», con una corruzione portata da quattro a otto anni di reclusione, collidono in modo puerile col nuovo articolo 10, sul quale avete dato la vostra fiducia, che sancisce la incandidabilità per pene superiori ai due anni. Ma se voi partite da quattro anni di reclusione (emendamento Ferranti), come sarà possibile una pena inferiore ai due anni? Ma vi rendete conto degli spropositi che, in nome del giustizialismo, proponete a questo Parlamento?

Purtroppo, caro Ministro, debbo dirlo con molta lealtà e, se mi consente, con molta stima, lo strumento della fiducia non si confà a questo Governo.

Questo è un Governo nato come Governo tecnico, di emergenza sull'economia, se comincia a porre questioni di fiducia in materia di giustizia tradisce il suo mandato (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà)! In quest'Aula voi dovete discutere di giustizia! Potete ragionare in materia di economia, il mandato che avete ricevuto è sull'economia, non sulla giustizia! Quando parlate di corruzione dovete raccogliere in Aula il contraddittorio!

Abbiamo sprecato fiumi di parole in Commissione per sentirci dire che non è possibile discutere su temi di delicatezza epocale, fondamentali. Certo, io ho fiducia, e voterò a favore della questione di fiducia posta sull'articolo in esame, ma ho fiducia che il Senato possa ripristinare il rispetto della Costituzione e dare all'anticorruzione una logica effettiva da sistema penale che non sia inquisitorio, ma che rispetti la Carta costituzionale.

Scusate, gli articoli 1 del codice penale e 25 della Costituzione sanciscono il principio di determinatezza. Rileggete la norma relativa al reato di traffico d'influenza e provate, per un attimo, a fare un'operazione semplice, ossia a prendere quella norma e a calarla nella realtà. Chiedetevi se è legittimo offrire alle procure - poche, ben determinate, spesso determinanti per il futuro di questo Paese, che non hanno certamente dato, in questa materia, grande prova di sé - un potere di incidenza non sul reato, ma su un comportamento.

Si tratta di una fattispecie che non punisce un fatto di reato, ma un metodo, un comportamento, un meccanismo. È un'assoluta novità nel nostro sistema a cui bisogna ripensare fortemente per restituire fluidità ai principi del nostro sistema.

Abbiamo incrementato la pena prevista per l'abuso d'ufficio, ma quanto tempo siamo stati, signor Ministro, a discutere per strappare l'abuso d'ufficio, che è il regno della discrezionalità, all'arbitrio delle procure? Glielo abbiamo restituito! Datemi una giustificazione, dopo anni di lavori parlamentari passati a criticare queste riforme, sul perché abbiamo operato con un impeto ingiustificato.

Angelino Alfano è stato chiarissimo nella sua dicotomia: una migliore pubblica amministrazione più trasparente, più controllata, con maggiori responsabilità, significa prevenire i fenomeni della corruzione. Non lo dice Angelino Alfano, lo dice la normativa sulla responsabilità contabile che, distinguendo nettamente la responsabilità di chi fa da quella di chi decide politicamente, stabilisce che chi fa deve avere più responsabilità. Noi che cosa abbiamo fatto in questo modo? Abbiamo ripristinato un sistema che era stato capace di dare alla politica il giusto peso e lo abbiamo riportato nel magma incontrollabile dell'arbitrio giudiziario.

Voglio lamentare con molta accuratezza e molto dispiacere che c'è il sospetto che con questa scelta - contrariamente a quanto previsto dal meccanismo Alfano, ossia amministrazione più controllata e sistema penale adeguato a questa amministrazione - si voglia affiancare al consenso dei cittadini per l'accesso in politica quello delle procure! Mi sembra che questo non debba essere tollerato! Dobbiamo restituire alle riforme la capacità di essere riforme costituzionali!

In Commissione ci siamo battuti perché il reato previsto dall'articolo 14 del provvedimento in esame rimanesse procedibile a querela perché, in un momento così grave per l'imprenditoria, in cui essere imprenditori è già rischioso, in cui il Paese è in una situazione di default - non lo dicono soltanto i giornali, ma la realtà, la quotidianità, che tocchiamo tutti giorni e che molto spesso non vogliamo vedere -, non ci possiamo permettere davvero di affidare allo Stato l'intervento su fattispecie di reato che portano nocumento alle società e non affidare invece alle società stesse il diritto di procedere nei confronti di questi soggetti.

Abbiamo introdotto questa norma anche nelle sanzioni previste dal decreto legislativo n. 231, prevedendo la responsabilità parapenale per le imprese che è particolarmente afflittiva. Con questa norma abbiamo «caricato» sulle imprese. Per carità, i mascalzoni devono essere puniti duramente e il PdL è in prima fila nel ritenere che questo debba accadere, ma per fare questo è indispensabile che le regole siano fortemente e rigorosamente rispettate.

Se questo è vero, se questo è l'impianto, è evidente che la nostra prospettiva non può che essere di fiducia perché il meccanismo parlamentare consenta di porre rimedio a quelle scelte che noi riteniamo non in linea con i principi.

Allora, il traffico d'influenza e la previsione di una separazione, direi biblica, della concussione, per carità, non è in personam, non è ad personam, non è contra personam, ma favorisce marcatamente qualcuno che vedrà il suo reato estinto per effetto di questa separazione assolutamente innovativa.

Perché non sta scritto da nessuna parte e non c'è nessuna sentenza - anzi i lavori preparatori dicono il contrario - che l'induzione sia meno grave della costrizione. Questa «invenzione» per giustificare un fittizio adempimento all'OCSE è, per carità, apprezzabile sul piano della arguzia scientifica, ma molto poco apprezzabile sul piano degli effetti. Credo che da questo punto di vista il rimedio, la necessità di intervento, il ripristino della filosofia e dell'ortodossia tecnica siano indispensabili. Allora, illustre Presidente, signor Ministro, quando noi voteremo ...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

FRANCESCO PAOLO SISTO. ... fiduciosi l'articolo 14, lo voteremo con un convincimento: che la riforma della corruzione parta innanzitutto da una pubblica amministrazione migliore, non parta da una carabina carica offerta alle procure senza una difesa che sia adeguata rispetto ai parametri della Costituzione.

Se questo deve essere il leitmotiv, il ritornello, il fil rouge che noi dobbiamo avere, la nostra fiducia, sia chiaro, è una fiducia che noi offriamo a questo Governo, mi auguro per l'ultima volta, su questa materia, nel rispetto del mandato che voi avete ricevuto, ma è una fiducia nei meccanismi parlamentari, perché agli «ho andato» di carattere giuridico qualcuno possa porre rimedio con la linea rossa e blu (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Sono così esaurite le dichiarazioni di voto sulla questione di fiducia posta dal Governo sul mantenimento dell'articolo 14.

(Votazione della questione di fiducia - Articolo 14 - A.C. 4434-A)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione sulla questione di fiducia.

Indìco la votazione per appello nominale sull'articolo 14, nel testo delle Commissioni, sulla cui approvazione, senza emendamenti ed articoli aggiuntivi, il Governo ha posto la questione di fiducia.

Per agevolare le operazioni di voto, invito i deputati ad avvicinarsi al banco della Presidenza seguendo il proprio turno di votazione, che è evidenziato sul tabellone elettronico, evitando quindi di stazionare nell'emiciclo e di rendere così più difficoltosa l'espressione del voto.

Avverto che la Presidenza ha accolto alcune richieste di anticipazione del turno di voto di deputati appartenenti ai vari gruppi, che ne hanno fatto motivata richiesta per gravi ragioni personali o per impegni legati alla loro carica.

Estraggo a sorte il nome del deputato dal quale comincerà la chiama.

(Segue il sorteggio).

La chiama avrà inizio dall'onorevole Santori.

Invito i deputati segretari a procedere alla chiama.

(Segue la chiama).

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROCCO BUTTIGLIONE (ore 18,05)

(Segue la chiama).

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione sull'articolo 14, nel testo delle Commissioni, sulla cui approvazione, senza emendamenti e articoli aggiuntivi, il Governo ha posto la questione di fiducia.

Presenti 525

Votanti 500

Astenuti 25

Maggioranza 251

Hanno risposto 430

Hanno risposto no 70

(La Camera approva - Vedi votazioni).

Si intendono conseguentemente respinte tutte le proposte emendative riferite all'articolo 14.

 

PRESIDENTE. Secondo quando stabilito nell'odierna riunione della Conferenza dei presidenti di gruppo, interrompiamo a questo punto l'esame del provvedimento, che riprenderà nella seduta di domani a partire dalle ore 9.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, vorrei informare la Presidenza e i colleghi che avremmo concordato, tra tutti i responsabili d'Aula e i presidenti di gruppo di tutti i gruppi, anche per agevolare le modalità di lavoro della giornata di domani e per ordinare meglio i lavori della stessa giornata, oltre che, probabilmente, per consentire allo stesso Governo di valutare il merito ed il contenuto degli ordini del giorno, di stabilire un termine per la presentazione degli ordini del giorno stessi alle ore 10 di domani mattina. Ovviamente questo è un accordo intervenuto tra i gruppi; chiedo alla Presidenza, se possibile, di prenderne atto e di darne notizia.

PRESIDENTE. La Presidenza prende atto e fa propria questa richiesta. Così rimane stabilito.

 

 


Allegato A

 


TESTO AGGIORNATO AL 9 LUGLIO 2012

 

A.C. 4434-A – Articolo 10

ARTICOLO 10 DEL DISEGNO DI LEGGE N.4434 NEL TESTO DELLE COMMISSIONI

Art. 10.

(Delega al Governo per l'adozione di un testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di governo conseguente a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi).

1. Il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri per la   finanza pubblica, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo recante un testo unico della normativa in materia di incandidabilità alla carica di membro del Parlamento europeo, di deputato e di senatore della Repubblica, di incandidabilità alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali e di divieto di ricoprire le cariche di presidente e di componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, di presidente e di

componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, di consigliere di amministrazione e di presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all'articolo 114 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 267, e successive modificazioni, di presidente e di componente degli2000, n. organi esecutivi delle comunità montane.

2. Il decreto legislativo di cui   al comma 1 provvede al riordino e all'armonizzazione della vigente normativa ed è adottato secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) ferme restando le disposizioni del codice penale in materia di interdizione perpetua dai pubblici uffici, prevedere che non siano temporaneamente candidabili a deputati o a senatori coloro che abbiano riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione per i delitti previsti dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale;

b) in aggiunta a quanto previsto nella lettera a), prevedere che non siano temporaneamente candidabili a deputati o a senatori coloro che abbiano riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione per i delitti previsti nel libro II, titolo II, capo I, del codice penale ovvero per altri delitti per i quali la legge preveda una pena detentiva superiore nel massimo a tre anni;

c) prevedere la durata dell'incandidabilità di cui alle lettere a) e b);

d) prevedere che l'incandidabilità operi anche in caso di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale;

e) coordinare le disposizioni relative all'incandidabilità con le vigenti norme in materia di interdizione dai pubblici uffici e di riabilitazione, nonché con le restrizioni all'esercizio del diritto di elettorato attivo;

f) prevedere che le condizioni di incandidabilità alla carica di deputato e di senatore siano applicate altresì all'assunzione delle cariche di governo;

g) operare una completa ricognizione della normativa vigente in materia di incandidabilità alle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali e di divieto di ricoprire le cariche di presidente della provincia, sindaco, assessore e consigliere provinciale e comunale, presidente e componente del consiglio circoscrizionale, presidente e componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui 267 delall'articolo 114 del testo unico di cui al citato decreto legislativo n. 2000, presidente e componente degli organi delle comunità montane, determinata da sentenze definitive di condanna;

h) valutare per le cariche di cui alla lettera g), in coerenza con le scelte operate in attuazione delle lettere a) e i), l'introduzione di ulteriori ipotesi di incandidabilità determinate da sentenze definitive di condanna per delitti di grave allarme sociale;

i) individuare, fatta salva la competenza legislativa regionale sul sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del presidente e degli altri componenti della giunta regionale nonché dei consiglieri regionali, le ipotesi di incandidabilità alle elezioni regionali e di divieto di ricoprire cariche negli organi politici di vertice delle regioni, conseguenti a sentenze definitive di condanna;

l) prevedere l'abrogazione espressa della normativa incompatibile con le disposizioni del decreto legislativo di cui al comma 1;

m) disciplinare le ipotesi di sospensione e decadenza di diritto dalle cariche di cui al comma 1 in caso di sentenza definitiva di condanna per delitti non colposi successiva alla candidatura o all'affidamento della carica.

3. Lo schema del decreto legislativo di cui al comma 1, corredato di   relazione tecnica, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 31 196, è trasmesso alle Camere ai fini dell'espressione deidicembre 2009, n. pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che sono resi entro sessanta giorni dalla data di trasmissione dello schema di decreto. Decorso il termine di cui al periodo precedente senza che le Commissioni abbiano espresso i pareri di rispettiva competenza, il decreto legislativo può essere comunque adottato.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 10 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 10.

(Delega al Governo per l'adozione di un testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di governo conseguente a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi).

Sostituirlo con i seguenti:

Art. 10. – (Introduzione degli articoli 6-bis e 6-ter del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del 361). –Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 1. Dopo l'articolo 6 del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, 361, sono inseriti i seguenti:

«Art. 6-bis. – 1. Non possono essere candidati e non possono comunque ricoprire la carica di deputato coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva per un delitto non colposo.

2. Le sentenze e i provvedimenti definitivi indicati al comma 1, emessi nei confronti di deputati in carica, sono comunicati alla Camera dei deputati per la pronuncia della decadenza.

3. Per tutti gli effetti disciplinati dal presente articolo la sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a condanna.

4. L'eventuale elezione di coloro che si trovano nelle condizioni di cui al comma 1 è nulla.

Art. 6-ter. – 1. La perdita delle condizioni di eleggibilità comporta la decadenza dalla carica di deputato. Essa è dichiarata dalla Camera dei deputati entro sessanta giorni dalla notizia di condanna definitiva».

2. La rubrica del capo II del titolo II del testo unico di cui al decreto   361, è sostituita dalladel Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. seguente: «Candidabilità ed eleggibilità».

Art. 10-bis. – (Ambito applicativo dell'articolo 6-bis, comma 1, del testo unico di cui al decreto del 361). –Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 1. Le disposizioni previste dal comma 1 dell'articolo 6-bis del testo unico di cui al 361, introdottodecreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. dall'articolo 10 della presente legge, si applicano a qualsiasi altro incarico con riferimento al quale, in forza di specifiche disposizioni di legge, l'elezione o la nomina è di competenza dell'Assemblea, del Presidente o dell'Ufficio di presidenza della Camera dei deputati o del Presidente o del Consiglio di presidenza del Senato della Repubblica.

Art. 10-ter. – (Modifica all'articolo 20 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 361). –1957, n. 1. All'articolo 20 del testo unico di cui al decreto del 361, e successive modificazioni, èPresidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. aggiunto, in fine, il seguente comma:

«Unitamente alla documentazione di   cui al secondo comma devono essere presentate le dichiarazioni sostitutive rese dai candidati ai sensi dell'articolo 46 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui 445, eal decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. successive modificazioni, comprovanti l'insussistenza delle cause di incandidabilità di cui all'articolo 6-bis del presente testo unico».

Art. 10-quater. – (Modifica all'articolo 22 del testo unico di cui al decreto del Presidente della 361). –Repubblica 30 marzo 1957, n. 1. All'articolo 22, primo comma, numero 5), del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 361, e successive modificazioni, sono aggiunte, in fine, lemarzo 1957, n. seguenti parole: «e di quelli per i quali non sia stata presentata la dichiarazione sostitutiva comprovante l'insussistenza delle cause di incandidabilità di cui all'articolo 6-bis o per i quali tale dichiarazione risulti non veritiera».

Art. 10-quinquies. – (Modifica all'articolo 5 del testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione del Senato della Repubblica, di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993, 533). –n. 1. All'articolo 5 del testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione del Senato della Repubblica, di cui al decreto legislativo 20 533, è aggiunto, in fine, il seguente comma:dicembre 1993, n.

«1-bis. Non possono essere candidati alle elezioni politiche e non possono comunque ricoprire la carica di senatore coloro che rientrano nelle fattispecie previste dall'articolo 6-bis del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del 361».Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n.

Art. 10-sexies. – (Introduzione dell'articolo 4-bis 18). –della legge 24 gennaio 1979, n. 1. Dopo 18, e successive modificazioni, èl'articolo 4 della legge 24 gennaio 1979, n. inserito il seguente:

«Art. 4-bis. – 1. Non possono essere candidati e non possono comunque ricoprire la carica di membro del Parlamento europeo coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva per un delitto non colposo.

2. Per tutti gli effetti disciplinati dal comma 1 del presente articolo la sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a condanna».

Art. 10-18).septies. – (Modifica all'articolo 12 della legge 24 gennaio 1979, n. – 1. Dopo il settimo comma dell'articolo 12 della legge 24 gennaio 1979, 18, è inserito il seguente:n.

«Ogni candidato, unitamente alla   dichiarazione di accettazione della candidatura, deve presentare la dichiarazione sostitutiva ai sensi dell'articolo 46 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 445, e successive modificazioni, comprovanti l'insussistenza delle2000, n. cause di incandidabilità di cui all'articolo 4-bis della presente legge. L'ufficio elettorale circoscrizionale cancella dalle liste i nomi dei candidati per i quali manca la dichiarazione sostitutiva di cui al periodo precedente».

10. 10. Di Pietro, Donadi, Palomba, Favia, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

Sostituirlo con i seguenti:

Art. 10. – (Nuove disposizioni in materia di incandidabilità alla carica di membro del Parlamento europeo spettante all'Italia). – 1. Dopo l'articolo 4 della legge 24 gennaio 1979, 18, e successive modificazioni, è inserito il seguente:n.

«Art. 4-bis. – 1. Non possono essere candidati e non possono comunque ricoprire la carica di membro del Parlamento europeo spettante all'Italia i soggetti nei cui confronti, alla data di pubblicazione della convocazione dei comizi elettorali, è stato emesso un decreto che dispone il giudizio, ovvero è stata disposta una misura cautelare personale non revocata né annullata, ovvero che si trovano in stato di latitanza o di esecuzione di pene detentive, ovvero che siano stati condannati con sentenza anche non definitiva, quando le predette condizioni sono relative a uno dei seguenti delitti:

a) delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale;

b) estorsione (articolo 629 del codice penale) e usura (articolo 644 del codice penale);

c) riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (articoli 648-bis e 648-ter del codice penale);

d) trasferimento fraudolento di valori (articolo 12-quinquies 306, convertito, condel decreto-legge 8 giugno 1992, n. 356, e successive modificazioni);modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n.

e) omessa comunicazione delle variazioni patrimoniali da parte delle persone sottoposte a una misura di prevenzione disposta ai sensi della 575, nonché da parte dei condannati con sentenzalegge 31 maggio 1965, n. definitiva per il delitto previsto dall'articolo 416-bis del codice 646);penale (articolo 31 della legge 13 settembre 1982, n.

f) attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (articolo 260 del 152);decreto legislativo 3 aprile 2006, n.

g) delitti le cui caratteristiche o modalità di commissione rientrino nelle pratiche comuni alle attività a carattere mafioso, previste dall'articolo 7 del decreto-legge 13 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991,maggio 1991, n. 203, e successive modificazioni.n.

2. Non possono altresì essere candidati e non possono comunque ricoprire la   carica di membro del Parlamento europeo spettante all'Italia i soggetti per i quali, alla data di pubblicazione della convocazione dei comizi elettorali, ricorre una delle seguenti condizioni:

   a) è stata disposta nei loro confronti l'applicazione di misure di prevenzione personali o patrimoniali, 575;ancorché non definitive, ai sensi della legge 31 maggio 1965, n.

   b) sono stati loro imposti divieti, sospensioni o decadenze ai 1423, o della legge 31 maggio 1965,sensi della legge 27 dicembre 1956, n. 575;n.

   c) sono stati rimossi, sospesi o dichiarati decaduti ai sensi dell'articolo 142 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti 267, e successivelocali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. modificazioni.

3. Le sentenze e i provvedimenti definitivi indicati ai commi 1 e 2, emessi   nei confronti di membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia in carica, sono comunicati al Parlamento europeo per la pronuncia della decadenza.

4.   Per tutti gli effetti disciplinati dal presente articolo la sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a condanna.

5. L'eventuale elezione o nomina di coloro che si trovano nelle condizioni   di cui ai commi 1 o 2 è nulla».

A  rt. 10-bis. – (Nuove disposizioni in materia di incandidabilità alla carica di deputato o di senatore). – 1. Al capo II del titolo II del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 361, e successive modificazioni, sono apportate le seguentimarzo 1957, n. modificazioni:

   a) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Candidabilità ed eleggibilità»;

   b) dopo l'articolo 6 è inserito il seguente:

«A  rt. 6-bis. – 1. Non possono essere candidati e non possono comunque ricoprire la carica di deputato i soggetti nei cui confronti, alla data di pubblicazione della convocazione dei comizi elettorali, è stato emesso un decreto che dispone il giudizio, ovvero è stata disposta una misura cautelare personale non revocata né annullata, ovvero che si trovano in stato di latitanza o di esecuzione di pene detentive, ovvero che sono stati condannati con sentenza anche non definitiva, allorquando le predette condizioni sono relative a uno dei seguenti delitti:

   a) delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale;

   b) estorsione (articolo 629 del codice penale) e usura (articolo 644 del codice penale);

   c) riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (articoli 648-bis e 648-ter del codice penale);

   d) trasferimento fraudolento di valori (articolo 12-quinquies 306, convertito, condel decreto-legge 8 giugno 1992, n. 356, e successive modificazioni);modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n.

   e) omessa comunicazione delle variazioni patrimoniali da parte delle persone sottoposte a una misura di prevenzione disposta ai sensi della 575, nonché da parte dei condannati con sentenzalegge 31 maggio 1965, n. definitiva per il delitto previsto dall'articolo 416-bis del codice 646);penale (articolo 31 della legge 13 settembre 1982, n.

   f) attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (articolo 260 del 152);decreto legislativo 3 aprile 2006, n.

   g) delitti le cui caratteristiche o modalità di commissione rientrano nelle pratiche comuni alle attività a carattere mafioso, previste dall'articolo 7 del decreto-legge 13 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991,maggio 1991, n. n.203, e successive modificazioni.

2. Non possono altresì essere candidati e non possono comunque ricoprire la   carica di deputato i soggetti per i quali, alla data di pubblicazione della convocazione dei comizi elettorali, ricorre una delle seguenti condizioni:

   a) è stata disposta nei loro confronti l'applicazione di misure di prevenzione personali o patrimoniali, ancorché non definitive, ai sensi della 575;legge 31 maggio 1965, n.

   b) sono stati loro imposti 1423,divieti, sospensioni o decadenze ai sensi della legge 27 dicembre 1956, n. 575;o della legge 31 maggio 1965, n.

   c) sono stati rimossi, sospesi o dichiarati decaduti ai sensi dell'articolo 142 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 267, e successive modificazioni.agosto 2000, n.

3. Le sentenze e i provvedimenti definitivi indicati ai commi 1 e 2, emessi   nei confronti di deputati in carica, sono comunicati alla Camera dei deputati per la pronuncia della decadenza.

4. Per tutti gli effetti disciplinati   dal presente articolo la sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a condanna.

5. L'eventuale elezione o   nomina di coloro che si trovano nelle condizioni di cui ai commi 1 e 2 è nulla».

2. Al comma 1 dell'articolo 5 del testo unico delle leggi recanti norme per   l'elezione del Senato della Repubblica, di cui al decreto legislativo 20 533, dopo le parole: «non si trovano in alcuna delledicembre 1993, n. condizioni» sono inserite le seguenti: «di incandidabilità previste dall'articolo 6-bis e».

A  rt. 10-ter. – (Princìpi in materia di incandidabilità, ineleggibilità e incompatibilità dei consiglieri regionali, dei presidenti di regione e dei membri delle giunte regionali). – 1. Dopo 165, è inserito il seguente:l'articolo 3 della legge 2 luglio 2004, n.

«A  rt. 3-bis. – (Ulteriori disposizioni di principio in materia di incandidabilità, ineleggibilità e incompatibilità). – 1. Le regioni disciplinano con legge i casi di incandidabilità, ineleggibilità e incompatibilità, sulla base dei seguenti principi fondamentali:

   a) sussistenza di cause di incandidabilità, ineleggibilità e incompatibilità per le cariche di consigliere regionale, di componente della Giunta regionale e di Presidente della regione per i soggetti nei confronti dei quali, alla data di pubblicazione della convocazione dei comizi elettorali, è stato emesso un decreto che dispone il giudizio, ovvero è stata disposta una misura cautelare personale non revocata né annullata, ovvero che si trovano in stato di latitanza o di esecuzione di pene detentive, ovvero che sono stati condannati con sentenza anche non definitiva, quando le predette condizioni sono relative a uno dei seguenti delitti:

1) delitti di cui all'articolo 51, comma 3-    bis, del codice di procedura penale;

2) estorsione (articolo 629 del codice penale) e usura     (articolo 644 del codice penale);

3) riciclaggio e impiego di denaro,     beni o utilità di provenienza illecita (articoli 648-bis e 648-ter del codice penale);

4) trasferimento fraudolento di     valori (articolo 12-quinquies 306,del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 356, e successiveconvertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. modificazioni);

5) omessa comunicazione delle variazioni patrimoniali da     parte delle persone sottoposte a una misura di prevenzione disposta ai sensi 575, nonché da parte dei condannati con sentenzadella legge 31 maggio 1965, n. definitiva per il delitto previsto dall'articolo 416-bis del codice 646);penale (articolo 31 della legge 13 settembre 1982, n.

6) attività     organizzate per il traffico illecito di rifiuti (articolo 260 del decreto 152);legislativo 3 aprile 2006, n.

7) delitti le cui caratteristiche o     modalità di commissione rientrano nelle pratiche comuni alle attività a carattere mafioso, previste dall'articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, 203, e152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n.n. successive modificazioni;

   b) sussistenza di cause di incandidabilità, ineleggibilità e incompatibilità per le cariche di consigliere regionale, di componente della Giunta regionale e di Presidente della Regione per i soggetti per i quali, alla data di pubblicazione della convocazione dei comizi elettorali, ricorre una delle seguenti condizioni:

1) è stata     disposta nei loro confronti l'applicazione di misure di prevenzione personali o patrimoniali, ancorché non definitive, ai sensi della legge 31 maggio 1965, 575;n.

2) sono stati loro imposti divieti, sospensioni e decadenze ai     1423, o della legge 31 maggio 1965,sensi della legge 27 dicembre 1956, n. 575;n.

3) sono stati rimossi, sospesi o dichiarati decaduti ai sensi     dell'articolo 142 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti 267, e successivelocali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. modificazioni.

2. Per tutti gli effetti disciplinati dal presente articolo, la sentenza   emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a condanna.

3. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di   Trento e di Bolzano disciplinano con propria legge, ai sensi dei rispettivi statuti speciali e delle relative norme di attuazione, anche per gli enti locali e gli enti ad ordinamento regionale o provinciale le cause di incandidabilità, di ineleggibilità e di incompatibilità previste per i consiglieri regionali, per i componenti della Giunta regionale e per il Presidente, sulla base dei princìpi fondamentali di cui al comma 1 del presente articolo».

A  rt. 10-quater. – (Delega al Governo per la modifica del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, 267, in materia di incandidabilità, ineleggibilità e incompatibilità deglin. amministratori locali). – 1. Il Governo è delegato ad adottare, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, con il Ministro dell'interno e con il Ministro per la coesione territoriale, previa intesa con la Conferenza unificata 281, edi cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. successive modificazioni, e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili di carattere finanziario, uno o più decreti legislativi per apportare al testo unico delle leggi sull'ordinamento 267, ledegli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. modifiche strettamente necessarie all'applicazione della disciplina delle incandidabilità, ineleggibilità ed incompatibilità, di cui alla presente legge, ai componenti delle assemblee elettive e delle giunte, nonché ai sindaci e ai presidenti delle province e delle città metropolitane, sulla base dei seguenti prìncipi e criteri direttivi:

   a) prevedere l'applicazione della disciplina delle incandidabilità, ineleggibilità e incompatibilità per i soggetti nei confronti dei quali, alla data di pubblicazione della convocazione dei comizi elettorali, è stato emesso un decreto che dispone il giudizio, ovvero è stata disposta una misura cautelare personale non revocata né annullata, ovvero che si trovano in stato di latitanza o di esecuzione di pene detentive, ovvero che sono stati condannati con sentenza anche non definitiva, quando le predette condizioni sono relative a uno dei seguenti delitti:

1) delitti     di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale;

2) estorsione (arti    colo 629 del codice penale) e usura (articolo 644 del codice penale);

3) riciclaggio e impiego di denaro di provenienza     illecita (articoli 648-bis e 648-ter del codice penale);

4) trasferimento fraudolento di valori (articolo 12-    quinquies 306, convertito, con modificazioni, dalladel decreto-legge 8 giugno 1992, n. 356, e successive modificazioni);legge 7 agosto 1992, n.

5) omessa     comunicazione delle variazioni patrimoniali da parte delle persone sottoposte a 575,una misura di prevenzione disposta ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. nonché da parte dei condannati con sentenza definitiva per il delitto previsto dall'articolo 416-bis del codice penale (articolo 31 della legge 13 646);settembre 1982, n.

6) attività organizzate per il traffico     illecito di rifiuti (articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, 152);n.

7) delitti le cui caratteristiche o modalità di commissione     rientrino nelle pratiche comuni alle attività a carattere mafioso, previste 152, convertito, condall'articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 203, e successive modificazioni;modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n.

   b) prevedere che la medesima disciplina delle incandidabilità, ineleggibilità e incompatibilità si applica ai soggetti per i quali, alla data di pubblicazione della convocazione dei comizi elettorali, ricorre una delle seguenti condizioni:

1) è stata disposta nei loro confronti     l'applicazione di misure di prevenzione personali o patrimoniali, ancorché non 575;definitive, ai sensi della legge 31 maggio 1965, n.

2) sono stati     loro imposti divieti, sospensioni e decadenze ai sensi della legge 27 dicembre 575;1423, o della legge 31 maggio 1965, n.1956, n.

3) sono stati     rimossi, sospesi o dichiarati decaduti ai sensi dell'articolo 142 del medesimo 267, e successivetesto unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. modificazioni;

   c) prevedere che per tutti gli effetti disciplinati dai decreti legislativi adottati in attuazione della delega di cui al presente articolo, la sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a condanna.

2. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di   Bolzano provvedono a disciplinare con propria legge, ai sensi dei rispettivi statuti speciali e delle relative norme di attuazione, anche per gli enti locali e gli enti ad ordinamento regionale o provinciale le cause di incandidabilità, di ineleggibilità e di incompatibilità previste per i soggetti di cui al comma 1 del presente articolo».

10. 11. Di Pietro, Donadi, Favia, Palomba, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Sostituirlo con il seguente:

A  rt. 10. – (Cause ostative all'assunzione di incarichi di governo). – 1. Non possono ricoprire incarichi di governo coloro nei confronti dei quali è stato emesso un decreto che dispone il giudizio, ovvero è stata disposta una misura cautelare personale non revocata né annullata, ovvero che si trovano in stato di latitanza o di esecuzione di pene detentive, ovvero che sono stati condannati con sentenza anche non definitiva, quando le predette condizioni siano relative a uno dei seguenti delitti:

   a) delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis del codice di procedura penale;

   b) estorsione (articolo 629 del codice penale) e usura (articolo 644 del codice penale);

   c) riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (articoli 648-bis e 648-ter del codice penale);

   d) trasferimento fraudolento di valori (articolo 12-quinquies 306, convertito, condel decreto-legge 8 giugno 1992, n. 356, e successive modificazioni);modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n.

   e) omessa comunicazione delle variazioni patrimoniali da parte delle persone sottoposte a una misura di prevenzione disposta ai sensi della 575, nonché da parte dei condannati con sentenzalegge 31 maggio 1965, n. definitiva per il delitto previsto dall'articolo 416-bis del codice 646);penale (articolo 31 della legge 13 settembre 1982, n.

   f) attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (articolo 260 del 152);decreto legislativo 3 aprile 2006, n.

   g) delitti le cui caratteristiche o modalità di commissione rientrano nelle pratiche comuni alle attività a carattere mafioso, previste dall'articolo 7 del decreto-legge 13 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991,maggio 1991, n. 203, e successive modificazioni.n.

2. Non possono altresì ricoprire incarichi di governo i soggetti per i   quali ricorre una delle seguenti condizioni:

   a) è stata disposta nei loro confronti l'applicazione di misure di prevenzione personali o patrimoniali, ancorché non definitive, ai sensi della legge 31 maggio 1965, 575;n.

   b) sono stati loro imposti divieti, sospensioni o 1423, ovvero della legge 31decadenze ai sensi della legge 27 dicembre 1956, n. 575;maggio 1965, n.

   c) sono stati rimossi, sospesi o dichiarati decaduti ai sensi dell'articolo 142 del testo unico delle leggi sull'ordinamento 267, edegli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. successive modificazioni.

3. Per tutti gli effetti disciplinati dal presente articolo la sentenza   emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a condanna.

4. L'eventuale nomina di coloro che si trovano nelle condizioni   di cui ai commi 1 e 2 è nulla e gli atti eventualmente compiuti dal titolare dell'incarico di governo sono nulli e inefficaci, fatta salva ogni sua ulteriore eventuale responsabilità. I medesimi effetti si determinano qualora le cause ostative di cui ai citati commi 1 e 2 intervengono successivamente all'assunzione di uno degli incarichi di governo di cui al comma 5.

5.   Agli effetti del presente articolo, per titolari di incarichi di governo si intendono il Presidente del Consiglio dei ministri, i vice Presidenti del Consiglio dei ministri, i Ministri, i vice Ministri, i sottosegretari di Stato e i commissari straordinari del Governo di cui all'articolo 11 della legge 23 400.agosto 1988, n.

10. 13. Di Pietro, Donadi, Favia, Palomba, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, sostituire le parole da: un anno fino a: divieto di ricoprire le cariche con le seguenti: tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo contenente un testo unico compilativo della vigente normativa in materia di ineleggibilità, incandidabilità ed incompatibilità per le cariche di membro del Parlamento europeo, di deputato e di senatore della Repubblica, di componente delle giunte e dei consigli regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali, nonché.

10. 266. Favia, Donadi, Di Pietro, Palomba, Borghesi, Evangelisti.

  Al comma 1, sostituire le parole: un anno con le seguenti: sei mesi.

 10. 253. Melchiorre, Tanoni.

  Al comma 1, sostituire le parole: un anno con le seguenti: sei mesi.

 10. 254. Lanzillotta.

  Al comma 1, sostituire le parole: un anno con le seguenti: sei mesi.

 10. 258. Ferranti.

  Al comma 1, dopo le parole: normativa in materia di incandidabilità aggiungere le seguenti: e di ineleggibilità.

  Conseguentemente:

al medesimo comma, sostituire le parole:    di incandidabilità alle elezioni con le seguenti: di incandidabilità e di eleggibilità alle elezioni;

   alla rubrica, dopo la parola: incandidabilità aggiungere le seguenti: , di ineleggibilità.

10. 12. Barbaro, Bocchino, Briguglio, Consolo, Giorgio Conte, Della Vedova, Di Biagio, Divella, Galli, Granata, Lamorte, Lo Presti, Menia, Moroni, Muro, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Toto.

  Al comma 1, aggiungere, in fine, le parole: , nonché di consigliere di amministrazione e di presidente delle società per azioni partecipate dallo Stato e da altri enti pubblici.

10. 256. Lanzillotta.

  Al comma 2, lettera a), sopprimere la parola: temporaneamente.

  Conseguentemente, al medesimo comma:

lettera    b), sopprimere la parola: temporaneamente;

sopprimere la lettera    c).

 10. 1. Barbaro, Bocchino, Briguglio, Consolo, Giorgio Conte, Della Vedova, Di Biagio, Divella, Galli, Granata, Lamorte, Lo Presti, Menia, Moroni, Muro, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Toto.

  Al comma 2, lettera a), sopprimere la parola: temporaneamente.

  Conseguentemente, al medesimo comma:

lettera    b), sopprimere la parola: temporaneamente;

sopprimere la lettera    c).

 10. 2. Favia, Donadi, Di Pietro, Palomba, Borghesi, Evangelisti.

  Al comma 2, lettera a), dopo la parola: candidabili aggiungere le seguenti: alla carica di membro del Parlamento europeo spettante all'Italia,

  Conseguentemente, al medesimo comma, lettera b), dopo la parola: candidabili aggiungere le seguenti: alla carica di membro del Parlamento europeo spettante all'Italia,

10. 267. Favia, Donadi, Di Pietro, Palomba, Borghesi, Evangelisti.

  Al comma 2, lettera a), dopo le parole: riportato condanne aggiungere le seguenti: anche non.

10. 255. Lanzillotta.

  Al comma 2, lettera b), sostituire la parola: ovvero con le seguenti: e, se del caso,

10. 268. Paolini, Follegot, Nicola Molteni, Lussana, Isidori.

  Al comma 2, lettera d), sostituire le parole: che l'incandidabilità operi anche in caso di applicazione della pena su richiesta, con le seguenti: , ai fini dell'applicazione dell'incandidabilità, l'equiparazione della sentenza emessa.

10. 260. Di Pietro, Palomba, Donadi, Favia, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 2, sostituire la lettera f) con la seguente:

f)    prevedere il divieto di ricoprire cariche di governo per coloro che si trovino nelle medesime condizioni che determinano l'incandidabilità di cui alle lettere a) e b) e disciplinare, altresì, l'applicazione dei principi di cui alle lettere d) e m).

10. 263. Di Pietro, Palomba, Donadi, Favia, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 2, lettera g), aggiungere, in fine, le parole: ; prevedere altresì che nell'Anagrafe degli amministratori locali e regionali, di 267, sia fattacui all'articolo 76 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. menzione delle condanne emesse dalla Corte dei conti ai sensi degli articoli 63, comma 1, e 248, comma 5.

10. 265. Favia, Donadi, Di Pietro, Palomba, Borghesi, Evangelisti.

  Al comma 2, sopprimere la lettera h).

10. 261. Favia, Donadi, Di Pietro, Palomba, Borghesi, Evangelisti.

  Al comma 2, lettera h), sostituire le parole: valutare per le cariche di cui alla lettera g), in coerenza con le scelte operate in attuazione delle lettere a) con le seguenti: prevedere per le cariche di cui alla lettera g), in coerenza con le scelte operate in attuazione delle lettere a), b).

10. 262. Favia, Donadi, Di Pietro, Palomba, Borghesi, Evangelisti.

  Al comma 2, lettera h), dopo le parole: determinate da sentenze aggiungere le seguenti: anche non.

10. 257. Lanzillotta.

  Al comma 2, lettera m), aggiungere, in fine, le parole: salvo quanto previsto dall'articolo 66 della Costituzione per le cariche di deputato e senatore.

10. 252. Ria.

  Al comma 2, dopo la lettera m) aggiungere la seguente:

   n) prevedere la sanzione della decadenza dai contributi e dalle risorse pubbliche a qualunque titolo erogati per i partiti, movimenti politici nonché formazioni e liste civiche ove presentino candidature in violazione delle disposizioni in materia di incandidabilità.

10. 264. Di Pietro, Donadi, Favia, Palomba, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Aggiungere, in fine, il seguente comma:

  4. In attesa dell'entrata in vigore del decreto legislativo di cui ai commi precedenti, si applica ai candidati alle elezioni per il Parlamento nazionale il regime di 55, eincandidabilità previsto dall'articolo 15 della legge 19 marzo 1990, n. successive modifiche e integrazioni.

10. 250. Mantini, Tassone.

  Dopo l'articolo 10, aggiungere il seguente:

A  rt. 10-bis. – (Disposizioni in materia di ineleggibilità di coloro che rivestono le cariche di deputato, di senatore o di membro italiano del Parlamento europeo). – 1. Chi ricopre la carica di deputato o senatore non è eleggibile alle cariche seguenti:

   a) sindaco di comune con popolazione superiore a 20.000 abitanti;

   b) presidente di giunta provinciale;

   c) presidente di giunta regionale;

   d) membro italiano del Parlamento europeo.

2. I membri italiani del Parlamento europeo non sono eleggibili alle   cariche seguenti:

   a) deputato o senatore della Repubblica italiana;

   b) presidente di giunta regionale;

   c) presidente di giunta provinciale;

   d) sindaco di comune con popolazione superiore a 20.000 abitanti.

10. 0250. Di Pietro, Palomba, Donadi, Favia, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Dopo l'articolo 10, aggiungere il seguente:

A  rt. 10-bis. – 1. L'articolo 76 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al 267, è sostituito dal seguente:decreto legislativo 18 agosto 2000, n.

«A  rt. 76. – (Istituzione dell'anagrafe telematica degli amministratori e degli eletti a cariche pubbliche locali). – 1. È istituita l'anagrafe telematica degli amministratori e degli eletti a cariche pubbliche locali.

2. Avvenuta la proclamazione   degli eletti, l'ufficio del Ministero dell'interno competente in materia elettorale raccoglie ed inserisce nell'anagrafe i dati di cui ai commi 6 e 7, nonché aggiorna i dati medesimi anche in corso di mandato.

3. Per gli   amministratori degli enti locali che non sono membri delle Assemblee elettive, i dati di cui ai commi 6 e 7 sono indicati dalle Assemblee medesime.

4. Al   fine di assicurare la massima trasparenza, chiunque ha il diritto di prendere visione dei dati contenuti nell'anagrafe.

5. L'anagrafe è pubblicata ed   aggiornata a cura del Ministero dell'interno sotto forma di sito internet, con dominio .pro no e facilmente accessibile.

6. Nel   sito internet di cui al comma 5 devono essere disponibili, per ciascun amministratore e per ciascun eletto a cariche pubbliche locali, i seguenti dati:

   a) il nome, il cognome, il luogo o la data di nascita;

   b) il numero di codice fiscale e gli incarichi elettivi ricoperti nel tempo;

   c) la lista o il gruppo di appartenenza o di collegamento;

   d) il titolo di studio o la professione esercitata;

   e) la retribuzione netta lorda, le indennità, i rimborsi e i gettoni di presenza percepiti a qualsiasi titolo dall'ente di appartenenza;

   f) la dichiarazione dei redditi e degli interessi finanziari relativi all'anno precedente l'assunzione dell'incarico e agli anni in cui l'eletto ricopre l'incarico medesimo;

   g) la dichiarazione dei finanziamenti, delle donazioni o di qualsiasi altra elargizione o atto di liberalità;

   h) la dichiarazione delle spese per lo svolgimento dell'incarico, con particolare riferimento a quelle per le consulenze, e comprensiva delle spese per lo staff, per l'ufficio, per i viaggi sia dell'eletto che dello staff, nonché delle spese telefoniche e di quelle relative alla dotazione informatica;

   i) gli atti presentati con il relativo iter;

   l) le presenze ai lavori dell'istituzione e, ove possibile ai sensi dei regolamenti delle rispettive assemblee o organi collegiali, i voti espressi sugli atti adottati dalla stessa.

7. Per ogni società controllata dal comune vengono inserite nel sito   internet di cui al comma 5 la ragione sociale, i dati essenziali di bilancio, i nominativi dei consiglieri di amministrazione ed i relativi emolumenti.

8.   Con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata, sono stabiliti i tempi e le modalità per l'attuazione delle disposizioni del presente articolo, al fine di consentire la realizzazione degli adempimenti ivi previsti nell'ambito delle risorse umane finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

9. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o   maggiori oneri per la finanza pubblica.

10. 012. Giovanelli, Fontanelli.

  Dopo l'articolo 10, aggiungere il seguente:

A  rt. 10-bis. – (Avocazione allo Stato dei profitti politici illegittimi). – 1. Sono avocati allo Stato, quali profitti politici illegittimi, gli incrementi patrimoniali non giustificati dalla normale attività parlamentare, amministrativa o professionale, conseguiti a decorrere dal 1o gennaio 2006 da chi ha ricoperto dopo tale data una delle seguenti cariche:

   a) ministro o sottosegretario di Stato;

   b) senatore o deputato della Repubblica;

   c) sindaco di una città capoluogo di provincia o presidente del consiglio provinciale o regionale o presidente della giunta provinciale o regionale;

   d) assessore nelle amministrazioni dei comuni capoluoghi di provincia o nelle amministrazioni provinciali o regionali;

   e) presidente, commissario o direttore generale di enti pubblici statali o parastatali o di enti pubblici economici, e in genere, chiunque abbia conseguito profitti illeciti valendosi della carica politico-amministrativa rivestita.

2. I soggetti nei confronti dei quali si procede per avocazione allo Stato   di profitti politici illegittimi possono offrire la prova della legittima provenienza degli incrementi patrimoniali eccedenti la misura della loro normale attività parlamentare, amministrativa o professionale di cui al comma 1.

3. Ai fini della determinazione della normalità degli incrementi   patrimoniali si deve tener conto dell'entità dell'attività svolta, della situazione patrimoniale e familiare alla data dell'accertamento rapportata alla situazione che i soggetti stessi avevano alla data del 1o gennaio 2006, ai sensi di quanto disposto dal comma 1, nonché della natura e delle dimensioni dell'impresa o della società, del lavoro svolto e dei capitali investiti.

4. A carico dei soggetti indicati al comma 1, lettere   a), b) e c), si procede d'ufficio.

5. I soggetti sottoposti   all'accertamento sono invitati a depositare presso la sezione specializzata del Tribunale del circondario presso cui hanno la residenza, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, la descrizione dettagliata del proprio patrimonio, corredata dai relativi atti, titoli o documenti, e comprendente:

   a) i beni da loro posseduti alla data del 1o gennaio 2006 e quelli posseduti alla data di inizio dell'attività parlamentare amministrativa o professionale di cui al comma 1;

   b) i beni che nel corso del periodo successivo alla data di inizio dell'attività parlamentare amministrativa o professionale di cui al comma 1 sono stati acquistati o comunque ricevuti, specificando, per ciascuno di tali beni, la rispettiva provenienza e l'eventuale trasferimento a terzi sia a titolo gratuito che a titolo oneroso.

6. Per l'accertamento degli incrementi patrimoniali che interessano i   soggetti indicati al comma 1, lettere d) ed e), si procede su richiesta motivata e firmata anche di privati cittadini, inviata al presidente della sezione specializzata del tribunale competente a decidere.

10. 01. Barbaro, Bocchino, Briguglio, Consolo, Giorgio Conte, Della Vedova, Di Biagio, Divella, Galli, Granata, Lamorte, Lo Presti, Menia, Moroni, Muro, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Toto.

A.C. 4434-A – Articolo 13

ARTICOLO 13 DEL DISEGNO DI LEGGE N.4434 NEL TESTO DELLE COMMISSIONI

Art. 13.

(Modifiche al codice penale).

1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:  

   a) all'articolo 32-quater, dopo le parole: «319-bis,» sono aggiunte le seguenti: «319-quater,»;

   b) all'articolo 32-quinquies, dopo le parole: «319-ter» sono aggiunte le seguenti: «, 319-quater, primo comma,»;

   c) al primo comma dell'articolo 314 la parola: «tre» è sostituita dalla seguente: «quattro»;

   d) l'articolo 317 è sostituito dal seguente:

«  Art. 317. – (Concussione). – Il pubblico ufficiale che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro od altra utilità è punito con la reclusione da sei a dodici anni»;

   e) all'articolo 317-bis le parole: «314 e 317» sono sostituite dalle seguenti: «314, 317, 319 e 319-ter»;

   f) l'articolo 318 è sostituito dal seguente:

«  Art. 318. – (Corruzione per l'esercizio della funzione). – Il pubblico ufficiale che, per l'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, indebitamente riceve, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità o ne accetta la promessa è punito con la reclusione da uno a cinque anni»;

   g) all'articolo 319, le parole: «da due a cinque» sono sostituite dalle seguenti: «da quattro a otto»;

   h) all'articolo 319-ter sono apportate le seguenti modificazioni:

1) nel primo comma, le parole: «da tre a otto» sono     sostituite dalle seguenti: «da quattro a dieci»;

2) nel secondo comma,     la parola: «quattro» è sostituita dalla seguente: «cinque»;

   i) dopo l'articolo 319-ter è inserito il seguente:

«A  rt. 319-quater. – (Induzione indebita a dare o promettere utilità). – Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, induce taluno a dare o promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro od altra utilità è punito con la reclusione da tre a otto anni.

Nei casi previsti dal primo comma,   chi dà o promette denaro o altra utilità è punito con la reclusione fino a tre anni»;

   l) all'articolo 320, il primo comma è sostituito dal seguente: «Le disposizioni degli articoli 318 e 319 si applicano anche all'incaricato di un pubblico servizio»;

   m) all'articolo 322 sono apportate le seguenti modificazioni:

1) nel primo comma, le parole:     «che riveste la qualità di pubblico impiegato, per indurlo a compiere un atto del suo ufficio» sono sostituite dalle seguenti: «, per l'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri»;

2) il terzo comma è sostituito dal     seguente:

«La pena di cui al primo comma si applica al pubblico ufficiale   o all'inca

ricato di pubblico servizio che sollecita una promessa o dazione di denaro o altra utilità per l'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri»;

   n) all'articolo 322-bis sono apportate le seguenti modificazioni:

1) nel secondo comma, dopo le parole: «Le disposizioni     degli articoli» sono inserite le seguenti: «319-quater, secondo comma,»;

2) nella rubrica, dopo la parola: «concussione,» sono inserite     le seguenti: «induzione indebita a dare o promettere utilità»;

   o) all'articolo 322-ter, primo comma, dopo le parole: «a tale prezzo» sono aggiunte le seguenti: «o profitto»;

   p) all'articolo 323, primo comma, le parole: «da sei mesi a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «da uno a quattro anni»;

   q) all'articolo 323-bis, dopo la parola: «319,» è inserita la seguente: «319-quater,»;

   r) dopo l'articolo 346 è inserito il seguente:

«  Art. 346-bis. – (Traffico di influenze illecite). – Chiunque, fuori dai casi di concorso nei reati di cui agli articoli 318, 319 e 319-ter, sfruttando relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o con un incaricato di un pubblico servizio, indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale, come prezzo della propria mediazione illecita, ovvero per remunerare il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, è punito con la reclusione da uno a tre anni.

La stessa pena si applica a   chi indebitamente dà o promette denaro o altro vantaggio patrimoniale.

La   pena è aumentata se il soggetto che indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio.

Le pene sono altresì   aumentate se i fatti sono commessi in relazione all'esercizio di attività giudiziarie.

Se i fatti sono di particolare tenuità, la pena è diminuita».  

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 13 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 13.

(Modifiche al codice penale).

  Sostituirlo con il seguente:

A  rt. 9. – (Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale) – 1. L'articolo 317 del codice penale è sostituito dal seguente:

«A  rt. 317. – (Corruzione e concussione). – Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe o induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità è punito con la reclusione da quattro a dodici anni.

Con la stessa   pena è punito il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che riceve per sé o per un terzo denaro o altra utilità o ne accetta la promessa, in relazione al compimento, all'omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio, ovvero al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio.

La   condanna comporta l'interdizione perpetua del condannato dai pubblici uffici».

2. L'articolo 318 del codice penale è sostituito dal seguente:  

«  Art. 318. – (Pene per il corruttore). – Chiunque dà o promette denaro o altra utilità non dovuti a un pubblico ufficiale o a un incaricato di un pubblico servizio, in relazione al compimento, all'omissione o al ritardo di un atto dell'ufficio, ovvero al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio, è punito con la reclusione da tre a otto anni».

3. L'articolo 319 del codice penale è sostituito dal seguente:  

«  Art. 319. – (Confisca del prezzo o profitto della corruzione). – Nel caso di condanna per il reato di cui all'articolo 317 è sempre ordinata, la confisca di una somma pari a quanto ricevuto dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di pubblico servizio.

Nel caso di condanna per il reato di cui all'articolo 318 è sempre   ordinata la confisca di una somma pari al profitto conseguito dal corruttore in forza dell'atto contrario al dovere di ufficio. Si presume che il profitto sia pari a quanto erogato, salva la prova che sia stato maggiore.

Le somme   confiscate ai sensi del presente articolo sono messe a disposizione dei danneggiati dal reato per l'eventuale risarcimento dei danni».

4. L'articolo 320 del codice penale è sostituito dal seguente:  

«  Art. 320. – (Termini di prescrizione). – Se il delitto di cui all'articolo 318 è stato commesso per ottenere l'occultamento o la mancata persecuzione di reati, il termine di prescrizione per i reati occultati, non ancora decorso, ricomincia a decorrere per intero dal momento della consumazione del delitto di corruzione. Se il delitto di cui all'articolo 318 è stato commesso in relazione ad accertamenti tributari, il termine di prescrizione, non ancora decorso, per i debiti tributari che avrebbero potuto essere oggetto di accertamento ricomincia a decorrere dal momento della consumazione del delitto predetto e l'accertamento deve essere rinnovato entro il termine di sei mesi dalla sentenza di condanna, anche non definitiva».

5. Nel caso di condanna per violazione dei divieti di cui all'articolo 7   195, e all'articolo 4 della legge 18 novembredella legge 2 maggio 1974, n. 659, e successive modificazioni, è ordinata la confisca, ai sensi1981, n. dell'articolo 244 del codice penale o dell'articolo 20 della legge 24 novembre 689, di una somma pari a quanto erogato, a carico di chi ha ricevuto la1981, n. somma. Le somme confiscate ai sensi del comma 1 sono messe a disposizione dei danneggiati dal reato per l'eventuale risarcimento dei danni.

6.   L'articolo 321 del codice penale è sostituito dal seguente:

«  Art. 321. – (Causa di non punibilità per la corruzione). – Non è punibile chi abbia commesso il fatto previsto dall'articolo 317, secondo comma, o dall'articolo 318, qualora, prima che la notizia di reato sia stata iscritta nel registro generale a suo nome e comunque entro tre mesi dalla sua commissione, spontaneamente lo denunci, fornendo indicazioni utili per l'individuazione degli altri responsabili.

La non   punibilità del corrotto e altresì subordinata alla condizione che, nello stesso rime di cui al primo comma, egli versi o renda comunque irrevocabilmente disponibile all'autorità giudiziaria una somma pari a quanto ricevuto».

7. Le sanzioni previste dall'articolo 7 della legge 2 maggio 1  195,974, n. 659, e successivee dall'articolo 4 della legge 18 novembre 1981, n. modificazioni, non si applicano nei confronti di chi, entro tre mesi dalla consumazione del reato o dell'illecito amministrativo, spontaneamente denuncia il fatto fornendo indicazioni utili per l'individuazione degli altri responsabili.

13. 261. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, alla lettera a), premettere la seguente:

   0a) all'articolo 32-ter, secondo comma, la parola: «tre» è sostituita dalla seguente: «cinque».

13. 71. Ferranti, Andrea Orlando, Rossomando, Tenaglia, Capano, Cavallaro, Samperi, Picierno.

  Al comma 1, sopprimere la lettera a).

13. 27. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, sostituire la lettera a) con le seguenti:

   a) all'articolo 29 dopo il primo comma è inserito il seguente:

«La condanna alla reclusione superiore a due anni per uno dei   delitti previsti dal Libro II, titolo II, capo I comporta l'interdizione perpetua dai pubblici uffici»;

   a-bis) all'articolo 157, comma sesto, dopo le parole: «sono raddoppiati» sono aggiunte le seguenti: «per i reati contro la pubblica amministrazione e».

13. 262. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, sostituire la lettera a) con la seguente:

   a) l'articolo 32-quater del codice penale è sostituito dal seguente:

«  Art. 32-quater.(Casi nei quali alla condanna consegue l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione). – Ogni condanna per i delitti previsti dagli articoli 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 320, 321, 322, 322-bis, 353, 355, 356, 416, 416-bis, 437, 501, 501-bis, 640, secondo comma, numero 1), 640-bis e 644 commessi in danno o in vantaggio di un'attività imprenditoriale o comunque in relazione a essa importa l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione».

  Conseguentemente, aggiungere, in fine, il seguente comma:

  2. All'articolo 275, comma 3, del codice di procedura penale, dopo le parole: «, nonché in ordine ai delitti di cui agli articoli» sono inserite le seguenti: «317, 318,».

13. 260. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, sostituire la lettera a) con la seguente:

   a) l'articolo 32-quater del codice penale è sostituito dal seguente:

«  Art. 32-quater.(Casi nei quali alla condanna consegue l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione). – Ogni condanna per i delitti previsti dagli articoli 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 320, 321, 322, 322-bis, 353, 355, 356, 416, 416-bis, 437, 501, 501-bis, 640, secondo comma, numero 1), 640-bis e 644 commessi in danno o in vantaggio di un'attività imprenditoriale o comunque in relazione a essa importa l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione».

13. 263. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, dopo la lettera a), aggiungere la seguente:

   a-bis) all'articolo 32-quinquies, le parole: «tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «due anni».

13. 73. Ferranti, Andrea Orlando, Rossomando, Tenaglia, Capano, Cavallaro, Samperi, Picierno.

  Al comma 1, sopprimere la lettera b).

13. 28. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, sostituire la lettera b) con la seguente:

   b) all'articolo 32-quinquies, sono apportate le seguenti modificazioni:

1) le parole: «alla reclusione per     un tempo non inferiore a tre anni» sono soppresse;

2) dopo le parole:     «319-ter» sono aggiunte le seguenti: «, 319-quater, primo comma,»;

3) è aggiunto, in fine il seguente periodo: «Tale pena si     applica, altresì, nel caso di sentenza di condanna intervenuta ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale».

  Conseguentemente, aggiungere, in fine, il seguente comma:

  2. All'articolo 445 del codice di procedura penale, comma 1, le parole: «fatta eccezione della confisca nei casi previsti dall'articolo 240 del codice penale» sono sostituite dalle seguenti: «fatta eccezione dell'estinzione del rapporto di impiego e di lavoro nonché della confisca nei casi previsti rispettivamente dall'articolo 32-quinquies e 240 del codice penale»;

13. 401. Bocchino, Barbaro, Briguglio, Consolo, Giorgio Conte, Della Vedova, Di Biagio, Divella, Galli, Granata, Lamorte, Lo Presti, Menia, Moroni, Muro, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Toto.

  Al comma 1, dopo la lettera b) aggiungere la seguente:

   b-bis) all'articolo 157, sesto comma, dopo le parole: «589, secondo terzo e quarto comma» sono aggiunte le seguenti: «, per i reati di cui agli articoli 314, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater».

13. 311. Ferranti, Andrea Orlando, Rossomando, Tenaglia, Capano, Cavallaro, Samperi, Picierno.

  Al comma 1, dopo la lettera b) aggiungere la seguente:

   b-bis) all'articolo 161, secondo comma, dopo le parole: «articolo 99, secondo comma» sono aggiunte le seguenti: «nonché per reati di cui agli articoli 314, 317, 318 319, 319-ter, 319-quater».

13. 312. Ferranti, Andrea Orlando, Rossomando, Tenaglia, Capano, Cavallaro, Samperi, Picierno.

  Al comma 1, dopo la lettera b) aggiungere la seguente:

   b-bis) all'articolo 166, primo comma, sono aggiunte, in fine, le seguenti: «salvo che nei casi di condanna per i reati di cui agli articoli 314, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, 322, 322-bis, primo comma.».

13. 86. Ferranti, Andrea Orlando, Rossomando.

  Al comma 1, sopprimere la lettera c).

13. 111. Sisto.

  Al comma 1, sostituire la lettera c) con la seguente:

   c) all'articolo 314:

1) al primo comma, le     parole: «da tre a dieci anni» sono sostituite dalle seguenti: «da quattro a dodici anni»;

2) dopo il secondo comma è aggiunto, infine, il seguente:    

«La condanna per i fatti previsti dal primo comma importa l'interdizione   perpetua dai pubblici uffici».

13. 60. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, sostituire la lettera c) con la seguente:

   c) all'articolo 314, primo comma, le parole: «da tre a dieci anni» sono sostituite dalle seguenti: «da quattro a dodici anni»;

13. 265. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, dopo la lettera c), aggiungere la seguente:

   c-bis) all'articolo 316, le parole: «da sei mesi a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «da uno a cinque anni».

13. 266. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, dopo la lettera c), aggiungere la seguente:

   c-bis) All'articolo 316-bis, le parole: «da sei mesi a quattro anni» sono sostituite dalle seguenti: «da uno a sei anni».

13. 267. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, sopprimere la lettera d)

  Conseguentemente, dopo la lettera f), aggiungere la seguente:

   f-bis) dopo l'articolo 318 è aggiunto il seguente:

«A  rt. 318-bis. – (Confisca del prezzo o profitto della corruzione). – Nel caso di condanna per il reato di cui all'articolo 317 è sempre ordinata, la confisca di una somma pari a quanto ricevuto dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di pubblico servizio.

Nel caso di condanna per il reato di cui all'articolo 318 è   sempre ordinata la confisca di una somma pari al profitto conseguito dal corruttore in forza dell'atto contrario al dovere di ufficio. Si presume che il profitto sia pari a quanto erogato, salva la prova che sia stato maggiore.

Le somme confiscate ai sensi del presente articolo sono messe a   disposizione dei danneggiati dal reato per l'eventuale risarcimento dei danni».

13. 281. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, sopprimere la lettera d)

  Conseguentemente, dopo la lettera f), aggiungere la seguente:

   f-bis) dopo l'articolo 318 è aggiunto il seguente: «Art. 318-bis. – (Termini di prescrizione). – Se il delitto di cui all'articolo 318 è stato commesso per ottenere l'occultamento o la mancata persecuzione di reati, il termine di prescrizione per i reati occultati, non ancora decorso, ricomincia a decorrere per intero dal momento della consumazione del delitto di corruzione. Se il delitto di cui all'articolo 318 è stato commesso in relazione ad accertamenti tributari, il termine di prescrizione, non ancora decorso, per i debiti tributari che avrebbero potuto essere oggetto di accertamento ricomincia a decorrere dal momento della consumazione del delitto predetto e l'accertamento deve essere rinnovato entro il termine di sei mesi dalla sentenza di condanna, anche non definitiva».

13. 282. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, sopprimere la lettera d)

  Conseguentemente, dopo la lettera l), aggiungere la seguente:

   l-bis) l'articolo 321 è sostituito dal seguente:

«  Art. 321. – (Pene per il corruttore). – Chiunque dà o promette denaro o altra utilità non dovuti a un pubblico ufficiale o a un incaricato di un pubblico servizio, in relazione al compimento, all'omissione o al ritardo di un atto dell'ufficio, ovvero al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio, è punito con la reclusione da tre a otto anni.»

13. 480. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, sopprimere la lettera d).

13. 29. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, sostituire la lettera d) con la seguente:

   d) l'articolo 317 è sostituito dal seguente:

«A  rt. 317. – (Corruzione e concussione). – Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe o induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità è punito con la reclusione da quattro a dodici anni.

Con la stessa   pena è punito il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che riceve per sé o per un terzo denaro o altra utilità o ne accetta la promessa, in relazione al compimento, all'omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio, ovvero al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio. La condanna comporta l'interdizione perpetua del condannato dai pubblici uffici».

  Conseguentemente:

   sostituire la lettera f) con la seguente:

    f) l'articolo 318 è sostituito dal seguente:

«A  rt. 318. – (Pene per il corruttore). – Chiunque dà o promette denaro o altra utilità non dovuti a un pubblico ufficiale o a un incaricato di un pubblico servizio, in relazione al compimento, all'omissione o al ritardo di un atto dell'ufficio, ovvero al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio, è punito con la reclusione da tre a otto anni».

   sostituire la lettera g) con la seguente:

    g) l'articolo 319 è sostituito dal seguente:

«A  rt. 319. – (Confisca del prezzo o profitto della corruzione). – Nel caso di condanna per il reato di cui all'articolo 317 è sempre ordinata, la confisca di una somma pari a quanto ricevuto dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di pubblico servizio.

Nel caso di condanna per il reato di cui all'articolo 318 è sempre   ordinata la confisca di una somma pari al profitto conseguito dal corruttore in forza dell'atto contrario al dovere di ufficio. Si presume che il profitto sia pari a quanto erogato, salva la prova che sia stato maggiore. Le somme confiscate ai sensi del presente articolo sono messe a disposizione dei danneggiati dal reato per l'eventuale risarcimento dei danni».

   sostituire la lettera l) con la seguente:

    l) l'articolo 320 è sostituito dal seguente:

«A  rt. 320. – (Termini di prescrizione). – Se il delitto di cui all'articolo 318 è stato commesso per ottenere l'occultamento o la mancata persecuzione di reati, il termine di prescrizione per i reati occultati, non ancora decorso, ricomincia a decorrere per intero dal momento della consumazione del delitto di corruzione. Se il delitto di cui all'articolo 318 è stato commesso in relazione ad accertamenti tributari, il termine di prescrizione, non ancora decorso, per i debiti tributari che avrebbero potuto essere oggetto di accertamento ricomincia a decorrere dal momento della consumazione del delitto predetto e l'accertamento deve essere rinnovato entro il termine di sei mesi dalla sentenza di condanna, anche non definitiva».

   dopo la lettera l) aggiungere la seguente:

l-bis)     l'articolo 321 è sostituito dal seguente:

«A  rt. 321. – (Causa di non punibilità per la corruzione). – Non è punibile chi abbia commesso il fatto previsto dall'articolo 317, secondo comma, o dall'articolo 318, qualora, prima che la notizia di reato sia stata iscritta nel registro generale a suo nome e comunque entro tre mesi dalla sua commissione, spontaneamente lo denunci, fornendo indicazioni utili per l'individuazione degli altri responsabili.

La non punibilità del corrotto è altresì subordinata alla condizione che,   nello stesso termine di cui al primo comma, egli versi o renda comunque irrevocabilmente disponibile all'autorità giudiziaria una somma pari a quanto ricevuto».

   aggiungere, in fine, i seguenti commi:

2. Nel   caso di condanna per violazione dei divieti di cui all'articolo 7 della legge 2 659, e195, e all'articolo 4 della legge 18 novembre 1981, n.maggio 1974, n. successive modificazioni, è ordinata la confisca, ai sensi dell'articolo 244 del 689, di unacodice penale o dell'articolo 20 della legge 24 novembre 1981, n. somma pari a quanto erogato, a carico di chi ha ricevuto la somma.

3. Le   somme confiscate ai sensi del comma 5 sono messe a disposizione dei danneggiati dal reato per l'eventuale risarcimento dei danni.

4. Le sanzioni previste   dall'articolo 7 della legge 2 maggio 1974, n195, e dall'articolo 4 della legge. 659, e successive modificazioni, non si applicano nei18 novembre 1981, n. confronti di chi, entro tre mesi dalla consumazione del reato o dell'illecito amministrativo, spontaneamente denuncia il fatto fornendo indicazioni utili per l'individuazione degli altri responsabili.

13. 270. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, sostituire la lettera d) con la seguente:

   d) gli articoli 317, 317-bis, 318 e 319 sono sostituiti dai seguenti:

«A  rt. 317. – (Corruzione e concussione). – Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe o induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità è punito con la reclusione da quattro a dodici anni.

Con la stessa   pena è punito il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che riceve per sé o per un terzo denaro o altra utilità o ne accetta la promessa, in relazione al compimento, all'omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio, ovvero al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio.

La   condanna importa l'interdizione perpetua del condannato dai pubblici uffici.

A  rt. 317-bis. – (Pene per il corruttore). – Chiunque dà o promette denaro o altra utilità non dovuti a un pubblico ufficiale o a un incaricato di un pubblico servizio, in relazione al compimento, all'omissione o al ritardo di un atto dell'ufficio, ovvero al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio, è punito con la reclusione da tre a otto anni.

A  rt. 318. – (Confisca del prezzo o profitto della corruzione). – Nel caso di condanna per il reato di cui all'articolo 317 è sempre ordinata la confisca di una somma pari a quanto ricevuto dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di pubblico servizio.

Nel caso di condanna per il reato di cui all'articolo 318 è sempre   ordinata la confisca di una somma pari al profitto conseguito dal corruttore in forza dell'atto contrario al dovere di ufficio. Si presume che il profitto sia pari a quanto erogato, salva la prova che sia stato maggiore. Le somme confiscate ai sensi del presente articolo sono messe a disposizione dei danneggiati dal reato per l'eventuale risarcimento dei danni.

A  rt. 319. – (Termini di prescrizione). – Se il delitto di cui all'articolo 318 è stato commesso per ottenere l'occultamento o la mancata persecuzione di reati, il termine di prescrizione per i reati occultati, non ancora decorso, ricomincia a decorrere per intero dal momento della consumazione del delitto di corruzione. Se il delitto di cui all'articolo 318 è stato commesso in relazione ad accertamenti tributari, il termine di prescrizione, non ancora decorso, per i debiti tributari che avrebbero potuto essere oggetto di accertamento ricomincia a decorrere dal momento della consumazione del delitto predetto e l'accertamento deve essere rinnovato entro il termine di sei mesi dalla sentenza di condanna, anche non definitiva».

  Conseguentemente:

sopprimere le lettere    e), f) e g);

dopo la lettera    l), aggiungere la seguente:

l-bis)     l'articolo 321 è abrogato.

13. 33. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, sostituire la lettera d) con la seguente:

   d) l'articolo 317 è sostituito dal seguente:

«A  rt. 317. – (Corruzione e concussione). – Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe o induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità è pulito con la reclusione da quattro a dodici anni.

Con la stessa   pena è punito il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che riceve per sé o per un terzo denaro o altra utilità o ne accetta la promessa, in relazione al compimento, all'omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio, ovvero al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio.

La   condanna comporta l'interdizione perpetua del condannato dai pubblici uffici.

Non è punibile chi abbia commesso il fatto qualora, prima che la notizia   di reato sia stata iscritta nel registro generale a suo nome spontaneamente lo denunci, fornendo indicazioni utili per l'individuazione degli altri responsabili.».

  Conseguentemente sopprimere la lettera i).

13. 280. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Sostituire la lettera d) con la seguente:

  d) l'articolo 317 è sostituito dal seguente:

«  Art. 317 – (Corruzione e concussione). – Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe o induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro od altra utilità, o ne accetta la promessa in relazione al compimento, all'omissione o al ritardo di un atto o di attività del suo ufficio, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni».

  Conseguentemente sopprimere la lettera i).

13. 10. Barbaro, Bocchino, Briguglio, Consolo, Giorgio Conte, Della Vedova, Di Biagio, Divella, Galli, Granata, Lamorte, Lo Presti, Menia, Moroni, Muro, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Toto.

  Al comma 1, sostituire la lettera d) con la seguente:

   d) All'articolo 317, le parole: «da quattro a dodici anni» sono sostituite dalle seguenti: «da cinque a quattordici anni».

  Conseguentemente sopprimere la lettera i).

13. 268. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, lettera d), capoverso, sostituire le parole: che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe con le seguenti: o l'incaricato di pubblico servizio che abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe o induce.

  Conseguentemente sopprimere la lettera i).

13. 271. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, lettera d), capoverso, sostituire le parole: che, abusando con leseguenti: o l'incaricato di pubblico servizio che, abusando.

 13. 74. Ferranti, Andrea Orlando, Rossomando, Tenaglia, Capano, Cavallaro, Samperi, Picierno.

  Al comma 1, lettera d), capoverso, sostituire le parole: che, abusando con le seguenti: o l'incaricato di pubblico servizio che, abusando.

 13. 250. Ria.

  Al comma 1, lettera d), capoverso, sostituire le parole: che, abusando con le seguenti: o l'incaricato di pubblico servizio che, abusando.

 13. 402. Barbaro, Bocchino, Briguglio, Consolo, Giorgio Conte, Della Vedova, Di Biagio, Divella, Galli, Granata, Lamorte, Lo Presti, Menia, Moroni, Muro, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Toto.

  Al comma 1, lettera d), capoverso, sostituire le parole da: taluno a dare fino alla fine del capoverso con le seguenti: intenzionalmente taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità, è punito con la reclusione da sei a dodici anni. Se alla promessa non segue nessuna dazione di denaro o altra utilità, il pubblico ufficiale è punito con la reclusione da cinque a dieci anni. Qualora la promessa non sia accettata il pubblico ufficiale soggiace alla pena prevista ridotta di un terzo.

13. 5. Siliquini.

  Al comma 1, lettera d), capoverso, sostituire la parola: sei con la seguente: quattro.

13. 98. Contento, Sisto.

  Al comma 1, lettera d), capoverso, sostituire la parola: sei con la seguente: cinque.

13. 450. Contento.

  Al comma 1, sostituire la lettera e) con la seguente:

   e) l'articolo 317-bis è sostituito dal seguente:

«A  rt. 317-bis.(Pene accessorie). – La condanna per i reati di cui agli articoli 314, primo comma, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 322, 322-bis, 353, 353-bis e 356 importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici»;

  Conseguentemente:

dopo la lettera    r) aggiungere le seguenti:

    r-bis) dopo l'articolo 417 è inserito il seguente:

«A  rt. 417-bis.(Pene accessorie). – La condanna per i reati di cui agli articoli 416, 416-bis e 416-ter importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici»;

   r-ter) dopo l'articolo 648-ter è inserito il seguente:

«A  rt. 648-ter.1.(Pene accessorie). – La condanna per i reati di cui agli articoli 628, 629 e 644 importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici»;

   dopo l'articolo 13 aggiungere il seguente:

«A  rt. 13-bis.(Modifiche al 152).decreto legislativo 3 aprile 2006, n. – 1. All'articolo 260, il comma 3 è sostituito dal seguente:

“3. Alla condanna consegue la pena accessoria   dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici”».

13. 4. Bocchino, Barbaro, Briguglio, Consolo, Giorgio Conte, Della Vedova, Di Biagio, Divella, Galli, Granata, Lamorte, Lo Presti, Menia, Moroni, Muro, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Toto.

  Al comma 1, sostituire la lettera e) con la seguente:

   e) l'articolo 317-bis è sostituito dal seguente:

«A  rt. 317-bis.(Pene accessorie). – La condanna per i reati di cui agli articoli 314 e 317 importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici».

 13. 269. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, sostituire la lettera e) con la seguente:

   e) l'articolo 317-bis è sostituito dal seguente:

«A  rt. 317-bis.(Pene accessorie). – La condanna per i reati di cui agli articoli 314 e 317 importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici».

 13. 403. Barbaro, Bocchino, Briguglio, Consolo, Giorgio Conte, Della Vedova, Di Biagio, Divella, Galli, Granata, Lamorte, Lo Presti, Menia, Moroni, Muro, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Toto.

  Al comma 1, lettera e), sostituire le parole: 314, 317, 319 e 319-ter con le seguenti: 314, primo comma, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, primo comma, e 322-bis primo comma.

13. 740. Ferranti, Andrea Orlando, Rossomando, Tenaglia, Capano, Cavallaro, Samperi, Picierno.

  Al comma 1, lettera e), aggiungere in fine le parole: e la parola «tre» è sostituita dalla seguente: «due»

13. 380. Ferranti, Andrea Orlando, Rossomando, Tenaglia, Capano, Cavallaro, Samperi, Picierno.

  Al comma 1, sopprimere la lettera f).

  Conseguentemente:

   sopprimere la lettera i);

   dopo la lettera l), aggiungere la seguente:

   l-bis) l'articolo 321 è sostituito dal seguente:

«  Art. 321. – (Pene per il corruttore). – Chiunque indebitamente dà o promette a un pubblico ufficiale o a un incaricato di un pubblico servizio, anche se a seguito di sollecitazione o induzione del medesimo, denaro o altra utilità in relazione al compimento o all'omissione di un atto del suo ufficio o comunque in relazione alla sua qualità, alle sue funzioni, o alla sua attività, è punito con la reclusione da tre a otto anni.»

13. 400. Barbaro, Bocchino, Briguglio, Consolo, Giorgio Conte, Della Vedova, Di Biagio, Divella, Galli, Granata, Lamorte, Lo Presti, Menia, Moroni, Muro, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Toto.

  Al comma 1, sopprimere la lettera f).

13. 13. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, lettera f), capoverso, dopo la parole: dei suoi poteri, aggiungere la seguente: intenzionalmente e.

13. 6. Siliquini.

  Al comma 1, lettera f), capoverso, sostituire la parola: indebitamente con la seguente: intenzionalmente.

13. 460. Siliquini.

  Al comma 1, lettera f), capoverso, sostituire le parole: altra utilità con le seguenti: una retribuzione che non gli è dovuta.

13. 461. Siliquini.

  Al comma 1, lettera f), capoverso, dopo le parole: altra utilità aggiungere le seguenti: o una retribuzione che non gli è dovuta.

13. 200. Siliquini.

  Al comma 1, lettera f), capoverso, sostituire le parole: uno a cinque con le seguenti: due a quattro.

  Conseguentemente, al medesimo comma, lettera g), sostituire la parola: otto con la seguente: sette.

13. 252. Melchiorre, Tanoni.

  Dopo la lettera f), aggiungere la seguente:

   f-bis) dopo l'articolo 318 è aggiunto il seguente:

«A  rt. 318-bis. – (Confisca del prezzo o profitto della corruzione) – Nel caso di condanna per il reato di cui all'articolo 317 è sempre ordinata, la confisca di una somma pari a quanto ricevuto dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di pubblico servizio.

Nel caso di condanna per il reato di cui all'articolo 318 è   sempre ordinata la confisca di una somma pari al profitto conseguito dal corruttore in forza dell'atto contrario al dovere di ufficio. Si presume che il profitto sia pari a quanto erogato, salva la prova che sia stato maggiore.

Le somme confiscate ai sensi del presente articolo sono messe a   disposizione dei danneggiati dal reato per l'eventuale risarcimento dei danni».

13. 481. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, lettera g), sostituire le parole: da quattro a otto con le seguenti: da tre a sette.

13. 451. Sisto.

  Al comma 1, lettera g), sostituire la parola: quattro con la seguente due.

13. 100. Contento.

  Al comma 1, sostituire la lettera h) con la seguente:

h)    l'articolo 319-ter è sostituito dal seguente:

«A  rt. 319-ter. – (Corruzione in atti giudiziari). – Il pubblico ufficiale che al fine di favorire o danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo riceve per sé, o per un terzo, denaro o altra utilità, ovvero ne accetta la promessa, è punito con la reclusione da tre a dieci anni.

Se dal fatto   deriva l'ingiusta condanna a pena detentiva non superiore a cinque anni, la pena è della reclusione da quattro a dodici anni; se deriva l'ingiusta condanna a pena detentiva superiore a cinque anni o all'ergastolo, la pena è della reclusione da sei a venti anni».

13. 452. Sisto.

  Al comma 1, lettera h), numero 1), sostituire la parola: quattro con la seguente: tre.

  Conseguentemente, alla medesima lettera, sopprimere il numero 2).

13. 101. Contento.

  Al comma 1, lettera h), numero 1), sostituire la parola: quattro con la seguente: tre.

13. 115. Sisto.

  Al comma 1, lettera h), sopprimere il numero 2).

13. 116. Sisto.

  Al comma 1, sopprimere la lettera i).

 13. 39. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, sopprimere la lettera i).

 13. 453. Sisto.

  Al comma 1, lettera i), capoverso, primo comma, dopo le parole: dei suoi poteri, aggiungere la seguente: intenzionalmente.

13. 7. Siliquini.

  Al comma 1, lettera i), capoverso, primo comma, sostituire le parole: altra utilità con le seguenti: altro vantaggio patrimoniale.

  Conseguentemente al medesimo capoverso, secondo comma, sostituire le parole: altra utilità con le seguenti: altro vantaggio patrimoniale

13. 454. Sisto.

  Al comma 1, lettera i), capoverso, primo comma, dopo le parole: altra utilità aggiungere la seguente: patrimoniale.

  Conseguentemente al medesimo capoverso, secondo comma dopo le parole: altra utilità aggiungere la seguente: patrimoniale.

13. 456. Sisto.

  Al comma 1, lettera i), capoverso, primo comma, sostituire le parole: tre a otto con le seguenti: sei a dodici.

13. 290. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, lettera i), capoverso, primo comma, sostituire le parole: tre a otto con le seguenti: quattro a undici.

13. 292. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, lettera i), capoverso, primo comma, sostituire le parole: tre a otto con le seguenti: quattro a dieci.

  Conseguentemente, al medesimo capoverso, secondo comma, sostituire le parole: fino a tre anni con le seguenti: da sei mesi a tre anni.

13. 78. Ferranti, Andrea Orlando, Rossomando, Tenaglia, Capano, Cavallaro, Samperi, Picierno.

  Al comma 1, lettera i), capoverso, primo comma, sostituire le parole: tre a otto con le seguenti: quattro a dieci.

13. 291. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, lettera i), capoverso, primo comma, sostituire la parola: tre con la seguente: due.

13. 102. Contento.

  Al comma 1, lettera i), capoverso, primo comma, sostituire le parole: otto anni con le seguenti: dieci anni.

13. 381. Ferranti, Andrea Orlando, Rossomando, Tenaglia, Capano, Cavallaro, Samperi, Picierno.

  Al comma 1, lettera i), capoverso, sopprimere il secondo comma

13. 293. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, lettera i), capoverso, aggiungere i seguenti commi:

Se alla promessa non segue la dazione il pubblico ufficiale è   punito da due anni e sei mesi a 7 anni di reclusione.

Qualora la promessa   non sia accettata il pubblico ufficiale soggiace alla pena prevista dal primo comma, ridotta di un terzo.

13. 201. Siliquini.

  Al comma 1, lettera i), capoverso, aggiungere, in fine, il seguente comma:

«In deroga al quarto comma dell'articolo 2 il presente   articolo non si applica ai processi in corso che proseguono con l'imputazione originaria».

13. 295. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, lettera i), capoverso, aggiungere, in fine, il seguente comma:

«In deroga al quarto comma dell'articolo 2 il presente   articolo non si applica ai processi in corso».

13. 294. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, dopo la lettera l), aggiungere la seguente:

   l-bis) all'articolo 321 le parole: «nel primo comma dell'articolo 318» sono sostituite dalle seguenti: «dall'articolo 318».

13. 77. Ferranti, Andrea Orlando, Rossomando, Tenaglia, Capano, Cavallaro, Samperi, Picierno.

  Al comma 1, dopo la lettera l), aggiungere la seguente:

   l-bis) dopo l'articolo 321 è aggiunto il seguente: «Art. 321-bis. – (Confisca del prezzo o profitto della corruzione o concussione). – Nel caso di condanna per i reati di cui agli articoli 317, 318, 319, 319-ter e 319-quater è conseguente la confisca di una somma pari a quanto ricevuto dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di pubblico servizio. Nel caso di condanna per il reato di cui all'articolo 319 è conseguente la confisca di una somma pari al profitto conseguito dal corruttore in forza dell'atto contrario al dovere di ufficio.

Le somme confiscate ai sensi del presente   articolo sono messe a disposizione dei danneggiati dal reato per l'eventuale risarcimento dei danni».

13. 404. Barbaro, Bocchino, Briguglio, Consolo, Giorgio Conte, Della Vedova, Di Biagio, Divella, Galli, Granata, Lamorte, Lo Presti, Menia, Moroni, Muro, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Toto.

  Al comma 1, sopprimere la lettera m).

13. 42. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, sostituire la lettera m) con la seguente:

   m) l'articolo 322 è sostituito dal seguente:

«A  rt. 322. – (Istigazione alla concussione-corruzione). – Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, sollecita una promessa o dazione di denaro o altra utilità soggiace, qualora la sollecitazione non sia accolta, alla pena stabilita dall'articolo 317, ridotta di un terzo.

Chiunque offre o promette indebitamente denaro o   altra utilità a un pubblico ufficiale o a un incaricato di pubblico servizio nei casi di cui al secondo comma dell'articolo 317 soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita dal medesimo articolo 318 ridotta di un terzo. Se l'offerta o la promessa è effettuata nei casi di cui all'articolo 319-ter, si applica la pena stabilita dal medesimo articolo 319-ter, terzo comma, ridotta di un terzo».

13. 43. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, sostituire la lettera m) con la seguente:

   m) l'articolo 322 è sostituito dal seguente:

«A  rt. 322. – (Istigazione alla concussione). – Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, sollecita una promessa o dazione di denaro o altra utilità soggiace, qualora la sollecitazione non sia accolta, alla pena stabilita dall'articolo 317, ridotta di un terzo.»

13. 300. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, sostituire la lettera m) con la seguente:

   m) l'articolo 322 è sostituito dal seguente:

«A  rt. 322. – (Istigazione alla corruzione). – Chiunque offre o promette indebitamente denaro o altra utilità a un pubblico ufficiale o a un incaricato di pubblico servizio nei casi di cui al secondo comma dell'articolo 317 soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita dal medesimo articolo 318 ridotta di un terzo. Se l'offerta o la promessa è effettuata nei casi di cui all'articolo 319-ter, si applica la pena stabilita dal medesimo articolo 319-ter, terzo comma, ridotta di un terzo».

13. 301. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, lettera m), sopprimere il numero 1)

Conseguentemente, dopo la lettera q), aggiungere la seguente:  

q-bis) d  opo l'articolo 335-bis, è inserito il seguente:

«A  rt. 335-ter. – (Circostanze aggravanti). – Per i delitti dal presente capo, le pene per il solo pubblico ufficiale sono aumentate in caso di atti particolarmente lesivi per la pubblica amministrazione ovvero commessi al fine di far conseguire indebitamente contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee.»;

13. 44. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, sopprimere la lettera n).

13. 45. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, sopprimere la lettera o).

13. 125. Sisto.

  Al comma 1, sostituire la lettera o), con la seguente:

   o) l'articolo 322-ter è sostituito dal seguente:

«A  rt. 322-ter. – (Confisca). – Nel caso di condanna, o di applicazione su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei delitti previsti dagli articoli da 314 a 323, anche se commessi dai soggetti indicati nell'articolo 322-bis, primo comma, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo non ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo.

Negli stessi casi è sempre disposta la   confisca del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica.

Il giudice, con la   sentenza di condanna o con quella prevista dall'articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, nomina un amministratore con il compito di provvedere alla custodia, alla conservazione e all'amministrazione dei beni confiscati. Non possono essere nominate amministratori le persone nei cui confronti il provvedimento è stato disposto, il coniuge, i parenti, gli affini e le persone con essi conviventi, né le persone condannate ad una pena che importi interdizione anche temporanea dai pubblici uffici o coloro cui sia stata irrogata una misura di prevenzione.

Se nel corso del procedimento,   l'autorità giudiziaria, in applicazione dell'articolo 321, comma 2, del codice di procedura penale, dispone il sequestro preventivo delle cose di cui è prevista la confisca a norma dei commi che precedono, le disposizioni in materia di nomina dell'amministratore di cui al presente articolo si applicano anche al custode delle cose predette.

Si applicano anche ai casi di confisca   previsti dal presente articolo le disposizioni in materia di gestione e destinazione dei beni sequestrati o confiscati previste dalla legge 31 marzo 575, e successive modificazioni; restano comunque salvi i diritti della1965, n. persona offesa dal reato alle restituzioni e al risarcimento del danno.

Il   giudice, con la sentenza di condanna, determina le somme di denaro o individua i beni assoggettati a confisca in quanto costituenti il profitto o il prezzo del reato ovvero in quanto di valore corrispondente al profitto o al prezzo del reato, ovvero ancora di provenienza ingiustificata.

13. 46. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, sostituire la lettera o) con la seguente:

o)    all'articolo 322-ter sono apportate le seguenti modificazioni:

1) al primo comma, dopo le parole: «a tale prezzo» sono     aggiunte le seguenti: «o profitto»;

2) dopo il secondo comma, è aggiunto     il seguente:

«Nel caso di condanna, o di applicazione della pena, a norma   dell'articolo 444 del codice di procedura penale per il delitto previsto dall'articolo 323 del codice penale, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto, salvo che appartengano a persona estranea al reato ovvero quando essa non è possibile, la confisca dei beni di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a quello del profitto e comunque non inferiore a quello del denaro o degli altri vantaggi patrimoniali conseguiti.»;

3) al terzo comma, le parole: «e secondo» sono sostituite dalle     seguenti: «, secondo e terzo».

13. 91. Ferranti, Andrea Orlando, Rossomando, Tenaglia, Capano, Cavallaro, Samperi, Picierno.

  Al comma 1, dopo la lettera o), aggiungere la seguente:

   o-bis) dopo l'articolo 322-ter è aggiunto il seguente:

«A  rt. 322-quater.(Riparazione pecuniaria). – Con la sentenza di condanna ovvero con la sentenza di applicazione della pena ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per i reati previsti dagli articoli 314, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, 322-bis, è sempre ordinato il pagamento di una somma pari all'ammontare di quanto indebitamente ricevuto dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di un pubblico servizio a titolo di riparazione pecuniaria in favore dell'amministrazione cui il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio appartiene, ovvero, nel caso di cui all'articolo 319-ter, in favore dell'amministrazione della giustizia, restando impregiudicato il diritto al risarcimento del danno.»

13. 88. Ferranti, Andrea Orlando,Rossomando, Tenaglia, Capano, Cavallaro, Samperi, Picierno.

  Al comma 1, sopprimere la lettera p).

13. 455. Sisto.

  Al comma 1, sostituire la lettera p), con la seguente:

   p) all'articolo 323, primo comma, le parole: «ingiusto vantaggio patrimoniale» sono sostituite dalle seguenti: «ingiusto vantaggio economicamente valutabile» e le parole: «tre anni» sono sostituite dalle parole: «cinque anni».

13. 47. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, lettera p), sostituire la parola: quattro con la seguente: cinque.

 13. 89. Ferranti, Andrea Orlando, Rossomando, Tenaglia, Capano, Cavallaro, Samperi, Picierno.

  Al comma 1, lettera p), sostituire la parola: quattro con la seguente: cinque.

 13. 351. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, sopprimere la lettera q).

13. 48. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, sostituire la lettera q) con la seguente:

   q) l'articolo 323-bis è sostituito dal seguente:

«  Art. 323-bis. – (Circostanza attenuante). – Se i fatti previsti dagli articoli 314, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 322, 322-bis e 323 sono di particolare tenuità le pene sono diminuite fino alla metà».

13. 305. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, dopo la lettera q), aggiungere la seguente:

   q-bis) all'articolo 323-bis è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «La particolare tenuità deve esser valutata avendo riguardo tanto al danno cagionato quanto al vantaggio conseguito»

13. 306. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, dopo la lettera q), aggiungere la seguente:

   q-bis) all'articolo 323-bis è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«Per i delitti previsti dagli articoli 318,   319, 319-ter, 319-quater, 321, 322, 322-bis, nei confronti dell'imputato che si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori anche aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l'individuazione degli altri responsabili ovvero per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite, la pena è diminuita da un terzo alla metà».

13. 87. Ferranti, Andrea Orlando, Rossomando, Tenaglia, Capano, Cavallaro, Samperi, Picierno.

  Al comma 1, dopo la lettera q), aggiungere la seguente:

   q-bis) dopo l'articolo 323-bis, è aggiunto il seguente:

«A  rt. 323-ter. – (Valutazione delle circostanze). – Quando si procede per uno dei delitti previsti dagli articoli 314, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-ter, 320, 321, 322, 322-bis e 323 del codice penale, il giudice non può dichiarare la prevalenza delle circostanze attenuanti sulle aggravanti ovvero l'equivalenza tra le stesse, ai sensi dell'articolo 69, commi 2 e 3, quando non vi è prova dell'integrale riparazione del danno, mediante il risarcimento di esso e mediante le restituzioni».

13. 307. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, sopprimere la lettera r).

13. 127. Sisto.

  Al comma 1, sostituire la lettera r) con la seguente:

   r) l'articolo 346 è sostituito dal seguente:

«A  rt. 346. – (Traffico d'influenza). – Chiunque, adducendo in qualsiasi modo di essere in grado di esercitare un'influenza sulla decisione, relativa al suo ufficio, di un pubblico ufficiale o di un incaricato di un pubblico servizio, fa dare, promettere, offrire o procurare a sé o ad altri qualsiasi pubblico vantaggio a titolo di remunerazione o di pagamento del soggetto presso cui si vanta credito, è punito, indipendentemente dal fatto che l'influenza sia o meno esercitata o che la vantata influenza dall'effetto ricercato, con la reclusione da due a sette anni e con la multa da mille a cinquantamila euro.

Nei casi di cui al primo   comma, chiunque dà o promette, offre o procura un indebito vantaggio a chi vanta credito presso un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da mille a trentamila euro.

Se i fatti previsti dal presente articolo sono di   particolare tenuità, le pene sono ridotte fino alla metà.

La condanna   importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici, salvo che il fatto sia di particolare tenuità ai sensi del terzo comma; in tal caso, la condanna importa interdizione dai pubblici uffici per un minimo di tre anni ed un massimo di cinque anni.»

13. 50. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, lettera r) capoverso, primo comma, sostituire le parole da: sfruttando fino a: indebitamente con le seguenti: , affermando di essere in grado di esercitare una influenza sulla decisione di un pubblico ufficiale o di un incaricato di un pubblico servizio, intenzionalmente.

13. 8. Siliquini.

  Al comma 1, lettera r), capoverso, primo comma, sostituire le parole: vantaggio patrimoniale con la seguente: vantaggio.

  Conseguentemente, al medesimo capoverso:

secondo comma,    sostituire le parole: vantaggio patrimoniale con la seguente: vantaggio.

   terzo comma, sostituire le parole: vantaggio patrimoniale con la seguente: vantaggio.

13. 308. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, lettera r), capoverso, primo comma, dopo le parole: vantaggio patrimoniale aggiungere la seguente: indebito.

  Conseguentemente, al medesimo capoverso:

secondo comma, dopo le    parole: vantaggio patrimoniale aggiungere la seguente: indebito.

   terzo comma, dopo le parole: vantaggio patrimoniale aggiungere la seguente: indebito.

13. 283. Siliquini.

  Al comma 1, lettera r), capoverso, primo comma, sostituire le parole: da uno con le seguenti: da sei mesi.

13. 103. Contento.

  Al comma 1, lettera r), capoverso, primo comma, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: cinque anni.

13. 309. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, lettera r), capoverso, secondo comma, dopo le parole: a chi aggiungere le seguenti: intenzionalmente e.

13. 204. Siliquini.

  Al comma 1, lettera r), capoverso, secondo comma, sostituire la parola: indebitamente con la seguente: intenzionalmente.

13. 462. Siliquini.

  Al comma 1, lettera r), capoverso, sostituire il terzo comma con i seguenti:

Se il soggetto che indebitamente fa dare o promettere,   a sé o ad altri, denaro o altra utilità riveste la qualifica di pubblico ufficiale è punito con la reclusione da tre a sei anni.

Le disposizioni   del precedente comma si applicano anche all'incaricato di un pubblico servizio, ma le pene sono ridotte in misura non superiore a un terzo.

13. 208. Siliquini.

  Al comma 1, lettera r), capoverso, dopo l'ultimo comma, aggiungere, il seguente:

«Non è punibile chi abbia commesso il fatto   qualora, prima che la notizia di reato sia stata iscritta nel registro generale a suo nome spontaneamente lo denunci, fornendo indicazioni utili per l'individuazione degli altri responsabili. Non è punibile chi, nello stesso termine versi o renda comunque irrevocabilmente disponibile all'autorità giudiziaria una somma pari a quanto ricevuto».

13. 310. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, lettera r), capoverso, dopo l'ultimo comma, aggiungere, il seguente:

«La condanna importa l'interdizione perpetua   dai pubblici uffici, salvo che il fatto sia di particolare tenuità; in tal caso, la condanna importa l'interdizione dai pubblici uffici per un minimo di tre anni ed un massimo di cinque anni.»

13. 405. Barbaro, Bocchino, Briguglio, Consolo, Giorgio Conte, Della Vedova, Di Biagio, Divella, Galli, Granata, Lamorte, Lo Presti, Menia, Moroni, Muro, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Toto.

  Al comma 1, lettera r), capoverso, dopo l'ultimo comma, aggiungere, il seguente:

  Non è illecita l'attività di mediazione e rappresentanza esercitata in forma professionale, nell'ambito di un rapporto di lavoro autonomo o dipendente, presso istituzioni politiche e amministrazioni pubbliche e finalizzata a perseguire obiettivi leciti per conto di portatori di interessi particolari, che si avvalgono di detta attività esclusivamente al fine di partecipare, attraverso la produzione di documenti di analisi e proposta, al processo di elaborazione delle decisioni pubbliche.

13. 251. Bellotti, Del Tenno.

  Al comma 1, dopo la lettera r), aggiungere la seguente:

   s) dopo l'articolo 346-bis è inserito il seguente:

«A  rt. 346-ter. – (Circostanza attenuante specifica per il reato di traffico di influenze illecite). – La pena prevista per i delitti di cui agli articoli 346 e 346-bis è diminuita fino a due terzi qualora l'autore del fatto, prima che sia esercitata l'azione penale nei suoi confronti, fornisca indicazioni utili all'individuazione degli altri responsabili e al sequestro delle somme o delle altre utilità trasferite.»

13. 51. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, dopo la lettera r) aggiungere la seguente:

   s) dopo l'articolo 346-bis è inserito il seguente:

«A  rt. 346-ter. – (Soggetti punibili per i reati di corruzione e traffico di influenze illecite). – Ai fini della punibilità per i reati di corruzione e di traffico di influenze illecite, le disposizioni di cui agli articoli 357 e 358 si applicano anche a tutti i soggetti che esercitano funzioni di pubblico ufficiale e di incaricato di pubblico servizio o attività ad esse corrispondenti nell'ambito di Stati esteri, dell'unione europea o di organizzazioni pubbliche internazionali.»

13. 52. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, dopo la lettera r), aggiungere la seguente:

   s) all'articolo 363, dopo le parole: «personalità dello Stato» sono aggiunte le seguenti: «o contro la pubblica amministrazione».

13. 107. Ria.

  Al comma 1, dopo la lettera r) aggiungere la seguente:

   s) l'articolo 416-ter è sostituito dal seguente:

«A  rt. 416-ter. – (Scambio elettorale politico-mafioso). – La pena stabilita dal primo comma dell'articolo 416-bis si applica anche a chi ottiene, o si adopera per far ottenere la promessa di voti prevista dal terzo comma del medesimo articolo 416-bis in cambio dell'erogazione di denaro o di qualunque altra utilità, ovvero in cambio della disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell'associazione mafiosa di cui all'articolo 416-bis o di suoi associati».

13. 97. Garavini, Ferranti, Bordo, Bossa, Burtone, Genovese, Marchi, Piccolo, Veltroni.

  Al comma 1, dopo la lettera r) aggiungere la seguente:

   s) l'articolo 416-ter del codice penale è sostituito dal seguente:

«A  rt. 416-ter. – (Scambio elettorale politico-mafioso). – La pena stabilita dal primo comma dell'articolo 416-bis si applica anche a chi ottiene la promessa di voti prevista dal terzo comma del medesimo articolo 416-bis o si adopera per farla ottenere in cambio della disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell'associazione mafiosa di cui all'articolo 416-bis o di suoi associati.»

 13. 55. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, dopo la lettera r) aggiungere la seguente:

   s) l'articolo 416-ter del codice penale è sostituito dal seguente:

«A  rt. 416-ter. – (Scambio elettorale politico-mafioso). – La pena stabilita dal primo comma dell'articolo 416-bis si applica anche a chi ottiene la promessa di voti prevista dal terzo comma del medesimo articolo 416-bis o si adopera per farla ottenere in cambio della disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell'associazione mafiosa di cui all'articolo 416-bis o di suoi associati.»

 13. 406. Barbaro, Bocchino, Briguglio, Consolo, Giorgio Conte, Della Vedova, Di Biagio, Divella, Galli, Granata, Lamorte, Lo Presti, Menia, Moroni, Muro, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Toto.

  Al comma 1, dopo la lettera r) aggiungere la seguente:

   s) all'articolo 648-bis sono apportate le seguenti modificazioni:

1) al primo comma, le parole: «Fuori dei casi di     concorso nel reato,» sono soppresse;

2) è aggiunto, in fine, il seguente     comma:

«Le disposizioni del presente articolo si applicano anche nei   confronti della persona che ha concorso nel reato presupposto, salvo che per gli atti di godimento che non eccedano l'uso dei beni secondo la loro naturale destinazione ovvero in caso di utilizzo del denaro, dei beni o delle utilità provento del reato presupposto per finalità non speculative, imprenditoriali o commerciali»;.

13. 53. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, dopo la lettera r) aggiungere la seguente:

   s) al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) all'articolo 648-bis, primo comma, le parole: «Fuori dei casi di concorso nel reato,» sono soppresse;

   b) all'articolo 648-ter, primo comma, le parole: «dei casi di concorso nel reato e» sono soppresse.

13. 90. Garavini, Ferranti, Andrea Orlando, Rossomando, Tenaglia, Capano, Cavallaro, Samperi, Picierno, Bordo, Bossa, Burtone, Genovese, Marchi, Piccolo, Veltroni.

  Al comma 1, dopo la lettera r), aggiungere la seguente:

   s) dopo l'articolo 648-bis è inserito il seguente:

«A  rt. 648-bis.1. – (Riciclaggio e autoriciclaggio). – Chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto, ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l'identificazione della loro provenienza delittuosa, ovvero, fuori dei casi previsti dall'articolo 648, impiega in attività economiche o finanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti dai medesimi delitti è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa pari al 30 per cento dell'importo riciclato».

13. 15. Barbaro, Bocchino, Briguglio, Consolo, Giorgio Conte, Della Vedova, Di Biagio, Divella, Galli, Granata, Lamorte, Lo Presti, Menia, Moroni, Muro, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Toto.

  Al comma 1, dopo la lettera r), aggiungere la seguente:

   s) all'articolo 648-ter, primo comma, le parole: «dei casi di concorso nel reato e» sono soppresse.

13. 54. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, dopo la lettera r), aggiungere la seguente:

   s) dopo l'articolo 648-quater del codice penale è inserito il seguente:

«A  rt. 648-quinquies – (Delitto di autoriciclaggio). Chiunque, fuori dei casi previsti dall'articolo 648, dopo aver commesso un delitto non colposo, trasferisce denaro, beni o altre utilità da esso provenienti, ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni in modo da ostacolare l'identificazione della loro provenienza delittuosa, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da euro 1032 a euro 16.493.

La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell'esercizio di   un'attività professionale.

Si applica l'ultimo comma dell'articolo 648».  

13. 14. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Dopo l'articolo 13, aggiungere il seguente:

  Art. 13-bis. – (Prescrizione degli illeciti amministrativi e tributari connessi al delitto di corruzione) – 1. Quando è stato commesso un delitto di corruzione in occasione o comunque in relazione ad accertamenti tributari, contestazioni o irrogazioni delle relative sanzioni, ovvero per ottenere l'occultamento o il mancato perseguimento di violazioni amministrative, le decadenze previste per la notifica degli atti di contestazione o di irrogazione non si verificano dal momento della consumazione del predetto delitto fino al momento dell'esercizio dell'azione penale.

2. Sono, altresì, sospesi nel periodo indicato al comma 1, i termini di prescrizione degli illeciti amministrativi, nonché i termini di prescrizione previsti per il diritto alla riscossione delle sanzioni irrogate.

13. 05. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

A.C. 4434-A – Articolo 14

ARTICOLO 14 DEL DISEGNO DI LEGGE N.4434 NEL TESTO DELLE COMMISSIONI

Art. 14.

(Modifica dell'articolo 2635 del codice civile).

1. L'articolo 2635 del codice civile è sostituito dal seguente:  

«  Art. 2635. – (Corruzione tra privati). – Salvo che il fatto costituisca più grave reato, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, che, a seguito della dazione o della promessa di denaro o altra utilità, per sé o per altri, compiono od omettono atti, in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, cagionando nocumento alla società, sono puniti con la reclusione da uno a tre anni.

Si applica la pena della   reclusione fino a un anno e sei mesi se il fatto è commesso da chi è sottoposto alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti indicati al primo comma.

Chi dà o promette denaro o altra utilità alle persone indicate nel primo   comma e nel secondo comma è punito con le pene ivi previste.

Le pene   stabilite nei commi precedenti sono raddoppiate se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell'Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell'articolo 116 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di 58, e successive modificazioni».cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n.

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 14 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 14.

(Modifica dell'articolo 2635 del codice civile).

  Al comma 1, sostituire il capoverso con il seguente:

«A  rt. 2635. – (Corruzione nel settore privato). – Chiunque, nell'esercizio di un'attività commerciale, imprenditoriale, professionale, di direzione di un ente privato o di una prestazione lavorativa a qualsiasi titolo a favore di un ente privato, intenzionalmente sollecita, induce o riceve, direttamente o per il tramite di terzi, un indebito vantaggio di qualsiasi natura, per sé o per altri, ovvero ne accetta l'offerta o la promessa, per compiere o astenersi da compiere un atto in violazione dei propri doveri legali, professionali o contrattuali relativi all'attività di competenza, è punito con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da mille a diecimila euro.

La stessa pena si applica a   chiunque intenzionalmente nell'ambito di attività professionale, direttamente o tramite intermediario, dà, offre o promette l'indebita utilità di cui al primo comma.

La pena è aumentata da un terzo a due terzi qualora dal fatto siano   derivate distorsioni della concorrenza nel mercato ovvero rilevanti danni economici all'ente o ai suoi creditori.»

14. 57. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Al comma 1, capoverso, primo comma, sostituire le parole da: , che, a seguito della dazione fino alla fine del primo comma con le seguenti: e coloro che sono sottoposti alla direzione o vigilanza di uno dei predetti soggetti, che, a seguito della dazione o della promessa di denaro o altra utilità, per sé o per gli altri, compiono od omettono atti, in violazione dei loro doveri, sono puniti con la reclusione fino a tre anni.

  Conseguentemente:

al medesimo capoverso, sostituire il secondo,    il terzo ed il quarto comma con i seguenti:

  «Chi dà o promette denaro o altra utilità alle persone indicate nel primo comma è punito con le pene ivi previste.

La pena per i reati di cui ai commi precedenti è della   reclusione da uno a cinque anni se i soggetti ivi indicati operano nell'ambito di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell'Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell'articolo 116 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 58»;1998, n.

   all'articolo 15, sostituire la lettera b) con la seguente:

    b) all'articolo 25-ter, dopo la lettera p) è aggiunta la seguente:

«    p-bis) per il delitto di corruzione tra privati, previsto dall'articolo 2635, primo e secondo comma, del codice civile, la sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote e, nel caso previsto dal terzo comma, la sanzione pecuniaria da trecento a seicento quote».

14. 82. Ferranti, Andrea Orlando, Rossomando, Tenaglia, Capano, Cavallaro, Samperi, Picierno, Garavini.

  Al comma 1, capoverso, primo comma, sostituire le parole: in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà con le seguenti: abusando dei poteri o in violazione dei doveri inerenti all'ufficio.

14. 124. Contento.

  Al comma 1, capoverso, primo comma, sopprimere le parole: , cagionando nocumento alla società.

  Conseguentemente, all'articolo 15, sostituire la lettera b) con la seguente:

   b) all'articolo 25-ter, dopo la lettera p) è aggiunta la seguente:

«   p-bis) per il delitto di corruzione tra privati, previsto dall'articolo 2635, primo e secondo comma, del codice civile, la sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote e, nel caso previsto dal terzo comma, la sanzione pecuniaria da trecento a seicento quote».

14. 92. Ferranti, Andrea Orlando, Rossomando, Tenaglia, Capano, Cavallaro, Samperi, Picierno.

  Al comma 1, capoverso, primo comma, sopprimere le parole: , cagionando nocumento alla società.

 14. 108. Ria.

  Al comma 1, capoverso, primo comma, sopprimere le parole: , cagionando nocumento alla società.

 14. 250. Barbaro, Bocchino, Briguglio, Consolo, Giorgio Conte, Della Vedova, Di Biagio, Divella, Galli, Granata, Lamorte, Lo Presti, Menia, Moroni, Muro, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Toto.

  Al comma 1, capoverso, dopo la parola: cagionando aggiungere la seguente: intenzionalmente.

14. 9. Siliquini.

  Al comma 1, capoverso, sostituire le parole: da uno con le seguenti: da sei mesi.

14. 104. Contento.

  Al comma 1, capoverso, sopprimere il secondo comma.

14. 128. Sisto.

  Al comma 1, capoverso, sostituire il secondo comma con il seguente:

  «Indipendentemente da quanto previsto dall'articolo 110 del codice penale, se il fatto è commesso da chi è sottoposto alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti indicati al primo comma si applica la pena fino ad un anno e sei mesi di reclusione.»

14. 252. Sisto.

  Al comma 1, capoverso, dopo il quarto comma, aggiungere il seguente:

  «Nei casi previsti dai commi primo, secondo e terzo, il delitto è punibile a querela della persona offesa.»

 14. 210. Siliquini.

  Al comma 1, capoverso, dopo il quarto comma, aggiungere il seguente:

  «Nei casi previsti dai commi primo, secondo e terzo, il delitto è punibile a querela della persona offesa.»

 14. 251. Sisto, Contento.

  Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:

2. Dopo l'articolo   2635 è aggiunto il seguente:

«A  rt. 2635-bis. – (Istigazione alla corruzione in affari privati). – Chiunque offre o promette indebitamente denaro o altra utilità ai dipendenti ai consulenti, ai collaboratori, agli amministratori, ai direttori generali, ai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, ai sindaci o ai liquidatori soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena della reclusione da tre mesi a due anni ridotta di un terzo.

I dipendenti, i consulenti, i   collaboratori, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori che sollecitano una promessa o una dazione di denaro o altra utilità in relazione al compimento, all'omissione o al ritardo di atti rientranti nei propri incarichi e funzioni, ovvero al compimento di atti contrari ai propri doveri, sono puniti, qualora la sollecitazione non sia accolta, con la reclusione da tre mesi a due anni».

14. 58. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

  Dopo l'articolo 14, aggiungere il seguente:

A  rt. 14-bis. – 1. Al comma 1 dell'articolo 266 del codice di procedura penale, è aggiunta,in fine, la seguente lettera:

   f-ter) reati di cui all'articolo 2635, commi primo secondo e terzo, del codice civile.

14. 014. Barbaro, Bocchino, Briguglio, Consolo, Giorgio Conte, Della Vedova, Di Biagio, Divella, Galli, Granata, Lamorte, Lo Presti, Menia, Moroni, Muro, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Toto.

 

 


 


 

DISEGNO DI LEGGE: S. 2156 – DISPOSIZIONI PER LA PREVENZIONE E LA REPRESSIONE DELLA CORRUZIONE E DELL'ILLEGALITÀ NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 4434-A); ED ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE: DI PIETRO ED ALTRI; FERRANTI ED ALTRI; GIOVANELLI ED ALTRI; TORRISI ED ALTRI; GARAVINI; FERRANTI ED ALTRI (A.C. 3380-3850-4382-4501-4516-4906)

 

A.C. 4434-A – Articolo 10

 

ARTICOLO 10 DEL DISEGNO DI LEGGE N.4434 NEL TESTO DELLE COMMISSIONI

 

Art. 10.

(Delega al Governo per l'adozione di un testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di governo conseguente a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi).

 

  1. Il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo recante un testo unico della normativa in materia di incandidabilità alla carica di membro del Parlamento europeo, di deputato e di senatore della Repubblica, di incandidabilità alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali e di divieto di ricoprire le cariche di presidente e di componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, di presidente e di

componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, di consigliere di amministrazione e di presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all'articolo 114 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, e successive modificazioni, di presidente e di componente degli organi esecutivi delle comunità montane.

  2. Il decreto legislativo di cui al comma 1 provvede al riordino e all'armonizzazione della vigente normativa ed è adottato secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:

   a) ferme restando le disposizioni del codice penale in materia di interdizione perpetua dai pubblici uffici, prevedere che non siano temporaneamente candidabili a deputati o a senatori coloro che abbiano riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione per i delitti previsti dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale;

   b) in aggiunta a quanto previsto nella lettera a), prevedere che non siano temporaneamente candidabili a deputati o a senatori coloro che abbiano riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione per i delitti previsti nel libro II, titolo II, capo I, del codice penale ovvero per altri delitti per i quali la legge preveda una pena detentiva superiore nel massimo a tre anni;

   c) prevedere la durata dell'incandidabilità di cui alle lettere a) e b);

   d) prevedere che l'incandidabilità operi anche in caso di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale;

   e) coordinare le disposizioni relative all'incandidabilità con le vigenti norme in materia di interdizione dai pubblici uffici e di riabilitazione, nonché con le restrizioni all'esercizio del diritto di elettorato attivo;

   f) prevedere che le condizioni di incandidabilità alla carica di deputato e di senatore siano applicate altresì all'assunzione delle cariche di governo;

   g) operare una completa ricognizione della normativa vigente in materia di incandidabilità alle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali e di divieto di ricoprire le cariche di presidente della provincia, sindaco, assessore e consigliere provinciale e comunale, presidente e componente del consiglio circoscrizionale, presidente e componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all'articolo 114 del testo unico di cui al citato decreto legislativo n.267 del 2000, presidente e componente degli organi delle comunità montane, determinata da sentenze definitive di condanna;

   h) valutare per le cariche di cui alla lettera g), in coerenza con le scelte operate in attuazione delle lettere a) e i), l'introduzione di ulteriori ipotesi di incandidabilità determinate da sentenze definitive di condanna per delitti di grave allarme sociale;

   i) individuare, fatta salva la competenza legislativa regionale sul sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del presidente e degli altri componenti della giunta regionale nonché dei consiglieri regionali, le ipotesi di incandidabilità alle elezioni regionali e di divieto di ricoprire cariche negli organi politici di vertice delle regioni, conseguenti a sentenze definitive di condanna;

   l) prevedere l'abrogazione espressa della normativa incompatibile con le disposizioni del decreto legislativo di cui al comma 1;

   m) disciplinare le ipotesi di sospensione e decadenza di diritto dalle cariche di cui al comma 1 in caso di sentenza definitiva di condanna per delitti non colposi successiva alla candidatura o all'affidamento della carica.

 

  3. Lo schema del decreto legislativo di cui al comma 1, corredato di relazione tecnica, ai sensi dell'articolo 17, comma 3,

della legge 31 dicembre 2009, n.196, è trasmesso alle Camere ai fini dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che sono resi entro sessanta giorni dalla data di trasmissione dello schema di decreto. Decorso il termine di cui al periodo precedente senza che le Commissioni abbiano espresso i pareri di rispettiva competenza, il decreto legislativo può essere comunque adottato.

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 10 DEL DISEGNO DI LEGGE

 

ART. 10.

(Delega al Governo per l'adozione di un testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di governo conseguente a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi).

 

  Sostituirlo con i seguenti:

  Art. 10. – (Introduzione degli articoli 6-bis e 6-ter del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n.361). – 1. Dopo l'articolo 6 del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n.361, sono inseriti i seguenti:

  «Art. 6-bis. – 1. Non possono essere candidati e non possono comunque ricoprire la carica di deputato coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva per un delitto non colposo.

  2. Le sentenze e i provvedimenti definitivi indicati al comma 1, emessi nei confronti di deputati in carica, sono comunicati alla Camera dei deputati per la pronuncia della decadenza.

  3. Per tutti gli effetti disciplinati dal presente articolo la sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a condanna.

  4. L'eventuale elezione di coloro che si trovano nelle condizioni di cui al comma 1 è nulla.

  Art. 6-ter. – 1. La perdita delle condizioni di eleggibilità comporta la decadenza dalla carica di deputato. Essa è dichiarata dalla Camera dei deputati entro sessanta giorni dalla notizia di condanna definitiva».

 

  2. La rubrica del capo II del titolo II del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n.361, è sostituita dalla seguente: «Candidabilità ed eleggibilità».

  Art. 10-bis. – (Ambito applicativo dell'articolo 6-bis, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n.361). – 1. Le disposizioni previste dal comma 1 dell'articolo 6-bis del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n.361, introdotto dall'articolo 10 della presente legge, si applicano a qualsiasi altro incarico con riferimento al quale, in forza di specifiche disposizioni di legge, l'elezione o la nomina è di competenza dell'Assemblea, del Presidente o dell'Ufficio di presidenza della Camera dei deputati o del Presidente o del Consiglio di presidenza del Senato della Repubblica.

  Art. 10-ter. – (Modifica all'articolo 20 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n.361). – 1. All'articolo 20 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n.361, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

  «Unitamente alla documentazione di cui al secondo comma devono essere presentate le dichiarazioni sostitutive rese dai candidati ai sensi dell'articolo 46 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n.445, e successive modificazioni, comprovanti l'insussistenza delle cause di incandidabilità di cui all'articolo 6-bis del presente testo unico».

  Art. 10-quater. – (Modifica all'articolo 22 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n.361). – 1. All'articolo 22, primo comma, numero 5), del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n.361, e successive modificazioni, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e di quelli per i quali non sia stata presentata la dichiarazione sostitutiva comprovante l'insussistenza delle cause di incandidabilità di cui all'articolo 6-bis o per i quali tale dichiarazione risulti non veritiera».

  Art. 10-quinquies. – (Modifica all'articolo 5 del testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione del Senato della Repubblica, di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n.533). – 1. All'articolo 5 del testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione del Senato della Repubblica, di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n.533, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

   «1-bis. Non possono essere candidati alle elezioni politiche e non possono comunque ricoprire la carica di senatore coloro che rientrano nelle fattispecie previste dall'articolo 6-bis del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n.361».

  Art. 10-sexies. – (Introduzione dell'articolo 4-bis della legge 24 gennaio 1979, n.18). – 1. Dopo l'articolo 4 della legge 24 gennaio 1979, n.18, e successive modificazioni, è inserito il seguente:

  «Art. 4-bis. – 1. Non possono essere candidati e non possono comunque ricoprire la carica di membro del Parlamento europeo coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva per un delitto non colposo.

  2. Per tutti gli effetti disciplinati dal comma 1 del presente articolo la sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a condanna».

  Art. 10-septies. – (Modifica all'articolo 12 della legge 24 gennaio 1979, n.18). – 1. Dopo il settimo comma dell'articolo 12 della legge 24 gennaio 1979, n.18, è inserito il seguente:

  «Ogni candidato, unitamente alla dichiarazione di accettazione della candidatura, deve presentare la dichiarazione sostitutiva ai sensi dell'articolo 46 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n.445, e successive modificazioni, comprovanti l'insussistenza delle cause di incandidabilità di cui all'articolo 4-bis della presente legge. L'ufficio elettorale circoscrizionale cancella dalle liste i nomi dei candidati per i quali manca la dichiarazione sostitutiva di cui al periodo precedente».

10. 10. Di Pietro, Donadi, Palomba, Favia, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Sostituirlo con i seguenti:

  Art. 10. – (Nuove disposizioni in materia di incandidabilità alla carica di membro del Parlamento europeo spettante all'Italia). – 1. Dopo l'articolo 4 della legge 24 gennaio 1979, n.18, e successive modificazioni, è inserito il seguente:

  «Art. 4-bis. – 1. Non possono essere candidati e non possono comunque ricoprire la carica di membro del Parlamento europeo spettante all'Italia i soggetti nei cui confronti, alla data di pubblicazione della convocazione dei comizi elettorali, è stato emesso un decreto che dispone il giudizio, ovvero è stata disposta una misura cautelare personale non revocata né annullata, ovvero che si trovano in stato di latitanza o di esecuzione di pene detentive, ovvero che siano stati condannati con sentenza anche non definitiva, quando le predette condizioni sono relative a uno dei seguenti delitti:

   a) delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale;

   b) estorsione (articolo 629 del codice penale) e usura (articolo 644 del codice penale);

   c) riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (articoli 648-bis e 648-ter del codice penale);

   d) trasferimento fraudolento di valori (articolo 12-quinquies del decreto-legge 8 giugno 1992, n.306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n.356, e successive modificazioni);

   e) omessa comunicazione delle variazioni patrimoniali da parte delle persone sottoposte a una misura di prevenzione disposta ai sensi della legge 31 maggio 1965, n.575, nonché da parte dei condannati con sentenza definitiva per il delitto previsto dall'articolo 416-bis del codice penale (articolo 31 della legge 13 settembre 1982, n.646);

   f) attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152);

   g) delitti le cui caratteristiche o modalità di commissione rientrino nelle pratiche comuni alle attività a carattere mafioso, previste dall'articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n.152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n.203, e successive modificazioni.

 

  2. Non possono altresì essere candidati e non possono comunque ricoprire la carica di membro del Parlamento europeo spettante all'Italia i soggetti per i quali, alla data di pubblicazione della convocazione dei comizi elettorali, ricorre una delle seguenti condizioni:

   a) è stata disposta nei loro confronti l'applicazione di misure di prevenzione personali o patrimoniali, ancorché non definitive, ai sensi della legge 31 maggio 1965, n.575;

   b) sono stati loro imposti divieti, sospensioni o decadenze ai sensi della legge 27 dicembre 1956, n.1423, o della legge 31 maggio 1965, n.575;

   c) sono stati rimossi, sospesi o dichiarati decaduti ai sensi dell'articolo 142 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, e successive modificazioni.

 

  3. Le sentenze e i provvedimenti definitivi indicati ai commi 1 e 2, emessi nei confronti di membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia in carica, sono comunicati al Parlamento europeo per la pronuncia della decadenza.

  4. Per tutti gli effetti disciplinati dal presente articolo la sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a condanna.

  5. L'eventuale elezione o nomina di coloro che si trovano nelle condizioni di cui ai commi 1 o 2 è nulla».

  Art. 10-bis. – (Nuove disposizioni in materia di incandidabilità alla carica di deputato o di senatore). – 1. Al capo II del titolo II del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n.361, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) la rubrica è sostituita dalla seguente: «Candidabilità ed eleggibilità»;

   b) dopo l'articolo 6 è inserito il seguente:

  «Art. 6-bis. – 1. Non possono essere candidati e non possono comunque ricoprire la carica di deputato i soggetti nei cui confronti, alla data di pubblicazione della convocazione dei comizi elettorali, è stato emesso un decreto che dispone il giudizio, ovvero è stata disposta una misura cautelare personale non revocata né annullata, ovvero che si trovano in stato di latitanza o di esecuzione di pene detentive, ovvero che sono stati condannati con sentenza anche non definitiva, allorquando le predette condizioni sono relative a uno dei seguenti delitti:

   a) delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale;

   b) estorsione (articolo 629 del codice penale) e usura (articolo 644 del codice penale);

   c) riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (articoli 648-bis e 648-ter del codice penale);

   d) trasferimento fraudolento di valori (articolo 12-quinquies del decreto-legge 8 giugno 1992, n.306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n.356, e successive modificazioni);

   e) omessa comunicazione delle variazioni patrimoniali da parte delle persone sottoposte a una misura di prevenzione disposta ai sensi della legge 31 maggio 1965, n.575, nonché da parte dei condannati con sentenza definitiva per il delitto previsto dall'articolo 416-bis del codice penale (articolo 31 della legge 13 settembre 1982, n.646);

   f) attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152);

   g) delitti le cui caratteristiche o modalità di commissione rientrano nelle pratiche comuni alle attività a carattere mafioso, previste dall'articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n.152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n.203, e successive modificazioni.

 

  2. Non possono altresì essere candidati e non possono comunque ricoprire la carica di deputato i soggetti per i quali, alla data di pubblicazione della convocazione dei comizi elettorali, ricorre una delle seguenti condizioni:

   a) è stata disposta nei loro confronti l'applicazione di misure di prevenzione personali o patrimoniali, ancorché non definitive, ai sensi della legge 31 maggio 1965, n.575;

   b) sono stati loro imposti divieti, sospensioni o decadenze ai sensi della legge 27 dicembre 1956, n.1423, o della legge 31 maggio 1965, n.575;

   c) sono stati rimossi, sospesi o dichiarati decaduti ai sensi dell'articolo 142 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, e successive modificazioni.

 

  3. Le sentenze e i provvedimenti definitivi indicati ai commi 1 e 2, emessi nei confronti di deputati in carica, sono comunicati alla Camera dei deputati per la pronuncia della decadenza.

  4. Per tutti gli effetti disciplinati dal presente articolo la sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a condanna.

  5. L'eventuale elezione o nomina di coloro che si trovano nelle condizioni di cui ai commi 1 e 2 è nulla».

 

  2. Al comma 1 dell'articolo 5 del testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione del Senato della Repubblica, di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n.533, dopo le parole: «non si trovano in alcuna delle condizioni» sono inserite le seguenti: «di incandidabilità previste dall'articolo 6-bis e».

  Art. 10-ter. – (Princìpi in materia di incandidabilità, ineleggibilità e incompatibilità dei consiglieri regionali, dei presidenti di regione e dei membri delle giunte regionali). – 1. Dopo l'articolo 3 della legge 2 luglio 2004, n.165, è inserito il seguente:

  «Art. 3-bis. – (Ulteriori disposizioni di principio in materia di incandidabilità, ineleggibilità e incompatibilità). – 1. Le regioni disciplinano con legge i casi di incandidabilità, ineleggibilità e incompatibilità, sulla base dei seguenti principi fondamentali:

   a) sussistenza di cause di incandidabilità, ineleggibilità e incompatibilità per le cariche di consigliere regionale, di componente della Giunta regionale e di Presidente della regione per i soggetti nei confronti dei quali, alla data di pubblicazione della convocazione dei comizi elettorali, è stato emesso un decreto che dispone il giudizio, ovvero è stata disposta una misura cautelare personale non revocata né annullata, ovvero che si trovano in stato di latitanza o di esecuzione di pene detentive, ovvero che sono stati condannati con sentenza anche non definitiva, quando le predette condizioni sono relative a uno dei seguenti delitti:

    1) delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale;

    2) estorsione (articolo 629 del codice penale) e usura (articolo 644 del codice penale);

    3) riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (articoli 648-bis e 648-ter del codice penale);

    4) trasferimento fraudolento di valori (articolo 12-quinquies del decreto-legge 8 giugno 1992, n.306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n.356, e successive modificazioni);

    5) omessa comunicazione delle variazioni patrimoniali da parte delle persone sottoposte a una misura di prevenzione disposta ai sensi della legge 31 maggio 1965, n.575, nonché da parte dei condannati con sentenza definitiva per il delitto previsto dall'articolo 416-bis del codice penale (articolo 31 della legge 13 settembre 1982, n.646);

    6) attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152);

    7) delitti le cui caratteristiche o modalità di commissione rientrano nelle pratiche comuni alle attività a carattere mafioso, previste dall'articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n.152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n.203, e successive modificazioni;

   b) sussistenza di cause di incandidabilità, ineleggibilità e incompatibilità per le cariche di consigliere regionale, di componente della Giunta regionale e di Presidente della Regione per i soggetti per i quali, alla data di pubblicazione della convocazione dei comizi elettorali, ricorre una delle seguenti condizioni:

    1) è stata disposta nei loro confronti l'applicazione di misure di prevenzione personali o patrimoniali, ancorché non definitive, ai sensi della legge 31 maggio 1965, n.575;

    2) sono stati loro imposti divieti, sospensioni e decadenze ai sensi della legge 27 dicembre 1956, n.1423, o della legge 31 maggio 1965, n.575;

    3) sono stati rimossi, sospesi o dichiarati decaduti ai sensi dell'articolo 142 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, e successive modificazioni.

 

  2. Per tutti gli effetti disciplinati dal presente articolo, la sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a condanna.

  3. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano con propria legge, ai sensi dei rispettivi statuti speciali e delle relative norme di attuazione, anche per gli enti locali e gli enti ad ordinamento regionale o provinciale le cause di incandidabilità, di ineleggibilità e di incompatibilità previste per i consiglieri regionali, per i componenti della Giunta regionale e per il Presidente, sulla base dei princìpi fondamentali di cui al comma 1 del presente articolo».

  Art. 10-quater. – (Delega al Governo per la modifica del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, in materia di incandidabilità, ineleggibilità e incompatibilità degli amministratori locali). – 1. Il Governo è delegato ad adottare, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport, con il Ministro dell'interno e con il Ministro per la coesione territoriale, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.281, e successive modificazioni, e previo parere delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili di carattere finanziario, uno o più decreti legislativi per apportare al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, le modifiche strettamente necessarie all'applicazione della disciplina delle incandidabilità, ineleggibilità ed incompatibilità, di cui alla presente legge, ai componenti delle assemblee elettive e delle giunte, nonché ai sindaci e ai presidenti delle province e delle città metropolitane, sulla base dei seguenti prìncipi e criteri direttivi:

   a) prevedere l'applicazione della disciplina delle incandidabilità, ineleggibilità e incompatibilità per i soggetti nei confronti dei quali, alla data di pubblicazione della convocazione dei comizi elettorali, è stato emesso un decreto che dispone il giudizio, ovvero è stata disposta una misura cautelare personale non revocata né annullata, ovvero che si trovano in stato di latitanza o di esecuzione di pene detentive, ovvero che sono stati condannati con sentenza anche non definitiva, quando le predette condizioni sono relative a uno dei seguenti delitti:

    1) delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale;

    2) estorsione (articolo 629 del codice penale) e usura (articolo 644 del codice penale);

    3) riciclaggio e impiego di denaro di provenienza illecita (articoli 648-bis e 648-ter del codice penale);

    4) trasferimento fraudolento di valori (articolo 12-quinquies del decreto-legge 8 giugno 1992, n.306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n.356, e successive modificazioni);

    5) omessa comunicazione delle variazioni patrimoniali da parte delle persone sottoposte a una misura di prevenzione disposta ai sensi della legge 31 maggio 1965, n.575, nonché da parte dei condannati con sentenza definitiva per il delitto previsto dall'articolo 416-bis del codice penale (articolo 31 della legge 13 settembre 1982, n.646);

    6) attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152);

    7) delitti le cui caratteristiche o modalità di commissione rientrino nelle pratiche comuni alle attività a carattere mafioso, previste dall'articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n.152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n.203, e successive modificazioni;

   b) prevedere che la medesima disciplina delle incandidabilità, ineleggibilità e incompatibilità si applica ai soggetti per i quali, alla data di pubblicazione della convocazione dei comizi elettorali, ricorre una delle seguenti condizioni:

    1) è stata disposta nei loro confronti l'applicazione di misure di prevenzione personali o patrimoniali, ancorché non definitive, ai sensi della legge 31 maggio 1965, n.575;

    2) sono stati loro imposti divieti, sospensioni e decadenze ai sensi della legge 27 dicembre 1956, n.1423, o della legge 31 maggio 1965, n.575;

    3) sono stati rimossi, sospesi o dichiarati decaduti ai sensi dell'articolo 142 del medesimo testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, e successive modificazioni;

   c) prevedere che per tutti gli effetti disciplinati dai decreti legislativi adottati in attuazione della delega di cui al presente articolo, la sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a condanna.

 

  2. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano provvedono a disciplinare con propria legge, ai sensi dei rispettivi statuti speciali e delle relative norme di attuazione, anche per gli enti locali e gli enti ad ordinamento regionale o provinciale le cause di incandidabilità, di ineleggibilità e di incompatibilità previste per i soggetti di cui al comma 1 del presente articolo».

10. 11. Di Pietro, Donadi, Favia, Palomba, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Sostituirlo con il seguente:

  Art. 10. – (Cause ostative all'assunzione di incarichi di governo). – 1. Non possono ricoprire incarichi di governo coloro nei confronti dei quali è stato emesso un decreto che dispone il giudizio, ovvero è stata disposta una misura cautelare personale non revocata né annullata, ovvero che si trovano in stato di latitanza o di esecuzione di pene detentive, ovvero che sono stati condannati con sentenza anche non definitiva, quando le predette condizioni siano relative a uno dei seguenti delitti:

   a) delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis del codice di procedura penale;

   b) estorsione (articolo 629 del codice penale) e usura (articolo 644 del codice penale);

   c) riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (articoli 648-bis e 648-ter del codice penale);

   d) trasferimento fraudolento di valori (articolo 12-quinquies del decreto-legge 8 giugno 1992, n.306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n.356, e successive modificazioni);

   e) omessa comunicazione delle variazioni patrimoniali da parte delle persone sottoposte a una misura di prevenzione disposta ai sensi della legge 31 maggio 1965, n.575, nonché da parte dei condannati con sentenza definitiva per il delitto previsto dall'articolo 416-bis del codice penale (articolo 31 della legge 13 settembre 1982, n.646);

   f) attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (articolo 260 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152);

   g) delitti le cui caratteristiche o modalità di commissione rientrano nelle pratiche comuni alle attività a carattere mafioso, previste dall'articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n.152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n.203, e successive modificazioni.

 

  2. Non possono altresì ricoprire incarichi di governo i soggetti per i quali ricorre una delle seguenti condizioni:

   a) è stata disposta nei loro confronti l'applicazione di misure di prevenzione personali o patrimoniali, ancorché non definitive, ai sensi della legge 31 maggio 1965, n.575;

   b) sono stati loro imposti divieti, sospensioni o decadenze ai sensi della legge 27 dicembre 1956, n.1423, ovvero della legge 31 maggio 1965, n.575;

   c) sono stati rimossi, sospesi o dichiarati decaduti ai sensi dell'articolo 142 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni.

 

  3. Per tutti gli effetti disciplinati dal presente articolo la sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a condanna.

  4. L'eventuale nomina di coloro che si trovano nelle condizioni di cui ai commi 1 e 2 è nulla e gli atti eventualmente compiuti dal titolare dell'incarico di governo sono nulli e inefficaci, fatta salva ogni sua ulteriore eventuale responsabilità. I medesimi effetti si determinano qualora le cause ostative di cui ai citati commi 1 e 2 intervengono successivamente all'assunzione di uno degli incarichi di governo di cui al comma 5.

  5. Agli effetti del presente articolo, per titolari di incarichi di governo si intendono il Presidente del Consiglio dei ministri, i vice Presidenti del Consiglio dei ministri, i Ministri, i vice Ministri, i sottosegretari di Stato e i commissari straordinari del Governo di cui all'articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400.

10. 13. Di Pietro, Donadi, Favia, Palomba, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, sostituire le parole da: un anno fino a: divieto di ricoprire le cariche con le seguenti: tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo contenente un testo unico compilativo della vigente normativa in materia di ineleggibilità, incandidabilità ed incompatibilità per le cariche di membro del Parlamento europeo, di deputato e di senatore della Repubblica, di componente delle giunte e dei consigli regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali, nonché.

10. 266. Favia, Donadi, Di Pietro, Palomba, Borghesi, Evangelisti.

 

  Al comma 1, sostituire le parole: un anno con le seguenti: sei mesi.

*10. 253. Melchiorre, Tanoni.

 

  Al comma 1, sostituire le parole: un anno con le seguenti: sei mesi.

*10. 254. Lanzillotta.

 

  Al comma 1, sostituire le parole: un anno con le seguenti: sei mesi.

*10. 258. Ferranti.

 

  Al comma 1, dopo le parole: normativa in materia di incandidabilità aggiungere le seguenti: e di ineleggibilità.

 

  Conseguentemente:

   al medesimo comma, sostituire le parole: di incandidabilità alle elezioni con le seguenti: di incandidabilità e di eleggibilità alle elezioni;

   alla rubrica, dopo la parola: incandidabilità aggiungere le seguenti: , di ineleggibilità.

10. 12. Barbaro, Bocchino, Briguglio, Consolo, Giorgio Conte, Della Vedova, Di Biagio, Divella, Galli, Granata, Lamorte, Lo Presti, Menia, Moroni, Muro, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Toto.

 

  Al comma 1, aggiungere, in fine, le parole: , nonché di consigliere di amministrazione e di presidente delle società per azioni partecipate dallo Stato e da altri enti pubblici.

10. 256. Lanzillotta.

 

  Al comma 2, lettera a), sopprimere la parola: temporaneamente.

  Conseguentemente, al medesimo comma:

   lettera b), sopprimere la parola: temporaneamente;

   sopprimere la lettera c).

*10. 1. Barbaro, Bocchino, Briguglio, Consolo, Giorgio Conte, Della Vedova, Di Biagio, Divella, Galli, Granata, Lamorte, Lo Presti, Menia, Moroni, Muro, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Toto.

 

  Al comma 2, lettera a), sopprimere la parola: temporaneamente.

  Conseguentemente, al medesimo comma:

   lettera b), sopprimere la parola: temporaneamente;

   sopprimere la lettera c).

*10. 2. Favia, Donadi, Di Pietro, Palomba, Borghesi, Evangelisti.

 

  Al comma 2, lettera a), dopo la parola: candidabili aggiungere le seguenti: alla carica di membro del Parlamento europeo spettante all'Italia,

 

  Conseguentemente, al medesimo comma, lettera b), dopo la parola: candidabili aggiungere le seguenti: alla carica di membro del Parlamento europeo spettante all'Italia,

10. 267. Favia, Donadi, Di Pietro, Palomba, Borghesi, Evangelisti.

 

  Al comma 2, lettera a), dopo le parole: riportato condanne aggiungere le seguenti: anche non.

10. 255. Lanzillotta.

 

  Al comma 2, lettera b), sostituire la parola: ovvero con le seguenti: e, se del caso,

10. 268. Paolini, Follegot, Nicola Molteni, Lussana, Isidori.

 

  Al comma 2, lettera d), sostituire le parole: che l'incandidabilità operi anche in caso di applicazione della pena su richiesta, con le seguenti: , ai fini dell'applicazione dell'incandidabilità, l'equiparazione della sentenza emessa.

10. 260. Di Pietro, Palomba, Donadi, Favia, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 2, sostituire la lettera f) con la seguente:

   f) prevedere il divieto di ricoprire cariche di governo per coloro che si trovino nelle medesime condizioni che determinano l'incandidabilità di cui alle lettere a) e b) e disciplinare, altresì, l'applicazione dei principi di cui alle lettere d) e m).

10. 263. Di Pietro, Palomba, Donadi, Favia, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 2, lettera g), aggiungere, in fine, le parole: ; prevedere altresì che nell'Anagrafe degli amministratori locali e regionali, di cui all'articolo 76 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sia fatta menzione delle condanne emesse dalla Corte dei conti ai sensi degli articoli 63, comma 1, e 248, comma 5.

10. 265. Favia, Donadi, Di Pietro, Palomba, Borghesi, Evangelisti.

 

  Al comma 2, sopprimere la lettera h).

10. 261. Favia, Donadi, Di Pietro, Palomba, Borghesi, Evangelisti.

 

  Al comma 2, lettera h), sostituire le parole: valutare per le cariche di cui alla lettera g), in coerenza con le scelte operate in attuazione delle lettere a) con le seguenti: prevedere per le cariche di cui alla lettera g), in coerenza con le scelte operate in attuazione delle lettere a), b).

10. 262. Favia, Donadi, Di Pietro, Palomba, Borghesi, Evangelisti.

 

  Al comma 2, lettera h), dopo le parole: determinate da sentenze aggiungere le seguenti: anche non.

10. 257. Lanzillotta.

 

  Al comma 2, lettera m), aggiungere, in fine, le parole: salvo quanto previsto dall'articolo 66 della Costituzione per le cariche di deputato e senatore.

10. 252. Ria.

 

  Al comma 2, dopo la lettera m) aggiungere la seguente:

   n) prevedere la sanzione della decadenza dai contributi e dalle risorse pubbliche a qualunque titolo erogati per i partiti, movimenti politici nonché formazioni e liste civiche ove presentino candidature in violazione delle disposizioni in materia di incandidabilità.

10. 264. Di Pietro, Donadi, Favia, Palomba, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Aggiungere, in fine, il seguente comma:

  4. In attesa dell'entrata in vigore del decreto legislativo di cui ai commi precedenti, si applica ai candidati alle elezioni per il Parlamento nazionale il regime di incandidabilità previsto dall'articolo 15 della legge 19 marzo 1990, n. 55, e successive modifiche e integrazioni.

10. 250. Mantini, Tassone.

 

  Dopo l'articolo 10, aggiungere il seguente:

  Art. 10-bis. – (Disposizioni in materia di ineleggibilità di coloro che rivestono le cariche di deputato, di senatore o di membro italiano del Parlamento europeo). – 1. Chi ricopre la carica di deputato o senatore non è eleggibile alle cariche seguenti:

   a) sindaco di comune con popolazione superiore a 20.000 abitanti;

   b) presidente di giunta provinciale;

   c) presidente di giunta regionale;

   d) membro italiano del Parlamento europeo.

 

  2. I membri italiani del Parlamento europeo non sono eleggibili alle cariche seguenti:

   a) deputato o senatore della Repubblica italiana;

   b) presidente di giunta regionale;

   c) presidente di giunta provinciale;

   d) sindaco di comune con popolazione superiore a 20.000 abitanti.

10. 0250. Di Pietro, Palomba, Donadi, Favia, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Dopo l'articolo 10, aggiungere il seguente:

  Art. 10-bis. – 1. L'articolo 76 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, è sostituito dal seguente:

  «Art. 76. – (Istituzione dell'anagrafe telematica degli amministratori e degli eletti a cariche pubbliche locali). – 1. È istituita l'anagrafe telematica degli amministratori e degli eletti a cariche pubbliche locali.

  2. Avvenuta la proclamazione degli eletti, l'ufficio del Ministero dell'interno competente in materia elettorale raccoglie ed inserisce nell'anagrafe i dati di cui ai commi 6 e 7, nonché aggiorna i dati medesimi anche in corso di mandato.

  3. Per gli amministratori degli enti locali che non sono membri delle Assemblee elettive, i dati di cui ai commi 6 e 7 sono indicati dalle Assemblee medesime.

  4. Al fine di assicurare la massima trasparenza, chiunque ha il diritto di prendere visione dei dati contenuti nell'anagrafe.

  5. L'anagrafe è pubblicata ed aggiornata a cura del Ministero dell'interno sotto forma di sito internet, con dominio .pro no e facilmente accessibile.

  6. Nel sito internet di cui al comma 5 devono essere disponibili, per ciascun amministratore e per ciascun eletto a cariche pubbliche locali, i seguenti dati:

   a) il nome, il cognome, il luogo o la data di nascita;

   b) il numero di codice fiscale e gli incarichi elettivi ricoperti nel tempo;

   c) la lista o il gruppo di appartenenza o di collegamento;

   d) il titolo di studio o la professione esercitata;

   e) la retribuzione netta lorda, le indennità, i rimborsi e i gettoni di presenza percepiti a qualsiasi titolo dall'ente di appartenenza;

   f) la dichiarazione dei redditi e degli interessi finanziari relativi all'anno precedente l'assunzione dell'incarico e agli anni in cui l'eletto ricopre l'incarico medesimo;

   g) la dichiarazione dei finanziamenti, delle donazioni o di qualsiasi altra elargizione o atto di liberalità;

   h) la dichiarazione delle spese per lo svolgimento dell'incarico, con particolare riferimento a quelle per le consulenze, e comprensiva delle spese per lo staff, per l'ufficio, per i viaggi sia dell'eletto che dello staff, nonché delle spese telefoniche e di quelle relative alla dotazione informatica;

   i) gli atti presentati con il relativo iter;

   l) le presenze ai lavori dell'istituzione e, ove possibile ai sensi dei regolamenti delle rispettive assemblee o organi collegiali, i voti espressi sugli atti adottati dalla stessa.

 

  7. Per ogni società controllata dal comune vengono inserite nel sito internet di cui al comma 5 la ragione sociale, i dati essenziali di bilancio, i nominativi dei consiglieri di amministrazione ed i relativi emolumenti.

  8. Con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza unificata, sono stabiliti i tempi e le modalità per l'attuazione delle disposizioni del presente articolo, al fine di consentire la realizzazione degli adempimenti ivi previsti nell'ambito delle risorse umane finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente.

  9. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

10. 012. Giovanelli, Fontanelli.

 

  Dopo l'articolo 10, aggiungere il seguente:

  Art. 10-bis. – (Avocazione allo Stato dei profitti politici illegittimi). – 1. Sono avocati allo Stato, quali profitti politici illegittimi, gli incrementi patrimoniali non giustificati dalla normale attività parlamentare, amministrativa o professionale, conseguiti a decorrere dal 1o gennaio 2006 da chi ha ricoperto dopo tale data una delle seguenti cariche:

   a) ministro o sottosegretario di Stato;

   b) senatore o deputato della Repubblica;

   c) sindaco di una città capoluogo di provincia o presidente del consiglio provinciale o regionale o presidente della giunta provinciale o regionale;

   d) assessore nelle amministrazioni dei comuni capoluoghi di provincia o nelle amministrazioni provinciali o regionali;

   e) presidente, commissario o direttore generale di enti pubblici statali o parastatali o di enti pubblici economici, e in genere, chiunque abbia conseguito profitti illeciti valendosi della carica politico-amministrativa rivestita.

 

  2. I soggetti nei confronti dei quali si procede per avocazione allo Stato di profitti politici illegittimi possono offrire la prova della legittima provenienza degli incrementi patrimoniali eccedenti la misura della loro normale attività parlamentare, amministrativa o professionale di cui al comma 1.

  3. Ai fini della determinazione della normalità degli incrementi patrimoniali si deve tener conto dell'entità dell'attività svolta, della situazione patrimoniale e familiare alla data dell'accertamento rapportata alla situazione che i soggetti stessi avevano alla data del 1o gennaio 2006, ai sensi di quanto disposto dal comma 1, nonché della natura e delle dimensioni dell'impresa o della società, del lavoro svolto e dei capitali investiti.

  4. A carico dei soggetti indicati al comma 1, lettere a), b) e c), si procede d'ufficio.

  5. I soggetti sottoposti all'accertamento sono invitati a depositare presso la sezione specializzata del Tribunale del circondario presso cui hanno la residenza, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, la descrizione dettagliata del proprio patrimonio, corredata dai relativi atti, titoli o documenti, e comprendente:

   a) i beni da loro posseduti alla data del 1o gennaio 2006 e quelli posseduti alla data di inizio dell'attività parlamentare amministrativa o professionale di cui al comma 1;

   b) i beni che nel corso del periodo successivo alla data di inizio dell'attività parlamentare amministrativa o professionale di cui al comma 1 sono stati acquistati o comunque ricevuti, specificando, per ciascuno di tali beni, la rispettiva provenienza e l'eventuale trasferimento a terzi sia a titolo gratuito che a titolo oneroso.

 

  6. Per l'accertamento degli incrementi patrimoniali che interessano i soggetti indicati al comma 1, lettere d) ed e), si procede su richiesta motivata e firmata anche di privati cittadini, inviata al presidente della sezione specializzata del tribunale competente a decidere.

10. 01. Barbaro, Bocchino, Briguglio, Consolo, Giorgio Conte, Della Vedova, Di Biagio, Divella, Galli, Granata, Lamorte, Lo Presti, Menia, Moroni, Muro, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Toto.

 

A.C. 4434-A – Articolo 13

 

ARTICOLO 13 DEL DISEGNO DI LEGGE N. 4434 NEL TESTO DELLE COMMISSIONI

 

Art. 13.

(Modifiche al codice penale).

 

  1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) all'articolo 32-quater, dopo le parole: «319-bis,» sono aggiunte le seguenti: «319-quater,»;

   b) all'articolo 32-quinquies, dopo le parole: «319-ter» sono aggiunte le seguenti: «, 319-quater, primo comma,»;

   c) al primo comma dell'articolo 314 la parola: «tre» è sostituita dalla seguente: «quattro»;

   d) l'articolo 317 è sostituito dal seguente:

  «Art. 317. – (Concussione). – Il pubblico ufficiale che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro od altra utilità è punito con la reclusione da sei a dodici anni»;

   e) all'articolo 317-bis le parole: «314 e 317» sono sostituite dalle seguenti: «314, 317, 319 e 319-ter»;

   f) l'articolo 318 è sostituito dal seguente:

  «Art. 318. – (Corruzione per l'esercizio della funzione). – Il pubblico ufficiale che, per l'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri, indebitamente riceve, per sé o per un terzo, denaro od altra utilità o ne accetta la promessa è punito con la reclusione da uno a cinque anni»;

   g) all'articolo 319, le parole: «da due a cinque» sono sostituite dalle seguenti: «da quattro a otto»;

   h) all'articolo 319-ter sono apportate le seguenti modificazioni:

    1) nel primo comma, le parole: «da tre a otto» sono sostituite dalle seguenti: «da quattro a dieci»;

    2) nel secondo comma, la parola: «quattro» è sostituita dalla seguente: «cinque»;

   i) dopo l'articolo 319-ter è inserito il seguente:

  «Art. 319-quater. – (Induzione indebita a dare o promettere utilità). – Salvo che il fatto costituisca più grave reato, il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, induce taluno a dare o promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro od altra utilità è punito con la reclusione da tre a otto anni.

  Nei casi previsti dal primo comma, chi dà o promette denaro o altra utilità è punito con la reclusione fino a tre anni»;

   l) all'articolo 320, il primo comma è sostituito dal seguente: «Le disposizioni degli articoli 318 e 319 si applicano anche all'incaricato di un pubblico servizio»;

   m) all'articolo 322 sono apportate le seguenti modificazioni:

    1) nel primo comma, le parole: «che riveste la qualità di pubblico impiegato, per indurlo a compiere un atto del suo ufficio» sono sostituite dalle seguenti: «, per l'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri»;

    2) il terzo comma è sostituito dal seguente:

  «La pena di cui al primo comma si applica al pubblico ufficiale o all'inca

ricato di pubblico servizio che sollecita una promessa o dazione di denaro o altra utilità per l'esercizio delle sue funzioni o dei suoi poteri»;

   n) all'articolo 322-bis sono apportate le seguenti modificazioni:

    1) nel secondo comma, dopo le parole: «Le disposizioni degli articoli» sono inserite le seguenti: «319-quater, secondo comma,»;

    2) nella rubrica, dopo la parola: «concussione,» sono inserite le seguenti: «induzione indebita a dare o promettere utilità»;

   o) all'articolo 322-ter, primo comma, dopo le parole: «a tale prezzo» sono aggiunte le seguenti: «o profitto»;

   p) all'articolo 323, primo comma, le parole: «da sei mesi a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «da uno a quattro anni»;

   q) all'articolo 323-bis, dopo la parola: «319,» è inserita la seguente: «319-quater,»;

   r) dopo l'articolo 346 è inserito il seguente:

  «Art. 346-bis. – (Traffico di influenze illecite). – Chiunque, fuori dai casi di concorso nei reati di cui agli articoli 318, 319 e 319-ter, sfruttando relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o con un incaricato di un pubblico servizio, indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale, come prezzo della propria mediazione illecita, ovvero per remunerare il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, è punito con la reclusione da uno a tre anni.

  La stessa pena si applica a chi indebitamente dà o promette denaro o altro vantaggio patrimoniale.

  La pena è aumentata se il soggetto che indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio.

  Le pene sono altresì aumentate se i fatti sono commessi in relazione all'esercizio di attività giudiziarie.

  Se i fatti sono di particolare tenuità, la pena è diminuita».

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 13 DEL DISEGNO DI LEGGE

 

ART. 13.

(Modifiche al codice penale).

 

  Sostituirlo con il seguente:

  Art. 9. – (Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale) – 1. L'articolo 317 del codice penale è sostituito dal seguente:

  «Art. 317. – (Corruzione e concussione). – Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe o induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità è punito con la reclusione da quattro a dodici anni.

  Con la stessa pena è punito il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che riceve per sé o per un terzo denaro o altra utilità o ne accetta la promessa, in relazione al compimento, all'omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio, ovvero al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio.

  La condanna comporta l'interdizione perpetua del condannato dai pubblici uffici».

 

  2. L'articolo 318 del codice penale è sostituito dal seguente:

  «Art. 318. – (Pene per il corruttore). – Chiunque dà o promette denaro o altra utilità non dovuti a un pubblico ufficiale o a un incaricato di un pubblico servizio, in relazione al compimento, all'omissione o al ritardo di un atto dell'ufficio, ovvero al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio, è punito con la reclusione da tre a otto anni».

 

  3. L'articolo 319 del codice penale è sostituito dal seguente:

  «Art. 319. – (Confisca del prezzo o profitto della corruzione). – Nel caso di condanna per il reato di cui all'articolo 317 è sempre ordinata, la confisca di una somma pari a quanto ricevuto dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di pubblico servizio.

  Nel caso di condanna per il reato di cui all'articolo 318 è sempre ordinata la confisca di una somma pari al profitto conseguito dal corruttore in forza dell'atto contrario al dovere di ufficio. Si presume che il profitto sia pari a quanto erogato, salva la prova che sia stato maggiore.

  Le somme confiscate ai sensi del presente articolo sono messe a disposizione dei danneggiati dal reato per l'eventuale risarcimento dei danni».

 

  4. L'articolo 320 del codice penale è sostituito dal seguente:

  «Art. 320. – (Termini di prescrizione). – Se il delitto di cui all'articolo 318 è stato commesso per ottenere l'occultamento o la mancata persecuzione di reati, il termine di prescrizione per i reati occultati, non ancora decorso, ricomincia a decorrere per intero dal momento della consumazione del delitto di corruzione. Se il delitto di cui all'articolo 318 è stato commesso in relazione ad accertamenti tributari, il termine di prescrizione, non ancora decorso, per i debiti tributari che avrebbero potuto essere oggetto di accertamento ricomincia a decorrere dal momento della consumazione del delitto predetto e l'accertamento deve essere rinnovato entro il termine di sei mesi dalla sentenza di condanna, anche non definitiva».

 

  5. Nel caso di condanna per violazione dei divieti di cui all'articolo 7 della legge 2 maggio 1974, n. 195, e all'articolo 4 della legge 18 novembre 1981, n. 659, e successive modificazioni, è ordinata la confisca, ai sensi dell'articolo 244 del codice penale o dell'articolo 20 della legge 24 novembre 1981, n. 689, di una somma pari a quanto erogato, a carico di chi ha ricevuto la somma. Le somme confiscate ai sensi del comma 1 sono messe a disposizione dei danneggiati dal reato per l'eventuale risarcimento dei danni.

  6. L'articolo 321 del codice penale è sostituito dal seguente:

  «Art. 321. – (Causa di non punibilità per la corruzione). – Non è punibile chi abbia commesso il fatto previsto dall'articolo 317, secondo comma, o dall'articolo 318, qualora, prima che la notizia di reato sia stata iscritta nel registro generale a suo nome e comunque entro tre mesi dalla sua commissione, spontaneamente lo denunci, fornendo indicazioni utili per l'individuazione degli altri responsabili.

  La non punibilità del corrotto e altresì subordinata alla condizione che, nello stesso rime di cui al primo comma, egli versi o renda comunque irrevocabilmente disponibile all'autorità giudiziaria una somma pari a quanto ricevuto».

 

  7. Le sanzioni previste dall'articolo 7 della legge 2 maggio 1974, n. 195, e dall'articolo 4 della legge 18 novembre 1981, n. 659, e successive modificazioni, non si applicano nei confronti di chi, entro tre mesi dalla consumazione del reato o dell'illecito amministrativo, spontaneamente denuncia il fatto fornendo indicazioni utili per l'individuazione degli altri responsabili.

13. 261. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, alla lettera a), premettere la seguente:

   0a) all'articolo 32-ter, secondo comma, la parola: «tre» è sostituita dalla seguente: «cinque».

13. 71. Ferranti, Andrea Orlando, Rossomando, Tenaglia, Capano, Cavallaro, Samperi, Picierno.

 

  Al comma 1, sopprimere la lettera a).

13. 27. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, sostituire la lettera a) con le seguenti:

   a) all'articolo 29 dopo il primo comma è inserito il seguente:

  «La condanna alla reclusione superiore a due anni per uno dei delitti previsti dal Libro II, titolo II, capo I comporta l'interdizione perpetua dai pubblici uffici»;

   a-bis) all'articolo 157, comma sesto, dopo le parole: «sono raddoppiati» sono aggiunte le seguenti: «per i reati contro la pubblica amministrazione e».

13. 262. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, sostituire la lettera a) con la seguente:

   a) l'articolo 32-quater del codice penale è sostituito dal seguente:

  «Art. 32-quater. – (Casi nei quali alla condanna consegue l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione). – Ogni condanna per i delitti previsti dagli articoli 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 320, 321, 322, 322-bis, 353, 355, 356, 416, 416-bis, 437, 501, 501-bis, 640, secondo comma, numero 1), 640-bis e 644 commessi in danno o in vantaggio di un'attività imprenditoriale o comunque in relazione a essa importa l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione».

 

  Conseguentemente, aggiungere, in fine, il seguente comma:

  2. All'articolo 275, comma 3, del codice di procedura penale, dopo le parole: «, nonché in ordine ai delitti di cui agli articoli» sono inserite le seguenti: «317, 318,».

13. 260. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, sostituire la lettera a) con la seguente:

   a) l'articolo 32-quater del codice penale è sostituito dal seguente:

  «Art. 32-quater. – (Casi nei quali alla condanna consegue l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione). – Ogni condanna per i delitti previsti dagli articoli 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 320, 321, 322, 322-bis, 353, 355, 356, 416, 416-bis, 437, 501, 501-bis, 640, secondo comma, numero 1), 640-bis e 644 commessi in danno o in vantaggio di un'attività imprenditoriale o comunque in relazione a essa importa l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione».

13. 263. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, dopo la lettera a), aggiungere la seguente:

   a-bis) all'articolo 32-quinquies, le parole: «tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «due anni».

13. 73. Ferranti, Andrea Orlando, Rossomando, Tenaglia, Capano, Cavallaro, Samperi, Picierno.

 

  Al comma 1, sopprimere la lettera b).

13. 28. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, sostituire la lettera b) con la seguente:

   b) all'articolo 32-quinquies, sono apportate le seguenti modificazioni:

    1) le parole: «alla reclusione per un tempo non inferiore a tre anni» sono soppresse;

    2) dopo le parole: «319-ter» sono aggiunte le seguenti: «, 319-quater, primo comma,»;

    3) è aggiunto, in fine il seguente periodo: «Tale pena si applica, altresì, nel caso di sentenza di condanna intervenuta ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale».

 

  Conseguentemente, aggiungere, in fine, il seguente comma:

  2. All'articolo 445 del codice di procedura penale, comma 1, le parole: «fatta eccezione della confisca nei casi previsti dall'articolo 240 del codice penale» sono sostituite dalle seguenti: «fatta eccezione dell'estinzione del rapporto di impiego e di lavoro nonché della confisca nei casi previsti rispettivamente dall'articolo 32-quinquies e 240 del codice penale»;

13. 401. Bocchino, Barbaro, Briguglio, Consolo, Giorgio Conte, Della Vedova, Di Biagio, Divella, Galli, Granata, Lamorte, Lo Presti, Menia, Moroni, Muro, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Toto.

 

  Al comma 1, dopo la lettera b) aggiungere la seguente:

   b-bis) all'articolo 157, sesto comma, dopo le parole: «589, secondo terzo e quarto comma» sono aggiunte le seguenti: «, per i reati di cui agli articoli 314, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater».

13. 311. Ferranti, Andrea Orlando, Rossomando, Tenaglia, Capano, Cavallaro, Samperi, Picierno.

 

  Al comma 1, dopo la lettera b) aggiungere la seguente:

   b-bis) all'articolo 161, secondo comma, dopo le parole: «articolo 99, secondo comma» sono aggiunte le seguenti: «nonché per reati di cui agli articoli 314, 317, 318 319, 319-ter, 319-quater».

13. 312. Ferranti, Andrea Orlando, Rossomando, Tenaglia, Capano, Cavallaro, Samperi, Picierno.

 

  Al comma 1, dopo la lettera b) aggiungere la seguente:

   b-bis) all'articolo 166, primo comma, sono aggiunte, in fine, le seguenti: «salvo che nei casi di condanna per i reati di cui agli articoli 314, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, 322, 322-bis, primo comma.».

13. 86. Ferranti, Andrea Orlando, Rossomando.

 

  Al comma 1, sopprimere la lettera c).

13. 111. Sisto.

 

  Al comma 1, sostituire la lettera c) con la seguente:

   c) all'articolo 314:

    1) al primo comma, le parole: «da tre a dieci anni» sono sostituite dalle seguenti: «da quattro a dodici anni»;

    2) dopo il secondo comma è aggiunto, infine, il seguente:

  «La condanna per i fatti previsti dal primo comma importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici».

13. 60. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, sostituire la lettera c) con la seguente:

   c) all'articolo 314, primo comma, le parole: «da tre a dieci anni» sono sostituite dalle seguenti: «da quattro a dodici anni»;

13. 265. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, dopo la lettera c), aggiungere la seguente:

   c-bis) all'articolo 316, le parole: «da sei mesi a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «da uno a cinque anni».

13. 266. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, dopo la lettera c), aggiungere la seguente:

   c-bis) All'articolo 316-bis, le parole: «da sei mesi a quattro anni» sono sostituite dalle seguenti: «da uno a sei anni».

13. 267. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, sopprimere la lettera d)

 

  Conseguentemente, dopo la lettera f), aggiungere la seguente:

   f-bis) dopo l'articolo 318 è aggiunto il seguente:

  «Art. 318-bis. – (Confisca del prezzo o profitto della corruzione). – Nel caso di condanna per il reato di cui all'articolo 317 è sempre ordinata, la confisca di una somma pari a quanto ricevuto dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di pubblico servizio.

  Nel caso di condanna per il reato di cui all'articolo 318 è sempre ordinata la confisca di una somma pari al profitto conseguito dal corruttore in forza dell'atto contrario al dovere di ufficio. Si presume che il profitto sia pari a quanto erogato, salva la prova che sia stato maggiore.

  Le somme confiscate ai sensi del presente articolo sono messe a disposizione dei danneggiati dal reato per l'eventuale risarcimento dei danni».

13. 281. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, sopprimere la lettera d)

 

  Conseguentemente, dopo la lettera f), aggiungere la seguente:

   f-bis) dopo l'articolo 318 è aggiunto il seguente: «Art. 318-bis. – (Termini di prescrizione). – Se il delitto di cui all'articolo 318 è stato commesso per ottenere l'occultamento o la mancata persecuzione di reati, il termine di prescrizione per i reati occultati, non ancora decorso, ricomincia a decorrere per intero dal momento della consumazione del delitto di corruzione. Se il delitto di cui all'articolo 318 è stato commesso in relazione ad accertamenti tributari, il termine di prescrizione, non ancora decorso, per i debiti tributari che avrebbero potuto essere oggetto di accertamento ricomincia a decorrere dal momento della consumazione del delitto predetto e l'accertamento deve essere rinnovato entro il termine di sei mesi dalla sentenza di condanna, anche non definitiva».

13. 282. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, sopprimere la lettera d)

 

  Conseguentemente, dopo la lettera l), aggiungere la seguente:

   l-bis) l'articolo 321 è sostituito dal seguente:

  «Art. 321. – (Pene per il corruttore). – Chiunque dà o promette denaro o altra utilità non dovuti a un pubblico ufficiale o a un incaricato di un pubblico servizio, in relazione al compimento, all'omissione o al ritardo di un atto dell'ufficio, ovvero al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio, è punito con la reclusione da tre a otto anni.»

13. 480. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, sopprimere la lettera d).

13. 29. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, sostituire la lettera d) con la seguente:

   d) l'articolo 317 è sostituito dal seguente:

  «Art. 317. – (Corruzione e concussione). – Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe o induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità è punito con la reclusione da quattro a dodici anni.

  Con la stessa pena è punito il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che riceve per sé o per un terzo denaro o altra utilità o ne accetta la promessa, in relazione al compimento, all'omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio, ovvero al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio. La condanna comporta l'interdizione perpetua del condannato dai pubblici uffici».

 

  Conseguentemente:

   sostituire la lettera f) con la seguente:

    f) l'articolo 318 è sostituito dal seguente:

  «Art. 318. – (Pene per il corruttore). – Chiunque dà o promette denaro o altra utilità non dovuti a un pubblico ufficiale o a un incaricato di un pubblico servizio, in relazione al compimento, all'omissione o al ritardo di un atto dell'ufficio, ovvero al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio, è punito con la reclusione da tre a otto anni».

   sostituire la lettera g) con la seguente:

    g) l'articolo 319 è sostituito dal seguente:

  «Art. 319. – (Confisca del prezzo o profitto della corruzione). – Nel caso di condanna per il reato di cui all'articolo 317 è sempre ordinata, la confisca di una somma pari a quanto ricevuto dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di pubblico servizio.

  Nel caso di condanna per il reato di cui all'articolo 318 è sempre ordinata la confisca di una somma pari al profitto conseguito dal corruttore in forza dell'atto contrario al dovere di ufficio. Si presume che il profitto sia pari a quanto erogato, salva la prova che sia stato maggiore. Le somme confiscate ai sensi del presente articolo sono messe a disposizione dei danneggiati dal reato per l'eventuale risarcimento dei danni».

 

   sostituire la lettera l) con la seguente:

    l) l'articolo 320 è sostituito dal seguente:

  «Art. 320. – (Termini di prescrizione). – Se il delitto di cui all'articolo 318 è stato commesso per ottenere l'occultamento o la mancata persecuzione di reati, il termine di prescrizione per i reati occultati, non ancora decorso, ricomincia a decorrere per intero dal momento della consumazione del delitto di corruzione. Se il delitto di cui all'articolo 318 è stato commesso in relazione ad accertamenti tributari, il termine di prescrizione, non ancora decorso, per i debiti tributari che avrebbero potuto essere oggetto di accertamento ricomincia a decorrere dal momento della consumazione del delitto predetto e l'accertamento deve essere rinnovato entro il termine di sei mesi dalla sentenza di condanna, anche non definitiva».

   dopo la lettera l) aggiungere la seguente:

    l-bis) l'articolo 321 è sostituito dal seguente:

  «Art. 321. – (Causa di non punibilità per la corruzione). – Non è punibile chi abbia commesso il fatto previsto dall'articolo 317, secondo comma, o dall'articolo 318, qualora, prima che la notizia di reato sia stata iscritta nel registro generale a suo nome e comunque entro tre mesi dalla sua commissione, spontaneamente lo denunci, fornendo indicazioni utili per l'individuazione degli altri responsabili.

  La non punibilità del corrotto è altresì subordinata alla condizione che, nello stesso termine di cui al primo comma, egli versi o renda comunque irrevocabilmente disponibile all'autorità giudiziaria una somma pari a quanto ricevuto».

   aggiungere, in fine, i seguenti commi:

  2. Nel caso di condanna per violazione dei divieti di cui all'articolo 7 della legge 2 maggio 1974, n. 195, e all'articolo 4 della legge 18 novembre 1981, n. 659, e successive modificazioni, è ordinata la confisca, ai sensi dell'articolo 244 del codice penale o dell'articolo 20 della legge 24 novembre 1981, n. 689, di una somma pari a quanto erogato, a carico di chi ha ricevuto la somma.

  3. Le somme confiscate ai sensi del comma 5 sono messe a disposizione dei danneggiati dal reato per l'eventuale risarcimento dei danni.

  4. Le sanzioni previste dall'articolo 7 della legge 2 maggio 1974, n. 195, e dall'articolo 4 della legge 18 novembre 1981, n. 659, e successive modificazioni, non si applicano nei confronti di chi, entro tre mesi dalla consumazione del reato o dell'illecito amministrativo, spontaneamente denuncia il fatto fornendo indicazioni utili per l'individuazione degli altri responsabili.

13. 270. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, sostituire la lettera d) con la seguente:

   d) gli articoli 317, 317-bis, 318 e 319 sono sostituiti dai seguenti:

  «Art. 317. – (Corruzione e concussione). – Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe o induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità è punito con la reclusione da quattro a dodici anni.

  Con la stessa pena è punito il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che riceve per sé o per un terzo denaro o altra utilità o ne accetta la promessa, in relazione al compimento, all'omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio, ovvero al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio.

  La condanna importa l'interdizione perpetua del condannato dai pubblici uffici.

  Art. 317-bis. – (Pene per il corruttore). – Chiunque dà o promette denaro o altra utilità non dovuti a un pubblico ufficiale o a un incaricato di un pubblico servizio, in relazione al compimento, all'omissione o al ritardo di un atto dell'ufficio, ovvero al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio, è punito con la reclusione da tre a otto anni.

  Art. 318. – (Confisca del prezzo o profitto della corruzione). – Nel caso di condanna per il reato di cui all'articolo 317 è sempre ordinata la confisca di una somma pari a quanto ricevuto dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di pubblico servizio.

  Nel caso di condanna per il reato di cui all'articolo 318 è sempre ordinata la confisca di una somma pari al profitto conseguito dal corruttore in forza dell'atto contrario al dovere di ufficio. Si presume che il profitto sia pari a quanto erogato, salva la prova che sia stato maggiore. Le somme confiscate ai sensi del presente articolo sono messe a disposizione dei danneggiati dal reato per l'eventuale risarcimento dei danni.

  Art. 319. – (Termini di prescrizione). – Se il delitto di cui all'articolo 318 è stato commesso per ottenere l'occultamento o la mancata persecuzione di reati, il termine di prescrizione per i reati occultati, non ancora decorso, ricomincia a decorrere per intero dal momento della consumazione del delitto di corruzione. Se il delitto di cui all'articolo 318 è stato commesso in relazione ad accertamenti tributari, il termine di prescrizione, non ancora decorso, per i debiti tributari che avrebbero potuto essere oggetto di accertamento ricomincia a decorrere dal momento della consumazione del delitto predetto e l'accertamento deve essere rinnovato entro il termine di sei mesi dalla sentenza di condanna, anche non definitiva».

 

  Conseguentemente:

   sopprimere le lettere e), f) e g);

   dopo la lettera l), aggiungere la seguente:

    l-bis) l'articolo 321 è abrogato.

13. 33. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, sostituire la lettera d) con la seguente:

   d) l'articolo 317 è sostituito dal seguente:

  «Art. 317. – (Corruzione e concussione). – Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe o induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità è pulito con la reclusione da quattro a dodici anni.

  Con la stessa pena è punito il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che riceve per sé o per un terzo denaro o altra utilità o ne accetta la promessa, in relazione al compimento, all'omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio, ovvero al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio.

  La condanna comporta l'interdizione perpetua del condannato dai pubblici uffici.

  Non è punibile chi abbia commesso il fatto qualora, prima che la notizia di reato sia stata iscritta nel registro generale a suo nome spontaneamente lo denunci, fornendo indicazioni utili per l'individuazione degli altri responsabili.».

 

  Conseguentemente sopprimere la lettera i).

13. 280. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Sostituire la lettera d) con la seguente:

 

  d) l'articolo 317 è sostituito dal seguente:

  «Art. 317 – (Corruzione e concussione). – Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe o induce taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro od altra utilità, o ne accetta la promessa in relazione al compimento, all'omissione o al ritardo di un atto o di attività del suo ufficio, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni».

 

  Conseguentemente sopprimere la lettera i).

13. 10. Barbaro, Bocchino, Briguglio, Consolo, Giorgio Conte, Della Vedova, Di Biagio, Divella, Galli, Granata, Lamorte, Lo Presti, Menia, Moroni, Muro, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Toto.

 

  Al comma 1, sostituire la lettera d) con la seguente:

   d) All'articolo 317, le parole: «da quattro a dodici anni» sono sostituite dalle seguenti: «da cinque a quattordici anni».

 

  Conseguentemente sopprimere la lettera i).

13. 268. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, lettera d), capoverso, sostituire le parole: che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe con le seguenti: o l'incaricato di pubblico servizio che abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe o induce.

 

  Conseguentemente sopprimere la lettera i).

13. 271. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, lettera d), capoverso, sostituire le parole: che, abusando con leseguenti: o l'incaricato di pubblico servizio che, abusando.

*13. 74. Ferranti, Andrea Orlando, Rossomando, Tenaglia, Capano, Cavallaro, Samperi, Picierno.

 

  Al comma 1, lettera d), capoverso, sostituire le parole: che, abusando con le seguenti: o l'incaricato di pubblico servizio che, abusando.

*13. 250. Ria.

 

  Al comma 1, lettera d), capoverso, sostituire le parole: che, abusando con le seguenti: o l'incaricato di pubblico servizio che, abusando.

*13. 402. Barbaro, Bocchino, Briguglio, Consolo, Giorgio Conte, Della Vedova, Di Biagio, Divella, Galli, Granata, Lamorte, Lo Presti, Menia, Moroni, Muro, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Toto.

 

  Al comma 1, lettera d), capoverso, sostituire le parole da: taluno a dare fino alla fine del capoverso con le seguenti: intenzionalmente taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità, è punito con la reclusione da sei a dodici anni. Se alla promessa non segue nessuna dazione di denaro o altra utilità, il pubblico ufficiale è punito con la reclusione da cinque a dieci anni. Qualora la promessa non sia accettata il pubblico ufficiale soggiace alla pena prevista ridotta di un terzo.

13. 5. Siliquini.

 

  Al comma 1, lettera d), capoverso, sostituire la parola: sei con la seguente: quattro.

13. 98. Contento, Sisto.

 

  Al comma 1, lettera d), capoverso, sostituire la parola: sei con la seguente: cinque.

13. 450. Contento.

 

  Al comma 1, sostituire la lettera e) con la seguente:

   e) l'articolo 317-bis è sostituito dal seguente:

  «Art. 317-bis. – (Pene accessorie). – La condanna per i reati di cui agli articoli 314, primo comma, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 322, 322-bis, 353, 353-bis e 356 importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici»;

 

  Conseguentemente:

   dopo la lettera r) aggiungere le seguenti:

    r-bis) dopo l'articolo 417 è inserito il seguente:

  «Art. 417-bis. – (Pene accessorie). – La condanna per i reati di cui agli articoli 416, 416-bis e 416-ter importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici»;

   r-ter) dopo l'articolo 648-ter è inserito il seguente:

  «Art. 648-ter.1. – (Pene accessorie). – La condanna per i reati di cui agli articoli 628, 629 e 644 importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici»;

   dopo l'articolo 13 aggiungere il seguente:

  «Art. 13-bis. – (Modifiche al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152). – 1. All'articolo 260, il comma 3 è sostituito dal seguente:

  “3. Alla condanna consegue la pena accessoria dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici”».

13. 4. Bocchino, Barbaro, Briguglio, Consolo, Giorgio Conte, Della Vedova, Di Biagio, Divella, Galli, Granata, Lamorte, Lo Presti, Menia, Moroni, Muro, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Toto.

 

  Al comma 1, sostituire la lettera e) con la seguente:

   e) l'articolo 317-bis è sostituito dal seguente:

  «Art. 317-bis. – (Pene accessorie). – La condanna per i reati di cui agli articoli 314 e 317 importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici».

*13. 269. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, sostituire la lettera e) con la seguente:

   e) l'articolo 317-bis è sostituito dal seguente:

  «Art. 317-bis. – (Pene accessorie). – La condanna per i reati di cui agli articoli 314 e 317 importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici».

*13. 403. Barbaro, Bocchino, Briguglio, Consolo, Giorgio Conte, Della Vedova, Di Biagio, Divella, Galli, Granata, Lamorte, Lo Presti, Menia, Moroni, Muro, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Toto.

 

  Al comma 1, lettera e), sostituire le parole: 314, 317, 319 e 319-ter con le seguenti: 314, primo comma, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, primo comma, e 322-bis primo comma.

13. 740. Ferranti, Andrea Orlando, Rossomando, Tenaglia, Capano, Cavallaro, Samperi, Picierno.

 

  Al comma 1, lettera e), aggiungere in fine le parole: e la parola «tre» è sostituita dalla seguente: «due»

13. 380. Ferranti, Andrea Orlando, Rossomando, Tenaglia, Capano, Cavallaro, Samperi, Picierno.

 

  Al comma 1, sopprimere la lettera f).

 

  Conseguentemente:

   sopprimere la lettera i);

   dopo la lettera l), aggiungere la seguente:

   l-bis) l'articolo 321 è sostituito dal seguente:

  «Art. 321. – (Pene per il corruttore). – Chiunque indebitamente dà o promette a un pubblico ufficiale o a un incaricato di un pubblico servizio, anche se a seguito di sollecitazione o induzione del medesimo, denaro o altra utilità in relazione al compimento o all'omissione di un atto del suo ufficio o comunque in relazione alla sua qualità, alle sue funzioni, o alla sua attività, è punito con la reclusione da tre a otto anni.»

13. 400. Barbaro, Bocchino, Briguglio, Consolo, Giorgio Conte, Della Vedova, Di Biagio, Divella, Galli, Granata, Lamorte, Lo Presti, Menia, Moroni, Muro, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Toto.

 

  Al comma 1, sopprimere la lettera f).

13. 13. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, lettera f), capoverso, dopo la parole: dei suoi poteri, aggiungere la seguente: intenzionalmente e.

13. 6. Siliquini.

 

  Al comma 1, lettera f), capoverso, sostituire la parola: indebitamente con la seguente: intenzionalmente.

13. 460. Siliquini.

 

  Al comma 1, lettera f), capoverso, sostituire le parole: altra utilità con le seguenti: una retribuzione che non gli è dovuta.

13. 461. Siliquini.

 

  Al comma 1, lettera f), capoverso, dopo le parole: altra utilità aggiungere le seguenti: o una retribuzione che non gli è dovuta.

13. 200. Siliquini.

 

  Al comma 1, lettera f), capoverso, sostituire le parole: uno a cinque con le seguenti: due a quattro.

 

  Conseguentemente, al medesimo comma, lettera g), sostituire la parola: otto con la seguente: sette.

13. 252. Melchiorre, Tanoni.

 

  Dopo la lettera f), aggiungere la seguente:

   f-bis) dopo l'articolo 318 è aggiunto il seguente:

  «Art. 318-bis. – (Confisca del prezzo o profitto della corruzione) – Nel caso di condanna per il reato di cui all'articolo 317 è sempre ordinata, la confisca di una somma pari a quanto ricevuto dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di pubblico servizio.

  Nel caso di condanna per il reato di cui all'articolo 318 è sempre ordinata la confisca di una somma pari al profitto conseguito dal corruttore in forza dell'atto contrario al dovere di ufficio. Si presume che il profitto sia pari a quanto erogato, salva la prova che sia stato maggiore.

  Le somme confiscate ai sensi del presente articolo sono messe a disposizione dei danneggiati dal reato per l'eventuale risarcimento dei danni».

13. 481. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, lettera g), sostituire le parole: da quattro a otto con le seguenti: da tre a sette.

13. 451. Sisto.

 

  Al comma 1, lettera g), sostituire la parola: quattro con la seguente due.

13. 100. Contento.

 

  Al comma 1, sostituire la lettera h) con la seguente:

   h) l'articolo 319-ter è sostituito dal seguente:

  «Art. 319-ter. – (Corruzione in atti giudiziari). – Il pubblico ufficiale che al fine di favorire o danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo riceve per sé, o per un terzo, denaro o altra utilità, ovvero ne accetta la promessa, è punito con la reclusione da tre a dieci anni.

  Se dal fatto deriva l'ingiusta condanna a pena detentiva non superiore a cinque anni, la pena è della reclusione da quattro a dodici anni; se deriva l'ingiusta condanna a pena detentiva superiore a cinque anni o all'ergastolo, la pena è della reclusione da sei a venti anni».

13. 452. Sisto.

 

  Al comma 1, lettera h), numero 1), sostituire la parola: quattro con la seguente: tre.

 

  Conseguentemente, alla medesima lettera, sopprimere il numero 2).

13. 101. Contento.

 

  Al comma 1, lettera h), numero 1), sostituire la parola: quattro con la seguente: tre.

13. 115. Sisto.

 

  Al comma 1, lettera h), sopprimere il numero 2).

13. 116. Sisto.

 

  Al comma 1, sopprimere la lettera i).

*13. 39. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, sopprimere la lettera i).

*13. 453. Sisto.

 

  Al comma 1, lettera i), capoverso, primo comma, dopo le parole: dei suoi poteri, aggiungere la seguente: intenzionalmente.

13. 7. Siliquini.

 

  Al comma 1, lettera i), capoverso, primo comma, sostituire le parole: altra utilità con le seguenti: altro vantaggio patrimoniale.

 

  Conseguentemente al medesimo capoverso, secondo comma, sostituire le parole: altra utilità con le seguenti: altro vantaggio patrimoniale

13. 454. Sisto.

 

  Al comma 1, lettera i), capoverso, primo comma, dopo le parole: altra utilità aggiungere la seguente: patrimoniale.

 

  Conseguentemente al medesimo capoverso, secondo comma dopo le parole: altra utilità aggiungere la seguente: patrimoniale.

13. 456. Sisto.

 

  Al comma 1, lettera i), capoverso, primo comma, sostituire le parole: tre a otto con le seguenti: sei a dodici.

13. 290. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, lettera i), capoverso, primo comma, sostituire le parole: tre a otto con le seguenti: quattro a undici.

13. 292. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, lettera i), capoverso, primo comma, sostituire le parole: tre a otto con le seguenti: quattro a dieci.

 

  Conseguentemente, al medesimo capoverso, secondo comma, sostituire le parole: fino a tre anni con le seguenti: da sei mesi a tre anni.

13. 78. Ferranti, Andrea Orlando, Rossomando, Tenaglia, Capano, Cavallaro, Samperi, Picierno.

 

  Al comma 1, lettera i), capoverso, primo comma, sostituire le parole: tre a otto con le seguenti: quattro a dieci.

13. 291. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, lettera i), capoverso, primo comma, sostituire la parola: tre con la seguente: due.

13. 102. Contento.

 

  Al comma 1, lettera i), capoverso, primo comma, sostituire le parole: otto anni con le seguenti: dieci anni.

13. 381. Ferranti, Andrea Orlando, Rossomando, Tenaglia, Capano, Cavallaro, Samperi, Picierno.

 

  Al comma 1, lettera i), capoverso, sopprimere il secondo comma

13. 293. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, lettera i), capoverso, aggiungere i seguenti commi:

  Se alla promessa non segue la dazione il pubblico ufficiale è punito da due anni e sei mesi a 7 anni di reclusione.

  Qualora la promessa non sia accettata il pubblico ufficiale soggiace alla pena prevista dal primo comma, ridotta di un terzo.

13. 201. Siliquini.

 

  Al comma 1, lettera i), capoverso, aggiungere, in fine, il seguente comma:

  «In deroga al quarto comma dell'articolo 2 il presente articolo non si applica ai processi in corso che proseguono con l'imputazione originaria».

13. 295. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, lettera i), capoverso, aggiungere, in fine, il seguente comma:

  «In deroga al quarto comma dell'articolo 2 il presente articolo non si applica ai processi in corso».

13. 294. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, dopo la lettera l), aggiungere la seguente:

   l-bis) all'articolo 321 le parole: «nel primo comma dell'articolo 318» sono sostituite dalle seguenti: «dall'articolo 318».

13. 77. Ferranti, Andrea Orlando, Rossomando, Tenaglia, Capano, Cavallaro, Samperi, Picierno.

 

  Al comma 1, dopo la lettera l), aggiungere la seguente:

   l-bis) dopo l'articolo 321 è aggiunto il seguente: «Art. 321-bis. – (Confisca del prezzo o profitto della corruzione o concussione). – Nel caso di condanna per i reati di cui agli articoli 317, 318, 319, 319-ter e 319-quater è conseguente la confisca di una somma pari a quanto ricevuto dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di pubblico servizio. Nel caso di condanna per il reato di cui all'articolo 319 è conseguente la confisca di una somma pari al profitto conseguito dal corruttore in forza dell'atto contrario al dovere di ufficio.

  Le somme confiscate ai sensi del presente articolo sono messe a disposizione dei danneggiati dal reato per l'eventuale risarcimento dei danni».

13. 404. Barbaro, Bocchino, Briguglio, Consolo, Giorgio Conte, Della Vedova, Di Biagio, Divella, Galli, Granata, Lamorte, Lo Presti, Menia, Moroni, Muro, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Toto.

 

  Al comma 1, sopprimere la lettera m).

13. 42. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, sostituire la lettera m) con la seguente:

   m) l'articolo 322 è sostituito dal seguente:

  «Art. 322. – (Istigazione alla concussione-corruzione). – Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, sollecita una promessa o dazione di denaro o altra utilità soggiace, qualora la sollecitazione non sia accolta, alla pena stabilita dall'articolo 317, ridotta di un terzo.

  Chiunque offre o promette indebitamente denaro o altra utilità a un pubblico ufficiale o a un incaricato di pubblico servizio nei casi di cui al secondo comma dell'articolo 317 soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita dal medesimo articolo 318 ridotta di un terzo. Se l'offerta o la promessa è effettuata nei casi di cui all'articolo 319-ter, si applica la pena stabilita dal medesimo articolo 319-ter, terzo comma, ridotta di un terzo».

13. 43. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, sostituire la lettera m) con la seguente:

   m) l'articolo 322 è sostituito dal seguente:

  «Art. 322. – (Istigazione alla concussione). – Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, sollecita una promessa o dazione di denaro o altra utilità soggiace, qualora la sollecitazione non sia accolta, alla pena stabilita dall'articolo 317, ridotta di un terzo.»

13. 300. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, sostituire la lettera m) con la seguente:

   m) l'articolo 322 è sostituito dal seguente:

  «Art. 322. – (Istigazione alla corruzione). – Chiunque offre o promette indebitamente denaro o altra utilità a un pubblico ufficiale o a un incaricato di pubblico servizio nei casi di cui al secondo comma dell'articolo 317 soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita dal medesimo articolo 318 ridotta di un terzo. Se l'offerta o la promessa è effettuata nei casi di cui all'articolo 319-ter, si applica la pena stabilita dal medesimo articolo 319-ter, terzo comma, ridotta di un terzo».

13. 301. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, lettera m), sopprimere il numero 1)

 

  Conseguentemente, dopo la lettera q), aggiungere la seguente:

 

  q-bis) dopo l'articolo 335-bis, è inserito il seguente:

  «Art. 335-ter. – (Circostanze aggravanti). – Per i delitti dal presente capo, le pene per il solo pubblico ufficiale sono aumentate in caso di atti particolarmente lesivi per la pubblica amministrazione ovvero commessi al fine di far conseguire indebitamente contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee.»;

13. 44. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, sopprimere la lettera n).

13. 45. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, sopprimere la lettera o).

13. 125. Sisto.

 

  Al comma 1, sostituire la lettera o), con la seguente:

   o) l'articolo 322-ter è sostituito dal seguente:

  «Art. 322-ter. – (Confisca). – Nel caso di condanna, o di applicazione su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei delitti previsti dagli articoli da 314 a 323, anche se commessi dai soggetti indicati nell'articolo 322-bis, primo comma, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo non ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo.

  Negli stessi casi è sempre disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica.

  Il giudice, con la sentenza di condanna o con quella prevista dall'articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, nomina un amministratore con il compito di provvedere alla custodia, alla conservazione e all'amministrazione dei beni confiscati. Non possono essere nominate amministratori le persone nei cui confronti il provvedimento è stato disposto, il coniuge, i parenti, gli affini e le persone con essi conviventi, né le persone condannate ad una pena che importi interdizione anche temporanea dai pubblici uffici o coloro cui sia stata irrogata una misura di prevenzione.

  Se nel corso del procedimento, l'autorità giudiziaria, in applicazione dell'articolo 321, comma 2, del codice di procedura penale, dispone il sequestro preventivo delle cose di cui è prevista la confisca a norma dei commi che precedono, le disposizioni in materia di nomina dell'amministratore di cui al presente articolo si applicano anche al custode delle cose predette.

  Si applicano anche ai casi di confisca previsti dal presente articolo le disposizioni in materia di gestione e destinazione dei beni sequestrati o confiscati previste dalla legge 31 marzo 1965, n. 575, e successive modificazioni; restano comunque salvi i diritti della persona offesa dal reato alle restituzioni e al risarcimento del danno.

  Il giudice, con la sentenza di condanna, determina le somme di denaro o individua i beni assoggettati a confisca in quanto costituenti il profitto o il prezzo del reato ovvero in quanto di valore corrispondente al profitto o al prezzo del reato, ovvero ancora di provenienza ingiustificata.

13. 46. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, sostituire la lettera o) con la seguente:

   o) all'articolo 322-ter sono apportate le seguenti modificazioni:

    1) al primo comma, dopo le parole: «a tale prezzo» sono aggiunte le seguenti: «o profitto»;

    2) dopo il secondo comma, è aggiunto il seguente:

  «Nel caso di condanna, o di applicazione della pena, a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale per il delitto previsto dall'articolo 323 del codice penale, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto, salvo che appartengano a persona estranea al reato ovvero quando essa non è possibile, la confisca dei beni di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a quello del profitto e comunque non inferiore a quello del denaro o degli altri vantaggi patrimoniali conseguiti.»;

    3) al terzo comma, le parole: «e secondo» sono sostituite dalle seguenti: «, secondo e terzo».

13. 91. Ferranti, Andrea Orlando, Rossomando, Tenaglia, Capano, Cavallaro, Samperi, Picierno.

 

  Al comma 1, dopo la lettera o), aggiungere la seguente:

   o-bis) dopo l'articolo 322-ter è aggiunto il seguente:

  «Art. 322-quater. – (Riparazione pecuniaria). – Con la sentenza di condanna ovvero con la sentenza di applicazione della pena ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per i reati previsti dagli articoli 314, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, 322-bis, è sempre ordinato il pagamento di una somma pari all'ammontare di quanto indebitamente ricevuto dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di un pubblico servizio a titolo di riparazione pecuniaria in favore dell'amministrazione cui il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio appartiene, ovvero, nel caso di cui all'articolo 319-ter, in favore dell'amministrazione della giustizia, restando impregiudicato il diritto al risarcimento del danno.»

13. 88. Ferranti, Andrea Orlando,Rossomando, Tenaglia, Capano, Cavallaro, Samperi, Picierno.

 

  Al comma 1, sopprimere la lettera p).

13. 455. Sisto.

 

  Al comma 1, sostituire la lettera p), con la seguente:

   p) all'articolo 323, primo comma, le parole: «ingiusto vantaggio patrimoniale» sono sostituite dalle seguenti: «ingiusto vantaggio economicamente valutabile» e le parole: «tre anni» sono sostituite dalle parole: «cinque anni».

13. 47. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, lettera p), sostituire la parola: quattro con la seguente: cinque.

*13. 89. Ferranti, Andrea Orlando, Rossomando, Tenaglia, Capano, Cavallaro, Samperi, Picierno.

 

  Al comma 1, lettera p), sostituire la parola: quattro con la seguente: cinque.

*13. 351. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, sopprimere la lettera q).

13. 48. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, sostituire la lettera q) con la seguente:

   q) l'articolo 323-bis è sostituito dal seguente:

  «Art. 323-bis. – (Circostanza attenuante). – Se i fatti previsti dagli articoli 314, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 322, 322-bis e 323 sono di particolare tenuità le pene sono diminuite fino alla metà».

13. 305. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, dopo la lettera q), aggiungere la seguente:

   q-bis) all'articolo 323-bis è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «La particolare tenuità deve esser valutata avendo riguardo tanto al danno cagionato quanto al vantaggio conseguito»

13. 306. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, dopo la lettera q), aggiungere la seguente:

   q-bis) all'articolo 323-bis è aggiunto, in fine, il seguente comma:

  «Per i delitti previsti dagli articoli 318, 319, 319-ter, 319-quater, 321, 322, 322-bis, nei confronti dell'imputato che si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori anche aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l'individuazione degli altri responsabili ovvero per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite, la pena è diminuita da un terzo alla metà».

13. 87. Ferranti, Andrea Orlando, Rossomando, Tenaglia, Capano, Cavallaro, Samperi, Picierno.

 

  Al comma 1, dopo la lettera q), aggiungere la seguente:

   q-bis) dopo l'articolo 323-bis, è aggiunto il seguente:

  «Art. 323-ter. – (Valutazione delle circostanze). – Quando si procede per uno dei delitti previsti dagli articoli 314, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-ter, 320, 321, 322, 322-bis e 323 del codice penale, il giudice non può dichiarare la prevalenza delle circostanze attenuanti sulle aggravanti ovvero l'equivalenza tra le stesse, ai sensi dell'articolo 69, commi 2 e 3, quando non vi è prova dell'integrale riparazione del danno, mediante il risarcimento di esso e mediante le restituzioni».

13. 307. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, sopprimere la lettera r).

13. 127. Sisto.

 

  Al comma 1, sostituire la lettera r) con la seguente:

   r) l'articolo 346 è sostituito dal seguente:

  «Art. 346. – (Traffico d'influenza). – Chiunque, adducendo in qualsiasi modo di essere in grado di esercitare un'influenza sulla decisione, relativa al suo ufficio, di un pubblico ufficiale o di un incaricato di un pubblico servizio, fa dare, promettere, offrire o procurare a sé o ad altri qualsiasi pubblico vantaggio a titolo di remunerazione o di pagamento del soggetto presso cui si vanta credito, è punito, indipendentemente dal fatto che l'influenza sia o meno esercitata o che la vantata influenza dall'effetto ricercato, con la reclusione da due a sette anni e con la multa da mille a cinquantamila euro.

  Nei casi di cui al primo comma, chiunque dà o promette, offre o procura un indebito vantaggio a chi vanta credito presso un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da mille a trentamila euro.

  Se i fatti previsti dal presente articolo sono di particolare tenuità, le pene sono ridotte fino alla metà.

  La condanna importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici, salvo che il fatto sia di particolare tenuità ai sensi del terzo comma; in tal caso, la condanna importa interdizione dai pubblici uffici per un minimo di tre anni ed un massimo di cinque anni.»

13. 50. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, lettera r) capoverso, primo comma, sostituire le parole da: sfruttando fino a: indebitamente con le seguenti: , affermando di essere in grado di esercitare una influenza sulla decisione di un pubblico ufficiale o di un incaricato di un pubblico servizio, intenzionalmente.

13. 8. Siliquini.

 

  Al comma 1, lettera r), capoverso, primo comma, sostituire le parole: vantaggio patrimoniale con la seguente: vantaggio.

 

  Conseguentemente, al medesimo capoverso:

   secondo comma, sostituire le parole: vantaggio patrimoniale con la seguente: vantaggio.

   terzo comma, sostituire le parole: vantaggio patrimoniale con la seguente: vantaggio.

13. 308. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, lettera r), capoverso, primo comma, dopo le parole: vantaggio patrimoniale aggiungere la seguente: indebito.

 

  Conseguentemente, al medesimo capoverso:

   secondo comma, dopo le parole: vantaggio patrimoniale aggiungere la seguente: indebito.

   terzo comma, dopo le parole: vantaggio patrimoniale aggiungere la seguente: indebito.

13. 283. Siliquini.

 

  Al comma 1, lettera r), capoverso, primo comma, sostituire le parole: da uno con le seguenti: da sei mesi.

13. 103. Contento.

 

  Al comma 1, lettera r), capoverso, primo comma, sostituire le parole: tre anni con le seguenti: cinque anni.

13. 309. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, lettera r), capoverso, secondo comma, dopo le parole: a chi aggiungere le seguenti: intenzionalmente e.

13. 204. Siliquini.

 

  Al comma 1, lettera r), capoverso, secondo comma, sostituire la parola: indebitamente con la seguente: intenzionalmente.

13. 462. Siliquini.

 

  Al comma 1, lettera r), capoverso, sostituire il terzo comma con i seguenti:

  Se il soggetto che indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altra utilità riveste la qualifica di pubblico ufficiale è punito con la reclusione da tre a sei anni.

  Le disposizioni del precedente comma si applicano anche all'incaricato di un pubblico servizio, ma le pene sono ridotte in misura non superiore a un terzo.

13. 208. Siliquini.

 

  Al comma 1, lettera r), capoverso, dopo l'ultimo comma, aggiungere, il seguente:

  «Non è punibile chi abbia commesso il fatto qualora, prima che la notizia di reato sia stata iscritta nel registro generale a suo nome spontaneamente lo denunci, fornendo indicazioni utili per l'individuazione degli altri responsabili. Non è punibile chi, nello stesso termine versi o renda comunque irrevocabilmente disponibile all'autorità giudiziaria una somma pari a quanto ricevuto».

13. 310. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, lettera r), capoverso, dopo l'ultimo comma, aggiungere, il seguente:

  «La condanna importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici, salvo che il fatto sia di particolare tenuità; in tal caso, la condanna importa l'interdizione dai pubblici uffici per un minimo di tre anni ed un massimo di cinque anni.»

13. 405. Barbaro, Bocchino, Briguglio, Consolo, Giorgio Conte, Della Vedova, Di Biagio, Divella, Galli, Granata, Lamorte, Lo Presti, Menia, Moroni, Muro, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Toto.

 

  Al comma 1, lettera r), capoverso, dopo l'ultimo comma, aggiungere, il seguente:

  Non è illecita l'attività di mediazione e rappresentanza esercitata in forma professionale, nell'ambito di un rapporto di lavoro autonomo o dipendente, presso istituzioni politiche e amministrazioni pubbliche e finalizzata a perseguire obiettivi leciti per conto di portatori di interessi particolari, che si avvalgono di detta attività esclusivamente al fine di partecipare, attraverso la produzione di documenti di analisi e proposta, al processo di elaborazione delle decisioni pubbliche.

13. 251. Bellotti, Del Tenno.

 

  Al comma 1, dopo la lettera r), aggiungere la seguente:

   s) dopo l'articolo 346-bis è inserito il seguente:

  «Art. 346-ter. – (Circostanza attenuante specifica per il reato di traffico di influenze illecite). – La pena prevista per i delitti di cui agli articoli 346 e 346-bis è diminuita fino a due terzi qualora l'autore del fatto, prima che sia esercitata l'azione penale nei suoi confronti, fornisca indicazioni utili all'individuazione degli altri responsabili e al sequestro delle somme o delle altre utilità trasferite.»

13. 51. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, dopo la lettera r) aggiungere la seguente:

   s) dopo l'articolo 346-bis è inserito il seguente:

  «Art. 346-ter. – (Soggetti punibili per i reati di corruzione e traffico di influenze illecite). – Ai fini della punibilità per i reati di corruzione e di traffico di influenze illecite, le disposizioni di cui agli articoli 357 e 358 si applicano anche a tutti i soggetti che esercitano funzioni di pubblico ufficiale e di incaricato di pubblico servizio o attività ad esse corrispondenti nell'ambito di Stati esteri, dell'unione europea o di organizzazioni pubbliche internazionali.»

13. 52. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, dopo la lettera r), aggiungere la seguente:

   s) all'articolo 363, dopo le parole: «personalità dello Stato» sono aggiunte le seguenti: «o contro la pubblica amministrazione».

13. 107. Ria.

 

  Al comma 1, dopo la lettera r) aggiungere la seguente:

   s) l'articolo 416-ter è sostituito dal seguente:

  «Art. 416-ter. – (Scambio elettorale politico-mafioso). – La pena stabilita dal primo comma dell'articolo 416-bis si applica anche a chi ottiene, o si adopera per far ottenere la promessa di voti prevista dal terzo comma del medesimo articolo 416-bis in cambio dell'erogazione di denaro o di qualunque altra utilità, ovvero in cambio della disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell'associazione mafiosa di cui all'articolo 416-bis o di suoi associati».

13. 97. Garavini, Ferranti, Bordo, Bossa, Burtone, Genovese, Marchi, Piccolo, Veltroni.

 

  Al comma 1, dopo la lettera r) aggiungere la seguente:

   s) l'articolo 416-ter del codice penale è sostituito dal seguente:

  «Art. 416-ter. – (Scambio elettorale politico-mafioso). – La pena stabilita dal primo comma dell'articolo 416-bis si applica anche a chi ottiene la promessa di voti prevista dal terzo comma del medesimo articolo 416-bis o si adopera per farla ottenere in cambio della disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell'associazione mafiosa di cui all'articolo 416-bis o di suoi associati.»

*13. 55. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, dopo la lettera r) aggiungere la seguente:

   s) l'articolo 416-ter del codice penale è sostituito dal seguente:

  «Art. 416-ter. – (Scambio elettorale politico-mafioso). – La pena stabilita dal primo comma dell'articolo 416-bis si applica anche a chi ottiene la promessa di voti prevista dal terzo comma del medesimo articolo 416-bis o si adopera per farla ottenere in cambio della disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell'associazione mafiosa di cui all'articolo 416-bis o di suoi associati.»

*13. 406. Barbaro, Bocchino, Briguglio, Consolo, Giorgio Conte, Della Vedova, Di Biagio, Divella, Galli, Granata, Lamorte, Lo Presti, Menia, Moroni, Muro, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Toto.

 

  Al comma 1, dopo la lettera r) aggiungere la seguente:

   s) all'articolo 648-bis sono apportate le seguenti modificazioni:

    1) al primo comma, le parole: «Fuori dei casi di concorso nel reato,» sono soppresse;

    2) è aggiunto, in fine, il seguente comma:

  «Le disposizioni del presente articolo si applicano anche nei confronti della persona che ha concorso nel reato presupposto, salvo che per gli atti di godimento che non eccedano l'uso dei beni secondo la loro naturale destinazione ovvero in caso di utilizzo del denaro, dei beni o delle utilità provento del reato presupposto per finalità non speculative, imprenditoriali o commerciali»;.

13. 53. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, dopo la lettera r) aggiungere la seguente:

   s) al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

   a) all'articolo 648-bis, primo comma, le parole: «Fuori dei casi di concorso nel reato,» sono soppresse;

   b) all'articolo 648-ter, primo comma, le parole: «dei casi di concorso nel reato e» sono soppresse.

13. 90. Garavini, Ferranti, Andrea Orlando, Rossomando, Tenaglia, Capano, Cavallaro, Samperi, Picierno, Bordo, Bossa, Burtone, Genovese, Marchi, Piccolo, Veltroni.

 

  Al comma 1, dopo la lettera r), aggiungere la seguente:

   s) dopo l'articolo 648-bis è inserito il seguente:

  «Art. 648-bis.1. – (Riciclaggio e autoriciclaggio). – Chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto, ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l'identificazione della loro provenienza delittuosa, ovvero, fuori dei casi previsti dall'articolo 648, impiega in attività economiche o finanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti dai medesimi delitti è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa pari al 30 per cento dell'importo riciclato».

13. 15. Barbaro, Bocchino, Briguglio, Consolo, Giorgio Conte, Della Vedova, Di Biagio, Divella, Galli, Granata, Lamorte, Lo Presti, Menia, Moroni, Muro, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Toto.

 

  Al comma 1, dopo la lettera r), aggiungere la seguente:

   s) all'articolo 648-ter, primo comma, le parole: «dei casi di concorso nel reato e» sono soppresse.

13. 54. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, dopo la lettera r), aggiungere la seguente:

   s) dopo l'articolo 648-quater del codice penale è inserito il seguente:

  «Art. 648-quinquies – (Delitto di autoriciclaggio). Chiunque, fuori dei casi previsti dall'articolo 648, dopo aver commesso un delitto non colposo, trasferisce denaro, beni o altre utilità da esso provenienti, ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni in modo da ostacolare l'identificazione della loro provenienza delittuosa, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da euro 1032 a euro 16.493.

  La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell'esercizio di un'attività professionale.

  Si applica l'ultimo comma dell'articolo 648».

13. 14. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Dopo l'articolo 13, aggiungere il seguente:

  Art. 13-bis. – (Prescrizione degli illeciti amministrativi e tributari connessi al delitto di corruzione) – 1. Quando è stato commesso un delitto di corruzione in occasione o comunque in relazione ad accertamenti tributari, contestazioni o irrogazioni delle relative sanzioni, ovvero per ottenere l'occultamento o il mancato perseguimento di violazioni amministrative, le decadenze previste per la notifica degli atti di contestazione o di irrogazione non si verificano dal momento della consumazione del predetto delitto fino al momento dell'esercizio dell'azione penale.

2. Sono, altresì, sospesi nel periodo indicato al comma 1, i termini di prescrizione degli illeciti amministrativi, nonché i termini di prescrizione previsti per il diritto alla riscossione delle sanzioni irrogate.

13. 05. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

A.C. 4434-A – Articolo 14

 

ARTICOLO 14 DEL DISEGNO DI LEGGE N. 4434 NEL TESTO DELLE COMMISSIONI

 

Art. 14.

(Modifica dell'articolo 2635 del codice civile).

 

  1. L'articolo 2635 del codice civile è sostituito dal seguente:

  «Art. 2635. – (Corruzione tra privati). – Salvo che il fatto costituisca più grave reato, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, che, a seguito della dazione o della promessa di denaro o altra utilità, per sé o per altri, compiono od omettono atti, in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, cagionando nocumento alla società, sono puniti con la reclusione da uno a tre anni.

  Si applica la pena della reclusione fino a un anno e sei mesi se il fatto è commesso da chi è sottoposto alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti indicati al primo comma.

  Chi dà o promette denaro o altra utilità alle persone indicate nel primo comma e nel secondo comma è punito con le pene ivi previste.

  Le pene stabilite nei commi precedenti sono raddoppiate se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell'Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell'articolo 116 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni».

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 14 DEL DISEGNO DI LEGGE

 

ART. 14.

(Modifica dell'articolo 2635 del codice civile).

 

  Al comma 1, sostituire il capoverso con il seguente:

  «Art. 2635. – (Corruzione nel settore privato). – Chiunque, nell'esercizio di un'attività commerciale, imprenditoriale, professionale, di direzione di un ente privato o di una prestazione lavorativa a qualsiasi titolo a favore di un ente privato, intenzionalmente sollecita, induce o riceve, direttamente o per il tramite di terzi, un indebito vantaggio di qualsiasi natura, per sé o per altri, ovvero ne accetta l'offerta o la promessa, per compiere o astenersi da compiere un atto in violazione dei propri doveri legali, professionali o contrattuali relativi all'attività di competenza, è punito con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da mille a diecimila euro.

  La stessa pena si applica a chiunque intenzionalmente nell'ambito di attività professionale, direttamente o tramite intermediario, dà, offre o promette l'indebita utilità di cui al primo comma.

  La pena è aumentata da un terzo a due terzi qualora dal fatto siano derivate distorsioni della concorrenza nel mercato ovvero rilevanti danni economici all'ente o ai suoi creditori.»

14. 57. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Al comma 1, capoverso, primo comma, sostituire le parole da: , che, a seguito della dazione fino alla fine del primo comma con le seguenti: e coloro che sono sottoposti alla direzione o vigilanza di uno dei predetti soggetti, che, a seguito della dazione o della promessa di denaro o altra utilità, per sé o per gli altri, compiono od omettono atti, in violazione dei loro doveri, sono puniti con la reclusione fino a tre anni.

 

  Conseguentemente:

   al medesimo capoverso, sostituire il secondo, il terzo ed il quarto comma con i seguenti:

  «Chi dà o promette denaro o altra utilità alle persone indicate nel primo comma è punito con le pene ivi previste.

  La pena per i reati di cui ai commi precedenti è della reclusione da uno a cinque anni se i soggetti ivi indicati operano nell'ambito di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell'Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell'articolo 116 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58»;

   all'articolo 15, sostituire la lettera b) con la seguente:

    b) all'articolo 25-ter, dopo la lettera p) è aggiunta la seguente:

    «p-bis) per il delitto di corruzione tra privati, previsto dall'articolo 2635, primo e secondo comma, del codice civile, la sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote e, nel caso previsto dal terzo comma, la sanzione pecuniaria da trecento a seicento quote».

14. 82. Ferranti, Andrea Orlando, Rossomando, Tenaglia, Capano, Cavallaro, Samperi, Picierno, Garavini.

 

  Al comma 1, capoverso, primo comma, sostituire le parole: in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà con le seguenti: abusando dei poteri o in violazione dei doveri inerenti all'ufficio.

14. 124. Contento.

 

  Al comma 1, capoverso, primo comma, sopprimere le parole: , cagionando nocumento alla società.

 

  Conseguentemente, all'articolo 15, sostituire la lettera b) con la seguente:

   b) all'articolo 25-ter, dopo la lettera p) è aggiunta la seguente:

   «p-bis) per il delitto di corruzione tra privati, previsto dall'articolo 2635, primo e secondo comma, del codice civile, la sanzione pecuniaria fino a quattrocento quote e, nel caso previsto dal terzo comma, la sanzione pecuniaria da trecento a seicento quote».

14. 92. Ferranti, Andrea Orlando, Rossomando, Tenaglia, Capano, Cavallaro, Samperi, Picierno.

 

  Al comma 1, capoverso, primo comma, sopprimere le parole: , cagionando nocumento alla società.

*14. 108. Ria.

 

  Al comma 1, capoverso, primo comma, sopprimere le parole: , cagionando nocumento alla società.

*14. 250. Barbaro, Bocchino, Briguglio, Consolo, Giorgio Conte, Della Vedova, Di Biagio, Divella, Galli, Granata, Lamorte, Lo Presti, Menia, Moroni, Muro, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Toto.

 

  Al comma 1, capoverso, dopo la parola: cagionando aggiungere la seguente: intenzionalmente.

14. 9. Siliquini.

 

  Al comma 1, capoverso, sostituire le parole: da uno con le seguenti: da sei mesi.

14. 104. Contento.

 

  Al comma 1, capoverso, sopprimere il secondo comma.

14. 128. Sisto.

 

  Al comma 1, capoverso, sostituire il secondo comma con il seguente:

  «Indipendentemente da quanto previsto dall'articolo 110 del codice penale, se il fatto è commesso da chi è sottoposto alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti indicati al primo comma si applica la pena fino ad un anno e sei mesi di reclusione.»

14. 252. Sisto.

 

  Al comma 1, capoverso, dopo il quarto comma, aggiungere il seguente:

  «Nei casi previsti dai commi primo, secondo e terzo, il delitto è punibile a querela della persona offesa.»

*14. 210. Siliquini.

 

  Al comma 1, capoverso, dopo il quarto comma, aggiungere il seguente:

  «Nei casi previsti dai commi primo, secondo e terzo, il delitto è punibile a querela della persona offesa.»

*14. 251. Sisto, Contento.

 

  Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:

  2. Dopo l'articolo 2635 è aggiunto il seguente:

  «Art. 2635-bis. – (Istigazione alla corruzione in affari privati). – Chiunque offre o promette indebitamente denaro o altra utilità ai dipendenti ai consulenti, ai collaboratori, agli amministratori, ai direttori generali, ai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, ai sindaci o ai liquidatori soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena della reclusione da tre mesi a due anni ridotta di un terzo.

  I dipendenti, i consulenti, i collaboratori, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori che sollecitano una promessa o una dazione di denaro o altra utilità in relazione al compimento, all'omissione o al ritardo di atti rientranti nei propri incarichi e funzioni, ovvero al compimento di atti contrari ai propri doveri, sono puniti, qualora la sollecitazione non sia accolta, con la reclusione da tre mesi a due anni».

14. 58. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

  Dopo l'articolo 14, aggiungere il seguente:

  Art. 14-bis. – 1. Al comma 1 dell'articolo 266 del codice di procedura penale, è aggiunta,in fine, la seguente lettera:

   f-ter) reati di cui all'articolo 2635, commi primo secondo e terzo, del codice civile.

14. 014. Barbaro, Bocchino, Briguglio, Consolo, Giorgio Conte, Della Vedova, Di Biagio, Divella, Galli, Granata, Lamorte, Lo Presti, Menia, Moroni, Muro, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Toto.

 

 


 

 

RESOCONTO

SOMMARIO e STENOGRAFICO

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650.

 

Seduta di GIOVedì14 GIUGNo 2012

 

presidenza del vicepresidente MAURIZIO LUPI

 


La seduta comincia alle 9.

Preavviso di votazioni elettroniche (ore 9,05).

PRESIDENTE. Poiché nel corso della seduta potranno aver luogo votazioni mediante procedimento elettronico, decorrono da questo momento i termini di preavviso di cinque e venti minuti previsti dall'articolo 49, comma 5, del Regolamento.

Per consentire il decorso del termine regolamentare di preavviso, sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 9,30.

La seduta, sospesa alle 9,05, è ripresa alle 9,35.

Seguito della discussione del disegno di legge: S. 2156 - Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione (Approvato dal Senato) (A.C. 4434-A); e delle abbinate proposte di legge: Di Pietro ed altri; Ferranti ed altri; Giovanelli ed altri; Torrisi ed altri; Garavini; Ferranti ed altri (A.C. 3380-3850-4382-4501-4516-4906).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione; e delle abbinate proposte di legge d'iniziativa dei deputati Di Pietro ed altri; Ferranti ed altri; Giovanelli ed altri; Torrisi ed altri; Garavini; Ferranti ed altri.

Ricordo che nella seduta di ieri l'Assemblea ha approvato, con tre distinte votazioni per appello nominale, il mantenimento degli articoli 10, 13 e 14, nel testo delle Commissioni, sulla cui approvazione, senza Pag. 2emendamenti ed articoli aggiuntivi, il Governo aveva posto la questione di fiducia.

Avverto che prima dell'inizio della seduta le proposte emendative Ferranti 17.93, 17.250 e 17.0250, Rossomando 17.94, Zaccaria 19.02 e 20.01, Melis 20.15 e Tassone 20.2 sono state ritirate dai presentatori.

Ricordo che era stato accantonato l'esame dell'articolo 7 e che rimangono altresì da esaminare gli articoli da 15 a 20, unitamente agli emendamenti agli stessi riferiti.

Chiedo pertanto al relatore da quale punto proponga di riprendere i nostri lavori.

ANGELA NAPOLI, Relatore per la II Commissione. Signor Presidente, propongo di riprendere i lavori dall'articolo 7.

PRESIDENTE. Sta bene.

(Esame dell'articolo 7 - A.C. 4434-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 7 e dell'unica proposta emendativa ad esso presentata (Vedi l'allegato A - A.C. 4434-A).

Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere delle Commissioni.

ANGELA NAPOLI, Relatore per la II Commissione. Signor Presidente, le Commissioni esprimono parere contrario sull'emendamento Ferranti 7.251.

PRESIDENTE. Il Governo?

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Signor Presidente, il Governo si rimette all'Assemblea.

PRESIDENTE. Colleghi, dobbiamo procedere alla votazione degli articoli e degli ordini del giorno, e poi abbiamo una scadenza, che è stata concordata in sede di Conferenza dei presidenti di gruppo, alle 12, per la diretta televisiva con le dichiarazione di voto finale. Quindi, chiedo di prendere posto.

Passiamo alla votazione dell'emendamento Ferranti 7.251.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Mantini. Ne ha facoltà.

PIERLUIGI MANTINI. Signor Presidente, l'emendamento in questione è oggettivamente un emendamento di carattere formale o, meglio, di coordinamento sistematico. Riguarda le conseguenze che derivano dalla sentenza di condanna passata in giudicato per i delitti più gravi contro la pubblica amministrazione, a cui si raggiunge - questo è l'oggetto dell'emendamento - anche la nuova fattispecie dell'articolo 319-quater e che determina una risoluzione dei contratti di appalto in corso in capo all'imprenditore.

È una fattispecie prevista già dal codice dei lavori pubblici e, quindi, non stiamo assolutamente innovando nulla. Vi era stata una valutazione in Commissione al di là di qualche diversa valutazione resa stamattina di un quasi automatismo, perché stiamo parlando esattamente di nessuna innovazione sul piano dei principi, solo dell'inserimento anche dell'articolo 319-quater tra le figure che determinano la risoluzione del contratto.

Dunque, per noi è del tutto scontato il voto favorevole perché si tratta di un adeguamento di tipo sistematico e non di una modifica del testo uscito dalle Commissioni.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Avverto che è stata chiesta la votazione nominale mediante procedimento elettronico.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Ferranti 7.251, non accettato dalle Commissioni e sul quale il Governo si è rimesso all'Assemblea.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevole Ciccioli... Onorevole Di Stanislao... Onorevole Donadi... Onorevole Bocci... Pag. 3

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 393

Votanti 247

Astenuti 146

Maggioranza 124

Hanno votato237

Hanno votato no 10).

Prendo atto che la deputata Pes ha segnalato che si è astenuta mentre avrebbe voluto esprimere un voto favorevole, che i deputati Sposetti e Piccolo hanno segnalato che non sono riusciti a votare e che la deputata D'Incecco ha segnalato che non è riuscita a votare.

Passiamo alla votazione dell'articolo 7, nel testo emendato.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rossomando. Ne ha facoltà.

ANNA ROSSOMANDO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, preannuncio ovviamente il voto favorevole del Partito Democratico sottolineando due aspetti. Questo articolo completa e inserisce tre reati presupposto per la risoluzione del contratto. Sono tutti reati che riguardano la corruzione e la concussione, così come li abbiamo approvati e ridefiniti nella giornata di ieri.

In particolar modo, con riferimento all'emendamento proposto dal nostro gruppo, si inserisce anche la cosiddetta concussione per induzione, che - vorrei ricordare ancora una volta - non è che una replica assolutamente identica in tutto e per tutto (in termini tecnici si chiama condotta, lo dico anche per i colleghi dell'Italia dei Valori) alla concussione di cui all'articolo 317 con l'aggiunta della punibilità di chi dà i soldi (cioè del corruttore) e con una variazione di pena.

Aggiungo - e concludo, signor Presidente - che non si sono potuti votare gli emendamenti del Partito Democratico per una pena più elevata rispetto a questo particolare tipo di reato, ovvero, lo ribadisco, la cosiddetta concussione per induzione, che rimane viva e vegeta in tutti i suoi aspetti nel codice penale così come risulterà approvato.

Noi speriamo vivamente che al Senato questo provvedimento possa essere approvato in termini rapidi. Se bisogna cambiare qualcosa, nessun passo indietro, casomai passi in avanti e chiediamo a tutti i colleghi di tutti i gruppi se vogliono sottoscrivere l'emendamento del Partito Democratico che eleva la pena per questa ipotesi di reato (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

PRESIDENTE. Avverto che il gruppo dell'Unione di Centro per il Terzo Polo ha esaurito anche i tempi aggiuntivi concessi dalla Presidenza. La Presidenza, tuttavia, come ha già fatto in precedenti e analoghe circostanze, consentirà ai deputati appartenenti a tale gruppo lo svolgimento di brevi interventi della durata di un minuto da imputare ai tempi previsti dal contingentamento per gli interventi a titolo personale.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 7, nel testo emendato.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevole Palmieri... Onorevole Marchioni... Onorevole Sbai... Onorevole Piccolo... Onorevole Laganà Fortugno...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti e votanti 415

Maggioranza 208

Hanno votato414

Hanno votato no 1).

Prendo atto che la deputata Gatti ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole e che il deputato Sposetti ha segnalato che non è riuscita a votare.

Pag. 4

(Esame dell'articolo 15 - A.C. 4434-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 15 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 4434-A).

Avverto che l'emendamento Di Pietro 15.60 non è stato segnalato.

Poiché l'emendamento Di Pietro 15.250 è interamente soppressivo dell'articolo 15, verrà posto in votazione il mantenimento di tale articolo.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, intervengo per ritirare l'emendamento Di Pietro 15.250.

PRESIDENTE. Sta bene. Ad ogni modo, avremmo dovuto votare direttamente l'articolo 15.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 15.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Iannuzzi, Lussana, Pes...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 420

Votanti 417

Astenuti 3

Maggioranza 209

Hanno votato416

Hanno votato no 1).

Prendo atto che il deputato Zucchi ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole e che il deputato Sposetti ha segnalato che non è riuscito a votare.

(Esame dell'articolo 16 - A.C. 4434-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 16 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 4434-A).

Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere delle Commissioni.

ANGELA NAPOLI, Relatore per la II Commissione. Signor Presidente, le Commissioni esprimono parere contrario sull'emendamento Di Pietro 16.61.

Le Commissioni esprimono parere favorevole sull'emendamento Giovanelli 16.10, a condizione che sia accolta la seguente riformulazione: dopo le parole «319-quater» aggiungere le seguenti: «comma 1».

PRESIDENTE. Ricordo all'Assemblea che l'emendamento Di Pietro 16.61 non è stato segnalato e quindi non verrà posto in votazione.

Qual è il parere del Governo?

PAOLA SEVERINO DI BENEDETTO, Ministro della giustizia. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento Giovanelli 16.10.

Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione dell'emendamento Giovanelli 16.10.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Giovanelli 16.10, nel testo riformulato, accettato dalle Commissioni e dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Gelmini, Perina, Granata, Follegot, Colaninno, Livia Turco, Mondello, Maran...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni). Pag. 5

(Presenti 435

Votanti 313

Astenuti 122

Maggioranza 157

Hanno votato312

Hanno votato no 1).

Prendo atto che il deputato Alessandri ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 16, nel testo emendato.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli De Nichilo Rizzoli, Fitto, Formisano, Grassano, Occhiuto...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 441

Votanti 433

Astenuti 8

Maggioranza 217

Hanno votato432

Hanno votato no 1).

(Esame dell'articolo 17 - A.C. 4434-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 17.

Avverto che le proposte emendative ad esso presentate sono state ritirate, mentre un emendamento non risulta segnalato (Vedi l'allegato A - A.C. 4434-A).

Passiamo quindi ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 17.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Bernini, Sbai, Veltroni, Borghesi, Paglia...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 449

Votanti 443

Astenuti 6

Maggioranza 222

Hanno votato442

Hanno votato no 1).

(Esame dell'articolo 18 - A.C. 4434-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 18 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 4434-A).

Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere delle Commissioni.

ANGELA NAPOLI, Relatore per la II Commissione. Signor Presidente, la Commissione esprime parere contrario sull'emendamento Di Pietro 18.1 ed accetta l'emendamento del Governo 18.600.

PRESIDENTE. Il Governo?

PAOLA SEVERINO DI BENEDETTO, Ministro della giustizia. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. L'emendamento Di Pietro 18.1 non è stato segnalato, quindi dobbiamo votare l'emendamento 18.600 del Governo.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento 18.600 del Governo, accettato dalle Commissioni.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Pili, Iannarilli, Ventucci, Catone...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni). Pag. 6

(Presenti 447

Votanti 441

Astenuti 6

Maggioranza 221

Hanno votato440

Hanno votato no 1).

Prendo atto che la deputata Cosenza ha segnalato che non è riuscita a votare.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 18, nel testo emendato.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli De Camillis, Galletti...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 450

Votanti 445

Astenuti 5

Maggioranza 223

Hanno votato444

Hanno votato no 1).

Prendo atto che la deputata Cosenza ha segnalato che non è riuscita a votare.

(Esame dell'articolo 19 - A.C. 4434-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 19 e delle proposte emendative ad esso presentate (Vedi l'allegato A - A.C. 4434-A).

Nessuno chiedendo di parlare, invito il relatore ad esprimere il parere delle Commissioni.

ANGELA NAPOLI, Relatore per la II Commissione. Signor Presidente, la Commissione formula un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, degli emendamenti Di Pietro 19.1 e Barbaro 19.3.

PRESIDENTE. L'emendamento Di Pietro 19.1 non è segnalato, mentre l'emendamento Barbaro 19.3 è stato ritirato.

ANTONIO DI PIETRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, intervengo affinché resti agli atti la decisione del Parlamento sull'emendamento Barbaro 19.3. Noi riteniamo di doverlo fare nostro e di chiedere una votazione, perché la proposta dei colleghi è estremamente interessante. Che cosa dice la proposta? Dice semplicemente che, quando interviene una sentenza di condanna definitiva per alcuni reati gravi, di cui abbiamo discusso finora, i dipendenti delle pubbliche amministrazioni è bene che non svolgano incarichi direttivi e dirigenziali. A me sembra una cosa giusta: affidare la direzione di un organismo amministrativo ad un condannato per un grave reato con sentenza penale definitiva mi sembra sia un controsenso ed una brutta indicazione all'opinione pubblica e alla società sul rispetto della legge.

Per queste ragioni, chiedo che si voti l'emendamento Barbaro 19.3 e di assumerci la responsabilità di dire se sia giusto o meno permettere ai dipendenti condannati con sentenza penale definitiva di dirigere gli uffici.

PRESIDENTE. Invito il Governo ad esprimere il parere sull'emendamento Barbaro 19.3, fatto proprio dal gruppo dell'Italia dei Valori.

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Signor Presidente, il parere del Governo è contrario, in ragione del fatto che questa disciplina è contenuta nella delega già approvata; quindi, ha bisogno di una serie di raccordi sistematici, perché, così formulata, anche rispetto all'esercizio della delega di cui all'articolo 4, crea dei problemi essenzialmente sistematici. Il parere contrario del Governo è dovuto a questo, non al merito della questione.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Paolini. Ne ha facoltà.

Pag. 7

LUCA RODOLFO PAOLINI. Signor Presidente, il gruppo della Lega Nord voterà comunque questo emendamento, pur prendendo atto delle osservazioni del Governo. Però, mi pare una cosa assolutamente singolare che, per ragioni di coordinamento sistematico, non si possa affermare un nuovo principio. Quindi, preannunzio il voto favorevole anche del mio gruppo.

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Moffa. Ne ha facoltà.

SILVANO MOFFA. Signor Presidente, preannunzio il voto favorevole del gruppo di Popolo e Territorio sull'emendamento Barbaro 19.3.

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'emendamento Barbaro 19.3, fatto proprio dal gruppo Italia dei Valori, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Pili, Martino, Concia...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 456

Votanti 431

Astenuti 25

Maggioranza 216

Hanno votato76

Hanno votato no 355).

Prendo atto che la deputata Cosenza ha segnalato che non è riuscita a votare.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 19.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Mazzuca, Brandolini, Aracu, Scandroglio, Tommaso Foti, Roccella, Sposetti...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 461

Votanti 457

Astenuti 4

Maggioranza 229

Hanno votato454

Hanno votato no 3).

Prendo atto che la deputata Cosenza ha segnalato che non è riuscita a votare.

Invito il relatore ad esprimere il parere delle Commissioni sugli articoli aggiuntivi all'articolo 19.

ANGELA NAPOLI, Relatore per la II Commissione. Signor Presidente, le Commissioni formulano un invito al ritiro, altrimenti il parere è contrario, degli articoli aggiuntivi Di Biagio 19.01, Barbaro 19.04 e Di Pietro 19.06.

PRESIDENTE. Qual è il parere del Governo?

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Signor Presidente, il parere del Governo è conforme a quello espresso dal relatore.

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori degli articoli aggiuntivi Di Biagio 19.01 e Barbaro 19.04 accedono all'invito al ritiro formulato dal relatore.

Chiedo ai presentatori se accedano all'invito al ritiro dell'articolo aggiuntivo Di Pietro 19.06, formulato dal relatore.

ANTONIO DI PIETRO. No, signor Presidente, insisto per la votazione e chiedo di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, sottolineo anche qui, affinché resti agli atti, questa ipocrisia di non prendere decisioni, rinviarle o dire che si sta facendo un provvedimento fatto bene. Pag. 8Quando, poi, si tratta di affrontare i casi concreti, come avete visto prima, si ritira la mano.

In questo caso stiamo parlando delle concessioni o erogazioni di contributi o finanziamenti a chi ne fa richiesta.

Sapete che vi sono molti casi in cui vengono concessi dei finanziamenti o dei contributi a persone che ne fanno richiesta alla pubblica amministrazione per i motivi più vari. Bene, noi vi chiediamo per quale ragione, quando si tratta di una persona condannata con sentenza penale passata in giudicato per fatti mafiosi, di corruzione, per concorso in peculato, per fatti gravissimi, deve esserle permesso di accedere ai contributi dello Stato e della pubblica amministrazione, ai finanziamenti, alle erogazioni liberali ed a quant'altro. Per quale ragione non si può stabilire un principio in base al quale chi è onesto, corretto, rispetta la legge, può accedere ai benefici e vietarlo ai delinquenti? È una richiesta lineare, formale, precisa.

Non ci venite a dire, anche questa volta, che vi è una delega! Perché non lo decidiamo qua? Stiamo adottando un provvedimento, perché dobbiamo rinviarlo ad altra data? Assumetevi anche questa responsabilità!

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo aggiuntivo Di Pietro 19.06, non accettato dalle Commissioni né dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Di Caterina, Castiello, Lusetti...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 473

Votanti 447

Astenuti 26

Maggioranza 224

Hanno votato67

Hanno votato no 380).

Prendo atto che i deputati Berruti e Pionati hanno segnalato che non sono riusciti a votare.

DAVID FAVIA. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, non so se dipenda dalla conduzione della seduta troppo veloce che lei fa o da un errore da parte nostra, ma non abbiamo mai accolto l'invito al ritiro formulato dal relatore in relazione all'articolo aggiuntivo Di Pietro 19.03, a meno che lei non dica che non è segnalato.

PRESIDENTE. Infatti, onorevole Favia, l'articolo aggiuntivo Di Pietro 19.03 non è segnalato.

Come lei ricorda, ero io a presiedere la seduta nella quale questo era stato detto esplicitamente dalla Presidenza, dopo averlo concordato con l'onorevole Di Pietro.

(Esame dell'articolo 20 - A.C. 4434-A)

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 20 al quale non risultano riferiti emendamenti segnalati (Vedi l'allegato A - A.C. 4434-A)

Ha chiesto di parlare per dichiarazioni di voto l'onorevole D'Ippolito Vitale. Ne ha facoltà.

IDA D'IPPOLITO VITALE. Signor Presidente, prima di tutto annuncio che il gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo esprimerà voto favorevole sull'articolo 20 del provvedimento in esame.

Per quanto riguarda l'emendamento Tassone 20.2, sostitutivo dell'articolo 20, nell'accogliere l'invito al ritiro formulato dal Governo, vorrei, però, lasciare agli atti le Pag. 9ragioni che riteniamo fondanti per la presentazione dell'emendamento in oggetto.

Si propone infatti, con questo emendamento, l'utilizzazione di criteri di trasparenza reddituale per assumere una base di riferimento delle indagini sulle proporzioni tra percepito e posseduto, una misura di prevenzione di diritto speciale per coloro che, sulla base dei fatti, dimostrano di vivere dei proventi di attività delittuose. Riteniamo che tale emendamento sollevi una questione importante.

Vogliamo che il Governo assuma l'impegno di decidere rapidamente su questa questione, ritenendo che il meccanismo da noi proposto può comportare dei vantaggi immediati, spostando la questione dal terreno precario del reato di pericolo - mi avvio alla conclusione, signor Presidente - a quello più solido delle misure di prevenzione, consentendo la cancellazione dalle liste elettorali prima di sentenze...

PRESIDENTE. Grazie, onorevole D'Ippolito Vitale.

Il suo intervento rappresenta una dichiarazione di voto in relazione all'articolo 20 perché l'emendamento Tassone 20.2 è stato ritirato all'inizio della seduta odierna. Ricordo altresì che l'emendamento Melis 20.15 è stato ritirato prima dell'inizio della seduta mentre l'emendamento Di Pietro 20.3 non è segnalato.

Poiché tali emendamenti sono stati ritirati prima dell'inizio della seduta, non ci rimane altro che votare l'articolo 20, se non vi sono ulteriori dichiarazione di voto.

BENEDETTO FABIO GRANATA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BENEDETTO FABIO GRANATA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo soltanto su un emendamento all'articolo 20, un emendamento a firma Di Pietro, Palomba ed altri, l'emendamento di Pietro 20.3, al quale appongo anche la mia firma.

Tende a razionalizzare l'utilizzazione dei proventi della lotta alla corruzione attraverso una finalizzazione allo scopo della presente legge, cioè sostanzialmente non si fanno disperdere risorse all'interno del bilancio dello Stato, ma si crea una condizione, per cui tutto ciò che viene recuperato e noi sappiamo che viene recuperato moltissimo grazie...

PRESIDENTE. Onorevole Granata, mi scusi se la interrompo, può svolgere la dichiarazione di voto sull'articolo 20, ma, per correttezza riguardo ai nostri lavori, le ricordo che l'emendamento Melis 20.15 e l'emendamento Tassone 20.2 sono stati ritirati e che l'emendamento di Pietro 20.3 non è segnalato, quindi, non sono in oggetto e quindi non può aggiungervi la sua firma. Però, se vuole fare la dichiarazione di voto sull'articolo 20, ha tutto il diritto di farla.

BENEDETTO FABIO GRANATA. Signor Presidente, è ovvio che resta una considerazione di ordine generale.

PRESIDENTE. Perfetto.

BENEDETTO FABIO GRANATA. C'è l'auspicio, attraverso l'approvazione dell'articolo 20, che la finalizzazione delle somme recuperate, attraverso l'applicazione della normativa vigente, sia appunto realizzata non a disperdersi nel bilancio dello Stato, ma a contrastare con ancora più sforzi i fenomeni di illegalità legati alla corruzione.

PRESIDENTE. Passiamo, dunque, ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'articolo 20.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevoli Lusetti, Santori, Papa, Goisis... l'onorevole Goisis ha votato... tutti hanno votato...

Dichiaro chiusa la votazione. Pag. 10

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 478

Votanti 476

Astenuti 2

Maggioranza 239

Hanno votato472

Hanno votato no 4).

Prendo atto che i deputati Golfo, Gava, Mistrello Destro e Pionati hanno segnalato che non sono riusciti a votare.

Dobbiamo quindi passare, poiché l'articolo aggiuntivo Zaccaria 20.01 è stato ritirato, all'esame degli ordini dei giorni.

(Esame degli ordini del giorno - A.C. 4434-A)

PRESIDENTE. Passiamo, dunque, all'esame degli ordini del giorno presentati (Vedi l'allegato A - A.C. 4434-A).

Sono stati presentati 43 ordini del giorno. Scusate, prego anche i due ministri di seguire la Presidenza per procedere correttamente nei lavori. Vi sono ordini del giorno che riguardano ovviamente, come abbiamo visto, due ministeri di competenza, per cui, non risultando gli ordini del giorno presentati in ordine di competenza, ma in ordine di presentazione, chiederemo di volta in volta, ad un Ministro o all'altro Ministro, non solo il parere ma anche le eventuali riformulazioni.

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Siete pronti o avete bisogno di cinque minuti?

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Se potessimo avere qualche minuto, il Presidente, per così dire, avrà maggiore comprensione al momento dell'espressione dei pareri.

PRESIDENTE. Se siamo d'accordo, credo che il tempo che perdiamo adesso lo recupereremo certamente dopo. Quindi, sospendo per dieci minuti la seduta in modo che il Governo possa elaborare tutti i pareri per poi procedere speditamente.

Se non ci sono obiezioni, sospendo la seduta che riprenderà alle ore 10,20.

La seduta, sospesa alle 10,10, è ripresa alle 10,25.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO FINI

PRESIDENTE. Avverto che è in distribuzione l'ordine del giorno Franceschini n. 9/4434-A/43 (Nuova formulazione).

Nessuno chiedendo di intervenire per illustrare gli ordini del giorno, invito i rappresentanti del Governo ad esprimere il parere sugli ordini del giorno presentati.

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Signor Presidente, il Governo accetta gli ordini del giorno Di Stanislao n. 9/4434-A/1 e Abrignani n. 9/4434-A/2.

Il Governo accetta l'ordine del giorno Bernardini n. 9/4434-A/3 con la seguente riformulazione: «ad adottare tempestivamente un'iniziativa normativa volta a rendere attuale ed effettivamente applicabile la legge 5 luglio 1982, n. 441». Il dispositivo procede uguale fino alla fine.

PAOLA SEVERINO DI BENEDETTO, Ministro della giustizia. Signor Presidente, il Governo non accetta l'ordine del giorno Scilipoti n. 9/4434-A/4.

Il Governo accetta l'ordine del giorno Di Biagio n. 9/4434-A/5 purché riformulato nel senso di impegnare il Governo non «a consentire» ma «a valutare l'opportunità» ed inoltre sostituendo, nell'ultima parte dell'ultimo paragrafo, le parole da «la modifica» fino a «a retributivo» con le seguenti: «le necessarie modifiche normative».

Pag. 11

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Il Governo accetta gli ordini del giorno Mario Pepe (PD) n. 9/4434-A/6 e Binetti n. 9/4434-A/7.

Il Governo accetta l'ordine del giorno Tassone n. 9/4434-A/8 così riformulato: «impegna il Governo ad assumere iniziative normative volte ad affidare ad un organo, in posizione di terzietà, il controllo preventivo di legittimità su alcuni atti fondamentali».

Il Governo accetta l'ordine del giorno D'Ippolito Vitale n. 9/4434-A/9.

PAOLA SEVERINO DI BENEDETTO, Ministro della giustizia. Il Governo accetta l'ordine del giorno Garagnani n. 9/4434-A/10 purché riformulato nel senso di espungere il secondo e terzo paragrafo della premessa.

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Il Governo accetta gli ordini del giorno Mantini n. 9/4434-A/11, Ria n. 9/4434-A/12 e Della Vedova n. 9/4434-A/13.

PAOLA SEVERINO DI BENEDETTO, Ministro della giustizia. Il Governo accetta l'ordine del giorno Moroni n. 9/4434-A/14 purché riformulato nel senso di espungere dal quarto capoverso della premessa le parole da: «, che si presterebbe» fino alla fine del periodo.

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Il Governo accetta gli ordini del giorno Contento n. 9/4434-A/15, Galli n. 9/4434-A/16 e Giovanelli n. 9/4434-A/17.

PAOLA SEVERINO DI BENEDETTO, Ministro della giustizia. Il Governo accetta l'ordine del giorno Cimadoro n. 9/4434-A/18.

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Il Governo formula un invito al ritiro dell'ordine del giorno Donadi n. 9/4434-A/19.

Il Governo accetta l'ordine del giorno Messina n. 9/4434-A/20 purché il dispositivo sia riformulato nel modo seguente: «impegna il Governo a valutare l'opportunità di introdurre», e via di seguito.

Il Governo accetta l'ordine del giorno Borghesi n. 9/4434-A/21.

Il Governo accetta l'ordine del giorno Rota n. 9/4434-A/22 purché il dispositivo sia riformulato nel modo seguente: «impegna il Governo a valutare le iniziative», e via di seguito.

Il Governo accetta l'ordine del giorno Piffari n. 9/4434-A/23, purché riformulato nel senso di impegnare il Governo: «a valutare, per quanto di sua competenza, le iniziative, anche legislative, in materia di: a) posizione di indipendenza del segretario comunale; b) compiti e doveri di comportamento; c) criteri di nomina».

Il Governo accetta l'ordine del giorno Monai n. 9/4434-A/24, purché sia riformulato nel senso di impegnare il Governo: «a valutare le iniziative, anche legislative, relative all'opportunità di introdurre un divieto», proseguendo con il medesimo testo fino alla fine.

Il Governo accetta l'ordine del giorno Favia n. 9/4434-A/25, a condizione che il dispositivo sia riformulato, sostituendo la parola: «semestrale», con la parola: «annuale».

Il Governo accetta l'ordine del giorno Palagiano n. 9/4434-A/26, a condizione che il dispositivo sia riformulato nel modo seguente: «impegna il Governo per quanto di competenza, a valutare iniziative, anche legislative, finalizzate a stabilire le conseguenze sul contratto di appalto e sulla capacità a contrattare con la pubblica amministrazione, derivanti dall'accertamento, anche in corso d'opera, con riguardo all'incarico ricevuto, di responsabilità dell'impresa per reati di corruzione e altri gravi reati».

PAOLA SEVERINO DI BENEDETTO, Ministro della giustizia. Il Governo formula un invito al ritiro dell'ordine del giorno Pag. 12Evangelisti n. 9/4434-A/27, perché il Governo accetterà, purché riformulato, il successivo ordine del giorno Di Pietro n. 9/4434-A/33.

Il Governo accetta l'ordine del giorno Mura n. 9/4434-A/28, mentre formula un invito al ritiro dell'ordine del giorno Aniello Formisano n. 9/4434-A/29.

Il Governo accetta i successivi ordini del giorno Zazzera n. 9/4434-A/30 e Palomba n. 9/4434-A/31.

Il Governo accetta l'ordine del giorno Di Giuseppe n. 9/4434-A/32, a condizione che il dispositivo sia riformulato nel senso di espungere le parole da: «a mettere», fino a: «alla corruzione e».

Il Governo accetta l'ordine del giorno Di Pietro n. 9/4434-A/33, a condizione che sia riformulato, poiché si tratta di riduzione di pena, espungendo il settimo e l'ottavo capoverso della premessa e facendo riferimento alla diminuzione di pena e non alla causa di non punibilità.

Il Governo accetta l'ordine del giorno Paladini n. 9/4434-A/34, a condizione che il dispositivo sia riformulato nel senso sostituire le parole: «ad adottare», con le parole: «a valutare».

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Il Governo accetta l'ordine del giorno Barbato n. 9/4434-A/35, a condizione che il dispositivo sia riformulato, aggiungendo le parole: «nei limiti delle risorse disponibili».

Il Governo accoglie come raccomandazione l'ordine del giorno Leoluca Orlando n. 9/4434-A/36, mentre accetta l'ordine del giorno Porcino n. 9/4434-A/37, a condizione che il dispositivo sia riformulato, aggiungendo, dopo le parole: «a mettere in atto», le parole: «nei limiti delle risorse disponibili».

Il Governo accetta l'ordine del giorno Pagano n. 9/4434-A/38, a condizione che il dispositivo sia riformulato, sostituendo le parole: «a emanare una direttiva», con le seguenti: «a rendersi promotore di una normativa».

Il Governo accetta l'ordine del giorno Mantovano n. 9/4434-A/39.

PAOLA SEVERINO DI BENEDETTO, Ministro della giustizia. Il Governo accetta l'ordine del giorno Garavini n. 9/4434-A/40.

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Il Governo accetta i successivi ordini del giorno Santelli n. 9/4434-A/41, Granata n. 9/4434-A/42 e Franceschini n. 9/4434-A/43 (Nuova formulazione).

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione degli ordini del giorno Di Stanislao n. 9/4434-A/1 e Abrignani n. 9/4434-A/2, accettati dal Governo.

Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione dell'ordine del giorno Bernardini n. 9/4434-A/3, accettato dal Governo, purché riformulato.

RITA BERNARDINI. Signor Presidente, accetto la riformulazione e invito lei, signor Presidente della Camera, a prendere in considerazione anche la modifica al Regolamento che ho presentato, la quale impegnerebbe la Camera, da subito, a fare l'anagrafe patrimoniale di tutti gli eletti, obbligatoria e non facoltativa.

PRESIDENTE. Trattandosi di una modifica del Regolamento, come lei sa, sarà la Giunta per il Regolamento ad essere interessata al riguardo. Prendo, quindi, atto che non insiste per la votazione del suo ordine del giorno, accettato purché riformulato.

Passiamo all'ordine del giorno Scilipoti n. 9/4434-A/4. Constato l'assenza dell'onorevole Scilipoti: s'intende che vi abbia rinunziato.

Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione dell'ordine del giorno Di Biagio n. 9/4434-A/5, accettato dal Governo, purché riformulato.

BENEDETTO FABIO GRANATA. Signor Presidente, ho ascoltato la riformulazione proposta dal signor Ministro. In questo caso accettiamo la riformulazione in quanto, come gruppo Futuro e Libertà, Pag. 13abbiamo presentato una risoluzione che va nella direzione esatta dell'ordine del giorno.

Tuttavia, bisogna anche dire, signor Ministro, telegraficamente, che la sua riformulazione, anche se ne comprendo le motivazioni politiche, tende a non evidenziare come queste recenti normative abbiano oggettivamente indebolito un organismo al quale tutto il Parlamento - e certamente lei - attribuisce grandissima rilevanza nelle azioni di contrasto anche alla corruzione.

Quindi, la finalità dell'ordine del giorno è quella di dire chiaro e forte che la Direzione investigativa antimafia (DIA) è uno strumento essenziale nel contrasto alla corruzione e, quindi, nella tracciabilità dei capitali e delle azioni che sono propedeutiche alla corruzione. Oggi la DIA è soggetta ad un processo di indebolimento retributivo e funzionale fortissimo, tanto che molti sono preoccupati per la sopravvivenza stessa dell'organismo e quelle normative che vanno con grande attenzione riconsiderate, sono quelle che l'hanno depotenziata, certamente non con dolo, ma certamente con una colpa grave, perché la DIA rappresenta la punta di diamante del contrasto non soltanto alle organizzazioni mafiose, ma alle organizzazioni legate ai sistemi criminali di cui la corruzione si nutre.

Pertanto, nella logica di dare un segnale da parte del Parlamento alla DIA, accettiamo la riformulazione proposta, ma invitiamo il Governo a considerare seriamente, nella formulazione effettiva dell'ordine del giorno, la necessità di un intervento normativo che sia adeguato all'emergenza - credo condivisa da buona parte del Parlamento - che, attraverso questo ordine del giorno, abbiamo inteso lanciare come Futuro e Libertà (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Sta bene. Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dei rispettivi ordini del giorno Mario Pepe (PD) n. 9/4434-A/6 e Binetti n. 9/4434-A/7, accettati dal Governo.

Chiedo al presentatore se accetti la riformulazione dell'ordine del giorno Tassone n. 9/4434-A/8, accettato dal Governo, purché riformulato.

MARIO TASSONE. Signor Presidente, io accetto la riformulazione anche perché capisco che cosa significhi la «terzietà» proposta come modifica dal Governo. Vorrei semplicemente raccomandare che questo ordine del giorno - quale atto di indirizzo parlamentare - raccolga quello che è il senso, il significato di una proposta che intende rivedere un po' tutta la normativa e dare un ruolo ai segretari comunali e, quindi, un controllo di legittimità, a mio avviso importante e fondamentale, sulle amministrazioni dopo il superamento del ruolo e della presenza dei Coreco dopo, ma prima ancora delle giunte provinciali amministrative. Credo che il controllo di legittimità sia un fatto importantissimo e fondamentale se vogliamo creare degli anticorpi per il dilagare di una corruzione, ma anche per dare maggiore dignità e maggiore prestigio alla pubblica amministrazione.

PRESIDENTE. Sta bene. Prendo atto che il presentatore non insiste per la votazione dell'ordine del giorno D'Ippolito Vitale n. 9/4434-A/9, accettato dal Governo.

Chiedo al presentatore se accetti la riformulazione dell'ordine del giorno Garagnani n. 9/4434-A/10, accettato dal Governo, purché riformulato.

FABIO GARAGNANI. No, signor Presidente, non accetto la riformulazione e insisto per la votazione, in quanto i due presupposti fanno parte integrante dell'ordine del giorno. Se tolgo i due incisi a cui faceva riferimento il Ministro, l'ordine del giorno perderebbe la sua validità.

PRESIDENTE. Passiamo, dunque, ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Garagnani n. 9/4434-A/10, non accettato dal Governo. Pag. 14

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevole Cicchitto ha votato?

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 500

Votanti 473

Astenuti 27

Maggioranza 237

Hanno votato115

Hanno votato no 358).

Prendo atto che il deputato Pionati ha segnalato che non è riuscito a votare.

Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione degli ordini del giorno Mantini n. 9/4434-A/11, Ria n. 9/4434-A/12 e Della Vedova n. 9/4434-A/13, accettati dal Governo.

Prendo atto che il presentatore accetta la riformulazione e non insiste per la votazione dell'ordine del giorno Moroni n. 9/4434-A/14, accettato dal Governo, purché riformulato.

Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Contento n. 9/4434-A/15, accettato dal Governo.

Onorevole Galli, insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/4434-A/16, accettato dal Governo?

DANIELE GALLI. No, signor Presidente, però vorrei sottolineare al Governo che, al di là della formula abbastanza blanda con cui ho chiesto l'intervento, il Governo stesso si prende un impegno serio nel gestire la normativa che ho chiesto, e cioè la legge sui doni, e mi meraviglio, altresì, che non siano state prese in considerazione le proposte di legge presentate sull'argomento nella formulazione di questo provvedimento di legge. Inoltre, mi meraviglio anche che non sia stata considerata tutta la normativa sulle lobby contenuta in diverse proposte di legge nell'ambito della Camera perché ciò avrebbe consentito di fare un magnifico testo unico, invece, come sempre, proseguiamo a pezzi.

PRESIDENTE. Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione degli ordini del giorno Giovanelli n. 9/4434-A/17 e Cimadoro n. 9/4434-A/18, accettati dal Governo.

Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Donadi n. 9/4434-A/19 non accedono all'invito al ritiro formulato dal Governo ed insistono per la votazione.

Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Donadi n. 9/4434-A/19 non accettato dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 485

Votanti 474

Astenuti 11

Maggioranza 238

Hanno votato68

Hanno votato no 406).

Prendo atto che gli onorevoli Golfo, Lamorte D'Incecco e Zinzi hanno segnalato di non essere riusciti ad esprimere voto contrario e che i deputati Pionati e Scapagnini hanno segnalato che non sono riusciti a votare.

Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione dell'ordine del giorno Messina n. 9/4434-A/20, accettato dal Governo, purché riformulato.

IGNAZIO MESSINA. Signor Presidente, chiedo un attimo di attenzione al Governo rispetto all'ipotesi di riformulazione proposta. La Commissione antimafia, di cui peraltro io faccio parte, il 18 febbraio 2010 ha approvato un codice etico che prevede l'incandidabilità per alcuni soggetti che sono accusati e condannati per i reati di estorsione, usura, riciclaggio, trasferimento fraudolento di valori, traffico illecito di rifiuti e delitti le cui modalità rientrano nelle pratiche di carattere mafioso. Pag. 15Con questo ordine del giorno abbiamo chiesto di introdurre, attraverso iniziative legislative, una decadenza dal diritto ad ottenere risorse pubbliche per quei partiti che candidano nelle loro liste soggetti che rientrano nelle fattispecie che ho richiamato. Ora, francamente, dire non «introdurre», ma «valutare l'opportunità di», lascia estremamente perplessi perché il Governo deve stabilire se vuole introdurre queste norme per lottare realmente il malaffare, la corruzione e l'illegalità, oppure se vuole valutare in futuro quello che c'è da fare. Ho decine di ordini del giorno approvati da questo Parlamento e da questa Aula che riportano la frase: «a valutare l'opportunità di», che sono rimasti soltanto mere enunciazioni di principio. In questa ipotesi credo che l'enunciazione di principio non basti proprio, il Governo scelga se vuole adottare normative in tal senso, oppure lasci perdere. Quindi, se il Governo conferma il testo va bene, altrimenti chiedo di porre in votazione l'ordine del giorno in esame.

PRESIDENTE. Il Governo?

FILIPPO PATRONI GRIFFI, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione. Signor Presidente, ribadisco l'invito al ritiro formulato dal Governo perché questo è un problema che verrà senz'altro valutato dal Governo, perché qui si tratta della decadenza degli oneri, non dell'incandidabilità in sede di attuazione dell'articolo 49 o anche del finanziamento dei partiti. È una questione di un minimo di sistematica proprio per l'impegno serio con cui il Governo prende gli ordini del giorno. Questo è il motivo unico della precisazione.

PRESIDENTE. Onorevole Messina, il Ministro ha confermato la proposta di riformulazione del suo ordine del giorno n. 9/4434-A/20. Lei ha motivato, testé, che non condivide la riformulazione.

Dunque, passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Messina n. 9/4434-A/20, non accettato dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 506

Votanti 494

Astenuti 12

Maggioranza 248

Hanno votato67

Hanno votato no 427).

Prendo atto che i deputati Monai, Scapagnini e Pionati hanno segnalato che non sono riusciti a votare.

Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Borghesi n. 9/4434-A/21, accettato dal Governo.

Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Rota n. 9/4434-A/22, accettato dal Governo, purché riformulato.

Chiedo ai presentatori se accettano la riformulazione dell'ordine del giorno Piffari n. 9/4434-A/23, accettato dal Governo, purché riformulato.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Signor Presidente, intanto ringrazio il Governo per l'attenzione su un argomento come questo, relativo al ruolo dei segretari comunali nell'amministrazione pubblica. Non è che vogliamo tornare indietro a un controllo centrale del segretario comunale, ma credo che rafforzare l'indipendenza sia fondamentale.

Auspico, pertanto, che il Governo metta ancora maggiore attenzione anche sugli abusi che gli amministratori, i sindaci, compiono nello scegliere i segretari, a volte non riconoscendo meriti o qualifiche e, quindi, tentando di andare a cercarsi sempre l'amico che non tenga in stretta attenzione il proprio ruolo. Quindi, l'indipendenza va ricercata, perché in questo momento probabilmente è un po' troppo sbilanciata rispetto alla posizione dominante Pag. 16del sindaco, che può revocare il segretario comunale in qualsiasi momento.

Comunque, ringrazio anche per la riformulazione proposta dal Governo, che accetto.

PRESIDENTE. Sta bene.

Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione degli ordini del giorno Monai n. 9/4434-A/24, Favia n. 9/4434-A/25, Palagiano n. 9/4434-A/26, accettati dal Governo, purché riformulati.

Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Evangelisti n. 9/4434-A/27 non accedono all'invito al ritiro formulato dal Governo ed insistono per la votazione.

Passiamo dunque ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Evangelisti n. 9/4434-A/27, non accettato dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

L'onorevole Cesa ha votato...

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 501

Votanti 490

Astenuti 11

Maggioranza 246

Hanno votato61

Hanno votato no 429).

Prendo atto che i deputati Piccolo, Monai, e Pionati hanno segnalato che non sono riusciti a votare.

Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Mura n. 9/4434-A/28, accettato dal Governo.

Prendo atto che i presentatori dell'ordine del giorno Aniello Formisano n. 9/4434-A/29 non accedono all'invito al ritiro formulato dal Governo ed insistono per la votazione.

Passiamo dunque ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Aniello Formisano n. 9/4434-A/29, non accettato dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Onorevole Moles, ha votato?

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera respinge (Vedi votazioni).

(Presenti 493

Votanti 484

Astenuti 9

Maggioranza 243

Hanno votato64

Hanno votato no 420).

Prendo atto che i deputati Monai e Pionati hanno segnalato che non sono riusciti a votare. Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione degli ordini del giorno Zazzera n. 9/4434-A/30 e Palomba n. 9/4434-A/31, accettati dal Governo.

Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione degli ordini del giorno Di Giuseppe n. 9/4434-A/32, Di Pietro n. 9/4434-A/33, Paladini n. 9/4434-A/34 e Barbato n. 9/4434-A/35, accettati dal Governo, purché riformulati.

Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Leoluca Orlando n. 9/4434-A/36, accolto dal Governo come raccomandazione.

Prendo atto che i presentatori accettano la riformulazione e non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Porcino n. 9/4434-A/37.

Chiedo ai presentatori se accettino la riformulazione dell'ordine del giorno Pagano n. 9/4434-A/38, accettato dal Governo, purché riformulato.

ALFREDO MANTOVANO. Signor Presidente, intervengo per dire che accettiamo la riformulazione, come presentatori dell'ordine del giorno, ma chiediamo il voto Pag. 17su questo stesso ordine del giorno, che fa seguito ad un emendamento che era stato ritirato proprio per presentare questo atto di impegno al Governo.

PRESIDENTE. Passiamo dunque ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Pagano n. 9/4434-A/38, nel testo riformulato, accettato dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 504

Votanti 495

Astenuti 9

Maggioranza 248

Hanno votato487

Hanno votato no 8).

Prendo atto che il deputato Monai ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole e che il deputato Pionati ha segnalato che non è riuscito a votare.

Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Mantovano n. 9/4434-A/39, accettato dal Governo. Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Garavini n. 9/4434-A/40, accettato dal Governo. Prendo atto che i presentatori non insistono per la votazione dell'ordine del giorno Santelli n. 9/4434-A/41, accettato dal Governo.

Onorevole Granata, insiste per la votazione del suo ordine del giorno n. 9/4434-A/42, accettato dal Governo?

BENEDETTO FABIO GRANATA. Signor Presidente, chiedo che questo ordine del giorno sia messo ai voti, perché impegna il Governo ad individuare con iniziative legislative la possibilità di rendere operativo e obbligatorio il codice etico antimafia che è stato approvato con voto unanime della Commissione d'inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere. È un voto che deve rispecchiare in quest'Aula la volontà di determinare uno strumento per creare realmente la possibilità di un Parlamento e di una politica nella quale, se si è condannati in primo grado per una serie di reati molto gravi - dall'associazione mafiosa alla corruzione, alla concussione e al peculato -, si debba avere il buon senso, da parte dei partiti di non essere inseriti nelle liste, e da parte dell'interessato di stare fermo un giro.

Quindi io credo che il Parlamento, coerentemente con il voto unanime espresso nella Commissione d'inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, debba esprimere una volontà politica per rafforzare una volontà di tipo legislativo di proposta da parte del Governo che vada nella direzione effettiva di rendere il Parlamento non un luogo dove si va per evitare i processi - per essere molto chiaro ed esplicito - ma un luogo dove si rappresenta il popolo italiano.

In questo senso, credo che le forze politiche debbano esprimere un auspicio che vada in una direzione o in un'altra, sottolineando che le stesse forze politiche nella Commissione bicamerale hanno espresso all'unanimità consenso su un codice che poi veramente in pochi hanno realmente applicato (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Anna. Ne ha facoltà.

VINCENZO D'ANNA. Signor Presidente, mi permetto di dissentire da quello che dice l'onorevole Granata, non perché non colga la bontà di fondo del suo pensiero, ma vorrei solo avvertirlo che in Italia i processi non si fanno non perché non lo vogliono i politici, anzi esiste il fenomeno contrario di quello che egli denuncia, poiché politici condannati prima di poter subire il processo perché la condanna viene dal circuito mediatico giudiziario, Pag. 18non sono in grado - e c'è quindi l'onorevole Mannino che ne sa qualcosa - di poter dimostrare la loro estraneità. Quindi, il giro a cui fa riferimento l'onorevole Granata, il quale fa il Saint-Just credo in maniera poco attenta, dovrebbe sapere che per lui o me o altri che incorressero nelle grinfie della magistratura militante il giro durerebbe ben quindici o venti anni. Questo è il problema, non che il Parlamento sia il ricovero dei condannati, questo ve lo dice uno che non ha mai avuto a che fare con la giustizia, ma la dovete smettere di fare i Saint-Just da strapazzo, criminalizzando il Parlamento (Applausi dei deputati dei gruppi Popolo e Territorio e Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Passiamo ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Granata n. 9/4434-A/42, accettato dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 506

Votanti 438

Astenuti 68

Maggioranza 220

Hanno votato418

Hanno votato no 20).

Prendo atto che il deputato Monai ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole e che i deputati Pionati e Melandri hanno segnalato che non sono riusciti a votare.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Chiedo di parlare per un richiamo al Regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor Presidente, mi scusi se pongo una questione di carattere regolamentare. Infatti, è invalso l'uso da parte di molti colleghi, in presenza di un parere favorevole del Governo sul testo integrale del presentatore di un ordine del giorno, di chiederne la votazione. Possiamo anche comprendere l'intento politico, ed evidentemente vi è un intento in tal senso nel momento in cui si chiede di fare in modo che l'Aula rafforzi eventualmente il parere del Governo, e quindi è probabile che dal punto di vista politico ciò possa insistere sulle volontà e le disponibilità del Governo a dare attuazione all'ordine del giorno, ma dal punto di vista puramente formale e regolamentare va da sé che un ordine del giorno accolto dal Governo si intende nel pieno delle disponibilità poste in capo al Governo e anche delle responsabilità di attuazione dell'ordine del giorno.

È vero anche che, molto spesso, non si sa che fine facciano gli ordini del giorno, perché una volta che il Governo si impegna ad accoglierlo molto spesso l'iter che viene seguito dal Governo o dal Ministero interessato si perde in una serie di meandri burocratici e, quindi, è chiaro, signor Presidente, che a fronte anche di una prassi che sta diventando importante per il modo in cui stiamo lavorando, è importante intendersi su cosa pensiamo possa valere il voto di un'Aula parlamentare che conferma ulteriormente e rafforza il parere favorevole del Governo su un ordine del giorno. È anche per questo motivo, signor Presidente, che le chiedo, a nome del gruppo del Partito Democratico, di porre in votazione l'ordine del giorno del nostro capogruppo, ossia l'ordine del giorno Franceschini n. 9/4434-A/43, così come riformulato.

PRESIDENTE. Onorevole Quartiani, l'interessante questione che ella ha posto sarà oggetto di una valutazione della Giunta per il Regolamento. Come lei sa, vi è una lunga e univoca prassi che consente al collega che presenta un ordine del giorno, pur in presenza di un parere favorevole, di chiederne la votazione. Comunque, interesseremo la Giunta per il Pag. 19Regolamento, che è molto attenta a queste questioni, che lei pone con solerzia e con acume.

GIAN LUCA GALLETTI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIAN LUCA GALLETTI. Signor Presidente, condividendo l'ordine del giorno Franceschini n. 9/4434-A/43, nella nuova formulazione, che stiamo per votare, voglio aggiungere la firma di tutto il gruppo dell'UdC a tale ordine del giorno.

LUCA RODOLFO PAOLINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LUCA RODOLFO PAOLINI. Signor Presidente, intervengo per lo stesso analogo motivo: sottoscrivo, anche a nome di tutto il gruppo Lega Nord Padania, l'ordine del giorno Franceschini n. 9/4434-A/43, come riformulato.

MASSIMO ENRICO CORSARO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MASSIMO ENRICO CORSARO. Signor Presidente, intervengo per aggiungere anche da parte nostra la firma e rappresentare la totale adesione del Popolo della Libertà al testo dell'ordine Franceschini n. 9/4434-A/43, nella nuova formulazione.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Signor Presidente, anche il gruppo di Futuro e Libertà sottoscrive convintamente l'ordine del giorno Franceschini n. 9/4434-A/43, nella nuova formulazione.

GIUSEPPE FALLICA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIUSEPPE FALLICA. Signor Presidente, anche la componente Grande Sud pone la firma di tutti i propri deputati all'ordine del giorno Franceschini n. 9/4434-A/43, nella nuova formulazione.

DAVID FAVIA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DAVID FAVIA. Signor Presidente, intervengo anche a titolo personale e per il gruppo dell'Italia dei Valori: sottoscriviamo l'ordine del giorno Franceschini n. 9/4434-A/43, nella nuova formulazione.

PRESIDENTE. Onorevole Favia, mi scusi, ma non ho capito bene: interviene a titolo personale o lei annunzia la sottoscrizione per l'intero gruppo?

DAVID FAVIA. Signor Presidente, per l'intero gruppo.

PRESIDENTE. Sta bene. Passiamo dunque ai voti.

Indìco la votazione nominale, mediante procedimento elettronico, sull'ordine del giorno Franceschini n. 9/4434-A/43 (Nuova formulazione), accettato dal Governo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

I colleghi hanno votato? L'onorevole Santagata non riesce? Adesso ha votato.

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione: la Camera approva (Vedi votazioni).

(Presenti 504

Votanti 500

Astenuti 4

Maggioranza 251

Hanno votato499

Hanno votato no 1). Pag. 20

Prendo atto che il deputato Monai ha segnalato che non è riuscito ad esprimere voto favorevole e che i deputati Melandri e Pionati hanno segnalato che non sono riusciti a votare.

È così esaurito l'esame degli ordini del giorno presentati.

Ricordo che la Conferenza dei presidenti di gruppo ha stabilito che le dichiarazioni di voto finale dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto con ripresa televisiva diretta abbiano inizio a partire dalle ore 12.

Sull'ordine dei lavori (ore 10,58).

SANDRA ZAMPA. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SANDRA ZAMPA. Signor Presidente, la ringrazio molto di darmi la possibilità di parlare mentre è presente il Ministro Severino, alla quale voglio rappresentare una situazione davvero paradossale che riguarda il carcere minorile del Pratello dove, il 29 maggio scorso, a seguito di un provvedimento che aveva sospeso la direttrice dell'istituto minorile, Paola Ziccone, è arrivato immediatamente, il 30 maggio, cioè il giorno successivo, un provvedimento di sospensione mai visto applicato prima...

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Zampa, io le ho dato la parola sull'ordine dei lavori. La prego, semmai, di presentare un atto di sindacato ispettivo al Ministro, per porre la questione.

SANDRA ZAMPA. Me la cavo dicendo che vorrei allora, signor Ministro, che si rispondesse all'interrogazione che è stata presentata in merito molti, molti mesi fa ormai. La situazione al Pratello è diventata di nuovo grave.

PRESIDENTE. Il Ministro ha preso buona nota circa la necessità di rispondere all'atto di sindacato ispettivo presentato. Sospendo la seduta, che riprenderà alle ore 12.

La seduta, sospesa alle 11, è ripresa alle 12.

Si riprende la discussione.

(Dichiarazioni di voto finale - A.C. 4434-A)

PRESIDENTE. Passiamo alle dichiarazioni di voto finale.

Ricordo che, come stabilito nella Conferenza dei presidenti di gruppo, è stata disposta la ripresa televisiva diretta delle dichiarazioni di voto finale dei rappresentanti dei gruppi e delle componenti politiche del gruppo Misto.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Melchiorre. Ne ha facoltà, per due minuti.

DANIELA MELCHIORRE. Signor Presidente, onorevoli colleghi, questo testo contiene due sicure positività: la prima è la qualificazione del traffico transfrontaliero di rifiuti come attività a rischio mafioso; la seconda è l'esigenza che le nomine politiche dei dirigenti delle amministrazioni non corrispondano a favoritismi e premi di fedeltà, ma servano a dare vere risorse aggiuntive all'amministrazione. Sono positività che contrastano due fenomeni di rilevante importanza. Noi liberal democratici rivendichiamo il merito di averle fatte introdurre in questo testo.

Noi liberal democratici abbiamo votato la triplice fiducia che ci è stata chiesta dal Governo per fedeltà al nostro impegno assunto in quest'Aula in questo momento difficilissimo per il nostro Paese. Ciò non ha impedito al nostro senso di responsabilità di vedere e ricordare le preclusioni che questa accelerazione ha comportato. Ad esempio, la grave franchigia per la corruzione privata concessa per il futuro a Pag. 21partiti, a fondazioni, a consorzi, come se questi non fossero temi di pressante e drammatica attualità.

Tutti sanno le difficoltà di imputazione per i casi sui rimborsi elettorali che, al fondo, sono corruzione tra privati. Si sarebbe potuto rimediare e non lo si è fatto. Come, ad esempio, la pericolosa genericità della fattispecie di traffico di influenze illecite, dove il testo che la nostra fedeltà ci ha imposto di votare resta senza spiegazione e trasferisce al giudiziario, contro ogni regola dello Stato di diritto, la libertà di applicarla a piacimento e in modo che può essere anche devastante.

Questo noi dovevamo dire perché ce lo dettano i principi di democrazia e libertà in cui crediamo.

Per le ragioni che ho detto, annuncio il voto favorevole dei liberal democratici (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Liberal Democratici-MAIE).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Belcastro. Ne ha facoltà, per due minuti.

ELIO VITTORIO BELCASTRO. Signor Presidente, questo disegno di legge è stata l'occasione per dire tre volte «no» alla fiducia chiesta dal Governo per un'attività globale svolta dallo stesso, che ha lasciato perplessi gli italiani.

Non si riesce a capire qual è l'obiettivo. Si sta distruggendo quel poco di economia che c'era, si sta impedendo ai cittadini di poter vivere una vita normale. Ciò vale ancora maggiormente per una parte del Paese, il Sud, che sembrava dover essere al centro dell'attenzione anche su sollecitazione, in un primo momento, da parte del Presidente della Repubblica.

Oggi non si parla più di Sud. Abbiamo altre disgrazie, abbiamo il terremoto in Emilia Romagna, ma il Sud era già terremotato e continua ad esserlo, e l'atteggiamento di questo Governo è assolutamente incomprensibile.

Per quanto riguarda questo disegno di legge, è l'inizio di un segnale, mi auguro.

C'è bisogno di moralizzare la cosa pubblica in tutti i settori. C'è bisogno di regole ferree, che impediscano ai disonesti di entrare in politica, che impediscano ai pubblici impiegati di entrare in circoli viziosi che portano danno alla comunità. C'è la necessità di impedire alla magistratura di far politica, perché fa perdere credibilità ad un organo che è fondamentale per la nostra democrazia.

In questa direzione mi auguro che il Governo si muova. Non è possibile che ci siano magistrati schierati perché perdono di credibilità e rompono l'equilibrio dei poteri (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Ossorio. Ne ha facoltà, per tre minuti.

GIUSEPPE OSSORIO. Signor Presidente e signor Ministro, dichiaro il voto favorevole dei repubblicani azionisti. Riteniamo che il Governo abbia fatto bene ad intervenire, in un certo senso anche in modo tempestivo, su un argomento tanto avvertito dai cittadini italiani e dalla pubblica opinione. Basta ricordare che la Corte dei conti valuta che il sistema della corruzione nel Paese raggiunge ormai un limite enorme: 60 miliardi.

I costi della corruzione non devono essere sopportati perché offendono e uccidono la pubblica morale e lo sviluppo in generale del Paese. Riteniamo però, Ministro, che non sarà mai l'inasprimento della pena a ridurre il reato, né lo strumento della delazione avvierà il cittadino verso una migliore qualità del comportamento pubblico.

Noi repubblicani vogliamo una pubblica amministrazione più efficiente e responsabile: è da questo nodo che si dovrà partire, se si vorrà sconfiggere alla radice il più odioso dei comportamenti, la corruzione. La paghiamo tutti: coloro che sono le vittime, ma anche coloro che lavorano in un sistema malato.

Votiamo il provvedimento anche perché auspichiamo che il Governo si riappropri del potere di migliorare e regolamentare i processi amministrativi. Bisogna prevenire, Pag. 22signor Ministro, il reato di corruzione ancor prima che si consumi.

Aumentare la pena ha un significato simbolico, ma non sconfiggerà il sistema della corruzione. La sola repressione ed il solo aumento della pena hanno valore quasi elettoralistico. Noi vorremmo invece che le procedure amministrative, vorremmo che i controlli preventivi, ancor prima che quelli successivi, giusti e opportuni, della Corte dei conti, fossero ripristinati. E lei, signor Ministro, ne ha tutta la competenza e riteniamo che il Governo Monti ne abbia anche la volontà (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Repubblicani-Azionisti).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Pisicchio. Ne ha facoltà, per tre minuti.

PINO PISICCHIO. Signor Presidente e signora Ministro, l'iter del provvedimento in esame, impegnativo e fortemente dialettizzato nel dibattito tra i gruppi, ha visto nel Ministro Severino un punto di equilibrio decisivo, senza il quale probabilmente non saremmo riusciti a raggiungere l'obiettivo del voto in Aula. Di questo importante e non affatto agevole lavoro di composizione e di mediazione va dato atto al Ministro, che ha interpretato in modo impeccabile un ruolo che si addice al carattere del Governo, facilitatore del dialogo tra le forze politiche.

Onorevoli colleghi, se i nomi delle leggi hanno un significato, il provvedimento sull'anticorruzione deve essere maneggiato con molta cura, per l'intrinseca delicatezza degli istituti, delle strutture giuridiche, dell'impianto e delle pene in esso contemplate certamente, ma anche per la grande capacità evocativa che il nome ha in questo momento presso la pubblica opinione.

Costruire un nuovo impianto normativo diretto a contrastare la corruzione, dando nuovo spessore ad istituti come il rapporto con la veloce evoluzione delle tecnologie, delle relazioni internazionali, del nuovo modo stesso di interagire tra pubblico ufficiale e realtà effettuale - in un momento storico in cui la considerazione della politica nel sentimento comune è ai minimi storici, nel momento in cui la difficoltà e diremo pure l'impoverimento che strangola il Paese rende sempre più insopportabili agli occhi della gente gli arricchimenti indebiti di uomini che dovrebbero essere spesso servitori dello Stato e non asservitori del bene pubblico - ebbene tutto questo significa oggi agire con decisione e consapevolezza in un corpo vivo, in una ferita aperta.

Questa materia non va affrontata con retorica leguleia, con lo spirito del penalista ben remunerato dal ricco cliente per tentare di portare a casa un risultato utile. Questa materia va decisa con rigore e con coerenza rispetto all'impianto costituzionale ed al sistema di garanzie da esso promananti. Va decisa con lucidità ed onestà intellettuale.

Allora, bisognerà dire che le questioni centrali a cui la Convenzione ci obbligava a riflettere e ad ottemperare sono state ben affrontate, aspetti significativi di questo provvedimento che hanno rappresentato non solo l'adempimento di impegni sottoscritti in sede internazionale, ma anche un'importante innovazione nel rapporto tra cittadino e pubblica amministrazione, improntato al criterio della trasparenza.

Per questo, allora i deputati di Alleanza per l'Italia esprimeranno un voto favorevole sul testo proposto alla nostra attenzione (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Alleanza per l'Italia).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Miccichè. Ne ha facoltà, per cinque minuti.

GIANFRANCO MICCICHÈ. Signor Presidente, signor Ministro della giustizia, abbiamo affrontato un argomento realmente molto serio, però - come spesso succede all'interno di quest'Aula - lo abbiamo affrontato un po' portando avanti le istanze demagogiche di qualche personaggio della televisione italiana e poco - secondo me - rendendoci conto di quello che stiamo facendo. Pag. 23

Mi riferisco a questo incredibile - secondo me - reato di traffico di influenza. Non so se voi conoscete bene qual è il lavoro che normalmente fanno i politici, specialmente in alcune zone del Paese: posso dire che noi, deputati di Grande Sud, passiamo la giornata a cercare di «influenzare» - mi posso costituire - nel senso che abbiamo tutti i giorni a che fare con qualche impresa che viene a chiederci un aiuto perché sta per chiudere, mandando a casa decine di persone perché non riesce ad ottenere 10.000 euro di prestito da una banca; io cerco di influenzare il direttore di quella banca (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Grande Sud-PPA e di deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

Abbiamo gente che viene tutti i giorni da noi perché cerca di ottenere una visita da un primario, non il 12 settembre prossimo, come gli dicono, ma con urgenza perché ha una malattia grave; io cerco di influenzare quel primario.

Tutti i giorni viene da me un pescatore cercando un aiuto ed una mano perché - giorno dopo giorno - gli sequestrano i tonni che pesca perché l'Europa dice che i tonni non si possono pescare in Italia, ma dobbiamo aspettare che li vengano a prendere i giapponesi, appena girano l'angolo di Trapani (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Grande Sud-PPA e di deputati del gruppo Popolo della Libertà). Io cerco tutti i giorni di influenzare dalla Guardia di finanza fino a tutti i commissari europei per evitare che questo accada.

Io sto tutto il giorno a cercare di influenzare qualcuno perché possa dare lavoro ad un disoccupato siciliano, pugliese, calabrese o campano (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Grande Sud-PPA e di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

Signor Ministro, il combinato disposto tra le intercettazioni ed il reato di traffico di influenza ci mette nelle condizioni di essere, noi di Grande Sud, matematicamente tutti indagati.

Allora, siccome siamo in un momento di crisi e dobbiamo anche risparmiare, le dico sinceramente che tanto vale che ci costituiamo tutti e si faccia un maxiprocesso a noi politici del sud (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Grande Sud-PPA), perché passiamo la giornata a cercare di influenzare qualcuno per ottenere quel minimo di aiuto che oggi lo Stato ci può dare.

Devo dire con dispiacere che, purtroppo, raramente riusciamo ad influenzare: troppo spesso ci viene detto «no». Io metterei in galera quelli che ci dicono «no», non noi che cerchiamo di influenzare o di ottenere qualcosa (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Grande Sud-PPA).

Signor Ministro, non voglio fare un intervento demagogico, né voglio mettermi a dire che oggi questo Governo dovrebbe pensare di più al decreto «sviluppo» o a dire all'Europa che tutte le limitazioni incredibili che ci pone ci stanno veramente mettendo in ginocchio, ma la prego e la invito a rivedere realmente con serietà questo, che secondo me è un errore clamoroso che mette un grandissimo potere nelle mani dei magistrati italiani che, per quanto seri e bravi possano essere, ogni tanto abbiamo visto che manifestano qualche punto di non perfetta coerenza con il giuramento che hanno fatto quando sono diventati magistrati. Mettiamo nelle mani di questi pochi magistrati, che non sono persone perbene all'interno della magistratura italiana, un potere infinito; mettiamo ancora nelle mani della magistratura non perbene la possibilità di decidere chi deve essere eletto la prossima volta e chi non deve essere eletto, chi deve continuare a lavorare per la propria gente e chi non deve continuare a farlo.

La invito, seriamente, senza infingimenti e senza demagogia, a rivedere l'articolo sull'influenzabilità nella pubblica amministrazione perché è un errore realmente grave di cui tutti noi ci pentiremo - lo dico a tutti quelli che voteranno questo provvedimento - tra qualche anno amaramente.

Per la prima volta Grande Sud non voterà a favore di questo Governo (Applausi dei deputati del gruppo Misto-Grande Sud-PPA e di deputati dei gruppi Popolo della Libertà e Lega Nord Padania).

Pag. 24

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Di Pietro. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, signori del Governo e la maggioranza che vi appoggia, noi dell'Italia dei Valori intendiamo denunciare, in questa sede e pubblicamente, l'ipocrisia del disegno di legge che vi accingete ad approvare. È semplicemente uno specchietto per le allodole per buggerare i gonzi, per fregare l'opinione pubblica e per far credere che state procedendo ad una legge anticorruzione, mentre invece state facendo una legge pro corruzione. Non lo dico io, l'avete detto voi stessi in questi giorni in Aula. Rivolgo un invito a chi ci ascolta, fuori da quest'Aula, perché in questa Aula non frega niente a nessuno, ognuno ormai alza la mano per partito preso, semplicemente perché riceve un ordine...

MARIA GRAZIA GATTI. Ma come ti permetti? Parla per te.

PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro, la invito a rispettare i colleghi.

ANTONIO DI PIETRO. Ma ci mancherebbe altro.

PRESIDENTE. Ognuno vota secondo coscienza.

ANTONIO DI PIETRO. Magari (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)!

ANDREA RONCHI. Come si permette?

PRESIDENTE. Onorevole Di Pietro, la invito nuovamente a rispettare i colleghi.

ANTONIO DI PIETRO. Invito a rileggere le dichiarazioni che sono state pronunciate in questi giorni da chi oggi si accinge ad approvare questo provvedimento. Testualmente: «lo votiamo, ma lo avremmo voluto diverso». Che lo voti a fare? Allora, qui non si tratta di offendere i colleghi. Ci sono colleghi che lo votano, ma lo avrebbero voluto diverso.

Un'altra dichiarazione: «lo votiamo, ma speriamo che al Senato venga cambiato». Chiaro di cosa stiamo parlando? Di qualcosa che votiamo, ma speriamo che venga cambiato.

Di più: a questo si è aggiunta l'ipocrisia degli ordini del giorno, tra i quali sono stati inseriti e approvati tutti quegli emendamenti che, una volta proposti, sono stati ritirati o bocciati. Vale a dire: io vorrei fare così, però voto al contrario di così. Ne prendo atto.

Allora, nel merito che cos'è questo provvedimento? È un provvedimento che, da una parte, ha un insieme di norme belle da leggere, belle da illustrare, belle da discutere, ma che non dicono niente.

Poi, invece, ci sono delle norme di sostanza. Sono cinque le norme di sostanza: l'articolo 2 sugli arbitrati, l'articolo 4-bis sugli incarichi come dirigenti a politici ed ex politici, soprattutto a quelli «trombati», l'articolo 10 sull'incandidabilità dei condannati, l'articolo 13 sulla modifica al codice penale, espungendo dal codice penale il reato dei reati contro la pubblica amministrazione, cioè la concussione per induzione, e l'articolo 14 che introduce la figura della corruzione tra i privati. Solo questi cinque sono gli articoli di legge che parlano di sostanza, gli altri parlano di sesso degli angeli.

Allora, andiamo a vedere nel concreto cosa propongono questi cinque articoli.

Per quanto riguarda gli arbitrati, pure le pietre sanno che gli arbitrati sono la fonte di maggiore inquinamento per tutto ciò che riguarda il contenzioso con la pubblica amministrazione, tra la pubblica amministrazione e i privati, ogni volta che si tratta di fondi pubblici. Gli arbitrati sono lo strumento al quale in questi anni - è stato dimostrato - ricorrono sempre i privati e alcuni dirigenti o politici della pubblica amministrazione per legittimare spese che a preventivo erano pari dieci e a consuntivo diventano pari a mille, e grazie all'arbitrato nel 95, 97 o 98 per cento Pag. 25delle volte si dà ragione sempre al privato a danno della pubblica amministrazione.

C'è un'autorità giudiziaria prevista dal codice, un giudice naturale, l'autorità giudiziaria appunto. Perché ogni volta che il contenzioso riguarda la pubblica amministrazione non si deve andare dal giudice naturale, ma si va da un arbitro privato, scelto dalle parti, addirittura il più delle volte con un sottobosco di tangenti dietro?

Abbiamo proposto di eliminare gli arbitrati ogni volta che si tratta di denaro pubblico, ogni volta che c'è di mezzo la pubblica amministrazione. Questo articolo lo legittima. Questo è il dato di fatto, il resto sono chiacchiere.

L'articolo 4-bis cosa prevede? Prevede di legittimare il modello «piduista» che si è instaurato nel nostro Paese.

Un gruppo di persone, arrivato al potere, si scambia ruoli e posti: una volta fai il politico tu, una volta faccio il politico io; una volta fai il dirigente tu, una volta faccio il dirigente io; una volta ti nomino all'Agcom, una volta nomino parlamentare un altro; una volta nomino te a quell'incarico dirigenziale e una volta un altro. Questo vale per politici ed ex politici: si tratta di un gruppo dirigente «piduista», che, ormai, si è impossessato del Paese e utilizza le istituzioni per gestire in proprio il potere. Questo è il dato di fatto!

Ebbene, questo articolo 4-bis cosa prevede? Prevede che da ora in poi i politici non possano più fare questo, ma solo per un anno. Ma non ho capito: voi pensate davvero che non ci si metta d'accordo in questa struttura «piduista» per aspettare un anno e impegnarsi un anno per l'altro?

Questo è, ancora una volta, il ricorso strumentale ad una legittimazione di un modello piduista che andava cancellato. Poi vi è l'articolo 10: cosa prevede? Riguarda l'incandidabilità dei condannati. I condannati non dovrebbero essere candidati, non dovrebbero stare in Parlamento, non dovrebbero stare nelle istituzioni, neanche quelle elettive (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori). Questo abbiamo chiesto!

Voi cosa avete fatto? Avete previsto, innanzitutto, una norma «pilatesca»: avete delegato il Governo ad occuparsene. Ma perché, qui dentro non ce ne potevamo occupare? Permettetemi, voglio citare una frase detta qui ieri da una parlamentare che rispetto e voglio vedere come farete a dire che, anche in questo caso, stiamo offendendo il Parlamento. È stato detto in quest'Aula: non si può prevedere che la legge sia uguale per tutti tranne che per i politici. Lo ha detto l'onorevole Bongiorno. Ecco, chiedo questo a voi. In questo momento stiamo approvando una legge per cui, mentre la legge è uguale per tutti, non è uguale per i politici. Non l'ho detto io! La verità è che non vogliamo fare questa legge sull'incandidabilità dei condannati.

Certo, avete stabilito l'incandidabilità solo per i condannati definitivi, ma perché non per quelli non definitivi, se si tratta di reati gravi? Forse che un mafioso condannato in primo grado è meglio che stia in Parlamento? Allora spiegatemi perché in questo disegno di legge, all'articolo 4-bis, comma 2, lettera a), avete previsto, invece, che la condanna non definitiva possa valere per i pubblici impiegati che non devono assumere incarichi di dirigente. Siamo uguali o non uguali agli altri, noi che siamo in Parlamento (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori)?

Perché, soprattutto, questo vale solo per alcuni reati? Ma voglio denunciare un altro fatto: sanno gli italiani che in Commissione antimafia è stato approvato un codice antimafia che prevede la non candidabilità di una serie di persone che sono accusate di una serie di reati, non solo in via definitiva, ma anche con il rinvio a giudizio?

Sapete cosa prevede il codice adottato da questo Parlamento nella Commissione antimafia? Che in Parlamento e nelle istituzioni vadano o le persone non condannate o, se qualcuno è stato condannato in primo grado, prima si fa giudicare e poi entra in Parlamento. Questo lo ha detto la Commissione antimafia! Arrivati in Parlamento, avete approvato l'esatto contrario. Questo a dimostrazione che con le belle Pag. 26parole siete capaci, ma con l'approvazione dei provvedimenti in concreto ritirate la mano.

E sapete cosa avete anche deciso? Che l'incandidabilità è solo in via temporanea. Ma se uno è un criminale è un criminale: non è che dopo due anni diventa una brava persona. E cosa avete deciso sull'articolo 13? La cosa più grave! Avete deciso che non esiste più la concussione per induzione, cioè il reato tipico, il reato tipico di Tangentopoli, perché il pubblico ufficiale, il politico, il pubblico amministratore non violenta, non usa la pistola per costringere qualcuno a pagare.

Il pubblico ufficiale, il politico, l'amministratore ti induce, attraverso una serie di comportamenti e atti che ti portano a pagare, altrimenti «o mangi quella minestra o salti dalla finestra», si dice dalle mie parti. Allora voi cosa avete fatto?

Avete semplicemente previsto che rispondono tutti e due di quello stesso reato, sia chi paga sia chi riceve, senza lasciare al giudice la possibilità di giudicare, di volta in volta, se si tratta di corruzione o concussione. Il risultato è che la vittima sarà tale due volte, perché dovrà sia pagare sia essere punita per questo. Il risultato è che avete ridotto la pena, e quindi avete dato la possibilità che i termini di prescrizione si accorcino, e tanti processi in corso andranno in malora e tanti altri non si faranno mai.

Voi, soprattutto, non avete voluto tenere conto di ciò che è stato proposto dal 1994 a Cernobbio. Mi avvio alla conclusione, signor Presidente.

Avevamo detto una cosa molto semplice, ossia che bisognava rompere il patto di omertà tra corrotto e corruttore, aumentare i termini della prescrizione, introdurre le cause di non punibilità. Di tutto questo vi siete disinteressati, avete elaborato un provvedimento che è uno specchietto per le allodole e che serve soltanto ad illudere i cittadini.

Nel frattempo, da quanto ci risulta, al Senato avete riproposto bipartisan, esponenti del PD e del PdL, la reintroduzione dell'articolo 68 della Costituzione che prevede l'impunità dei parlamentari solo perché sono qui dentro. Noi abbiamo bisogno di parlamentari che siano innocenti, non che siano non punibili (Applausi dei deputati del gruppo Italia dei Valori).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole D'Anna. Ne ha facoltà.

VINCENZO D'ANNA. Signor Presidente, signori del Governo, annuncio, innanzitutto, l'astensione del gruppo Popolo e Territorio sul provvedimento in esame che affronta una serie di tematiche tese a diminuire quel cono d'ombra che da sempre esiste nella pubblica amministrazione, fin da quando qualcuno ha esercitato il potere di decidere in conto degli altri.

È chiaro - è bene ribadirlo perché non si strumentalizzi questa posizione - che noi siamo a favore di tutti quei provvedimenti che abbiano seriamente e concretamente a cuore l'intendimento di fare diminuire, se non tendere ad annullare, qualsiasi forma di prevaricazione, di collusione e di corruzione.

Ascoltavo poc'anzi l'onorevole Di Pietro, che nel ruolo di pubblico ministero è insuperato e insuperabile all'interno di quest'Aula, e mi domandavo se in quest'Aula dobbiamo occuparci precipuamente di trasformare un Paese democratico come l'Italia in una grande caserma o dobbiamo invece ridefinire il ruolo e la funzione dello Stato.

La prima deterrenza contro la corruzione è far sì che lo Stato non diventi padrone ed artefice della vita dei cittadini. Ogni qual volta qualcuno deve elargire un'autorizzazione, una concessione, o sottoporsi ad una burocrazia «bolsa» e ridondante qual è la burocrazia statale in Italia, lì si annida, potenzialmente, la facoltà che hanno i pubblici ufficiali di trarre vantaggio da quelle autorizzazioni, ispezioni o concessioni.

Allora, credo che l'onorevole Di Pietro, nell'enfasi di ricercare il bene, non si renda conto del fatto che i veri nemici dello Stato sono gli statalisti, quelli che intendono consegnare i cittadini, portatori di libertà e di diritti che non sono nella Pag. 27disponibilità né dello Stato, né dell'autorità, sotto l'ambito di una serie di leggi, di regolamenti, nell'alveo di pastoie burocratiche che sono di per se stesse il pabulum all'interno del quale si annida la corruzione.

Sorvolo sul fatto piuttosto disdicevole, signor Presidente della Camera, che in quest'Aula più volte i colleghi intervengono e dipingono questa assise, questa Assemblea elettiva, espressione massima della volontà del popolo, come un raduno di mascalzoni, come un ricovero per banditi, come l'estremo salvacondotto per chi intende delinquere.

Se la società là fuori si organizza, perché ormai ha disprezzo per la politica e per il Parlamento, è perché ci sono questi «untorelli» in questo partito, in tutti i partiti e in questo Parlamento, che intendono demagogicamente trarre profitto dal «cavalcare la tigre» del qualunquismo e del populismo. Credo, quindi, che si debba avere il coraggio di dire certe cose, non fare il conto di quel che ci conviene.

Vorrei ricordare all'onorevole Di Pietro qualcosa che Tacito scrive negli arcana imperii. Egli dice che chi detiene il potere utilizza tre mantelli, quando si confronta e si espone al giudizio del popolo. Il primo è il bonum publicum: il mantello che indossa perché intende fare il bene della gente. Il secondo è quello della salute pubblica, perché intende fare qualcosa per la salute della gente. Il terzo, è il più lacero, e si chiama intentio, ovvero la buona intenzione.

Io credo che questo lacero mantello sia fatto di leggi che inaspriscono le pastoie della burocrazia, che danno allo Stato più funzioni e più funzionari, che siano solo delle buone intenzioni. Noi non abbiamo il dovere di trasformare l'Italia in uno Stato di polizia. Non abbiamo il dovere di inventarci un reato assurdo, fatuo, impalpabile e foriero di future sventure per chiunque amministri la cosa pubblica, come il traffico di influenze illecite.

Vorrei dire ai colleghi ed all'onorevole De Pietro che in una sanità che non funziona, in una sanità in cui la statalità del servizio si è sempre confusa con il monopolio statale della gestione, che è piena di liste di attesa, se io, parlamentare, dovessi chiamare il direttore generale di un determinato ospedale o il primario di un dato reparto per sollecitare l'erogazione di una cura o di un esame diagnostico, farei un traffico illecito di influenze, perché certamente porterei avanti un'istanza che non rispetta la lista d'attesa. Ma sapete perché ci sono le liste d'attesa? Perché abbiamo il monopolio statale della sanità, per cui lo Stato vuole esercitare il suo diritto, facendo degli ospedali e delle aziende sanitarie dei luoghi di clientela. Invece, in una sanità in cui vi sia competizione, è la terzietà dello Stato che controlla l'efficacia delle strutture e l'efficienza delle prestazioni: noi non avremmo le liste di attesa e quindi non avremmo l'esigenza di fare il traffico di influenze illecite.

È compito dei legislatori fare in modo che il cittadino non si pieghi alla raccomandazione, non punire chi comanda. È in questa la differenza fra lo Stato leviatano e lo Stato liberale. Noi dovremmo guardare all'edificazione di uno Stato in cui non ci sia bisogno del traffico illecito delle informazioni. Non abbiamo bisogno di uno Stato in cui anche una privata conversazione può essere spunto per una concussione tra privati.

Non avremmo bisogno, onorevole Di Pietro, di inserire in questo provvedimento quella parte che riguarda i controllori. Quis custodiet custodes? Chi controlla i controllori, se abbiamo scritto in questo provvedimento che i magistrati continuano a godere della irresponsabilità e che è lo Stato a pagare per le loro colpe, le loro nefandezze ed i loro sbagli? Questo dobbiamo dire qua dentro, perché altrimenti siamo alla fattoria di Orwell: siamo tutti uguali, ma c'è qualcuno che è più uguale degli altri.

E lei, che è persona dabbene ed intellettualmente onesta, anche se non ha principi di liberalità nel suo bagaglio culturale, lo deve dire, non deve fare difese corporative, dimenticando che la più grande delle ingiustizie...

Pag. 28

PRESIDENTE. La prego di concludere.

VINCENZO D'ANNA. ... è quella di fare parti uguali tra diseguali. Quindi noi vi diciamo che ci asteniamo su questo provvedimento, ci asteniamo perché non vogliamo indossare il lacero mantello delle buone intenzioni. Ci asteniamo perché siamo convinti che il bene pubblico debba essere servito dai cittadini onesti, perché siamo convinti che questo Parlamento non è un ricettacolo di malfattori. E quando questo Parlamento...

PRESIDENTE. La prego di concludere.

VINCENZO D'ANNA. ... sarà occupato dalla barbarie e dai barbari qualcuno si dovrà porre il problema di riportare la democrazia e la sovranità popolare all'interno di quest'Aula (Applausi dei deputati del gruppo Popolo e Territorio e di deputati del gruppo Popolo della Libertà).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Angela Napoli. Ne ha facoltà.

ANGELA NAPOLI. Signor Presidente, signori Ministri, onorevoli colleghi, il gruppo di Futuro e Libertà per il Terzo Polo esprimerà voto favorevole sull'intero provvedimento in esame, un voto che riteniamo derivi da quella responsabilità che ci ha portati a seguire il lungo e travagliato iter di questa proposta. Lo abbiamo fatto con tenacia e continuità, perché consapevoli della necessità di dover aiutare a dotare l'Italia di norme anticorruzione che gli organismi internazionali hanno da tempo già adottato. A volte siamo sicuramente apparsi anche rigidi nelle nostre decisioni, ma siamo stati sempre guidati dalla consapevolezza non solo di dover dare esecuzione a quanto richiestoci dalle convenzioni internazionali, ma anche di dover contribuire a prevenire e contrastare il cancro della corruzione, che sottrae allo Stato ben 60 miliardi di euro ogni anno e che con una costante crescita si è ormai annidata nelle pubblica amministrazione. Non credo possa essere motivo di vanto dover constatare che l'ultima classifica di Transparency International, che misura la percezione della corruzione, abbia visto scivolare l'Italia al sessantanovesimo posto, al pari del Ghana e della Macedonia. L'OCSE e la Corte dei conti continuano ad avvisarci sugli effetti negativi che la dilagante corruzione produce sulla crescita del nostro Paese ed appare pertanto consequenziale che si potrà affrontare strutturalmente la crisi se verranno affrontati i temi della legalità e della corruzione. La corruzione produce terreno fertile per l'incremento della criminalità organizzata e pertanto va contrastata proprio come tutte le mafie.

Quando, dopo più sollecitazioni, abbiamo iniziato a trattare l'argomento, noi di Futuro e Libertà per il Terzo Polo eravamo consapevoli delle difficoltà che avrebbe comportato una norma così articolata e riguardante un tema di tale portata, ma non ci siamo mai arresi, perché certi che il vero contrasto alla corruzione ci è richiesto dai cittadini, i quali avvertono i richiami ai sacrifici come una beffa se non si colpisce chi perverte e logora l'assetto sociale e democratico (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

Non abbiamo condiviso da subito il testo del provvedimento così come è scritto dal Senato, ritenendolo una semplice elencazione di buoni intendimenti e quindi poco incisivo, sia nella parte relativa alla prevenzione che nella parte relativa al contrasto alla corruzione. Va dato atto al nuovo Governo ed in particolare ai Ministri Severino e Patroni Griffi (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo) di aver aiutato le due Commissioni Affari costituzionali, presieduta dall'onorevole Bruno, e Giustizia, presieduta dall'onorevole Bongiorno, a definire un testo che ha prodotto importanti passi in avanti legati alla trasparenza delle attribuzioni di posizioni dirigenziali, alla regolamentazione delle attività di impresa particolarmente esposte al rischio di infiltrazione mafiosa, passi in avanti evidenziati con l'introduzione di alcuni reati quali quelli di influenze illecite - che Pag. 29comunque andrà regolamentato - e corruzione tra privati, che portano il nostro sistema giudiziario ad adeguarsi alle normative europee per come previsto dalla Convenzione di Strasburgo.

Altri passi in avanti sono, poi, proseguiti con l'approvazione in Aula di ulteriori norme, che hanno contribuito a migliorare il tutto.

Onorevoli colleghi e signori Ministri, Futuro e Libertà per il Terzo Polo non sarebbe leale se, pur annunciando il voto favorevole al provvedimento, non evidenziasse alcune perplessità che avevamo trasposto in emendamenti e che, se approvati, avrebbero, a nostro avviso, definito norme più coraggiose, avrebbero colmato alcuni vuoti e finito col caratterizzare l'intera norma con la dovuta continuità legislativa necessaria che, a nostro avviso, invece, manca. Faccio riferimento all'incandidabilità secondo il contenuto del codice etico approvato dalla Commissione parlamentare antimafia e ai tempi previsti nella delega all'articolo 10. Fortunatamente, oggi, abbiamo avuto l'impegno da parte del Governo a restringere i tempi stessi, in modo da allontanare dalla politica i politici corrotti fin dalla prossima competizione elettorale.

Il Ministro Severino sa anche delle nostre perplessità sul cosiddetto spacchettamento, sul non aver previsto il reato di corruzione anche per l'incaricato di pubblico servizio, sul non aver introdotto l'interdizione perpetua per i condannati per i reati di mafia o contro la pubblica amministrazione, sulla mancanza della previsione della confisca dei patrimoni illeciti dei politici, sulla mancanza dell'introduzione del reato di autoriciclaggio, che avrebbe imposto un sistema di controlli utile a vigilare in modo attivo sulle transazioni di denaro a favore di funzionari pubblici, di portaborse e di politici.

Comprendiamo, però, anche dal ricorso a ben tre voti di fiducia, che sarebbe stato impossibile pensare di ottenere il consenso su un testo così innovativo. Futuro e Libertà per il Terzo Polo, a differenza di altri partiti, ha seguito e partecipato all'iter del provvedimento senza mai proporre veti di alcun genere, a significare che il nostro unico intento era e rimane quello di varare, in tempi celeri, una legge anticorruzione che tuteli, sia a livello preventivo che repressivo, tutti i cittadini onesti. Per questo, Ministri e colleghi, faccio anche l'appello a che l'iter prosegua nell'altro ramo del Parlamento senza intoppi dilatori. Futuro e Libertà per il Terzo Polo - e lo dico con forza e con orgoglio - non ha nessuno in particolare da proteggere né da tutelare: vuole solo aiutare a salvare l'Italia e suoi onesti cittadini (Applausi dei deputati del gruppo Futuro e Libertà per il Terzo Polo - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Rao. Ne ha facoltà.

ROBERTO RAO. Signor Presidente, colleghi, è triste un Paese che ha bisogno di una legge ad hoc anticorruzione, perché una legge contro qualcosa segnala un problema di fondo ben radicato nella società, un problema non estirpato neanche con «Mani pulite» negli anni 1992-1994; un problema di cultura, di politica, di burocrazia, di mentalità imprenditoriale. In alcuni interventi, purtroppo, oggi, questo è apparso chiaro. Le classifiche internazionali ci danno un chiaro quadro di quanto questo fenomeno sia diffuso, ma di questo parlerò più tardi.

Noi voteremo a favore di un provvedimento che, ormai, è in Parlamento da due anni e ha già visto succedersi due differenti Governi e ben tre Ministri della giustizia; e, ancora, non è stata scritta la parola «fine», perché il Senato dovrà necessariamente intervenire su alcuni punti rimasti in sospeso.

Anche noi dell'Unione di Centro - è noto - non siamo pienamente soddisfatti del risultato raggiunto. Avremmo, infatti, voluto una diversa, graduale e più omogenea armonizzazione delle pene per i reati verso il bene pubblico. Inoltre, sulle incandidabilità, con l'ultimo ordine del giorno - che è stato firmato da tutti i gruppi presenti in Parlamento, su cui Pag. 30abbiamo avuto una garanzia da parte del Ministro Severino e che è un ottimo viatico per una modifica al Senato -, avremmo voluto e abbiamo ottenuto norme più rigorose, stringenti e di immediata applicazione, sin dalle prossime elezioni, come ha chiesto sin dall'inizio anche il collega Mantini, e cioè l'incandidabilità dei condannati con sentenza definitiva - perché noi, onorevole Di Pietro, crediamo ai tre gradi di giudizio, altrimenti, se ne bastasse uno, sarebbe inutile averne tre nel nostro ordinamento (Applausi dei deputati del gruppo Unione di Centro per il Terzo Polo) - di reati particolarmente odiosi, come quelli di mafia o come quelli contro la pubblica amministrazione. Crediamo infatti - e lo crediamo sinceramente - che per il Parlamento debbano valere almeno le stesse regole che valgono per comuni, province e regioni.

Tuttavia, avremmo voluto anche maggiore chiarezza sul nuovo reato di traffico di influenze e di corruzione tra privati, perché è giusto dare una stretta a comportamenti ambigui e portatori di possibile corruzione. Ma ai cittadini italiani, e non solo ai politici, a tutti, dobbiamo chiarezza: essi devono sapere se con un determinato comportamento commettono o meno un reato. Poi, ciascuno si regolerà secondo la propria coscienza. Di certo non possono restare nell'incertezza di essere o meno sanzionabili, o semplicemente inquisiti - con il valore che ha l'essere inquisiti al giorno d'oggi - a seconda delle scelte o delle opzioni interpretative di un magistrato. Ecco, su queste tre questioni l'Unione di Centro presenterà emendamenti al Senato per migliorare il disegno di legge.

Colleghi, è stato un peccato che per approvare questo provvedimento alla Camera siano stati necessari ben tre voti di fiducia. È stato un peccato perché è sembrato che il Parlamento non fosse del tutto dalla stessa parte, cioè contro la corruzione. È stato un peccato perché la Lega e l'Italia dei Valori hanno potuto usare un argomento propagandistico contro le forze che sostengono il Governo Monti e che non hanno trovato un'intesa su un disegno di legge che si chiama, appunto, anticorruzione. Ma di fronte all'ipotesi di altri rinvii o, peggio, di una bocciatura di una parte importante del provvedimento, di fronte al rischio di una caduta del Governo con effetti dirompenti per il Paese, comprendiamo le ragioni dell'Esecutivo e della Ministro Severino in particolare, di richiamare ogni forza politica in Parlamento a scegliere tra una normativa più efficace e severa contro un fenomeno che alimenta la sfiducia e il distacco dei cittadini dalla politica, oppure saltare nel buio.

Si sarebbe potuto fare di meglio? Senz'altro. L'ho già detto. Ma gli elementi positivi ci sono e sono innegabili, a cominciare dall'adeguamento agli impegni internazionali assunti da tempo e a cui non abbiamo ancora dato seguito.

Oggi ci apprestiamo a votare insieme un provvedimento complesso e innovativo, ma non possiamo far finta di non ricordare da dove eravamo partiti, ossia dalla contrapposizione tra berlusconiani e antiberlusconiani, che da vent'anni rallenta, complica e paralizza tutte le iniziative sulla giustizia penale nel nostro Paese e finisce per mettere in secondo piano le istanze più urgenti e sentite dal cittadino utente, a partire dalla lunghezza dei processi e dall'incertezza della pena, fino alla scarsa efficienza del sistema giudiziario.

Bene ha fatto, allora, la Ministro Severino a perseverare nel tentativo di mediazione fino all'ultimo momento e a porre, alla fine, anche tre fiducie, piuttosto che rimettere nel cassetto un provvedimento che è in Parlamento ormai da due anni e che ancora, purtroppo, porta con sé le scorie delle contrapposizioni violente tra l'ex maggioranza e l'ex opposizione, tra i sospetti di leggi ad personam e di leggi contra personam. E se ricordiamo da dove siamo partiti, oggi dobbiamo riconoscere che grandi passi avanti sono stati fatti ed ora, finalmente, manca solo l'ultimo miglio per poter varare una legge all'altezza della normativa europea contro la corruzione.

Proprio in questo campo, infatti, siamo chiamati a recuperare il terreno perduto, e non solo sotto il profilo dell'immagine di Pag. 31un Paese un tempo assurdamente rappresentato all'estero come il Paese delle mafie e che oggi le classifiche internazionali sulla diffusione della corruzione collocano in un degradante sessantanovesimo posto su centottantadue, e tralascio il folkloristico elenco di Paesi che sarebbero migliori di noi.

Ma senza scomodare le classifiche internazionali, bastano le stime della Corte dei conti, che parlano di un fenomeno di corruzione il cui valore si aggira intorno ai 60 miliardi di euro, e tutti sappiamo quanto sarebbe vitale, oggi, per la nostra economia poter recuperare in tutto o in parte una cifra di questa rilevanza. Si tratta di un fenomeno che, oltre a costituire un freno allo sviluppo, alla crescita e alla libera concorrenza, costituisce un fattore di grave inquinamento della vita sociale e amministrativa.

Aggredire la corruzione, dunque, sotto il profilo culturale e attraverso un apparato normativo più efficace è una necessità e un'urgenza, anche perché la corruzione è un male che corrode dall'interno la credibilità delle amministrazioni pubbliche e spesso si annida nell'eccesso di burocrazia, che è un altro male da curare.

La corruzione, infatti, inquina la politica, divora le risorse dei cittadini, scoraggia le imprese e gli investimenti italiani ed esteri nel nostro Paese. Mentre chiediamo all'Italia sacrifici e responsabilità, di fronte alla crisi, non possiamo permetterci di perdere per strada altre risorse lasciando che finiscano nel pozzo senza fondo dell'illegalità e dell'inefficienza perché - e lo dico a chi riteneva che questo Governo dovesse occuparsi soltanto di economia e di risanare i conti del nostro Paese - soltanto in un Paese dove la giustizia funziona può funzionare il sistema economico; giustizia ed economia non sono variabili indipendenti e contribuiscono alla credibilità di una nazione intera. Quindi, bene ha fatto il Governo a inserire questo provvedimento tra le priorità; bene ha fatto il Parlamento a confrontarsi e ad approvarla, anche a costo di rinunce e di passi indietro rispetto alle posizioni, troppo spesso, pregiudiziali di partenza.

Ancora una volta prima in Commissione e poi in Aula molti colleghi sono scesi dalle barricate e si sono confrontati sul merito di questo disegno di legge, trovando il più alto punto di condivisione possibile, e credo che nessuno, proprio nessuno, colleghi, possa, oggi, pensare di brandire la lotta alla corruzione come una spada per colpire qualche avversario politico anche perché, lo dico ai colleghi di maggioranza e di opposizione, la realtà giudiziaria, quotidiana e, anche, se ci ricordiamo, del passato, dimostra che nessuno è senza peccato e può ergersi a moralizzatore. Anche l'onorevole Di Pietro, che oggi ci ha fatto la sua morale, è stato Ministro, ha fatto le sue nomine e, sull'arbitrato, mi pare che abbia fatto ben poco. Oggi una normativa migliore di quella precedente c'è.

Questa riforma è necessaria, lo è perché ce lo chiede, in primo luogo, l'Europa, che si aspetta che l'Italia si avvicini agli standard più alti di prevenzione e di repressione del fenomeno. Questo Parlamento, ormai per molti prematuramente e forse, anche ingiustamente, delegittimato, può riappropriarsi, anche con questo voto, di una missione importante: votare un provvedimento che combatta l'illegalità e il malaffare e permetta di attrarre gli investimenti e di favorire il merito e la concorrenza. Finalmente una legge che farà sentire più tutelato chi varcherà la soglia di un ufficio della pubblica amministrazione e farà sentire più rappresentato un elettore che, recandosi alle urne, saprà di avere a che fare con una politica che vuole essere più trasparente ed onesta.

Signor Presidente, onorevoli colleghi, mi avvio a concludere; leggi come queste, magari messe a punto e sicuramente migliorate, sono indispensabili per dare una risposta di giustizia agli italiani, a quelli che ci scrivono ancora con carta e penna, oppure ci fermano per strada, o a quelli che affidano le loro proteste ai centoquaranta caratteri di Twitter. Parlamento e Governo hanno saputo trovare una mediazione nonostante il crinale fosse molto sottile e l'UdC, credo che tutti ce lo debbano riconoscere, ha fatto e continuerà Pag. 32a svolgere con impegno la sua parte. Adesso, mentre l'altro ramo del Parlamento esaminerà questo provvedimento, diamoci da fare. Signor Ministro, colleghi, diamoci da fare per approvare le altre importanti riforme della giustizia, a partire da quelle che hanno al centro l'interesse di tutti cittadini, non solo di pochi, quei cittadini che di giustizia hanno davvero e legittimamente sete (Applausi dei deputati dei gruppi Unione di Centro per il Terzo Polo e Futuro e Libertà per il Terzo Polo).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Nicola Molteni. Ne ha facoltà.

NICOLA MOLTENI. Signor Presidente, onorevoli colleghi, signor Ministro, la corruzione rappresenta un vulnus gravissimo della nostra società che ne limita crescita e sviluppo. Questo disegno di legge doveva e poteva diventare, per questo fallimentare Governo, uno strumento, almeno parziale, di riscatto e di recupero della propria dignità e della propria credibilità. In questi mesi tanti, tantissimi sono i danni che avete provocato al Paese, al sistema economico, al sistema produttivo, alle famiglie, agli enti locali e ai lavoratori. Tante sono state le promesse fatte, zero i risultati positivi ottenuti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Dovevate salvare il Paese e lo avete peggiorato; avevate l'opportunità, con questo disegno di legge, di riscattarvi, di dare un segnale di attenzione su una problematica che attende da anni, dal periodo di Tangentopoli, una risposta chiara, immediata e rigorosa, senza pasticci e senza compromessi. Voi eravate, in teoria e potenzialmente, ma solo in teoria e solo potenzialmente, le persone adatte, i soggetti ideali per rappresentare e realizzare questo importante ammodernamento del sistema: un Ministro esperto di diritto, preparato, competente, sganciato dalla politica, almeno apparentemente, lontano dalle logiche e dalle norme ad personam; invece anche su questo provvedimento, per l'ennesima volta, avete, in parte, tradito le aspettative, avete tradito le speranze, avete dimostrato approssimazione e dilettantismo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Vi erano tutte le condizioni affinché in tempi rapidi e con una larga condivisione politica, si potesse arrivare ad un testo votato da tutto il Parlamento, sarebbe stato un segnale importante e apprezzato dai cittadini senza litigi, senza divisioni, senza perdite di tempo inutili, senza il sospetto di voler approvare norme ad personam.

Noi della Lega, pur stando all'opposizione, abbiamo fatto la nostra parte. Il disegno di legge, infatti, porta nel testo originario di ben due anni fa, la firma di tre Ministri della Lega, cartina al tornasole che per la Lega la battaglia alla corruzione e a qualunque forma di illegalità e di illiceità e prioritaria, è una necessità, è un dovere morale, etico, prima che politico (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

Abbiamo sostenuto e difeso questo provvedimento. Ci siamo comportati sempre in modo responsabile e costruttivo. Vi abbiamo stimolati, in Commissione e in Aula, ad andare avanti, nonostante i vostri continui tentativi di ostruzionismo, i vostri silenzi, signor Ministro, le vostre assenze, i vostri imbarazzi, i vostri tentennamenti, i vostri ripensamenti (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), alla ricerca di mediazioni, accordi, compromessi sotto banco per tenere unita una maggioranza spesso divisa e sfilacciata. È stata la Lega, l'unica forza politica che non è caduta nell'ostruzionismo, che non ha ceduto ad atteggiamenti dilatori a voi utili per ricompattare una maggioranza spesso in difficoltà e spesso confusa.

Questo disegno di legge presenta sicuramente principi e valori condivisi, soprattutto in tema di trasparenza e di prevenzione dell'illegalità nelle pubbliche amministrazioni, sia centrali sia periferiche. Abbiamo difeso e sostenuto gli aumenti delle pene, nei minimi e nei massimi, per alcuni reati. Abbiamo sostenuto l'introduzione di alcune fattispecie criminali ma, Pag. 33complessivamente, il testo che voi approvate oggi è un chiaro compromesso al ribasso.

Avete messo non una ma tre fiducie. Avete voluto blindare il provvedimento nelle parti più delicate, sulla parte penale e sull'incandidabilità dei politici. Avete strozzato e mortificato il dibattito parlamentare. Siete entrati a gamba tesa non per accelerarne l'approvazione, bensì perché lei, caro Ministro, non si fidava più della sua maggioranza (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), maggioranza che senza la fiducia avrebbe ulteriormente stravolto il testo, obbligandovi a ritirare il provvedimento. Si tratta di quella maggioranza che, probabilmente, nemmeno esiste più e che sicuramente sul tema della giustizia non è mai esistita e mai esisterà, signor Ministro (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Avete sbagliato! Avete commesso un grave errore a porre la questione di fiducia. Vi siete giocati il nostro sostegno.

Oggi voi approverete questo testo e lo approverete nella consapevolezza e nella speranza che il Senato faccia quelle modifiche che sapete essere necessarie, che avremmo potuto fare noi, qui in Aula, ma che non avete avuto né la forza né il coraggio né la coesione politica di introdurre, per non rischiare di scontentare qualche alleato, qualche pezzo della vostra sfilacciata maggioranza. Così facendo non avete fatto altro che allungare ancora ulteriormente l'entrata in vigore di questo provvedimento. Di questo vi dovete assumere la totale responsabilità di fronte al Paese.

Con questo provvedimento la Lega voleva dare un segnale chiaro. Infatti, la corruzione, l'illegalità, il malaffare, le furberie, il ladrocinio, mali endemici e sistemici della nostra società e del nostro Paese, rappresentano un mercato del valore di circa 60 miliardi di euro, che va smantellato e radicalmente eliminato. Da voi, dai tecnici, dai professori, come vi siete sempre definiti, ci saremmo aspettati di più, molto di più, signor Ministro.

Ministro Severino, abbiamo rispetto per lei, per la sua storia, per la sua persona, per la sua professione e per la sua professionalità. Però, si è limitata, su questo provvedimento, a fare il compitino, esattamente come uno studente di giurisprudenza qualsiasi che mira unicamente a prendere il diciotto politico, il massimo risultato con il minimo sforzo (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Mi spiace, signor Ministro, ma su questo provvedimento il diciotto politico non basta! Serviva più coraggio, meno asservimento e meno condizionamenti rispetto ai partiti politici della sua maggioranza, della vostra maggioranza.

Sulla delega, relativa alla incandidabilità dei politici condannati per gravi reati contro la pubblica amministrazione e per reati di mafia, siete stati timorosi, titubanti, avete avuto paura, non avete osato e avete sbagliato (Applausi del deputato Volpi). Serviva, Ministro, una norma transitoria, che determinasse l'immediata applicazione dell'incandidabilità dei politici condannati, quanto meno prima delle prossime elezioni politiche.

Aver previsto, come ha fatto lei e come avete fatto voi, con questo testo, una delega che deve essere esercitata entro un anno equivale a non fare nulla, equivale ad aver introdotto un principio bello, condivisibile, interessante, ma che rischia di rimanere tale solo sulla carta. Un bellissimo spot, ma inutile. Il segnale di pulizia andava dato, ma andava dato subito e non tra un anno, mentre noi volevamo darlo subito (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

Ancora, signor Ministro, ha fatto di tutto, ha tentato in tutti i modi di smantellare la norma sui magistrati fuori ruolo, che fortunatamente però è stata approvata, una norma giusta, una norma approvata perché voluta dalla Lega e dall'onorevole Giachetti, a cui va dato atto di aver presentato l'emendamento che prevede per i magistrati fuori ruolo la cessazione di un privilegio ingiusto: cessazione del doppio incarico e cessazione del doppio stipendio. Vale per i politici, deve valere anche per i magistrati (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Non era una punizione per i politici e non vuole Pag. 34e non deve essere una punizione per i magistrati. È semplicemente un segnale di trasparenza e correttezza che oggi abbiamo il dovere di dare al nostro Paese.

Ministro Severino, ha perso una grande occasione, poteva essere ricordata come il Guardasigilli che finalmente sul tema della corruzione faceva chiarezza, e invece ha fatto il minimo indispensabile. Lei e il Governo Monti sarete ricordati invece come il Governo e come il Ministro dell'indulto mascherato! Due settimane fa, signor Ministro, ricordava orgogliosamente, alla presentazione del libro di una nostra collega, che nei primi cinque mesi del 2012 ben 2 mila detenuti sono stati scarcerati. Signor Ministro, non vada fiera, non vada orgogliosa di questi numeri, questi numeri sono numeri che devono far vergognare il Governo, e non rendervi orgogliosi (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania), la giustizia del nostro Paese ha bisogno di altro!

Concludo, signor Presidente, la Lega è contro la corruzione, la Lega ha fatto la sua parte anche stando all'opposizione, anzi abbiamo fatto forse più noi di molti altri su questo provvedimento. Lei, Ministro, e il suo Governo, invece, non avete fatto appieno quello che il Paese si aspetta da voi, avete illuso i cittadini e per questo motivo il gruppo della Lega Nord si asterrà dal voto su questo provvedimento (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania - Congratulazioni - Commenti del deputato Giorgio Conte).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Franceschini. Ne ha facoltà (Commenti del deputato Giorgio Conte). Onorevole Conte! Onorevole Conte, cosa succede? Onorevole Conte, la richiamo all'ordine (Commenti)!

DARIO FRANCESCHINI. Signor Presidente, dopo i voti di fiducia, oggi votiamo queste nuove norme contro la corruzione in un clima molto pieno di commenti superficiali (Commenti)!...

PRESIDENTE. Onorevole Menia, onorevole Dozzo, mi affido a lei che è il presidente di gruppo, dia l'esempio (Commenti del deputato Menia)! Onorevole Menia, la richiamo all'ordine (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)! Ho già provveduto a richiamarlo all'ordine, non vorrei richiamare anche lei, onorevole Nicola Molteni. Onorevole Dozzo! Consentiamo all'onorevole Franceschini di svolgere il suo intervento!

DARIO FRANCESCHINI. Signor Presidente, è un piacere vedere...

PRESIDENTE. Si accontenta di poco, onorevole Franceschini (Applausi)!

DARIO FRANCESCHINI. Chiarisco ai telespettatori che stanno facendo tutto tra di loro, non è che riguarda le cose che sto dicendo (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico)!

PRESIDENTE. Sta bene, svolga il suo intervento.

DARIO FRANCESCHINI. Signor Presidente, dicevo che stiamo votando queste norme tra commenti molto superficiali e approssimativi, qualche strumentalizzazione, addirittura si è trasformato uno scontro di merito in Commissione sulle singole norme in inciucio, e anche alcuni commenti ancor più surreali del tipo: proprio ora, mentre siamo nell'emergenza e nella crisi, andare ad approvare un tema che non è una priorità, cioè le norme contro la corruzione, spinoso politicamente. Noi invece ringraziamo il Governo e il Ministro perché hanno lavorato per portare in Aula questo lavoro.

Naturalmente rivendichiamo il lavoro fatto dai nostri componenti delle due Commissioni (Giustizia e Affari costituzionali), perché il provvedimento è venuto in Aula sapendo perfettamente che la giustizia è stato un tema profondamente divisivo, il più divisivo degli anni che abbiamo alle spalle, ma sapendo anche che era indispensabile approvare nuove norme contro la corruzione proprio per uscire dalla crisi economica, proprio per fronteggiarla, proprio per aiutare la crescita e lo sviluppo. Pag. 35Vi sono tanti dati che sono stati ricordati: i 70 miliardi di euro di costo della corruzione (una tassa occulta tra i 1.000 ed i 1.500 euro per ogni italiano); il peso sulla pubblica amministrazione; il danno enorme alla competitività del Paese nella globalizzazione; il fattore respingente rispetto alla scelta di investire o di fare azienda nel nostro Paese sapendo che gli imprenditori devono affrontare i temi della corruzione.

Ma il danno non è solo questo, perché non vi è risanamento economico senza risanamento civile e valoriale, e non è moralismo in mezzo a tante priorità: è una scelta politica, una scelta di priorità economica che il PD ha condiviso, ha sostenuto e ha difeso per portare in Aula questo provvedimento, anche migliorandolo consistentemente nel lavoro nelle Commissioni. Noi avremmo voluto naturalmente alcune cose più nette, più forti, ma vorrei ricordare ai cittadini, ai nostri elettori che ci ascoltano e soprattutto a molti commentatori interessati, che non vi sono state le elezioni dopo la caduta del Governo Berlusconi, e che i numeri in quest'Aula sono gli stessi di qualche mese fa. E vorrei ricordare a chi è di memoria corta che l'agenda parlamentare sui temi della giustizia, sino a otto mesi fa, aveva come titolo: il processo breve; la prescrizione lunga; le intercettazioni; le leggi ad personam (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

E oggi, con questi stessi numeri, in questa stessa Aula, noi stiamo discutendo se le norme contro la corruzione sono sufficientemente rigorose: a me pare una rivoluzione nel merito, un cambiamento profondo, che dovrebbe essere rivendicato orgogliosamente dal sistema Paese! Discutere se le norme sono sufficienti e rigorose, lo ha detto il presidente della Corte dei conti, è un passo avanti enorme, e io credo sia un passo verso una civiltà giuridica che torna ad essere quella che un Paese merita.

Molte nuove norme ci allineano ai Paesi europei, rispettano gli impegni internazionali, le convenzioni a cui siamo obbligati; vi è il tempo solo per ricordare i titoli: aumentano le pene nel minimo e nel massimo del peculato, del reato di concussione, della corruzione; aumentano le pene per la corruzione in atto contrario ai doveri d'ufficio, per la corruzione in atti giudiziari, per l'abuso d'ufficio, una maggiore severità contro questi reati. Vengono introdotti nuovi reati che vanno a punire comportamenti che fino a prima di questo provvedimento non erano punibili per legge: l'induzione indebita a dare o a promettere utilità, cioè si colpisce colui che induce a pagare, con la reclusione da tre a otto anni; il traffico di influenze illecite - un termine un po' difficile -, cioè si punisce chi sfrutta le sue relazioni con un pubblico ufficiale al fine di farsi dare o promettere denaro o un altro vantaggio patrimoniale come prezzo per la sua mediazione; si introduce finalmente il reato della corruzione tra privati, introducendo il principio che anche se essa avviene tra privati comunque è un'alterazione dei sistemi di mercato ed un danno all'intero sistema della società.

Soprattutto, le norme non incidono sui processi in corso che hanno come imputato un politico o più politici dal nome illustre; lo volevo dire con chiarezza, così come lo hanno detto gli uffici legislativi della Camera, il Ministro Severino e illustri penalisti - da ultimo il parere di Grosso - e oggi vi è un articolo molto preciso sul Corriere della Sera. Nonostante queste garanzie, fa troppo comodo agitare gli spettri degli inciuci, soffiare sul vento dell'antipolitica insinuando sospetti, ma il tempo, proprio, e il diritto dimostreranno chi ha torto e chi ha ragione, e non vi saranno più dubbi, e noi conserveremo quegli articoli, a futura memoria (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Naturalmente avremmo voluto qualcosa di più, avremmo voluto il reato di antiriciclaggio, avremmo voluto, onorevole Di Pietro, anche noi che, per i reati di mafia, non fosse candidabile l'imputato condannato con sentenza di primo grado, ma non abbiamo i numeri per approvare questi emendamenti, non abbiamo la forza numerica per farlo, e soprattutto abbiamo Pag. 36ottenuto, invece - anche perché su ciò molti giornali di oggi dicono una cosa sbagliata -, l'approvazione unanime, positivamente, di un nostro ordine del giorno che prevede che le nuove norme sull'incandidabilità entrino in vigore per le elezioni del 2013 e non per le elezioni del 2018 (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico).

E poi ci saranno altre occasioni per il nostro impegno. Il provvedimento si può migliorare al Senato, mantenendo un percorso veloce proprio perché le norme entrino in vigore il prima possibile e prima delle prossime elezioni. Noi abbiamo registrato le difficoltà, in qualche caso anche le ostilità del PdL a una parte di questo provvedimento. È anche comprensibile. Abbiamo visto l'astensione sul testo in Commissione, abbiamo visto che sul voto di fiducia ci sono stati più di 20 astenuti nel gruppo del PdL e con la storia recente questo è anche comprensibile.

Però, in questa occasione, vorrei dire queste cose: l'emergenza economica e la crisi ci hanno spinto a sostenere lo stesso Governo, come avversari che sanno che torneranno ad essere avversari alle prossime elezioni. Allora, noi potremmo utilizzare questo periodo non soltanto - come è indispensabile - per fronteggiare la crisi e le difficoltà economiche, ma per cercare di ricostruire un tessuto di valori condivisi, di regole condivise, che è normale tra avversari, in qualsiasi Paese.

I laburisti e i conservatori inglesi non si scontrano sulla giustizia o sulla Costituzione, o i socialdemocratici e i democristiani tedeschi, o le destre e le sinistre francesi. Si scontrano sui temi politici, ma rispettano le regole condivise, ed è stato così per molti anni nella storia del nostro Paese. Quando c'era il mondo diviso in blocchi e le grandi ideologie, ma c'erano dei valori unificanti che tutti rispettavano perché appartenevano a tutti.

Gli anni che abbiamo alle spalle, dal 1994 ad oggi, se li rileggiamo, hanno avuto al centro del bipolarismo - non sto a dire perché, ognuno ha opinioni diverse - e come terreno principale di scontro tra i due schieramenti non l'economia o le politiche sociali, ma hanno avuto come terreno di scontro, e quindi come conseguenza anche quasi la costruzione dell'identità degli schieramenti, i temi che invece in una democrazia normale dovrebbero essere condivisi.

Su cosa è stato lo scontro principale? Costituzione, libertà di stampa, conflitto di interessi, lotta all'evasione, giustizia, le stesse norme per contrastare la corruzione e gli altri mali del nostro Paese. E su questo hanno teso ad organizzarsi le identità. Ecco, penso che questo dovrebbe cambiare, che il periodo che abbiamo passato e quello che abbiamo davanti di sostegno al Governo Monti dovrebbero aiutarci per tornare ad essere un Paese in cui lo scontro politico - progressisti e conservatori - anche durissimo, si svolge, ma va verso la direzione della ricostruzione di un tessuto di regole e principi rispettato e condiviso da tutti.

Noi vorremmo interpretare questo lavoro fatto sulla corruzione su uno dei temi che sono sicuramente stati, sono e forse - temo - saranno più difficili, quelli con più distanze giudicate incolmabili come il primo passo in quella direzione verso la normalità (Applausi dei deputati del gruppo Partito Democratico - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto l'onorevole Cicchitto. Ne ha facoltà.

FABRIZIO CICCHITTO. Signor Presidente, onorevoli colleghi, voglio innanzitutto sgombrare il campo da un dato. Noi, nel corso di tutti questi anni, siamo stati in prima fila nella lotta contro la corruzione e contro la mafia (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Commenti dei deputati del gruppo Italia dei Valori). Su questo rinviamo ogni provocazione al mittente. Sulla corruzione l'onorevole Alfano, che oggi è il nostro segretario, ha presentato un disegno di legge, che partendo dal Senato è arrivato qui alla Camera (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

Nella lotta alla mafia il Governo Berlusconi dal 1994 ha condotto una battaglia, Pag. 37sia per quello che riguarda l'articolo 41-bis, la sua estensione, senza nessun compromesso, ragion per cui noi consigliamo al dottor Ingroia, che la mattina fa il magistrato, il pomeriggio il politico e adesso si sta avviando a fare anche il romanziere, di frequentare la scuola di scrittura creativa di Alessandro Baricco, a Torino, così potrà anche arricchire il suo bagaglio culturale (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Commenti dei deputati del gruppo Partito Democratico).

Ci siamo misurati e ci misuriamo nel corso di tutti questi anni - in questo raccolgo, ma dandogli una risposta diversa, una riflessione che faceva poco fa l'onorevole Franceschini - con due elementi che costituiscono due profonde distorsioni del sistema Italia, da un lato la corruzione, dall'altro il giustizialismo e l'uso politico della giustizia.

La corruzione è una manipolazione e una distorsione del mercato; l'uso politico della giustizia e il giustizialismo costituiscono una distorsione dello Stato di diritto e della normalità della lotta politica (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Ebbene, entrambi questi fenomeni si sono prodotti nel passato con Tangentopoli e adesso con quella che chiamerei la corruzione parcellizzata.

Ieri l'onorevole Orlando ha evocato, nel suo intervento, l'esercizio della narrazione. Siccome non ho, come lui, la consuetudine con le esercitazioni affabulatorie del presidente Nichi Vendola, parlerò invece di storia, anche perché la narrazione ha per definizione una sua dimensione fantastica. Allora, noi dobbiamo dirci che sia nel passato, per quello che riguarda Tangentopoli, sia nell'oggi, per quello che riguarda la corruzione parcellizzata, dobbiamo dare una chiave di lettura alternativa a quella che per conformismo e per subalternità viene solitamente data.

Non esiste una società civile perfetta e incorrotta che viene conculcata e concussa da politici corrotti. C'è una trasversalità nell'onestà e nella disonestà che attraversa sia la società civile sia il mondo politico (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

Il segno di questo noi lo abbiamo avuto innanzitutto nella vicenda di Tangentopoli. Tangentopoli è stato un sistema, ma un sistema che ha combinato insieme grandi gruppi industriali e finanziari che fino a Maastricht non sapevano dove stava di casa il mercato e la libera concorrenza e tutte le forze politiche, nessuna esclusa, Partito Comunista compreso. Ebbene, questa collusione è andata avanti fino a quando il trattato di Maastricht l'ha messa in crisi e l'ha resa antieconomica.

A quel punto, Mani Pulite avrebbe dovuto liquidare quel sistema nel suo complesso, invece è avvenuto qualcosa di diverso: l'uso di due pesi e di due misure, che ha manipolato profondamente sia la vita politica del nostro Paese sia il sistema economico (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

Lascio un attimo da parte, perché ce lo siamo detti tante volte, che rispetto ai partiti è stato fatto un uso politico che ha salvato alcuni, in primo luogo il PCI e la sinistra democristiana, e ha colpito altri. Ma la stessa operazione è stata fatta nei confronti dei gruppi industriali, per cui qualche gruppo - vedi Gardini - è stato raso al suolo e altri gruppi - per non far nomi, in primo luogo la CIR e la FIAT - si sono salvati attraverso una novità straordinaria nella procedura penale che è stata la «confessione e riflessione», magari con una citazione di Enrico Berlinguer, per dare il senso al pool di Mani Pulite che c'era una genuflessione di quel mondo della sua geometrica potenza e in compenso quel mondo economico e finanziario si salvava dal fatto di essere stato invece il perno di Tangentopoli (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

Ecco, noi oggi ci troviamo in una situazione diversa. Ci troviamo a fare i conti con una corruzione per molti aspetti parcellizzata: singoli imprenditori, singoli uomini politici, singoli alti burocrati. In alcuni casi, come in quello che riguarda l'onorevole Penati, emerge l'esistenza alle spalle di un robusto, anche se logisticamente Pag. 38concentrato, sistema di potere che, al di là anche del fatto penale, rappresenta qualcosa di consistente nella dialettica economica e politica.

Tutto ciò nel provvedimento è trattato con aspetti positivi e negativi. Noi riteniamo, però, del tutto negativi due dati. Nell'articolo 13 viene lasciata cadere una sollecitazione proveniente dall'Europa, signor Ministro, per una riscrittura ed un sostanziale superamento del reato di concussione.

Tale sollecitazione era raccolta già in un disegno di legge del 2007 del Governo D'Alema e, recentemente, in un emendamento presentato e successivamente ritirato dalla collega Ferranti.

Ma, come dice IlSole24Ore, è stata data vita alla versione per induzione della nuova concussione. In questo modo, onorevole Ministro, vengono presi, come suol dirsi, due piccioni con una fava: per usare la sintesi fatta ieri dall'onorevole Contento, se lei avesse seguito le raccomandazioni dell'OCSE, cioè riportando la concussione per induzione all'interno della figura della corruzione, sarebbe stato chiuso immediatamente il processo che si celebra contro Berlusconi. Quindi, ci troviamo di fronte ad una norma contra personam. Con un'aggravante, e cioè che, con la nuova concussione, Penati per questo reato gode di una legge ad personam (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

L'altro tema che avremmo voluto discutere è quello del traffico di influenza, sul quale l'onorevole Miccichè poco fa ha detto delle cose ragionevoli, che io condivido interamente. Con il traffico di influenza noi in effetti diamo un enorme potere di discrezionalità, una alto potere di discrezionalità ai pubblici ministeri (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

Ebbene, le diciamo francamente, onorevole Ministro, che noi avremmo voluto liberamente dibattere e discutere su questi due punti senza che lei fosse venuta qui in Parlamento a metterci le manette ed impedirci di fare un confronto libero, quale sarebbe dovuto essere e quale un Governo tecnico, privo di una sua maggioranza nel Paese, avrebbe dovuto consentirci (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

Allora, onorevole Ministro, le dico due cose: in primo luogo che noi faremo di tutto in Senato per cambiare in questi punti questo disegno di legge (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà); in secondo luogo, che occorre sempre un bilanciamento di poteri, ce lo insegnano i padri costituenti; ed essi avevano creato un bilanciamento di poteri nell'articolo 68: nel momento in cui si dava alla magistratura un potere ed un'autonomia inusitata si doveva dare anche al potere politico una garanzia istituzionale.

Concludo, onorevole Ministro, per dirle che proprio per questo bilanciamento, a maggior ragione, al Senato noi sosterremo la responsabilità civile dei giudici (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà) e le diamo un elemento di riflessione: non ci venga a proporre emendamenti con l'esercizio da parte del Governo della fiducia, non venga ad esercitare questo perché noi, in questo caso, non voteremo la fiducia su questo punto, perché non vorremmo essere ulteriormente strangolati (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Come si suol dire e come dice il proverbio, uomo o donna avvisati, sono mezzo salvati sulla base di queste valutazioni, votiamo a favore (Prolungati applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà - Congratulazioni).

PRESIDENTE. Si sono così esaurite le dichiarazioni di voto per le quali era stata prevista la ripresa televisiva diretta.

Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Lehner. Ne ha facoltà.

GIANCARLO LEHNER. Signor Presidente, in dissenso dal mio gruppo annuncio un voto contrario, un «no» secco al provvedimento.

È un provvedimento che consolida una mutazione teratologica in fieri, che fa del Pag. 39Parlamento non più espressione della volontà popolare, bensì del gradimento delle procure.

Ma vorrei dire un'altra cosa agli amici della sinistra, che hanno perduto secondo me ogni base culturale: con questo disegno di legge non sarebbero stati più candidati in questo Parlamento Pertini, Nenni, De Gasperi, Don Sturzo, Saragat, Pacciardi, Bauer, Rosselli, Amendola, Spinelli, Russo, Parri, Nitti, Scoccimarro, Vittorio Foa, Pajetta, Ravera, Ernesto Rossi, Faravelli, Trombadori (Applausi dei deputati del gruppo Popolo della Libertà).

Sono stati tutti condannati con sentenze passate in giudicato. Vergognatevi, vergognatevi (Applausi di deputati del gruppo Popolo della Libertà - Commenti di deputati del Partito Democratico)!

PRESIDENTE. Ha chiesto di parlare per dichiarazione di voto, a titolo personale, l'onorevole Barani. Ne ha facoltà.

LUCIO BARANI. Signor Presidente, intervengo anch'io per annunciare il voto contrario, anche se riconosco in quello di Cicchitto un grande intervento, finalmente di un grande socialista. Pertini e Calamandrei sarebbero stati orgogliosi di averlo sentito oggi.

Tuttavia, per paragonare - e concludo - la materia giudiziaria a quella sanitaria, il traffico di influenze è come una pandemia, come una malattia da virus G, che crea delle vere e proprie armi biologiche, una sterminazione di massa. Questo punto giustizialista, questo punto G, che non è il punto di Gräfenberg, quello che noi garantisti sappiamo ben valorizzare, il punto del garantismo, noi lo ribadiamo.

Crediamo, in nome della Carta costituzionale e degli articoli 27 e 3 della Costituzione, che questo sia un provvedimento incostituzionale e che la Corte costituzionale non potrà che impugnarlo. Se non lo farà la Corte costituzionale, noi socialisti riformisti chiederemo un referendum abrogativo.

(Correzioni di forma - A.C. 4434-A)

GIULIA BONGIORNO, Presidente della II Commissione. Chiedo di parlare ai sensi dell'articolo 90, comma 1, del Regolamento.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIULIA BONGIORNO, Presidente della II Commissione. Signor Presidente, ai fini del coordinamento formale delle disposizioni contenute nel disegno di legge A.C 4434-A, il Comitato dei diciotto propone le seguenti correzioni di forma:

all'articolo 1: al comma 2, lettera e) le parole: «del fenomeno corruttivo» sono sostituite dalle seguenti parole: «della corruzione»;

al comma 4, all'alinea, le parole: «dal Comitato» sono sostituite dalle seguenti: «da un Comitato»;

al comma 5, lettera a), come sostituita dall'emendamento 1.600 del Governo, approvato nella seduta del 30 maggio 2012, le parole «e gli interventi organizzativi», sono sostituite dalle seguenti: «e indica gli interventi organizzativi»;

al comma 5-bis, introdotto dall'emendamento 1.600 del Governo, approvato nella seduta del 30 maggio 2012, le parole: «dall'Autorità» sono sostituite dalle seguenti: «dalla Commissione»;

al comma 5-quater, introdotto dall'emendamento 1.600 del Governo, approvato nella seduta del 30 maggio 2012, al quarto periodo, le parole «dal personale ai sensi del predetto comma 5-sexies» sono sostituite dalle seguenti: «dal personale di cui al comma 5-septies»;

al comma 5-quinquies introdotto dall'emendamento 1.600 del Governo, approvato nella seduta del 30 maggio 2012:

alla lettera c), le parole: «a vigilare» sono sostituite dalle seguenti: «chiamato a vigilare»;

alla lettera e) le parole: «tra i titolari, i soci e i dipendenti degli stessi soggetti e gli amministratori, i dirigenti e i dipendenti dell'amministrazione» devono intendersi Pag. 40sostituite dalle seguenti: «tra i titolari, gli amministratori, i soci e i dipendenti degli stessi soggetti e i dirigenti e i dipendenti dell'amministrazione»;

all'articolo aggiuntivo 1.0600 del Governo, come modificato dal subemendamento 0.1.0600.300 delle Commissioni, approvato nella seduta del 30 maggio 2012, le parole: «tutte le risorse autorizzate ai sensi del comma 3, sono destinate» devono intendersi sostituite dalle seguenti: «tutti gli stanziamenti autorizzati ai sensi del comma 3 sono destinati»;

all'articolo 2:

al comma 2-bis, introdotto dall'emendamento Mariani 2.19 approvato nella seduta del 30 maggio 2012, le parole: «possono inserire negli avvisi, bandi di gara o lettere di invito il rispetto delle clausole nei protocolli di legalità o nei patti di integrità quale causa» sono sostituite dalle seguenti: «possono prevedere negli avvisi, bandi di gara o lettere di invito che il mancato rispetto delle clausole contenute nei protocolli di legalità o nei patti di integrità costituisce causa»;

al comma 9-ter introdotto dall'emendamento 2.600 del Governo, approvato nella seduta del 30 maggio 2012:

alla lettera f), le parole «di cui alla presente delega» sono sostituite dalle seguenti (Commenti)...

PRESIDENTE. Onorevole Bongiorno, la Presidenza ha verificato in effetti che si tratta di correzioni meramente formali.

Il numero, francamente abnorme delle correzioni che vengono proposte, induce la Presidenza ad un'ulteriore riflessione. Poiché il testo che sarà approvato di qui a qualche istante è difforme rispetto al testo che era giunto dal Senato e quindi dovrà tornare al Senato, credo che - per una ragione di qualità del processo legislativo - sia opportuno che queste correzioni vengano affidate all'altro ramo del Parlamento.

A meno che non si intenda che ogni collega prenda esatta conoscenza delle correzioni formali che vengono proposte, il che per il numero enorme delle correzioni medesime mi sembra francamente impossibile.

PIER FERDINANDO CASINI. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PIER FERDINANDO CASINI. Signor Presidente, la sua preoccupazione sulla qualità dei testi normativi è encomiabile, ma ricordo che il testo è stato distribuito ai gruppi e mi sembra francamente che di precedenti, come possono confermare gli uffici, ce ne siano a iosa.

Non vedo perché dobbiamo introdurre questa questione ulteriore. Sinceramente io procederei come (Commenti)... Non so, sento delle urla qua nel loggione, ma non ho capito bene per cosa. Io mi atterrei (Commenti)...

PRESIDENTE. Prego i colleghi di consentire all'onorevole Casini di svolgere il suo intervento.

PIER FERDINANDO CASINI. Io farei come è sempre stato fatto.

PRESIDENTE. Onorevole Casini, lei ha detto il vero quando ha ricordato che è stato posto a conoscenza dei gruppi il testo delle correzioni formali e, a scanso di equivoci, la Presidenza ribadisce che sono certamente correzioni formali.

Al tempo stesso, quando la presidente Bongiorno ha cominciato a leggere il testo che è stato predisposto dagli uffici, è parso evidente alla Presidenza che i colleghi non conoscessero minimamente le correzioni formali che sono state formulate.

Dopodiché, lei sa che sono i deputati che votano e non i capigruppo. Non c'è ancora un voto delegato ai capigruppo. Pertanto, prego la presidente Bongiorno di ridare lettura integrale del testo.

Avviso, però, anche i colleghi che devono avere la pazienza di ascoltare le correzioni formali, perché se si dovesse dar corso ad un'ulteriore edizione dello spettacolo che è andato in scena qualche minuto Pag. 41fa, vale a dire l'insofferenza dei deputati per delle correzioni formali, che sono certamente numerose, ma sono solo numerose, avrebbe certamente ragione chi dice di procedere secondo antica prassi, quindi in qualche modo senza tenere in alcun conto l'insensibilità dell'Aula.

Credo e spero di essere stato sufficientemente chiaro. Ora darò la parola all'onorevole Dozzo, dopodiché la presidente Bongiorno rileggerà le correzioni formali che sono state presentate. Prego, onorevole Dozzo, ha facoltà di parlare.

GIANPAOLO DOZZO. Signor Presidente, la sua prima decisione mi sembrava ineccepibile, anche perché non metto in dubbio che le correzioni, come lei diceva, siano meramente formali. Ho la netta sensazione, anche data l'esperienza dell'Aula, che un elenco così lungo e anche articolato non vi sia mai stato in quest'Aula.

Quindi, signor Presidente, la pregherei di ritornare alla sua decisione precedente, quella di votare e rimandare il tutto al Senato.

Signor Presidente, non vorrei che poi, al di là delle mere correzioni formali, ci si accorgesse, in un secondo tempo, che poi queste mere correzioni formali vanno ad incidere in altra maniera.

Signor Presidente, guardi che non sto dicendo le cose a caso. Si confronti anche con i suoi uffici.

PRESIDENTE. Onorevole Dozzo, le ricordo l'articolo 90 del Regolamento: prima che il progetto di legge sia votato nel suo complesso, il Comitato dei nove o il Governo può richiamare l'attenzione dell'Assemblea sulle correzioni di forma che esso richieda, e proporre le conseguenti modificazioni sulle quali la Camera delibera.

Se lei ha ragionevole motivo per pensare che sono correzioni non formali deve porre la questione ai sensi dell'articolo 90 del Regolamento e si delibererà sulle questioni che lei eventualmente porrà.

Per ulteriore precisione, le ricordo che non ho preso una decisione. Ho comunicato all'Assemblea che o decideva in modo informato e, quindi, consentiva all'onorevole Bongiorno di leggere le correzioni formali, oppure avremmo dato corso ad una decisione senza precedenti. I precedenti, che sono certamente univoci, sono relativi anche ad un ampio numero di correzioni formali, accolte però dall'Assemblea ascoltando le correzioni che venivano proposte.

ANTONIO DI PIETRO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ANTONIO DI PIETRO. Signor Presidente, intervengo solo per dirle che noi dell'Italia dei Valori abbiano avuto per tempo queste modifiche, le riteniamo formali, le abbiamo lette, le condividiamo, le approviamo e siamo pronti a votare.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DONATO BRUNO, Presidente della I Commissione. Signor Presidente, affinché l'Aula sia informata totalmente, nel Comitato dei diciotto, questa mattina, alle ore 8,30, è stata data l'indicazione delle correzioni formali a tutti coloro che erano presenti, compreso il vicepresidente della II Commissione, onorevole Follegot, che ringrazio. Le abbiamo poste ai voti ponderati e tutti, all'unanimità, hanno ritenuto che queste consistessero in correzioni formali, che ne avremmo dato lettura in Aula e che quest'ultima, eventualmente, a seconda delle sue decisioni, le avrebbe votate o fatte proprie.

PRESIDENTE. Onorevole Bruno, la ringrazio per questa ulteriore precisazione. Mi sembra ormai assodato che si tratta di correzioni formali, che sono state considerate tali da tutti coloro che scrupolosamente ne hanno preso conoscenza preventiva. Pag. 42

Ho comunque il dovere di informare tutti i colleghi, e quindi prego, per l'ultima volta, la presidente Bongiorno di leggere le correzioni formali.

Invito anche tutti i colleghi - presidente Leone, in primo luogo lei - a rendere possibile la lettura in una situazione per la quale ognuno ascolti quello che viene detto. Se si può astenere dal ridere in modo sguaiato, le sarei grato (Commenti dei deputati del gruppo Popolo della Libertà). Onorevole Leone, a buon intenditore poche parole. Prego, onorevole Bongiorno.

GIULIA BONGIORNO, Presidente della II Commissione. Signor Presidente, devo ricominciare o devo proseguire?

PRESIDENTE. Prosegua da dove si era interrotta.

GIULIA BONGIORNO, Presidente della II Commissione. Alla lettera f) le parole: «di cui alla presente delega» sono sostituite dalle seguenti: «di cui al presente comma»; alla lettera g), le parole: «per ciascuno obbligo di pubblicazione» sono sostituite dalle seguenti: «per ciascuna pubblicazione obbligatoria».

All'articolo 4: al comma 1, lettera c), sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «; al medesimo comma 12, al secondo periodo, le parole: "L'elenco è accompagnato" sono sostituite dalle seguenti: "La comunicazione è accompagnata" e, al terzo periodo, le parole: "Nello stesso termine" sono sostituite dalle seguenti: "Entro il 30 giugno di ciascun anno"; al comma 13, le parole: "Entro lo stesso termine di cui al comma 12" sono sostituite dalle seguenti: "Entro il 30 giugno di ciascun anno"»;

al comma 2-bis, introdotto dall'emendamento 4.600 del Governo, come modificato dal subemendamento 0.4.600.300 delle Commissioni, approvato nella seduta del 31 maggio 2012, al capoverso ART. 54, al comma 1, le parole: «e che comunque preveda» sono sostituite dalle seguenti: «, e comunque prevede»;

al comma 2-ter, introdotto dall'emendamento 4.600 del Governo, approvato nella seduta del 31 maggio 2012, le parole: «Il codice di cui al comma 2-bis è approvato» sono sostituite dalle seguenti: «I codici di cui all'articolo 54, commi 1 e 4, del decreto legislativo 30 marzo 2011, n. 165, come modificato dal comma 2-bis del presente articolo, sono approvati».

All'articolo aggiuntivo 4.0600 del Governo, approvato nella seduta del 6 giugno 2012, comma 2, alle lettere b) ed e), le parole: «a contribuzione economica» sono sostituite dalla seguente: «finanziati» e, alla lettera e), le parole: «a contribuzioni economiche» sono sostituite dalla seguente: «finanziati».

All'articolo 8, il riferimento agli articoli da 1 a 5 deve intendersi sostituito con il riferimento agli articoli da 1 a 6, compresi gli articoli aggiuntivi inseriti nel corso dell'esame dopo l'articolo 1, dopo gli articoli 2 e 3 e dopo l'articolo 4.

L'articolo 11 è collocato dopo l'articolo 18.

All'articolo 12: al comma 3, le parole: «della presente legge» sono sostituite dalle seguenti: «del presente articolo».

All'articolo 18: al comma 1, lettera a), dopo le parole: «all'articolo 58, comma 1, lettera b)», sono inserite le seguenti: le parole: «(corruzione per un atto d'ufficio)» sono sostituite dalle seguenti: «(corruzione per l'esercizio della funzione)».

GIANPAOLO DOZZO. Chiedo di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. Le ricordo che le avevo richiamato prima l'articolo 90 del Regolamento

GIANPAOLO DOZZO. Signor Presidente, posso chiedere una spiegazione? Dato che non sono un tecnico, vorrei capire: all'ultimo punto, all'articolo 18, si parla di sostituire le parole: «corruzione per un atto d'ufficio» con le seguenti: «corruzione per l'esercizio della funzione». Vorrei capire se si tratta del medesimo reato o se sono due reati diversi. Pag. 43Infatti, se sono due reati diversi, non si tratta di una mera correzione formale.

PRESIDENTE. Prego, presidente Bongiorno.

GIULIA BONGIORNO, Presidente della II Commissione. Signor Presidente, come avevamo anticipato, come abbiamo detto oggi nel Comitato dei diciotto e da lei ribadito, si tratta di correzioni meramente formali, non si tratta assolutamente di modifiche di elementi costitutivi della fattispecie (Commenti dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)...

Si tratta chiaramente di mere correzioni formali: l'espressione «corruzione per un atto d'ufficio» è sostituita dalla seguente «corruzione per l'esercizio di una funzione», che è equivalente, e rappresenta quindi una sostituzione meramente formale.

PRESIDENTE. La spiegazione è stata fornita.

Richiamo l'articolo 90 del Regolamento, che recita: «Prima che il progetto di legge sia votato nel suo complesso, il Comitato dei nove o il Governo può richiamare l'attenzione dell'Assemblea sulle correzioni di forma che esso richieda, e proporre le conseguenti modificazioni sulle quali la Camera delibera».

L'opposizione del gruppo della Lega Nord Padania fa sì che la delibera della Camera avvenga attraverso il voto con procedimento elettronico senza registrazione di nomi.

Pertanto, passiamo ai voti.

Pongo in votazione, mediante procedimento elettronico senza registrazione di nomi, le correzioni di forma proposte.

(Sono approvate).

(Coordinamento formale - A.C. 4434-A)

PRESIDENTE. Prima di passare alla votazione finale, chiedo che la Presidenza sia autorizzata al coordinamento formale del testo approvato.

Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.

(Così rimane stabilito).

(Votazione finale ed approvazione - A.C. 4434-A)

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione finale.

Indìco la votazione nominale finale, mediante procedimento elettronico, sul disegno di legge n. 4434-A, di cui si è testé concluso l'esame.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Dichiaro chiusa la votazione.

Comunico il risultato della votazione:

S. 2156 - «Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione» (Approvato dal Senato) (4434-A):

Presenti 481

Votanti 379

Astenuti 102

Maggioranza 190

Hanno votato 354

Hanno votato no 25

(La Camera approva - Vedi votazioni).

Prendo atto che la deputata Rubinato ha segnalato che non è riuscita ad esprimere voto favorevole, che la deputata Argentin ha segnalato che non è riuscita a votare e che il deputato Giulietti ha segnalato che avrebbe voluto astenersi.

Dichiaro così assorbite le proposte di legge nn. 3380-3850-4382-4501-4516-4906.

 

 

 


 

 

 


Allegato A

 


 

DISEGNO DI LEGGE: S. 2156 – DISPOSIZIONI PER LA PREVENZIONE E LA REPRESSIONE DELLA CORRUZIONE E DELL'ILLEGALITÀ NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE (APPROVATO DAL SENATO) (A.C. 4434-A); ED ABBINATE PROPOSTE DI LEGGE: DI PIETRO ED ALTRI; FERRANTI ED ALTRI; GIOVANELLI ED ALTRI; TORRISI ED ALTRI; GARAVINI; FERRANTI ED ALTRI (A.C. 3380-3850-4382-4501-4516-4906)

 

A.C. 4434-A – Articolo 7

ARTICOLO 7 DEL DISEGNO DI LEGGE N.4434 NEL TESTO DELLE COMMISSIONI

Art. 7.

(Modifica al codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163).

1. All'articolo 135, comma 1, del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163, dopo le parole: «passata in giudicato» sono inserite le seguenti: «per i delitti previsti dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale, dagli articoli 314, comma 1, 316, 316-bis, 317, 318, 319, 319-ter e 320 del codice penale, nonché».

 

PROPOSTA EMENDATIVA RIFERITA ALL'ARTICOLO 7 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 7.

(Modifica al codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163).

 

Al comma 1, dopo le parole: 319-ter aggiungere le seguenti: , 319-quater

7.251. Ferranti, Andrea Orlando, Rossomando, Tenaglia, Capano, Cavallaro, Samperi, Picierno.

(Approvato)

 

A.C. 4434-A – Articolo 15

ARTICOLO 15 DEL DISEGNO DI LEGGE N.4434 NEL TESTO DELLE COMMISSIONI

Art. 15.

(Modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n.231).

1. Al decreto legislativo 8 giugno 2001, n.231, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 25 sono apportate le seguenti modificazioni:

1) al comma 3, dopo le parole: «319-ter, comma 2,» sono inserite le seguenti: «319-quater»;

2) nella rubrica, dopo la parola: «Concussione» sono inserite le seguenti: «, induzione indebita a dare o promettere utilità»;

b) all'articolo 25-ter, comma 1, dopo la lettera s) è aggiunta la seguente:

«s-bis) per il delitto di corruzione tra privati, nei casi previsti dal terzo comma dell'articolo 2635 del codice civile, la sanzione pecuniaria da duecento a quattrocento quote».

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 15 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 15.

(Modifiche al decreto legislativo 8 giugno 2001, n.231).

Sopprimerlo.

15.250. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

Al comma 1, sopprimere la lettera a).

15.60. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

A.C. 4434-A – Articolo 16

ARTICOLO 16 DEL DISEGNO DI LEGGE N.4434 NEL TESTO DELLE COMMISSIONI

Art. 16.

(Modifica alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale).

1. All'articolo 133, comma 1-bis, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n.271, dopo le parole: «319-ter» sono inserite le seguenti: «, 319-quater».

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 16 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 16.

(Modifica alle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale).

Sopprimerlo.

16.61. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

Aggiungere, in fine, il seguente comma:

2. Dopo il comma 2 dell'articolo 308 del codice di procedura penale è inserito il seguente:

«2-bis. Nel caso si proceda per uno dei delitti previsti dagli articoli 314, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater e 320 del codice penale, le misure interdittive perdono efficacia decorsi sei mesi dall'inizio della loro esecuzione. In ogni caso, qualora esse siano state disposte per esigenze probatorie, il giudice può disporne la rinnovazione anche oltre sei mesi dall'inizio dell'esecuzione, fermo restando che comunque la loro efficacia viene meno se dall'inizio della loro esecuzione è decorso un periodo di tempo pari al triplo dei termini previsti dall'articolo 303».

16.10. Giovanelli, Andrea Orlando, Ferranti.

Aggiungere, in fine, il seguente comma:

2. Dopo il comma 2 dell'articolo 308 del codice di procedura penale è inserito il seguente:

«2-bis. Nel caso si proceda per uno dei delitti previsti dagli articoli 314, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, comma 1, e 320 del codice penale, le misure interdittive perdono efficacia decorsi sei mesi dall'inizio della loro esecuzione. In ogni caso, qualora esse siano state disposte per esigenze probatorie, il giudice può disporne la rinnovazione anche oltre sei mesi dall'inizio dell'esecuzione, fermo restando che comunque la loro efficacia viene meno se dall'inizio della loro esecuzione è decorso un periodo di tempo pari al triplo dei termini previsti dall'articolo 303».

16.10. (Testo modificato nel corso della seduta) Giovanelli, Andrea Orlando, Ferranti.

(Approvato)

 

A.C. 4434-A – Articolo 17

ARTICOLO 17 DEL DISEGNO DI LEGGE N.4434 NEL TESTO DELLE COMMISSIONI

 

Art. 17.

(Modifiche all'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n.306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n.356).

1. All'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n.306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n.356, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, dopo le parole: «319-ter,» sono inserite le seguenti: «319-quater,»;

b) al comma 2-bis, dopo le parole: «319-ter,» sono inserite le seguenti: «319-quater,».

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 17 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 17.

(Modifiche all'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n.306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n.356).

Sopprimerlo.

17.62. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

Al comma 1, lettera a), aggiungere, in fine, le parole: e dopo le parole: «322-bis», è inserita la seguente: «, 323».

Conseguentemente, alla lettera b), aggiungere, in fine, le parole: e dopo le parole: «322-bis», è inserita la seguente: «, 323».

17.93. Ferranti, Andrea Orlando, Rossomando, Tenaglia, Capano, Cavallaro, Samperi, Picierno.

Al comma 1, dopo la lettera b), aggiungere la seguente:

c) al comma 4-bis, primo periodo, sono aggiunte, in fine, le parole: «e ai delitti previsti dagli articoli 314, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 322 e 322-bis del codice penale».

17.250. Ferranti, Andrea Orlando, Garavini, Rossomando, Tenaglia, Capano, Cavallaro, Samperi, Picierno.

Al comma 1, dopo la lettera b), aggiungere la seguente:

c) all'articolo 48, comma 3, lettera c), del decreto legislativo 6 settembre 2011, n.159, dopo le parole: «o sociali» sono aggiunte le seguenti: «, con particolare riferimento ai beni confiscati ai sensi di quanto previsto dall'articolo 322-ter del codice penale e dall'articolo 12-sexies, comma 2-bis, del decreto-legge 8 giugno 1992, n.306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n.356,».

Conseguentemente, alla rubrica, aggiungere in fine, le parole: e al decreto legislativo 6 settembre 2011, n.159.

17. 94. Rossomando, Ferranti.

Dopo l'articolo 17, aggiungere il seguente:

Art. 17-bis. – (Modifiche all'articolo 110 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n.159, riguardante l'Agenzia nazionale per l'amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata). – 1. All'articolo 110, comma 2, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n.159, lettere c) ed e), sono aggiunte, in fine, le parole: «nonché per i delitti previsti dagli articoli 314, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, 320, 322 e 322-bis del codice penale».

17.0250. Ferranti, Andrea Orlando, Garavini, Rossomando, Tenaglia, Capano, Cavallaro, Samperi, Picierno.

 

 

 

 

A.C. 4434-A – Articolo 18

ARTICOLO 18 DEL DISEGNO DI LEGGE N.4434 NEL TESTO DELLE COMMISSIONI

Art. 18.

(Modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267).

1. Al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 58, comma 1, lettera b), dopo le parole: «319-ter (corruzione in atti giudiziari),» sono inserite le seguenti: «319-quater, primo comma (induzione indebita a dare o promettere utilità),»;

b) all'articolo 59, comma 1, lettera a), dopo le parole: «319-ter» sono inserite le seguenti: «, 319-quater».

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 18 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 18.

(Modifiche al testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267).

Sopprimerlo.

18.1. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:

2. Il provvedimento di revoca di cui all'articolo 100, comma 1, del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, è comunicato dal prefetto all'Autorità nazionale anticorruzione di cui all'articolo 1 della presente legge, che si esprime entro trenta giorni. Decorso tale termine, la revoca diventa efficace, salvo che l'Autorità rilevi che la stessa sia correlata alle attività svolte dal segretario in materia di prevenzione della corruzione.

18. 600. Governo.

(Approvato)

 

A.C. 4434-A – Articolo 19

ARTICOLO 19 DEL DISEGNO DI LEGGE N.4434 NEL TESTO DELLE COMMISSIONI

Art. 19.

(Modifica alla legge 27 marzo 2001, n.97).

1. All'articolo 3, comma 1, della legge 27 marzo 2001, n.97, dopo le parole: «319-ter» sono inserite le seguenti: «, 319-quater».

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 19 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 19.

(Modifica alla legge 27 marzo 2001, n.97).

Sopprimerlo.

19.1. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

Dopo il comma 1, aggiungere il seguente:

2. Dopo l'articolo 5 della legge 27 marzo 2011, n.97, è inserito il seguente:

«Art. 5-bis. – (Divieto di ricoprire incarichi direttivi e dirigenziali a seguito di condanna definitiva). – 1. Nel caso di sentenza di condanna definitiva, ancorché intervenuta ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per alcuno dei delitti previsti dall'articolo 3, comma 1, i dipendenti indicati nello stesso articolo, ivi compresi quelli assunti ai sensi dell'articolo 36, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, non possono svolgere incarichi direttivi e dirigenziali, anche se elettivi o di nomina, in unità operative o in strutture altrimenti denominate.

2. Entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, l'amministrazione di appartenenza procede, nei confronti dei soggetti di cui al comma 1, alla revoca degli eventuali incarichi dirigenziali nonché all'attribuzione di nuove funzioni, in ogni caso non dirigenziali e non corrispondenti, per settore, a quelle connesse o comunque inerenti il procedimento penale per cui siano stati condannati».

19.3. Barbaro, Bocchino, Briguglio, Consolo, Giorgio Conte, Della Vedova, Di Biagio, Divella, Galli, Granata, Lamorte, Lo Presti, Menia, Moroni, Muro, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Toto, Di Pietro.

Dopo l'articolo 19, aggiungere il seguente:

Art. 19-bis. – (Modifiche al decreto legislativo 6 settembre 2011, n.159). – 1. All'articolo 108 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n.159, dopo il comma 2, è aggiunto il seguente:

«2-bis. Sono affidate in via esclusiva alla Direzione investigativa antimafia le indagini nelle ipotesi di reato previste dagli articoli 314, 317, 317-bis, 318, 319, 319-bis e 320 del codice penale, qualora ricorrano le circostanze aggravanti di cui all'articolo 7, comma 1, del decreto-legge 13 maggio 1991, n.152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n.203».

19.01. Di Biagio, Barbaro, Bocchino, Briguglio, Consolo, Giorgio Conte, Della Vedova, Divella, Galli, Granata, Lamorte, Lo Presti, Menia, Moroni, Muro, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Toto.

 

Dopo l'articolo 19, aggiungere il seguente:

Art. 19-bis. – (Trasparenza nelle nomine degli enti locali). – 1. Dopo l'articolo 10 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, è aggiunto il seguente:

«Art. 10-bis. – (Trasparenza nelle nomine negli enti locali). – 1. Nei comuni superiori a 15.000 abitanti e nelle province, lo statuto o il regolamento dispongono le procedure per garantire la trasparenza delle procedure di nomina e designazione di rappresentanti del comune e della provincia di cui agli articoli 42, comma 2, lettera m), e 50, commi 8 e 9, assicurando in ogni caso il rispetto dei termini stabiliti dalla legge.

2. A questo fine, le posizioni da ricoprire sono pubblicate sul sito web dell'ente, indicando i requisiti richiesti e un termine adeguato entro il quale tutte le persone interessate possono comunicare la propria disponibilità, corredata da ogni documentazione ritenuta utile.

3. Lo statuto e il regolamento disciplinano altresì le modalità di composizione di un comitato, formato da membri di elevata professionalità, moralità ed indipendenza di giudizio, chiamato ad esaminare le comunicazioni di disponibilità pervenute ed i relativi titoli. Il comitato può comprendere anche magistrati e funzionari dello Stato.

4. Il comitato, a seguito dell'esame delle candidature pervenute, presenta proprie motivate indicazioni in ordine al nominativo o ai nominativi ritenuti più adeguati, per studi compiuti o per esperienze realizzate, in riferimento a ciascuna nomina.

5. Il consiglio comunale o provinciale e il sindaco o il presidente della provincia procedono alle nomine di rispettiva competenza nell'esercizio delle proprie responsabilità, tenendo conto delle valutazioni non vincolanti espresse dal comitato.

6. I requisiti e i titoli dei candidati nominati e quelli dei candidati indicati dal comitato sono pubblicati nel sito web dell'ente.

7. I comuni superiori a 15.000 abitanti e le province adeguano le proprie normative a quanto previsto dal comma 1 entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

19.02. Zaccaria, Melis, Ferranti, Bressa, Giovanelli.

Dopo l'articolo 19 aggiungere il seguente:

Art. 19-bis. – (Incarichi di collaborazione con la pubblica amministrazione). – 1. Le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici in generale, compresi gli enti pubblici economici, non possono attribuire incarichi di collaborazione o consulenza, di qualunque specie e comunque denominati, a tempo indeterminato o parziale, neanche a titolo gratuito, a persone che si trovino in una delle seguenti condizioni:

a) condannati, con sentenza anche non definitiva, per uno dei delitti di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale, ovvero per delitti contro la pubblica amministrazione o per uno dei delitti previsti dagli articoli 629, 644, 648-bis, 648-ter del codice penale;

b) sottoposti, nei cinque anni precedenti al conferimento dell'incarico, a misura cautelare personale, non soggetta ad annullamento per insussistenza di gravi indizi di colpevolezza, per uno dei reati indicati nella lettera a);

c) sottoposti ad applicazione di misure di prevenzione personali o patrimoniali, ancorché non definitive, ai sensi della legge 31 maggio 1965, n.575.

2. Al momento dell'attribuzione formale degli incarichi di cui al presente articolo, il beneficiario dichiara all'amministrazione o all'ente conferente, sotto la propria responsabilità, di non trovarsi in alcuna delle ipotesi previste al comma 1. In caso di false dichiarazioni, il dichiarante è punito con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da diecimila a centomila euro. Nell'ipotesi che precede il rapporto di collaborazione è immediatamente revocato.

 19.03. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

Dopo l'articolo 19 aggiungere il seguente:

Art. 19-bis. – (Incarichi di collaborazione con la pubblica amministrazione). – 1. Le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici in generale, compresi gli enti pubblici economici, non possono attribuire incarichi di collaborazione o consulenza, di qualunque specie e comunque denominati, a tempo indeterminato o parziale, neanche a titolo gratuito, a persone che si trovino in una delle seguenti condizioni:

a) condannati, con sentenza anche non definitiva, per uno dei delitti di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale, ovvero per delitti contro la pubblica amministrazione o per uno dei delitti previsti dagli articoli 629, 644, 648-bis, 648-ter del codice penale;

b) sottoposti, nei cinque anni precedenti al conferimento dell'incarico, a misura cautelare personale, non soggetta ad annullamento per insussistenza di gravi indizi di colpevolezza, per uno dei reati indicati nella lettera a);

c) sottoposti ad applicazione di misure di prevenzione personali o patrimoniali, ancorché non definitive, ai sensi della legge 31 maggio 1965, n.575.

2. Al momento dell'attribuzione formale degli incarichi di cui al presente articolo, il beneficiario dichiara all'amministrazione o all'ente conferente, sotto la propria responsabilità, di non trovarsi in alcuna delle ipotesi previste al comma 1. In caso di false dichiarazioni, il dichiarante è punito con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da diecimila a centomila euro. Nell'ipotesi che precede il rapporto di collaborazione è immediatamente revocato.

 19.04. Barbaro, Bocchino, Briguglio, Consolo, Giorgio Conte, Della Vedova, Di Biagio, Divella, Galli, Granata, Lamorte, Lo Presti, Menia, Moroni, Muro, Paglia, Patarino, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Toto.

Dopo l'articolo 19 aggiungere il seguente:

Art. 19-bis. – (Divieto di concessione o erogazione di contributi o finanziamenti). – 1. Fermo quanto previsto dal decreto legislativo 8 agosto 1994, n.490, e successive modificazioni, e dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 giugno 1998, n.252, le pubbliche amministrazioni, gli enti pubblici, gli enti e le aziende vigilati dallo Stato o da altro ente pubblico, le società o imprese comunque controllate dallo Stato o da altro ente pubblico non possono concedere o erogare contributi, finanziamenti o mutui agevolati né altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, per lo svolgimento di attività imprenditoriali, quando la persona richiedente, ovvero taluno tra i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo dell'ente richiedente, ha riportato condanna ovvero è stata applicata nei suoi confronti la pena ai sensi degli articoli 444 e seguenti del codice di procedura penale, con sentenza divenuta irrevocabile, salvi gli effetti degli articoli 178 del codice penale e 445 del codice di procedura penale:

a) per uno dei delitti previsti nel Titolo II, Capo I, e nel Titolo VII, Capo III, del libro secondo del codice penale, per uno dei delitti di cui agli articoli 353, 355, 356, 416, 416-ter, 589 e 590, ove aggravati dalla violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, 640, secondo comma, 640-bis, 644, 648, 648-bis, 648-ter del medesimo codice penale, per uno dei delitti indicati all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale, per uno dei delitti indicati agli articoli 2621 e 2622 del codice civile, 216, 217 e 223 del regio decreto-legge 16 marzo 1942, n.267, e successive modificazioni, ovvero per uno dei reati commessi in violazione delle norme per la repressione dell'evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto;

b) alla pena della reclusione per un tempo non inferiore a tre anni per un qualunque altro delitto non colposo.

2. Nei casi in cui le situazioni ostative di cui al comma 1 intervengano dopo la concessione o l'erogazione, totale o parziale, dei contributi o dei finanziamenti, le amministrazioni, enti o società di cui al medesimo comma 1 procedono alla revoca della concessione o dell'erogazione.

3. Costituiscono causa di sospensione della erogazione di agevolazioni o incentivi:

a) la pronuncia di una sentenza non definitiva di condanna, o di applicazione della pena ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, nelle ipotesi di cui al comma l, lettere a) e b), del presente articolo;

b) l'emissione di un provvedimento provvisorio di divieto di ottenere le erogazioni di cui al comma 1 emessa dal tribunale ai sensi dell'articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n.575, e successive modificazioni.

4. Nei casi previsti dal comma 1, il passaggio in giudicato delle sentenze di cui alla lettera a), ovvero la definitività del provvedimento applicativo della misura di prevenzione comportano la revoca delle concessioni o erogazioni eventualmente disposte. La sospensione è revocata anche d'ufficio se, a seguito di annullamento o riforma delle sentenze di cui alla lettera a), ovvero a seguito di revoca o modifica del provvedimento provvisorio di cui alla lettera b) del comma 3 del presente articolo, è accertata la mancanza delle situazioni ostative previste dal comma 1, lettere a) e b).

5. La persona o l'ente richiedente attesta l'insussistenza delle cause ostative alla concessione o erogazione di cui ai commi 1 e 2 e delle cause di sospensione di cui ai commi 3 e 4 del presente articolo mediante dichiarazione sostitutiva, in conformità alle disposizioni del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n.445, e successive modificazioni.

6. Nella dichiarazione, prevista dal comma 1, il richiedente indica anche i provvedimenti giudiziari iscrivibili nel casellario giudiziale ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n.313, e successive modificazioni, e gli altri procedimenti penali di cui sia a conoscenza.

7. Ai fini dell'accertamento delle cause di cui al comma 1 del presente articolo, si applica l'articolo 43 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n.445. In sede di verifica delle dichiarazioni del richiedente, le amministrazioni, enti o società di cui al comma 1 richiedono al competente ufficio del casellario giudiziale i certificati del casellario giudiziale e dei carichi pendenti previsti dall'articolo 21 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n.313.

8. Fermo quanto previsto dal decreto legislativo 8 agosto 1994, n.490, e successive modificazioni, le disposizioni dei commi precedenti non si applicano ai soggetti nei cui confronti sia stata emessa sentenza di applicazione della pena, ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, prima della data di entrata in vigore della presente legge.

19.06. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

A.C. 4434-A – Articolo 20

ARTICOLO 20 DEL DISEGNO DI LEGGE N.4434 NEL TESTO DELLE COMMISSIONI

Art. 20.

(Clausola di invarianza).

1. Dall'attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

2. Le amministrazioni competenti provvedono allo svolgimento delle attività previste dalla presente legge con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

PROPOSTE EMENDATIVE RIFERITE ALL'ARTICOLO 20 DEL DISEGNO DI LEGGE

ART. 20.

(Clausola di invarianza).

Sopprimerlo.

20. 3. Di Pietro, Palomba, Favia, Donadi, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

Sostituirlo con il seguente:

Art. 20. – (Costi della lotta alla corruzione). – 1. Le entrate delle amministrazioni pubbliche corrispondenti al pagamento di sanzioni pecuniarie, amministrative, penali o contrattuali, connesse al compimento di reati contro la pubblica amministrazione o a violazioni di regole di comportamento fissate nella legge, nei codici di comportamento o in contratti di diritto privato sono destinate in via esclusiva al finanziamento della lotta alla corruzione, con particolare riguardo al finanziamento dell'Autorità nazionale anticorruzione e degli altri organi di cui all'articolo 1, comma 1, individuati nel Piano nazionale anticorruzione di cui all'articolo 1, comma 2, lettera b).

20.15. Melis, Zaccaria, Ferranti, Bressa, Giovanelli.

Sostituirlo con il seguente:

Art. 20. – (Misure di prevenzione in riferimento ai proventi di attività delittuose contro la pubblica amministrazione). – 1. All'articolo 6 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n.159, dopo il comma 3 è aggiunto il seguente:

«3-bis. Qualora le attività delittuose di cui all'articolo 1, comma 1, lettera b), siano compiute nello svolgimento delle funzioni o del servizio, al pubblico ufficiale od all'incaricato di pubblico servizio è altresì applicata la misura di prevenzione della sospensione temporanea dall'amministrazione dei beni, alle seguenti condizioni:

a) che i beni o le altre utilità di cui il soggetto abbia la proprietà o la disponibilità, a qualsiasi titolo, risultino di valore non proporzionato al proprio reddito o alla propria capacità economica. A tal fine le indagini e verifiche, di cui al comma 1 del citato articolo 34, prendono a base di riferimento gli emolumenti annuali resi pubblici ai sensi dell'articolo 21 della legge 18 giugno 2009, n.69, e dell'articolo 76 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, nonché le dichiarazioni reddituali rese pubbliche ai sensi dell'articolo 69, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n.600;

b) che la pericolosità sociale sia valutata anche in rapporto al corretto andamento della pubblica amministrazione;

c) che il soggetto non sia in grado di giustificare la legittima provenienza dei beni o altre utilità di cui alla lettera a).

2. All'articolo 2, comma l, lettera b), ed all'articolo 10, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n.223, le parole: «come da ultimo modificato dall'articolo 4 della legge 3 agosto 1988, n.327» sono sostituite dalle seguenti: «e successive modificazioni».

20.2. Tassone, Rao, D'Ippolito Vitale, Mantini, Ria.

Dopo l'articolo 20, aggiungere il seguente:

Art. 21. – (Disciplina generale del conferimento e revoca degli incarichi dirigenziali nelle amministrazioni pubbliche. Limitazioni allo spoils system). – 1. In tutte le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, gli incarichi dirigenziali che comportano l'adozione, in via esclusiva, degli atti amministrativi e di gestione non hanno carattere fiduciario, hanno durata maggiore del mandato degli organi di governo che li conferiscono, possono essere revocati con atto motivato e solo nei casi di cui all'articolo 21 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, e non sono soggetti a decadenza automatica in occasione del rinnovo degli organi di governo.

2. In tutte le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, gli incarichi di carattere fiduciario, tra i quali quelli relativi a uffici di diretta collaborazione, al coordinamento generale dell'azione amministrativa o alla rappresentanza esterna dell'amministrazione, devono essere preventivamente individuati negli atti generali di disciplina degli uffici di ciascuna amministrazione. Tale disciplina regola le procedure di conferimento e revoca degli incarichi, individuando quelli conferibili in base a criteri esclusivamente fiduciari e quelli che devono essere conferiti in base a requisiti di nomina predeterminati e con l'attivazione di procedure di valutazione comparativa della competenza professionale degli aspiranti all'incarico e che possono essere revocati solo con atto motivato. Tutti gli incarichi fiduciari decadono in occasione del rinnovo degli organi di governo che li hanno conferiti.

20.01. Zaccaria, Melis, Ferranti, Bressa, Giovanelli.

 

A.C. 4434-A – Ordini del giorno

ORDINI DEL GIORNO

 

La Camera,

premesso che:

il rapporto della Commissione riporta che in Italia la diffusione della corruzione nella pubblica amministrazione ha assunto proporzioni di assoluta gravità. Nel Rapporto GRECO (Group of States against corruption) del 2011 si legge che la corruzione è profondamente radicata in diverse aree della pubblica amministrazione, nella società civile, così come nel settore privato. Il pagamento delle tangenti sembra pratica comune per ottenere licenze e permessi, contratti pubblici, finanziamenti, per superare gli esami universitari, esercitare la professione medica, stringere accordi nel mondo calcistico, ecc. (...). La corruzione in Italia è un fenomeno pervasivo e sistemico che influenza la società nel suo complesso;

altresì, un sondaggio del 2009 di Eurobarometro mostra che la percentuale di cittadini italiani che hanno ricevuto la richiesta o l'offerta di una tangente negli ultimi 12 mesi di riferimento è pari al 17 per cento (quasi il doppio della media dei paesi UE pari invece al 9 per cento);

una rilevazione del Global corruption barometer 2010 di Transparency International indica che, tra il 2009 e il 2010, il 13 per cento dei cittadini (a fronte della media del 5 per cento nei Paesi dell'Unione europea) ha dichiarato di aver pagato – direttamente o tramite un familiare – tangenti nell'erogazione di diversi servizi pubblici (nello specifico, il 10 per cento nei contatti col sistema sanitario; il 3,8 per cento con la polizia; il 6,4 per cento per il rilascio di licenze e permessi; l'8,7 per cento per utilities; il 6,9 per cento con il fisco; il 13,9 in procedure doganali; il 28,8 col sistema giudiziario). Quanto alle motivazioni che hanno indotto alla dazione, il 2,8 per cento ha pagato la tangente per evitare problemi con le autorità; l'1,5 per cento per accelerare le procedure; l'1,3 per cento per ottenere un servizio cui aveva diritto;

per quanto riguarda il settore della prevenzione della corruzione nella pubblica amministrazione, il Gruppo di Stati contro la Corruzione (GRECO) presso il Consiglio d'Europa chiede al nostro Paese: 1) l'elaborazione di un piano nazionale anticorruzione con la previsione del suo monitoraggio e la valutazione della sua efficacia; 2) che il SAeT (Servizio anticorruzione trasparenza che opera presso il Dipartimento della funzione pubblica) si veda attribuita l'autorità e le risorse necessarie per valutare sistematicamente l'efficacia dei sistemi amministrativi generali progettati per prevenire e rilevare la corruzione, di rendere pubbliche tali valutazioni, e di formulare raccomandazioni per cambiamenti sulla base di tali valutazioni; 3) l'uniforme adozione di un codice di condotta per tutte le persone che svolgano funzioni amministrative (compresi i dirigenti e i consulenti); 4) l'adozione di un codice di condotta per i membri del Governo; 5) l'adozione di standard uniformi in materia di conflitto di interesse per le persone che svolgono funzioni amministrative (compresi i dirigenti e i consulenti); 6) l'adozione di misure in tema del passaggio di funzionari dal settore pubblico al privato; 7) un adeguato sistema di protezione per coloro che, in buona fede, segnalino i casi sospetti di corruzione all'interno della pubblica amministrazione;

la Corte dei conti, nel febbraio 2010, ha valutato l'ammontare della corruzione, divenuta sistemica, in 50/60 miliardi di euro, cifra sottratta alla collettività, ai servizi, alle opere pubbliche e agli investimenti;

inoltre, la Direzione generale delle politiche regionali della Commissione europea ha affidato uno studio comparato alla Facoltà di scienze politiche dell'Università di Goteborg. Lo studio – effettuato tra dicembre 2009 e febbraio 2010 contattando 200 alti funzionari di ogni Stato per costruire l'indice nazionale e 34 mila cittadini europei (4.095 in Italia) per costruire un indice regionale – è stato reso noto a febbraio 2011. Sedici le domande su tre grandi aree: istruzione, sanità e giustizia. Si tratta, come recita testualmente il dossier, «della più corposa ricerca mai fatta al mondo». L'Italia è considerata tra le sei nazioni nelle quali si registrano le più alte variazioni all'interno dei confini (le altre sono Belgio, Spagna, Portogallo, Romania e Bulgaria). Tra le regioni più corrotte in Europa ci sono Campania e Calabria;

da tempo, un gruppo di associazioni e di singoli cittadini, riunitisi presso la Federazione nazionale della stampa, ha deciso di aprire un dibattito pubblico sull'esigenza di un maggiore riconoscimento del diritto all'informazione, con l'introduzione di una legge sul Freedom of information simile a quella introdotta negli Stati Uniti nel 1966 (FOIA) e da tempo esistente nei Paesi democratici;

negli Usa, in particolare, il FOIA è uno degli strumenti più importanti per controllare gli uffici pubblici ed è servito per limitare affari poco chiari, oltre che a permettere ai cittadini di partecipare al momento giusto ai meccanismi decisionali. In questo modo sono stati evitati gli inspiegabili ritardi negli iter dei procedimenti, la non trasparenza volta a privilegiare alcuni a discapito di altri, sono state semplificate le procedure e soprattutto è stato ridotto il fenomeno della corruzione che, secondo Transparency International (una ong che pubblica un rapporto annuale sul livello di corruzione nei diversi Paesi del mondo), viene limitato proprio dal libero accesso all'informazione;

il principio del Freedom of information obbliga la pubblica amministrazione a rendere pubblici i propri atti e rende possibile a tutti i cittadini di chiedere conto delle scelte e dei risultati del lavoro amministrativo,

 

impegna il Governo:

 

ad avviare maggiori e più incisive iniziative, anche legislative, atte ad allentare il legame sempre più forte tra corruzione, clientelismo e mafia nella pubblica amministrazione;

a mettere in atto le raccomandazioni rivolte all'Italia da parte degli Organismi internazionali che operano in contrasto alla corruzione e a valutare la possibilità di avviare uno studio e un dibattito sulla trasparenza amministrativa tenuto conto che una maggiore chiarezza delle procedure contribuirebbe ad arginare il fenomeno della corruzione, sempre più esteso nel nostro Paese;

a valutare l'opportunità di introdurre nel nostro ordinamento, tramite ulteriori iniziative normative di propria competenza, disposizioni simili a quanto previsto dal Freedom of information Act, la legge introdotta negli Stati Uniti nel 1966 (FOIA) e da tempo esistente nei Paesi democratici, tenendo conto anche dell'Agenda digitale italiana – ADI, che prevede tra i suoi principali obiettivi la definizione di una normativa in materia di «e-government/open data», cui è dedicato uno specifico gruppo di lavoro.

9/4434-A/1. Di Stanislao, Paladini.

 

La Camera,

premesso che:

è essenziale estendere al massimo possibile l'applicazione dei criteri di efficienza, economicità e trasparenza amministrativa a tutti i contratti pubblici e, quindi, anche a quelli assai numerosi e consistenti per importo complessivo, relativi ai servizi ed alle pubbliche forniture;

è quanto mai opportuno avere un unico sistema di qualificazione per tutte le tipologie di appalti superiori ai 150.000 euro, in quanto si alleggerirebbe notevolmente, in tal modo, il carico di lavori delle stazioni appaltanti e si ridurrebbero gli oneri a carico della finanza pubblica, poiché cesserebbe l'attuale differente disciplina tra lavori pubblici da un dato e pubbliche forniture e servizi dall'altro,

 

impegna il Governo:

 

ad estendere, anche in altro provvedimento, la disciplina prevista dall'articolo 40 del codice dei contratti pubblici, relativa alla qualificazione dei soggetti esecutori di lavori pubblici, anche ai servizi ed alle forniture pubbliche al fine di tutelare la trasparenza e l'efficienza dell'azione amministrativa, nonché di ridurne gli oneri;

a disporre, di conseguenza, che tutti i soggetti ammessi alla partecipazione di gare pubbliche, siano essi di lavori, di servizi o di forniture superiori a 150.000 euro, configurino la loro attività nel rispetto dei principi di qualità, di professionalità e di correttezza e dimostrino di possedere la cosiddetta «attestazione di qualificazione» che, al pari di quanto già avviene per i lavori pubblici, dovrà essere rilasciata dalla Società organismo di attestazione (SOA), al fine di accertare ed attestare in capo ai soggetti esecutori, l'esistenza di adeguati requisiti tecnico-organizzativi ed economico-finanziari.

9/4434-A/2. Abrignani.

 

La Camera,

premesso che:

il controllo è l'essenza stessa della democrazia: la possibilità da parte dei cittadini di esercitare il controllo su chi li governa è elemento fondativo di un sistema democratico;

oggi, grazie alla rivoluzione digitale e a Internet, è tecnicamente possibile recuperare il rapporto diretto tra elettori ed eletti, a tutti i livelli istituzionali; rapporto che i mezzi di comunicazione di massa hanno in parte pregiudicato, a vantaggio spesso di una politica opaca o di facciata;

diviene pertanto improcrastinabile l'istituzione dell'Anagrafe pubblica degli eletti e dei nominati perseguita dal movimento radicale fin dall'ingresso dei primi eletti in parlamento nel 1976. I quattro eletti di allora basarono infatti la loro azione politica sulla possibilità concreta da parte dei cittadini di essere messi nelle condizioni di conoscere ciò che avveniva nelle istituzioni: la creazione di Radio Radicale con la diretta – allora vietata – delle sedute d'aula è stato il primo importante passo nella direzione di questa fondamentale riforma democratica;

ed è proprio in questa direzione che si è mossa e si muove la proposta radicale di istituire un'anagrafe pubblica degli eletti e dei nominati: uno strumento della democrazia diretta che pone il candidato e l'eletto sotto la lente dell'elettore, in modo che questi possa conoscerlo, seguirlo nella sua attività politica, monitorare le sue scelte e anche i suoi interessi;

sotto l'aspetto patrimoniale, reddituale e degli interessi economici dei titolari di cariche elettive o direttive nella pubblica amministrazione, si tratta di riformare radicalmente la legge 5 luglio 1982, n.441, colmando tutte quelle lacune nella legislazione che fino ad oggi hanno impedito di perseguire l'obiettivo dell'effettiva conoscibilità da parte dei cittadini;

persino in questa Camera alla richiesta della delegazione radicale di pubblicare on line, sul sito istituzionale, la situazione patrimoniale e reddituale dei deputati, è stata opposta la necessità di dover passare dalla modifica della legge n.441 del 1982 che, pur prevedendo la pubblicità dei dati in questione, ne limitava la pubblicità su un apposito bollettino difficilmente consultabile dai cittadini; d'altra parte, all'epoca era agli albori la rivoluzione digitale che ha marcato gli ultimi trent'anni della storia umana. L’escamotage che si è trovato in questo ramo del Parlamento – replicato poi ai Senato – per dare seguito alla richiesta della delegazione radicale è stato quello di prevedere la pubblicazione dei dati solo dietro una liberatoria sottoscritta dal deputato,

 

impegna il Governo

 

ad adottare tempestivamente un'iniziativa normativa volta a prevedere una radicale riforma della legge 5 luglio 1982, n.441, che detti disposizioni in materia di pubblicità degli interessi personali e della situazione patrimoniale e reddituale dei titolari di cariche di governo o elettive, o di cariche direttive in alcuni enti.

9/4434-A/3. Bernardini, Zamparutti, Mecacci, Farina Coscioni, Beltrandi, Maurizio Turco.

 

La Camera,

premesso che:

il controllo è l'essenza stessa della democrazia: la possibilità da parte dei cittadini di esercitare il controllo su chi li governa è elemento fondativo di un sistema democratico;

oggi, grazie alla rivoluzione digitale e a Internet, è tecnicamente possibile recuperare il rapporto diretto tra elettori ed eletti, a tutti i livelli istituzionali; rapporto che i mezzi di comunicazione di massa hanno in parte pregiudicato, a vantaggio spesso di una politica opaca o di facciata;

diviene pertanto improcrastinabile l'istituzione dell'Anagrafe pubblica degli eletti e dei nominati perseguita dal movimento radicale fin dall'ingresso dei primi eletti in parlamento nel 1976. I quattro eletti di allora basarono infatti la loro azione politica sulla possibilità concreta da parte dei cittadini di essere messi nelle condizioni di conoscere ciò che avveniva nelle istituzioni: la creazione di Radio Radicale con la diretta – allora vietata – delle sedute d'aula è stato il primo importante passo nella direzione di questa fondamentale riforma democratica;

ed è proprio in questa direzione che si è mossa e si muove la proposta radicale di istituire un'anagrafe pubblica degli eletti e dei nominati: uno strumento della democrazia diretta che pone il candidato e l'eletto sotto la lente dell'elettore, in modo che questi possa conoscerlo, seguirlo nella sua attività politica, monitorare le sue scelte e anche i suoi interessi;

sotto l'aspetto patrimoniale, reddituale e degli interessi economici dei titolari di cariche elettive o direttive nella pubblica amministrazione, si tratta di riformare radicalmente la legge 5 luglio 1982, n.441, colmando tutte quelle lacune nella legislazione che fino ad oggi hanno impedito di perseguire l'obiettivo dell'effettiva conoscibilità da parte dei cittadini;

persino in questa Camera alla richiesta della delegazione radicale di pub-blicare on line, sul sito istituzionale, la situazione patrimoniale e reddituale dei deputati, è stata opposta la necessità di dover passare dalla modifica della legge n.441 del 1982 che, pur prevedendo la pubblicità dei dati in questione, ne limitava la pubblicità su un apposito bollettino difficilmente consultabile dai cittadini; d'altra parte, all'epoca era agli albori la rivoluzione digitale che ha marcato gli ultimi trent'anni della storia umana. L’escamotage che si è trovato in questo ramo del Parlamento – replicato poi ai Senato – per dare seguito alla richiesta della delegazione radicale è stato quello di prevedere la pubblicazione dei dati solo dietro una liberatoria sottoscritta dal deputato,

 

impegna il Governo

 

ad adottare tempestivamente un'iniziativa normativa volta a rendere attuale ed effettivamente applicabile la legge 5 luglio 1982, n.441, che detti disposizioni in materia di pubblicità degli interessi personali e della situazione patrimoniale e reddituale dei titolari di cariche di governo o elettive, o di cariche direttive in alcuni enti.

9/4434-A/3.(Testo modificato nel corso della seduta) Bernardini, Zamparutti, Mecacci, Farina Coscioni, Beltrandi, Maurizio Turco.

 

La Camera,

premesso che:

l'articolo 13, comma 1, lettera r), del disegno di legge in esame aggiunge al codice penale l'articolo 346-bis (Traffico di influenze illecite), a norma del quale chiunque, fuori dai casi di concorso nei reati di cui agli articoli 318, 319 e 319-ter, sfruttando relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o con un incaricato di un pubblico servizio, indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale, come prezzo della propria mediazione illecita, ovvero per remunerare il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, è punito con la reclusione da uno a tre anni. La stessa pena si applica a chi indebitamente dà o promette denaro o altro vantaggio patrimoniale. La pena è aumentata se il soggetto che indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di un pubblico servizio. Le pene sono altresì aumentate se i fatti sono commessi in relazione all'esercizio di attività giudiziarie. Se i fatti sono di particolare tenuità, la pena è diminuita;

sarebbe necessario procedere all'integrazione dell'articolo 346-bis ampliando le fattispecie «traffico di influenze illecite» anche per altri tipi di vantaggio estrinsecabili nei casi di raccomandazione su atti o comportamenti commissivi o omissivi o commissioni di reati,

 

impegna il Governo

 

a valutare la possibilità, in ulteriori provvedimenti legislativi, di integrare l'articolo 346-bis come introdotto dal disegno di legge in esame, ampliando le fattispecie ivi previste anche ad altri tipi di vantaggio estrinsecabili nei casi di raccomandazione su atti o comportamenti commissivi o omissivi o commissioni di reati.

9/4434-A/4. Scilipoti.

 

La Camera,

premesso che:

il provvedimento in esame interviene sulla disciplina di contrasto alla corruzione e all'illegalità nel settore pubblico, predisponendo un quadro di prevenzione generale, controlli mirati e rinnovate sanzioni;

un ruolo determinante nell'ambito delle attività di contrasto alla criminalità è svolto dalla Direzione investigativa antimafia (DIA), istituita nell'ambito del dipartimento della pubblica sicurezza con la legge n.410 del 1991. La DIA si configura come un organismo investigativo con competenza monofunzionale, composta da personale specializzato a provenienza interforze, con il compito esclusivo di assicurare lo svolgimento, in forma coordinata, delle attività di investigazione preventiva attinenti alla criminalità organizzata, nonché di effettuare indagini di polizia giudiziaria relative esclusivamente a delitti di associazione mafiosa o comunque ricollegabili all'associazione medesima;

tra le attribuzioni della DIA rientra in via esclusiva la competenza in materia di segnalazioni di operazioni sospette (legge n.231 del 2007) attinenti alla criminalità organizzata che costituiscono una spia di indebite operazioni finanziarie, incluse quelle corruttive;

negli ultimi mesi la DIA è stata oggetto di un processo di indebolimento retributivo e funzionale, unito ad un graduale depotenziamento delle strutture della Direzione sul territorio;

rispetto a quanto sancito dalla legge istitutiva, la Dia risulta ancora una sorta di progetto incompiuto, elemento questo che sottolinea quanto sia significativo il potenziale inesplorato della struttura;

il depotenziamento finanziario oltre che organizzativo messo in atto con gli ultimi provvedimenti rischia seriamente di compromettere una struttura fiore all'occhiello del sistema di controllo e di lotta all'illecito italiano, con il rischio di disattendere in maniera palese quanto auspicato da Bruxelles e di sfaldare in maniera vistosa un sistema virtuoso ed efficace strutturato in venti anni di sacrifici, passione e duro lavoro,

 

impegna il Governo

 

a consentire, attraverso specifici provvedimenti, la definizione di misure orientate alla completa attuazione della legge n.410 del 1991, i cui contenuti sono poi confluiti nel decreto legislativo n.159 del 2011, al fine di valorizzare la Direzione investigativa antimafia, anche attraverso la modifica degli interventi normativi che fino ad oggi hanno contribuito a depotenziarla sotto il profilo organizzativo, funzionale e retributivo.

9/4434-A/5. Di Biagio, Della Vedova, Bocchino, Menia, Briguglio, Giorgio Conte, Patarino, Barbaro, Consolo, Divella, Galli, Granata, Lamorte, Lo Presti, Moroni, Muro, Paglia, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Toto, Siragusa.

 

La Camera,

premesso che:

il provvedimento in esame interviene sulla disciplina di contrasto alla corruzione e all'illegalità nel settore pubblico, predisponendo un quadro di prevenzione generale, controlli mirati e rinnovate sanzioni;

un ruolo determinante nell'ambito delle attività di contrasto alla criminalità è svolto dalla Direzione investigativa antimafia (DIA), istituita nell'ambito del dipartimento della pubblica sicurezza con la legge n.410 del 1991. La DIA si configura come un organismo investigativo con competenza monofunzionale, composta da personale specializzato a provenienza interforze, con il compito esclusivo di assicurare lo svolgimento, in forma coordinata, delle attività di investigazione preventiva attinenti alla criminalità organizzata, nonché di effettuare indagini di polizia giudiziaria relative esclusivamente a delitti di associazione mafiosa o comunque ricollegabili all'associazione medesima;

tra le attribuzioni della DIA rientra in via esclusiva la competenza in materia di segnalazioni di operazioni sospette (legge n.231 del 2007) attinenti alla criminalità organizzata che costituiscono una spia di indebite operazioni finanziarie, incluse quelle corruttive;

negli ultimi mesi la DIA è stata oggetto di un processo di indebolimento retributivo e funzionale, unito ad un graduale depotenziamento delle strutture della Direzione sul territorio;

rispetto a quanto sancito dalla legge istitutiva, la Dia risulta ancora una sorta di progetto incompiuto, elemento questo che sottolinea quanto sia significativo il potenziale inesplorato della struttura;

il depotenziamento finanziario oltre che organizzativo messo in atto con gli ultimi provvedimenti rischia seriamente di compromettere una struttura fiore all'occhiello del sistema di controllo e di lotta all'illecito italiano, con il rischio di disattendere in maniera palese quanto auspicato da Bruxelles e di sfaldare in maniera vistosa un sistema virtuoso ed efficace strutturato in venti anni di sacrifici, passione e duro lavoro,

 

impegna il Governo

 

a valutare l'opportunità, attraverso specifici provvedimenti, di definire misure orientate alla completa attuazione della legge n.410 del 1991, i cui contenuti sono poi confluiti nel decreto legislativo n.159 del 2011, al fine di valorizzare la Direzione investigativa antimafia, anche attraverso le necessarie modifiche normative.

9/4434-A/5.(Testo modificato nel corso della seduta) Di Biagio, Della Vedova, Bocchino, Menia, Briguglio, Giorgio Conte, Patarino, Barbaro, Consolo, Divella, Galli, Granata, Lamorte, Lo Presti, Moroni, Muro, Paglia, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Toto, Siragusa.

 

La Camera,

premesso che:

la corruzione è un fenomeno sociale endemico e così fortemente condizionante il sistema delle autonomie locali, le strutture pubbliche e private, le società e gli organismi di gestione, che si sviluppa e si alimenta delle debolezze nella struttura economica ed istituzionale di un Paese, mettendone a rischio lo sviluppo democratico, la crescita economica e, soprattutto, la trasparenza delle procedure e dei processi amministrativi;

la corruzione, la concussione ed ogni forma di illegalità vanno combattute creando una conoscenza condivisa del fenomeno che implica il coinvolgimento dell'intera società, dalle istituzioni ai cittadini, al fine di rendere quest'ultimi pienamente consapevoli degli strumenti volti a prevenire e smascherare i fenomeni corruttivi da un lato e a favorire la diffusione della cultura della legalità e della trasparenza all'interno della pubblica amministrazione dall'altro,

 

impegna il Governo

 

a valutare l'opportunità di adottare iniziative normative affinché siano previsti, nell'ambito della pubblica amministrazione: la rotazione biennale dei dirigenti preposti alla gestione di settori particolarmente esposti alla corruzione; il deposito annuale della loro dichiarazione patrimoniale e reddituale; la programmazione di un piano formativo, volto a fornire ai dirigenti responsabili della gestione tutte le conoscenze legislative, amministrative e procedurali per un sano e corretto svolgimento delle funzioni cui sono preposti, dando attuazione ai principi costituzionali dell'intangibilità morale dei dirigenti e della trasparenza e piena legalità all'interno della pubblica amministrazione.

9/4434-A/6. Mario Pepe (PD).

 

La Camera,

premesso che:

il provvedimento in esame reca disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione;

l'articolo 54, secondo comma, della Costituzione, nello stabilire che i cittadini chiamati a svolgere funzioni pubbliche devono adempierle «con disciplina ed onore», impone non solo il rispetto della «legalità formale», ma anche l'osservanza di ineludibili principi etico-morali, di cui sente urgente bisogno il popolo italiano;

dalla citata norma costituzionale discende, tra l'altro, l'obbligo per coloro che ricoprono incarichi istituzionali di servire la Nazione, di adempiere le proprie funzioni con imparzialità, indipendenza e nel rispetto della legge, di perseguire l'interesse pubblico, di collaborare lealmente con i diversi poteri dello Stato, di ispirare i propri comportamenti alla sobrietà, alla serietà ed alla morigeratezza che si conviene a quanti sono chiamati a rappresentare il Paese e le sue istituzioni democratiche;

stanno crescendo nell'opinione pubblica, ormai già da alcuni anni, sentimenti di profondo disagio e di diffusa insofferenza per la condotta di uomini politici, appartenenti a diversi schieramenti, che tengono comportamenti per più versi riprovevoli, diretti ad assicurare a sé o ad altri indebiti vantaggi dall'esercizio delle funzioni pubbliche o ad abusare dei propri poteri e delle risorse loro affidate in ragione dell'ufficio che ricoprono;

l'allarmante «crisi morale» della politica italiana si ripercuote negativamente anche sul piano istituzionale ed economico: non vi è dubbio, infatti, che lo smarrimento di saldi valori etici accresca il distacco tra cittadini e istituzioni, renda queste ultime meno credibili ed affidabili ed alimenti la sfiducia degli operatori economici nella capacità del Paese e dei suoi governanti di reagire efficacemente alla crisi in atto;

appare dunque necessario dotare con urgenza anche l'ordinamento italiano di credibili e trasparenti sistemi di valutazione e garanzia dell'etica pubblica e dell'integrità della classe dirigente politica, introducendo un complesso di regole deontologiche e di meccanismi di controllo e sanzione in grado di garantire la correttezza e la moralità dei comportamenti di coloro che ricoprono, a tutti i livelli, cariche elettive o di nomina politica,

 

impegna il Governo

 

a valutare l'opportunità di assumere – nel rispetto delle prerogative e dell'autonomia costituzionalmente riconosciute a ciascuna Camera, nonché alle regioni ed enti locali ed in coordinamento con l'autonomia di ciascuno di tali enti – iniziative di carattere normativo volte ad assicurare la compiuta attuazione dell'articolo 54, comma secondo, della Costituzione, prevedendo in particolare l'adozione di una pluralità di norme che costituiscano un «codice etico» per coloro che ricoprono cariche pubbliche.

9/4434-A/7. Binetti.

 

La Camera,

premesso che:

il sistema dei controlli negli enti locali è stato riformato tra il 1997 e il 2001 con due interventi normativi: l'eliminazione del controllo preventivo di legittimità del CORECO (prima ridimensionato con la legge n.127 del 1997, poi eliminato con la riforma del Titolo V della Costituzione) e la riforma della figura del segretario comunale, scelto oggi dal sindaco sulla base di un rapporto fiduciario e non più considerato l'occhio vigile dello Stato;

i controlli di legittimità sono stati messi in discussione sin dall'inizio degli anni Novanta a ragione della loro inidoneità a prevenire fenomeni di illegalità;

alla luce dei fatti di cronaca giudiziaria registratisi in maniera sempre più crescente in questi anni, appare oggi necessario riconsiderare la reintroduzione del controllo di legittimità per alcuni atti fondamentali e per assicurare una migliore correttezza dell'azione amministrativa;

occorre a tal proposito valutare quale sia l'organo istituzionale che nel nostro sistema amministrativo possa svolgere, in piena indipendenza, il controllo preventivo di legittimità,

 

impegna il Governo

 

ad assumere iniziative normative volte ad affidare ad un organo giurisdizionale e indipendente il controllo preventivo di legittimità su alcuni atti fondamentali.

9/4434-A/8. Tassone.

 

La Camera,

premesso che:

il sistema dei controlli negli enti locali è stato riformato tra il 1997 e il 2001 con due interventi normativi: l'eliminazione del controllo preventivo di legittimità del CORECO (prima ridimensionato con la legge n.127 del 1997, poi eliminato con la riforma del Titolo V della Costituzione) e la riforma della figura del segretario comunale, scelto oggi dal sindaco sulla base di un rapporto fiduciario e non più considerato l'occhio vigile dello Stato;

i controlli di legittimità sono stati messi in discussione sin dall'inizio degli anni Novanta a ragione della loro inidoneità a prevenire fenomeni di illegalità;

alla luce dei fatti di cronaca giudiziaria registratisi in maniera sempre più crescente in questi anni, appare oggi necessario riconsiderare la reintroduzione del controllo di legittimità per alcuni atti fondamentali e per assicurare una migliore correttezza dell'azione amministrativa;

occorre a tal proposito valutare quale sia l'organo istituzionale che nel nostro sistema amministrativo possa svolgere, in piena indipendenza, il controllo preventivo di legittimità,

 

impegna il Governo

 

ad assumere iniziative normative volte ad affidare ad un organo in posizione di terzietà il controllo preventivo di legittimità su alcuni atti fondamentali.

9/4434-A/8.(Testo modificato nel corso della seduta) Tassone.

 

La Camera,

premesso che:

l'Italia si colloca al 90o posto su 145 nella graduatoria dei Paesi che consentono alle donne pari partecipazione e opportunità economiche;

secondo quanto emerge dall'ultima relazione annuale di Banca d'Italia (in cui è stato inserito, per la prima volta, un capitolo sulle differenze di genere), ad una più elevata presenza di donne tra gli amministratori pubblici corrispondono livelli di corruzione più bassi;

nelle imprese con almeno 50 dipendenti è donna il 12 per cento dei dirigenti, mentre a ricoprire un ruolo di alta dirigenza nei consigli di amministrazione di imprese con oltre 10 milioni di fatturato c’è solo un 9 per cento di donne, con qualche miglioramento nell'ultimo anno nelle società quotate,

 

impegna il Governo

 

a verificare il rispetto delle disposizioni già esistenti e ad adottare iniziative, anche di tipo normativo, volte a favorire una maggiore presenza femminile nella vita politica ed economica del Paese, in conformità con gli standard europei.

9/4434-A/9. D'Ippolito Vitale.

 

La Camera,

premesso che:

l'articolo 13, comma 1, lettera r), del provvedimento in esame introduce nel codice penale la fattispecie di traffico di influenze illecite;

la formulazione della norma citata evidenzia una pericolosa genericità che contrasta palesemente con la necessità di tipizzazione delle condotte penalmente sanzionabili;

tale genericità appare foriera di condotte che potrebbero creare effetti distorsivi nell'applicazione della norma stessa, segnatamente con riguardo alla individuazione dei comportamenti leciti e di quelli illeciti;

si profila il rischio concreto che, mancando nel nostro ordinamento una specifica disciplina in materia di lobbying, tale norma dia luogo ad uno scontro permanente sia dal lato politico che da quello giudiziario totalmente estraneo alle finalità insite nel provvedimento in esame;

non sono mancati casi in cui il legislatore ha rinunziato alla previsione normativa di fattispecie penali proprio per la difficoltà, se non impossibilità, di individuare puntualmente le condotte illecite,

 

impegna il Governo

 

a predisporre tempestivamente un provvedimento teso ad introdurre nel nostro ordinamento una disciplina specifica in materia di lobbying, anche al fine di circoscrivere la discrezionalità nell'applicazione della norma di cui al citato articolo 13, comma 1, lettera r).

9/4434-A/10. Garagnani.

 

La Camera,

premesso che:

il provvedimento all'esame dell'Aula introduce nuove ed efficaci misure per il contrasto della corruzione, sia in sede amministrativa che penale, in attuazione della Convenzione ONU del 2003 e al fine di prevenire e punire più efficacemente un fenomeno che in Italia, secondo stime della Corte dei Conti, si aggira su un valore di circa sessanta miliardi di euro, con un preoccupante inquinamento della vita economica, sociale e politica;

l'articolo 10 delega il Governo ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge, un decreto legislativo in materia di incandidabilità al Parlamento europeo, nazionale, e ai consigli regionali, provinciali e comunali e in altri ruoli amministrativi e di governo, per coloro che hanno subito condanne definitive per gravi reati;

attualmente l'incandidabilità è prevista dalla normativa vigente per i consigli comunali, provinciali e regionali, ma non per il Parlamento e ciò costituisce un vulnus, incomprensibile per i cittadini, sia alla luce della parità tra i diversi livelli in cui si articola la Repubblica, ai sensi dell'articolo 114 della Costituzione, e sia sotto il profilo dell’«onorabilità» della funzione parlamentare, alla luce degli articoli 51 e 54 Costituzione,

 

impegna il Governo

 

ad esercitare la delega in tema di incandidabilità in Parlamento dei condannati con sentenza definitiva per gravi reati in tempo utile affinché le norme possano essere vigenti e applicabili entro la scadenza naturale dell'attuale legislatura e prima delle elezioni previste per l'anno 2013.

9/4434-A/11. Mantini.

 

La Camera,

premesso che:

il testo del provvedimento in esame contiene disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione;

la questione viene affrontata sia sotto l'aspetto preventivo sia sotto l'aspetto repressivo;

l'argomento della prevenzione dei fenomeni di corruzione e di altri reati contro la pubblica amministrazione nonché di comportamenti a qualsiasi titolo illegali nel medesimo contesto viene trattato facendo ampio riferimento alla trasparenza dell'attività amministrativa (articolo 2);

la trasparenza prescritta implica la pubblicazione nei siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni delle informazioni relative ai procedimenti amministrativi, secondo criteri di facile accessibilità, completezza e semplicità di consultazione, nel rispetto delle disposizioni in materia di segreto di Stato, di segreto d'ufficio e di protezione dei dati personali;

si prevede, inoltre, che nei siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni siano altresì pubblicati i costi unitari di realizzazione delle opere pubbliche e di produzione dei servizi erogati ai cittadini e che tali informazioni siano pubblicate sulla base di uno schema tipo redatto dall'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture che ne cura altresì la raccolta e la pubblicazione nel proprio sito istituzionale al fine di consentirne una agevole comparazione;

è necessario rendere effettivamente accessibili al pubblico i dati direttamente connessi alla trasparenza delle procedure presso i siti istituzionali delle Pubbliche Amministrazioni ed è altresì da considerarsi essenziale il ruolo di controllo da parte del cittadino, strettamente collegato a tali forme di pubblicazione,

 

impegna il Governo:

 

ad individuare con la massima urgenza un sistema informatico predefinito e unico, da applicare ai siti di tutte le pubbliche amministrazioni, che garantisca e faciliti il diritto di accesso riconosciuto al cittadino. Il sistema informatico dovrà essere semplice ed operativo di modo che si giunga in tempi brevi ad una concreta attuazione alle norme sulla prevenzione dell'illegalità nella pubblica amministrazione. Oltre alla predisposizione di una struttura informatica uguale per tutti i siti internet delle Pubbliche Amministrazioni;

a prevedere un sistema di frequenti controlli a campione sulla effettiva operatività dei citati siti internet nonché, nello specifico, dell'area relativa ai dati e alle informazioni la cui pubblicazione è considerata preventiva rispetto a fenomeni di illegalità.

9/4434-A/12. Ria.

 

La Camera,

premesso che:

il provvedimento in esame reca una serie di disposizioni in materia di prevenzione e repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione;

in particolare, l'articolo 10 delega il Governo ad adottare un decreto legislativo recante un testo unico della normativa in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di governo (a livello centrale, regionale, locale ed europeo), conseguente a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi;

la finalità del testo unico è, inoltre, quella di disciplinare i casi di decadenza e di sospensione dalle cariche in caso di sentenze definite di condanna successive all'elezione o all'assunzione della carica e di coordinare le norme sull'incandidabilità con quelle vigenti in materia di interdizione dai pubblici uffici e di riabilitazione, nonché con le restrizioni all'esercizio del diritto di voto attivo;

prevedendo, per l'esercizio della delega, il termine di un anno dall'entrata in vigore del provvedimento in esame, si rischia, tuttavia, di non assicurare l'applicazione delle disposizioni in materia di incandidabilità per i condannati a partire dalle prossime elezioni politiche del 2013, compromettendo, così, in sostanza, la possibilità di escludere effettivamente dalle aule parlamentari i soggetti condannati, anche in via definitiva;

è evidente che si tratta di temi particolarmente delicati e rilevanti che, se affrontati in maniera efficace e credibile, possono decisamente contribuire all'avvio di una nuova stagione politica e «civile» per il nostro Paese, che richiede un impegno serio, coerente e responsabile da parte di tutte le istituzioni;

in questo particolare momento storico, caratterizzato da un forte e diffuso senso di sfiducia collettiva nei confronti della politica, che rischia, se non contrastato efficacemente, di delegittimare l'intero sistema istituzionale italiano, è quanto mai urgente e necessario, infatti, dare «segnali» forti e concreti di coerenza, di serietà e di trasparenza,

 

impegna il Governo

 

ad adottare tempestivamente il decreto legislativo di cui in premessa, e, comunque, in tempi utili a garantire l'entrata in vigore e l'applicazione delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di governo, conseguente a sentenze definitive di condanna, a partire dalla prossime elezioni politiche del 2013.

9/4434-A/13. Della Vedova, Bocchino, Menia, Briguglio, Giorgio Conte, Patarino, Barbaro, Consolo, Di Biagio, Divella, Galli, Granata, Lamorte, Lo Presti, Moroni, Muro, Paglia, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Toto.

 

La Camera,

premesso che:

il provvedimento in esame reca una serie di disposizioni in materia di prevenzione e repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione;

in particolare, l'articolo 13, alla lettera r), introduce nel codice penale una nuova fattispecie di reato, il traffico di influenze illecite;

il nuovo articolo 346-bis del codice penale, infatti, punisce con la reclusione da uno a tre anni «chiunque, fuori dai casi di concorso nei reati di cui agli articoli 318, 319 e 319-ter, sfruttando relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o con un incaricato di un pubblico servizio, indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale, come prezzo della propria mediazione illecita, ovvero per remunerare il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio»;

anche nel corso dell'esame del provvedimento nelle commissioni riunite affari costituzionali e giustizia della Camera è stato segnalato un rischio di eccessiva genericità nella tipizzazione del nuovo reato, che si presterebbe ad interpretazioni arbitrarie da parte degli inquirenti e dei giudici; infatti la norma, in assenza di una disciplina che fissi, in maniera chiara ed inequivocabile, il confine tra l'attività lecita, nel campo delle relazioni istituzionali e della rappresentanza di interessi e «l'influenza illecita» rispetto all'attività del decisore pubblico, rischia non solo di arginare l'inquinamento illegale della vita politica e amministrativa, ma di esporre a sospetti e pericoli l'attività quotidianamente svolta, in maniera trasparente, da molti professionisti;

al fine di introdurre maggiori elementi di chiarezza per qualificare con più concretezza la «mediazione illecita», diventa quanto mai urgente e necessario procedere, in tempi rapidi, all'approvazione di una disciplina legislativa recante un pieno riconoscimento e una puntuale regolamentazione dell'attività di lobbying, in modo da allineare finalmente l'Italia alla maggior parte dei Paesi europei e garantire così la massima trasparenza e la correttezza dell'attività politica, legislativa ed amministrativa, nonché una ampia e diffusa partecipazione ai processi decisionali pubblici,

 

impegna il Governo

 

ad attivarsi tempestivamente al fine di adottare provvedimenti normativi volti ad introdurre una disciplina ampia ed organica dell'attività di lobbying e di relazioni istituzionali, fissando requisiti certi ed affidabili per il suo esercizio, nel rispetto dei principi fondamentali di trasparenza, pubblicità, partecipazione, parità di trattamento e pluralismo economico, sociale e culturale.

9/4434-A/14. Moroni, Della Vedova, Bocchino, Menia, Briguglio, Giorgio Conte, Patarino, Barbaro, Consolo, Di Biagio, Divella, Galli, Granata, Lamorte, Lo Presti, Muro, Paglia, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Toto.

 

La Camera,

premesso che:

il provvedimento in esame reca una serie di disposizioni in materia di prevenzione e repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione;

in particolare, l'articolo 13, alla lettera r), introduce nel codice penale una nuova fattispecie di reato, il traffico di influenze illecite;

il nuovo articolo 346-bis del codice penale, infatti, punisce con la reclusione da uno a tre anni «chiunque, fuori dai casi di concorso nei reati di cui agli articoli 318, 319 e 319-ter, sfruttando relazioni esistenti con un pubblico ufficiale o con un incaricato di un pubblico servizio, indebitamente fa dare o promettere, a sé o ad altri, denaro o altro vantaggio patrimoniale, come prezzo della propria mediazione illecita, ovvero per remunerare il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio»;

anche nel corso dell'esame del provvedimento nelle commissioni riunite affari costituzionali e giustizia della Camera è stato segnalato un rischio di eccessiva genericità nella tipizzazione del nuovo reato;

al fine di introdurre maggiori elementi di chiarezza per qualificare con più concretezza la «mediazione illecita», diventa quanto mai urgente e necessario procedere, in tempi rapidi, all'approvazione di una disciplina legislativa recante un pieno riconoscimento e una puntuale regolamentazione dell'attività di lobbying, in modo da allineare finalmente l'Italia alla maggior parte dei Paesi europei e garantire così la massima trasparenza e la correttezza dell'attività politica, legislativa ed amministrativa, nonché una ampia e diffusa partecipazione ai processi decisionali pubblici,

 

impegna il Governo

 

ad attivarsi tempestivamente al fine di adottare provvedimenti normativi volti ad introdurre una disciplina ampia ed organica dell'attività di lobbying e di relazioni istituzionali, fissando requisiti certi ed affidabili per il suo esercizio, nel rispetto dei principi fondamentali di trasparenza, pubblicità, partecipazione, parità di trattamento e pluralismo economico, sociale e culturale.

9/4434-A/14.(Testo modificato nel corso della seduta) Moroni, Della Vedova, Bocchino, Menia, Briguglio, Giorgio Conte, Patarino, Barbaro, Consolo, Di Biagio, Divella, Galli, Granata, Lamorte, Lo Presti, Muro, Paglia, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Toto.

 

 

La Camera

premesso che:

l'articolo 10 del provvedimento in esame contempla il conferimento di una delega al Governo per l'adozione di un testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di governo conseguente a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi secondo i principi ed i criteri direttivi ivi indicati;

ritenuto opportuno che tale delega venga attuata in tempo utile per le prossime elezioni politiche e, quindi, in abbondante anticipo rispetto alla presentazione delle candidature,

 

impegna il Governo

 

a dare attuazione alla delega in tempo utile per la presentazione delle candidature alle prossime elezioni politiche.

9/4434-A/15. Contento, Santelli.

 

La Camera,

premesso che:

la concessione di favori, favoritismi, fino alla censurabile corruzione, sono purtroppo episodi che funestano le cronache dell'Italia repubblicana, e tale situazione illecita, provata e condannata penalmente in alcuni casi, ma in altri anche solo sospettata e resa di pubblico dominio, ha certamente contribuito in larga parte a nutrire quel generale e diffuso senso di sfiducia che i cittadini provano nei confronti della politica e delle istituzioni;

nelle maggiori democrazie occidentali, e anche in molti settori privati, è da tempo in uso un impianto legislativo che contempla l'assunzione di comportamenti virtuosi da parte di eletti e dipendenti della P.A. attraverso l'adesione ad un codice di comportamento etico che fissa dei principi di base da cui si sviluppano obblighi di comportamento e vincoli volti a contrastare i fenomeni di corruzione;

la necessità di adottare norme di comportamento chiare e vincolanti appare oggi più che mai impellente anche nel nostro Paese;

il provvedimento in esame, a seguito dell'approvazione di alcune proposte emendative nel corso dell'esame in Assemblea, stabilisce che il Governo definisca un codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, che preveda anche il divieto per tutti i dipendenti pubblici di chiedere o accettare, a qualsiasi titolo, compensi, regali o altre utilità, in connessione con l'espletamento delle proprie funzioni o dei compiti affidati, fatti salvi i regali d'uso, purché di modico valore e nei limiti delle normali relazioni di cortesia,

 

impegna il Governo

 

a valutare l'opportunità di intervenire, anche con proprio decreto e considerando le proposte di legge attualmente presentate in materia, per predisporre la necessaria normativa in materia di prescrizioni, anche minuziose, sul valore e sulla tipologia di beni o di altre utilità che i tutti i soggetti e funzionari pubblici, nonché titolari di cariche politiche, di alte cariche amministrative, magistrati e docenti universitari possono o non possono accettare sotto forma di regalo, nonché in materia di codice deontologico di comportamento.

9/4434-A/16. Galli.

 

La Camera,

premesso che:

l'articolo 10 contiene una delega al Governo per l'adozione di un testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di governo conseguente a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi,

 

impegna il Governo

 

ad esercitare tempestivamente la delega e comunque in tempo utile affinché le norme in questione si applichino alle prossime elezioni per la Camera dei deputati e per il Senato della Repubblica.

9/4434-A/17. Giovanelli, Ferranti, Samperi, Lovelli.

 

La Camera,

premesso che:

il provvedimento in esame reca disposizioni in ordine alla trasparenza dell'attività delle pubbliche amministrazioni, principio inscindibile dalla prevenzione e repressione dell'illegalità e della corruzione nella pubblica amministrazione;

il massimo grado possibile di trasparenza nelle relazioni fra l'opinione pubblica, gli interessi privati, e la politica che rappresenta gli interessi generali è imprescindibile, ma il nostro Paese si distingue da molti altri paesi, europei e non, per l'assenza di una disciplina che delinei i margini legittimi di una possibile relazione tra il pubblico e il privato, con ciò sottraendola alla trasparenza e alimentandone la visione convenzionale, tutta nostrana, quale pratica corruttrice volta ad ottenere privilegi attraverso scambi di favori;

a sua volta, il supposto legame tra l'attività cosiddetta di lobbying e la corruzione sembra aver funzionato quale deterrente ad una regolamentazione dell'attività di rappresentanza di interessi che, nelle società complesse quali quelle contemporanea andrebbe, al contrario, guardata come una forma di partecipazione democratica, da sottoporre a regole che la rendano cristallina;

occorre che sia affermata una logica di trasparenza a base dell'attività di lobbying posta in essere dai gruppi di interesse, al fine di favorire un maggior controllo sull’iter di formazione del processo decisionale, con ciò contribuendo ad eliminare gli effetti distorsivi tipici di quella attività di lobbying svolta in una «zona grigia»,

 

impegna il Governo

 

ad assumere, per quanto di sua competenza, le iniziative, anche legislative, finalizzate all'introduzione di disposizioni e regole chiare e certe in ordine alla definizione e alla regolamentazione delle attività lobbistiche, in particolare attraverso la creazione di un Registro pubblico consultabile on line cui gli operatori debbano iscriversi ed un codice di condotta per l'esplicazione delle loro attività.

9/4434-A/18. Cimadoro, Evangelisti, Paladini.

 

La Camera,

premesso che:

il provvedimento in esame ha l'obiettivo di combattere, prevenendole e reprimendole, la corruzione e l'illegalità nella pubblica amministrazione;

il testo affronta anche le questioni legate al conflitto di interessi e alle incompatibilità, in particolare quando quest'ultima assume le vesti del divieto a ricoprire determinati ruoli o incarichi in conseguenza di condanne, anche con sentenze non passate in giudicato, per i dipendenti pubblici per delitti contro la pubblica amministrazione;

il provvedimento non affronta la questione del rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare né introduce un meccanismo diretto e automatico tra di essi nel caso del dipendente pubblico condannato con sentenza definitiva;

al riguardo, sussiste una ulteriore lacuna normativa in materia di effetti dell'applicazione della pena su richiesta (cosiddetto «patteggiamento»): le norme prevedono che, qualora la pena irrogata con il rito del patteggiamento non superi i due anni, la sentenza non comporta l'applicazione di pene accessorie e ciò ha consentito ad imputati di delitti contro la pubblica amministrazione, dopo aver patteggiato la pena, di essere reintegrati nel posto di lavoro antecedentemente occupato;

la causa del suddetto effetto – perverso, ad avviso del firmatario del presente atto di indirizzo, in quanto, per i medesimi delitti, alla condanna non inferiore a tre anni, con rito ordinario, consegue l'estinzione del rapporto di lavoro – è determinata dall'assenza di una clausola di salvezza tale che fosse possibile la immediata apertura di un procedimento disciplinare che consentisse poi l'irrogazione della sanzione amministrativa più efficace,

 

impegna il Governo

 

a colmare la lacuna normativa indicata in premessa, adottando le iniziative, anche legislative, al fine di equiparare, con riguardo agli effetti sul procedimento disciplinare della pubblica amministrazione, gli effetti della pena non superiore a due anni, irrogata con il rito del patteggiamento, alla condanna, irrogata con rito ordinario, per un tempo non inferiore a tre anni.

9/4434-A/19. Donadi, Favia, Paladini.

 

La Camera,

premesso che:

il provvedimento in esame ha l'obiettivo di combattere, prevenendole e reprimendole, la corruzione e l'illegalità nella pubblica amministrazione;

il nostro Paese sopporta una zavorra dell'ordine di 60 miliardi annui, a tanto ammonta il costo della nostra corruzione, che nessuna economia può reggere e che altro non è che una tassa occulta sui cittadini estranei all'accordo criminale;

di fronte a tale contesto, è il momento di imprimere una brusca inversione di rotta per una rieducazione all'etica pubblica, che prescinda, di base, dal fatto che un comportamento sia o no penalmente rilevante o perseguibile, ma si leghi ai concetti di responsabilità, dignità, opportunità di fare o non fare qualcosa;

il Presidente della Corte dei Conti ha recentemente sottolineato che «per contribuire ad accrescere la cultura dell'integrità nella p.a. e sfidare la corruzione, un ruolo fondamentale può svolgere l'etica, vale a dire la propria, intima tensione morale del funzionario pubblico al suo corretto agire» – al «funzionario pubblico» possiamo aggiungere la condizione di ogni persona chiamata a ricoprire incarichi pubblici e di rappresentanza – e ha proseguito considerando che «I fenomeni corruttivi vanno perseguiti con rigore perché incidono con conseguenze profondamente negative sulla Comunità, non solo in termini di lesione del principio della concorrenza, con effetti deprimenti sul sistema economico, ma anche sotto il profilo etico-sociale. L'incremento di gravi episodi di illegalità nell'ambito delle pubbliche amministrazioni può minare la credibilità delle istituzioni pubbliche nazionali e comunitarie, favorendo il consolidarsi nella società di atteggiamenti negativi di mancanza di fiducia nel corretto funzionamento dell'ordinamento democratico.»;

il testo affronta, a fini preventivi, anche ambiti e tematiche che vi sono strettamente connessi, quali, in particolare, attraverso ampia delega, l'applicazione dell'istituto dell'incandidabilità per i soggetti condannati in via definitiva per determinati reati;

il rapporto tra politica ed illegalità e corruzione costituisce un aspetto preoccupante nel nostro Paese, anche in ordine all'entità dei casi che sono venuti e vengono continuamente alla luce: nella consapevolezza di ciò, due anni orsono, la Commissione parlamentare cosiddetta «Antimafia» ha approvato, all'unanimità, un documento, definito «proposta di autoregolamentazione», da intendersi quale codice etico che impegnava i partiti nella formazione delle proprie liste di candidati, al fine di non candidare né sostenere, neanche indirettamente, soggetti condannati, anche con sentenza non definitiva, per determinati gravi reati – tra i quali, oltre a quelli di grave allarme sociale, l'usura, il riciclaggio, il traffico illecito di rifiuti;

il peculiare contesto socio-economico che sta vivendo il nostro Paese, unito alla gravità e all'entità del fenomeno corruttivo e dell'illegalità, impone che si imprima un forte segnale di trasparenza e di impegno, da parte dello Stato, ad offrire alla collettività una condizione elettorale più rispondente a questioni di etica pubblica e a sanzionarne le violazioni, dando vita ad un circuito virtuoso tra il contributo pubblico ed il soggetto non indegno a riceverlo,

 

impegna il Governo

 

ad introdurre, attraverso iniziative, anche legislative, la previsione della decadenza dal diritto all'ottenimento di risorse e contributi pubblici per i partiti che candidano soggetti per i quali l'ordinamento dispone l'incandidabilità ai sensi della delega di cui all'articolo 10 del provvedimento in titolo.

9/4434-A/20. Messina, Di Giuseppe, Paladini.

 

La Camera,

premesso che:

il provvedimento in esame ha l'obiettivo di combattere, prevenendole e reprimendole, la corruzione e l'illegalità nella pubblica amministrazione;

il nostro Paese sopporta una zavorra dell'ordine di 60 miliardi annui, a tanto ammonta il costo della nostra corruzione, che nessuna economia può reggere e che altro non è che una tassa occulta sui cittadini estranei all'accordo criminale;

da un punto di vista economico, una recente ricerca (P. Davigo e M. Arnone, «Arriva la crisi economica? Subito spunta la corruzione»), evidenziata da «Lavoce.info», ha messo in relazione l'interazione tra la variazione percentuale del PIL e l'emersione di vicende corruttive di una certa rilevanza, e ha confermato la tesi generale secondo cui fasi negative del ciclo economico facilitano l'emersione di fenomeni di criminalità politico-affaristica in generale e corruttiva in particolare;

ciò non significa che la casistica dei reati di corruzione aumenti nei frangenti di crisi economica, anzi è assunto condiviso che gli illeciti tendano a essere costanti nel tempo: si può riscontrare un'improvvisa contrazione solo quando l'emersione degli scandali è tale da innalzare esponenzialmente il «costo del rischio» del mercato illegale, rendendo l'accordo corruttivo «diseconomico». Ad esempio, negli appalti banditi dopo «Tangentopoli» il prezzo pagato dagli enti pubblici è calato in media del 40-50 per cento (dai 300-350 miliardi di lire per km della metropolitana di Milano si è passati a 150-250 miliardi);

la lotta alla corruzione, specie se viene intesa nel modo più ampio di «malamministrazione», svolge un ruolo chiave per l'economia di un Paese, in quanto consente di liberare energie vitali compresse, che possono aiutare lo sviluppo dei mercati, e favorisce situazioni di emersione delle attività economiche che giovano al sistema generale della fiscalità;

gli effetti del provvedimento in esame potranno essere valutati in futuro, attualmente è possibile sperare che l'impianto che ne scaturisce e gli strumenti che ha inteso utilizzare possano condizionare il mercato della corruzione;

è da ritenere, stando anche ai dati di altri Paesi, fortemente efficace nella lotta alla corruzione e l'illegalità un sistema di tutela marcatamente preventivo, severissimo sui controlli di tutti i fattori in gioco,

 

impegna il Governo

 

ad adottare misure idonee a rafforzare e rendere più efficiente l'azione della magistratura contabile, in particolare in ordine alle responsabilità e ai risarcimenti per danno all'erario e all'inosservanza dei criteri di sana gestione, di cui alla disciplina vigente, a causa della corruzione e dell'illegalità.

9/4434-A/21. Borghesi, Mura, Paladini.

 

La Camera,

premesso che:

il provvedimento in esame ha l'obiettivo di combattere, prevenendole e reprimendole, la corruzione e l'illegalità nella pubblica amministrazione;

il testo affronta anche le questioni legate al conflitto di interessi e alle incompatibilità, in particolare quando quest'ultima assume le vesti del divieto a ricoprire determinati ruoli o incarichi in conseguenza di condanne per delitti contro la pubblica amministrazione, anche con sentenze non passate in giudicato, irrogate a dipendenti pubblici;

il provvedimento non affronta la questione del rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare: non introduce un meccanismo diretto e automatico tra di essi nel caso del dipendente pubblico condannato con sentenza definitiva, né la questione, pur spinosa, della difformità di trattamento tra la condanna conseguente all'applicazione della pena su richiesta e la condanna con rito ordinario irrogata ai dipendenti pubblici;

a fronte della pervasività dell'illegalità e della corruzione, è il momento di imprimere una brusca inversione di rotta per una rieducazione all'etica pubblica, che prescinda, di base, dal fatto che un comportamento sia o no penalmente rilevante o perseguibile, ma si leghi ai concetti di responsabilità, dignità, opportunità di fare o non fare qualcosa;

il Presidente della Corte dei Conti ha recentemente sottolineato che «per contribuire ad accrescere la cultura dell'integrità nella p.a. e sfidare la corruzione, un ruolo fondamentale può svolgere l'etica, vale a dire la propria, intima tensione morale del funzionario pubblico al suo corretto agire» – al «funzionario pubblico» possiamo aggiungere la condizione di ogni persona chiamata a ricoprire incarichi pubblici e di rappresentanza – e ha proseguito considerando che «i fenomeni corruttivi vanno perseguiti con rigore perché incidono con conseguenze profondamente negative sulla Comunità, non solo in termini di lesione del principio della concorrenza, con effetti deprimenti sul sistema economico, ma anche sotto il profilo etico-sociale. L'incremento di gravi episodi di illegalità nell'ambito delle pubbliche amministrazioni può minare la credibilità delle istituzioni pubbliche nazionali e comunitarie, favorendo il consolidarsi nella società di atteggiamenti negativi di mancanza di fiducia nel corretto funzionamento dell'ordinamento democratico»,

 

impegna il Governo

 

ad adottare le iniziative, anche legislative, necessarie a rendere più incisive le procedure di sospensione dalle funzioni per i dipendenti indagati.

9/4434-A/22. Rota, Palagiano, Paladini.

 

La Camera,

premesso che:

il provvedimento in esame ha l'obiettivo di combattere, prevenendole e reprimendole, la corruzione e l'illegalità nella pubblica amministrazione;

il testo affronta anche le questioni legate al conflitto di interessi e alle incompatibilità, in particolare quando quest'ultima assume le vesti del divieto a ricoprire determinati ruoli o incarichi in conseguenza di condanne per delitti contro la pubblica amministrazione, anche con sentenze non passate in giudicato, irrogate a dipendenti pubblici;

il provvedimento non affronta la questione del rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare: non introduce un meccanismo diretto e automatico tra di essi nel caso del dipendente pubblico condannato con sentenza definitiva, né la questione, pur spinosa, della difformità di trattamento tra la condanna conseguente all'applicazione della pena su richiesta e la condanna con rito ordinario irrogata ai dipendenti pubblici;

a fronte della pervasività dell'illegalità e della corruzione, è il momento di imprimere una brusca inversione di rotta per una rieducazione all'etica pubblica, che prescinda, di base, dal fatto che un comportamento sia o no penalmente rilevante o perseguibile, ma si leghi ai concetti di responsabilità, dignità, opportunità di fare o non fare qualcosa;

il Presidente della Corte dei Conti ha recentemente sottolineato che «per contribuire ad accrescere la cultura dell'integrità nella p.a. e sfidare la corruzione, un ruolo fondamentale può svolgere l'etica, vale a dire la propria, intima tensione morale del funzionario pubblico al suo corretto agire» – al «funzionario pubblico» possiamo aggiungere la condizione di ogni persona chiamata a ricoprire incarichi pubblici e di rappresentanza – e ha proseguito considerando che «i fenomeni corruttivi vanno perseguiti con rigore perché incidono con conseguenze profondamente negative sulla Comunità, non solo in termini di lesione del principio della concorrenza, con effetti deprimenti sul sistema economico, ma anche sotto il profilo etico-sociale. L'incremento di gravi episodi di illegalità nell'ambito delle pubbliche amministrazioni può minare la credibilità delle istituzioni pubbliche nazionali e comunitarie, favorendo il consolidarsi nella società di atteggiamenti negativi di mancanza di fiducia nel corretto funzionamento dell'ordinamento democratico»,

 

impegna il Governo

 

a valutare le iniziative, anche legislative, necessarie a rendere più incisive le procedure di sospensione dalle funzioni per i dipendenti indagati.

9/4434-A/22.(Testo modificato nel corso della seduta) Rota, Palagiano, Paladini.

 

La Camera,

premesso che:

il provvedimento in esame, nell'ambito delle disposizioni in materia di controlli negli enti locali successivamente stralciate nel corso dell'esame presso il Senato della Repubblica, individua il responsabile della prevenzione della corruzione negli enti locali nel segretario comunale, disponendo altresì che l'eventuale diversa determinazione da parte dell'ente debba essere motivata;

con ciò al segretario comunale era assegnata una funzione determinante nell'attività di prevenzione della corruzione, in quanto è chiamato a redigere il piano triennale di prevenzione e a definire le procedure appropriate per selezionare e formare i dipendenti che dovranno operare nei settori particolarmente esposti al rischio di corruzione e a vigilare affinché da questi siano svolte le attività nei settori rischiosi individuati – naturalmente conseguono sanzioni di carattere disciplinare nel caso di omissioni;

in particolare, il segretario comunale, al pari degli omologhi responsabili individuati nelle pubbliche amministrazioni tra i dirigenti amministrativi di prima fascia, risponde personalmente nel caso di commissione di reato all'interno dell'amministrazione di appartenenza, in ordine al mancato raggiungimento degli obiettivi, sul piano disciplinare, per danno erariale e per danno all'immagine della pubblica amministrazione;

 

l'attribuzione dei suddetti nuovi compiti al Segretario risulta coerente con i compiti di coordinamento dei dirigenti e di controllo sulla regolarità amministrativa, che spetta loro di diritto nei comuni sprovvisti di dirigenza o nei Comuni nei quali non si applica la distinzione tra competenze degli organi di indirizzo e organi di gestione;

 

in particolare, reso dal provvedimento strumento di garanzia e controllo della legalità – e dell'imparzialità – nelle amministrazioni locali, sembrerebbe necessario apportare alcune conseguenti modificazioni alla vigente disciplina dello status del segretario comunale e provinciale,

 

impegna il Governo

 

ad adottare, per quanto di sua competenza, le iniziative, anche legislative, finalizzate:

a) a garantire in maggior misura la posizione di indipendenza del segretario comunale;

b) a rivisitarne i compiti ed i doveri di comportamento;

c) a rivedere i criteri di nomina, al fine di ridurne l'attuale tasso di fiduciarietà.

9/4434-A/23. Piffari, Porcino, Paladini.

 

La Camera,

premesso che:

il provvedimento in esame, nell'ambito delle disposizioni in materia di controlli negli enti locali successivamente stralciate nel corso dell'esame presso il Senato della Repubblica, individua il responsabile della prevenzione della corruzione negli enti locali nel segretario comunale, disponendo altresì che l'eventuale diversa determinazione da parte dell'ente debba essere motivata;

con ciò al segretario comunale era assegnata una funzione determinante nell'attività di prevenzione della corruzione, in quanto è chiamato a redigere il piano triennale di prevenzione e a definire le procedure appropriate per selezionare e formare i dipendenti che dovranno operare nei settori particolarmente esposti al rischio di corruzione e a vigilare affinché da questi siano svolte le attività nei settori rischiosi individuati – naturalmente conseguono sanzioni di carattere disciplinare nel caso di omissioni;

in particolare, il segretario comunale, al pari degli omologhi responsabili individuati nelle pubbliche amministrazioni tra i dirigenti amministrativi di prima fascia, risponde personalmente nel caso di commissione di reato all'interno dell'amministrazione di appartenenza, in ordine al mancato raggiungimento degli obiettivi, sul piano disciplinare, per danno erariale e per danno all'immagine della pubblica amministrazione;

l'attribuzione dei suddetti nuovi compiti al Segretario risulta coerente con i compiti di coordinamento dei dirigenti e di controllo sulla regolarità amministrativa, che spetta loro di diritto nei comuni sprovvisti di dirigenza o nei Comuni nei quali non si applica la distinzione tra competenze degli organi di indirizzo e organi di gestione;

in particolare, reso dal provvedimento strumento di garanzia e controllo della legalità – e dell'imparzialità – nelle amministrazioni locali, sembrerebbe necessario apportare alcune conseguenti modificazioni alla vigente disciplina dello status del segretario comunale e provinciale,

 

impegna il Governo

 

a valutare, per quanto di sua competenza, le iniziative, anche legislative, in materia di:

a) posizione di indipendenza del segretario comunale;

b) compiti e doveri di comportamento;

c) criteri di nomina, al fine di ridurne l'attuale tasso di fiduciarietà.

9/4434-A/23.(Testo modificato nel corso della seduta) Piffari, Porcino, Paladini.

 

La Camera,

premesso che:

il provvedimento in esame ha l'obiettivo di combattere, prevenendole e reprimendole, la corruzione e l'illegalità nella pubblica amministrazione;

il nostro Paese sopporta una zavorra dell'ordine di 60 miliardi annui, a tanto ammonta il costo della nostra corruzione, che nessuna economia può reggere e che altro non è che una tassa occulta sui cittadini estranei all'accordo criminale;

il provvedimento in titolo introduce norme «minime», ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, di carattere preventivo per combattere corruzione ed illegalità nella pubblica amministrazione con riguardo alla posizione dei dipendenti pubblici – tra queste, il principio della rotazione dei dirigenti nei settori particolarmente esposti alla corruzione, la previsione dell'incompatibilità con determinati incarichi e posizioni per i dipendenti condannati, anche in via non definitiva, per delitti contro la pubblica amministrazione, una disciplina che ha l'obiettivo di scongiurare l'insorgenza di conflitti d'interesse;

il Presidente della Corte dei conti ha recentemente sottolineato che «per contribuire ad accrescere la cultura dell'integrità nella p.a. e sfidare la corruzione, un ruolo fondamentale può svolgere l'etica, vale a dire la propria, intima tensione morale del funzionario pubblico al suo corretto agire» – al «funzionario pubblico» possiamo aggiungere la condizione di ogni persona chiamata a ricoprire incarichi pubblici e di rappresentanza – e ha proseguito considerando che «I fenomeni corruttivi vanno perseguiti con rigore perché incidono con conseguenze profondamente negative sulla Comunità, non solo in termini di lesione del principio della concorrenza, con effetti deprimenti sul sistema economico, ma anche sotto il profilo etico-sociale. L'incremento di gravi episodi di illegalità nell'ambito delle pubbliche amministrazioni può minare la credibilità delle istituzioni pubbliche nazionali e comunitarie, favorendo il consolidarsi nella società di atteggiamenti negativi di mancanza di fiducia nel corretto funzionamento dell'ordinamento democratico.»;

sotto questo aspetto, il testo affronta anche le questioni legate al conflitto di interessi e alle incompatibilità dei dipendenti pubblici, in particolare quando quest'ultima assume le vesti del divieto a ricoprire determinati ruoli o incarichi in conseguenza di condanne per delitti contro la pubblica amministrazione, anche con sentenze non passate in giudicato, irrogate a dipendenti pubblici;

a fronte della pervasività dell'illegalità e della corruzione dovuta alla «malamministrazione», è il momento di imprimere una brusca inversione di rotta per una rieducazione all'etica pubblica, che prescinda, di base, dal fatto che un comportamento sia o no penalmente rilevante o perseguibile, ma si leghi ai concetti di responsabilità, dignità, opportunità di fare o non fare qualcosa,

 

impegna il Governo

 

ad adottare le iniziative, anche legislative, finalizzate all'introduzione del divieto per le pubbliche amministrazioni – nella loro accezione più larga, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n.165 del 2001 – di conferire incarichi di collaborazione o consulenza o assimilati, anche a tempo parziale o a titolo non oneroso, a coloro che sono stati condannati, con sentenza anche non definitiva, per delitti contro la pubblica amministrazione, prevedendo la decadenza immediata dall'incarico per chi lo abbia illegittimamente ricevuto e l'applicazione di sanzioni disciplinari per il soggetto che lo ha autorizzato.

9/4434-A/24. Monai, Leoluca Orlando, Paladini.

 

La Camera,

premesso che:

il provvedimento in esame ha l'obiettivo di combattere, prevenendole e reprimendole, la corruzione e l'illegalità nella pubblica amministrazione;

il nostro Paese sopporta una zavorra dell'ordine di 60 miliardi annui, a tanto ammonta il costo della nostra corruzione, che nessuna economia può reggere e che altro non è che una tassa occulta sui cittadini estranei all'accordo criminale;

il provvedimento in titolo introduce norme «minime», ad avviso dei firmatari del presente atto di indirizzo, di carattere preventivo per combattere corruzione ed illegalità nella pubblica amministrazione con riguardo alla posizione dei dipendenti pubblici – tra queste, il principio della rotazione dei dirigenti nei settori particolarmente esposti alla corruzione, la previsione dell'incompatibilità con determinati incarichi e posizioni per i dipendenti condannati, anche in via non definitiva, per delitti contro la pubblica amministrazione, una disciplina che ha l'obiettivo di scongiurare l'insorgenza di conflitti d'interesse;

il Presidente della Corte dei conti ha recentemente sottolineato che «per contribuire ad accrescere la cultura dell'integrità nella p.a. e sfidare la corruzione, un ruolo fondamentale può svolgere l'etica, vale a dire la propria, intima tensione morale del funzionario pubblico al suo corretto agire» – al «funzionario pubblico» possiamo aggiungere la condizione di ogni persona chiamata a ricoprire incarichi pubblici e di rappresentanza – e ha proseguito considerando che «I fenomeni corruttivi vanno perseguiti con rigore perché incidono con conseguenze profondamente negative sulla Comunità, non solo in termini di lesione del principio della concorrenza, con effetti deprimenti sul sistema economico, ma anche sotto il profilo etico-sociale. L'incremento di gravi episodi di illegalità nell'ambito delle pubbliche amministrazioni può minare la credibilità delle istituzioni pubbliche nazionali e comunitarie, favorendo il consolidarsi nella società di atteggiamenti negativi di mancanza di fiducia nel corretto funzionamento dell'ordinamento democratico.»;

sotto questo aspetto, il testo affronta anche le questioni legate al conflitto di interessi e alle incompatibilità dei dipendenti pubblici, in particolare quando quest'ultima assume le vesti del divieto a ricoprire determinati ruoli o incarichi in conseguenza di condanne per delitti contro la pubblica amministrazione, anche con sentenze non passate in giudicato, irrogate a dipendenti pubblici;

a fronte della pervasività dell'illegalità e della corruzione dovuta alla «malamministrazione», è il momento di imprimere una brusca inversione di rotta per una rieducazione all'etica pubblica, che prescinda, di base, dal fatto che un comportamento sia o no penalmente rilevante o perseguibile, ma si leghi ai concetti di responsabilità, dignità, opportunità di fare o non fare qualcosa,

 

impegna il Governo

 

a valutare le iniziative, anche legislative, relative all'opportunità di introdurre un divieto per le pubbliche amministrazioni – nella loro accezione più larga, ai sensi dell'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n.165 del 2001 – di conferire incarichi di collaborazione o consulenza o assimilati, anche a tempo parziale o a titolo non oneroso, a coloro che sono stati condannati, con sentenza anche non definitiva, per delitti contro la pubblica amministrazione, prevedendo la decadenza immediata dall'incarico per chi lo abbia illegittimamente ricevuto e l'applicazione di sanzioni disciplinari per il soggetto che lo ha autorizzato.

9/4434-A/24.(Testo modificato nel corso della seduta) Monai, Leoluca Orlando, Paladini.

 

La Camera,

premesso che:

il provvedimento in esame è intervenuto a modificare la vigente disciplina sul ricorso ad arbitri per la risoluzione delle controversie derivanti da concessioni, appalti, contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture;

le modifiche introdotte non intaccano la vigente possibilità di ricorso ad arbitri da parte delle pubbliche amministrazioni, bensì prevedono l'individuazione dell'arbitro tra i dirigenti pubblici, salvo che non sia possibile far ricorso a tali risorse interne, e l'indicazione dell'importo massimo spettante al dirigente pubblico per l'attività arbitrale, la cui eventuale differenza rispetto all'importo spettante agli arbitri nominati nel relativo collegio è acquisita al bilancio della pubblica amministrazione che ha indetto la gara;

le norme in commento sono state oggetto di incessanti modifiche, ultima delle quali la recente reintroduzione del ricorso all'arbitrato nelle controversie delle pubbliche amministrazioni, accompagnata dalle perplessità avanzate dalla medesima Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici;

i costi degli arbitrati sono altissimi per la pubblica amministrazione: con riguardo agli ultimi dati pubblicati dall'Autorità, riferiti al 2010, si evince che si va dai 2.933.048,47 euro spesi dall'amministrazione per i compensi dei collegi arbitrali, ai 475.869.668,44 euro, somma che riassume tutte le condanne delle stazioni appaltanti, dunque comprensiva di compensi degli arbitri (e più in generale le spese per il funzionamento del collegio), condanna nel merito, spese per consulenze tecniche etc.;

tali enormi cifre si spiegano alla luce di un altro dato essenziale: l'amministrazione pubblica soccombe nei giudizi arbitrali il 99,98 per cento delle volte, cioè secondo i giudizi degli arbitri il soggetto pubblico ha sempre torto, e al torto consegue la condanna al pagamento delle spese di funzionamento del collegio a carico del soccombente;

le ragioni dell'introduzione del divieto erano da ricercarsi nella constatazione fattuale dell'insuccesso dell'istituto dell'arbitrato, infatti l'Autorità di vigilanza aveva stimato che la percentuale di soccombenza della pubblica amministrazione, sia negli arbitrati amministrati, sia in quelli liberi, era sempre fortemente elevata così come risultava eccessivamente elevata la durata media degli arbitrati stessi;

la recente reintroduzione è stata motivata con il presupposto che i tempi veloci per la soluzione delle controversie, dovuti alle clausole compromissorie – che il testo in titolo sottopone ad autorizzazione – si traducessero in un risparmio economico,

 

impegna il Governo

 

a monitorare e a riferire in Parlamento, con cadenza almeno semestrale, sull'impatto economico-finanziario delle modifiche introdotte dal testo in esame in materia di arbitrati.

9/4434-A/25. Favia, Di Pietro, Paladini.

 

La Camera,

premesso che:

il provvedimento in esame è intervenuto a modificare la vigente disciplina sul ricorso ad arbitri per la risoluzione delle controversie derivanti da concessioni, appalti, contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture;

le modifiche introdotte non intaccano la vigente possibilità di ricorso ad arbitri da parte delle pubbliche amministrazioni, bensì prevedono l'individuazione dell'arbitro tra i dirigenti pubblici, salvo che non sia possibile far ricorso a tali risorse interne, e l'indicazione dell'importo massimo spettante al dirigente pubblico per l'attività arbitrale, la cui eventuale differenza rispetto all'importo spettante agli arbitri nominati nel relativo collegio è acquisita al bilancio della pubblica amministrazione che ha indetto la gara;

le norme in commento sono state oggetto di incessanti modifiche, ultima delle quali la recente reintroduzione del ricorso all'arbitrato nelle controversie delle pubbliche amministrazioni, accompagnata dalle perplessità avanzate dalla medesima Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici;

i costi degli arbitrati sono altissimi per la pubblica amministrazione: con riguardo agli ultimi dati pubblicati dall'Autorità, riferiti al 2010, si evince che si va dai 2.933.048,47 euro spesi dall'amministrazione per i compensi dei collegi arbitrali, ai 475.869.668,44 euro, somma che riassume tutte le condanne delle stazioni appaltanti, dunque comprensiva di compensi degli arbitri (e più in generale le spese per il funzionamento del collegio), condanna nel merito, spese per consulenze tecniche etc.;

tali enormi cifre si spiegano alla luce di un altro dato essenziale: l'amministrazione pubblica soccombe nei giudizi arbitrali il 99,98 per cento delle volte, cioè secondo i giudizi degli arbitri il soggetto pubblico ha sempre torto, e al torto consegue la condanna al pagamento delle spese di funzionamento del collegio a carico del soccombente;

le ragioni dell'introduzione del divieto erano da ricercarsi nella constatazione fattuale dell'insuccesso dell'istituto dell'arbitrato, infatti l'Autorità di vigilanza aveva stimato che la percentuale di soccombenza della pubblica amministrazione, sia negli arbitrati amministrati, sia in quelli liberi, era sempre fortemente elevata così come risultava eccessivamente elevata la durata media degli arbitrati stessi;

la recente reintroduzione è stata motivata con il presupposto che i tempi veloci per la soluzione delle controversie, dovuti alle clausole compromissorie – che il testo in titolo sottopone ad autorizzazione – si traducessero in un risparmio economico,

 

impegna il Governo

 

a monitorare e a riferire in Parlamento, con cadenza almeno annuale, sull'impatto economico-finanziario delle modifiche introdotte dal testo in esame in materia di arbitrati.

9/4434-A/25.(Testo modificato nel corso della seduta) Favia, Di Pietro, Paladini.

 

La Camera,

premesso che:

il provvedimento in esame ha l'obiettivo di combattere, prevenendole e reprimendole, la corruzione e l'illegalità nella pubblica amministrazione;

il nostro Paese sopporta una zavorra dell'ordine di 60 miliardi annui, a tanto ammonta il costo della nostra corruzione, che nessuna economia può reggere e che altro non è che una tassa occulta sui cittadini estranei all'accordo criminale;

di fronte a tale contesto, è il momento di imprimere una brusca inversione di rotta per una rieducazione all'etica pubblica, che prescinda, di base, dal fatto che un comportamento sia o no penalmente rilevante o perseguibile, ma si leghi ai concetti di responsabilità, dignità, opportunità di fare o non fare qualcosa;

la lotta alla corruzione, in particolare quando intesa quale lotta alla «malamministrazione», svolge un ruolo chiave per l'economia di un Paese, in quanto consente di liberare energie vitali compresse, che possono aiutare lo sviluppo dei mercati, e favorisce situazioni di emersione delle attività economiche che giovano al sistema generale della fiscalità;

è da ritenere, stando anche ai dati di altri Paesi, fortemente efficace nella lotta alla corruzione e all'illegalità un sistema di tutela marcatamente preventivo, severissimo sui controlli di tutti i fattori in gioco: le pubbliche amministrazioni costituiscono, nel loro insieme, un grande motore per tutte le imprese del Paese, in particolare per quelle piccole e medie, ma ciò deve essere accompagnato, a fini preventivi, da una rigorosa selezione degli operatori economici;

i princìpi della trasparenza, della correttezza dell'agire, dell'affidabilità dell'imprenditore e dell'impresa, la lotta alla concorrenza sleale determinata dalle imprese e dagli imprenditori che agiscono nell'illegalità, debbono guidare le pubbliche amministrazioni nella scelta del soggetto privato cui affidare l'esecuzione di lavori, servizi o forniture,

 

impegna il Governo

 

per quanto di sua competenza, ad assumere iniziative, anche legislative, finalizzate ad introdurre la risoluzione automatica del contratto di appalto in seguito all'accertamento, anche in corso d'opera con riguardo all'incarico ricevuto, di responsabilità dell'impresa per reati di corruzione e altri gravi reati, nonché ad introdurre, quale sanzione, la previsione dell'incapacità a contrattare con la pubblica amministrazione.

9/4434-A/26. Palagiano, Piffari, Paladini.

 

La Camera,

premesso che:

il provvedimento in esame ha l'obiettivo di combattere, prevenendole e reprimendole, la corruzione e l'illegalità nella pubblica amministrazione;

il nostro Paese sopporta una zavorra dell'ordine di 60 miliardi annui, a tanto ammonta il costo della nostra corruzione, che nessuna economia può reggere e che altro non è che una tassa occulta sui cittadini estranei all'accordo criminale;

di fronte a tale contesto, è il momento di imprimere una brusca inversione di rotta per una rieducazione all'etica pubblica, che prescinda, di base, dal fatto che un comportamento sia o no penalmente rilevante o perseguibile, ma si leghi ai concetti di responsabilità, dignità, opportunità di fare o non fare qualcosa;

la lotta alla corruzione, in particolare quando intesa quale lotta alla «malamministrazione», svolge un ruolo chiave per l'economia di un Paese, in quanto consente di liberare energie vitali compresse, che possono aiutare lo sviluppo dei mercati, e favorisce situazioni di emersione delle attività economiche che giovano al sistema generale della fiscalità;

è da ritenere, stando anche ai dati di altri Paesi, fortemente efficace nella lotta alla corruzione e all'illegalità un sistema di tutela marcatamente preventivo, severissimo sui controlli di tutti i fattori in gioco: le pubbliche amministrazioni costituiscono, nel loro insieme, un grande motore per tutte le imprese del Paese, in particolare per quelle piccole e medie, ma ciò deve essere accompagnato, a fini preventivi, da una rigorosa selezione degli operatori economici;

i princìpi della trasparenza, della correttezza dell'agire, dell'affidabilità dell'imprenditore e dell'impresa, la lotta alla concorrenza sleale determinata dalle imprese e dagli imprenditori che agiscono nell'illegalità, debbono guidare le pubbliche amministrazioni nella scelta del soggetto privato cui affidare l'esecuzione di lavori, servizi o forniture,

 

impegna il Governo

 

per quanto di competenza, a valutare iniziative, anche legislative, finalizzate a stabilire le conseguenze sul contratto di appalto e sulla capacità di contrattare con la pubblica amministrazione derivanti dall'accertamento, anche in corso d'opera con riguardo all'incarico ricevuto, di responsabilità dell'impresa per reati di corruzione e altri gravi reati.

9/4434-A/26.(Testo modificato nel corso della seduta) Palagiano, Piffari, Paladini.

 

La Camera,

premesso che:

la corruzione costa ai cittadini tra i 50 e i 60 miliardi di euro. È una tassa occulta, che trasforma risorse pubbliche, destinate a servizi e opere, a noi cittadini, in profitti illeciti. È una zavorra ancora più insopportabile in una fase di crisi economica e di tagli alla spesa dello Stato;

secondo l'ultimo rapporto di «Transparency International», il nostro Paese è al 67o posto per trasparenza nelle decisioni pubbliche. L'intero valore dei beni sequestrati e confiscati alla mafia negli ultimi due anni (18 miliardi) non basta a coprire neppure un quinto di ciò è stato contemporaneamente sottratto ai cittadini come costo della corruzione;

secondo il rapporto 2010, sono ai primi posti della classifica molti paesi europei, tra cui Romania, Bulgaria, Grecia, Italia, che scavalcano paesi africani come il Ruanda e il Ghana. Lo scorso anno la Corte dei conti ha stimato in 60 miliardi di euro (+30 per cento in più rispetto al 2009) il costo della corruzione in Italia. Inoltre, uno studio realizzato dalla Banca d'Italia, presentato alla Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno delle mafie, ha evidenziato come la presenza mafiosa in quattro regioni (Sicilia, Calabria, Campania e Puglia) abbia prodotto un ritardo, in termini di mancato sviluppo economico, pari al 15 per cento del Prodotto interno lordo;

nelle quattro regioni ad alta densità mafiosa le indagini relative alle diverse attività processuali mettono in luce il forte condizionamento della pubblica amministrazione, concentrato soprattutto negli appalti pubblici, nella gestione dei finanziamenti comunitari, nello smaltimento dei rifiuti e nel settore sanitario. Un condizionamento che spiega il nesso tra corruzione e criminalità organizzata e il consolidamento del rapporto tra mafia, affari e politica. Lo studio della Banca d'Italia parla di rischio infiltrazione mafiosa in territori «non tradizionali», evidenziando così l'esigenza di un impegno da parte dello Stato che, oltre a contenere la «pervasività» della criminalità organizzata e a condurre un'efficace azione di contrasto, si orienti verso un'efficace azione sul piano sociale ed economico per distruggere il suo «brodo di coltura»: il sottosviluppo;

sebbene i dati sul numero di condanne (6), di denunce e di arresti per corruzione ne tratteggino un trend decrescente, almeno dal 2000 al 2007, sembra che questi stessi dati, dal 2008 in poi, abbiano fatto registrare una controtendenza e che la «qualità» della corruzione, ossia la sua pervasività ai più alti livelli istituzionali, il suo utilizzo costante da parte delle organizzazioni criminali e la sua percezione sociale siano cresciuti notevolmente;

inoltre, i dati sul Corruption Perception Index, dal 2005 al 2011, mostrano come la corruzione percepita nel settore pubblico, legata principalmente al numero di casi esistenti ma non scoperti (c.d. «numero oscuro»), sia aumentata in maniera evidente;

in quest'ottica, lo scambio corruttivo si manifesta attraverso una serie di reati (dazione o sollecitazione di tangenti, riciclaggio, traffico di influenze, peculato, malversazione, abuso di poteri, illecito arricchimento). Le convenzioni internazionali sulla corruzione cercano di punire gli intermediari della corruzione e di dare rilievo, di conseguenza, ad un rapporto trilaterale (corrotto-corruttore-intermediario) piuttosto che ad un rapporto bilaterale tradizionale;

la corruzione si sconfigge, attraverso delle leggi che facilitino il compito di chi denuncia le tangenti e, soprattutto, non lo rendano vano visti i tempi attuali della giustizia;

oggi, denunciare la corruzione è rischioso perché porta molto spesso all'isolamento e soprattutto non garantisce che i colpevoli siano realmente puniti;

ecco perché le operazioni di pulizia e le continue indagini sui casi di corruzione sembrano solo proclami elettorali o tentativi improduttivi di giustizia perché nulla hanno a che fare con una reale lotta alla corruzione e con una pena certa per i corrotti;

se i colpevoli continuano ad essere assolti (e in alcuni casi godono anche di vitalizi per le loro attività parlamentari), si diffonde tra i cittadini una sensazione di impunità che li spinge a non denunciare la corruzione e anzi a considerarla l’exploit di alcuni furbi,

 

impegna il Governo

 

a valutare ogni iniziativa normativa atta all'introduzione della figura del collaboratore di giustizia anche per i reati di corruzione, così come già avviene per quelli di mafia.

9/4434-A/27. Evangelisti, Cimadoro, Paladini.

 

La Camera,

premesso che:

il fenomeno della corruzione non è solo un atto individuale di illegalità. In molti paesi è diventato un vero e proprio sistema organizzato che interviene in molti settori della vita pubblica alterando le regole della democrazia, della trasparenza e della concorrenza, oltre a rappresentare un costo per l'economia in termini di risorse materiali, immateriali e umane;

oltre al costo diretto, ci sono dei costi indiretti e nascosti. Se l'Italia si trova sulla soglia del fallimento è anche dovuto alla corruzione dilagante, che è montata dopo mani pulite, con il picconamento costante contro la magistratura ed istituzioni della legalità;

di recente, il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione contro la corruzione, chiedendo nuove sanzioni e sollecitando gli Stati membri a fare rispettare le norme in vigore. In Europa esistono leggi contro la corruzione, ma non tutti i paesi membri le applicano. Inoltre, Germania, Austria non hanno ratificato la Convenzione penale del Consiglio d'Europa sulla corruzione, mentre la ratifica della Convenzione Ocse contro la corruzione è ignorata da Cipro, Lettonia, Lituania, Malta e Romania;

secondo le stime della Commissione europea, i costi della corruzione in Europa superano i 120 miliardi l'anno, quasi l'uno per cento del Pil. Cifre che – fanno notare gli eurodeputati – farebbero bene all'Europa, specie in tempi di crisi. «La ripresa economica degli Stati membri colpiti dalla crisi finanziaria – si legge nella Risoluzione approvata – è ostacolata proprio dalla corruzione, dall'evasione fiscale, dalla frode fiscale e da altri reati economici». «La corruzione – si legge ancora più avanti – conduce a un uso improprio dei fondi comunitari forniti dai contribuenti e causa distorsioni del mercato». Per tutte queste ragioni il Parlamento europeo chiede l'introduzione di «sanzioni da applicare uniformemente sul territorio dell'Unione» per i paesi colpevoli di non perseguire adeguatamente i casi di corruzione al loro interno;

ogni anno Transparency international, network con sede a Berlino, al quale aderiscono oltre 90 associazioni nazionali, pubblica un resoconto analitico sul cosiddetto Indice di percezione della corruzione, attribuendo a ciascun paese un voto che varia da 0 (massima corruzione) a 10 (assenza di corruzione), ottenuto mediante l'analisi incrociata dei dati forniti da esperti locali e internazionali, università e centri di studio;

secondo il rapporto 2010, sono ai primi posti della classifica molti paesi europei, tra cui Romania, Bulgaria, Grecia, Italia, che scavalcano paesi africani come il Ruanda e il Ghana. Lo scorso anno la Corte dei conti ha stimato in 60 miliardi di euro (+30 per cento rispetto al 2009) il costo della corruzione in Italia. Inoltre, uno studio realizzato dalla Banca d'Italia, presentato alla Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno delle mafie, ha evidenziato come la presenza mafiosa in quattro regioni (Sicilia, Calabria, Campania e Puglia) abbia prodotto un ritardo, in termini di mancato sviluppo economico, pari al 15 per cento del Prodotto interno lordo;

nelle quattro regioni ad alta densità mafiosa le indagini relative alle diverse attività processuali mettono in luce il forte condizionamento della pubblica amministrazione, concentrato soprattutto negli appalti pubblici, nella gestione dei finanziamenti comunitari, nello smaltimento dei rifiuti e nel settore sanitario. Un condizionamento che spiega il nesso tra corruzione e criminalità organizzata e il consolidamento del rapporto tra mafia, affari e politica. Lo studio della Banca d'Italia parla di rischio infiltrazione mafiosa in territori «non tradizionali», evidenziando così l'esigenza di un impegno da parte dello Stato che, oltre a contenere la «pervasività» della criminalità organizzata e a condurre un'efficace azione di contrasto, si orienti verso un'efficace azione sul piano sociale ed economico per distruggere il suo «brodo di coltura»: il sottosviluppo;

su questa materia la convenzione di Strasburgo del 1999 – che prevede l'introduzione nel codice penale di reati importanti come il traffico di influenze illecite (cioè la corruzione realizzata con favori e regalie, invece che con la classica mazzetta), la corruzione fra privati, l'autoriciclaggio, sarebbe importante l'introduzione nel nostro ordinamento della concreta attuazione alle norme che prevedono l'uso sociale dei beni confiscati ai corrotti, come già accade per quelli sottratti alle mafie;

sono state elaborate convenzioni internazionali e direttive europee in materia di lotta alla corruzione cui occorre che l'Italia dia concreta attuazione mediante la ratifica e/o il recepimento con propria legislazione. Tra queste ricordiamo la Convenzione penale del Consiglio d'Europa sulla corruzione, sottoscritta a Strasburgo dagli stati membri nel 1999 e la legge 25 febbraio 2008, n.34 (legge comunitaria per il 2007) che aveva delegato il Governo a dare attuazione, inter alia, alla decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato;

è quanto mai urgente che il Governo e il Parlamento riconoscano la priorità di realizzare un sistema di norme chiare, con strumenti e sanzioni efficaci in grado di contrastare al meglio il diffondersi della corruzione, un'autentica piaga economica e sociale, quali la confisca e l'uso sociale dei beni sottratti ai corrotti (introdotta dall'articolo 1, comma 220, della legge finanziaria 2007 – legge 296/2006 – che ha esteso la confisca di valori ingiustificati ai reati contro la pubblica amministrazione), l'istituzione di un'autorità anticorruzione autonoma e indipendente dall'esecutivo, dotata di reali poteri ispettivi e di controllo, e il recepimento della direttiva europea che prevede l'estensione del reato di corruzione anche ai rapporti tra privati, indispensabile in un contesto di privatizzazione della gestione di servizi pubblici attraverso la costituzione di società di diritto privato controllate e/o partecipate da istituzioni pubbliche;

diversi sono gli appelli promossi dalle associazioni Avviso Pubblico e Libera, finalizzati a rinnovare l'attenzione su un fenomeno che minaccia la credibilità e il prestigio delle istituzioni, corrode il senso civico, distorce gravemente l'economia e sottrae risorse notevoli alle comunità in un momento di particolare difficoltà per la finanza pubblica,

 

impegna il Governo

 

a valutare l'opportunità di intervenire per dare concreta attuazione ai trattati, alle convenzioni internazionali e alle direttive comunitarie in materia di lotta alla corruzione, nonché alle norme introdotte con la legge finanziaria per il 2007 e di introdurre nel nostro ordinamento disposizioni che prevedono l'uso sociale dei beni confiscati ai corrotti come già accade per quelli sottratti alle mafie.

9/4434-A/28. Mura, Zazzera, Paladini.

 

La Camera,

premesso che:

soltanto di recente, anche a seguito della profonda crisi che coinvolge le più avanzate economie mondiali, la lotta alla corruzione è diventata una priorità nelle agende politiche internazionali;

è noto, infatti, che la corruzione, minando alla radice la fiducia dei mercati e delle imprese, determina tra i suoi effetti una perdita di competitività per i Paesi interessati. I mercati corrotti non attraggono flussi di capitali e sono conseguentemente caratterizzati da dinamiche di bassa crescita;

se non combattuta adeguatamente, la corruzione produce quindi costi enormi, destabilizzando le regole dello stato di diritto e del libero mercato, veri pilastri delle democrazie moderne. Inoltre, la corruzione spesso facilita le attività criminali, come il traffico di droga ed il riciclaggio e alimenta il crimine transnazionale e i conflitti socio-politici che minacciano la sicurezza regionale e globale;

non meraviglia pertanto che i Paesi del G8, nel corso del Summit de l'Aquila (luglio 2009), abbiamo posto all'ordine del giorno la necessità dell'adozione di efficaci politiche di contrasto per limitare gli effetti negativi generati dalla corruzione sulle economie mondiali;

sempre a L'Aquila, i Paesi del G8 hanno poi espressamente riconosciuto come le politiche di prevenzione della corruzione rappresentino uno dei principali parametri per misurare l'efficacia delle azioni di contrasto al fenomeno da parte delle moderne democrazie. In sintesi, la lotta alla corruzione non può fondarsi soltanto o prevalentemente su misure repressive ma deve fare perno anche e soprattutto su efficaci azioni di prevenzione. Si è a tal fine convenuto che il cd. «2009 Accountability Report», rapporto sullo stato dell'arte dei paesi G8 in materia di lotta alla corruzione, includesse un approfondimento proprio sulle misure preventive anticorruzione adottate da ciascun paese membro;

l'importante political statement del G8 in materia di lotta alla corruzione conferma come l'azione di contrasto alla corruzione abbia ormai trasceso gli ambiti nazionali per assumere una dimensione internazionale, o meglio, transnazionale;

efficaci politiche di contrasto alla corruzione devono quindi necessariamente combinare la prevenzione con la repressione e la cooperazione internazionale;

quanto all'impegno italiano nel settore, vanno qui richiamati i principali fora internazionali che vedono l'attiva presenza del nostro Paese: il GRECO e il WGB che, come detto, rappresentano i due più importanti meccanismi di lotta alla corruzione istituiti presso altrettante organizzazioni internazionali. Inoltre, dopo la citata legge di ratifica del 3 agosto 2009 n.116, l'Italia partecipa con full status ai lavori della Conferenza degli Stati Parte della Convenzione ONU contro la corruzione;

va subito detto come la partecipazione del nostro Paese a queste importanti iniziative non riveste un carattere meramente formale ma comporta il preciso impegno ad assumere concrete iniziative per contrastare la corruzione:

in Europa esistono leggi contro la corruzione, ma non tutti i Paesi membri le applicano. Inoltre, Germania, Austria e Italia non hanno ratificato la Convenzione penale del Consiglio d'Europa sulla corruzione, mentre la ratifica della Convenzione Ocse contro la corruzione è ignorata da Cipro, Lettonia, Lituania, Malta e Romania;

su questa materia la convenzione di Strasburgo del 1999 – che prevede l'introduzione nel codice penale di reati importanti come il traffico di influenze illecite (cioè la corruzione realizzata con favori e regalie, invece che con la classica mazzetta), la corruzione fra privati, l'autoriciclaggio –, sarebbe importante l'adozione di misure quali l'allontanamento obbligatorio automatico e definitivo dagli enti pubblici (Parlamento compreso) per chi è stato condannato per reati contro la pubblica amministrazione, la previsione di un risarcimento dei danni alla P.A. in caso di imperizia (o colpa grave) anche solo se conclamato in sede civile,

 

impegna il Governo

 

a valutare l'opportunità di adottare ogni iniziativa anche normativa atta a modificare gli articoli 28 e 29 del codice penale, per allontanare definitivamente dai pubblici uffici quanti siano stati condannati in via definitiva per peculato, malversazione, concussione, corruzione, turbativa degli appalti, frode nelle pubbliche forniture, usura e traffico illecito di rifiuti.

9/4434-A/29. Aniello Formisano, Rota, Paladini.

 

La Camera,

premesso che:

soltanto di recente, anche a seguito della profonda crisi che coinvolge le più avanzate economie mondiali, la lotta alla corruzione è diventata una priorità nelle agende politiche internazionali;

è noto, infatti, che la corruzione, minando alla radice la fiducia dei mercati e delle imprese, determina tra i suoi effetti una perdita di competitività per i Paesi interessati. I mercati corrotti non attraggono flussi di capitali e sono conseguentemente caratterizzati da dinamiche di bassa crescita;

se non combattuta adeguatamente, la corruzione produce quindi costi enormi, destabilizzando le regole dello stato di diritto e del libero mercato, veri pilastri delle democrazie moderne. Inoltre, la corruzione spesso facilita le attività criminali, come il traffico di droga ed il riciclaggio e alimenta il crimine transnazionale e i conflitti socio-politici che minacciano la sicurezza regionale e globale;

il dibattito circa l'utilità e l'attualità dei presidi che il nostro ordinamento pone a tutela e prevenzione del riciclaggio di denaro sporco è sempre vivo;

il riciclaggio rappresenta una vera e propria necessità per le organizzazioni mafiose. Mediante l'immissione nel circuito ordinario del denaro proveniente dall'attività delittuosa, lo ripuliscono e lo rendono spendibile;

trattandosi poi di profitto illecito, proveniente da facili guadagni e destinato tuttavia ad essere necessariamente investito in attività legali e paralegali, esso, in mancanza di un normale costo di produzione, non teme concorrenza e finisce per alterare le regole di mercato ed il regime della libera concorrenza;

come per ogni reato, anche per l'immissione nel circuito dell'economia legale di ricchezze illecitamente accumulate ci si deve misurare, più che con coloro che ne sono rei o partecipi, con le valutazioni sulla giustezza della pena, sull'efficacia dei mezzi di repressione, delle strategie di contrasto, delle risorse a vario titolo messe in campo;

è vero, poi, che le esigenze di «prevenzione» debbano prevalere su quelle repressive, perché a far prima si spende indubbiamente meno e si conseguono tendenzialmente più risultati;

le tre direttive comunitarie sulla prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio riprendono, ovviamente, la gran parte dei principi enunciati in sede internazionale, e li modellano sugli ordinamenti europei;

il corpus normativo attuale è costituito da numerosi provvedimenti susseguitisi nel tempo anche in ragione delle dette disposizioni di derivazione comunitaria. Da ultima, la direttiva n.2005/60/CE del 26 ottobre 2005 (la cosiddetta III direttiva antiriciclaggio e contro il finanziamento del terrorismo), modificata dalla direttiva n.2008/20/CE dell'11 marzo 2008, recepita in Italia dal decreto legislativo 22 giugno 2007, n.109 (contro il finanziamento del terrorismo) e dal decreto legislativo 21 novembre 2007, n.231 (antiriciclaggio);

il decreto legislativo n.231 del 2007 ha il merito di aver introdotto, oltre all'adempimento dell'adeguata verifica (di natura più ampia rispetto a quello di identificazione), i principi di «collaborazione attiva» e di «risk based approach», i quali richiedono un maggiore sforzo di responsabilità ai destinatari della normativa. Questi principi, fra l'altro, permeano anche il decreto legislativo n.109 del 2007 con cui si cerca di contrastare in modo sempre più efficace il finanziamento del terrorismo;

il decreto n.231 del 2007, nei quasi tre anni di vigenza, ha conosciuto diverse modifiche e integrazioni. Fra le più recenti e significative ricordiamo quelle apportate dal decreto legislativo n.151 del settembre 2009. Con questo decreto il legislatore è intervenuto sui compiti e sui poteri dell'Unità di informazione finanziaria. Grande sensibilità il legislatore ha mostrato anche nei confronti delle succursali e filiazioni degli intermediari situate in Stati extracomunitari; ciò, probabilmente, anche in ragione della crescente attenzione che stanno attirando su di sé i «paradisi fiscali». Nuovi adempimenti sono stati previsti per la figura del cosiddetto «titolare effettivo» del rapporto o dell'operazione. Si è poi modificata anche la definizione di «operazione frazionata», rendendone più difficile la concretizzazione ai fini di dissimulare transazioni finanziarie più consistenti;

altro intervento di spessore, questo ad integrazione del citato decreto n.231, è il provvedimento sulla tenuta dell'Archivio unico informatico emanato dalla Banca d'Italia con delibera n.895 del 23 dicembre 2009. Il provvedimento mira a fornire le prescrizioni operative cui i destinatari devono attenersi nell'effettuazione del delicato adempimento della registrazione;

nel corso del 2010, poi, sono stati pubblicati gli indicatori di anomalia per i professionisti e per gli intermediari finanziari. Il primo dei due provvedimenti (indicatori per i professionisti) è stato emanato il 16 aprile 2010 con decreto del Ministro della giustizia; il secondo (indici per gli intermediari), invece, è stato emanato con delibera della Banca d'Italia del 24 agosto 2010. Con tali interventi normativi (cd. «di secondo livello») si mira a fornire dei veri e propri «indici spia» che gli obbligati possono considerare nell'individuazione di operazioni sospette, cioè a rischio riciclaggio;

fra le novità più recenti in tema di prevenzione del riciclaggio non può dimenticarsi il decreto-legge n.78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n.122 (cd. «manovra d'estate»), con il quale, fra l'altro, è stata riportata ad euro 5.000 la soglia limite per l'utilizzo del contante e dei titoli al portatore;

molti, come si vede, sono gli interventi che nel corso del tempo si sono succeduti per integrare, modificare o soltanto chiarire le disposizioni del decreto legislativo n.231 del 2007;

in questo senso, già nel 2007, con l'istituzione di una Commissione ad hoc presso il Ministero dell'economia e delle finanze, si è cercato di sistematizzare la materia grazie alla redazione di un testo unico antiriciclaggio;

la Commissione, però, non è riuscita, causa la fine anticipata della precedente legislatura, a completare l'articolato, comunque consegnato in versione provvisoria ai competenti uffici del Dicastero;

la complessità della materia ed il numero elevato di soggetti interessati (non ci si riferisce solo ai destinatari del decreto n.231, ma anche alle istituzioni ed alle autorità coinvolte) suggerirebbero di tornare sul progetto;

altro aspetto rilevantissimo dell'azione di contrasto al riciclaggio è quello che riguarda le norme penalistiche di repressione di tale fenomeno, nonché le problematiche legate alla introduzione nell'ordinamento della fattispecie dell'autoriciclaggio;

l'ordinamento prevede il reato di riciclaggio all'articolo 648-bis codice penale, la cui attuale formulazione è il risultato di un travagliato iter legislativo. Nella prima versione prevista dal decreto-legge 21 marzo 1978, n.59, il testo non riportava la dizione propria di «riciclaggio» ma quella di «sostituzione di danaro o valori provenienti da rapina aggravata, estorsione aggravata, sequestro di persona a scopo di estorsione». In questa prima formulazione, la norma prevedeva espressamente un numerus clausus di reati presupposto senza la commissione dei quali il reato base non poteva essere commesso. Si sottolinea come già in questa prima versione la norma prevedesse la clausola di riserva «fuori dai casi di concorso nel reato» in modo da escludere la fattispecie di autoriciclaggio e, quindi, per evitare che i soggetti attivi dei reati presupposto rispondessero altresì per il reato base (ove la loro condotta avesse integrato anche tale ultima fattispecie);

con la legge 19 marzo 1990, n.55, il legislatore modificava l'originaria formulazione della fattispecie di riciclaggio. Per la prima volta il delitto in parola veniva rubricato con il termine di riciclaggio e veniva inserita nell'ordinamento la figura del reato di «impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita» all'articolo 648-ter del codice penale. La modifica del 1990 comportò anche l'allargamento delle fattispecie di reato previste quali reati presupposti;

l'attuale formulazione dell'articolo 648-bis del codice penale è stata introdotta dalla legge 9 agosto 1993, n.328. La formulazione del reato di riciclaggio prevede ora l'ampliamento delle condotte che possono integrarlo («sostituzione», «trasferimento» e «altre operazioni») sempre che le stesse siano tali da ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa dei beni. Altra modifica rilevante riguarda l'eliminazione dell'elenco dei reati presupposto dai cui proventi può scaturire l'attività di riciclaggio. Al momento, infatti, sono reati-presupposto tutti i delitti non colposi. Resta, invece, la clausola di riserva «fuori dai casi di concorso nel reato» garantendo così, il cd. «privilegio di autoriciclaggio»;

allo stato attuale della legislazione l'autore del reato presupposto non può però essere punito anche per il riciclaggio;

non v’è chi non veda quanto illogica e foriera di gravi conseguenze sia sul piano pratico e della lotta alle mafie simile esclusione di sanzionabilità, tanto più se si considera che un conto è l'impiego nei consumi ordinari delle somme provenienti dal reato, altro è il sistematico ricorso a pratiche od operazioni finanziarie finalizzate ad ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa dei capitali. Trattasi all'evidenza di un quid pluris bisognevole di punizione, senza timore alcuno di incorrere in una duplicità di sanzione per un preteso post factum non punibile;

la positiva esperienza di altri Paesi, richiamata anche nel 2005 dal Fondo Monetario Internazionale, suggerirebbe pertanto di allineare la nozione penale a quella amministrativa, introducendo anche nel nostro ordinamento penale il reato di «autoriciclaggio»;

il numero delle segnalazioni di operazioni sospette è passato da 840 nel 1997 a oltre 37.000 nel 2010, tutte provenienti da intermediari finanziari. Ancora deludente l'apporto dei liberi professionisti, che hanno inoltrato nel 2010 solo 223 segnalazioni. I provvedimenti di sospensione di operazioni sospette adottati dalla Uif sono stati ben 32. Da evidenziare anche il numero di ben 406 segnalazioni nel 2009 per operazioni sospette di finanziamento del terrorismo, passate a 274 nel 2010;

il numero delle segnalazioni trasmesse agli organi investigativi (quindi, segnalazioni che hanno avuto seguito) è passato da 101 nel 1997 a circa 23.000 nel 2010;

gli esiti ottenuti dall'attività di contrasto, dunque, non possono che essere di stimolo e di incoraggiamento affinché anche in ambito penalistico, con l'introduzione della fattispecie di autoriciclaggio, possano ingenerarsi riscontri effettivi contro la criminalità;

a complemento delle indagini in questo ambito, l'utilità della cosiddetta «Anagrafe dei rapporti» si è rivelata strategica. La possibilità, sia per le forze dell'ordine che per i magistrati, di conoscere in tempo reale la collocazione fisica dei rapporti finanziari dei soggetti investigati ha evitato l'affastellarsi di richieste cartacee agli istituti di credito, con notevole risparmio di costi ed impegno in termini di uomini e mezzi;

da ultimo deve essere segnalato che un notevole incremento di reati informatici deve preoccupare per la facilità con la quale la criminalità organizzata ha avuto (ed ha) di utilizzare il canale internet per il cosiddetto «cyber laundering», il riciclaggio informatico, così come per le svariate casistiche di frodi informatiche, perpetrate a seguito di furti d'identità o di estremi di conti bancari e carte di credito;

su tutta questa complessa materia è senza dubbio auspicabile la revisione del meccanismo sanzionatorio previsto dal decreto legislativo n.231 del 2007, ad oggi considerato troppo blando per un'efficace azione di contrasto attraverso i soggetti deputati ai controlli sulle operazioni finanziarie (banche ed intermediari finanziari),

 

impegna il Governo

 

a valutare la necessità di risolvere le molteplici criticità esistenti nell'azione di contrasto al riciclaggio e quelle che riguardano le norme penalistiche di repressione di tale fenomeno, nonché le problematiche legate all'introduzione nell'ordinamento della fattispecie dell'autoriciclaggio per non lasciare l'Italia esposta a prevedibili ricadute negative sulla immagine e competitività del nostro Paese e quindi sulla sua capacità di attrarre capitali ed investimenti quanto mai importanti nell'attuale fase di crisi economica.

9/4434-A/30. Zazzera, Di Pietro, Paladini.

 

La Camera,

premesso che:

soltanto di recente, anche a seguito della profonda crisi che coinvolge le più avanzate economie mondiali, la lotta alla corruzione è diventata una priorità nelle agende politiche internazionali;

è noto, infatti, che la corruzione, minando alla radice la fiducia dei mercati e delle imprese, determina tra i suoi effetti una perdita di competitività per i Paesi interessati. I mercati corrotti non attraggono flussi di capitali e sono conseguentemente caratterizzati da dinamiche di bassa crescita;

se non combattuta adeguatamente, la corruzione produce quindi costi enormi, destabilizzando le regole dello stato di diritto e del libero mercato, veri pilastri delle democrazie moderne. Inoltre, la corruzione spesso facilita le attività criminali, come il traffico di droga ed il riciclaggio e alimenta il crimine transnazionale e i conflitti socio-politici che minacciano la sicurezza regionale e globale;

non meraviglia pertanto che i Paesi del G8, nel corso del Summit de l'Aquila (luglio 2009), abbiamo posto all'ordine del giorno la necessità dell'adozione di efficaci politiche di contrasto per limitare gli effetti negativi generati dalla corruzione sulle economie mondiali;

il dibattito circa l'utilità e l'attualità dei presidi che il nostro ordinamento pone a tutela e prevenzione del riciclaggio di denaro sporco è sempre vivo;

il riciclaggio rappresenta una vera e propria necessità per le organizzazioni mafiose. Mediante l'immissione nel circuito ordinario del denaro proveniente dall'attività delittuosa, lo ripuliscono e lo rendono spendibile;

trattandosi poi di profitto illecito, proveniente da facili guadagni e destinato tuttavia ad essere necessariamente investito in attività legali e paralegali, esso, in mancanza di un normale costo di produzione, non teme concorrenza e finisce per alterare le regole di mercato ed il regime della libera concorrenza;

come per ogni reato, anche per l'immissione nel circuito dell'economia legale di ricchezze illecitamente accumulate ci si deve misurare, più che con coloro che ne sono rei o partecipi, con le valutazioni sulla giustezza della pena, sull'efficacia dei mezzi di repressione, delle strategie di contrasto, delle risorse a vario titolo messe in campo;

è vero, poi, che le esigenze di «prevenzione» debbano prevalere su quelle repressive, perché a far prima si spende indubbiamente meno e si conseguono tendenzialmente più risultati;

le tre direttive comunitarie sulla prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio riprendono, ovviamente, la gran parte dei principi enunciati in sede internazionale, e li modellano sugli ordinamenti europei;

il corpus normativo attuale è costituito da numerosi provvedimenti susseguitisi nel tempo anche in ragione delle dette disposizioni di derivazione comunitaria. Da ultima, la direttiva n.2005/60/CE del 26 ottobre 2005 (la cosiddetta III direttiva antiriciclaggio e contro il finanziamento del terrorismo), modificata dalla direttiva n.2008/20/CE dell'11 marzo 2008, recepita in Italia dal decreto legislativo 22 giugno 2007, n.109 (contro il finanziamento del terrorismo) e dal decreto legislativo 21 novembre 2007, n.231 (antiriciclaggio) («Attuazione della direttiva 2005/60/CE concernente la prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo nonché della direttiva 2006/70/CE che ne reca misure di esecuzione»);

il decreto legislativo n.231 del 2007 ha il merito di aver introdotto, oltre all'adempimento dell'adeguata verifica (di natura più ampia rispetto a quello di identificazione), i principi di «collaborazione attiva» e di «risk based approach», i quali richiedono un maggiore sforzo di responsabilità ai destinatari della normativa. Questi principi, fra l'altro, permeano anche il decreto legislativo n.109 del 2007 con cui si cerca di contrastare in modo sempre più efficace il finanziamento del terrorismo;

il decreto n.231 del 2007, nei quasi tre anni di vigenza, ha conosciuto diverse modifiche e integrazioni. Fra le più recenti e significative ricordiamo quelle apportate dal decreto legislativo n.151 del settembre 2009. Con questo decreto il legislatore è intervenuto sui compiti e sui poteri dell'Unità di informazione finanziaria. Grande sensibilità il legislatore ha mostrato anche nei confronti delle succursali e filiazioni degli intermediari situate in Stati extracomunitari; ciò, probabilmente, anche in ragione della crescente attenzione che stanno attirando su di sé i «paradisi fiscali». Nuovi adempimenti sono stati previsti per la figura del cosiddetto «titolare effettivo» del rapporto o dell'operazione. Si è poi modificata anche la definizione di «operazione frazionata», rendendone più difficile la concretizzazione ai fini di dissimulare transazioni finanziarie più consistenti;

altro intervento di spessore, questo ad integrazione del citato decreto n.231, è il provvedimento sulla tenuta dell'Archivio unico informatico emanato dalla Banca d'Italia con delibera n.895 del 23 dicembre 2009. Il provvedimento mira a fornire le prescrizioni operative cui i destinatari devono attenersi nell'effettuazione del delicato adempimento della registrazione;

nel corso del 2010, poi, sono stati pubblicati gli indicatori di anomalia per i professionisti e per gli intermediari finanziari. Il primo dei due provvedimenti (indicatori per i professionisti) è stato emanato il 16 aprile 2010 con decreto del Ministro della giustizia; il secondo (indici per gli intermediari), invece, è stato emanato con delibera della Banca d'Italia del 24 agosto 2010. Con tali interventi normativi (cd. «di secondo livello») si mira a fornire dei veri e propri «indici spia» che gli obbligati possono considerare nell'individuazione di operazioni sospette, cioè a rischio riciclaggio;

fra le novità più recenti in tema di prevenzione del riciclaggio non può dimenticarsi il decreto-legge n.78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n.122 (cd. «manovra d'estate»), con il quale, fra l'altro, è stata riportata ad euro 5.000 la soglia limite per l'utilizzo del contante e dei titoli al portatore;

molti, come si vede, sono gli interventi che nel corso del tempo si sono succeduti per integrare, modificare o soltanto chiarire le disposizioni del decreto legislativo n.231 del 2007;

in questo senso, già nel 2007, con l'istituzione di una Commissione ad hoc presso il Ministero dell'economia e delle finanze, si è cercato di sistematizzare la materia grazie alla redazione di un testo unico antiriciclaggio;

la Commissione, però, non è riuscita, causa la fine anticipata della precedente legislatura, a completare l'articolato, comunque consegnato in versione provvisoria ai competenti uffici del Dicastero;

la complessità della materia ed il numero elevato di soggetti interessati (non ci si riferisce solo ai destinatari del decreto n.231, ma anche alle istituzioni ed alle autorità coinvolte) suggerirebbero di tornare sul progetto;

altro aspetto rilevantissimo dell'azione di contrasto al riciclaggio è quello che riguarda le norme penalistiche di repressione di tale fenomeno, nonché le problematiche legate alla introduzione nell'ordinamento della fattispecie dell'autoriciclaggio;

l'ordinamento prevede il reato di riciclaggio all'articolo 648-bis codice penale, la cui attuale formulazione è il risultato di un travagliato iter legislativo. Nella prima versione prevista dal decreto-legge 21 marzo 1978, n.59, il testo non riportava la dizione propria di «riciclaggio» ma quella di «sostituzione di danaro o valori provenienti da rapina aggravata, estorsione aggravata, sequestro di persona a scopo di estorsione». In questa prima formulazione, la norma prevedeva espressamente un numerus clausus di reati presupposto senza la commissione dei quali il reato base non poteva essere commesso. Si sottolinea come già in questa prima versione la norma prevedesse la clausola di riserva «fuori dai casi di concorso nel reato» in modo da escludere la fattispecie di autoriciclaggio e, quindi, per evitare che i soggetti attivi dei reati presupposto rispondessero altresì per il reato base (ove la loro condotta avesse integrato anche tale ultima fattispecie);

con la legge 19 marzo 1990, n.55, il legislatore modificava l'originaria formulazione della fattispecie di riciclaggio. Per la prima volta il delitto in parola veniva rubricato con il termine di riciclaggio e veniva inserita nell'ordinamento la figura del reato di «impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita» all'articolo 648-ter del codice penale. La modifica del 1990 comportò anche l'allargamento delle fattispecie di reato previste quali reati presupposti;

l'attuale formulazione dell'articolo 648-bis del codice penale è stata introdotta dalla legge 9 agosto 1993, n.328. La formulazione del reato di riciclaggio prevede ora l'ampliamento delle condotte che possono integrarlo («sostituzione», «trasferimento» e «altre operazioni») sempre che le stesse siano tali da ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa dei beni. Altra modifica rilevante riguarda l'eliminazione dell'elenco dei reati presupposto dai cui proventi può scaturire l'attività di riciclaggio. Al momento, infatti, sono reati-presupposto tutti i delitti non colposi. Resta, invece, la clausola di riserva «fuori dai casi di concorso nel reato» garantendo così, il cd. «privilegio di autoriciclaggio»;

allo stato attuale della legislazione l'autore del reato presupposto non può però essere punito anche per il riciclaggio;

non v’è chi non veda quanto illogica e foriera di gravi conseguenze sia sul piano pratico e della lotta alle mafie simile esclusione di sanzionabilità, tanto più se si considera che un conto è l'impiego nei consumi ordinari delle somme provenienti dal reato, altro è il sistematico ricorso a pratiche od operazioni finanziarie finalizzate ad ostacolare l'identificazione della provenienza delittuosa dei capitali. Trattasi all'evidenza di un quid pluris bisognevole di punizione, senza timore alcuno di incorrere in una duplicità di sanzione per un preteso post factum non punibile;

la positiva esperienza di altri Paesi, richiamata anche nel 2005 dal Fondo Monetario Internazionale, suggerirebbe pertanto di allineare la nozione penale a quella amministrativa, introducendo anche nel nostro ordinamento penale il reato di «autoriciclaggio»;

il numero delle segnalazioni di operazioni sospette è passato da 840 nel 1997 a oltre 37.000 nel 2010, tutte provenienti da intermediari finanziari. Ancora deludente l'apporto dei liberi professionisti, che hanno inoltrato nel 2010 solo 223 segnalazioni. I provvedimenti di sospensione di operazioni sospette adottati dalla Uif sono stati ben 32. Da evidenziare anche il numero di ben 406 segnalazioni nel 2009 per operazioni sospette di finanziamento del terrorismo, passate a 274 nel 2010;

il numero delle segnalazioni trasmesse agli organi investigativi (quindi, segnalazioni che hanno avuto seguito) è passato da 101 nel 1997 a circa 23.000 nel 2010;

gli esiti ottenuti dall'attività di contrasto, dunque, non possono che essere di stimolo e di incoraggiamento affinché anche in ambito penalistico, con l'introduzione della fattispecie di autoriciclaggio, possano ingenerarsi riscontri effettivi contro la criminalità;

a complemento delle indagini in questo ambito, l'utilità della cosiddetta «Anagrafe dei rapporti» si è rivelata strategica. La possibilità, sia per le forze dell'ordine che per i magistrati, di conoscere in tempo reale la collocazione fisica dei rapporti finanziari dei soggetti investigati ha evitato l'affastellarsi di richieste cartacee agli istituti di credito, con notevole risparmio di costi ed impegno in termini di uomini e mezzi;

da ultimo deve essere segnalato che un notevole incremento di reati informatici deve preoccupare per la facilità con la quale la criminalità organizzata ha avuto (ed ha) di utilizzare il canale internet per il cosiddetto «cyber laundering», il riciclaggio informatico, così come per le svariate casistiche di frodi informatiche, perpetrate a seguito di furti d'identità o di estremi di conti bancari e carte di credito;

su tutta questa complessa materia è senza dubbio auspicabile la revisione del meccanismo sanzionatorio previsto dal decreto legislativo n.231 del 2007, ad oggi considerato troppo blando per un'efficace azione di contrasto attraverso i soggetti deputati ai controlli sulle operazioni finanziarie (banche ed intermediari finanziari),

 

impegna il Governo

 

a valutare, anche tramite l'esecuzione di norme comunitarie e pattizie, ogni iniziativa normativa idonea ad assicurare la revisione del meccanismo sanzionatorio previsto dal decreto legislativo n.231 del 2007, ad oggi considerato troppo blando per un'efficace azione di contrasto attraverso i soggetti deputati ai controlli sulle operazioni finanziarie (banche ed intermediari finanziari).

9/4434-A/31. Palomba, Donadi, Paladini.

 

La Camera,

premesso che:

soltanto di recente, anche a seguito della profonda crisi che coinvolge le più avanzate economie mondiali, la lotta corruzione è diventata una priorità nelle agende politiche internazionali;

è noto, infatti, che la corruzione, minando alla radice la fiducia dei mercati e delle imprese, determina tra i suoi effetti una perdita di competitività per i Paesi interessati. I mercati corrotti non attraggono flussi di capitali e sono conseguentemente caratterizzati da dinamiche di bassa crescita. Se non combattuta adeguatamente, la corruzione produce quindi costi enormi, destabilizzando le regole dello stato di diritto e del libero mercato, veri pilastri delle democrazie moderne merita particolare attenzione il settore dei pubblici dipendenti, con particolare riferimento alla formazione specifica sui temi dell'anticorruzione, alla rotazione per le figure particolarmente esposte al rischio di corruzione (cd. rotation), alla maggiore trasparenza circa la posizione patrimoniale e gli incarichi nonché ad un effettivo sistema di responsabilità disciplinare per i dirigenti e pubblici dipendenti;

deve però rilevarsi come la proliferazione di Convenzioni imponga di aumentare la cooperazione tra le diverse organizzazioni internazionali coinvolte nella lotta contro la corruzione. Se da un lato, infatti, va ribadita la centralità di efficaci meccanismi di valutazione quali appunto il GRECO ed il WGB in termini di affidabilità, concretezza e partecipazione, bisogna dall'altro affermare con altrettanta forza la necessità di un loro adeguato coordinamento, magari attraverso la istituzione di una «cabina di regia» alla quale partecipino i rappresentati delle varie istituzioni (es. segretariato, presidenza, uffici legali) per evitare inutili duplicazioni tra i vari meccanismi anticorruzione esistenti a livello internazionale;

quello che si vuole proporre è, in buona sostanza, un coordinamento non soltanto delle attività del GRECO con quelle del WGB ma anche, in prospettiva, un coordinamento dei predetti Gruppi col meccanismo di revisione recentemente istituito in sede di Convenzione ONU contro la corruzione e con l'analogo meccanismo che presumibilmente si realizzerà in sede comunitaria;

altro discorso riguarda la concreta volontà degli Stati nella lotta alla corruzione sia domestica che internazionale. Sempre più spesso si assiste ad iniziative ad «alta visibilità» quali le adozioni di piani o strategie anti-corruzione o la firma di convenzioni internazionali di contrasto al fenomeno,

 

impegna il Governo

 

a mettere in atto le raccomandazioni rivolte all'Italia da parte degli Organismi internazionali che operano in contrasto alla corruzione e a valutare la possibilità di avviare uno studio e ogni iniziativa di competenza idonea a valutare la reale volontà politica di contrasto al fenomeno misurandola nel lungo periodo, in termini di risorse umane e finanziarie messe a disposizione per l'attuazione delle riforme.

9/4434-A/32. Di Giuseppe, Monai, Paladini.

 

La Camera,

premesso che:

soltanto di recente, anche a seguito della profonda crisi che coinvolge le più avanzate economie mondiali, la lotta corruzione è diventata una priorità nelle agende politiche internazionali;

è noto, infatti, che la corruzione, minando alla radice la fiducia dei mercati e delle imprese, determina tra i suoi effetti una perdita di competitività per i Paesi interessati. I mercati corrotti non attraggono flussi di capitali e sono conseguentemente caratterizzati da dinamiche di bassa crescita. Se non combattuta adeguatamente, la corruzione produce quindi costi enormi, destabilizzando le regole dello stato di diritto e del libero mercato, veri pilastri delle democrazie moderne merita particolare attenzione il settore dei pubblici dipendenti, con particolare riferimento alla formazione specifica sui temi dell'anticorruzione, alla rotazione per le figure particolarmente esposte al rischio di corruzione (cd. rotation), alla maggiore trasparenza circa la posizione patrimoniale e gli incarichi nonché ad un effettivo sistema di responsabilità disciplinare per i dirigenti e pubblici dipendenti;

deve però rilevarsi come la proliferazione di Convenzioni imponga di aumentare la cooperazione tra le diverse organizzazioni internazionali coinvolte nella lotta contro la corruzione. Se da un lato, infatti, va ribadita la centralità di efficaci meccanismi di valutazione quali appunto il GRECO ed il WGB in termini di affidabilità, concretezza e partecipazione, bisogna dall'altro affermare con altrettanta forza la necessità di un loro adeguato coordinamento, magari attraverso la istituzione di una «cabina di regia» alla quale partecipino i rappresentati delle varie istituzioni (es. segretariato, presidenza, uffici legali) per evitare inutili duplicazioni tra i vari meccanismi anticorruzione esistenti a livello internazionale;

quello che si vuole proporre è, in buona sostanza, un coordinamento non soltanto delle attività del GRECO con quelle del WGB ma anche, in prospettiva, un coordinamento dei predetti Gruppi col meccanismo di revisione recentemente istituito in sede di Convenzione ONU contro la corruzione e con l'analogo meccanismo che presumibilmente si realizzerà in sede comunitaria;

altro discorso riguarda la concreta volontà degli Stati nella lotta alla corruzione sia domestica che internazionale. Sempre più spesso si assiste ad iniziative ad «alta visibilità» quali le adozioni di piani o strategie anti-corruzione o la firma di convenzioni internazionali di contrasto al fenomeno,

 

impegna il Governo

 

a valutare la possibilità di avviare uno studio e ogni iniziativa di competenza idonea a valutare la reale volontà politica di contrasto al fenomeno misurandola nel lungo periodo, in termini di risorse umane e finanziarie messe a disposizione per l'attuazione delle riforme.

9/4434-A/32.(Testo modificato nel corso della seduta) Di Giuseppe, Monai, Paladini.

 

La Camera,

premesso che:

la corruzione incide sulla vita civile, politica ed economica di un Paese, oltre a essere un fenomeno di grave disvalore morale e giuridico;

i casi di corruzione, in ogni nazione, allontanano i cittadini dalla politica e creano, un pericoloso vuoto democratico;

la corruzione si sconfigge in tribunale ma anche e soprattutto con la cultura;

si sottolinea, l'importanza di creare un sistema di prevenzione e repressione dell'illegalità nella Pubblica Amministrazione;

la corruzione si sconfigge, inoltre, attraverso delle leggi che facilitino il compito di chi denuncia le tangenti e, soprattutto, non lo rendano vano visti i tempi attuali della giustizia;

oggi, denunciare la corruzione è rischioso perché porta molto spesso all'isolamento e soprattutto non garantisce che i colpevoli siano realmente puniti;

ecco perché le operazioni di pulizia e le continue indagini sui casi di corruzione sembrano solo proclami elettorali o tentativi improduttivi di giustizia perché nulla hanno a che fare con una reale lotta alla corruzione e con una pena certa per i corrotti;

se i colpevoli continuano ad essere assolti (e in alcuni casi godono anche di vitalizi per le loro attività parlamentari), si diffonde tra i cittadini una sensazione di impunità che li spinge a non denunciare la corruzione e anzi a considerarla l’exploit di alcuni furbi;

si dovrebbe ipotizzare una logica premiale, con l'intento di fare fronte ad alcune difficoltà processuali e probatorie prevedendo una speciale causa di non punibilità per il corruttore che entro tre mesi, o comunque prima dell'inizio del procedimento penale, denunci il fatto corruttivo e collabori con l'autorità giudiziaria, nonché metta a disposizione delle autorità giudiziarie una somma pari a quanto versato o ricevuto;

i vantaggi pratici e le semplificazioni probatorie sarebbero indubbi: ogni prestazione indebita che il privato effettui verso il pubblico ufficiale comporterebbe la punibilità di entrambi (salva la richiesta violenta o minacciosa da parte del pubblico ufficiale, la quale configurerebbe un'estorsione e quindi la punibilità per il solo pubblico ufficiale), senza la necessità di ulteriori indagini volte a chiarire la «posizione» dei vari soggetti;

la non punibilità garantita al corruttore pentito consentirebbe, inoltre, di spezzare quell'omertà che rende impenetrabili gli accordi corruttivi, data la consapevolezza che si sarà comunque puniti,

 

impegna il Governo

 

a valutare l'adozione di concrete iniziative legislative ispirate ad una logica premiale, prevedendo una speciale causa di non punibilità per il corruttore che comunque, prima dell'inizio del procedimento penale, denunci il fatto corruttivo e collabori con l'autorità giudiziaria, nonché metta a disposizione delle autorità giudiziarie una somma pari a quanto versato o ricevuto.

9/4434-A/33. Di Pietro, Palomba, Paladini.

 

La Camera,

premesso che:

la corruzione incide sulla vita civile, politica ed economica di un Paese, oltre a essere un fenomeno di grave disvalore morale e giuridico;

i casi di corruzione, in ogni nazione, allontanano i cittadini dalla politica e creano, un pericoloso vuoto democratico;

la corruzione si sconfigge in tribunale ma anche e soprattutto con la cultura;

si sottolinea, l'importanza di creare un sistema di prevenzione e repressione dell'illegalità nella Pubblica Amministrazione;

la corruzione si sconfigge, inoltre, attraverso delle leggi che facilitino il compito di chi denuncia le tangenti e, soprattutto, non lo rendano vano visti i tempi attuali della giustizia;

oggi, denunciare la corruzione è rischioso perché porta molto spesso all'isolamento e soprattutto non garantisce che i colpevoli siano realmente puniti;

si dovrebbe ipotizzare una logica premiale, con l'intento di fare fronte ad alcune difficoltà processuali e probatorie prevedendo una speciale causa di non punibilità per il corruttore che entro tre mesi, o comunque prima dell'inizio del procedimento penale, denunci il fatto corruttivo e collabori con l'autorità giudiziaria, nonché metta a disposizione delle autorità giudiziarie una somma pari a quanto versato o ricevuto;

i vantaggi pratici e le semplificazioni probatorie sarebbero indubbi: ogni prestazione indebita che il privato effettui verso il pubblico ufficiale comporterebbe la punibilità di entrambi (salva la richiesta violenta o minacciosa da parte del pubblico ufficiale, la quale configurerebbe un'estorsione e quindi la punibilità per il solo pubblico ufficiale), senza la necessità di ulteriori indagini volte a chiarire la «posizione» dei vari soggetti;

la riduzione di pena garantita al corruttore pentito consentirebbe, inoltre, di spezzare quell'omertà che rende impenetrabili gli accordi corruttivi, data la consapevolezza che si sarà comunque puniti,

 

impegna il Governo

 

a valutare l'adozione di concrete iniziative legislative ispirate ad una logica premiale, prevedendo una riduzione di pena per il corruttore che comunque, prima dell'inizio del procedimento penale, denunci il fatto corruttivo e collabori con l'autorità giudiziaria, nonché metta a disposizione delle autorità giudiziarie una somma pari a quanto versato o ricevuto.

9/4434-A/33.(Testo modificato nel corso della seduta) Di Pietro, Palomba, Paladini.

 

La Camera,

premesso che:

nella classifica internazionale di Transparency International sulla percezione della corruzione, da oltre un decennio l'Italia è protagonista di un costante scivolamento, arrivando con la graduatoria del 2010, resa pubblica a fine ottobre, al 67o posto, sopravanzata da Ruanda, Ghana,Tunisia, Lettonia e Namibia per la maggiore trasparenza dei loro processi decisionali nel settore pubblico;

trattasi del punteggio più basso dal 1995 – l'Italia era al 41o posto nel 2006 – che colloca l'Italia quartultima tra i paesi dell'Unione europea, e prima per deterioramento tra il 2009 e il 2010 tra i 178 considerati da Transparency;

esiste un legame diretto tra la pratica effettiva della corruzione e le sensazioni diffuse nell'insieme di osservatori privilegiati – esperti, imprenditori, ecc. – impiegato per costruire la graduatoria della corruzione nel mondo;

un sondaggio di Eurobarometro del 2009 mostra che il 17 per cento dei cittadini italiani nel corso del 2008 si è visto chiedere o offrire una tangente, contro una media europea del 9 per cento. La correlazione tra questa statistica, che misura la corruzione realmente consumata nei paesi dell'Unione europea, e l'indice di Transparency dello stesso anno è altissima, mostrando una sovrapposizione quasi perfetta: i paesi scandinavi sono in vetta alla graduatoria sulla trasparenza, in coda si trovano Bulgaria, Romania, Grecia e Italia;

il peso della corruzione sui bilanci pubblici, stimato dal procuratore generale della Corte dei conti nel febbraio 2010 intorno ai 50-60 miliardi di euro l'anno, appare sempre più insostenibile a fronte delle difficoltà della finanza pubblica, cui occorre aggiungere la rendita incamerata dai corruttori che con le loro imprese si aggiudicano appalti grazie all'assenza di competizione e di controlli (stimato dalla stessa Transparency in circa il 40-50 per cento in media del valore di opere, servizi e forniture pubbliche) e il costo sociale che discende dai «segnali» distorti che indirizzano le scelte nel mercato e nella società;laddove la corruzione è prassi abituale intacca alla radice il vincolo di fiducia che lega i cittadini alle istituzioni rappresentative, producendo un costo politico;

la corruzione, in altri termini, non scava soltanto voragini nei bilanci pubblici, ma genera un pericoloso deficit di democrazia. In termini pratici, perché va a falsare la competizione elettorale che della democrazia è il meccanismo procedurale per eccellenza, assicurando risorse addizionali e un vantaggio concorrenziale ai corruttori e corrotti, ma anche la violazione di valori democratici fondamentali quali i principi di trasparenza e uguaglianza; negli stessi anni in cui il punteggio dell'Italia, secondo l'indice di Transparency della corruzione percepita, sprofonda, le inchieste giudiziarie segnano il passo, passando dai quasi 2.000 crimini e oltre 3.000 persone denunciate degli anni ’90 alle sole 220 denunce alle forze di polizia del 2009. Ancor più drastica la riduzione delle condanne per reati di corruzione, da un massimo di oltre 1700 condanne per reati di corruzione nel 1996 si giunge alle appena 239 del 2006, con dati particolarmente rilevanti per alcune regioni (da 138 condanne nel 1996 a 5 nel 2006 in Sicilia; da 545 a 43 in Lombardia; da 19 a nessuna in Calabria);

si è pertanto allargata la forbice tra corruzione praticata e corruzione denunciata, ossia l'ammontare di reati portati a compimento con successo, rafforzando la sensazione di impunità per i suoi protagonisti;

il cuore della questione della corruzione, per l'Associazione nazionale magistrati, resta la brevità dei tempi di prescrizione dei reati: «L'aumento delle pene da un lato è positivo, ma senza una visione complessiva, con interventi settoriali la questione lascia sempre motivi di insoddisfazione. Bisognerebbe intervenire sulla normativa generale della prescrizione». Un esempio? «Se la pena aumenta da tre a sei anni la prescrizione praticamente non si allunga», ha sottolineato Sabelli,

 

impegna il Governo

 

ad adottare iniziative legislative che, considerando la brevità dei tempi di prescrizione dei reati e la settorialità dei precedenti interventi legislativi, intervengano in maniera significativa e con una visione complessiva sulla normativa generale della prescrizione.

9/4434-A/34. Paladini, Di Pietro.

 

La Camera,

premesso che:

nella classifica internazionale di Transparency International sulla percezione della corruzione, da oltre un decennio l'Italia è protagonista di un costante scivolamento, arrivando con la graduatoria del 2010, resa pubblica a fine ottobre, al 67o posto, sopravanzata da Ruanda, Ghana,Tunisia, Lettonia e Namibia per la maggiore trasparenza dei loro processi decisionali nel settore pubblico;

trattasi del punteggio più basso dal 1995 – l'Italia era al 41o posto nel 2006 – che colloca l'Italia quartultima tra i paesi dell'Unione europea, e prima per deterioramento tra il 2009 e il 2010 tra i 178 considerati da Transparency;

esiste un legame diretto tra la pratica effettiva della corruzione e le sensazioni diffuse nell'insieme di osservatori privilegiati – esperti, imprenditori, ecc. – impiegato per costruire la graduatoria della corruzione nel mondo;

un sondaggio di Eurobarometro del 2009 mostra che il 17 per cento dei cittadini italiani nel corso del 2008 si è visto chiedere o offrire una tangente, contro una media europea del 9 per cento. La correlazione tra questa statistica, che misura la corruzione realmente consumata nei paesi dell'Unione europea, e l'indice di Transparency dello stesso anno è altissima, mostrando una sovrapposizione quasi perfetta: i paesi scandinavi sono in vetta alla graduatoria sulla trasparenza, in coda si trovano Bulgaria, Romania, Grecia e Italia;

    il peso della corruzione sui bilanci pubblici, stimato dal procuratore generale della Corte dei conti nel febbraio 2010 intorno ai 50-60 miliardi di euro l'anno, appare sempre più insostenibile a fronte delle difficoltà della finanza pubblica, cui occorre aggiungere la rendita incamerata dai corruttori che con le loro imprese si aggiudicano appalti grazie all'assenza di competizione e di controlli (stimato dalla stessa Transparency in circa il 40-50 per cento in media del valore di opere, servizi e forniture pubbliche) e il costo sociale che discende dai «segnali» distorti che indirizzano le scelte nel mercato e nella società;laddove la corruzione è prassi abituale intacca alla radice il vincolo di fiducia che lega i cittadini alle istituzioni rappresentative, producendo un costo politico;

la corruzione, in altri termini, non scava soltanto voragini nei bilanci pubblici, ma genera un pericoloso deficit di democrazia. In termini pratici, perché va a falsare la competizione elettorale che della democrazia è il meccanismo procedurale per eccellenza, assicurando risorse addizionali e un vantaggio concorrenziale ai corruttori e corrotti, ma anche la violazione di valori democratici fondamentali quali i principi di trasparenza e uguaglianza; negli stessi anni in cui il punteggio dell'Italia, secondo l'indice di Transparency della corruzione percepita, sprofonda, le inchieste giudiziarie segnano il passo, passando dai quasi 2.000 crimini e oltre 3.000 persone denunciate degli anni ’90 alle sole 220 denunce alle forze di polizia del 2009. Ancor più drastica la riduzione delle condanne per reati di corruzione, da un massimo di oltre 1700 condanne per reati di corruzione nel 1996 si giunge alle appena 239 del 2006, con dati particolarmente rilevanti per alcune regioni (da 138 condanne nel 1996 a 5 nel 2006 in Sicilia; da 545 a 43 in Lombardia; da 19 a nessuna in Calabria);

si è pertanto allargata la forbice tra corruzione praticata e corruzione denunciata, ossia l'ammontare di reati portati a compimento con successo, rafforzando la sensazione di impunità per i suoi protagonisti;

il cuore della questione della corruzione, per l'Associazione nazionale magistrati, resta la brevità dei tempi di prescrizione dei reati: «L'aumento delle pene da un lato è positivo, ma senza una visione complessiva, con interventi settoriali la questione lascia sempre motivi di insoddisfazione. Bisognerebbe intervenire sulla normativa generale della prescrizione».Un esempio? «Se la pena aumenta da tre a sei anni la prescrizione praticamente non si allunga», ha sottolineato Sabelli,

 

impegna il Governo

 

a valutare iniziative legislative che, considerando la brevità dei tempi di prescrizione dei reati e la settorialità dei precedenti interventi legislativi, intervengano in maniera significativa e con una visione complessiva sulla normativa generale della prescrizione.

9/4434-A/34.(Testo modificato nel corso della seduta) Paladini, Di Pietro.

 

La Camera,

premesso che:

nella classifica internazionale di Transparency International sulla percezione della corruzione, da oltre un decennio l'Italia è protagonista di un costante scivolamento, arrivando con la graduatoria del 2010, resa pubblica a fine ottobre, al 67o posto, sopravanzata da Ruanda, Ghana,Tunisia, Lettonia e Namibia per la maggiore trasparenza dei loro processi decisionali nel settore pubblico;

trattasi del punteggio più basso dal 1995 – l'Italia era al 41o posto nel 2006 – che colloca l'Italia quart'ultima tra i paesi dell'Unione europea, e prima per deterioramento tra il 2009 e il 2010 tra i 178 considerati da Transparency;

esiste un legame diretto tra la pratica effettiva della corruzione e le sensazioni diffuse nell'insieme di osservatori privilegiati – esperti, imprenditori, ecc. – impiegato per costruire la graduatoria della corruzione nel mondo;

ad esempio, un sondaggio di Eurobarometro del 2009 mostra che il 17 per cento dei cittadini italiani nel corso del 2008 si sono visti chiedere o offrire una tangente, contro una media europea del 9 per cento. La correlazione tra questa statistica, che misura la corruzione realmente consumata nei paesi dell'Unione europea, e l'indice di Transparency dello stesso anno è altissima, mostrando una sovrapposizione quasi perfetta: i paesi scandinavi sono in vetta alla graduatoria sulla trasparenza, in coda si trovano Bulgaria, Romania, Grecia e Italia; il peso della corruzione sui bilanci pubblici, stimato dal procuratore generale della Corte dei conti nel febbraio 2010 intorno ai 50-60 miliardi di euro l'anno, appare sempre più insostenibile a fronte delle difficoltà della finanza pubblica, cui occorre aggiungere la rendita incamerata dai corruttori che con le loro imprese si aggiudicano appalti grazie all'assenza di competizione e di controlli (stimato dalla stessa Transparency in circa il 40-50 per cento in media del valore di opere, servizi e forniture pubbliche) e il costo sociale che discende dai «segnali» distorti che indirizzano le scelte nel mercato e nella società; laddove la corruzione è prassi abituale intacca alla radice il vincolo di fiducia che lega i cittadini alle istituzioni rappresentative, producendo un costo politico. La corruzione, in altri termini, non scava soltanto voragini nei bilanci pubblici, ma genera un pericoloso deficit di democrazia;

in termini pratici, perché va a falsare la competizione elettorale che della democrazia è il meccanismo procedurale per eccellenza, assicurando risorse addizionali e un vantaggio concorrenziale ai corruttori e corrotti, ma anche la violazione di valori democratici fondamentali quali i principi di trasparenza e uguaglianza;negli stessi anni in cui il punteggio dell'Italia, secondo l'indice di Transparency della corruzione percepita, sprofonda, le inchieste giudiziarie segnano il passo, passando dai quasi 2.000 crimini e oltre 3.000 persone denunciate degli anni ’90 alle sole 220 denunce alle forze di polizia del 2009. Ancor più drastica la riduzione delle condanne per reati di corruzione, da un massimo di oltre 1700 condanne per reati di corruzione nel 1996 si giunge alle appena 239 del 2006, con dati particolarmente rilevanti per alcune regioni (da 138 condanne nel 1996 a 5 nel 2006 in Sicilia; da 545 a 43 in Lombardia; da 19 a nessuna in Calabria);

si è pertanto allargata la forbice tra corruzione praticata e corruzione denunciata, ossia l'ammontare di reati portati a compimento con successo, rafforzando la sensazione di impunità per i suoi protagonisti;

è quanto mai urgente che il Governo e il Parlamento riconoscano la priorità di realizzare un sistema di norme chiare, con strumenti e sanzioni efficaci in grado di contrastare al meglio il diffondersi della corruzione, un'autentica piaga economica e sociale, quali la confisca e l'uso sociale dei beni sottratti ai corrotti (introdotta dall'articolo 1, comma 220, della legge finanziaria 2007 (legge 296/2006) che ha esteso la confisca di valori ingiustificati ai reati contro la pubblica amministrazione);

è quanto mai opportuno rinnovare l'attenzione su un fenomeno che minaccia la credibilità e il prestigio delle istituzioni,corrode il senso civico, distorce gravemente l'economia e sottrae risorse notevoli alle comunità in un momento di particolare difficoltà per la finanza pubblica attivare iniziative e momenti di sensibilizzazione al fine della formazione civile contro la corruzione;

l'articolo 6 della Convenzione ONU contro la Corruzione dal titolo «Organo o organi di prevenzione della Corruzione» dispone che «Ciascuno Stato assicura, conformemente ai principi fondamentali del proprio sistema giuridico, l'esistenza di uno o più organi, secondo quanto necessario, incaricati di prevenire la corruzione...». Il secondo comma dell'articolo 6 continua statuendo che «Ogni Stato Parte, conformemente ai principi fondamentali del proprio sistema giuridico, concede all'organo o agli organi di cui al paragrafo 1 del presente articolo, l'indipendenza necessaria a permettere loro di esercitare efficacemente le loro funzioni al riparo da ogni indebita influenza e le risorse materiali ed il personale specializzato necessari, nonché la formazione di cui tale personale può avere bisogno per esercitare le sue funzioni ...»;

due osservazioni a commento dell'articolo 6: la norma non esclude che all'interno di uno Stato ci sia più di un organo, ufficio etc. che svolga attività di prevenzione della corruzione. La norma richiede però che l'organo o gli organi che svolgano attività di prevenzione della corruzione abbiano la necessaria indipendenza e le risorse umane e finanziare per la loro attività;

una volta dato conto dell'ineffettività del sistema di tutela penale nei confronti del fenomeno della corruzione, occorre evidenziare che il punto di partenza imprescindibile per una azione di prevenzione realmente efficace dovrebbe essere dato dall'incentivazione del ruolo svolto dai servizi di controllo interno;

infatti, soltanto i controlli interni possono consentire un costante esercizio del potere di verifica dell'attività svolta all'interno delle varie amministrazione, ciò anche alla luce della disposta abolizione di ogni forma di controllo preventiva sugli atti e sull'attività,

 

impegna il Governo

 

a valutare le iniziative normative idonee a potenziare e stanziare risorse umane e finanziare per esercitare efficacemente l'attività. di prevenzione della corruzione.

9/4434-A/35. Barbato, Messina, Paladini.

 

La Camera,

premesso che:

nella classifica internazionale di Transparency International sulla percezione della corruzione, da oltre un decennio l'Italia è protagonista di un costante scivolamento, arrivando con la graduatoria del 2010, resa pubblica a fine ottobre, al 67o posto, sopravanzata da Ruanda, Ghana,Tunisia, Lettonia e Namibia per la maggiore trasparenza dei loro processi decisionali nel settore pubblico;

trattasi del punteggio più basso dal 1995 – l'Italia era al 41o posto nel 2006 – che colloca l'Italia quart'ultima tra i paesi dell'Unione europea, e prima per deterioramento tra il 2009 e il 2010 tra i 178 considerati da Transparency;

esiste un legame diretto tra la pratica effettiva della corruzione e le sensazioni diffuse nell'insieme di osservatori privilegiati – esperti, imprenditori, ecc. – impiegato per costruire la graduatoria della corruzione nel mondo;

ad esempio, un sondaggio di Eurobarometro del 2009 mostra che il 17 per cento dei cittadini italiani nel corso del 2008 si sono visti chiedere o offrire una tangente, contro una media europea del 9 per cento. La correlazione tra questa statistica, che misura la corruzione realmente consumata nei paesi dell'Unione europea, e l'indice di Transparency dello stesso anno è altissima, mostrando una sovrapposizione quasi perfetta: i paesi scandinavi sono in vetta alla graduatoria sulla trasparenza, in coda si trovano Bulgaria, Romania, Grecia e Italia; il peso della corruzione sui bilanci pubblici, stimato dal procuratore generale della Corte dei conti nel febbraio 2010 intorno ai 50-60 miliardi di euro l'anno, appare sempre più insostenibile a fronte delle difficoltà della finanza pubblica, cui occorre aggiungere la rendita incamerata dai corruttori che con le loro imprese si aggiudicano appalti grazie all'assenza di competizione e di controlli (stimato dalla stessa Transparency in circa il 40-50 per cento in media del valore di opere, servizi e forniture pubbliche) e il costo sociale che discende dai «segnali» distorti che indirizzano le scelte nel mercato e nella società; laddove la corruzione è prassi abituale intacca alla radice il vincolo di fiducia che lega i cittadini alle istituzioni rappresentative, producendo un costo politico. La corruzione, in altri termini, non scava soltanto voragini nei bilanci pubblici, ma genera un pericoloso deficit di democrazia;

in termini pratici, perché va a falsare la competizione elettorale che della democrazia è il meccanismo procedurale per eccellenza, assicurando risorse addizionali e un vantaggio concorrenziale ai corruttori e corrotti, ma anche la violazione di valori democratici fondamentali quali i principi di trasparenza e uguaglianza;negli stessi anni in cui il punteggio dell'Italia, secondo l'indice di Transparency della corruzione percepita, sprofonda, le inchieste giudiziarie segnano il passo, passando dai quasi 2.000 crimini e oltre 3.000 persone denunciate degli anni ’90 alle sole 220 denunce alle forze di polizia del 2009. Ancor più drastica la riduzione delle condanne per reati di corruzione, da un massimo di oltre 1700 condanne per reati di corruzione nel 1996 si giunge alle appena 239 del 2006, con dati particolarmente rilevanti per alcune regioni (da 138 condanne nel 1996 a 5 nel 2006 in Sicilia; da 545 a 43 in Lombardia; da 19 a nessuna in Calabria);

si è pertanto allargata la forbice tra corruzione praticata e corruzione denunciata, ossia l'ammontare di reati portati a compimento con successo, rafforzando la sensazione di impunità per i suoi protagonisti;

è quanto mai urgente che il Governo e il Parlamento riconoscano la priorità di realizzare un sistema di norme chiare, con strumenti e sanzioni efficaci in grado di contrastare al meglio il diffondersi della corruzione, un'autentica piaga economica e sociale, quali la confisca e l'uso sociale dei beni sottratti ai corrotti (introdotta dall'articolo 1, comma 220, della legge finanziaria 2007 (legge 296/2006) che ha esteso la confisca di valori ingiustificati ai reati contro la pubblica amministrazione);

è quanto mai opportuno rinnovare l'attenzione su un fenomeno che minaccia la credibilità e il prestigio delle istituzioni,corrode il senso civico, distorce gravemente l'economia e sottrae risorse notevoli alle comunità in un momento di particolare difficoltà per la finanza pubblica attivare iniziative e momenti di sensibilizzazione al fine della formazione civile contro la corruzione;

l'articolo 6 della Convenzione ONU contro la Corruzione dal titolo «Organo o organi di prevenzione della Corruzione» dispone che «Ciascuno Stato assicura, conformemente ai principi fondamentali del proprio sistema giuridico, l'esistenza di uno o più organi, secondo quanto necessario, incaricati di prevenire la corruzione...». Il secondo comma dell'articolo 6 continua statuendo che «Ogni Stato Parte, conformemente ai principi fondamentali del proprio sistema giuridico, concede all'organo o agli organi di cui al paragrafo 1 del presente articolo, l'indipendenza necessaria a permettere loro di esercitare efficacemente le loro funzioni al riparo da ogni indebita influenza e le risorse materiali ed il personale specializzato necessari, nonché la formazione di cui tale personale può avere bisogno per esercitare le sue funzioni ...»;

due osservazioni a commento dell'articolo 6: la norma non esclude che all'interno di uno Stato ci sia più di un organo, ufficio etc. che svolga attività di prevenzione della corruzione. La norma richiede però che l'organo o gli organi che svolgano attività di prevenzione della corruzione abbiano la necessaria indipendenza e le risorse umane e finanziare per la loro attività;

una volta dato conto dell'ineffettività del sistema di tutela penale nei confronti del fenomeno della corruzione, occorre evidenziare che il punto di partenza imprescindibile per una azione di prevenzione realmente efficace dovrebbe essere dato dall'incentivazione del ruolo svolto dai servizi di controllo interno;

infatti, soltanto i controlli interni possono consentire un costante esercizio del potere di verifica dell'attività svolta all'interno delle varie amministrazione, ciò anche alla luce della disposta abolizione di ogni forma di controllo preventiva sugli atti e sull'attività,

 

impegna il Governo

 

a valutare, nei limiti delle risorse disponibili, le iniziative normative idonee a potenziare e stanziare risorse umane e finanziare per esercitare efficacemente l'attività. di prevenzione della corruzione.

9/4434-A/35.(Testo modificato nel corso della seduta) Barbato, Messina, Paladini.

 

La Camera,

premesso che:

in Italia la diffusione della corruzione nella pubblica amministrazione ha assunto proporzioni di assoluta gravità. Nel Rapporto GRECO (Group of States against corruption) del 2011 si legge che la corruzione è profondamente radicata in diverse aree della pubblica amministrazione, nella società civile, così come nel settore privato. Il pagamento delle tangenti sembra pratica comune per ottenere licenze e permessi, contratti pubblici, finanziamenti, per superare gli esami universitari, esercitare la professione medica, stringere accordi nel mondo calcistico, ecc. (...). La corruzione in Italia è un fenomeno pervasivo e sistemico che influenza la società nel suo complesso;

la prima relazione della Commissione anti-corruzione, istituita dal Ministro Patroni Griffi, si è presa la briga di inserire nella proposta di decreto norme relative alla protezione dei whistleblowers;

con il termine inglese whistleblower viene definito un individuo che denuncia pubblicamente o riferisce alle autorità attività illecite o fraudolente all'interno del governo, di un'organizzazione pubblica o privata o di un'azienda. Le rivelazioni possono essere di varia natura: violazione di una legge o di un regolamento, minaccia di interesse pubblico come in caso di corruzione e frode;

i whistleblowers possono denunciare tali condotte all'interno dell'organizzazione stessa, o renderle pubbliche attraverso i media o le associazioni che si occupano dei problemi in questione. Spesso i whistleblowers si espongono a ritorsioni e rivalse da parte dell'istituzione che hanno accusato o di altre organizzazioni correlate;

ma, nonostante l'apparente buona volontà della Commissione anticorruzione, il testo è scarso e non dotato di incisività a largo raggio. La proposta all'articolo 4 «prevede a tutela del dipendente che lo stesso non possa essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria. Si prevede l'obbligo di segretezza dell'identità del segnalante e un regime specifico di segnalazione dell'adozione di misure discriminatorie al Dipartimento della funzione Pubblica»;

l'articolo 4-bis prevede che «a chiunque segnala all'autorità giudiziaria o alla Corte dei Conti condotte illecite che cagionano danno erariale o all'immagine della pubblica amministrazione, spetta un premio in denaro non inferiore al 15 e non superiore al 30 per cento della somma recuperata a seguito della segnalazione. Ai fini della determinazione di detta somma si tiene conto del contributo attivo di colui che ha segnalato la condotta illecita. [..] in ogni caso la somma spettante a titolo di premio non può eccedere i due milioni di euro.»;

si tratta innanzitutto, di una proposta parziale che non mina i patti illeciti dei grandi corrotti. Infatti, la soglia massima dei due milioni di euro non darà alcun incentivo a denunciare i giganteschi traffici d'affari che girano intorno ai grandi appalti. La storia di Mani Pulite ci insegna che il «sistema Chiesa» prevedeva in media il 10 per cento del valore dell'appalto come tangente. Mantenendo per semplicità che le tangenti corrispondono al 10 per cento dell'affare bisognerà valutare l'efficacia di tale proposta al netto delle transazioni di grandi importi, superiori ai 20 milioni di euro, ad esempio quelle che negli ultimi anni hanno caratterizzato gli scandali P3 e P4;

gli sconti normativi a favore dell'illegalità sono simili a una svendita. L'articolo 4 della proposta prevede la tutela per i dipendenti pubblici, escludendo quindi tutti i dipendenti privati seppure a conoscenza di illeciti;

questo dettaglio o svista non riduce soltanto l'incisività dell'articolo 4, dato che l'introduzione del reato di corruzione tra privati non potrà contare sull'integrità e la voglia di giustizia di tutti quegli italiani e non impiegati nel settore privato. Ancora una volta, l'Italia o chi per lei gode nel vedere proliferare gli interventi legislativi senza assumersi la responsabilità di un cambiamento,

 

impegna il Governo

 

a valutare l'opportunità di adottare un'iniziativa legislativa idonea a considerare anche la tutela dei dipendenti impiegati nel settore privato che riferiscano alle autorità attività illecite o fraudolente all'interno del governo, di un'organizzazione pubblica o privata o di un'azienda.

9/4434-A/36. Leoluca Orlando, Borghesi, Evangelisti, Paladini.

 

La Camera,

premesso che:

l'importanza del tema della corruzione è strettamente legata alla sua dimensione economica, sia nazionale che europea, e all'ammontare di risorse che la corruzione drena dal sistema economico. Il settore dei contratti pubblici muove circa il sette per cento del PIL nazionale, il sedici per cento del PIL europeo e assegna ogni anno in Italia circa 125 mila contratti di importo superiore a 40 mila euro. Secondo le stime di Transparency International, del Servizio anticorruzione e trasparenza della Presidenza del Consiglio dei ministri e della Procura generale presso la Corte dei conti, la corruzione «costa» al sistema economico italiano circa 60 miliardi di euro all'anno;

sebbene i dati sul numero di condanne (6), di denunce e di arresti per corruzione ne tratteggino un trend decrescente, almeno dal 2000 al 2007, sembra che questi stessi dati, dal 2008 in poi, abbiano fatto registrare una controtendenza e che la «qualità» della corruzione, ossia la sua pervasività ai più alti livelli istituzionali, il suo utilizzo costante da parte delle organizzazioni criminali e la sua percezione sociale siano cresciuti notevolmente;

inoltre, i dati sul Corruption Perception Index, dal 2005 al 2011, mostrano come la corruzione percepita nel settore pubblico, legata principalmente al numero di casi esistenti ma non scoperti (c.d. «numero oscuro»), sia aumentata in maniera evidente;

in quest'ottica, lo scambio corruttivo si manifesta attraverso una serie di reati (dazione o sollecitazione di tangenti, riciclaggio, traffico di influenze, peculato, malversazione, abuso di poteri, illecito arricchimento). Le Convenzioni internazionali sulla corruzione cercano di punire gli intermediari della corruzione e di dare rilievo, di conseguenza, ad un rapporto trilaterale (corrotto corruttore-intermediario), piuttosto che ad un rapporto bilaterale tradizionale;

l'articolo 29 del Trattato sull'Unione europea cita la corruzione tra le forme di criminalità, organizzata o di altro tipo, che l'Unione si impegna a prevenire e reprimere per conseguire l'obiettivo della creazione e del mantenimento di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia tramite una più stretta cooperazione di polizia, giudiziaria e doganale, nonché, ove necessario, il ravvicinamento delle normative degli Stati membri in materia penale;

trascendendo l'aspetto puramente repressivo, nel Piano d'azione contro la criminalità organizzata del 1997 il Consiglio aveva già chiesto che fosse elaborata, tenendo conto dei lavori già svolti in altre sedi internazionali, una politica globale contro la corruzione, incentrata principalmente sulla prevenzione. In particolare, aveva invitato gli Stati membri, il Consiglio e la Commissione a tener altresì presenti tutti gli aspetti connessi con il corretto funzionamento del mercato interno e le altre politiche interne, nonché l'assistenza e la cooperazione esterne;

sarebbe auspicabile ogni messaggio che incentivi la disapprovazione collettiva nei confronti degli atti di corruzione con campagne di sensibilizzazione attraverso i mezzi di comunicazione e con la formazione. Il messaggio centrale deve essere che la corruzione non è un fenomeno tollerabile, bensì un reato. La società civile ha un ruolo importante da svolgere nel prevenire e combattere questo problema,

 

impegna il Governo

 

a mettere in atto le raccomandazioni rivolte all'Italia da parte degli Organismi internazionali che operano in contrasto alla corruzione e a valutare la possibilità di avviare, anche tramite iniziative normative, la preparazione collettiva nei confronti degli atti di corruzione con campagne di sensibilizzazione attraverso i mezzi di comunicazione e con la formazione.

9/4434-A/37. Porcino, Di Stanislao, Paladini.

 

La Camera,

premesso che:

l'importanza del tema della corruzione è strettamente legata alla sua dimensione economica, sia nazionale che europea, e all'ammontare di risorse che la corruzione drena dal sistema economico. Il settore dei contratti pubblici muove circa il sette per cento del PIL nazionale, il sedici per cento del PIL europeo e assegna ogni anno in Italia circa 125 mila contratti di importo superiore a 40 mila euro. Secondo le stime di Transparency International, del Servizio anticorruzione e trasparenza della Presidenza del Consiglio dei ministri e della Procura generale presso la Corte dei conti, la corruzione «costa» al sistema economico italiano circa 60 miliardi di euro all'anno;

sebbene i dati sul numero di condanne (6), di denunce e di arresti per corruzione ne tratteggino un trend decrescente, almeno dal 2000 al 2007, sembra che questi stessi dati, dal 2008 in poi, abbiano fatto registrare una controtendenza e che la «qualità» della corruzione, ossia la sua pervasività ai più alti livelli istituzionali, il suo utilizzo costante da parte delle organizzazioni criminali e la sua percezione sociale siano cresciuti notevolmente;

inoltre, i dati sul Corruption Perception Index, dal 2005 al 2011, mostrano come la corruzione percepita nel settore pubblico, legata principalmente al numero di casi esistenti ma non scoperti (c.d. «numero oscuro»), sia aumentata in maniera evidente;

in quest'ottica, lo scambio corruttivo si manifesta attraverso una serie di reati (dazione o sollecitazione di tangenti, riciclaggio, traffico di influenze, peculato, malversazione, abuso di poteri, illecito arricchimento). Le Convenzioni internazionali sulla corruzione cercano di punire gli intermediari della corruzione e di dare rilievo, di conseguenza, ad un rapporto trilaterale (corrotto corruttore-intermediario), piuttosto che ad un rapporto bilaterale tradizionale;

l'articolo 29 del Trattato sull'Unione europea cita la corruzione tra le forme di criminalità, organizzata o di altro tipo, che l'Unione si impegna a prevenire e reprimere per conseguire l'obiettivo della creazione e del mantenimento di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia tramite una più stretta cooperazione di polizia, giudiziaria e doganale, nonché, ove necessario, il ravvicinamento delle normative degli Stati membri in materia penale;

trascendendo l'aspetto puramente repressivo, nel Piano d'azione contro la criminalità organizzata del 1997 il Consiglio aveva già chiesto che fosse elaborata, tenendo conto dei lavori già svolti in altre sedi internazionali, una politica globale contro la corruzione, incentrata principalmente sulla prevenzione. In particolare, aveva invitato gli Stati membri, il Consiglio e la Commissione a tener altresì presenti tutti gli aspetti connessi con il corretto funzionamento del mercato interno e le altre politiche interne, nonché l'assistenza e la cooperazione esterne;

sarebbe auspicabile ogni messaggio che incentivi la disapprovazione collettiva nei confronti degli atti di corruzione con campagne di sensibilizzazione attraverso i mezzi di comunicazione e con la formazione. Il messaggio centrale deve essere che la corruzione non è un fenomeno tollerabile, bensì un reato. La società civile ha un ruolo importante da svolgere nel prevenire e combattere questo problema,

 

impegna il Governo

 

a mettere in atto, nei limiti delle risorse disponibili, le raccomandazioni rivolte all'Italia da parte degli Organismi internazionali che operano in contrasto alla corruzione e a valutare la possibilità di avviare, anche tramite iniziative normative, la preparazione collettiva nei confronti degli atti di corruzione con campagne di sensibilizzazione attraverso i mezzi di comunicazione e con la formazione.

9/4434-A/37.(Testo modificato nel corso della seduta) Porcino, Di Stanislao, Paladini.

 

La Camera,

premesso che:

i fenomeni corruttivi si circoscrivono anche prevenendo il contenzioso e permettendo con maggiore elasticità la partecipazione ai procedimenti amministrativi più complessi, dai quali dipendono scelte significative da parte dei soggetti pubblici, portatori di interessi a livello individuale e diffuso;

tale partecipazione acquista reale effettività se, per esempio, nei procedimenti di pianificazione territoriale e in quelli di realizzazione delle opere infrastrutturali, si procede secondo la forma dell'udienza pubblica,

 

impegna il Governo

 

in sede di applicazione delle norme del presente disegno di legge, e in particolare di quanto contenuto nei primi articoli, a emanare una direttiva tesa a far sì che, nei procedimenti di pianificazione territoriale e in quelli di realizzazione delle opere infrastrutturali, si individuino forme di coinvolgimento sostanziale – privilegiando l'udienza pubblica – dei soggetti portatori di interessi di cui all'articolo 9 della legge 7 agosto 1990, n.241, se necessario, rettificando quanto previsto dal regolamento di cui al comma 2 del medesimo articolo.

9/4434-A/38. Pagano, Mantovano, Costa.

 

La Camera,

premesso che:

i fenomeni corruttivi si circoscrivono anche prevenendo il contenzioso e permettendo con maggiore elasticità la partecipazione ai procedimenti amministrativi più complessi, dai quali dipendono scelte significative da parte dei soggetti pubblici, portatori di interessi a livello individuale e diffuso;

tale partecipazione acquista reale effettività se, per esempio, nei procedimenti di pianificazione territoriale e in quelli di realizzazione delle opere infrastrutturali, si procede secondo la forma dell'udienza pubblica,

 

impegna il Governo

 

in sede di applicazione delle norme del presente disegno di legge, e in particolare di quanto contenuto nei primi articoli, a rendersi promotore di una normativa tesa a far sì che, nei procedimenti di pianificazione territoriale e in quelli di realizzazione delle opere infrastrutturali, si individuino forme di coinvolgimento sostanziale – privilegiando l'udienza pubblica – dei soggetti portatori di interessi di cui all'articolo 9 della legge 7 agosto 1990, n.241, se necessario, rettificando quanto previsto dal regolamento di cui al comma 2 del medesimo articolo.

9/4434-A/38.(Testo modificato nel corso della seduta) Pagano, Mantovano, Costa.

 

La Camera,

premesso che:

con una certa frequenza si assiste alla seguente preoccupante scansione: viene adottato un provvedimento amministrativo, è presentato il ricorso contro lo stesso, è annullato l'atto da parte del giudice in quanto ritenuto illegittimo, e quindi viene resa vana la sentenza a seguito di rinuncia al ricorso da parte dell'impugnante prima che la sentenza medesima diventi definitiva. Se la sentenza viene meno, il provvedimento annullato rivive, pur se il giudice amministrativo lo ha censurato;

il fenomeno si realizza soprattutto nei procedimenti riguardanti gare di appalto: la patologia del fenomeno vede il concorrente escluso dall'aggiudicazione che presenta il ricorso; successivamente egli contratta occultamente con l'aggiudicatario la propria rinuncia al medesimo ricorso, con un «prezzo» che sale a mano a mano che ci si avvicina alla sentenza, e cresce ulteriormente dopo la pronuncia, se accoglie le istanze del ricorrente;

i fenomeni corruttivi si circoscrivono anche eliminando queste trattative, soprattutto quando deve prevalere l'interesse pubblico a non far rivivere un atto motivatamente annullato,

 

impegna il Governo

 

in sede di applicazione delle norme del presente disegno di legge, e in particolare di quanto contenuto nei primi articoli, a emanare una direttiva alle amministrazioni pubbliche tesa a far sì che, con particolare riferimento ai procedimenti di appalto, esse intensifichino l'esercizio dell'autotutela per i provvedimenti colpiti da sentenza di annullamento, ancorché non definitiva, pur quando colui che ha ottenuto soddisfazione in sede giurisdizionale rinunci al ricorso. Ciò in particolare quando vi sia interesse pubblico a non dare esecuzione a un atto dichiarato illegittimo dal giudice amministrativo.

9/4434-A/39. Mantovano, Pagano, Costa.

 

La Camera,

premesso che:

l'ammodernamento del nostro sistema giudiziario passa anche attraverso l'adeguamento del diritto – penale, civile e processuale – agli standard comuni europei e internazionali, presupposto necessario e imprescindibile affinché sia meglio coniugata la lotta alla criminalità con la tutela dei diritti fondamentali e prosegua il processo di armonizzazione di istituti e procedure degli Stati membri dell'Unione europea;

il mancato recepimento di alcune decisioni-quadro dell'Unione europea in materia di giustizia ha determinato un ritardo del nostro Paese nel processo di adattamento e di ridefinizione degli strumenti normativi definiti a livello europeo;

in particolare, non hanno ancora trovato attuazione la decisione-quadro 2003/577/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa all'esecuzione nell'Unione europea dei provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio, e la decisione-quadro 2006/783/GAI del Consiglio, del 6 ottobre 2006, relativa al reciproco riconoscimento delle decisioni di confisca, per le quali sono già scaduti i termini di attuazione, e delle quali la finalità principale è di realizzare, in modo uniforme sul territorio europeo, un efficace contrasto alla formazione dei profitti economici della criminalità organizzata;

la delega per il recepimento della decisione-quadro 2006/783/GAI era contenuta nell'articolo 50 della legge 7 luglio 2009, n.88 (legge comunitaria 2008), ma il termine previsto dalla medesima legge per l'esercizio della delega è trascorso senza che sia stato adottato dal Governo il necessario decreto legislativo di attuazione;

anche la Commissione europea, chiamata a controllare l'attuazione della decisione quadro 2006/783/GAI e la sua osservanza da parte degli Stati membri, in una relazione del febbraio 2010 e in una comunicazione dell'agosto 2010, ha invitato i Paesi che non hanno ancora emanato la legislazione a provvedere in tal senso, mettendo in luce come uno scarso livello di attuazione della normativa contenuta nella decisione quadro, unitamente alla permanenza di ostacoli burocratici, impedisca il reciproco riconoscimento delle sentenze concernenti la confisca;

in altre occasioni parlamentari è stata sollecitata l'urgenza del recepimento di tale decisione quadro; la mancanza di una normativa di attuazione rende difficoltosa la collaborazione fra le nostre autorità giudiziarie e quelle degli altri Stati membri e pregiudica un'efficace azione di contrasto del crimine transfrontaliero; l'esecuzione all'estero dei provvedimenti di confisca dei proventi di reato, compresi i patrimoni della mafia e delle altre organizzazioni criminali, costituisce uno strumento di contrasto fondamentale e insostituibile ed è un obiettivo che l'Italia dovrebbe inserire tra le priorità di azione, anche in considerazione del rientro di cospicue risorse che lo strumento della confisca consente, quanto mai opportuno in un momento di grave crisi economico-finanziaria,

 

impegna il Governo

 

a presentare tempestivamente un'iniziativa legislativa volta al recepimento della decisione-quadro 2006/783/GAI del Consiglio, del 6 ottobre 2006, relativa al reciproco riconoscimento delle decisioni di confisca, e la decisione-quadro 2003/577/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa all'esecuzione nell'Unione europea dei provvedimenti di blocco dei beni o di sequestro probatorio.

9/4434-A/40. Garavini, Ferranti, Giovanelli, Bossa, Burtone, Genovese, Marchi, Andrea Orlando, Piccolo, Veltroni, Samperi, Gozi, Lovelli.

 

La Camera,

premesso che:

visto l'articolo 10 del provvedimento recante disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione;

rilevato come nella rubrica di detto articolo venga fatto espresso riferimento alle condanne in via definitiva per delitti non colposi nel mentre alla lettera b) del comma 2 non figuri il riferimento ai delitti «non colposi»,

 

impegna il Governo

 

ad adoperarsi attraverso ulteriori iniziative normative anche urgenti, affinché sia inserito il riferimento ai delitti non colposi anche nel testo dell'articolo.

9/4434-A/41. Santelli, Contento.

 

La Camera,

premesso che:

il provvedimento in esame reca una serie di disposizioni in materia di prevenzione e repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione;

in particolare, l'articolo 10 delega il Governo ad adottare un decreto legislativo recante un testo unico della normativa in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di governo (a livello centrale, regionale, locale ed europeo), conseguente a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi;

la finalità del testo unico è, inoltre, quella di disciplinare i casi di decadenza e di sospensione dalle cariche in caso di sentenze definite di condanna successive all'elezione o all'assunzione della carica e di coordinare le norme sull'incandidabilità con quelle vigenti in materia di interdizione dai pubblici uffici e di riabilitazione, nonché con le restrizioni all'esercizio del diritto di voto attivo;

è evidente che si tratta di temi particolarmente delicati e rilevanti che, se affrontati in maniera efficace e credibile, possono decisamente contribuire all'avvio di una nuova stagione politica e «civile» per il nostro Paese;

in questo particolare momento storico, caratterizzato da un forte e diffuso senso di sfiducia collettiva nei confronti della politica che rischia, se non contrastato efficacemente, di delegittimare l'intero sistema istituzionale italiano, è quanto mai urgente e necessario, infatti, dare «segnali» forti e concreti di coerenza, di serietà e di trasparenza;

è auspicabile, quindi, che tutti i partiti e i movimenti politici, con una seria e coerente assunzione di responsabilità, non candidino nelle proprie liste coloro che siano stati condannati, anche con sentenza non definitiva, per alcuni reati particolarmente gravi e di particolare allarme sociale, recependo integralmente il codice etico di formazione delle liste delle candidature approvato all'unanimità da tutti gli schieramenti politici presenti in Commissione bicamerale antimafia,

 

impegna il Governo

 

a valutare l'opportunità di adottare tutte le misure di competenza – anche attraverso ulteriori interventi di carattere normativo – volte a recepire nell'ordinamento princìpi introdotti dal codice etico di cui in premessa.

9/4434-A/42. Granata, Della Vedova, Bocchino, Menia, Briguglio, Giorgio Conte, Patarino, Barbaro, Consolo, Di Biagio, Divella, Galli, Lamorte, Lo Presti, Moroni, Muro, Paglia, Perina, Proietti Cosimi, Raisi, Ruben, Scanderebech, Toto.

 

La Camera,

visto l'articolo 10 del provvedimento legislativo A.C. 4434-A, recante delega al Governo per l'adozione di un testo in materia di incandidabilità (cariche elettive e di governo),

 

impegna il Governo

 

ad esercitare la delega in tempo utile per le prossime elezioni.

9/4434-A/43.(Nuova formulazione) Franceschini, Paolini, Mantini, Favia, Della Vedova, Galletti, Corsaro, Fallica.