Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Prevenzione e repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione A.C. 4434 - Legge 6 novembre 2012, n. 190 - Lavori preparatori - Iter al Senato (A.S. 2156) (discussione in Assemblea) - Parte seconda - Seconda edizione
Riferimenti:
AC N. 4434/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 513    Progressivo: 1
Data: 05/12/2012
Descrittori:
CORRUZIONE E CONCUSSIONE   L 2012 0190
PREVENZIONE DEL CRIMINE   REATI CONTRO L' AMMINISTRAZIONE PUBBLICA E LA GIUSTIZIA
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni
II-Giustizia
Altri riferimenti:
AS N. 2044/XVI   AS N. 2164/XVI
AS N. 2168/XVI   AS N. 2174/XVI
AS N. 2340/XVI   AS N. 2346/XVI
AS N. 2156/XVI     

 

Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

 

 

Documentazione per l’esame di
Progetti di legge

Disposizioni per la prevenzione
e la repressione della corruzione
e dell'illegalità nella pubblica amministrazione

 

Legge 6 novembre 2012, n. 190

Lavori preparatori
Iter al Senato (A.S. 2156) (discussione in Assemblea)

 

 

 

 

 

 

n. 513/1

(parte seconda)

Seconda edizione

 

5 dicembre 2012

 


Servizio responsabile:

Servizio Studi – Dipartimento Istituzioni

( 066760-9475 / 066760-3855 – * st_istituzioni@camera.it

 

 

 

 

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l'attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

File: ac0660a2.doc

 


INDICE

Senato della Repubblica

Discussione in Assemblea

Seduta del 17 maggio 2011                                                                        5

Seduta del 1° giugno 2011                                                                        15

Seduta del 7 giugno 2011                                                                         17

Seduta dell’8 giugno 2011 (antimeridiana)                                               61

Seduta dell’8 giugno (pomeridiana)                                                        145

Seduta del 9 giugno 2011                                                                       165

Seduta del 14 giugno 2011                                                                     235

Seduta del 15 giugno 2011                                                                     381

Testo approvato dal Senato il 15 giugno 2011 e trasmesso alla Camera dei deputati

§      A.S. 2156, Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione                                                                           507

 

 


Senato della Repubblica


Discussione in Assemblea

 


 

 

 

 

Senato della Repubblica

XVI LEGISLATURA

 

Assemblea

 

 

 

 

RESOCONTO STENOGRAFICO

ALLEGATI

 

 

 

ASSEMBLEA

 

552a seduta pubblica (pomeridiana):

 

 

martedì 17 maggio 2011

 

 

 

Presidenza della vicepresidente BONINO

 

 


RESOCONTO STENOGRAFICO

Presidenza della vice presidente BONINO

 con le giuste intestazioni, con lo stesso procedimento di cui sopra.

(omissis)

Sui lavori del Senato

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, la Conferenza dei Capigruppo riunitasi oggi pomeriggio ha approvato, a maggioranza, modifiche e integrazioni al calendario corrente e il nuovo calendario dei lavori fino al 26 maggio.

Fermo restando l'esame dei decreti-legge già presenti in calendario, per i quali si è proceduto alla ripartizione dei tempi tra i Gruppi, nel corso della settimana corrente saranno discusse la relazione sull'attività svolta dalla Commissione straordinaria per il controllo dei prezzi negli anni 2009 e 2010 e la risoluzione sull'atto comunitario concernente «Partenariato per la democrazia e la prosperità condivisa con il Mediterraneo meridionale».

La prossima settimana il calendario prevede l'eventuale seguito dei decreti-legge non conclusi, la discussione dei disegni di legge in materia di rappresentanza locale degli italiani residenti all'estero, già rinviati in Commissione, il seguito della mozione Micheloni sulla razionalizzazione della rete diplomatico-consolare italiana, l'esame di ratifiche di accordi internazionali definite dalla Commissione esteri e l'eventuale seguito di argomenti non conclusi.

In relazione alle elezioni amministrative, la seduta pomeridiana di mercoledì 25 maggio avrà termine alle ore 19, ove concluso 1'esame dei decreti-legge in calendario. Il sindacato ispettivo è anticipato alla seduta antimeridiana di giovedì 26.

Il calendario sarà inoltre integrato con la deliberazione dell'Assemblea sulla costituzione in giudizio per resistere in un conflitto di attribuzione sollevato dal tribunale di Milano, con riferimento a una vicenda processuale riguardante l'ex senatore Iannuzzi. In relazione ai tempi di scadenza, la deliberazione avrà luogo prima del 25 maggio.

La Conferenza dei Capigruppo ha infine preso atto delle determinazioni assunte dalla Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari relativamente alla vicenda processuale del senatore Tedesco.

Come annunciato, il calendario in Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari è stato approvato a maggioranza.

 

Programma dei lavori dell'Assemblea, integrazioni

 

PRESIDENTE. La Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari, riunitasi oggi pomeriggio con la presenza dei Vice presidenti del Senato e con l'intervento del rappresentante del Governo, ha adottato - ai sensi dell'articolo 53 del Regolamento - le seguenti integrazioni al programma dei lavori del Senato per i mesi di aprile, maggio e giugno 2011:

- Documento XVI, n. 4 - Relazione della Commissione straordinaria per la verifica dell'andamento generale dei prezzi al consumo e per il controllo della trasparenza dei mercati sulla attività svolta dalla Commissione negli anni 2009 e 2010.

- Documento XVIII, n. 93 - Risoluzione sulla comunicazione congiunta al Consiglio europeo, al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni dal titolo: «Un partenariato per la democrazia e la prosperità condivisa con il Mediterraneo meridionale» - COM (2011) 200 definitivo - (Atto comunitario n. 71).

 

Calendario dei lavori dell'Assemblea
Discussione e reiezione di proposte di modifica

 

PRESIDENTE. Nel corso della stessa riunione, la Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari ha altresì adottato - ai sensi dell'articolo 55 del Regolamento - modifiche e integrazioni al calendario corrente e il nuovo calendario dei lavori dell'Assemblea fino al 26 maggio 2011:

 

Martedì

17

maggio

pom.

h. 16,30-20

- Disegno di legge n. 2680 - Decreto-legge n. 37, recante svolgimento delle consultazioni referendarie 2011 (Scade il 10 giugno) (Voto finale con la presenza del numero legale)

- Disegno di legge n. 2715 - Decreto-legge n. 26, recante misure urgenti per svolgimento assemblee societarie annuali (Approvato dalla Camera dei deputati - scade il 25 maggio)

- Disegno di legge n. 2716 - Decreto-legge n. 27, recante assegni una tantum al personale del comparto difesa-sicurezza (Approvato dalla Camera dei deputati - scade il 27 maggio)

- Doc. XVI, n. 4 - Relazione sull'attività svolta dalla Commissione straordinaria per il controllo dei prezzi per gli anni 2009 - 2010

- Doc. XVIII, n. 93 - Partenariato per la democrazia e la prosperità condivisa con il Mediterraneo meridionale

Mercoledì

18

"

ant.

h. 9,30-13

"

"

"

pom.

h. 16,30-20

Giovedì

19

"

ant.

h. 9,30-14

 

 

 

 

 

 

Giovedì

19

maggio

pom.

h. 16

- Interpellanze e interrogazioni

 

Gli emendamenti ai disegni di legge nn. 2715 (Decreto-legge n. 26 recante misure urgenti per svolgimento assemblee societarie annuali) e 2716 (Decreto-legge n. 27, recante assegni una tantum al personale del comparto difesa-sicurezza) dovranno essere presentati entro le ore 19 di martedì 17.

Il calendario sarà integrato con la deliberazione dell'Assemblea sulla costituzione in giudizio per resistere in un conflitto di attribuzione sollevato dal tribunale di Milano.

 

Martedì

24

maggio

pom.

h. 16,30-20

- Eventuale seguito decreti-legge non conclusi

- Disegni di legge nn. 1460 e connessi - Disciplina della rappresentanza istituzionale locale degli italiani residenti all'estero (Rinviato in Commissione)

- Seguito mozione n. 379, Micheloni, sulla razionalizzazione della rete diplomatico-consolare italiana

- Ratifiche di accordi internazionali

- Eventuale seguito argomenti non conclusi

Mercoledì

25

"

ant.

h. 9,30-14

"

"

"

pom.

h. 16,30-19 (*)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Giovedì

26

maggio

ant.

h. 9,30

- Interpellanze e interrogazioni

(*) Ove concluso l'esame dei decreti-legge in calendario.

 

 

Ripartizione dei tempi per la discussione del disegno di legge n. 2680
(Decreto-legge n. 37, recante svolgimento consultazioni referendarie 2011)
(4 ore e 30 minuti, escluse dichiarazioni di voto)

 

Relatore

 

30'

Governo

 

30'

Votazioni

 

30'

Gruppi 3 ore, di cui:

 

 

PdL

 

50'

PD

 

43'

LNP

 

20'

Misto

 

19'

UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI

 

17'

IdV

 

16'

CN-Io Sud

 

15'

Dissenzienti

 

5'

 

 

Ripartizione dei tempi per la discussione del disegno di legge n. 2715
(Decreto-legge n. 26, recante misure urgenti
per svolgimento assemblee societarie annuali)
(4 ore e 30 minuti, escluse dichiarazioni di voto)

 

Relatore

 

30'

Governo

 

30'

Votazioni

 

30'

Gruppi 3 ore, di cui:

 

 

PdL

 

50'

PD

 

43'

LNP

 

20'

Misto

 

19'

UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI

 

17'

IdV

 

16'

CN-Io Sud

 

15'

Dissenzienti

 

5'

 

 

Ripartizione dei tempi per la discussione del disegno di legge n. 27160
(Decreto-legge n. 27, recante assegni una tantum
al personale del comparto difesa-sicurezza)
(6 ore, escluse dichiarazioni di voto) (*)

 

Relatore

 

30'

Governo

 

30'

Votazioni

 

30'

Gruppi 4 ore e 30, di cui:

 

 

PdL

1 h.

06'

PD

1 h.

30'

LNP

 

27'

Misto

 

25'

UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI

 

23'

IdV

 

22'

CN-Io Sud

 

21'

Dissenzienti

 

5'

 

(*) La ripartizione dei tempi, secondo un criterio non strettamente proporzionale, tiene conto di richieste avanzate da alcuni Gruppi.

 

ZANDA (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ZANDA (PD). Signora Presidente, il Gruppo del Partito Democratico ha espresso un voto contrario sul calendario dei lavori per un motivo più volte annunciato e per una questione più volte sollecitata che ad oggi non ha ancora trovato soluzione. Abbiamo dichiarato ripetutamente che il Gruppo del Partito Democratico non avrebbe più votato a favore di calendari d'Aula nei quali non fosse stata inserita la discussione sul provvedimento anticorruzione. Così non è stato, nemmeno questa volta, per l'ennesima volta, e pertanto noi, con la Conferenza dei Capigruppo di poco fa, abbiamo iniziato a votare contro i calendari dei lavori dell'Aula e lo faremo fino a quando quel provvedimento non verrà calendarizzato.

Vorrei ricordare all'Assemblea che quello sull'anticorruzione è un provvedimento governativo e che mai, in nessuna Conferenza dei Capigruppo, è stato presentato da parte di nessun Gruppo presente in quest'Aula un argomento contrario alla discussione di quel disegno di legge. Ciò nonostante, il provvedimento non arriva all'esame dell'Assemblea, e non arriva perché - come da notizia avuta dai colleghi della 5a Commissione permanente, dove ancora oggi se ne è discusso - l'assenza di un documento del Governo non consente la conclusione della discussione sul parere relativo ad uno o più emendamenti.

Signora Presidente, colgo l'occasione di questo dibattito anche per sottoporre alla Presidenza - come abbiamo fatto più volte - la difficoltà esistente nel raccordo tra il lavoro di Commissione e il lavoro d'Aula, difficoltà particolarmente pesante per i Gruppi di opposizione, che si trovano spesso nella impossibilità di chiedere la calendarizzazione di propri provvedimenti, fermi in Commissione da tempo immemorabile e che non si riesce a portare in Aula. Quindi, esiste un problema di organizzazione dei nostri lavori, in modo particolare dei lavori delle Commissioni, essendo le attuali modalità tali da non consentire all'Aula di lavorare con ritmi e contenuti adeguati.

Ricordo anche che in Conferenza dei Capigruppo è stata sottolineata la necessità - e questo è un ulteriore esempio - che venga sbloccata in 1a Commissione la ratifica di sei intese con sei importanti confessioni religiose, ratifica che attende da più di un anno di essere approvata in sede deliberante. Si tratta di casi assolutamente lineari nei quali le decisioni dovrebbero essere assunte senza eccessiva discussione e, nel caso sussistano problemi, questi devono essere fatti emergere.

In alternativa, signora Presidente, noi dobbiamo farne delle questioni politiche e, come tali, cioè come questioni politiche gravi, dobbiamo trattarle. L'assenza dai lavori dell'Aula del provvedimento anticorruzione è per noi una questione politica di capitale importanza. Ribadiamo quindi la necessità che il provvedimento giunga all'esame dell'Assemblea, e pertanto, anche sulla base dell'impegno preciso assunto in Conferenza dei Capigruppo dal presidente Schifani, vorremmo fare leva sulla Presidenza del Senato affinché si adoperi perché questo possa avvenire in tempi rapidissimi. (Applausi dal Gruppo PD).

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Signora Presidente, anche noi abbiamo votato contro il calendario approvato in Conferenza dei Capigruppo, voto che ripeteremo per diverse ragioni. La prima, anticipata dal collega Zanda, riguarda la mancata calendarizzazione dei disegni di legge in materia di anticorruzione. Credo sia obiettivamente sconveniente - non voglio usare termini particolarmente forti - che la maggioranza si trinceri dietro il parere della Commissione bilancio.

Sarebbe invece opportuno che questo provvedimento giungesse all'esame dell'Assemblea e che ciascuno si assumesse la responsabilità rispetto a disposizioni e norme che prevedono anche maggiori sanzioni; infatti, al riguardo, siamo tutti d'accordo in sede di campagna elettorale, salvo poi non muovere alcun passo in Commissione e in Aula per la discussione di un provvedimento che io ritengo molto utile, vista anche la circostanza che in più parti d'Italia, del Nord, del Centro e del Sud, in questa campagna elettorale candidati ed esponenti politici di diverso colore sono stati trovati con le mani nel sacco.

Pertanto, l'idea di dare un segnale reale ed efficace inasprendo una serie di sanzioni sul fronte dell'anticorruzione sarebbe una cosa di buon senso. Mi sembra però che il buon senso non aleggi dalle parti della maggioranza.

La seconda ragione per la quale non abbiamo votato il calendario e continueremo a non votarlo riguarda l'assenza e il rifiuto del Governo e del ministro Maroni a rendere in Aula, su nostra richiesta, un'informativa, in occasione dell'esame del decreto-legge che riguarda la concessione una tantum di provvidenze e benefici in favore del personale del comparto sicurezza, in modo da evitare che si possa moltiplicare il tempo, e così via.

Abbiamo chiesto al ministro Maroni di rendere un'informativa, certamente per una ricognizione dello stato dell'arte in materia di sicurezza nel nostro Paese (le condizioni delle nostre forze di polizia, quante sono le risorse a disposizione, perché fare un provvedimento una tantum e non pensare, invece, ad un percorso di medio e lungo periodo che assicuri un rasserenamento rispetto alle condizioni economiche e giuridico-contrattuali del comparto sicurezza), con riguardo anche alle improvvide dichiarazioni del Ministro stesso in ordine alla sentenza della Corte costituzionale e alla decisione della Corte di giustizia europea in materia di ronde e di reato di immigrazione clandestina, ed anche per avere l'occasione per avere alcuni dati inerenti i procedimenti penali in corso per immigrazione clandestina, il numero delle espulsioni con accompagnamento alla frontiera effettivamente realizzate da tre anni a questa parte (grazie ai famosissimi pacchetti sicurezza della maggioranza), con riferimento al funzionamento delle norme, sempre contenute nel pacchetto sicurezza, che riguardano l'immediata espellibilità degli extracomunitari che siano ospiti delle nostre patrie galere e che siano stati condannati ad una pena superiore a due anni di reclusione. Per capire, cioè, se tutto quello che è stato fatto su questa materia è una "bufala" oppure se, dopo tre anni, ha trovato pratica attuazione.

Abbiamo chiesto questo: ci è stato risposto cortesemente e correttamente dal Ministro per i rapporti con il Parlamento che il Ministro avrebbe riferito al Comitato di controllo sull'attuazione dell'Accordo di Schengen. Poiché ciò non è la stessa cosa e, poiché credo che di questa materia, cioè di sicurezza, se ne debba discutere in Aula, perché trattasi di materia d'interesse generale, credo che rifiutarsi di venire a rendere questa informativa sia un'ammissione di questo Governo circa il fatto che non è nelle condizioni di governare in termini di efficienza né il personale delle forze di polizia, né i problemi della sicurezza.

La terza ragione per la quale noi non abbiamo votato il calendario è perché siamo contrari al ritorno in Aula - quindi all'esame e all'approvazione - del provvedimento che riguarda la disciplina della rappresentanza istituzionale locale degli italiani residenti all'estero, perché riteniamo che sia un provvedimento gravissimo, sbagliato, che viola i principi di democrazia e di rappresentanza dei nostri connazionali residenti all'estero attribuendo un potere discrezionale al Governo nella selezione dei rappresentanti degli italiani all'estero.

Queste sono le ragioni per le quali abbiamo votato contro il calendario e - lo dico a futura memoria - saranno le ragioni per le quali continueremo a votare contro il calendario fino a quando queste domande non troveranno risposta. (Applausi dal Gruppo UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI e del senatore Pardi).

LI GOTTI (IdV). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LI GOTTI (IdV). Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, neanche noi abbiamo votato il calendario dei lavori dell'Assemblea, e ve ne spiego la ragione. Celebriamo in questi giorni il primo anniversario del Consiglio dei ministri straordinario in cui venne presentato il disegno di legge del Governo di anticorruzione. Fu un fatto eccezionale, perché fu convocato il Consiglio dei ministri di lunedì, casualmente in coincidenza con la data di un processo, perché era importante intervenire sulla materia della corruzione.

É passato un anno; poi finalmente è arrivato all'esame delle Commissioni 1a e 2a riunite. Abbiamo presentato gli emendamenti e, con spirito di collaborazione nei confronti del prodotto del Governo, abbiamo rinunciato alla discussione generale per spostare tutto in fase di esame degli emendamenti. Sennonché la maggioranza fa la pratica ostruzionistica al Governo: mentre noi cerchiamo di dare una mano al Governo, la maggioranza rallenta il lavoro.

Nel mese di ottobre, esattamente il giorno 6 ottobre del 2010, gli emendamenti sono stati messi a disposizione della Commissione bilancio. Sono passati sette mesi e mezzo, e ancora non si vede l'esito. É chiaro che questo è un atteggiamento ostruzionistico: non è pensabile che occorra tanto tempo, dal mese di ottobre del 2010, per fornire i pareri sugli emendamenti. Ma questo fa il paio, signor Presidente e onorevoli colleghi, con il disegno di legge, presentato nel novembre 2008, di ratifica della Convenzione di Strasburgo del 1999 di contrasto alla corruzione penale. La ratifica è del 1999, per cui risale a 12 anni fa, e il disegno di legge è stato presentato nel novembre del 2008 e si tratta di una ratifica secca.

Sono mesi, signor Presidente, che il Governo chiede il rinvio perché deve fornire il parere su un unico ordine del giorno presentato in Commissione. Se questo non è ostruzionismo della maggioranza contro il Governo e del Governo contro se stesso, che cosa è? Perché sulla corruzione vengono posti tutti questi freni? Per quale motivo non si riesce a portare in Aula un qualcosa che si era detto essere essenziale, anche alla luce delle denunce provenienti dalla Corte dei conti sul disastro che induce la corruzione sul nostro sistema economico?

Insomma, vogliamo affrontare questa disciplina, oppure dobbiamo occuparci della prescrizione breve? È questo il problema.

Noi vogliamo affrontare i provvedimenti anche proposti dal Governo su temi importanti che condividiamo, ma non possiamo subire una pratica ostruzionistica che non fa bene al Paese e non è nell'interesse dei cittadini.

Allora, anche noi non voteremo il calendario dei lavori fin quando non verrà accelerato il lavoro per consentire a quest'Aula di esaminare un provvedimento atteso, nonchè un altro atteso addirittura da 12 anni. (Applausi dal Gruppo IdV e del senatore Peterlini).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, permettete alla Presidenza di riassumere la situazione e di avanzare una proposta su come procedere.

I senatori Zanda, D'Alia e Li Gotti hanno chiesto una modifica del calendario dei lavori dell'Assemblea per consentire l'inserimento del disegno di legge contro la corruzione.

Inoltre, il presidente D'Alia ha richiesto un'ulteriore modifica del calendario sia per inserirvi l'informativa del Ministro dell'interno su questioni di sua competenza sia per espungere dal calendario il disegno di legge sulla rappresentanza degli italiani all'estero.

Procederemo in questo modo. La Presidenza metterà prima in votazione la proposta di inserire in calendario il disegno di legge contro la corruzione, che è stata avanzata da tutti i tre Gruppi di opposizione.

Metto ai voti la proposta di modifica del calendario dei lavori dell'Assemblea, avanzata dal senatore Zanda e da altri senatori.

Non è approvata.

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la controprova.

PRESIDENTE. Ordino la chiusura delle porte. Procediamo alla controprova mediante procedimento elettronico. (Voci dall'opposizione chiedono reiteratamente un controllo sulla regolarità delle votazioni).

INCOSTANTE (PD). Signora Presidente, faccia ritirare quelle schede in prima fila.

PRESIDENTE. Invito i senatori Segretari a procedere alla verifica della regolarità delle votazioni.

(I senatori Segretari procedono al controllo. Brusìo e commenti dai banchi della maggioranza).

Colleghi, ci sono delle verifiche in corso. Se ognuno di voi resta al proprio posto, il lavoro dei senatori segretari è più facile.

LEGNINI (PD). Signora Presidente, ma li faccia sedere!

PRESIDENTE. Senatore Legnini, la Presidenza può richiamare all'ordine, come già ha ripetutamente fatto, ma non può certo obbligare i senatori a sedere.

Non è approvata.

Metto ai voti la proposta di modifica del calendario dei lavori dell'Assemblea, avanzata dal senatore D'Alia, tendente ad inserire un'informativa del Ministro dell'interno su questioni di sua competenza e ad espungere dal calendario il disegno di legge sulla rappresentanza degli italiani all'estero.

Non è approvata.

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Chiediamo la controprova.

PRESIDENTE. Ordino la chiusura delle porte. Procediamo alla controprova mediante procedimento elettronico.

Non è approvata.

Resta pertanto definitivo il calendario dei lavori adottato a maggioranza dalla Conferenza dei Capigruppo e da me comunicato all'Assemblea.

 

 


 

 

 

 

Senato della Repubblica

XVI LEGISLATURA

 

Assemblea

 

 

 

RESOCONTO STENOGRAFICO

ALLEGATI

 

 

ASSEMBLEA

 

560a seduta pubblica (antimeridiana):

 

mercoledì 1° giugno 2011

 

 

 

Presidenza della vicepresidente BONINO

 


(omissis)

Calendario dei lavori dell'Assemblea

 

PRESIDENTE. Nel corso della stessa riunione, la Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari ha altresì adottato - ai sensi dell'articolo 55 del Regolamento - il calendario dei lavori fino al 10 giugno 2011:

 

 

 

 

 

 

- Disegno di legge n. 2729 - Proroga termini delega federalismo fiscale (Approvato dalla Camera dei deputati)

- Disegno di legge n. 2362 - Giornata in memoria delle vittime dei disastri ambientali e industriali (Approvato dalla Camera dei deputati)

- Mozione n. 405, Ramponi, sulla sicurezza da minaccia cibernetica

- Mozione n. 355, Biondelli, sull'autismo

Mercoledì

giugno

ant.

h. 9,30-13

"

"

"

pom.

h. 16,30-20

 

 

 

 

 

 

 

Martedì

7

giugno

pom.

h. 16-20,30

- Disegno di legge n. 2156 e connessi - Anticorruzione

Mercoledì

8

"

ant.

h. 9,30-13,30

"

"

"

pom.

h. 16-20,30

Giovedì

9

"

ant.

h. 9,30-13,30

"

"

"

pom.

h. 16

Venerdì

10

"

ant.

h. 9,30
(se necessaria)

 

In apertura della seduta di martedì 7 giugno sarà commemorata la figura di Cavour, in occasione del 150° anniversario della morte.

 

Gli emendamenti al disegno di legge n. 2156 e connessi (Anticorruzione) dovranno essere presentati entro le ore 15 di lunedì 6 giugno.

(omissis)

 


 

 

 

 

Senato della Repubblica

XVI LEGISLATURA

 

Assemblea

 

 

 

 

 

RESOCONTO STENOGRAFICO

ALLEGATI

 

 

 

ASSEMBLEA

 

562a seduta pubblica (pomeridiana):

 

 

martedì 7 giugno 2011

 

 

Presidenza del vice presidente CHITI,

indi del presidente SCHIFANI

e della vice presidente MAURO

 

RESOCONTO STENOGRAFICO

 

 

Presidenza del vice presidente CHITI

 

PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 16,08).

Si dia lettura del processo verbale.

 

Si dia lettura del processo verbale.

BUTTI, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta pomeridiana del 1° giugno.

PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.

 

Comunicazioni della Presidenza

PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato, nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

 

Preannunzio di votazioni mediante procedimento elettronico

PRESIDENTE. Avverto che nel corso della seduta odierna potranno essere effettuate votazioni qualificate mediante il procedimento elettronico.

Pertanto decorre da questo momento il termine di venti minuti dal preavviso previsto dall'articolo 119, comma 1, del Regolamento (ore 16,09).

Colleghi, sospendo la seduta perché è in corso la Conferenza dei Capigruppo; la seduta riprenderà appena termineranno i suoi lavori.

(La seduta, sospesa alle ore 16,09, è ripresa alle ore 16,19).

 

Ripartizione dei tempi per la discussione del disegno di legge n. 2156
(Anticorruzione)
(17 ore e 30 minuti, escluse dichiarazioni di voto)

Governo

1 h.

 

Votazioni

5 h.

 

Gruppi 11 ore e 30 minuti, di cui (*):

 

 

PdL

2 h.

54'

PD

3 h.

29'

LNP

1 h.

11'

Misto

1 h.

06'

UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI

1 h.

 

IdV

 

57'

CN-Io Sud

 

55'

Dissenzienti

 

5'

(*) la ripartizione dei tempi, secondo un criterio non strettamente proporzionale, tiene conto di richieste avanzate da alcuni Gruppi.

Colleghi, prima di lasciare la Presidenza alla Vice Presidente di turno, vorrei svolgere una piccola sintesi dei nostri lavori. Al di là dell'esposizione del presidente Berselli, sono iscritti a parlare sul disegno di legge anticorruzione colleghi che impegneranno presumibilmente un tempo intorno alle tre ore. Quindi, se siete d'accordo, procederei con l'intervento del Presidente e gli interventi in discussione generale, per lasciare a domani mattina la replica del Governo con il conseguente inizio delle votazioni, per consentire ad ogni collega di potersi regolare oggi pomeriggio e fare in modo che nella seduta odierna si esaurisca la discussione generale e domani mattina si inizi la seduta con la replica del Governo e l'illustrazione e la votazione degli emendamenti.

 

LI GOTTI (IdV). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

LI GOTTI (IdV). Signor Presidente, ci rendiamo conto che è stata reiteratamente chiesta la fissazione dell'esame dei provvedimenti in materia di corruzione, presentati, per il mio Gruppo, nel giugno 2008 (penso analogamente per il Gruppo del PD), e poi dal Governo, nel maggio 2010. Il lavoro ha avuto inizio in 1a e 2a Commissione e il 6 ottobre 2010 sono stati depositati, secondo disposizione, gli emendamenti. Ho dovuto attendere per un lungo periodo i pareri sugli emendamenti, periodo che si è protratto per sette mesi. La 1a e la 2a Commissione hanno dovuto attendere, senza poter fare nulla, perché non veniva consentito di lavorare nel rispetto del Regolamento e quindi con i pareri della 5a Commissione e del Governo.

Siamo arrivati quindi in Aula in una situazione del tutto singolare, anche se non rara: finalmente sono stati formulati i pareri sugli emendamenti, ma nel momento stesso in cui sono stati formulati, era stata già fissata dalla Conferenza dei Capigruppo la discussione in Aula. Quindi, lo scorso giovedì noi abbiamo preso atto della realtà della fissazione in Aula e, in considerazione del gran numero di emendamenti formulati dal relatore, dalla maggioranza e dall'opposizione, che ammontano a circa 200, ci siamo resi conto che non avremmo potuto far alcun esame congruo e valido, essendo peraltro tutti quanti d'accordo che il provvedimento andava implementato dalle iniziative emendative.

Si giunge ora in Aula senza una relazione. L'ordine del giorno fa riferimento a sette disegni di legge. Gli emendamenti sono stati presentati sul disegno di legge del Governo. Si aggiunge poi un altro fatto: oggi pomeriggio le Commissioni riunite 2a e 3a hanno approvato il disegno di legge di ratifica, proposto dall'Italia dei Valori e dal Partito Democratico, della Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio del 1999.

La ratifica della Convenzione, alla quale l'Italia ha partecipato nel corso degli anni Novanta, obbliga il nostro Governo ad adeguare la normativa interna a ciò che è contenuto nella Convenzione. Invece, il disegno di legge del Governo è stato articolato senza tener conto della ratifica di una Convenzione; anzi, si era detto che fin quando essa non c'era non sarebbe stato possibile tenerne conto. Oggi, però, questo provvedimento è stato approvato dal Senato in Commissione, all'unanimità: pertanto, il disegno di legge del Governo non è in linea con la ratifica sulla quale si è pronunziato il Senato, sia pur in Commissione.

Allora, Presidente, nel segno della ragionevolezza, siamo arrivati in Aula senza relatore, oggi interviene un fatto nuovo.

 

PRESIDENTE. Non è un fatto nuovo. È un fatto ulteriore e positivo.

LI GOTTI (IdV). È un fatto ulteriore, nuovo, ma, a questo punto, si proceda nell'esame in Commissione adeguandoci alla Convenzione europea di Strasburgo del 27 gennaio 1999, cosa che sinora non abbiamo fatto.

 

PRESIDENTE. Senatore Li Gotti, la questione è chiara e le rispondo subito. La calendarizzazione è stata sollecitata per circa un mese da tutti i Gruppi dell'opposizione. La Presidenza ha più volte sollecitato le Commissioni riunite ad esaurire il proprio lavoro e a dare mandato al relatore; l'opposizione da alcune settimane - lei lo ricorderà - non votava più il calendario dei lavori, anche se non vi erano motivi di conflittualità, in relazione al fatto che questo provvedimento non veniva calendarizzato.

La Presidenza, la settimana scorsa, ha assunto l'iniziativa di portare in Conferenza dei Capigruppo questo provvedimento in modo da poterne discutere in data odierna. Questa scelta è stata condivisa all'unanimità da tutti i Gruppi, per cui ritengo di dover andare avanti nella discussione di questo provvedimento. Ciò nondimeno la sua osservazione di funzionalità è perfettamente fondata.

Se decidessimo di rinviare in Commissione il provvedimento anticorruzione (anche se non credo che in Aula vi sia accordo in tal senso), tutto sommato smentiremmo ciò che è stato deciso all'unanimità, e lei m'insegna che un calendario votato all'unanimità, proprio per questo motivo, non è smentibile. Allora, dobbiamo trovare un accordo.

Tuttavia, poiché la sua osservazione è pertinente, mi auguro che nella fase emendativa del disegno di legge si possa far tesoro della modifica. Eventualmente, così come abbiamo previsto un'assegnazione d'ufficio di questo provvedimento in calendario, faremo di tutto e saremo altrettanto vigili perché la ratifica possa essere messa in discussione. Di questo mi rendo garante.

La sua osservazione rispetto alla funzionalità è coerente, ma a questo punto, dopo tutto quello che si è fatto per arrivare ad esaminare il provvedimento in Aula, anche senza relatore, con una Conferenza dei Capigruppo voluta a tutti i costi e un calendario votato all'unanimità, e voluta anche da questa Presidenza (poiché il sottoscritto si è sempre battuto perché in Conferenza dei Capigruppo i calendari si votassero all'unanimità), in considerazione del fatto che le opposizioni si rifiutavano di votare qualunque calendario fino a quando non fosse stato calendarizzato questo provvedimento, mi sono preso la responsabilità, nella logica della gestione del bene comune e dunque di assicurare un buon andamento dei lavori (anche in seno alla Capigruppo), di calendarizzarlo, anche se l'esame in Commissione non era concluso, proprio per stemperare il clima di conflittualità che si respirava nella Conferenza dei Capigruppo a proposito del calendario, non per le questioni di cui si discuteva ma per il fatto che non veniva calendarizzato questo importante provvedimento d'iniziativa governativa, che da più di un anno attendeva di essere esaminato.

Ecco perché, pur condividendo la logica del suo intervento e il suo messaggio in ordine alla funzionalità dei lavori, sono costretto ad esortare tutti ad andare avanti e a procedere con la discussione del provvedimento. La Presidenza si farà carico, nella prossima Conferenza dei Capigruppo, di individuare uno spazio per discutere del provvedimento cui lei si è riferito nelle parti residue che non dovessero essere ricomprese nel provvedimento che ci accingiamo a discutere.

 

LI GOTTI (IdV). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LI GOTTI (IdV). Le chiedo solo un chiarimento, signor Presidente.

Il provvedimento che oggi è stato approvato dalle Commissioni 2a e 3a è di ratifica della Convenzione di Strasburgo, quindi è un provvedimento "secco".

 

PRESIDENTE. Lo comprendo. Dunque, difficilmente inseribile.

Cerco di sforzarmi, anche se non posso certo fare forzature. Spero apprezzi la mia buona volontà nel cercare una sintesi logica e coerente con il suo richiamo alla funzionalità nell'andamento dei lavori.

 

LI GOTTI (IdV). La mia preoccupazione era tesa ad evitare di fare oggi un lavoro che tra una settimana sarà superato dal voto di ratifica della Convenzione, già espresso in Commissione.

 

PRESIDENTE. Sospendere però la discussione di questo provvedimento oggi sarebbe una sconfitta per tutti, e non credo che lei, per la sua storia e l'impegno dimostrato, ambisca ad iscriversi al club di coloro che decretano la sconfitta della calendarizzazione di un importante provvedimento che tocca l'anticorruzione. Non lo immagino minimamente.

 

FINOCCHIARO (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

FINOCCHIARO (PD). Signor Presidente, non intendo intervenire sulla funzionalità dei nostri lavori perché la questione che ci si pone oggi non è procedurale, né alcuno, ovviamente, può pensare in quest'Aula che stiamo sollevando tale questione in chiave ostruzionistica, visto che come lei ha ricordato - e di questo la ringrazio - per mesi non abbiamo addirittura votato il calendario in attesa che questo provvedimento venisse iscritto all'ordine del giorno.

La questione che voglio sollevare, e che voglio sollevare dentro la cornice della discussione del disegno di legge di iniziativa del Governo sulla corruzione, è eminentemente e squisitamente politica. E rispetto a questo mi piacerebbe che sia il Governo, che i colleghi della maggioranza dicessero una parola perché, come ha ricordato il senatore Li Gotti, se oggi le Commissioni riunite 2a e 3a approvano e destinano quindi all'Aula la ratifica della Convenzione di Strasburgo sulla corruzione, che è ovviamente una ratifica che attende poi di essere tradotta in norme con le quali il nostro ordinamento si adegui a quelle linee direttive, si pone qui una domanda sostanziale, politica. Ora, senza risposta a questa domanda il nostro lavoro, celere o non celere, funzionale o no, rischia di essere senza senso e credo che ciò sarebbe molto grave per un procedimento legislativo.

Il problema è che emendamenti tendenti ad un adeguamento sulla base della ratifica della Convenzione di Strasburgo sono stati presentati sia in Commissione che in Aula. Sono emendamenti sui quali il Governo ha sempre espresso parere contrario, così come contrario è stato in Commissione il parere del relatore di maggioranza. E tali pareri non sono contrari sulla base di un rapporto gerarchico o temporale, ma sulla base di una valutazione di merito: mi chiedo dunque in quale campo ignoto ci stiamo inoltrando.

Dunque, la prima domanda semplice alla quale, secondo me, il Governo e la maggioranza dovrebbero rispondere è la seguente: poiché questo lavoro che riguarda la ratifica della Convenzione di Strasburgo si è già concluso positivamente in Commissione, non è forse ovvio che l'Assemblea, nell'affrontare il provvedimento sulla corruzione, debba uniformare il contenuto e quindi accogliere gli emendamenti traduttivi delle linee contenute nella Convenzione? Se così non fosse, si seguirebbe la logica un po' meccanicista di cui parla lei - mi perdoni, signor Presidente - per cui prima ci occupiamo di questo provvedimento e in seguito approviamo la ratifica. E poi che facciamo? Approviamo un altro provvedimento con cui, in seguito alla ratifica, torniamo a modificare il nostro sistema legislativo in materia di corruzione?

Questo è francamente senza senso. Pongo questa domanda perché ci si intenda: stiamo cominciando l'esame di un provvedimento importante; sono già stati presentati emendamenti, e ovviamente il Governo potrà presentarne altri in qualsiasi momento. Si intende dunque che questo lavoro, cui noi attribuiamo una grandissima importanza, è un lavoro - come si dice con una brutta espressione - in progress, nel senso che approfitteremo del lavoro dell'Assemblea affinché siano compresi i contenuti ricadenti nel nostro ordinamento sulla base di quella ratifica, oppure no? Non è un fatto di metodo, non è un fatto procedurale, non è un espediente ostruzionistico. Dopo avere battagliato per tanto tempo, come ha riconosciuto il Presidente, per discutere il provvedimento in Assemblea, un atteggiamento del genere sarebbe insensato da parte nostra. C'è invece la volontà di fare un lavoro serio.

Vogliamo sapere cosa dice il Governo e cosa dice la maggioranza. Riteniamo di attribuire tutti a questo provvedimento la medesima importanza e quindi di farne «il» luogo, e non uno dei luoghi nei quali compiere a puntate quest'opera? Penso sia questa la domanda preliminare: non prendo neanche in considerazione - e lo dico subito - il ritorno in Commissione del provvedimento, perché come sempre è l'animus ad essere determinante.

Abbiamo già assistito, nel corso di questa legislatura, al rinvio in Commissione di un provvedimento come la riforma dell'ordinamento forense, con il risultato che esso è rimasto un altro mese in Commissione e non è stata cambiata una virgola. Dunque, quello che conta è l'intenzione: abbiamo l'intenzione di fare tesoro di questo trovato consenso intorno a quella ratifica, oppure no? (Applausi dal Gruppo PD).

 

PRESIDENTE. Vedremo: saranno il Governo e l'Assemblea a decidere.

 

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Signor Presidente, intervengo brevemente sull'ordine dei lavori. In primo luogo, voglio dare atto al Presidente di aver accolto la nostra richiesta di calendarizzare il disegno di legge. Noi siamo per andare avanti nell'esame di questo provvedimento. La questione che ha posto la presidente Finocchiaro, che condivido, è di natura politica, prima ancora che procedurale. Su questo è evidente che la risposta non può darla lei, signor Presidente, ma la devono dare il Governo e la maggioranza.

 

PRESIDENTE. Verrà data durante i lavori. Non credo che il Governo possa rispondere in questa fase: durante i lavori avrà il diritto e il dovere di parlare, ma ora siamo in una fase preliminare. Lei mi insegna, senatore D'Alia, che in questa fase il Governo non può concordare con l'opposizione o con la maggioranza ciò che farà. Lo dico come arbitro delle regole parlamentari.

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Signor Presidente, il problema è il seguente: abbiamo una serie di emendamenti, presentati un po' da tutti, che in qualche modo riproducono il testo della Convenzione di Strasburgo, che è stata approvata in Commissione, all'unanimità.

 

PRESIDENTE. Questo è chiaro, ed è stato detto anche dalla senatrice Finocchiaro.

 

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Non chiedo infatti che il Governo e la maggioranza, in via preliminare, diano una risposta che forse ancora non hanno e su cui forse hanno ancora bisogno di riflettere. Credo però sia giusto ed utile riuscire a fare un lavoro serio su questo tema e quindi, se dobbiamo andare avanti, occorre comprendere, considerato che non conosciamo il parere sugli emendamenti, quale sarà l'orientamento della maggioranza. Questa era la nostra richiesta politica, che ovviamente rivolgiamo a lei, signor Presidente.

 

PRESIDENTE. Come lei sa bene, sulle richieste politiche la Presidenza non può dare riscontro. La ringrazio comunque per aver dato atto alla Presidenza dello sforzo compiuto nell'aver portato questo provvedimento all'esame dell'Aula, anche senza relatore, dopo varie richieste dell'opposizione. Mi auguro che dal dibattito parlamentare che ci accingiamo a svolgere sia fatta chiarezza, sia da parte della maggioranza che da parte del Governo, sui punti che ponete in discussione e che si sostanziano nella necessità di recepire, nel provvedimento in esame, il contenuto della ratifica della Convenzione sulla corruzione esitata oggi positivamente dalle Commissioni riunite 2a e 3a.

Colleghi, non essendovi altri interventi, i lavori proseguiranno con la discussione generale sui disegni di legge all'ordine del giorno, mentre la replica e l'esame degli emendamenti avranno luogo nelle sedute di domani.

Poichè non si fanno osservazioni, così rimane stabilito.

 

Discussione dei disegni di legge:

 

(2156) Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione

(2044) BAIO ed altri. - Misure per contrastare fenomeni corruttivi nel rapporto tra eletti, cittadini e pubblica amministrazione

(2164) LI GOTTI ed altri. - Norme per il contrasto alla corruzione nella pubblica amministrazione e in materia di cause ostative all'assunzione di incarichi di governo, incandidabilità ed ineleggibilità dei condannati per reati contro la pubblica amministrazione. Delega al Governo in materia di coordinamento del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267

(2168) D'ALIA. - Disciplina della partecipazione alla vita pubblica e degli emolumenti per l'esercizio della funzione pubblica, regolamentazione degli incarichi di consulenza e norme in materia di contrasto a fenomeni di corruzione

(2174) FINOCCHIARO ed altri. - Norme per il contrasto alla corruzione nella pubblica amministrazione e nel settore privato. Cause ostative all'assunzione di incarichi di governo, incandidabilità ed ineleggibilità dei responsabili per reati contro la pubblica amministrazione e collegati

(2340) DELLA MONICA ed altri. - Norme per la trasparenza, la prevenzione e la repressione della corruzione e per il contrasto all'illegalità nel settore pubblico e privato

(2346) ZANDA. - Norme per il contrasto alla corruzione nella pubblica amministrazione e nel settore privato(ore 17,55)

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione dei disegni di legge nn. 2156, 2044, 2164, 2168, 2174, 2340 e 2346.

Ha facoltà di parlare il senatore Berselli, presidente della 2a Commissione permanente, per riferire sui lavori delle Commissioni riunite 1a e 2a.

 

BERSELLI (PdL). Signor Presidente, onorevoli senatori, le Commissioni affari costituzionali e giustizia hanno dato inizio all'esame del disegno di legge del Governo n. 2156, recante disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e della illegalità nella pubblica amministrazione e dei disegni di legge congiunti nella seduta dell'11 maggio 2010.

Presidenza della vice presidente MAURO(ore 17,57)

 

(Segue BERSELLI). Il primo problema che si è presentato, subito dopo le relazioni introduttive dei senatori Malan e Balboni, è stato quello del coordinamento tra l'iter di queste iniziative legislative e quello dei disegni di legge nn. 850 e 2058, assegnati alle Commissioni giustizia ed affari esteri in materia di ratifica della Convenzione di Strasburgo sulla corruzione, problema che si è ritenuto di risolvere, anche sulla base delle indicazioni espresse dalla Presidenza del Senato, nel senso di limitare la portata dei testi all'esame delle Commissioni giustizia ed affari esteri esclusivamente alle norme di ratifica in senso stretto. In data odierna, come è stato ricordato, è stato licenziato il relativo testo, con il mandato conferito ai relatori Balboni e Palmizio a riferire all'Assemblea in senso favorevole all'approvazione del testo.

Dopo aver tenuto la discussione generale nelle sedute del 20, 25 maggio e del 16 giugno 2010, gli Uffici di Presidenza delle Commissioni riunite hanno svolto un approfondito ciclo di audizioni informali, nel corso del quale sono stati ascoltati: le associazioni di categoria della magistratura ordinaria, amministrativa e contabile, nonché l'Unione delle camere penali; il procuratore nazionale antimafia; magistrati con particolare competenza nel ramo, quali il procuratore aggiunto della procura della Repubblica di Milano, dottor Francesco Greco, il procuratore della Repubblica di Bologna, dottor Roberto Alfonso, il sostituto procuratore generale presso la Corte d'appello dell'Aquila, dottor Davide Mancini, e il dottor Piercamillo Davigo, della Corte suprema di cassazione; i presidenti del Consiglio di Stato e della Corte dei conti; il direttore della Direzione investigativa antimafia, il capo dipartimento del servizio anticorruzione e trasparenza del Ministero per la pubblica amministrazione e l'innovazione, i presidenti dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato e della Commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche; i rappresentanti delle organizzazioni sindacali del pubblico impiego, i rappresentanti delle organizzazioni sindacali delle forze di polizia, i rappresentanti della Confindustria, di Rete imprese Italia, dell'associazione nazionale costruttori edili e del consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti; il Presidente dell'istituto nazionale degli amministratori giudiziari e rappresentanti del comitato di coordinamento dell'alta sorveglianza delle grandi opere del Ministero dell'interno e della Banca d'Italia, rappresentanti della Polizia, dei Carabinieri e della Guardia di finanza.

Il 27 luglio dell'anno scorso è ripreso l'esame, ed è stato fissato il termine per la presentazione degli emendamenti dapprima per il 27 settembre, e poi, su richiesta dell'opposizione, per il giorno successivo.

In data 29 settembre 2010 è iniziata l'illustrazione degli emendamenti e, in considerazione dell'ampiezza di taluni e dell'ampia portata di alcuni emendamenti dei relatori, sempre su richiesta dell'opposizione, è stato fissato per il 6 ottobre il termine per la presentazione di subemendamenti.

L'illustrazione degli emendamenti e dei subemendamenti è poi proseguita nelle sedute del 6 e del 20 ottobre, nonché del 3 novembre 2010.

L'esame è ripreso il 18 gennaio 2011, ma - anche in considerazione del fatto che la Commissione bilancio, che aveva espresso il proprio parere sul disegno di legge in data 4 novembre, non si era però ancora pronunciata sugli emendamenti - i relatori e il Governo hanno ritenuto in due occasioni di rinviare anch'essi l'espressione dei loro pareri.

Finalmente, nelle sedute del 3, 29 e 24 maggio 2011 i relatori e i rappresentanti del Governo hanno espresso il parere sugli emendamenti e, contemporaneamente, è pervenuto il parere della Commissione bilancio.

Pertanto, le Commissioni riunite sono state convocate in data 1° giugno al fine di dare inizio alla votazione degli emendamenti. Tuttavia, in considerazione della notizia che la Conferenza dei Presidenti dei Gruppi parlamentari, convocata per quella stessa mattina, si sarebbe pronunciata sulla iscrizione all'ordine del giorno dell'Assemblea dei disegni di legge sulla corruzione già nella seduta di oggi, le Commissioni riunite, anche in considerazione dell'imminenza della Festa della Repubblica e del fatto che la campagna referendaria in atto avrebbe reso impraticabile una convocazione straordinaria delle Commissioni riunite nel fine settimana, hanno ritenuto di non procedere alla votazione dei numerosi emendamenti e quindi del mandato ai relatori.

Saluto ad una rappresentanza di studenti

 

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, informo che stanno assistendo ai nostri lavori gli studenti dell'Associazione Diplomatici di Catania, cui diamo il benvenuto. (Applausi).

Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn.
2156, 2044, 2164, 2168, 2174, 2340e 2346 (ore 18,02)

 

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, in relazione a quanto riferito dal senatore Berselli, non essendo stato concluso l'esame nelle Commissioni riunite 1a e 2a, il disegno di legge n. 2156 sarà discusso nel testo presentato dal Governo, senza relazione, ai sensi dell'articolo 44, comma 3, del Regolamento.

Dichiaro aperta la discussione generale.

È iscritto a parlare il senatore D'Ambrosio. Ne ha facoltà.

 

D'AMBROSIO (PD). Signora Presidente, devo dire innanzi tutto che forse abbiamo pensato che la corruzione riguardasse solo l'Italia, invece è un problema che riguarda tutti gli Stati, sia quelli progrediti che quelli non progrediti. La corruzione è infatti un fenomeno estremamente preoccupante; l'ho detto fin dall'inizio, fin da quando iniziò Mani pulite. È estremamente preoccupante perché altera la concorrenza, per il semplice fatto che le imprese, anziché cercare di migliorare la propria organizzazione, la propria capacità, cercano il padrino o cercano di corrompere e, quindi, attraverso la corruzione superano tutti questi ostacoli.

Inoltre, danneggia la società per il semplice fatto che, quando si ha un funzionario corrotto, alla fine dei conti si ha sicuramente anche un'opera che non funziona. Lo stesso funzionario che ha dato in concessione l'appalto, infatti, quando deve andare a controllare l'opera, se è stato corrotto e trova qualcosa che non va, non sarà certo lui a rilevarla. La corruzione finisce con l'incidere anche sulla qualità delle opere che vengono date in appalto.

Detto questo, sottolineo che il problema della corruzione affligge l'Italia in maniera particolare. Secondo una graduatoria di Transparency international, solo negli ultimi due anni, l'Italia è passata dal 55° al 73° posto, dopo il Cile, la Corea del Sud, il Costa Rica e addirittura il Botswana, che forse qualcuno non ha mai sentito nominare perché si tratta di uno Stato tra lo Zimbabwe e il Sudafrica con poco più di un milione e mezzo di abitanti. Allora, io mi domando: per quale ragione un Paese come l'Italia, che è certamente civile e che ha un'ottima polizia e un'ottima magistratura, si trova al 73° posto?

Non so quanto sia attendibile questa graduatoria, però una cosa è certa: in Italia, sia secondo i dati ISTAT che della Corte dei conti, i reati di corruzione sono in netto aumento. Il dato è estremamente preoccupante. Chiedo scusa alla Presidenza se mi dilungo un po', ma credo che l'argomento della corruzione sia estremamente importante e interessi tutti. La lotta alla corruzione va fatta seriamente nel vero senso della parola perché - l'ho detto prima - altera la concorrenza e perché favorisce anche la criminalità organizzata. La criminalità organizzata, infatti, disponendo di una quantità di denaro liquido immensa è in condizione di corrompere chiunque, non ha bisogno di minacciare. D'altra parte, guardate che chi viene corrotto riceve una somma che rappresenta fino a svariati anni di stipendio: quindi, comprenderete bene quanto può essere forte la tentazione.

Inoltre, lo abbiamo sentito dire da tutti e lo posso confermare anch'io per esperienza personale, la corruzione è contagiosa, perché se in un ufficio c'è un impiegato corrotto si corrompono tutti quanti. Abbiamo avuto casi di persone appena assunte coinvolte in processi di corruzione perché si erano corrotte insieme agli altri dell'ufficio. Molto raramente c'è stato qualcuno che si è presentato da noi denunciando la corruzione riscontrata: non succede quasi mai e, quand'è successo, la persona che ha denunciato ha passato i suoi guai. Quale è la ragione fondamentale per cui la corruzione in Italia cresce? In questa Aula sono stato chiamato anche assassino per avere fatto Mani pulite. Me lo ricordo perfettamente, e mi è dispiaciuto molto, perché eravamo convinti che effettivamente si stesse facendo una cosa seria contro la corruzione. Infatti, badate bene, il potere politico, per ottenere che gli appalti andassero a finire a chi dovevano andare, ha dovuto servirsi della classe burocratica.

Allora non mi meraviglio affatto che l'Italia sia al settantatreesimo posto di quella graduatoria. A seguito dell'inchiesta, infatti, sono stati colpiti i politici, ma spesso la classe burocratica è rimasta indenne. Anzi, nei casi in cui è stata colpita, o i reati sono andati in prescrizione o, addirittura, i soggetti interessati non sono stati neanche messi sotto processo disciplinare, e sono rimasti al loro posto.

Ora, chi si è corrotto una volta, signora Presidente, si corrompe di nuovo. È questo il guaio della corruzione, e perciò la corruzione in Italia è così diffusa. Ma allora, quale è la domanda che dobbiamo porci? La domanda è: questo disegno di legge del Governo che ci è stato presentato effettivamente combatte la corruzione? Effettivamente riduce la corruzione? Non incide minimamente, secondo me - e ve lo dice un esperto - sul fenomeno della corruzione. Non incide minimamente, e chiediamoci cosa doveva essere fatto. In questo disegno di legge, la prima misura presa è un piano nazionale anticorruzione.

Si badi bene che il Piano nazionale anticorruzione doveva cercare, innanzitutto, di uniformare le nostre norme giuridiche a quelle degli altri Stati che hanno sottoscritto le nostre stesse convenzioni, che ora sono state entrambe approvate: sia la Convenzione dell'ONU del 2001 sia la convenzione di Strasburgo del 2009, che abbiamo approvato oggi in Commissione all'unanimità.

Cosa bisognava fare, innanzitutto? Creare un organo assolutamente indipendente per il controllo degli appalti, sia pubblici che privati, signora Presidente.

Invece, cosa vogliamo fare con questo disegno di legge? Abbiamo creato un osservatorio sulla corruzione e gli altri illeciti nella pubblica amministrazione, che non è però un osservatorio su tutti i contratti della pubblica amministrazione, ma si occupa dei contratti pubblici, del codice degli appalti. Quindi, restano fuori dall'oggetto di questo osservatorio i contratti urgenti, che non seguono la normativa dei contratti pubblici. Restano fuori anche i contratti per le grandi opere, che non solo vengono sottratti al controllo preventivo della Corte dei conti, ma vengono anche sottratti a questo osservatorio. Io mi domando, allora, se sia giusto che una legge che voglia effettivamente contrastare la corruzione affidi questo osservatorio, innanzitutto, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Gli ultimi scandali ci dicono che, forse, la Presidenza del Consiglio dei Ministri aveva vicino persone, specialmente quando si parla di appalti di grandi opere, che forse non facevano tanto il loro dovere.

Quindi, noi abbiamo soppresso un ente assolutamente autonomo, come era l'Alto commissario per la lotta alla corruzione, che è stato soppresso appena 40 giorni dopo che questo organo, assolutamente indipendente, finalmente aveva stipulato una convenzione con il settore della pubblica amministrazione che si occupa dell'informatizzazione, al fine di informatizzare tutti i contratti, sia pubblici che privati. Invece, con il provvedimento al nostro esame questi contratti, che non sono pubblici, cioè non fanno parte del codice degli appalti, non li controlla nessuno. Ed è qui che, almeno da quanto risulta dai recenti fatti di cronaca, si sono verificati gli illeciti.

Signora Presidente, non è stato fatto niente per cercare di scoprire un reato che è difficile da individuare. L'articolo 3 del testo al nostro esame prevede l'istituzione della Banca dati nazionale dei contratti pubblici, della quale fanno parte i dati previsti dal comma 4, lettera a) e d). Ciò significa che non saranno inseriti né i contratti urgenti né quelli delle grandi opere. Ma istituire una banca dati, signora Presidente, senza che questa venga informatizzata, mi chiedo a cosa serva. Sono stato procuratore a Milano dove c'è la procura distrettuale, e il vero beneficio possiamo dire di averlo avuto quando sono stati informatizzati tutte le deposizioni e gli interrogatori resi nell'ambito dei procedimenti sulla criminalità organizzata.

Ed è questo che dà la forza. In altri termini, se si inseriscono in una banca dati tutti i contratti, sia pubblici che privati, e poi li si elabora, allora è possibile accorgersi dell'esistenza di elementi validi per combattere la corruzione. D'altra parte, se si fosse voluto fare una cosa seria non si sarebbe neanche dovuto fare quello che è stato fatto per gli enti locali. Mi è parso di sentire che il Governo vuole stralciare questa parte e forse essa verrà espunta dal testo; tuttavia, affidare ad altri che non siano organi assolutamente indipendenti, ma che dipendano dallo stesso ente il controllo sugli appalti che vengono stipulati e sui contratti pubblici credo sia una delle cose più inverosimili. È come se, per i contratti in cui si verifica la corruzione, non si rispettassero le regole: l'esperienza insegna che, anzi, è proprio in quei contratti che le regole vengono rispettate fino in fondo, perché non compaia la corruzione. Se poi l'intento era solo quello assicurare il risparmio e dire: "Comunicate prima agli organi contabili che fate questo contratto, e se vi si dice che i fondi ci sono, lo fate", allora è tutto un altro discorso.

Mi dispiace, signora Presidente, dover concludere il mio intervento prima di passare all'analisi dell'ultima parte del provvedimento, dove si è cercato di modificare i reati. Ebbene, non si è modificato nulla. In particolare, per il reato di corruzione non si è modificata neanche la pena massima in modo da allungare i termini di prescrizione. Si è elevata la pena massima da cinque a sei anni, e noi sappiamo che in base a quanto dispone la ex legge Cirielli, quando la pena è inferiore a sei anni, per calcolare la prescrizione si comincia dai sei anni. In sostanza, si è aumentata la pena, senza incidere minimamente sul termine di prescrizione.

Non solo. Non si è modificato neanche l'articolo 158 del codice penale, che fu modificato nel 2005 proprio per evitare che, per calcolare la prescrizione in caso di corruzione, si partisse dalla fine della continuazione. Al contrario, adesso - e si continuerà in tal modo perché non è stato detto niente in questa legge - la prescrizione si calcola dalla consumazione di ciascun reato. Quindi, provate ad immaginare un funzionario che si corrompe per 500 volte; la maggior parte dei reati, nel momento in cui viene scoperta, è già prescritta o si prescriverà durante il processo.

Non si è poi pronunciata una sola parola - signora Presidente, sto per concludere - per assicurare che quantomeno lo Stato venga risarcito dei danni. Signora Presidente, quando un reato si prescrive, il giudice non può disporre la confisca neanche di quanto ha sequestrato. Quindi, se ha sequestrato ciò che ha ricevuto come compenso della corruzione, lo deve restituire. Questo è il punto in cui siamo.

Se mi venite a chiedere perché votiamo contro questo disegno di legge, adesso sapete per quale motivo lo facciamo. Non serve assolutamente a nulla per combattere la corruzione. (Applausi dal Gruppo PD e dei senatori Pardi e Baio. Congratulazioni).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Saia. Ne ha facoltà.

 

SAIA (CN-Io Sud). Signora Presidente, la ringrazio per avermi cortesemente fatto intervenire, pur avendolo richiesto all'ultimo. Per questo motivo intervengo solo per annunciare che il Gruppo di Coesione Nazionale - altri due miei colleghi interverranno nel merito - saluta con favore l'approdo in Aula del provvedimento al nostro esame.

Mi sarebbe piaciuto dare qualche risposta al collega che mi ha preceduto sull'utilità o meno di tale provvedimento. In ogni caso, chiedo alla Presidenza di poter consegnare il testo del mio intervento affinchè sia allegato al Resoconto della seduta odierna.

 

PRESIDENTE. La Presidenza l'autorizza in tal senso..

È iscritto a parlare il senatore D'Ambrosio Lettieri. Ne ha facoltà.

 

D'AMBROSIO LETTIERI (PdL). Signora Presidente, onorevoli colleghi, secondo la Corte dei conti, la corruzione in Italia costa al Paese 60 miliardi all'anno, con una crescita che nel 2010 ha registrato un aumento di circa il 30 per cento rispetto all'anno precedente.

Secondo Transparency International, nel decennio 2001-2010, con riferimento al parametro corruzione, l'Italia è scesa dal 29° posto che occupava, spostandosi dal gruppo dei Paesi democratici più avanzati e collocandosi in posizioni di coda nelle graduatorie internazionali, insieme a Georgia, Brasile, Guatemala ed Egitto.

Le analisi internazionali relative all'impatto della corruzione sull'economia, assumendo come parametro di riferimento il Corruption Perception Index, ci dicono con evidente chiarezza che vi è un rapporto tra il prodotto nazionale lordo, il tasso di crescita del prodotto interno lordo, il costo del rischio di investimento, il costo del credito, il livello degli investimenti diretti esteri e il fenomeno corruttivo.

Il costante sviluppo di questi raffronti evidenzia una significativa correlazione fra la corruzione ed i fattori indicatori della crescita economica del Paese.

Proprio oggi, in un interessante convegno organizzato dalla Farmindustria di Sergio Dompè, si è offerta l'occasione per rilanciare nel dibattito pubblico il tema della legalità e dell'efficienza, termini sostanzialmente antinomici rispetto alla correlazione fra corruzione e spreco.

La rilevanza e la drammatica attualità del tema è racchiusa in una recente dichiarazione del ministro Brunetta che rileva come il balzello occulto della corruzione «equivale ad una tassa di mille euro all'anno per ogni italiano, neonati inclusi». Secondo Trasparency International, ossia un organismo no profit che studia il fenomeno della corruzione a livello globale e fornisce percentuali particolarmente interessanti: il 44 per cento degli italiani crede che la corruzione incida in modo significativo sulla sua vita personale e familiare; per il 92 per cento che sistema economico ne è condizionato; per il 95 per cento che i fenomeni corruttivi incidono sulla vita politica; per l'85 per cento la corruzione ha riflessi sulla cultura e i valori della società. Più del 70 per cento della società ritiene che nei prossimi anni la corruzione sia destinata a non diminuire.

È di questi giorni il rapporto del Consiglio d'Europa sulla corruzione in Italia, che si conclude con 22 raccomandazioni di valenza amministrativa che riguardano la necessità di introdurre standard etici procedurali per evitare l'interruzione dei processi e normative relative alle nuove figure di reato.

Sulla base di tali sintetiche osservazioni non si può che salutare con particolare apprezzamento e convinta determinazione il disegno di legge oggi in discussione, le cui misure sono dirette a contrastare i fenomeni di corruzione sotto il profilo istituzionale, penale ed amministrativo, offrendo così un segnale chiaro e preciso al Paese e rispondendo ad una forte esigenza di trasparenza e di controllo sull'uso del denaro pubblico, confermata dallo stato di diffuso malessere presente nella nostra comunità, nelle parte sociali e nelle organizzazioni imprenditoriali.

Il Piano nazionale anticorruzione è certamente lo strumento che attua le politiche e le buone pratiche di prevenzione della corruzione specificamente previste nel capo II della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall'Assemblea generale dell'ONU, con riferimento anche alle iniziative da intraprendere, che trovano riscontro nell'odierno provvedimento. Quest'ultimo rafforza l'efficacia dissuasiva delle norme penali ed agevola la repressione di fenomeni criminali che hanno un profondo disvalore sociale.

Ma c'è di più: questo disegno di legge fonda la sua architettura anche su norme mirate alla prevenzione del fenomeno della corruzione e introduce criteri di selezione della classe politica, liberandola dalla mortificante condizione di casta e restituendole il suo significato più alto, come peraltro accade molto spesso in quest'Aula attraverso un lavoro faticoso e serio che svolgiamo insieme.

La trasparenza dell'attività amministrativa, l'accesso e la conoscenza dei procedimenti da parte dei cittadini rappresentano fattori determinanti per favorire il controllo e la verifica della legalità dell'azione amministrativa. L'istituzione dell'Osservatorio sulla corruzione e sugli altri illeciti nella pubblica amministrazione e le numerose iniziative di medio e lungo periodo sono un ottimo viatico anche per adeguare l'ordinamento giuridico agli standard internazionali.

L'approvazione di tali misure è indispensabile ed urgente, anche al fine di restituire al Paese e alle sue istituzioni quella necessaria credibilità a cui, purtroppo, i fenomeni corruttivi hanno inferto un duro colpo, con effetti negativi anche sugli investitori esteri, il conseguente rallentamento dello sviluppo economico, e l'estendersi della sfiducia delle imprese e dei cittadini, con conseguenti ricadute negative anche sull'occupazione e nello stesso rapporto tra il Palazzo e la piazza.

La valenza del provvedimento è resa più evidente dalla crisi finanziaria, nella consapevolezza che i maggiori costi che derivano dai fenomeni corruttivi si riflettono direttamente sul debito pubblico e, in definitiva, sulla pressione fiscale cui sono sottoposti i cittadini.

Trasparenza è, dunque, la parola d'ordine che deve aprire le porte al controllo ed alla responsabilità, con le sanzioni che sono lì a ricordare che «cosa pubblica» significa «cosa di tutti», e che come tale va gestita nell'interesse collettivo.

Un monito, da questo punto di vista, arriva non solo dalla magistratura penale e da quella contabile, ma anche da altre autorità come quella sugli appalti pubblici, la cui attività di indagine conferma come, non di rado, l'esercizio dei pubblici poteri sia motivo di alterazione dei principi della concorrenza, con un possibile orientamento verso l'illecito utilizzo delle risorse pubbliche per coagulare in modo indebito il consenso politico o per ottenere indebiti benefici economici personali.

Ma l'efficacia del disegno di legge in discussione appare di non meno rilevante efficacia anche per la semplificazione burocratica, perché uno snellimento delle procedure e una maggiore possibilità di interlocuzione dei cittadini e delle imprese con la pubblica amministrazione non possono che rivelarsi positivi sia ai fini della lotta all'illegalità e alla corruzione, sia della crescita e dello sviluppo.

È proprio in questo senso l'istituzione presso le prefetture di un elenco di fornitori e prestatori di servizi non soggetti a rischio di inquinamento mafioso, con l'obbligo di un continuo aggiornamento delle liste, soprattutto per quanto concerne le società.

Va osservato, infine, che i fenomeni corruttivi non sono solo quelli con evidente e conclamata valenza penale. Sì, perché esiste anche una forma di corruzione che talvolta si palesa in modo apparentemente privo di risvolti penali, ma che forse per questo è ancora più grave, perniciosa e subdola. Mi riferisco a quei comportamenti dei pubblici poteri che usano la burocrazia come strumento per l'indebito esercizio di un'azione discrezionale che è capace di complicare o di semplificare una procedura amministrativa, adattando i provvedimenti della pubblica amministrazione in funzione di appartenenze, di intrecci d'interesse e di inconfessate contiguità tra poteri di vario genere.

Cosa dire poi, per esempio, dei piani di rientro? Questi sono disciplinati da norme ben precise stabilite in ambito nazionale, che poi in modo assolutamente abile, almeno in parte e troppo spesso, in periferia, a livello regionale, vengono disattese, per creare le condizioni che favoriscono evidentemente, in dispregio ad un patto sancito in ambito nazionale, condizioni per coagulare un consenso politico.

Ecco perché non si può che apprezzare e condividere la norma contenuta nell'articolo 9, che delega il Governo ad adottare un decreto legislativo volto a disciplinare le conseguenze del cosiddetto fallimento politico: si stabilisce, cioè, che i responsabili di sciatterie amministrative e gestionali, che determinano effetti dirompenti sulla corretta gestione delle risorse economiche, siano temporaneamente incandidabili per cariche elettive locali o nazionali e si dispone un ampliamento dei casi di scioglimento delle assemblee qualora non sia deliberato il dissesto finanziario. Una previsione che sostanzialmente conferma quanto stabilito dall'articolo 17 della legge n. 42 del 2009 sul federalismo.

Approvando questo testo noi non approviamo soltanto delle regole, ma a mio avviso facciamo molto di più: diamo al Paese un segnale importante con cui la politica, nei suoi livelli più alti di rappresentanza, conferma la volontà precisa di recuperare il principio della legalità come fattore irrinunciabile di crescita sociale ed economica, di rispetto per il merito e per i diritti individuali, di garanzia per gli stessi assetti democratici di un Paese che non può e non vuole evidentemente rassegnarsi alla cultura della corruzione, e dove essere onesti non porta - come talvolta accade - l'effetto avvilente di essere esclusi, ma di essere inclusi in un sistema virtuoso, che vuole partecipare della crescita comune del Paese.

La legalità è un'opportunità. Speriamo, anzi siamo sicuri, diventi il punto di partenza per il riscatto delle nuove generazioni, senza dimenticare mai che davanti a noi possono esserci cose migliori di quelle che ci lasciamo alle spalle. Tocca anche a noi, tocca anche a quest'Aula volerlo. (Applausi dal Gruppo PdL).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Li Gotti. Ne ha facoltà.

 

LI GOTTI (IdV). Signor Presidente, onorevoli colleghi, al pari di altri provvedimenti presentati dal Governo, anche questo, quando venne presentato nel maggio 2010, venne annoverato nell'ambito delle scelte cosiddette epocali. Ci siamo nutriti in questi anni di interventi epocali ed abbiamo nostalgia di qualche intervento legislativo normale al fine di evitarci il trauma di trovarci sempre dinanzi a delle svolte che cambiano la nostra esistenza. Senonché, il provvedimento presentato dal Governo è di una povertà assoluta, totale.

La gran parte delle norme proposte riguardano alcuni ritocchi a norme già esistenti: si cambia qualche virgola, qualche nome. Poi vi è è tutto il capitolo che riguarda i bilanci dei Comuni ed il fallimento politico, ossia il dissesto finanziario, anch'esso introdotto già nel nostro ordinamento, che poco c'entra con la corruzione: anzi, non c'entra nulla con la corruzione.

Il Capo III del provvedimento introduce le disposizioni per la repressione della corruzione e della illegalità nella pubblica amministrazione, fallimento politico, dissesto, e delle spolveratine sulle modifiche al codice penale, con minimi ritocchi di pena.

Insomma, di fronte ad un fenomeno quantificato in 100 miliardi di euro, stimato per un costo per ciascun cittadino di 1.000 euro l'anno, noi rispondiamo con il niente.

Rammento che intorno al problema della corruzione si sviluppano due correnti di pensiero; rimasi sorpreso diversi anni fa quando in un'aula di giustizia un alto ufficiale dei carabinieri - quindi la fonte è l'Arma dei carabinieri - riferiva di quella che viene chiamata la trattativa all'indomani della strage di Capaci. E riferiva dei contenuti dei contatti con Vito Ciancimino. Ci riferiva il colonnello De Donno che, nell'ambito della trattativa, un capitolo riguardava la corruzione. Ossia, Vito Ciancimino, in piena Tangentopoli - erano quelli gli anni - riteneva che la nostra economia fosse destinata ad un rapido declino in quanto riteneva la corruzione funzionale alla crescita economica del Paese, facendo l'esempio - così come ci ha riferito il colonnello De Donno - di un'autovettura alla quale si sia tolta una delle quattro ruote. L'economia del nostro Paese non può cioè camminare senza corruzione. Tant'è che Ciancimino, vantando una grande onestà nell'ambito di una condotta disonestà e vantando altresì il fatto di essere stato sempre esente da critiche nel dispensare il prezzo della corruzione incassata, si propose come restauratore dell'Italia pre‑Tangentopoli e come collettore nazionale del prezzo della corruzione, offrendo in cambio allo Stato la possibilità di qualche operazione laddove il fenomeno avesse superato dei confini istituzionalizzati.

Il giudizio del colonnello De Donno, espresso in un'aula di giustizia - che mi lasciò stupito - e reiterato in più occasioni, fu quello di definire realistica e geniale l'offerta di Vito Ciancimino.

C'è qualcuno nel nostro Paese che ha pensato, e che probabilmente pensa, che senza corruzione la nostra economia è destinata a soffrire. Ne consegue che un contrasto forte alla corruzione, considerata motore dell'economia, diventerebbe cagionevole per la salute economica del nostro Paese.

Non vorrei che si fosse ispirato a questo filone culturale chi ha elaborato l'indecenza di questo disegno di legge. Visto e considerato infatti che si tratta di una spolverata insignificante, significa che la corruzione è considerata qualcosa da istituzionalizzare, nei limiti fisiologici, e, quindi, non in quelle possibili deviazioni patologiche.

Diversamente non sarebbe comprensibile come sia possibile - lo ricordava il collega D'Ambrosio - che si sia trattato in questo disegno di legge di ritoccare lievemente le pene, facendo in modo che tutte, nonostante i ritocchi, avessero un termine di prescrizione minimo, ossia sette anni e mezzo e, se poi va in porto la cosiddetta prescrizione breve, sette anni. Si tratta quindi di ritocchi insignificanti, senza nessuna apertura a ciò che noi abbiamo sottoscritto in ambito europeo con la Convenzione di Strasburgo del 27 gennaio 1999 che oggi, dopo 12 anni, il Senato ha approvato in Commissione. Nessuna di quelle indicazioni è qui contenuta: dopo 12 anni siamo ancora arroccati a far finta di contrastare la corruzione, facendo un manifesto di titoli senza contenuti.

Pertanto, così com'è, questo disegno di legge è una vergogna per il Governo e per i cittadini. (Applausi dal Gruppo IdV e della senatrice Baio).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Cardiello. Ne ha facoltà.

 

CARDIELLO (CN-Io Sud). Signora Presidente, onorevoli colleghi, meraviglia che il senatore Li Gotti affermi che il provvedimento in esame è una vergogna.

Questo provvedimento, la cui calendarizzazione che anche voi del centrosinistra avete sempre sollecitato, finalmente è giunto all'esame dell'Aula, e noi siamo pronti a modificarlo. Purtroppo, dalla vostra parte c'è solo demagogia, ma il provvedimento in esame si rapporta e si confronta con tutti gli altri Paesi europei.

Il disegno di legge oggi all'esame dell'Aula contiene misure volte a contrastare la corruzione e l'illegalità nel settore pubblico. È la prima volta che un provvedimento così importante arriva in Aula e, nonostante l'ostracismo del centrosinistra noi, lo ribadisco, siamo pronti a modificarlo tenendo conto delle vostre proposte.

Sono trascorsi vent'anni dal terremoto «Mani Pulite» (mi rivolgo al senatore D'Ambrosio che è stato uno dei protagonisti dell'operazione svolta a Milano), che ha - di fatto - decretato la fine della cosiddetta prima Repubblica. Ma ancora oggi il fenomeno della corruzione sembra resistere al tempo e alle inchieste, ripresentandosi con le medesime dinamiche, sia pure con personaggi e circostanze diverse.

La corruzione non appartiene ad un solo gruppo politico. È trasversale, colpisce i singoli cittadini, le associazioni, le attività lecite e tutto ciò che comporta flussi di denaro che implicano un movimento della criminalità.

Presidenza del vice presidente CHITI(ore 18,46)

 

(Segue CARDIELLO). La corruzione delle pubbliche amministrazioni è probabilmente la causa principale del malfunzionamento dei servizi collettivi, della voragine delle finanze pubbliche e dell'allontanamento dei cittadini dalle istituzioni da cui non si sentono tutelati. È la «patologia massima», una degenerazione che produce vantaggi personali nell'esercizio di cariche pubbliche a svantaggio degli interessi della collettività.

La corruzione nelle pubbliche amministrazioni resta un fenomeno molto diffuso in Italia. Le cronache di questi mesi e di questi giorni ne offrono innumerevoli esempi. Le statistiche internazionali ci pongono tra i Paesi europei a più alto tasso di corruzione. La corruzione amministrativa è l'aspetto più patologico della mala amministrazione, nella quale si comprendono tutti i casi di amministrazione non coerente con le finalità assegnate dalla legge.

Il quadro normativo degli ultimi anni si è arricchito di numerose iniziative legislative, di cui alcune giunte a compimento ed altre ancora in itinere. La lotta alla corruzione, la trasparenza nell'attività amministrativa e il controllo sull'operato degli enti locali sono stati i principali obiettivi dell'attività governativa dell'attuale Governo di centrodestra che in passato ed oggi sta combattendo la criminalità anche in forma spicciola nelle amministrazioni comunali, provinciali e regionali. Da qui l'introduzione nel nostro ordinamento di strumenti di tutela giurisdizionale attivabili anche nei confronti delle pubbliche amministrazioni, la delega al Governo in materia di federalismo fiscale, la previsione di uno stanziamento di 2 milioni di euro nella manovra anticrisi destinato proprio al funzionamento di quegli uffici che hanno il compito di sviluppare le strategie di prevenzione e contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito perpetrate in tutti i settori della pubblica amministrazione e la conferma dell'assegnazione al Dipartimento della funzione pubblica del personale utilizzato per lo svolgimento dei compiti già attribuiti all'Alto commissario anticorruzione. Ma è il disegno di legge anticorruzione che stiamo esaminando l'asse portante di una serie di disposizioni di grande novità e rilievo che vede al centro una pubblica amministrazione più efficace e trasparente. A completare il quadro rappresentato è intervenuta, in data 29 settembre 2010, l'approvazione da parte del Senato del disegno di legge n. 849 di ratifica della Convenzione del Consiglio d'Europa contro la corruzione civile.

Dopo un 2009 che ha visto rilevanti cambiamenti grazie alla ratifica della Convenzione ONU contro la corruzione, nel 2010 si è vissuto, con insolita frequenza, il riproporsi del dibattito sull'effettiva indipendenza dell'Autorità nazionale anticorruzione. Nulla è immutabile e tutto è migliorabile, ma questo perpetuarsi, a volte accompagnato da tentativi ipocriti, non trasparenti, di modificare la situazione, appare non solo estremamente sterile, dopo che il Parlamento si è pronunciato con puntuale chiarezza pochi mesi prima, ma ancor di più dannoso, tenuto conto che non aiuta - sia a livello nazionale, sia sul piano internazionale - il processo di rafforzamento della credibilità di questo «punto di riferimento» che opera in Italia e che rappresenta il nostro Paese nella specifica materia presso le Nazioni Unite, l'OCSE e il Consiglio d'Europa.

Il legislatore, con la legge n. 116 del 3 agosto 2009, ha designato quale Autorità nazionale anticorruzione il Dipartimento della funzione pubblica, al quale erano state trasferite in precedenza competenze e funzioni del soppresso Alto commissario, e ne ha statuito, sulla falsariga di quanto già accade nei più importanti Paesi occidentali, l'indipendenza e l'autonomia.

Si tratta di una previsione che rafforza oltremodo l'azione nazionale nella specifica materia, perché mentre assicura all'attività dell'Autorità nazionale anticorruzione la forza, l'impegno, il peso del Governo e, in particolare, del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, contestualmente prevede che, in concreto, dall'analisi dei risultati ottenuti, traspaia con immediatezza l'esclusiva finalizzazione dell'operatività all'attuazione della Convenzione ONU contro la corruzione, senza condizionamenti di tipo funzionale o economico, quali quelli lamentati in passato da diversi Alti commissari per la lotta alla corruzione e alle altre forme di illecito nella pubblica amministrazione.

Molti degli altri importanti Paesi che hanno adottato una soluzione analoga, quali la Germania, il Belgio, l'Austria, la Francia, la Croazia, la Spagna e gli Stati Uniti, non presentano, come l'Italia, un sistema repressivo assolutamente indipendente, così come indicato nella nostra Carta costituzionale.

Insomma, una differenza epocale rispetto al dettato della legge di ratifica della Convenzione ONU contro la corruzione, che ne dispone direttamente, senza alcuna intermediazione di altri atti normativi, l'indipendenza e l'autonomia funzionale.

Nella stessa strategia di intervento si collocano gli interventi approvati dal Consiglio dei ministri nel corso del 2010, tra i quali il disegno di legge n. 2156 al nostro esame.

Il Capo I del provvedimento contiene misure per la prevenzione del fenomeno della corruzione, frutto di un cambiamento culturale, prima ancora che giuridico, e che riflette un approccio multidisciplinare, nel quale i tradizionali strumenti sanzionatori rappresentano solamente alcuni dei diversi fattori per la lotta alla corruzione e all'illegalità nell'azione amministrativa. Il Capo II contiene norme relative ai controlli negli enti locali. Il capo III del disegno di legge contiene disposizioni per la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione.

In questo quadro, gli articoli da 1 a 5 stabiliscono le iniziative, di medio e lungo periodo, che rispondono, da una parte, alla domanda di trasparenza e controllo proveniente dai cittadini, e, dall'altra, alla necessità di adeguare l'ordinamento giuridico agli standard internazionali, riducendo così il livello di corruzione nel nostro Paese.

Del resto, la corruzione, nella sua misura effettiva e in quella percepita da imprese e cittadini, è un enorme danno alla credibilità del Paese, perché disincentiva gli investimenti, anche stranieri, frenando di conseguenza lo sviluppo economico.

L'articolo 1 del disegno di legge istituisce il Piano nazionale anticorruzione. Si tratta di uno strumento che attua le politiche e le pratiche di prevenzione della corruzione specificatamente previste nel capo II della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall'Assemblea generale dell'ONU il 31 ottobre 2003, con risoluzione 58/4, firmata dallo Stato italiano il 9 dicembre 2003 e ratificata ai sensi della legge 3 agosto 2009, n. 116.

L'adozione del Piano nazionale anticorruzione, come riportato nella relazione del presente disegno di legge, si rende necessaria anche a seguito della valutazione fatta, tra l'ottobre 2008 e il giugno 2009, dal Gruppo di Stati contro la corruzione (GRECO), organismo istituito nell'ambito del Consiglio d'Europa, di cui l'Italia fa parte dal 2007. Tra le altre raccomandazioni formulate, il GRECO ha invitato il nostro Paese ad adottare un Piano nazionale per la prevenzione e il contrasto alla corruzione e a riferirne dinanzi al Consiglio d'Europa il 31 gennaio 2011.

Del resto, la maggior parte dei Paesi europei, come Germania, Paesi Bassi, Francia, Spagna, Irlanda e Polonia, hanno già implementato piani o strategie anticorruzione, sulla base della Convenzione ONU in materia. Il contesto internazionale, quindi, spinge perché sia adottata anche dall'Italia questa importante misura per la prevenzione e il contrasto della corruzione.

La trasparenza dell'attività amministrativa, l'accesso e la conoscenza dei procedimenti da parte dei cittadini rappresentano fattori determinanti per favorire il controllo e la legalità dell'azione amministrativa.

In questo quadro, come già previsto con riferimento ad altre attività della pubblica amministrazione, l'articolo 2 del disegno di legge stabilisce che la trasparenza amministrativa rientra tra i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale, previsti dall'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione.

A tal fine, l'articolo 2 prevede l'obbligo di pubblicazione, sui siti istituzionali delle amministrazioni, delle informazioni relative a procedimenti amministrativi «sensibili», quali quelli che hanno ad oggetto autorizzazioni, concessioni, appalti pubblici, erogazioni di benefici economici a persone o enti pubblici o privati, concorsi e progressioni di carriera. Al di fuori di questi procedimenti, lo stesso articolo 2 prevede che le amministrazioni debbano, in ogni caso, realizzare il monitoraggio dei termini del procedimento amministrativo per individuare anomalie nell'azione amministrativa che possano costituire sintomi di cattiva amministrazione o di inefficienza amministrativa.

L'articolo 3 introduce misure per favorire la trasparenza nell'ambito dei contratti pubblici modificando l'articolo 7 del codice dei contratti pubblici. In particolare è prevista l'istituzione della Banca dati nazionale dei contratti pubblici, della quale fanno parte i dati previsti dal comma 4, lettere a) e d), e dal comma 8, lettere a) e b), dell'articolo 7 del codice dei contratti pubblici, riguardanti i bandi e gli avvisi di gara, le aggiudicazioni e gli affidamenti, le imprese partecipanti, l'impiego della mano d'opera e le relative norme di sicurezza, i costi e gli scostamenti rispetto a quelli preventivati, i tempi di esecuzione e le modalità di attuazione degli interventi, i ritardi e le disfunzioni, i programmi triennali dei lavori pubblici, l'elenco dei contratti pubblici affidati, l'inizio, gli stati di avanzamento e l'ultimazione di lavori, servizi, forniture, l'effettuazione del collaudo, l'importo finale.

La disciplina delle modalità di funzionamento e i contenuti della Banca dati nazionale è poi demandata al regolamento di cui all'articolo 5 del codice dei contratti pubblici.

L'articolo 4 ha la finalità di ridurre gli oneri amministrativi per le imprese e, al tempo stesso, di garantire maggiore certezza pubblica all'azione amministrativa.

In particolare, mediante modifica all'articolo 48 del codice dei contratti pubblici, si introduce l'obbligo per le stazioni appaltanti di inserire nella Banca dati la documentazione comprovante il possesso dei requisiti di ordine generale e speciale per la partecipazione alle gare, cosicché le stazioni appaltanti possano procedere alla verifica del possesso dei suddetti requisiti direttamente presso la Banca dati, laddove la stessa contenga la relativa documentazione, senza richiedere la documentazione ai concorrenti.

Inoltre, quale ulteriore misura di semplificazione e trasparenza, è inserito, all'articolo 74 del codice dei contratti pubblici, un nuovo comma che prevede che le stazioni appaltanti richiedano, di norma, l'utilizzo di moduli predisposti sulla base dei modelli standard, definiti con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, previo parere dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, per la dichiarazione sostitutiva dei requisiti di partecipazione di ordine generale e, per i contratti relativi a servizi e forniture o per i contratti relativi a lavori di importo pari o inferiore a 150.000 euro, dei requisiti di partecipazione economico-finanziari e tecnico-organizzativi.

Signor Presidente, concludo sottolineando l'importanza di questo provvedimento, che prevede, alla fine, l'incandidabilità di coloro nei confronti dei quali sono state pronunciate sentenze penali definitive per reati gravi, quali il peculato, la corruzione e altri.

Quindi, in questo disegno di legge il Governo e il centrodestra hanno scritto quello che volevate voi del centrosinistra. È pertanto inutile fare ostruzionismo su un provvedimento che, secondo il centrodestra, è voluto non solo da quest'Aula ma soprattutto da tutti i cittadini italiani. (Applausi dal Gruppo PdL).

 

Saluto ad una rappresentanza di studenti

 

PRESIDENTE. Sono presenti in tribuna studenti dell'Università di Innsbruck, facoltà di giurisprudenza, accompagnati dalla professoressa Esther Happacher, e studenti della Libera università di Bolzano, facoltà di economia, accompagnati dalla professoressa Stefania Baroncelli.

A loro va il saluto e il benvenuto del Senato. (Applausi).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn.
2156, 2044, 2164, 2168, 2174, 2340e 2346 (ore 19)

 

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Divina. Ne ha facoltà.

 

DIVINA (LNP). Signor Presidente, signor Sottosegretario, sentiamo sempre più parole che sconfinano; io le definisco ingenerose, ma bisognerebbe usare anche termini un po' più forti: non corrispondono alla realtà. Si sente in Commissione affermare una cosa, poi, in Aula, sentiamo l'esatto contrario.

È vero che questo è un testo che forse è stato rallentato un po' nel suo iter e che da sinistra siamo stati più volte sollecitati a prendere in mano. Nel momento però in cui poi prendiamo in mano questo testo, ci sentiamo dire che è acqua fresca, che non serve a niente, che è una piccola toppa per nascondere chissà cosa. È vero, affrontiamo un tema che non è da poco, e proviamo almeno a frenare il grande problema dell'illegalità nel settore pubblico. I settori sono importanti: si parte inizialmente dai pilastri della prevenzione, con controlli che devono essere sempre più pregnanti, per arrivare, ahimè, anche alle sanzioni, che devono chiudere questo cerchio.

Conosciamo amministrazioni che possiamo definire moderne e amministrazioni che possono essere definite medievali: le nostre non sono magari annoverate tra le prime, ma, per fortuna, nemmeno tra le seconde. Le amministrazioni, secondo noi, possono essere soltanto efficienti (e trasparenti, di conseguenza), oppure inefficienti e corrotte. Bene, facciamo di tutto per evitare che le nostre pubbliche amministrazioni cadano o possano essere attratte in questo secondo ambito. Un'amministrazione non efficiente, un'amministrazione corrotta non c'è dubbio che produce effetti negativi a catena, tra i quali anche quelli di carattere economico: è disincentivante per uno Stato straniero investire in uno Stato che non dà garanzia; la stessa macchina e lo sviluppo interno sono rallentati dal fatto di non avere amministrazioni che rispondono in tempi certi e con risposte trasparenti e non alterate dall'illegalità.

Sarebbe stato interessante rispondere direttamente al collega Li Gotti, perché stiamo rispondendo anche non a un obbligo, se vogliamo, internazionale, ma sicuramente ad un invito: la Convenzione delle Nazioni Unite ci invita a seguire delle buone pratiche per dare risposte al sistema amministrativo, ai cittadini, alle imprese, a chi si rivolge alle pubbliche amministrazioni. È proprio la Convenzione delle Nazioni Unite che noi indirettamente con questo testo rendiamo praticabile e trasformiamo in norme operative nel nostro ordinamento. Ricordiamo che già altri Stati lo hanno fatto: se questa è acqua fresca, dovremmo dire che Germania, Paesi Bassi, Francia, Spagna, Olanda, Polonia e così via, avendo adottato gli stessi nostri provvedimenti, hanno adottato acqua fresca e che non si è fatto sostanzialmente nulla. Credo non sia corretto fare tali affermazioni.

Si introduce questo famoso Piano nazionale anticorruzione: un piano bello, dettagliato ed articolato. Ogni pubblica amministrazione deve definire il proprio grado di esposizione al rischio di corruzione nei propri uffici; deve trovare misure per fronteggiare il rischio che rileva; deve verificare delle procedure di selezione, formazione e rotazione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni (perché sappiamo come sia probabile creare aree di potere che poi si possono prestare all'illegalità) e, infine, deve, se possibile, trovare le soluzioni per prevenire e individuare gli illeciti ancora prima che questi possano essere compiuti.

Direi che viene attivato in termini moderni un vecchio modello che si definiva a controllo sociale. Il controllo sociale avveniva su un sistema estremamente trasparente. Nell'opacità sappiamo che si nasconde tutto ciò che è illegale. Indubbio è che apparteniamo a società che stanno correndo, a società che non consentono più di fermarsi, approfondire e relazionarsi, al punto che rischiamo di non conoscere neanche chi abbiamo di fronte. Il vecchio sistema e la vecchia società conoscevano tutto; viaggiavano su altri binari e con altri ritmi. Conoscendo tutto si aveva sostanzialmente il controllo di tutto. Non parlo di un controllo istituzionale, ma di uno sociale, del vicino sul vicino, da comunitario a comunitario, il che faceva che tutte le cose rientrassero in un binario di legalità, perché questa oppressione da controllo impediva di comportarsi in modi illeciti.

Qual è la parola d'ordine e magica? È trasparenza: dove c'è trasparenza, c'è controllo e dove c'è controllo ci sono meno forme di illegalità. È proprio nella trasparenza che trovo il cardine di questo provvedimento. La trasparenza sull'attività amministrativa, attraverso l'accesso e la conoscenza di ogni provvedimento da parte dei cittadini, che rappresentano il fattore determinante per il controllo e la legalità. In questo modo il cittadino accede, ha la disponibilità di tutte le informazioni delle pubbliche amministrazioni e delle banche dati, interviene, formula domande e ottiene risposte anche in tempi estremamente rapidi.

Come è già stato ricordato, s'introduce qualcosa di innovativo in virtù del quale la trasparenza non è più un qualcosa di fumoso, ma un diritto che rientra tra i livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali addirittura garantiti dall'articolo 117 della Costituzione. Cosa viene introdotto per le pubbliche amministrazioni? L'obbligo di pubblicare sui siti istituzionali tutte le informazioni relative a procedimenti amministrativi sensibili quali, per esempio, autorizzazioni, concessioni, appalti, benefici economici, concorsi, progressioni di carriere e via dicendo. Addirittura il non adeguarsi da parte della pubblica amministrazione a queste buone pratiche è visto come un sintomo di mala amministrazione. C'è una specie di presunzione: se l'amministrazione non si adegua, non pubblica e non rende trasparente la sua attività si presume che ci sia già qualcosa che non funziona, c'è una presunzione di mala amministrazione.

Fra i doveri della pubblica amministrazione vi è, per esempio, il rendere noto un proprio indirizzo di posta elettronica certificata dove il cittadino interloquisce, trasmette istanze e riceve tutte le informazioni che possono servire per operare quel controllo sociale - non la troviamo nella legge, ma concedetemi l'utilizzo di questa formula - che funzionerà veramente.

È prevista l'istituzione di una Banca dati dei contratti pubblici nazionali, che già a questo punto trova e dà un supporto all'attuale codice dei contratti pubblici, dove troveremo e ogni impresa potrà trovare i bandi, gli avvisi di gara, le aggiudicazioni, gli affidamenti, le imprese che hanno partecipato, i costi, gli scostamenti di costo tra il preventivo e il definitivo, i tempi di esecuzione, i ritardi, gli stati d'avanzamento e di ultimazione dei lavori, l'effettuazione del collaudo; cioè tutta la storia di un affidamento, di una gara, di un appalto pubblico, in modo estremamente trasparente. Se qualcuno intravede qualcosa di anomalo lo segnala alla pubblica amministrazione, che sarà in grado di dare immediatamente le risposte.

Questo potrebbe sembrare un forte appesantimento per le procedure amministrative, ma non lo è, e lo dice la legge, perché non dovrà avere gravami né di costi né di personale, in quanto si utilizzeranno le risorse esistenti. La legge va oltre, e stabilisce che non ci deve essere un gravame nemmeno per l'impresa, e troviamo estremamente interessante, dal nostro punto di vista, la parte che tocca la riduzione degli oneri amministrativi delle imprese. Sarà proprio l'introduzione dell'obbligo, per la stazione appaltante, di inserire tutti questi dati nella famosa Banca dati nazionale dei contratti pubblici, dove troveremo il possesso di tutti i requisiti delle imprese che parteciperanno, che produrrà alla fine il vantaggio per le imprese di non produrre sistematicamente gli stessi documenti, perché la verifica del possesso di questi la troveremo già nella suddetta Banca, e nei dati che la pubblica amministrazione non chiederà più, in questo caso, alla stazione appaltante, all'impresa, al fornitore, perché troverà già nella Banca dati tutte le informazioni che le servono.

Se i lavori saranno di misura molto limitata e poco sensibili (ed è stata a tal riguardo trovata la soglia dei 150.000 euro), addirittura si semplificheranno tutte queste procedure, con una modulistica standard, che il Ministro delle infrastrutture dovrà definire con un decreto, per agevolare ancora di più la speditezza nelle procedure preparatorie degli appalti.

Troviamo interessante il fatto che si realizzi un sistema di controllo anche nei confronti dei subappalti, per evitare la parte esposta a ciò che non era controllato ed era meno chiaro. Anche i subappaltatori rientreranno nelle normative antimafia e in tutto ciò che verrà espletato nei confronti della ditta principale e, lo ripeto, tutto questo non si ripeterà più, perché, rientrando nel contesto dei dati raggruppati nella Banca, non sarà più necessario ripetere i dati relativi agli stessi subappaltatori, perché li avremo raccolti una volta per tutte.

Ciò che interessa noi, come Lega Nord (in quanto abbiamo premuto molto sull'obiettivo di approvare una normativa, il federalismo fiscale, che consenta di ridurre i costi per le pubbliche amministrazioni, di migliorare la qualità delle pubbliche amministrazioni, di ottenere risparmi, di eliminare sprechi), è di far poi funzionare le macchine della pubbliche amministrazioni. Mi riferisco al fallimento politico introdotto nel contesto delle operazioni legate alla riforma del federalismo fiscale. Indubbiamente, al dissesto finanziario deve conseguire anche una sanzione, se troviamo dei responsabili.

E la legge alla quale facciamo riferimento sanciva l'incandidabilità. L'incandidabilità è una cosa importantissima, perché risanare e trovare le formule per evitare i dissesti è importante, ma individuare e non consentire il ripetersi di queste situazioni (o meglio sanzionarne i responsabili) è altrettanto importante.

Dal momento che la disciplina del dissesto non prevede, fino adesso, nessuna conseguenza dalla mancata adozione da parte dell'organismo consiliare della relativa delibera, viene introdotta la previsione per la quale se il consiglio comunale non sancisce il dissesto, perché omette di farlo o perché ha problematiche di pressioni interne, sarà il prefetto a poter intervenire motu proprio, ma non in modo arbitrario, bensì sulla base di atti e documenti che gli consentano di dare egli stesso questa valutazione della questione: saranno elementi contabili (si citano le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, i servizi ispettivi della Guardia di finanza) e altri elementi che costituiscono fonte certa. Pertanto, il prefetto, ravvisando queste situazioni di dissesto, sarà egli stesso ad avviare le necessarie verifiche.

Mutano anche le condizioni per noi parlamentari, per i membri della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, in merito alla ineleggibilità. Fino ad oggi, infatti, la sentenza di condanna non era parificata alla sentenza ex articolo 444 del codice di procedura penale, cioè all'applicazione della pena su richiesta; sostanzialmente, poteva accadere che si patteggiasse e il patteggiamento, non essendo considerato sentenza di condanna, consentiva di procedere tranquillamente in una carriera politica, qualunque essa fosse. D'ora in poi questo non potrà più accadere in quanto l'applicazione della pena su richiesta verrà paragonata a una sentenza di condanna, almeno ai fini dell'ineleggibilità.

Mi avvio a concludere, signor Presidente, però mi sia consentito di soffermarmi brevemente su una questione, perché l'occasione è estremamente importante e ghiotta per me, data la presenza in Aula del sottosegretario Caliendo. Stiamo parlando di un argomento estremamente serio, però ci stiamo dimenticando che se qui chiudiamo una porta da un'altra parte rischiamo di aprire una finestra. La questione concerne due sentenze del TAR del Lazio e del Consiglio di Stato riguardo ad un ricorso fatto da una SOA della Campania (le SOA sono società organismi di attestazione, cioè società autorizzate a verificare i requisiti di trasparenza per stabilire che un'impresa è seria e che pertanto può concorrere). Questa SOA campana è stata sanzionata: non aveva tutte le carte in regola, però i ricorsi fatti hanno permesso di stabilire che vi debba essere libera concorrenza, o meglio, che queste società operano come fossero dei notai, cioè a tariffa. A seguito dei ricorsi prima al TAR e poi al Consiglio di Stato, entrambi gli organismi giudicanti hanno stabilito che la normativa europea non prevede tariffe fisse, ergo le SOA devono lavorare sostanzialmente in libera concorrenza.

Signor Sottosegretario, mi scusi, ma penso che in tante aree di questo Paese dove le pressioni malavitose sono importantissime consentire a delle società di operare in concorrenza, dove si deve verificare la solidità e la serietà di un'impresa, sarebbe come giocare in continuazione al ribasso fintanto che chi si aggiudica l'operazione finirà per non espletare nessun tipo di controllo perché non avrà nemmeno le possibilità di farlo in quanto una concorrenza in questo settore sarebbe estremamente deleteria. Ho approfittato dell'occasione perché l'argomento è a latere, ma è estremamente contingente e pregnante rispetto a quanto stiamo discutendo.

Aggiungo che tutto questo è a costo zero. Pertanto, tradurre delle buone pratiche nel nostro ordinamento con norme che non fanno che modernizzare e aumentare l'efficienza della pubblica amministrazione e prevedere un controllo più efficace e diffuso in termini di trasparenza finirà con il dissuadere pratiche illegali e punire severamente chi le commette e chi contravviene.

Per noi, al di là di ciò che è stato detto, si tratta di una gran buona legge. (Applausi dal Gruppo LNP e del senatore Pichetto Fratin).

 

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Della Monica. Ne ha facoltà.

*DELLA MONICA (PD). Signor Presidente, preannuncio che presenterò un intervento scritto. Ritengo infatti che una materia così complessa abbia bisogno di organicità e negli interventi che svolgiamo, in tempi così ridotti, l'organicità non può emergere.

Il disegno di legge governativo presenta gravi carenze. È solo una normativa di facciata, non consente di combattere efficacemente la corruzione e, anzi, può definirsi una sorta di atto di rinuncia al contrasto al fenomeno. Come è noto, il disegno di legge governativo si compone di quattro parti. La prima con finalità di prevenzione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione; la seconda che riguarda le cause di incandidabilità nelle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali in costanza di una condanna definitiva; la terza attinente alla trasparenza dell'amministrazione pubblica e i controlli degli enti locali e, infine, la quarta, ossia la parte sanzionatoria che riguarda l'aumento e il ritocco delle cornici edittali di taluni delitti dei pubblici ufficiali e dei privati contro la pubblica amministrazione.

Credo che il senatore D'Ambrosio abbia già espresso molto efficacemente il pensiero di tutto il Gruppo del PD in materia. Innanzitutto, per le misure di prevenzione al fenomeno della corruzione basta pensare che il Piano nazionale anticorruzione è rimesso all'attività di Governo. Ciò sarebbe sufficiente a qualificare il disegno di legge, in quanto è evidente che in tal modo non si risponde affatto alle richieste che ci vengono dalle sedi internazionali. Infatti, quando ratifichiamo la Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione - sono stata due anni a negoziarla - non diamo la risposta che gli organismi internazionali e gli altri Paesi si attendono. Noi non mettiamo a disposizione un organismo indipendente per il controllo sull'applicazione della Convenzione, e questo è davvero grave.

Per quanto riguarda le misure di trasparenza dell'azione amministrativa, varie norme suscitano perplessità nel merito. Al di là dell'enunciazione di principio, si rinvia a provvedimenti successivi e in molti casi vengono replicati principi già compresi nella legge sul procedimento amministrativo o nel codice dei contratti pubblici e non sono previsti stanziamenti finanziari, indispensabili per l'attuazione degli obblighi previsti ex lege. Quindi, non concordo affatto con il senatore Divina perché, senza questi stanziamenti, nulla si può fare.

Passo poi alle misure interdittive e alle incandidabilità. La normativa appare largamente insufficiente perché non cambia, se non in minima parte, il sistema vigente. In ogni caso, vorrei sottolineare che l'incandidabilità consegue ai risultati di processi penali che non potranno essere celebrati e per inefficienza del sistema o che, se fossero celebrati, probabilmente finirebbero, se pure si arrivasse a qualche sentenza di condanna, con una pronunzia di prescrizione. Quindi, collegando l'incandidabilità a processi penali che non avranno esito, significa rinunziare a fare una effettiva riforma dell'incandidabilità stessa.

Passo quindi alla proposta riforma del sistema penale, dove si elevano di circa un anno il minimo e il massimo edittale dei seguenti reati: peculato, in cui si innalza solo il minimo edittale; peculato mediante profitto dell'errore altrui; malversazione ai danni dello Stato; indebita percezione di erogazione ai danni dello Stato; corruzione propria e impropria; corruzione in atti giudiziari; turbata libertà degli incanti; astensione dagli incanti; frode nelle pubbliche forniture. In realtà, non solo non si toccano le cornici edittali di abuso d'ufficio e di concussione - si eleva il minimo edittale al peculato e alla corruzione in atti giudiziari - ma in linea generale le cornici edittali, così aumentate, non superano in alcun caso gli otto anni; si fa ciò, da una parte, per non attrarre detti reati nella seconda fascia del disegno di legge sul processo breve e, dall'altra parte, per aggravare, se possibile, il disastro prodotto dalla legge ex Cirielli del 2005 in materia di prescrizione e dalla quasi totale cancellazione del falso in bilancio, avvenuta sempre ad opera del Governo Berlusconi nella XIV Legislatura.

Tralascio gli altri aspetti rinviando al testo scritto e mi soffermo soltanto sulla mancata modifica dell'articolo 322-ter sulla confisca. Con la norma omessa dal Governo in materia, non riusciremo mai a confiscare in altri Paesi il profitto dei reati di corruzione. La traduzione di queste misure in legge era auspicata da tutti con un ordine del giorno discusso il 14 aprile scorso, ma naturalmente di questo non vi è traccia nel testo del disegno di legge in discussione.

Allo stesso modo non vi è traccia di un fattore davvero importante che è la corruzione nel settore privato. Io che ho frequentato molto gli organismi internazionali posso dire che il difetto di una normativa in materia era una delle pecche legislative rinfacciate all'Italia, alla quale pur si dava atto di essere stata particolarmente efficiente nel contrasto della corruzione nel periodo di Tangentopoli ma si contestava di non saper intervenire nel settore privato; settore priva che tocca la competitività del Paese e che non possiamo certo ignorare concentrando gli sforzi solo sulla corruzione pubblica.

Nel disegno di legge governativo, in ogni caso, manca una diversa visione del processo corruttivo collegato al mercimonio delle funzioni e non si prende in considerazione l'unificazione dei reati di corruzione e concussione per induzione, trasportando nell'estorsione il reato commesso con costrizione. Vorrei ricordare che l'OCSE si è presentata pochi mesi fa al Senato della Repubblica, chiedendo di parlare con la 1a e la 2a Commissione, per avere spiegazioni del perché il Governo non voleva adeguare la legislazione. Sul punto al contesto europeo noi dell'opposizione abbiamo consegnato i nostri disegni di legge e abbiamo detto che nulla possiamo fare rispetto alla presa di posizione del Governo. L'OCSE è andata via dicendo che farà elevare una procedura di infrazione.

Ebbene, se questa è la risposta che diamo agli organismi internazionali, possiamo dire che non forniamo risposte ai richiami provenienti dall'Europa, dalle Nazioni Unite, dal Gruppo greco, dall'OCSE e dalle decisioni GAI. In particolare, non si tiene conto degli obblighi internazionali assunti dall'Italia sottoscrivendo la Convenzione di Strasburgo sulla corruzione nel settore penale e solo oggi siamo riusciti con fatica ad arrivare alla trasmissione in Aula di una ratifica secca di tale convenzione senza l'adeguamento dell'ordinamento nazionale.

Insisto su ciò che ha già dichiarato la presidente Finocchiaro: anch'io non capisco come non potranno essere approvati gli emendamenti da noi presentati, che rispecchiano un adeguamento dell'ordinamento nazionale ai principi fissati da una Convenzione che ci accingiamo finalmente a ratificare. Se poi vuole una ratifica "secca" con la riserva mentale di non adeguare l'ordinamento nazionale, certo non si fa un buon servizio al Paese e non si rispetta l'Europa. In questo i Paesi del Terzo mondo sono particolarmente bravi: ratificano per primi tutte le convenzioni internazionali e poi se ne fanno beffa, esattamente come sta avvenendo in Italia con la Convenzione ONU e la Convenzione di Strasburgo. Diversamente, i disegni di legge presentati dal Partito Democratico, tradotti in questa sede in emendamenti, sono rivolti a rendere più efficace l'azione di contrasto e di prevenzione della corruzione e, in generale, del malaffare nella pubblica amministrazione e nel settore privato, rispettando in concreto gli impegni internazionali.

Signor Presidente, ho presentato un documento che riassume quanto è accaduto dalla XIII legislatura in poi per quanto riguarda il contrasto alla corruzione e a questo mi riporto. A completamento di tale intervento, vorrei soltanto rimarcare che di fronte all'atteggiamento del Governo, che aveva promesso di ratificare la Convenzione di Strasburgo e che è intervenuto con un piano straordinario che non ha nulla di epocale, siamo stati costretti a presentare vari disegni di legge, integrando sempre più le misure che dapprima avevamo proposto solo come adeguamento dell'ordinamento nazionale alla Convenzione di Strasburgo in materia penale. Si tratta di misure particolarmente importanti, tanto più che in questo momento storico, come ricorda la Corte dei conti nell'inaugurazione dell'anno giudiziario, il Governo ha presentato una vera e propria strategia di guerra per abbattere la lotta alla corruzione. Ricordo il provvedimento sulle intercettazioni, la prescrizione breve, anche brevissima e tutto ciò che è contenuto anche in altri disegni di legge apparentemente non affini: ad esempio, il disegno di legge n. 1440 che inibisce l'azione del pubblico ministero, oppure la riforma costituzionale che sottrae costituzionalmente la polizia giudiziaria al pubblico ministero.

Tutto ciò abbassa certamente il quadro e l'importanza della lotta alla corruzione, mentre il PD propone, oltre alle disposizioni che adeguano il nostro ordinamento a ciò che ci chiede la Convenzione di Strasburgo, misure nei confronti dell'autoriciclaggio, la reintroduzione del falso in bilancio, il ripristino di reati di frode fiscale, una diversa disciplina della prescrizione, una diversa disciplina delle intercettazioni, una diversa disciplina degli appalti pubblici, legata in particolare ai grandi eventi ed alle ordinanze di Protezione civile ed ai controlli preventivi della Corte dei conti, il divieto di arbitrato, un'autorità indipendente per il controllo dei fenomeni corruttivi nel settore pubblico e privato in relazione alla Convenzione ONU, obblighi di trasparenza e codici etici, e una vera e propria previsione dell'incompatibilità, che rimetta realmente ai partiti politici la responsabilità dei candidati che presentano, sia nelle elezioni amministrative che in quelle al Parlamento nazionale ed europeo. (Applausi dal Gruppo PD e del senatore Pardi).

 

PRESIDENTE. Senatrice Della Monica, la Presidenza l'autorizza ad allegare il testo integrale del suo intervento.

Inoltre, la Presidenza autorizza fin d'ora ad allegare il testo scritto anche quei colleghi che, per motivi di tempo, non riusciranno a svolgere tutto il loro intervento.

È iscritto a parlare il senatore Lumia. Ne ha facoltà.

 

LUMIA (PD). Signor Presidente, colleghi, anch'io sono d'accordo sul fatto che il testo oggi in esame arriva tardi. Era da tempo atteso: il Paese avevo chiesto che il Parlamento ed il Governo intervenissero di fronte a continue e ripetute occasioni di corruzione nel nostro Paese. Quest'ultima si è talmente diffusa che ci troviamo di fronte non più a singoli episodi, ma a un sistema permanente di corruzione presente nel nostro Paese che - ahimè - sta diventando sempre più pervasivo.

Sono passati mesi ed oggi abbiamo un'opportunità, ma ci troviamo di fronte a un disegno di legge di bassissimo profilo, privo di fattispecie reali e di pene severe, incompleto, in sostanza una resa alla corruzione. Avevamo un'occasione particolare, preziosa, quella di recepire in modo intelligente la Convenzione ONU del 2000, in particolare la direttiva europea di Strasburgo, adeguandola alle capacità del nostro Paese di reagire, dimostrando agli italiani, alle imprese, ai nostri territori, all'Europa ed al mondo intero che l'Italia non è quel Paese che oggi è classificato agli ultimi posti per i livelli di legalità e che quindi è ai primi posti per indice di corruzione.

Ci voleva un'altra risposta e non capirlo, attardarsi, fare melina, giocare d'astuzia, provare a confondere le carte con questo disegno di legge è il segno evidente di una crisi e di una decadenza, ma è anche il senso di una responsabilità che voi vi assumete, il Governo e la maggioranza si assumono. Il nostro Paese brancola nella penombra: molti approcci e pochi risultati. Vi sono diverse letture sullo stato dei malesseri che attanagliano l'economia e la società italiana; difficilmente troviamo analisi serie e rigorose, che mettano al centro la necessità della società italiana di dare un colpo d'ala alle sue lente dinamiche di crescita e anche di fiducia, per approcciare in modo diretto il rapporto tra legalità e sviluppo. Solo in questo rapporto il nostro Paese può diventare grande; solo nel rapporto tra legalità e sviluppo si può comprendere la devastazione che porta con sé la corruzione; solo così potremo capire quali risposte severe, rigorose, progettuali possiamo prevedere nel nostro ordinamento.

Sono pari a 60 miliardi i costi della corruzione; 150 miliardi i fatturati delle mafie. Oggi è stato presentato da parte di Legambiente il rapporto sulle ecomafie, che ancora adesso si aggirano intorno a 20 miliardi di fatturato. In sostanza, bisogna capire che si può voltare pagina, che si deve voltare pagina, che è necessario fare in modo che sulla corruzione ci sia la stessa tensione, lo stesso approccio che abbiamo avuto prima nei confronti della lotta al terrorismo, (come una vera minaccia per la nostra democrazia, come una pietra d'inciampo per la crescita del nostro Paese) e poi, seppur più lentamente, seppur con molte contraddizioni, nell'approccio alla lotta alla mafia. Anzi, considero la corruzione l'altra faccia della presenza mafiosa, e spesso i due fenomeni si mescolano, spesso l'uno nutre l'altro, spesso insieme costituiscono una forza dirompente che si abbatte sulle nostre economie, sui cittadini, sui territori, sulle stesse istituzioni locali.

Avete previsto nel capo I tre momenti: un Piano nazionale anticorruzione, la Rete nazionale anticorruzione, l'Osservatorio sulla corruzione e gli altri illeciti nella pubblica amministrazione; tutti e tre in capo all'Esecutivo, tutti e tre sotto il controllo del Governo. Questo è Italietta!

Cari rappresentanti della maggioranza, caro rappresentante del Governo, nei Paesi avanzati, quelli a democrazia matura, non si danno queste responsabilità direttamente in capo ai Governi. I Governi devono applicare buone pratiche di anticorruzione, devono avere la capacità di prevenire e di colpire, ma chi controlla, chi stabilisce cosa bisogna fare e come bisogna farlo e che soprattutto verifica i risultati, nelle democrazie avanzate è un organo terzo, al di fuori dei controlli della pubblica amministrazione. Ecco perché su questa vostra impostazione il nostro no è netto, il nostro no è deciso, e questa vostra impostazione fa crollare tutta l'impalcatura - tra l'altro molto debole, fragile - che avete costruito.

Inoltre, rappresentanti della maggioranza e del Governo, sugli appalti potevate fare solo una cosa buona che da tempo vi si chiede, che la Commissione antimafia in diverse relazioni e con diverse maggioranze ha proposto al Parlamento, ossia la riduzione del numero delle stazioni appaltanti. Come si può avere un controllo di legalità quando nel nostro Paese ci sono circa 30.000 stazioni appaltanti? La corruzione vince a priori, la corruzione si fa sistema, la corruzione si abbatte sulle opere pubbliche e sui cantieri e impedisce al nostro Paese di decollare su questo nevralgico aspetto dello sviluppo della vita sociale ed economica.

Non ci sono risorse per controllare dal punto di vista della legalità 30.000 stazioni appaltanti. Invece, la nostra proposta, che ne prevede una sola per Provincia ed una per Regione per le grandi opere, potrebbe essere una risposta moderna ed efficiente. Ci sono oggi i numeri, le professionalità amministrative e le capacità per avviare un buon controllo sulle stazioni appaltanti, così come sulle gare al massimo del ribasso: stanno distruggendo l'economia, il sistema d'impresa, la capacità realizzativa che hanno sempre caratterizzato la cultura industriale delle nostre imprese di costruzioni e stanno mettendo in ginocchio le imprese sane, quelle pulite, quelli che rispettano le regole, quelle che denunciano le organizzazioni mafiose.

Anche su questo non c'è nessun riferimento; anche su questo fate finta di non sentire e di non vedere e vi rendete responsabili di un vero e proprio disastro.

Infine, Presidente, ci sono alcune questioni che riguardano alcuni punti molto importanti, che cito solo perché sia il senatore D'Ambrosio sia la senatrice Della Monica le hanno poste. Mi riferisco alla cosiddetta incandidabilità. Il codice etico della Commissione antimafia ha creato un osservatorio, che denuncia una continua lesione. Ecco perché bisognava approfittare di questo provvedimento per inserire quelle norme severe di incandidabilità che sono contenute nel codice etico della Commissione parlamentare antimafia e che non riguardano solo i reati contro le mafie, ma anche i reati contro la pubblica amministrazione. Lo stesso si può dire sulla durata delle pene; con quella durata delle pene e senza prevedere quelle fattispecie che qui sono state indicate - cito per tutti l'autoriciclaggio ed il falso in bilancio - non possiamo assolutamente avere un sistema improntato a severità. Negli altri Paesi la corruzione è la violazione etica del fondamento costitutivo dello stare insieme e così dovrebbe essere anche nel nostro Paese, visto che abbiamo un'ottima Carta costituzionale e siamo a 150 anni dall'Unità d'Italia per cui dovremmo finalmente rinnovare profondamente la nostra condizione sociale ed economica.

Ecco perché il nostro no è serio e rigoroso. È un giudizio forte e motivato. E quindi faremo valere le nostre ragioni in Parlamento e nel Paese. (Applausi dal Gruppo PD).

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la senatrice Baio. Ne ha facoltà.

BAIO (Misto-ApI). Signor Presidente, ringrazio il rappresentante del Governo ed i colleghi rimasti in Aula. Voglio ricordare all'inizio di questo intervento, non essendo io un'esperta di questo tema, ma volendomene occupare ed intervenire nel merito, che credo ci sia un'emergenza all'interno di questo nostro Paese, che amiamo, visto che abbiamo anche scelto di impegnarsi politicamente. Credo che recuperare una moralità pubblica, un senso etico di chi rappresenta e vuole rappresentare lo Stato, e di chi lo rappresenta da eletto, ma anche da dirigente e da funzionario, debba essere davvero la priorità.

Voglio ricordare la regola aurea di un filosofo greco, Epitteto, che si può riassumere nella massima: «Dio mi conceda la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare le cose che posso cambiare e la saggezza di capire la differenza».

Troppo spesso in politica ci barrichiamo dietro quella serenità e quella accettazione, dimenticando il coraggio che oggi è più che mai necessario per riuscire a ricostituire onestà e trasparenza, proprio a partire dall'amministrazione pubblica, nella res publica, per liberarla da quel malcostume e quindi orientarsi verso la sua aulica accezione etimologica. La trasparenza e l'onestà, infatti, sono le premesse necessarie ed imprescindibili per poter essere politici o amministratori, ma soprattutto per garantire ai cittadini il rispetto della gestione del bene pubblico, del bene comune, del servizio.

Oggi più che mai trovano conferma le affermazioni di una persona che ho conosciuto nell'attività parlamentare - con il quale forse alcune persone che sono qui hanno lavorato - il giudice Piercamillo Davigo, che oggi è consigliere della Corte di cassazione. In un suo libro egli scrive che gli "strappi alla legalità sono di per sé un disvalore e devono quindi essere perseguiti e processati". Credo che, pur nella loro durezza, oggi dovremmo recuperare il senso di queste parole, che sarebbe anche il senso di stare insieme, creando una comunità fondata non su un disvalore, ma su dei valori. Un disvalore che colpisce non solo l'economia del Paese, ma che è capace di minare anche il processo democratico, trasformandosi in una misura premiale per chi non rispetta le regole. I fenomeni di concussione e corruzione, infatti, sono ormai diventati una patologia del nostro Paese perché non sono più l'eccezione. Non lo dice solo l'opposizione e non lo dico io che non sono esperta di questo tema; non solo lo dice, ma lo scrive - e ricordo che i nostri antichi romani dicevano «verba volant, scripta manent» - la Corte dei conti. La Corte dei conti ha scritto che nel 2010 i reati corruttivi sono aumentati del 30,22 per cento! Viene la pelle d'oca a leggere questi dati e sorrido perché mi sembra che il provvedimento che stiamo discutendo oggi sia inadeguato per affrontare questa emergenza.

Il procuratore generale della Corte dei conti, Mario Ristuccia, in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario del 2011 ha infatti lanciato un allarme, dichiarando che questi dati non consentono ottimismi e che la corruzione continua ad affliggere la pubblica amministrazione. Nel dettaglio della relazione della Corte dei conti si legge che nel 2010 sono stati denunciati 237 casi di corruzione, 137 di concussione e 1090 di abuso d'ufficio. In più, se noi guardiamo come siamo percepiti all'estero, il Corruption perception index, un indicatore pubblicato annualmente a partire dal 1996 dall'organizzazione non governativa Transparency international che ordina i Paesi del mondo sulla base del livello secondo il quale l'esistenza della corruzione è percepita tra pubblici uffici e politici, l'Italia nel 2007 era al trentasettesimo posto, e nel 2010 è crollata al sessantasettesimo posto.

Credo che anche questo ci faccia capire che il provvedimento oggi al nostro esame è inadeguato ed insufficiente; non dico che sia in tutte le sue parti sbagliato, ma non va alla radice del problema. Si ha come l'impressione che il Paese ci stia osservando e dica: «Ma per l'ennesima volta, oggi il Parlamento è incapace di leggere e di affrontare i problemi che si trova di fronte?». Credo che la discussione in Aula debba portarci a migliorare e modificare, questo testo anche radicalmente in alcuni sue parti.

Di fronte a questi dati di malcostume così radicato e diffuso, se ci fosse ancora Dante Alighieri, che non è proprio l'ultimo italiano, direbbe che si tratta di una «meschina baratteria»; una baratteria preceduta quindi dalla meschinità. Allora, se vogliamo - figli di Dante, Petrarca e Boccaccio - forse vale la pena utilizzare queste ore di discussione in Aula per cercare di migliorare il testo e dare una risposta più adeguata, perché così non va ed è estremamente inadeguato.

Le cause di questo allarmante fenomeno sono profonde e non possono prescindere anche da un'interpretazione squisitamente antropologica del fenomeno e, quindi, dalla sfiducia nelle istituzioni, che comporta il non rispetto delle stesse a scapito della collettività e del bene comune. Se è vero che occorre intervenire per arginare questo fenomeno, non si può non considerare la larga fascia di cittadini onesti (e sono la maggioranza) che subiscono, loro malgrado, le conseguenze della minoranza. Infatti, i circa 40 milioni di contribuenti versano pro capite circa 1.500 euro di tassa occulta aggiuntiva, una somma che non dovrebbero versare nelle casse dello Stato e che invece sono costretti a versare a causa della corruzione e della concussione. Potrà sembrare una cifra modesta, ma invece è elevatissima perché quella somma non dovrebbe essere versata affatto, soprattutto da loro che sono onesti e che pagano regolarmente e interamente sui loro beni e sui loro capitali le imposte e le tasse. È un circolo vizioso, per cui la sfiducia verso le istituzioni comporta fenomeni di malcostume che, a loro volta, generano nuova disaffezione nei cittadini.

Di fronte a questo triste scenario emerge che le norme esistenti nel nostro ordinamento non risultano in grado di spezzare questa catena e di favorire in primis un cambio di mentalità, che faccia della trasparenza l'unica soluzione possibile per trasformare quel circolo statico in una staffetta virtuosa. Gli stessi operatori del diritto e la giurisprudenza da tempo ammettono la necessità di una radicale riforma da questo punto di vista. Al riguardo, io stessa ho presentato un disegno di legge che forse può essere considerato fuori dagli schemi; tale disegno di legge propone l'utilizzo di persone, denominate agenti provocatori, per agganciare, per così dire, il corruttore segnalato. Tale figura è già in uso in America dove, per esempio, ha consentito di arrestare il sindaco di Washington, non proprio l'ultimo dei corrotti. Per noi invece è come se questa possibilità non esistesse. Vi invito quindi, se non volete accogliere questa proposta, a prendere in considerazione almeno una qualsiasi altra misura radicale.

In apertura di seduta quest'oggi abbiamo ricordato la figura di Camillo Benso conte di Cavour. Io vorrei ricordare un altro nostro padre del Risorgimento, visto che festeggiamo i 150 anni dell'unità d'Italia, e cioè Giuseppe Mazzini che nei «Doveri dell'uomo» scriveva così: «Poco importa che voi possiate dirvi puri: quand'anche poteste, isolandovi, rimanere tali, se avete a due passi la corruzione e non cercate combatterla, tradite i vostri doveri». Noi ce l'abbiamo a due passi da noi, anzi magari anche qui, allora dobbiamo sfruttare meglio questa opportunità e modificare questo disegno di legge. (Applausi dalle senatrici Negri e Adamo).

Signor Presidente, chiedo di poter consegnare la restante parte del mio discorso.

 

PRESIDENTE. Come già anticipato, senatrice Baio, non solo lei può consegnare il suo intervento, ma tutti i colleghi che non riusciranno a completare il loro, o che riterranno utile consegnarlo, sono autorizzati a farlo.

È iscritto a parlare il senatore Pardi. Ne ha facoltà.

 

PARDI (IdV). Signor Presidente, non posso consegnare il mio intervento perché non avendo un testo scritto dovrei scriverlo apposta.

 

PRESIDENTE. Naturalmente, non è un obbligo, senatore Pardi.

 

PARDI (IdV). Ho ascoltato con interesse gli interventi dei colleghi del mestiere della giustizia che sono intervenuti prima di me (mi riferisco ai colleghi Li Gotti, Della Monica, D'Ambrosio ed altri del Partito Democratico) e siccome non sono un addetto ai lavori del settore giustizia non posso mettermi a gareggiare per competenza con loro che, peraltro, hanno già spiegato benissimo perché questo disegno di legge è completamente insufficiente rispetto al fenomeno corruttivo.

Vorrei invece farvi partecipi di una sensazione che ho provato come commissario della 1a Commissione partecipando ad una riunione eccezionale delle Commissioni riunite 1a e 2a in occasione dell'audizione del magistrato Piercamillo Davigo il quale, con aria tranquilla, ha esordito nel suo intervento dicendo che era costretto a registrare, dalla lettura del dispositivo del provvedimento, che chi l'aveva scritto non aveva idea di cosa fosse la corruzione. Ha quindi spiegato in breve che mancava la percezione della connessione strettissima che c'è tra corruzione e concussione. Da lì si è poi dilungato a spiegare la corruzione come reato seriale, che avvinghia a sé anche gli inconsapevoli e alla fine costruisce una rete, il cui controllo risulta veramente molto difficile.

A partire da questa sensazione e dal ricordo dell'intervento del dottor Davigo, voglio mettere i piedi - diciamo così, data l'ora - in un'incongruenza che mi appare assolutamente colossale, ovvero l'incongruenza di una legge anticorruzione prodotta da una maggioranza e da un Governo guidati da una persona che ha, purtroppo per lui e purtroppo per noi, una frequentazione ossessiva di procedimenti che riguardano reati di natura corruttiva. Lui se li vorrebbe scuotere di dosso; io, di fronte alle tante falsità che sono state dette su questo passato ingombrante e un po' offensivo per la natura stessa della Repubblica, ne traggo soltanto qualche scampolo, perché non potrei farne l'elenco completo.

Ricordo un processo per la corruzione della Guardia di Finanza: Fininvest, la ditta del Presidente del Consiglio, pagò tre tangenti di 100 milioni di lire per addomesticare verifiche fiscali. Il corruttore Sciascia, un uomo di Fininvest, e i finanzieri corrotti vengono condannati; Berlusconi è assolto per insufficienza probatoria grazie alla falsa testimonianza di Mills. Ci sono poi i fondi neri per l'acquisto dei terreni della villa di Macherio: vengono pagati 4,4 miliardi di lire in nero all'ex proprietario e Berlusconi viene assolto dai reati di appropriazione indebita, frode fiscale e da un falso in bilancio, mentre viene salvato per amnistia da un altro falso in bilancio.

Per quanto riguarda i fondi neri sull'acquisto della società "Medusa", il manager "Fininvest" Bernasconi dirottò 10,2 miliardi di lire in nero su 5 libretti al portatore di Berlusconi, che però è stato assolto dal falso in bilancio per insufficienza di prove, perché è troppo ricco per potersi essere accorto dell'introito e dunque lo ha incassato a sua insaputa. Tutti ricordano il caso "All Iberian", perché Berlusconi giurò sulla testa dei suoi figli che l'impresa "All Iberian" non era sua. È stato dimostrato che invece era sua e che aveva pagato 23 miliardi di lire di finanziamenti illeciti a Bettino Craxi. Berlusconi si salva in appello per prescrizione grazie alle attenuanti generiche. Perché gli sono state riconosciute le attenuanti generiche? Perché era Presidente del Consiglio.

Il caso Lentini può sembrare un caso minore, perché si tratta di un giocatore di calcio e dunque si potrebbe dire: chi se ne importa? Sono stati versati 10 miliardi di lire in nero dal Milan al Torino in cambio del calciatore: il falso in bilancio viene prescritto grazie alle attenuanti generiche e al taglio della prescrizione previsto dalla riforma voluta da Berlusconi. Nel caso dei bilanci Fininvest 1988-1992, è intervenuta la prescrizione del falso in bilancio e dell'appropriazione indebita nell'acquisto dei diritti tv, utilizzando le attenuanti generiche e la prescrizione abbreviata dalle leggi di Berlusconi. Per quel che riguarda il caso relativo al consolidato Fininvest, c'è stata la prescrizione, grazie alle attenuanti generiche e ai nuovi termini della legge voluta da Berlusconi, anche per i falsi in bilancio da 1.500 miliardi di lire derivanti da fondi neri su 64 società offshore del "comparto B" della Fininvest.

Non cito tutti gli esempi, ma voglio infine ricordare il caso Mondadori, con cui è stata passata di mano la proprietà della più grande impresa editoriale italiana attraverso - diciamo così - un esproprio proprietario. Gli avvocati della Fininvest Previti, Pacifico e Acampora sono stati condannati per aver corrotto il giudice Metta, che ha annullato il lodo Mondadori, a vantaggio del proprietario precedente. Berlusconi si è salvato grazie alla prescrizione abbreviata e alle solite attenuanti generiche. Ci sono altri esempi che non cito, perché mi sento già abbastanza umiliato per il fatto di dover considerare cose di questo tipo.

Di fronte a questa relazione così stringente tra il Presidente del Consiglio e i reati di natura corruttiva, ci si può stupire che la legge prodotta dalla sua maggioranza e dal suo Governo risulti così labile nel toccare tutta la rete dei fenomeni corruttivi? Non ci si può stupire. È stato ricordato che il lavoro della Commissione è stato vano e che per mesi ha lavorato a vuoto: in Commissione sono state rigettate tutte le proposte dell'opposizione, tutti gli emendamenti, tutte le soluzioni più incisive sul fenomeno corruttivo. Ricordo alcuni temi, ad esempio la relazione strettissima tra concussione e corruzione: Davigo ci spiegò che spesso il concusso è altrettanto corrotto del corruttore, anzi, ne trae un utile specifico e lo rinnova; il traffico di influenze illecite, la questione dell'autoriciclaggio e quella dell'incompatibilità tra ruoli di governo e il rinvio a giudizio. A tal proposito, per inciso e senza voler pestare troppo i piedi, sollevo la questione che purtroppo tocca il nostro collega Grillo, di recente condannato nel processo Parmalat a più di due anni di reclusione e a 850.000 euro di multa. Non si tratta di una condanna definitiva, ma i colleghi dell'Aula potranno porsi il problema se il collega Grillo ha ancora titolo per mantenere la Presidenza dell'8a Commissione? Non sarebbe il caso che si defilasse rispetto a certi ruoli?

Il collega Divina ci invita a fare paragoni con la Germania. Ricordo che per il solo sospetto di aver utilizzato in modo improprio finanziamenti pubblici per la campagna elettorale, il leader della riunificazione della Germania, il cancelliere Kohl, è stato fatto fuori non dalla magistratura ma dal suo partito, che ha ritenuto che una figura come la sua, anche soltanto toccata da uno scandalo di cui non c'era nemmeno la prova provata in processo, non potesse più restare al proprio posto. Noi abbiamo un Presidente del Consiglio che fa collezione di procedimenti per reati di natura corruttiva e siamo nell'immobilità più assoluta. Non ci si può stupire di questo esito, perché mentre sui temi di interesse governativo, (vedi le leggi ad personam) il Parlamento viaggia a velocità supersonica, per leggi come queste ci impiega un anno per non fare praticamente niente: il Governo non fornisce pareri che avrebbe dovuto fornire alla Commissione, la 2a Commissione viene investita a raffica di nuovi procedimenti che ne inceppano il cammino.

Le questioni gravano. Ora, grazie al cielo, il bubbone delle grandi opere possiamo forse darlo non per risolto ma come parzialmente messo da parte; tuttavia, durante questa legislatura, abbiamo assistito alla consumazione di rapporti indicibili nell'ambito della Protezione civile, intesa come super Ministero senza limiti e senza controllo che gestisce le grandi opere in maniera del tutto opaca, generando reti di affari, di speculazione, di corruzione e concussione e, di fronte a questo, siamo costretti al ruolo di spettatori avviliti e impotenti.

È vero che l'opposizione ha chiesto più volte che il provvedimento in esame fosse calendarizzato, ma chiedere questo non significa condividerlo. Si voleva mettere in evidenza il fatto che il Parlamento doveva riuscire a produrre qualcosa su tale argomento. Su questo punto la maggioranza e il Governo non hanno offerto altro che una pallida sembianza di quella che dovrebbe essere una vera legge anticorruzione, per cui di fronte a questo prodotto il nostro giudizio non può che essere il più fermo e negativo possibile.

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Serra. Ne ha facoltà.

 

SERRA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Signor Presidente, signor Sottosegretario, la catastrofe dell'inizio degli anni '90 sembrava aver posto fine alla questione morale. Si è pensato quindi che di lì in avanti il nostro Paese sotto questo aspetto sarebbe risorto. A vent'anni di distanza la questione morale è ancora più presente rispetto al passato, forse perché la politica non se ne è voluta o potuta occupare a sufficienza.

Recenti fatti di cronaca testimoniano come il fenomeno della corruzione è ancora talmente vivo nella vita politica e amministrativa del nostro Paese che affrontare il tema con qualche operazione di maquillage, di immagine, nascondendo la polvere sotto il tappeto, non farebbe certo bene al Paese.

È pleonastico - lo hanno fatto meglio di quanto possa farlo io i colleghi che mi hanno preceduto - sottolineare come i fenomeni di corruzione siano fonti di inefficienza sul piano economico, di distorsione della concorrenza e come incidano nello sviluppo produttivo, e questo tenda a favorire indirettamente anche lo sviluppo della criminalità organizzata. Ci chiediamo allora perché un disegno di legge presentato in Consiglio dei ministri il 1° marzo 2010, sulla spinta elettorale delle amministrative e il dilagare degli scandali, annunciato poi il 4 marzo 2010 in Parlamento e esaminato nelle competenti Commissioni per oltre un anno, arrivi in Aula solo ora, sollecitato, vorrei ricordarlo al collega Cardiello, da tutta l'opposizione al completo.

Voglio tranquilizzare il collega Cardiello: l'opposizione non vuole mettere bastoni tra le ruote a questa normativa, perché l'abbiamo sollecitata noi per un anno intero. Ma come si può non essere d'accordo con il senatore Li Gotti quando parla di una "spolverata" che il Governo sta dando sul tema della corruzione? E come essere d'accordo con il senatore Divina - che io rispetto - quando parla di una buona legge e di qualche ritardo? Il senatore Divina dimentica, se non altro, che l'aspetto finanziario non è stato proprio toccato in questo disegno di legge.

Il Parlamento è messo nelle condizioni di esaminare la questione con un gigantesco, colpevole, ritardo, che tutti abbiamo denunciato; eppure, nel frattempo, le grida di allarme non sono mancate: penso al richiamo del procuratore generale della Corte dei conti all'inaugurazione dell'anno giudiziario 2011; a proposito di corruzione e di frodi e soprattutto in materia di aiuti e contributi nazionali e dell'Unione europea egli ha usato questa definizione: «patologie che continuano ad affliggere la pubblica amministrazione».

I dati non lasciano spazio all'ottimismo, come ricordato dalla collega Baio: nel 2010 la corruzione è aumentata del 30,22 per cento. Ma il dato più allarmante, se vogliamo, è il calo delle denuncie, quasi ci si fosse abituati al fenomeno, arresi ad una vera e propria cultura della corruzione; è come se la nostra società non sapesse più reagire con riprovazione morale ma dimostrasse uno spirito di rassegnazione, talvolta persino di accondiscendenza. Le maggiori preoccupazioni si concentrano nel mondo della sanità, ove malaffari e cattiva gestione imperano, aggravati da una carenza del sistema di controllo.

L'importo complessivo del danno erariale contestato ammonta a 250 milioni di euro, in gran parte concentrato nella Regione Lazio (130 milioni di euro) e questo per frodi nella gestione di case di cura convenzionate e per irregolari erogazioni di prestazioni riabilitative. Se questa è la situazione e se questa maggioranza dichiara di volerla risolutamente affrontare, allora viene spontaneo chiedersi come si concilino la determinazione e il rigore necessari nella lotta alla corruzione con una serie di provvedimenti legislativi assunto in fase di gestazione da parte di questo Esecutivo.

Lo stesso procuratore generale della Corte dei conti ha espresso viva preoccupazione per una serie di recenti interventi legislativi, tra gli altri il disegno di legge sulle intercettazioni (che costituiscono uno dei più importanti strumenti investigativi utilizzabili contro i fenomeni di corruzione) o la cosiddetta legge Cirielli del 2005. Le difficoltà nel perseguire i reati di corruzione sono state aggravate dalla riduzione dei termini di prescrizione e lo sarebbero ancora dalle forme anticipate di estinzione previste nel disegno di legge sul cosiddetto processo breve, di cui si discute in Commissione.

La magistratura contabile ha inoltre espresso perplessità anche nei confronti del progetto federalista. Ci si interroga - cito testualmente - in termini dubitativi se il decentramento della spesa pubblica possa contribuire a ridurre la corruzione, ovvero possa avere l'effetto contrario e aumentare la corruzione quando la vicinanza a interessi e lobby locali favorisca uno scambio di favori illeciti in danno alla comunità amministrata.

Pensiamo poi al frequente utilizzo da parte di questa maggioranza di procedure in deroga alle regole ordinarie, alla parificazione dei grandi eventi alle emergenze, che sottraggono i relativi appalti, bilanci, controlli al vaglio preventivo della Corte dei conti.

Che dire poi del falso in bilancio? Purtroppo dal 16 aprile 2002 è operativa la riforma degli illeciti penali amministrativi delle società commerciali, di cui al decreto legislativo n. 61 del 2002. Non aiuta certo a combattere la battaglia contro la corruzione, poi, la soppressione dell'ufficio dell'Alto commissario anticorruzione avvenuta nel 2008. Lo stesso presidente del Gruppo di Stati europei contro la corruzione (GRECO), Drago Kos, ha lamentato questo fatto e chiamato l'Italia a renderne conto in Consiglio d'Europa. Tale ufficio, pur privo di adeguati mezzi umani e strumentali, aveva, infatti, raggiunto alcuni risultati. Eppure si è deciso di sopprimerlo.

Le informazioni rese al riguardo dal Governo sulle ragioni di tale decisione appaiono contraddette dal fatto che il servizio anticorruzione e trasparenza, oggi presso il dipartimento della funzione pubblica, risulta ancora privo di dotazioni adeguate dal punto di vista delle risorse umane e strumentali. Si tratta in realtà di un organo cui manca, inoltre, la necessaria autonomia per svolgere la propria funzione e che, in base alle relazioni presentate al Parlamento, mostra anche una preoccupante carenza di meccanismi propri di acquisizione conoscitiva. A ciò si aggiunga il ritardo del nostro Paese nella ratifica della Convenzione penale del Consiglio d'Europa sulla corruzione, che solo oggi è stata approvata, sia pure con modifiche.

Siamo di fronte all'ennesimo piano nazionale che, in linea generale, ci appare carente ai fini del contrasto alla corruzione e richiede, al contrario, misure coerenti, risposte serie e concrete. Per questa ragione ritengo quanto mai opportuno istituire un organo indipendente che coordini l'attività di indagine e di contrasto del fenomeno, riservandomi di presentare a tal fine un organico disegno di legge. Tale organo di coordinamento risulta oggi necessario in quanto, nonostante gli sforzi dell'ordine e della magistratura, molti corrotti e corruttori riescono ancora a farla franca e pochi sono gli atti corruttivi portati alla luce, al punto che l'Italia è al 63° posto subito dopo la Turchia e a pari merito con l'Arabia Saudita, una posizione tale da spingere il Consiglio d'Europa nell'ottobre 2009 a dichiarare «molto seria» la situazione italiana. Siamo al 67° posto nel mondo.

Tanto per capire, fanno meglio di noi Stati come il Cile, Israele, Turchia, Tunisia e Ruanda. Lo stesso Presidente della Corte dei conti ha evidenziato che «la lotta alla corruzione deve fondarsi essenzialmente su quattro pilastri: l'etica, la trasparenza, la semplificazione e il controllo». Per questo abbiamo presentato una nostra proposta legislativa.

A monte di tutto ciò, però, occorre rispondere a un'esigenza di regolamentazione dell'accesso alla vita pubblica: la permeabilità di tale snodo procedurale ai meno nobili intenti è una delle peggiori ricadute della fragilità dell'attuale sistema dei partiti.

Ecco, quindi, alcune nostre proposte. L'attuale disciplina penale e processuale dei reati contro la pubblica amministrazione appare, infatti, inadeguata rispetto all'atteggiarsi concreto del fenomeno sotto vari punti di vista: anzitutto, l'apparato sanzionatorio risulta banalmente blando rispetto all'impatto sociale ed economico di reati di tale tipo, atteso che i responsabili in più occasioni hanno pagato con periodi limitatissimi di detenzione e, spesso, rientrando nel circuito della pubblica amministrazione in breve tempo; in secondo luogo, appare necessario aggiornare il catalogo dei reati utili, inserendo nuove ipotesi quali quelle di traffico di influenze e di corruzione nel settore privato, recependo così le indicazioni della Convenzione penale sulla corruzione del Consiglio d'Europa, conclusa a Strasburgo il 27 gennaio 1999, che impegnava gli Stati aderenti all'esecuzione. Con tali norme si estenderebbe la punibilità penale di fatti di millantato credito e si introdurrebbe la nuova ipotesi della corruzione del privato funzionario, fino ad oggi solo teorizzata ma di fatto priva di una specifica copertura penalistica.

Inoltre, i rapporti illeciti tra criminalità e amministrazione pubblica possono facilmente svilupparsi con ingressi "secondari" di soggetti pericolosi nell'apparato amministrativo pubblico, tramite collaborazioni e consulenze di ogni genere; d'altro canto, il sistema corruttivo ha più volte prosperato attraverso la cooptazione dei controllori (si pensi a tutte le magistrature) con lo strumento degli incarichi extragiudiziari che, talora molto ben retribuiti, possono rappresentare il mezzo per legare controllori a controllati e per serrare un sistema di rapporti.

Ci auguriamo, dunque, che l'esame in Aula sia proficuo, che non si sia chiusi, da parte di questa maggioranza, alle numerose proposte fatte dall'opposizione e che, insieme, si possa arrivare a correggere un testo assolutamente perfettibile e ad approvare il disegno di legge. (Applausi della senatrice Negri).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Vallardi. Ne ha facoltà.

 

VALLARDI (LNP). Signor Presidente, signor Sottosegretario, il fenomeno della corruzione nella pubblica amministrazione è stato sicuramente per il passato, ma lo è ancora oggi, un grosso problema nella vita sociale del nostro Paese.

La proposta iniziale del disegno di legge puntava a modificare le previsioni del codice penale e inaspriva le relative pene. Il testo che oggi ci apprestiamo ad approvare risulta invece integrato in maniera diversa, con una serie di norme, elaborate dai ministri Calderoli e Maroni, che mirano invece a prevenire i fenomeni corruttivi in maniera forte e decisa, al contrario di alcuni interventi che ho ascoltato dall'opposizione.

Il Governo ha voluto approvare un'ampia normativa, non solo sull'aspetto sanzionatorio ma anche a favore dell'efficienza della pubblica amministrazione, sanzionando il pubblico amministratore, a volte poco fedele, utilizzando come strumenti per combattere la corruzione, la semplificazione, l'efficienza e la trasparenza nella pubblica amministrazione, introducendo il semplice ma efficace principio del chi fa cosa e, soprattutto, con la certezza di come e quando queste cose si fanno, l'identificazione certa del soggetto operatore, la certezza della procedura e della tempistica di ottenimento delle risposte, rendendo maggiormente lineari i processi decisionali nell'ottica della trasparenza amministrativa, chiaramente nell'interesse dei cittadini.

Questo disegno di legge ha tre capisaldi: il Piano nazionale anticorruzione e trasparenza per ridurre i rischi della corruzione nella pubblica amministrazione; la disciplina degli enti locali, in cui vengono rafforzati i controlli e dettati i criteri di eleggibilità nelle cariche elettive; la definizione di norme sanzionatorie.

Il Piano nazionale anticorruzione è predisposto dal Dipartimento della funzione pubblica sulla base dei singoli piani di azione predisposti dalle amministrazioni centrali, nei quali dovrà essere chiaramente indicato in primis, il grado di esposizione al rischio di corruzione dei propri uffici; le misure organizzative necessarie a fronteggiare tale rischio; le procedure di selezione; la formazione e rotazione dei funzionari che operano in settori sensibili; da ultimo, le soluzioni, anche normative, per prevenire ed individuare tempestivamente gli illeciti.

È poi prevista una rete nazionale anticorruzione, composta da referenti di ciascuna pubblica amministrazione, che dovrà definire e fornire al Dipartimento della funzione pubblica elementi per valutare l'idoneità degli strumenti adottati, per definire programmi informativi e formativi per i dipendenti pubblici al fine di favorire il corretto esercizio delle funzioni ad essi affidate e monitorare costantemente l'effettiva attuazione dei singoli piani di azione.

Ciò presuppone un ampio lavoro che la pubblica amministrazione dovrà fare al suo interno, al fine di dotarsi di segnali di allarme e di sensori (qualora le cose non funzionino adeguatamente) e di strumenti valutativi sui suoi dipendenti, forse per la prima volta responsabilizzando il pubblico amministratore in maniera da conferirgli il ruolo e la centralità che gli competono.

Con questo provvedimento si realizzerà presso il Dipartimento della funzione pubblica l'Osservatorio sulla corruzione e gli altri illeciti nella pubblica amministrazione, con compiti di analisi e di informazione.

Le pubbliche amministrazioni dovranno concorrere con il principio della trasparenza, ovvero dovranno pubblicare sui siti istituzionali tutte le informazioni relative a procedimenti amministrativi "sensibili" (quelli cioè che hanno ad oggetto autorizzazioni, concessioni, appalti pubblici, erogazioni di benefici economici a persone o enti pubblici o privati, concorsi e progressioni di carriera).

Le stazioni appaltanti dovranno trasmettere, tempestivamente e direttamente all'Autorità di vigilanza, tutti i dati relativi a contratti di lavori, servizi e forniture, al fine di realizzarne la relativa anagrafe, importantissimo per gli operatori di settore e per gli stessi cittadini, dell'attività contrattuale posta in essere dalla pubblica amministrazione, nonché dagli altri soggetti tenuti al rispetto della normativa sugli appalti pubblici.

Un altro argomento molto importante è quello del controllo sugli enti locali, che avverrà migliorando i controlli sugli stessi enti sia sul piano della funzionalità, che della spesa. Per le società partecipate è previsto che l'amministrazione definisca preventivamente gli obiettivi gestionali a cui deve tendere la società partecipata, secondo standard qualitativi e quantitativi, e organizzando un idoneo sistema informativo - di particolare importanza ai nostri giorni - finalizzato ad evidenziare i rapporti finanziari tra ente proprietario e società, la situazione contabile, gestionale e organizzativa, i contratti di servizio e la loro qualità, il rispetto delle norme di legge sui vincoli di finanza pubblica.

L'impianto sanzionatorio - anch'esso rilevante - è realizzato per assicurare la legalità nella pubblica amministrazione; è previsto che nei casi di rimozione del Presidente della giunta regionale, disposta ai sensi dell'articolo 126 della Costituzione, chi abbia ricoperto la carica di Presidente della Regione non possa essere candidato ad alcuna carica elettiva, né ricoprire incarichi di Governo o di amministrazione in enti pubblici nazionali o locali. E' ampliato l'insieme delle sentenze definitive di condanna che sono ostative alla candidatura alle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali e relativamente alla assunzione di importanti cariche negli enti locali.

Sono poi aggravate le sanzioni penali previste per i reati dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione.

Stiamo parlando di una vera rivoluzione sul piano dei principi che dovrebbero ispirare i criteri del buon governo della pubblica amministrazione, una pubblica amministrazione finalmente aperta al cittadino, che trova gli anticorpi al suo interno per espellere quei funzionari che non si comportano in maniera molto deontologica. Ciò comporta una riflessione profonda e un mutamento di filosofia che ribalta il rapporto tra pubblica amministrazione e cittadino per introdurre finalmente la cultura del «servizio civile».

Dirigere la pubblica amministrazione, o meglio dirigere nella pubblica amministrazione, significa affrontare con competitività un tema da sempre al centro delle riflessioni, del dibattito sulla riforma della pubblica amministrazione in Italia, una pubblica amministrazione che con l'utilizzo delle nuove tecnologie riesce a dialogare con le aziende e le imprese attraverso la banca dati dei lavori pubblici e ad essere - speriamo - più competitiva e più moderna, finalmente in linea con gli altri Paesi europei.

L'anima del disegno di legge si muove su un piano di prevenzione, di organizzazione e di analisi, che considera come ipotesi marginale la repressione, immaginando che le contromisure che la pubblica amministrazione adotterà serviranno a prevenire il fenomeno corruttivo piuttosto che a reprimerlo. Meglio, quindi, prevenire che curare.

Non va poi dimenticato che il presente provvedimento è un mezzo attraverso il quale vengono attuate le politiche previste dal Capo II della Convenzione dell'ONU, adottata dall'Assemblea generale nell' ottobre del 2003 e firmata nel dicembre del medesimo anno anche dall'Italia.

L'adozione del Piano nazionale anticorruzione è stata resa necessaria anche a seguito della valutazione fatta in ambito europeo, come hanno detto altri colleghi, dal GRECO (gruppo di Stati contro la corruzione), anche in considerazione del fatto che già in molti Paesi europei sono state adottate queste misure anticorruzione.

Il disegno di legge è in perfetta sintonia con la filosofia di questo Governo che da sempre ha lavorato in tale direzione, ricercando criteri di eccellenza nelle competenze sia dei dirigenti che dei funzionari che operano quotidianamente nel settore pubblico, anche attraverso la riforma della SSPA (Scuola superiore della pubblica amministrazione).

La corruzione è in Italia un fenomeno che spaventa, soprattutto per il gran numero di piccoli episodi, diffusi in maniera capillare, che dilagano nella pubblica amministrazione e che causano un pesante danno erariale, oltre ad incidere sull'affidabilità che il cittadino inevitabilmente riconduce allo Stato come titolare della cosa comune.

I fenomeni di corruzione minano sicuramente la credibilità dell'apparato pubblico e lo rendono perciò maggiormente penetrabile anche alle influenze criminali di tipo associativo. I fenomeni corruttivi vanno perseguiti con rigore, perché incidono sicuramente con conseguenze profondamente negative sulle amministrazioni, in quanto vanno a sovvertire i termini del principio della leale concorrenza, con effetti deprimenti sul sistema economico e devastanti sotto il profilo etico-sociale. Questo fenomeno porta ad una disaffezione dei cittadini nei confronti della politica.

Occorre perciò muoversi su un piano etico e culturale, iniziando a lavorare all'interno dei dipartimenti dello Stato, consapevoli che la corruzione si annida maggiormente dove non c'è trasparenza e dove vi è un cattivo funzionamento dell'apparato statale. Occorre quindi rispettare le regole, essere chiari con i cittadini, osservare i tempi dei contratti e la regolarità delle contabilizzazioni nella gestione degli appalti, per evitare un ingente spreco di risorse pubbliche. Trasparenza e rispetto della legge sono chiaramente le condizioni per un uso corretto delle risorse pubbliche.

Come abbiamo prima sentito affermare dal senatore Serra che mi ha preceduto, il nostro Paese non e' messo molto bene in quella classifica stilata dalla ONG Transparency International. L'Italia risulta effettivamente molto indietro, al 67° posto nell'indice sulla percezione della corruzione, con un calo negli ultimi anni, che ci ha portato dietro a Paesi come la Lituania, l'Ungheria, la Repubblica Ceca e addirittura il Ruanda. Questo ci deve sicuramente far riflettere, ma nel contempo enfatizza e amplifica il lavoro di questo Governo che, con il provvedimento in esame, ha voluto e vuole affrontare, combattere e risolvere il problema della corruzione.

Tutta l'azione di Governo è quindi caratterizzata da scelte etiche riferite ai pubblici amministratori. In proposito voglio ricordare il codice di autoregolamentazione proposto nella relazione al Parlamento dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia, in materia di formazione delle lista dei candidati per le elezioni regionali, comunali e circoscrizionali. La Commissione antimafia ha infatti approvato all'unanimità, il 18 febbraio 2010, un documento nel quale ha voluto impegnare tutti i partiti dell'intero arco parlamentare dall'astenersi nel presentare come propri candidati quelli in odore di criminalità, coinvolgendo anche i Presidenti delle Regioni, i sindaci e i Presidenti delle Province che a loro volta dovranno impegnarsi per effettuare le nomine in maniera uniforme ai dettami cui facevamo prima riferimento.

Dalla lettura complessiva del disegno di legge si evince come questo Governo intenda far partecipare tutti, ai vari livelli, nella gestione della cosa comune, riconoscendo che la pubblica amministrazione, nel suo comparto amministrativo in generale, deve rendere attori e protagonisti tutti gli uomini che dirigono l'apparato statale, per realizzare una gestione della cosa pubblica finalmente senza sprechi ed inefficienze, ma produttiva e competitiva in linea con gli standard europei di cui tutti siamo a conoscenza, e questo nell'evidente interresse di tutti i cittadini. (Applausi dal Gruppo LNP. Congratulazioni).

 

PRESIDENTE. Colleghi, data l'ora, rinvio il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.

 

La seduta è tolta (ore 20,35).


 

Allegato B

 

Intervento del senatore Saia nella discussione generale del disegno di legge n. 2156 e connessi

 

Saluto con favore l'approdo in quest'Aula del provvedimento di legge di contrasto ai fenomeni corruttivi.

La corruzione è un atto di profonda mancanza di rispetto nei confronti di tutti i cittadini che vengono truffati nei loro diritti.

Giustamente gli estensori di questo disegno di legge hanno stabilito che la trasparenza degli atti normativi rientri tra i livelli minimi essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, previsti e garantiti dalla nostra Costituzione; la trasparenza, come primo fattore per un'amministrazione della Repubblica scevra da nefandezze di peculato e corruzione che si riflettono in ultima istanza sulle tasche dei cittadini, costretti a farsi carico di tasse inique e superflue per coprire i costi della corruzione.

La trasparenza, ma anche l'obbiettività nel presentare i dati sul fenomeno. Due facce di una stessa medaglia. L'obbiettività è quanto mai necessaria, perché è ingiusto considerare l'Italia come il Paese dei corrotti per colpa di alcuni (pochi, per fortuna) servitori infedeli dello Stato che, magari nascondendosi dietro al "ma io chiedevo per il partito" piuttosto che per una qualsivoglia causa, si arricchiscono ingiustamente mettendo a serio rischio l'integrità di appalti, contribuzioni pubbliche e la professionalità di assunzioni effettuate senza criterio di merito. A tal proposito è quanto mai necessaria e opportuna la creazione dell'Osservatorio sulla corruzione nella pubblica amministrazione che ha il compito di monitorare le informazioni circolanti sul fenomeno della corruzione. Spiega bene la relazione 2010 dell'Autorità nazionale anticorruzione, retta dall'amico Andrea Augello, circa il fatto che spesso girano interpretazioni distorte sui dati della corruzione, come quella che vede in 60 miliardi di euro il "costo" della corruzione in Italia. Un dato francamente improbabile, che rasenta il ridicolo, la cui genesi viene identificata dalla relazione sulla base di una surrettizia interpretazione della relazione Kauffman della World Bank, che determina il costo della corruzione nel mondo in ordine al 3 per cento del PIL mondiale, però si "dimentica", in modo alquanto singolare, il passaggio in cui si sottolinea con estrema puntualità, nonostante non ve ne fosse ovviamente bisogno, che questa percentuale del 3 per cento varia sensibilmente da Paese a Paese; tale attenzione avrebbe evitato questo infondato, ulteriore, inutile danno all'immagine del Paese. Non è un caso isolato, visto che anche il collega e amico senatore Beppe Pisanu, ricordava, nel corso dei lavori della Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere, di cui è Presidente, citando il senatore De Sena (vice presidente di detta Commissione), che sull'entità di questo fatturato si conoscono valutazioni diverse, tutte per la verità impressionanti, ma raramente ben documentate, mentre lo stesso gruppo di Stati contro la corruzione del Consiglio d'Europa ha recentemente evidenziato come sia praticamente impossibile quantificare il costo totale della corruzione perché gli importi di tangenti e pagamenti sottobanco sono ovviamente sconosciuti; erano conosciuti in un certo qual modo fino a quando la deducibilità fiscale delle spese collegate alla corruzione fu abolita a seguito degli sforzi contro la corruzione da parte della comunità internazionale negli anni '90. Concetto peraltro ribadito dallo stimato dottor Antonio Girone, direttore della Direzione nazionale antimafia, ormai un anno fa, quando il provvedimento oggi in Aula era in discussione nelle Commissioni riunite, di cui anche io faccio parte. Disse il dottor Girone, in audizione: "Vi è la duplice necessità di neutralizzare adeguatamente le condotte illecite e di garantire una forte trasparenza sul fenomeno, anche per evitare che una amplificazione di dati inesatti possa incidere sull'immagine del Paese e, conseguentemente, sul suo rating in sede internazionale". Continua la relazione dell'Autorità anticorruzione con un sintetico quanto chiaro quadro della situazione corrente nella nostra pubblica amministrazione: su 3.000 reati all'anno consumati in media contro la PA negli ultimi 7 anni, meno del 10 per cento fanno riferimento a episodi di corruzione e concussione; 300 reati all'anno registrati per corruzione e concussione significano 1 delitto ogni 12.000 dipendenti pubblici. Il 40 per cento circa fa riferimento a illeciti commessi da privati - da "chiunque", come recitano gli articoli 316-ter e 640-bis codice penale - che hanno scambiato la pubblica amministrazione per il proprio "conto corrente con fido illimitato": qui, l'infedeltà del dipendente pubblico non rileva in alcun modo. Un ulteriore 40 per cento fa riferimento a denunce per il reato di abuso d'ufficio di cui all'articolo 323 del codice penale.

Si è parlato giustamente di prevenzione come prima arma di contrasto della corruzione. Più efficace anche della repressione. Oltre alla già citata trasparenza, nel corso dei molti mesi in cui il disegno di legge è stato trattato nelle Commissioni riunite, particolare risalto è stato dato alla funzione dell'Autorità di contrasto della corruzione. I Colleghi dell'opposizione si sono concentrati e forse un po' persi nel sottolineare la mancanza dì indipendenza funzionale e finanziaria, di detto organo. Ma la relazione 2010 già rispondeva citando la legge istitutiva dell'Autorità, la n. 116 del 2009, che all'articolo 6, comma 2, ne sancisce inequivocabilmente la piena autonomia. L'Autorità ha fatto e sta facendo un ottimo lavoro e sarà senz'altro agevolata dal disegno di legge in discussione; testo che ovviamente è suscettibile di migliorie e modifiche, ma che costituisce un primo elemento di coordinamento delle norme esistenti in materia di anticorruzione.

Sicuramente mancano ulteriori elementi per contrastare la corruzione, ma il provvedimento contiene innovazioni di grande valore, quale ad esempio l'introduzione del concetto di reputazione, ossia di buona reputazione. Fino ad ora la pubblica amministrazione nell'affidare appalti, contratti e fornitori, non teneva conto di esperienze negative precedenti (a meno che non siano state oggetto di condanna giudiziaria), non considerava se in appalti pregressi la ditta avesse o meno portato a termine l'impegno, se ci fossero state o meno contestazioni. Il concetto è stato ribadito dal ministro Brunetta assieme alla total disclosure di tutte le fasi di un appalto pubblico. La diffusione sarà effettuata tramite i nuovi mezzi, ossia Internet e la mail certificata. Certo, ci vorrà molta attenzione nel determinare i "parametri reputazionali oggettivi", ma se la volontà politica sarà confermata, se non sarà stravolto l'impianto del disegno di legge, se sarà usata la tecnologia per la trasparenza e non per l'occultamento dei dati, se sarà data veramente la possibilità ai cittadini di conoscere e di giudicare, allora avremo fatto un passo avanti non da poco per rafforzare il nostro Stato di diritto.

Il provvedimento in esame tiene anche conto della necessità repressiva, partendo dal presupposto che una carenza di conoscenza empirico-quantitativa della corruzione può determinare un progressivo, insidioso scollamento delle norme penali rispetto al fenomeno criminale. Sulla base dei dati attuali il Governo che noi sosteniamo ha provveduto ad aggiornare le pene repressive sia aumentando i massimali di pena che introducendo la nuova aggravante di corruzione da parte del pubblico ufficiale. Ma non è tutto. Il Gruppo Coesione Nazionale con i suoi emendamenti vuole ora dare il suo contributo per migliorare ulteriormente il provvedimento in esame sia con provvedimenti dall'alto valore simbolico, come l'obbligatorietà del giuramento di fedeltà alla Costituzione per coloro che occupano cariche pubbliche o assumono pubblici impieghi. Inoltre, riteniamo di fondamentale importanza per il tema trattato la necessaria rotazione, che noi proponiamo quinquennale, delle funzioni degli impiegati pubblici maggiormente a rischio di corruzione. Siamo favorevoli, come detto, all'assoluta trasparenza, per questo devono essere previste sanzioni per i responsabili dei servizi informatici degli enti che non ottempereranno all'obbligo di pubblicazione dei dati sui siti istituzionali.

Cerchiamo di essere concreti e di far decollare nel più breve tempo possibile questo provvedimento. Con gli emendamenti del quale anche io sono firmatario, cerchiamo di stabilire già nella legge quante più normative possibili, demandando il meno possibile a successivi provvedimenti normativi (per non arrischiare il cosiddetto "effetto Malpensa"). Per scongiurare al massimo il rischio di corruzione, restringiamo in maniera consistente le partecipazioni in società pubblica e privata dei magistrati dello Stato a qualunque titolo. Consci dell'adagio di Platone che recita "chi controllerà i controllori?" riteniamo importante scongiurare il rischio, fisiologico, di collusione tra controllori e controllati. Appositi emendamenti sono stati presentati dal mio Gruppo in tal senso. Gli emendamenti si concludono con una serie di norme a regolamentazione degli incarichi di noi parlamentari, dei colleghi del Governo e dei rappresentanti eletti negli enti locali. Tutte norme volte a limitare e contenere il potere del singolo, nella convinzione che solo questa limitazione può effettivamente scongiurare al massimo possibile il rischio che servitori dello Stato, che magari nascono anche dotati di etica che poi sovente capita che perdano nel corso del loro mandato, cedano alle tentazioni di guardare più al proprio mulino piuttosto che al bene pubblico.

Infine, concludo il mio intervento con un particolare ringraziamento alle donne e agli uomini delle forze dell'ordine. L'Unione europea e altri organismi internazionali hanno spesso citato a modello il metodo e il lavoro delle nostre forze dell'ordine per la prevenzione e il contrasto della corruzione. Queste, ad esempio, le parole che hanno rivolto i rappresentanti dell'Europa al nostro sistema anticorruzione: "L'Italia, per troppo tempo all'indice delle statistiche dei Paesi a rischio di frode e corruzione, da tempo, grazie alle forze di polizia italiane, sta assumendo un nuovo ruolo sulla scena internazionale. Non più Paese della frode, ma quello che con maggiore vigore, maggiori strumenti normativi, maggior numero di mezzi e più spiccata professionalità investigativa e giudiziaria (sia penale che amministrativa) combatte la criminalità finanziaria internazionale (...)" e proposte "(...) all'opinione pubblica europea come il migliore esempio a livello internazionale di struttura investigativa impegnata nella lotta alla criminalità economico-finanziaria (...)".

 

Testo integrale dell'intervento della senatrice Della Monica nella discussione generale sul disegno di legge n. 2156 e connessi

Il testo dell'intervento sarà pubblicato nella seduta n. 563.

 

Testo integrale dell'intervento della senatrice Baio nella discussione generale del disegno di legge n. 2156 e connessi

Signor Presidente, onorevoli colleghi, la regola aurea del filosofo greco Epitteto si può riassumere nella massima: "Dio mi conceda la serenità di accettare le cose che non posso cambiare, il coraggio di cambiare le cose che posso cambiare, e la saggezza di capire la differenza". Troppo spesso la politica si è barricata dietro quella serenità e quella accettazione, dimenticando il coraggio che, oggi più che mai, è necessario per riuscire a diffondere l'onestà e la trasparenza anche nell'amministrazione della res publica, per renderla libera dal malcostume e quindi orientata verso la sua più aulica accezione etimologica. La trasparenza e l'onestà, infatti, sono le premesse necessarie e imprescindibili per poter essere politici e amministratori, ma soprattutto per garantire ai cittadini il rispetto della gestione del bene pubblico.

Oggi più che mai le affermazioni di Piercamillo Davigo, consigliere della Corte di cassazione, espresse in un libro-intervista, sono attuali e condivisibili, laddove dichiara che "gli strappi alla legalità sono di per sé un disvalore e devono quindi essere perseguiti e processati". Un disvalore che colpisce non solo l'economia del Paese, ma che è capace di minare anche il processo democratico, trasformandosi in una misura premiale per chi non rispetta le regole. I fenomeni di concussione e corruzione, infatti, sono ormai diventati una forma patologica della nostra società, una piaga che dilaga e che ormai sembrerebbe essere entrata nei costumi degli italiani senza particolari ostacoli. La dimostrazione è tangibile: basti pensare che nel 2010, i cosiddetti reati corruttivi sono aumentati del 30,22 per cento rispetto all'anno precedente. Il procuratore generale della Corte dei conti, Mario Ristuccia, in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario 2011, ha lanciato un allarme, dichiarando che questi dati non consentono ottimismi e che la corruzione continua ad affliggere la pubblica amministrazione. Nel dettaglio della relazione della Corte dei conti si legge che nel 2010 sono stati denunciati 237 casi di corruzione, 137 di concussione e 1090 di abuso d'ufficio.

Ma il disagio dell'Italia è, purtroppo, evidente anche su scala mondiale. Infatti, secondo l'indice di percezione della corruzione, conosciuto come Corruption perception index (CPI), un indicatore pubblicato annualmente a partire dal 1996 dall'organizzazione non governativa Transparency international, (che ordina i Paesi del mondo sulla base del livello secondo il quale l'esistenza della corruzione è percepita tra pubblici uffici e politici) l'Italia nel 2007 era al trentasettesimo posto, e nel 2010 è crollata al sessantasettesimo posto. I dati appena illustrati indicano un malcostume radicato, quindi, che forse Dante Alighieri avrebbe definito "meschina baratteria". Le cause di questo allarmante fenomeno sono profonde e non possono prescindere anche da una interpretazione squisitamente antropologica del fenomeno e quindi dalla sfiducia nelle istituzioni, che comporta il non rispetto delle istituzioni a scapito della collettività e del bene comune. Se è vero, infatti, che occorre intervenire per arginare questo fenomeno, non si può non considerare la larga fascia di cittadini onesti, che sono la maggioranza, e che subiscono, loro malgrado, le conseguenze della minoranza. Infatti, i circa 40 milioni di contribuenti, versano pro capite circa 1.500 euro di tassa occulta aggiuntiva, vale a dire una somma non dovuta ma che è volta a finanziare il fenomeno corruttivo. Il rischio che si corre è che la soglia dell'accettazione della corruzione, aggravata dalla perdurante crisi economica, possa sfociare in una rassegnazione generalizzata! È quasi un circolo vizioso, dove la sfiducia verso le istituzioni comporta fenomeni di malcostume, che a loro volta generano nuova disaffezione verso i cittadini.

Di fronte a questo triste scenario, emerge che le norme esistenti nel nostro ordinamento non risultano in grado di spezzare questa catena e di favorire, in primis, un cambio di mentalità che faccia della trasparenza l'unica soluzione possibile per trasformare quel circolo statico in una staffetta virtuosa. Gli stessi operatori del diritto e la giurisprudenza da tempo ammettono la necessità di una riforma normativa in grado di dare strumenti più idonei e atti a contrastare realmente i fenomeni di corruzione. Infatti, secondo l'autorevole parere di Piercamillo Davigo, occorre "ripensare una parte della legislazione nella prospettiva di togliere le occasioni... bisogna creare l'interesse a essere onesti" ma soprattutto è giunto il tempo di drastiche riforme. Nella legislatura corrente, è già stato fatto un primo fondamentale passo attraverso l'approvazione della legge n. 116 del 2009, recante "Ratifica ed esecuzione della Convenzione ONU contro la corruzione". Il passo cronologicamente successivo dovrebbe essere tracciato dal disegno di legge oggi in discussione, un testo che si suddivide in 3 Capi, di cui il primo contiene misure per prevenire la corruzione e l'illegalità nella pubblica amministrazione; il secondo, reca disposizioni in materia di controllo negli enti locali; l'ultimo capo contiene misure di repressione della corruzione e dell'illegalità.

Volgendo sinteticamente lo sguardo al merito delle disposizioni, occorre osservare che quanto previsto nel primo Capo appare, in linea di principio, condivisibile ma concretamente inefficace! Molti sono i profili di criticità! Mi riferisco, ad esempio, al fatto che alcune disposizioni rinviano la concreta attuazione a provvedimenti successivi (si pensi, al regolamento interministeriale disciplinante le modalità per garantire la trasparenza dell'attività amministrativa), posticipando, in tal modo, la concreta operatività di tali disposizioni. Ma nel periodo in cui si attendono i decreti attuativi, la corruzione, in Italia, aumenta sempre più! Inoltre, gli strumenti previsti dal presente disegno di legge mancano di incisività; infatti, per garantire una effettiva trasparenza nei contratti pubblici, sarebbe stato necessario prevedere misure specifiche in punto di tracciabilità dell'intero percorso del denaro pubblico erogato nell'ambito di procedure ad evidenza pubblica. In tal senso, abbiamo presentato uno specifico ordine del giorno che auspichiamo venga approvato.

Ma ciò che desta maggiori perplessità è la terza parte del testo in esame, nella parte in cui, all'articolo 12, contiene modifiche al codice penale. Nello specifico, è previsto un inasprimento delle pene per alcuni reati contro la pubblica amministrazione (peculato, malversazione, corruzione) ed è prevista l'introduzione di circostanze aggravanti. Tuttavia, in omaggio sia alla funzione deterrente della pena quanto, e soprattutto, alla funzione rieducativa della stessa, sarebbe stato opportuno prevedere la non applicabilità dei benefici di legge (quali, ad esempio, sospensione condizionale della pena, amnistia, indulto eccetera) ai reati contro la pubblica amministrazione. Una previsione di questo tipo avrebbe lanciato un segnale forte all'intero Paese, soprattutto in un momento di grave crisi economica quale quello attuale, in cui, secondo stime accreditate, il costo dei fenomeni corruttivi si aggira intorno ai 60-70 miliardi di euro all'anno. Un altro segnale importante sarebbe stato, inoltre, rafforzare l'azione della Corte dei conti, con specifico riferimento al risarcimento dei danni subiti dall'intero Paese a causa della corruzione; ma non vi è traccia di disposizioni di tale tenore.

La moralità in politica e nelle istituzioni è e deve essere al primo posto nell'attività parlamentare, ma per garantirla servono scelte coraggiose. Purtroppo, il presente disegno di legge non può definirsi tale e il Governo ha perso un'altra occasione per recuperare credibilità agli occhi dell'opinione pubblica e di quei cittadini onesti che credono e vivono nel rispetto delle regole. Un chiaro atto di coraggio sarebbe stato, ad esempio, estendere l'attività sotto copertura anche per i reati di corruzione e di concussione, mediante la previsione del cosiddetto agente provocatore, che attualmente è prevista ad esempio, per il traffico di stupefacenti e il terrorismo internazionale. Tale meccanismo comporta, in concreto, che l'ufficiale di polizia giudiziaria, in incognito, entra in contatto con soggetti privati, amministratori o funzionari pubblici che risultano poco trasparenti nella loro attività "istituzionale", al fine di far emergere casi di corruzione e concussione. Si tratta di un metodo da tempo consolidato negli Stati Uniti, dove la repressione della corruzione è affidata all'entrapment. Secondo il modello statunitense, quando vi è il sospetto di corruttibilità, ci si limita a sottoporre il presunto reo ad un test di integrità, il quale consiste nel verificare la reazione del soggetto sospetto ad un tentativo di corruzione, procedendo all'arresto se l'esito del test è positivo. Con questo metodo è stato scoperto ed arrestato anche il sindaco di Washington.

Pur avendo una cultura, una storia e una normativa completamente diverse, ritengo che anche in Italia sia possibile mutuare l'esperienza americana. Ma, come ho già anticipato, una simile scelta ha bisogno di un atto di coraggio che - ripeto - non traspare nel testo in esame e della cui mancanza siamo chiamati a rispondere agli occhi dell'opinione pubblica. Per questo vorrei concludere, in occasione dei 150 anni dell'Unità di Italia, con una citazione di Giuseppe Mazzini, tratta da "I doveri dell'Uomo": "poco importa che voi possiate dirvi puri: quando anche poteste, isolandovi, rimanere tali, se avete a due passi la corruzione e non cercate di combatterla, tradite i vostri doveri".

Ebbene, credo che oggi siamo ancora lontani dall'intraprendere una vera lotta alla corruzione, nonostante sia purtroppo così radicata nella nostra società e sia solo a due passi da noi!!

 

 


 

 

 

Senato della Repubblica

XVI LEGISLATURA

 

Assemblea

 

 

 

 

 

RESOCONTO STENOGRAFICO

ALLEGATI

 

 

 

ASSEMBLEA

 

563a seduta pubblica (antimeridiana):

 

 

mercoledì 8 giugno 2011

 

 

Presidenza della vice presidente BONINO,

indi della vice presidente MAURO

e del vice presidente NANIA

 


 

RESOCONTO STENOGRAFICO

 

Presidenza della vice presidente BONINO

 

PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 9,32).

Si dia lettura del processo verbale.

BAIO, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta antimeridiana del 1° giugno.

PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.

 

Comunicazioni della Presidenza

PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato, nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

 

Preannunzio di votazioni mediante procedimento elettronico

 

PRESIDENTE. Avverto che nel corso della seduta odierna potranno essere effettuate votazioni qualificate mediante il procedimento elettronico.

Pertanto decorre da questo momento il termine di venti minuti dal preavviso previsto dall'articolo 119, comma 1, del Regolamento (ore 9,37).

 

Seguito della discussione dei disegni di legge:

(2156) Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione

(2044) BAIO ed altri. - Misure per contrastare fenomeni corruttivi nel rapporto tra eletti, cittadini e pubblica amministrazione

(2164) LI GOTTI ed altri. - Norme per il contrasto alla corruzione nella pubblica amministrazione e in materia di cause ostative all'assunzione di incarichi di governo, incandidabilità ed ineleggibilità dei condannati per reati contro la pubblica amministrazione. Delega al Governo in materia di coordinamento del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267

(2168) D'ALIA. - Disciplina della partecipazione alla vita pubblica e degli emolumenti per l'esercizio della funzione pubblica, regolamentazione degli incarichi di consulenza e norme in materia di contrasto a fenomeni di corruzione

(2174) FINOCCHIARO ed altri. - Norme per il contrasto alla corruzione nella pubblica amministrazione e nel settore privato. Cause ostative all'assunzione di incarichi di governo, incandidabilità ed ineleggibilità dei responsabili per reati contro la pubblica amministrazione e collegati

(2340) DELLA MONICA ed altri. - Norme per la trasparenza, la prevenzione e la repressione della corruzione e per il contrasto alla illegalità nel settore pubblico e privato

(2346) ZANDA. - Norme per il contrasto alla corruzione nella pubblica amministrazione e nel settore privato(ore 9,37)

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge nn. 2156, 2044, 2164, 2168, 2174, 2340 e 2346.

Ricordo che nella seduta di ieri il senatore Berselli, presidente della 2a Commissione permanente, ha riferito sui lavori delle Commissioni riunite 1a e 2a ed ha avuto inizio la discussione generale.

È iscritta a parlare la senatrice Incostante. Ne ha facoltà.

 

*INCOSTANTE (PD). Signora Presidente, il provvedimento in esame ci richiama ad una responsabilità molto grande che ha davanti il nostro Paese per restituire credibilità alla politica, alle istituzioni, per promuovere una riforma fondamentale di tanti assetti di questo Paese, dalla pubblica amministrazione al sistema giudiziario, per favorire la crescita di un'etica e di una responsabilità che coniughi serietà, rigore e sobrietà.

Il fenomeno corruttivo, che è in costante crescita in Italia, così come ci indica la Corte dei conti nelle sue analisi, dimostra che molto di questo malaffare si insedia e si annida dentro le pubbliche amministrazioni e che questo elemento rappresenta la quarta fonte di danno erariale in ordine di importanza.

L'espansione del delitto e del fenomeno corruttivo va sicuramente anche strettamente connessa ad una percezione che nella collettività è diventata sempre più bassa rispetto al disvalore di tali reati e alla loro incidenza sulla gestione della cosa pubblica. Ormai è stato riconosciuto che la corruzione ostacola lo sviluppo economico, contrasta con i principi di buona amministrazione, di etica, di eguaglianza e con la libera concorrenza.

Le azioni che dobbiamo mettere in atto sono, oltre la promozione di una etica pubblica e di una cultura diffusa della legalità, anche quelle specifiche attinenti al funzionamento della pubblica amministrazione, alla trasparenza, al tema degli appalti e al contrasto di detto fenomeno nel pubblico come nel privato. È per questo che ci chiediamo, almeno sul versante pubblico: dove è la tanto declamata riforma della pubblica amministrazione? Dove è la riforma del ministro Brunetta? Si potrebbe dire «Chi l'ha vista?».

Nel maggio 2008 il Ministro lanciava un grande piano industriale con linee programmatiche sulla riforma della pubblica amministrazione, per porre al centro il merito, la produttività, l'efficienza e la trasparenza. Abbiamo convenuto e contribuito anche alla costruzione della legge delega con le nostre proposte e i nostri emendamenti per mettere al centro la valutazione, la trasparenza, l'integrità della pubblica amministrazione e per favorire un organismo indipendente che svolgesse tale compito. Gli intendimenti del Ministro sono stati - dobbiamo dirlo - soltanto fumo: qualche trovata pubblicitaria come le "faccette con il sorriso" per introdurre la valutazione da parte degli utenti; nessun costrutto per avviare una riforma seria e aprire un cantiere profondo all'interno della pubblica amministrazione, centrale e periferica.

Forse non si poteva farlo, visto che in quei tempi e in quei momenti si andavano sviluppando fenomeni corruttivi che hanno interessato anche la gestione di questo Governo. Il primo report di Cittadinanzattiva sui dati 2009 ci dice che la trasparenza non c'è, e si vede; che i cittadini denunciano situazioni di opacità per mancanza di informazioni e di definizioni degli iter procedurali. E che ancora si combatte per ottenere l'autocertificazione, la quale era stata prevista per legge molti anni fa, con paurosi ritorni indietro.

Dove sono i controlli sulle prestazioni erogate, la lotta agli sprechi, la valutazione che premia il merito, i meccanismi che avrebbero dovuto consentire il controllo sui servizi pubblici, la "responsività" come capacità di rendere conto di scelte e comportamenti agli interlocutori delle pubbliche amministrazioni? Dove è il grande cantiere che si doveva e si dovrebbe aprire?

Le nostre proposte si muovono su questo terreno, per dare efficienza e produttività alla pubblica amministrazione, per migliorare la sua capacità di azione, per illuminare gli angoli bui in cui si annida la corruzione. Tutto si deve conoscere: nomi, incarichi, compensi, appalti, la loro storia, la loro vita, il loro procedimento, per consentire controlli incrociati sulle forniture, sui compensi e su quant'altro connesso. Il cittadino deve essere coinvolto nella valutazione della prestazione dei servizi, perché questo determina possibilità di maggiore trasparenza. Bisogna rimuovere tutte le possibilità di cumuli di incarichi, di sovrapposizioni di funzioni tra controllori e controllati e i conflitti di interesse espressi e potenziali.

Una agenda di riforme mancate, quindi, di cui dovrete dare spiegazioni al Paese, alle imprese, ai cittadini, ai giovani. E ancora, con questo disegno di legge, che abbiamo molto voluto e richiesto, troviamo passi indietro e sicuramente mancate risposte.

Che cosa dire del sistema degli appalti su cui varie forme di prevenzione e di controllo sarebbero fondamentali, i patti di integrità da inserire nei bandi di gara per favorire i controlli incrociati, la qualità e la concorrenza? L'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici rispetto a lavori e servizi ci segnala come sia necessario che la banca dati dei contratti pubblici acquisisca altri dati di interesse al fine di costituire un'unica banca dati di controllo, per includere modalità nuove di acquisizione, per far sì che si costituisca una anagrafe unica, affinché essa possa essere interoperativa con l'anagrafe tributaria, con il casellario giudiziario, con la Direzione nazionale antimafia, indipendentemente dall'importo, dalle modalità di aggiudicazione, anche per i contratti in deroga; prevedere l'obbligatorietà del codice identificativo del contratto e - come indicato dall'OCSE - fare molta attenzione alle zone grigie della vulnerabilità delle gare, sia prima che dopo, nelle forme di evidenza nei pagamenti.

In sostanza, questo provvedimento ci delude e sono annunciati alcuni stralci che ci deludono ancora di più e alcune inammissibilità che riteniamo elusive. Non si ottempera ad una ratifica della Convenzione di Strasburgo adeguando la legislazione italiana, ma ad una ratifica secca che diventa così inefficace. Non ci son miglioramenti sui temi penali né su quello della trasparenza.

La corruzione è un fenomeno che ha un impatto economico nel nostro Paese calcolato intorno ai 60 milioni di euro. Pensate: 1.000 euro l'anno per ogni bambino nato. È un costo questo che non ci possiamo permettere, che non ha solo a che fare con l'etica pubblica ma anche con la competitività del nostro Paese, con la possibilità di crescita, con il futuro delle giovani generazioni. Ha a che fare con la modernizzazione e l'innovazione dell'Italia, che ha bisogno di essere tale per potere competere.

La maggior parte dei reati di corruzione si consuma nelle pubbliche amministrazioni e mentre questo prima era considerato un fenomeno marginale di alcune aree del Paese, oggi si vede come i fenomeni corruttivi si estendano, si confondano, si intreccino alla criminalità organizzata, vadano da Nord a Sud e riguardino funzionari pubblici, imprenditori, professionisti, rappresentanti politici e istituzionali.

Occorre quindi darci strumenti sofisticati e qualificati, cosa che non ritroviamo in questa proposta di legge, che ci sembra, a dir la verità, per molti aspetti deludente.

Queste sono le nostre proposte, questi i nostri contributi.

Abbiamo tanto lavorato perché la Commissione sulla pubblica amministrazione e la trasparenza fosse attiva; in realtà è lasciata a se stessa, priva di risorse, un po' sul binario morto.

La corruzione deteriora la pubblica amministrazione, è un ostacolo al corretto funzionamento del mercato, su cui occorre invece ricercare il miglioramento, l'innovazione, la crescita complessiva dei fattori di competitività. È per questo che insistiamo ed abbiamo insistito molto su questo provvedimento, perché esso fosse serio, profondo e andasse alla radice di tanti problemi. Ma questi temi possono sembrare, nel clima politico e nel panorama istituzionale, forse, per l'immagine che sta dando questo Paese anche all'estero, quasi risibili e perfino incredibili, forse in controtendenza. E non basta una operazione di facciata: vedremo nel corso dell'analisi di questo provvedimento se le nostre proposte saranno prese in considerazione, e come ho già detto, se alcuni degli stralci, che ci paiono a dir la verità davvero pericolosi e sicuramente un passo indietro rispetto allo stesso testo, saranno portati avanti.

Noi vogliamo condurre una battaglia per parlare all'inquietudine, alla sfiducia, alla stanchezza, alla assuefazione di tanti cittadini onesti che accrescono la loro distanza verso la pubblica amministrazione e le istituzioni. Vogliamo restituire con proposte concrete, con serietà, con rigore, speranza e fiducia per una stagione nuova, nell'interesse del nostro Paese e per le nostre future generazioni. (Applausi dal Gruppo PD. Congratulazioni).

 

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il senatore Benedetti Valentini. Ne ha facoltà.

 

BENEDETTI VALENTINI (PdL). Signora Presidente, onorevoli colleghi, stamattina diciamo «onorevoli colleghi», se fossimo intervenuti ieri sera avremmo detto «onorevoli banchi», perché non c'era più nessuno. È quindi un onore ed una opportunità quella di intervenire da ultimo in discussione generale stamattina e, poiché ho ascoltato disciplinatamente e diligentemente tutti gli interventi, con particolare riferimento a quelli dei colleghi dell'opposizione di sinistra, non voglio privarmi del piacere di rendere a braccio qualche considerazione, ancorché un po' politicamente poco corretta, come mi è abituale.

La prima considerazione è che ho sentito invocare dei banchi di sinistra, reiteratamente, «una nuova Authority», «una Autorità indipendente», «veramente indipendente», la «costituzione di una nuova Autorità». Ora, ricordo che un paio di legislature fa avevo l'onore di presiedere a Montecitorio la Commissione lavoro ed arrivò una proposta per la istituzione di un Alto commissariato per la repressione del malcostume e della corruttela nella pubblica amministrazione, con un titolo lungo tre righe. Per la verità, ancorché esponente, forse anche non di ultimissima linea, della maggioranza, dissi che non volevo votare quella proposta perché, essendo un po' all'antica, mi chiedevo: ma è possibile che in un Paese civile si debba istituire una autorità, un alto commissariato per verificare che non ci sia corruttela nei gangli della pubblica amministrazione? Mi ricordo che fui anche un po' blasfemo, perché dissi: «Scusate il paradosso poco riguardoso, ma sarebbe come se l'autorità ecclesiastica dovesse istituire un alto commissariato per verificare che nei monasteri non si pratichi droga e prostituzione!». Non lo capisco. Sarò ottocentesco, sarò della destra storica, sarò quel che vi pare, fatto sta che non concepisco che si debba mettere in piedi un organismo con 50 o 100 dipendenti per monitorare i funzionari pubblici e i loro capi ufficio, che hanno come primo dovere, fino a prova contraria, quello di controllare che non ci sia malcostume nei propri uffici, negli uffici da loro diretti. Non concepivo che ci dovesse essere un altro organismo, un'altra farragine sopra, pagata naturalmente dal contribuente, per verificare che non ci fossero deviazioni e malcostumi. Allora, anche su questa storia del mettere in piedi nuovi organismi personalmente non sono d'accordo, perché si tratta di un costo, che non deve essere utile né necessario, e bisogna essere inflessibili nei confronti dei funzionari, specialmente di coloro che hanno funzioni direttive e di coordinamento, perché, se non impediscono il verificarsi di certi fenomeni nei loro uffici, devono essere cacciati via o comunque debbono avere una valutazione professionale infima e censuratrice, che li deve escomiare dai loro incarichi.

Quanto poi agli accenti, credo sinceri da parte della grande maggioranza di coloro che hanno parlato, usati riguardo al fenomeno del malcostume, della corruttela, dei profitti nella pubblica amministrazione, anche su questo punto, colleghi di sinistra, sarò piuttosto esplicito. Se la vogliamo dire tutta, l'esperienza della sinistra nella gestione della cosa pubblica che personalmente posso rassegnarvi è semplicemente spaventosa. Ve lo dico subito, dal basso di circa 45 anni di esperienza politica: ricordo che appena maggiorenne ero un «consiglieretto» comunale e mi astenevo sempre, anche sugli atti che apparivano formalmente transitabili. Alcuni ridevano e mi chiedevano perché mi astenessi sempre. Ve lo dico io, signori: lo facevo perché, in quasi tutti gli atti che fate, si riscontrano interessi privati in atti d'ufficio, abuso d'ufficio e gli altri reati previsti dallo stesso titolo del codice penale. È chiaro? Io operavo e opero tuttora nella rossa Umbria, in cui la sinistra era il potere per antonomasia.

Non penso che le cose siano tanto cambiate, se è vero che da una settimana a questa parte, onorevoli senatori, nelle pagine dei quotidiani dell'Umbria, roccaforte del cosiddetto buon governo della sinistra insieme alla Toscana e all'Emilia Romagna, non facciamo altro che leggere paginoni di interviste ad esponenti della sinistra e del Partito Democratico, e in particolare anche a parlamentari autorevolissimi, che fustigano il loro stesso partito dicendo che c'è una grave questione morale da affrontare, che va ben al di là della questione giudiziaria che, all'insegna dei casi di «sanitopoli», «amministrativopoli» e «regionopoli», si sta intrecciando in quel santuario del potere della sinistra appenninica. Ormai questo è diventato il Partito Democratico insieme ai suoi alleati: una roccaforte di potere e sottopotere appenninico e centro-italiano.

Questi autorevoli esponenti sono forse traditori del loro partito? Assolutamente no: non mi sento di dirlo, e non penso che nessun osservatore oggettivo e intelligente lo direbbe. Questa è invece la denunzia di un fatto gravissimo e consolidato nella tradizione della sinistra di potere in intere zone del nostro Paese, in cui non c'era un'assicurazione comunale che non andasse in una certa direzione, né un concorso: si spartivano anche l'ultimo bidello, in una maniera scientifica. Non c'era famiglia che non percepisse indebitamente quello che non doveva percepire. Non c'era particella del piano regolatore che non venisse dichiarata edificabile o non edificabile a seconda di chi ne fosse proprietario. Non c'era situazione in cui, mentre una famiglia bisognosa non vedeva assunto al lavoro nemmeno un suo componente perché non era di sinistra, c'erano due o tre persone stipendiate dal pubblico, negli enti locali, perché erano del partito. Ho vissuto per 20 o 30 anni queste situazioni e ancora oggi largamente le viviamo.

Per carità, nessuno è vergine e nessuno è immune, ma che si vengano a usare certi accenti o certi toni particolarmente sdegnati rispetto a una situazione di potere, di sottopotere, di corruttela e di favoritismo, che largamente è stata perpetrata e consolidata da certe forze politiche, è una cosa non facilmente digeribile. Prendetela come un'affermazione politicamente poco corretta, ma questa è la sostanza dei fatti. Se la vogliamo dire tutta, di fronte alla situazione che abbiamo di fronte come legislatori, lo dico alle sinistre che hanno parlato criticando tutto, non concordando su alcun passaggio di questo disegno di legge, il nostro primo problema è sempre quello - politico, culturale e tecnico - di decidere se normare o non normare. Questa è una società che la mattina ci chiede una cosa e il pomeriggio ce ne chiede un'altra. Da una parte, ci chiedono di semplificare, eliminare le norme, autocertificare, tutto ciò che può semplificare la vita, indubbiamente ormai insostenibile, di una famiglia o di un operatore economico o di un'azienda. Il pomeriggio avviene il contrario, perché si vogliono controlli, anche incrociati e più severi (sulla sicurezza del lavoro, sulla trasparenza degli appalti, sulle questioni ambientali): ogni sorta di giustissime finalità, che però comportano la eruttazione continua di nuove normative. Quindi, si tratta di fronteggiare questa duplice esigenza.

Certo, l'ho detto all'inizio: sono un po' all'antica. Vorrei che invece di norme bastasse un clima morale della nostra società, poiché francamente è del tutto inconcepibile, per la mia modestissima intelligenza, non solo che un funzionario si lasci corrompere ma che possa essere corrotto colui che ha chiesto la fiducia dei cittadini per via elettorale. Se è un mascalzone chi si fa corrompere e chi corrompe, chi si fa eleggere e poi si fa corrompere è un mascalzone due volte, e non troverei alcuna attenuante possibile e concepibile.

Tuttavia, indubbiamente non vorrei né sopravvalutare né sottovalutare questo testo. Non mi illudo che, varata questa normativa, saremo nella condizione di reprimere e prevenire, soprattutto, ogni forma di corruttela o di sviamento della pubblica amministrazione. Non mi illudo di questo. Però, tant'è: degli strumenti bisognerà pur metterli in campo. Al di là delle polemiche che sono state fatte, chiedo ai colleghi dell'opposizione: voterete contro cosa? Contro il fatto che finalmente si vari, conformemente alle richieste contenute nell'articolo 1 della relazione del Gruppo di Stati contro la corruzione presso il Consiglio europeo (GRECO) il Piano nazionale anticorruzione? Voterete contro la costituzione, senza spese aggiuntive, non di un'autorità ma di un osservatorio a più voci e a più occhi sui fenomeni degli illeciti della pubblica amministrazione? Voterete contro il fatto che la trasparenza amministrativa diventi elemento costitutivo dei livelli essenziali delle prestazioni? Voterete contro l'obbligo della pubblicazione sui siti istituzionali delle amministrazioni di tutte le informazioni relative ai procedimenti amministrativi sensibili, degli appalti, dei concorsi?

Vi chiedo, onorevoli senatori di opposizione: qual è l'unico strumento col quale noi più sicuramente possiamo combattere i fenomeni di devianza o di malcostume se non quello dell'informazione la più ampia, la più capillare, la più accessibile da parte dei cittadini, degli utenti, di coloro che partecipano ad una gara, ad un concorso? La prima cosa è evidentemente aprire i cassetti, rendere accessibili le informazioni. Allora, lo sforzo che viene fatto in questo faticoso provvedimento è quello di prevedere un sistema di controlli incrociati e periodici e poi, di prevedere che il cosiddetto fallimento politico dia luogo anche a sanzioni severe nei confronti di chi è caduto in certi fenomeni deteriori o comunque ha fallito completamente gli obiettivi dei costi-benefici, rapportati a parametri oggettivi.

Si dice che il rincrudimento delle pene è insufficiente. Scusate, ma è stato messo a sistema e ad equilibrio il sistema del garantismo perché non deve essere terrorismo penale ma deve essere adeguata la sanzione. La verità, onorevoli senatori, è che bisogna rendere effettive le pene, non semplicemente fare del terrorismo quantitativo, moltiplicando le pene stesse. Sono stati innalzati i minimi edittali. Non è un problema di agire sulla prescrizione, che è una norma di civiltà giuridica. Sono stati innalzati i minimi, e questo ha consentito di rendere più severe le sanzioni. Ma bisogna renderle effettive piuttosto che moltiplicarle, come fossero gride manzoniane.

Quindi, mi chiedo come farete a votare contro questo provvedimento non cadendo in una macroscopica contraddizione, perché si tratta di un tentativo che, se non esaurisce tutti i nostri doveri e potenzialità nel contrastare il malcostume, costituisce però sicuramente una linea, un fronte nettamente più avanzato rispetto all'attrezzatura giuridica di cui disponevamo fino a questo momento.

Per queste ragioni, salvo valutare le proposte emendative, credo di poter esprimere a nome del mio Gruppo una valutazione complessivamente assai favorevole. (Applausi dal Gruppo PdL. Congratulazioni).

 

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale.

Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

 

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Signora Presidente, il disegno di legge che stiamo esaminando, trasmesso alla Presidenza il 4 maggio 2010, è stato oggetto di un'attenta considerazione in Commissione, e tuttavia, nel corso dell'esame delle Commissioni riunite, ha avuto la sfortuna di registrare una serie di interventi da parte della stampa, come se le Commissioni non lavorassero e il provvedimento fosse stato chiuso nel cassetto del Presidente di Commissione. Eppure, già a settembre - nonostante quanto richiamato dal senatore Li Gotti - eravamo già pronti, come Governo, ad esprimere il parere sugli emendamenti. Si è rinviato in attesa del parere della Commissione bilancio e, per altri impegni della Commissione, si è arrivati a questo punto.

Siamo oggi in Aula per esaminare un provvedimento che ha registrato in Commissione pareri del Governo su emendamenti; anzi, su alcuni vi erano richieste di riformulazione, nonché il passaggio all'esame dell'Aula. Ciò probabilmente porterà, anche nella valutazione degli emendamenti di Aula, ad una fretta nella valutazione complessiva, tale che si avrà, può darsi, la necessità, anche in sede di seconda lettura, di correzioni rispetto a pareri che eventualmente saranno contrari.

Credo che tutti però dovremmo fare un salto di qualità nel dibattito, perché il fenomeno della corruzione - badate, è una convinzione che non esprimo oggi per la prima volta - si combatte seriamente se vi è la percezione da parte dei cittadini e di coloro che operano nei settori maggiormente esposti che vi è un disvalore, generalmente condiviso dalle forze politiche e da coloro che devono approntare le norme, non solo delle pratiche di corruttela, e non solo di coloro che acquisiscono denaro, ma anche di coloro che si muovono nell'area della cosiddetta border line di raccomandazioni, di possibilità di incidenza sull'attività della pubblica amministrazione. Ed è questa la logica che emerge dall'esperienza dei procedimenti di Mani pulite (il senatore D'Ambrosio la ricorderà, l'abbiamo vissuta insieme): non serve, non basta la sanzione penale per una seria lotta alla corruzione. Per combattere la corruzione abbiamo necessità di un quadro di prevenzione generale e, perché si attui seriamente, la prevenzione deve svilupparsi attraverso le finalità di controllo, di verifica costante dell'attività dell'amministrazione, di inserimento di procedure tali da garantire la trasparenza nell'attività della pubblica amministrazione, rendendo residuale la sanzione penale per comportamenti che risultano contrastanti nonostante la prevenzione attuata.

Secondo questa logica, il disegno di legge si muove su tre pilastri, che ne rappresentano poi i tre Capi, i tre filoni cui ho appena accennato della prevenzione generale, dei controlli mirati e delle sanzioni specifiche.

Vorrei solo fare un richiamo all'intervento del senatore Benedetti Valentini, proprio a proposito di sanzioni. Tutti siamo consapevoli che l'aumento della gravità della sanzione penale in sé non sempre è accompagnato da maggiore efficacia (anzi, molte volte, quando la pena è talmente alta da non essere percepita come giusta dal complesso dei cittadini abbiamo una situazione inversa, cioè non vi è quella capacità di deterrenza, proprio perché la norma non viene percepita come giusta e coerente con la finalità che persegue). La prevenzione del fenomeno di corruzione, di cui si occupa la prima parte del disegno di legge, che introduce una serie di misure, si ispira ad un mutamento culturale che introduce un disvalore complessivo volto a sanzionare uno dei danni più gravi ad un Paese civile: la corruzione è un danno alla credibilità dell'intero Paese e impedisce gli investimenti anche dall'estero. È questa la ragione per cui il Governo si è mosso su una linea.

Credo che, al di là della battaglia politica e della contrapposizione tra maggioranza e opposizione, dovremmo essere tutti consapevoli che solo se da questo dibattito uscirà un'effettiva sensazione di generale condivisione del disvalore delle pratiche corruttive si riuscirà a dare molto di più: una risposta coerente alla domanda di trasparenza che proviene dalla generalità dei cittadini. Badate che tutte le iniziative di prevenzione generale sono volte a dare risposta a questa domanda di trasparenza, una domanda che trova un'indicazione specifica nel Piano nazionale anticorruzione, che non è un invenzione, se volete, del Governo nel disegno di legge che è stato presentato ma costituisce una delle richieste degli Stati del Gruppo anticorruzione che fanno parte del GRECO.

Questo Piano nazionale anticorruzione si connota anche per una rete nazionale anticorruzione composta dai referenti di ciascuna pubblica amministrazione, con il compito di fornire al Dipartimento della funzione pubblica elementi per la valutazione di idoneità degli strumenti adottati. Pensiamo alla conoscenza dei procedimenti amministrativi e alla possibilità per i cittadini di attuare un controllo generale che precede i controlli previsti dalla legge.

La nostra Costituzione si basa su una dinamica molto chiara, e contempla controlli che devono funzionare perché il sistema democratico funzioni: da quello dell'opinione pubblica, della generalità dei cittadini, a controlli specifici cui sono deputati determinati uffici o organismi della pubblica amministrazione. Quindi, rispetto a questi, si ricorre alla sanzione penale solo quando i controlli non funzionano oppure quando vi è la capacità del reo o di colui che devia di superare i controlli, riuscendo quindi ad ottenere lo stesso una devianza dell'azione della pubblica amministrazione.

Se siamo convinti di questo, allora tutto il capitolo della prevenzione generale è l'indicazione sia di una serie di strumenti di trasparenza dell'attività amministrativa sia della possibilità di conoscenza da parte dei cittadini degli atti della pubblica amministrazione. Badate che solo attraverso quello che viene indicato con riguardo alla posta elettronica certificata, alla possibilità di controllo, alla pubblicità delle gare, vi è la possibilità del controllo generale.

Se vogliamo rafforzare e verificare in concreto, questo aspetto e se c'è la possibilità che questi controlli funzionino, capisco che opposizione e maggioranza ragionino insieme. Poi, ognuno di noi può avere una propria idea, in base alla quale preferirebbe focalizzare l'attenzione più su una parte che su un'altra, ma tutti sappiamo che finalmente il nostro Paese si viene a dotare di un serio strumento di lotta alla corruzione. E nel momento in cui per la prima volta si dota di questo strumento, possiamo essere convinti della necessità di migliorarlo e perfezionarlo ancora, una volta che ci dovessimo accorgere che alcuni strumenti vanno maggiormente registrati.

Questa è la logica in base alla quale, dopo aver introdotto la prevenzione generale, con il Capo II si viene a introdurre tutta una serie di controlli interni di efficacia, specialmente sugli enti locali. Questo porta ad introdurre quello che viene definito nel disegno di legge il fallimento politico, ossia finalmente la capacità del nostro Paese di considerare chi non è stato in grado di controllare la spesa pubblica o di avere un'attività amministrativa coerente con i principi di legalità, da un lato, e con i piani di compatibilità finanziaria, dall'altro, tale da non poter essere ricandidato alle successive elezioni. Questa disciplina si connota con una specifica norma sull'ineleggibilità ed incandidabilità alle cariche non solo al livello degli enti locali, ma anche di deputato e senatore. Ciò determina un complesso di norme che si connota per una specifica capacità di controllo dell'azione della pubblica amministrazione.

E vengo al Capo III, alle sanzioni: nei relativi emendamenti si registra una ricerca dell'aumento della sanzione, e anche alcune proposte emendative del senatore Valentino si connotano per forti aumenti delle sanzioni. Tutti sappiamo però che più che un aumento della sanzione occorre l'efficacia della risposta complessiva dello Stato nei confronti di determinati fenomeni. Il disegno di legge si muove coerentemente con queste finalità, prevedendo un aumento adeguato, pari a circa un terzo, per tutte le fattispecie delittuose.

Rispetto alla Convenzione di Strasburgo, di cui ieri è stata proposta in Commissione la ratifica, eravamo già d'accordo, maggioranza e opposizione. E tutti mi insegnano che questo tipo di atto non comporta che immediatamente tutti principi in esso contenuti siano tradotti in adeguamento di norme interne. Nell'adeguamento di norme interne occorre considerare certamente quanto contenuto nel disegno di legge, gli emendamenti già presi in esame e quelli che dovremo ancora valutare. Tenete conto che anche il Governo è entrato in possesso soltanto ieri pomeriggio dell'intero complesso degli emendamenti, e io ho già potuto notare che alcune proposte dell'opposizione sono considerate anche dalla maggioranza.

Mi riferisco specificamente all'emendamento della senatrice Della Monica e a quello del senatore Valentino, che riguardano il reato di concussione; mi riferisco altresì alla nuova disciplina, in ordine alla quale bisognerà discutere e valutare se sia preferibile l'ipotesi di un articolo 629-bis, cioè l'introduzione come reato contro il patrimonio, oppure quella di prevedere un'aggravante di quel determinato reato. Si tratta di valutazioni che compiremo, perché non ne abbiamo avuto il tempo, per la fretta di dover discutere in Aula: non è stato però il Governo - senatrice Della Monica ­a sollecitare e a chiedere (necessità e virtù) di dover decidere oggi. Però, avremo la possibilità sia di correggere in questa fase alcuni aspetti sia di farlo successivamente, nel corso del dibattito parlamentare.

Ciò che mi preme ribadire è il seguente concetto: io non ho criticato alcuni emendamenti che non accetto non dal punto di vista del Governo, ma da un punto di vista logico (ne abbiamo parlato anche in Commissione). Credo pertanto che sarebbe molto più giusto che anche l'opposizione prendesse atto di una volontà complessiva dell'intero Parlamento e che tutti insieme, Governo al Parlamento, facciano in modo che essa sia percepita come una corale e unanime azione della politica. Perché solo se l'azione della politica generale è percepita come tale dai cittadini potremo ottenere forse qualche successo nella lotta alla corruzione. Abbiamo fatto i processi, ma con i processi non abbiamo risolto il problema della corruzione. Lo possiamo risolvere, invece, se lo intendiamo come un problema di percezione del disvalore effettivo, della deviazione rispetto alla corretta pubblica amministrazione. Ed è su questa linea che credo il Governo si atterrà nel dare i pareri ai singoli emendamenti, con l'auspicio che vi sia anche dall'opposizione, oltre che dalla maggioranza, la percezione di quel disvalore cui ho fatto riferimento. (Applausi dal Gruppo PdL).

 

PRESIDENTE. Ha chiesto di intervenire il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, senatore Augello.

 

AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signora Presidente, credo sia utile completare il dibattito con una breve replica riguardo al quadro complessivo in cui sta maturando questa discussione.

Il Governo, come testé ricordato dal collega Caliendo, era pronto dal mese di ottobre, se non ricordo male. Tra l'altro, siamo stati anche convocati in Commissione per esprimere i pareri, ma vi è stato un rinvio per mancanza del parere da parte della 5a Commissione. Inoltre, il quadro complessivo delle iniziative assunte dal Governo in materia di contrasto alla corruzione si è comunque sviluppato ed arricchito di una serie di episodi che giova ricordare, anche perché alcuni riguardano questa medesima legge.

Nel testo originario proposto dal Governo comparivano gli articoli 3, 4 e 5. Gli articoli 3 e 4 erano riferiti alla trasparenza sui contratti pubblici. L'articolo 3, grazie all'articolo 44 del decreto legislativo n. 235 del 2010, è stato stralciato perché le disposizioni contenute in quell'articolo riguardanti la disciplina della Banca dati nazionale dei contratti pubblici sono passate in quel decreto legislativo. Allo stesso modo è successo con l'articolo 4, le cui norme oggi ritroviamo nel decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70.

L'articolo 5, quello che prevedeva nel disegno di legge originario l'elenco dei fornitori e delle imprese di subappalto, che doveva esser appostato presso le prefetture per i controlli antimafia anche nei subappalti, è anch'esso finito all'interno del decreto-legge n. 70 del 2011.

Oltre a questi elementi che riguardavano proprio la legge e che quindi, essendo inseriti nei decreti, verranno discussi altrove, anche se vanno considerati nella discussione che stiamo facendo, ci sono altre misure che sono stati assunte dal Governo, tra gli altri anche talune di natura finanziaria. Nell'ultima legge finanziaria abbiamo appostato 2 milioni di euro che serviranno, una volta approvato questo provvedimento, ad aiutare le Regioni con degli accordi di programma a trasferire in sede regionale alcune delle misure sia di semplificazione che di trasparenza e di contrasto alla corruzione.

In altri momenti abbiamo assunto altre decisioni che sono comunque importanti sul fronte della lotta alla corruzione, ma che non sono invece riferibili a questa legge. In particolare nel maggio 2010 c'è stata l'approvazione della disposizione tributaria e finanziaria in materia di contrasto alle frodi fiscali internazionali e nazionali; c'è stata la già ricordata decisione in finanziaria di stanziare questi 2 milioni di euro; nel settembre 2010, nell'Aula del Senato, è stato approvato il disegno di legge che ratifica la convenzione del Consiglio d'Europa contro la corruzione civile. Quindi, credo che dovremmo leggere il provvedimento in esame in questo contesto, nella complessità dei provvedimenti che fin qui sono stati assunti.

È ovvio che si tratta - come sempre accade quando si prende un'iniziativa di questa portata, che evidentemente ha anche dei caratteri innovativi - di un disegno non solo perfettibile, ma che è ben lungi dall'esaurire l'intera materia delle politiche di contrasto alla corruzione. Tuttavia, credo di aver colto nel dibattito alcuni segni contraddittori che, a mio avviso, è sbagliato trasmettere anche in termini di comunicazione fuori da quest'Aula.

La decisione di affrettare - come ha voluto la Conferenza dei Capigruppo - la discussione prima dell'esame in Commissione degli emendamenti, sui quali era già stato reso il parere del Governo, è evidente che denuncia la convinzione comune di tutti i Gruppi, maggioranza ed opposizione, che sia importante approvare questo disegno di legge, altrimenti non capisco per quale ragione ne abbiamo fatto oggetto di un dibattito anche pubblico sui tempi dell'approvazione. Quando poi si coglie nel dibattito un depotenziamento o una banalizzazione dei contenuti di questo provvedimento, credo non si renda un buon servizio alla qualità del nostro dibattito.

Ci sono tutti gli aspetti che ha già ricordato il collega Caliendo, a cominciare da quello dell'inasprimento delle pene che già è previsto all'interno del disegno di legge; poi discuteremo, nel corso dell'esame degli emendamenti, se è il caso di rafforzarlo o meno. Ci sono iniziative importanti che raccolgono un'esigenza emersa anche nel dibattito della Commissione (che, secondo me, è stato un po' più ricco di come è stato reso in Aula), che sembrano trovare ampia condivisione.

Ora si tratta di migliorare questo testo, ma ritengo sia molto importante che una serie di decisioni e di norme finalmente entrino nel nostro ordinamento: per aiutarci a fare cosa? La mia convinzione, che è soprattutto di natura culturale, è che la corruzione in Italia sia efficacemente contrastata sul piano della repressione, assai meno sul piano della prevenzione. La corruzione è un qualcosa che assomiglia vagamente a quei passaggi stretti che, nell'Età di mezzo, vedevano prosperare delle persone che indebitamente chiedevano tributi, facevano i passatori: dovunque si stringeva un passo, c'era qualche malintenzionato che riusciva a pretendere un tributo non dovuto.

Noi abbiamo molti di questi passi stretti nella nostra burocrazia; e ovunque c'è poca trasparenza, ovunque c'è troppa discrezionalità, ovunque c'è una strettoia, la corruzione è un'eventualità latente, è un elemento che può diventare persino quasi funzionale rispetto a delle aspettative, soprattutto in aree e in regioni che sono fortemente inquinate dalla malavita e dalla criminalità organizzata.

Questo provvedimento, insieme a tante altre leggi, insieme alle disposizioni che stiamo tentando di mettere in campo in materia di semplificazione e di trasparenza, serve ad allargare questi passi. Questo, a mio avviso, è il tema sul quale il nostro Paese è più indietro.

L'efficacia delle politiche di contrasto in sede repressiva da parte della magistratura, non fosse altro che per l'obbligatorietà dell'azione penale, non fosse altro che per i risultati che oltretutto vengono colti nel contrasto alla corruzione, è probabilmente superiore rispetto ad altri Paesi. L'eccesso di discrezionalità, che crea una burocrazia ancora pesante, ancora occhiuta, ancora in grado di creare enormi difficoltà a qualsiasi processo amministrativo: quello probabilmente è il fronte e il settore su cui dobbiamo intervenire. Questa legge non ha l'ambizione di realizzare tutti gli interventi possibili in questa materia, però certamente apre una strada e apre delle possibilità maggiori rispetto al passato.

Esamineremo tutti gli emendamenti rispetto anche ad alcune richieste fatte dall'opposizione, proprio allo spirare del dibattito e prima della decisione assunta dal Presidente, e poi dai Capigruppo, di procedere alla votazione. Si tratta di decisioni che dovremo valutare in tempo reale rispetto ai pareri che dobbiamo esprimere.

Vi ricordo che il Governo ha dovuto valutare tutta una messe di nuovi emendamenti nelle ultime ore, e ora siamo al lavoro. Il sottosegretario Caliendo è già intervenuto in merito alla questione sollevata dalla senatrice Finocchiaro relativa alla ratifica della Convenzione penale, sulla quale si sono pronunziate in sede referente le Commissioni riunite 2a e 3a.

Quindi vedremo poi -: ferma restando questa replica di carattere generale, che aveva intenzione di non eludere alcuna delle questioni sollevate, soprattutto dall'opposizione, ma anche dall'Assemblea nel suo complesso - emendamento per emendamento, quali saranno i pareri che il Governo renderà.

 

FINOCCHIARO (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

FINOCCHIARO (PD). Signora Presidente, vorrei ringraziare i sottosegretari Caliendo e Augello e fare brevemente alcune considerazioni, dal momento che si è instaurato un dialogo con il Governo su questo tema, affinché la discussione sia guidata nel suo proseguo e la relazione tra il mio Gruppo parlamentare e il Governo - ma devo dire tra il Parlamento e il Governo - sia la più lineare possibile.

La prima considerazione che desidero fare è la seguente. Il provvedimento in esame è rimasto circa un anno in Commissione. Questo ci ha fatto assai dubitare del fatto che lo si riuscisse a disancorare dalle pastoie di un ritardo, di un remorare che non trovava giustificazione, rispetto all'urgenza e alla questione. In ogni caso, sottosegretario Augello, questa è l'Aula del Senato, il luogo è qui, ed è giusto che si svolga una discussione la più chiara possibile.

Ora a nessuno di noi ovviamente sfugge, anzi abbiamo assolutamente presente che la questione della lotta alla corruzione non si esaurisce in un profilo. Non si esaurisce certamente nel profilo della repressione penale, come ha detto poc'anzi il sottosegretario Caliendo, sebbene essa abbia nel nostro ordinamento una serie di profili che vanno guardati con grandissima attenzione e che non ineriscono soltanto all'innalzamento della pena - per esempio - piuttosto che alla possibilità di estendere la confisca anche ai proventi della corruzione, secondo modalità e con istituti che il nostro ordinamento già conosce. Ovviamente deve tener conto di un quadro complessivo anche processuale che oggi rende assai difficile un esito regolare dei processi per corruzione e che andrebbe riguardato rispetto all'importanza che annettiamo a questo profilo di illegalità.

C'è poi un profilo economico. É quello - io credo - che più di ogni altro dovrebbe interessarci.

Il sottosegretario Augello ha già fatto riferimento ad alcune norme che sono state introdotte. Nello stesso tempo, però, con grande chiarezza - l'ho apprezzato - ha detto che non è soltanto il profilo della repressione quello che può aiutarci. C'è un profilo di prevenzione che assume in questo Paese, in questa fase, nella crisi economica e finanziaria grave del Paese un aspetto particolare. Non abbiamo più bisogno di leggere report che vengono da agenzie internazionali o da istituzioni italiane per sapere quanto la corruzione costa alle famiglie, alle imprese, allo Stato; quanto danno essa arreca al regolare funzionamento del mercato; quanto influisca sulla libera concorrenza. Cioè su tre pilastri, su tre questioni che sono centrali e sui quali il Governo dice di voler scommettere per il rilancio del Paese. Peraltro, proprio in questi giorni, la Commissaria per la giustizia è tornata su questo tema con grande forza strigliando - come si dice in linguaggio giornalistico - i 27 per l'incapacità di essere davvero mordenti sul tema della corruzione.

Vi è poi il profilo istituzionale e, altresì, il profilo internazionale. Anche se volessimo guardarlo soltanto da questo punto di vista, il testo che noi stiamo discutendo non è in linea con gli impegni che l'Italia ha assunto sulla base della Convenzione ONU, prevedendo questa che i Paesi si dotino di autorità indipendenti. E infatti la commissaria europea invita ancora i Paesi ad affidare il controllo della corruzione ad un'autorità indipendente: noi lo affidiamo ad una struttura che siede presso la Presidenza del Consiglio ed è presieduta dal Presidente del Consiglio. Tutto ciò, in una situazione nella quale, al di là di chi sia il Presidente del Consiglio di questo Paese, sottosegretario Caliendo, è ovvio che ciò rappresenta una commistione che è impossibile da sciogliere.

La stessa rete anticorruzione che sta dentro la pubblica amministrazione può essere un meccanismo di autotutela, come ogni azienda lo ha per l'applicazione dei Piani di sicurezza di cui all'articolo 131 del Codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, ma può rappresentare quel luogo di indipendenza, imparziale, nel quale il sistema della corruzione viene monitorato, fotografato ed intercettato prima che venga a compimento? Siamo seri. Questo testo è in aperta violazione di tutto ciò.

Dico questo, senatore Augello, perché mi voglio fidare del fatto che questo luogo sia quello in cui veramente andiamo a fondo della questione. Quello che vorrei evitare è che questa discussione diventasse una discussione nella quale dietro un adempimento formale di obblighi che il nostro Paese ha assunto si nasconda la volontà di non fare fino in fondo chiarezza e di non fare fino in fondo il nostro dovere. Noi vogliamo solo questo: una buona legge sulla corruzione, parziale come dite voi, perché non riusciremo a coprire l'intero arco delle questioni (c'è anche un capitolo di cui non si parla mai, che è il conflitto di interessi), ma una discussione vera.

Se questo è lo spirito con il quale il Governo si mette a discutere di questo tema senza alibi, lo possiamo fare: l'Aula ne è la sede, e noi siamo prontissimi a farlo. Se l'atteggiamento è lo stesso che il Governo e la maggioranza hanno mostrato in Commissione, credo che questo lavoro ci verrà assai difficile. (Applausi dal Gruppo PD).

 

BELISARIO (IdV). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BELISARIO (IdV). Signora Presidente, colleghi, membri del Governo, l'Italia dei Valori ha tenuto a spingere, come altri Gruppi di opposizione, perché avviassimo una seria, serena e approfondita discussione del disegno di legge anticorruzione.

È evidente - e mi rivolgo innanzitutto al sottosegretario Caliendo - che quando si affronta un problema così grave come quello della corruzione e, in special modo, della corruzione nella pubblica amministrazione, tutti noi, Governo in primis, dobbiamo farlo con spirito aperto, con cuore franco e con mente libera da qualsiasi forma di condizionamento, partendo dai dati reali che organi dello Stato, e mi riferisco in particolar modo alla Corte dei conti, ogni anno vieppiù sottolineano, facendo emergere le circostanze particolari in cui questo Paese si dibatte. Un Paese che viene sovrastato da una corruzione sanguisuga, che sottrae risorse importanti ad un Paese che è in difficoltà socioeconomica, che cerca di dibattersi per superare la crisi partendo anche dalla riforma fiscale. Una buona legge anticorruzione serve anche a questo.

È per tali ragioni che chiedo al Governo ed ai colleghi della maggioranza di procedere con la dovuta attenzione, superando formalismi, evitando concetti vuoti, ma andando al cuore del problema.

Noi ci auguriamo, anche se fino ad oggi non abbiamo visto una volontà in tal senso, che questo si faccia. Altrimenti il Paese saprà che approverete una riforma anticorruzione che avrà lo stesso effetto di un'acqua fresca - neppure minerale - sparsa sul terreno. (Applausi dal Gruppo IdV).

 

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Signora Presidente, intervengo brevemente, perché è chiaro che siamo tutti interessati ad esaminare ed approvare il provvedimento in discussione.

Vorrei dire che non credo che cominciamo bene, perché discutiamo un provvedimento che, per volontà della maggioranza, non è stato esaminato in Commissione, che è stato tenuto lì, con la scusa della mancanza del parere della Commissione bilancio e quant'altro, e oggi, in Aula, si prospetta l'ipotesi di una approvazione burocratica di un testo, senza alcun apporto da parte delle opposizioni che attenga a questioni specifiche di merito, che servono a rendere efficace, dal punto di vista degli strumenti di contrasto prevalentemente di carattere amministrativo, l'attività delle pubbliche amministrazioni contro la corruzione. Ebbene, se questa è l'impostazione che il Governo e la maggioranza vogliono dare ai nostri lavori, certamente non potranno avere da parte nostra sconti rispetto all'esame del testo.

Credo che invece bisognerà tener conto di tutta una serie di proposte che vengono dall'opposizione. Capisco che sono scomode, ma penso siano assolutamente utili, e su queste mi auguro vi sia la possibilità di un confronto serio in quest'Aula, e non solo per dire che abbiamo fatto finta di approvare un provvedimento anticorruzione. (Applausi dal Gruppo UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI e del senatore Li Gotti).

 

GASPARRI (PdL). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

GASPARRI (PdL). Signora Presidente, intervengo per dire che la posizione del nostro Gruppo è molto chiara: riteniamo opportuno procedere nella discussione del disegno di legge, che peraltro risale ad un'iniziativa del Governo; abbiamo quindi condiviso la richiesta avanzata con fermezza e più volte, in particolare dai Gruppi di opposizione, affinché fosse calendarizzato per l'Aula.

Il fatto poi che, contemporaneamente, sia stata votata nelle Commissioni riunite 2a e 3a l'autorizzazione alla ratifica della Convenzione di Strasburgo dimostra che su questi temi non c'è alcuna remora né esitazione. Tuttavia, l'autorizzazione alla ratifica di quella Convenzione deve essere ancora approvata dall'altro ramo del Parlamento, prevede una tempistica per la sua entrata in vigore e lascia liberi gli Stati. È quindi importante la valutazione del Parlamento ed anche del Governo sul recepimento di questa o quella norma nell'ordinamento penale, non essendovi un travaso automatico, dal momento che alcune norme possono essere compatibili con la nostra tradizione ed il nostro ordinamento penale, ed altre devono essere armonizzate all'ordinamento esistente.

Riteniamo quindi che l'approvazione del disegno di legge di ratifica della Convenzione di Strasburgo apra la strada - una volta che l'iter parlamentare sia stato completato, che saranno trascorsi i mesi previsti dalla ratifica stessa per l'entrata in vigore, che saranno effettuate le valutazioni per l'armonizzazione delle norme che la ratifica invita a fare nel nostro ordinamento penale - ad implementare la legislazione anticorruzione con ulteriori interventi.

Pertanto, la disponibilità nostra, testimoniata anche dal voto favorevole di ieri nelle Commissioni, non deve servire a bloccare l'iter legislativo di questo provvedimento, dove liberamente il Parlamento si confronterà sugli emendamenti presentati.

Riteniamo quindi che sia importante e positivo procedere nell'esame del disegno di legge secondo il calendario convenuto e poi fare in modo che su queste tematiche l'aggiornamento legislativo sia sempre aperto ad ulteriori contributi che anche le intese internazionali spingono ad assumere.

Credo che non esaminare oggi il disegno di legge che stiamo discutendo non sarebbe una scelta positiva ed opportuna: lo consideriamo un lavoro importante, che sarà aperto agli ulteriori stimoli e contributi che l'entrata in vigore di intese internazionali proporrà, tenendo conto delle nostre tradizioni giuridiche, del nostro ordinamento, dei margini di discrezionalità che la stessa Convenzione di Strasburgo lascia ai Governi nazionali ai fini del recepimento o meno, in questa o in quella forma, di norme che vengono indicate.

Riteniamo quindi che sia tempo di procedere alla discussione e votazione dei singoli punti del testo in esame. (Applausi dal Gruppo PdL).

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a dare lettura dei pareri espressi dalla 1a e dalla 5a Commissione permanente sul disegno di legge in esame e sugli emendamenti.

 

BAIO, segretario. «La 1a Commissione permanente, esaminati il disegno di legge in titolo e i relativi emendamenti, esprime, per quanto di competenza, parere non ostativo».

«La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminato, per quanto di competenza, il disegno di legge in titolo e considerato che:

- gli articoli 7 e 8 - nel novellare diverse disposizioni del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (d. lgs n. 267 del 2000) - intervengono in maniera incisiva sulla disciplina contabile degli enti locali e sul relativo sistema di controlli;

- i predetti articoli 7 e 8 sono peraltro identici agli articoli 24 e 25 del disegno di legge n. 2259 (cosiddetta "Carta delle autonomie locali");

- la collocazione di tali disposizioni all'interno di provvedimenti omnibus presenta forti rischi di dare luogo ad una produzione legislativa disorganica e del tutto disallineata rispetto al processo di adeguamento e armonizzazione dei sistemi contabili previsto sia dalla legge n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale sia dalla legge n. 196 del 2009 sulla contabilità pubblica;

- a quest'ultimo riguardo, va ricordato che la Commissione sta esaminando l'atto del Governo n. 339 ("disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro enti ed organismi"), attuativo di una delega contenuta nella legge n. 42 del 2009, e ha già espresso il proprio parere sull'atto del Governo n. 359 (''disposizioni in materia di adeguamento e armonizzazione dei sistemi contabili"), attuativo di una delega recata dalla legge n. 196 del 2009;

esprime parere non ostativo sul testo, a condizione che, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, siano soppressi gli articoli 7 e 8;

osserva inoltre la necessità che, qualora nel testo siano presenti disposizioni riferite alla contabilità degli enti locali, l'Assemblea, in sede di approvazione del provvedimento, tenga conto delle premesse del parere.

Per quanto riguarda gli emendamenti, esprime parere non ostativo, ad eccezione che sugli emendamenti 1.7, 2.11, 2.254, 2.12, 2.0.2 e 2.0.250, identici (limitatamente all'articolo 2-quinquies, comma 8, a partire dalla parola: "ovvero" fino alla fine del comma), 3.4, 11.0.3, 12.0.18 (limitatamente al comma 13), 1.200/2, 6.0.254 (limitatamente al comma 4) e 7.255 sui quali il parere è contrario, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione. In relazione all'emendamento 1.200, il parere di nulla osta è condizionato, ai sensi della medesima disposizione costituzionale, alla soppressione del comma 3 e all'inserimento di una clausola d'invarianza che escluda spettanze di ogni natura per i membri del Comitato.

Esprime, poi, parere condizionato, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, all'inserimento di una clausola d'invarianza finanziaria, sugli emendamenti 1.0.250, 3.253, 5.252 e 5.0.250.

Esprime, altresì, parere di semplice contrarietà sulle proposte 1.3 e 3.1.

Non vi sono osservazioni sui restanti emendamenti, riferiti agli articoli da 1 a 7. È rinviato l'esame degli altri emendamenti, a partire da quelli aggiuntivi all'articolo 7».

«La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminati i restanti emendamenti relativi al disegno di legge in titolo a partire da quelli aggiuntivi all'articolo 7, esprime, per quanto di competenza, parere di nulla osta ad eccezione che sugli emendamenti 7.0.251, 7.0.252, 8.250, 8.251, 8.0.1 e 8.0.250, sui quali il parere è contrario, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione.

Esprime altresì parere di semplice contrarietà sugli emendamenti 7.0.254 e 12.251».

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame degli ordini del giorno, che si intendono illustrati e su cui invito il rappresentante del Governo a pronunziarsi.

Ricordo che la Presidenza ha dichiarato l'improponibilità dell'ordine del giorno G102, ai sensi dell'articolo 97, comma 1, per estraneità alla materia.

 

AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Il Governo è disposto ad accogliere l'ordine del giorno G100, ma chiede una modifica nella parte in cui si impegna il Governo a dare conto, «anche sommariamente ma entro il 15 luglio prossimo», dell'attuazione della legge. Sarebbe meglio prevedere che il termine sia posto ad un mese dall'entrata in vigore della legge, visto che siamo già a giugno.

 

PRESIDENTE. Qual è, dunque, la proposta di riformulazione del Governo?

 

AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. L'impegno per il Governo sarebbe «a dare conto, anche sommariamente ma entro un mese dall'entrata in vigore della legge». Propongo questa modifica, se non altro per rendere realistico l'ordine del giorno.

 

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. L'ordine del giorno G101 contiene una serie di richieste al Governo. Ne condivido parecchie, ma non riesco ad avere la certezza sul fatto che alcune delle indicazioni, come ad esempio quella che impegna il Governo ad annullare i benefici di legge nei reati di tipo economico, siano coerenti con la struttura del codice penale. Osservo poi, rispetto all'impegno a dar vita ad un organismo di confronto permanente per l'analisi dei fenomeni corruttivi, che questo è già previsto, dunque non capisco se si tratta di un organismo nuovo a cui prendono parte la Conferenza unificata, la Banca d'Italia e la CONSOB.

Dunque, pur condividendo l'ordine del giorno, sono disponibile ad accoglierlo come raccomandazione, perché alcuni impegni potrebbero essere non coerenti con la disciplina attuale.

 

PRESIDENTE. Signor Sottosegretario, lei si è dichiarato disponibile ad accogliere l'ordine del giorno G101 come raccomandazione. Se la sua richiesta non viene accettata, il suo parere è contrario?

 

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Se non venisse accettata, chiederei un po' di tempo per eliminare alcuni punti del dispositivo, su cui ho delle indecisioni.

 

FINOCCHIARO (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

FINOCCHIARO (PD). Chiedo di aggiungere la firma all'ordine del giorno G101.

 

PRESIDENTE. Sull'ordine del giorno G100 c'è una richiesta di riformulazione da parte del Governo, riguardante la data. Il presentatore, senatore Malan, intende accoglierla?

 

MALAN (PdL). Signor Presidente, il sottosegretario Augello ha giustamente chiesto di inserire una data successiva all'approvazione della legge, altrimenti il testo non avrebbe senso, in questa sede. Accetto naturalmente la riformulazione, ma sottolineo che ciò non impedisce al Governo di rispondere ad un'interrogazione che ha lo stesso contenuto, visto che si tratta dell'applicazione di una legge di 29 anni fa: mentre è perfettamente corretto inserire nel testo dell'ordine del giorno una data successiva all'entrata in vigore della legge, spero che la risposta all'interrogazione giunga comunque.

 

INCOSTANTE (PD). Bravo!

 

PRESIDENTE. Per ragioni di chiarezza, senatore Malan, le chiedo di dare lettura della riformulazione dell'ordine del giorno.

 

MALAN (PdL). Con la riformulazione si impegna il Governo «a dare conto anche sommariamente, ma entro un mese dall'entrata in vigore della presente legge, dell'attuazione della legge 5 luglio 1982, n. 441, per quanto riguarda le disposizioni per la pubblicità della situazione patrimoniale e reddituale di titolari di cariche direttive di determinati istituti ed enti pubblici nonché società e aziende indicati all'articolo 12».

 

PRESIDENTE. Essendo stato accolto dal Governo, l'ordine del giorno G100 (testo 2) non verrà posto in votazione.

Il Governo si è dichiarato disponibile ad accogliere l'ordine del giorno G101 come raccomandazione. Chiedo ai presentatori cosa intendono fare.

 

RUTELLI (Misto-ApI). Signor Presidente, accoglierei la disponibilità del Sottosegretario ad accantonare questo ordine del giorno, purché definisca precisamente quali parti il Governo propone di riformulare o su cui esprime un parere contrario, in modo da non andare ad un accoglimento generico, dunque inutile, o ad una votazione con reiezione, che sarebbe francamente ingiustificata.

Quindi, accoglierei la disponibilità del Governo ad esaminarlo successivamente, trattandosi di un ordine del giorno di portata generale, purché il Governo ci dica su quali parti è favorevole e disponibile.

 

FINOCCHIARO (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

FINOCCHIARO (PD). Vorrei richiamare l'attenzione del sottosegretario Caliendo sul fatto che la previsione che è stata oggetto di critiche da parte sua, la lettera e) del dispositivo, che riguarda l'annullamento dei benefici di legge nei reati di tipo economico e contro la pubblica amministrazione, ha in questo testo una condizione, che è quella del risarcimento integrale del danno. Piuttosto che di vittima, probabilmente bisognerebbe parlare di soggetto passivo, di parte offesa, perché in realtà si tratta spesso della pubblica amministrazione.

Francamente, con questa condizione, io credo che il Governo dovrebbe ripensare al suo giudizio negativo perché c'è il risarcimento del danno che condiziona la possibile concessione delle attenuanti generiche degli altri benefici di legge.

 

PRESIDENTE. In ogni caso, possiamo considerare accolta la proposta del Governo di accantonare per un esame più approfondito l'ordine del giorno G101.

L'ordine del giorno G102 è stato dichiarato dalla Presidenza improponibile per estraneità alla materia. Chiedo al senatore Bruno se intende ritirarlo.

 

BRUNO (Misto-ApI). Signor Presidente, sapevamo che l'ordine del giorno era al limite rispetto alla materia della discussione. Tuttavia non vorremmo che in queste decisioni mancasse una capacità di cogliere quanto sconcerto c'è purtroppo nell'opinione pubblica rispetto ad alcuni fenomeni che pure accadono. Quindi, capiamo le difficoltà ed accettiamo la decisione della Presidenza.

 

PRESIDENTE. In effetti il tema è di grande sensibilità e di grande attualità. Ma la Presidenza conferma, per quanto riguarda l'attinenza alla materia in oggetto, che tratta in particolare di appalti pubblici e quindi della pubblica amministrazione, l'estraneità alla materia. Nulla toglie che altri strumenti e altre iniziative possano portare all'attenzione del Governo e del Senato la vicenda in oggetto.

 

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Signora Presidente, non voglio entrare nel merito della valutazione della Presidenza, che è sovrana. Però, il tema sollevato dall'ordine del giorno riguarda anche e prevalentemente le competenze pubbliche in materia di calcio e di scommesse, sia con riferimento ai poteri che lo Stato e l'Amministrazione centrale hanno in questa materia dal punto di vista delle concessioni e quant'altro, sia dal punto di vista dei poteri di vigilanza e di controllo che la pubblica amministrazione e lo Stato esercitano anche sulla Federazione Italiana Giuoco Calcio, che è un soggetto che ha una sua rilevanza di diritto pubblico.

Anche in ragione dell'attualità della discussione, purtroppo, e dell'emergenza e dello spaccato anche di queste ore e di questi giorni, mi permetto timidamente di dire che se fosse possibile riconsiderare tale questione, potrebbe essere anche un segnale che noi diamo rispetto a fatti che certamente non fanno onore ad una parte minoritaria, anche del calcio italiano.

 

PRESIDENTE. Presidente D'Alia, la Presidenza ha esaminato in profondità la materia e ritiene di confermare l'improponibilità. Tra l'altro, l'impegno si riferisce ai modi e ai tempi di utilizzo della prova televisiva. Quindi, essendo effettivamente la materia di attualità, la Presidenza insiste che si trovi un altro strumento per affrontare il tema.

Procediamo all'esame degli articoli del disegno di legge n. 2156.

Onorevoli colleghi, dopo avere attentamente valutato gli emendamenti presentati, la Presidenza ha ritenuto in primo luogo improponibili, ai sensi dell'articolo 97, comma 1, del Regolamento, cioè per estraneità alla materia, gli emendamenti concernenti incarichi e retribuzioni di pubblici dipendenti, magistrati e notai in quanto non strettamente attinenti al contenuto proprio del disegno di legge in esame, che riguarda la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione. Sono pertanto improponibili gli emendamenti 2.0.500, 2.14, 2.0.2, 2.0.250, 2.0.4, 6.0.3, 6.0.250, 6.0.251, 6.0.252, 6.0.253, 6.0.254, 6.0.255, 6.0.256 e 7.0.250.

La Presidenza ha ritenuto altresì improponibili, ai sensi della medesima disposizione del Regolamento, gli emendamenti 2.0.251, 8.0.1, 8.0.250, 10.0.2, 10.0.5, 10.300, 11.6, 11.0.5, recanti disposizioni relative ad attività dei parlamentari o di Governo, estranei al contenuto del disegno di legge, alcuni dei quali presentano inoltre profili di incostituzionalità.

Dichiaro infine improponibili per estraneità all'oggetto della discussione gli emendamenti 2.0.5, 2.0.6, 3.0.1, 6.0.257, 8.0.251, 9.0.1, 10.0.253, 11.0.1, 11.0.50, 11.0.51, 12.253, 12.0.500, 12.0.14, 12.0.15, 12.0.17, 12.0.16, 12.0.100 e 12.0.18, relativi a modifiche di impianto generale al codice di procedura penale o a misure di natura fiscale e di razionalizzazione della spesa pubblica.

LEGNINI (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LEGNINI (PD). Signora Presidente, intervengo su questa declaratoria di improponibilità di numerosi emendamenti per esporre il punto di vista del nostro Gruppo e chiedere una rimeditazione di alcune decisioni che ci appaiono non conformi al dettato del Regolamento.

Noi ci siamo molto occupati in questi ultimi due anni del regime di ammissibilità degli emendamenti ai disegni di legge di conversione dei decreti-legge, notoriamente più restrittivo rispetto al regime di ammissibilità degli emendamenti agli altri disegni di legge. Infatti, è ormai un principio condiviso e consolidato - da ultimo con il pronunciamo autorevolissimo del Presidente della Repubblica sul "milleproroghe", nei termini che conosciamo tutti - che relativamente ai decreti‑legge non viene in considerazione soltanto il tema della estraneità alla materia contenuta nel provvedimento legislativo, ma anche quello relativo alla funzione propria dello strumento legislativo e quindi ai presupposti di cui all'articolo 77 della Costituzione.

Per i disegni di legge sappiamo invece tutti che i criteri di ammissibilità o di proponibilità, come vogliamo chiamarli, sono esattamente quelli previsti all'articolo 97, comma 1, del Regolamento e sono stati sempre adottati in modo abbastanza elastico. Ma io non invoco alcuna elasticità, quanto piuttosto una corretta applicazione di questa norma regolamentare. Ora, sappiamo che questo provvedimento legislativo contiene misure... (Brusìo).

PRESIDENTE. Colleghi, per cortesia.

LEGNINI (PD). Presidente, questo è un tema sul quale chiedo si assuma una decisione meditata - anche non subito - e argomentata.

PRESIDENTE. Appunto, per questo richiamavo l'attenzione dei colleghi.

LEGNINI (PD). Insomma, dobbiamo intenderci. Vedremo fra poco che gli argomenti contenuti in alcuni emendamenti dichiarati improponibili sono di primarissima importanza e rilevanza; quindi, chiedo anch'io un po' di attenzione.

Dicevo che sono stati dichiarati improponibili, per esempio, una serie di emendamenti (2.0.4, 6.0.3, 6.0.250, 6.0.251, 6.0.252 e 6.0.253) che riguardano gli incarichi extragiudiziari dei magistrati di tutte le magistrature ed i relativi compensi. Sono emendamenti presentati da molti Gruppi, non solo di opposizione, e che riguardano anche il tema delicatissimo, più volte discusso in questi anni, della incompatibilità dei magistrati rispetto alla partecipazione ai collegi arbitrali o alle attività di collaudo delle opere pubbliche. Ora, capisco qual è la ragione per la quale la Presidenza ha ritenuto non esattamente conferenti questi argomenti rispetto all'oggetto dell'articolato, ma non c'è alcun dubbio, signora Presidente, che questo tema, quello cioè della garanzia dell'autonomia e dell'indipendenza della magistratura e dei magistrati rispetto ad attività che hanno a che fare con l'assetto degli interessi dei privati e delle imprese nella gestione degli appalti pubblici e delle opere pubbliche, ha assolutamente a che fare con la materia che stiamo discutendo, cioè quella della prevenzione e della repressione, non soltanto della corruzione, ma dell'illegalità diffusa nella pubblica amministrazione.

Non c'è alcun dubbio che i magistrati contabili piuttosto che amministrativi chiamati a esercitare la funzione di arbitro o di collaudatore di un'opera pubblica si collocano in una posizione, diciamo così, ambigua, di potenziale conflitto: ne abbiamo discusso molte volte. Come si fa a non ritenere compatibile e coerente con l'oggetto del provvedimento una materia così importante e così delicata quale quella di cui stiamo discutendo?

In secondo luogo, e vale lo stesso ragionamento che ho appena fatto, l'incompatibilità dei magistrati per incarichi pubblici di vario genere, che non siano l'arbitrato e i collaudi, prevista nell'emendamento 6.0.254, così come in altri due emendamenti sempre in questa materia, il 6.0.5 e il 6.0.256, riguarda anche qui la tutela della garanzia di imparzialità dei consiglieri di Stato muniti di funzione consultiva che - come propone l'emendamento - devono avere una funzione esclusiva per un periodo determinato di tempo.

È evidente che la non esclusività della funzione consultiva di un consigliere di Stato pone i medesimi problemi a cui mi riferivo prima, cioè di non piena autonomia, indipendenza e imparzialità in cui oggettivamente si colloca il magistrato amministrativo.

Inoltre, signora Presidente, un altro gruppo di emendamenti dichiarati improponibili riguarda il tema della pubblicazione - e del relativo aggiornamento - dei dati patrimoniali dei senatori e dei deputati. Si tratta dell'anagrafe, per così dire, che oggi sappiamo essere facoltativa e limitata, e che invece alcuni emendamenti - in particolare l'8.0.1 (testo corretto) e l'8.0.250 (testo corretto) - propongono come un obbligo. È quindi una norma che vuole introdurre l'obbligo di pubblicazione della situazione patrimoniale di deputati e senatori, nonché dei loro coniugi e figli. Non c'è alcun dubbio che il controllo della consistenza patrimoniale all'inizio, nel corso e alla fine del mandato dei parlamentari e dei rispettivi familiari abbia un rilevo a questi fini. Dal momento che questo è un tema sensibilissimo, come si fa a dire che non ha rilevo? Ne ha, eccome.

Idem per quel che riguarda, signora Presidente, il tema dell'incandidabilità degli amministratori locali in rapporto alla commissione di reati di corruzione o comunque contro la pubblica amministrazione. Come si fa a dire che la proposta emendativa 10.0.2 non riguarda il tema di cui stiamo discutendo? Chi commette reati di questo tipo è incandidabile: si può essere d'accordo o no, ma che la proposta riguardi il tema oggetto del disegno di legge è fuori discussione.

Lo stesso discorso vale per gli emendamenti 10.0.5, che riguarda l'incompatibilità con gli incarichi di Governo, e 11.0.5, a prima firma Casson, che riguarda l'obbligo per i titolari di cariche di Governo di dichiarare la situazione di conflitto d'interessi. Anche qui, come si fa a dire che è estranea alla materia una norma che introduce l'obbligo per i Ministri ed i Sottosegretari di dichiarare quali sono gli interessi potenzialmente confliggenti con le funzioni pubbliche? Non possiamo accettare un ragionamento di questo tipo.

Infine, signora Presidente, mi si lasci fare una sottolineatura particolare su un altro tema trattato dagli emendamenti 2.0.5 e 2.0.6. Il primo di essi riguarda l'abolizione della norma che estende l'applicazione del concetto di stato di emergenza ai grandi eventi, della quale abbiamo discusso diffusamente, in particolare nell'ultimo anno, e non solo. Questa norma consente di dichiarare «grande evento» - con tutte le conseguenze in ordine agli affidamenti in deroga degli appalti dei servizi e delle forniture pubbliche - una molteplicità di iniziative, dalla visita del Papa a Monterotondo ad una gara ciclistica o ad una manifestazione qualsiasi. Questi fatti, relativi al sistema di affidamento degli appalti in deroga, sono esattamente quelli che originarono quell'ondata di arresti e indagini che hanno riguardato il mondo della Protezione civile e dintorni, a seguito del quale il Governo decise di presentare questo disegno di legge. E noi diciamo che l'abolizione di quel sistema è improponibile? Ma scherziamo, signora Presidente? (Applausi dal Gruppo PD).

Parimenti, si dichiara improponibile l'introduzione del controllo preventivo della Corte dei conti sugli affidamenti in deroga. Come si fa? Ricordo che anche nel milleproroghe è stata introdotta una norma di questo tipo, relativa ad un controllo successivo. Si può essere d'accordo o meno, ma anche questo tema riguarda indiscutibilmente la materia che stiamo trattando.

In conclusione, signora Presidente, la prego di invitare il Presidente del Senato a rivalutare seriamente la declaratoria di improponibilità di tutti questi emendamenti per estraneità alla materia, sottolineando che ove noi escludessimo dalla sola discussione il tema che riguarda le magistrature e il regime di incompatibilità, i parlamentari ed il regime di incompatibilità, la dichiarazione della situazione patrimoniale e reddituale e tutte le materie che ho richiamato, daremmo all'opinione pubblica l'idea che ci stiamo occupando di altro e non di cose serie. (Applausi dai

Gruppi PD e UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI).

 

VIZZINI (PdL). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

VIZZINI (PdL). Signora Presidente, affinché resti agli atti, desidero far presente che, come è noto, questo provvedimento è giunto all'esame dell'Aula senza mandato al relatore poiché le Commissioni riunite non hanno potuto completarne la discussione, dovendo ancora esaminare e votare 200 emendamenti il giorno in cui è stato stabilito che il provvedimento approdasse in Aula. Ma l'iter del lavoro in Commissione è stato illustrato ieri dal presidente Berselli. Per questa ragione, e non per lassismo, le due Commissioni non si sono pronunziate sulle ammissibilità, cosa che normalmente fanno sempre con grande rigore. Ad esempio, ricordo soltanto che, con riferimento alla 1a Commissione, negli ultimi "milleproroghe" ben metà degli emendamenti furono dichiarati inammissibili in quella sede.

Quindi, al fine di evitare che la lettura che è stata data qui possa apparire il frutto di un comportamento lassista delle Commissioni, che invece hanno lavorato molto, sebbene non siano giunte a conclusione, mi è sembrato giusto fare questa precisazione, non dico a difesa, ma quanto meno per il rispetto che è dovuto a tutti i colleghi, di maggioranza e di opposizione, che in Commissione si sono impegnati ad esaminare il provvedimento. Detto questo, non entro nel merito della dichiarazione. Ho anch'io sottolineato che, senza che si sia arrivati al voto, c'era tutta una serie di emendamenti riguardanti provvedimenti già in esame - penso alle incompatibilità, alle ineleggibilità, all'esame in 1a Commissione di provvedimenti autonomi - e che ciò avrebbe potuto essere motivo di inammissibilità. Non mi permetto - ripeto - di entrare nel merito delle decisioni e delle prerogative della Presidenza, però mi interessava che restassero agli atti del nostro lavoro in Aula i motivi per i quali non ci eravamo occupati delle inammissibilità.

 

LI GOTTI (IdV). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

LI GOTTI (IdV). Signora Presidente, la dichiarazione di improponibilità da parte della Presidenza di alcuni emendamenti interessa la mia parte politica con particolare riferimento agli emendamenti 10.0.5 e 11.0.1.

Tutti i discorsi fatti in questa Aula, ossia il segnale e lo spirito con cui si avvia questo percorso di lotta senza indugi alla corruzione, trovano un primo ostacolo nel fatto che venga dichiarata improponibile la sola prospettazione di inopportunità all'assunzione di incarichi di Governo di persone rinviate a giudizio per delitti contro la pubblica amministrazione. In altri termini, non stiamo anticipando i giudizi, ma se dobbiamo dire al Paese qualcosa, non prevedere il rinvio a giudizio per reati contro la pubblica amministrazione quale motivo di inopportunità per l'assunzione dell'incarico di Governo ritengo non sia un messaggio che vada nella direzione auspicata da tutta l'Aula. Peraltro, prevediamo i casi di ineleggibilità per le condanne: qui stiamo parlando di inopportunità a ricoprire alcuni incarichi qualora si sia sotto processo per reati contro la pubblica amministrazione.

C'è poi l'emendamento 11.0.1. Nel disegno di legge in esame il Governo ha puntato molto sul fallimento politico dei Comuni che siano in una fase di dissesto economico. Mentre irrigidiamo legittimamente la nostra attenzione verso i Comuni, continuiamo a mantenere nel nostro sistema una depenalizzazione di fatto del falso in bilancio che continua a dare la possibilità per le società di creare quei fondi neri (visto che c'è una soglia di punibilità data dal fatto che il falso in bilancio non è punibile se inferiore all'uno per cento del patrimonio) che costituiscono lo strumento per poi fare operazioni finalizzate alla corruzione.

È ovvio che, nel momento in cui con ampio spettro dobbiamo prevenire come ha evidenziato il Governo, l'attività di prevenzione è anche quella che riguarda la trasparenza dei bilanci delle società e quindi l'impossibilità, sanzionata penalmente e non depenalizzata, di costituire fondi neri per il pagamento dei prezzi corruttivi.

Quindi, ritengo che l'onorevole Presidenza possa riesaminare tale decisione consentendoci di affrontare anche i temi che si inseriscono in questa comunicazione all'universo, e in particolare al popolo italiano, della crociata che stiamo avviando questa mattina. (Applausi dal Gruppo IdV).

 

PRESIDENTE. Faccio presente all'Assemblea che la Presidenza ha già informato il presidente Schifani delle motivazioni qui esposte da gran parte dei Gruppi politici. Il presidente Schifani prenderà le sue decisioni.

Nel frattempo, come consuetudine, continuo a dare la parola sulle questioni attinenti all'ordine dei lavori a un senatore per Gruppo. Ovviamente, in attesa della decisione del Presidente, continuiamo i nostri lavori sull'articolo 1, che non è controverso, e sugli articoli e sugli emendamenti che non sono controversi, rimanendo inteso che in ogni caso tutti gli emendamenti possono essere illustrati.

Comunque, tenete conto dell'informazione che vi ho dato, ossia che il Presidente è già informato e che peraltro sta seguendo i nostri lavori.

 

BRUNO (Misto-ApI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BRUNO (Misto-ApI). Signora Presidente, mi creda, intervengo in assoluto spirito costruttivo. Se dovesse capitare di nuovo un episodio del genere (quello in esame è un provvedimento particolare, non c'è il relatore) e dovesse riproporsi una mole così consistente di emendamenti dichiarati non proponibili o non ammissibili, forse la prossima volta sarebbe opportuno avere a disposizione in Aula l'elenco degli emendamenti, in maniera tale che il nostro lavoro si possa svolgere con maggiore celerità.

Per esempio, mi vedo costretto a chiederle se è vero che l'emendamento 8.0.251 è stato dichiarato improponibile.

 

PRESIDENTE. Sì, è stato dichiarato improponibile.

 

BRUNO (Misto-ApI). Signora Presidente, in un provvedimento in cui si parla di disposizioni per la prevenzione della corruzione nella pubblica amministrazione non provare a regolamentare quel crinale fra i casi in cui la rappresentanza degli interessi è legittima e quelli in cui è illegittima mi spinge a chiederle se si può ripensare a questa decisione. Anche perché...

 

PRESIDENTE. Senatore Bruno, le ho detto appunto che il Presidente è stato informato della questione. Comunque, senza entrare nel merito, visto che siamo...

 

BRUNO (Misto-ApI). Non entro nel merito, le segnalo soltanto che è stata accantonata una mozione, sulla quale per buona parte peraltro il Governo mi è sembrato avesse una posizione di disponibilità, in cui la regolamentazione dell'attività lobbistica è prevista. Per cui potremmo trovarci nella situazione per la quale l'Aula, compreso il Governo, accetti questo tipo di argomento e invece, a seguito del giudizio di improponibilità, non si possa votare l'emendamento conseguente. (Applausi dal Gruppo PD e del senatore Peterlini).

 

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Signora Presidente, prendo atto della sua comunicazione inerente al riesame della questione da parte del Presidente. Mi permetto però, proprio in considerazione del fatto che il Presidente sta valutando le considerazioni venute dai vari Gruppi parlamentari, di sottoporre alla vostra attenzione una brevissima riflessione correlata.

Noi ci troviamo senza relatori. Non contesto, ad esempio, che il tetto delle retribuzioni dei dipendenti pubblici possa essere sottoposto ad una censura di improponibilità per estraneità alla materia, perché rispetto moltissimo le decisioni della Presidenza. Ci sono però decisioni che attengono ad emendamenti che stanno al limite fra la questione procedurale-regolamentare ed una valutazione del merito del contenuto dell'emendamento.

Ora, proprio perché non è stato possibile svolgere un lavoro preliminare nelle Commissioni di merito e non essendo noi accompagnati da un relatore nell'esame del provvedimento, il rischio è che la Presidenza diventi relatore di fatto di questo provvedimento accorciando, per così dire e sfrondando eccessivamente l'oggetto della discussione.

Faccio un esempio. Noi proponiamo degli emendamenti che contengono una rivisitazione sostanziale dell'anagrafe parlamentare degli eletti, perché è una materia che risale a 30 anni fa. Oggi la situazione è cambiata, come è cambiata la situazione della pubblica amministrazione: ci sono tante società per azioni, tanti soggetti pubblici che operano da privati in cui si annidano fenomeni corruttivi. Se trasferiamo tutto questo fuori dal dibattito sulla corruzione rischiamo di approvare un provvedimento, per così dire acqua e sapone.

Mi permetto, quindi, di sottoporre anche questa riflessione alle valutazioni che la Presidenza so che farà.

 

PRESIDENTE. Confermo l'informazione già data all'Assemblea dell'avvenuta comunicazione al Presidente delle questioni da voi poste e confermo la decisione di proseguire con l'esame degli articoli 1 e 2 i cui emendamenti non sono stati contestati (ricordo che le contestazioni riguardano gli emendamenti aggiuntivi). Resta inteso - e lo confermo - che, in ogni caso, tutti gli emendamenti potranno essere illustrati.

Passiamo dunque all'esame dell'articolo 1, sul quale sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

 

CASSON (PD). Signora Presidente, nel corso del mio intervento illustrerò gli emendamenti 1.200/1, 1.200/5 e 1.3 che riguardano, in particolare, l'articolo 1 che concerne l'istituzione di un'autorità, che dovrebbe essere autonoma e indipendente, per la prevenzione di fatti di corruzione.

Rilevo innanzitutto che interveniamo su uno dei punti fondamentali di questo disegno di legge governativo e cioè il rispetto degli Accordi internazionali, in particolare della Convenzione ONU contro la corruzione già ratificata dal Parlamento ed entrata in vigore nel corso del 2009.

Al di là e oltre alle carenze, alle disfunzioni operative e ai contrasti tra questo disegno di legge e le norme internazionali vigenti in Italia, segnalati già nel corso della discussione di ieri, segnalo come questo articolo 1, tra l'altro riscritto dal relatore e riproposto per certi versi in maniera più grave rispetto alle previsioni iniziali del testo, crea un grave pasticcio normativo-istituzionale. Esso, infatti, si pone in contrasto su tutta una serie di punti con le disposizioni, entrate in vigore anche nel territorio italiano, della Convenzione ONU del 2003.

In particolare, questo disegno di legge governativo contrasta con le norme ONU in materia di estensione delle fattispecie di reato (anche al settore privato), di poteri e strumenti di indagine alla polizia giudiziaria e alla magistratura, di misure di prevenzione adeguate ad affrontare il fenomeno corruttivo, di trasparenza nel settore degli appalti pubblici e della finanza pubblica, di misure antiriciclaggio, di termini per la prescrizione (termini che il testo ONU definisce necessariamente «lunghi», di confisca dei beni, di cooperazione tra organismi di indagine (anche di intelligence), di inopponibilità del segreto bancario.

Aggiungo che questo disegno di legge governativo contrasta pure con le analoghe norme che si trovano inserite nella Convenzione di Strasburgo del 1999, approvata il 7 giugno scorso, cioè ieri, all'unanimità dalle Commissioni giustizia e affari esteri di questo Senato, con particolare riferimento alle disposizioni in materia di cooperazione internazionale, corruzione privata, riciclaggio e protezione dei cosiddetti testimoni.

Con riferimento ai due emendamenti 1.200/1 e 1.200/5 e all'emendamento 1.3 che devo illustrare ora, rilevo un altro punto rilevante e specifico di contrasto con le citate Convenzioni internazionali, e in particolare con quella dell'ONU del 2003.

La Convenzione dell'ONU, all'articolo 6, prevede l'istituzione di un organismo per la prevenzione della corruzione indipendente e «al riparo da ogni indebita influenza» (così viene detto letteralmente), organismo al quale vanno fornite altresì risorse materiali e personale specializzato.

Ora, la previsione nell'emendamento 1.200 di un Comitato di coordinamento presso la Presidenza del Consiglio, Comitato presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri, peggiora tra l'altro quanto inizialmente aveva previsto lo stesso testo del Governo. Francamente si tratta di una previsione che ci fa ridere, per non dire piangere, perché detto Comitato non ha alcuna autonomia, in quanto opera una confusione tra «custodi» e «custoditi», tanto più che esso, sotto la Presidenza del Consiglio dei ministri, opera come Autorità nazionale anticorruzione, a norma dell'articolo 5 della Convenzione ONU. Francamente c'è da rimanere allibiti, senza parole, per due motivi fondamentali.

Non mi soffermo sul motivo di cronaca, di tipo personalistico, perché andare a raccontare in Italia e all'estero che in questo momento il Comitato sulla trasparenza, anticorruzione sarà presieduto dal presidente Berlusconi fa quantomeno ridere, se non ci prendono addirittura per matti.

Ma, al di là dalla considerazione personalistica, vorrei dire che, da un punto di vista istituzionale, vanno garantiti tutti, in tutti i momenti storici, con qualsiasi tipo di Governo. La domanda è sempre la stessa: quis custodiet custodes? Per un motivo di trasparenza, di pulizia e di rispetto delle regole, noi proponiamo qualcosa di alternativo, utilizzando norme già vigenti nel nostro ordinamento. Noi chiediamo che venga sostituita a questo Comitato, presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri, una Commissione già approvata nel 2009 da questo Parlamento, oppure che vengono restituiti i poteri all'Alto commissario anticorruzione, sempre previsto dalla Convenzione ONU del 2009. È una scelta che poniamo al Governo.

Finisco illustrando sinteticamente cos'è questa Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche. Ricordo che essa è stata istituita nell'ottobre 2009 con il decreto legislativo n. 150. Questa Commissione è autonoma ed opera in posizione che viene definita di indipendenza di giudizio e di valutazione, in piena autonomia, ma ovviamente in collaborazione con la Presidenza del Consiglio dei ministri e con i vari Ministri, e ha il compito di indirizzare, coordinare e sovrintendere all'esercizio indipendente delle funzioni di valutazione, di garantire la trasparenza dei sistemi di valutazione, di assicurare la comparabilità e la visibilità degli indici di andamento gestionale. Tutto questo riguarda il comportamento dei pubblici amministratori. Essa prevede inoltre degli esperti di elevata professionalità, che sono nominati con sistema procedurale, che contempla anche l'intervento delle Commissioni parlamentari competenti tramite un parere che viene espresso a maggioranza dei due terzi.

Credo che questo aspetto fondamentale dell'autonomia e dell'indipendenza debba essere garantito. Invece, con la proposta del relatore in Commissione, che viene riproposta anche in questo ambito, viene addirittura esautorato quell'Osservatorio che il testo originario del Governo prevedeva, con un aggravamento delle situazioni in termini di autonomia e indipendenza.

La nostra proposta è alternativa: chiediamo al Governo di scegliere questa Autorità indipendente tra quelle che già esistono, cioè tra la Commissione che ho citato e l'Alto commissario anticorruzione. (Applausi dal Gruppo PD).

 

DELLA MONICA (PD). Signora Presidente, credo che gli emendamenti siano stati sufficientemente illustrati dal senatore Casson. Tra l'altro - se ho capito bene - la Commissione bilancio prevede una preclusione all'emendamento del ripristino dell'Alto commissario per ragioni di spesa. Personalmente, sono convinta che la funzione dell'Alto commissario sarebbe preferibile.

Mi preme in particolare illustrare gli emendamenti 1.200/2 e 1.7, relativi all'alternativa spiegata dal senatore Casson. La scelta dell'Alto commissario, non so perché osteggiata (forse per le ragioni che ha spiegato ieri il senatore D'Ambrosio), consentirebbe anche di dare un occhio al settore privato, materia rispetto alla quale noi proponiamo specifiche disposizioni anche di carattere penale per adeguarci alla legislazione internazionale.

In ogni caso, stiamo violando la Convenzione ONU sulla corruzione. Questa è pertanto la dimostrazione che ratifichiamo le Convenzioni che sottoscriviamo, ma lo facciamo con la riserva mentale di non rispettarle. (Applausi dal Gruppo PD).

 

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Signora Presidente, non entro nel merito della discussione sull'opportunità o meno di reintrodurre l'Alto commissario per la lotta alla corruzione, sulla sua efficacia, sulla sua funzione e sul suo ruolo. Diamo per scontato che presso la Presidenza del Consiglio sia utile istituire questo Comitato anticorruzione. Però, se ha senso l'istituzione di questo Comitato, è necessario che esso abbia anche i poteri per esercitare una funzione. Questa funzione è innanzitutto di vigilanza e di controllo su tutte le amministrazioni pubbliche, esercitando anche un potere sostituivo nel caso in cui queste amministrazioni non operino nel senso indicato dalla normativa e dal Piano nazionale anticorruzione. Altrimenti - anche se è vero che la Presidenza del Consiglio di organismi inutili ne ha tanti e uno più, uno meno, ci meraviglia poco - esso diventerebbe l'ennesimo organismo che non serve a nulla perché, tranne qualche conferenza e qualche produzione cartacea di natura sovrabbondante, non sarà nelle condizioni di incidere minimamente sul fenomeno corruttivo.

Per tale ragione, con l'emendamento 1.200/3, relativo alla modifica del comma 1 dell'articolo 1, intendiamo attribuire poteri più vincolanti a questo Comitato in maniera tale da consentirgli di non fare le carezze alle amministrazioni, ma di intervenire in profondità per verificare se si adeguano o meno alla normativa anticorruzione.

 

MALAN (PdL). Signora Presidente, desidero specificare la circostanza in cui ho presentato l'emendamento 1.200, che ho ripresentato in Aula dopo averlo presentato da relatore in Commissione. Proprio per fare un passo nella direzione che altri interventi prima di me avevano auspicato, l'emendamento 1.200 istituisce presso la Presidenza del Consiglio dei ministri il Comitato di coordinamento, sostituendo un comma 1 del testo originario in cui questo Comitato non c'era. Inoltre, esso prevede l'istituzione dell'Osservatorio anticorruzione, che va nella direzione auspicata. Bisogna quindi confrontare l'emendamento con il testo originario, non considerarlo come se fosse una proposta a sé stante.

Devo segnalare che, in ottemperanza a quanto richiesto dalla Commissione bilancio, occorre inserire la clausola di salvaguardia al termine del comma 1, che afferma che sono escluse spettanze di ogni natura per i membri del Comitato, ed inoltre è soppresso il comma 3, perché su di esso vi è la contrarietà della Commissione bilancio ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione.

 

POLI BORTONE (CN-Io Sud). Signora Presidente, l'emendamento 1.253 è molto simile a quello del senatore D'Alia ed è in parte simile anche all'1.200 del senatore Malan, per cui mi rendo conto che, laddove dovesse essere approvato l'emendamento del senatore Malan, che è più comprensivo, il nostro emendamento risulterebbe assorbito. Esso riguarda infatti l'istituzione del Comitato presso la Presidenza del Consiglio, chiunque sia il Presidente del Consiglio, perché credo che una legge debba stabilire dei principi e non debba essere legata ad alcuna persona. Credo che tale Comitato sia comunque un soggetto utile, se non altro per intervenire, come già sosteneva il senatore D'Alia, rispetto alle inadempienze delle amministrazioni.

Ma mi piace sottolineare due altri nostri emendamenti, signora Presidente, perché forse sfuggono alla nostra attenzione i punti che potrebbero essere i più importanti, quelli che riguardano la burocrazia: è come se approvassimo le leggi esclusivamente in senso punitivo nei riguardi dei politici, senza guardare bene ciò che accade all'interno della burocrazia e a tutti i livelli.

L'emendamento 1.252 si riferisce all'articolo 1, comma 2, laddove, alla lettera c), prevede che le pubbliche amministrazioni centrali elaborino e trasmettano propri piani di azione che «specificano procedure appropriate per selezionare e formare i dipendenti chiamati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione prevedendo, se del caso, la rotazione in tali settori». Io non ritengo che si debba valutare la rotazione «se del caso», bensì che essa debba essere istituzionalizzata e debba avvenire ogni cinque anni. Dovrebbe essere questo un principio da inserire in tutte quante le amministrazioni, a partire dalle stesse amministrative comunali, dove le incrostazioni della burocrazia diverse volte procurano danni superiori a quelli che eventualmente possono procurare i politici.

Per ultimo, ma di valenza etica fondamentale, illustro il nostro emendamento 1.200/7, con il quale si prevede che «Coloro che occupano cariche pubbliche o assumano pubblici impieghi, all'atto della assunzione devono giurare fedeltà alla Costituzione italiana». Noi riteniamo che questo sia un emendamento che certamente non costa niente a nessuno, ma che costa moltissimo in termini etici, perché se è vero che viviamo in una società che ormai è priva di qualsiasi valore etico di riferimento, è pur vero che ciascuno di noi anche attraverso una legge anticorruzione vorrebbe dare quantomeno un indirizzo a tutti quanti coloro che debbono assumersi la responsabilità a livello centrale e periferico, in tutte quante le pubbliche amministrazioni. (Applausi della senatrice Castiglione).

 

SPADONI URBANI (PdL). Signora Presidente, l'emendamento 1.251 va nella stessa direzione dell'emendamento 1.252 testé illustrato dalla collega Poli Bortone. Io sono stata sia sindaco che consigliere regionale e ho potuto appurare di persona che cosa significano la forza ed il potere che la dirigenza assume nei confronti dei politici: se, infatti, i politici si alternano, loro restano sempre fermi nello stesso posto e creano veramente dei punti di potere tali che diventa poi difficile indirizzarli a perseguire l'interesse per il bene comune rispetto all'interesse che, per il potere che hanno, possono promuovere nei confronti di singole persone.

Per tale ragione, credo che la rotazione dei dirigenti sia assolutamente indispensabile per la politica amministrativa diretta.

 

LI GOTTI (IdV). Signora Presidente, ritiro l'emendamento 1.6 e chiedo di aggiungere la mia firma all'emendamento 1.200 (testo 2)/1 del senatore Casson. Ne do una spiegazione.

Si andrebbe a verificare la situazione paradossale per cui il coordinamento dei piani nazionali anticorruzione sarebbe affidato a una persona sotto processo per corruzione. Si tratta di una situazione molto realistica, perché è proprio il caso attuale. Oltre tutto, mi sembra risibile prevedere una cosa del genere e non prevedere un organismo autonomo, considerando che non si tratta di processi in fieri. Ci sono già state delle sentenze con prescrizione, previa concessione delle attenuanti generiche: in punto di fatto, il Presidente del Consiglio è stato riconosciuto colpevole di corruzione, ma non gli è stata applicata la sanzione perché gli hanno concesso le attenuanti generiche.

Passiamo all'emendamento 1.5. Si introduce il criterio della rotazione; benissimo. Ma non si può vanificare tale principio prevedendo, «se del caso», la detta rotazione per i dipendenti esposti alla corruzione. Dire che la rotazione serve perché ci sono settori particolarmente esposti al rischio corruzione e stabilire, allo stesso tempo, che il criterio della rotazione si applica se del caso, significa affermare un principio e negarlo. Ma questo non è l'unico problema; ne incontreremo altri in questa strada.

Insomma, questa riforma la volete fare veramente o ci vogliamo prendere in giro? (Applausi dai Gruppi IdV e PD). Basta con le parole. Ciò che di epocale c'è nei vostri provvedimenti sono le prese in giro. (Applausi dai Gruppi IdV e PD).

Presidenza della vice presidente MAURO(ore 11,43)

 

PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.

Invito il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

 

AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signora Presidente, poiché non abbiamo avuto tempo in Commissione, nell'esprimere i pareri sugli emendamenti cercherò di dare delle motivazioni che raccolgano gli spunti del dibattito in Aula.

Intanto, vorrei precisare un aspetto prima di esprimere i pareri. Per quanto riguarda l'indipendenza dell'Autorità - lo dico per completezza di informazione all'Aula - la questione si può riassumere in questi termini.

Avevamo in precedenza un'istituzione - l'Alto commissariato - che è stata sciolta e oggi è un Dipartimento della funzione pubblica ad occuparsi delle politiche di contrasto alla corruzione. La legge agisce dunque per implementare le capacità di questo Dipartimento: di questo stiamo discutendo. Dobbiamo però ricordare che l'Alto commissariato dipendeva dalla Presidenza del Consiglio esattamente come le strutture di cui stiamo parlando in questo momento. Era comunque una struttura che non aveva autonomia finanziaria e si muoveva con l'ambizione - ovviamente espressa al tempo da un'altra maggioranza - di contrastare la corruzione nel Paese in modo altrettanto efficace rispetto a come stiamo cercando di fare noi con la presente proposta. Tra l'altro, sui motivi dell'intervento che ha portato allo scioglimento dell'Alto commissariato hanno pesato anche alcuni problemi che riguardavano il rapporto tra costi e benefici. La struttura aveva alcuni costi, che non dipendevano da una sua cattiva gestione, ma proprio dai costi strutturali, come la sede e le strutture di pertinenza dall'Alto commissario, e così via. L'Alto commissariato aveva poche risorse per fare altre cose, perché le ristrettezze finanziarie c'erano allora, così come ci sono anche oggi.

Concludo il mio intervento con un'ulteriore osservazione: il percorso che abbiamo cercato di indicare e di motivare in Commissione indica che in questo momento abbiamo, in primo luogo, il problema di mettere in linea una strumentazione e per questo si parla del Comitato interministeriale. Nel quadro che ho cercato di dare all'inizio del dibattito, ho cercato anche di illustrare all'Assemblea quali e quanti interventi si muovono all'intero della pubblica amministrazione sotto la medesima etichetta di politica di contrasto alla corruzione. Quindi, in questo momento e in questa fase, il Governo ritiene che questa sia la strumentazione da mettere in campo per garantire la massima efficacia della politica di contrasto alla corruzione, che passi attraverso tutti i vari Dicasteri e che richiede evidentemente un coordinamento.

Non sfuggo alla questione relativa al fatto che la Convenzione delle Nazioni Unite prevede un organismo indipendente. È però altrettanto vero che nulla ci impedisce di approdare successivamente a questa soluzione, una volta che abbiamo risolto il deficit di coordinamento delle nostre strutture pubbliche nelle politiche di contrasto, innanzitutto portando un'adeguata trasparenza, allargando le strettoie di cui parlavo in precedenza e coinvolgendo le Regioni, anche con le risorse che abbiamo appostato in un piano complessivo contro la corruzione. Dunque, nulla ci impedisce di rispondere successivamente e alla lettera alla richiesta di costituire un'autorità indipendente.

Occorre però fare attenzione a un fatto: stiamo parlando di una Convenzione delle Nazioni Unite, che non corrisponde esattamente alle Tavole della Legge, o alla rivelazione del roveto ardente, senatore Casson. Quella Convenzione, essendo delle Nazioni Unite, si applica a realtà profondamente diverse tra loro: non tutte prevedono l'autonomia della magistratura, non tutte hanno l'obbligatorietà dell'azione penale, non tutte hanno una strumentazione come la nostra che - come dicevo prima - deve essere portata in linea, mentre altre realtà sono più avanzate della nostra. Quindi, a questo punto del percorso, diversamente da quanto era accaduto con l'istituzione dell'Alto commissariato, che dipendeva comunque dalla Presidenza del Consiglio e non aveva autonomia, pensiamo che questa sia la strumentazione che deve essere portata all'attenzione del Parlamento. Ovviamente comprendiamo l'obiezione posta e non ci sottraiamo ai suoi contenuti, però la nostra risposta è negativa.

Aggiungo, per quanto riguarda gli altri emendamenti, per ragioni di brevità, che l'emendamento del senatore Malan li assorbe tendenzialmente quasi tutti. Per questo motivo daremo un parere negativo - che ora specificherò per ciascun emendamento - perché riteniamo che essi siano già compresi nella formulazione di tale emendamento.

Signora Presidente, passando al parere sui singoli emendamenti, esprimo parere contrario sugli emendamenti 1.200 (testo 2)/1 a prima firma del senatore Casson, e 1.200 (testo 2)/2, a prima firma della senatrice Della Monica. Abbiamo valutato l'emendamento 1.200 (testo 2)/3, a prima firma del senatore D'Alia, anche apprezzandolo, ma esso ha solo un problema. La ratio che seguiamo è quella di realizzare un Comitato interministeriale che coordina le attività di contrasto che attraverso questa legge cercheremo di realizzare, senza espropriare i singoli Ministeri delle loro facoltà. Purtroppo, con la formulazione proposta dall'emendamento, alcune funzioni proprie del Ministero della giustizia finirebbero per essere espropriate. Quindi siamo costretti a dare parere contrario, ma siamo disponibili a prendere in esame una riformulazione sotto forma di un ordine del giorno che, salvando tale aspetto, vada nella stessa direzione dell'emendamento.

Quanto all'emendamento 1.200 (testo 2)/4, il parere è contrario perché il processo di coinvolgimento delle Regioni dovrà avvenire diversamente, non nel Comitato interministeriale ma attraverso una serie di accordi quadro.

Esprimo parere contrario sugli emendamenti 1.200 (testo 2)/5 e 1.200 (testo 2)/6.

Per quanto riguarda l'emendamento 1.200 (testo 2) del senatore Malan, con le modifiche da lui già chiarite, riguardanti sia l'intervento della 5a Commissione sulla clausola di invarianza sia la soppressione del comma 3, devo dire che intanto c'è un refuso nel testo distribuito perché ci sono due commi indicati come comma 3. Chiariamo intanto all'Assemblea che la 5a Commissione ha chiesto la soppressione del primo e non del secondo. Vivendo il secondo, abbiamo però un problema perché c'è scritto: «Le pubbliche amministrazioni centrali elaborano e trasmettano al Dipartimento di cui al comma 3» e, se tale comma viene soppresso, il Dipartimento deve essere descritto per esteso e quindi il comma seguente diventa: «Le pubbliche amministrazioni centrali elaborano e trasmettono al Dipartimento della funzione pubblica». Il parere è favorevole, con queste correzioni.

Sull'emendamento 1.200 (testo 2)/7, a prima firma della senatrice Poli Bortone, il parere è favorevole. Tra l'altro, comunque, magistrati e militari già giurano (tra i non contrattualizzati). Riteniamo poi che l'emendamento 1.2 risulterebbe precluso in caso di approvazione dell'emendamento 1.200 (testo 2) del senatore Malan.

Presidenza del vice presidente NANIA(ore 11,50)

 

(Segue AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri). Lo stesso vale per l'emendamento 1.3, su cui vi è il parere contrario della 5a Commissione, ma anche nostro: ripeto comunque che risulterebbe precluso. Lo stesso vale per l'emendamento 1.251, su cui il parere è contrario, così come sugli emendamenti 1.4, 1.5 e 1.252, che risulterebbero tutti preclusi dall'approvazione dell'emendamento 1.200.

È stato ritirato l'emendamento 1.6. Sull'emendamento 1.7 è stata espressa una contrarietà della 5a Commissione ex articolo 81 che è già stata richiamata. Sull'1.253 vi è un parere contrario perché lo riteniamo assorbito dall'emendamento 1.200 del senatore Malan. Sull'emendamento 1.0.250, il parere è contrario: tende a introdurre un articolo molto complesso, in quanto abolisce lo spoils system, c'è un termine di delega troppo breve.

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.200/1.

 

INCOSTANTE (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

INCOSTANTE (PD). Signor Presidente, vorrei sottolineare all'Assemblea, come già detto dal collega Casson, che questo è un punto fondamentale. Vorrei anche fare qualche osservazione con riferimento alle questioni poste dal sottosegretario Augello.

Qui non si mette in discussione la istituzione e la costituzione di un progetto e di un lavoro presso la Funzione pubblica o la Presidenza del Consiglio di coordinamento delle amministrazioni pubbliche nella lotta alla corruzione, nel migliorare le proprie prestazioni, quanto la mancanza - e questo credo sia un principio generale dell'ordinamento, almeno dei Paesi che conosciamo in democrazia - di una distinzione netta tra controllore e controllato.

È per questo che stiamo insistendo nelle forme varie, attraverso gli emendamenti, rispetto a chi controlla che questa attuazione, che alcuni strumenti ed elementi che si mettono in campo rispetto a questi fenomeni corruttivi siano davvero efficaci. Non è possibile che questo avvenga presso gli organismi gestionali di governo. È evidente - perciò l'OCSE ce lo dice - che dovrebbe essere affidato ad un'autorità indipendente.

È su questo punto e con queste motivazioni che sono per noi fondamentali rispetto alla costituzione e all'avanzamento di questo provvedimento, che dichiaro il voto favorevole all'emendamento e contrario all'articolo.

Chiedo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

BRUNO (Misto-ApI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BRUNO (Misto-ApI). Signor Presidente, le posso far osservare che il Governo ha espresso un parere sull'emendamento 1.0.250, che però, essendo stato numerato diversamente, verrà discusso all'articolo successivo.

Nel frattempo, colgo l'occasione anche per chiedere di apporre la firma sull'emendamento 1.200 (testo 2)/7 a prima firma della senatrice Poli Bortone, in quanto il fatto che i consiglieri comunali giurino sulla Costituzione italiana mi sembra cosa utile.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, precedentemente avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.200 (testo 2)/1, presentato dal senatore Casson e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Colleghi, per favore, votate ciascuno al proprio posto.

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 2156, 2044, 2164, 2168, 2174, 2340 e 2346

ORSI (PdL). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

ORSI (PdL). Signor Presidente, vorrei solo segnalare che il mio dispositivo elettronico di voto non ha funzionato. Volevo votare in senso contrario.

 

PRESIDENTE. La Presidenza ne prende atto.

Stante il parere contrario espresso dalla 5a Commissione ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, l'emendamento 1.200 (testo 2)/2 è improcedibile.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.200 (testo 2)/3.

 

SERRA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

SERRA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Signor Presidente, vorrei ricordare al sottosegretario Augello che l'ufficio dell'Alto commissario esisteva già. È vero che era sotto la Presidenza del Consiglio, ma voglio ricordare che quell'ufficio, senza mezzi e senza soldi, qualche risultato l'ha ottenuto. Penso all'indagine sul Policlinico, alle varie indagini sugli ospedali in Calabria, alle indagini sull'università, all'istituzione del numero verde al quale si rivolgevano i cittadini.

Appena insediato, questo Governo ha immediatamente chiuso l'ufficio, ricevendo il biasimo di tutta l'Europa, ragion per cui è stato riaperto alla svelta presso il Dipartimento della funzione pubblica. Ebbene, si tratta di un ufficio ombra: quello precedente almeno aveva al suo interno 60 persone qualificate, tra magistrati, funzionari e altri addetti; quello attuale conta 16 persone o poco più, peraltro con un'autovettura che ha 200.000 chilometri. Vorrei capire se ha dato un solo risultato.

È necessario un organismo indipendente che possa svolgere un'azione di controllo. Il Sottosegretario dice che semmai lo si farà più avanti. Ebbene, abbiamo avuto un anno e mezzo per impostare una norma; oggi siamo riusciti ad ammettere l'utilità di un organismo indipendente, e tuttavia ci pensiamo dopo.

Penso che si debba approvare l'emendamento in esame, in quanto prevede un Comitato i cui compiti sono la definizione di linee di indirizzo e l'esercizio di supervisione del rispetto di tutte le norme.

Chiedo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Serra, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.200 (testo 2)/3, presentato dai senatori D'Alia e Serra.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Colleghi, ciascuno voti al proprio posto. Senatore Carrara, per cortesia, si accomodi al suo posto.

Non va bene così, senatore Bevilacqua, perché la Presidenza non riesce a controllare se una persona vota o meno.

Collega Saia, chi c'è accanto a lei? (Vivaci commenti dal Gruppo PD).

 

GRAMAZIO (PdL). Fatevi una camomilla!

 

LEGNINI (PD). Signor Presidente, guardi a fianco del senatore Pisanu.

 

PRESIDENTE. Collega Bevilacqua, di chi è quella scheda? Senatore, noi non possiamo esattamente controllarla: lei fa perdere tempo alla sua maggioranza perché, essendoci un controllo più attento, siamo costretti di volta in volta a chiedere chi è seduto a quel determinato posto. (Applausi dal Gruppo PD). D'altra parte, potevo, diciamo così, capirla se votava al posto di un altro, ma dato che quello è il suo posto, resti lì.

Senatore De Angelis, di chi è quella scheda? Senatore De Angelis, si metta al suo posto, ci aiuti.

 

ASCIUTTI (PdL). Signor Presidente, ci sono schede inserite e posti vuoti anche tra i banchi dell'opposizione. Si tolgano anche lì le schede.

 

LUSI (PD). Non ci provi, senatore Asciutti.

 

PRESIDENTE. Senatore Asciutti, non è questo il problema. Il punto è che ci sono coloro che votano per quelli accanto e coloro che dove c'è la scheda non votano. È una nuova tecnica di ostruzionismo della maggioranza alla maggioranza: se si procedesse in questo modo per ogni votazione finiremmo fra un mese.

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 2156, 2044, 2164, 2168, 2174, 2340 e 2346

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.200 (testo 2)/4, presentato dai senatori Pistorio e Oliva.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 1.200 (testo 2)/5, presentato dal senatore Casson e da altri senatori.

Non è approvato.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la controprova.

 

PRESIDENTE. Ordino la chiusura delle porte. Procediamo alla controprova mediante procedimento elettronico.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 1.200 (testo 2)/6, presentato dalla senatrice Della Monica e da altri senatori.

Non è approvato.

 

MALAN (PdL). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MALAN (PdL). Signor Presidente, desidero intervenire per formulare una precisazione sull'emendamento 1,200 (testo 2). È stato approfondito il parere della Commissione bilancio e la contrarietà è alle sole parti che ora segnalerò.

Nella seconda pagina in cui è stato stampato l'emendamento, vi sono due commi indicati come comma 3: nel primo dei due chiedo di sopprimere le parole finali «che costituisce ufficio dirigenziale di livello generale». Resta pertanto «il Dipartimento», e quindi la correzione suggerita dal sottosegretario Augello, opportuna nel caso in cui si fosse soppresso l'intero comma, non è più necessaria.

Mi è stato inoltre spiegato che la Commissione bilancio chiede, nel comma 4 (che nel nostro testo è il secondo segnato come comma 3: c'è un errore di stampa), la soppressione del solo capoverso 3), che per intenderci è quello che inizia con l'espressione «specificano procedure appropriate per selezionare».

Ricapitolando, la nuova formulazione dell'emendamento rispetto al testo stampato prevede la clausola di invarianza al termine del comma 1, già precedentemente illustrata, la soppressione delle ultime parole nel comma 3 e del capoverso 3) all'interno del comma 4.

 

INCOSTANTE (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

INCOSTANTE (PD). Signor Presidente, voteremo in senso contrario a questo emendamento, perché - come abbiamo visto - stiamo per approvare l'intero articolo 1.

Abbiamo proposto vari emendamenti che modificassero questo primo articolo in alcuni punti, ma adesso lo stesso articolo del testo viene praticamente rimodificato da un emendamento del senatore Malan. Il tema centrale è sempre lo stesso: controllori e controllati. Non possiamo pensare che il contrasto alla corruzione lo si faccia con una struttura di coordinamento e non lo si faccia attraverso un'Autorità indipendente: lo ripeteremo per tutto l'andamento di questi lavori. (Applausi dal Gruppo PD e del senatore De Toni).

 

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Signor Presidente, intervengo con una brevissima dichiarazione di voto per preannunciare che voteremo in senso contrario a questo emendamento, che dal nostro punto di vista riscrive il testo, peraltro anche peggiorandolo.

Al di là delle giuste considerazioni mosse dalla collega Incostante, qui c'è una questione di fondo: non possiamo metter su un ennesimo pachiderma che non ha alcuna funzione efficace nella lotta alla corruzione in termini né di prevenzione né di contrasto e sanzione. Questo è il punto politico del provvedimento in esame.

Se l'articolo 1 passerà in questi termini, avremo fatto un provvedimento acqua e sapone («Baci Perugina», per così dire), che serve solo a prendere in giro gli italiani. Siamo dunque contrari, perché credo che questa sia un'offesa all'intelligenza di quanti, dei Gruppi parlamentari e dell'opposizione, si sono battuti per far calendarizzare questo provvedimento, confidando e sperando nella possibilità di trovare un testo condiviso anche con la maggioranza: fino ad ora ci siamo illusi. (Applausi dai Gruppi UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI e PD).

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.200 (testo 2)/7.

 

SERRA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

SERRA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Signor Presidente, desidero confermare che siamo favorevoli all'emendamento presentato dalla senatrice Poli Bortone, al quale anzi vorrei apporre anche la mia firma.

 

MAZZATORTA (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MAZZATORTA (LNP). Signor Presidente, voteremo contro l'emendamento 1.200 (testo 2)/7 semplicemente perché non riusciamo a comprendere come si possa all'interno di un articolo dedicato al Piano nazionale anticorruzione inserire una norma che contempla il giuramento di fedeltà alla Costituzione italiana di 196.000 consiglieri comunali e pubblici impiegati. Una norma del genere mi sembra assolutamente fuori luogo e del tutto inammissibile.

 

SANNA (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

SANNA (PD). Signor Presidente, dichiaro il voto favorevole sull'emendamento 1.200 (testo 2)/7, con una precisazione. Credo che tutti i colleghi ricorderanno che l'Assemblea Costituente si occupò del tema del giuramento dei parlamentari alla Repubblica e alla Costituzione, e concluse che non bisognava inserire in Costituzione l'obbligo di giuramento perché il Parlamento può cambiare, con la procedura prevista dall'articolo 138, la Costituzione stessa. Pertanto, quando nell'emendamento è scritto «cariche pubbliche» non bisogna intendere «parlamentari della Repubblica». Con questa motivazione, voteremo a favore dell'emendamento.

 

INCOSTANTE (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione

con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.200 (testo 2)/7, presentato dalla senatrice Poli Bortone e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 2156, 2044, 2164, 2168, 2174, 2340 e 2346

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.200 (testo 2), nel testo emendato.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.200 (testo 2), presentato dal senatore Malan, nel testo emendato.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B). (Vivi applausi dai Gruppi PD, UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI e IdV. Commenti dal Gruppo PdL).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 2156, 2044, 2164, 2168, 2174, 2340 e 2346

PRESIDENTE. Pertanto, l'emendamento 1.200 (testo 2)/7 risulta decaduto.

Colleghi, a seguito della reiezione dell'emendamento 1.200 (testo 2), tutti gli emendamenti che sarebbero stati preclusi dalla sua approvazione dovranno essere messi in votazione.

Passiamo quindi alla votazione dell'emendamento 1.2.

 

INCOSTANTE (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

INCOSTANTE (PD). Signor Presidente, vorrei rettificare la data indicata nell'emendamento, là dove si dice «entro il 31 dicembre 2010». È evidente che si tratta di un errore, e che è da intendersi: «entro il 31 dicembre 2011».

 

PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo a pronunziarsi su questa riformulazione.

 

AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Il parere è sempre contrario.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 1.2 (testo 2), presentato dalla senatrice Della Monica e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 2156, 2044, 2164, 2168, 2174, 2340 e 2346

 

PRESIDENTE. Signor Sottosegretario, alla luce del fatto che gli emendamenti riferiti all'articolo 1 sono adesso sottoponibili a votazione, lei dovrebbe esprimere nuovamente il suo parere.

AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, per esprimere il parere avrei però bisogno di qualche minuto, poiché è stato respinto l'emendamento 1.200 (testo 2), presentato dal senatore Malan, sostitutivo dell'articolo 1.

 

PRESIDENTE. Non facendosi osservazioni, sospendo la seduta.

(La seduta, sospesa alle ore 12,14, è ripresa alle ore 12,43).

Riprendiamo i nostri lavori.

Invito ciascun collega a raggiungere il proprio posto.

Invito il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

 

AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, l'emendamento 1.2 (testo 2) è stato già respinto. Confermo il parere contrario sull'emendamento 1.3. Esprimo parere favorevole sull'emendamento 1.251; risultano pertanto preclusi gli emendamenti 1.4, 1.5 e 1.252. Ricordo che l'emendamento 1.6 è stato ritirato.

Sull'emendamento 1.7 è stata espressa la contrarietà in blocco da parte della 5a Commissione, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione. Esprimo parere favorevole sull'emendamento 1.253, limitatamente al testo fino al punto a) compreso, mentre invece siamo contrari al punto b).

Ribadisco il parere contrario espresso sull'emendamento 1.0.250.

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.3, presentato dal senatore Casson e da altri senatori.

Non è approvato.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la controprova.

 

PRESIDENTE. Ordino la chiusura delle porte. Procediamo alla controprova mediante procedimento elettronico.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 1.251.

 

POLI BORTONE (CN-Io Sud). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

POLI BORTONE (CN-Io Sud). Signor Presidente, chiedo di aggiungere la mia firma e quella di tutti i componenti del mio Gruppo a questo emendamento, sempre se la collega Spadoni Urbani è d'accordo, perché nei contenuti è molto simile al mio emendamento 1.252, che verrebbe precluso dalla sua eventuale approvazione.

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.251, presentato dalla senatrice Spadoni Urbani e da altri senatori.

È approvato.

Risultano pertanto preclusi gli emendamenti 1.4, 1.5 e 1.252 compreso.

L'emendamento 1.6 è stato ritirato.

Stante il parere contrario espresso dalla 5a Commissione ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, l'emendamento 1.7 è improcedibile.

Senatrice Poli Bortone, per quanto riguarda l'emendamento 1.253, accoglie la proposta di modifica formulata dal Governo?

 

POLI BORTONE (CN-Io Sud). Sì, signor Presidente.

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 1.253 (testo 2), presentato dalla senatrice Poli Bortone e da altri senatori.

È approvato.

Passiamo alla votazione dell'articolo 1, nel testo emendato.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'articolo 1, nel testo emendato.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B). (Vivi applausi dai Gruppi PD, UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI e IdV).

Sospendo la seduta per qualche minuto. (Commenti dai Gruppi PD, UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI e IdV).

(La seduta, sospesa alle ore 12,49, è ripresa alle ore 13,15).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 2156, 2044, 2164, 2168, 2174, 2340 e 2346

 

PRESIDENTE. La seduta è ripresa.

Ha chiesto di intervenire il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, senatore Augello.

 

AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, essendo stato poc'anzi respinto l'articolo 1, che è importante, direi quasi essenziale, per il disegno di legge, in quanto contiene al suo interno sia il Piano nazionale anticorruzione che gli strumenti che il Governo proponeva di porre al centro dell'intero provvedimento in termini di politiche di contrasto alla corruzione, abbiamo necessità di esaminare quali siano le possibilità di proseguire questa discussione, come pure gli effetti tecnici della bocciatura di questo articolo sulle altre previsioni della legge contenute negli articoli successivi.

Ovviamente, dal momento che stiamo lavorando a braccio, abbiamo bisogno di una pausa per compiere questo lavoro. Pertanto, le chiedo, signor Presidente, cortesemente di fornire al Governo il tempo necessario, non oltre le ore 16, per poi tornare in Aula con una proposta conclusiva rispetto a quanto accaduto. (Applausi dal Gruppo PdL).

 

FINOCCHIARO (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

FINOCCHIARO (PD). Signor Presidente, lo stesso incipit dell'intervento del sottosegretario Augello - l'essere caduto con l'articolo 1 il pilastro intorno al quale era costruito il disegno di legge - conduce, inevitabilmente, mi sia consentito dirlo in maniera molto mite, al ritiro da parte del Governo del provvedimento.

Il Governo vuole rifletterci ancora qualche ora, ma io credo non vi siano margini per pensare. Il provvedimento è caduto nel suo asse principale, che noi consideravamo sbagliato. E non sarà sfuggito che è esattamente sull'articolo 1 che si era articolata la critica più profonda a questo disegno di legge. Caduto quello, francamente credo che non vi sia ragione per inoltrarci nell'ulteriore esame e discussione di questo provvedimento. Comunque, il Governo ha chiesto tempo fino alle ore 16. Noi, nel frattempo, ovviamente adotteremo le iniziative politiche che riteniamo di dover adottare, ma mi sembra che stiamo reggendo una finzione che non so a chi faccia bene.

La verità è di fronte a noi: il provvedimento è caduto. Il Governo lo ritiri. (Applausi dai Gruppi PD e IDV).

 

RUTELLI (Misto-ApI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

RUTELLI (Misto-ApI). Ferme restando le osservazioni svolte poc'anzi dalla presidente Finocchiaro, mi chiedo, e chiedo al Governo, e naturalmente al Presidente, se abbia un senso che il Governo rifletta - secondo la valutazione e la comunicazione del Sottosegretario - e poi riferisca all'Assemblea.

È evidente che il Governo preliminarmente deve dire se condivide la posizione espressa dal Gruppo del Partito Democratico, ma deve riversare le sue opinioni nella Commissione e poi venire in Aula avendo valutato se ci sono le condizioni per chiudere l'esame di questo provvedimento o ripartire attraverso una riformulazione dell'articolo 1, dunque dell'impianto fondamentale della normativa.

Non credo che, per la civiltà del rapporto tra Governo e Assemblea, tutto ciò si possa risolvere con una comunicazione del rappresentante del Governo all'Aula del Senato come una decisione unilaterale del Governo. Penso che ciò debba avvenire nella sede della Commissione, e qui si debba esercitare quella verifica dell'ultimo minuto sulla circostanza che ci siano o meno le condizioni per ripartire con questo provvedimento.

 

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Signor Presidente, a me dispiace, non voglio fare polemiche, però lei ricorderà che sia ieri che stamattina, sia sull'ordine dei lavori che all'inizio della discussione relativa all'esame degli emendamenti, avevamo chiesto che la maggioranza e il Governo si pronunciassero sulle proposte che venivano da parte dell'opposizione funzionali a modificare un testo presentato dal Governo, perché l'articolo 1 fa parte del disegno di legge, signor Sottosegretario, che reca come prima firma quella del Ministro della giustizia, l'onorevole Alfano, poi quelle dell'onorevole Maroni, dell'onorevole Bossi, dell'onorevole Calderoli e dell'onorevole Brunetta.

Questo testo, che al suo articolo 1 prevedeva una versione estremamente soft, leggera, inutile, inefficace sul piano della lotta alla corruzione, è stato bocciato dall'Aula. Quindi, o voi non avete un'idea di come volete condurre la lotta alla corruzione nel Paese, e allora questo momento di riflessione serve a poco (ritirate quindi il disegno di legge o discutiamo dei nostri provvedimenti che sono abbinati a quello, nelle forme e secondo le procedure che prevede il Regolamento), oppure dovete dirci se intendete fare un accordo con le opposizioni su un testo che sia realmente utile ed efficace al contrasto e alla lotta alla criminalità, perché quello che avete proposto voi è stato bocciato dall'Aula e dovete prenderne atto dal punto di vista politico; dovete prenderne atto perché non c'è una politica del Governo e della maggioranza su questa materia.

Per noi va bene la pausa di riflessione, per carità (se siamo qui e abbiamo chiesto di discutere di questo provvedimento è proprio perché lo vogliamo portare a casa), però che non sia tattica: o la maggioranza ci dice che vuole cambiare profondamente il testo, e quindi accogliere le proposte dell'opposizione, oppure prendiamo atto che la vostra proposta, inefficace, è stata bocciata. (Applausi dal Gruppo UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-FLI).

 

BELISARIO (IdV). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BELISARIO (IdV). Signor Presidente, colleghi, ritengo che il Governo e la maggioranza siano fortunati, perché avremmo corso il rischio di affidare il coordinamento dell'anticorruzione a chi problemi di corruzione ne ha ancora in questo momento. Questa era la prima osservazione.

Passo alla seconda osservazione. Questa mattina, nell'intervento che abbiamo fatto noi dell'opposizione, abbiamo dichiarato in modo chiaro che l'unica cosa di epocale che riuscite a fare è prendere in giro le opposizioni e il Paese. Questa volta le opposizioni vi hanno dimostrato che non ci stanno più; il Paese ve l'ha dimostrato qualche domenica fa, e continuerà in seguito.

E allora, vogliamo rispettare il problema del Governo?

Voglio ricordare ai rappresentanti dell'Esecutivo, però, che il Governo non può assumere decisioni su un atto anche se ne è il presentatore, che ormai l'atto è incardinato in Aula, che le opposizioni hanno presentato specifici disegni di legge in materia anticorruzione che non sono stati allegati al provvedimento del Governo, che ieri le Commissioni riunite 2a e 3a hanno conferito mandato ai relatori a riferire favorevolmente sul disegno di legge di ratifica ed esecuzione della Convenzione penale sulla corruzione fra gli Stati membri del Consiglio d'Europa e gli altri Stati firmatari, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999 che, evidentemente, supera addirittura, migliorandolo, il provvedimento all'acqua e sapone che voi avevate presentato e che pretendevate che l'Aula approvasse.

Attendiamo quindi con pazienza l'atto di penitenza che ci auguriamo il Governo farà da qui alle ore 16, aspettando di capire dove tutti andremo a parare (Applausi dal Gruppo IdV) .

 

BRICOLO (LNP). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BRICOLO (LNP). Signor Presidente, noi del Gruppo della Lega Nord riteniamo sia giusto dare tempo al Governo per valutare gli effetti della soppressione dell'articolo 1, votata in quest'Aula. È dunque giusto attendere le ore 16 per fare le opportune valutazioni.

Abbiamo letto dalle agenzie che le opposizioni hanno già indetto una conferenza stampa nel primo pomeriggio. Invitiamo pertanto tutte le opposizioni a riflettere bene su quali dichiarazioni rilasciare dato che dovranno spiegare ai cittadini come mai, con il loro voto, hanno soppresso l'articolo 1 che, di fatto, prevede il Piano nazionale anticorruzione e l'istituzione dell'Osservatorio sulla corruzione che di fatto con il loro voto è stato bocciato. (Applausi dai Gruppi LNP e PdL. Commenti dai Gruppi PD e IdV).

 

GASPARRI (PdL). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

GASPARRI (PdL). Signor Presidente, ovviamente siamo d'accordo con la proposta del Governo.

Seppure la polemica, anche accesa, è più che plausibile in questo momento, tuttavia è vero che l'articolo 1 conteneva la proposta di istituire il Piano nazionale anticorruzione ed un apposito Osservatorio che sarebbe stato bene approvare nell'Aula del Senato, dato che l'effetto pratico è esattamente quello che il presidente Bricolo ha ora illustrato.

Pertanto, il Gruppo PdL ritiene che sia stato un errore non votare a favore di questo articolo. (Applausi dal Gruppo PdL).Questo in punta di fatto. In punta di polemica politica, ovviamente, siamo pratici delle cose di mondo e comprendiamo che ciascuno può argomentare come ritiene.

Il Governo ha bisogno di una pausa per verificare se la legge può andare avanti trovando il puntello e l'architrave della sua esistenza, perché il nostro intento è fare leggi anticorruzione. Abbiamo votato a favore della ratifica della Convenzione di Strasburgo e questa mattina ho motivato la necessità di procedere con l'esame del provvedimento in attesa che il Parlamento, dunque anche la Camera dei deputati, ratifichi quella Convenzione, così che si possano valutare le norme e si possa procedere.

Contro la corruzione sarebbe bene andare avanti, e non archiviare provvedimenti, perché questo è il paradosso a cui arriva l'opposizione in quest'Aula. (Applausi dal Gruppo PdL. Commenti del senatore Belisario).

VIESPOLI (CN-Io Sud). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

VIESPOLI (CN-Io Sud). Signor Presidente, credo che l'invito alla riflessione e ad una ulteriore valutazione da parte del rappresentante del Governo sia corretto e che quindi una pausa sia opportuna e giusta nella dinamica del rapporto Governo-Parlamento, così come evidenziato e sottolineato anche dal senatore Rutelli.

Vorrei aggiungere però una valutazione ed una considerazione, signor Presidente. Non v'è dubbio (e la schermaglia ora è inutile e non risolve il problema) che vi sia un problema, che sia emersa una questione di carattere politico: la bocciatura di un articolo pone dei problemi di ordine politico, di ordine procedurale e di ordine regolamentare. Ma c'è una grande questione che riguarda sia la maggioranza che l'opposizione. Credo che abbiamo tutti il dovere di fare una riflessione aggiuntiva, oltre quella che dovrà fare il Governo, e riportare nell'ambito della Conferenza dei Capigruppo la discussione ed il confronto per determinare l'utilità di questa settimana e per fare in modo che comunque il Parlamento, preso atto di quello che è accaduto, sia in grado, maggioranza e opposizione...

 

FINOCCHIARO (PD). C'è il testo base delle opposizioni!

 

VIESPOLI (CN-Io Sud). Stavo dicendo, e quindi mi stavo rivolgendo anche alla senatrice Finocchiaro, che maggioranza e opposizione hanno entrambe il dovere, preso atto di quanto è accaduto, che si legge in termini chiari sul piano politico, regolamentare e procedurale, di utilizzare utilmente questa settimana per dare un segnale anticorruzione, un segnale da parte di tutte le forze politiche, cosa che è possibile ed è rimessa all'intelligenza della senatrice Finocchiaro e dei Capigruppo di maggioranza. (Applausi dai Gruppi CN-Io Sud e PdL).

PRESIDENTE. A questo punto, rinvio il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.

 

La seduta è tolta (ore 13,48).

 

 

 

 


 

Allegato A

 

DISEGNI DI LEGGE DISCUSSI AI SENSI DELL'ARTICOLO 44, COMMA 3, DEL REGOLAMENTO

(*) Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione (2156)

Misure per contrastare fenomeni corruttivi nel rapporto tra eletti, cittadini e pubblica amministrazione (2044)

Norme per il contrasto alla corruzione nella pubblica amministrazione e in materia di cause ostative all'assunzione di incarichi di governo, incandidabilità ed ineleggibilità dei condannati per reati contro la pubblica amministrazione. Delega al Governo in materia di coordinamento del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (2164)

Disciplina della partecipazione alla vita pubblica e degli emolumenti per l'esercizio della funzione pubblica, regolamentazione degli incarichi di consulenza e norme in materia di contrasto a fenomeni di corruzione (2168)

Norme per il contrasto alla corruzione nella pubblica amministrazione e nel settore privato. Cause ostative all'assunzione di incarichi di governo, incandidabilità ed ineleggibilità dei responsabili per reati contro la pubblica amministrazione e collegati (2174)

Norme per il contrasto alla corruzione nella pubblica amministrazione e nel settore privato (2346)

Norme per la trasparenza, la prevenzione e la repressione della corruzione e per il contrasto alla illegalità nel settore pubblico e privato (2340)

________________

(*) Testo preso in esame dall'Assemblea

 

ORDINI DEL GIORNO

G100

MALAN

V. testo 2

Il Senato,

premesso che:

nel corso dell'esame del disegno di legge A.S. 2156, Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione,

impegna il Governo:

a dare conto, anche sommariamente ma entro il 15 luglio prossimo, dell'attuazione della legge 5 luglio 1982, n.441, per quanto riguarda le disposizioni per la pubblicità della situazione patrimoniale e reddituale di titolari di cariche direttive di determinati istituti ed enti pubblici nonchè società e aziende indicati all'articolo 12.

G100 (testo 2)

MALAN

Non posto in votazione (*)

Il Senato,

premesso che:

nel corso dell'esame del disegno di legge A.S. 2156, Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione,

impegna il Governo

a dare conto, anche sommariamente ma entro un mese dall'entrata in vigore della presente legge, dell'attuazione della legge 5 luglio 1982, n.441, per quanto riguarda le disposizioni per la pubblicità della situazione patrimoniale e reddituale di titolari di cariche direttive di determinati istituti ed enti pubblici nonchè società e aziende indicati all'articolo 12.

________________

(*) Accolto dal Governo

G101

RUTELLI, BAIO, BRUNO, MILANA, MOLINARI, RUSSO, FINOCCHIARO (*)

Accantonato

Il Senato,

preso atto che:

le statistiche della delittuosità, cristallizzate nello SDI (sistema d'indagine gestito dal Ministero dell'interno) e le statistiche giudiziarie della criminalità, alimentate dal Ministero della giustizia, nonché la relazione della Corte dei conti, testimoniano di una massiccia intrusione della corruzione nei gangli vitali del Paese, con un andamento crescente in progressione accelerata;

accanto alla rilevazione di fenomeni riconducibili per diverse connessioni causali alla corruzione, non emergono, con immediatezza e spessore, le ragioni del bene comune e degli interessi nazionali, incarnate in istituzioni, sia pubbliche che private, votate a debellare questo devastante fenomeno che incide in profondità sulla vitalità civile e democratica del Paese;

sussiste un'illegalità diffusa che fa sentire molti partecipi di un «comune destino», tollerata anche da una parte della nostra classe dirigente, la quale, godendo di uno smisurato potere mediatico e politico, che certamente influenza e determina costumi e morale, ha annacquato il disvalore etico di determinati comportamenti;

considerato che:

le rilevazioni maggiormente accreditate, quelle che hanno potuto considerare le condizioni politico-economico-giudiziarie di un vasto numero di nazioni, in particolare quelle della Banca mondiale, confermano il dato secondo il quale alti livelli di costituzione, reale e percepita, sono associati a quella che viene definita una «povera» capacità di governance, cioè di elaborazione di politiche generali e di esercizio di controlli;

le stesse rilevazioni, con riguardo a nazioni nelle quali il livello di costituzione è moderato o addirittura modesto, a fronte di buona e forte governance, presentano, piuttosto che giudizi soddisfacenti, l'indicazione di strumenti di prevenzione e controllo altrettanto incisivi di quelIi necessari ad intervenire nei contesti di elevato tenore di corruzione;

in Italia, i cittadini che nutrono sentimenti di forte lealtà verso l'interesse generale e verso le istituzioni e le pubbliche amministrazioni iniziano a sentirsi in minoranza, poiché i crescenti livelli di corruzione risultano in forte dissonanza con un quadro legale evoluto e radicato nella cultura giuridica del Paese. La legge sul procedimento amministrativo (n.241 del 1990), il decreto legislativo sulla responsabilità penale amministrativa d'impresa (n.231 del 2001), il sistema generale di controlli pubblici e di quelli stabiliti per le società private, il prezioso lavoro delle Forze dell'ordine e della magistratura, la sottoscrizione e la ratifica di trattati internazionali (da ultimo, si veda la legge n.116 del 2009 di ratifica della Convenzione ONU contro la corruzione) e nel futuro più prossimo l'auspicabile ratifica ed esecuzione delle Convenzioni civile e penale sulla corruzione, definite a Strasburgo l'una nel novembre 1999, l'altra nel gennaio dello stesso anno, ovvero l'intero sistema normativo del Paese deporrebbero per un'adeguata cornice legale contro la corruzione; e tuttavia, il dato crescente della corruzione pone interrogativi sulle dinamiche reali in corso nel Paese, ben oltre quelle legali;

più che una percezione, vi è il fondato timore che la soglia di accettazione della corruzione, nei comuni e nelle città, negli uffici pubblici e in quelli privati, nei gruppi sociali, aggravata dall'incombente crisi economico-sociale, si sia abbassata, con il rischio di una generalizzata rassegnazione nella concretezza della quotidianità;

il rimbombo di richiami aI pragmatismo, non conseguenti ad un principio di responsabilità attrezzato con regole, comportamenti etici e politici, e con trasparenti meccanismi funzionali e procedurali concorre a distorcere il senso comune, con il rischio concreto di screditare anche il rispetto per il fare, per realizzare interventi pubblici, servizi, trasformazioni territoriali moderne e sostenibili;

stime pari a 60-70 miliardi di euro di corruzione all'anno costituiscono una mostruosità finanziaria, non dimenticando che un fiume ben più che doppio di miliardi di curo passa per l'evasione fiscale. La Corte dei conti, la relazione del SAeT ed agenzie indipendenti come Transparency lnternational sono concordi nella valutazione dell'enormità dello stock annuale di corruzione. Quanto sia il valore effettivo, in realtà lo si ignora: probabilmente è superiore ai dati di stima;

c'è un'indicazione di massima delle aree nelle quali si produce corruzione, ma è compito delle lstituzioni pubbliche rendere disponibile il tracciato della corruzione, modalità per modalità, settore per settore, soggetto per soggetto, a partire dalla sanità, dove molto alto è il livello di indebita intermediazione politica;

c'è stata una stagione nella quale i controlli, nelle loro variabili più aggiornate - il controllo interno, il controllo strategico, il controllo di gestione, l'accertamento della qualità - assieme a quelli tradizionali di legittimità hanno aiutato a rassicurare il Paese circa la volontà politica ed istituzionale di mettere fuori gioco le variabili criminose della competizione economica. Occorre prendere atto, alla luce dei conclamati numeri della costruzione, del loro fallimento;

il Governo, lo scorso 1º marzo ha dato notizia di aver approvato un disegno di legge anticorruzione, in un momento in cui affioravano pesanti episodi di presunta corruzione. Questo disegno di legge, allo stato, non è stato tuttavia ancora presentato in Parlamento;

«a coloro ai quali molto è dato, molto è richiesto», affermò John Fitzgerald Kennedy. Conformemente alla Convenzione ONU, alla politica, in Italia, è oggi richiesto di «elaborare o perseguire, secondo i principi fondamentali del sistema giuridico italiano, politiche di prevenzione della corruzione efficaci e coordinate che favoriscano la partecipazione della società e rispecchino i principi dello Stato di diritto, di buona gestione degli affari pubblici e dei beni pubblici, di integrità, di trasparenza e di responsabilità»; a questi fini è cruciale un'ampia partecipazione democratica e civica,

impegna il Governo:

a) a dare attuazione piena ed integrale alla Convenzione ONU sulla corruzione ratificata con legge n. 116 del 2009, con le seguenti specificazioni: l'organo di prevenzione della corruzione, per il quale già l'Alto commissario per la lotta alla corruzione auspicava che si trasformasse in autorità indipendente, godrà dell'indipendenza necessaria ad esercitare le proprie funzioni al riparo da ogni indebita influenza. Esso dovrà essere individuato sulla base di una procedura ad evidenza pubblica alla quale saranno ammessi a partecipare associazioni di alta rappresentatività, università, ordini professionali, rappresentanti dei mondi produttivi e dei consumatori. La procedura di selezione sarà affidata all'insindacabile giudizio dei presidenti delle Camere;

b) a promuovere l'aggiornamento della legge n.241 del 1990 alla luce dei princìpi dell'articolo 10 della Convenzione ONU, previa indizione di una sessione dedicata della Conferenza unificata per l'analisi del suo funzionamento, dell'impatto sul procedimento amministrativo, delle distorsioni registrate;

c) a propone al Parlamento: un quadro di disposizioni concernenti il settore privato che non costituiscano appesantimento ma, piuttosto, semplificazione degli oneri burocratici e consentano di rafforzare i controlli in funzione anticorruttiva; misure che prevedano l'accessibilità protetta del singolo cittadino agli organi di prevenzione della corruzione e agli organi giurisdizionali, con forme di tutela identiche a quelle assicurate dalla legge ai dati sensibili; misure che disciplinino la tracciabilità dell'intero percorso del danaro pubblico erogato nell'ambito di procedure ad evidenza pubblica o in qualunque altro modo speso dalle pubbliche amministrazioni con particolare cura agli interventi nell'ambito delle procedure d'urgenza; misure volte ad adeguare l'ordinamento ai princìpi e agli istituti penalistici definiti nella Convenzione ONU in materia di repressione della corruzione, dando attuazione, in particolare, a quello secondo il quale i vantaggi della corruzione devono essere facilmente considerati inferiori agli svantaggi derivanti dalle sanzioni per comportamenti corruttivi;

d) ad estendere ai proventi accettati della corruzione - inclusa quella politico-amministrativa - il regime della confisca come già previsto dall'ordinamento giuridico italiano per altri tipi di reato;

e) ad annullare i benefici di legge (ovvero le attenuanti generiche, la sospensione condizionale della pena, l'indulto, l'amnistia, la semi libertà o la liberazione anticipata) nei reati di tipo economico e contro la pubblica amministrazione ove l'autore del delitto non risarcisca integralmente il danno alla vittima;

f) a dar vita ad un organismo di confronto permanente per l'analisi dei fenomeni corruttivi cui prendano parte tra gli altri la Conferenza Unificata, la Banca d'Italia, la CONSOB;

g) ad assumere un'iniziativa legislativa per la regolamentazione delle attività lobbistiche, che sia ispirata al princìpio fondamentale secondo il quale l'acquisizione da parte delle istituzioni delle informazioni necessarie alla decisione è parte del procedimento formale, e le informazioni ricevute debbano essere corredate dal parere di un autorevole soggetto indipendente;

h) a recepire in ogni comparto legislativo il principio di corrispondenza tra concorso pubblico ed incarico pubblico;

i) a stabilire il regime di separazione tra funzioni consultive e funzioni giurisdizionali nell'ambito dell'assegnazione di incarichi pubblici;

l) a proporre un nuovo sistema unitario e coordinato per le procedure di appalto, l'esecuzione dei lavori e i relativi controlli;

m) a rafforzare e rendere più efficiente l'azione della Corte dei conti, anche per il risarcimento dei danni subiti dall'intero Paese a causa della corruzione, consapevoli che nei Paesi in cui tale fenomeno è diffuso sovente le istituzioni assolvono contro di esso compiti formali, prima che sostanziali;

n) a promuovere una normativa che introduca l'obbligo per il Governo di corredare le proprie iniziative legislative con un'analisi volta a prevenire ogni possibile impatto negativo delle norme in termini di potenziale accrescimento del meccanismi di corruzione.

________________

(*) Firma aggiunta in corso di seduta

G102

BRUNO, BAIO

Improponibile

Il Senato,

in sede di discussione del disegno di legge recante disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione;

constatato che persino nel mondo del calcio, a fronte dell'aumentare degli interessi economici coinvolti, si stanno verificando evidenti fenomeni di corruzione;

che da tempo si discute di poter documentare le partite di calcio in tempo reale e di potere intervenire affidandosi alla cosiddetta «moviola in campo»;

che in molti casi la prova televisiva, attraverso l'utilizzo di inquadrature e punti di vista molteplici rispetto a quelli della terna arbitrale può effettivamente dare un contributo alla chiarezza dei comportamenti sul campo di calcio aiutando le decisioni arbitrali;

che la correttezza delle partite di calcio è condizione necessaria per tutelare gli interessi economici dei club calcistici e anche di quanti scommettono sul calcio in modo regolare,

impegna il Governo:

ad adottare le più opportune iniziative nei confronti del Coni e della Federazione Italiana Gioco Calcio, affinché i modi e i tempi dell'utilizzo della prova televisiva siano regolamentari, giù dal prossimo campionato, al fine di giungere a un giudizio inequivocabile sui comportamenti nei campi di calcio delle serie maggiori a garanzia dei club e dei cittadini.

 

ARTICOLO 1 DEL DISEGNO DI LEGGE N. 2156

Capo I

MISURE PER LA TRASPARENZA DELL'ATTIVITÀ AMMINISTRATIVA E LA PREVENZIONE DELLA CORRUZIONE E DELL'ILLEGALITÀ NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Art. 1.

Respinto

(Piano nazionale anticorruzione)

1. La Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica predispone e coordina il Piano nazionale anticorruzione in attuazione dei princìpi di cui all'articolo 5 della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni unite contro la corruzione, adottata dalla Assemblea generale dell'ONU il 31 ottobre 2003, con risoluzione n. 58/4, firmata dallo Stato italiano il 9 dicembre 2003 e ratificata ai sensi della legge 3 agosto 2009, n. 116.

2. Al fine di cui al comma 1, le pubbliche amministrazioni centrali elaborano e trasmettono propri piani di azione che:

a) forniscono una valutazione del diverso livello di esposizione al rischio corruzione degli uffici;

b) definiscono gli interventi organizzativi per presidiare il rischio di cui alla letteraa);

c) specificano procedure appropriate per selezionare e formare i dipendenti chiamati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione prevedendo, se del caso, la rotazione in tali settori;

d) indicano le soluzioni, anche normative, e le attività volte a individuare tempestivamente e a prevenire eventuali condotte illecite.

3. La Rete nazionale anticorruzione, composta da referenti di ciascuna pubblica amministrazione, fornisce al Dipartimento della funzione pubblica elementi idonei a:

a) valutare periodicamente l'idoneità degli strumenti giuridici e delle misure amministrative adottate al fine di prevenire e combattere la corruzione;

b) definire programmi informativi e formativi per i dipendenti pubblici che favoriscono il corretto e onorevole esercizio delle funzioni ad essi affidate;

c) monitorare l'effettiva attuazione dei singoli piani di cui al comma 2.

4. È istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, l'Osservatorio sulla corruzione e gli altri illeciti nella pubblica amministrazione, di seguito denominato «Osservatorio», che cura l'analisi aggiornata dei fenomeni corruttivi e ne riferisce, con cadenza annuale, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione che, a sua volta, ne informa il Governo, il Parlamento, gli organismi internazionali e la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche ai fini di cui all'articolo 13, comma 8, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n.150.

5. Ai componenti dell'Osservatorio non spettano compensi in relazione all'incarico conferito né alcun rimborso delle spese a qualsiasi titolo sostenute.

EMENDAMENTI

1.200 testo 2/1

CASSON, CECCANTI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, GARRAFFA, LUMIA, MARITATI, LI GOTTI (*)

Respinto

All'emendamento 1.200 (testo 2), apportare le seguenti modificazioni:

1) sopprimere il comma 1;

2) al comma 2, alinea, sostituire le parole: «Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento della funzione pubblica» con le seguenti: «Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150» e, alla lettera c), sostituire le parole: «gli organismi internazionali e la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche ai fini di cui all'articolo 13, comma 8, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150», con le seguenti: «e gli organismi internazionali»;

3) sopprimere il comma 3;

4) al comma 4, sostituire le parole: «al Dipartimento di cui al comma 3», con le seguenti: «alla Commissione di cui al comma 2».

________________

(*) Firma aggiunta in corso di seduta

1.200 testo 2/2

DELLA MONICA, INCOSTANTE, BIANCO, D'AMBROSIO, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Improcedibile

All'emendamento 1.200 (testo 2), sostituire i commi 1 e 2 con i seguenti:

«1. All'articolo 68 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 6 agosto 2008, n. 133, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 6 la lettera a) è soppressa;

b) al comma 6-bis del medesimo articolo le parole: «lettere a) e» sono sostituite dalle seguente: «lettera».

1-bis. L'articolo 6 della legge 3 agosto 2009, n. 116 è così modificato:

''Art. 6. - 1. È designato quale autorità nazionale ai sensi dell'articolo 6 della Convenzione, l'Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito all'interno della pubblica amministrazione.

2. Al soggetto di cui al comma 1 sono assicurate autonomia ed indipendenza nell'attività''».

Conseguentemente:

1) al comma 2 sostituire le parole: «La Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica» con le seguenti: «L'Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito all'interno della pubblica amministrazione»;

2) sopprimere il comma 3;

3) al comma 4, alinea, sostituire le parole: «al Dipartimento» con le seguenti: «all'Autorità nazionale».

1.200 testo 2/3

D'ALIA, SERRA

Respinto

All'emendamento 1.200 (testo 2), sostituire il comma 1 con il seguente:

«1. È istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Comitato di coordinamento delle iniziative anticorruzione, di seguito ''Comitato''. Il Comitato è presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri o, su sua delega, dal Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione ed è, altresì, composto dai Ministri dell'interno, della giustizia, dell'economia e delle finanze, dello sviluppo economico, degli affari esteri e delle politiche comunitarie, o loro delegati, con il compito di:

a) definire le linee di indirizzo e di coordinare le strategie di prevenzione e repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione elaborate a livello nazionale e internazionale;

b) esercitare la supervisione del rispetto, da parte di tutte le pubbliche amministrazioni, dell'adempimento degli obblighi previsti dalla Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni unite contro la corruzione, adottata dall'Assemblea generale dell'ONU il 31 ottobre 2003, con risoluzione n. 58/4, firmata dallo Stato italiano il 9 dicembre 2003 e ratificata con la legge 3 agosto 2009, n. 116, ed il coordinamento di tale applicazione, proponendo al Consiglio dei ministri l'esercizio dei poteri spettanti al Governo ai sensi dell'articolo 8 della legge n. 131 del 2003».

1.200 testo 2/4

PISTORIO, OLIVA

Respinto

All'emendamento 1.200 (testo 2), al comma 1, dopo le parole: «e delle politiche comunitarie, o loro delegati,» inserire le seguenti: «un rappresentante regionale, uno provinciale e uno dei comuni nominati dalla Conferenza stato regioni e unificata».

1.200 testo 2/5

CASSON, CECCANTI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, GARRAFFA, LUMIA, MARITATI

Respinto

All'emendamento 1.200 (testo 2), al comma 2, alinea, sostituire le parole: «Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica» con le seguenti: «Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150» e, alla lettera c), sostituire le parole: «gli organismi internazionali e la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche ai fini di cui all'articolo 13, comma 8, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150», con le seguenti: «e gli organismi internazionali».

Conseguentemente:

1. sopprimere il comma 3;

2. al comma 4, sostituire le parole: «al Dipartimento di cui al comma 3», con le seguenti: «alla Commissione di cui al comma 2».

1.200 testo 2/6

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, AGOSTINI, BARBOLINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Respinto

All'emendamento 1.200 (testo 2), al comma 2, sopprimere la lettera c).

1.200 testo 2/7

POLI BORTONE, VIESPOLI, CARDIELLO, CARRARA, CASTIGLIONE, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA (*)

Approvato

Al comma 1, premettere il seguente:

«01. Coloro che occupano cariche pubbliche o assumano pubblici impieghi, all'atto della assunzione devono giurare fedeltà alla Costituzione italiana».

________________

(*) Aggiungono la firma in corso di seduta i senatori Bruno e Serra

1.200

MALAN

V. testo 2

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 1. - 1. È istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Comitato di coordinamento delle iniziative anticorruzione, di seguito "Comitato". Il Comitato è presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri o, su sua delega, dal Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione ed è, altresì, composto dai Ministri dell'Interno, della giustizia, dell'economia e delle finanze, dello sviluppo economico, degli affari esteri e delle politiche comunitarie, o loro delegati, con il compito di definire le linee di indirizzo e di coordinare le strategie di prevenzione e repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione elaborate a livello nazionale e internazionale.

2 La Presidenze dei Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, che opera quale Autorita nazionale anticorruzione ai sensi dell'articolo 6 della legge 3 agosto 2009, n. 116, ha il compito di:

a) sviluppare le strategie di prevenzione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione elaborate a livello nazionale;

b) predisporre e coordinare, sulla base dei piani delle pubbliche amministrazioni centrali di cui al comma 4, lettera a), il Piano nazionale anticorruzione in attuazione dei princìpi di cui all'articolo 5 della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni unite contro la corruzione, adottata dall'Assemblea generale dell'ONU il 31 ottobre 2003, con risoluzione n. 58/4 firmata dallo Stato Italiano il 9 dicembre 2003 e ratificata con la legge 3 agosto 2009, n.116 (di seguito «Convenzione»);

c) svolgere le funzioni di Osservatorio anticorruzione curando l'analisi aggiornata dei fenomeni corruttivi e riferendone, con cadenza annuale, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione che, a sua volta, ne informa il Governo, il Parlamento, gli organismi internazionali e la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche ai fini di cui all'articolo 13, comma 8, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150;

d) ai sensi degli articoli 5, comma 4, e 61, comma 2, della Convenzione, collaborare con i paritetici organismi stranieri, con le organizzazioni regionali ed internazionali competenti al fine di:

1) promuovere e mettere a punto definizioni, norme e metodologie comuni per la prrevenzione della corruzione;

2) sviluppare e condividere statistiche, esperienza analitica e informazioni sulle migliori pratiche per prevenire e combattere il fenomeno;

3) realizzare programmi e progetti internazionali;

e) valutare periodicamente, ai sensi degli articoli 5, comma 3, e 61, comma 3, della Convenzione, l'idoneità degli strumenti giuridici e delle misure amministrative adottate al fine di prevenire e combattere la corruzione;

f) al fine di favorire il corretto e onorevole esercizio delle funzioni affidate, definire, ai sensi, dell'articolo 7, comma 1, della Convenzione, in collaborazione con la Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione, programmi formativi per i dipendenti pubblici, nonché stabilire le modalità per lo svolgimento presso la stessa Scuola e in collaborazione con l'Autorità per la Vigilanza sui contratti pubblicik, della formazione dei dirigenti e dei funzionari preposti alle stazioni appaltanti in materia di procedure di gara, stipula e gestione dell'esecuzione dei contratti pubblici di lavori, servizi e fornitue;

g) pubblicare, ai sensi dell'articolo 10, comma 1, lettera c) della Convenzione, le informazioni relative al rischio corruzione nella pubblica amministrazione;

h) monitorare l'effettiva attuazione dei singoli piani di cui al comma 4;

i) definire modelli standard delle informazioni ed i dati occorrenti per il conseguimento degli obiettivi previsti dalla presente legge, secondo modalità che consentano la loro gestione ed analisi informatizzata;

l) convocare periodicamente ai sensi dell'articolo 13, comma 1, della Convenzione, le organizzazioni non governative attive nella prevenzione della corruzione e nella lotta contro tale fenomeno.

3) Per lo svolgimento delle funzioni di cui al comma 2, il Dipartimento della funzione pubblica si avvale del Servizio Anticorruzione e Trasparenza che costituisce ufficio dirigenziale di livello generale.

3) Le pubbliche amministrazioni centrali elaborano e trasmettono al Dipartimento di cui al comma 3:

a) propri piani di azione che:

1) forniscano una valutazione del diverso livello di esposizione al rischio corruzione degli uffici;

2) definiscono gli interventi organizzativi per presidiare il rischio di cui al numero 1);

3) specificano procedure appropriate per selezionare e formare i dipendenti chiamati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione prevedendo nei medesimi settori, la rotazione dei responsabili degli uffici con cadenza almeno quinquennale, salvo eccezionali e motivate esigenze organizzative degli uffici;

4) attuano in collaborazione con la Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione, i programmi formativi, di cui al comma 2, lettera f);

5) indicano le soluzioni, anche normative, e le attività volte a individuare tempestivamente e a prevenire eventuali condotte illecite;

b) elementi idonei allo svolgimento dei compiti di cui al comma 2, lettere e), f), g), h) e i)».

1.200 (testo 2)

MALAN

Respinto

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 1. - 1. È istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Comitato di coordinamento delle iniziative anticorruzione, di seguito "Comitato". Il Comitato è presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri o, su sua delega, dal Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione ed è, altresì, composto dai Ministri dell'Interno, della giustizia, dell'economia e delle finanze, dello sviluppo economico, degli affari esteri e delle politiche comunitarie, o loro delegati, con il compito di definire le linee di indirizzo e di coordinare le strategie di prevenzione e repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione elaborate a livello nazionale e internazionale. Ai membri del Comitato non spettano emolumenti o rimborsi di qualsiasi natura per l'incarico svolto.

2. La Presidenze dei Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, che opera quale Autorita nazionale anticorruzione ai sensi dell'articolo 6 della legge 3 agosto 2009, n. 116, ha il compito di:

a) sviluppare le strategie di prevenzione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione elaborate a livello nazionale;

b) predisporre e coordinare, sulla base dei piani delle pubbliche amministrazioni centrali di cui al comma 4, lettera a), il Piano nazionale anticorruzione in attuazione dei princìpi di cui all'articolo 5 della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni unite contro la corruzione, adottata dall'Assemblea generale dell'ONU il 31 ottobre 2003, con risoluzione n. 58/4 firmata dallo Stato Italiano il 9 dicembre 2003 e ratificata con la legge 3 agosto 2009, n.116 (di seguito «Convenzione»);

c) svolgere le funzioni di Osservatorio anticorruzione curando l'analisi aggiornata dei fenomeni corruttivi e riferendone, con cadenza annuale, al Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione che, a sua volta, ne informa il Governo, il Parlamento, gli organismi internazionali e la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche ai fini di cui all'articolo 13, comma 8, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150;

d) ai sensi degli articoli 5, comma 4, e 61, comma 2, della Convenzione, collaborare con i paritetici organismi stranieri, con le organizzazioni regionali ed internazionali competenti al fine di:

1) promuovere e mettere a punto definizioni, norme e metodologie comuni per la prrevenzione della corruzione;

2) sviluppare e condividere statistiche, esperienza analitica e informazioni sulle migliori pratiche per prevenire e combattere il fenomeno;

3) realizzare programmi e progetti internazionali;

e) valutare periodicamente, ai sensi degli articoli 5, comma 3, e 61, comma 3, della Convenzione, l'idoneità degli strumenti giuridici e delle misure amministrative adottate al fine di prevenire e combattere la corruzione;

f) al fine di favorire il corretto e onorevole esercizio delle funzioni affidate, definire, ai sensi, dell'articolo 7, comma 1, della Convenzione, in collaborazione con la Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione, programmi formativi per i dipendenti pubblici, nonché stabilire le modalità per lo svolgimento presso la stessa Scuola e in collaborazione con l'Autorità per la Vigilanza sui contratti pubblicik, della formazione dei dirigenti e dei funzionari preposti alle stazioni appaltanti in materia di procedure di gara, stipula e gestione dell'esecuzione dei contratti pubblici di lavori, servizi e fornitue;

g) pubblicare, ai sensi dell'articolo 10, comma 1, lettera c) della Convenzione, le informazioni relative al rischio corruzione nella pubblica amministrazione;

h) monitorare l'effettiva attuazione dei singoli piani di cui al comma 4;

i) definire modelli standard delle informazioni ed i dati occorrenti per il conseguimento degli obiettivi previsti dalla presente legge, secondo modalità che consentano la loro gestione ed analisi informatizzata;

l) convocare periodicamente ai sensi dell'articolo 13, comma 1, della Convenzione, le organizzazioni non governative attive nella prevenzione della corruzione e nella lotta contro tale fenomeno.

3) Per lo svolgimento delle funzioni di cui al comma 2, il Dipartimento della funzione pubblica si avvale del Servizio Anticorruzione e Trasparenza .

4) Le pubbliche amministrazioni centrali elaborano e trasmettono al Dipartimento di cui al comma 3:

a) propri piani di azione che:

1) forniscano una valutazione del diverso livello di esposizione al rischio corruzione degli uffici;

2) definiscono gli interventi organizzativi per presidiare il rischio di cui al numero 1);

3) attuano in collaborazione con la Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione, i programmi formativi, di cui al comma 2, lettera f);

4) indicano le soluzioni, anche normative, e le attività volte a individuare tempestivamente e a prevenire eventuali condotte illecite;

b) elementi idonei allo svolgimento dei compiti di cui al comma 2, lettere e), f), g), h) e i)».

1.2

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, AGOSTINI, BARBOLINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

V. testo 2

Al comma 1 dopo le parole: «Dipartimento della funzione pubblica» inserire le parole: «entro il 31 dicembre 2010».

1.2 (testo 2)

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, AGOSTINI, BARBOLINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Respinto

Al comma 1 dopo le parole: «Dipartimento della funzione pubblica» inserire le parole: «entro il 31 dicembre 2011».

1.3

CASSON, CECCANTI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, GARRAFFA, LUMIA, MARITATI, BIANCO, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Respinto

All'articolo, apportare le seguenti modificazioni:

1. Al comma 1, sostituire le parole: «Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento della funzione pubblica» con le seguenti: «Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150».

2. Al comma 3, alinea, sostituire le parole: «al Dipartimento della funzione pubblica» con le seguenti: «alla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150».

3. Al comma 4, sostituire le parole: «Presidenza del Consiglio dei Ministri-Dipartimento della funzione pubblica» con le seguenti: «Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n.150».

Conseguentemente, al medesimo comma 4, sopprimere le parole da: «e la Commissione» fino alla fine del comma.

1.251

SPADONI URBANI (*)

Approvato

Al comma 2, sostituire la lettera c) con la seguente::

«c) specificano procedure appropriate per selezionare e formare i dipendenti prevedendo la rotazione dei dirigenti sia nelle amministrazioni dirette centrali che in quelle periferiche;».

________________

(*) La senatrice Poli Bortone e tutti gli altri componenti del Gruppo Coesione Nazionale - Io Sud, aggiungono la firma in corso di seduta

1.4

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Precluso

Al comma 2, lettera c), sopprimere le parole: «, se del caso,».

1.5

PARDI, LI GOTTI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA, MARITATI, DELLA MONICA

Precluso

Al comma 2, lettera c), sopprimere le parole: «, se del caso,».

1.252

POLI BORTONE, VIESPOLI, CARDIELLO, CARRARA, CASTIGLIONE, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA

Precluso

Al comma 2, lettera c), sostituire le parole: «, se del caso, la rotazione» con le seguenti: «la rotazione quinquennale»

1.6

PARDI, LI GOTTI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA, DELLA MONICA

Ritirato

Dopo il comma 2, inserire il seguente:

«2-bis. I piani di azione predisposti dalle pubbliche amministrazioni centrali assicurano il rispetto degli obblighi di trasparenza previsti dalla normativa vigente e sono trasmessi al Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, in quanto autorità nazionale ai sensi della legge 3 agosto 2009, n. 116».

1.7

DELLA MONICA, INCOSTANTE, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Improcedibile

Sostituire i commi 4 e 5 con il seguente:

«4. La lettera a) del comma 6 dell'articolo 68 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 6 agosto 2008, n. 133 è soppressa».

Conseguentemente al comma 6-bis del medesimo articolo sostituire le parole: «lettere a)con le seguenti: «lettera».

Conseguentemente, aggiungere, in fine, il seguente comma::

«5-bis. L'articolo 6 della legge 3 agosto 2009, n. 116, è così modificato:

"Art. 6. - 1. È designato quale autorità nazionale ai sensi dell'articolo 6 della Convenzione l'Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito all'interno della pubblica amministrazione.

2. Al soggetto di cui al comma 1 sono assicurate autonomia ed indipendenza nell'attività"».

1.253

POLI BORTONE, VIESPOLI, CARDIELLO, CARRARA, CASTIGLIONE, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA

V. testo 2

Sostituire il comma 4 con il seguente:

«4. È istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Comitato di coordinamento delle iniziative anticorruzione, di seguito "Comitato". Il Comitato è presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri o, su sua delega, dal Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione ed è, altresì, composto dai Ministri dell'interno, della giustizia, dell'economia e delle finanze, dello sviluppo economico, degli affari esteri e delle politiche comunitarie, o loro delegati, con il compito di:

a) definire le linee di indirizzo e di coordinare le strategie di prevenzione e repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione elaborate a livello nazionale e internazionale;

b) esercitare la supervisione del rispetto, da parte di tutte le pubbliche amministrazioni, dell'adempimento degli obblighi previsti dalla Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni unite contro la corruzione, adottata dall'Assemblea generale dell'ONU il 31 ottobre 2003, con risoluzione n.58/4, firmata dallo Stato italiano il 9 dicembre 2003 e ratificata con la legge 3 agosto 2009, n.116, ed il coordinamento di tale applicazione, proponendo al Consiglio dei ministri l'esercizio dei poteri spettanti al Governo ai sensi dell'articolo 8 della legge n.131 del 2003».

1.253 (testo 2)

POLI BORTONE, VIESPOLI, CARDIELLO, CARRARA, CASTIGLIONE, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA

Approvato

Sostituire il comma 4 con il seguente:

«4. È istituito, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Comitato di coordinamento delle iniziative anticorruzione, di seguito "Comitato". Il Comitato è presieduto dal Presidente del Consiglio dei ministri o, su sua delega, dal Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione ed è, altresì, composto dai Ministri dell'interno, della giustizia, dell'economia e delle finanze, dello sviluppo economico, degli affari esteri e delle politiche comunitarie, o loro delegati, con il compito di:

a) definire le linee di indirizzo e di coordinare le strategie di prevenzione e repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione elaborate a livello nazionale e internazionale

».

EMENDAMENTO TENDENTE AD INSERIRE UN ARTICOLO AGGIUNTIVO DOPO L'ARTICOLO 1

1.0.250

BRUNO, RUTELLI, BAIO, MILANA, MOLINARI, RUSSO

Ritirato e trasformato nell'em. 2.0.500

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 1-bis.

(Delega al Governo per nomine e incarichi dirigenziali nella pubblica amministrazione, remunerazione e incompatibilità dei funzionari pubblici)

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, con il Ministro per le riforme istituzionali, con il Ministro dell'interno, con il Ministro della giustizia e con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, e sentite le Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili di carattere finanziario, uno o più decreti legislativi secondo i princìpi e i criteri della presente legge che prevedano: a) abolizione dello spoil system a tutti i livelli di governo, con la sola eccezione di una lista di ruoli apicali, di nomina politica, ristretta a pochissime posizioni; b) previsione di un periodo minimo e massimo di durata per gli incarichi dirigenziali e miglioramento dei meccanismi di valutazione per la conferma o la revoca degli stessi; c) redazione e pubblicazione a ogni livello dell'elenco dei posti di nomina pubblica, con indicazione dei requisiti professionali richiesti e nel rispetto del principio di corrispondenza tra concorso pubblico ed incarico pubblico; selezione da effettuare in base al merito tra candidati in possesso dei requisiti richiesti; espletamento dei bandi attraverso commissioni selezionatrici che includano persone estranee all'amministrazione e siano vincolate al rispetto di regole di motivazione e pubblicità della procedura; pubblicazione dei curriculum vitae dei vincitori; d) il personale degli uffici di diretta collaborazione degli organi politici termina l'incarico allo scadere del mandato del referente, senza possibilità di assunzione o stabilizzazione in alcuna forma; e) fissazione, per ogni livello, di limiti onnicomprensivi della retribuzione dei funzionari pubblici, estesi anche ai contratti a tempo, da rendere pubblici; obbligo di riversare all'amministrazione qualsiasi compenso percepito da privati a qualunque titolo; f) regole di incompatibilità che vietino ai componenti di assemblee elettive e degli esecutivi di governo a tutti i livelli, l'assunzione di incarichi dirigenziali in enti, agenzie e imprese pubbliche ricadenti nella loro sfera di governo per tre anni dal termine della carica; ineleggibilità dei membri di autorità indipendenti in assemblee eIettive per tre anni dopo la scadenza della carica; g) regole di incompatibilità e periodi di «raffreddamento» per l'inserimento nel settore privato, dopo la cessazione di incarichi pubblici che prevedono l'assegnazione di fondi o la regolazione di attività private; h) drastica restrizione dell'esercizio di funzioni arbitrali e di consulenza dei magistrati di ogni ordine e grado; i) istituire sistemi di trasparenza e pubblicità, basati sul confronto sistematico delle prestazioni di amministrazioni simili (benchmarking) sia della qualità dei servizi - puntualità, costi, grado di soddisfazione degli utenti, ecc. - che della qualità delle gestioni - risultati di bilancio, fissazione degli obiettivi e verifica della realizzazione per tutte le amministrazioni e le gestioni di aziende pubbliche»

.

 


Allegato B

 

Testo integrale dell'intervento della senatrice Della Monica nella discussione generale del disegno di legge n. 2156 e connessi svolto nella seduta n. 562 del 7 giugno 2011

 

Il disegno di legge governativo presenta gravi carenze, è una normativa di facciata e non consente di combattere efficacemente la corruzione, anzi può definirsi una sorta di atto di rinuncia al contrasto al fenomeno.

Il disegno di legge del Governo sulla corruzione si compone di quattro parti: una, con finalità di prevenzione, tesa ad estendere la categoria dei reati per i quali la condanna definitiva costituisce causa d'incandidabilità alle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali; una attinente alla trasparenza dell'attività amministrativa; una inerente ai controlli negli enti locali; una «sanzionatoria» (aumento delle cornici edittali di taluni delitti dei pubblici ufficiali e dei privati contro la pubblica amministrazione).

In relazione alle misure per la prevenzione del fenomeno della corruzione, basta osservare che se è vero che è introdotto il «Piano nazionale anticorruzione» previsto dalla Convenzione ONU contro la corruzione ratificata dall'Italia, tale Piano è tuttavia rimesso agli intenti del Governo e alle politiche volute in materia di lotta alla corruzione. Difatti il Piano è predisposto e coordinato dal Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri ossia da un organismo incardinato presso il Ministero per la funzione pubblica, che non ha le caratteristiche di indipendenza richieste dalla Convenzione di Merida. Inoltre tale organismo non è tenuto a monitorare il fenomeno della corruzione nel settore privato.

Per quanto riguarda le misure per la trasparenza dell'attività amministrativa, varie norme (ad esempio quelle sulla trasparenza delle procedure di affidamento dei contratti pubblici, che sembrerebbero recepire l'ordine del giorno del PD votato nell'ambito del decreto-legge sulla protezione civile), suscitano perplessità nel merito. Al di là della enunciazione di principio, infatti:

a) si rinvia a provvedimenti successivi (linee-guida per la definizione delle informazioni da pubblicare; regolamento interministeriale per l'attuazione delle norme sulla trasparenza degli appalti nonché per l'elenco dei fornitori e delle imprese subappaltatrici) la previsione delle norme attuative che in concreto dovrebbe garantire l'applicabilità di tali disposizioni;

b) in molti casi vengono replicati principi già compresi nella legge sul procedimento amministrativo (legge n. 241 del 1990) o nel codice sui contratti pubblici (decreto legislativo n. 163 del 2006);

c) non sono previsti adeguati stanziamenti finanziari (indispensabili per l'attuazione degli obblighi previsti ex lege) come discende dalla clausola d'invarianza finanziaria.

In questo quadro sarebbe stato quantomeno coerente l'abrogazione delle norme (articoli 14 del decreto-legge n. 90 del 2008 e 5-bis, comma 5, del decreto-legge n. 343 del 2001) che escludono il controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti rispetto ai provvedimenti attuati nell'ambito di «emergenze» e che parificano a queste i «grandi eventi», considerando che spesso in questo ambito si ingenerano fenomeni corruttivi, favoriti anche dall'assenza dei controlli contabili. Misure queste proposte dal PD nell'ambito del disegno di legge di contrasto alla corruzione e di riforma anche parziale del sistema della protezione civile.

Quanto alle misure (interdittive-incandidabilità) la normativa appare largamente insufficiente, poiché non cambia se non in minima parte il sistema vigente, e comunque si collega ai risultati di processi penali che non potranno essere celebrati per una voluta inefficienza del sistema della giustizia o che, se fossero celebrati, probabilmente finirebbero, se pure si arrivasse a qualche sentenza di condanna, con una pronunzia di prescrizione.

Quanto alla parte delle disposizioni repressive, si elevano (di circa un anno) minimo e massimo edittale dei seguenti reati: peculato (si innalza solo il minimo edittale) e peculato mediante profitto dell'errore altrui; malversazione ai danni dello Stato; indebita percezione di erogazioni ai danni dello Stato; corruzione propria e impropria; corruzione in atti giudiziari; turbata libertà degli incanti; astensione dagli incanti; frode nelle pubbliche forniture.

In particolare, non si toccano le cornici edittali di: abuso d'ufficio e concussione; e il solo reato di cui si eleva unicamente il minimo edittale (oltre al peculato) è la corruzione in atti giudiziari. In linea generale, le cornici edittali, così aumentate, non superano in alcun caso gli otto anni (evidentemente per non attrarre questi reati nella seconda fascia del disegno di legge sul processo breve), salvo ovviamente il peculato, di cui non si modifica il massimo edittale (già oggi di 10 anni per la fattispecie-base). In questo modo non si ovvia al disastro prodotto dalla legge Cirielli del 2005 in materia di prescrizione e alla quasi totale cancellazione del falso in bilancio.

Si introduce inoltre, all'articolo 335-ter del codice penale, una circostanza aggravante a efficacia comune (che dunque comporta l'aggravio di massimo un terzo della pena), applicabile a tutti i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, ma imputabile al solo intraneus, relativa alla commissione di «atti particolarmente lesivi per la pubblica amministrazione ovvero commessi al fine di far conseguire indebitamente contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee».

Il testo oggi al nostro esame, approvato così dal Consiglio dei ministri, sostituisce il precedente, che invece collegava l'aggravante all'aver commesso il fatto «nell'ambito di procedimenti relativi alla gestione di calamità naturali, catastrofi o altri grandi eventi». E si consideri che l'applicazione dell'aggravante costituisce causa ostativa alla candidabilità nelle elezioni per gli enti locali (confronta articolo 10 del disegno di legge).

In realtà, la formulazione definitivamente approvata rischia di rendere l'aggravante inapplicabile (almeno nella sua seconda parte, relativa al conseguimento di contributi statali o comunitari), quantomeno nelle ipotesi quali, ad esempio, 316-bis o 316-ter, ove il conseguimento dei suddetti contributi rappresenta già elemento costitutivo della fattispecie-base.

D'altro canto, la prima parte dell'aggravante (relativa all'atto particolarmente lesivo per la pubblica amministrazione), rischia di essere del tutto neutralizzata ove si consideri la forte stretta impressa dai disegni di legge nn. 78 e 103 del 2009 sulla responsabilità contabile per danno all'immagine della pubblica amministrazione.[1] Infatti, il rilievo essenziale di una condanna in sede penale per simili delitti si traduce nella possibilità di agire in sede contabile, tra l'altro, per danno all'immagine (e i casi di corruzione sono quelli che determinano con maggiore frequenza danno all'immagine), ma con i limiti previsti dai suddetti decreti-legge, sarà molto difficile per i magistrati contabili accertare la sussistenza di tale danno e disporre il conseguente risarcimento.

Inoltre, tra le «omissioni» del disegno di legge, si segnala sul punto, in particolare: la mancata modifica dell'articolo 322-ter, prima comma, del codice penale, sulla confisca, che, come auspicato da tutti gli organismi interessati, dovrebbe prevedere la confisca per equivalente anche del profitto (oltre che del prezzo) del reato; il mancato recepimento degli obblighi assunti dall'Italia con la firma della Convenzione penale sulla corruzione fra gli Stati membri del Consiglio d'Europa e gli altri Stati firmatari, del 27 gennaio 1999, con la conseguente riforma delle fattispecie penali interessate, attraverso il riassorbimento della concussione per induzione nella corruzione e della concussione per costrizione nell'estorsione, con la previsione del reato di «traffico d'influenza» in sostituzione del millantato credito, nonché con l'estensione a questi delitti delle attività sotto copertura previste dalla legge n. 146 del 2006 per i «serious crimes» (l'introduzione di tutte queste misure è auspicata nelle mozioni delle opposizioni sulla corruzione discusse dall'Aula del Senato il 14 aprile scorso).

Manca inoltre una norma incriminatrice della corruzione nel settore privato, che - ancorché ovviamente estranea alla categoria dei delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione - sarebbe quantomai necessaria, anche perché prevista dalla Decisione quadro 2003/568/GAI, la cui attuazione era prevista nella comunitaria 2008 (Governo Prodi), ma che poi, data la fine anticipata della legislatura, non è stata più trasfusa in decreto legislativo.

Infine manca una diversa e più adeguata visione del fenomeno corruttivo collegato al mercimonio delle funzioni. Non si dà, in sostanza, alcuna risposta ai richiami provenienti dall'Europa, dalle Nazioni Unite, dal Gruppo Greco, dall'OCSE e alle decisione GAI.

In particolare non si tiene conto degli obblighi internazionali assunti dall'Italia, che ha sottoscritto la convenzione di Strasburgo sulla corruzione nel settore penale e non l'ha ancora ratificata. Desidero ricordare che l'OCSE ha ribadito in un recente incontro avuto con la I e II Commissione del Senato l'intento di sanzionare ulteriormente l'Italia per il mancato adeguamento dell'ordinamento nazionale nel settore penale ai parametri europei in materia di contrasto alla corruzione.

2. I disegni di legge presentati dal PD tradotti in emendamenti al disegno di legge governativo

I disegni di legge presentati in materia da PD (dal disegno di legge di ratifica della convenzione di Strasburgo sulla corruzione in materia penale, Atto Senato 2050, ai disegni di legge Finocchiaro ed altri (Atto Senato 2174), Della Monica ed altri (Atto Senato 2340) e Zanda (Atto Senato 2346) sono rivolti a rendere più efficace l'azione di contrasto e di prevenzione della corruzione e, in generale, del malaffare, nella pubblica amministrazione e nel settore privato.

La corruzione rappresenta un fenomeno in costante ascesa nel nostro Paese. Nel 2009, come può evincersi dai dati forniti dalla Corte dei conti in sede di inaugurazione dell'anno giudiziario, l'entità delle condanne emesse dalla magistratura contabile nei confronti di pubblici dipendenti, per illeciti contabili legati a fatti di corruzione, dimostra come tale forma di malaffare nella pubblica amministrazione rappresenti la quarta fonte di danno erariale in ordine di importanza. Sempre nel corso del 2009 le denunce per corruzione presentate alla Guardia di finanza sono cresciute del 229 per cento, mentre quelle per concussione del 153 per cento. Tale incremento non poteva del resto essere attribuito, se non in minima parte, ad una maggiore propensione alla denuncia da parte dei cittadini, apparendo invece verosimilmente imputabile, in misura prevalente, all'estensione del fenomeno corruttivo. Non a caso nella relazione inaugurale 2011 la procura generale della Corte dei conti ha messo in luce sì un aumento di reati del 30 per cento rispetto all'anno precedente, ma una diminuzione delle denunce di quasi il 20 per cento, onde ha descritto la corruzione italiana come una «patologia»: «Si nota una rimarchevole diminuzione delle denunce che potrebbe dare conto di una certa assuefazione al fenomeno verso una vera e propria "cultura della corruzione"» ha detto il procuratore generale Ristuccia. Ma i timori non vengono solo da questi numeri. La preoccupazione della magistratura contabile dipende anche da alcune decisioni legislative che vanificano, nella lotta alla corruzione, indagini e risultati positivi. Ristuccia ha fatto esplicito riferimento alla legge Cirielli del 2005 che ha accorciato, dimezzandoli, i termini per la prescrizione del reato di corruzione da 15 a 7 anni e mezzo, causando l'estinzione, prima della sentenza, di un buon numero di processi. Altra norma pericolosa secondo la Corte dei conti è quella, ancora in discussione, sul processo breve, che potrebbe diventare ostacolo ulteriore nella lotta all'illegalità della pubblica amministrazione. Infine Ristuccia ha fatto notare che, vista l'importanza delle intercettazioni nelle indagini sulla corruzione, il disegno di legge che vorrebbe limitarne l'uso va nella direzione opposta al contrasto a tale crimine. Esistono già norme, ricorda il Procuratore generale, che sarebbero di grande aiuto nella lotta all'illegalità pubblica, come la Convenzione europea di Strasburgo sulla corruzione - sottoscritta dall'Italia ma non ancora ratificata. Tutto questo, malgrado la corruzione sia reato a concorso necessario in cui nessuno dei concorrenti ha interesse che venga scoperto, è sempre stato e rimane uno dei reati più difficili da scoprire.

Sebbene, infatti, sia stato ormai unanimemente riconosciuto in sede internazionale che la corruzione ostacola lo sviluppo economico e contrasta con i princìpi di buon governo e di etica della politica e che, specie se di livello «sistemico», finisce col costituire una minaccia per lo Stato di diritto, la democrazia, il principio di uguaglianza e la libera concorrenza, nonostante le richieste sopranazionali di sanzioni proporzionate, adeguate e dissuasive nei confronti della corruzione, nel nostro Paese non è stata intrapresa, fino ad ora, un'azione di contrasto efficace. Infatti, pur rispetto a un fenomeno apparso dilagante già negli anni Novanta (periodo della cosiddetta «Tangentopoli»), la risposta sanzionatoria ha continuato ad essere incerta e improntata ad assoluta mitezza. Al riguardo, i dati sulle condanne definitive documentano la sostanziale impunità dei delitti di corruzione: nell'87,6 per cento dei procedimenti penali sono state inflitte pene fino a due anni di reclusione (area della sospendibilità condizionale); nell'8,8 per cento dei casi, pene tra due e tre anni (area delle misure alternative, ad esempio l'affidamento in prova ai servizi sociali); soltanto nel 3,5 per cento dei casi sono state irrogate pene superiori a tre anni, eseguibili in forma detentiva, per cui solo a quest'ultima esigua quota di condanne è affidato l'effetto deterrente tipico della sanzione penale.

La lotta alla corruzione e ai reati che normalmente si pongono con essa in rapporto di interdipendenza funzionale (falso in scritture contabili, reati fiscali, riciclaggio e autoriciclaggio) costituisce uno degli obiettivi di politica anti-crimine prioritari a livello europeo ed internazionale, tant'è che le principali convenzioni in materia esprimono la preoccupazione per le conseguenze generate da pratiche corruttive diffuse: cattiva allocazione delle risorse pubbliche, alterazione delle regole sulla concorrenza, sistemi fiscali regressivi, riduzione degli investimenti diretti esteri. Si tratta di fattori che sono in grado di esercitare una funzione frenante sullo sviluppo economico del Paese e che richiedono un adeguato mutamento del quadro normativo in materia. Ciò è tanto più urgente se solo si considera che, quando la corruzione della pubblica amministrazione si salda con la criminalità organizzata, tale saldatura può costituire il grimaldello per cui l'impresa mafiosa riesce a fare il passaggio dalla gestione dei mercati «illegali» alla gestione dei mercati «legali». In questo senso si va pronunciando anche la Commissione antimafia nella relazione al Parlamento, già predisposto dal presidente Pisanu e in corso di discussione e approvazione. Se davvero l'Italia intende onorare gli obblighi assunti in sede internazionale, ponendosi in linea con il perseguimento di tali importanti obiettivi di politica anti-crimine, ma anche di politica economica e sociale - data, appunto, la riconosciuta devastante ricaduta delle pratiche corruttive pubblico e prevedendo interventi anche nel settore privato.

Per chiarire la ragione del mio intervento, tradottosi nei disegni di legge nn. 2050, 2174 e 2340 e negli emendamenti proposti da me e dal mio Gruppo, occorre un riepilogo di quanto avvenuto nelle precedenti legislature e in quella attuale.

Nel corso della XIII legislatura (1996-2001) il secondo Governo Amato presentò il disegno di legge Atto Senato n. 4819 per la ratifica ed esecuzione della Convenzione civile sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 4 novembre 1999, riservandosi di presentare a breve un disegno di legge per la ratifica della Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999. Nel frattempo alcuni disegni di legge di iniziativa parlamentare, presentati da parlamentari dell'allora maggioranza, proponevano, comunque, modifiche legislative in materia di alla corruzione in linea con quelle che sarebbero state le previsioni della Convenzione penale di Strasburgo, approvata con un rilevante contributo dell'Italia.

Tra le proposte di modifica della legislazione più significative si ricordano, tra gli altri, il disegno di legge Atto Senato n. 4006, d'iniziativa dei senatori Salvi, Russo, Calvi, Senese e Fassone, avente ad oggetto «Modifiche al codice penale in materia di corruzione», e la proposta di legge Atto Camera n. 4723, d'iniziativa del deputato Giuliano Pisapia, avente ad oggetto «Modifiche al codice penale in materia di corruzione e concussione».

Tuttavia, non fu possibile prima della conclusione della legislatura portare a compimento 1'iter di approvazione delle leggi di ratifica delle Convenzioni di Strasburgo e delle proposte di modifica del codice penale e processuale penale.

Si giunge, così, alla XIV legislatura (2001-2006), nell'ambito della quale il Governo Berlusconi non propose alcun disegno di legge per la ratifica delle Convenzioni di Strasburgo in materia penale e civile sulla corruzione e l'adeguamento dell'ordinamento nazionale. In quella legislatura è stata prevalente in materia l'iniziativa di parlamentari dell'opposizione. In particolare, alla Camera dei deputati, gli onorevoli Giovanni Kessler ed altri del Gruppo Democratici di sinistra-l'Ulivo, fra i quali la deputata Anna Finocchiaro, presentarono la proposta di legge Atto Camera n. 3215[2], mentre altri parlamentari di opposizione, e in particolare alla Camera l'onorevole Giuliano Pisapia e in Senato il senatore Guido Calvi, riproposero, aggiornandoli, i disegni di legge di modifica all'ordinamento nazionale per il contrasto alla corruzione, già proposti nella XIII legislatura, e in linea con le disposizioni della Convenzione penale di Strasburgo contro la corruzione (si vedano, rispettivamente, l'Atto Camera n. 1240, «Modifiche al codice penale in materia di corruzione e concussione», e l'Atto Senato n. 486, «Modifiche al codice penale in materia di corruzione»).

Sempre nella XIV legislatura, inoltre, il Governo in carica scelse di non proporre un disegno di legge per la ratifica di un altro strumento internazionale di eccezionale rilevanza (assolutamente in sintonia con la Convenzione di Strasburgo in materia di corruzione), quale la Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall'Assemblea generale con la risoluzione n. 58/4 del 31 ottobre 2003 ed aperta alla firma a Merida dal 9 all'11 dicembre 2003. Eppure a questa Convenzione ancora una volta l'Italia aveva dato impulso nella sede delle Nazioni Unite, attraverso i propri rappresentanti ed esperti, e la Convenzione era stata sottoscritta dal Governo italiano a Merida.

Ancora è da ricordare che, sempre nel corso di tale legislatura, il Governo ha voluto la depenalizzazione del falso in bilancio, avvenuta con decreto legislativo 11 aprile 2002, n. 61, «Disciplina degli illeciti penali e amministrativi riguardanti le società commerciali, a norma dell'articolo 11 della legge 3 ottobre 2001, n. 366». Tale decreto legislativo (adottato in base alla legge delega 3 ottobre 2001, n. 366) ha radicalmente modificato la disciplina del falso in bilancio e dei reati societari connessi, limitando in misura significativa l'area del penalmente rilevante, in particolare attraverso l'introduzione di soglie di punibilità (al di sotto delle quali il reato, appunto, non è punibile) e la trasformazione di molte fattispecie di pericolo in reati di danno, che quindi presuppongono la prova di un evento lesivo e non più soltanto dell'esposizione a pericolo dei beni tutelati (il risparmio).

Inoltre, sempre nella XIV legislatura, il Governo Berlusconi ha ampliato la possibilità per il Presidente del Consiglio dei ministri e per i commissari delegati di ricorrere alle ordinanze di protezione civile non solo per calamità naturali e catastrofi, ma per tutti quegli eventi che il Consiglio dei ministri, discrezionalmente, stabilisce essere dei «grandi eventi». Inoltre, ha autorizzato gli interventi all'estero della protezione civile «derivanti da calamità o eventi eccezionali». Tale ampliamento dei presupposti sostanziali ha permesso, in concreto, l'intervento con ordinanze in deroga alle norme vigenti, pressoché per qualsiasi tipo di evento, anche estraneo all'area dell'emergenza. Le ultime forzature sono poi avvenute nell'attuale legislatura, allorquando il Governo ha ottenuto l'approvazione di alcune disposizioni che prevedono ordinanze di protezione civile «per l'attuazione» di decreti-legge, oppure introducono clausole limitative del potere di ordinanza formulate in modo meno stringente rispetto a quanto previsto originariamente, completando il quadro con la norma che ha disposto la sottrazione delle ordinanze di protezione civile anche al controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti, con efficacia retroattiva.

Nella XV legislatura (2006-2008) il Governo Prodi ha proposto due disegni di legge di ratifica delle convenzioni di Strasburgo sulla corruzione in materia penale e in materia civile:

- il 4 dicembre 2007, il disegno di legge Atto Camera n. 3286, avente ad oggetto «Ratifica ed esecuzione della Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999, nonché norme di adeguamento dell'ordinamento interno»;

- il 20 novembre 2007, il disegno di legge Atto Camera n. 3262, «Ratifica ed esecuzione della Convenzione civile sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 4 novembre 1999».

Sempre nella XV legislatura il Governo Prodi ha presentato il disegno di legge Atto Senato n. 2010, recante «Ratifica ed esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall'Assemblea generale con la risoluzione n. 58/4 del 31 ottobre 2003 ed aperta alla firma a Merida dal 9 all'11 dicembre 2003, nonché norme di adeguamento interno».

La caduta del Governo, dopo solo venti mesi di attività, e la conseguente interruzione anticipata della legislatura impedirono ancora una volta di intervenire per la ratifica delle convenzioni internazionali e l'adeguamento del nostro ordinamento alle stesse e alle rinnovate esigenze di più efficace contrasto alla corruzione.

Nella XVI legislatura, quella in corso, si deve, ancora una volta, all'iniziativa parlamentare dell'opposizione la pressante richiesta di ratifica delle convenzioni di Strasburgo in materia di corruzione. In particolare:

- al Gruppo del Partito democratico, che per quanto concerne la ratifica della Convenzione di Strasburgo in materia penale ha presentato il disegno di legge Atto Senato n. 2058 [3], e per quanto riguarda la ratifica della convenzione di Strasburgo in materia civile ha sostenuto il testo già presentato nella precedente legislatura dal Governo Prodi, riproposto dal senatore Li Gotti, che nella XV legislatura aveva il ruolo di sottosegretario alla giustizia;

- al Gruppo dell'Italia dei Valori, a prima firma del senatore Li Gotti, che ha riproposto i due disegni di legge governativi della precedente legislatura (Atti Senato nn. 849 e 850) tesi alla ratifica ed esecuzione delle convenzioni di Strasburgo in materia civile e penale sulla corruzione e recanti norme di adeguamento dell'ordinamento interno.

Sempre all'iniziativa dell'opposizione si deve, poi, l'impulso per la ratifica della Convenzione ONU contro la corruzione. Solo dopo la presentazione del disegno di legge Atto Senato n. 816 del Gruppo del PD e del disegno di legge Atto Senato n. 848 del Gruppo dell'IdV, riproducenti il testo del disegno di legge presentato dal Governo Prodi nella XV legislatura, infatti, il Governo Berlusconi si è indotto a presentare il disegno di legge Atto Senato n. 1594 per la ratifica della Convenzione citata, e, finalmente, è stato possibile pervenire alla ratifica della stessa con l'approvazione della legge 3 agosto 2009, n. 116.

Peraltro, sempre nella XVI legislatura, il Governo, con il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, ha disposto la soppressione dell'Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e delle altre forme di illecito all'interno della pubblica amministrazione. Tale disposizione contrasta con l'articolo 6 della Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, ratificata, come si è detto, dall'Italia con legge 3 agosto 2009, n. 116, che impone che ciascuno Stato, e quindi anche il nostro Paese, debba garantire all'organo cui spetta assicurare il rispetto delle previsioni della Convenzione «l'indipendenza necessaria a permettere (...) di esercitare efficacemente le (...) funzioni, al riparo da ogni indebita influenza». Di conseguenza, l'attribuzione di tali delicate funzioni al Servizio anticorruzione e trasparenza del Dipartimento della funzione pubblica, ossia ad una struttura inserita in ambito governativo, non assicura le condizioni di indipendenza richieste. Inoltre il Servizio anticorruzione e trasparenza del Dipartimento della funzione pubblica ha compiti limitati al settore pubblico mentre occorre ampliare la visione al settore privato.

Ciò detto, cosa è accaduto per la ratifica delle Convenzioni di Strasburgo in materia civile e penale?

Fortunatamente il disegno di legge di ratifica della Convenzione sulla corruzione in materia civile sembra ben avviato, con l'approvazione da parte del Senato in 1a lettura e la sua trasmissione alla Camera, dove è attualmente in corso di esame presso la III Commissione (Atto Camera n. 3737).

Quanto alla Convenzione di Strasburgo sulla corruzione in materia penale, l'iter di approvazione dei disegni di legge di ratifica e adeguamento dell'ordinamento interno ha, invece, subito numerose battute di arresto presso le Commissioni riunite 2a e 3a del Senato. Dapprima perché il Governo aveva chiesto un rinvio preannunziando la presentazione di un proprio disegno di legge di ratifica, cosa, poi, non avvenuta; successivamente perché il Governo, il 4 maggio 2010, ha presentato un disegno di legge, definito piano straordinario di contrasto alla corruzione (Atto Senato n. 2156), avente ad oggetto «Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione». Con tale proposta normativa, assegnata alle Commissioni riunite 1a e 2a del Senato, il Governo ha definito nuove disposizioni di carattere interno, indipendenti dalla Convenzione di Strasburgo, e ha ottenuto di trasferire il dibattito sulla normativa di adeguamento della legislazione nazionale alla citata Convenzione in sede diversa da quella deputata alla ratifica. In questo modo i lavori delle Commissioni riunite 2a e 3a sono stati rallentati da Governo e maggioranza in attesa dell'approvazione del disegno di legge governativo di diretta incidenza sull'ordinamento nazionale, in materia penale, processuale penale e amministrativa. In conclusione, su proposta del Governo, condivisa dalla maggioranza, le Commissioni riunite 2a e 3a sono pervenute ad una normativa di ratifica «secca» della citata Convenzione penale di Strasburgo sulla corruzione, mentre tutte le innovazioni per il contrasto alla corruzione affidate alla competenza delle Commissioni la e 2a, sono ora rimesse all'Aula del Senato dove si deciderà se dare finalmente un nuovo assetto al contrasto contro l'illegalità e il malcostume in materia di reati contro la pubblica amministrazione e non solo [4].

Questo modo di procedere ha costretto l'opposizione a presentare in tempi rapidissimi ulteriori disegni di legge in materia di corruzione, contenenti la nuova disciplina dei delitti contro la pubblica amministrazione e contro l'industria e il commercio, nonché la corruzione nel settore privato, riproducendo in prima battuta la normativa presentata per la ratifica e l'attuazione della Convenzione penale di Strasburgo contro la corruzione, onde ottenere la riunione e la trattazione degli stessi unitamente al citato disegno di legge governativo Atto Senato n. 2156.

In questa ottica, 1'11 maggio 2010 è stato presentato dal Gruppo del Partito democratico il disegno di legge Atto Senato n. 2174[5] avente ad oggetto «Norme per il contrasto alla corruzione nella pubblica amministrazione e nel settore privato. Cause ostative all'assunzione di incarichi di governo, incandidabilità ed ineleggibilità dei responsabili per reati contro la pubblica amministrazione e collegati», laddove il Gruppo dell'IdV ha proposto il disegno di legge atto Senato n. 2164 e il senatore D'Alia (UDC) il disegno di legge Atto Senato n. 2168.

L'urgenza che ha accompagnato la presentazione del disegno di legge n. 2174 ha impedito di inserire nello stesso alcune norme indispensabili per il contrasto al fenomeno della corruzione: temi, tra l'altro, già affrontati nella mozione contro la corruzione presentata in Senato dal Gruppo PD (atto di sindacato ispettivo 1-00269, pubblicato in allegato al resoconto della seduta n. 357 del 13 aprile 2010)[6] e inseriti nella relazione che accompagna il disegno di legge n. 2174. E' stato quindi necessario presentare il disegno di legge n. 2340 con contenuto integrativo. Tale integrazione si è resa tanto più indispensabile se solo si considera che il Governo o parlamentari di maggioranza in appoggio all'azione di Governo, hanno proposto disegni di legge che indeboliscono gli strumenti di contrasto al crimine in generale e alla corruzione in particolare.

Si consideri al riguardo la proposta di depotenziamento dello strumento delle intercettazioni (telefoniche, telematiche, ambientali) nell'ambito di procedimenti per delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, avanzata attraverso il disegno di legge Atto Senato n. 1611[7] teso a restringerne ambito, durata, presupposti di ammissibilità e di utilizzabilità anche in altri procedimenti. Tale intervento è stato approvato dal Senato, con l'imposizione del voto di fiducia, in 2a lettura, il 10 giugno 2010 ed è ora nuovamente all'esame della Camera dei deputati.

Occorre poi, ricordare anche altri progetti di riforma, che, in modo disorganico, finiscono con ostacolare l'accertamento dei reati o limitare i poteri cognitori del giudice: ci si riferisce in particolare al disegno di legge governativo Atto Senato n. 1440[8], nell'ambito del quale si propone di eliminare per i magistrati del pubblico ministero la possibilità di acquisire autonomamente la notitia criminis, nonché di sottrarre la polizia giudiziaria al controllo e al coordinamento del pubblico ministero. Con lo stesso disegno di legge n. 1440, si configura l'effetto di estendere inevitabilmente i tempi dibattimentali con la prevista eliminazione della possibilità del giudice di espungere le prove manifestamente superflue o di ammettere prove d'ufficio, nonché di restringere i poteri cognitori del giudice con la prevista limitazione alla utilizzazione probatoria delle sentenze irrevocabili, che verrebbe consentita solo per i delitti di criminalità organizzata di cui agli articoli 51, commi 3-bis e 3-quater, e 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale. Misure queste che sono state riprese dal disegno di legge di riforma costituzionale in discussione alla Camera in materia di ruolo e poteri del PM e di dipendenza della polizia giudiziaria e da un emendamento presentato in Senato, in commissione giustizia, battezzato «processo lungo» (emendamento Mugnai al disegno di legge Atto Senato 2567, già approvato dalla Camera dei deputati in materia di preclusione di rito abbreviato per i reati puniti con l'ergastolo). Queste innovazioni normative proposte da Governo e maggioranza limitano ulteriormente la possibilità di accertamento del reato in tempi compatibili con il regime prescrizionale previsto per gli illeciti in materia di corruzione, tanto più che, prestandosi a strumentalizzazioni a fini dilatori, esse renderanno più agevole la maturazione della prescrizione, specialmente per reati, come quelli contro la pubblica amministrazione, che si prescrivono in tempi relativamente brevi.

La situazione è poi aggravata dalle misure previste con il disegno di legge Atto Senato n. 1880[9], cosiddetto «processo breve», che prevede una causa di estinzione del processo nel caso in cui le singole fasi non si concludano nei termini fissati dal nuovo articolo 346-bis del codice di procedura penale. Il nuovo meccanismo di «estinzione del processo» sembra essere destinato ad incidere particolarmente sui procedimenti penali riguardanti le ipotesi di reato di corruzione di cui agli articoli da 318 a 322 del codice di procedura penale e sulla quasi totalità degli altri delitti contro la pubblica amministrazione oltre ad altri reati sensibili ai fini dell'accertamento del reato di corruzione, quali i reati societari o altri illeciti penali in materia di criminalità economica. Ebbene, al di là della considerazione che la fissazione di un termine perentorio per il compimento dei singoli gradi di giudizio, che produce l'effetto di estinguere il processo, non sembra collegarsi alla previsione costituzionale del giusto processo in senso oggettivo, applicare la cosiddetta «prescrizione processuale» senza interventi di razionalizzazione normativa significa solo determinare di fatto le condizioni per rendere impossibile l'accertamento processuale per intere categorie di gravi reati, tra cui in primis quelli di interesse pubblico. Ancora peggio poi con il disegno di legge Atto Senato n. 1880-B, già approvato dalla Camera e in corso di discussione in commissione giustizia al Senato, che prevede la cosiddetta prescrizione brevissima per gli incensurati, cui abbiamo contrapposto i disegni di legge n. 2705, a prima firma della senatrice Della Monica e n. 2718, a prima firma Casson. Ebbene il disegno di legge sul processo breve, trasformatosi, in una normativa tesa ad abbreviare i termini della prescrizione per gli incensurati si traduce un'amnistia permanente per numerosi gravi reati, tra cui la corruzione, l'evasione fiscale, la truffa, la truffa ai danni dello Stato, l'appropriazione indebita, indebolendo il contrasto proprio al settore dei reati contro la pubblica amministrazione che il disegno di legge governativo in discussione assume di volere contrastare più efficacemente. Con queste norme, per una corruzione gravissima o per una frode fiscale per milioni di euro scoperte a distanza, ad esempio, di quattro o cinque anni dal fatto, l'imputato avrà la certezza dell'impunità per l'impossibilità di celebrare tre gradi di giudizio nel breve termine residuo. Non solo: avrà diritto anche alla restituzione del profitto del reato sottoposto a sequestro.

In conclusione, al di là dell'intento dichiarato di combattere la corruzione, Governo e maggioranza con i disegni di legge richiamati o con emendamenti ad hoc finiscono per proporre l'introduzione di norme che, rinnegando i dispositivi sopranazionali di origine pattizia nel contrasto alla corruzione, ove approvate, sembrano avere l'intento di indebolire o meglio azzerare a legislazione invariata, il contrasto alla corruzione e, per molti versi, al crimine organizzato, in particolare a quella fascia grigia tra mafie, pubblica amministrazione e società civile, che favorisce il crimine organizzato e altera la concorrenza e l'economia. Tra l'altro tali disposizioni, in particolare quelle del disegno di legge Atto Senato n. 1880, appaiono contraddittorie rispetto alla volontà del Parlamento, in particolare in contrasto con altra legislazione recentemente approvata, quale la legge 3 agosto 2009, n. 116, di ratifica della Convenzione ONU contro la corruzione. Tale Convenzione, difatti, - recepita integralmente anche ai fini dell'esecuzione con l'articolo 2 della legge di ratifica - impone agli Stati firmatari il rafforzamento delle misure sostanziali e processuali volte a prevenire e combattere la corruzione in modo sempre più efficace, chiedendo di «ricercare, perseguire e giudicare effettivamente» i responsabili di fatti corruttivi e di adoperarsi perché i relativi procedimenti giudiziari si svolgano in modo tale da «ottimizzare l'efficacia di misure di individuazione e di repressione di tali reati» e prevedendo che «...ciascuno Stato Parte fìssa, nell'ambito del proprio diritto interno, un lungo termine di prescrizione entro il quale i procedimenti» per i reati previsti dalla Convenzione «possono essere avviati».

E ciò a tacere del contrasto con le conclusioni del rapporto adottato il 2 luglio 2009 dai Paesi del Gruppo di Stati contro la corruzione (GRECO), cui l'Italia ha aderito nel 2007. Le soluzioni proposte, infatti, rischiano di impedire l'accertamento giudiziario se solo si considera che il reato di corruzione è già stato pesantemente condizionato dai nuovi termini di prescrizione previsti dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251 (cosiddetta legge ex Cirielli): l'intreccio tra i due sistemi prescrizionali (un periodo breve per l'estinzione del reato ed un termine breve per la conclusione del processo) rischia di vanificare ogni sforzo nella lotta contro un reato che assai gravemente incide sulla correttezza della pubblica amministrazione, sulla tenuta del bilancio pubblico e sull'affidabilità economica del nostro Paese.

Tutto questo mentre la Corte dei conti rammenta che la corruzione e la frode, soprattutto nel settore dei contributi nazionali e dell'Unione europea, costituiscono patologie che continuano ad affliggere la pubblica amministrazione, evidenziando dati che non consentono ottimismi, e sottolinea come non appaiano indirizzati ad una vera e propria lotta alla corruzione il disegno di legge governativo sulle intercettazioni, che costituiscono uno dei più importanti strumenti investigativi utilizzabili allo scopo di contrastare la corruzione, e neppure l'aver dimezzato con la cosiddetta legge ex Cirielli del 2005 i termini di prescrizione per il reato di corruzione, ridotti da quindici a sette anni e mezzo, con il risultato che molti dei relativi processi si estinguono per prescrizione del reato poco prima della sentenza definitiva, malgrado vi siano state sentenze di condanna nei precedenti gradi di giudizio, con conseguenze ostative per l'esercizio dell'azione contabile sul danno all'immagine e con la dilatazione del ricorso alle impugnazioni, utilizzate a scopo dilatorio, e ulteriore ingolfamento del già compromesso sistema giudiziario.

Conseguentemente il PD ha inteso integrare la normativa proposta in alcuni settori cruciali già indicati nella relazione di accompagnamento al disegno di legge n. 2174, con il disegno di legge n. 2340 tradotto poi in emendamenti al disegno di legge governativo in discussione: autoriciclaggio; falso in bilancio; frodi fiscali; prescrizione; intercettazioni; appalti pubblici; arbitrato; protezione civile e grandi eventi; autorità indipendente per il controllo sui fenomeni corruttivi nel settore pubblico e privato in relazione alla Convenzione ONU; obblighi di trasparenza e codici etici; incompatibilità.

Naturalmente si è ritenuto necessario - oltre a dotare gli inquirenti di strumenti investigativi fondamentali, quale la possibilità di disporre attività di contrasto sotto copertura - ridefinire il quadro dei delitti contro la pubblica amministrazione in una maniera più aderente alle diverse forme di manifestazione di illegalità che si esplicano nell'ambito delle attività della pubblica amministrazione nel nostro Paese, ponendo attenzione, tra l'altro ed in particolare, ad individuare strumenti che possano contribuire a rompere quel muro di omertà tra corrotto e corruttore, sulla cui base si spiega l'elevata cifra oscura che caratterizza tali delitti e che rende estremamente difficile accertare simili illeciti. Pertanto, oltre ad una più generale revisione della disciplina dei delitti contro la pubblica amministrazione, il Partito democratico introduce una notevole riduzione di pena per l'imputato che si adopera fornendo una concreta e fattiva collaborazione per la ricostruzione dei fatti, per l'individuazione o la cattura degli altri responsabili o per il recupero delle somme versate o delle altre utilità trasferite.

In linea generale, quindi, si rileva che con le innovazioni normative proposte dal PD si ridisegna sostanzialmente il quadro dei delitti contro la pubblica amministrazione, trasferendo la condotta di concussione per costrizione all'interno di quelle di estorsione e la condotta di concussione per induzione all'interno della nuova fattispecie di corruzione, la quale ricomprende in sé il disvalore penale degli articoli 318, 319 e 321 del codice penale attualmente vigenti, prevedendo in ogni caso anche la punibilità del corruttore. Data l'enorme difficoltà che spesso si incontra ad individuare - una volta accertato nel corso dell'indagine che il pubblico ufficiale ha ricevuto congrue o notevoli somme di danaro e identificata la persona che glieli ha corrisposti - gli atti dell'ufficio posti in essere per conto della persona che ha corrisposto le somme, è stata introdotta, nell'articolo 319, anche la punibilità delle dazioni di danaro o di altre utilità fatte comunque al pubblico ufficiale o all'incaricato di pubblico servizio in ragione della funzione esercitata. Si è voluto, così, punire la condotta di coloro che, in cambio di denaro o di altre utilità, a volte versate loro periodicamente, si mettono praticamente al servizio di chi è interessato ad ottenere che gli stessi operino, al momento giusto, in violazione dei doveri di fedeltà, di imparzialità e onestà, o di leggi, regolamenti o circolari. La norma riguarda, quindi, un'ipotesi di pubblico ufficiale che si attiva (o che non si attiva) in ragione della sua funzione, dietro corrispettivo. È stata anche abolita la distinzione tra atti (o attività) d'ufficio e atti (o attività) contrari ai doveri d'ufficio, essendo ugualmente censurabile la condotta del pubblico ufficiale che riceve denaro o altre utilità, come è censurabile chi le offre, in quanto egli ne trae sempre vantaggio in relazione agli altri che si comportano onestamente. Né è senza significato che tale distinzione ha sempre offerto agli indagati il pretesto per allungare i tempi di definizione dei processi. In base alla modifica apportata, sarà il giudice, in concreto, nell'applicazione della pena, a tener conto dell'atto o dell'attività compiuti o richiesti. Inoltre, si è previsto un sensibile inasprimento delle sanzioni penali per i reati più gravi contro la pubblica amministrazione, anche nel minimo edittale, per evitare che l'applicazione generalizzata di attenuanti determini la concreta inefficacia della sanzione. L'apparato sanzionatorio in vigore, infatti, risulta inadeguato rispetto alla gravità dei comportamenti e all'impatto sociale ed economico di reati di tale tipo e, a causa del sistema prescrizionale introdotto dalla citata legge 5 dicembre 2005, n. 251 (cosiddetta «ex Cirielli»), rischia, di fatto, di impedire l'accertamento giudiziario dei reati di corruzione.

Da un lato, si è quindi provveduto- con i disegni di legge 2174 e 2340 e ora con gli emendamenti al disegno di legge governativo - a razionalizzare la normativa vigente, semplificando la classificazione delle condotte criminose e la valutazione del disvalore penale di ognuna di esse; dall'altro lato, si è conferita rilevanza anche a quelle condotte le quali, pur emblematiche di una particolare offensività nei confronti del buon andamento della pubblica amministrazione e idonee ad ingenerare dubbi sulla sua effettiva imparzialità ed efficienza, non risultano, tuttavia, in alcun modo sanzionate all'interno del sistema penale italiano. È stata, pertanto, a tale scopo introdotta la fattispecie del traffico di influenze illecite, meglio descritta più avanti (misura questa, peraltro, prevista specificamente anche dalla Convenzione penale sulla corruzione fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999) e volta a punire la condotta dei soggetti che si propongono come intermediari nel disbrigo di faccende corruttive, nonché di quelli che ne ricercano la collaborazione. Questa previsione si fonda su un aggiornamento della lettura del fenomeno corruttivo. Infatti, spesso oggi la tradizionale forma bilaterale della corruzione si spezza in due parti: la retribuzione viene ricevuta dall'intermediario, mentre l'attività amministrativa illecita viene svolta da un diverso soggetto; in un'altra occasione, poi, l'intermediario restituirà il favore ricambiando l'attività posta in essere dal pubblico ufficiale. La differenza con la «vecchia» corruzione è evidente e può essere paragonata alla differenza che passa tra un semplice baratto e una più sofisticata triangolazione: si inserisce una nuova figura di intermediario e il soggetto che riceve la retribuzione è diverso da quello che compie l'attività amministrativa «di favore».

Si è, poi, inteso individuare - parallelamente a quanto sperimentato nell'ambito dell'azione di contrasto alla criminalità organizzata - uno strumento utile all'emersione del fenomeno corruttivo, così diffusamente pervasivo del tessuto economico-sociale e del sistema istituzionale del nostro Paese. A tal fine è stata prevista, con riferimento al reato di corruzione e corruzione in atti giudiziari, la possibilità di una forte riduzione di pena (fino a due terzi) nei casi in cui si determini da parte dell'imputato una concreta e fattiva collaborazione.

Parallelamente, al fine di contrastare fenomeni di corruttela e malaffare nel settore privato, oggi non esaustivamente tipizzati in fattispecie incriminatrici, si propone di introdurre, all'interno del capo II del titolo VIII del libro II del codice penale, relativo ai delitti contro l'industria e il commercio, il delitto di corruzione nel settore privato (estensibile agli enti in virtù del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231), consistente nella condotta di induzione, sollecitazione o ricezione di denaro od altra utilità, o nell'accettazione della relativa promessa, per compiere od omettere un atto, in violazione di un dovere, qualora ne derivino o possano derivarne distorsioni della concorrenza nel mercato ovvero danni economici all'ente o a terzi, anche attraverso una non corretta aggiudicazione o una scorretta esecuzione di un contratto. Anche in tal caso è stata prevista una diminuzione di pena in caso di concreta collaborazione da parte dell'imputato. L'introduzione di tale fattispecie incriminatrice risponde, peraltro, all'esigenza di dare piena attuazione alla decisione quadro 2003/568/GAI del Consiglio, del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato.

Alle ulteriori modifiche normative proposte con il disegno di legge 2174 e agli emendamenti in cui si è tradotto si dedica qui di seguito una specifica illustrazione.

Autoritànazionale anticorruzione

A seguito della soppressione dell'ufficio dell'Alto Commissario anti-corruzione (la cui istituzione era avvenuta in corso di negoziazione della Convenzione ONU sulla corruzione), il presidente del Gruppo di Stati contro la corruzione (GRECO) che agisce nell'ambito del Consiglio d'Europa sin dal luglio 2008 ha chiesto spiegazioni all'Italia in sede di Consiglio d'Europa. Le informazioni rese al riguardo dal Governo sulle ragioni di tale decisione e sulle probabili conseguenze nella lotta alla corruzione in Italia, appaiono contraddette dal fatto che il Servizio anticorruzione e trasparenza (SAeT), istituito nel 2008 presso il Dipartimento della funzione pubblica (che sostituisce l'Alto commissario), non solo non ha dotazioni adeguate umane e strumentali, ma difetta di poteri autonomi di monitoraggio e vigilanza, tant'è che nel rapporto al Parlamento, presentato il 17 novembre 2009, si limita a raggruppare e commentare i dati resi disponibili dal Ministero dell'interno e nelle relazioni del presidente della Corte dei conti e del procuratore generale presso la Corte dei conti. È assente, quindi, un'accurata rilevazione quantitativa e qualitativa, indispensabile per verificare l'andamento della corruzione nel tempo ed individuare i settori su cui maggiormente essa incide. I dati sui delitti denunciati per l'arco temporale 2004-2008, essendo aggregati, non consentono di isolare il fenomeno della corruzione nella sua specificità criminologica. Vengono, infatti, riportate cumulativamente due categorie di illeciti tra cui corrono differenze sostanziali: i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione (tra cui corruzione, concussione, abuso d'ufficio, peculato) e i delitti dei privati contro la medesima pubblica amministrazione o il suo patrimonio (indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, truffa, turbata libertà degli incanti). Tale rilevazione altera il quadro della distribuzione geografica del fenomeno, tant'è che il rapporto assegna alle regioni meridionali (tra cui Calabria e Puglia) il più alto tasso di denunce di reati genericamente «collegati alla corruzione». Se la corruzione viene considerata isolatamente da frodi e truffe, come sarebbe corretto fare in ragione delle sue peculiarità, la distribuzione geografica appare del tutto diversa: la corruzione emerge poco, e comunque ancor meno, nelle regioni (soprattutto quelle meridionali) in cui è più presente la criminalità organizzata. Ciò pone ancora una volta il problema, già evidenziato in occasione della ratifica della Convenzione ONU del 2003 sulla corruzione, dell'indipendenza dell'organo deputato ad assicurare il rispetto delle previsioni della Convenzione sulla corruzione, ratificata dal Parlamento italiano, ed a fornire efficaci elaborazioni utili alle politiche di contrasto a tale fenomeno. Va, quindi, ripristinato l'Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione nel settore della pubblica amministrazione e ne vanno estese le funzioni, da esercitare in assoluta indipendenza, anche al settore privato. A questa autorità, così ripristinata e ridisegnata, va attribuito il ruolo di assicurare il rispetto delle previsioni della Convenzione ONU sulla corruzione, ratificata con legge 3 agosto 2009, n. 116.

Modifiche alle disposizioni concernenti il Dipartimento della protezione civile, in particolare in materia di grandi eventi, e ripristino del controllo preventivo di legittimità sulle ordinanze di protezione civile da parte della Corte dei conti

Le modifiche che si propongono intendono escludere la gestione dei grandi eventi dalla competenza della protezione civile (con l'abrogazione del comma 5 dell'articolo 5-bis del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401) ovvero limitarne l'ambito di intervento; intendono inoltre reintrodurre il controllo preventivo della Corte dei conti sulle ordinanze di protezione civile. In questi ultimi anni, difatti, si è verificata una anomala espansione quantitativa ed applicativa delle ordinanze di protezione civile, che, pur non avendo forza di legge, possono derogare alla normativa primaria. Ci troviamo, in buona sostanza, di fronte a una duplice scelta politica: il ricorso a poteri normativi comunque straordinari e, fra questi, la preferenza per le ordinanze d'urgenza anche rispetto ai decreti-legge, tanto che si può fondatamente ipotizzare un vero e proprio sistema parallelo.

Due decreti-legge, rispettivamente nel corso della XIV e della XVI legislatura, hanno introdotto disposizioni che hanno ampliato eccessivamente l'ambito applicativo di strumenti disegnati per fronteggiare le emergenze dall'articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, sovrapponendo e confondendo urgenza ed emergenza. In particolare, il citato decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, recante «Disposizioni urgenti per assicurare il coordinamento operativo delle strutture preposte alle attività di protezione civile e per migliorare le strutture logistiche nel settore della difesa civile», convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401, all'articolo 5-bis, comma 5, ha esteso l'applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, «Istituzione del servizio nazionale della protezione civile», relative al potere di ordinanza, «alla dichiarazione dei grandi eventi rientranti nella competenza del Dipartimento della protezione civile e diversi da quelli per i quali si rende necessaria la delibera dello stato di emergenza». Inoltre, con una norma di interpretazione autentica, il decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, «Misure straordinarie per fronteggiare l'emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella regione Campania e ulteriori disposizioni di protezione civile», convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 123, ha stabilito - all'articolo 14 - che i provvedimenti adottati per i «grandi eventi» non sono soggetti al controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti.

In questo modo, come ha sottolineato il Presidente della Repubblica, si è inciso sulla ordinaria ed ordinata gerarchia delle fonti del diritto. L'uso improprio delle ordinanze di protezione civile si è tradotto, infatti, in più occasioni in un abuso del ricorso ad ordinanze con forza derogatoria nei confronti di molte leggi dello Stato, trasformando da straordinario in ordinario un delicato strumento dell'azione pubblica, eludendo così i requisiti di trasparenza nelle procedure. E questo contrasta anche con una consolidata giurisprudenza costituzionale formatasi sulla legge n. 225 del 1992, poiché la mera dichiarazione di grande evento rappresenta un'alterazione dei presupposti sostanziali della decretazione di emergenza, oltre a stravolgere la missione della protezione civile nazionale.

È opportuno ricordare, tra l'altro, che secondo la Corte dei conti (cfr. Corte dei conti, sezione centrale di controllo di legittimità su atti del Governo e delle amministrazioni dello Stato, deliberazione n. 5/2010/P del 4 marzo 2010) non qualsiasi grande evento rientra nella competenza del Dipartimento della protezione civile, ma vi rientrano solo quegli eventi che, pur se diversi da calamità naturali e catastrofi, determinano situazioni di grave rischio per l'integrità della vita, dei beni, degli insediamenti e dell'ambiente dai danni o dal pericolo di danni. Più in generale, nella citata delibera la Corte dei conti ha sottolineato che nella relazione al Parlamento sull'esercizio 2008 (Volume II, Ministeri istituzionali, pag. 159) già le sezioni riunite della stessa Corte avevano segnalato che «le ordinanze di protezione civile, soprattutto a partire dal 2002, hanno progressivamente esteso il loro ambito operativo con riflessi anche quantitativi sulla nuova classificazione di bilancio in ordine al "soccorso civile"».

In sostanza un grande evento, secondo i giudici contabili, non è una vicenda assimilabile a situazioni emergenziali quali terremoti ed alluvioni e, sulla base di tale principio, la sezione centrale di controllo di legittimità ha affermato che deve considerarsi priva di efficacia, in mancanza di visto e in assenza (in alternativa) dell'infruttuoso decorso dei termini previsti dall'articolo 27 della legge 24 novembre 2000, n. 340, l'ordinanza di protezione civile n. 3838 del 30 dicembre 2009 che stanziava 4 milioni di euro per l'organizzazione e lo svolgimento della Louis Vuitton World Series presso l'isola de La Maddalena, confermando un orientamento già espresso in precedenza, quando non aveva dichiarato legittima l'ordinanza riguardante le manifestazioni legate alle celebrazioni per i 150 anni dell'Unità d'Italia e per l'Expo 2015 che, come quella in esame, aspirava a sottrarsi al controllo preventivo di legittimità. Inoltre, con la citata deliberazione, la Corte dei conti ha avanzato dubbi di legittimità costituzionale in merito al citato articolo 14 del decreto-legge n. 90 del 2008, in base alla considerazione che l'articolo 100, secondo comma, della Costituzione espressamente disciplina la funzione dì controllo preventivo della Corte dei conti, e ciò rende poco plausibile che con una legge ordinaria si intervenga per escludere dal controllo alcuni provvedimenti amministrativi che, attesa la loro importanza, meritano più di altri una preventiva verifica di legittimità. Quanto esposto impone una riflessione, oltre che sul versante squisitamente contabile, anche su quello ordinamentale, a partire dalla verifica della sussistenza dei presupposti legittimanti il ricorso ad uno strumento che, ex se, non dovrebbe essere considerato sostitutivo delle ordinarie procedure allorché non siano rinvenibili situazioni realmente emergenziali e, in quanto tali, non prevedibili. Conseguentemente occorre intervenire con legge per evitare che il Governo, grazie alle modifiche normative già ricordate, possa continuare a decidere, con giudizio insindacabile, di definire grandi eventi, anche in mancanza dei presupposti dello stato di emergenza, attività non calamitose, come già avvenuto per attività istituzionali, incontri, manifestazioni religiose e sportive, esposizioni, che ben si potevano affrontare con gli strumenti della legislazione ordinaria, determinando un ulteriore spostamento del bilanciamento tra potere legislativo ed esecutivo. Fatto tanto più ingiustificato se si considera che frequentemente l'urgenza degli interventi non è neppure caratterizzata da «avvenimenti imprevedibili per l'amministrazione» ma, al contrario, da situazioni largamente prevedibili e conosciute con ampio anticipo, come è accaduto, ad esempio, per il semestre italiano di presidenza dell'Unione europea. Occorre, pertanto, riportare la situazione alle regole generali, partendo dalla considerazione che un intervento legislativo mirato consente di porre fine ad una situazione non più accettabile, che ha dato fondatamente avvio ad inchieste giudiziarie per reati contro la pubblica amministrazione (in particolare per fatti di corruzione), e ciò anche per preservare la capacità di intervento della protezione civile in occasione di catastrofi o calamità naturali, ovvero di eventi imprevedibili. Quindi è necessario eliminare dalla legge 24 febbraio 1992, n. 225, ogni riferimento ai cosiddetti grandi eventi e, con la modifica inserita nel presente disegno di legge, si propone innanzitutto di abrogare l'articolo 5-bis, comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, in modo che solo la dichiarazione dello stato di emergenza possa giustificare il ricorso a ordinanze in deroga alla legge vigente. Occorre conseguentemente intervenire, abolendola, anche sulla normativa di interpretazione autentica dell'articolo 5 della legge n. 225 del 1992 che, come si è detto, con decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 123, ha escluso con efficacia retroattiva, anche per i grandi eventi, il controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti. Ulteriormente va delimitata la nozione di «altri eventi» contenuta nella legge 24 febbraio 1992, n. 225, istitutiva del sistema di protezione civile, introducendo il requisito della imprevedibilità dell'evento (non calamitoso) unitamente al pericolo per l'incolumità della vita, dei beni, dell'ambiente, ossia agli altri presupposti già previsti dalla legge per legittimare il ricorso alle ordinanze di carattere emergenziale. Infine, occorre limitare anche per le attività di protezione civile all'estero la gestione dei grandi eventi, attribuiti alla protezione civile con l'inserimento nell'articolo 4, comma 2, del decreto-legge 31 maggio 2005, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 luglio 2005, n. 152, del richiamo all'articolo 5-bis, comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401.

Modifiche al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 - Codice dei contratti pubblici

a) Risoluzione del contratto di appalto a seguito di accertamento di responsabilità in materia di corruzione ed altri gravi reati

La norma che si propone ha la finalità di tutelare la correttezza e la trasparenza nel settore degli appalti e l'affidabilità dell'appaltatore che, in caso di condanna per reati che offendono gravemente gli interessi dello Stato, deve essere rimosso dall'incarico ricevuto, anche in corso di esecuzione dello stesso.

b) Divieto di ricorso all'arbitrato per i contratti pubblici

Il divieto di ricorso all'arbitrato - già introdotto con il testo originario dell'articolo 32 della legge 11 febbraio 1994, n. 109 (cosiddetta «legge Merloni»), e poi abrogato dopo breve tempo dall'articolo 9-bis del decreto-legge 3 aprile 1995, n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 giugno 1995, n. 216 - è stato reintrodotto dalla legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008) che, ai commi 19 e 20 dell'articolo 3, ha previsto il divieto di inserimento di clausole compromissorie in tutti i contratti di lavori, servizi e forniture stipulati dalle pubbliche amministrazioni. In particolare, con tale previsione era fatto divieto alle pubbliche amministrazioni di inserire clausole compromissorie in tutti i loro contratti aventi a oggetto lavori, forniture e servizi ovvero, relativamente ai medesimi contratti, di sottoscrivere compromessi, a pena di nullità, con la previsione di illecito disciplinare e di responsabilità erariale per i responsabili dei relativi procedimenti. Le ragioni dell'introduzione del divieto erano da ricercarsi nella constatazione fattuale dell'insuccesso dell'istituto dell'arbitrato. L'Autorità di vigilanza sui lavori pubblici aveva, infatti, stimato che la percentuale di soccombenza della pubblica amministrazione, sia negli arbitrati amministrati, sia in quelli liberi, era sempre elevata così come risultava eccessivamente elevata la durata media degli arbitrati stessi (per l'anno 2007, di 351 giorni per gli arbitrati amministrati e di 465 per quelli liberi; per l'anno 2008, di 290 giorni per gli arbitrati amministrati e di 547 per quelli liberi). Successivamente, l'entrata in vigore del divieto in parola è stata differita al 1° luglio 2008 in forza dell'articolo 15 del decreto-legge 31 dicembre 2007, n. 248, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 2008, n. 31, con la finalità di «consentire la devoluzione delle competenze alle sezioni specializzate di cui all'articolo 1 del decreto legislativo 27 giugno 2003, n. 168». Il termine di entrata in vigore del divieto è stato, quindi, più volte ulteriormente prorogato: prima, fino al 31 dicembre 2008 dall'articolo 4-bis, comma 12, del decreto-legge 3 giugno 2008, n. 97, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2008, n. 129; quindi, al 30 marzo 2009 dall'articolo 1-ter del decreto-legge 23 ottobre 2008, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2008, n. 201; ancora, al 31 dicembre 2009 dall'articolo 29, comma 1-quinquiesdecies, del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14 (cosiddetto decreto «milleproroghe») - che ha, peraltro, introdotto un'ulteriore modifica all'articolo 241 del codice dei contratti pubblici che disciplina l'arbitrato, prevedendo che «i compensi minimi e massimi stabiliti dalla tariffa allegata al regolamento di cui al decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 dicembre 2000, n. 398, sono dimezzati. Sono comunque vietati incrementi dei compensi massimi legati alla particolare complessità delle questioni trattate, alle specifiche competenze utilizzate e all'effettivo lavoro svolto» - ed infine ulteriormente differito al 30 aprile 2010, in attesa del decreto di attuazione della direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2007, sul contenzioso amministrativo. E proprio il decreto legislativo 20 marzo 2010, n. 53, adottato per l'attuazione della direttiva 2007/66/ CE, malgrado il parere contrario del Partito democratico e le forti critiche avanzate in sede di audizione presso le Commissioni riunite Giustizia e Lavori pubblici del Senato dall'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, ha reintrodotto il ricorso all'arbitrato sul presupposto che i tempi più veloci per la soluzione delle controversie, dovuti alle clausole compromissorie, si traducessero in un risparmio economico. L'effetto sperato non sembra, invece, raggiungibile e non vi sono segnali in tal senso; tra l'altro le spese aumentano e l'amministrazione continua ad essere soccombente nella maggioranza dei casi, mentre i rimedi potrebbero essere diversi, ad esempio migliorando l'efficienza e i tempi del giudizio e arginando ricorsi in-fondati, con l'introduzione di sanzioni, tra cui il pagamento di tutte le spese processuali. Si ritiene, quindi, di dover riprodurre con il presente disegno di legge il testo di alcune disposizioni contenute nella legge finanziaria 2008. Difatti, la condivisibile ratio che supportava tali norme, consistente non solo in una esigenza di trasparenza, ma anche di correzione delle pesanti criticità manifestatesi con costanza e gravità tali da portare l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici ad esprimere pesanti rilievi in merito al ricorso a tale strumento, è ancora attuale (si vedano al riguardo gli interventi del presidente Giampaolino del 16 ottobre 2009 presso l'Avvocatura generale dello Stato e dell'11 febbraio 2010 in audizione presso le Commissioni riunite II e VII della Camera dei deputati sull'atto di governo n. 167, avente ad oggetto lo «Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva 2007/66/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2007, che modifica le direttive 89/665/CEE e 92/13/CEE del Consiglio per quanto riguarda il miglioramento dell'efficacia delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici»).

In particolare, permangono le seguenti criticità.

L'arbitrato ha assunto una valenza tale da essere spesso considerato un momento, seppure ulteriore, dell'esecuzione del contratto e, pertanto, tenuto presente al momento della presentazione dell'offerta, così da conformare addirittura i comportamenti delle imprese, sempre più attente non tanto alla proposta ed alle soluzioni innovative, quanto al possibile esito positivo del successivo contenzioso, spesso arbitrale.

La circostanza, infatti, che l'arbitrato rappresenti una sorta di fase finale quasi costante delle procedure di affidamento dei contratti pubblici e che porti, con una regolarità quasi assoluta, alla declaratoria di soccombenza della pubblica amministrazione, rappresenta un dato preoccupante non solo sotto l'aspetto del detrimento del patrimonio pubblico - dato particolarmente rilevante in un momento di crisi economica - ma, altresì, di quello del deficit di efficienza dell'azione amministrativa che ne costituisce la causa ed, infine se non innanzitutto, del modo stesso di essere delle imprese: l'approdo all'immancabile contenzioso offre un eventuale salvataggio dall'offerta non congrua.

Il costo del giudizio arbitrale è significativamente più elevato di quello del giudizio ordinario, in quanto prevede tuttora, anche con la riduzione dei compensi agli arbitri, rilevanti spese oltre quelle per il segretario del collegio, nonché la quota pagata per il deposito del lodo, pari all'1 per mille del valore della controversia. I dati elaborati dall'Autorità nel corso degli anni hanno mostrato un maggior costo complessivo delle opere pari al 30 per cento, come conseguenza del contenzioso.

Solo una minoranza degli arbitrati azionati si conclude entro il termine ordinario previsto per la pronuncia del lodo, ed anzi, in taluni casi, i procedimenti hanno avuto una durata di oltre settecento giorni per poi concludersi con un accordo transattivo. Ove non sia intervenuta una transazione, le pubbliche amministrazioni sono risultate soccombenti nella grande maggioranza dei giudizi arbitrali, secondo una percentuale che si aggira intorno ai due terzi del totale e che, nel solo 2006, ha comportato oneri pari a 320.943.611 euro, senza contare le spese per lo svolgimento del giudizio (compensi agli arbitri, ai segretari e per il deposito del lodo). Per quanto riguarda l'anno 2008, i lodi adottati in esito a procedure amministrate sono stati 26, mentre i lodi depositati in esito ad arbitrati liberi sono stati 158. Il valore delle controversie degli arbitrati amministrati varia da un minimo di euro 42.311,62 ad un massimo di euro 35.311.105,66, per un valore medio delle controversie pari a euro 3.718.327,25; negli arbitrati «liberi», invece, il valore della controversia varia da un minimo di euro 22.423,27 ad un massimo di euro 360.000.000, per un valore medio delle controversie pari a euro 13.680.697,36. Per quanto riguarda la soccombenza, in entrambi i tipi di arbitrato l'amministrazione pubblica è risultata perdente (totalmente o parzialmente) nella quasi totalità dei casi: la stazione appaltante, infatti, è risultata soccombente nell'83 per cento dei casi mentre l'impresa è risultata soccombente nel 2 per cento dei casi. Per quanto riguarda la durata dei procedimenti, quelli amministrati hanno avuto una durata media di circa 289,65 giorni, mentre quelli liberi hanno avuto una durata media di circa 546,79 giorni. I dati elaborati dall'Autorità nel corso degli anni hanno mostrato un maggior costo complessivo delle opere pari al 30 per cento, come conseguenza del contenzioso. Le spese relative al compenso spettante agli arbitri hanno inoltre evidenziato un onere per la pubblica amministrazione valutato in 2 milioni di euro per gli arbitrati amministrati; per quelli liberi, riferito solo a 98 arbitrati su 158, l'onere è risultato pari a circa 17 milioni di euro.

Per quanto riguarda l'anno 2009, i lodi adottati ammontano a 175: in esito a procedure amministrate sono stati 39, mentre i lodi depositati in esito ad arbitrati liberi sono stati 136. Un'analisi compiuta su un campione di 60 procedure arbitrali ha rilevato che l'entità delle singole controversie è oscillata da un minimo di euro 77.000 ad un massimo di euro 10.000.000 negli arbitrati amministrati, mentre negli arbitrati liberi è oscillata da un minimo di euro 25.422 ad un massimo di euro 280.000.000. Per quanto riguarda la soccombenza, la percentuale di soccombenza delle stazioni appaltanti per le spese di funzionamento del collegio è risultata del 66,67 per cento e l'entità della condanna nel merito delle stazioni appaltanti, esclusi i compensi agli arbitri, le spese legali, per consulenti tecnici d'ufficio e generali, ammonta ad euro 111.655.319. Inoltre, sempre secondo questo campione, la percentuale media della condanna nel merito delle stazioni appaltanti è risultata pari al 31,88 per cento, così determinando l'entità della condanna generale delle stazioni appaltanti ad euro 115.407.675; la durata dei procedimenti è stata in media di 473 giorni; le spese relative al compenso spettante agli arbitri hanno evidenziato un onere pari ad euro 2.786.494. I lodi arbitrali impugnati sono stati, a loro volta, nella gran parte dei casi, dichiarati nulli da parte della corte d'appello.

Si propone, pertanto, il divieto per le pubbliche amministrazioni di fare ricorso all'arbitrato e di inserire clausole compromissorie in tutti i loro contratti aventi ad oggetto lavori, forniture e servizi ovvero, relativamente ai medesimi contratti, di sottoscrivere compromessi. Il divieto di arbitrato si applica alle pubbliche amministrazioni, individuate dall'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché alle società partecipate dalle pubbliche amministrazioni ovvero agli enti pubblici economici. Per quanto concerne le conseguenze del divieto, si prevede la nullità delle clausole compromissorie ovvero dei compromessi comunque sottoscritti, nonché la configurabilità dell'illecito disciplinare e la responsabilità erariale per i responsabili dei relativi procedimenti. Con norma transitoria, peraltro, sono fatte salve le controversie relative a contratti già sottoscritti dalle amministrazioni alla data di entrata in vigore della legge, ove approvata. Le modifiche proposte lasciano ferma la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, come disposto dall'articolo 244 del codice dei contratti pubblici, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni.

In conclusione, mentre non vi sono ostacoli alla sola via giurisdizionale e le procedure presso i TAR ed il Consiglio di Stato possono essere rese più veloci anche attraverso l'istituzione di sezioni giudicanti specializzate in gare d'appalto, nessun obbligo di prevedere il ricorso all'arbitrato per la risoluzione delle controversie in materia di appalti pubblici discende dalla citata direttiva 2007/66/CE (cosiddetta «direttiva ricorsi»). Essa, infatti, lascia liberi gli Stati membri di definire le controversie anche attraverso organi non giudiziari, prevedendo soltanto, in tal caso, che questi abbiano requisiti di affidabilità e che siano adottate le modalità più appropriate.

Sotto il profilo della trasparenza si segnala, poi, che con disposizione normativa adottata nel 1999 (articolo 151, comma 5, lettera a), del decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554, avente ad oggetto il regolamento di attuazione della legge quadro in materia di lavori pubblici), sollecitata fortemente dall'Associazione nazionale magistrati, ai magistrati ordinari in servizio era stata preclusa la possibilità della partecipazione ai collegi arbitrali costituiti per la soluzione delle controversie in materia di appalti pubblici. La partecipazione dei magistrati ordinari agli arbitrati per le opere pubbliche è dunque da tempo una pagina chiusa. Così non è, invece, per i giudici amministrativi e contabili e per gli avvocati dello Stato in servizio, così come si evince dal citato articolo 151 del decreto del Presidente della Repubblica n. 554 del 1999, successivamente trasfuso nell'articolo 242 del codice dei contratti pubblici. Rispetto agli appartenenti a tali categorie professionali continuano così a porsi problemi di inopportunità e di disagio, poiché si alimentano commistione dei ruoli di controllori e controllati e conflitti d'interesse. Occorre, invece, una separazione netta tra funzione istituzionale pubblica e interesse privato, laddove la semplice riduzione dei compensi arbitrali, introdotta nel codice dei contratti pubblici, non risulta idonea a superare e risolvere il problema.

In quest'ottica, al fine di rafforzare la trasparenza e prevenire conflitti di interesse, appare opportuno, in ogni caso, prevedere nei confronti dei magistrati in servizio di tutte le magistrature (amministrativa, contabile e militare oltre quella ordinaria) e per gli avvocati dello Stato un esplicito divieto di assumere incarichi arbitrali o altri incarichi analoghi, incompatibili con le funzioni rivestite.

Misure di trasparenza nell'assunzione di incarichi e divieto di assunzione di incarichi

Le norme che si propongono rispondono all'esigenza di evitare commistioni tra attività amministrativa e giudiziaria, al fine di assicurare che sia prevenuto qualsiasi conflitto di interesse, evitando ogni possibile interferenza tra le attività di controllore e di controllato.

Princìpi di trasparenza ed esigenze di imparzialità e buona amministrazione espressi dalla Carta costituzionale impongono di salvaguardare l'autonomia e l'indipendenza della funzione giudiziaria e il corretto svolgimento delle pubbliche funzioni in generale, prevenendo rischi di collusione e corruzione.

Si prevedono, pertanto:

a) specifici divieti per i magistrati amministrativi nominati ai sensi dell'articolo 19, primo comma 1, numero 2), della legge 27 aprile 1982, n. 186, di svolgere funzioni diverse da quelle consultive per almeno otto anni dalla nomina e di assumere in quello stesso periodo incarichi anche gratuiti presso le pubbliche amministrazioni;

b) divieti per i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, per gli avvocati ed i procuratori dello Stato e i componenti delle commissioni tributarie di assumere incarichi arbitrali o altri ruoli che potrebbero influenzarne l'attività istituzionale o esporli a pericolo di condizionamenti, pena la decadenza dagli incarichi e la nullità degli atti compiuti.

Misure di trasparenza nell'assunzione di incarichi di governo

La mafia ha avuto da sempre un rapporto con la politica e con le istituzioni senza il quale non avrebbe le sue connotazioni, ma sarebbe solo criminalità comune. Una recente analisi della Direzione nazionale antimafia mette in luce che «non siamo più all'interno della tradizionale categoria mafia-politica, che presuppone l'esistenza di due entità diverse anche se in dialogo tra di loro, ma in una nuova dimensione, quella della mafia che tende a farsi, a proporsi, soggetto politico essa stessa, che come tale rivendica ruolo e visibilità, per contare nelle decisioni strategiche». Si va quindi, come già denunziato nella XIV legislatura, verso il rovesciamento di quell'antico rapporto per arrivare ad una rappresentanza di uomini politici e di spezzoni di partiti direttamente nelle cosche mafiose. Questa tendenza non ha sostituito il voto di scambio perché essa, al momento, non si è affermata dappertutto. Non tutti i partiti sono infiltrati nella stessa misura e non tutti i partiti si comportano allo stesso modo: ci sono partiti che sospendono o fanno dimettere i loro iscritti o li espellono; ci sono altri partiti che li coprono o li lasciano nei loro incarichi. Naturalmente, non è scomparsa la fase della mediazione e non può essere ignorata quella della collusione e della corruzione. Si tratta di sfaccettature di uno stesso intreccio, quello del rapporto perverso e pervasivo tra mafia e politica, tra mafia ed economia, tra mafia e potere pubblico. Questo rapporto, come ha posto in luce la Commissione parlamentare antimafia, è aumentato e sta segnando in modo significativo anche questa legislatura. Esso, peraltro, è destinato ad aumentare ulteriormente se la politica e il Parlamento non correranno rapidamente ai ripari. La modifica del sistema elettorale attribuisce alle formazioni politiche, ancor più che in passato, una responsabilità nella scelta dei candidati, essendo caduto l'alibi che la responsabilità è degli elettori che scelgono gli eletti. Per questo motivo è importante che i partiti si dotino di un codice etico di autoregolamentazione, con il quale dovrebbero impegnarsi ad escludere, dalle liste dei candidati al Parlamento nazionale ed europeo, alle Assemblee regionali ed ai Consigli provinciali, comunali e circoscrizionali, tutti coloro che siano stati condannati anche solo con sentenza di primo grado per una serie ben specificata e delimitata di delitti (tra i quali i reati di mafia, la corruzione, la concussione, la bancarotta fraudolenta, il falso in bilancio) e, per i reati più gravi, anche coloro che siano stati rinviati a giudizio, prescindendo dall'esito finale del giudizio. È difatti legittimo che la politica si tuteli direttamente, rendendosi autonoma dagli esiti giudiziari. Anche al di là dell'accertamento giudiziario di responsabilità penali, sono i partiti per primi che devono assicurare l'indipendenza e la moralità pubblica di ciascuno degli eletti. L'utilizzo del codice etico di autoregolamentazione porrebbe tutti i partiti in condizione di svolgere una funzione essenziale nel contrastare il rapporto mafia-politica, talvolta di immedesimazione altre volte mutuato da collusione e corruzione: selezionare adeguatamente la propria classe dirigente e determinare una scelta dei candidati libera dai continui tentativi di «condizionamento». In questo modo il codice etico di autoregolamentazione potrebbe rappresentare un tassello forte del percorso di riforma della politica: la responsabilità politica, in particolare, potrebbe recuperare terreno e diventare una vera e propria risorsa nella lotta alle mafie, alla corruzione, alla trasparenza nella pubblica amministrazione. La Commissione parlamentare antimafia, in questa legislatura, ha ritenuto di richiamare e approfondire in materia le riflessioni svolte e le conclusioni tratte, da ultimo, nel corso della XV legislatura, che avevano trovato sintesi, nella seduta del 3 aprile 2007, con l'adozione all'unanimità di un documento, definito «proposta di autoregolamentazione», offerto alle forze politiche allora in procinto di formare le liste dei candidati alle elezioni amministrative. Quindi la Commissione, considerando la perdurante attualità delle conclusioni allora tratte, nonché l'idoneità dello strumento allora adottato e della proposta fatta alle singole forze politiche di aderire su base volontaristica ad un protocollo di autoregolamentazione nella formazione delle liste dei propri candidati, ha approvato all'unanimità, in data 18 febbraio 2010, una relazione contenente un apposito codice di autoregolamentazione rivolto ai partiti, alle formazioni politiche ed alle liste civiche che vi aderiranno e concernente la formazione delle liste dei candidati per le elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali. Conseguentemente, mentre la Commissione antimafia sta approfondendo la tematica dei codici di autoregolamentazione, per poi sottoporre al Parlamento proposte normative in materia di assemblee elettive, si ritiene fin da ora di proporre misure di trasparenza nell'assunzione degli incarichi di Governo e per il conferimento di incarichi di collaborazione con la pubblica amministrazione.

Occorre inoltre prevedere misure di ineleggibilità e incandidabilità come prospettato dalla mozione presentata dal PD (a mia prima firma) che è stata rielaborata e sottoscritta dagli altri Gruppi di maggioranza e di opposizione.

Nello specifico emendamento presentato al disegno di legge in discussione, si è ritenuto opportuno integrare le innovazioni proposte con misure specifiche in materia di incandidabilità.

Modifiche al codice civile e altre disposizioni in materia di falso in bilancio, falso in prospetto, falso nelle relazioni dei revisori e di impediti controlli societari

In un disegno di legge di contrasto alla corruzione è necessario prevedere una rivisitazione dei reati fiscali e societari, a partire dal falso in bilancio, perché si tratta di illeciti che consentono di risalire ai reati di corruzione. Questi ultimi, nelle loro espressioni più gravi o comunque nei casi in cui coinvolgono persone giuridiche, sono spesso preceduti o seguiti da reati che, tra l'altro, consentono una pregnante attività investigativa, quali la frode fiscale e il reato di false comunicazioni sociali. A prescindere dai casi più semplici di corruzione, dove la remunerazione del pubblico ufficiale o del terzo interviene in contanti e per somme di denaro di scarsa entità, vi sono almeno tre elementi su cui possono concentrarsi le attività di contrasto: la determinazione delle modalità con cui si è formata la provvista in denaro; l'individuazione del circuito finanziario attraverso il quale è stata veicolata verso il pubblico ufficiale o i suoi referenti l'utilità in denaro; la destinazione impressa dal destinatario alla somma in questione.

Ai fini che qui interessano occorre ricordare che vi è una prima fase in cui il denaro, per essere utilizzato con finalità illecite, viene spostato da una dimensione di legalità ad una di illegalità, di regola attraverso la commissione di reati di frode fiscale, falso in bilancio e appropriazione indebita aggravata. Segue, quindi, una fase nella quale il denaro viene ricollocato, in forme diverse, in una dimensione di legalità e a tale momento appartengono tutte le problematiche relative al riciclaggio e all'auto-riciclaggio. Partendo dai reati societari, vi è stato un indebolimento nel contrasto in sede penale che ha, conseguentemente, impedito di risalire a fatti di corruzione. È pertanto necessario mettere mano rapidamente ad alcune improcrastinabili modifiche normative, rivedendo innanzitutto la materia della corruzione nel settore pubblico, introducendo reati quali il traffico di influenze illecite e la corruzione nel settore privato ed analogamente - posto che chi vuole corrompere ha necessità di disporre di fondi neri - intervenendo sulla struttura dei reati fiscali e del falso in bilancio. Infatti, per effetto del decreto legislativo 11 aprile 2002, n. 61, sono state ridotte le pene per il falso in bilancio, prevedendo soglie di non punibilità altissime e dando così vita ad una sorta di impunità per «modica quantità» di fondi neri; inoltre, e con conseguenze soprattutto per le società, il reato è stato reso perseguibile a querela di parte, querela che la parte offesa, creditore o azionista, difficilmente presenterà contro gli amministratori: il primo perché difficilmente a conoscenza del reato; il secondo perché di solito è lui stesso il mandante e il beneficiario del reato. La questione dell'insufficienza delle sanzioni attualmente stabilite in materia penale societaria - in conseguenza dell'azione liquidatoria svolta dalla maggioranza e dal Governo pro tempore della XIV legislatura mediante il sapiente combinato disposto del fulmineo decreto legislativo 11 aprile 2002, n. 61, e del titolo V della legge 28 dicembre 2005, n. 262 - è stata rilevata da più parti nel corso delle audizioni svoltesi nell'ambito dell'indagine conoscitiva sui rapporti fra il sistema delle imprese, i mercati finanziari e la tutela del risparmio presso le Commissioni congiunte finanze e industria del Senato della Repubblica e finanze e attività produttive della Camera dei deputati.

Infatti, per effetto di tali modifiche molti reati sono stati degradati da delitti (punibili con la reclusione) a contravvenzioni (punibili con l'arresto), è stata ampiamente prevista la sola perseguibilità a querela ed è stata normativamente graduata la sanzione applicabile a seconda della sussistenza o meno di un danno patrimoniale. Appare quindi evidente, anche a seguito delle vicende finanziarie verificatesi in questi anni, l'esigenza di un rafforzamento delle sanzioni in materia societaria, prevedendo un inasprimento delle pene applicabili che fungano da efficace deterrente alla commissione di reati in una materia che, come quella in esame, coinvolge interessi generali della collettività. Le modifiche che si propongono in materia con il presente disegno di legge riproducono, con gli aggiustamenti nel frattempo resisi necessari per l'approvazione della citata legge n. 262 del 2005, la sostanza dell'Atto Senato n. 759 della XV legislatura e costituiscono il doveroso seguito alla mozione sulla corruzione proposta e discussa in Senato in questa legislatura dal Partito democratico.

Misure in materia di contrasto dell'evasione e dell'elusione fiscale

Con le disposizioni contenute in un apposito articolo si intendono ripristinare una serie di norme di lotta all'evasione e all'elusione fiscale abrogate nel corso dell'attuale legislatura, non solo per garantire il buon andamento del gettito tributario derivante dal contrasto all'evasione, ma per ribadire ai contribuenti che la strada dell'evasione non è il percorso migliore per abbattere il proprio carico fiscale. Inoltre il ripristino della normativa risponde a quella esigenza di trasparenza che rafforza la lotta alla illegalità e, unitamente alle disposizioni in materia di falso in bilancio, consente un miglior contrasto al sistema della corruzione.

Modifiche all'articolo 354 del codice penale. Astensione dagli incanti

La disposizione è conseguente alle modifiche recentemente introdotte dal Parlamento agli articoli 353 e 353-bis dello stesso codice e a quelle che si propongono con il presente disegno di legge in materia di corruzione, traffico di influenza e corruzione nel settore privato.

Modifiche agli articoli 648-bise 648-ter del codice penale in materia di autoriciclaggio

I reati di corruzione richiedono generalmente la disponibilità di somme di denaro, talora considerevoli, gestite extra-contabilmente dalle imprese, e più in generale la possibilità di rilevanti movimenti di denaro contante senza particolari controlli. Il pubblico ufficiale corrotto, che riceve tali disponibilità illecite, può occultarle o reinvestirle senza rischi ulteriori, poiché nel nostro ordinamento non è sanzionata la condotta di chi «ripulisce» o «investe» i proventi illeciti di un reato di cui è responsabile. Ciò rende ancora più complesse le indagini anche patrimoniali per i fatti di corruzione e impedisce la confisca dei proventi del reato.

Con questa modifica normativa si intende colmare una lacuna del nostro sistema penale, in materia di delitti contro il patrimonio (e oggi contro l'ordine economico), al fine di potenziare e rendere maggiormente efficace il contrasto al crimine organizzato e ai reati contro la pubblica amministrazione, conformando al contempo il nostro ordinamento alle indicazioni contenute nelle direttive comunitarie in materia (in particolare, direttiva 2005/60/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005, e direttiva 2006/70/CE della Commissione, del 4 agosto 2006), nonché nella Convenzione ONU contro il crimine organizzato transnazionale, ratificata ai sensi della legge 16 marzo 2006, n. 146.

Come noto, infatti, il riciclaggio e il cosiddetto autoriciclaggio costituiscono alcuni dei principali canali di impiego dei proventi delittuosi, in particolare del crimine organizzato, dei reati economici e di corruzione, canali attraverso i quali le associazioni criminali, e non solo, occultano la provenienza delittuosa delle loro risorse e dai quali, soprattutto, traggono mezzi economici per potenziare la loro azione illegale.

Con le modifiche introdotte nel disegno di legge si intende, quindi, procedere ad una integrazione della normativa italiana in materia, in modo che la stessa, in linea con le legislazioni di altri Paesi e con le direttive europee, tenga conto dell'autonomo carattere offensivo dei procedimenti di investimento, prevalentemente nei mercati finanziari, del denaro di provenienza illecita, spesso espressione o supporto del crimine organizzato e di gravi fatti di corruzione.

Modifiche all'articolo 416-terdel codice penale. Scambio elettorale politico-mafioso

La criminalità organizzata costituisce oggi uno dei problemi della cui soluzione occorre farsi carico con assoluta priorità, anche per evitare che costituisca uno degli ostacoli principali allo sviluppo di molte regioni, soprattutto, ma non solo, quelle meridionali, del nostro Paese. Nonostante i pur numerosi provvedimenti ablativi disposti in relazione a beni riconducibili a tali organizzazioni, esse sono in grado di disporre tuttora di ingenti capitali e sono capaci di «inquinare» i diversi settori dell'economia e della politica, infiltrandosi in profondità nel tessuto sociale. A tal fine le mafie hanno sempre più bisogno di imprenditori, politici, magistrati, avvocati, professionisti, che ne consentano lo sviluppo, il proliferare. In questo senso si parla di «borghesia mafiosa», termine riferito a una parte della classe dirigente del nostro Paese collusa con la mafia o corrotta dalla stessa, che permette alla mafia di infiltrarsi nell'economia e nella politica.

In un recente documento i vescovi italiani hanno sottolineato come la mafia «non può e non deve dettare i tempi e i ritmi dell'economia e della politica meridionali, diventando il luogo privilegiato di ogni tipo di intermediazione e mettendo in crisi il sistema democratico del Paese, perché il controllo malavitoso del territorio porta di fatto a una forte limitazione, se non addirittura all'esautoramento, dell'autorità dello Stato e degli enti pubblici»; tutto ciò favorisce «l'incremento della corruzione, della collusione e della concussione, alterando il mercato del lavoro, manipolando gli appalti, interferendo nelle scelte urbanistiche e nel sistema delle auto-rizzazioni e concessioni, contaminando così l'intero territorio nazionale».

La disposizione che si propone intende contribuire a spezzare il rapporto corruttivo tra mafia e politica, affrontando una questione cruciale, quale quella della sfera di applicazione del delitto di scambio elettorale politico-mafioso, mediante una nuova formulazione dell'articolo 416-ter del codice penale. Con tale proposta modificativa si intende, pertanto, estendere la pena stabilita per lo scambio elettorale politico-mafioso a chi si adopera per far ottenere la promessa di voti prevista dal terzo comma dell'articolo 416-bis e, soprattutto, prevedere che, oltre alla erogazione di denaro, anche il trasferimento di «qualunque altra utilità» ovvero la «disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze dell'associazione mafiosa» possano rientrare tra le finalità del delitto. In tal modo l'oggetto dello scambio potrà superare la semplice dazione di denaro in cambio dei voti e conferire maggior concretezza alla disposizione in questione.

Modifiche al codice di procedura penale in materia di intercettazioni

La corruzione è un reato con una cifra nera molto elevata. Si definisce cifra nera la differenza fra il numero di reati commessi e quelli risultanti dalle statistiche giudiziarie. Essa varia a seconda di molti fattori, fra i quali il tipo di reato ed il contesto in cui viene commesso. La cifra nera della corruzione dipende dal fatto che trattasi di un reato a vittima diffusa (nel quale nessuno percepisce di essere stato danneggiato direttamente); dal fatto che, normalmente, viene commesso in assenza di testimoni, posto che raramente viene perpetrato in presenza di soggetti estranei; e dalla circostanza, infine, che corrotti e corruttori hanno un convergente interesse al silenzio. Pertanto la corruzione non viene quasi mai denunciata e si scopre solo svolgendo indagini complesse, di regola su altri reati, che richiedono il ricorso a strumenti sofisticati di indagine. La disposizione che si propone ha la finalità di potenziare lo strumento delle intercettazioni (telefoniche, telematiche, ambientali) nell'ambito di procedimenti per delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, confidando nella desistenza da parte del Governo e della maggioranza da ogni proposta tesa a restringerne ambito, durata, presupposti di ammissibilità e di utilizzabilità anche in altri procedimenti, nonché da ogni progetto di riforma volto ad ostacolare l'accertamento dei reati o a limitare i poteri cognitori del giudice.

Per completezza, devo ricordare che gli ultimi due emendamenti, aggiunti per l'aula, e proposti da me e dal senatore D'Ambrosio in materia penale e processuale penale riguardano modifiche al reato di abuso di ufficio e al regime della prescrizione, per facilitare da una parte le indagini e il contrasto alla corruzione e dall'altro la possibilità di perseguire effettivamente i reati in materia.

In conclusione le proposte di legge presentate in materia dal Gruppo del PD e gli emendamenti che ne sono conseguiti si collocano in un panorama articolato di strumenti che sono stati adottati in sede internazionale negli ultimi venti anni. Difatti a partire dalla seconda metà degli anni Novanta l'obiettivo della lotta alla corruzione nei suoi differenti aspetti si è imposto all'attenzione della comunità internazionale - sia a livello universale che a livello regionale - che ha percepito l'estrema pericolosità per la democrazia, per il diritto, per le libertà fondamentali, nonché per il progresso socio-economico di tali pratiche illegali. Pertanto, l'adeguamento dell'ordinamento interno che proponiamo risponde alla necessità di rendere omogenei a livello internazionale gli strumenti di contrasto del fenomeno corruttivo e facilitare la collaborazione tra i vari Paesi e tende, comunque, a rendere effettiva la lotta contro la corruzione e la correttezza dell'azione amministrativa, a differenza di quanto si propone con il disegno di legge proposto dal Governo.

 


 

 

 

 

Senato della Repubblica

XVI LEGISLATURA

 

Assemblea

 

 

 

 

 

RESOCONTO STENOGRAFICO

ALLEGATI

 

 

 

ASSEMBLEA

 

564a seduta pubblica (pomeridiana):

 

 

mercoledì 8 giugno 2011

 

 

Presidenza del vice presidente CHITI,

indi della vice presidente MAURO

e del presidente SCHIFANI

 


 

RESOCONTO STENOGRAFICO

 

Presidenza del vice presidente CHITI

 

PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 15,03).

Si dia lettura del processo verbale.

 

PEDICA, f.f. segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del giorno precedente.

 

PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.

Ringrazio il senatore Pedica per aver svolto il ruolo di Segretario ed averci consentito di aprire la seduta.

Comunicazioni della Presidenza

 

PRESIDENTE. L'elenco dei senatori in congedo e assenti per incarico ricevuto dal Senato, nonché ulteriori comunicazioni all'Assemblea saranno pubblicati nell'allegato B al Resoconto della seduta odierna.

 

Preannunzio di votazioni mediante procedimento elettronico

 

PRESIDENTE. Avverto che nel corso della seduta odierna potranno essere effettuate votazioni qualificate mediante il procedimento elettronico.

Pertanto decorre da questo momento il termine di venti minuti dal preavviso previsto dall'articolo 119, comma 1, del Regolamento (ore 15,06).

 

Seguito della discussione dei disegni di legge:

(2156) Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione

(2044) BAIO ed altri. - Misure per contrastare fenomeni corruttivi nel rapporto tra eletti, cittadini e pubblica amministrazione

(2164) LI GOTTI ed altri. - Norme per il contrasto alla corruzione nella pubblica amministrazione e in materia di cause ostative all'assunzione di incarichi di governo, incandidabilità ed ineleggibilità dei condannati per reati contro la pubblica amministrazione. Delega al Governo in materia di coordinamento del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267

(2168) D'ALIA. - Disciplina della partecipazione alla vita pubblica e degli emolumenti per l'esercizio della funzione pubblica, regolamentazione degli incarichi di consulenza e norme in materia di contrasto a fenomeni di corruzione

(2174) FINOCCHIARO ed altri. - Norme per il contrasto alla corruzione nella pubblica amministrazione e nel settore privato. Cause ostative all'assunzione di incarichi di governo, incandidabilità ed ineleggibilità dei responsabili per reati contro la pubblica amministrazione e collegati

(2340) DELLA MONICA ed altri. - Norme per la trasparenza, la prevenzione e la repressione della corruzione e per il contrasto alla illegalità nel settore pubblico e privato

(2346) ZANDA. - Norme per il contrasto alla corruzione nella pubblica amministrazione e nel settore privato(ore 16,23)

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge nn. 2156, 2044, 2164, 2168, 2174, 2340 e 2346.

Riprendiamo l'esame degli articoli del disegno di legge n. 2156.

Nella seduta antimeridiana di oggi, dopo avere esaminato l'articolo 1 e gli emendamenti ad esso riferiti, l'Assemblea ha convenuto, su richiesta del rappresentante del Governo, di sospendere brevemente l'esame del disegno di legge.

Ha chiesto di parlare il sottosegretario Augello. Ne ha facoltà.

AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signora Presidente, il Governo ha esaminato anche tecnicamente il testo degli articoli del disegno di legge che rimanevano da approvare e le conseguenze della mancata approvazione dell'articolo 1, così come proposto nell'articolato originario presentato in Commissione, ed è giunto a due conclusioni. Innanzitutto, ritiene che in ogni caso sia possibile procedere all'esame degli altri articoli, a partire dall'articolo 2, perché indubbiamente, esattamente come era già successo con i tre articoli usciti da questo testo ed entrati in altri provvedimenti, la gran parte delle misure che dobbiamo discutere ed approvare in quest'Aula ha una valenza in sé, a prescindere dall'articolo 1.

Certamente - non intendiamo negarlo in nessun modo, anche perché l'abbiamo detto immediatamente e con grande lealtà nel momento in cui è stato bocciato l'articolo 1 - rimane il problema che quell'articolo inseriva, finalizzava e contestualizzava tutto il resto dell'articolato nell'ambizione, che tutti noi abbiamo, di dare un coordinamento a tutte queste materie. Ed è per questa ragione che il Governo ha assunto una seconda decisione: presentare un emendamento aggiuntivo che introduce un articolo nel quale si propone una forma di coordinamento, ovviamente diversa rispetto a quella bocciata dall'Aula.

Voglio dire con grande franchezza che noi avremmo potuto meditare più a lungo la stesura di questo emendamento, ma ci siamo attenuti alle indicazioni che ci sono venute dalla Conferenza dei Capigruppo e quindi da questo ramo del Parlamento. Pertanto, abbiamo ritenuto nostro dovere lavorare celermente nella pausa che ci siamo concessi per poter redigere e sottoporre il testo del nostro emendamento immediatamente all'attenzione dell'Aula. Non ci siamo quindi trincerati aspettando un momento diverso. Siamo in grado, dunque, sia di procedere nell'esame dell'articolato, a partire dall'articolo 2, sia di far conoscere il nostro emendamento.

Anticipo qualcosa illustrandolo. L'idea su cui il Governo ha lavorato, cercando anche di raccogliere alcuni spunti emersi dal dibattito, è che - ferma restando l'impostazione che abbiamo dato, cioè che non sia possibile, peraltro anche per motivi di copertura finanziaria, e non solo, in questa sede e in questa fase, istituire un'Authority per il coordinamento dell'attività contro la corruzione - andasse rafforzata l'autorevolezza e la qualità della struttura di coordinamento, rendendola di fatto più rispondente alle aspettative emerse dalla discussione in Aula. Pertanto, mi limito solo ad anticipare che l'emendamento prevede la costituzione di un comitato che, una volta insediato, si avvarrà delle strutture del Dipartimento presso la Presidenza del Consiglio dei ministri; sarà composto dal procuratore generale della Corte di cassazione, dal presidente del Consiglio di Stato, dal procuratore generale della Corte dei conti, dal comandante generale dell'Arma dei carabinieri, dal capo della Polizia, dal comandante della Guardia di finanza, dal presidente dell'Autorità nazionale di vigilanza sui lavori pubblici, e via via da tutta una serie di soggetti che hanno ruoli di alta dirigenza o di responsabilità diretta proprio nell'attuazione delle politiche di contrasto alla lotta alla corruzione ed anche delle politiche di prevenzione e repressione di tutti quei fenomeni che possono favorire, anche in termini ambientali, eventi che determinano conseguenze molto gravi, tra cui anche la corruzione.

Questo comitato ovviamente non verrebbe selezionato per nomina, ma sarebbe formato da persone con ruoli già definiti. Si tratterebbe delle persone che ho testè elencato e di altre che ciascuno potrà leggere nel testo dell'emendamento. Di conseguenza, spetterebbe a questo comitato elaborare a livello nazionale e internazionale l'attuazione dei principi di cui all'articolo 5 della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione e tutto quello che ne consegue.

Presidenza del presidente SCHIFANI(ore 16,30)

 

(Segue AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri). Questo è l'emendamento che il Governo presenta.

Ora, oltre a queste considerazioni, colgo l'occasione per fare alcune precisazioni anche a seguito delle polemiche di queste ore. Innanzitutto, non dobbiamo dimenticare che questa formulazione dovrebbe essere piuttosto rassicurante rispetto all'idea che personalità del genere, riunite in un comitato, possano subire una qualsivoglia forma di condizionamento. È evidente che, se così fosse, non potrebbero permanere nemmeno negli incarichi che ricoprono attualmente. Tanto per essere chiari, dubito che si possa considerare sottoposto a qualche forma di influenza il Comandante dell'Arma dei carabinieri o il Presidente della Corte dei conti. Ciò sarebbe abbastanza inverosimile da sostenere, oltre che offensivo nei loro confronti.

Ciò detto, credo che questa soluzione ci potrebbe anche permettere di compiere un lavoro importante, e in questo senso mi auguro di trovare l'attenzione e la disponibilità dell'opposizione.

Senatrice Finocchiaro, l'idea di ritirare il provvedimento non trova ragione in una nota di un agile manuale di sopravvivenza del Governo. Non avrebbe molto senso da parte nostra farlo. In linea di massima, però, a prescindere da questo, anche rispetto alle aspettative che abbiamo creato sulla seduta odierna e sui lavori dell'Aula, credo che, se questo ramo del Parlamento non dovesse approvare un provvedimento sulla corruzione, magari anche con una maggioranza più ampia di quella che governa attualmente il Paese, non renderemmo un buon servizio alle stesse aspettative che abbiamo suscitato.

Quindi, da questo punto di vista, mi auguro che si colga anche in tale emendamento lo sforzo del Governo di arrivare a detto risultato. Il Presidente del Senato ha voluto con grande forza che ci trovassimo in quest'Aula per mettere fine ad una attesa durata probabilmente troppo. Si è svolto un dibattito serrato. Il Governo ha attraversato un momento di difficoltà, dovuto ad un problema di numeri, che è stato sotto gli occhi di tutti. In ogni caso, ora vogliamo riavviare l'esame di questo provvedimento.

L'emendamento in esame è un contributo che vi prego di leggere in tale direzione, perchè è in tale direzione che noi vogliamo andare. Abbiamo la consapevolezza di aver fatto uno sforzo per andare in questa direzione. Abbiamo - spero, senza presunzione - anche la forza di riuscirci nel pomeriggio. (Applausi dal Gruppo PdL).

 

PRESIDENTE. La Presidenza, sottosegretario Augello, attende la formalizzazione dell'emendamento. Si riserva di valutarne l'ammissibilità e di fissare il termine per la presentazione di subemendamenti. Questa è la decisione della Presidenza.

 

FINOCCHIARO (PD). Domando di parlare. (Altri Capigruppo fanno cenno al Presidente che intendono anch'essi intervenire).

 

PRESIDENTE. Colleghi, vi darò la parola, ma sia chiaro che si va avanti. Visto che il Governo ha assunto la posizione che ci ha appena comunicato e dobbiamo finire l'esame del provvedimento entro le ore 15 di domani, parlerete, ma si va avanti, vista la decisione, naturalmente se l'emendamento è dichiarato ammissibile, a meno che non sia avanzata una richiesta formale, secondo Regolamento, di un suo rinvio in Commissione, ammesso che sia esperibile: secondo Regolamento, naturalmente.

Alla luce delle dichiarazioni testé rilasciate dal Governo, bisogna assumersi la responsabilità delle proprie iniziative. Sentiremo la maggioranza, ma l'impegno di questa Presidenza è stato di portare all'esame dell'Aula questo provvedimento. La Presidenza si augura che in questa settimana si dia una risposta al Paese sul contrasto alla corruzione. Questa è la posizione. (Applausi dai Gruppi PdL, LNP e CN-Io Sud).

Poi, se qualcuno non intende pronunziarsi su questo tema, naturalmente, si voterà. (Il senatore D'Alia alza ripetutamente la mano per chiedere di intervenire).

Senatore D'Alia, le darò la parola, come ho sempre fatto: stia tranquillo. Ho sempre dato la parola ai Capigruppo. Non occorre agitarsi alzando in quel modo la mano. Non ce ne è bisogno.

Ha facoltà di parlare la presidente Finocchiaro.

 

FINOCCHIARO (PD). Non devo ricordare a lei, presidente Schifani, che padrone dell'andamento dei lavori di quest'Aula non è il Governo della Repubblica, ma il Senato della Repubblica. (Applausi dai Gruppi PD, IdV, UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI e Misto-ApI).

 

PRESIDENTE. Mi rifarò all'Aula, infatti. É l'Aula che comanda, e non la Presidenza del Senato.

 

FINOCCHIARO (PD). E' esattamente l'Aula che comanda, e il Regolamento del Senato della Repubblica.

 

PRESIDENTE. È il nostro viatico.

 

FINOCCHIARO (PD). Lo so bene, Presidente, che è il vostro viatico.

Desidero fare due considerazioni rispetto alla garbata esposizione del sottosegretario Augello, che ringrazio per il garbo, ma non per il merito.

Quest'Aula ha fatto due votazioni questa mattina: con il primo voto è stato bocciato l'emendamento del senatore Malan; con il secondo è stato bocciato l'articolo 1 del disegno di legge.

In sostanza, ciò che è stato bocciato è il sistema con il quale viene radicata presso la Presidenza del Consiglio dei ministri l'Autorità - o chiamatela come volete - che deve governare il controllo della corruzione nella pubblica amministrazione.

Questo è il punto. E, se questo è il punto, non è ammissibile né proponibile alcun emendamento che riproduca questo sistema.

Al sottosegretario Augello, che per inciso, e con grande abilità retorica, dice che non è possibile ricorrere al sistema dell'Autorità indipendente (come l'articolo 6 della Convenzione ONU sulla corruzione del 2003 impone), io chiedo quali siano - ohibò! - le ragioni di questa impossibilità, che peraltro, come possibilità positiva, viene invece prevista in altri disegni di legge presentati e abbinati a questo provvedimento. Mi resta oscuro perchè noi dobbiamo o dovremmo contravvenire, o proponiate di contravvenire all'articolo 6 della Convenzione ONU, per creare un carrozzone - mi perdonino le insigni personalità che verrebbero a comporre questo organismo - che resta saldamente nelle mani della Presidenza del Consiglio.

E voglio ancora aggiungere che non solo abbiamo dalla nostra l'articolo 97, secondo comma, del Regolamento del Senato della Repubblica, che appunto dichiara inammissibili ordini del giorno, emendamenti e proposte in contrasto con deliberazioni già adottate dal Senato sull'argomento nel corso della discussione, ma abbiamo dalla nostra anche un'altra proposta positiva. Si sta agitando in quest'Aula, e fuori - capisco la forza della disperazione - una mistificazione che, in sé, è anche una calunnia, secondo la quale verrebbe impedita dalle opposizioni di questo Paese la discussione di un provvedimento anticorruzione chiaro ed efficace.

La strada è chiara davanti a noi. Esistono molteplici disegni di legge presentati dalle opposizioni e abbinati a questo provvedimento: sono tutti disegni di legge rispetto ai quali io non esprimo nessuna preferenza. Il Governo ritiri il proprio provvedimento, si vada in Commissione, si scelga uno di questi testi come testo base, su questo si costruisca un provvedimento assai più compiuto, profondo, efficace e rispondente alle prescrizioni internazionali e si torni subito in Aula. (Applausi dai Gruppi PD, IdVe UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI).

Questo è quello che abbiamo voluto dal primo momento, presentando i disegni di legge anticorruzione (ben tre sono quelli del mio Gruppo), sollecitando in ogni sede e con ogni forma - compresa una lettera diretta a lei, presidente Schifani - la discussione del provvedimento anticorruzione, presentando noi il disegno di legge di ratifica della Convenzione di Strasburgo ed impegnandoci in ogni modo perché l'Italia abbia una disciplina anticorruzione che faccia onore alla necessità di liberare il nostro sistema dalla corruzione. Siamo pienamente consapevoli dei guasti, non misurabili solo con il metro del codice penale, che la presenza della corruzione reca al nostro sistema, alle competitività del Paese, alla libertà dei nostri mercati e alla possibilità delle nostre imprese di muoversi secondo regole chiare e definite.

Perché volete ostinarvi? Il vostro disegno di legge è sbagliato, ed è stato bocciato per due volte dall'Assemblea del Senato. L'opposizione, il più grande partito dell'opposizione, stende davanti voi il tappeto rosso della possibilità di avere, in tempi brevi, una disciplina efficace e rispettosa degli impegni internazionali in materia di corruzione.

Se vi ostinerete, io devo dirvi quello che penso, con ogni chiarezza: noi saremo costretti ad esperire ogni mezzo perché si eviti che questo Senato torni a discutere di un argomento che ha già bocciato.

Quando vi renderete conto che c'è la necessità di rimettere in relazione la forma di una maggioranza che muta continuamente (Applausi dai Gruppi PD e IdV) e la sostanza del merito delle decisioni gravi che noi vi diciamo di essere disponibili, su questo tema, ad assumere insieme a voi, portandone la responsabilità? Purché queste siano chiare, serie, efficaci e rispettose della legalità internazionale. (Applausi dai Gruppi PD, IdV e del senatore Serra).

 

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Signor Presidente, il comma 2 dell'articolo 97 del Regolamento del Senato dispone che sono inammissibili ordini del giorno, emendamenti e proposte in contrasto con deliberazioni già adottate dal Senato sull'argomento nel corso della discussione. Il successivo articolo 100, al comma 11, stabilisce che il Presidente del Senato, nell'interesse della discussione, può decidere l'accantonamento e il rinvio alla competente Commissione di singoli articoli e dei relativi emendamenti, stabilendo la data nella quale la discussione degli stessi dovrà essere ripresa in Assemblea.

Il testo che il Governo con questo emendamento intende sottoporre all'Aula è oggettivamente inammissibile, ai sensi delle disposizioni che ho citato, per una serie di ragioni, signor Presidente.

La prima riguarda il merito ed il contenuto: l'Aula ha deciso che non è possibile che l'Autorità anticorruzione sia gestita dall'Esecutivo e dalla Presidenza del Consiglio, ma che debba essere un'autorità terza.

In secondo luogo, l'Aula ha deciso che quest'Autorità terza deve avere una serie di poteri coercitivi, penetranti rispetto al tessuto dell'amministrazione su cui si ritiene vi siano rischi di corruttela.

In terzo luogo, l'Autorità devo essere indipendente e non deve interferire con altri poteri dello Stato, per cui l'idea che il Governo ha preannunziato nel suo emendamento di mettere dentro il procuratore generale della Corte di Cassazione, la Corte dei conti, i Carabinieri a cavallo, la Guarda di finanza e la Guardia forestale, evidenzia profili di incostituzionalità del testo, perché la funzione della norma ed il contenuto della Convenzione ONU dicono esattamente il contrario. (Applausi dai Gruppi UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI, PD e IdV).

Pertanto, anche la pezza che maldestramente e con arroganza la maggioranza, venuta in Aula senza un'idea sulla lotta alla corruzione, intende mettere, è peggiore del buco stesso.

Mi dispiace disturbarla, signor Presidente, ma lei deve assumersi una responsabilità, perché lo prevede il Regolamento, non solo con riguardo all'evidente ed oggettiva inammissibilità della proposta del Governo, ma anche con riferimento alla circostanza che, poiché l'articolo 1 è l'articolo principe, quello cioè che dà attuazione alla Convenzione ONU, senza di quello non possiamo andare avanti. Lei pertanto, secondo il Regolamento, è obbligato a disporre, nell'interesse della discussione, che il testo vada in Commissione, che venga riesaminato e che venga formulata una norma in sintonia con il deliberato del Senato, che resta sovrano, per riprendere poi il dibattito in Aula. Questo lo possiamo fare, perché nessuno di noi vuole sottrarsi a questa importante decisione, ma nel contempo neanche essere preso in giro e fare un lavoro inutile, prendendo in giro i cittadini.

In questo senso possiamo lavorare anche oggi pomeriggio in Commissione, per ritrovarci poi domani mattina in Aula, dopo l'approvazione dell'articolo 1, secondo il Regolamento, secondo la Convenzione ONU e secondo il deliberato del Senato, che non può essere eluso, neanche da un voto della maggioranza.

Signor Presidente, lo ripeto, secondo il Regolamento è lei che deve assumersi la responsabilità di decidere come proseguire i lavori, ed il percorso è obbligato. (Applausi dai Gruppi UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI, PD e IdV).

 

LI GOTTI (IdV). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LI GOTTI (IdV). Signor Presidente, onorevoli colleghi, ho compreso la comunicazione del Sottosegretario, ma da profano dei lavori d'Aula, avendo un'esperienza limitata, sono a chiedermi che cos'è l'emendamento. In base alle scarse letture che ho potuto fare, l'emendamento è qualcosa che si inserisce per correggere un testo, per integrarlo, per sopprimerlo, ossia è qualcosa che si collega ad un'oggettività esistente.

Può concettualmente prospettarsi nella realtà fenomenica l'esistenza di un emendamento, in assenza di una oggettività di riferimento? Questo è un problema che dobbiamo porci. È vero che, ai sensi dell'articolo 100 del Regolamento, il Governo e i relatori, che in questo caso non ci sono, possono presentare emendamenti al di fuori dei termini e delle condizioni previsti per noi comuni mortali, però tutto ciò deve avvenire nell'ambito del concetto di emendamento. Il Governo non può dire: ora faccio un'altra cosa...

 

AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. È un emendamento aggiuntivo!

 

LI GOTTI (IdV). Non lo chiami emendamento, sottosegretario Augello, perché l'emendamento riguarda un oggetto. Ma se quell'oggetto non c'è, cosa emenda? Lo si chiami in un altro modo, magari norma ulteriore. Ma un'ulteriore norma, se non è veicolata dallo strumento dell'emendamento, non la si può presentare in Aula. È fuori dal Regolamento questo. Quindi, stiamo attenti.

E' vero che da noi esistono le prassi che iniziano nel momento in cui si attuano, però non bisogna neanche esasperare il concetto di prassi. La prassi deve avere almeno un mezzo precedente, ma se non ce l'ha, è difficile che possa parlarsi di prassi nascente nel momento in cui si crea la novità.

Quindi, vorrei rientrare nell'ambito concettualmente corretto. La materia diventa complessa. Mi rivolgo in questo caso a lei, signor Presidente.

Non voglio riaprire la discussione sulla sua decisione adottata ai sensi dell'articolo 97, però le faccio presente rispettosamente che gli emendamenti da noi presentati non sono altro che lo scorporo dei disegni di legge pendenti all'esame di quest'Aula. Come può assumersi l'estraneità di un emendamento che coincide con il testo di uno dei disegni di legge che stiamo esaminando? I disegni di legge rimangono; al di là di quello di iniziativa del Governo, vi sono comunque gli altri disegni di legge.

L'articolo 97 semmai può riguardare l'emendamento del Governo. Ma in questo caso, ciò che lei ha dichiarato estraneo alla materia non lo è per nulla, perché è la materia dei nostri disegni di legge. Un articolo del nostro disegno di legge può diventare estraneo alla materia soltanto perché per motivi di organizzazione dei lavori si trasforma ciò che è all'esame dell'Aula in emendamento? Come può diventare estraneo qualcosa che è esattamente materia della nostra attenzione?

PRESIDENTE. A quale materia si riferisce l'estraneità da lei richiamata?

 

LI GOTTI (IdV). L'emendamento 10.0.5 coincide con quanto stabilito dall'articolo 11 del disegno di legge n. 2164.

 

PRESIDENTE. Che cosa dice l'emendamento?

 

LI GOTTI (IdV). Se vuole glielo leggo.

 

PRESIDENTE. Non importa: dice di escludere dagli incarichi di Governo coloro che sono stati rinviati a giudizio per determinati reati. In effetti, senatore Li Gotti, vi sono disegni di legge che parlano di questo argomento, ma qui stiamo discutendo un testo di legge che parla di prevenzione e repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione. Mi sembra un argomento un po' diverso, mentre ci sono disegni di legge che affrontano i temi che pone lei.

 

LI GOTTI (IdV). Sì, ma il nostro è un disegno di legge che è all'esame dell'Aula; l'abbiamo esaminato in Commissione, c'è stata una relazione in Commissione e c'è un documento del Servizio Studi del Senato che l'affronta. Come può essere estraneo, se è un disegno di legge che è all'ordine del giorno dei nostri lavori? Come può essere estraneo ai nostri lavori quell'emendamento che coincide con un articolo di un disegno di legge che è all'esame di quest'Aula? E mi riferisco anche agli altri emendamenti dichiarati estranei per materia, coincidenti con articoli dei disegni di legge al nostro esame.

Mi rendo conto ovviamente che ciò è conseguenza del fatto che in Commissione erano in discussione sei disegni di legge; si è lavorato puntando naturalmente ad assumere come testo base il disegno di legge del Governo, ma nel momento in cui la Commissione non ha esaurito il suo lavoro, si è arrivati in Aula con sei disegni di legge, non con uno solo. All'ordine del giorno sono sei disegni di legge. Poi è ovvio che, essendo la materia connessa, ai sensi dell'articolo 51 del Regolamento, si procede con un esame unitario, però, Presidente, rispettosamente, come può ritenere estranea alla materia un emendamento che corrisponde ad un articolo di un disegno di legge che stiamo esaminando? È la materia, non può essere estranea: è proprio quella la materia, non altra.

Allora, io non voglio ripetermi, ma penso che la strada intrapresa sia diventata irta di ostacoli. Si sta seguendo una procedura totalmente innovativa e che forse noi non potremo più ripetere perché è troppo nuova.

Abbiamo sbagliato noi a insistere per la calenderizzazione? Ha sbagliato la Commissione bilancio a impiegarci sette mesi per darci i pareri?

Si è creata una condizione di disponibilità totale dell'opposizione e della maggioranza - glielo assicuro, e i colleghi delle Commissione 1a e 2a ne sono testimoni - a lavorare seriamente su questi provvedimenti, tant'è vero che abbiamo rinunziato alla discussione generale in Commissione per guadagnare tempo, ripromettendoci di farlo in sede di votazione degli emendamenti.

Abbiamo fatto tutto ciò per guadagnare tempo; quindi, di tutto si può parlare tranne che di ostruzionismo. Ieri addirittura ci è stato contestato l'ostruzionismo perché per sette mesi avremmo atteso, rinunziando a discutere. Noi, come voi, vogliamo questo provvedimento, però facciamolo bene. Ci sono le condizioni per farlo bene, anche alla luce di quello che è avvenuto ieri nelle Commissioni 2a e 3a con l'approvazione del disegno di legge relativo alla ratifica della Convenzione di Strasburgo del 27 gennaio del 1999 sulla corruzione. (Applausi dal Gruppo IdV).

 

PRESIDENTE. Senatore Li Gotti, ho ascoltato i suoi interessantissimi e articolatissimi interventi; mi permetto però di significarle che, anche se la Commissione - come lei ha opportunamente ricordato - non ha concluso i suoi lavori con il mandato al relatore, in Aula è arrivato il testo base che è stato adottato all'unanimità dalla Commissione. Quindi, su questo stiamo lavorando. (Commenti del senatore Li Gotti).

 

BRICOLO (LNP). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BRICOLO (LNP). Signor Presidente, gli interventi del senatore Li Gotti sono sempre interessanti, anche se francamente questa volta ha parlato per un quarto d'ora, ma si è capito poco. Si è voluto usare più il politichese che andare al dunque della questione. (Applausi dal Gruppo PdL). Stiamo affrontando un provvedimento rispetto al quale è giusto spiegare ai colleghi cos'è avvenuto nelle settimane scorse, quando le opposizioni con forza ne hanno chiesto la calenderizzazione in tempi molto veloci con l'obiettivo - alla fine anche noi della maggioranza abbiamo deciso di convergere su questa idea - di arrivare all'approvazione di questo provvedimento.

Per come invece si sono svolte oggi le cose in quest'Aula, mi sembra evidente che le opposizioni abbiano voluto arrivare a questa calendarizzazione urgente, tant'è che siamo arrivati in Aula senza i relatori e dunque senza che fosse terminato l'esame del provvedimento in Commissione, perché hanno chiesto di discuterlo nel più breve tempo possibile. Magari qualche settimana in più di discussione anche secondo noi sarebbe stata utile per arrivare ad un provvedimento più condiviso da tutte le forze politiche; comunque siamo arrivati a discuterne in Aula, ed ora l'intento delle opposizioni non è quello di pervenire all'approvazione di questo provvedimento ma di rimandarlo in Commissione, dunque di affossarlo e di non arrivare più alla sua approvazione, e ciò è francamente inaccettabile. (Applausi dai Gruppi LNP e PdL. Commenti dai banchi delle opposizioni).

Si può discutere di tutto, ma lo si deve fare in maniera costruttiva e senza prendere in giro, alla fine, gli elettori e i cittadini che stanno seguendo i lavori di quest'Aula attraverso le trasmissioni radiofoniche e televisive. (Commenti del senatore Belisario).

Voglio ringraziare il sottosegretario Augello per come è intervenuto in Aula, per quello che ha detto e anche per i toni che ha voluto usare, che di fatto denotavano la volontà di una condivisione del provvedimento anche con le opposizioni. È stato presentato questo articolo aggiuntivo: non è propriamente un emendamento, senatore Li Gotti, ma un articolo aggiuntivo all'articolo 2. Io non lo ho ancora esaminato nei dettagli. Se la Presidenza lo riterrà ammissibile, ci sarà il tempo per presentare eventuali subemendamenti.

Però, per quanto già illustrato dal Sottosegretario, presidente Finocchiaro, credo che affermare che il Procuratore generale presso la Corte di cassazione, il Presidente del Consiglio di Stato, il Procuratore generale della Corte dei conti, il Comandante generale dell'Arma dei carabinieri, il Comandante generale della Guardia di finanza e il Capo della Polizia non siano persone indipendenti e autonome costituisca veramente un affronto a queste alte cariche dello Stato (Applausi dai Gruppi LNP e PdL. Commenti dai banchi delle opposizioni). Perché il Comitato avrà queste persone che andranno a garantire l'attività anticorruzione nel nostro Paese. (Commenti del senatore Maritati).

Dunque, presidente Schifani, andiamo avanti con questo provvedimento; se l'emendamento che prevede l'articolo aggiuntivo sarà ammissibile si potranno eventualmente presentare subemendamenti o si potrà accettarlo così com'è. Abbiamo la volontà di andare avanti mentre pensiamo invece che, come al solito, le opposizioni dicono una cosa, ma in Aula fanno esattamente il contrario. Il loro scopo è solo quello di avvelenare il clima politico e non invece di arrivare all'approvazione di un provvedimento che l'intero Paese aspetta da tempo. (Applausi dai Gruppi LNP e PdL).

 

BRUNO (Misto-ApI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BRUNO (Misto-ApI). Signor Presidente, l'emendamento, così come viene presentato, ancor prima che nei contenuti, nei modi, sta proprio al limite dei normali rapporti tra l'Aula e il Governo. Insomma, si può anche provare a fare qualche forzatura, ma qui siamo ad un voto d'Aula che, dopo qualche ora, viene in sostanza completamente capovolto con la presentazione di un articolo aggiuntivo. Tuttavia, il provvedimento ha un suo significato, una sua importanza per il Paese. Lo stesso Presidente del Senato ci richiamava all'importanza per il Paese e, senza voler enfatizzare la nuova riscrittura, è bene anche non esagerare nella dialettica parlamentare.

C'è un modo, però, per venirne fuori. Proprio perché conosciamo l'importanza di questo provvedimento, trovo ragionevole quanto proponeva il presidente D'Alia. Nulla vieta di andare in Commissione, riscrivere oggi pomeriggio questa parte del provvedimento e domani mattina tornare in Aula. È chiaro che ci vuole uno sforzo per venire incontro alle esigenze di contenuti che l'Aula ha a maggioranza evidenziato già nella discussione di questa mattina. È chiaro che se il Presidente non dovesse decidere per un percorso come quello che gli stiamo indicando e se si dovesse prestare a una forzatura, ciò potrebbe costituire un procedimento talmente particolare da mettere in atto un precedente che renderebbe tutto più rischioso.

Anche per questo, penso che il Presidente del Senato abbia una responsabilità ulteriore, e poiché lui stesso ci richiama all'importanza di questo provvedimento - e noi sappiamo che è importante - gli chiediamo di rinviare il testo in Commissione e ci dichiariamo pronti a venire a votare in Aula domani mattina.

 

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, il Governo non rinuncia a verificare tutte le strade possibili perché con l'opposizione, come ho detto questa mattina, si possa pervenire all'approvazione di un serio provvedimento anticorruzione. Il Governo ricorda che la Convenzione dell'ONU del 2003 è stata approvata da questo Governo e da questo Parlamento nel 2009 e anche che, a legislazione vigente, l'attuale autorità anticorruzione è presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.

Presidente Finocchiaro, non è possibile dire che noi non abbiamo fatto nessuna modifica, perché lei mi insegna che esiste una dipendenza gerarchica o un rapporto funzionale, ma tra questo Comitato e la Presidenza del Consiglio dei ministri non esiste una dipendenza gerarchica né un rapporto funzionale. Non vi è quindi nessun paragone tra quello che abbiamo bocciato questa mattina e quello che è proposto oggi: si tratta di un testo completamente diverso.

Il Presidente del Consiglio dei ministri adotterà con un proprio decreto le modalità di funzionamento del Comitato, ma su proposta del Comitato stesso, ossia come avviene - e lei me lo insegna - per gli atti del Consiglio superiore della magistratura, che assumono la forma del decreto del Ministro o del decreto del Presidente della Repubblica. Ci troviamo quindi di fronte a un organismo del tutto indipendente.

Vorrei però richiamare ancora per un attimo l'attenzione di tutti sulla non necessità dell'articolo 1 rispetto agli altri articoli del disegno di legge, che abbandonano una vecchia concezione della risposta con autorità terze e indipendenti (Applausi del senatore Nania), ma introducono un principio di responsabilità che è alla base di tutte le normative contemplate dagli articoli da 2 a 12 e che concernono la responsabilità delle amministrazioni locali, di coloro che devono compiere i controlli, la necessità della trasparenza della pubblica amministrazione, il controllo deputato alla collettività, alla generalità dei cittadini, che non c'entrano col Piano nazionale anticorruzione. Infatti, quelle norme, che possono essere magnificamente valutate e inserite a legislazione vigente, garantiscono come conseguenza la lotta alla corruzione.

Pertanto, in quell'opera di vera collaborazione, noi, anziché ridurci alla fine del provvedimento a presentare un emendamento per portare avanti l'idea recata dall'articolo 1, abbiamo ritenuto corretto informare immediatamente il Parlamento dell'intenzione di fare un provvedimento diverso, che teneva conto anche di quanto era stato sollecitato dall'opposizione. Poi si può discutere su quali soggetti inserire nel Comitato e poi possiamo benissimo con dei subemendamenti procedere ad aggiornamenti: non è che io ritenga che siano queste le persone che devono per forza far parte del Comitato. L'aspetto che evidenzio è che non c'è una dipendenza funzionale o gerarchica, né con il Presidente del Consiglio né con altra autorità. I componenti del Comitato non sono autorità politiche e, quindi, vi è una garanzia, essendo un organo che non ha un'influenza diretta e non essendo il vecchio Alto commissario per la lotta alla corruzione. È un organo diverso rispetto a quelle che sono le norme riguardanti la capacità di ciascuno di rigenerarsi.

Ciascuno di voi sa quanto è avvenuto qualche giorno fa. Anche il procuratore nazionale antimafia ha ritenuto che la migliore soluzione per la lotta alla corruzione sia quella di garantire una verifica degli appalti da parte dei sindaci dei Comuni. Questa è la responsabilità alla quale noi vogliamo chiamare tutte le autorità pubbliche, tutte le cariche elettive di questo Paese. È una responsabilità che possiamo costruire insieme, migliorando eventualmente il testo nelle parti da migliorare: ma non per lotta politica. Non sosteniamo che sia la stessa cosa. Non diciamo di aver previsto un Comitato in rapporto con il Presidente del Consiglio dei ministri, perché non è così.

Rispondo al senatore Bruno e al senatore D'Alia. Se l'Aula ritiene necessario un passaggio in Commissione, io mi rimetto all'Aula e al Presidente del Senato. Tentiamo, invece, di riuscire a discutere in questa sede, proprio per quella non dipendenza degli articoli da 2 a 12 da questo articolo. È un articolo sì importante, ma che nulla ha a che vedere con la disciplina prevista dagli altri articoli, che riguardano l'effettiva lotta alla corruzione. Se vogliamo condurre tale lotta, dobbiamo farlo insieme, e al più presto. Forse, potremo farlo anche in questa settimana. (Applausi dai Gruppi PdL e CN-Io Sud).

 

GASPARRI (PdL). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

GASPARRI (PdL). Signor Presidente, vorrei essere schematico, anche per essere chiaro su un tema che è molto delicato. I fatti, a nostro avviso, sono i seguenti. Il Governo si è fatto carico di presentare un disegno di legge sul tema della lotta alla corruzione. Questo disegno di legge risale a diversi mesi fa. È rimasto a lungo all'esame della Commissione; dopo di che, all'iniziativa del Governo è succeduta una sollecitazione di diversi Gruppi, soprattutto dell'opposizione, affinché, a un certo punto, si addivenisse a una calendarizzazione in Aula del provvedimento.

Noi abbiamo condiviso la calendarizzazione in Aula del provvedimento, pur essendovi altri provvedimenti, già conclusi nell'esame di Commissione, che avrebbero potuto avere la precedenza su questo. Abbiamo, però, convenuto sulla esigenza politica di portare in Aula questo tema che, peraltro, partiva, oltre che dai disegni di legge di altri Gruppi, dall'iniziativa governativa.

In terzo luogo, dopo l'iniziativa del Governo e la decisione condivisa di portare il provvedimento in Aula, vi è stata la ratifica, avvenuta ieri all'unanimità, della Convenzione di Strasburgo. Tale Convenzione, come già ho detto in diverse occasioni in Aula, ma lo ribadisco, contiene una serie di principi che potranno essere valutati ai fini dell'adeguamento della normativa, dopo che la ratifica sarà stata fatta anche dall'altro ramo del Parlamento, dopo che saranno trascorsi i termini previsti dalla ratifica stessa per la sua entrata in vigore, e dopo che il Parlamento, ma anche il Governo, valuterà quali parti di quella Convenzione potranno essere introdotte nella legislazione penale italiana, tenendo conto delle nostre norme esistenti, delle nostre tradizioni giuridiche e delle modalità con le quali trasferire o meno questo o quel principio della Convenzione. Ciò è scritto chiaramente nello stesso testo.

Comunque, siccome noi vogliamo normative anticorruzione più avanzate, abbiamo votato a favore di quella ratifica e siamo aperti, de iure condendo, alle ulteriori innovazioni che, nel futuro, saranno possibili nel nostro ordinamento giudiziario.

Anche oggi, non trascuriamo quanto accaduto in Aula. L'emendamento del senatore Malan, che non è stato approvato, si avvicinava a molte tesi e proposte dei Gruppi di minoranza, che forse avrebbero potuto approvarlo, considerandola una modifica più vicina alle proprie proposte. Ma così non è stato.

Per quanto riguarda la questione relativa all'articolo 1 bocciato, voglio dire con chiarezza che questo testo potrebbe anche essere discusso e approvato senza l'articolo 1, perché contiene molti principi che riguardano gli enti locali, i mandati elettivi, contiene norme riguardanti la trasparenza nei contratti pubblici, l'elenco dei fornitori e le imprese subappaltatrici: molte materie che sono di grande rilevanza ai fini del contrasto alla corruzione, e che quindi potrebbero diventare una legge dello Stato anche se non ci fosse l'articolo 1.

Siccome, però, il Governo prima ha sottolineato giustamente che il tema di cui all'articolo 1 - una sorta di autorità di coordinamento - deve esistere, noi riteniamo (non abbiamo ancora esaminato l'emendamento e ci rimettiamo certamente anche alle valutazioni che farà la Presidenza in termini di ammissibilità o meno dello stesso), da quello che abbiamo sentito, che l'emendamento presentato dal Governo non sia in contrasto né con le Convenzioni internazionali, né con quello che già accade oggi in Italia. Le Convenzioni internazionali prima citate parlano della necessaria indipendenza, e noi riteniamo che sia la formulazione precedente bocciata, sia la proposta che vogliamo approfondire garantiscano la necessaria indipendenza. Anzi, la formulazione che ci riserviamo di esaminare, allontanando un po' dalla Presidenza del Consiglio questa struttura, introducendo altre figure, altre autorità delle forze dell'ordine, delle più alte magistrature dello Stato, caratterizza certamente con una dose di maggiore indipendenza questa struttura di coordinamento anticorruzione. Quindi, la nuova versione che dovremo valutare, sotto questo profilo, è nuova e diversa rispetto al testo che questa mattina non è stato approvato e quindi, a nostro avviso, ancora di più soddisfa le esigenze che gli organi internazionali hanno richiamato. Infatti, le personalità che l'emendamento ha indicato garantiscono questa indipendenza, perché non si tratta di nomine, in quanto - da quel che abbiamo sentito - uno è il procuratore della Corte dei conti, uno è il comandante dei carabinieri e così via, quindi non sono persone nominate da chicchessia. Pertanto, anche questo aspetto, a nostro avviso, è positivo.

Voglio anche ricordare ai fautori della totale indipendenza di questa autorità che, quando è stata trasformata, non del tutto soppressa, l'Autorità anticorruzione in quest'Aula (se non ricordo male il senatore Serra fu alla guida di quell'Autorità nel passato; poi si discusse se l'Autorità aveva poteri o non li aveva, se serviva o meno, in contesti di centrodestra e di centrosinistra, tutti ugualmente ansiosi di capire se serviva o meno), quelle attività dell'Autorità anticorruzione a legislazione vigente sono state trasferite in un Dipartimento della Presidenza del Consiglio che ha ereditato quelle funzioni che erano prima affidate alla stessa.

Quindi, oggi abbiamo addirittura una maggiore dipendenza all'interno della Presidenza del Consiglio delle attività della già Autorità anticorruzione, trasformata di fatto in un Dipartimento della Presidenza del Consiglio. La norma che non è stata approvata e le norme eventuali che vengono proposte, dal nostro punto di vista, sono molto più garantiste sotto il profilo dell'autonomia, dell'indipendenza e della qualità delle persone rispetto a ciò che oggi esiste in ambito di Dipartimento della Presidenza del Consiglio.

Mi rendo conto della complessità della questione, dei voti che ci sono stati. Noi abbiamo l'assoluta intenzione di dar luogo a una legislazione più avanzata anticorruzione. Quindi, ci siamo dichiarati contrari a intenti dilatori, strumentali e propagandistici. Non intendiamo prendere lezioni di anticorruzione, non vogliamo trascinarla in polemiche politiche che sarebbero molto facili anche per noi. Pertanto, valuteremo con serenità ciò che la Presidenza deciderà, di fronte anche a fatti nuovi, a richiami regolamentari.

Qualche collega ha detto che si potrebbe andare nell'immediato in Commissione e poi tornare subito dopo in Aula; non so quali saranno le valutazioni che saremo chiamati a fare. Siamo aperti anche all'ipotesi di un ritorno in Commissione; poi si potrebbe decidere - come ha detto il collega D'Alia - se è un ritorno in Commissione per andare a esaminare la compatibilità o meno di questa norma, per poi tornare rapidamente in Aula. Non vorremmo che tornasse indefinitamente in Aula e si vanificasse l'intento di dare comunque una legislazione nuova anticorruzione a questo Paese: noi questo non lo accetteremo, colleghi, sia chiaro! (Applausi dal Gruppo PdL).

Comprendendo la delicatezza delle valutazioni che la Presidenza dovrà fare, ho voluto fornire delle prime argomentazioni anche rispetto a un emendamento che abbiamo colto in maniera auricolare, uditiva, e che però, rispetto all'attuale situazione di un Dipartimento presso la Presidenza del Consiglio ed al testo esaminato qui, in Aula, è innovativo e sicuramente più aperto, più avanzato e ancora più compatibile con Convenzioni e norme internazionali.

Come sempre, siamo sereni e responsabili (verificheremo quali saranno le valutazioni della Presidenza); ma noi il provvedimento anticorruzione, non lo vogliamo insabbiare, lo vogliamo approvare. Su questo siamo noi, non a subire, ma a lanciare una sfida nell'Aula del Senato. (Applausi dal Gruppo PdL e del senatore Carrara).

 

VIESPOLI (CN-Io Sud). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

VIESPOLI (CN-Io Sud). Signor Presidente, svolgo questo intervento, che non so se possa essere utile, in particolare dopo quello del rappresentante del Governo, sottosegretario Caliendo, il quale mi pare abbia avuto la capacità e l'intelligenza politica di fare sintesi rispetto ad un confronto e ad un dibattito e di fare chiarezza rispetto alla prospettiva.

Questa mattina mi sono permesso di evidenziare - non so con quanta capacità comunicativa - che, preso atto di quanto accaduto e delle conseguenze di carattere politico, delle legittime riflessioni, considerazioni e valutazioni di carattere politico e quantitativo-numerico, ritenevo fosse nell'interesse del Parlamento ricercare tutte le strade possibili per fare comunque in modo di addivenire ad un provvedimento su un tema che da tutte le parti si è scelto di porre al centro dell'attenzione, anche con una spinta forte nei confronti del Presidente del Senato affinché arrivasse all'esame dell'Assemblea.

Il sottosegretario Caliendo, anche alla luce del dibattito svolto e delle posizioni espresse (che, mi permetto di dire, sono un po' diversificate anche sul fronte dell'opposizione), ha sottolineato il punto principale, cioè quello di evitare l'azzeramento: se si evita l'azzeramento, vi è la piena disponibilità ad individuare insieme un percorso che determini la possibilità di proseguire il confronto e di verificare, ferma restando la preventiva ammissibilità, le condizioni per raccogliere reciprocamente la sfida di dare un segnale da parte del Parlamento, oltre che della maggioranza, varando un provvedimento in tema di corruzione.

Signor Presidente, mi pare che da questo punto di vista, detto no all'azzeramento, sia giusto (altrimenti sarei in contraddizione con la riflessione che ho svolto questa mattina) individuare tutte le strade possibili per andare avanti. Mi sembra si siano individuate le prospettive su cui lavorare per continuare il confronto, utilizzando l'impostazione che il Governo ha ritenuto di dare e dal punto di vista metodologico e dal punto di vista di merito. (Applausi dai Gruppi CN-Io Sud e PdL. Congratulazioni).

 

FINOCCHIARO (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

FINOCCHIARO (PD). Signor Presidente, come vede, quando ci si spiega le posizioni cominciano, per così dire, ad entrare in dialogo.

A me pare che la discussione di oggi pomeriggio stia dimostrando in maniera del tutto evidente che sarebbe davvero un errore grave per la maggioranza affidare la sorte del provvedimento esclusivamente alla decisione del presidente Schifani sull'ammissibilità di questo emendamento che introdurrebbe l'articolo aggiuntivo (senatore Bricolo, gli articoli aggiuntivi non scendono come gli angeli sulla terra, ma hanno bisogno di un veicolo, che è rappresentato dagli emendamenti). Dunque, mi parrebbe davvero fuori luogo che fosse riversata sulla responsabilità in ordine alla decisione sull'ammissibilità o meno di un emendamento la sorte di un provvedimento contro la corruzione.

Certo, potrei un po' speculare e dire che sarebbe il caso che decideste se l'articolo 1 è essenziale - come sostenuto questa mattina dal sottosegretario Augello - o non è essenziale, ma ciò che dico vale a maggior ragione se esso non è essenziale, come argomenta il sottosegretario Caliendo sostenendo che ci sono parti del disegno di legge del Governo che vivono di vita propria, al di là di quell'architettura che noi contestiamo e abbiamo sempre contestato, anche quando, nel 2008, avete abolito l'Autorità nazionale contro la corruzione (e lo dico al presidente Gasparri che sostiene che tanto già ci siamo).

Noi abbiamo la ferma volontà di avere una disciplina seria contro la corruzione. Forse manca a questo dibattito un'informazione, o meglio un dato di verità, e cioè che il provvedimento è rimasto in Commissione bilancio sette mesi e mezzo in attesa della relazione tecnica del Governo, come peraltro testimonia un carteggio intervenuto tra me e il presidente Schifani esattamente su questo punto.

Quindi, noi oggi siamo nella condizione di poter dire che se il provvedimento fosse rinviato in Commissione, o meglio se la Commissione venisse reinvestita di questa questione, noi avremmo più testi tra i quali scegliere quello base: a quel punto, se ne scelga uno, quello che verrà ritenuto il più compiuto, secondo me, e, quindi, il più ricco di strumenti contro la corruzione. Ciascuno quindi presenterà emendamenti, anche il Governo naturalmente, che tiene a quelle misure recate dagli altri articoli del suo disegno di legge, sulla cui validità, come dire, io mi voglio esprimere, perché ci sono anche suggerimenti positivi. Diamo pertanto un termine ai lavori della Commissione, così rispettiamo tutti il nostro impegno, e approfittiamo del varco d'Aula per discutere subito il provvedimento che ratifica la Convenzione di Strasburgo in materia di corruzione, esitato ieri dalle Commissioni riunite 2a e 3a.

Daremo così - mi pare - la massima prova della volontà del Parlamento italiano di occuparsi di questo tema, non commetteremo smarginature, non ridurremo una cosa così complessa a una dichiarazione di ammissibilità o di inammissibilità, scaricando - mi si consenta il termine - sul Presidente del Senato la sorte di questa questione e ciascuno di noi potrà così trovare il modo di contribuire ad una legislazione seria ed efficace. (Applausi dai Gruppi PD e IdV).

 

PRESIDENTE. Prima di dare la parola agli altri colleghi, vorrei fare solo una precisazione alla presidente Finocchiaro ora per allora. L'ipotesi di un eventuale rinvio del disegno di legge in Commissione tocca il testo base giunto all'esame dell'Aula. Non si può riaprire la vicenda dell'adozione del testo base che - ripeto - è già stato adottato. Quindi, in ogni caso tornerebbe in Commissione il testo arrivato all'Aula.

 

MORANDO (PD). La Commissione può decidere di adottarne un altro.

 

QUAGLIARIELLO (PdL). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

QUAGLIARIELLO (PdL). Signor Presidente, anche cogliendo la sostanza dell'intervento della presidente Finocchiaro, a me pare che la situazione sia la seguente. È stato prospettato e annunziato dal Governo un emendamento che di fatto integra un testo che è risultato mutilato del suo originario articolo 1, e questo emendamento, che nessuno conosce (nemmeno la maggioranza) nella sua compiutezza, presenta alcuni elementi di sicura innovazione e novità rispetto all'altro testo. Inoltre, tenendo conto del fatto che si agisce a legislazione vigente, tale emendamento fa cadere alcune delle obiezioni formali prospettate dall'opposizione.

Tant'è. C'è una situazione che va approfondita, soprattutto perché essa non sia risolta, data la sua importanza, con un braccio di ferro di tipo regolamentare che nessuno ricerca.

C'è una proposta venuta da senatori D'Alia e Bruno di investire la Commissione di questo approfondimento e di cogliere gli elementi di compatibilità o meno del nuovo testo non solo con il testo base, che rimane come testo di riferimento, ma anche rispetto agli aspetti formali che sono stati richiamati. Un passaggio in Commissione limitato a questo aspetto consentirebbe due cose: innanzitutto, non metterebbe l'Aula di fronte alla necessità di prospettare un braccio di ferro regolamentare; in secondo luogo, non darebbe l'impressione al Paese di voler dar luogo a pratiche dilatorie su una materia sulla quale, evidentemente, c'è stata una grandissima attenzione e un forte richiamo, soprattutto da parte delle forze dell'opposizione.

A me sembra che questi siano una proposta e un margine offerti dal dibattito che possono essere utilmente colti dalla maggioranza, ma anche da settori dell'opposizione. Tale proposta può portarci ad una soluzione compatibile con le esigenze di urgenza che sono state prospettate, più da voi che da noi, e anche con le legittime esigenze di approfondire la compatibilità e la effettiva novità del testo proposto rispetto all'impianto che, comunque, rimane in piedi, come resta la legittima aspettativa della maggioranza di farlo restare in piedi. (Applausi dal Gruppo PdL).

 

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, più che fare una sintesi, vorrei affidare all'Aula le mie riflessioni e comunicare quello che mi accingo a decidere.

È stata sempre intenzione di questa Presidenza fare in modo di essere sensibile alle richieste sia di maggioranza che di opposizione tutte le volte in cui queste istanze erano finalizzate a un dibattito su temi sensibili del Paese. Non vi è dubbio che il tema della corruzione nell'ambito della pubblica amministrazione è uno dei temi più sensibili fra quelli in ordine ai quali i cittadini chiedono giustamente delle risposte.

Questo disegno di legge è stato presentato dal Governo un anno e due mesi fa; è stato in effetti fermo per alcuni mesi in Commissione perché mancavano dei pareri della Commissione bilancio. Vi sono state delle sollecitazioni...

 

INCOSTANTE (PD). Ma non è così!

 

PRESIDENTE. Posso parlare?

 

MORANDO (PD). Forse ci si dovrebbe domandare il perché.

 

PRESIDENTE. Ma, colleghi, non mi sento in uno stadio. Mi sento nell'Aula del Senato. Chiedo soltanto quel minimo di rispetto nei confronti della carica che ricopro, e non della persona. Tutto qua. (Applausi dai Gruppi PdL e LNP).

Su parecchie sollecitazioni dei Gruppi di opposizione, che recentemente non hanno più votato il calendario, ho assunto una determinazione (l'ho anche annunziato pubblicamente), vale a dire che sarebbe stata fatta la mia proposta di calendarizzare d'ufficio questo disegno di legge anche senza relatore, ove necessario, per il 6 giugno. Così è avvenuto.

Purtroppo, nonostante il grande sforzo e l'oneroso impegno a cui sono sottoposte di solito, la 1a e la 2a Commissione - senza ovviamente voler mancare di rispetto alle altre - non hanno potuto concludere il proprio lavoro. Ma è chiaro che questo aspetto sconta in Aula un deficit di procedibilità e di organicità di lavoro (non dobbiamo nascondercelo), perché un disegno di legge anticorruzione che giunge in Aula senza un relatore, con un testo base soltanto, con una relazione del Presidente della Commissione sicuramente non consente, non tanto alla Presidenza, bensì a chi deve partecipare al dibattito e votare, una visibilità organica ed ampia della disciplina dei lavori e dei temi sui quali è chiamato a riflettere e a pronunziarsi. Si è andati avanti così.

Oggi è accaduto un evento del quale, naturalmente, non possiamo non prendere atto: è stato bocciato l'articolo 1. Non compete a me valutare la essenzialità dell'articolo 1 ai fini dell'impianto della legge: si tratta di una scelta del Governo e della maggioranza. Compito della Presidenza è fare in modo che l'Aula possa pronunziarsi al meglio e sforzarsi perché dal Senato, dal Parlamento esca un testo quanto più possibile organico, che affronti materie sensibili quale è quella dell' anticorruzione, con un'articolazione accettabile e che tocchi i vari gangli, per esempio, nella fattispecie, della corruzione, la sua disciplina e l'istituzione di organismi finalizzati al contrasto alla corruzione in un ambito più ampio di articolazione.

Il voto di oggi naturalmente è stato oggetto di dibattito politico. Sono state avanzate da alcuni esponenti dell'opposizione alcune proposte di rivisitare in Commissione una nuova disciplina all'articolo 1 il quale, allo stato attuale, è stato proceduralmente bocciato. Quindi, formalmente non si può più parlare in Aula di articolo 1, in quanto non esiste più. È stato sottoposto alla Presidenza un emendamento innovativo, sulla cui ammissibilità ci dobbiamo pronunziare.

Per un attimo, però, vorrei rifarmi a un senso di responsabilità collegiale e - consentitemi una volta di poterlo dirlo, pur se esulo dal mio ruolo - anche politica. Occorre, cioè, che tutti noi facciamo in modo che si possa lavorare in quest'Aula, dopo che le Commissioni si sono trovate ad affrontare temi per i quali non c'è stato il tempo per lavorare.

Alla luce di queste considerazioni, convocherei per le ore 18, senza alcuna decisione dell'Aula, la Conferenza dei Capigruppo, che mi sembra il luogo più idoneo per proseguire la mia riflessione, al fine di sforzarci di arrivare ad una decisione che sia possibilmente la più condivisa. Il mio sforzo, e credo lo sforzo di tutti noi, è, quanto meno su temi come l'anticorruzione, di instaurare un clima d'Aula e una responsabilità collegiale che porti a scontrarci e a confliggere sui contenuti, ma non sul procedimento, e principalmente non sulla compiutezza di un disegno di legge. Preferirei evitare che si possa dire che dal Senato è uscito un testo anticorruzione monco. Sarebbe questa una sconfitta di tutti. Non sta a me entrare nel merito se sia monco o meno senza l'articolo 1, però voglio esperire questo tentativo convocando la Conferenza dei Capigruppo per le ore 18. Spero che da essa possa scaturire una decisione unanime sull'andamento dei lavori, nell'interesse della trattazione al meglio di un tema sensibile come la lotta alla corruzione, tema che sta a cuore di tutti gli italiani e certamente di tutti i senatori che compongono quest'Assemblea. (Applausi dal Gruppo PdL).

Sospendo pertanto la seduta, che riprenderà immediatamente dopo la conclusione della Conferenza dei Capigruppo.

(La seduta, sospesa alle ore 17,34, è ripresa alle ore 19,31).

 

Ripartizione dei tempi per la discussione del disegno di legge n. 2156
(Anticorruzione)
(17 ore e 30 minuti, escluse dichiarazioni di voto)

 

Tempi assegnati

Tempi residui

Governo

1 h.

 

 

6'

Votazioni

5 h.

 

4 h.

35'

Gruppi 11 ore e 30 minuti, di cui (*):

 

 

PdL

2 h.

54'

2 h.

10'

PD

3 h.

29'

1 h.

58'

LNP

1 h.

11'

 

34'

Misto

1 h.

06'

 

45'

UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI

1 h.

 

 

35'

IdV

 

57'

 

53' (**)

CN-Io Sud

 

55'

 

31'

Dissenzienti

 

5'

 

5'

(*) La ripartizione dei tempi, secondo un criterio non strettamente proporzionale, tiene conto di richieste avanzate da alcuni Gruppi.

(**) Al Gruppo dell'Italia dei Valori sono stati assegnati ulteriori 45 minuti.

 

La seduta è tolta (ore 19,38).


 

 

 

Senato della Repubblica

XVI LEGISLATURA

 

Assemblea

 

 

 

RESOCONTO STENOGRAFICO

ALLEGATI

 

 

ASSEMBLEA

 

565a seduta pubblica (antimeridiana):

 

 

giovedì 9 giugno 2011

 

 

Presidenza del vice presidente NANIA,

indi del presidente SCHIFANI

e della vice presidente MAURO

 

 


RESOCONTO STENOGRAFICO

 

Presidenza del vice presidente NANIA

 

PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 9,40).

Si dia lettura del processo verbale.

BAIO, segretario, dà lettura del processo verbale della seduta antimeridiana del giorno precedente.

PRESIDENTE. Non essendovi osservazioni, il processo verbale è approvato.

(omissis)

Preannunzio di votazioni mediante procedimento elettronico

PRESIDENTE. Avverto che nel corso della seduta odierna potranno essere effettuate votazioni qualificate mediante il procedimento elettronico.

Pertanto decorre da questo momento il termine di venti minuti dal preavviso previsto dall'articolo 119, comma 1, del Regolamento (ore 9,46).

 

Seguito della discussione dei disegni di legge:

(2156) Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione

(2044) BAIO ed altri. - Misure per contrastare fenomeni corruttivi nel rapporto tra eletti, cittadini e pubblica amministrazione

(2164) LI GOTTI ed altri. - Norme per il contrasto alla corruzione nella pubblica amministrazione e in materia di cause ostative all'assunzione di incarichi di governo, incandidabilità ed ineleggibilità dei condannati per reati contro la pubblica amministrazione. Delega al Governo in materia di coordinamento del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267

(2168) D'ALIA. - Disciplina della partecipazione alla vita pubblica e degli emolumenti per l'esercizio della funzione pubblica, regolamentazione degli incarichi di consulenza e norme in materia di contrasto a fenomeni di corruzione

(2174) FINOCCHIARO ed altri. - Norme per il contrasto alla corruzione nella pubblica amministrazione e nel settore privato. Cause ostative all'assunzione di incarichi di governo, incandidabilità ed ineleggibilità dei responsabili per reati contro la pubblica amministrazione e collegati

(2340) DELLA MONICA ed altri. - Norme per la trasparenza, la prevenzione e la repressione della corruzione e per il contrasto alla illegalità nel settore pubblico e privato

(2346) ZANDA. - Norme per il contrasto alla corruzione nella pubblica amministrazione e nel settore privato(ore 9,46)

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge nn. 2156, 2044, 2164, 2168, 2174, 2340 e 2346.

Riprendiamo l'esame degli articoli del disegno di legge n. 2156.

Onorevoli colleghi, la Presidenza, dopo aver attentamente valutato le richieste formulate nel corso della seduta antimeridiana di ieri da esponenti di vari Gruppi di opposizione, nel confermare le ragioni che hanno determinato le dichiarazioni di improponibilità, tenuto tuttavia conto dell'importanza del provvedimento e della delicatezza di numerose questioni ad esso riferite, ritiene di poter ammettere alla votazione gli emendamenti 2.0.5, 2.0.6 e 10.0.2, nel testo riformulato dal senatore Li Gotti, teso a specificare in modo puntuale i principi e i criteri direttivi della delega al Governo.

 

LEGNINI (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

LEGNINI (PD). Signor Presidente, per tutte le ragioni che ho illustrato nella seduta di ieri, noi dissentiamo radicalmente da questa decisione della Presidenza del Senato. Non voglio ripetere argomenti che ho già svolto, ma non comprendo francamente perché il Presidente del Senato abbia deciso di assumere una linea interpretativa così restrittiva in tema di improponibilità su testi emendativi chiaramente proponibili e correlati alle norme contenute in questo provvedimento. Non voglio aprire una questione adesso; tuttavia riproporrò, emendamento per emendamento - questo ce lo deve consentire, signor Presidente - il tema della revoca dell'improponibilità, chiedendo espressamente che la Presidenza si predisponga ad un ascolto di merito delle ragioni che verranno esposte.

 

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 2, sul quale sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

 

ADAMO (PD). Signor Presidente, vorrei illustrare l'emendamento 2.10, che riguarda le scadenze per l'attuazione di questo articolo. Naturalmente non ha senso illustrare questo emendamento senza una riflessione sull'articolo 2, che è di grande importanza, perché riguarda la trasparenza nella pubblica amministrazione.

Noi abbiamo già rilevato ieri, in tutti i modi e con interventi molto più qualificati e competenti del mio, la inadeguatezza di questo provvedimento rispetto alla necessità d'intervenire con efficacia nel contrasto alla corruzione nella pubblica amministrazione. Qualcuno si è spinto a pronunciare frasi quali: «è acqua fresca» e «non incide effettivamente».

I punti al centro del dibattito di ieri riguardavano soprattutto l'Authority e la sua autonomia e l'esclusione di alcune questioni da questo provvedimento. Per quanto concerne le grandi opere e gli interventi di emergenza, ciò cosa vuol dire? Ora, quest'Aula ricorderà bene il dibattito svoltosi su questo punto, allorquando abbiamo esaminato la legge sulla Protezione civile. Le grandi opere e gli interventi di emergenza, peraltro, sono materie oggi al centro di indagini che hanno rivelato, con grandissima chiarezza, come proprio intorno alle grandi opere escluse dalle normali procedure di evidenza pubblica si fossero creati dei meccanismi di corruzione, gravissimi per le finanze pubbliche, per la moralità pubblica e per la stessa efficacia degli interventi e la realizzazione delle opere stesse.

Sono situazioni molto deprecabili sul piano della moralità pubblica, di cui la magistratura accerterà tutti i rilievi penali, ma che sicuramente ci pongono davanti agli occhi il danno economico che si arreca sia alla pubblica amministrazione che al denaro della gente. Quando parliamo di danno alla finanza pubblica, infatti, intendiamo un danno economico ai cittadini, che invitiamo a pagare le tasse ma ai quali non garantiamo, allo stesso tempo, che le tasse da loro pagate siano spese con quella oculatezza, quella trasparenza e quella garanzia di correttezza che meritano.

Questa esclusione, insieme alla questione dell'autonomia dell'Authority, è stata al centro del dibattito di ieri. È chiaro che questa scelta, che io considero di pura facciata, di andare oggi avanti in un dibattito sull'articolo 2, è un preliminare che toglie valore alla nostra discussione. E forse non avrei dovuto neanche illustrare questo emendamento e prendere la parola, proprio perché stiamo recitando una formalità.

Se io fossi meridionale (non lo sono), direi: «facite ammuina». Io presento l'emendamento, poi mi dicono che non è accolto, ma sappiamo tutti che il problema è un altro, e verrà discusso in un'altra sede. Però, ciononostante, gli elettori mi hanno eletto perché io svolga l'incarico di senatore della Repubblica, cosa che cerco di fare dignitosamente.

Tra le questioni cosiddette da acqua fresca rientra, esattamente nell'articolo 2, il meccanismo in virtù del quale l'argomento del quale stiamo parlando sarà fissato da un decreto deliberato dal Consiglio dei ministri, entro sei mesi dall'entrata in vigore. Quindi, già questa è una legge inadeguata, già non c'è rilievo penale per alcuni aspetti, già le opere più grandi sono escluse. Inoltre, anche per quelle opere prese in considerazione, quando si dice che le pubbliche amministrazioni devono pubblicare gli appalti e comunque le erogazioni economiche date a privati a qualsiasi titolo, tutto questo è demandato a un successivo provvedimento che verrà vararto entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge. Allora noi vi chiediamo di fissare una data.

Tra l'altro, vi sono amministrazioni (e mi riferisco ad amministrazioni che hanno più di 50.000 abitanti, per non parlare di quelle pubbliche, statali o comunque legate allo Stato e ai Ministeri) che potrebbero farlo già domani, se volessero, perché sono tutte già informatizzate. In conclusione, l'altra questione che ci fa dire che il provvedimento è come acqua fresca è che, invece, le piccole amministrazioni, quelle che ancora non sarebbero in grado di farlo, dal momento che in questo provvedimento non vi sono fondi, non saranno in grado di farlo, né domani, né dopodomani, né tra sei mesi. (Applausi dal Gruppo PD).

 

MALAN (PdL). Signor Presidente, intervengo solo per avere un chiarimento sull'emendamento 2.0.251, a mia firma, per il quale ieri ho presentato una riformulazione. Se ho capito bene, infatti, ieri ne è stata dichiarata l'improponibilità, insieme ad altri emendamenti; non vorrei però sbagliarmi, perché ho qui dinanzi a me un foglio che parla invece del subemendamento a questo emendamento. Pertanto, se l'emendamento 2.0.251 non è improponibile, vorrei che lo stesso venisse esaminato nel testo riformulato.

 

PRESIDENTE. Senatore Malan, dai miei appunti risulta che l'emendamento 2.0.251 è stato dichiarato improponibile, ma gli Uffici mi dicono che nella nuova formulazione, così come risulta anche dal fascicolo degli emendamenti (annesso III), esso è invece proponibile.

 

MORANDO (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORANDO (PD). Signor Presidente, a proposito dell'emendamento al quale ha fatto riferimento il senatore Malan, non si è capito bene che cosa è proponibile e che cosa invece non lo è. Dal momento che si tratta di una questione di enorme rilievo, vorrei capire qual è la decisione della Presidenza.

Francamente l'improponibilità di quell'emendamento è assolutamente incomprensibile: si dice infatti - se ho capito bene - che sarebbe improponibile prevedere nella legge contro la corruzione che, se c'è uno che individua nel comportamento o nelle scelte di un dirigente pubblico qualcosa che può far pensare che sia in corso un processo corruttivo e lo denuncia, questi non può essere perseguito per aver posto in essere tale attività di denuncia. Se non è proponibile questo, nell'ambito di un dibattito sulle disposizioni per la repressione della corruzione nella pubblica amministrazione, non so che cosa diavolo lo sia, signor Presidente.

 

PRESIDENTE. Come ho già spiegato poco fa, era stata dichiarata l'improponibilità dell'emendamento 2.0.251, che nella nuova formulazione risulta invece proponibile.

 

CASSON (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASSON (PD). Signor Presidente, vorrei intervenire su questo emendamento.

 

PRESIDENTE. Senatore Casson, le ricordo che siamo nella fase dell'illustrazione degli emendamenti.

 

CASSON (PD). Appunto, signor Presidente, siamo in fase di illustrazione.

 

PRESIDENTE. Senatore Casson, dal momento che si trattava della richiesta di un chiarimento e non di aprire un dibattito sulla questione, una volta chiariti i termini della stessa, andiamo avanti con l'illustrazione degli emendamenti.

In ogni caso, prima di lei aveva chiesto di intervenire il senatore Li Gotti: lei prenderà la parola non appena arriverà il suo turno.

 

LI GOTTI (IdV). Signor Presidente, onorevoli colleghi, l'emendamento 2.3, innanzitutto, contiene un opportuno suggerimento al Governo. In particolare, quanto disposto al comma 1, dell'articolo 2, del provvedimento oggi in esame, e cioè il concetto per il quale la trasparenza dell'attività amministrativa costituisce livello essenziale, è in verità già previsto dall'articolo 4 della legge n. 15 del 2009, la cosiddetta legge Brunetta, per cui non c'è nulla di nuovo.

Allora, noi suggeriamo che al comma 1, là ddove si parla di un qualcosa che è già disciplinato da una legge vigente nel nostro ordinamento, si faccia riferimento al Programma triennale per la trasparenza e l'integrità di cui all'articolo 11 del decreto legislativo n. 150 del 2009. Diversamente, sembrerebbe l'inserimento di un principio senza continuità con una legge già operante. Non è un rilievo da poco, sottosegretario Augello: è come se oggi noi inventassimo un qualcosa di nuovo, laddove l'emendamento in titolo mira a dare continuità rispetto ai provvedimenti esistenti.

Per quanto riguarda l'emendamento 2.500, proprio perché crediamo fortemente nel principio della trasparenza, riteniamo che le disposizioni sulla trasparenza debbano applicarsi anche ai procedimenti posti in essere nell'ambito di normative emergenziali derogatorie rispetto alla disciplina generale. Con questo intendiamo dire che è necessario includere anche i grandi eventi, che sarebbero esenti da questo principio di trasparenza: un conto sono le situazioni emergenziali, per le quali la necessità di intervenire immediatamente non consente di attenersi a tali procedure, ma quando si tratta di organizzare grandi eventi, non si capisce per quale motivo i relativi interventi non debbano essere disciplinati dalle regole sulla trasparenza.

L'emendamento 2.12 pone un problema di fondo che deve essere affrontato. Fermo restando, infatti, che siamo tutti quanti d'accordo con la necessità di trasparenza, essendo questa il primo strumento di un efficace contrasto alla corruzione, i cittadini hanno diritto all'accesso agli atti che riguardano i propri interessi e quindi a poter seguire le proprie pratiche. Alla luce di ciò, come è possibile che al comma 5, nel momento in cui si afferma il principio della trasparenza, poi si dica che le amministrazioni «possono» rendere accessibili in ogni momento agli interessati le informazioni relative ai provvedimenti e ai procedimenti amministrativi che li riguardano? L'uso del verbo potere vanifica il valore della norma: infatti, se il principio è quello della trasparenza, è necessario che il «possono» sia sostituito con un «debbono», e ciò perché, se inserisco il criterio discrezionale, senza nemmeno specificarlo, affermo il principio, ma soprattutto affermo una delega generalizzata, senza alcuna specificazione.

Se è la trasparenza il principio cui si ispira il provvedimento (e noi siamo d'accordo), le amministrazioni devono rendere accessibili in ogni momento agli interessati «le informazioni relative ai provvedimenti e ai procedimenti amministrativi che li riguardano». Non capisco perché viene detto, invece, che le amministrazioni «possano». Vorrei sapere perché si afferma un principio e poi si nega ai cittadini interessati a quel procedimento la possibilità di avervi accesso. Poiché non se ne comprende la ragione, abbiamo presentato tale emendamento. (Applausi del senatore Pedica).

 

*DELLA MONICA (PD). Signor Presidente, vorrei illustrare alcuni emendamenti. Mi riferisco, in particolare, agli emendamenti 2.7 e 2.8 che si collegano agli emendamenti 2.0.5 e 2.0.6 dei quali la Presidenza ha oggi dichiarato l'ammissibilità.

Signor Presidente, proverò anche ad illustrare anche l'emendamento 2.0.4 del quale invece si è sostenuta l'inammissibilità. Cercherò di spiegare le ragioni per cui questo emendamento diventa importante nel contesto che stiamo affrontando. Parto dalla questione relativa agli obblighi di trasparenza. Ebbene, nella relazione di accompagnamento del disegno di legge si afferma che «la trasparenza dell'attività amministrativa, l'accesso e la conoscenza dei procedimenti da parte dei cittadini rappresentano fattori determinanti per favorire il controllo e la legalità dell'azione amministrativa».

Noi siamo assolutamente d'accordo su questo principio e pertanto non comprendiamo il motivo per cui debbano essere sottratti al controllo del cittadino (che poi può in qualche modo versare tale controllo nel diritto di voto e quindi esprimersi in riferimento all'azione di Governo e delle pubbliche amministrazioni che da esso dipendono) e dunque debbano essere esclusi da obblighi di trasparenza i grandi eventi previsti dall'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225, e in generale i procedimenti posti in essere nell'ambito di normative derogatorie (quindi, non solo i grandi eventi).

Tutto ciò si collega più in generale a quanto è avvenuto in materia di protezione civile che impone di riportare la situazione alle regole generali come prevedono l'emendamento 2.0.5, che interviene sui "grandi eventi", e l'emendamento 2.0.6, che riguarda i controlli preventivi di legittimità della Corte dei conti.

Il fatto di sottrarre una parte dell'amministrazione pubblica - e di questo si tratta - a princìpi di imparzialità e di rendicontazione, al controllo del Parlamento e della Corte dei conti può generare soltanto un'idea effimera di maggiore efficienza, ma in realtà espone al rischio di un'utilizzazione distorta di grande parte delle risorse pubbliche, messe a disposizione di emergenze, di grandi eventi e di fatti assimilabili.

Le modifiche che proponiamo con tali emendamenti intendono escludere la gestione dei grandi eventi dalla competenza della Protezione civile con l'abrogazione del comma 5 dell'articolo 5-bis del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito dalla legge 9 novembre 2001, n. 401, ovvero limitarne l'ambito di intervento. Inoltre, esse intendono reintrodurre il controllo preventivo della Corte dei conti sulle ordinanza di protezione civile. Infatti, negli ultimi anni si è verificata un'anomala espansione quantitativa ed applicativa delle ordinanze di protezione civile che, pur non avendo la forza di legge, vengono a derogare la normativa primaria.

Quindi, ci siamo trovati di fronte ad una scelta politica: il ricorso a poteri normativi comunque straordinari e tra questi la preferenza per ordinanze di urgenza anche rispetto ai decreti-legge, tanto che si è venuto ad ipotizzare un vero e proprio sistema parallelo. Due decreti-legge in particolare, emessi nella XIV e nella XVI legislatura, hanno introdotto disposizioni che hanno ampliato eccessivamente l'ambito applicativo di strumenti che erano disegnati solo per fronteggiare le emergenze.

Una norma di interpretazione autentica, il decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, che riguardava lo smaltimento dei rifiuti e l'emergenza relativa, ha stabilito che i provvedimenti adottati per i grandi eventi non sono soggetti al controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti.

Naturalmente, la Corte dei conti non concorda con questa visione legislativa, tant'è vero che con una ordinanza emblematica del 4 aprile 2010 ha posto in luce che non qualsiasi grande evento rientra nella competenza del Dipartimento della protezione civile, ma solo quegli eventi che, pur se diversi da calamità naturali e catastrofi, determinano situazioni di grave rischio per l'integrità della vita, dei beni, degli insediamenti e dell'ambiente.

Con questa ordinanza, tra l'altro, la Corte dei conti ha voluto richiamare anche la precedente giurisprudenza, che aveva segnalato come le ordinanze di protezione civile avessero progressivamente esteso il loro ambito operativo anche con riflessi quantitativi sulla nuova classificazione di bilancio in ordine al soccorso civile.

Quindi non tutti i grandi eventi, secondo la Corte dei conti, rientrano in situazioni emergenziali, tant'è vero che la Corte dei conti è giunta ad una pronunzia che ha dichiarato non legittima l'ordinanza di Protezione civile n. 38 del 30 dicembre 2009, che riguardava l'organizzazione e lo svolgimento della coppa «Louis Vuitton» presso l'isola della Maddalena.

Quanto esposto impone una riflessione oltre che sul versante contabile, anche su quello ordinamentale, poiché bisogna partire dalla verifica della sussistenza dei presupposti legittimanti il ricorso ad uno strumento che non dovrebbe essere considerato sostitutivo delle ordinarie procedure, ancorché non siano rinvenibili situazioni realmente emergenziali. Inoltre, si dovrebbe trattare di avvenimenti effettivamente imprevedibili. Tutto questo, signor Presidente, tende ad una moralizzazione dell'azione della pubblica amministrazione ed anche ad un risparmio di spesa, che è quello che si vuole, e soprattutto ad evitare fasce di collusione e corruzione, come accaduto recentemente per fatti riguardanti la Protezione civile, oggetto di inchieste giudiziarie per reati contro la pubblica amministrazione.

Vengo all'emendamento sui compensi per gli incarichi extragiudiziari dei magistrati, di cui è stata dichiarata l'improponibilità. Sinceramente, non riusciamo a comprenderne le ragioni e chiedo al Presidente di ripensare sul punto, poiché i risparmi di spesa che tra l'altro deriverebbero dalla mancata corresponsione di compensi extra ai magistrati porterebbero ben servire ad altre attività della pubblica amministrazione o ad altri impegni, come per esempio a finanziare l'Autorità indipendente per il controllo sulla corruzione nelle pubbliche amministrazioni e nel settore privato.

Voglio aggiungere che questo aspetto rappresenta un elemento importante per spezzare un rapporto improprio tra politica e magistratura e vuole evitare che non si sappia più chi controlla e chi è controllato e si creino collusioni e parzialità. Un disincentivo può, quindi, derivare dal divieto di corresponsione di una doppia retribuzione. Tutto questo naturalmente incide non solo sulla trasparenza, ma anche sulla indipendenza e sulla buona efficienza della pubblica amministrazione e della giustizia e mi pare perfettamente conseguente al provvedimento presentato dal Governo. Aggiungo che l'emendamento 2.0.4 fa parte dei disegni di legge che sono all'attenzione complessiva del Senato della Repubblica, perché ben sei disegni di legge e non soltanto quello governativo sono all'attenzione del Senato.

Per queste ragioni, insisto, da una parte, sull'accoglimento degli emendamenti che ho illustrato e, dall'altra, su una dichiarazione di proponibilità dell'emendamento riguardante la posizione dei compensi dei magistrati di qualsiasi ordine e grado e quindi per l'accoglimento del relativo dell'emendamento.

 

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, il Governo ha appena presentato alla Presidenza l'emendamento 2.0.1000, già preannunciato nella seduta pomeridiana di ieri.

Come comunicato ieri sera dal presidente Schifani in esito alla Conferenza dei Capigruppo, che ha convenuto all'unanimità, l'emendamento sarà immediatamente trasmesso, ai sensi dell'articolo 100, comma 11, del Regolamento, alle Commissioni riunite 1a e 2a, che sono fin d'ora autorizzate a convocarsi in orari non coincidenti con fasi di votazione dell'Assemblea.

In sede di Commissione saranno presentati i subemendamenti.

Riprendiamo l'illustrazione degli emendamenti all'articolo 2.

 

CASSON (PD). Signor Presidente, se il testo 2 dell'emendamento 2.0.251 del senatore Malan, relatore alle Commissioni, è proponibile, poiché avevo presentato il subemendamento 2.0.251/2 all'emendamento del relatore, chiedo ovviamente che esso venga riferito al testo 2 dell'emendamento del senatore Malan.

 

PRESIDENTE. Riassumendo, l'emendamento 2.0.251 del senatore Malan è stato riformulato nel testo 2. Il suo subemendamento è stato dichiarato improponibile. Ma lo può illustrare, se lo ritiene.

 

CASSON (PD). Signor Presidente, quando sono state dichiarate le improponibilità, avevo sentito dire - posso ovviamente aver sbagliato - che era stato dichiarato improponibile l'emendamento del relatore 2.0.251. Non erano state date indicazioni sui subemendamenti. Ovviamente mi riservavo di intervenire in questa sede.

Dichiarato proponibile il testo 2 dell'emendamento del senatore Malan, siccome il mio subemendamento 2.0.251/2 si può inserire anche nella formulazione di tale emendamento, credo che esso debba essere dichiarato proponibile. Altrimenti, mi sia spiegato il motivo della contrarietà.

 

PRESIDENTE. Il Presidente del Senato ha valutato il suo subemendamento come attinente ad altra materia.

 

CASSON (PD). Signor Presidente, prendo atto di questa indicazione, che credo debba essere rivista nel senso che dirò. Il testo 2 dell'emendamento del senatore Malan, così come il primo testo, al comma 1, parla letteralmente di verifica della «insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interesse». Su questa indicazione del senatore Malan interveniva il nostro subemendamento nel senso che si fornivano indicazioni sulla definizione e regolamentazione di questi conflitti d'interesse. Francamente, che sia dichiarato improponibile mi risulta completamente incomprensibile. Se l'emendamento del senatore Malan va in tal senso, i subemendamenti dovrebbero essere consentiti.

Quindi, in tal senso, chiedo che venga rivista questa indicazione di improponibilità, non soltanto per una questione di natura letterale, ma anche perché la materia del conflitto di interessi è una questione strettamente attinente all'insieme del disegno di legge che stiamo valutando. Ricordo che stiamo discutendo dell'articolo 2 del disegno di legge che parla di «trasparenza dell'attività amministrativa».

E proprio in quest'ottica di trasparenza dell'attività amministrativa, noi abbiamo fatto riferimento anche ad un obbligo internazionale già vigente per lo Stato italiano che emerge dall'articolo 12 della Convenzione ONU anticorruzione, ripetutamente citata, in particolare dall'articolo 12, comma 2, lettera e), della Convenzione ONU, la quale fa espresso riferimento alla prevenzione dei conflitti di interesse mediante l'imposizione di determinati comportamenti illustrati.

Quindi, ci colleghiamo direttamente a un obbligo giuridico interno e internazionale che vige per lo Stato italiano: regolamentare la prevenzione dei conflitti di interesse.

Ricordo, tra l'altro, che la normativa vigente, quella della legge Frattini, fa riferimento nella sua indicazione letterale (come lo faceva nella sua relazione) proprio alla necessità di intervenire nei casi di non trasparenza e non regolarità del comportamento dei privati, anche organi di governo, per quanto riguarda la sussistenza di possibili conflitti di interesse.

Allora, oltre a queste indicazioni normative specifiche e quindi relative a obblighi giuridici per lo Stato italiano, che imporrebbero la revoca della dichiarazione d'improponibilità, sottopongo all'Aula la valutazione del subemendamento 2.0.251/2, relativo a questa normativa, che fa riferimento a considerazioni di natura economica estremamente importanti.

Esistono ripetuti studi della Banca mondiale, a partire quanto meno dal 2004, che segnalano come nelle economie emergenti i fattori che impediscono maggiormente l'attività economica siano in primo luogo la corruzione e le pastoie della burocrazia, seguite dall'instabilità della politica e dei finanziamenti.

Studi recenti, effettuati anche in Italia, hanno individuato l'esistenza di una correlazione significativa tra il grado di corruzione di un Paese e la sua crescita economica, soprattutto per quanto concerne le medie e piccole imprese. Queste infatti, oltre a non avere i mezzi strutturali e finanziari delle grandi imprese, risultano avere meno peso politico complessivo e minori disponibilità per far fronte a richieste di eventuali tangenti. La corruzione finisce per rappresentare un costo «fisso» per le imprese, ed è un onere che incide significativamente nelle decisioni di investimento.

Dagli studi che ho citato, nell'interesse comune di un mercato concorrenziale e per assicurarne efficienza e ottimizzazione, così come dalle Convenzioni internazionali in materia di lotta alla corruzione, tra cui principalmente quella ONU del 2003, emerge il suggerimento - anzi, direi proprio la prescrizione - della istituzione anche di organi di supervisione garanti delle regole, aventi lo scopo di individuare e di prevenire determinati comportamenti ed effetti dannosi, come - secondo quanto dicono letteralmente i testi - prevaricazioni, fallimenti, operazioni anticoncorrenziali e conflitti di interessi.

A quest'ultimo proposito, noi abbiamo presentato il subemendamento in questione proprio con l'intenzione di disciplinare la materia del conflitto d'interessi dei titolari di cariche di governo, cercando di superare i deficit strutturali dell'attuale disciplina normativa, di cui alla cosiddetta legge Frattini del 20 luglio 2004, n. 215. E ciò anche sulla base del parere espresso dalla Commissione europea per la democrazia attraverso il diritto (la cosiddetta Commissione di Venezia) nel giugno 2005.

Tra l'altro, ricordo come lo stesso disegno di legge governativo presentato nel 2001 e approvato come legge Frattini sul conflitto di interessi nel 2004 facesse letteralmente riferimento alla necessità d'impegno morale del cittadino di rivestire degnamente la carica con assoluta dedizione all'interesse pubblico, mantenendo una condotta ispirata a probità e imparzialità, in osservanza di un naturale codice etico.

Sono le cose che proponiamo e sottolineiamo con il nostro emendamento, peraltro illustrato in altre occasioni, anche in Commissione, da senatori del Partito Democratico, e sostanzialmente coincidente con una proposta di legge presentata alla Camera dei deputati dal Partito Democratico, con il quale innanzitutto si chiarisce la nozione di conflitto d'interessi (e con questo si fa espresso riferimento all'emendamento del senatore Malan) e si precisa l'ambito soggettivo di applicazione delle nuove norme: le situazioni di conflitto di interessi sussistono in tutti i casi in cui il titolare di una carica di governo sia anche titolare di un interesse economico privato tale da condizionare o da poter apparire in grado di condizionare l'esercizio delle sue funzioni pubbliche.

Viene poi specificata, al comma successivo, la situazione relativa a «imprese che producono informazione a diffusione nazionale, regionale o interregionale».

Nella parte finale di questo subemendamento vengono regolamentate le procedure di accertamento, anche d'ufficio, da parte dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, nonché la sanzione della decadenza dalla carica di governo nei casi di mancata soluzione del conflitto di interessi rilevato e/o accertato.

Ora, se da un punto di vista politico è ben comprensibile che ci sia un'opposizione da parte del Governo e della maggioranza all'approvazione di una normativa di questo tipo, da un punto di vista normativo, di fatto, mi pare assolutamente non accettabile che addirittura venga negata in radice la possibilità d'intervenire con una proposta di questo tipo: vuol dire nascondere la testa sotto la sabbia, fare gli struzzi. (Applausi dal Gruppo PD).

 

PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.

Invito il rappresentante del Governo a pronunciarsi sugli emendamenti in esame. (Brusìo). Colleghi, agevolate l'intervento del Sottosegretario.

 

AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, il Governo invita a ritirare l'emendamento 2.200/1 e tutti gli altri simili che incontreremo successivamente, altrimenti il parere è contrario. Incontreremo infatti, all'articolo 6, un emendamento del senatore Malan che ci risparmia di inserire questa dizione relativa alle Regioni e alle Province autonome di Trento e Bolzano in tutti gli articoli in cui compare. Quindi, invito a ritirare tale emendamento perché, nella sostanza, è accolta appunto dall'emendamento 6.0.2.

Il parere è contrario all'emendamento 2.200/2, perché la materia del segreto d'ufficio è già disciplinata all'articolo 15 del decreto del Presidente della Repubblica n. 3 del 1957 e la tutela dei dati personali è un limite che è già presente nel nostro ordinamento, e quindi risponde già ad aspetti di tutela della persona che sono già bilanciati anche con le esigenze di trasparenza. Quindi, il Governo non ritiene necessario accogliere questa ulteriore specifica.

Il parere è parimenti contrario all'emendamento 2.200/3, semplicemente perché la pubblicazione delle retribuzioni è già prevista dall'articolo 21 della legge n. 69 del 2009 e da un successivo decreto legislativo.

Esprimo quindi parere favorevole sull'emendamento 2.200 del senatore Malan e parere contrario, oppure un invito al ritiro, per quanto riguarda l'emendamento 2.2 del senatore Zanetta, per le stesse ragioni che abbiamo detto sopra: si tratta sempre di emendamenti relativi alle Regioni ed alle Province autonome di Trento e Bolzano.

Per quanto riguarda l'emendamento 2.3, sia per le modifiche di cui al comma 1 che al comma 6, il parere è favorevole.

Con l'emendamento 2.250 i colleghi presentatori propongono semplicemente di aggiungere, al comma 1 dell'articolo 2, dopo la parola «criteri», la parola «oggettivi»; magari la formulazione è un po' pleonastica, ma comunque il parere è favorevole.

Il parere del Governo è poi contrario all'emendamento 2.251, perché il concetto di semplicità è già espresso nell'articolo in cui si propone di inserire la parola «comprensione»: credo quindi che tale formulazione sia davvero ridondante.

Dell'emendamento 2.4 si chiede il ritiro; diversamente il parere è contrario, in quanto è assorbito dall'emendamento 6.0.2.

Sull'emendamento 2.252 vi è lo stesso problema, e quindi il parere è contrario.

Per quanto attiene all'emendamento 2.5, nell'articolo è già ricompresa questa definizione e non opera eccezioni e non riesce comunque a superare le deroghe che ci sarebbero da parte delle ordinanze della Protezione civile. Quindi sostanzialmente l'emendamento è ritenuto inutile ed il parere è contrario.

Circa l'emendamento 2.6...

 

PRESIDENTE. Sottosegretario Augello, è stato trasformato nell'emendamento 2.500 che si trova nel fascicolo annesso, su cui poi esprimerà i pareri.

 

AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Il parere è contrario sull'emendamento 2.7, ma anche sull'emendamento 2.8, per le stesse ragioni per cui esprimiamo parere contrario sull'emendamento 2.5.

Il parere è favorevole sull'emendamento 2.253.

Sull'emendamento 2.9 il parere è contrario perché la norma sarà obbligatoria dall'entrata in vigore della legge. Il parere è contrario anche sull'emendamento 2.10 sostanzialmente per lo stesso motivo.

Sull'emendamento 2.11 è stato espresso parere contrario dalla 5a Commissione ex articolo 81 della Costituzione, come anche sugli emendamenti 2.254 e 2.12.

Sull'emendamento 2.13 il parere è contrario, in quanto viene assorbito da un altro emendamento, che prevede l'adozione di appositi decreti della Presidenza del Consiglio dei ministri.

L'emendamento 2.14 è improponibile.

Per quanto riguarda l'emendamento 2.255, anche in questo caso ci troviamo di fronte ad un emendamento che nella sostanza rafforza la norma attualmente esistente, e quindi il parere è favorevole.

Sull'emendamento 2.0.251/1 il parere è contrario. La ragione di tale contrarietà è dovuta al fatto che si tratta di un emendamento che, pur animato da buone intenzioni, finirebbe per creare eccessive complicazioni nella gestione della banca dati con informazioni contenute nelle relazioni che non verrebbero poi gestite in via informatica.

L'emendamento 2.0.251/2 è improponibile.

L'emendamento 2.0.251 è stato riformulato e si trova sul fascicolo annesso.

 

PRESIDENTE. Senatore Augello, lei dovrebbe andare a pagina 38 ed esprimere il parere ad iniziare dall'emendamento 2.0.252/1.

 

AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Esprimo parere contrario su tale emendamento perché l'estensione della tutela al dipendente del settore privato è un argomento delicato che non si può affrontare sbrigativamente con questo articolo aggiuntivo. (Brusìo. Richiami del Presidente). Tra l'altro bisognerebbe cautelarsi dalle distorsioni.

 

PRESIDENTE. Colleghi, il senatore Augello sta svolgendo nella discussione il compito di rappresentante del Governo seriamente, cercando di spiegare la sua contrarietà agli emendamenti e non limitandosi a dire di essere contrario: lo vogliamo agevolare o no? (Applausi dal Gruppo PdL e del senatore Viespoli).

 

AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. La ringrazio, signor Presidente, per questo suo riconoscimento del tentativo di guadagnarsi l'indennità. Come dicevo, è un elemento che si potrebbe prestare a distorsioni se semplificato in un unico articolo. In linea di principio il Governo avrebbe potuto prendere in esame una disciplina più articolata. Non è comunque il caso di esaurire in un solo articolo e con questa formulazione, non condivisa nemmeno dal Ministero del lavoro, tale tematica, e pertanto il parere è contrario.

Esprimo parere contrario anche sull'emendamento 2.0.252/2, perché, pur rispondendo a buone intenzioni, l'emendamento rende eccessivamente generici i presupposti della tutela, nonché sugli emendamenti 2.0252/3 e 2.0.252/4.

Per quanto riguarda l'emendamento 2.0.252/5 la norma disciplina un'indagine amministrativa e non penale. L'emendamento pertanto è superfluo, dal punto di vista del Governo, perché la norma non intende modificare quanto è già previsto dal codice di procedura penale. Invito pertanto i presentatori a ritirarlo, altrimenti il parere è contrario.

Sull'emendamento 2.0.252/6 il parere del Governo è contrario trattandosi di alcune precisazioni relative ai diritti del segnalato all'accesso. Anche in Commissione è stato rilevato che l'emendamento è inutile in quanto l'esercizio dei diritti di cui all'articolo 7 del codice in materia di protezione dei dati personali non determina la possibilità di conoscere l'identità del segnalante. Si tratta comunque di considerazioni che riguardano non una valutazione negativa dell'intenzione ma la rappresentazione della stessa.

Esprimo parere contrario anche sugli emendamenti 2.0.252/7 e 2.0.252/8. Il parere del Governo è invece favorevole sull'emendamento 2.0.252.

L'emendamento 2.0.4 è improponibile. Sugli emendamenti 2.0.5, 2.0.6 e 2.500 esprimo parere contrario, mentre il parere è favorevole sull'emendamento 2.0.251 (testo 2).

Il parere è contrario sull'emendamento 2.0.500, perché reca una proposta molto articolata che cancella anche lo spoils system e non corrisponde all'indirizzo che abbiamo dato complessivamente alla proposta.

Gli emendamenti 2.0.2 (testo corretto) e 2.0.250 (testo corretto) sono improponibili.

 

FINOCCHIARO (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

FINOCCHIARO (PD). Signor Presidente, si è interrotto molto precocemente, non dico una luna di miele, ma quel tentativo di avviare un processo di condivisione e responsabilizzazione reciproca circa il tema che era contenuto nell'articolo 1 e nei suoi emendamenti.

Ieri il presidente Schifani, al termine di una Conferenza dei Capigruppo molto impegnativa, qui in Aula aveva molto chiaramente fatto riferimento alla possibilità, anzi descritto una procedura che è stata definita nella stessa Conferenza dei Capigruppo e che prevedeva l'intesa tra le opposizioni, il Governo e la maggioranza. L'intesa era quella di un emendamento che fosse veicolo del riesame della materia recata dall'articolo 1 presso le Commissioni riunite: un emendamento che avesse in sé due principi forti. Il primo era quello della istituzione di un'Autorità indipendente per la vigilanza e il controllo della corruzione; l'altro era quello, ineliminabile, di una funzione pubblica, che deciderà il Governo in quale forma esercitare, per l'implementazione del piano nazionale sulla prevenzione della corruzione nella pubblica amministrazione, che si gioverà di strumenti diversissimi, alcuni dei quali sono recati dagli articoli 2, 3, 4, 5 e 6 del provvedimento che stiamo esaminando.

L'emendamento che stamattina ci è stato proposto dal Governo non risponde a quell'accordo. Io trovo particolarmente scorretto - lasciatemelo dire - che l'emendamento sia già stato presentato, mentre io con il Governo ero impegnata nel suo esame.

Cerco di spiegare perché questo emendamento non soddisfa le nostre esigenze e quell'impegno politico solenne, tanto solenne da essere declinato in quest'Aula dal Presidente del Senato dopo una Conferenza dei Capigruppo. Questo emendamento attribuisce ad un comitato interministeriale la qualifica di Autorità nazionale anticorruzione, peraltro così com'è oggi a legislazione vigente, poiché - come ricorderete - con il decreto-legge n. 112 del 2008 (tra i primi atti del Governo) è stato abolito l'alto commissario anticorruzione e queste funzioni sono state attribuite alla Funzione pubblica. Siamo quindi in una situazione nella quale quello che la Convenzione di Strasburgo obbliga ad affidare ad un'Autorità dotata di indipendenza viene affidato invece ad un comitato interministeriale. Viene data una "carotina" all'opposizione, una piccola concessione slegata dal successivo comma 6 dell'emendamento proposto, secondo cui le funzioni di vigilanza e di controllo sull'attività vengono affidate alla CiVIT, cioè a quella commissione già esistente composta con criteri che in qualche modo potrebbero assomigliare alla soddisfazione dell'esigenza di un'indipendenza: salvo poi guardare in concreto la composizione attuale della CiVIT. Noi crediamo che sia questa, eventualmente come ultimo punto di caduta, l'Autorità indipendente che deve vigilare contro la corruzione.

Ci viene invece offerto un velo, un ornamento, un pennacchio, che servirebbe ad incoronare come Autorità indipendente, sostanzialmente con l'intera gamma delle funzioni attribuite al comitato, questa piccola commissione. Si aggiunga inoltre che le stesse funzioni di raccordo con le Autorità internazionali, non soltanto a livello interministeriale (che sarebbe del tutto comprensibile), ma a livello complessivo, restano affidate al comitato interministeriale.

Credo allora che l'opposizione abbia dato, per il grande attaccamento alla questione che abbiamo dimostrato in ogni modo e con tutti gli strumenti, al punto da essere noi a sbloccare questo provvedimento (che il Governo bloccava mancando di presentare la relazione tecnica in Commissione bilancio): noi l'abbiamo portato in Aula. Credo però che questo comportamento tradisca non solo un clima di collaborazione e di disponibilità, del quale avremmo potuto fare tranquillamente a meno, poiché avevamo battuto due volte il Governo: esso tradisce anche l'impegno e la parola del Presidente del Senato spesi in quest'Aula.

L'indisponibilità del Governo a trattare alcunché, la rapacità e l'arroganza con la quale si vuole tenere in capo alla Funzione pubblica l'intera partita è, per quanto riguarda il mio Gruppo (poi eventualmente parleranno anche i rappresentanti degli altri Gruppi di opposizione), del tutto insostenibile. Si decida il Governo: se vuole stralciare tutta questa parte, diventerà un'altra partita politica, che agiremo politicamente e poi istituzionalmente, in altro momento e in altra occasione. Altrimenti, esso non può in nessun modo ritenere che questo emendamento, già presentato, rappresenti il patto di lealtà e di responsabilità che si era assunto in quest'Aula e in Conferenza dei Capigruppo.

La verità è che la protervia e l'arroganza hanno assistito sin dal primo momento tutta questa partita. È il senso di responsabilità delle opposizioni che oggi ci pone nelle condizioni di dover chiedere che si stralci interamente la materia dell'articolo 1. E se la maggioranza e il Governo insistono, ci si pronunci sull'ammissibilità dell'emendamento. È in punto di Regolamento e di decisione della Giunta del Regolamento. Ciò che era superabile in via politica, temo che non sarà più superabile. (Applausi dai Gruppi PD e IdV e dei senatori Serra e Valditara).

 

LI GOTTI (IdV). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

LI GOTTI (IdV). Signor Presidente, onorevoli colleghi, quando noi ci siamo mossi in questa direzione, avevamo presente l'articolo 20 della Convenzione di Strasburgo fatta il 27 gennaio del 1999, la cui autorizzazione alla ratifica è stata deliberata in Commissione tre giorni fa.

L'articolo 20 della Convenzione prevede che le parti devono disporre, nel rispetto dei principi fondamentali del sistema giuridico della parte, dell'indipendenza necessaria per poter esercitare le loro funzioni efficacemente liberi da qualsiasi pressione illecita. Questo è il principio che ci faceva parlare di un organismo terzo.

Ieri è stato bocciato l'articolo 1 del provvedimento, che così declamava: «Il Dipartimento della funzione pubblica predispone e coordina il Piano nazionale anticorruzione (...)». Il testo che oggi ci viene proposto così recita: «Il Dipartimento della funzione pubblica (...) ha il compito di (...) predisporre e coordinare (...) il Piano nazionale anticorruzione». È la stessa cosa, è la medesima previsione! Ma pensate veramente di essere dei geni? Siete degli imbroglioni! (Applausi dal Gruppo IdV. Proteste dal Gruppo PdL).

 

LI GOTTI (IdV). Cialtroni e imbroglioni! (Commenti del senatore Gramazio).

 

PRESIDENTE. Senatore Li Gotti, il suo discorso è stato comprensibilissimo, non c'era bisogno di coronarlo con queste espressioni, che lo impoveriscono. Lei ha svolto dei ragionamenti così approfonditi, ma poi li conclude in questo modo.

 

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Signor Presidente, per la verità, io avevo chiesto la parola quando lei ha preannunciato la presentazione della nuova formulazione dell'emendamento da parte del Governo, proprio per chiedere a lei e al Presidente del Senato, se, prima della cosiddetta trasmissione di questo testo alla Commissione, si fosse fatta la verifica di ammissibilità del testo stesso.

L'intesa che ieri è stata assunta in Conferenza dei Capigruppo presupponeva la riscrittura di un testo che fosse ammissibile a norma di Regolamento, cioè che partisse dal presupposto di un cambio sostanziale, e non solo formale, della disciplina introdotta dall'articolo 1, che è stato due volte bocciato. Esso è stato, infatti, bocciato prima nella riscrittura del collega Malan, che era relatore in Commissione, e poi nella sua stesura originaria, così come presentata dal Governo.

Noi oggi ci troviamo di fronte a un testo che è oggettivamente inammissibile perché viola l'articolo 97, comma 2, del Regolamento, perché è in contrasto con una deliberazione assunta dal Senato sulla stessa materia (in verità, con due deliberazioni assunte dal Senato).

Quindi, questo testo, non solo dal punto di vista politico (uso toni un po' diversi) ci lascia obiettivamente perplessi, ma esso non può, a norma di Regolamento, essere reso ammissibile, e quindi essere trasmesso alla Commissione, così come ieri avevamo detto. Qui si fa solo una cosa, infatti: si separano le funzioni di coordinamento dalle funzioni di vigilanza e di controllo. Entrambe le funzioni restano però incardinate sotto mentite spoglie presso la Presidenza del Consiglio perché, mentre da un lato si attribuiscono ad un non meglio definito comitato interministeriale le funzioni di coordinamento di cui all'articolo 6 della Convenzione ONU, dall'altro si attribuiscono le funzioni di vigilanza e controllo alla CiVIT, commissione che si occupa - o dovrebbe occuparsi, visto che non ha fatto finora nessun film e, come diciamo dalle mie parti, neanche un VHS, nel senso che finora non ha proprio «toccato palla» - del controllo e della valutazione dei dirigenti (ricordiamo l'epocale riforma della pubblica amministrazione del ministro Brunetta).

Questo testo, dunque, dal punto di vista formale e sostanziale è l'esatta riproduzione dei due testi già bocciati dal Senato. Pertanto, al di là delle valutazioni di carattere politico, che mi risparmio e vi risparmio, perché non sarebbero assolutamente gradevoli, vista la scorrettezza che la maggioranza ha messo in campo dopo l'intesa che a fatica avevamo tentato di raggiungere ieri in Conferenza dei Capigruppo, si tratta di un testo comunque inammissibile dal punto di vista regolamentare, che non può essere portato in Commissione. (Applausi dal Gruppo UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI).

 

PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo a pronunziarsi al riguardo.

 

AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, non mi soffermerò sui toni, probabilmente un po' accesi, con cui in alcuni casi si è intervenuti su questo emendamento, voglio rimanere alla sostanza di tale proposta e allo scopo per cui essa è stata presentata.

In primo luogo, c'è stata una discussione di natura non soltanto tecnico-regolamentare: a questo proposito ricordo che il precedente emendamento non era stato presentato, ma solo annunciato, e lo abbiamo fatto deliberatamente prima, per chiarire che l'intenzione del Governo era quella di tentare di salvare un aspetto importante di questa legge. Non mi appassiona infatti la questione se sia essenziale o meno per questa legge l'articolo 1, ma certamente il provvedimento funzionerebbe meglio se le questioni che erano presenti nell'articolo 1 del testo originario del disegno di legge venissero affrontate e definite; funzionerebbe peggio se non lo fossero.

C'è stata una discussione, c'è stata la Conferenza dei Capigruppo, e il Governo aveva assunto l'impegno di presentare un emendamento che doveva essere basato su tre princìpi (questo era l'impegno che avevo personalmente assunto): in primo luogo, era necessario che l'emendamento non portasse ad una maggiore spesa, perché c'erano difficoltà nella costituzione di organismi per problemi di copertura; in secondo luogo, vi era l'esigenza di creare - come richiesto, non solo dall'opposizione, ma a mio avviso anche dal buon senso - una struttura di controllo diversa da quella di coordinamento; infine, si chiedeva che tutto questo venisse elaborato in un emendamento base, che poi potesse essere approfondito ed eventualmente emendato ed arricchito nelle Commissioni di merito.

Dobbiamo onestamente prendere atto che questo emendamento realizza esattamente queste tre operazioni, mettendo in campo innanzitutto una separazione delle funzioni di coordinamento delle politiche di contrasto alla corruzione ed affidando ad un altro organismo - che è indipendente, altroché, e che compariva tra l'altro anche in alcune proposte emendative dell'opposizione - l'attività di controllo che, come risulta da un'attenta lettura del testo, non si sostanzia però in un controllo a distanza, ma in un'attività che associa direttamente a tutti i momenti in cui si forma anche l'intervento di coordinamento la presenza del controllore.

Il problema riguarda il fatto che si pretenderebbe - è un auspicio dell'opposizione, e se ne può discutere - che anche nominalisticamente questo organismo di controllo diventi l'Autorità di contrasto alla corruzione.

L'Autorità nazionale anticorruzione, non per l'emendamento presentato oggi dal Governo, ma per la legge attuale, coincide con un Dipartimento, che ha ereditato le funzioni dell'alto commissariato di cui parlavamo ieri e che, sia ieri che oggi, rimane comunque sempre all'interno della Funzione pubblica.

Da questo punto di vista non c'è alcuna novità: non abbiamo introdotto un elemento turbativo o innovativo. Piuttosto abbiamo introdotto una struttura di controllo indipendente, che consente di valutare lo stato di avanzamento delle politiche di contrasto; consente di fare accertamenti direttamente; partecipa a tutte le riunioni e a tutti gli accordi internazionali per le politiche di contrasto; prende parte alla stesura del piano e fa il rapporto al Parlamento. Un organismo che svolge tutta una serie di funzioni come struttura "altra", che concorre, attraverso l'attività di controllo, a garantire efficaci politiche di contrasto alla corruzione.

Aggiungo sommessamente che l'articolo 6, più volte invocato, della Convenzione delle Nazioni Unite, prevede anche non un solo soggetto, ma una pluralità di soggetti che si occupano di questa materia. Quindi, a me pareva del tutto logico, attraverso questa proposta, recuperare intanto la lettera della Convenzione dell'ONU: ci sono più soggetti che se ne occupano; uno che si occupa del coordinamento e uno indipendente che si occupa del controllo, che tra l'altro non è l'unico dal momento che si affianca ad altre Autorità già esistenti che effettuano controlli di questo genere, prima tra tutti l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici.

Tuttavia, ho anche detto informalmente - ma non ho difficoltà a riferire all'Assemblea - che, se attraverso il confronto in Commissione, giungessimo a definire in un contesto unitario organico le due funzioni all'interno di un unico perimetro denominato Autorità, se troviamo una formula tecnica, il Governo è pronto a discuterne. Tutto ciò può piacere o meno, ma francamente non somiglia neanche lontanamente al colpo di pugnale che si sostiene sarebbe stato vibrato; tanto più che il Governo ha presentato il suo emendamento nella presunzione che una discussione precedente svolta tra maggioranza e opposizione avesse tutto sommato definito nella Commissione e non nell'Aula la sede dove si doveva lavorare, e quindi occorreva un testo di riferimento per poterci lavorare.

Quindi, se fosse possibile esprimere la mia opinione - tra l'altro, come presentatore di un emendamento trasmesso anche per la semplice ragione che sapevo che la Commissione doveva essere convocata praticamente entro un'ora, e quindi era necessario un testo - personalmente ritengo sia utile recuperare questa discussione in Commissione. Secondo me, infatti, esistono margini di miglioramento nonché la possibilità di trovare ancora un compromesso - di contenuto, attenzione - che ci porti ad un punto di equilibrio tra le questioni rimaste in campo.

Ovviamente domandare è lecito, rispondere è cortesia: il Governo ha fatto comunque una proposta che certamente nessuna persona seria può definire non innovativa rispetto ai testi discussi in quest'Aula e rispetto ai contenuti che lo stesso Esecutivo aveva posto all'attenzione prima della Commissione e poi dell'Assemblea. Oggi nella sostanza non cambiamo di una virgola l'ordinamento legislativo che individua l'Autorità non nel coordinamento interministeriale ma nel Dipartimento. È così secondo la legge e così rimane.

Oggi semplicemente inseriamo una struttura di coordinamento e una struttura di controllo. La struttura di controllo è indipendente, e c'è una pluralità di organismi, esattamente come dice l'articolo 6 della Convenzione delle Nazioni Unite. Se il problema è di etichetta, per cui si dice che questa Autorità deve ricomprendere anche le funzioni di controllo, mettiamoci intorno ad un tavolo in Commissione e vediamo come si può fare. Se il problema è invece quello della favola di Fedro, secondo cui pur essendo l'agnello a valle e il lupo a monte, l'agnello sporcava l'acqua, allora il Governo non ha nulla da dire al riguardo e non si sente vocazionalmente un agnello. (Applausi dal Gruppo PdL).

 

FINOCCHIARO (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

FINOCCHIARO (PD). Presidente Nania, non mi piacciono le finzioni, anche per il rispetto reciproco che ci dobbiamo. (Commenti dal Gruppo PdL).

È così, colleghi: soltanto la trasparenza nelle relazioni, anche conflittuali, garantisce rispetto a voi da parte nostra e a noi da parte vostra. Così è. Quindi, le finzioni non possono entrare in quest'Aula nel momento in cui su una partita così delicata si era cercato di raggiungere un accordo politico, che era l'unica possibilità per sovvenire ad una questione che dal punto di vista regolamentare grava sui nostri lavori: mi riferisco all'inammissibilità di qualunque emendamento o articolo aggiuntivo recato da emendamento che riaffronti la questione sottesa all'articolo 1.

Ricordo che nel corso delle votazioni sono state bocciate previsioni che in nessun altro modo, secondo il Regolamento, la Giunta e la legalità parlamentare, possono rientrare in gioco.

Il senso dell'accordo politico era quello di trovare una soluzione originale, in uno sforzo reciproco di responsabilità. A noi pare che questa strada non sia praticabile: non credo sia una mia impuntatura, perché ho sentito anche i senatori degli altri Gruppi ed i miei colleghi di Gruppo. (Commenti della senatrice Spadoni Urbani). Senatrice Spadoni Urbani, qui ho 104 senatori: sono tanti, e dovrebbero essere rispettati nella loro opinione. Ciascuno di loro non ritiene soddisfacente questo emendamento preliminarmente presentato ad un incontro con il Governo per definirne la capacità di soddisfare le esigenze rappresentate anche in questa sede dal presidente Schifani; peraltro, tutto ciò è avvenuto in modo molto sgradevole sotto il profilo delle relazioni politiche, istituzionali e anche personali. Dunque, questo emendamento non soddisfa quella condizione politica. A questo punto, necessariamente ed inevitabilmente rivivono integralmente tutte le preclusioni su eventuali emendamenti che vengono riproposti. È così.

Presidente Nania, lei sa che ho grande rispetto per chiunque presieda l'Assemblea. Chiedo, però, che il presidente Schifani, garante di quell'accordo, venga in Aula a presiedere questa seduta. Chiedo altresì che il Governo si decida: o stralcia la materia dell'articolo 1 - e per voi sarebbe davvero un commodus discessus - oppure saranno sottoposti a giudizio di ammissibilità tutti gli emendamenti che vertono sulla materia recata dall'articolo 1, bocciato. Non c'è altra via! (Applausi dai Gruppi PD e IdV).

 

GASPARRI (PdL). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

GASPARRI (PdL). Signor Presidente, la questione è molto complessa sotto il profilo procedurale e di contenuto, ma è molto chiara in termini politici. Ieri è stato espresso un voto che ha bocciato l'articolo 1. Abbiamo svolto una discussione nella Conferenza dei Capigruppo, che i colleghi senatori non hanno potuto seguire; quindi, non possiamo dare per scontato il dettaglio così complesso.

Dunque, nella Conferenza dei Capigruppo si è deciso che l'articolo 1 andava riscritto stabilendo che un'Autorità indipendente avesse una funzione di controllo e di garanzia nella lotta alla corruzione, ferme restando - senatrice Finocchiaro, lei, io ed altri senatori eravamo presenti - le strutture presso il Dipartimento della funzione della pubblica, di coordinamento interministeriale e così via, che hanno ereditato le funzioni precedentemente svolte dall'Autorità anticorruzione, quella che esisteva in passato e che il senatore Serra - come ho già ricordato - ha presieduto nel quadro delle sue precedenti esperienze istituzionali.

La nostra disponibilità come Gruppo resta esattamente uguale a quella espressa ieri. Vogliamo che con il concorso del Governo si definisca, nella riscrittura dell'articolo 1, una norma condivisa. Ritengo che il Governo abbia presentato un testo perché alle Commissioni 1a e 2a serve un pezzo di carta, un atto. Ricorderà, senatrice Finocchiaro, che ieri ho usato l'espressione «devolvere la questione»; il Presidente del Senato non può devolvere una questione alle Commissioni, ma deve assegnare la discussione di un emendamento. L'emendamento, però, non è la Bibbia, non è intangibile. La soluzione deve rispondere alle intese politiche condivise, che ieri abbiamo affermato di voler ricercare, sulle quali il Presidente del Senato si è impegnato in una funzione istituzionale, ma anche con valutazioni di alta politica.

Quindi, noi restiamo dell'avviso che si debba cercare una soluzione: la Commissione è la sede. Peraltro, avevamo convenuto di procedere nel frattempo alle votazioni degli altri articoli. Altrimenti, prendo atto del fatto che lei, senatrice Finocchiaro, sta dicendo una cosa diversa da quanto ha affermato ieri. Si può stralciare l'articolo 1, soluzione che il nostro Gruppo non ritiene auspicabile; tuttavia ieri nel mio intervento ho evidenziato che il provvedimento, anche senza l'articolo 1, per tutti gli altri articoli e le norme che contiene, sarebbe comunque molto importante. Dunque, non avrei alcuna difficoltà a portare avanti un disegno di legge che poi deferisse ad altre sedi le questioni previste dall'articolo 1.

Voglio invece sinceramente perseguire quella intesa che ieri si è trovata nella Conferenza dei Capigruppo affinché nell'esame delle Commissioni si trovi una soluzione condivisa nella nuova stesura dell'articolo 1. Ma questa discussione nelle Commissioni non c'è ancora stata, non è che la possiamo anticipare con conseguenze negative. Né gli eventuali emendamenti che fossero presentati possono essere considerati il punto di arrivo: sono uno strumento, il pretesto procedurale per poter discutere di un argomento in Commissione, nella quale si deve trovare poi l'intesa rispetto ai principi che ci siamo detti ieri in sede di Conferenza dei Capigruppo.

Questa è la nostra posizione. Quindi, quel testo non è il testo finale. Dal punto di vista procedurale capisco che ci debba essere un testo devoluto: politicamente, se si dicesse che le Commissioni si riuniscono per parlare della riscrittura dell'articolo 1 per me sarebbe sufficiente, ma mi rendo conto che le procedure impongono che vi siano dei testi, sui quali si avvia la discussione.

Siamo aperti al confronto, e anche allo stralcio, se voi lo doveste proporre, ma preferiremmo che si trovasse una definizione congiunta e condivisa del nuovo articolo 1, procedendo intanto, già da questa mattina, con le votazioni degli altri emendamenti su cui i pareri sono stati espressi, sapendo quanto è importante la questione dell'articolo 1 e quanto sono per noi vincolanti le volontà e gli sforzi sinceri di trovare una intesa su una scrittura condivisa, perché quando dobbiamo dire una cosa la diciamo e quando ci impegniamo ad un'intesa siamo altrettanto chiari e coerenti. Questa è la nostra posizione. (Applausi dal Gruppo PdL).

 

PRESIDENTE. Desidero precisare che la Presidenza si occupa soltanto di cercare di disciplinare la regolarità procedurale della nostra discussione. Lei, presidente Finocchiaro, ha fatto riferimento ad una intesa di carattere politico: le posso assicurare che il Presidente del Senato sta per terminare un impegno istituzionale, e quindi - a breve - dovrebbe essere presente in Aula.

 

LI GOTTI (IdV). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LI GOTTI (IdV). Signor Presidente, ovviamente chiedo scusa ai colleghi e a lei per i toni di poc'anzi, ma mi ero irritato. (Commenti dai banchi del PdL). Mi ero irritato per una semplice ragione, nel senso che politicamente si può fare qualunque cosa, però se questo provvedimento viene respinto là dove dice che il Dipartimento della funzione pubblica predispone e coordina il Piano nazionale anticorruzione, e si ripresenta ora un testo in cui si dice che il Dipartimento del funzione pubblica ha il compito di predisporre e coordinare il Piano nazionale anticorruzione, mi sembra che dire che si tratta di una presa in giro è poco.

È la medesima cosa, nonostante i tentativi del sottosegretario Augello, che amabilmente ha cercato di non affrontare questo punto. Sono le stesse parole, addirittura: invece di essere scritto «predispone e coordina» è scritto «ha il compito di predisporre e coordinare». È questo il cambiamento! E chi? Il Dipartimento del funzione pubblica, sempre quello, l'organismo al quale noi non vogliamo venga affidato questo ruolo: vogliamo un'Autorità terza, che predisponga le linee e i piani di azione di contrasto alla corruzione, perché non ci fidiamo. Non possiamo, come amabilmente è stato ricordato ieri, mettere a guardia di un pollaio una volpe. Va bene, detto in questi termini? Politicamente, troviamo un'altra formulazione. Ma questo emendamento è inammissibile, ai sensi del comma 2 dell'articolo 97: «Sono inammissibili ordini del giorno, emendamenti e proposte in contrasto con deliberazioni già adottate dal Senato sull'argomento nel corso della discussione».

L'emendamento è inammissibile. Non può andare in Commissione perché è inammissibile, ai sensi del comma 2 dell'articolo 97. I Regolamenti delle Camere hanno rango costituzionale. Chi infrange questa norma infrange una norma che ha rango costituzionale. (Applausi dai Gruppi IdV e PD. Congratulazioni).

 

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Signor Presidente, intervengo per richiamare il comma 2 dell'articolo 97 del Regolamento. Il presidente Gasparri ha fatto una ricostruzione esatta dei lavori della Conferenza dei Capigruppo di ieri. Probabilmente gli è sfuggito il seguente passaggio: l'intesa per la trasmissione in Commissione di un nuovo emendamento del Governo partiva e parte dal presupposto che questo nuovo emendamento fosse ammissibile ai sensi del comma 2 dell'articolo 97. Anche se volessimo accedere ad una tesi diversa, non potremmo farlo perché il Regolamento del Senato prevede espressamente che sia il Presidente a decidere in maniera insindacabile in ordine alla inammissibilità di emendamenti e di ordini del giorno in contrasto dal punto di vista sostanziale e formale con precedenti deliberazioni dell'Assemblea.

È evidente che abbiamo dato la nostra disponibilità proprio perché siamo interessati a scrivere insieme una norma sull'Autorità anticorruzione che sia seria, e non una presa in giro. Però, dobbiamo fare questo nel rispetto del dettato del Regolamento. Quindi, dobbiamo costruire una norma che sia intanto suscettibile di passare il vaglio di ammissibilità. Questo emendamento proposto dal Governo non lo è.

 

TOFANI (PdL). È cambiato.

 

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Non lo è, collega. Lo deve cambiare il Governo. Altrimenti, non è ammissibile.

La questione di fondo è che il Senato si è già pronunciato su questa disposizione, dicendo che l'Autorità anticorruzione deve essere cosa diversa dall'Esecutivo; non può essere soggetta ad alcun vincolo di ordine gerarchico, funzionale e così via dell'Esecutivo.

Qualunque disposizione noi presentiamo che abbia questo contenuto è oggettivamente inammissibile; quindi non può essere oggetto di discussione. Il sottosegretario Augello sa molto bene che noi abbiamo dato una disponibilità a svolgere una discussione rispetto ad esigenze amministrative del Governo relative ad una struttura interministeriale che faccia da coordinamento amministrativo e sia una interfaccia dell'Autorità anticorruzione, ma un'interfaccia, non la stessa cosa.

E questa è una discussione. È vero quanto dice il sottosegretario Augello che l'articolo 6 della Convenzione prevede la possibilità che vi siano più organi che si occupino della stessa questione. Ma al sottosegretario Augello sfugge un trascurabile dettaglio: il comma 2 dell'articolo 6 della Convenzione, al di là delle favole, dice chiaramente che l'Autorità anticorruzione deve essere indipendente e autonoma; Autorità anticorruzione che voi qualificate essere un non meglio determinato comitato interministeriale. Quindi, una stesura del testo ancora più grave, a mio parere, signor Sottosegretario. Ed è ancora più grave allorquando non disciplinate neanche i contenuti della funzione e le garanzie di questa Autorità; Autorità che peraltro deve essere autonoma e indipendente secondo i principi dell'ordinamento dello Stato membro, quindi, per quanto ci riguarda, come le è noto, secondo i principi della nostra Carta costituzionale, che dicono con esattezza quando si è in presenza di un ente autonomo e indipendente. Quindi, certamente la CiVIT, che è una Commissione che si occupa - o dovrebbe occuparsi - della valutazione dei dirigenti, è sotto la vigilanza, il controllo ed il rapporto funzionale e gerarchico del Ministro della funzione pubblica, il cui Dipartimento è incardinato presso la Presidenza del Consiglio.

Dal punto di vista sia formale che sostanziale siamo in presenza di una norma che non può essere trasmessa in Commissione né oggetto di esame da parte della Commissione o dell'Aula perché oggettivamente inammissibile. Su questa questione chiediamo formalmente che il Presidente del Senato si pronunci, ai sensi del secondo comma dell'articolo 97 del nostro Regolamento. (Applausi dai Gruppi UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI e PD).

 

QUAGLIARIELLO (PdL). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

QUAGLIARIELLO (PdL). Signor Presidente, onorevoli colleghi, francamente mi sembra che l'Aula sia finita complessivamente in una specie di cul de sac e in una situazione paradossale.

Ieri l'opposizione ha chiesto a gran voce che il dibattito fosse trasferito in Commissione. L'ha fatto con nuances e sfumature tra i diversi Gruppi, ma questo è stato il comune denominatore. Ci troviamo invece in una situazione tale per cui stiamo svolgendo tutto quanto il dibattito in Aula.

D'altra parte, la maggioranza - perché la contraddizione la riguarda ugualmente - ha acceduto a questa richiesta per evitare un braccio di ferro sul Regolamento e soprattutto che una questione del genere si risolvesse a colpi di Regolamento sulla ammissibilità o meno dell'emendamento. Oggi, rischiamo invece che questa questione ci si ripresenti sotto diverse e cangianti spoglie.

A questo punto, ritengo assolutamente necessario e di buonsenso uscire da questo cul de sac e che lo si possa fare solo in un modo, ossia invitando il Governo a ritirare questo testo e presentarne uno che non risolva tutte le questioni - altrimenti il passaggio in Commissione diventerebbe inutile - ma nel quale vi siano le garanzie minime per poter aprire un confronto e vedere se in Commissione sulla questione dell'interfaccia si riesca a trovare la soluzione o meno.

Dopodiché, tutti si assumeranno le proprie responsabilità politiche, ma questo è il modo in cui veramente arriviamo in Commissione e superiamo il problema regolamentare. Questa è la mia proposta e questo è il mio invito al Governo. (Applausi dal Gruppo PdL).

 

Presidenza del presidente SCHIFANI(ore 11,25)

 

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, avevo domandato di parlare prima del senatore Quagliariello perché ho molto rispetto dell'opposizione e delle cose che ci diciamo. Sono convinto della necessità che questo disegno di legge diventi legge al più presto, ma perché questo avvenga - ce lo siamo già detto ieri - è necessario che resti l'invarianza della spesa.

E perché questo avvenga, non ho mai rivendicato, anche nei colloqui, di pretendere l'Autorità centrale, come ha fatto il senatore Li Gotti nel suo disegno di legge di ratifica della Convenzione di Strasburgo, nel senso di attribuirla al Ministero della giustizia. Ho pensato alla commissione, e di questo mi darà atto la presidente Finocchiaro: non ero d'accordo con quella commissione, che abbiamo indicato esclusivamente come ipotesi; un'ipotesi contemplata da un emendamento dell'opposizione, non della maggioranza.

Nello stesso tempo, abbiamo indicato a voi, ieri, un comitato, che, anche se non per forza con quelle Autorità, sia di controllo effettivo, a differenza dell'alto commissario per la corruzione cui facevano riferimento i senatori Serra e D'Alia.

Teniamo conto che con questa legge si svuotano i poteri che aveva una volta l'Alto commissario, perché con essa andiamo a stabilire norme ben precise. Vogliamo attribuire l'attività di controllo all'Autorità di vigilanza sugli appalti pubblici? Noi - e credo di interpretare il pensiero del sottosegretario Augello e dell'intero Governo - abbiamo fatto una proposta convinti che non fosse la soluzione finale ma il viatico per andare in Commissione e discutere di due principi: l'attività di coordinamento come è svolta oggi dalla Funzione pubblica deve continuare a essere svolta da quest'ultima, altrimenti l'equilibrio tra le diverse posizioni non lo raggiungeremo mai; abbiamo necessità di stabilire un'Autorità di controllo che sia al di fuori della politica, al di fuori dei Ministeri: individuiamola insieme. Volete che riscriviamo l'emendamento? Noi lo possiamo ritirare (riscriverlo serve a ben poco, presidente Finocchiaro), purché ci sia un'intenzione seria: l'Autorità deve essere indipendente e di controllo, cioè di verifica dell'idoneità delle norme che andiamo a scrivere, perché il fenomeno della corruzione sia effettivamente combattuto. Circa il caso in cui, per ipotesi, quelle attività e quei controlli non funzionino, questa mattina il senatore D'Ambrosio mi ricordava correttamente della possibilità di tenere conto di quanto è previsto all'articolo 2 e che anche il comitato di controllo di cui all'articolo 8 potrebbe essere preso in considerazione. Non dico di no, come vedete c'è da parte di tutti la possibilità di fare valutazioni diverse, ma dobbiamo intenderci su che cosa sia l'attività di controllo. Il senatore D'Alia mi dice che il Piano nazionale anticorruzione non lo può fare il Dipartimento della funzione pubblica, o non vi può partecipare: ma allora non ci siamo compresi sull'attività di coordinamento e di controllo.

Identifichiamo l'attività di controllo, che è quella di verificare la funzionalità delle norme e l'idoneità delle stesse a garantire la lotta alla corruzione e a garantire la trasparenza nell'attività della pubblica amministrazione; aggiungiamo tutto quello che volete, ma dobbiamo identificare l'attività di controllo. Dopodiché, pensiamo a quale può essere l'Autorità. Se invece continuiamo in una discussione sulle virgole, oppure sui profili che attengono al Regolamento, non ne usciamo. Sono d'accordo con la presidente Finocchiaro a dire che la soluzione è politica e la si trova solo se vi vuole, da parte della maggioranza e dell'opposizione, identificare un percorso, che è a mio avviso quello del ritorno in Commissione, in cui trovare una soluzione a questi aspetti. Se invece si vuole un'Autorità sul modello di quanto abbiamo normalmente pensato per altre Autorità indipendenti, che svolga tutte le funzioni di coordinamento e controllo, probabilmente non ne usciremo mai.

Credo anch'io nella buona fede della presidente Finocchiaro, del collega Li Gotti e di altri; nel momento in cui diciamo che l'attività di coordinamento resta alla Funzione pubblica e che quella di controllo dobbiamo identificarla, così come dobbiamo identificare la relativa Autorità, credo che tali aspetti debbano essere verificati in Commissione.

 

FINOCCHIARO (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

FINOCCHIARO (PD). Signor Presidente, mi spiace non poter accogliere il seppur velato riferimento del senatore Caliendo alla buona fede di chi parla e degli altri colleghi dell'opposizione.

Allora, usciamo dalla metafora con parole chiarissime, che sono quelle usate dal presidente Gasparri, il quale, in tutta lealtà e in verità, ha detto una cosa semplice, che è all'origine di tutta questa discussione: con l'abolizione, operata con provvedimento di questo Governo, dell'Alto commissario contro la corruzione, le funzioni dell'Alto commissario sono state attribuite alla Funzione pubblica. Ed è altresì chiaro che tutto questo significa che, nel momento in cui devi creare un'Autorità indipendente di controllo e vigilanza che abbia poteri, non possono residuare presso la Funzione pubblica queste funzioni.

Il Comitato di cui parla l'emendamento del Governo non può essere l'Autorità nazionale contro la corruzione; può essere il Comitato per l'implementazione dell'organizzazione, del controllo di qualità, della verifica degli obiettivi, della formazione del personale per evitare e prevenire la corruzione nella pubblica amministrazione, ma non può essere l'Autorità indipendente contro la corruzione. Questo è il punto. Non può restare tutto accentrato sull'Esecutivo, attribuendo soltanto un pennacchio all'attuale CiVIT per risolvere la questione che oggi, e ieri, abbiamo dibattuto in quest'Aula.

Ha ancora ragione il presidente Gasparri quando dice che la questione è di un accordo politico, e l'accordo politico doveva essere preliminare alla presentazione dell'emendamento, perché c'è un'altra questione che io non ho nominato e che adesso nomino: insomma, sia ben chiaro, il Governo viene battuto in Aula e poi rimpannuccia la maggioranza e vince sullo stesso tema in Commissione. Questa è una lesione del principio democratico; non c'è garanzia per le opposizioni, ed è chiaro.

Noi abbiamo fatto un enorme sforzo di responsabilità; lo continuiamo a sostenere, vogliamo il provvedimento, vogliamo fare l'accordo politico, ma non possiamo essere presi in giro. Qua nessuno di noi ha l'anello al naso, nessuno; tutti noi abbiamo competenze parlamentari e anche qualche competenza tecnica per affrontare questo argomento, e non possiamo pensare che voi riteniate di poterci menare per il naso. Questo è il punto, semplice.

La Funzione pubblica può avere il potere - e deve avere il potere - di verificare l'implementazione del Piano nazionale che adotterà, perché le pubbliche amministrazioni si comportino secondo il principio di prevenzione della corruzione. Ma le funzioni terze, indipendenti, di vigilanza e di controllo, devono essere piene (Applausi dal Gruppo PD e dei senatori Pardi e Serra) e devono stare sulle spalle di un soggetto che non ha nessuna relazione con l'Esecutivo, altrimenti ci prendiamo in giro.

Le dico un'altra cosa, senatore Caliendo: noi siamo responsabili anche sotto il profilo della spesa e lo abbiamo sempre dimostrato in quest'Aula, e l'invarianza della spesa non può determinare la varianza delle funzioni e assecondare il vostro disegno; non può essere uno schermo dietro il quale nascondete un'altra cosa. Se è così, o si fa l'accordo politico e si va in Commissione, oppure si ricomincia daccapo; o stralciate (come ieri lo stesso Governo ha detto, affermando che l'articolo 1 poteva essere messo da parte) oppure si va ad una verifica certosina, rigorosissima e puntuale dell'ammissibilità di un nuovo testo. (Applausi dai Gruppi PD e IdV e del senatore Serra).

 

AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, vorrei rassicurare l'Aula, non necessariamente soltanto l'opposizione, sul fatto che questo Governo, senatrice Finocchiaro, ha assolutamente chiaro il fatto di aver assunto l'impegno a cercare (poi - ripeto - un tentativo non sempre può essere coronato da successo), insieme all'opposizione, una possibilità dopo tutto di rendere migliore la legge da subito. Questo è il punto. Questo emendamento era un contributo in tal senso perché, torno a ripeterlo, noi abbiamo sostenuto tutti che avevamo bisogno di una traccia per poi confrontarci in Commissione.

Dico con amicizia al senatore Li Gotti, con il quale abbiamo condiviso molte cose anche nella Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari, che la questione rilevante non è il fatto che l'Autorità di contrasto sia il Dipartimento della funzione pubblica. Come ho già detto, non si tratta di una novella, ma è la citazione di una legge già esistente. Il problema di fondo è come creare un'Autorità di controllo indipendente in grado di dare risposte alle domande poste dall'opposizione, che io stesso peraltro condivido.

Allora, togliamo dal campo una cosa: l'emendamento 2.0.1000 ha questo scopo. Se non va bene a questo scopo, non serve. Il Governo non ha quindi alcuna intenzione di mettere in atto grandi prove muscolari, ma non ha neppure intenzione di accettare a priori un impianto che vada fuori, anche di un millimetro, da quanto dichiarato in sede di accordo politico, vale a dire che le funzioni di coordinamento per le politiche di contrasto alla corruzione sono e restano attribuite al Dipartimento della funzione pubblica e che le funzioni di controllo attribuite all'Autorità di contrasto alla corruzione debbono essere definite e affidate ad un soggetto indipendente. E dovremmo cercare di fare tutto questo...

 

INCOSTANTE (PD). Perché allora nell'emendamento c'è scritto che il Dipartimento è un'Autorità?

 

AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Evitiamo ora un colloquio di questo genere. Il Dipartimento è un'Autorità, e non l'ho scritto io: lo è già per legge. Noi dobbiamo sanare il problema della mancanza di controlli e attribuire ad un organo indipendente una parte dei ruoli stabiliti dal benedetto Capo II della Convenzione dell'ONU. Se riusciamo a farlo contestualmente a questa discussione, il Governo sarà ben lieto di arrivare ad un compromesso e pensiamo di poterlo raggiungere in Commissione. Se non ci riusciamo in questa situazione, nessuno immagina di fare grandi colpi di mano: l'emendamento 2.0.1000 viene meno, perché se non serve a tale scopo non ha alcuna ragione di essere, e si cerca una nuova soluzione - in tempi ragionevoli, perché siamo ormai a ridosso della fine dei lavori della seduta - e poi si torna in Commissione, oppure il Governo, come abbiamo già detto, presume che si possa proseguire con l'esame degli articoli dal 2 in poi, approvando le altre norme. Poi, magari in un momento diverso e meno complicato, vedremo come migliorare tale situazione nel prosieguo dell'attività legislativa.

Eliminiamo ogni problema di carattere muscolare ed esaminiamo la possibilità, che però va cercata con un punto di caduta tra la nostra interpretazione, legittima quanto la vostra, di individuare una pluralità di soggetti che compiano le funzioni di cui all'articolo 6 della Convenzione delle Nazioni Unite, e quanto ci state proponendo da qualche giorno. Ritengo che non riusciremo mai a farlo in Aula: dobbiamo farlo in Commissione, se ci riesce. L'Aula, infatti, per molte ragioni non si presta ad un lavoro che già mi pare molto complicato, visto come si stanno mettendo le cose. Tuttavia, da questo punto di vista la disponibilità del Governo c'era, nei limiti già espressi nella sede in cui abbiamo discusso politicamente della questione, nei limiti che sto ribadendo in questa sede e che ribadiremo come Governo anche in Commissione.

Il Governo ha messo dei paletti, esattamente come ha fatto l'opposizione. Se troviamo un punto di caduta con una formula più generalista per andare in Commissione, discuteremo la questione in quella sede. Se troviamo un punto di caduta, come prima suggerivo, che potrebbe essere quello di ricomprendere tutti i soggetti che realizzano politiche di contrasto nell'ambito dell'etichetta dell'Autorità che si deve occupare della lotta alla corruzione, possiamo percorrere questa strada immediatamente, altrimenti discutiamo semplicemente dell'articolo 2 e seguenti, perché dobbiamo votare comunque norme importanti che hanno una loro rilevanza a sé stante. Vedremo poi, nel prosieguo dell'attività legislativa, se si presenteranno momenti migliori per risolvere tale problema.

 

VIESPOLI (CN-Io Sud). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

VIESPOLI (CN-Io Sud). Signor Presidente, al fine di evitare che la Conferenza dei Capigruppo appaia come una sorta di riunione tra addetti ai lavori, senza che l'Aula riesca ad avere comunicazione di quel che realmente accade al suo interno, mi pare necessario partire da quel che è accaduto in Aula. Mi riferisco alla richiesta, in particolare del senatore D'Alia, che chiedeva, tra le possibilità per continuare il confronto, il rinvio in Commissione dopo la bocciatura dell'articolo 1, con l'esigenza di rispettare anche proceduralmente quanto era accaduto in Aula.

A un certo punto, in sede di Conferenza dei Capigruppo si è posto un problema semplice in relazione alla volontà politica tra i Gruppi. È infatti evidente che il Presidente del Senato non fa accordi politici, ma procedurali; gli accordi politici insistono tra i Gruppi, tra i quali si era addivenuti ad un'intesa politica che voleva fare in modo che la discussione continuasse e risolvesse il problema di cosa rinviare in Commissione. Vale a dire che, nel momento in cui il Governo aveva preannunciato un emendamento e lo aveva anche illustrato, ma non depositato, poiché era emerso dal dibattito che quell'emendamento preannunciato non avrebbe determinato la risposta alle questioni poste dall'opposizione, si doveva addivenire a un diverso emendamento che fosse capace di rappresentare non il punto di caduta o di accordo, non l'elemento esaustivo del dibattito e del confronto, ma l'occasione per il rinvio in Commissione per l'approfondimento di ammissibilità e di merito rispetto alle questioni che la proposta doveva recepire.

Insomma, in Commissione si doveva rinviare la traccia di un confronto e di un dibattito, non per chiuderlo ma per aprirlo, sicché l'emendamento del Governo per definizione non chiude il confronto, ma lo apre: è il punto di partenza, e non di arrivo! Il problema fondamentale è intenderci, colleghi: il fatto che non debba essere in contrasto con quanto bocciato dal Senato non può significare che deve essere un testo per adesione rispetto all'altrui posizione, perché per evitare il contrasto con quanto il Senato non ha approvato c'è una varietà di opzioni, e la sede per verificare questa varietà è la Commissione.

Sicché, se si può utilizzare questa definizione, l'emendamento del Governo è il pretesto per continuare il confronto e, se lo si vuol continuare, la sede è la Commissione; altrimenti discutiamo di merito, quando tutti sappiamo che la vera funzione e la vera finzione è la discussione del merito, che deve essere rinviato alla Commissione e in quella sede si verifica l'onestà intellettuale e la capacità di convergenza politica, che deve essere il confronto e non l'adesione rispetto a una posizione altra. (Applausi dai Gruppi CN-Io Sud e PdL e del senatore Pistorio).

 

BRICOLO (LNP). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BRICOLO (LNP). Signor Presidente, è tutta la mattina che stiamo discutendo sulle procedure e sull'ammissibilità di questo emendamento, non siamo ancora entrati nel merito del provvedimento e dobbiamo ancora votare. È vero che comunque stiamo discutendo una questione importante a seguito di un voto che ieri ha visto l'Assemblea di fatto cancellare un articolo molto importante del provvedimento.

Io credo, signor Presidente, che gli accordi intercorsi nella Conferenza dei Capigruppo fossero molto chiari; tuttavia, vista la disponibilità del Governo e della maggioranza, ora si può sicuramente arrivare a una riformulazione dell'emendamento, che possiamo concordare con le opposizioni, che divenga di fatto una base di partenza per arrivare a discutere in Commissione, come avevamo concordato ieri tutti insieme nella Conferenza dei Capigruppo. Noi - ma anche i colleghi del Popolo della Libertà lo avevano detto nei loro interventi - vogliamo arrivare una stesura comune di questo nuovo emendamento, e intendiamo confrontarci seriamente in Commissione per trovare un accordo che permetta di inserire nel testo questo articolo aggiuntivo su questa Autorità che di fatto tutti vogliamo.

Dunque, tenendo conto che ci sono delle posizioni all'interno delle linee di pensiero che di fatto condividiamo tutti (ad esempio sulla costituzione di questa Autorità), proviamo a scrivere un emendamento che tenga conto degli elementi che ci accomunano, usiamolo come veicolo rinviandolo in Commissione (come abbiamo deciso ieri) e intanto andiamo avanti con l'esame degli articoli 2 e 3 e dei relativi emendamenti, affrontando il testo nella parte che finora non siamo riusciti ad affrontare. (Applausi dai Gruppi LNP e PdL).

 

PISTORIO (Misto-MPA-AS). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PISTORIO (Misto-MPA-AS). Signor Presidente, nel passaggio finale dell'intervento del collega Bricolo rintraccio una volontà e un buonsenso che condivido e che ho intravisto anche nell'intervento del presidente Quagliariello. Ieri - visto che il senatore Viespoli ormai evoca queste Conferenze dei Capigruppo e le racconta in Aula - è stata trovata faticosamente un'intesa che nasceva da un passaggio parlamentare importante. Al sottosegretario Augello, che si è impegnato molto in questo passaggio, vorrei dire che il punto di riferimento critico è rappresentato dall'istituzione dell'Autorità nazionale presso il Dipartimento della funzione pubblica, che è stata bocciata dall'Aula. Da lì non si può ripartire. Questa è la nostra interpretazione.

Il tema era rappresentato dalla costituzione di un'Autorità indipendente che fosse davvero il fulcro delle politiche anticorruzione e da uno sfondo organizzativo affidato al Comitato antiministeriale. È vero che questa è stata la costruzione che il Governo ha proposto ieri; ma ricordo bene che la presidente Finocchiaro ha chiesto più volte garanzie politiche sul contenuto. Il testo che oggi il Governo presenta non costituisce quel punto di partenza, quel viatico e quella garanzia che noi riteniamo, come opposizione, siano necessari alla luce del voto di ieri.

La proposta del senatore Quagliariello ha colto questo problema: il Governo, quindi, ritiri questo testo e ne riformuli uno che serva ad aprire la discussione in Commissione e che sia più rispondente all'intesa politica, che vedeva - questa è la questione principale - l'Autorità indipendente come il fulcro delle politiche anticorruzione e lo strumento ministeriale come una sorta di espressione esecutiva ed applicativa di quelle indicazioni. Se su questo non ci si comprende, rischiamo davvero che la discussione diventi surreale ed incomprensibile. Su questa posizione credo di poter attestare, con tutta la buona volontà, quella linea ragionevole e moderata che ieri è emersa e che è stata anch'essa accolta dagli amici della maggioranza.

 

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Signor Presidente, intervengo molto brevemente, perché quasi tutte le argomentazioni sono già state sviluppate. Mi limiterò a svolgere due considerazioni sulla scorta di ciò che ha detto il presidente Quagliariello. Dal nostro punto di vista, la riscrittura dell'articolo 1 è il cuore del provvedimento, perché, tra le improponibilità e le inammissibilità che sono state dichiarate su una serie di emendamenti significativi presentati al testo e l'eliminazione della struttura e della disciplina relativa all'Autorità nazionale anticorruzione, questo testo rischia di essere così asciugato alla fine del nostro esame, qualora dovessimo esaminarlo in questi termini, che sarebbe oggettivamente inutile e rappresenterebbe una presa in giro. Questa è la nostra opinione; come noi rispettiamo la vostra, gradirei che voi rispettaste la nostra.

È evidente che il presidente Quagliariello ha posto una questione molto seria: riscrivere insieme questa parte. Quale sia il modo e la forma non sta a me dirlo, signor Presidente; ovviamente, noi ci rimettiamo alla sua decisione. Ma è altresì evidente che c'è un punto: se la maggioranza e il Governo sono nelle condizioni di scrivere quattro righe in cui dicono esattamente che le funzioni di vigilanza e di controllo sull'attività di contrasto al fenomeno corruttivo e dell'illegalità, ai sensi dell'articolo 6 della Convenzione, e le funzioni relative, ... non al coordinamento, perché, su questo punto, sottosegretario Caliendo, io non ho mai detto ciò che lei mi attribuisce. Noi ribadiamo infatti che l'interministerialità e il coordinamento tra i Ministeri nella lotta alla corruzione rappresentano un aspetto importante. Ma questo attiene all'attività esecutiva, cioè di esecuzione dell'indirizzo politico, che è cosa diversa dalla vigilanza e dal controllo, che devono essere oggetto di un'Autorità indipendente, totalmente separata dal Governo e costituita secondo le forme e i termini previsti per l'Antitrust, per l'AGCOM e così via.

D'altro canto, ricordo a me stesso, signor Presidente, che proprio qualche giorno fa, senza problemi d'invarianza e di non invarianza della spesa (tutte sciocchezze e pretesti), avete istituto l'Autorità per la regolamentazione del settore postale, che è un intervento ridicolo. Non venite poi a dirci che non si può istituire l'Autorità indipendente per la lotta alla corruzione perché non trovate i soldi necessari, quando una settimana fa, per fare una semischifezza - mi si conceda il termine - i soldi li avete trovati!

Cerchiamo di ricondurre il discorso, seriamente, al tema a cui, io ritengo molto opportunamente, lo ha ricondotto il collega Quagliariello.

 

PRESIDENTE. Colleghi, ieri si era raggiunta una intesa che oggi non c'è più. L'emendamento presentato questa mattina dal Governo avrebbe dovuto introdurre i temi richiesti dall'opposizione in Conferenza dei Capigruppo, cioè la presenza di un organismo neutro e indipendente dall'Esecutivo cui affidare il compito dell'alta vigilanza e del controllo sulla corruzione. Secondo l'opposizione, questa novità non c'è.

Vi sono degli appelli ad un tentativo di individuazione di nuove formulazioni, ma questa Presidenza deve muoversi anche nel rispetto delle regole procedurali e del Regolamento del Senato. Non vi è dubbio che vige un articolo del Regolamento, l'articolo 97, che tutti conosciamo, e che prevede la inammissibilità di ordini del giorno, emendamenti e proposte in contrasto con deliberazioni già adottate dal Senato sull'argomento nel corso della discussione.

Quindi, l'ammissibilità di un emendamento nuovo, che tratti lo stesso argomento nei confronti del quale vi è già stato un voto che ha bocciato la disciplina di quello stesso argomento, l'ammissibilità e la reintroduzione della discussione, naturalmente trovano dei vincoli oggettivi nell'articolo 97 del Regolamento. Non vi è dubbio e non sfugge a nessuno, né alla maggioranza, né all'opposizione, né al Governo, che, se il Regolamento è chiaro, il Regolamento va applicato.

La nuova formulazione dell'emendamento del Governo non fa altro che riaffrontare l'argomento, disciplinandolo in maniera diversa, ma l'argomento è quello. Io ho preso atto con attenzione anche della disponibilità del Governo, in questa logica, ad eventualmente procedere al ritiro dell'emendamento, sostanzialmente per evitare una conflittualità, di Aula e procedimentale, che non giova a nessuno.

Prendo atto di questo e vorrei conoscere sul punto le intenzioni del Governo, se intende o meno ritirare l'emendamento.

 

AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, ritiriamo l'emendamento 2.0.1000.

 

PRESIDENTE. Pertanto, l'emendamento 2.0.1000 proceduralmente viene ritirato. Da un lato, questo ritiro chiude un aspetto procedurale e, dall'altro lato, io ringrazio anche il Governo perché così dimostra, sostanzialmente, all'Aula che su questo tema non dobbiamo dar vita a scontri esiziali, ma guardare alla sintesi politica. Tale sintesi postula la collaborazione di Governo, maggioranza e opposizione per la eventuale reintroduzione della disciplina legislativa.

Questa Presidenza potrebbe introdurre un articolo da sottoporre al voto dell'Aula sul tema di cui al vecchio articolo 1 soltanto in presenza di una convergenza unanime dell'Aula. In assenza di una convergenza, scatterebbero i limiti di cui all'articolo 97, comma 2, del Regolamento.

Allora, il Governo ritira l'emendamento 2.0.1000 e rimane per me inalterata, doverosamente, la possibilità e, mi permetto di aggiungere, anche forse il dovere politico di tutte le parti, di continuare a discutere della disciplina e della istituzione di un'Autorità garante.

A questo punto, non mi innamoro più del rinvio in Commissione, che tra l'altro non può essere tecnicamente più realizzato, perché non abbiamo materia da inviare all'esame della Commissione. Del resto, la politica non è fatta soltanto di Aula e di Commissioni, ma anche di incontri e di buona volontà da parte di tutti. Con ciò non voglio, né mi permetto di censurare nessuno, ma intendo richiamare tutti, come ho fatto ieri, al senso di responsabilità.

Sulla base di queste considerazioni e dinanzi alla disponibilità della Presidenza a mettere in votazione in futuro - e sono pronto a farlo soltanto in presenza di una formulazione condivisa - la disciplina di un argomento non dico stralciato ma già messo fuori dal voto espresso ieri dall'Aula, mi auguro che nei giorni a seguire si possa lavorare alla riscrittura di un testo da parte di maggioranza, Governo ed opposizione.

Il mio appello va dunque in questo senso. Prendo atto del ritiro da parte del Governo dell'emendamento 2.0.1000, per cui non sono tenuto a pronunziarmi sull'ammissibilità dello stesso, anche se credo di essere stato sufficientemente chiaro su quella che sarebbe stata la mia valutazione.

Detto questo, dal momento che il Paese ci osserva e che noi abbiamo dei doveri parlamentari, per dare un segnale della volontà di continuare comunque a lavorare, nonché del fatto che non vi è malafede da parte di nessuno, propongo di proseguire la discussione del provvedimento fino alle ore 13, come era stato peraltro già stato stabilito, per continuare poi l'esame dello stesso la prossima settimana.

L'auspicio è che - ed in questo senso rivolgo a tutti un invito - se si deve tornare a discutere in Aula della disciplina dell'istituzione di un organismo indipendente, lo si faccia, senza bisogno di un ritorno in Commissione, a dimostrazione del fatto che, quando si vuole, si può lavorare anche fuori delle Commissioni. Dico questo ovviamente con il massimo rispetto nei confronti dei membri delle Commissioni, ma il tema è stato trattato in maniera già abbastanza ampia in Aula, per cui ritengo che tutti i colleghi siano sufficientemente eruditi e preparati sulla fattispecie e sulle tematiche che costituiranno oggetto di voto. (Applausi dai Gruppi PdL, PD e UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI).

Riprendiamo quindi l'esame degli articoli e procediamo alla votazione degli emendamenti riferiti all'articolo 2.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.200/1, sul quale era stato formulato un invito al ritiro. Chiedo al senatore Pistorio se intende accogliere tale invito.

 

PISTORIO (Misto-MPA-AS). Signor Presidente, insisto per la votazione dell'emendamento 2.200/1.

 

PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo a pronunziarsi al riguardo.

 

AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, come ho già detto prima, il Governo ha invitato tutti i presentatori a ritirare gli emendamenti riferiti all'articolo 2 che hanno per oggetto le competenze delle autonomie speciali; in caso di diniego, il parere è contrario.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.200/1, presentato dai senatori Pistorio e Oliva.

Non è approvato.

 

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.200/2.

 

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Signor Presidente, intervengo solo per precisare che stiamo parlando di un subemendamento all'emendamento del collega Malan, che riguarda la trasparenza dei procedimenti amministrativi, attraverso un rafforzamento della disciplina che prevede la pubblicità di tutto ciò che attiene alle pubbliche amministrazioni su Internet e quant'altro.

Ci sembra un po' eccessiva l'idea che l'amministrazione possa trarre a pretesto ragioni, non definite da questa legge, di privacy o di segreto d'ufficio per non pubblicare alcuni dati che, con riferimento al diritto alla riservatezza, non hanno nulla a che fare, ma che hanno invece a che fare con la trasparenza e con il massimo della pubblicità degli atti della pubblica amministrazione, soprattutto quando riguardano funzionari o amministratori dell'amministrazione stessa.

Per questa ragione, manteniamo l'emendamento e ne chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore D'Alia, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.200/2, presentato dai senatori D'Alia e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 2156, 2044, 2164, 2168, 2174, 2340 e 2346

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.200/3.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.200/3, presentato dalla senatrice Adamo e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 2156, 2044, 2164, 2168, 2174, 2340 e 2346

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.200, presentato dal senatore Malan.

È approvato. (Applausi del senatore Izzo).

Risultano pertanto preclusi gli emendamenti 2.2, 2.3, 2.250 e 2.251.

LI GOTTI (IdV). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

LI GOTTI (IdV). Signor Presidente, sull'emendamento 2.3 il Governo aveva espresso parere favorevole.

 

PRESIDENTE. A me gli Uffici ne segnalano la preclusione a seguito dell'approvazione dell'emendamento 2.200. Faccia le sue verifiche, senatore Li Gotti, ed eventualmente ci ritorneremo.

Metto ai voti l'emendamento 2.4, presentato dal senatore Zanetta, identico all'emendamento 2.252, presentato dai senatori Pistorio e Oliva.

Non è approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.5.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.5, presentato dalla senatrice Incostante e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge

nn. 2156, 2044, 2164, 2168, 2174, 2340 e 2346

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.500, presentato dal senatore Pardi e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Metto ai voti la prima parte dell'emendamento 2.7, presentato dalla senatrice Della Monica e da altri senatori, fino alle parole «si applicano anche».

Non è approvata.

 

Risultano pertanto preclusi la restante parte dell'emendamento 2.7 e l'emendamento 2.8.

Metto ai voti l'emendamento 2.253, presentato dalla senatrice Poli Bortone e da altri senatori.

È approvato.

 

Passiamo alla votazione della prima parte dell'emendamento 2.9.

 

INCOSTANTE (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

INCOSTANTE (PD). Signor Presidente, l'obiezione avanzata dal sottosegretario Augello era relativa alla data indicata, che si ripete anche in altri emendamenti. Su questo, concordo con il rappresentante del Governo. Pertanto, si potrebbe sostituire la data del 30 giugno con quella del 31 dicembre 2011; lo stesso vale anche per emendamenti successivi.

Se l'obiezione del rappresentante del Governo è questa, e se si accoglie la riformulazione, chiedo l'espressione di un nuovo parere.

 

AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, chiedo che questo emendamento venga accantonato.

 

PRESIDENTE. D'accordo. Accantoniamo l'emendamento 2.9, così come il successivo 2.10 ad esso collegato.

Passiamo all'emendamento 2.11, identico all'emendamento 2.254, su cui la 5a Commissione ha espresso parere contrario ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione.

 

INCOSTANTE (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

INCOSTANTE (PD). Signor Presidente, pur rispettando naturalmente l'autorevole parere della 5a Commissione permanente, pongo un problema all'Assemblea in ordine all'emendamento 2.11. Al riguardo, chiedo l'attenzione del senatore Azzollini e dei membri della 5a Commissione.

In sostanza, con l'emendamento 2.11 si chiede di sostituire le parole «possono rendere» - che configurano una facoltà per le pubbliche amministrazioni di rendere trasparenza e quindi di pubblicare sui siti e di fornire una serie di dati - con la parola "rendono". Mi chiedo perché questo tema sia ostativo dal punto di vista della copertura finanziaria, in quanto qualsiasi pubblica amministrazione è fornita di strumenti informatici tali da poter pubblicare almeno i dati di cui è in possesso e che deve rendere trasparenti ai cittadini come previsto anche da altre leggi già esistenti nel nostro ordinamento.

Dunque, mi domando innanzitutto perché il parere della 5a Commissione sia ostativo, in quanto non credo vi siano problemi di copertura; al riguardo dunque vorrei chiedere una riflessione. In secondo luogo, mi domando la ragione del parere espresso dal rappresentante del Governo, dal momento che l'obbligo della pubblicità è già presente nell'ordinamento. Peraltro, signor Presidente, ricordo da questo punto di vista la legge delega e anche i decreti che abbiamo approvato - la cosiddetta legge Brunetta, con tutti i decreti relativi - in cui abbiamo già sancito i temi della trasparenza, addirittura facendone un elemento fondamentale per le pubbliche amministrazioni. Credo, pertanto, che il sottosegretario Augello abbia espresso parere contrario proprio perché era stato formulato un parere contrario dalla 5a Commissione.

Chiedo, quindi, se sia possibile fare una riflessione nel merito, accantonando l'emendamento 2.11.

 

AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, confermiamo i pareri contrari che abbiamo espresso su questi emendamenti.

In particolare, rispetto al problema della data, si pone una questione molto più semplice. A prescindere dal fatto che ogni data presenta una sua volatilità, dati i tempi con cui stiamo procedendo (anche oggi), sottolineo che sostanzialmente questo obbligo entrerà in vigore dalla data di pubblicazione della legge. Questa, dunque, è la volontà del Governo. Confermo, quindi, il parere contrario sull'emendamento 2.9 e anche sugli ultimi esaminati.

 

INCOSTANTE (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

INCOSTANTE (PD). Signor Presidente, chiediamo la votazione dell'emendamento 2.11.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo
(art. 102-bis Reg.)

 

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.11, presentato dalla senatrice Incostante e da altri senatori, identico all'emendamento 2.254, presentato dalla senatrice Poli Bortone e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 2156, 2044, 2164, 2168, 2174, 2340 e 2346

 

PRESIDENTE. Passiamo all'emendamento 2.12, su cui la 5a Commissione ha espresso parere contrario ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione.

.

 

PARDI (IdV). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PARDI (IdV). Signor Presidente, l'emendamento 2.12 raccoglie una sollecitazione espressa in audizione dalla Corte dei conti. Esso tenta di evitare che la disposizione in esame (che prevede la messa a disposizione delle informazioni relative ai procedimenti amministrativi) rimanga soltanto una mera possibilità, mentre è importante che abbia una potenza cogente. Peraltro, si richiama quanto previsto dall'articolo 54, comma 2-quater, del codice dell'amministrazione digitale, il quale peraltro - faccio grazia delle sue prescrizioni - addita con precisione tutta una serie di garanzie a vantaggio del cittadino nell'uso di questo strumento. Se si rimane semplicemente alla possibilità, la capacità prescrittiva del provvedimento è nulla.

 

PRESIDENTE. Colleghi, l'emendamento 2.12 è improcedibile, a meno che non ne venga chiesta la votazione da parte di 15 parlamentari.

 

BELISARIO (IdV). Ne chiediamo la votazione.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione, avanzata dal senatore Belisario, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo
(art. 102-bis Reg.)

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.12, presentato dal senatore Pardi e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione del disegno di legge n. 2156

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.13.

 

LI GOTTI (IdV). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

LI GOTTI (IdV). Signor Presidente, l'emendamento in esame affronta il problema di ridare, su questa materia, la centralità al Parlamento perché, in fondo, si introduce una delega, nel senso che con decreti ministeriali dovranno essere individuate le modalità di pubblicazione delle informazioni rilevanti per la applicazione della normativa sulla trasparenza. Riteniamo che comunque i decreti ministeriali debbano avere quantomeno il parere delle Commissioni parlamentari di competenza. Diversamente, si potrebbero introdurre, con decreti ministeriali, innovazioni che sfuggono al nostro controllo.

Il parere delle Commissioni parlamentari di competenza è sempre previsto nelle materie che vengono disciplinate con legge e la cui applicazione è demandata a regolamenti e quindi a una delega in una fase successiva. L'emendamento è volto a ridare una competenza quanto meno alle Commissioni, e sollecito il Governo a rivedere la sua posizione in merito.

PRESIDENTE. Il rappresentante del Governo ha nulla da aggiungere?

AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. No, signor Presidente, confermo il parere contrario sull'emendamento 2.13.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.13, presentato dal senatore Pardi e da altri senatori.

Non è approvato.

 

L'emendamento 2.14 è improponibile.

Metto ai voti l'emendamento 2.255, presentato dalla senatrice Poli Bortone e da altri senatori.

È approvato.

 

Passiamo agli emendamenti 2.9 e 2.10, precedentemente accantonati, su cui invito il rappresentante del Governo a pronunziarsi.

AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, su tali emendamenti confermo il parere contrario precedentemente espresso.

PRESIDENTE. Metto ai voti la prima parte dell'emendamento 2.9, presentato dalla senatrice Incostante e da altri senatori, fino alle parole «giugno 2011».

Non è approvata.

 

Risultano pertanto preclusi la restante parte dell'emendamento 2.9 e l'emendamento 2.10.

Metto ai voti l'articolo 2, nel testo emendato.

È approvato.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la controprova.

PRESIDENTE. Ordino la chiusura delle porte. Procediamo alla controprova mediante procedimento elettronico.

È approvato.

 

Metto ai voti l'emendamento 2.0.251 (testo 2)/1, presentato dalla senatrice Adamo e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Sull'emendamento 2.0.251 (testo 2)/2 vi è una dichiarazione di improponibilità.

 

CASSON (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASSON (PD). Signor Presidente, se non fosse così particolarmente importante questo tema, non interverrei: ricordo che si tratta della questione relativa al conflitto di interessi. Già nel mio primo intervento, in sede di illustrazione di questo subemendamento, avevo chiesto di rivedere la questione della improponibilità, in quanto con questa proposta mi collego all'emendamento 2.0.251 del senatore Malan, che parlava espressamente di conflitto di interessi.

Il fatto che sia stato dichiarato improponibile - perché si fa riferimento soltanto al titolare di cariche di governo - mi risulta avere una sua logica, anche se non la condivido. Peraltro, nel clima di disponibilità, almeno dichiarata, a ragionare sulle tematiche anticorruzione, vorrei proporre a lei, signor Presidente del Senato, una riformulazione, nel senso di mantenere come proposta subemendativa soltanto il primo comma e spiego perché. Peraltro il primo comma andrebbe modificato facendo riferimento titolari di cariche di governo e a tutti i pubblici amministratori, in modo tale che i pubblici amministratori facciano riferimento alle esplicite previsioni dell'emendamento del senatore Malan, all'insieme dell'articolo 2 del disegno di legge. Ci tengo a segnalare questo fatto perché con questo primo comma si prevede semplicemente l'obbligo di dichiarare la sussistenza di casi di conflitto di interessi per i titolari di cariche di governo e per tutti i pubblici amministratori (quindi, conflitto di interessi tra la carica di governo o - comunque pubblica - e ogni interesse economico privato astrattamente idoneo a condizionare l'esercizio delle funzioni pubbliche ricoperte).

Concludo chiedendo una riconsiderazione del parere e della dichiarazione di improponibilità, ricordando che mi collego direttamente all'articolo 12 della Convenzione ONU del 2003 anticorruzione, che addirittura fa riferimento, proprio per prevenire ai conflitti di interessi, a tutti i pubblici ufficiali: questa norma è vigente e cogente per il nostro ordinamento. Proporre questo obbligo di dichiarazione, e nulla più, per i pubblici amministratori credo oltre che un dovere etico da parte nostra, sarebbe anche un dovere di adempimento agli obblighi internazionali. (Applausi dal Gruppo PD).

 

PRESIDENTE. Lei pertanto riduce sostanzialmente la sua proposta emendativa al capoverso 1-bis.

 

CASSON (PD). Sì, Presidente, al capoverso 1-bis, cui si aggiungono tutti i pubblici amministratori, così che c'è il coordinamento diretto con la norma; e, là dove si parla di «sussistenza di casi di conflitto di interessi», vorrei aggiungere le seguenti parole «o comunque pubblica».

 

VITA (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

VITA (PD). Signor Presidente, aggiungo la mia firma a tale emendamento.

PRESIDENTE. Ho dichiarato l'improponibilità degli emendamenti sulla tematica del conflitto di interessi perché non è questa la sede propria per discuterne.

Quanto al testo modificato del suo emendamento, sarei molto perplesso sulla individuazione di un interesse economico astrattamente idoneo a condizionare l'esercizio delle funzioni; però non voglio aprire un dibattito su questo punto. Anzi, forse ho già manifestato troppo la mia opinione sull'espressione «astrattamente idoneo».

Poiché, quando vi sono i presupposti, come in questo caso, vorrei dare all'Assemblea la possibilità di un confronto, dichiaro ammissibile l'emendamento del senatore Casson, che lascia vivo solo il capoverso 1-bis, in quanto non introduce nuove motivazioni di conflitto di interessi ma impone soltanto un obbligo di comunicazione. Ma adesso spetta al Governo esprimere il parere, prima che sia messo in votazione, a meno che il Governo non chieda tempo.

 

AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, il Governo non ha bisogno di chiedere tempo, perché aveva già predisposto i pareri per la Commissione, e il parere è contrario.

 

MORANDO (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

MORANDO (PD). Signor Presidente, credo che Lei abbia fornito un contributo importante consentendo questa discussione, perché abbiamo un parere favorevole del Governo su una proposta, l'emendamento 2.0.251, che afferma che l'amministrazione verifica l'insussistenza di situazioni anche potenziali di conflitto d'interesse. Questa proposta del senatore Malan è assolutamente opportuna, perché l'esistenza di conflitti d'interesse non dichiarati e non trasparenti mina alle fondamenta il principio di trasparenza che viene affermato in generale dall'articolo 2.

Detto questo, la invito a riflettere sul punto, sottosegretario Augello: può darsi che la formulazione debba essere rivista per qualche aspetto - e in questo senso un accantonamento sarebbe assolutamente ragionevole - ma la domanda è molto semplice. Su quale base l'amministrazione verifica l'insussistenza di situazioni di conflitto d'interesse? Da che mondo è mondo, per farlo si deve partire da un presupposto, ossia una dichiarazione del soggetto interessato che renda trasparenti e conosciute le potenziali situazioni di conflitto d'interesse. Non c'è nessun altro modo per rendere agibile concretamente la proposta del senatore Malan, se non l'esistenza di una banale e normale dichiarazione del soggetto interessato, che afferma di avere una situazione potenziale di conflitto d'interesse a proposito di questo tema oppure, sotto la sua responsabilità e sotto il vincolo del suo onore, di non avere alcuna ragione di conflitto d'interesse.

Volete dialogare? Se la norma positiva del senatore Malan può essere accolta da tutti, è chiaro che bisogna creare il presupposto perché sia effettivamente agibile. Perché sia agibile, ci vuole una dichiarazione di partenza del soggetto interessato. Il testo originario dell'emendamento del senatore Casson affrontava problemi di ordine più particolare, quindi una valutazione negativa poteva starci tutta sotto il profilo sia dell'ammissibilità sia del merito. Ma una volta ridotta la questione a questo tema, (tutti d'accordo affermiamo che bisogna che l'amministrazione verifichi l'insussistenza del fondamento di situazioni potenziali di conflitto d'interesse), facciamo fare al soggetto amministratore pubblico interessato una dichiarazione sul suo onore sopra l'insussistenza, oppure la sussistenza di un parziale conflitto d'interesse, che naturalmente dovrà essere risolto secondo le regole di ciascuna di quelle amministrazioni.

Francamente un parere negativo su questo punto potrebbe essere motivato dalla presenza di qualche aspetto che non va nel testo (come un aggettivo o una parola), ma trovo assolutamente incomprensibile che si neghi che, al fine di attuare una norma che tutti consideriamo positiva, ci voglia un presupposto in una dichiarazione soggettiva. (Applausi dal Gruppo PD).

 

AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, collega Morando, per la verità è inutile negare che il parere era stato dato sull'intero articolo. Se vuole, lo accantoniamo, anche perché poi bisogna vedere a chi bisogna rendere queste dichiarazioni, ma proprio per quello che lei dice - cioè che non è immaginabile un altro sistema - non sono del tutto certo che dobbiamo normarlo per legge, nel senso che si può fare in via amministrativa. Questa è la mia opinione.

Tuttavia, siccome ho dato un parere che ovviamente avevo predisposto per la Commissione su un articolo molto più complesso, sterminato, che si proponeva di lanciare una consueta crociata su altri argomenti, non ho problemi: possiamo accantonarlo, ma ho bisogno di un po' di tempo. (Applausi del senatore Ramponi).

 

PRESIDENTE. Accantoniamo dunque l'emendamento 2.0.251 (testo 2)/2 (testo 2), che consta del solo capoverso 1-bis del testo originario, perché il senatore Casson ha ritirato il resto del testo. Accantoniamo anche il 2.0.251 (testo 2).

L'emendamento 2.0.500 è improponibile.

 

BRUNO (Misto-ApI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

BRUNO (Misto-ApI). Signor Presidente, lei ha dichiarato improponibile questo emendamento...

 

PRESIDENTE. Colleghi, vi chiedo una cortesia. Già la Presidenza si è pronunciata e ha preso atto dei rilievi dei colleghi; se ogni volta che vi è un emendamento improponibile devo dare la parola ai presentatori che insistono per la votazione, allora non chiuderemo il provvedimento nemmeno la prossima settimana.

Quindi, senatore Bruno, naturalmente darò la parola a tutti i colleghi che la chiederanno e non la negherò, ma pregherei lei e tutti i senatori che eventualmente interverranno nel prosieguo per insistere sulla votazione di emendamenti dichiarati improponibili, di limitare i loro interventi a due minuti.

 

BRUNO (Misto-ApI). Signor Presidente, lo farò sicuramente. Consideravo che probabilmente lei ha dichiarato improponibile l'emendamento 2.0.500 per gli stessi motivi del precedente emendamento. Tra l'altro, ho sentito due volte il Sottosegretario esprimere un parere contrario per la complessità dell'emendamento stesso.

Quindi, colgo anche queste necessità e le chiedo, se possibile, di dichiarare proponibile tale emendamento, soltanto per quanto riguarda le lettere a) e i). La lettera a) riguarda la terzietà della pubblica amministrazione e quindi la necessità di tentare il ricorso a piene mani in tutte le amministrazioni allo spoils system, che spesso riduce i dirigenti a semplici nominati per volontà politiche.

 

PRESIDENTE. Non mi sento di accedere alla sua richiesta, senatore Bruno.

L'emendamento 2.0.2 (testo corretto), che tratta dei limiti delle retribuzioni dei dipendenti della pubblica amministrazione, è improponibile.

Il successivo emendamento 2.0.250 (testo corretto) è ugualmente improponibile.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.0.252/1.

 

CASSON (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

CASSON (PD). Signor Presidente, vorrei fare una dichiarazione di voto, molto rapida, per far comprendere di cosa si tratta. L'emendamento 2.0.252 del senatore Malan fa riferimento alla tutela del dipendente pubblico che segnala degli illeciti; il mio emendamento 2.0.252/1 vorrebbe introdurre un riferimento, oltre al dipendente pubblico che fa delle segnalazioni per fatti gravi per illeciti, anche al dipendente privato. Per quale motivo?

Il richiamo espresso è alla Convenzione di Strasburgo del 1999 e alla Convenzione ONU del 2003, quest'ultima ratificata durante questa legislatura. In particolare, gli articoli 7 e 8 della Convenzione di Strasburgo e gli articoli 12 e 21 della Convenzione dell'ONU fanno riferimento a illeciti commessi nel corso dell'attività privata e successivamente, rispettivamente agli articoli 22 della Convenzione di Strasburgo e 32 e 33 della Convenzione dell'ONU, si fa richiesta agli Stati firmatari di provvedere alla tutela di coloro che segnalano illeciti nell'ambito di fatti che concernono la pubblica amministrazione, anche con specifico riferimento ai privati. Quindi, semplicemente per adempiere a questo obbligo delle Convenzione internazionali, si vorrebbe estendere tale tutela a chiunque faccia una segnalazione firmata, sia esso dipendente pubblico oppure privato.

PRESIDENTE. Metto in votazione l'emendamento 2.0.252/1, presentato dal senatore Casson e da altri senatori.

 

Non è approvato.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la controprova.

 

PRESIDENTE. Senatrice Incostante, nel corso della votazione hanno alzato la mano solo due colleghi dai banchi dell'opposizione: se vogliamo fare una votazione di controprova la facciamo per non turbare gli animi, ma, mi creda, non ve ne sono i presupposti.

Ordino la chiusura delle porte. Procediamo alla controprova mediante procedimento elettronico.

 

Non è approvato.

INCOSTANTE (PD). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

INCOSTANTE (PD). Signor Presidente, avevamo chiesto di controllare.

 

PRESIDENTE. Ho i senatori Segretari qui accanto deputati a questo.

 

INCOSTANTE (PD). Se lei si fa dare il tabulato, Presidente, può vedere che palesemente ci sono dei banchi vuoti dove sono stati espressi dei voti.

 

PRESIDENTE. Al voto immediatamente successivo faremo una verifica accurata.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.0.252/2.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.0.252/2, presentato dal senatore Casson e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge

nn. 2156, 2044, 2164, 2168, 2174, 2340 e 2346

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 2.0.252/3, presentato dal senatore Casson e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Metto ai voti l'emendamento 2.0.252/4, presentato dal senatore Casson e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Metto ai voti l'emendamento 2.0.252/5, presentato dai senatori D'Alia e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Metto ai voti l'emendamento 2.0.252/6, presentato dal senatore Casson e da altri senatori.

Non è approvato.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la controprova.

PRESIDENTE. Ordino la chiusura delle porte. Procediamo alla controprova mediante procedimento elettronico.

Non è approvato.

 

Metto ai voti la prima parte dell'emendamento 2.0.252/7, presentato dal senatore Casson e da altri senatori, fino alla parola «appartenenza».

Non è approvata.

 

Risultano pertanto preclusi la restante parte dell'emendamento 2.0.252/7 e l'emendamento 2.0.252/8.

Metto ai voti l'emendamento 2.0.252, presentato dal senatore Malan.

È approvato.

 

L'emendamento 2.0.4 è improponibile.

Metto ai voti l'emendamento 2.0.5, presentato dalla senatrice Della Monica e da altri senatori.

Non è approvato.

 

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.0.6.

 

ZANDA (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

ZANDA (PD). Signor Presidente, vorrei fare delle considerazioni di carattere generale, che riconducono poi al tema importantissimo definito da questo emendamento (la ringrazio di averlo dichiarato proponibile dopo una prima deliberazione diversa).

In altri campi, non nell'attività legislativa, si dice abitualmente che più indizi fanno una prova; allora, mi domando come dobbiamo definire (lo chiedo anche al sottosegretario Caliendo, che per la sua professione ha esperienza di questioni giudiziarie) la sequenza di più prove: quando vi sono più prove, ripetute prove chiare. Credo che in questo caso non possiamo che parlare di recidività o di rei abituali, o comunque di comportamenti illegali ripetuti.

Veniamo invece alla questione che stiamo trattando, e cerchiamo di investigare quale sia la volontà e l'intenzione del Governo rispetto ad un provvedimento anticorruzione; cerchiamo di definire questo atteggiamento del Governo da una serie di comportamenti, l'ultimo dei quali è il parere contrario sugli emendamenti 2.0.5. e 2.0.6. Abbiamo già notato un comportamento sostanzialmente di boicottaggio da parte del Governo sul provvedimento nel suo complesso. Non trovo altro modo per definire la mancanza di presentazione della relazione tecnica al Senato e alla 5a Commissione se non un boicottaggio al procedimento legislativo.

Presidente Schifani, ieri lei ha ricordato, opportunamente, come siamo giunti all'assegnazione all'Aula di questo provvedimento senza relatore e senza che la Commissione avesse potuto esprimersi sugli emendamenti, e cioè a motivo delle reiterate pressioni dell'opposizione in Conferenza dei Capigruppo. Le pressioni dell'opposizione in Conferenza però non erano rivolte né alle Commissioni di merito né alla 5a Commissione, di cui mancava il parere, bensì al Governo che non aveva espresso il prescritto parere tecnico, senza il quale la 5a Commissione non poteva pronunciarsi.

Faccio un'osservazione di carattere generale che ha a che vedere con la questione in esame ma, più in generale, con i rapporti tra Parlamento e Governo: signor Presidente, quando il Governo presenta un ritardo così consistente, una così forte contraddizione con se stesso, dal momento che non esprime un parere tecnico su un provvedimento di sua iniziativa, se l'opposizione chiede alla Presidenza del Senato di agevolare i lavori dell'Aula e delle Commissioni cercando di velocizzare le procedure, è evidente che l'obiettivo è di sollecitare il Governo, e non la Commissione ad esprimere un parere che non può dare in mancanza della relazione tecnica del Governo.

Non voglio apparire scortese, signor Presidente, ma ho avuto conoscenza diretta di moltissimi casi in cui i Presidenti del Senato hanno indotto il Governo ad intervenire, con la loro autorevolezza, che ella possiede pienamente e che quando viene esercitata è da tutti apprezzata: stamattina l'ho applaudita convintamente per la sua decisione. In questo caso, signor Presidente, le chiedo un intervento sul Governo. Infatti, intervenire sulla Commissione, che non può decidere in mancanza del parere del Governo, è praticamente inutile. In questo caso, abbiamo avuto a che fare con un vero e proprio boicottaggio del Governo.

Possiamo ugualmente dire che vi sia stata una convinta manifestazione di volontà del Governo, nella vicenda di cui abbiamo discusso fino a pochi minuti fa, nel far passare se stesso come Autorità indipendente. Possiamo dire che questo sia stato un modo attraverso il quale si è tentato di far diventare leggibile una volontà autentica, sostanziale, di dare esecuzione alla discussione di ieri, al contenuto della Convenzione ONU e soprattutto allo spirito del provvedimento? Penso che anche questa sia una prova del mancato interesse del Governo rispetto all'oggetto del provvedimento.

Veniamo ora ai due emendamenti in esame, il 2.0.5 e il 2.0.6. Abbiamo su di essi un parere negativo del Governo e, sebbene l'Aula lo sappia, credo sia opportuno ripeterlo, perché essi chiedono sostanzialmente che venga abolita l'equiparazione tra grandi eventi e terremoti, alluvioni, grandi calamità naturali, che richiedono, questi sì, normative eccezionali e d'urgenza. Certamente, invece, ciò non è richiesto per organizzare processioni religiose, corse ciclistiche, manifestazioni sportive o culturali. Il Governo a questi emendamenti dà parere negativo, e lo fa ben conoscendo la storia del nostro Paese negli ultimi anni e ben avendo registrato cosa questa normativa illegale e incostituzionale ha determinato, non solo come comportamenti di rilevanza penale, ma in termini di diffusione di un malcostume nazionale e per aver alimentato una mentalità che noi ritroviamo diffusa in altri provvedimenti; inoltre vediamo che oggi, domani, dopodomani le soglie per le gare si alzano, le progettazioni non si compiono e vengono affidate ai costruttori e agli esecutori delle opere pubbliche. Queste sono le fonti sostanziali della corruzione! È qui che nasce la corruzione, signor Presidente, e se il Governo dà parere negativo a emendamenti che vogliono eliminare alla radice la possibilità che si determinino le condizioni della corruzione, questo significa una sola cosa: che il Governo la lotta alla corruzione non la vuole fare! (Applausi dai Gruppi PD e IdV e del senatore Serra. Congratulazioni).

 

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Signor Presidente, vorrei solo chiedere ai colleghi del Gruppo del Partito Democratico di aggiungere la firma agli emendamenti 2.0.5 e 2.0.6.

Vorrei significare che proprio nella discussione originaria, quando abbiamo parlato del famoso articolo 1 e della possibilità di istituire l'Autorità nazionale anticorruzione, il Governo ha proposto di inserire nel previsto comitato la Corte dei conti. Oggi in queste proposte si afferma qualcosa di molto più semplice ed efficace, che rimette nell'alveo dei principi costituzionali e della funzione naturale del giudice della spesa pubblica (che è la Corte dei conti) il rapporto tra l'amministrazione e gli organi di controllo, cioè il ripristino del controllo preventivo di legittimità sulle ordinanze di protezione civile.

Mi riferisco all'emendamento 2.0.6, ma anche al 2.0.5 per la separazione tra le procedure di protezione civile e quelle che impropriamente vengono mutuate da queste per accorciare i tempi e supplire ad un'inefficienza, presunta o reale, dell'amministrazione pubblica, cioè all'equiparazione dei grandi eventi alla protezione civile e all'emergenza vera, cui si fa fronte con atti d'urgenza. Questo è un tema che in quest'Aula abbiamo avuto la necessità di discutere più volte. Il Governo - ricorderete - ha avuto anche un sostanziale ripensamento, legittimo, anche sull'introduzione della Protezione civile Spa.

Io credo che oggi questi due emendamenti siano la naturale e logica conseguenza del dibattito che è avvenuto, e se il Governo fosse realmente aperto a una discussione di merito sulle questioni relative alla impermeabilizzazione dell'amministrazione ai fenomeni corruttivi, per coerenza dovrebbe ripristinare un principio di legalità, efficienza e buon andamento della pubblica amministrazione, stabilendo che è necessario che qualcuno abbia la competenza di stabilire se un'ordinanza viene adottata perché vi è un evento imprevedibile e quindi è legittimo fare ricorso a procedure che - lo ricordo - vanno in deroga ad ogni regola (comunitaria, di libero mercato, di concorrenza e di trasparenza) o se, peraltro, è possibile fare in modo che un grande evento, previsto e addirittura fissato dal Governo, possa essere fronteggiato con procedure ordinarie.

Io capisco che ormai anche per l'Expo 2015, da quando siamo partiti ad oggi, neanche con le ordinanze di Protezione civile e con le procedure di massima urgenza possibile riuscirete e riusciremo a farlo, purtroppo. Credo però che queste siano due norme di buonsenso rispetto a cui il Governo dovrebbe modificare il proprio parere, invitando l'Aula ad approvarle; in questo modo, si ripristinerebbe un concetto di buona amministrazione che si fonda sulla responsabilizzazione, la formazione e la cultura dell'amministrazione che un politico può avere o non avere. Noi dobbiamo ricostruire tale concetto; altrimenti, stabiliamo regole che servono solo a violare sistematicamente i principi della Costituzione. (Applausi dai Gruppi UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI e PD).

 

PARDI (IdV). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

PARDI (IdV). Signor Presidente, anch'io chiedo di poter aggiungere la mia firma e quella di tutti i componenti del mio Gruppo all'emendamento 2.0.6. Tra l'altro, avrei voluto chiedere di poterla aggiungere anche all'emendamento 2.0.5, prima che venisse posto ai voti. Siamo tanto più motivati a farlo, se si considera che io non ho potuto intervenire personalmente a sostegno dell'emendamento 2.500, perché colto di sorpresa dalla velocità della sequenza delle votazioni.

Nel nostro emendamento 2.500 avevamo messo bene in evidenza l'argomento del peso dei grandi eventi in rapporto alla Protezione civile. Siamo ancora più motivati, in questa firma, se si considera che il nostro Gruppo ha già presentato un preciso e semplicissimo disegno di legge, in cui si propone, con la massima chiarezza, di separare per sempre la Protezione civile dalla gestione dei grandi eventi. Tale nesso è ritenuto fisiologicamente ed ontologicamente pericolosissimo, perché accende una possibilità di azioni corruttive in una rete che è difficilmente dominabile dalla conoscenza pubblica. Consideriamo pertanto tutto ciò un elemento degno della massima e della più fervida attenzione. (Applausi del senatore Pedica).

 

AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Domando di parlare.

 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

 

AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, avevo già illustrato gli argomenti per cui il Governo aveva dichiarato la propria contrarietà in sede di espressione dei pareri. Utilizzerò quindi questa dichiarazione per ribadire alcuni punti, che credo i colleghi Pardi e D'Alia già conoscano, ma sui quali non ho alcuna difficoltà a tornare. Vorrei cogliere inoltre l'occasione per esprimere il parere sull'emendamento 2.0.251 (testo 2)/2 (testo 2), a prima firma del senatore Casson.

Cominciamo dalla questione della Corte dei conti. Noi sappiamo che la situazione attuale prevede un controllo della Corte dei conti a valle e non a monte delle materie che sono state indicate in questo emendamento; quindi, il problema della presenza della Corte dei conti è circoscritto ai controlli che si potrebbero e si dovrebbero preventivamente esercitare limitatamente alle ordinanze di Protezione civile. Abbiamo già detto che le ordinanze di Protezione civile non sono sottoposte a questo controllo perché sono atti regolatori generali che hanno natura di normativa primaria. Ribadiamo pertanto in questa sede la contrarietà del Governo a modificare l'ordinamento con questo emendamento.

Per quanto riguarda invece l'emendamento 2.0.251 (testo 2)/2 (testo 2), vorrei anzitutto scusarmi perché nel subemendamento avevo capito che i pubblici amministratori sostituivano i membri di Governo, mentre invece restano sia i membri di Governo che i pubblici amministratori. Così stando le cose, per i membri di Governo è già previsto dalla legge Frattini (articolo 5 della legge n. 215 del 2004) che venga fatta una dichiarazione al medesimo organismo, con il vantaggio che viene anche spiegato dettagliatamente cosa si deve dichiarare. Quindi, il Governo difenderebbe la norma esistente. L'altra addirittura irrompe sul testo unico degli enti locali, dove peraltro ci sono già delle previsioni specifiche per tutte le incompatibilità che viaggiano e camminano di seguito alle questioni che potrebbero determinare un'ineleggibilità.

Di conseguenza, il Governo conferma il proprio parere contrario. (Applausi del senatore Ramponi).

 

PRESIDENTE. Sostanzialmente, signor Sottosegretario, lei ha sciolto la riserva sull'emendamento 2.0.251 (testo 2)/2 (testo 2) e ha confermato il parere contrario sull'emendamento 2.0.6.

Metto ai voti l'emendamento 2.0.6, presentato dalla senatrice Della Monica e da altri senatori.

Non è approvato.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la controprova.

 

PRESIDENTE. Ordino la chiusura delle porte. Procediamo alla controprova mediante procedimento elettronico.

(Vivaci commenti dai banchi dell'opposizione. Su invito del Presidente, i senatori Segretari effettuano una verifica della regolarità dello svolgimento della controprova).

Non è approvato.

 

Procediamo ora alla votazione degli emendamenti 2.0.251 (testo 2)/2 e 2.0.251 (testo 2), precedentemente accantonati.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.0.251 (testo 2)/2.

 

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

 

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento. 2.0.251 (testo 2)/2, presentato dal senatore Malan.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge

nn. 2156, 2044, 2164, 2168, 2174, 2340 e 2346

 

PRESIDENTE. Prima di passare alla successiva votazione, prendo atto e faccio tesoro delle parole del senatore Zanda, che ho ascoltato con il dovuto e massimo interesse, su quella che può essere l'attività e l'esercizio delle funzioni della Presidenza del Senato, al fine di spendere l'autorevolezza della carica del Presidente del Senato per intervenire non soltanto sulle Commissioni, ma anche sul Governo: e lo faremo. Le segnalo che, come avevo comunicato in Conferenza dei Capigruppo, su questo disegno di legge il 23 maggio il Presidente del Senato aveva scritto addirittura al Governo per sbloccare il parere della Commissione bilancio.

A questo punto, colleghi, resta ancora da votare l'emendamento 2.0.251 (testo 2), presentato dal senatore Malan.

Lo metto ai voti.

È approvato.

 

Data l'ora, rinvio il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta, e sospendo la seduta fino alle ore 15.

(La seduta, sospesa alle ore 12,55, è ripresa alle ore 15,03).

 

 

 


 

Allegato A

 

DISEGNI DI LEGGE DISCUSSI AI SENSI DELL'ARTICOLO 44, COMMA 3, DEL REGOLAMENTO

(*) Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione (2156)

Misure per contrastare fenomeni corruttivi nel rapporto tra eletti, cittadini e pubblica amministrazione (2044)

Norme per il contrasto alla corruzione nella pubblica amministrazione e in materia di cause ostative all'assunzione di incarichi di governo, incandidabilità ed ineleggibilità dei condannati per reati contro la pubblica amministrazione. Delega al Governo in materia di coordinamento del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (2164)

Disciplina della partecipazione alla vita pubblica e degli emolumenti per l'esercizio della funzione pubblica, regolamentazione degli incarichi di consulenza e norme in materia di contrasto a fenomeni di corruzione (2168)

Norme per il contrasto alla corruzione nella pubblica amministrazione e nel settore privato. Cause ostative all'assunzione di incarichi di governo, incandidabilità ed ineleggibilità dei responsabili per reati contro la pubblica amministrazione e collegati (2174)

Norme per il contrasto alla corruzione nella pubblica amministrazione e nel settore privato (2346)

Norme per la trasparenza, la prevenzione e la repressione della corruzione e per il contrasto alla illegalità nel settore pubblico e privato (2340)

________________

(*) Testo preso in esame dall'Assemblea

 

ARTICOLO 2 DEL DISEGNO DI LEGGE N. 2156

Art. 2.

Approvato nel testo emendato

(Trasparenza dell'attività amministrativa)

1. La trasparenza dell'attività amministrativa costituisce livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, ed è assicurata attraverso la pubblicazione, sui siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni, delle informazioni relative ai procedimenti amministrativi, secondo criteri di facile accessibilità, completezza e semplicità di consultazione.

2. Fermo restando quanto stabilito nell'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, nell'articolo 54 del codice dell'amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n.82, nell'articolo 21 della legge 18 giugno 2009, n.69, e nell'articolo 11 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n.150, le amministrazioni pubbliche assicurano i livelli essenziali di cui al comma 1 con particolare riferimento ai procedimenti di:

a) autorizzazione o concessione;

b) scelta del contraente per l'affidamento di lavori, forniture e servizi, anche con riferimento alla modalità di selezione prescelta secondo le modalità previste dal codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163, di seguito denominato «codice»;

c) concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché di attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati;

d) concorsi e prove selettive per l'assunzione del personale e progressioni di carriera di cui all'articolo 24 del citato decreto legislativo n.150 del 2009.

3. Le amministrazioni provvedono altresì al monitoraggio periodico del rispetto dei tempi procedimentali anche al fine di evidenziare eventuali anomalie.

4. Ogni amministrazione pubblica rende noto, tramite il proprio sito istituzionale, almeno un indirizzo di posta elettronica certificata cui il cittadino possa rivolgersi per trasmettere istanze ai sensi dell'articolo 38 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n.445, e ricevere informazioni circa i provvedimenti e i procedimenti amministrativi che lo riguardano.

5. Le amministrazioni possono rendere accessibili in ogni momento agli interessati, tramite strumenti di identificazione informatica di cui all'articolo 65, comma 1, del codice di cui al citato decreto legislativo n. 82 del 2005, e successive modificazioni, le informazioni relative ai provvedimenti e ai procedimenti amministrativi che li riguardano, ivi comprese quelle relative allo stato della procedura, ai relativi tempi e allo specifico ufficio competente in ogni singola fase.

6. Con uno o più regolamenti emanati ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n.400, da emanare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione e per la semplificazione normativa, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per le materie di competenza, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.281, e successive modificazioni, sono individuate le informazioni rilevanti ai fini dell'applicazione dei commi 1 e 2 del presente articolo e le relative modalità di pubblicazione, nonché le indicazioni generali per l'applicazione dei commi 4 e 5 dell'articolo medesimo. Restano ferme le disposizioni in materia di pubblicità previste dal codice.

7. La mancata o incompleta pubblicazione da parte delle pubbliche amministrazioni delle informazioni di cui al comma 6 costituisce violazione degli standard qualitativi ed economici ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 20 dicembre 2009, n.198, ed è comunque valutata ai sensi dell'articolo 21 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165.

 

EMENDAMENTI

2.200/1

PISTORIO, OLIVA

Respinto

All'emendamento 2.200, al comma 1, dopo le parole: «è assicurata», inserire le seguenti: «,nell'ambito delle proprie competenze, dalle Regioni e dalle Province Autonome di Trento e Bolzano,».

 

2.200/2

D'ALIA, SERRA, BALDASSARRI, GERMONTANI, VALDITARA, DE ANGELIS, CONTINI, DIGILIO

Respinto

All'emendamento 2.200, lettera a), capoverso «1», sopprimere le parole: «di segreto d'ufficio e di protezione dei dati personali».

 

2.200/3

ADAMO, INCOSTANTE, BIANCO, CECCANTI, DE SENA, DELLA MONICA, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, GARRAFFA, LUMIA, ARMATO, LEDDI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Respinto

All'emendamento 2.200, sostituire la lettera c) con la seguente:

«c) al comma 6 dopo il primo periodo inserire il seguente: "I regolamenti vengono adottati nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 54 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 e successive modificazioni e prevedono anche la pubblicazione di informazioni relative alle retribuzioni, alle indennità e agli emolumenti comunque denominati degli amministratori pubblici e del personale di livello dirigenziale".».

 

2.200

MALAN

Approvato

Apportare le seguenti modificazioni:

a) Sostituire il comma 1 con il seguente:

«1. La trasparenza dell'attività amministrativa, che costituisce livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili ai sensi dell'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, secondo quanto previsto all'articolo 11 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n.150, è assicurata mediante la pubblicazione, sui siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni, delle informazioni relative ai procedimenti amministrativi, secondo criteri di facile accessibilità, completezza e semplicità di consultazione, nel rispetto delle disposizioni in materia di segreto di Stato, di segreto d'ufficio e di protezione dei dati personali.»

b) al comma 2, lettera b), sostituire le parole: «secondo le modalità previste dal» con le seguenti: «ai sensi del»;

c) al comma 6, primo periodo, sostituire le parole da: «regolamenti» fino a: «modificazioni» con le seguenti: «decreti dei Ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione e per la semplificazione normativa, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per le materie di competenza, sentita la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n.281, e successive modificazioni, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge».

 

2.2.

ZANETTA

Precluso

Al comma 1, dopo le parole: «, ed è assicurata», inserire le seguenti: «nell'ambito delle proprie competenze, dalle Regioni e dalle Province Autonome di Trento e Bolzano,».

 

 

2.3

PARDI, LI GOTTI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Precluso

Al comma 1, dopo le parole: «pubbliche amministrazioni» inserire le seguenti: «, e comunque nell'ambito del Programma triennale per la trasparenza e l'integrità di cui all'articolo 11, comma 2, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150».

Conseguentemente, sostituire il comma 6 con il seguente:

«6. Restano ferme le disposizioni in materia di pubblicità previste dal codice e gli obblighi di trasparenza previsti dalla normativa vigente».

 

2.250

POLI BORTONE, VIESPOLI, CARDIELLO, CARRARA, CASTIGLIONE, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA

Precluso

Al comma 1, dopo la parola: «criteri», inserire la seguente: «oggettivi».

 

2.251

POLI BORTONE, VIESPOLI, CARDIELLO, CARRARA, CASTIGLIONE, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA

Precluso

Al comma 1, dopo la parola: «accessibilità», inserire la seguente: «comprensione,».

 

2.4

ZANETTA

Respinto

Al comma 2, dopo le parole: «decreto legislativo 27 ottobre 2009, n.150,», inserire le seguenti: «le Regioni, le Province Autonome di Trento e Bolzano, nell'ambito delle proprie competenze, e».

 

2.252

PISTORIO, OLIVA

Id. em. 2.4

Al comma 2, dopo le parole: «decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150,», inserire le seguenti: «le Regioni, le Province Autonome di Trento e Bolzano, nell'ambito delle proprie competenze, e».

 

2.5

INCOSTANTE, ADAMO, BIANCO, CECCANTI, DE SENA, DELLA MONICA, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, ARMATO, LEDDI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Respinto

Al comma 2, dopo le parole: «le amministrazioni pubbliche» inserire le seguenti: «anche quelle che si avvalgono di procedure di urgenza atte a fronteggiare situazioni di emergenza o volte a garantire la sicurezza».

 

 

2.6

PARDI, LI GOTTI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA, DELLA MONICA

Ritirato e trasformato nell'em. 2.500

Dopo il comma 2, inserire il seguente:

«2-bis. Le disposizioni di trasparenza di cui al comma 2, si applicano anche ai procedimenti posti in essere nell'ambito di normative emergenziali derogatorie rispetto alla disciplina generale».

Conseguentemente, sostituire l'articolo 6 con il seguente:

«Art. 6. - (Misure per il rafforzamento della trasparenza nelle procedure eccezionali). - 1. All'articolo 3, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, dopo la lettera c), è inserita la seguente:

"c-bis) le ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri emanate ai sensi dell'articolo 5, comma 2, della legge 24 febbraio 1992, n. 225";

b) al comma 2, dopo il primo periodo è inserito il seguente: "Per le ordinanze di cui alla lettera c-bis) del comma 1, il termine di cui al primo periodo è ridotto a sette giorni; in ogni caso l'organo emanante ha facoltà, con motivazione espressa, di dichiararle provvisoriamente efficaci".

2. Alla legge 24 febbraio 1992, n. 225, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) All'articolo 2, comma 1, lettera c), le parole: "altri eventi che, per intensità ed estensione," sono sostituite dalle seguenti: "altri eventi non prevedibili che, per intensità ed estensione,"

b) all'articolo 5, comma 2 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Le ordinanze sono emanate di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze";

c) all'articolo 5, comma 5, sono aggiunti i seguenti periodi: "I contratti di lavori, servizi e le forniture stipulati in esecuzione di ordinanze di protezione civile sono trasmessi entro dieci giorni dalla relativa stipulazione all'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, di lavori, servizi e forniture per i controlli previsti dall'articolo 6, comma 7, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. L'Autorità provvede entro trenta giorni dalla ricezione, alle attività di competenza, comprese quelle di cui al comma 9 del medesimo articolo 64. Qualora rilevi ipotesi di danno erariale, l'Autorità effettua immediata segnalazione alla competente Procura regionale della Corte dei Conti";

d) All'articolo 5, comma 5-bis, sono apportate le seguenti modifiche:

a) al penultimo periodo, le parole: "e all'ISTAT" sono sostituite dalle seguenti: ", all'ISTAT e alla competente sezione regionale della Corte dei Conti";

b) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Al fine di garantire la trasparenza dei flussi finanziari e della rendicontazione di cui al presente comma sono vietati girofondi tra le contabilità speciali aperte per l'attuazione degli interventi di emergenza, salvo che non siano espressamente autorizzati da norma di legge".

3. Al decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito nella legge 9 novembre 2001 n. 401, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1 dell'articolo 5 del sono soppresse le parole: "e da altri grandi eventi";

b) è abrogato il comma 5 dell'articolo 5-bis.

4. All'articolo 4 del decreto-legge 31 maggio 2005, n. 90, convertito, con modificazioni dalla legge 26 luglio 2005, n. 152, il comma 2 è abrogato.

5. L'articolo 14 del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 123, è abrogato.

6. È abrogato il comma 4-novies dell'articolo 4 del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 marzo 2010, n. 42».

 

2.500 (già 2.6)

PARDI, LI GOTTI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA, DELLA MONICA

Respinto

Dopo il comma 2, inserire il seguente:

«2-bis. Le disposizioni di trasparenza di cui al comma 2, si applicano anche ai procedimenti posti in essere nell'ambito di normative emergenziali derogatorie rispetto alla disciplina generale».

 

2.7

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Le parole da: «Dopo» a: «anche» respinte; seconda parte preclusa

Dopo il comma 2 inserire il seguente:

«2-bis. Le disposizioni di cui al comma 2 si applicano anche agli interventi di cui all'articolo 5 della legge 24 febbraio 1992, n. 225».

 

2.8

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Precluso

Dopo il comma 2, inserire il seguente:

«2-bis. Le disposizioni di cui al comma 2 si applicano anche ai procedimenti posti in essere nell'ambito di normative derogatorie».

 

2.253

POLI BORTONE, VIESPOLI, CARDIELLO, CARRARA, CASTIGLIONE, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA

Approvato

Al comma 3, sostituire le parole: «anche al fine di evidenziare eventuali anomalie» con le seguenti: «attraverso la tempestiva eliminazione delle anomalie».

 

2.9

INCOSTANTE, ADAMO, BIANCO, CECCANTI, DE SENA, DELLA MONICA, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, ARMATO, LEDDI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Le parole da: «Al comma» a: «2011"» respinte; seconda parte preclusa

Al comma 4, primo periodo dopo le parole: «Ogni amministrazione pubblica rende noto» inserire le seguenti: «entro e non oltre il 30 giugno 2011» e, dopo il medesimo comma, inserire il seguente:

«4-bis. Il mancato rispetto del termine di cui al comma 4 costituisce violazione degli standard qualitativi ed economici ai sensi dell'articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 20 dicembre 2009, n. 198, ed è comunque valutata ai sensi del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165».

 

2.10

ADAMO, INCOSTANTE, BIANCO, CECCANTI, DE SENA, DELLA MONICA, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, ARMATO, LEDDI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Precluso

Al comma 4, primo periodo dopo le parole: «Ogni amministrazione pubblica rende noto» inserire le seguenti: «entro il 30 giugno 2011».

 

2.11

INCOSTANTE, ADAMO, BIANCO, CECCANTI, DE SENA, DELLA MONICA, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, ARMATO, LEDDI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Respinto

Al comma 5 sostituire le parole: «possono rendere» con la seguente: «rendono».

 

2.254

POLI BORTONE, VIESPOLI, CARDIELLO, CARRARA, CASTIGLIONE, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA

Id. em. 2.11

Al comma 5, sostituire le parole: «possono rendere», con la seguente: «rendono».

 

2.12

PARDI, LI GOTTI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Respinto

Al comma 5, sostituire la parola: «possono» con la seguente: «debbono».

 

2.13

PARDI, LI GOTTI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Respinto

Al comma 6, dopo le parole: «infrastrutture e dei trasporti per le materie di competenza,» inserire le seguenti: «previo parere delle commissioni parlamentari competenti per materia,».

 

2.14

ADAMO, INCOSTANTE, BIANCO, CECCANTI, DE SENA, DELLA MONICA, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, ARMATO, LEDDI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Improponibile

Al comma 6, dopo il primo periodo inserire il seguente: «I regolamenti vengono adottati nel rispetto di quanto previsto dall'articolo 54 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 e successive modificazioni e prevedono anche la pubblicazione di informazioni relative alle retribuzioni, alle indennità e agli emolumenti comunque denominati degli amministratori pubblici e del personale di livello dirigenziale».

 

2.255

POLI BORTONE, VIESPOLI, CARDIELLO, CARRARA, CASTIGLIONE, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA

Approvato

Al comma 7, aggiungere il seguente periodo: «Eventuali ritardi dell'aggiornamento dei contenuti sugli strumenti informatici saranno sanzionati a carico del o dei responsabili del servizio».

 

 

EMENDAMENTI TENDENTI AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 2

2.0.1000

Il Governo

Ritirato

Dopo l'articolo 2, è inserito il seguente:

«Art 2-bis.

1. In attuazione dell'articolo 6 della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dalla Assemblea generale dell'ONU il 31 ottobre 2003 con risoluzione n. 58/4, firmata dallo Stato italiano il 9 dicembre 2003 e ratificata con la legge 3 agosto 2009, n. 116, sono individuate, in ambito nazionale, le funzioni di coordinamento e le funzioni di controllo sull'attività di contrasto al fenomeno corruttivo e dell'illegalità nella pubblica amministrazione.

2. Le funzioni di coordinamento sono attribuite al Comitato interministeriale istituito e disciplinato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge.

3. Il Comitato definisce le linee di indirizzo e di coordinamento delle strategie di prevenzione e repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione elaborate a livello nazionale e internazionale avvalendosi del Dipartimento della funzione pubblica presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri che opera quale Autorità nazionale anticorruzione ai sensi dell'articolo 6 della legge 3 agosto 2009, n. 116.

4. II Dipartimento della funzione pubblica, sulla base degli indirizzi forniti dal Comitato di cui al comma 2, ha il compito di:

a) collaborare con i paritetici organismi stranieri, con le organizzazioni regionali ed internazionali competenti al fine di promuovere e mettere a punto definizioni, norme e metodologie comuni per la prevenzione della corruzione, programmi e progetti internazionali;

b) predisporre e coordinare, sulla base dei piani delle pubbliche amministrazioni centrali di cui al comma 5, lettera a), il Piano nazionale anticorruzione;

c) definire modelli standard delle informazioni ed i dati occorrenti per il conseguimento degli obiettivi previsti dalla presente legge, secondo modalità che consentano la loro gestione ed analisi informatizzata.

5. Le pubbliche amministrazioni centrali elaborano e trasmettono al Dipartimento di cui al comma 2:

a) propri piani di azione che forniscono una valutazione del diverso livello di esposizione al rischio corruzione degli uffici;

b) definiscono gli interventi organizzativi per presidiare il rischio di cui alla lettera a);

c) specificano procedure appropriate per selezionare e formare, in collaborazione con la Scuola Superiore della Pubblica amministrazione, i dipendenti chiamati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione.

6. Le funzioni di vigilanza e controllo sull'attività di contrasto al fenomeno corruttivo e dell'illegalità nella pubblica amministrazione sono attribuite alla Commissione indipendente per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150.

7. La Commissione nomina un rappresentante abilitato a partecipare al Comitato e alle attività internazionali dell'Autorità nazionale anticorruzione di cui al comma 2.

8. La Commissione acquisisce le informazioni e gli atti necessari ai fini delle attività di cui al comma 6, verifica l'effettiva applicazione e l'efficacia delle misure adottate dalle pubbliche amministrazioni ai sensi del comma 5, definendo in via preventiva i criteri per l'esercizio del controllo. Le pubbliche amministrazioni sono obbligate a fornire le informazioni e gli atti richiesti dalla Commissione entro il termine di trenta giorni, elevabile a sessanta quando siano motivate le ragioni del ritardo.

9. La Commissione riferisce al Parlamento, presentando una relazione entro il 31 dicembre di ciascun anno, sull'attività di contrasto al fenomeno corruttivo e dell'illegalità nella pubblica amministrazione.

10. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Gli organi competenti provvedono allo svolgimento delle attività previste dalla presente legge con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. Ai componenti del Comitato di cui al comma 2 in relazione all'incarico conferito non spettano compensi, indennità o rimborsi delle spese a qualsiasi titolo sostenute.».

 

2.0.251 testo2/1

ADAMO, INCOSTANTE, BIANCO, CECCANTI, DE SENA, DELLA MONICA, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, GARRAFFA, LUMIA, ARMATO, LEDDI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Respinto

All'emendamento 2.0.251 (testo2), al comma 1, lettera c), aggiungere, in fine, il seguente periodo: «La comunicazione è accompagnata da una relazione nella quale sono indicate le norme in applicazione delle quali l'incarico è stato conferito o autorizzato, le ragioni del conferimento o dell'autorizzazione, i criteri di scelta del dipendente cui l'incarico è stato conferito o autorizzato e la rispondenza dei medesimi ai princìpi di buon andamento dell'amministrazione».

 

 

 

 

 

2.0.251 testo2/2

CASSON, CECCANTI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, GARRAFFA, LUMIA, MARITATI, DELLA MONICA

V. testo 2

All'emendamento 2.0.251 (testo2), dopo il comma 1 aggiungere, in fine, i seguenti:

«1-bis. I titolari di cariche di governo, entro trenta giorni dalla data di assunzione della carica, devono dichiarare all'Autorità garante della concorrenza e del mercato la sussistenza di casi di conflitto di interessi tra la carica di governo ricoperta e ogni interesse economico privato astrattamente idoneo a condizionare l'esercizio delle funzioni pubbliche ricoperte.

1-ter. Sussiste in particolare conflitto di interessi nei casi di posizioni dominanti nella proprietà di imprese che producono informazione a diffusione nazionale, regionale o interregionale.

1-quater. Il conflitto di interessi sussiste anche nei casi in cui l'interesse economico privato sia del coniuge non legalmente separato ovvero di parenti o affiini entro il secondo grado ovvero di persona stabilmente convivente con il titolare della carica di governo.

1-quinquies. Nel caso di conflitto d'interessi, anche sopravvenuto, accertato anche d'ufficio, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato invita il titolare della carica di governo ad eliminare entro trenta giorni il conflitto stesso. In mancanza o nel caso in cui l'Autorità accerti la persistenza del conflitto d'interessi, il titolare della carica di governo decade dalla carica stessa».

Conseguentemente, sostituire la rubrica con la seguente: «Norme in materia di conflitto di interessi».

 

2.0.251 testo2/2 testo 2

CASSON, CECCANTI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, GARRAFFA, LUMIA, MARITATI, DELLA MONICA, VITA (*)

Respinto

All'emendamento 2.0.251 (testo2), dopo il comma 1 aggiungere, in fine, i seguenti:

«1-bis. I titolari di cariche di governo e tutti i pubblici amministratori, entro trenta giorni dalla data di assunzione della carica, devono dichiarare all'Autorità garante della concorrenza e del mercato la sussistenza di casi di conflitto di interessi tra la carica di governo o comunque pubblica ricoperta e ogni interesse economico privato astrattamente idoneo a condizionare l'esercizio delle funzioni pubbliche ricoperte.».

________________

(*) Firma aggiunta in corso di seduta

 

2.0.251 (testo 2)

MALAN

Approvato

Dopo l'articolo inserire il seguente:

«Art. 2-bis.

(Modifiche all'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165)

1. All'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 7, dopo il primo periodo è inserito il seguente: "Ai fini dell'autorizzazione, l'amministrazione verifica l'insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interesse.";

b) il comma 11 è sostituito dal seguente:

"11. Entro quindici giorni dall'erogazione del compenso per gli incarichi di cui al comma 6, i soggetti pubblici o privati comunicano all'amministrazione di appartenenza l'ammontare dei compensi erogati ai dipendenti pubblici.";

c) al comma 12, il primo periodo è sostituito dal seguente: "Le amministrazioni pubbliche che conferiscono o autorizzano incarichi, anche a titolo gratuito, ai propri dipendenti comunicano in via telematica, nel termine di quindici giorni, al Dipartimento della funzione pubblica gli incarichi conferiti o autorizzati ai dipendenti stessi, con l'indicazione dell'oggetto dell'incarico e del compenso lordo, ove previsto".

d) dopo il comma 16-bis è aggiunto il seguente:

"16-ter. I dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, non possono svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell'attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri. I contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione di quanto previsto dal presente comma sono nulli ed è fatto divieto ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni".

2. Le disposizioni di cui all'articolo 53, comma 16-ter, secondo periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, come introdotto dal comma 1, lettera d), del presente articolo, non si applicano ai contratti sottoscritti alla data di entrata in vigore della presente legge.».

 

2.0.500 (già 1.0.250)

BRUNO, RUTELLI, BAIO, MILANA, MOLINARI, RUSSO, BALDASSARRI, GERMONTANI, VALDITARA, DE ANGELIS, CONTINI, DIGILIO

Improponibile

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 2-bis.

(Delega al Governo per nomine e incarichi dirigenziali nella pubblica amministrazione, remunerazione e incompatibilità dei funzionari pubblici)

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro sessanta. giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, con il Ministro per le riforme istituzionali. con il Ministro dell'interno, con il ministro della giustizia e con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997) n. 281, e successive moditìcazioni e sentite le Commissioni parlamentari competenti per materia e per i proììli di carattere finanziario, uno o più decreti legislativi secondo i principi e i criteri della presente legge che prevedano:

a) abolizione dello spoil system a tutti i livelli di governo, con la sola eccezione di una lista di ruoli apicali, di nomina politica, ristretta a pochissime posizioni;

b) previsione di un periodo minimo e massimo di durata per gli incarichi dirigenziali e miglioramento dei meccanismi di valutazione per la conferma o la revoca degli stessi;

c) redazione e pubblicazione a ogni livello dell'elenco dei posti di nomina pubblica, con indicazione dei requisiti professionali richiesti e nel rispetto del principio di corrispondenza tra concorso pubblico ed incarico pubblico; selezione da effettuare in base al merito tra candidati in possesso dei requisiti richiesti; espletamento dei bandi attraverso commissioni selezionatrici che inducomo persone estranee all'amministrazione e siano vincolate al rispetto di regole di motivazione e pubblicità della procedura; pubblicazione dei curriculum vitae dei vincitori;

d) il personale degli uffici di diretta. collaborazione degli organi politici termina l'incarico allo scadere del mandato del referente, senza possibilità di assunzione o stabilizzazione in alcuna forma;

e) fissazione, per ogni livello, di limiti onnicomprensivi della retribuzione dei funzionari pubblici, estesi anche al contratti a tempo, da rendere pubblici; obbligo di riversare all'amministrazione qualsiasi compenso percepIto da privati a qualunque titolo;

f) regole di incompatibilità che vietino ai componenti di assemblee elettive e degli esecutivi di governo a tutti i livelli, l'assunzione di incarichi dirigenziali in enti, agenzie e imprese pubbliche ricadenti nella loro sfera di governo per tre anni dal termine della carica; ineleggibilità dei membri di autontà indipendenti in assemblee elettive per tre anni dopo la scadenza della carica;

g) regole di incompatibilità e periodi di «raffreddamento» per l'inserimento nel settore privato, dopo la cessazione di incarichi pubblici che prevedono l'assegnazione di fondi o la regolazione di attività private;

h) drastica restrizione dell'esercizio di funzioni arbitrali e di consulenza dei magistrati di ogni ordine e grado;

i) istituire sistemi di trasparenza e pubblicità, basati sul confronto sistematico delle prestazioni di amministrazioni simili (benchmarking) sia della qualità dei servizi - puntualità, costi, grado di soddisftzione degli utenti, ecc. - che della qualità delle gestioni - risultati di bilancio, fissazione degli obiettivi di verifica della realizzazione per tutte le amministrazioni e le gestioni eh aziende pubbliche».

 

2.0.2 (testo corretto)

D'ALIA, DELLA MONICA, SERRA, BALDASSARRI, GERMONTANI, VALDITARA, DE ANGELIS, CONTINI, DIGILIO

Improponibile

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 2-bis.

1. Le disposizioni di cui ai commi da 2 a 10 si applicano ai titolari di rapporti di lavoro dipendente con amministrazioni pubbliche ed enti pubblici di ogni genere, comunque denominati, ed in particolare con:

a) le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni;

b) le amministrazioni degli organi costituzionali;

c) le autorità indipendenti;

d) le agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300;

e) gli enti pubblici anche economici o di ricerca;

f) le università;

g) gli enti assoggettati al controllo della Corte dei conti ai sensi dell'articolo 2 della legge 21 marzo 1958, n. 259;

h) la Banca d'Italia;

i) la RAI-Radiotelevisione italiana Spa.

2. Il trattamento economico complessivo massimo dei soggetti di cui al comma 1 non può superare il trattamento economico complessivo lordo attribuito al primo Presidente della Corte di cassazione.

3. L'individuazione del limite di cui al comma 2 è effettuata, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, dal Presidente della Corte dei conti, con atto ricognitivo che è efficace, ai fini di cui al comma 5, decorsi sessanta giorni dalla data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

4. Ogni incremento del trattamento economico complessivo lordo attribuito al primo Presidente della Corte di cassazione è calcolato con le medesime modalità entro il 30 settembre di ogni anno: esso è opponibile, ai fini di cui al comma 5, entro sessanta giorni dalla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

5. Il soggetto di cui al comma 1 che, decorsi sessanta giorni dalla pubblicazione dell'atto ricognitivo di cui al comma 3, sia titolare di una retribuzione superiore all'importo di cui al comma 1, ai sensi del contratto di lavoro collettivo o individuale in vigore, conserva l'eccedenza come assegno ad personam, non suscettibile di incremento se non in occasione degli incrementi di cui al comma 4 e nella misura di questi.

6. Il limite di cui al comma 2 può essere superato se concorrono tutte le seguenti condizioni:

a) motivate esigenze di carattere eccezionale, attestate con autorizzazione singolarmente accordata per un periodo di tempo non superiore a tre anni:

1) per le amministrazioni dello Stato, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, entro un contingente massimo di venticinque unità nel triennio, corrispondenti alle posizioni di più elevato livello di responsabilità;

2) per le restanti amministrazioni, enti od organismi di cui al comma 1, dall'organo di vertice, titolare della rappresentanza esterna, entro un contingente massimo di non oltre il 2 per cento delle posizioni apicali nel triennio, corrispondenti alle posizioni di più elevato livello di responsabilità;

b) preventiva comunicazione dell'atto di cui alla lettera a) del presente comma alla Corte dei conti per il controllo di legittimità, ai sensi dell'articolo 27 della legge 24 novembre 2000, n. 340. È fatta salva la competenza del Consiglio dei ministri ai sensi dell'articolo 2, comma 3, lettera n), della legge 23 agosto 1988, n. 400. Il requisito di cui alla presente lettera non si applica ai soggetti di cui alla lettera b) del comma 1;

c) pubblicazione, con l'indicazione nominativa dei destinatari e dell'ammontare del compenso, attraverso il sito web dell'amministrazione, ente od organismo interessato, con modalità di accesso che individuino l'identità del richiedente; per le amministrazioni dello Stato, la pubblicazione è effettuata mediante conferimento nella banca dati informatica, di cui all'articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, e successive modificazioni.

7. Il presidente della sezione centrale di controllo di legittimità sugli atti del Governo e delle amministrazioni dello Stato della Corte dei conti accerta, prima della registrazione o della ricusazione del visto, l'avvenuta pubblicazione dell'incarico sul sito web dell'amministrazione, ente od organismo interessato. Il visto è comunque ricusato nel caso di mancata pubblicazione ai sensi della lettera c) del comma 6.

8. In caso di violazione del limite di cui al comma 2 ovvero di una o più delle condizioni e delle modalità di cui al comma 6, l'amministratore che abbia disposto il pagamento e il destinatario del medesimo sono responsabili in solido a titolo di danno erariale; la sanzione irrogabile non può superare una somma pari a dieci volte l'ammontare eccedente la cifra consentita.

9. Ai fini dell'applicazione del presente articolo sono computati in modo cumulativo gli emolumenti comunque erogati all'interessato a carico del medesimo ente, amministrazione od organismo pubblico, anche nel caso di pluralità di incarichi conferiti nel corso dell'anno.

10. Ai diplomatici di carriera il presente articolo si applica limitatamente agli emolumenti riferiti al periodo svolto nel territorio italiano.

11. Le disposizioni di cui ai commi da 12 a 19 si applicano:

a) ai titolari di qualsiasi incarico, caratterizzato da durata e continuità della prestazione, con una delle amministrazioni, ente od organismo di cui al comma 1;

b) ai titolari di rapporto di lavoro autonomo con una delle amministrazioni, enti o organismi di cui al comma 1, il quale comporti il conferimento di consulenze, collaborazioni esterne, incarichi o mandati di qualsiasi natura, il cui svolgimento avvenga nel territorio italiano.

12. Il complessivo trattamento economico che il soggetto di cui al comma 1 riceve a carico della finanza pubblica non può superare il limite di cui al comma 2.

13. Si applicano i commi 3, 4 e 5.

14. Se il superamento del limite di cui al comma 12 deriva dalla titolarità di uno o più incarichi, mandati e cariche di natura non privatistica, o da rapporti di lavoro di natura non privatistica con i soggetti di cui al comma 1 si procede alla decurtazione annuale del trattamento economico complessivo per una somma pari al 25 per cento della parte eccedente il limite di cui al comma 12. La decurtazione annuale cessa al raggiungimento del limite medesimo. Alla medesima decurtazione si procede anche nel caso in cui il superamento del limite sia determinato dal cumulo con emolumenti derivanti dai contratti di cui al comma 11. In caso di cumulo di più consulenze, incarichi o mandati, la decurtazione opera a partire dalla consulenza, incarico o mandato da ultimo conferito.

15. L'amministratore responsabile del pagamento cura la pubblicazione, nel sito web dell'amministrazione, dell'ente o dell'organismo pubblico, degli elenchi dei destinatari del compenso di cui al comma 11, con i relativi provvedimenti di conferimento o stipula, completi della ragione dell'incarico e dell'ammontare erogato. Copia degli elenchi è trasmessa semestralmente alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica.

16. In caso di violazione del limite di cui al comma 12 o delle prescrizioni di cui al comma 15, il dirigente che abbia disposto il pagamento e il destinatario del medesimo sono responsabili in solido a titolo di danno erariale; la sanzione irrogabile non può superare una somma pari a dieci volte l'ammontare eccedente la cifra consentita.

17. Coloro che sono legati da un rapporto di lavoro subordinato con enti, amministrazioni od organismi pubblici anche economici, e che sono al tempo stesso componenti degli organi di governo o di controllo del medesimo ente, amministrazione od organismo, sono collocati di diritto in aspettativa senza assegni e con sospensione della loro iscrizione ai competenti istituti di previdenza e di assistenza.

18. Le disposizioni di cui ai commi da 11 a 19 si applicano anche alle attività di natura professionale e ai contratti d'opera con i soggetti di cui al comma 11, anche se aventi ad oggetto una prestazione artistica o professionale che consenta di competere sul mercato in condizioni di effettiva concorrenza.

19. Tutte le retribuzioni dirigenziali e i compensi per la conduzione di trasmissioni di qualunque genere presso la RAI - Radiotelevisione italiana Spa sono resi noti alla Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.

20. Le disposizioni di cui ai commi da 21 a 26 si applicano:

a) ai compensi degli amministratori investiti di particolari cariche, ai sensi dell'articolo 2389, terzo comma, del codice civile:

1) nelle società non quotate a totale o prevalente partecipazione pubblica, in cui azionista sia il Ministero dell'economia e delle finanze ovvero una delle amministrazioni, enti od organismi di cui al comma 1;

2) nelle società controllate dalle o collegate alle società di cui al numero 1);

b) ai titolari di qualsiasi incarico, caratterizzato da durata e continuità della prestazione, con una delle società di cui alla lettera a);

c) ai titolari di rapporto di lavoro autonomo con una delle società di cui alla lettera a), il quale comporti il conferimento di consulenze, incarichi o mandati di qualsiasi natura nel territorio italiano con i medesimi soggetti.

21. Il complessivo trattamento economico che il soggetto di cui al comma 1 riceva a carico della finanza pubblica non può superare il limite di cui al comma 2. Si applicano i commi 3, 4 e 5.

22. Se il superamento del limite di cui al comma 21 deriva dalla titolarità di uno o più incarichi, mandati e cariche di natura privatistica, o da rapporti di lavoro di natura privatistica con una delle amministrazioni, enti od organismi di cui al comma 1, si applica il comma 14 a partire dalla stipula di tutti i nuovi contratti e al rinnovo per scadenza di tutti i contratti in essere, che non possono in alcun caso essere prorogati oltre la scadenza prevista.

23. Nella regolamentazione del rapporto contrattuale di cui al presente articolo sono vietate clausole contrattuali che, al momento della cessazione dall'incarico, prevedano, per i soggetti di cui al comma 20, benefici economici il cui valore sia superiore ad una annualità del compenso fisso accordato in pendenza di rapporto.

24. Il dirigente della società responsabile del pagamento cura l'indicazione nominativa dei destinatari del compenso di cui al comma 20 e l'ammontare del compenso, attraverso il sito web della società, con modalità di accesso che individuino l'identità del richiedente.

25. In caso di violazione del limite di cui al comma 21 o delle prescrizioni di cui al comma 24, il dirigente che abbia disposto il pagamento e il destinatario del medesimo sono responsabili in solido a titolo di danno erariale; la sanzione irrogabile non può superare una somma pari a dieci volte l'ammontare eccedente la cifra consentita.

26. Coloro che sono legati da un rapporto di lavoro subordinato con le società di cui al comma 20, e che sono al tempo stesso componenti degli organi di governo o di controllo della medesima società, sono collocati di diritto in aspettativa senza assegni e con sospensione della loro iscrizione ai competenti istituti di previdenza e di assistenza.

27. Ai fini delle disposizioni di cui ai commi da 28 a 35 si definisce "incarico":

a) qualsiasi rapporto di lavoro autonomo con una delle amministrazioni, enti od organismi di cui al comma 1, il quale comporti il conferimento di consulenze, collaborazioni esterne, incarichi o mandati di qualsiasi natura;

b) qualsiasi incarico, caratterizzato da durata e continuità della prestazione, conferito da una delle amministrazioni, ente od organismo di cui al comma 1.

28. Negli enti locali disciplinati dal testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, il conferimento di uno degli incarichi di cui al comma 27 a soggetti estranei all'amministrazione può avvenire solo nell'ambito di un programma approvato dal consiglio ai sensi dell'articolo 42, comma 2, lettera b), del medesimo testo unico.

29. Con il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi emanato ai sensi dell'articolo 89 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, gli enti di cui al comma 28 fissano, in conformità a quanto stabilito dal comma 13, i limiti, i criteri e le modalità per il conferimento degli incarichi di cui al comma 27 a soggetti estranei all'amministrazione.

30. Con il regolamento di cui al comma 29 è fissato il limite massimo della spesa annua per gli incarichi di cui al comma 27.

31. L'affidamento di incarichi di cui al comma 27, effettuato in violazione delle disposizioni regolamentari emanate ai sensi dei commi 29 e 30, costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale.

32. Le disposizioni regolamentari emanate ai sensi dei commi 29 e 30 sono trasmesse, per estratto, alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti che, entro trenta giorni dalla ricezione, esprime parere obbligatorio ma non vincolante sulla legittimità e compatibilità finanziaria delle stesse.

33. Fatta eccezione per le amministrazioni statali preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, del patrimonio e delle attività culturali e storico-artistiche e alla tutela della salute e della pubblica incolumità, in tutte le altre amministrazioni statali è consentito il conferimento o la prosecuzione di un incarico di cui al comma 27 con personale dipendente pubblico solo se esso rientra tra i contratti di consulenza e di durata continuativa indispensabili per assicurare il perseguimento delle finalità istituzionali, indicati, unitamente agli speciali uffici o strutture, comunque denominati, presso i quali il rapporto si svolge, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari.

34. A decorrere dal trentesimo giorno dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 33, cessano tutti gli incarichi di cui al comma 27 conferiti a personale dipendente pubblico. Le relative funzioni sono demandate alle direzioni generali competenti per materia ovvero per vicinanza di materia. Il personale di ruolo dipendente dall'amministrazione statale è restituito a quella di appartenenza ovvero può chiedere di essere inquadrato, con le procedure e le modalità previste dal decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in uno degli uffici del Ministero o dell'amministrazione statale presso cui prestava servizio.

35. Le pubbliche amministrazioni che si avvalgono di collaboratori esterni o che affidano incarichi di consulenza per i quali è previsto un compenso pubblicano nel proprio sito web i relativi provvedimenti completi di indicazione dei soggetti percettori, della ragione dell'incarico e dell'ammontare erogato. In caso di omessa pubblicazione, la liquidazione del corrispettivo per gli incarichi di collaborazione o consulenza di cui al presente comma costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale del dirigente preposto. Copia degli elenchi è trasmessa semestralmente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica.

36. È nullo il contratto di assicurazione con il quale un ente pubblico assicuri propri amministratori per i rischi derivanti dall'espletamento dei compiti istituzionali connessi con la carica e riguardanti la responsabilità per danni cagionati allo Stato o ad enti pubblici e la responsabilità contabile.

37. I contratti di assicurazione di cui al comma 36, in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, cessano di avere efficacia alla data del 30 giugno 2008.

38. In caso di violazione del presente articolo, l'amministratore che pone in essere o che proroga il contratto di assicurazione e il beneficiario della copertura assicurativa sono tenuti al rimborso, a titolo di danno erariale, di una somma pari a dieci volte l'ammontare dei premi complessivamente stabiliti nel contratto medesimo.

39. Le disposizioni dei commi da 1 a 26 costituiscono principi fondamentali per il coordinamento della finanza pubblica, ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione.

40. Per l'osservanza delle disposizioni dei commi da 1 a 38 si applica il comma 128 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n.296. Il Presidente del Consiglio dei ministri, sulla base di un rapporto di analisi e classificazione dell'insieme delle posizioni interessate, predisposto dal Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, presenta alle Camere, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, una relazione sull'applicazione delle disposizioni di cui ai commi da 1 a 38.

41. La Corte dei conti verifica l'attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo in sede di controllo successivo sulla gestione del bilancio ai sensi dell'articolo 3, comma 4, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e successive modificazioni. Restano salve le previsioni dell'articolo 3, comma 62, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.

42. I commi 127, 466, 593, 725, 726, 727, 728 e 730 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono abrogati.

43. All'articolo 3 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, i commi da 43 a 59 sono abrogati.

44. All'articolo 1 comma 2, del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 123, le parole: "all'articolo 3, comma 44 della legge 24 dicembre 2007, n. 244" sono soppresse».

 

2.0.250 (testo corretto)

VIESPOLI, POLI BORTONE, CARDIELLO, CARRARA, CASTIGLIONE, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA

Improponibile

Dopo l'articolo 2, inserire il seguente:

«Art. 2-bis.

(Limiti alle retribuzioni dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni)

1. Le disposizioni di cui ai commi da 2 a 10 si applicano ai titolari di rapporti di lavoro dipendente con amministrazioni pubbliche ed enti pubblici di ogni genere, comunque denominati, ed in particolare con:

a) le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni;

b) le amministrazioni degli organi costituzionali;

c) le autorità indipendenti;

d) le agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300;

e) gli enti pubblici anche economici o di ricerca;

f) le università;

g) gli enti assoggettati al controllo della Corte dei conti ai sensi dell'articolo 2 della legge 21 marzo 1958, n. 259;

h) la Banca d'Italia;

i) la RAI-Radiotelevisione italiana Spa.

2. Il trattamento economico complessivo massimo dei soggetti di cui al comma 1 non può superare il trattamento economico complessivo lordo attribuito al primo Presidente della Corte di cassazione.

3. L'individuazione del limite di cui al comma 2 è effettuata, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, dal Presidente della Corte dei conti, con atto ricognitivo che è efficace, ai fini di cui al comma 5, decorsi sessanta giorni dalla data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

4. Ogni incremento del trattamento economico complessivo lordo attribuito al primo Presidente della Corte di cassazione è calcolato con le medesime modalità entro il 30 settembre di ogni anno: esso è opponibile, ai fini di cui al comma 5, entro sessanta giorni dalla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

5. Il soggetto di cui al comma 1 che, decorsi sessanta giorni dalla pubblicazione dell'atto ricognitivo di cui al comma 3, sia titolare di una retribuzione superiore all'importo di cui al comma 1, ai sensi del contratto di lavoro collettivo o individuale in vigore, conserva l'eccedenza come assegno ad personam, non suscettibile di incremento se non in occasione degli incrementi di cui al comma 4 e nella misura di questi.

6. Il limite di cui al comma 2 può essere superato se concorrono tutte le seguenti condizioni:

a) motivate esigenze di carattere eccezionale, attestate con autorizzazione singolarmente accordata per un periodo di tempo non superiore a tre anni:

1) per le amministrazioni dello Stato, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, entro un contingente massimo di venticinque unità nel triennio, corrispondenti alle posizioni di più elevato livello di responsabilità;

2) per le restanti amministrazioni, enti od organismi di cui al comma 1, dall'organo di vertice, titolare della rappresentanza esterna, entro un contingente massimo di non oltre il 2 per cento delle posizioni apicali nel triennio, corrispondenti alle posizioni di più elevato livello di responsabilità;

b) preventiva comunicazione dell'atto di cui alla lettera a) del presente comma alla Corte dei conti per il controllo di legittimità, ai sensi dell'articolo 27 della legge 24 novembre 2000, n. 340. È fatta salva la competenza del Consiglio dei ministri ai sensi dell'articolo 2, comma 3, lettera n), della legge 23 agosto 1988, n. 400. Il requisito di cui alla presente lettera non si applica ai soggetti di cui alla lettera b) del comma 1;

c) pubblicazione, con l'indicazione nominativa dei destinatari e dell'ammontare del compenso, attraverso il sito web dell'amministrazione, ente od organismo interessato, con modalità di accesso che individuino l'identità del richiedente; per le amministrazioni dello Stato, la pubblicazione è effettuata mediante conferimento nella banca dati informatica, di cui all'articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.

7. Il presidente della sezione centrale di controllo di legittimità sugli atti del Governo e delle amministrazioni dello Stato della Corte dei conti accerta, prima della registrazione o della ricusazione del visto, l'avvenuta pubblicazione dell'incarico sul sito web dell'amministrazione, ente od organismo interessato. Il visto è comunque ricusato nel caso di mancata pubblicazione ai sensi della lettera c) del comma 6.

8. In caso di violazione del limite di cui al comma 2 ovvero di una o più delle condizioni e delle modalità di cui al comma 6, l'amministratore che abbia disposto il pagamento e il destinatario del medesimo sono responsabili in solido a titolo di danno erariale; la sanzione irrogabile non può superare una somma pari a dieci volte l'ammontare eccedente la cifra consentita.

9. Ai fini dell'applicazione del presente articolo sono computati in modo cumulativo gli emolumenti comunque erogati all'interessato a carico del medesimo ente, amministrazione od organismo pubblico, anche nel caso di pluralità di incarichi conferiti nel corso dell'anno.

10. Ai diplomatici di carriera il presente articolo si applica limitatamente agli emolumenti riferiti al periodo svolto nel territorio italiano.

11. Le disposizioni di cui ai commi da 12 a 19 si applicano:

a) ai titolari di qualsiasi incarico, caratterizzato da durata e continuità della prestazione, con una delle amministrazioni, ente od organismo di cui al comma 1;

b) ai titolari di rapporto di lavoro autonomo con una delle amministrazioni, enti o organismi di cui al comma 1, il quale comporti il conferimento di consulenze, collaborazioni esterne, incarichi o mandati di qualsiasi natura, il cui svolgimento avvenga nel territorio italiano.

12. Il complessivo trattamento economico che il soggetto di cui al comma 1 riceve a carico della finanza pubblica non può superare il limite di cui al comma 2.

13. Si applicano i commi 3, 4 e 5.

14. Se il superamento del limite di cui al comma 12 deriva dalla titolarità di uno o più incarichi, mandati e cariche di natura non privatistica, o da rapporti di lavoro di natura non privatistica con i soggetti di cui al comma 1, si procede alla decurtazione annuale del trattamento economico complessivo per una somma pari al 25 per cento della parte eccedente il limite di cui al comma 12. La decurtazione annuale cessa al raggiungimento del limite medesimo. Alla medesima decurtazione si procede anche nel caso in cui il superamento del limite sia determinato dal cumulo con emolumenti derivanti dai contratti di cui al comma 11. In caso di cumulo di più consulenze, incarichi o mandati, la decurtazione opera a partire dalla consulenza, incarico o mandato da ultimo conferito.

15. L'amministratore responsabile del pagamento cura la pubblicazione, nel sito web dell'amministrazione, dell'ente o dell'organismo pubblico, degli elenchi dei destinatari del compenso di cui al comma 11, con i relativi provvedimenti di conferimento o stipula, completi della ragione dell'incarico e dell'ammontare erogato. Copia degli elenchi è trasmessa semestralmente alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica.

16. In caso di violazione del limite di cui al comma 12 o delle prescrizioni di cui al comma, il dirigente che abbia disposto il pagamento e il destinatario del medesimo sono responsabili in solido a titolo di danno erariale; la sanzione irrogabile non può superare una somma pari a dieci volte l'ammontare eccedente la cifra consentita.

17. Coloro che sono legati da un rapporto di lavoro subordinato con enti, amministrazioni od organismi pubblici anche economici, e che sono al tempo stesso componenti degli organi di governo o di controllo del medesimo ente, amministrazione od organismo, sono collocati di diritto in aspettativa senza assegni e con sospensione della loro iscrizione ai competenti istituti di previdenza e di assistenza.

18. Le disposizioni di cui ai commi da 11 a 19 si applica anche alle attività di natura professionale e ai contratti d'opera con i soggetti di cui al comma 1, anche se aventi ad oggetto una prestazione artistica o professionale che consenta di competere sul mercato in condizioni di effettiva concorrenza.

19. Tutte le retribuzioni dirigenziali e i compensi per la conduzione di trasmissioni di qualunque genere presso la RAI - Radiotelevisione italiana Spa sono resi noti alla Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi.

20. Le disposizioni di cui ai commi da 21 a 26 si applicano:

a) ai compensi degli amministratori investiti di particolari cariche, ai sensi dell'articolo 2389, terzo comma, del codice civile:

1) nelle società non quotate a totale o prevalente partecipazione pubblica, in cui azionista sia il Ministero dell'economia e delle finanze ovvero una delle amministrazioni, enti od organismi di cui al comma 1;

2) nelle società controllate dalle o collegate alle società di cui al numero 1);

b) ai titolari di qualsiasi incarico, caratterizzato da durata e continuità della prestazione, con una delle società di cui alla lettera a);

c) ai titolari di rapporto di lavoro autonomo con una delle società di cui alla lettera a), il quale comporti il conferimento di consulenze, incarichi o mandati di qualsiasi natura nel territorio italiano con i medesimi soggetti.

21. Il complessivo trattamento economico che il soggetto di cui al comma 1 riceva a carico della finanza pubblica non può superare il limite di cui al comma 2. Si applicano i commi 3, 4 e 5 del medesimo articolo.

22. Se il superamento del limite di cui al comma 2 deriva dalla titolarità di uno o più incarichi, mandati e cariche di natura privatistica, o da rapporti di lavoro di natura privatistica con una delle amministrazioni, enti od organismi di cui al comma 1, si applica il comma 14 a partire dalla stipula di tutti i nuovi contratti e al rinnovo per scadenza di tutti i contratti in essere, che non possono in alcun caso essere prorogati oltre la scadenza prevista.

23. Nella regolamentazione del rapporto contrattuale di cui al presente articolo sono vietate clausole contrattuali che, al momento della cessazione dall'incarico, prevedano, per i soggetti di cui al comma 20, benefici economici il cui valore sia superiore ad una annualità del compenso fisso accordato in pendenza di rapporto.

24. Il dirigente della società responsabile del pagamento cura l'indicazione nominativa dei destinatari del compenso di cui al comma 20 e l'ammontare del compenso, attraverso il sito web della società, con modalità di accesso che individuino l'identità del richiedente.

25. In caso di violazione del limite di cui al comma 21 o delle prescrizioni di cui al comma 24, il dirigente che abbia disposto il pagamento e il destinatario del medesimo sono responsabili in solido a titolo di danno erariale; la sanzione irrogabile non può superare una somma pari a dieci volte l'ammontare eccedente la cifra consentita.

26. Coloro che sono legati da un rapporto di lavoro subordinato con le società di cui al comma 20, e che sono al tempo stesso componenti degli organi di governo o di controllo della medesima società, sono collocati di diritto in aspettativa senza assegni e con sospensione della loro iscrizione ai competenti istituti di previdenza e di assistenza.

27. Ai fini delle disposizioni di cui ai commi da 28 a 35 si definisce «incarico»:

a) qualsiasi rapporto di lavoro autonomo con una delle amministrazioni, enti od organismi di cui al comma 1, il quale comporti il conferimento di consulenze, collaborazioni esterne, incarichi o mandati di qualsiasi natura;

b) qualsiasi incarico, caratterizzato da durata e continuità della prestazione, conferito da una delle amministrazioni, ente od organismo di cui al comma 1.

28. Negli enti locali disciplinati dal testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, il conferimento di uno degli incarichi di cui al comma 1 a soggetti estranei all'amministrazione può avvenire solo nell'ambito di un programma approvato dal consiglio ai sensi dell'articolo 42, comma 2, lettera b), del medesimo testo unico.

29. Con il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi emanato ai sensi dell'articolo 89 del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, gli enti di cui al comma 2 fissano, in conformità a quanto stabilito dal comma 13, i limiti, i criteri e le modalità per il conferimento degli incarichi di cui al comma 27 a soggetti estranei all'amministrazione.

30. Con il regolamento di cui al comma 29 è fissato il limite massimo della spesa annua per gli incarichi di cui al comma 27.

31. L'affidamento di incarichi di cui al comma 27, effettuato in violazione delle disposizioni regolamentari emanate ai sensi dei commi 29 e 30, costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale.

32. Le disposizioni regolamentari emanate ai sensi dei commi 29 e 30 sono trasmesse, per estratto, alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti che, entro trenta giorni dalla ricezione, esprime parere obbligatorio ma non vincolante sulla legittimità e compatibilità finanziaria delle stesse.

33. Fatta eccezione per le amministrazioni statali preposte alla tutela ambientale, paesaggistico territoriale, del patrimonio e delle attività culturali e storico-artistiche e alla tutela della salute e della pubblica incolumità, in tutte le altre amministrazioni statali è consentito il conferimento o la prosecuzione di un incarico di cui al comma 27 con personale dipendente pubblico solo se esso rientra tra i contratti di consulenza e di durata continuativa indispensabili per assicurare il perseguimento delle finalità istituzionali, indicati, unitamente agli speciali uffici o strutture, comunque denominati, presso i quali il rapporto si svolge, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari.

34. A decorrere dal trentesimo giorno dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di cui al comma 33, cessano tutti gli incarichi di cui al comma 27 conferiti a personale dipendente pubblico. Le relative funzioni sono demandate alle direzioni generali competenti per materia ovvero per vicinanza di materia. Il personale di ruolo dipendente dall'amministrazione statale è restituito a quella di appartenenza ovvero può chiedere di essere inquadrato, con le procedure e le modalità previste dal decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, in uno degli uffici del Ministero o dell'amministrazione statale presso cui prestava servizio.

35. Le pubbliche amministrazioni che si avvalgono di collaboratori esterni o che affidano incarichi di consulenza per i quali è previsto un compenso pubblicano nel proprio sito web i relativi provvedimenti completi di indicazione dei soggetti percettori, della ragione dell'incarico e dell'ammontare erogato. In caso di omessa pubblicazione, la liquidazione del corrispettivo per gli incarichi di collaborazione o consulenza di cui al presente comma costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale del dirigente preposto. Copia degli elenchi è trasmessa semestralmente alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica.

36. È nullo il contratto di assicurazione con il quale un ente pubblico assicuri propri amministratori per i rischi derivanti dall'espletamento dei compiti istituzionali connessi con la carica e riguardanti la responsabilità per danni cagionati allo Stato o ad enti pubblici e la responsabilità contabile.

37. I contratti di assicurazione di cui al comma 36, in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, cessano di avere efficacia alla data del 30 giugno 2008.

38. In caso di violazione del presente articolo, l'amministratore che pone in essere o che proroga il contratto di assicurazione e il beneficiario della copertura assicurativa sono tenuti al rimborso, a titolo di danno erariale, di una somma pari a dieci volte l'ammontare dei premi complessivamente stabiliti nel contratto medesimo.

39. Le disposizioni di cui ai commi da 1 a 26 costituiscono principi fondamentali per il coordinamento della finanza pubblica, ai sensi dell'articolo 117, terzo comma, della Costituzione.

40. Per l'osservanza delle disposizioni di cui ai commi da 1 a 38 si applica il comma 128 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296. Il Presidente del Consiglio dei ministri, sulla base di un rapporto di analisi e classificazione dell'insieme delle posizioni interessate, predisposto dal Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, presenta alle Camere, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, una relazione sull'applicazione delle disposizioni di cui ai commi da 1 a 38.

41. La Corte dei conti verifica l'attuazione delle disposizioni di cui al presente capo in sede di controllo successivo sulla gestione del bilancio ai sensi dell'articolo 3, comma 4, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e successive modificazioni. Restano salve le previsioni dell'articolo 3, comma 62, della legge 24 dicembre 2007, n. 244.

42. I commi 127, 466, 593, 725, 726, 727, 728 e 730 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono abrogati.

43. All'articolo 3 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, i commi da 43 a 59 sono abrogati.

44. All'articolo 1 comma 2, del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 123, le parole: "all'articolo 3, comma 44 della legge 24 dicembre 2007, n. 244" sono soppresse».

 

2.0.252/1

CASSON, CECCANTI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, GARRAFFA, LUMIA, MARITATI, DELLA MONICA

Respinto

All'emendamento 2.0.252, al comma 1, sostituire le parole: «pubblico dipendente» con le seguenti: «dipendente pubblico o privato».

Conseguentemente, alla rubrica, dopo la parola: «pubblico», inserire la seguente: «o privato».

 

2.0.252/2

CASSON, CECCANTI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, GARRAFFA, LUMIA, MARITATI, DELLA MONICA

Respinto

All'emendamento 2.0.252, al comma 1, dopo le parole: «condotte illecite», inserire le seguenti: «e comunque idonee a pregiudicare gli interessi dell'amministrazione di appartenenza».

 

2.0.252/3

CASSON, CECCANTI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, GARRAFFA, LUMIA, MARITATI, DELLA MONICA

Respinto

All'emendamento 2.0.252, al comma 1, aggiungere, in fine, le seguenti parole: «, ivi compresa l'attribuzione di mansioni di grado inferiore».

 

2.0.252/4

CASSON, CECCANTI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, GARRAFFA, LUMIA, MARITATI, DELLA MONICA

Respinto

All'emendamento 2.0.252, al comma 2, premettere le seguenti parole: «Ferma restando la possibilità per il segnalato di esercitare i diritti di cui all'articolo 7 del codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e successive modificazioni,».

 

2.0.252/5

D'ALIA, SERRA, BALDASSARRI, GERMONTANI, VALDITARA, DE ANGELIS, CONTINI, DIGILIO

Respinto

All'emendamento 2.0.252, al comma 2, premettere alle parole: «l'identità del segnalante» le seguenti parole: «e fatte salve le previsioni del codice di procedura penale,».

 

2.0.252/6

CASSON, CECCANTI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, GARRAFFA, LUMIA, MARITATI, DELLA MONICA

Respinto

All'emendamento 2.0.252, sostituire il comma 2 con il seguente:

«2. Nelle fasi preliminari delle attività volte all'accertamento dei fatti denunciati o riferiti, non è consentito al segnalato di avvalersi dei diritti di cui all'articolo 7 del codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e successive modificazioni, per ottenere informazioni sull'identità del segnalante».

 

2.0.252/7

CASSON, CECCANTI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, GARRAFFA, LUMIA, MARITATI, DELLA MONICA

Le parole da: «All'emendamento» a: «appartenenza,» respinte; seconda parte preclusa

All'emendamento 2.0.252, dopo il comma 2, aggiungere, infine, il seguente:

«2-bis. Fermo restando il rispetto delle norme del codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e successive modificazioni, il trattamento dei dati relativi al soggetto segnalato è legittimamente effettuato, da parte dell'amministrazione di appartenenza, anche in presenza di segnalazioni anonime.».

 

2.0.252/8

CASSON, CECCANTI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, GARRAFFA, LUMIA, MARITATI, DELLA MONICA

Precluso

All'emendamento 2.0.252, dopo il comma 2, aggiungere, infine, il seguente:

«2-bis. Fermo restando il rispetto delle norme del codice in materia di protezione dei dati personali di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e successive modificazioni, il trattamento dei dati relativi al soggetto segnalato è legittimamente effettuato, da parte dell'amministrazione di appartenenza, al fine di accertare la fondatezza della segnalazione e di adottare le misure conseguenti».

 

2.0.252

MALAN

Approvato

Dopo l'articolo 2, inserire il seguente:

«Art 2-bis.

(Tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti)

1. Fuori dei casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione il pubblico dipendente che denuncia o riferisce condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia.

2. Salvi gli obblighi di denuncia previsti dalla legge, l'identità del segnalante non può essere rivelata, senza il suo consenso, fino alla contestazione dell'addebito disciplinare».

 

2.0.4

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Improponibile

Dopo l'articolo inserire il seguente:

«Art. 2-bis.

(Compensi per gli incarichi extra giudiziari dei magistrati)

1. È vietato ai magistrati di ogni ordine e grado ai quali siano stati conferiti dall'organo di autogoverno o dallo stesso autorizzati incarichi extra istituzionali ricevere direttamente alcun compenso dalle amministrazioni o organismi presso i quali espletano le relative attività.

2. Le amministrazioni e gli organismi versano il compenso (ivi inclusi i rimborsi spesa) relativo agli incarichi di cui al primo comma all'amministrazione di appartenenza dei magistrati destinatari degli incarichi, le quali provvedono a corrisponderlo ai magistrati interessati nel limite di un terzo del totale dell'importo attribuito come compenso complessivo, per ciascun anno solare.

3. Le somme eccedenti il limite di cui al comma precedente sono versate nei fondi perequativi eventualmente previsti dai rispettivi ordinamenti magistratuali o, in mancanza di tali fondi, in un capitolo dell'Amministrazione riguardante l'assistenza e la previdenza del personale di magistratura.

4. Il presente articolo non si applica agli incarichi di docenza presso Università o altri soggetti pubblici».

 

2.0.5

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA (*)

Respinto

Dopo l'articolo inserire il seguente:

«Art. 2-bis.

(Grandi eventi)

1. All'articolo 5-bis del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401, il comma 5 è abrogato».

________________

(*) Aggiungono la firma in corso di seduta i senatori D'Alia, Pardi e tutti gli altri componenti del Gruppo IdV

2.0.6

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA (*)

Respinto

Dopo l'articolo inserire il seguente:

«Art. 2-bis.

(Ripristino del controllo preventivo di legittimità sulle ordinanze di protezione civile da parte della Corte dei Conti)

1. L'articolo 14 del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, convertito con la legge 14 luglio 2008, n. 123, è abrogato».

________________

(*) Aggiungono la firma in corso di seduta i senatori D'Alia, Pardi e tutti gli altri componenti del Gruppo IdV

 

 

 


 

 

 

Senato della Repubblica

XVI LEGISLATURA

 

Assemblea

 

 

 

 

 

RESOCONTO STENOGRAFICO

ALLEGATI

 

 

ASSEMBLEA

 

566a seduta pubblica (pomeridiana):

 

 

martedì 14 giugno 2011

 

 

Presidenza del presidente SCHIFANI,

indi della vice presidente MAURO

e del vice presidente NANIA

 

 


 

RESOCONTO STENOGRAFICO

Presidenza del presidente SCHIFANI

PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 16,34).

(omissis)

Calendario dei lavori dell'Assemblea

(omissis)

Ripartizione dei tempi per la discussione del disegno di legge n. 2156 e connessi
(Anticorruzione)
(17 ore e 30 minuti, escluse dichiarazioni di voto)

 

Tempi assegnati

Tempi residui

Governo

1 h.

 

 

 

Votazioni

5 h.

 

4 h.

15'

Gruppi 11 ore e 30 minuti, di cui (*):

 

 

PdL

2 h.

54'

2 h.

02'

PD

3 h.

29'

 

57'

LNP

1 h.

11'

 

33'

Misto

1 h.

06'

 

41'

UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI

1 h.

 

 

19'

IdV

 

57'

 

39' (**)

CN-Io Sud

 

55'

 

27'

Dissenzienti

 

5'

 

5'

(*) La ripartizione dei tempi, secondo un criterio non strettamente proporzionale, tiene conto di richieste avanzate da alcuni Gruppi.

(**) Al Gruppo dell'Italia dei Valori sono stati assegnati ulteriori 45 minuti.

 

Seguito della discussione dei disegni di legge:

(2156) Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione

(2044) BAIO ed altri. - Misure per contrastare fenomeni corruttivi nel rapporto tra eletti, cittadini e pubblica amministrazione

(2164) LI GOTTI ed altri. - Norme per il contrasto alla corruzione nella pubblica amministrazione e in materia di cause ostative all'assunzione di incarichi di governo, incandidabilità ed ineleggibilità dei condannati per reati contro la pubblica amministrazione. Delega al Governo in materia di coordinamento del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267

(2168) D'ALIA. - Disciplina della partecipazione alla vita pubblica e degli emolumenti per l'esercizio della funzione pubblica, regolamentazione degli incarichi di consulenza e norme in materia di contrasto a fenomeni di corruzione

(2174) FINOCCHIARO ed altri. - Norme per il contrasto alla corruzione nella pubblica amministrazione e nel settore privato. Cause ostative all'assunzione di incarichi di governo, incandidabilità ed ineleggibilità dei responsabili per reati contro la pubblica amministrazione e collegati

(2340) DELLA MONICA ed altri. - Norme per la trasparenza, la prevenzione e la repressione della corruzione e per il contrasto alla illegalità nel settore pubblico e privato

(2346) ZANDA. - Norme per il contrasto alla corruzione nella pubblica amministrazione e nel settore privato(ore 16,42)

 

Stralcio degli articoli 7 (2156-bis), 8 (2156-ter) e 9 (2156-quater) del disegno di legge n. 2156

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge nn. 2156, 2044, 2164, 2168, 2174, 2340 e 2346.

Riprendiamo l'esame degli articoli del disegno di legge n. 2156.

Ricordo che nella seduta del 9 giugno si è conclusa la votazione degli emendamenti riferiti all'articolo 2.

Passiamo all'esame dell'articolo 3, su cui sono stati presentati emendamenti che si intendono illustrati e su cui invito il rappresentante del Governo a pronunziarsi.

AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signor Presidente, l'emendamento 3.100, presentato dai senatori Malan e Balboni, tende a sopprimere l'articolo 3, per cui da ciò discende che, qualora venga approvato, decadono tutti gli emendamenti successivi. Su tale emendamento il Governo esprime parere favorevole, per una ragione molto semplice: le norme contenute all'interno dell'articolo 3, infatti, sono state recepite nel decreto legislativo n. 235 del 2010, all'articolo 44. In questo provvedimento ci sono alcune modifiche al codice dell'amministrazione digitale (CAD) che hanno introdotto le disposizioni sulla banca dati nazionale dei contratti pubblici.

Già all'inizio della seduta avevamo annunciato che questa ed altre norme uscivano dal testo non perché ritirate o per un ripensamento, ma perché, di fronte al protrarsi dei lavori delle Commissioni parlamentari, sono state inserite in altri provvedimenti del Governo, in decreti-legge o in decreti legislativi.

Essendo favorevole il parere sull'emendamento 3.100, conseguentemente è contrario sui restanti emendamenti.

Presidenza della vice presidente MAURO(ore 16,45)

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 3.100, presentato dai senatori Malan e Balboni, interamente soppressivo dell'articolo 3.

È approvato.

LEGNINI (PD). Chiediamo la controprova.

PRESIDENTE. Ordino la chiusura delle porte. Procediamo alla controprova mediante procedimento elettronico. (Commenti del senatore Garraffa).

Invito i senatori Segretari a effettuare le opportune verifiche.

È approvato.

Risultano pertanto preclusi tutti i restanti emendamenti riferiti all'articolo 3, mentre l'emendamento 3.0.1 è improponibile.

Il Governo ha presentato un emendamento all'articolo 4, articolo che viene pertanto accantonato.

Passiamo all'esame dell'articolo 5, su cui sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

MALAN (PdL). Signora Presidente, darei al Governo la mia disponibilità a ritirare l'emendamento 5.250, soppressivo dell'articolo 5, in quanto mi risulta che vi sia la disponibilità ad accogliere l'emendamento successivo che, essendo sostitutivo dell'articolo, risulterebbe precluso qualora fosse approvato il mio emendamento.

Pertanto, ribadisco la disponibilità a ritirare il mio emendamento, nell'auspicio che sia espresso un parere favorevole sull'emendamento successivo.

DELLA MONICA (PD). Signora Presidente, nell'emendamento 5.4 propongo, insieme ad altri colleghi del PD, di inserire una black list in maniera che «i controlli antimafia nei subappalti e subcontratti successivi ai contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture» siano effettivamente conseguenti a un reale esame della situazione delle imprese. Riteniamo che la lista delle imprese amiche non sia sufficiente, ma occorra una black list che, d'altra parte, è già prevista nelle sedi internazionali e quindi consentirebbe di uniformare la nostra legislazione.

Pertanto, riteniamo che la disposizione proposta sia, tra l'altro, anche conforme a quanto, in materia di appalti, prevede la Convenzione ONU sulla corruzione, che dedica uno specifico capitolo al problema degli appalti.

Ripeto, vogliamo che ci siano non soltanto le liste amiche, ma anche e soprattutto le liste delle imprese che hanno dei problemi, che devono giustamente essere posti all'attenzione, con aggiornamenti continuativi, delle stazioni appaltanti e degli organi amministrativi a ciò deputati.

CENTARO (PdL). Signora Presidente, vorrei sottoporre in particolare al Governo, oltre che ai colleghi, la considerazione che l'introduzione di una white list, e cioè di un elenco di imprese in determinati settori dell'attività imprenditoriale, debba essere assistita da un'indicazione specifica del luogo in cui deve essere tenuto tale elenco e dell'ente che deve provvedervi, delle modalità di accesso a questo elenco, dell'attività di controllo e vigilanza da esercitare su di esso, dell'obbligo di indicare eventuali mutamenti di assetti interni all'impresa ai fini della verifica dei soggetti che la governano, quindi di una serie concreta di attività che deve essere specificata.

Se invece parliamo di elenchi in generale, senza precisare quale prefettura debba curarne la tenuta o chi abbia l'obbligo di effettuare il controllo preventivo, in corso d'opera e successivo, se non specifichiamo alcuni obblighi, rischiamo fortemente di emanare una norma inapplicabile e assolutamente inutile, tradendo così le buone intenzioni di tutti, che consistono nel puntare la lente d'ingrandimento su attività che, in relazione ad indagini intercorse, risultano di particolare interesse e a rischio di infiltrazione criminale.

PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.

Invito il senatore Segretario a dar lettura del parere espresso dalla 5a Commissione permanente sugli ulteriori emendamenti presentati.

THALER AUSSERHOFER, segretario. «La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminati gli ulteriori emendamenti 3.2 (testo 2), 4.2 (testo 2), 5.5 (testo 2), 5.8 (testo 2), 5.251 (testo 3), 6.4 (testo 2) e 10.300 (testo 2), trasmessi dall'Assemblea, esprime, per quanto di competenza, parere non ostativo, ad eccezione che sull'emendamento 4.2 (testo 2), sul quale il parere è contrario, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione».

PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Proprio raccogliendo ciò che diceva il senatore Malan... (Brusìo).

PRESIDENTE. Colleghi, faccio fatica a sentire cosa dice il rappresentante del Governo, nonostante sia proprio sotto il banco della Presidenza.

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Dicevo, Presidente, che raccogliendo quanto diceva il senatore Malan, e considerando che il testo dell'articolo 5 del disegno di legge che stiamo esaminando è stato trasfuso nel comma 13 dell'articolo 14 del decreto-legge n. 70 del 2001, invito tutti i presentatori di emendamenti all'articolo 5 a ritirarli, in quanto il Governo è disposto ad accogliere l'emendamento 5.251 (testo 3), di cui è primo firmatario il senatore Vizzini, inserito nel V annesso al fascicolo degli emendamenti.

Per quanto concerne l'osservazione del senatore Centaro, faccio presente che, a parte gli elenchi di cui all'articolo 5 che è stato trasfuso nel decreto‑legge già citato, essenzialmente mi riferisco al codice degli appalti, in cui è prevista la certificazione - da parte dell'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture - di elenchi che non sono del tutto corrispondenti a quello attuale, ma che possono essere tali da mettere in evidenza l'impossibilità di contrattare con la pubblica amministrazione.

Proprio perché vi è un residuo di operatività dell'emendamento 5.251 (testo 3), che ha sostanzialmente assorbito gli altri emendamenti, invito a ritirare tutti gli emendamenti diversi dalla proposta di modifica di cui è primo firmatario il senatore Vizzini.

PRESIDENTE. L'emendamento 5.250 è stato ritirato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 5.251 (testo 3).

CENTARO (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CENTARO (PdL). Signora Presidente, annuncio il mio voto di astensione sull'emendamento 5.251 (testo 3), che purtroppo tradisce le buone intenzioni dei suoi presentatori. Noi stiamo facendo una norma inapplicabile in concreto, poiché non è specificato chi terrà questi elenchi (se le prefetture o il Ministero dell'interno) e chi deve fare i controlli, preventivi e successivi. Nel momento in cui si intendono fare le white list, le si facciano con le opportune specificazioni; in caso contrario, avremo una norma in bianco assolutamente inapplicabile e inutilizzabile, che tradisce le buone intenzioni di tutti i presentatori e di tutti coloro che si sono affannati su questa vicenda. Se vi è qualcosa di analogo nel decreto‑legge, lo esamineremo successivamente e poi andremo a verificare.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 5.251 (testo 3), presentato dal senatore Vizzini, interamente sostitutivo dell'articolo 5.

È approvato.

Risultano pertanto preclusi tutti i restanti emendamenti riferiti all'articolo 5.

Passiamo all'esame dell'articolo 6, su cui stati presentati una proposta di stralcio, successivamente ritirata, ed emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

DELLA MONICA (PD). Signora Presidente, per adesso mi limito a ritirare l'emendamento 6.1, ma mi riservo di intervenire in dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.

Invito il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Signora Presidente, desidero far presente alla senatrice Della Monica che l'articolo oggi risulta inutile, dal momento che la norma che trasferisce il potere di secretazione degli appalti dal piano politico a quello amministrativo è già stata introdotta dall'articolo 8, comma 10, del decreto-legge n. 78 del 2010. Quindi, avrei espresso parere favorevole alla soppressione dell'articolo pertanto all'emendamento 6.1 della senatrice Della Monica. Di conseguenza, risulterebbero preclusi gli altri emendamenti all'articolo 6, ma rimarrebbero in vita gli emendamenti tendenti ad inserire articoli aggiuntivi all'articolo stesso, come ad esempio quello del senatore Malan, il 6.0.2 e quello dei senatori Pistorio e Oliva, il 6.0.2/1. Non mi sembra opportuno mantenere un articolo che è già in vigore dal 2010 in base all'articolo 8, comma 10, del decreto-legge 78 del 2010. Pertanto, invito senatrice la senatrice Della Monica a riflettere.

DELLA MONICA (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DELLA MONICA (PD). Desidero chiarire al Sottosegretario che il ritiro dell'emendamento 6.1 era funzionale alla sostituzione dell'articolo 6 con l'emendamento 6.250, sempre a mia firma, che contiene norme diverse che riguardano la risoluzione del contratto di appalto a seguito di accertamento di responsabilità in materia di corruzione ed altri gravi reati.

Comprendendo la ragione che è sottesa alle argomentazioni del Sottosegretario, il mio intento era proprio quello di sostituire l'articolo 6 con l'emendamento 6.250. Diversamente dovrei dire: sopprimere l'articolo e sostituirlo con il 6.250.

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Riprendendo l'espressione dei pareri, per quanto riguarda l'emendamento 6.500, con riferimento alla parte relativa alla trasparenza, valgono le considerazioni già fatte nella precedente seduta con riferimento all'emendamento 2.5. In particolare, per quanto concerne le modifiche relative alle ordinanze della Protezione civile, esprimo parere contrario. Infatti, il controllo preventivo della Corte dei conti è incompatibile con le esigenze di urgenza che giustificano l'adozione delle ordinanze di Protezione civile.

Quanto all'emendamento 6.250, la ratio legis è già soddisfatta dal decreto legislativo n. 163 del 2006, ossia dal codice dei contratti, e l'emendamento estende la sanzione civilistica ad una serie di reati del tutto eterogenei, di diversa gravità, che interessano beni giuridici non assimilabili. Per tale ragione, il parere sull'emendamento è contrario, così come lo è sull'emendamento 6.252, perché è contro lo spirito delle disposizioni contenute nel decreto-legge n. 78 del 2010, cui ho fatto riferimento a proposito della soppressione dell'articolo.

Sono favorevole, invece, all'emendamento 6.0.2 del senatore Malan: si tratta di un emendamento aggiuntivo, compatibile con l'articolo 6. A questo punto chiederei alla senatrice Della Monica di poter far mio il suo emendamento soppressivo. Infatti, senza la soppressione dell'articolo 6 si ragiona su emendamenti che non si reggono più in piedi, perché riguardano norme già entrate in vigore col decreto-legge n. 78 del 2010. Ebbene, o qualche senatore dichiara di far proprio questo emendamento, oppure lo faccio mio, perché altrimenti - ripeto - si finisce con il ragionare su un provvedimento che è già entrato in vigore.

CANTONI (PdL). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CANTONI (PdL). Signora Presidente, faccio mio l'emendamento 6.1.

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Esprimo dunque parere favorevole sull'emendamento 6.1 e anche sul 6.0.2, se riformulato eliminando nella parte finale il riferimento all'articolo 6, facendo salvo quello agli articoli 2, 3, 4 e 5. Il parere è altresì favorevole sul subemendamento 6.0.2/1 dei senatori Pistorio e Oliva.

Sono improponibili gli emendamenti 6.0.3, 6.0.250, 6.0.251, 6.0.252, 6.0.253, 6.0.254, 6.0.255, 6.0.5, 6.0.256 e 6.0.257.

Esprimo parere contrario sull'emendamento 6.0.4 del senatore Li Gotti, perché prevede una sanzione accessoria obbligatoria nei confronti di chi è condannato per reati del tutto eterogenei e di diversa gravità, nonché sull'emendamento 6.0.258, in quanto del tutto estraneo all'oggetto e alle finalità del disegno di legge.

Il parere è invece favorevole sull'emendamento 6.0.259 del senatore Malan, nel quale il danno all'immagine della pubblica amministrazione viene presunto.

PRESIDENTE. Ricordo che la proposta di stralcio S6.100 è stata ritirata.

Metto ai voti l'emendamento 6.1, presentato dalla senatrice Della Monica e da altri senatori, ritirato dai proponenti e fatto proprio dal senatore Cantoni, interamente soppressivo dell'articolo 6.

È approvato.

INCOSTANTE (PD). Chiedo la controprova.

PRESIDENTE. Ordino la chiusura delle porte. Procediamo alla controprova mediante procedimento elettronico.

È approvato.

Risultano pertanto preclusi tutti i restanti emendamenti riferiti all'articolo 6.

Metto ai voti l'emendamento 6.0.2/1, presentato dai senatori Pistorio e Oliva.

È approvato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 6.0.2, nel testo emendato.

INCOSTANTE (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

INCOSTANTE (PD). Presidente, intervengo per comprendere per quale motivo l'Aula si esprime - se non sbaglio - in un modo in un certo senso difforme rispetto a quanto approvato negli articoli precedenti e nelle norme stesse che stiamo prevedendo. Nell'emendamento che abbiamo appena approvato si dice, infatti, che si adeguano gli statuti «compatibilmente con le disposizioni previste» dagli statuti stessi «e dalle relative norme di attuazione in materia». L'emendamento del senatore Malan, invece, dice altro, ossia che le Regioni e gli enti locali «adeguano i propri ordinamenti rispetto alle disposizioni» degli articoli fino a questo momento approvati.

Mi domando, quindi, se si tratta di un mio errore o se sia il caso di riflettere sugli emendamenti che abbiamo approvato o che stiamo per approvare.

MALAN (PdL). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MALAN (PdL). Signora Presidente, vorrei precisare che mentre il subemendamento 6.0.2/1, a prima firma del senatore Pistorio, recita: «compatibilmente con le disposizioni previste dagli statuti», nell'emendamento 6.0.2 si parla di ordinamento, che è cosa diversa dallo statuto, che non si può certamente cambiare con una norma di legge dello Stato; l'ordinamento, invece, rispetto alle normative previste in questo provvedimento, resta.

Vorrei poi aggiungere che nel testo, come è stato giustamente detto, bisognerebbe sopprimere il riferimento all'articolo 6; in teoria, però, dovremmo sopprimere anche la menzione dell'articolo 1, per le vicende a tutti note, anche se credo che questo si possa risolvere in sede di coordinamento, dal momento che si sta lavorando per la presentazione di una norma che sostituisca l'articolo 1 a suo tempo bocciato.

PRESIDENTE. Dobbiamo accantonare l'emendamento aggiuntivo 6.0.2, perché fa riferimento all'articolo 4, precedentemente accantonato.

Gli emendamenti 6.0.3 (testo corretto), 6.0.250 (testo corretto), 6.0.251, 6.0.252, 6.0.253, 6.0.254, 6.0.255, 6.0.5 e 6.0.256 sono improponibili.

Metto ai voti l'emendamento 6.0.4, presentato dal senatore Li Gotti e da altri senatori.

Non è approvato.

L'emendamento 6.0.257 è improponibile.

INCOSTANTE (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

INCOSTANTE (PD). Mi scusi, signora Presidente, ma vorrei conoscere il motivo per il quale l'emendamento 6.0.257 è stato dichiarato improponibile.

PRESIDENTE. È tra gli emendamenti dichiarati improponibili dal presidente Schifani.

INCOSTANTE (PD). Presidente, ne approfitto per dire che naturalmente non sono d'accordo. Il tema è quello della gestione commissariale delle emergenze che, come abbiamo detto più volte in quest'Aula, ha occupato spesso la cronaca giudiziaria. Credo che sia dunque davvero un grave errore da parte della Presidenza, rispetto a qualcosa che è già avvenuto anche recentemente nel nostro Paese, dichiarare che l'obiettivo di mettere ordine nella gestione commissariale delle emergenze non ha attinenza con il tema della corruzione e della prevenzione della stessa. Mi permetto di sottolinearlo, affinché rimanga agli atti, esprimendo ancora una volta la nostra contrarietà, come abbiamo già fatto in occasione di altri emendamenti analoghi.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 6.0.258.

GIARETTA (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GIARETTA (PD). Signora Presidente, intervengo per sottolineare che la trasparenza dei rapporti tra pubblica amministrazione ed impresa e la tutela della legalità sono un bene essenziale della concorrenza.

L'Italia continua a crescere poco; anche gli ultimi dati sottolineano che cresciamo un punto di PIL all'anno, meno della metà della media europea. Bassa crescita dovuta a bassa competitività. C'entra questo con l'argomento di oggi? Direi proprio di sì, e direi che c'entra molto. In tutte le statistiche internazionali emerge con chiarezza che per l'Italia la presenza di un'elevata corruzione, di estese ramificazioni di economia criminale, di scarsa trasparenza dei processi decisionali pubblici, costituisce una palla al piede per la competitività del sistema Paese. L'ampia letteratura esistente sull'argomento e i dati empirici dimostrano che c'è una correlazione diretta tra presenza di corruzione e difficoltà della crescita: più corruzione c'è, più bassa è la crescita.

Si parla molto - e giustamente lo fa il ministro Tremonti - di riforme a costo zero. La lotta alla corruzione è certamente una di queste riforme e va perciò vista come uno specifico strumento di politica economica. Vi è il grande mare dell'economia sommersa (250 miliardi di euro, pari al 17 per cento del PIL); accanto all'economia informale e a quella che sfugge agli obblighi fiscali e contributivi, si sviluppa una economia criminale, con una capacità invasiva dell'economia formale. Sono ambienti in cui i fenomeni corruttivi possono prosperare: 19 miliardi è il fatturato delle ecomafie, secondo l'ultimo rapporto di Legambiente. La Corte dei conti ha stimato in 50-60 miliardi di euro all'anno il peso della corruzione, definendola nell'ultima relazione del procuratore generale «una tassa immorale ed occulta pagata con i soldi prelevati dalle tasche di tutti i cittadini».

Cosa vedrebbe un investitore internazionale che volesse investire in Italia e cercasse di orientarsi con le statistiche disponibili? La Banca mondiale pubblica un indice nei Worldwide Governance and Anti-Corruption Indicators, che colloca l'Italia al sessantottesimo posto mondiale, penultimo dei Paesi dell'area OCSE, con una perdita di 36 posizioni in dieci anni. Transparency international ci colloca al sessantasettesimo posto, con 30 posti persi negli ultimi dieci anni. Il World economic forum produce una classifica della competitività: l'Italia compare al quarantottesimo posto, avendo perso 21 posizioni in dieci anni. Particolarmente negativi sono gli indicatori relativi ai pilastri istituzioni e corruzione (settantatreesimi), trasparenza (centodiciannovesimi) e favoritismi nelle decisioni pubbliche (centoquindicesimi). Eurobarometro ci colloca al ventunesimo posto su 27 per presenza di corruzione.

Di fronte a tale situazione, non basta qualche espediente organizzativo, anche meritevole, e qualche maggiore approfondimento conoscitivo, come prospettato dal disegno di legge in esame. Occorre prosciugare le fonti che alimentano la corruzione: riduzione degli oneri burocratici, semplificazione normativa e procedimentale, trasparenza nei rapporti tra pubblica amministrazione e attività economica, lotta al riciclaggio di denaro sporco, che è il veicolo principale per chiudere il cerchio della corruzione. Molto può essere fatto rendendo pubblici tutti i dati relativi alle attività delle pubbliche amministrazioni, con una evidenza dei costi di produzione di servizi ed opere, strutturati per consentire la confrontabilità con le migliori pratiche. In Gran Bretagna, l'esperienza è in campo, e sta dando frutti importanti.

Qui, però, avete affossato perfino la parte positiva della riforma della pubblica amministrazione che voi stessi avevate impostato. Pensiamo al ritardo dei pagamenti della pubblica amministrazione nei confronti delle imprese fornitrici di beni e servizi: è un tempo triplo rispetto alla media europea. Confartigianato ha calcolato in un miliardo di euro l'onere finanziario aggiuntivo per le imprese del comparto. C'è da meravigliarsi se in questo stato di cose si annidino incentivi alla corruzione? Occorrerebbero pertanto un'azione complessiva ed un atteggiamento culturale costante prima della disponibilità di norme repressive.

Per tali ragioni, il disegno di legge in esame rischia di essere una occasione persa. Se pure si fa qualche passo in avanti, troppo timido e limitato, se ne fanno molti indietro con altre proposte legislative. Pensiamo all'allarme esplicito lanciato dalla Corte dei conti sugli effetti devastanti per la lotta per la legalità che sarebbero procurati dalla proposta normativa in materia di intercettazioni e durata dei processi, dalla limitazione introdotta all'attività della Corte stessa, dagli effetti disastrosi dello scudo fiscale nel favorire la ripulitura di denaro frutto di attività illecite.

In qualche misura la lotta alla corruzione deve diventare una sorta di infrastruttura civile, solida e condivisa. Se ciò non avviene e se l'opinione pubblica percepisce che per tutte le istituzioni questa non è una priorità e, al contrario, si attacca con frequenza il principio di legalità e chi lo difende, è veramente difficile ottenere risultati apprezzabili. Il parere contrario che il Governo continua ad esprimere su tentativi di miglioramento dell'opposizione - come nel caso dell'emendamento in esame - dimostra che purtroppo l'Esecutivo non intende impegnarsi a fondo su questo documento decisivo per la competitività del Paese. (Applausi dal Gruppo PD).

INCOSTANTE (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 6.0.258, presentato dalle senatrici Inconstante ed Adamo.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 2156, 2044, 2164, 2168, 2174, 2340 e 2346

 

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 6.0.259, presentato dal senatore Malan.

È approvato.

Passiamo all'esame dell'articolo 7, su cui sono stati presentati una proposta di stralcio ed emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

INCOSTANTE (PD). Signor Presidente, sull'articolo 7, così come sul successivo articolo 8, era stata presentata una proposta di stralcio, in quanto tale normativa doveva ricadere nell'ambito della trattazione della Carta delle autonomie. Se questa proposta è accettata dal Governo, sono d'accordo, altrimenti interverrò nel merito degli emendamenti.

Presidenza del vice presidente NANIA(ore 17,25)

 

SANNA (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SANNA (PD). Presidente, lo ripeto per chiarezza alla Presidenza. In sede di discussione, il Governo si era reso disponibile - e chiediamo che confermi questo orientamento - allo stralcio degli articoli 7 e 8, con l'impegno però d'introdurre i contenuti di cui stiamo parlando in sede di discussione e approvazione della Carta delle autonomie. È una risposta completa e politica quella che noi riteniamo di dover ascoltare.

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, gli articoli 7 e 8 sono stati ritenuti dalla Commissione bilancio in contrasto con l'articolo 81 della Costituzione. È stato dato parere favorevole sul disegno di legge a condizione che siano soppressi gli articoli 7 ed 8 ripropositivi della Carta delle autonomie, in particolare degli articoli 24 e 25 del disegno di legge n. 2259, già all'esame del Senato.

Ed in tal senso, aderendo anche all'orientamento della Commissione bilancio, il Governo è d'accordo a stralciare gli articoli 7 ed 8, ovviamente riproponendo da parte del Governo e anche dei singoli senatori in quella sede gli eventuali emendamenti.

Il parere pertanto è favorevole agli emendamenti soppressivi 7.100 e 7.1 o allo stralcio dell'articolo, contenuto nella proposta S7.100.

MORANDO (PD). Soppressivi!

MAZZATORTA (LNP). Signor Presidente, il sottosegretario Caliendo ha già risolto il problema; pertanto, il parere favorevole alla soppressione dell'articolo rende vano qualsiasi intervento sugli altri emendamenti.

MORANDO (PD). Soppressione, non stralcio.

VALENTINO (PdL). Signor Presidente, il parere favorevole all'emendamento soppressivo vanifica ogni ipotesi di discussione.

PRESIDENTE. Quindi, lei intende ritirare l'emendamento a sua firma?

VALENTINO (PdL). Sì, signor Presidente, ritiro l'emendamento 7.251, ma il problema si porrà se gli emendamenti all'articolo 12 verranno approvati. Comunque, allo stato lo ritiro.

INCOSTANTE (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

INCOSTANTE (PD). Signor Presidente, non a caso avevo chiesto un'interlocuzione al Governo e un'attenzione da parte del Presidente della 1a Commissione e dello stesso ministro Calderoli.

In Commissione è in corso l'esame del disegno di legge relativo alla Carta delle autonomie. Gli emendamenti relativi a questi articoli sono importanti poiché sono relativi al controllo di gestione, ai controlli interni e quant'altro.

Presidenza della vice presidente MAURO(ore 17,29)

 

(Segue INCOSTANTE). Sopprimere l'articolo, a mio avviso, non è corretto; sarebbe meglio dire che effettuiamo uno stralcio in attesa di riprendere ad esaminare la materia, poiché è in corso l'esame di un provvedimento più attinente. Sopprimere l'articolo è come se non volessimo attribuire importanza a requisiti invece significativi e fortemente connotanti per una serie di fenomeni (mi riferisco ai requisiti di trasparenza e buon andamento della pubblica amministrazione) e, come si sa, tutto questo aiuta nella lotta alla corruzione e nella prevenzione di tale fenomeno.

Per questo ho chiesto la pronuncia del Governo, e credo che un approfondimento sia opportuno.

(omissis)

Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn.
2156, 2044, 2164, 2164, 2174, 2340e 2346 (ore 17,30)

 

PRESIDENTE. Invito il rappresentante del Governo a pronunciarsi sulla proposta di stralcio e sugli emendamenti presentati all'articolo 7.

CALDEROLI, ministro per la semplificazione normativa. Signora Presidente, credo che la posizione espressa dalla senatrice Incostante sia quella più confacente alla realtà. Noi abbiamo assolutamente l'intenzione non di abbandonare l'argomento, ma di affrontarlo nella sede propria. Riterrei quindi, rispetto alla richiesta, di considerare positivamente la proposta di stralcio S7.100, con l'impegno del Governo ad affrontare la materia nel corso dell'esame del provvedimento relativo alla Carta delle autonomie.

PRESIDENTE. Metto ai voti la proposta di stralcio S7.100, presentata dai senatori D'Alia e Serra.

È approvata.

Onorevoli colleghi, per effetto dell'approvazione della proposta di stralcio S7.100, le disposizioni di cui all'articolo 7 andranno a costituire un disegno di legge autonomo dal titolo «Modifiche al Testo Unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267» (A.S. n. 2156-bis).

Il disegno di legge sarà deferito alle competenti Commissioni parlamentari.

Restano pertanto preclusi tutti gli emendamenti presentati all'articolo 7.

Passiamo all'esame degli emendamenti tendenti ad inserire articoli aggiuntivi dopo l'articolo 7, che si intendono illustrati e su cui invito il rappresentante del Governo a pronunziarsi.

Ricordo che l'emendamento 7.0.250 è improponibile.

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Signora Presidente, invito il senatore Valentino a ritirare i suoi emendamenti.

PRESIDENTE. Senatore Valentino, intende ritirare gli emendamenti a sua firma?

VALENTINO (PdL). Sì, signora Presidente.

PRESIDENTE. Gli emendamenti 7.0.251, 7.0.253 e 7.0.254 sono stati ritirati, mentre l'emendamento 7.0.252 è improcedibile.

Passiamo all'esame dell'articolo 8, su cui sono stati presentati una proposta di stralcio ed emendamenti che si intendono illustrati e su cui invito il rappresentante del Governo a pronunziarsi.

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Signora Presidente, esprimo parere favorevole alla proposta di stralcio S8.100 e contrario su tutti gli emendamenti.

PRESIDENTE. Metto ai voti la proposta di stralcio S8.100, presentata dai senatori D'Alia e Serra.

È approvata.

Onorevoli colleghi, per effetto dell'approvazione della proposta di stralcio S8.100, le disposizioni di cui all'articolo 8 andranno a costituire un disegno di legge autonomo dal titolo "Modifiche agli articoli 234, 236 e 239 del Testo Unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267" (A.S. 2156-ter).

Il disegno di legge sarà deferito alle competenti Commissioni parlamentari.

Restano pertanto preclusi tutti gli emendamenti presentati all'articolo 8, mentre gli emendamenti 8.0.1 (testo corretto), 8.0.250 (testo corretto) e 8.0.251 sono improponibili.

Passiamo all'esame dell'articolo 9, su cui sono stati presentati una proposta di stralcio ed emendamenti che si intendono illustrati e su cui invito il rappresentante del Governo a pronunziarsi.

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Signora Presidente, esprimo parere contrario alla proposta di stralcio S9.100 e a tutti gli emendamenti all'articolo 9.

INCOSTANTE (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

INCOSTANTE (PD). Signora Presidente, visto che stiamo facendo un lavoro anche relativo alla Carta delle autonomie, vorrei conoscere la ragione della contrarietà del Governo alla proposta di stralcio S9.100, presentata dal Gruppo del PD.

Vorrei pertanto chiedere al Sottosegretario di chiarirne, se possibile, le motivazioni.

PRESIDENTE. Sottosegretario Caliendo, intende fornire tale chiarimento alla senatrice Incostante?

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, il Governo è contrario, anche se potremmo ripensarci nel corso dell'esame, tenuto conto che con l'articolo 9 si tratta della fattispecie del fallimento politico per come era stata identificata. Ciò non significa che poi, nel corso dell'esame, la dicitura non possa anche cambiare. Siamo oggi contrari anche a modificare l'emendamento del senatore Bianco, però ciò non significa stralciare l'articolo. Non c'è una diretta connessione con gli articoli 7 e 8, come è stato anche osservato dalla Commissione bilancio.

INCOSTANTE (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

INCOSTANTE (PD). Signora Presidente, possiamo chiedere la cortesia, anche al Governo, di acconsentire al momentaneo accantonamento di questo articolo e di andare avanti?

PRESIDENTE. Signor Sottosegretario, la senatrice Incostante propone di accantonare l'esame dell'articolo 9. Il Governo è favorevole?

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Sì, signora Presidente.

PRESIDENTE. L'articolo 9 è pertanto accantonato.

Passiamo all'esame dell'articolo 10, sul quale sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

MALAN (PdL). Signora Presidente, anche a seguito dell'accantonamento dell'articolo 9, volevo chiedere l'accantonamento anche degli articoli 10 e 11, all'esame dei quali siamo arrivati prima di quanto tutti si aspettassero, visto il ritmo tenuto la scorsa settimana. Io ho presentato, infatti, una riformulazione dell'emendamento 10.251 a mia firma, interamente sostitutiva sia dell'articolo 10 che dell'articolo 11. Ho depositato il nuovo testo dell'emendamento solo poco fa e, tra l'altro, credo sia necessario il parere della 5a Commissione su di esso.

PRESIDENTE. Poiché non vi sono osservazioni, accantoniamo gli articoli 10 e 11 e i relativi emendamenti, in attesa di sottoporli all'esame del presidente Schifani.

Riprendiamo l'esame della proposta di stralcio S9.100, testé accantonata.

CALDEROLI, ministro per la semplificazione normativa. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CALDEROLI, ministro per la semplificazione normativa. Signora Presidente, anche in questo caso, i contenuti dell'articolo sono presenti nell'ultimo decreto legislativo di recepimento della legge n. 42 del 2009 sul federalismo fiscale. Quindi, riterrei opportuno lo stralcio dell'articolo 9, visto che il decreto è già all'esame della Commissione bicamerale, ed entro la fine di luglio diventerà legge.

PRESIDENTE. Metto ai voti la proposta di stralcio S9.100, presentata dal senatore Bianco e da altri senatori.

È approvata.

Onorevoli colleghi, per effetto dell'approvazione della proposta di stralcio S9.100, le disposizioni di cui all'articolo 9 andranno a costituire un disegno di legge autonomo dal titolo «Delega al Governo in materia di fallimento politico e modifica all'articolo 247 del Testo Unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267» (A.S. 2156-quater).

Il disegno di legge sarà deferito alle competenti Commissioni parlamentari.

Restano pertanto preclusi tutti gli emendamenti presentati all'articolo 9.

SANNA (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SANNA (PD). Signora Presidente, abbiamo acceduto all'idea di accantonare la discussione degli articoli 10 e 11 sulla base di un'affermazione del senatore Malan, il quale dice di aver predisposto un nuovo emendamento. Noi non siamo a conoscenza del suo contenuto; quindi, prima di acconsentire, vorremmo prenderne visione.

PRESIDENTE. Senatore Sanna, lo facciamo distribuire.

MORANDO (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MORANDO (PD). Signora Presidente, sul testo in esame non c'è il relatore. Come è possibile dunque presentare adesso un emendamento?

PRESIDENTE. È una riformulazione dell'emendamento 10.251.

Passiamo all'esame dell'articolo 12, su cui sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

LI GOTTI (IdV). Signora Presidente, onorevoli colleghi, l'emendamento 12.1, presentato dall'Italia dei Valori, è particolarmente complesso in quanto affronta la materia dell'adeguamento del nostro ordinamento alla Convenzione di Strasburgo del 27 gennaio 1999, sulla cui ratifica si sono pronunziate in senso favorevole, all'unanimità, le Commissioni 1a, 2a e 3a e che quindi a breve arriverà in Aula. Si propone di fare questo, e successivamente gli adeguamenti.

Avendo approvato in Commissione, all'unanimità e con l'accordo del Governo, il disegno di legge di ratifica della Convenzione di Strasburgo, non si riesce a capire la ragione per cui non si debba dare immediata applicazione, prescindendo dalla ratifica, a quella parte della convenzione che prevede alcuni interventi in materia di reati contro la pubblica amministrazione.

I due punti più significativi sui quali richiamo l'attenzione sono rappresentati da una rivisitazione degli attuali reati di corruzione, concussione ed estorsione esistenti nel nostro codice. Il reato di concussione è il reato di estorsione commesso dal pubblico ufficiale, ma esistono delle forme di concussione per costrizione e le cosiddette concussioni per induzione, ossia quando il concusso paga il prezzo della corruzione dicendo che comunque sarebbe stato indotto non attraverso richieste o minacce, sia pure implicite, ma da un atteggiamento. Sono delle forme che vengono utilizzate per affrancarsi da una possibile accusa di corruzione per cui il corruttore accampa la propria veste di vittima.

A livello europeo, si è osservato che il rafforzamento della normativa dei reati contro la pubblica amministrazione in materia di corruzione deve consentire la possibilità di sanzionare tutti i pagamenti fatti al pubblico ufficiale o all'incaricato di pubblico servizio. Qualora ci sia la richiesta con costrizione, si è nel caso dell'estorsione, e si tratta di un reato di estorsione qualificata, ma se manca tale elemento e c'è soltanto l'atteggiamento volto a far capire che vi è una certa richiesta, allora il fatto va denunziato.

Nelle Commissioni 1a e 2a stiamo procedendo a prevedere la condanna fino a cinque anni per i commercianti che non denuncino il pizzo richiesto dai mafiosi. Chiediamo ai commercianti di fare gli eroi (diversamente prevediamo una condanna fino a cinque anni), e poi invece consentiamo che l'imprenditore o il cittadino che accettano il prezzo della corruzione ne siano esenti e non siano nemmeno chiamati alla denunzia. Ecco perché riteniamo che tutto vada riportato nell'ambito della corruzione e che l'ipotesi residuale della concussione per costrizione diventi invece un'ipotesi qualificata del reato di estorsione.

L'altro punto qualificante è l'introduzione nel nostro ordinamento del reato di traffico di influenze illecite, espressamente contenuto nella Convenzione europea. Nel nostro sistema abbiamo già il reato di millantato credito, ma quest'ultimo è commesso da chi millanta, da chi fa credere, non da chi ha in effetti la possibilità di avvicinare i pubblici ufficiali ed i pubblici amministratori. Si intende pertanto introdurre nel nostro ordinamento il reato commesso dai cosiddetti intermediari di affari, le lobby, che si pongono, dietro pagamento, al servizio del richiedente per alterare la buona amministrazione avvicinando il pubblico ufficiale. Tale condotta non esiste nel nostro ordinamento, che prevede soltanto la condotta sanzionabile di chi millanti di poter fare questo senza invece averne la possibilità. Noi vogliamo che venga sanzionato chi ha tale possibilità, ossia le lobby, che sono una realtà pesante nel nostro Paese: ormai gestiscono loro i grandi affari. Riteniamo che questo reato debba essere previsto dal nostro ordinamento.

Altre previsioni normative consequenziali di minore livello, ma di uguale importanza sono l'inserimento del divieto di contrattare con la pubblica amministrazione per tutti coloro che siano stati condannati per reati contro la pubblica amministrazione, nonché per reati associativi di mafia e non, o per reati contro il patrimonio, qualora si tratti di truffe commesse in danno dello Stato o per la percezione di erogazioni da parte di enti comunitari o di usura.

Riteniamo cioè che le persone che abbiano subito condanne per questi reati non possano continuare ad avere la capacità di contrattare con la pubblica amministrazione, avendo avuto condotte tipiche di atteggiamenti contrari alla lealtà che invece si deve avere nei confronti della pubblica amministrazione.

Siamo convinti che l'emendamento in cui sono compresi questi interventi, tutti rispettosi della Convenzione da noi sottoscritta - il cui disegno di legge di ratifica è stato licenziato, ripeto, all'unanimità dalle Commissioni competenti, con l'accordo del Governo - possa essere preso in considerazione dall'Assemblea. (Applausi dal Gruppo IdV).

PRESIDENTE. Colleghi, stiamo provvedendo a fotocopiare e a distribuire il testo dell'emendamento presentato dal senatore Malan. Il presidente Schifani ha stabilito che il termine per la presentazione dei relativi subemendamenti scadrà domani alle ore 11.

Riprendiamo l'illustrazione degli emendamenti presentati all'articolo 12.

D'AMBROSIO (PD). Signora Presidente, gli emendamenti da noi presentati, che saranno illustrati in parte da me e in parte dalla senatrice Della Monica, prendono spunto dall'approvazione della Convenzione di Strasburgo, il cui disegno di legge di ratifica è stato licenziato all'unanimità in Commissione. Proprio in considerazione di questa approvazione unanime, mi aspetterei grande attenzione da parte della maggioranza, anche perché questi emendamenti - il cui contenuto è stato riportato nel disegno di legge di ratifica della Convenzione Strasburgo - partono sia dalla Convenzione dell'ONU, sia dalla costituzione del GRECO, cioè del Gruppo di Stati contro la corruzione del Consiglio d'Europa.

La corruzione è un reato - lo abbiamo detto - difficilissimo da scoprire, per cui queste proposte di modifica sono state presentate anche per evitare che, quando finalmente la corruzione è stata scoperta, il reato cada in prescrizione. Come ha già spiegato il collega Li Gotti, la linea seguita anche nella Convenzione di Strasburgo è stata innanzitutto quella di rendere estremamente più facile la denuncia della corruzione, unificando il reato di corruzione e quello di concussione per induzione.

Come ha spiegato anche il senatore Li Gotti, abbiamo la concussione per costrizione e la concussione per induzione. Per quanto riguarda la prima, cioè in conseguenza ad esempio di minacce, noi sosteniamo che debba essere inserita nel delitto di estorsione aggravata dalla qualità di pubblico ufficiale. Noi, infatti, chiediamo che innanzitutto venga unificato il reato di corruzione con quello di concussione per induzione. Badate bene che se c'è la concussione per induzione, cioè se colui al quale il pubblico ufficiale fa richiesta e cerca d'indurre a pagare del denaro accetta, vuol dire che ne ricava qualche vantaggio.

Nel corso delle indagini di Mani pulite abbiamo visto che ogni volta che veniva incriminato qualche corruttore per corruzione tirava fuori la storia di essere stato indotto dal pubblico ufficiale e, quindi, che si trattava di una parte lesa. Dalle indagini poi risultava sempre che il cosiddetto concusso, che poi era un corruttore, aveva ricavato un grande vantaggio.

Quindi, se noi vogliamo effettivamente che si scoprano di più la corruzione e la concussione, occorre che effettivamente il reato di estorsione aggravata rimanga e che i reati di corruzione e di concussione per induzione vengano unificati. Questo perché, signor Presidente, non c'è mai stato un caso di estorsione, che sia stato denunciato da chicchessia, che la polizia e la magistratura non siano riuscite a scoprire e ad arrestare in flagranza. Se noi effettivamente addiveniamo all'unificazione dei reati di corruzione e di concussione per induzione, così come del resto hanno suggerito anche i nostri rappresentanti internazionali del Gruppo di Stati contro la corruzione (GRECO) ascoltati in Commissione, ci adeguiamo alla normativa degli altri Stati e nello stesso tempo consentiamo che questo reato venga effettivamente scoperto. Chi, infatti, non ha niente da nascondere - questo è un principio di moralità pieno - se riceve una richiesta di denaro o di altri vantaggi dal pubblico ufficiale, è chiaro che lo denuncia, e se lo denuncia è evidente che il reato viene scoperto.

Se lasciamo il reato di corruzione così com'è, non verrà mai scoperto perché, così com'è concepito, favorendo entrambi, non sarà mai denunciato dai soggetti coinvolti, e siccome la corruzione è diffusa, come noi stessi verifichiamo, non verrà denunciata neanche dagli altri, che cercheranno di entrare nel giro della corruzione per beneficiarne a loro volta.

Veniamo ora al discorso sulla prescrizione. Non dimentichiamo che con la cosiddetta legge ex Cirielli abbiamo notevolmente diminuito il termine di prescrizione. Se non adeguiamo le pene di questi nuovi reati unificati e non le aumentiamo, rischiamo effettivamente che questi reati si estinguano per prescrizione proprio durante il processo.

Per l'esperienza acquisita, specialmente per quanto riguarda la corruzione e la concussione, tutto il giudizio, il dibattimento di primo grado ed anche in appello, si svolgono per stabilire se effettivamente si tratta della corruzione che è stata contestata o di concussione per induzione; oppure, se è stata contestata la concussione per induzione, si dirà che si tratta, invece, di corruzione.

Ebbene, se ad un certo punto, in appello o anche addirittura in Cassazione, viene cambiata la qualificazione del reato, i reati naturalmente andranno in prescrizione, perché chi era parte lesa diventerà imputato, ma lo diventerà quando oramai è già quasi esaurito il processo o quando il suo reato di corruzione è già prescritto. Quindi, l'unificazione di questo reato, posto che alla fine dei conti viene punito il fatto che comunque viene offerto e preso del denaro, mi sembra una cosa assolutamente da fare.

Inoltre, abbiamo proposto, con un altro emendamento, che però credo sia stato dichiarato inammissibile, di modificare l'articolo 158 del codice penale. Infatti, chi si lascia corrompere non lo fa mai una sola volta, quindi commette una serie di reati di corruzione. Nel 2005 l'articolo 158 venne modificato nel senso di far decorrere la corruzione per il reato permanente dal giorno in cui veniva a cessare la permanenza, ma il reato continuato venne eliminato, per cui si fece decorrere la prescrizione da ciascun reato consumato.

Ora, quando si parla di corruzione che viene compiuta in continuazione, se facciamo decorrere la prescrizione dalla consumazione di ciascun reato, quando finalmente si riesce a scoprire un funzionario corrotto la maggior parte dei reati di corruzione è già andata in prescrizione, mentre prima con il vecchio testo dell'articolo 158, modificato - ripeto - nel 2005, la prescrizione si iniziava a calcolare dalla cessazione della continuazione, così come si calcola dalla cessazione per il reato permanente. Così facendo, è chiaro che non si prescrivono tutti i reati commessi in precedenza, anche se il processo si riesce a svolgere velocemente. Pertanto, sebbene sia stato dichiarato inammissibile, pregherei la Presidenza di riesaminare il tema trattato all'interno della nostra proposta, in quanto, come ho accennato anche nell'intervento in discussione generale, se si dichiara prescritto un reato anche le somme sequestrate per quel reato prescritto devono essere restituite.

Insistiamo infine, signora Presidente, affinché venga modificata la pena prevista dall'articolo 323 del codice penale, cioè l'abuso d'ufficio. Il reato di corruzione - ripeto - è estremamente difficile da scoprire e uno dei mezzi che hanno consentito di identificare la maggior parte dei reati di corruzione è stato l'utilizzo dell'articolo 323 del codice penale, prima della sua modifica, per le intercettazioni telefoniche. Poi l'articolo fu modificato e fu ridotta la pena per cui le intercettazioni telefoniche non furono più possibili; di conseguenza, la maggior parte dei reati di corruzione non sono stati più scoperti.

Allora, noi chiediamo che venga elevata di nuovo la pena prevista per l'articolo 323, ossia per l'abuso di ufficio, a cinque anni, in modo da consentire l'intercettazione telefonica. (Applausi dal Gruppo PDe del senatore Pardi).

DELLA MONICA (PD). Signora Presidente, vorrei aggiungere poche considerazioni rispetto a quanto già detto dal senatore D'Ambrosio. Probabilmente qualcuna di esse potrà essere utile per una comprensione tecnica degli emendamenti presentati da noi e dall'Italia dei Valori.

Ricordiamo che abbiamo dovuto presentare disegni di legge in materia di corruzione dopo aver estrapolato le norme dell'adeguamento dell'ordinamento nazionale dai disegni di legge di ratifica della Convenzione di Strasburgo. In Senato abbiamo già deliberato in ordine alla ratifica della Convenzione civile contro la corruzione, firmata a Strasburgo. Dobbiamo ancora deliberare in Aula in ordine alla ratifica della Convenzione nel settore penale. Come normativa di riferimento, peraltro divenuta ormai legge dello Stato, abbiamo la Convenzione ONU contro la corruzione.

Detto questo, gli emendamenti presentati dai senatori dei Gruppi del Partito Democratico e deall'Italia dei Valori sono molto simili nella impostazione di fondo, essendo basati innanzitutto sull'esigenza di adeguare l'ordinamento nazionale sia alla Convenzione di Strasburgo che alla Convenzione delle Nazioni Unite, in particolare nella ricomprensione della condotta di concussione per costrizione all'interno di quella di estorsione e della condotta di concussione per induzione all'interno della nuova fattispecie di corruzione, in attuazione dell'articolo 12 della Convenzione penale sulla corruzione, che impone la punizione tanto dell'erogatore quanto del ricevente somme di danaro o di utilità diverse per l'esercizio di vantata influenza impropria su un pubblico funzionario (il traffico di influenza). Questa fattispecie coincide solo parzialmente con il reato di millantato credito, attualmente previsto dall'articolo 346 del codice penale, perché richiede la punizione anche del soggetto erogatore nonché la necessità dell'estensione della punibilità della condotta di millantato credito vantata anche nei confronti di incaricato di pubblico servizio non impiegato.

Con entrambi i disegni di legge, e quindi con gli emendamenti presentati, si introducono circostanze attenuanti ad effetto speciale, con una diminuzione fino a due terzi applicabile alla corruzione, alla corruzione in atti giudiziari e anche al traffico di influenza in relazione alla persona che si adoperi per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi.

Si introducono norme processuali idonee a potenziare i mezzi investigativi degli organi inquirenti con particolare riferimento all'agente provocatore. Si prevedono norme volte a sancire la sospensione del corso della prescrizione degli illeciti amministrativi e tributari.

Inoltre, il disegno di legge già presentato a prima firma della senatrice Finocchiaro, e poi tradotto in emendamenti, prevede l'introduzione del delitto di corruzione privata, già previsto dalla direttiva GAI del Consiglio del 22 luglio 2003, relativa alla lotta contro la corruzione nel settore privato, la cui attuazione era disposta dalla delega di cui alla legge comunitaria per il 2008, delega che non fu poi esercitata per la conclusione anticipata della scorsa legislatura.

Si introduce una aggravante per i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione relativa ai casi in cui il fatto sia commesso nell'ambito della gestione di calamità naturali o di grandi eventi. Si introduce l'articolo 319-bis del codice penale quale sanzione accessoria alla riparazione pecuniaria in favore della pubblica amministrazione. Si estende la confisca per l'equivalente di cui all'articolo 322-ter del codice penale al profitto oltre che al prezzo del reato.

Si tratta quindi di ridisegnare tutta la materia dei reati contro la pubblica amministrazione, innalzando sensibilmente le pene, che sono assolutamente inadeguate e che per determinati reati sono addirittura antecedenti alla Costituzione repubblicana.

Se teniamo conto di questo e prendiamo atto che con la «legge Cirielli» i reati compresi nella fascia tra cinque e dieci anni sono soggetti ad una prescrizione molto più breve, dimezzata, oltre al fatto che vi è poi tutta una serie di strumenti che vengono indeboliti nella lotta contro la corruzione - tra cui, in particolare, alcuni che non sono stati fortunatamente approvati, ma che riguardano le intercettazioni, il processo breve, la prescrizione brevissima, l'esautoramento del pubblico ministero nell'esercizio dell'azione penale in favore della polizia giudiziaria - è chiaro che queste norme sono assolutamente indispensabili perché si possa adeguare il nostro ordinamento, non solo alla Convenzione di Strasburgo, non solo alla Convenzione delle Nazioni Unite, che è legge dello Stato, ma soprattutto alla realtà dei fatti. In questo modo potremo finalmente cercare di spezzare quei rapporti tra pubblica amministrazione, malaffare, criminalità organizzata, politica e settore privato che purtroppo caratterizzano questi nostri tempi e che tutti, mi auguro, vogliamo evitare. (Applausi dal Gruppo PD e del senatore Li Gotti).

CASSON (PD). Signora Presidente, volevo intervenire su due emendamenti aggiuntivi che hanno a che fare in senso stretto con la lotta alla corruzione e con la trasparenza nelle pubbliche amministrazioni.

Dico subito che questi emendamenti sono stati dichiarati improponibili e che in precedenza, quando avevamo rilevato l'incomprensibilità di alcune dichiarazioni di improponibilità, avevamo provato a chiedere al Presidente del Senato di modificare questa indicazione, ed in effetti per un nostro emendamento questo è stato fatto.

Per quanto riguarda innanzitutto l'emendamento 12.0.100, esso ha ad oggetto la materia delle intercettazioni telefoniche. La modifica proposta con questo emendamento fa espresso riferimento ai delitti contro la pubblica amministrazione puniti con una pena non inferiore a cinque anni di reclusione. Sono le stesse Convenzioni internazionali - la Convenzione ONU del 2003 e la Convenzione di Strasburgo del 1999 - che ci parlano della necessità di una maggiore efficienza ed effettività nella lotta contro la pubblica amministrazione, dotando le forze di polizia e la magistratura di strumenti adeguati.

Con questo emendamento si intendono sostanzialmente paragonare i più gravi delitti contro la pubblica amministrazione, in particolare quelli di corruzione e concussione, agli altri gravi delitti per i quali bastano sufficienti indizi di reato perché si possa procedere alle intercettazioni.

Che si possa contestare il merito di una tale proposta emendativa è ovviamente comprensibile; non è invece comprensibile che si dichiari questo emendamento improponibile per estraneità alla materia, perché c'è un riferimento esplicito alla lotta contro la corruzione e ai delitti contro la pubblica amministrazione, rispetto ai quali le Convenzioni internazionali ci impongono di condurre una lotta adeguata.

Gli altri due emendamenti sui quali vorrei soffermarmi, parimenti dichiarati improponibili - parimenti, a mio modo di vedere, in maniera incomprensibile - fanno riferimento alle modifiche dell'articolo 684 del codice penale in materia di esercizio del diritto di informazione. Qui si tratta, nell'ambito della lotta contro la corruzione e per il massimo di trasparenza all'interno della pubblica amministrazione, di fare in modo che i cittadini italiani siano messi a conoscenza dei fatti più gravi che si possono verificare nella pubblica amministrazione, con particolare riferimento ai fatti di eccezionale rilevanza sociale.

In questo senso, sono stati presentati gli emendamenti 12.0.14 e 12.0.15 nei quali si fa esplicito riferimento ai delitti contro la pubblica amministrazione. Il contenuto di questi due emendamenti, per quanto riguarda la trasparenza e quindi la pubblicità e la pubblicazione di notizie di reato che abbiano a che fare con pubblici amministratori, soprattutto di vertice, non è inventato dal nulla, ma fa riferimento ad alcune sentenze nella corte di Strasburgo. Mi riferisco, in particolare, alle sentenze che hanno condannato la Francia, la Grecia e la Finlandia. Tali Stati erano arrivati a condannare alcuni giornalisti per la pubblicazione di notizie coperte dalla riservatezza e che peraltro erano state ritenute di rilevante interesse sociale o addirittura di eccezionale rilevanza sociale. In quelle sentenze, ed in particolare in quella che ha condannato la Francia per avere a sua volta condannato i giornalisti, veniva scritto che la stampa ed i mass media sono come le chien de garde, il cane da guardia di una democrazia. Se noi eliminiamo la possibilità di controllo pubblico e di individuazione di questi reati, miniamo alla base un pilastro fondamentale della nostra democrazia.

In questo senso, gli emendamenti che ho citato fanno esplicito riferimento alla trasparenza nell'attività di governo e della pubblica amministrazione e alla necessità di dotare gli organi investigativi degli strumenti necessari per individuare i reati. Pertanto, ripropongo la revoca dell'improponibilità di tali emendamenti.

VITA (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

VITA (PD). Chiedo di aggiungere la firma agli emendamenti richiamati dal senatore Casson.

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Signora Presidente, chiedo l'accantonamento dell'articolo 12, perché voglio riesaminare attentamente i vari emendamenti ad esso presentati muovendomi nell'ottica di abbandonare la nostra tradizione giuridica per la quale abbiamo mantenuto il reato di concussione nel nostro sistema, adeguandoci non solo alle norme della Convenzione di Strasburgo, ma anche ai continui richiami dell'OCSE. Si tratta, dunque, di identificare un nuovo modello tale da individuare nel reato di corruzione tutti gli aspetti (traffico di influenze illecite) e nello stesso tempo adeguare le pene sotto il profilo di un corretto rapporto con gli altri reati.

Per tale ragione, chiedo che l'articolo 12 venga accantonato. Avevo calcolato che esso sarebbe stato esaminato nella seduta antimeridiana di domani.

PRESIDENTE. Se non vi sono osservazioni, accantoniamo anche l'articolo 12.

Onorevoli colleghi, è stato presentato dal Governo, ed è in distribuzione, l'emendamento 2.0.2000, in sostituzione dell'emendamento 2.0.1000 ritirato nella seduta di giovedì scorso. Anche per tale emendamento, così come per l'emendamento 10.251 (testo 2), il termine per la presentazione dei subemendamenti è stabilito per le ore 11 di domani.

Riprendiamo l'esame dell'articolo 4, precedentemente accantonato, su cui è stato presentato dal Governo l'emendamento 4.1000, interamente soppressivo.

Chiedo al senatore Garavaglia Massimo di esprimere, ai sensi dell'articolo 100, comma 7, del Regolamento, a nome della 5a Commissione, il parere su tale emendamento.

GARAVAGLIA Massimo (LNP). Signora Presidente, non vi sono problemi; pertanto, il parere è di nulla osta.

PRESIDENTE. Gli emendamenti all'articolo 4 si intendono illustrati.

Invito il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Esprimo parere favorevole sull'emendamento 4.1000 e contrario su tutti gli altri.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 4.1000, presentato dal Governo, interamente soppressivo dell'articolo 4.

È approvato.

Risultano pertanto preclusi tutti gli emendamenti presentati all'articolo 4. Riprendiamo ora l'esame dell'emendamento 6.0.2, precedentemente accantonato.

MALAN (PdL). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MALAN (PdL). Il punto dibattuto riguardava il riferimento agli articoli 1 e 6 del provvedimento. Non so se si può risolvere questo problema in sede di coordinamento. Visto che l'articolo 1 dovrebbe essere sostituito nel contenuto dall'emendamento presentato dal Governo, non so se si debba procedere prima a questa modifica. Non credo comunque che cambi molto.

INCOSTANTE (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

INCOSTANTE (PD). Signora Presidente, l'emendamento prevede che gli enti locali adeguino i propri ordinamenti a quanto previsto negli articoli citati. Ora, se l'articolo 1 non è stato ancora esaminato, mi domando come facciamo ad approvare quest'emendamento. Va bene che l'articolo 4 è stato soppresso, ma l'articolo 1 non è stato ancora trattato.

AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Se il senatore Malan è d'accordo, credo che potremmo cavarci d'impaccio scrivendo «...gli enti locali adeguano i propri ordinamenti alle disposizioni di cui al Capo I della presente legge». In questa maniera siamo assolutamente certi di quello che stiamo facendo.

PRESIDENTE. Chiedo al senatore Malan se é d'accordo con questa proposta.

MALAN (PdL). Va bene.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 6.0.2 (testo 2), presentato dal senatore Malan, nel testo emendato.

È approvato.

Colleghi, dovremmo ora passare all'articolo 13, ma la Presidenza ne dispone l'accantonamento poiché riguarda la clausola di invarianza.

A questo punto, rinvio il seguito della discussione dei disegni di legge in titolo ad altra seduta.

(omissis)

La seduta è tolta (ore 18,27).


Allegato A

 

DISEGNI DI LEGGE DISCUSSI AI SENSI DELL'ARTICOLO 44, COMMA 3, DEL REGOLAMENTO

(*) Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione (2156)

Misure per contrastare fenomeni corruttivi nel rapporto tra eletti, cittadini e pubblica amministrazione (2044)

Norme per il contrasto alla corruzione nella pubblica amministrazione e in materia di cause ostative all'assunzione di incarichi di governo, incandidabilità ed ineleggibilità dei condannati per reati contro la pubblica amministrazione. Delega al Governo in materia di coordinamento del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (2164)

Disciplina della partecipazione alla vita pubblica e degli emolumenti per l'esercizio della funzione pubblica, regolamentazione degli incarichi di consulenza e norme in materia di contrasto a fenomeni di corruzione (2168)

Norme per il contrasto alla corruzione nella pubblica amministrazione e nel settore privato. Cause ostative all'assunzione di incarichi di governo, incandidabilità ed ineleggibilità dei responsabili per reati contro la pubblica amministrazione e collegati (2174)

Norme per il contrasto alla corruzione nella pubblica amministrazione e nel settore privato (2346)

Norme per la trasparenza, la prevenzione e la repressione della corruzione e per il contrasto alla illegalità nel settore pubblico e privato (2340)

________________

(*) Testo preso in esame dall'Assemblea

 

EMENDAMENTO TENDENTE AD INSERIRE UN ARTICOLO AGGIUNTIVO DOPO L'ARTICOLO 2

2.0.2000

Il Governo

Dopo l'articolo 2 è inserito il seguente:

«Art. 2-bis.

1. In attuazione degli articoli 6, della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dalla Assemblea generale dell'ONU il 31 ottobre 2003 e ratificata con la legge 3 agosto 2009, n. 116, e degli articoli 20 e 21 della Convenzione penale sulla corruzione conclusa a Strasburgo il 27 gennaio 1999, la presente legge individua, in ambito nazionale, l'Autorità nazionale anticorruzione e gli altri organi incaricati di svolgere, con modalità tali da assicurare azione coordinata, attività di controllo, di prevenzione e di contrasto al fenomeno corruttivo e dell'illegalità nella pubblica amministrazione.

2. La Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 opera quale Autorità nazionale ai sensi degli articoli 6, della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dalla Assemblea generale dell'ONU il 31 ottobre 2003 e ratificata con la legge 3 agosto 2009, n. 116, e degli articoli 20 e 21 della Convenzione penale sulla corruzione conclusa a Strasburgo il 27 gennaio 1999.

In particolare, la Commissione:

a) collabora con i paritetici organismi stranieri, con le organizzazioni regionali ed internazionali competenti;

b) approva il Piano nazionale anticorruzione predisposto dal Dipartimento della funzione pubblica di cui al comma 4 lettera c);

c) esercita la vigilanza e il controllo sull'effettiva applicazione e sull'efficacia delle misure adottate dalle pubbliche amministrazioni ai sensi dei commi 4 e 5 dei presente articolo;

d) riferisce al Parlamento, presentando una relazione entro il 31 dicembre di ciascun anno, sull'attività di contrasto al fenomeno corruttivo e dell'illegalità nella pubblica amministrazione e sull'efficacia delle disposizioni vigenti in materia.

3. Per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 2, lettera c), la Commissione può esercitare poteri ispettivi chiedendo notizie, informazioni, atti e documenti alle pubbliche amministrazioni, e ordina la rimozione di comportamenti o atti contrastanti con i piani di cui agli articoli 4 e 5.

4. Il Dipartimento della funzione pubblica, anche secondo linee di indirizzo adottate dal Comitato interministeriale istituito e disciplinato con decreto del Presidente del Consiglio del Ministri:

a) coordina l'attuazione delle strategie di prevenzione e contrasto della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione elaborate a livello nazionale e internazionale;

b) promuove e definisce norme e metodologie comuni per la prevenzione della corruzione, coerenti con gli indirizzi, i programmi e i progetti internazionali;

c) predispone sulla base dei piani delle pubbliche amministrazioni centrali di cui al comma 5 il Piano nazionale anticorruzione, anche al fine di assicurare l'attuazione coordinata delle misure di cui alla lettera a);

d) definisce modelli standard delle informazioni e dei dati occorrenti per il conseguimento degli obiettivi previsti dalla presente legge, secondo modalità che consentano la loro gestione ed analisi informatizzata.

5. Le pubbliche amministrazioni centrali elaborano e trasmettono al Dipartimento della funzione pubblica:

a) propri piani di azione che forniscono una valutazione del diverso livello di esposizione al rischio corruzione degli uffici;

b) definiscono gli interventi organizzativi per presidiare il rischio di cui alla lettera a);

c) specificano procedure appropriate per selezionare e formare, in collaborazione con la Scuola Superiore della Pubblica amministrazione, i dipendenti chiamati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione.

6. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Gli organi competenti provvedono allo svolgimento delle attività previste dalla presente legge con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.».

 

ARTICOLO 3 DEL DISEGNO DI LEGGE N. 2156

Art. 3.

Non posto in votazione (*)

(Misure per favorire la trasparenza nei contratti pubblici)

1. All'articolo 7 del codice il comma 10 è sostituito dai seguenti:

«10. Al fine di assicurare il rispetto della legalità ed il corretto agire della pubblica amministrazione, prevenire fenomeni di corruzione e favorire l'efficacia, la trasparenza e il controllo in tempo reale dell'azione amministrativa nella gestione della spesa pubblica, è istituita, presso l'Autorità, la Banca dati nazionale dei contratti pubblici (BDNCP), della quale fanno parte i dati previsti dal comma 4, lettere a) e d), e dal comma 8, lettere a) e b), anche con riferimento ai contratti stipulati per le situazioni di emergenza. Presso l'Osservatorio è istituito il casellario informatico dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture.

10-bis. Il regolamento di cui all'articolo 5 disciplina, sentita l'Autorità per i profili di competenza, le modalità di funzionamento e i contenuti della BDNCP, del casellario informatico dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, nonché del sito informatico presso l'Osservatorio, prevedendo archivi differenziati per i bandi, gli avvisi e gli estremi dei programmi non ancora scaduti e per atti scaduti, stabilendo altresì il termine massimo di conservazione degli atti nell'archivio degli atti scaduti, nonché un archivio per la pubblicazione di massime tratte da decisioni giurisdizionali e lodi arbitrali.».

________________

(*) Approvato l'emendamento 3.100, soppressivo dell'articolo

 

EMENDAMENTI

3.100

MALAN, BALBONI

Approvato

Sopprimere l'articolo.

 

3.1

BATTAGLIA

Precluso

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 3. - 1. Al comma 4 dell'articolo 7 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163, sopprimere le parole da: "si avvale" alle parole: "da altre norme".

2. Al comma 4 dell'articolo 7 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 263, alla lettera a), aggiungere, in fine, le seguenti parole: ", nonché ogni altro dato ritenuto utile per l'attività di vigilanza".

3. Al comma 8 dell'articolo 7 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, sostituire le parole da: "Le stazioni appaltanti" fino a: "150.000 euro" con le seguenti: "Le stazioni appaltanti e gli enti aggiudicatori sono tenuti a inserire nella BDNCP, per tutti i contratti:".

4. Al comma 8 dell'articolo 7 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, dopo la lettera b) aggiungere la seguente:

"c) ogni altro dato ritenuto utile".

5. All'articolo 7 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, sopprimere il comma.

6. All'articolo 7 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, il comma 10 è sostituito dal seguente:

"10. Al fine di assicurare il rispetto della legalità ed il corretto agire della pubblica amministrazione, prevenire fenomeni di corruzione e favorire l'efficacia, la trasparenza e il controllo in tempo reale dell'azione amministrativa nella gestione della spesa pubblica, è istituita, presso l'Autorità, la Banca dati nazionale dei contratti pubblici (BDNCP) nella quale confluiscono tutti i dati relativi ai contratti pubblici di lavori, servizi e forniture raccolti dall'Autorità secondo le modalità previste dalla presente legge.

Fanno parte della BDNCP, in particolare, i dati previsti dal comma 4, lettere a) e d) anche per i contratti stipulati sottosoglia, e dal comma 8, lettere a) e b), anche con riferimento ai contratti stipulati per le situazioni di emergenza, nonché ogni altro dato utile per lo svolgimento della attività di vigilanza e di controllo.

Tutte le stazioni appaltanti dovranno inserire nella BDNCP, con le modalità previste dal comma 10-bis, tutte le informazioni inerenti la pubblicazione, l'aggiudicazione e l'esecuzione di affidamenti di lavori servizi e forniture effettuate sulla base di qualsiasi procedura di scelta del contraente.

Fa parte della BDNCP il casellario informatico dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture".

7. All'articolo 7 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, dopo il comma 10 aggiungere i seguenti:

"10-bis. Per le finalità della presente legge l'Autorità, tenuto conto del regolamento previsto all'articolo 5 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, definisce:

a) le tipologie, le modalità, la tempistica e le soluzioni applicative per la raccolta dei dati nonché le modalità di tenuta e gestione della banca dati stessa;

b) le modalità di fruizione e pubblicità dei dati.

10-ter. Il regolamento di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 disciplina, sentita l'Autorità per i profili di competenza, le modalità di funzionamento e i contenuti della BDNCP, del casellario informatico dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, nonché del sito informatico presso l'Osservatorio, prevedendo archivi differenziati per i bandi, gli avvisi e gli estremi dei programmi non ancora scaduti e per atti scaduti, stabilendo altresì il termine massimo di conservazione degli atti nell'archivio degli atti scaduti, nonché un archivio per la pubblicazione di massime tratte da decisioni giurisdizionali e lodi arbitrali.

10-quater. Tutte le stazioni appaltanti hanno l'obbligo di chiedere all'Autorità il rilascio del CIG (Codice Identificativo Gara) per l'avvio di qualsiasi procedura di affidamento e per qualunque importo; le stazioni appaltanti e le imprese partecipanti sono tenute ad adempiere agli obblighi correlati secondo quanto stabilito dalla stessa Autorità"».

 

3.250

BRUNO, RUTELLI, BAIO, MILANA, MOLINARI, RUSSO, BALDASSARRI, GERMONTANI, VALDITARA, DE ANGELIS, CONTINI, DIGILIO

Precluso

Al comma 1, premettere il seguente:

«01. All'articolo 1 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, è aggiunto il seguente comma:

"2-bis. Gli appalti e le concessioni devono essere affidati sotto stretta applicazione dei princìpi comunitari sulla trasparenza delle procedure di aggiudicazione, anche per gli appalti sotto soglia e le concessioni. Vengono utilizzati organismi estranei all'amministrazione per la valutazione tecnica delle offerte e viene adottata una severa vigilanza sui meccanismi elusivi degli obblighi di gara e le restrizioni della concorrenza attraverso il bando. Nei contratti di concessione, vengono adottati gli impegni specifici di qualità del servizio e investimento, con sanzioni definite, fino alla revoca, per il mancato rispetto. È fatto divieto dell'affidamento in house di pubblici servizi, salvo i casi in cui vi sia partecipazione pubblica totalitaria della società. Sono revocati tutti i contratti pubblici ed è impedita per tre anni la partecipazione a bandi e concorsi pubblici per le società che pagano tangenti, anche sotto forma di subappalto, alle organizzazioni criminali"».

 

3.251

POLI BORTONE, VIESPOLI, CARDIELLO, CARRARA, CASTIGLIONE, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA

Precluso

Al comma 1, capoverso «10», primo periodo, dopo le parole: «è istituita» inserire le seguenti: «entro il 30 dicembre 2011».

 

3.2 (testo 2)

INCOSTANTE, ZANDA, ADAMO, BIANCO, CECCANTI, DE SENA, DELLA MONICA, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, ARMATO, LEDDI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Precluso

Al comma 1, capoverso «10», primo periodo, dopo le parole: «per le situazioni di emergenza» inserire le seguenti: «, dando notizia anche delle variazioni in corso d'opera».

Conseguentemente, dopo il comma 1, aggiungere il seguente:

«1-bis. Al comma 7 dell'articolo 6 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, dopo la lettera d), sono aggiunte le seguenti:

d-bis. accerta che l'attività di progettazione di opere e lavori pubblici, nella fase preliminare, definitiva ed esecutiva, non sia svolta, in via diretta o indiretta, dalle imprese affidatarie dell'esecuzione dell'opera medesima e che la direzione dei lavori relativa ad appalti di opere e lavori pubblici sia affidata esclusivamente al progettista estensore del progetto esecutivo;

d-ter. accerta che l'attività di progettazione di opere e lavori oggetto di appalto pubblico, nella fase preliminare, definitiva ed esecutiva, sia affidata esclusivamente a professionisti iscritti agli albi degli ingegneri e degli architetti, a società di professionisti nonché alle altre figure professionali abilitate da leggi di settore e che i lavori e le opere oggetto di appalto pubblico siano sottoposti a controllo di qualità;».

 

3.3

PARDI, LI GOTTI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Precluso

Al comma 1, nel comma 10 ivi richiamato, dopo il primo periodo inserire il seguente: «La Banca Dati, valida per qualunque tipo di contratto e di stazione appaltante, è configurata in modo da consentire una analisi del rischio sulla base di specifici indicatori e costantemente aggiornata dalle amministrazioni interessate assicurando l'opportuno coordinamento con la banca dati nazionale unica della documentazione antimafia di cui alla legge 13 agosto 2010, n.136, al fine di acquisire in tempo reale le informazioni sui soggetti attuatori, sui contratti, sulle imprese partecipanti alle gare, sulle imprese esecutrici, sulle imprese subappaltatrici e sui noli, e di disporre con immediatezza di tutte le informazioni, garantire la massima trasparenza del mercato degli appalti e, conseguentemente, di intervenire tempestivamente per prevenire e contrastare fenomeni di infiltrazione malavitosa nei contratti pubblici».

 

3.252

POLI BORTONE, VIESPOLI, CARDIELLO, CARRARA, CASTIGLIONE, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA

Precluso

Al comma 1, capoverso «10-bis», dopo le parole: «degli atti scaduti» inserire le seguenti: «non inferiore, comunque, a 10 anni».

 

3.5

BUBBICO, DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Precluso

Al comma 1, aggiungere, in fine, il seguente capoverso:

«10-ter. Al fine di incrementare la trasparenza e favorire l'emergere delle migliori pratiche in seno alle pubbliche amministrazioni i bandi, durante la fase di pubblicazione sui siti istituzionali, potranno essere oggetto di osservazioni sui contenuti dei capitolati e sulle procedure adottate da parte degli interessati. Le amministrazioni interessate trasmettono entro sessanta giorni dall'aggiudicazione i risultati della gara, le osservazioni pervenute nella fase di pubblicazione e le valutazioni su ciascuna di esse formulate dal responsabile del procedimento. L'Autorità per i profili di propria competenza elabora e pubblica a sua volta, le proprie osservazioni sui procedimenti esaminati».

 

3.4

INCOSTANTE, ADAMO, BIANCO, CECCANTI, DE SENA, DELLA MONICA, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, ARMATO, LEDDI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Precluso

Dopo il comma 1, aggiungere i seguenti:

«1-bis. Dopo il comma 2 dell'articolo 81 del codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 è inserito il seguente:

"2-bis. Nel caso in cui il criterio scelto sia quello del prezzo più basso, nessuna offerta può in ogni caso essere inferiore al trenta per cento della media delle offerte presentate".

1-ter. L'articolo 82 del codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 è soppresso».

 

3.7

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Precluso

Dopo il comma 1 aggiungere il seguente:

«1-bis. - È fatto divieto alle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, di inserire clausole compromissorie in tutti i loro contratti aventi ad oggetto lavori, forniture e servizi ovvero, relativamente ai medesimi contratti, di sottoscrivere compromessi. Le clausole compromissorie ovvero i compromessi comunque sottoscritti sono nulli e la loro sottoscrizione costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale per i responsabili dei relativi procedimenti».

 

3.253

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Precluso

Dopo il comma 1 aggiungere i seguenti:

«1-bis. È fatto divieto di ricorrere all'arbitrato nelle controversie relative a concessioni ed appalti pubblici di opere, servizi e forniture in cui sia parte una pubblica amministrazione di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, o una società a partecipazione pubblica, o che comunque abbiano ad oggetto opere o forniture finanziate con denaro pubblico. Le clausole compromissorie sono nulle di diritto e la loro sottoscrizione costituisce illecito disciplinare e determina responsabilità erariale per i responsabili dei relativi procedimenti.

1-ter. Le disposizioni di cui al comma 1-bis non si applicano agli arbitrati conferiti o autorizzati prima della data di entrata in vigore della presente legge.

1-quater. Gli articoli 241, 242 e 243 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modificazioni, sono abrogati. Le disposizioni di cui ai citati articoli mantengono efficacia fino alla conclusione delle procedure relative agli arbitrati di cui al comma 1-ter».

 

EMENDAMENTO TENDENTE AD INSERIRE UN ARTICOLO AGGIUNTIVO DOPO L'ARTICOLO 3

 

3.0.1

DELLA MONICA, BARBOLINI, BIANCO, PEGORER, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Improponibile

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 3-bis.

(Misure in materia di contrasto dell'evasione e dell'elusione fiscale)

1. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono abrogate le seguenti disposizioni:

a) il comma 8 dell'articolo 3 del decreto-legge 3 giugno 2008, n.97, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2008, n. 129;

b) il comma 3 dell'articolo 32 e il comma 3 dell'articolo 33 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;

c) i commi 2, 3 e 4 dell'articolo 16 del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2.

2. A decorrere dalla medesima data di cui al comma 1, riacquistano efficacia le seguenti disposizioni:

a) i commi 12, 12-bis e da 29 a 34 dell'articolo 35, nonché i commi da 33 a 37-ter dell'articolo 37 del decreto-legge 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248;

b) il decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 25 febbraio 2008, n. 74;

c) il comma 4-bis dell'articolo 8-bis del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, e il comma 6 del medesimo articolo 8-bis nel testo vigente prima della data di entrata in vigore del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133;

d) i commi da 30 a 32 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296;

e) i commi da 363 a 366 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2007, n. 244».

 

ARTICOLO 4 DEL DISEGNO DI LEGGE N. 2156

Art. 4.

Non posto in votazione (*)

(Trasparenza e riduzione degli obblighi informativi nei contratti pubblici)

1. Al codice sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 48, dopo il comma 2 sono aggiunti i seguenti:

«2-bis. Le stazioni appaltanti inseriscono nella BDNCP la documentazione comprovante il possesso dei requisiti di ordine generale richiesta ai sensi dell'articolo 11, comma 8, nonché il possesso dei requisiti tecnico-organizzativi ed economico-finanziari richiesta ai sensi dei commi 1 e 2 del presente articolo.

2-ter. Le stazioni appaltanti verificano il possesso dei requisiti di cui al comma 2-bis presso la BDNCP, ove la relativa documentazione sia disponibile.»;

b) all'articolo 74, dopo il comma 2 è inserito il seguente:

«2-bis. Le stazioni appaltanti richiedono, di norma, l'utilizzo di moduli di dichiarazione sostitutiva dei requisiti di partecipazione di ordine generale e, per i contratti relativi a servizi e forniture o per i contratti relativi a lavori di importo pari o inferiore a 150.000 euro, dei requisiti di partecipazione economico-finanziari e tecnico-organizzativi. I moduli sono predisposti dalle stazioni appaltanti sulla base dei modelli standard definiti con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, acquisito l'avviso dell'Autorità.».

________________

(*) Approvato l'emendamento 4.1000, soppressivo dell'articolo

 

EMENDAMENTI

4.1000

Il Governo

Approvato

Sopprimere l'articolo.

 

4.1

PARDI, LI GOTTI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Precluso

Al comma 1, lettera a), capoverso «2-ter», aggiungere il seguente periodo: «La banca dati viene costantemente aggiornata».

 

4.2 (testo 2)

CASSON, ZANDA, CECCANTI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, GARRAFFA, LUMIA, MARITATI, DELLA MONICA

Precluso

Al comma 1, lettera b), capoverso «2-bis», sopprimere le parole: «di norma».

Conseguentemente, dopo il comma 1, aggiungere il seguente:

«1-bis. Al fine di prevenire i fenomeni di corruzione e di promuovere e la qualità dell'ideazione e della realizzazione architettonica delle opere e dei lavori pubblici, i lavori e le opere oggetto di appalto pubblico, di importo superiore a 100.000 euro, sono sottoposti a "controllo di qualità". Le amministrazioni pubbliche affidano l'attività di controllo del progetto e della sua realizzazione, nella forma del Project and construct management (PCM) ad apposite società abilitate o a professionisti iscritti agli albi degli ingegneri e degli architetti nonché alle altre figure professionali individuate da leggi di settore, in relazione alle rispettive e specifiche competenze, come previste dall'ordinamento vigente, scelti con procedure di evidenza pubblica, con oneri posti a carico del contraente generale».

 

4.3

D'ALIA, SERRA, BALDASSARRI, GERMONTANI, VALDITARA, DE ANGELIS, CONTINI, DIGILIO

Precluso

Al comma 1, lettera b), capoverso «2-bis» dopo le parole: «standard definiti» inserire le seguenti: «sentita la conferenza unificata».

 

ARTICOLO 5 DEL DISEGNO DI LEGGE N. 2156

Art. 5.

Non posto in votazione (*)

(Elenco dei fornitori e delle imprese subappaltatrici)

1. Per l'efficacia dei controlli antimafia nei subappalti e subcontratti successivi ai contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture, presso ogni prefettura è istituito l'elenco di fornitori e prestatori di servizi non soggetti a rischio di inquinamento mafioso, ai quali possono rivolgersi gli esecutori dei lavori, servizi e forniture. La prefettura effettua verifiche periodiche circa la perdurante insussistenza dei suddetti rischi e, in caso di esito negativo, dispone la cancellazione dell'impresa dall'elenco.

2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione, per la semplificazione normativa, dell'interno, della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti e dello sviluppo economico, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le modalità per l'istituzione e l'aggiornamento dell'elenco di cui al comma 1, nonché per l'attività di verifica.

3. Le stazioni appaltanti di cui all'articolo 3, comma 33, del codice, acquisiscono d'ufficio, anche in modalità tematica, a titolo gratuito ai sensi dell'articolo 43, comma 5, del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, la prescritta documentazione circa la sussistenza delle cause di decadenza, sospensione o divieto previste dall'articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n.575, e successive modificazioni.

________________

(*) Approvato l'emendamento 5.251 (testo 3), interamente sostitutivo dell'articolo

EMENDAMENTI

 

5.250

MALAN

Ritirato

Sopprimere l'articolo.

 

5.251 (testo 3)

VIZZINI, VIESPOLI, MALAN, POLI BORTONE

Approvato

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 5. - (Attività d'impresa particolarmente esposte a rischio d'inquinamento mafioso). - 1. Ai fini dell'applicazione delle norme vigenti in materia di controlli antimafia in relazione alle attività d'impresa, mediante gli elenchi di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a rischio d'inquinamento mafioso, sono definite come particolarmente esposte a tale rischio le seguenti attività:

a) trasporto di materiali a discarica conto terzi;

b) trasporto e smaltimento di rifiuti a conto terzi;

c) estrazione, fornitura e trasporto di terra e materiali inerti;

d) confezionamento, fornitura e trasporto di calcestruzzo e di bitume;

 e) noli a freddo di macchinari;

f) fornitura di ferro lavorato;

g) noli a caldo, qualora il relativo contratto non sia assimilabile al subappalto, ai sensi dell'articolo 118, comma 11, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;

h) autotrasporti conto terzi;

i) guardianìa dei cantieri.

2. L'indicazione delle attività di cui al comma 1, può essere aggiornata, entro il 31 dicembre di ogni anno, con apposito decreto del Ministro dell'interno, emanato di concerto con i Ministri della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti e dell'economia e delle finanze.

3. I decreti di cui al comma 2 sono adottati previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, da rendere entro trenta giorni dalla data di trasmissione alle Camere dei relativi schemi. Qualora le Commissioni non si pronuncino entro il termine, i decreti possono essere comunque emanati.

4. Dall'applicazione delle disposizioni del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.».

 

5.500 (già 5.0.250)

CENTARO

Precluso

Sostituire l'articolo, con il seguente:

«Art. 5. - (Identificazione delle attività a maggior rischio di infiltrazione della criminalità organizzata ed elenchi di fornitori, prestatori di servizi, esecutori di lavori). - 1. Per l'efficacia dei controlli antimafia nei subappalti e subcontratti di cui al comma 2, successivi ai contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture, presso ogni prefettura è istituito l'elenco dei fornitori e prestatori di servizi non soggetti a rischio di inquinamento mafioso, ai quali possono rivolgersi gli esecutori dei lavori, servizi e forniture, con riferimento ad attività considerate maggiormente esposte a rischio di infiltrazione della criminalità organizzata.

2. Sono definite come maggiormente esposte a rischio di infiltrazione della criminalità organizzata le seguenti attività:

a) trasporto di materiali a discarica conto terzi;

b) trasporto e smaltimento di rifiuti a conto terzi;

c) estrazione, fornitura e trasporto di terra e materiali inerti;

d) confezionamento, fornitura e trasporto di calcestruzzo e di bitume;

e) noli a freddo di macchinari;

f) fornitura di ferro lavorato;

g) noli a caldo, qualora il contratto non debba essere assimilato al subappalto ai sensi dell'articolo 118 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;

h) autotrasporti conto terzi;

i) guardianìa dei cantieri.

3. Al momento della richiesta di iscrizione da parte dell'operatore economico interessato e successivamente ogni tre mesi, per tutta la durata dell'iscrizione, la prefettura effettua gli accertamenti di cui all'articolo 10, commi 7 e 8, del decreto del Presidente della Repubblica 3 giugno 1998, n. 252. Quando a seguito delle verifiche emergono elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa nelle imprese interessate, la richiesta di iscrizione è negata, ovvero viene dichiarata la decadenza dell'iscrizione stessa.

4. L'impresa iscritta nell'elenco di cui al comma 1 comunica alla prefettura competente qualsiasi modifica dell'assetto proprietario e dei propri organi sociali. Le società di capitali quotate comunicano le variazioni rilevanti secondo quanto previsto dal decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. La mancata comunicazione comporta la cancellazione dell'iscrizione.

5. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri per la Pubblica Amministrazione e l'innovazione, per la semplificazione normativa, dell'interno, della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti e dello sviluppo economico, da adottare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le modalità per l'istituzione e l'aggiornamento dell'elenco di cui al comma 1, nonché per l'attività di verifica.

6. Le stazioni appaltanti di cui all'articolo 3, comma 33, del codice acquisiscono d'ufficio, anche in modalità telematica, a titolo gratuito ai sensi dell'articolo 43, comma 5, del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, la prescritta documentazione circa la sussistenza delle cause di decadenza, sospensione o divieto previste dall'articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni».

 

5.252

POLI BORTONE, VIESPOLI, CARDIELLO, CARRARA, CASTIGLIONE, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA

Precluso

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 5. - (Elenchi dei fornitori, delle imprese subappaltatrici, dei prestatori di servizi e degli esecutori di lavori per le attività a maggior rischio di infiltrazione della criminalità organizzata). - 1. Per l'efficacia dei controlli antimafia nei subappalti e subcontratti di cui al comma 2, successivi ai contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture, presso ogni prefettura è istituito l'elenco dei fornitori e prestatori di servizi non soggetti a rischio di inquinamento mafioso, ai quali possono rivolgersi gli esecutori dei lavori, servizi e forniture. La Prefettura effettua verifiche periodiche circa la perdurante insussistenza dei suddetti rischi e, in caso di esito negativo, dispone la cancellazione dell'impresa dall'elenco.

2. Sono definite come maggiormente esposte a rischio di infiltrazione della criminalità organizzata le seguenti attività:

a) trasporto di materiali a discarica conto terzi;

b) trasporto e smaltimento di rifiuti a conto terzi;

c) estrazione, forni tura e trasporto di terra e materiali inerti;

d) confezionamento, forni tura e trasporto di calcestruzzo e di bitume;

e) noli a freddo di macchinari;

f) forni tura di ferro lavorato;

g) noli a caldo, qualora il contratto non debba essere assimilato al subappalto ai sensi dell'articolo 118 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163;

h) autotrasporti conto terzi;

i) guardianìa dei cantieri.

3. L'impresa iscritta nell'elenco di cui al comma 1 comunica alla prefettura competente qualsiasi modifica dell'assetto proprietario e dei propri organi sociali. Le società di capitali quotate comunicano le variazioni rilevanti secondo quanto previsto dal decreto legislativo 24 febbraio 1998, n.58. La mancata comunicazione comporta la cancellazione dell'iscrizione.

4. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri per la Pubblica Amministrazione e l'innovazione, per la semplificazione normativa, dell'interno, della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti e dello sviluppo economico, da adottare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le modalità per l'istituzione e l'aggiornamento dell'elenco di cui al comma 1, nonché per l'attività di verifica.

5. Le stazioni appaltanti di cui all'articolo 3, comma 33, del codice acquisiscono d'ufficio, anche in modalità telematica, a titolo gratuito ai sensi dell'articolo 43, comma 5, del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n.445 del 2000, la prescritta documentazione circa la sussistenza delle cause di decadenza, sospensione o divieto previste dall'articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n.575, e successive modificazioni».

 

5.3

D'ALIA, SERRA, BALDASSARRI, GERMONTANI, VALDITARA, DE ANGELIS, CONTINI, DIGILIO

Precluso

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 5. - (Prevenzione delle infiltrazioni della criminalità organizzata negli appalti). - 1. Per l'efficacia dei controlli antimafia sui contratti pubblici, e sui successivi subappalti e subcontratti, aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture, è prevista la tracciabilità dei relativi flussi finanziari ed è istituito presso ogni prefettura l'elenco di fornitori e prestatori di servizi non soggetti a rischio di inquinamento mafioso, ai quali possono rivolgersi gli esecutori dei lavori, servizi e forniture. La prefettura effettua verifiche periodiche circa la perdurante insussistenza dei suddetti rischi e, in caso di esito negativo, dispone la cancellazione dell'impresa dall'elenco.

2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e l'innovazione, per la semplificazione normativa, dell'interno, della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti e dello sviluppo economico, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le modalità per l'istituzione e l'aggiornamento dell'elenco di cui al comma l, nonché per l'attività di verifica e le modalità attuative della tracciabilità dei flussi finanziari. Nel termine occorrente alla emanazione del decreto di cui al presente comma, i controlli antimafia sono comunque effettuati con l'osservanza delle linee guida indicate dal Comitato di coordinamento per l'alta sorveglianza delle grandi opere.

3. Le stazioni appaltanti di cui all'articolo 3, comma 33, del codice, acquisiscono d'ufficio, anche in modalità tematica, a titolo gratuito ai sensi dell'articolo 43, comma 5, del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, la prescritta documentazione circa la sussistenza delle cause di decadenza, sospensione o divieto previste dall'articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni».

 

5.4

DELLA MONICA, INCOSTANTE, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Precluso

Sostituire il comma 1 con il seguente:

«1. Per l'efficacia dei controlli antimafia nei subappalti e subcontratti successivi ai contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture, presso ogni prefettura è istituito un elenco, da aggiornare almeno ogni sei mesi, dei soggetti di cui ai commi 1 e 3 dell'articolo 2-bis della legge 31 maggio 1965, n. 575 e successive modificazioni, con i quali non possono essere stipulati i contratti pubblici e i successivi subappalti e subcontratti aventi ad oggetti lavori, servizi e forniture riguardanti le opere e gli interventi oggetto del presente articolo. In ogni caso, il mancato inserimento nella lista non esonera dal rispetto delle previsioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 giugno 1998, n. 252».

 

5.5 (testo 2)

CASSON, ZANDA, CECCANTI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, GARRAFFA, LUMIA, MARITATI, DELLA MONICA

Precluso

Al comma 1, secondo periodo, dopo le parole:«effettua verifiche» sostituire le parole: «periodiche» con le seguenti: «mensili».

Conseguentemente, dopo il comma 3, aggiungere il seguente:

«3-bis. Ai fini dell'efficacia dei controlli antimafia e di prevenzione dei fenomeni di corruzione, i soggetti affidatari di contratti pubblici possono ricorrere al subappalto solo se nell'oggetto dell'appalto o della concessione di lavori rientrino opere di dimensioni economiche particolarmente ridotte o per le quali siano necessarie prestazioni di notevole contenuto tecnologico specialistico o di rilevante complessità per le quali siano necessarie adeguate competenze tecniche. L'opera oggetto di subappalto non può, comunque, prevedere un margine in favore del soggetto subappaltatore superiore al 10 per cento dell'importo totale dell'appalto. L'eventuale subappalto non può essere ulteriormente suddiviso. In caso di subappalto ai sensi delle disposizioni di cui al presente comma la stazione appaltante provvede alla corresponsione, tramite bonifico bancario, al subappaltatore dell'importo delle prestazioni eseguite dallo stesso, nei limiti ed alle condizioni economiche del contratto di subappalto».

 

5.6

CASSON, CECCANTI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, GARRAFFA, LUMIA, MARITATI, DELLA MONICA

Precluso

Al comma 1, secondo periodo, dopo le parole: «effettua verifiche» sostituire le parole: «periodiche» con le seguenti: «bimestrali».

 

5.7

CASSON, CECCANTI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, GARRAFFA, LUMIA, MARITATI, DELLA MONICA

Precluso

Al comma 1, secondo periodo, dopo le parole: «effettua verifiche» sostituire la parola: «periodiche» con la seguente: «trimestrali».

 

5.8 (testo 2)

ADAMO, ZANDA, INCOSTANTE, BIANCO, CECCANTI, DE SENA, DELLA MONICA, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, ARMATO, LEDDI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Precluso

Al comma 1, secondo periodo, dopo le parole:«effettua verifiche» sostituire le parole: «periodiche» con le seguenti: «quadrimestrali».

Conseguentemente, dopo il comma 3, aggiungere il seguente:

«3-bis. Al fine di prevenire i fenomeni di corruzione, l'attività di progettazione di opere pubbliche non può essere esercita, in via diretta o indiretta, dall'impresa affidataria dell'esecuzione dell'opera medesima. Per l'esecuzione dei lavori pubblici affidati in appalto, le amministrazioni affidano la direzione dei lavori esclusivamente al progettista estensore del progetto esecutivo».

 

5.9

PARDI, LI GOTTI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Precluso

Al comma 1, secondo periodo, dopo la parola: «periodiche» inserire le seguenti: «, e comunque con cadenza almeno semestrale,».

 

5.10

PARDI, LI GOTTI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Precluso

Al comma 2, dopo le parole: «delle infrastrutture e dei trasporti» inserire le seguenti: «, dell'economia e delle finanze».

 

5.11

PARDI, LI GOTTI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Precluso

Al comma 2, aggiungere, in fine, i seguenti periodi: «Ai fini della valutazione reputazionale dell'impresa si tiene conto anche dell'iscrizione, in coerenza con i principi di parità di trattamento, non discriminazione e trasparenza e con l'articolo 2, comma 2, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. La prefettura titolare delle white list è tenuta a dare tempestiva comunicazione all'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture dei casi di perdita dell'iscrizione per revoca della liberatoria, ai fini dell'aggiornamento del casellario informatico delle imprese, ovvero della iscrizione in capo al soggetto inadempiente delle annotazioni.».

 

EMENDAMENTO TENDENTE AD INSERIRE UN ARTICOLO AGGIUNTIVO DOPO L'ARTICOLO 5

 

5.0.250

CENTARO

Ritirato e trasformato nell'em. 5.500

Dopo l'articolo 5, inserire il seguente:

«Art. 5-bis.

(Identificazione delle attività a maggior rischio di infiltrazione della criminalità organizzata ed elenchi di fornitori, prestatori di servizi, esecutori di lavori)

1. Per l'efficacia dei controlli antimafia nei subappalti e subcontratti di cui al comma 2, successivi ai contratti pubblici aventi ad oggetto lavori, servizi e forniture, presso ogni prefettura è istituito l'elenco dei fornitori e prestatori di servizi non soggetti a rischio di inquinamento mafioso, ai quali possono rivolgersi gli esecutori dei lavori, servizi e forniture, con riferimento ad attività considerate maggiormente esposte a rischio di infiltrazione della criminalità organizzata.

2. Sono definite come maggiormente esposte a rischio di infiltrazione della criminalità organizzata le seguenti attività:

a) trasporto di materiali a discarica conto terzi;

b) trasporto e smaltimento di rifiuti a conto terzi;

c) estrazione, fornitura e trasporto di terra e materiali inerti;

d) confezionamento, fornitura e trasporto di calcestruzzo e di bitume;

e) noli a freddo di macchinari;

f) fornitura di ferro lavorato;

g) noli a caldo, qualora il contratto non debba essere assimilato al subappalto ai sensi dell'articolo 118 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;

h) autotrasporti conto terzi;

i) guardianìa dei cantieri.

3. Al momento della richiesta di iscrizione da parte dell'operatore economico interessato e successivamente ogni tre mesi, per tutta la durata dell'iscrizione, la prefettura effettua gli accertamenti di cui all'articolo 10, commi 7 e 8, del decreto del Presidente della Repubblica 3 giugno 1998, n. 252. Quando a seguito delle verifiche emergono elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa nelle imprese interessate, la richiesta di iscrizione è negata, ovvero viene dichiarata la decadenza dell'iscrizione stessa.

4. L'impresa iscritta nell'elenco di cui al comma 1 comunica alla prefettura competente qualsiasi modifica dell'assetto proprietario e dei propri organi sociali. Le società di capitali quotate comunicano le variazioni rilevanti secondo quanto previsto dal decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58. La mancata comunicazione comporta la cancellazione dell'iscrizione.

5. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri per la Pubblica Amministrazione e l'innovazione, per la semplificazione normativa, dell'interno, della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti e dello sviluppo economico, da adottare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono definite le modalità per l'istituzione e l'aggiornamento dell'elenco di cui al comma 1, nonché per l'attività di verifica.

6. Le stazioni appaltanti di cui all'articolo 3, comma 33, del codice acquisiscono d'ufficio, anche in modalità telematica, a titolo gratuito ai sensi dell'articolo 43, comma 5, del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, la prescritta documentazione circa la sussistenza delle cause di decadenza, sospensione o divieto previste dall'articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni».

 

ARTICOLO 6 DEL DISEGNO DI LEGGE N. 2156

Art. 6.

Non posto in votazione (*)

(Modifiche all'articolo 17 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163)

1. Il comma 2 dell'articolo 17 del codice, è sostituito dal seguente:

«2. I dirigenti di uffici dirigenziali generali delle amministrazioni e degli enti usuari dichiarano con provvedimento motivato le opere, i servizi e le forniture da considerarsi segreti ai sensi del regio decreto 11 luglio 1941, n.1161, e della legge 3 agosto 2007, n.124, o di altre norme vigenti, oppure eseguibili con speciali misure di sicurezza.».

________________

(*) Approvato l'emendamento 6.1, soppressivo dell'articolo

 

PROPOSTA DI STRALCIO

 

S6.100

D'ALIA, SERRA, BALDASSARRI, GERMONTANI, VALDITARA, DE ANGELIS, CONTINI, DIGILIO

Ritirata

Stralciare l'articolo.

 

EMENDAMENTI

 

6.1

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Approvato (*)

Sopprimere l'articolo.

________________

(*) Ritirato dal proponente e fatto proprio dal senatore Cantoni

 

6.500

PARDI, LI GOTTI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA, DELLA MONICA

Precluso

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 6. - (Misure per il rafforzamento della trasparenza nelle procedure eccezionali). - 1. All'articolo 3, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, dopo la lettera c), è inserita la seguente:

"c-bis) le ordinanze del Presidente del Consiglio dei Ministri emanate ai sensi dell'articolo 5, comma 2, della legge 24 febbraio 1992, n. 225";

b) al comma 2, dopo il primo periodo è inserito il seguente: "Per le ordinanze di cui alla lettera c-bis) del comma 1, il termine di cui al primo periodo è ridotto a sette giorni; in ogni caso l'organo emanante ha facoltà, con motivazione espressa, di dichiararle provvisoriamente efficaci".

2. Alla legge 24 febbraio 1992, n. 225, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) All'articolo 2, comma 1, lettera c), le parole: "altri eventi che, per intensità ed estensione," sono sostituite dalle seguenti: "altri eventi non prevedibili che, per intensità ed estensione,"

b) all'articolo 5, comma 2 è aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Le ordinanze sono emanate di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze";

c) all'articolo 5, comma 5, sono aggiunti i seguenti periodi: "I contratti di lavori, servizi e le forniture stipulati in esecuzione di ordinanze di protezione civile sono trasmessi entro dieci giorni dalla relativa stipulazione all'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici, di lavori, servizi e forniture per i controlli previsti dall'articolo 6, comma 7, del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163. L'Autorità provvede entro trenta giorni dalla ricezione, alle attività di competenza, comprese quelle di cui al comma 9 del medesimo articolo 64. Qualora rilevi ipotesi di danno erariale, l'Autorità effettua immediata segnalazione alla competente Procura regionale della Corte dei Conti";

d) All'articolo 5, comma 5-bis, sono apportate le seguenti modifiche:

a) al penultimo periodo, le parole: "e all'ISTAT" sono sostituite dalle seguenti: ", all'ISTAT e alla competente sezione regionale della Corte dei Conti";

b) è aggiunto, in fine, il seguente periodo: "Al fine di garantire la trasparenza dei flussi finanziari e della rendicontazione di cui al presente comma sono vietati girofondi tra le contabilità speciali aperte per l'attuazione degli interventi di emergenza, salvo che non siano espressamente autorizzati da norma di legge".

3. Al decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito nella legge 9 novembre 2001 n. 401, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1 dell'articolo 5 del sono soppresse le parole: "e da altri grandi eventi";

b) è abrogato il comma 5 dell'articolo 5-bis.

4. All'articolo 4 del decreto-legge 31 maggio 2005, n. 90, convertito, con modificazioni dalla legge 26 luglio 2005, n. 152, il comma 2 è abrogato.

5. L'articolo 14 del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 luglio 2008, n. 123, è abrogato.

6. È abrogato il comma 4-novies dell'articolo 4 del decreto-legge 25 gennaio 2010, n. 2, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 marzo 2010, n. 42».

 

6.250

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Precluso

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 6. - (Risoluzione del contratto di appalto a seguito di accertamento di responsabilità in materia di corruzione ed altri gravi reati). - 1. Dopo l'articolo 135 del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, è inserito il seguente:

"Art. 135-bis. - (Risoluzione del contratto di appalto a seguito di accertamento di responsabilità in materia di Corruzione ed altri gravi reati). - 1. Fermo quanto previsto da altre disposizioni di legge, qualora nei confronti dell'appaltatore sia intervenuta sentenza di condanna passata in giudicato per i delitti previsti dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale, per i delitti previsti dagli articoli 314, primo comma, 316, 316-bis, 316-ter, primo comma, 319, 319-ter, 322, 346, 353, 353-bis, 354, 355, 356, 513-ter, 629, 640-bis, 644, 648-bis e 648-ter del codice penale, la stazione appaltante procede obbligatoriamente alla risoluzione del contratto. Nel caso di risoluzione, l'appaltatore ha diritto soltanto al pagamento dei lavori regolarmente eseguiti, decurtato degli oneri aggiuntivi derivanti dallo scioglimento del contratto.

2. Agli effetti del comma 1, la sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a condanna"».

 

6.251

POLI BORTONE, VIESPOLI, CARDIELLO, CARRARA, CASTIGLIONE, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA

Precluso

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 6. - (Modifiche al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163). - 1. Dopo l'articolo 135 del codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, è inserito il seguente:

"Art. 135-bis. - (Risoluzione del contratto per reati accertati di corruzione). - 1. Fermo quanto previsto da altre disposizioni di legge, qualora nei confronti dell'appaltatore, in relazione al contratto in oggetto, sia intervenuta sentenza di condanna passata in giudicato per i delitti previsti dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale, nonché per i delitti previsti dagli articoli 314, primo comma, 316, 316-bis, 317, 318, 319, 319-ter e 320, del codice penale la stazione appaltante procede obbligatoriamente alla risoluzione del contratto. Nel caso di risoluzione, l'appaltatore ha diritto soltanto al pagamento dei lavori regolarmente eseguiti, decurtato degli oneri aggiuntivi derivanti dallo scioglimento del contratto.

2. Agli effetti del comma 1, la sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a pronuncia di condanna"».

 

6.252

INCOSTANTE, ADAMO

Precluso

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 6. - (Secretazione delle procedure di affidamento dei contratti pubblici). - 1. All'articolo 16, comma 1 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive modificazioni, la lettera d-bis è abrogata.

2. All'articolo 17 del Codice degli appalti pubblici, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 2 è sostituito dal seguente:

"2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro competente sono individuate le opere, i servizi e le forniture da considerarsi segreti ai sensi del regio decreto 11 luglio 1941, n. 1161 e della legge 3 agosto 2007, n. 124, o di altre norme vigenti, oppure eseguibili con speciali misure di sicurezza".

b) al comma 4 le parole: "e sempre che la negoziazione con più di un operatore economico sia compatibile con le esigenze di segretezza." sono soppresse».

 

6.4 (testo 2)

CASSON, ZANDA, CECCANTI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, GARRAFFA, LUMIA, MARITATI, DELLA MONICA

Precluso

Al comma 1, capoverso «2», dopo le parole: «2007, n. 124» sopprimere le parole: «o di altre norme vigenti».

Conseguentemente, dopo il comma 2, aggiungere il seguente:

«2. Al fine di prevenire i fenomeni di corruzione, l'attività di progettazione di opere oggetto di appalto pubblico, nella fase preliminare, definitiva ed esecutiva, può essere eseguita esclusivamente da professionisti iscritti agli albi degli ingegneri e degli architetti, da società di professionisti nonché dalle altre figure professionali individuate da leggi di settore, in relazione alle rispettive e specifiche competenze, come previste dall'ordinamento vigente. Le pubbliche amministrazioni, in relazione alle esigenze di progettazione in house di opere pubbliche, possono istituire specifici ruoli tecnici per i dipendenti iscritti agli albi professionali degli ingegneri e degli architetti. Le attività svolte da tali soggetti sono considerate a tutti gli effetti attività professionali».

 

EMENDAMENTI TENDENTI AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 6

 

6.0.2 /1

PISTORIO, OLIVA

Approvato

All'emendamento 6.0.2, al comma 1, dopo la parola: «adeguano,» inserire le seguenti: «compatibilmente con le disposizioni previste dagli statuti e dalle relative norme di attuazione in materia,».

 

6.0.2

MALAN

V. testo 2

Dopo l'articolo inserire il seguente:

«Art. 6-bis.

(Princìpi generali per regioni ed enti locali)

1. Le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano, anche per quanto concerne i propri enti e le amministrazioni del servizio sanitario nazionale, nonché gli Enti locali adeguano i propri ordinamenti alle disposizioni di cui agli articoli 1, 2, 4, 5 e 6.».

 

6.0.2 (testo 2)

MALAN

Approvato nel testo emendato

Dopo l'articolo inserire il seguente:

«Art. 6-bis.

(Princìpi generali per regioni ed enti locali)

1. Le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano, anche per quanto concerne i propri enti e le amministrazioni del servizio sanitario nazionale, nonché gli Enti locali adeguano i propri ordinamenti alle disposizioni di cui al Capo I della presente legge.».

 

6.0.3 (testo corretto)

D'ALIA, DELLA MONICA, SERRA, BALDASSARRI, GERMONTANI, VALDITARA, DE ANGELIS, CONTINI, DIGILIO

Improponibile

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 6-bis.

(Arbitrati e incarichi dei magistrati e dei soggetti assimilabili)

1. I magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, gli avvocati ed i procuratori dello Stato e i componenti delle commissioni tributarie non possono partecipare a collegi arbitrali di qualunque genere ed oggetto, neanche in qualità di presidenti del collegio.

2. Le norme che prevedono o autorizzano la partecipazione a collegi arbitrali dei soggetti indicati al comma 1 sono abrogate.

3. I soggetti indicati al comma l che partecipano a collegi arbitrali già costituiti alla data di entrata in vigore della presente legge decadono immediatamente dall'incarico e sono prontamente sostituiti dalla parte che aveva diritto alla nomina. In tal caso, il soggetto che decade dall'incarico ha diritto ad essere retribuito per l'attività già svolta.

4. È fatto divieto di affidare collaudi, o comunque di nominare in commissioni di collaudo di qualunque genere e comunque denominate, magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, avvocati e procuratori dello Stato e componenti delle commissioni tributarie.

5. Le norme che prevedono o autorizzano la partecipazione a commissioni di collaudo dei soggetti indicati al comma 4 sono abrogate.

6. I soggetti indicati al comma 4 che partecipano a commissioni di collaudo, comunque denominate; già costituite alla data di entrata in vigore della presente legge decadono immediatamente dall'incarico e sono prontamente sostituiti dal soggetto che aveva provveduto alla nomina. In tal caso, il soggetto che decade dall'incarico ha diritto ad essere retribuito per l'attività già svolta.

7. È fatto divieto ai magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, agli avvocati e procuratori dello Stato ed ai componenti delle commissioni tributarie di partecipare ad organi societari di enti pubblici economici e di società, a capitale pubblico o privato.

8. Le norme che prevedono o autorizzano la partecipazione ad organi societari di enti pubblici economici e di società, a capitale pubblico o privato, dei soggetti indicati al comma 7 sono abrogate.

9. I soggetti indicati al comma 7 che partecipano ad organi societari di enti pubblici economici e di società, a capitale pubblico o privato, decadono immediatamente dall'incarico e sono prontamente sostituiti secondo le norme relative alla nomina degli amministratori di tali enti o società. In tal caso, il soggetto che decade dall'incarico ha diritto ad essere retribuito per l'attività già svolta.

10. I magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, gli avvocati ed i procuratori dello Stato e i componenti delle commissioni tributarie non possono assumere incarichi sportivi, di qualunque genere e comunque denominati, conferiti dal C.O.N.I. ovvero dalle società e associazioni sportive affiliate alle Federazioni sportive riconosciute dal C.O.N.I.

11. Le norme che prevedono o autorizzano l'assunzione degli incarichi sportivi di cui al comma 10 da parte dei soggetti indicati al medesimo comma sono abrogate.

12. I soggetti indicati al comma 10 che hanno assunto incarichi sportivi, di qualunque genere e comunque denominati, conferiti dal C.O.N.I. ovvero dalle società e associazioni sportive affiliate alle Federazioni sportive riconosciute dal C.O.N.I., decadono immediatamente dall'incarico. In tal caso, il soggetto che decade dall'incarico ha diritto ad essere retribuito per l'attività già svolta.».

 

6.0.250 (testo corretto)

VIESPOLI, POLI BORTONE, CARDIELLO, CARRARA, CASTIGLIONE, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA

Improponibile

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 6-bis.

(Arbitrati e incarichi dei magistrati e dei soggetti assimilabili)

1. I magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, gli avvocati ed i procuratori dello Stato e i componenti delle commissioni tributarie non possono partecipare a collegi arbitrali di qualunque genere ed oggetto, neanche in qualità di presidenti del collegio.

2. Le norme che prevedono o autorizzano la partecipazione a collegi arbitrali dei soggetti indicati al comma 1 sono abrogate.

3. I soggetti indicati al comma 1 che partecipano a collegi arbitrali già costituiti alla data di entrata in vigore della presente legge decadono immediatamente dall'incarico e sono prontamente sostituiti dalla parte che aveva diritto alla nomina. In tal caso, il soggetto che decade dall'incarico ha diritto ad essere retribuito per l'attività già svolta.

4. È fatto divieto di affidare collaudi, o comunque di nominare in commissioni di collaudo di qualunque genere e comunque denominate, magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, avvocati e procuratori dello Stato e componenti delle commissioni tributarie.

5. Le norme che prevedono o autorizzano la partecipazione a commissioni di collaudo dei soggetti indicati al comma 4 sono abrogate.

6. I soggetti indicati al comma 4 che partecipano a commissioni di collaudo, comunque denominate; già costituite alla data di entrata in vigore della presente legge decadono immediatamente dall'incarico e sono prontamente sostituiti dal soggetto che aveva provveduto alla nomina. In tal caso, il soggetto che decade dall'incarico ha diritto ad essere retribuito per l'attività già svolta.

7. È fatto divieto ai magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, agli avvocati e procuratori dello Stato ed ai componenti delle commissioni tributarie di partecipare ad organi societari di enti pubblici economici e di società, a capitale pubblico o privato.

8. Le norme che prevedono o autorizzano la partecipazione ad organi societari di enti pubblici economici e di società, a capitale pubblico o privato, dei soggetti indicati al comma 7 sono abrogate.

9. I soggetti indicati al comma 7 che partecipano ad organi societari di enti pubblici economici e di società, a capitale pubblico o privato, decadono immediatamente dall'incarico e sono prontamente sostituiti secondo le norme relative alla nomina degli amministratori di tali enti o società. In tal caso, il soggetto che decade dall'incarico ha diritto ad essere retribuito per l'attività già svolta.

10. I magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, gli avvocati ed i procuratori dello Stato e i componenti delle commissioni tributarie non possono assumere incarichi sportivi, di qualunque genere e comunque denominati, conferiti dal C.O.N.I. ovvero dalle società e associazioni sportive affiliate alle Federazioni sportive riconosciute dal C.O.N.I.

11. Le norme che prevedono o autorizzano la partecipazione a collegi arbitrali dei soggetti indicati al comma 10 da parte dei soggetti indicati al medesimo comma sono abrogate.

12. I soggetti indicati al comma 10 che hanno assunto incarichi sportivi, di qualunque genere e comunque denominati, conferiti dal C.O.N.I. ovvero dalle società e associazioni sportive affiliate alle Federazioni sportive riconosciute dal C.O.N.I., decadono immediatamente dall'incarico. In tal caso, il soggetto che decade dall'incarico ha diritto ad essere retribuito per l'attività già svolta.».

 

6.0.251

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Improponibile

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 6-bis.

(Disposizioni sugli arbitrati e sugli altri incarichi vietati ai magistrati e ai soggetti assimilabili)

1. Ai magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, agli avvocati e procuratori dello Stato e ai componenti delle commissioni tributarie sono vietate:

a) la partecipazione a collegi arbitrali o l'assunzione di incarico di arbitro unico nonché la partecipazione a commissioni di collaudo;

b) la partecipazione a commissioni di gara, di aggiudicazione o comunque attinenti a procedure finalizzate alla scelta del contraente o del concessionario;

c) la partecipazione a commissioni o comitati di vigilanza sull'esecuzione di piani, programmi, interventi, finanziamenti;

d) la partecipazione ad organi di società sia a capitale privato che pubblico;

e) l'assunzione di incarichi sportivi, di qualunque genere e comunque denominati, conferiti dal Comitato olimpico nazionale italiano (CONI) ovvero da società e associazioni sportive affiliate alle federazioni sportive riconosciute dal CONI.

2. A decorrere dalla data di entrata in vigore della presente legge, cessano di avere efficacia le disposizioni legislative e regolamentari incompatibili con quanto previsto al comma 1.

3. La violazione dei divieti di cui al comma 1 determina la decadenza dagli incarichi e la nullità degli atti compiuti.

4. I magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, gli avvocati ed i procuratori dello Stato cessati dalle funzioni per raggiunti limiti di età non possono rivestire nell'anno successivo incarichi conferiti discrezionalmente dal Governo, dalle regioni o da altre pubbliche amministrazioni.».

 

6.0.252

POLI BORTONE, VIESPOLI, CARDIELLO, CARRARA, CASTIGLIONE, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA

Improponibile

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 6-bis.

(Disposizioni sugli arbitrati e sugli altri incarichi vietati ai magistrati e ai soggetti assimilabili)

1. I magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, gli avvocati ed i procuratori dello Stato e i componenti delle commissioni tributarie hanno divieto di:

a) partecipazione a collegi arbitrali o di assunzione di incarico di arbitro unico nonché la partecipazione a commissioni di collaudo;

b) partecipazione a commissioni di gara, di aggiudicazione o comunque attinenti a procedure finalizzate alla scelta del contraente o del concessionario;

c) partecipazione a commissioni o comitati di vigilanza sull'esecuzione di piani, programmi, interventi, finanziamenti;

d) partecipazione ad organi di società sia a capitale privato che pubblico;

e) assunzione di incarichi sportivi, di qualunque genere e comunque denominati, conferiti dal C.O.N.I. ovvero da società e associazioni sportive affiliate alle federazioni sportive riconosciute dal C.O.N.I.

2. Ogni altra norma in materia è abrogata.

3. La violazione dei divieti di cui al comma 1 determina la decadenza dagli incarichi e la nullità degli atti compiuti».

4. I magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, gli avvocati ed i procuratori dello Stato cessati dalle funzioni per raggiunti limiti di età non possono rivestire nell'anno successivo incarichi conferiti discrezionalmente dal Governo, dalle regioni o da altre pubbliche amministrazioni. Il termine é elevato a due anni se la cessazione delle funzioni avviene per altra causa».

 

6.0.253

INCOSTANTE, ADAMO

Improponibile

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 6-bis.

(Arbitrati con le Pubbliche amministrazioni)

1. La nomina degli arbitri per la risoluzione di controversie nelle quali è parte una Pubblica Amministrazione avviene nel rispetto dei principi di pubblicità e rotazione e secondo le modalità previste dai commi successivi.

2. Gli arbitri sono scelti esclusivamente tra i dirigenti di ruolo delle Pubbliche amministrazioni nell'ambito delle loro ordinarie attività, qualora la controversia si svolga fra due Amministrazioni. Qualora la controversia abbia luogo fra una Pubblica amministrazione e un privato, l'arbitro individuato dalla Pubblica amministrazione viene scelto fra i dirigenti di ruolo.

3. Gli incarichi così conferiti sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana e sul sito istituzionale dell'Amministrazione di appartenenza».

 

6.0.254

INCOSTANTE, ADAMO

Improponibile

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 6-bis.

(Regime delle incompatibilità per i magistrati e gli avvocati dello Stato)

1. Al fine di garantire un efficace svolgimento delle funzioni giurisdizionali e di difesa, i magistrati ordinari, amministrativi e contabili e gli avvocati dello Stato non possono ricoprire incarichi in uffici di staff di organi politici o incarichi di gestione all'interno di Pubbliche amministrazioni o, ove consentito, in società a totale partecipazione pubblica, per più di trenta mesi ogni quinquennio.

2. Al rientro nell'Amministrazione di appartenenza, i soggetti di cui al comma 1 non possono trarre questioni riferibili alle amministrazioni presso le quali hanno svolto incarichi nel biennio precedente ovvero a soggetti da queste vigilate.

3. I soggetti di cui al comma 1, nel rispetto della normativa vigente, possono essere chiamati a rivestire ruoli di vertice all'interno delle pubbliche amministrazioni, comprese le autorità amministrative indipendenti. In tal caso, non possono assumere ulteriori incarichi esterni per i cinque anni successivi al termine del mandato o, qualora precedente, dal momento della cessazione dell'incarico.

4. Il personale di cui al comma 1, collocato fuori molo, mantiene esclusivamente il trattamento economico fondamentale dell'amministrazione di appartenenza, compresa l'indennità, e i relativi oneri, che rimangono a carico della stessa».

 

6.0.255

INCOSTANTE, ADAMO

Improponibile

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 6-bis.

(Regime delle incompatibilità per i titolari di incarichi pubblici)

1. Al di fuori dei casi espressamente individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, i dirigenti delle amministrazioni pubbliche e i titolari di incarichi di qualsiasi tipo da parte delle amministrazioni pubbliche non possono ricoprire altri incarichi di natura gestionale, ovvero svolgere funzioni di revisione, di controllo ovvero di consulenza se non in rappresentanza dell'amministrazione di appartenenza.

2. Con Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, vengono altresì individuate le sanzioni da irrogare in caso di violazione dei divieti di cui al comma precedente».

 

6.0.5

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Improponibile

Dopo l'articolo inserire il seguente:

«Art. 6-bis.

1. I consiglieri di Stato nominati ai sensi dell'articolo 19, comma 1 sub 2) della legge 27 aprile 1982, n. 186 sono assegnati in via esclusiva all'esercizio delle funzioni consultive per almeno otto anni dalla nomina.

2. Per tale periodo è loro vietata l'assunzione o comunque l'autorizzazione di qualsiasi incarico anche gratuito da parte di pubbliche amministrazioni».

 

6.0.256

POLI BORTONE, VIESPOLI, CARDIELLO, CARRARA, CASTIGLIONE, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA

Improponibile

Dopo l'articolo inserire il seguente:

«Art. 6-bis.

1. I consiglieri di Stato nominati ai sensi dell'articolo 19, comma 1 sub 2) della legge 27 aprile 1982, n.186 sono assegnati in via esclusiva all'esercizio delle funzioni consultive per almeno otto anni dalla nomina.

2. Per tale periodo è loro vietata l'assunzione o comunque l'autorizzazione di qualsiasi incarico anche gratuito da parte di pubbliche amministrazioni».

 

6.0.4

LI GOTTI, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Respinto

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 6-bis.

(Divieto di concessione o erogazione di contributi o finanziamenti)

1. Fermo quanto previsto dal decreto legislativo 8 agosto 1994, n.490, e successive modificazioni, e dal regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 giugno 1995 n. 252, le pubbliche amministrazioni, gli enti pubblici, gli enti e le aziende vigilati dallo Stato o da altro ente pubblico, le società o imprese comunque controllate dallo Stato o da altro ente pubblico non possono concedere o erogare contributi, finanziamenti o mutui agevolati né altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, per lo svolgimento di attività imprenditoriali, quando la persona richiedente, ovvero taluno tra i soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione e controllo dell'ente richiedente, ha riportato condanna ovvero è stata applicata nei suoi confronti la pena ai sensi degli articoli 444 e seguenti del codice di procedura penale, con sentenza divenuta irrevocabile, salvi gli effetti degli articoli 178 del codice penale e 445 del codice di procedura penale:

a) per uno dei delitti previsti nel Titolo Il, Capo I, e nel Titolo VII, Capo III, del libro secondo del codice penale, per uno dei delitti di cui agli articoli 353, 355, 356, 416, 416-ter, 589 e 590, ove aggravati dalla violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, 640 secondo comma, 640-bis, 644, 648, 648-bis; 648-ter del medesimo codice penale, per uno dei delitti indicati all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale, per uno dei delitti indicati agli articoli 2621 e 2622 del codice civile, 216, 217 e 223 del regio decreto legge 16 marzo 1942, n. 267, e successive modificazioni, ovvero per uno dei reati commessi in violazione delle norme per la repressione dell'evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto;

b) alla pena della reclusione per un tempo non inferiore a tre anni per un qualunque altra delitto non colposo.

2. Nei casi in cui le situazioni ostative di cui al comma 1 intervengano dopo la concessione o l'erogazione, totale a parziale, dei contributi a dei finanziamenti, le amministrazioni, enti o società di cui al medesimo comma 1 procedono alla revoca della concessione o dell'erogazione.

3. Costituiscono causa di sospensione della erogazione di agevolazioni a incentivi:

a) la pronuncia di una sentenza non definitiva di condanna, o di applicazione della pena ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, nelle ipotesi di cui al comma 1, lettere a) e b), della presente legge;

b) l'emissione di un provvedimento provvisorio di divieto di ottenere le erogazioni di cui al comma 1 emessa dal tribunale ai sensi dell'articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni.

4. Nei casi previsti dal comma 1, il passaggio in giudicato delle sentenze di cui alla lettera a), ovvero la definitività del provvedimento applicativo della misura di prevenzione comportano la revoca delle concessioni a erogazioni eventualmente disposte. La sospensione è revocata anche d'ufficio se, a seguito di annullamento o riforma delle sentenze di cui alla lettera a), ovvero a seguito di revoca o modifica del provvedimento provvisorio di cui alla lettera b) del comma 1 del presente articolo, è accertata la mancanza delle situazioni ostative previste dal comma 1, lettere a) e b).

5. La persona a l'ente richiedente attesta l'insussistenza delle cause ostative alla concessione o erogazione di cui all'articolo 9-bis e delle cause di sospensione di cui all'articolo 9-ter della presente legge mediante dichiarazione sostitutiva, in conformità alle disposizioni del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, e successive modificazioni.

6. Nella dichiarazione, prevista dal comma 1, il richiedente indica anche i provvedimenti giudiziari iscrivi bili nel casellario giudiziario ai sensi del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di casellario giudiziale, di anagrafe delle sanzioni amministrative dipendenti da reato e dei relativi carichi pendenti di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313, e successive modificazioni, e gli altri procedimenti penali di cui sia a conoscenza.

7. Ai fini dell'accertamento delle cause di cui al comma 1 del presente articolo, si applica l'articolo 43 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 1000, n. 445. In sede di verifica delle dichiarazioni del richiedente, le amministrazioni, enti o società di cui al comma 1 richiedono al competente ufficio del casellario giudiziale i certificati del casellario giudiziale e dei carichi pendenti previsti dall'articolo 21 del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 14 novembre 2002, n. 313.

8. Fermo quanto previsto dal decreto legislativo 8 agosto 1994, n.490, e successive modificazioni, le disposizioni dei commi precedenti non si applicano ai soggetti nei cui confronti sia stata emessa sentenza di applicazione della pena, ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, prima della data di entrata in vigore della presente legge».

 

6.0.257

INCOSTANTE, ADAMO

Improponibile

Dopo l'articolo inserire il seguente:

«Art. 6-bis.

(Gestione commissariale delle emergenze)

1. I commissari di cui all'art. 5, comma 4, della legge 24 febbraio 1992 n.225 possono essere nominati esclusivamente per far fronte ad esigenze non prevedibili, né programmabili.

2. Le strutture deputate a fronteggiare l'emergenza si avvalgono di personale di ruolo alle impiegato presso Pubbliche Amministrazioni ovvero, in caso di particolari necessità e con riferimento al periodo strettamente necessario, fanno ricorso a personale in somministrazione.

3. Al fine di disporre delle dotazioni necessarie a fronteggiare le eventuali emergenze, il Dipartimento della Protezione civile adotta atti di programmazione annuale e, sulla base degli stessi, conclude accordi quadro ai sensi dell'articolo 59 del Decreto Legislativo 12 aprile 2006, n.163.

4. Al fine di soddisfare le specifiche esigenze del Dipartimento della Protezione civile, Consip S.p.A., d'intesa con il Dipartimento medesimo predispone un'apposita area del Mercato elettronico della Pubblica Amministrazione - MEPA.

5. Il ricorso al MEPA da parte del Dipartimento della Protezione civile è strumentale all'acquisizione di beni e servizi non ricompresi negli accordi quadro stipulati ai sensi del comma 3 del presente articolo.

6. L'articolo 5-bis, comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2001, n.343 è abrogato».

 

6.0.258

INCOSTANTE, ADAMO

Respinto

Dopo l'articolo inserire il seguente:

«Art. 6-bis.

(Razionalizzazione delle spese di funzionamento)

1. Il Ministero dell'Economia e delle Finanze, avvalendosi di Consip S.p.A., predispone, sulla base delle informazioni trasmesse dalle Amministrazioni dello Stato, centrali e periferiche, ai sensi dell'art. 2 comma 569 della legge 24 dicembre 2007, n.244 "«Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato" (legge finanziaria 2008), un piano di razionalizzazione della spesa volto all'ottimale utilizzo delle risorse necessarie al funzionamento degli apparati amministrativi statali, centrali e periferici.

2. Il piano di razionalizzazione di cui al comma precedente è definito ed approvato con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze entro il 30 giugno di ogni anno.

3. Le Amministrazioni dello Stato, centrali e periferiche, ivi compresi il Ministero della difesa e il Ministero degli affari esteri compatibilmente con le loro esigenze istituzionali, acquistano tutti i beni e i servizi necessari al loro funzionamento aderendo alle convenzioni stipulate da Consip S.p.A. per conto del Ministero dell'economia e delle finanze ai sensi dell'art. 26 della legge 23 dicembre 1999 n.488 "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato" (legge finanziaria 2000), ovvero facendo ricorso al Mercato Elettronico della Pubblica Amministrazione - MEPA.

4. Al fine di dare attuazione a quanto previsto dal comma precedente, Consip S.p.A., entro il 31 dicembre 2012, provvede a potenziare l'offerta di beni e servizi disponibili sul Mercato Elettronico della Pubblica Amministrazione - MEPA».

 

6.0.259

MALAN

Approvato

Dopo l'articolo inserire il seguente:

«Art. 6-bis.

(Modifiche all'articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20)

1. All'articolo 1 della legge 14 gennaio, n.20, dopo il comma 1-quinquies, sono inseriti i seguenti:

"1-sexies. Nel giudizio di responsabilità, l'entità del danno all'immagine della pubblica amministrazione derivante dalla commissione di un reato contro la stessa pubblica amministrazione accertato con sentenza passata in giudicato si presume, salvo prova contraria, pari al doppio della somma di denaro o del valore di altra utilità illecitamente percepita dal dipendente.

1-septies. Nei giudizi di responsabilità aventi ad oggetto atti o fatti di cui al comma 1-sexies, il sequestro conservativo di cui all'articolo 5, comma 2, del decreto-legge 15 novembre 1993, n. 453, convertito, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 14 gennaio 1994, n.19, è concesso in tutti i casi di probabile attenuazione della garanzia del credito erariale"».

 

ARTICOLO 7 DEL DISEGNO DI LEGGE N. 2156

Capo II

DISPOSIZIONI IN MATERIA DI CONTROLLI NEGLI ENTI LOCALI

 

Art. 7.

Stralciato

(Modifiche del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267)

1. L'articolo 49 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, di seguito denominato «testo unico», è sostituito dal seguente:

«Art. 49. - (Pareri dei responsabili dei servizi). - 1. Su ogni proposta di deliberazione sottoposta alla Giunta e al consiglio che non sia mero atto di indirizzo, deve essere richiesto il parere, in ordine alla sola regolarità tecnica, del responsabile del servizio interessato e, qualora comporti riflessi diretti o indiretti sulla situazione economico-finanziaria o sul patrimonio dell'ente, del responsabile di ragioneria in ordine alla regolarità contabile. I pareri sono inseriti nella deliberazione.

2. Nel caso in cui l'ente non abbia i responsabili dei servizi, il parere è espresso dal segretario dell'ente, in relazione alle sue competenze.

3. I soggetti di cui al comma 1 rispondono in via amministrativa e contabile dei pareri espressi».

2. L'articolo 147 del testo unico è sostituito dai seguenti:

«Art. 147. - (Tipologia dei controlli interni). - 1. Gli enti locali, nell'ambito della loro autonomia normativa e organizzativa, individuano strumenti e metodologie adeguati a:

a) garantire, attraverso il controllo di regolarità amministrativa e contabile, la legittimità, la regolarità e la correttezza dell'azione amministrativa;

b) verificare attraverso il controllo di gestione, l'efficacia, l'efficienza e l'economicità dell'azione amministrativa, al fine di ottimizzare, anche mediante tempestivi interventi di correzione, il rapporto tra costi e risultati;

c) valutare l'adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione dei piani, dei programmi e degli altri strumenti di determinazione dell'indirizzo politico, in termini di congruenza tra i risultati conseguiti e gli obiettivi predefiniti;

d) garantire il costante controllo degli equilibri finanziari della gestione di competenza, della gestione dei residui e della gestione di cassa, anche ai fini della realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica di cui al patto di stabilità interno, mediante un'assidua attività di coordinamento e di vigilanza da parte del responsabile del servizio finanziario e di controllo da parte di tutti i responsabili dei servizi. L'organo esecutivo approva con propria deliberazione ricognizioni periodiche degli equilibri finanziari, da effettuare con cadenza trimestrale. Le verifiche periodiche valutano l'andamento economico-finanziario degli organismi gestionali esterni negli effetti che si determinano per il bilancio finanziario dell'ente;

e) verificare, attraverso l'affidamento e il controllo dello stato di attuazione di indirizzi e obiettivi gestionali, anche in riferimento all'articolo 170, comma 6, la redazione del bilancio consolidato, l'efficacia, l'efficienza e l'economicità degli organismi gestionali esterni dell'ente;

f) garantire il controllo della qualità dei servizi erogati, sia direttamente, sia mediante organismi gestionali esterni, con l'impiego di metodologie dirette a misurare la soddisfazione degli utenti esterni e interni dell'ente.

2. Le lettere d), e) ed f) del comma 1 si applicano solo ai comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti e alle province.

3. I controlli interni sono organizzati secondo il principio della distinzione tra funzioni di indirizzo e compiti di gestione, anche in deroga agli altri princìpi di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n.286, e successive modificazioni. Partecipano all'organizzazione dei controlli interni il segretario dell'ente, il direttore generale, laddove previsto, tutti i responsabili di settore, le unità di controllo, laddove previsto, tutti i responsabili di settore, le unità di controllo, laddove istituite.

4. Per l'effettuazione dei controlli di cui al comma 1, più enti locali possono istituire uffici unici, mediante una convenzione che ne regoli le modalità di costituzione e di funzionamento.

Art. 147-bis. - (Controllo di regolarità amministrativa e contabile). - 1. Il controllo di regolarità amministrativa e contabile è assicurato, nella fase preventiva della formazione dell'atto, da ogni responsabile di servizio ed è esercitato attraverso il rilascio del parere di regolarità tecnica attestante la legittimità, la regolarità e la correttezza dell'azione amministrativa. Il controllo è inoltre effettuato dal responsabile del servizio finanziario ed è esercitato attraverso il rilascio del parere di regolarità contabile e del visto attestante la copertura finanziaria.

2. Il controllo di regolarità amministrativa e contabile è inoltre assicurato, nella fase successiva, secondo princìpi generali di revisione aziendale e modalità definite nell'ambito dell'autonomia organizzativa dell'ente, sotto la direzione del segretario in base alla normativa vigente. Sono soggette al controllo le determinazioni di impegno di spesa, gli atti di accertamento di entrata, gli atti di liquidazione della spesa, i contratti e gli altri atti amministrativi, scelti secondo una selezione casuale, effettuata con motivate tecniche di campionamento.

3. Le risultanze del controllo di cui al comma 2 sono trasmesse periodicamente, a cura del segretario, ai responsabili di settore, ai revisori dei conti e agli organi di valutazione dei risultati dei dipendenti, come documenti utili per la valutazione.

Art. 147-ter. - (Controllo strategico). - 1. Per verificare lo stato di attuazione dei programmi secondo le linee approvate dal consiglio, l'ente locale definisce, secondo la propria autonomia organizzativa, metodologie di controllo strategico finalizzate alla rilevazione dei risultati conseguiti rispetto agli obiettivi predefiniti, degli aspetti economico-finanziari connessi ai risultati ottenuti, dei tempi di realizzazione rispetto alle previsioni, delle procedure operative attuate confrontate con i progetti elaborati, della qualità erogata e del grado di soddisfazione della domanda espressa, degli aspetti socio-economici.

2. L'unità preposta al controllo strategico elabora rapporti periodici, da sottoporre all'organo esecutivo e al consiglio per la successiva predisposizione di deliberazioni consiliari di ricognizione dei programmi, secondo modalità da definire con il proprio regolamento di contabilità in base a quanto previsto dallo statuto.

Art. 147-quater. - (Controlli sulle società partecipate). - 1. L'ente locale definisce, secondo la propria autonomia organizzativa, un sistema di controlli sulle società partecipate dallo stesso ente locale. Tali controlli sono esercitati dalle strutture proprie dell'ente locale, che ne sono responsabili.

2. Per l'attuazione di quanto previsto al comma 1, l'amministrazione definisce preventivamente, in riferimento all'articolo 170, comma 6, gli obiettivi gestionali cui deve tendere la società partecipata, secondo standard qualitativi quantitativi, e organizza un idoneo sistema informativo finalizzato a rilevare i rapporti finanziari tra l'ente proprietario e la società, la situazione contabile, gestionale e organizzativa delle società, i contratti di servizio, la qualità dei servizi, il rispetto delle norme di legge sui vincoli di finanza pubblica.

3. Sulla base delle informazioni di cui al comma 2, l'ente locale effettua il monitoraggio periodico sull'andamento delle società partecipate, analizza gli scostamenti rispetto agli obiettivi assegnati e individua le opportune azioni correttive, anche in riferimento a possibili squilibri economico-finanziari rilevanti per il bilancio dell'ente.

4. I risultati complessivi della gestione dell'ente locale e delle aziende partecipate sono rilevati mediante bilancio consolidato, secondo la competenza economica.

Art. 147-quinquies - (Controllo sulla qualità dei servizi). - 1. Il controllo sulla qualità dei servizi erogati riguarda sia i servizi erogati direttamente dall'ente, sia i servizi erogati tramite società partecipate o in appalto ed è svolto secondo modalità definite in base all'autonomia organizzativa dell'ente, tali da assicurare comunque la rilevazione della soddisfazione dell'ente, la gestione dei reclami e il rapporto di comunicazione con i cittadini.

Art. 147-sexies. - (Ambito di applicazione). - 1. Le disposizioni di cui agli articoli 147-quater e 147-quinquies costituiscono obbligo solo per i comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti e per le province.».

3. L'articolo 151 del testo unico è sostituito dal seguente:

«Art. 151. - (Princìpi in materia di contabilità). - 1. Gli enti locali deliberano entro il 31 dicembre il bilancio di previsione per l'anno successivo, osservando i princìpi di unità, annualità, universalità e integrità, veridicità, pareggio finanziario e pubblicità. Il termine di cui al primo periodo può essere differito con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, in presenza di motivate esigenze.

2. Il bilancio è corredato di una relazione previsionale e programmatica, di un bilancio pluriennale di durata pari a quello della regione di appartenenza e degli allegati previsti dall'articolo 172 o da altre norme di legge.

3. I documenti di bilancio sono redatti in modo da consentirne la lettura per programmi, servizi e interventi.

4. I provvedimenti dei responsabili dei servizi che comportano impegni di spesa sono trasmessi al responsabile del servizio finanziario e sono esecutivi con l'apposizione del visto di regolarità contabile attestante la copertura finanziaria.

5. Nei comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti e nelle province, i provvedimenti dei responsabili dei servizi che comportano impegni di spesa sono trasmessi dal responsabile del servizio proponente, previo rilascio del parere di congruità, al responsabile del servizio finanziario e sono esecutivi con l'apposizione del visto di regolarità contabile attestante la copertura finanziaria. Con il parere di congruità, il responsabile del servizio interessato attesta sotto la propria personale responsabilità amministrativa e contabile, oltre alla rispondenza dell'atto alla normativa vigente, il rispetto dei criteri di economicità ed efficienza, il comprovato confronto competitivo, anche tenuto conto dei parametri di riferimento relativi agli acquisti in convenzione di cui all'articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n.488, e successive modificazioni, e all'articolo 58 della legge 23 dicembre 2000, n.388.

6. Il parere di congruità è rilasciato anche nella determinazione a contrattare, per l'attestazione relativa alla base di gara, e nella stipulazione di contratti di servizio con le aziende partecipate.

7. I risultati di gestione sono rilevati anche mediante contabilità economica e dimostrati nel rendiconto comprendente il conto del bilancio e il conto del patrimonio.

8. Al rendiconto è allegata una relazione illustrativa della Giunta che esprime le valutazioni di efficacia dell'azione condotta sulla base dei risultati conseguiti in rapporto ai programmi e ai costi sostenuti.

9. Il rendiconto è deliberato dall'organo consiliare entro il 30 aprile dell'anno successivo.».

4. L'articolo 169 del testo unico è sostituito dal seguente:

«Art. 169. - (Piano esecutivo di gestione). - 1. Sulla base del bilancio di previsione annuale deliberato dal consiglio, l'organo esecutivo definisce, prima dell'inizio dell'esercizio, il piano esecutivo di gestione, determinando le attività da svolgere e gli obiettivi da raggiungere e affidando gli stessi, unitamente alle dotazioni necessarie, ai responsabili dei servizi.

2. Il piano esecutivo di gestione contiene un'ulteriore graduazione delle risorse dell'entrata in capitoli, dei servizi in centri di costo e degli interventi in capitoli.

3. L'applicazione dei commi 1 e 2 è facoltativa per i comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti, i quali garantiscono comunque, nel rispetto della propria autonomia organizzativa, la delega ai responsabili dei servizi delle attività da svolgere, degli obiettivi da raggiungere e delle relative dotazioni necessarie.

4. La rendicontazione del piano esecutivo di gestione e la verifica del grado di raggiungimento degli obiettivi assegnati è deliberata dall'organo esecutivo entro il 31 marzo dell'esercizio successivo a quello di riferimento.

5. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle unioni di comuni».

5. L'articolo 196 del testo unico è sostituito dal seguente:

«Art. 196. - (Controllo di gestione). - 1. Al fine di garantire la realizzazione degli obiettivi programmati, la corretta ed economica gestione delle risorse pubbliche, l'imparzialità e il buon andamento della pubblica amministrazione e la trasparenza dell'azione amministrativa, gli enti locali applicano il controllo di gestione secondo le modalità stabilite dai propri statuti e regolamenti di contabilità.

2. Il controllo di gestione è la procedura diretta a verificare lo stato di attuazione degli obiettivi programmati e, attraverso l'analisi delle risorse acquisite e la comparazione tra i costi e la quantità e qualità dei servizi offerti, la funzionalità dell'organizzazione dell'ente, l'efficacia, l'efficenza e il livello di economicità nell'attività di realizzazione dei predetti obiettivi.

3. Il controllo di gestione ha per oggetto l'intera attività amministrativa e gestionale delle province, dei comuni, delle unioni dei comuni e delle città metropolitane ed è svolto con una cadenza periodica definita dal regolamento di contabilità dell'ente. Nei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti e nelle unioni di comuni, il controllo di gestione è affidato al responsabile del servizio economico-finanziario o, in assenza, al segretario comunale, e può essere svolto anche mediante forme di gestione associata con altri enti limitrofi.

4. Il controllo di gestione si articola in almeno tre fasi:

a) predisposizione di un piano dettagliato di obiettivi di cui al piano esecutivo di gestione, ove approvato;

b) rilevazione dei dati relativi ai costi e ai proventi, nonché rilevazione dei risultati raggiunti;

c) valutazione dei dati predetti in rapporto al piano degli obiettivi, al fine di verificare il loro stato di attuazione e di misurare l'efficacia, l'efficienza e il grado di economicità dell'azione intrapresa.

5. Il controllo di gestione è svolto in riferimento ai singoli servizi e centri di costo, ove previsti, verificando in maniera complessiva e per ciascun servizio i mezzi finanziari acquisiti, i costi dei singoli fattori produttivi, i risultati qualitativi e quantitativi ottenuti e, per i servizi a carattere produttivo, i ricavi.

6. La verifica dell'efficacia, dell'efficienza e dell'economicità dell'azione amministrativa è svolta rapportando le risorse acquisite e i costi dei servizi, ove possibile per unità di prodotto, ai dati risultanti dal rapporto annuale sui parametri gestionali dei servizi degli enti locali.

7. La struttura operativa alla quale è assegnata la funzione dei controlli di gestione fornisce, con cadenza periodica e con modalità definite secondo la propria autonomia organizzativa le conclusioni del predetto controllo, agli amministratori, al fini della verifica, dello stato di attuazione, degli obiettivi programmati, e ai responsabili dei servizi, affinché questi ultimi abbiano gli elementi necessari per valutare l'andamento della gestione dei servizi di cui sono responsabili. Il resoconto annuale finale del predetto controllo è trasmesso anche alla Corte dei conti.

8. I revisori sono eletti a maggioranza dei due terzi dei componenti dal consiglio dell'ente locale, salva diversa disposizione statutaria.».

6. Gli articoli 197, 198 e 198-bis del testo unico sono abrogati.

7. Le disposizioni del testo unico in materia di controlli, di programmazione e di controllo di gestione, come modificate dal presente articolo, si applicano fermo restando quanto previsto dall'articolo 16 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150.

 

PROPOSTA DI STRALCIO

S7.100

D'ALIA, SERRA, BALDASSARRI, GERMONTANI, VALDITARA, DE ANGELIS, CONTINI, DIGILIO

Approvata

Stralciare l'articolo.

 

EMENDAMENTI

7.100

MALAN, BALBONI

Precluso

Sopprimere l'articolo.

 

7.1

INCOSTANTE, ADAMO, BIANCO, CECCANTI, DE SENA, DELLA MONICA, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, ARMATO, LEDDI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Precluso

Sopprimere l'articolo.

 

7.2

ADAMO, INCOSTANTE, BIANCO, CECCANTI, DE SENA, DELLA MONICA, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, ARMATO, LEDDI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Precluso

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 7. - (Modifiche del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267). - 1. L'articolo 49 del testo unico è sostituito dal seguente:

"Art. 49. - (Pareri sulle proposte di deliberazione). - 1. Su ogni proposta di deliberazione sottoposta alla Giunta e al consiglio che non sia mero atto di indirizzo deve essere richiesto il parere, in ordine alla sola regolarità tecnica, del responsabile del servizio interessato e, qualora comporti riflessi diretti o indiretti sulla situazione economicofinanziaria o sul patrimonio dell'ente, del responsabile di ragioneria in ordine alla regolarità contabile. I pareri sono inseriti nella deliberazione.

2. Nel caso in cui l'ente non abbia i responsabili dei servizi, il parere è espresso dal segretario dell'ente, in relazione alle sue competenze.

3. I soggetti di cui al comma 1 rispondono in via amministrativa e contabile dei pareri espressi".

2. L'articolo 147 del testo unico è sostituito dai seguenti:

"Art. 147.- (Tipologia dei controlli interni). - 1. Gli enti locali, nell'ambito della loro autonomia normativa e organizzativa, individuano strumenti e metodologie adeguati a:

a) garantire, attraverso il controllo di regolarità amministrativa e contabile, la legittimità, la regolarità e la correttezza dell'azione amministrativa;

b) verificare, attraverso il controllo di gestione, l'efficacia, l'efficienza e l'economicità dell'azione amministrativa, al fine di ottimizzare, anche mediante tempestivi interventi di correzione, il rapporto tra obiettivi, azioni realizzate, risorse impiegate, costi e risultati;

c) valutare il posizionamento strategico dell'ente, l'adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione dei piani, dei programmi e degli altri strumenti di determinazione dell'indirizzo politico rispetto all'evoluzione del contesto ambientale di riferimento;

d) garantire il costante controllo degli equilibri finanziari della gestione di competenza, della gestione dei residui e della gestione di cassa, anche ai fini della realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica di cui al patto di stabilità interno;

e) verificare attraverso l'affidamento e il controllo dello stato di attuazione degli indirizzi e degli obiettivi gestionali assegnati, anche in riferimento all'articolo 170, comma 6, la redazione del bilancio consolidato, l'efficacia, l'efficienza e l'economicità degli organismi gestionali esterni dell'ente;

f) garantire il controllo della qualità dei servizi erogati, sia direttamente, sia mediante organismi gestionali esterni, con l'impiego di metodologie dirette a misurare la soddisfazione degli utenti esterni e interni dell'ente.

2. Le lettere e) e f) del comma 1 si applicano solo ai comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti e alle province. Le disposizioni di cui agli articoli 147-sexies e 147-septies costituiscono obbligo solo per i comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti e per le province.

3. Nell'ambito della loro autonomia normativa e organizzativa, gli enti locali disciplinano il sistema dei controlli interni secondo il principio della distinzione tra funzioni di indirizzo e compiti di gestione, anche in deroga agli altri princìpi di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286, e successive modificazioni. Partecipano all'organizzazione del sistema dei controlli interni il segretario dell'ente, il direttore generale, laddove previsto, tutti i responsabili dei servizi, le unità di controllo, laddove istituite.

4. Per l'effettuazione dei controlli di cui al comma 1, più enti locali possono istituire uffici unici, mediante una convenzione che ne regoli le modalità di costituzione e di funzionamento.

5. Il sistema dei controlli interni deve essere organizzato garantendo l'integrazione con il sistema di valutazione della performance definito ai sensi dell'articolo 16 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150.

6. Le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, nell'esercizio del controllo collaborativo sulla gestione degli enti locali verificano il funzionamento dei controlli interni ai sensi dell'articolo 7, comma 7 della legge 5 giugno 2003, n. 131. A tal fine il sindaco o il presidente della provincia, con il supporto del direttore generale, quando presente, o il segretario negli enti in cui non è prevista la figura del direttore generale, trasmette annualmente alla Sezione regionale di controllo della Corte dei conti un referto sull'efficacia e l'adeguatezza del sistema dei controlli interni adottato, seguendo gli indirizzi emanati in merito dalla Sezione Autonomie della Corte dei conti. Il referto è altresì inviato al presidente del consiglio comunale o provinciale.

Art. 147-bis. - (Controllo di regolarità amministrativa e contabile). - 1. Il controllo di regolarità amministrativa e contabile è assicurato, nella fase preventiva della formazione dell'atto, da ogni responsabile di servizio ed è esercitato attraverso il rilascio del parere di regolarità tecnica atte stante la legittimità, la regolarità e la correttezza dell'azione amministrativa. È inoltre effettuato dal responsabile del servizio finanziario ed è esercitato attraverso il rilascio del parere di regolarità contabile e del visto atte stante la copertura finanziaria.

1-bis. Nei comuni con popolazione superiore a 5.000 abitanti e nelle province, con il parere di regolarità tecnica il responsabile del servizio interessato attesta sotto la propria personale responsabilità amministrativa e contabile, oltre alla rispondenza dell'atto alla normativa vigente, il rispetto dei criteri di economicità ed efficienza, nonché il comprovato confronto competitivo, anche tenuto conto dei parametri di riferimento relativi agli acquisti in convenzione di cui all'articolo 26 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, e successive modificazioni, e all'articolo 58 della legge 23 dicembre 2000, n. 388. Tali verifiche devono risultare nei provvedimenti dei responsabili dei servizi che comportano impegni di spesa, nelle determinazioni a contrattare, per l'attestazione relativa alla base di gara, e nella stipulazione di contratti di servizio con le aziende partecipate.

2. Il controllo di regolarità amministrativa e contabile è inoltre assicurato, nella fase successiva, secondo principi generali di revisione aziendale e modalità definite nell'ambito dell'autonomia organizzativa dell'ente, sotto la direzione del segretario in base alla normativa vigente. Sono soggette al controllo le determinazioni di impegno di spesa, gli atti di accertamento di entrata, gli atti di liquidazione della spesa, i contratti e gli altri atti amministrativi, scelti secondo una selezione casuale effettuata con motivate tecniche di campionamento.

3. Le risultanze del controllo di cui al comma 2 sono trasmesse periodicamente, a cura del segretario, ai responsabili di settore, ai revisori dei conti e agli organi di valutazione dei risultati dei dipendenti, come documenti utili per la valutazione.

Art. 147-ter. - (Controllo di gestione). - 1. Il controllo di gestione è la procedura diretta a verificare lo stato di attuazione degli obiettivi programmati e, attraverso l'analisi delle risorse acquisite e la comparazione tra i costi e la quantità e qualità dei servizi offerti, la funzionalità dell'organizzazione dell'ente, l'efficacia, l'efficienza e il livello di economicità nell'attività di realizzazione dei predetti obiettivi.

2. Il controllo di gestione è svolto secondo modalità definite dal regolamento di contabilità dell'ente, nel rispetto dei principi del presente articolo. Nei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti e nelle unioni di comuni, il controllo di gestione è affidato al responsabile del servizio economicofinanziario o, in assenza, al segretario comunale, e può essere svolto anche mediante forme di gestione associata con altri enti limitrofi.

3. Il controllo di gestione si articola in almeno tre fasi:

a) predisposizione di un piano dettagliato di obiettivi di cui al piano esecutivo di gestione, ove approvato;

b) rilevazione dei dati relativi ai costi e ai proventi, nonché rilevazione dei risultati raggiunti;

c) valutazione dei costi di erogazione dei servizi che tenga conto sia dei costi diretti sia di quelli indiretti, finalizzata alla stima di un costo unitario di produzione comprensivo dei costi indiretti;

d) valutazione dei dati predetti in rapporto al piano degli obiettivi, al fine di verificare il loro stato di attuazione e di misurare l'efficacia, l'efficienza e il grado di economicità dell'azione intrapresa.

4. La verifica dell'efficacia, dell'efficienza e dell'economicità dell'azione amministrativa è svolta confrontando le risorse acquisite, i costi dei servizi e il livello delle prestazioni rese con i parametri gestionali dei servizi resi da altri enti locali.

5. Le risultanze del controllo di gestione sono rivolte agli amministratori, ai fini della verifica dello stato di attuazione degli obiettivi programmati, e ai responsabili dei servizi, affinché questi ultimi abbiano gli elementi necessari per valutare l'andamento della gestione dei servizi di cui sono responsabili.

Art. 147-quater. - (Controllo strategico). - 1. Nell'ambito della propria autonomia normativa e organizzativa l'ente locale definisce metodologie di controllo strategico finalizzate alla rilevazione e alla valutazione degli impatti ottenuti sui bisogni e sulle aspettative della collettività, dello stato di attuazione dei programmi, degli aspetti economico-finanziari connessi ai risultati ottenuti, della qualità erogata e del grado di soddisfazione della domanda espressa.

2. L'organo esecutivo dell'ente presenta al consiglio rapporti periodici sugli esiti del controllo strategico anche al fine di consentire la ricognizione dello stato di attuazione dei programmi e dei progetti secondo le linee approvate dal consigli medesimi.

Art. 147-quinquies. - (Controllo degli equilibri finanziari). - 1. Il controllo degli equilibri finanziari è svolto sotto la direzione e il coordinamento del responsabile del servizio finanziario e mediante la vigilanza dell'organo di revisione, prevedendo il coinvolgimento attivo degli organi di governo, del direttore generale, ove previsto, del segretario e dei responsabili dei servizi, secondo le rispettive responsabilità.

2. Il controllo degli equilibri finanziari è disciplinato nel regolamento di contabilità dell'ente, ed è svolto nel rispetto delle disposizioni dell'ordinamento finanziario e contabile degli enti locali e delle norme che regolano il concorso degli enti locali alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica.

3. il controllo degli equilibri finanziari valuta anche l'andamento economico finanziario degli organismi gestionali esterni negli effetti che si determinano per il bilancio finanziario dell'ente.

Art. 147-sexies. - (Controlli sugli organismi gestionali). - 1. L'ente locale definisce, secondo la propria autonomia organizzativa, un sistema di controlli sugli organismi gestionali partecipati dallo stesso ente locale. Tali controlli sono esercitati dalle strutture proprie dell'ente locale, i cui dirigenti ne assumono la responsabilità.

2. Per l'attuazione di quanto previsto al comma 1, l'amministrazione definisce preventivamente, in riferimento all'articolo 170, comma 6, gli obiettivi gestionali a cui deve tendere, l'organismo partecipato secondo standard qualitativi e quantitativi, e organizza un idoneo sistema informativo finalizzato a rilevare i rapporti finanziari tra l'ente e l'organismo partecipato, la situazione organizzativa, gestionale e contabile delle società, i contratti di servizio, la qualità dei servizi, il rispetto delle norme di legge sui vincoli di finanza pubblica. Gli atti istitutivi delle Società partecipate prevedono obbligatoriamente modalità per l'efficace e tempestivo accesso alle informazioni di cui al primo capoverso da parte degli enti titolari di quote minoritarie al fine di consentire un'adeguata e tempestiva informazione ai cittadini sull'organizzazione e sulla qualità dei servizi.

3. Il sistema dei controlli di cui al comma 1 dovrà prevedere il monitoraggio periodico sull'andamento degli organismi gestionali, analizza gli scostamenti rispetto agli obiettivi assegnati e individua le opportune azioni correttive, anche in riferimento a possibili squilibri economicofinanziari rilevanti per il bilancio dell'ente.

4. I risultati complessivi della gestione dell'ente locale e delle aziende partecipate sono rilevati mediante bilancio consolidato, secondo la competenza economica.

Art. 147-septies. - (Controllo sulla qualità dei servizi). - 1. Il controllo sulla qualità dei servizi erogati riguarda sia i servizi erogati direttamente dall'ente, sia i servizi erogati tramite organismi gestionali partecipati o in appalto ed è svolto secondo modalità definite in base all'autonomia organizzativa dell'ente, tali da assicurare comunque la rilevazione della soddisfazione dell'utente, la gestione dei reclami e il rapporto di comunicazione con i cittadini".

3. L'articolo 151 del testo unico è sostituito dal seguente:

"Art. 151. - (Princìpi in materia di contabilità). - 1. Gli enti locali deliberano entro il 31 dicembre i documenti di programmazione e previsione del sistema di bilancio per l'anno successivo, osservando i principi di unità, annualità, universalità e integrità, veridicità, coerenza, pareggio finanziario, trasparenza e pubblicità, valenza pluriennale del sistema di bilancio, lettura non solo contabile dei documenti, coerenza ed interdipendenza dei vari segmenti del sistema di bilancio. Il termine di cui al primo periodo può essere differito con decreto del Ministro dell'interno, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie locali, in presenza di motivate esigenze.

2. I documenti di programmazione e previsione del sistema di bilancio da deliberare ai sensi del comma l sono la relazione previsionale e programmatica, il bilancio pluriennale, di durata pari a quello della regione di appartenenza, il bilancio annuale di previsione e gli allegati previsti dall'articolo 172 o da altre norme di legge.

3. I documenti di bilancio devono comunque essere redatti in modo da consentirne almeno la lettura per programmi.

4. I provvedimenti dei responsabili dei servizi che comportano impegni di spesa sono trasmessi al responsabile del servizio finanziario e sono esecutivi con l'apposizione del visto di regolarità contabile atte stante la copertura finanziaria.

5. I risultati di gestione sono rilevati anche mediante contabilità economica e dimostrati nel rendiconto comprendente il conto del bilancio, il conto economico ed il conto del patrimonio.

6. Al rendiconto è allegata una relazione illustrativa della Giunta che esprime le valutazioni di efficacia dell'azione condotta sulla base dei risultati conseguiti e dei costi sostenuti in attuazione dei programmi deliberati nella relazione previsionale e programmatica.

7. Il rendiconto è deliberato dall'organo consiliare entro il 30 aprile dell'anno successivo".

4. L'articolo 169 del testo unico è sostituito dal seguente:

"Art. 169. - (Piano esecutivo di gestione). - 1. Ai fini dell'attuazione delle finalità dei programmi deliberati dal consiglio con la relazione previsionale e programmatica, l'organo esecutivo definisce il piano esecutivo di gestione, determinando gli obiettivi da raggiungere e affidando gli stessi, unitamente alle dotazioni necessarie, ai responsabili dei servizi.

2. Il piano esecutivo di gestione contiene un'ulteriore graduazione delle risorse dell'entrata in capitoli degli interventi di spesa in capitoli. La codifica contabile dei capitoli del PEG deve consentire la lettura dei budget di entrata e di spesa assegnati ai responsabili dei servizi, oltre alla chiara distinzione delle responsabilità di destinazione delle risorse da quelle connesse alla gestione dei procedimenti di accertamento delle entrate ed alla gestione dei procedimenti di spesa.

3. L'applicazione dei commi 1 e 2 è facoltativa per i comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti, i quali garantiscono comunque, nel rispetto della propria autonomia organizzativa, la delega ai responsabili dei servizi delle attività da svolgere, degli obiettivi da raggiungere e delle relative dotazioni necessarie.

4. La rendicontazione del piano esecutivo di gestione e la verifica del grado di raggiungimento degli obiettivi assegnati è deliberata dall'organo esecutivo entro il 31 marzo dell'esercizio successivo a quello di riferimento.

5. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle unioni di comuni".

5. Gli articoli 196, 197, 198 e 198-bis del testo unico sono abrogati».

 

7.250

SPADONI URBANI

Precluso

Al comma 1, capoverso «Art. 49», sostituire la parola: «richiesto» con la seguente: «acquisito» e dopo le parole: «I pareri sono inseriti», inserire le seguenti: «per esteso».

 

7.3

MAZZATORTA, MAURO, BODEGA, VALLARDI, VALLI

Precluso

Dopo il comma 1, inserire il seguente:

«1-bis. All'articolo 100 del testo unico, dopo le parole: "violazione dei doveri d'ufficio" sono inserite le seguenti: "e per violazione degli obblighi connessi alle funzioni assegnate"».

 

7.251

VALENTINO

Ritirato

Dopo il comma 1, inserire il seguente:

«1-bis) al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 58, comma 1, lettera b), le parole: "317 (concussione), 318 (corruzione per un atto d'ufficio), 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio), 319-ter (corruzione in atti giudiziari), 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio)" sono sostituite dalle seguenti: "317 (corruzione), 322 (istigazione alla corruzione) 322-bis (peculato, concussione, corruzione e istigazione alla corruzione di membri degli organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri) e 629 (estorsione)";

b) all'articolo 59, comma 1, lettera a), le parole: "317, 318, 319, 319-ter e 320" sono sostituite dalle seguenti: "318, 322, 322-bis e 629"».

 

7.4

INCOSTANTE, ADAMO, BIANCO, CECCANTI, DE SENA, DELLA MONICA, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, ARMATO, LEDDI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Precluso

Al comma 2, capoverso «Art. 147», nel comma 1, sostituire la lettera b) con la seguente:

«b) verificare, attraverso il controllo di gestione, l'efficacia, l'efficienza e l'economicità dell'azione amministrativa, al fine di ottimizzare, anche mediante tempestivi interventi di correzione, il rapporto tra obiettivi, azioni realizzate, risorse impiegate, costi e risultati».

Conseguentemente,

a) al medesimo capoverso, sostituire il comma 3 con il seguente:

«3. Nell'ambito della loro autonomia normativa e organizzativa, gli enti locali disciplinano il sistema dei controlli interni secondo il principio della distinzione tra funzioni di indirizzo e compiti di gestione, anche in deroga agli altri principi di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286, e successive modificazioni. Partecipano all'organizzazione del sistema dei controlli interni il segretario dell'ente, il direttore generale, laddove previsto, tutti i responsabili dei servizi, le unità di controllo, laddove istituite»;

b) al medesimo capoverso, dopo il comma 4 aggiungere il seguente:

«5. Le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, nell'esercizio del controllo collaborativo sulla gestione degli enti locali verificano il funzionamento dei controlli interni ai sensi dell'articolo 7, comma 7, della legge 5 giugno 2003, n. 131. A tal fine il sindaco o il presidente della provincia, con il supporto del direttore generale, quando presente, o il segretario negli enti in cui non è prevista la figura del direttore generale, trasmette annualmente alla Sezione regionale di controllo della Corte dei conti un referto sull'efficacia e l'adeguatezza del sistema dei controlli interni adottato, seguendo gli indirizzi emanati in merito dalla Sezione Autonomie della Corte dei conti. Il referto è altresì inviato al presidente del consiglio comunale o provinciale»;

c) al capoverso articolo 147-bis sostituire il comma 3 con il seguente:

«3. Le risultanze del controllo di cui al comma 2 sono trasmesse periodicamente, a cura del segretario, ai responsabili di settore, ai revisori dei conti e agli organi di valutazione dei risultati dei dipendenti, come documenti utili per la valutazione»;

d) sostituire i capoversi articolo 147-quinquies e articolo 147-sexies con i seguenti:

«Art. 147-quinquies. - (Controllo degli equilibri finanziari). - 1. Il controllo degli equilibri finanziari è svolto sotto la direzione e il coordinamento del responsabile del servizio finanziario e mediante la vigilanza dell'organo di revisione, prevedendo il coinvolgimento attivo degli organi di governo, del direttore generale, ove previsto, del segretario e dei responsabili dei servizi, secondo le rispettive responsabilità.

2. Il controllo degli equilibri finanziari è disciplinato nel regolamento di contabilità dell'ente, ed è svolto nel rispetto delle disposizioni dell'ordinamento finanziario e contabile degli enti locali e delle norme che regolano il concorso degli enti locali alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica.

3. il controllo degli equilibri finanziari valuta anche l'andamento economico finanziario degli organismi gestionali esterni negli effetti che si determinano per il bilancio finanziario dell'ente.

Art. 147-sexies. - (Controlli sugli organismi gestionali). - 1. L'ente locale definisce, secondo la propria autonomia organizzativa, un sistema di controlli sugli organismi gestionali partecipati dallo stesso ente locale. Tali controlli sono esercitati dalle strutture proprie dell'ente locale, i cui dirigenti ne assumono la responsabilità,

2. Per l'attuazione di quanto previsto al comma 1, l'amministrazione definisce preventivamente, in riferimento all'articolo 170, comma 6, gli obiettivi gestionali a cui deve tendere, l'organismo partecipato secondo standard qualitativi e quantitativi, e organizza un idoneo sistema informativo finalizzato a rilevare i rapporti finanziari tra l'ente e l'organismo partecipato, la situazione organizzativa, gestionale e contabile delle società, i contratti di servizio, la qualità dei servizi, il rispetto delle norme di legge sui vincoli di finanza pubblica. Gli atti istitutivi delle Società partecipate prevedono obbligatoriamente modalità per l'efficace e tempestivo accesso alle informazioni di cui al primo capoverso da parte degli enti titolari di quote minoritarie al fine di consentire un'adeguata e tempestiva informazione ai cittadini sull'organizzazione e sulla qualità dei servizi.

3. Il sistema dei controlli di cui al comma 1 dovrà prevedere il monitoraggio periodico sull'andamento degli organismi gestionali, analizza gli scostamenti rispetto agli obiettivi assegnati e individua le opportune azioni correttive, anche in riferimento a possibili squilibri economico-finanziari rilevanti per il bilancio dell'ente.

4. I risultati complessivi della gestione dell'ente locale e delle aziende partecipate sono rilevati mediante bilancio consolidato, secondo la competenza economica».

 

7.252

POLI BORTONE, VIESPOLI, CARDIELLO, CARRARA, CASTIGLIONE, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA

Precluso

Al comma 2, capoverso «Art. 147», sostituire la lettera b) con la seguente:

«b) verificare, attraverso il controllo di gestione, l'efficacia, l'efficienza e l'economicità dell'azione amministrativa, al fine di ottimizzare, anche mediante tempestivi interventi di correzione, il rapporto tra obiettivi, azioni realizzate, risorse impiegate, costi e risultati».

Conseguentemente:

a) al medesimo capoverso, sostituire il comma 3 con il seguente:

«3. Nell'ambito della loro autonomia normativa e organizzativa, gli enti locali disciplinano il sistema dei controlli interni secondo il principio della distinzione tra funzioni di indirizzo e compiti di gestione, anche in deroga agli altri principi di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n.286, e successive modificazioni. Partecipano all'organizzazione del sistema dei controlli interni il segretario dell'ente, il direttore generale, laddove previsto, tutti i responsabili dei servizi, le unità di controllo, laddove istituite»;

b) al medesimo capoverso, dopo il comma 4 aggiungere il seguente:

«4-bis. Le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, nell'esercizio del controllo collaborativo sulla gestione degli enti locali verificano il funzionamento dei controlli interni ai sensi dell'articolo 7, comma 7, della legge 5 giugno 2003, n.131. A tal fine il sindaco o il presidente della provincia, con il supporto del direttore generale, quando presente, o il segretario negli enti in cui non è prevista la figura del direttore generale, trasmette annualmente alla Sezione regionale di controllo della Corte dei conti un referto sull'efficacia e l'adeguatezza del sistema dei controlli interni adottato, seguendo gli indirizzi emanati in merito dalla Sezione Autonomie della Corte dei conti. Il referto è altresì inviato al presidente del consiglio comunale o provinciale»;

c) al capoverso articolo 147-bis sostituire il comma 3 con il seguente:

«3. Le risultanze del controllo di cui al comma 2 sono trasmesse periodicamente, a cura del segretario, ai responsabili di settore, ai revisori dei conti e agli organi di valutazione dei risultati dei dipendenti, come documenti utili per la valutazione»;

d) sostituire i capoversi articolo 147-quinquies e articolo 147-sexiescon i seguenti:

 

«Art. 147-quinquies.

(Controllo degli equilibri finanziari)

1. Il controllo degli equilibri finanziari è svolto sotto la direzione e il coordinamento del responsabile del servizio finanziario e mediante la vigilanza dell'organo di revisione, prevedendo il coinvolgimento attivo degli organi di governo, del direttore generale, ove previsto, del segretario e dei responsabili dei servizi, secondo le rispettive responsabilità.

2. Il controllo degli equilibri finanziari è disciplinato nel regolamento di contabilità dell'ente, ed è svolto nel rispetto delle disposizioni dell'ordinamento finanziario e contabile degli enti locali e delle norme che regolano il concorso degli enti locali alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica.

3. il controllo degli equilibri finanziari valuta anche l'andamento economico finanziario degli organismi gestionali esterni negli effetti che si determinano per il bilancio finanziario dell'ente.

 

Art. 147-sexies.

(Controlli sugli organismi gestionali)

1. L'ente locale definisce, secondo la propria autonomia organizzativa, un sistema di controlli sugli organismi gestionali partecipati dallo stesso ente locale. Tali controlli sono esercitati dalle strutture proprie dell'ente locale, i cui dirigenti ne assumono la responsabilità.

2. Per l'attuazione di quanto previsto al comma 1, l'amministrazione definisce preventivamente, in riferimento all'articolo 170, comma 6, gli obiettivi gestionali a cui deve tendere, l'organismo partecipato secondo standard qualitativi e quantitativi, e organizza un idoneo sistema informativo finalizzato a rilevare i rapporti finanziari tra l'ente e l'organismo partecipato, la situazione organizzativa, gestionale e contabile delle società, i contratti di servizio, la qualità dei servizi, il rispetto delle norme di legge sui vincoli di finanza pubblica. Gli atti istitutivi delle Società partecipate prevedono obbligatoriamente modalità per l'efficace e tempestivo accesso alle informazioni di cui al primo capoverso da parte degli enti titolari di quote minoritarie al fine di consentire un'adeguata e tempestiva informazione ai cittadini sull'organizzazione e sulla qualità dei servizi.

3. Il sistema dei controlli di cui al comma 1 dovrà prevedere il monitoraggio periodico sull'andamento degli organismi gestionali, analizza gli scostamenti rispetto agli obiettivi assegnati e individua le opportune azioni correttive, anche in riferimento a possibili squilibri economico-finanziari rilevanti per il bilancio dell'ente.

4. I risultati complessivi della gestione dell'ente locale e delle aziende partecipate sono rilevati mediante bilancio consolidato, secondo la competenza economica».

 

7.5

PARDI, LI GOTTI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Precluso

Al comma 2, capoverso «Art. 147», nel comma 1 aggiungere, in fine, la seguente lettera:

«f-bis) garantire la misurazione, valutazione e rendicontazione della performance nonché la trasparenza in ogni fase del ciclo di gestione della performance».

 

7.6

MAZZATORTA, MAURO, BODEGA, VALLARDI, VALLI

Precluso

Al comma 2, capoverso «Art. 147», nel comma 2, sostituire la parola: «5.000» con la seguente: «15.000».

7.7

MAZZATORTA, MAURO, BODEGA, VALLARDI, VALLI

Precluso

Al comma 2, capoverso «Art. 147», nel comma 3, sopprimere le seguenti parole: «il segretario dell'ente, il direttore generale, laddove previsto».

 

7.8

MAZZATORTA, MAURO, BODEGA, VALLARDI, VALLI

Precluso

Al comma 2, capoverso «Art. 147», nel comma 4, dopo le parole: «possono istituire», inserire le seguenti: «, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica».

7.9

MAZZATORTA, MAURO, BODEGA, VALLARDI, VALLI

Precluso

Al comma 2, capoverso «Art. 147-bis», nel comma 1, sopprimere le parole: «e contabile»; sostituire le parole: «è inoltre» con le seguenti: «di regolarità contabile è».

 

7.10

MAZZATORTA, MAURO, BODEGA, VALLARDI, VALLI

Precluso

Al comma 2, capoverso «Art. 147-bis», nel comma 2, sopprimere le seguenti parole: «sotto la direzione del segretario in base alla normativa vigente».

Conseguentemente, nel comma 3 del medesimo capoverso, sopprimere le seguenti parole: «, a cura del segretario,».

 

7.253

SPADONI URBANI

Precluso

Al comma 2, capoverso «Art. 147-bis», comma 2, dopo le parole: «effettuata con motivate tecniche di campionamento» aggiungere le seguenti: «almeno su una percentuale pari o superiore al 30% del totale».

 

7.11

CASSON, CECCANTI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, GARRAFFA, LUMIA, MARITATI, DELLA MONICA

Precluso

Al comma 2, capoverso «Art. 147-bis», comma 3, dopo le parole: «sono trasmesse» sostituire la parola: «periodicamente» con le seguenti: «ogni quattro mesi».

 

7.12

CASSON, CECCANTI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, GARRAFFA, LUMIA, MARITATI, DELLA MONICA

Precluso

Al comma 2, capoverso «Art. 147-bis», comma 3, dopo le parole «sono trasmesse» sostituire la parola: «periodicamente» con le seguenti: «ogni tre mesi».

 

7.13

MAZZATORTA, MAURO, BODEGA, VALLARDI, VALLI

Precluso

Al comma 2, capoverso «Art. 147-ter», dopo il comma 2 aggiungere il seguente:

«2-bis. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano solo ai Comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti e alle Province».

 

7.254

SPADONI URBANI

Precluso

Al comma 2, capoverso «Art. 147-quater», comma 3, sostituire la parola: «periodico», con la seguente: «semestrale».

 

7.255

POLI BORTONE, VIESPOLI, CARDIELLO, CARRARA, CASTIGLIONE, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA

Precluso

Al comma 2, capoverso «Art. 147-quater» sostituire il comma 4 con il seguente:

«4. I risultati della gestione economica e di quella patrimoniale sono rilevati mediante contabilità economica (o generale). Il contenuto del conto economico e dello stato patrimoniale, il cui modello sarà approvato con apposito decreto, dovrà essere coerente con la classificazione del codice civile al fine di rendere possibile il consolidamento con il bilancio degli organismi partecipati. I principi di redazione del conto economico e dello stato patrimoniale ed i criteri di valutazione sono quelli indicati dagli articoli 2424 e seguenti del codice civile salvo diverse disposizioni normative. Nella redazione del rendiconto occorre rispettare i principi contabili degli enti locali».

 

7.15

MAZZATORTA, MAURO, BODEGA, VALLARDI, VALLI

Precluso

Al comma 2, capoverso «Art. 147-quater», al comma 4 sostituire le parole: «sono rilevati» con le seguenti: «possono essere rilevati».

 

7.16

PARDI, LI GOTTI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Precluso

Al comma 2, capoverso «Art. 147-quater», dopo il comma 4 aggiungere il seguente:

«4-bis. Sulle eventuali responsabilità per danno all'erario derivanti dall'inosservanza dei criteri di sana gestione delle società di cui al presente articolo, giudica la Corte dei conti».

 

7.17

MAZZATORTA, MAURO, BODEGA, VALLARDI, VALLI

Precluso

Al comma 2, capoverso «Art. 147-quinquies» al comma 1 sopprimere le seguenti parole: «tali da assicurare comunque la rilevazione della soddisfazione dell'ente, la gestione dei reclami e il rapporto di comunicazione con i cittadini».

 

7.18

MAZZATORTA, MAURO, BODEGA, VALLARDI, VALLI

Precluso

Al comma 2, capoverso «Art. 147-sexies» nel comma 1, sostituire la parola: «5.000» con la seguente: «15.000».

 

7.19

MAZZATORTA, MAURO, BODEGA, VALLARDI, VALLI

Precluso

Al comma 3, capoverso «Art. 151», nel comma 1, sostituire le parole: «dell'economia e delle finanze» con le seguenti: «dell'interno».

 

7.20

PARDI, LI GOTTI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Precluso

Al comma 3, capoverso «Art. 151», nel comma 4, dopo le parole: «impegni di spesa» inserire le seguenti: « o riflessi sulla situazione economico-finanziaria o sul patrimonio dell'ente».

 

7.21

MAZZATORTA, MAURO, BODEGA, VALLARDI, VALLI

Precluso

Al comma 3, capoverso «Art. 151», nel comma 5, sostituire la parola: «5.000» con la seguente: «15.000».

 

7.256

SPADONI URBANI

Precluso

Al comma 4, capoverso «Art. 169», comma 3, sostituire le parole: «inferiore a 15.000» con le seguenti: «fino a 5.000».

 

7.23

MAZZATORTA, MAURO, BODEGA, VALLARDI, VALLI

Precluso

Al comma 5, capoverso «Art. 196», nel comma 1 sostituire la parola: «applicano» con le seguenti: «possono applicare».

 

7.24 (testo corretto)

MAZZATORTA, MAURO, BODEGA, VALLARDI, VALLI

Precluso

Al comma 5, capoverso «Art. 196», nel comma 3, secondo periodo, sostituire la parola: «5.000» con la seguente: «15.000».

 

7.25

MAZZATORTA, MAURO, BODEGA, VALLARDI, VALLI

Precluso

Al comma 5, capoverso «Art. 196», nel comma 3, secondo periodo, sopprimere le seguenti parole: «o, in assenza, al segretario comunale».

 

7.26

MAZZATORTA, MAURO, BODEGA, VALLARDI, VALLI

Precluso

Al comma 5, capoverso «Art. 196», sopprimere il comma 8.

 

7.28

PARDI, LI GOTTI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Precluso

Dopo il comma 6, inserire il seguente:

«6-bis. Nelle more della loro soppressione, le comunità montane restano comunque sottoposte al controllo di gestione ai sensi della legislazione vigente».

 

7.257

PISTORIO, OLIVA

Precluso

Al comma 7, dopo le parole: «si applicano», inserire le seguenti: «nelle Regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e di Bolzano solo in quanto compatibili con le disposizioni previste dagli statuti e dalle relative norme di attuazione in materia, e».

 

EMENDAMENTI TENDENTI AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 7

 

7.0.250

VALENTINO

Improponibile

Dopo l'articolo 7, inserire il seguente:

«Art. 7-bis.

1. All'articolo 159, comma 3, della legge 16 febbraio 1913, n. 89, e successive modificazioni, le parole: "truffa e calunnia", sono sostituite dalle seguenti: "truffa, calunnia ed estorsione"».

 

7.0.251

VALENTINO

Ritirato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 7-bis.

1. All'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 17 settembre 1993, n.369, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 novembre 1993, n.461, le parole: "317, 318, primo comma, 319, 319-ter, 320, 321, 323, secondo comma, e 326, terzo comma, prima parte," sono sostituite dalle seguenti: "318, 323, secondo comma, 326, terzo comma, prima parte, e, limitatamente ai fatti commessi da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti alla sua qualità o alle sue funzioni, 629, secondo comma,"».

 

7.0.252

SPADONI URBANI

Improcedibile

Dopo l'articolo 7, inserire il seguente:

«Art. 7-bis.

(Prezzario regionale e rotazione incarichi negli enti locali)

1. All'articolo 5 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 è aggiunto il seguente comma:

"6. I prezzari regionali in vigore possono essere modificati, per il triennio 2002/2005, esclusivamente per l'eventuale aggiornamento dei prezzi alla dinamica inflattiva in misura non superiore al 75% del tasso di inflazione rilevato dall'ISTAT".

2. All'articolo 109 del decreto legislativo 267, 18 agosto 2000, al comma 1, dopo le parole "a tempo determinato" sono aggiunte le seguenti: "per non più di un biennio, rinnovabile per una sola volta, dopo di che si procede a rotazione dell'incarico con altro dirigente,".

3. All'articolo 109 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 dopo il comma 2, è aggiunto il seguente:

"2-bis. I contratti di cui ai precedenti commi devono essere risolti all'interno del mandato elettivo del sindaco o del presidente della provincia in carica. Nel caso in cui alla scadenza prevista non sia stato possibile l'espletamento dell'incarico, il rinnovo potrà avvenire previa nuova puntuale convenzione che tenga conto delle ragioni del mancato rispetto temporale"».

 

7.0.253

VALENTINO

Ritirato

Dopo l'articolo 7, inserire il seguente:

«Art. 7-bis.

1. All'articolo 3, comma 1, della legge 27 marzo 2001, n.97, le parole: "317, 318, 319, 3l9-ter e 320" sono sostituite dalle seguenti: "318, 322, 322-bis e 629, secondo comma,"».

 

7.0.254

VALENTINO

Ritirato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 7-bis.

1. L'articolo 25 del decreto legislativo 8 giugno 200 l, n. 231, è sostituito dal seguente:

"Art. 25. - (Corruzione e traffico di influenze illecite). - 1. In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 318, 322, 322-bis e 346, primo, secondo e quarto comma, del codice penale, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da duecento a seicento quote.

2. In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 317, secondo comma, e 346, quinto comma, del codice penale, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da trecento a ottocento quote.

3. Le sanzioni pecuniarie previste per i delitti di cui ai commi l e 2 si applicano all'ente anche quando tali delitti sono stati commessi dalle persone indicate negli articoli 357, secondo comma, e 358, secondo comma, del codice penale"».

 

 

ARTICOLO 8 DEL DISEGNO DI LEGGE N. 2156

Art. 8.

 

Stralciato

(Revisione economico-finanziaria)

1. All'articolo 234 del testo unico sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 2 è sostituito dai seguenti:

«2. I componenti del collegio dei revisori sono scelti, sulla base dei criteri individuati dallo statuto dell'ente, volti a garantire specifica professionalità e privilegiare il credito formativo:

a) tra gli iscritti all'ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili;

b) tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili.

2-bis. Il credito formativo deriva anche dalla partecipazione a specifici corsi di formazione organizzati, tra gli altri, dalla Scuola superiore dell'Amministrazione dell'interno e dalla Scuola superiore per la formazione e la specializzazione dei dirigenti della pubblica amministrazione locale, che possono a tale fine stipulare specifiche convenzioni con l'ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e con l'Istituto dei revisori dei conti.»;

b) al comma 3, le parole: «15.000 abitanti» sono sostituite dalle seguenti: «5.000 abitanti»;

c) dopo il comma 3 è inserito il seguente:

«3-bis. Nei comuni con popolazione compresa tra 5.000 e 15.000 abitanti la revisione economico-finanziaria è affidata, secondo i criteri definiti dallo statuto, ad un revisore unico o, a parità di oneri, ad un collegio composto di tre membri. In mancanza di definizione statutaria la revisione è affidata ad unico revisore.».

2. Al comma 2 dell'articolo 236 del testo unico, le parole: «dai membri dell'organo regionale di controllo» sono soppresse.

3. All'articolo 239 del testo unico sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, la lettera b) è sostituita dalla seguente:

«b) pareri, con le modalità stabilite dal regolamento, in materia di:

1) strumenti di programmazione economico-finanziaria;

2) proposta di bilancio di previsione e relative variazioni;

3) modalità di gestione dei servizi e proposte di costituzione o di partecipazione ad organismi esterni;

4) proposte di ricorso all'indebitamento;

5) proposte di utilizzo di strumenti di finanza innovativa;

6) proposte di riconoscimento di debiti fuori bilancio e transazioni;

7) proposte di regolamento di contabilità, economato-provveditorato, patrimonio e di applicazione dei tributi locali;»;

b) al comma 1, dopo la lettera c) è inserita la seguente:

«c-bis) controllo periodico trimestrale della regolarità amministrativa e contabile della gestione diretta e indiretta dell'ente; verifica della regolare tenuta della contabilità, della consistenza di cassa e dell'esistenza dei valori e dei titoli di proprietà;»;

c) dopo il comma 1 è inserito il seguente:

«1-bis. Nei pareri di cui alla lettera b) del comma 1 è espresso un motivato giudizio di congruità, di coerenza e di attendibilità contabile delle previsioni di bilancio e dei programmi e progetti, anche tenuto conto dell'attestazione del responsabile del servizio finanziario ai sensi dell'articolo 153, delle variazioni rispetto all'anno precedente, dell'applicazione dei parametri di deficitarietà strutturale e di ogni altro elemento utile. Nei pareri sono suggerite all'organo consiliare le misure atte ad assicurare l'attendibilità delle impostazioni. I pareri sono obbligatori. L'organo consiliare è tenuto ad adottare i provvedimenti conseguenti o a motivare adeguatamente la mancata adozione delle misure proposte dall'organo di revisione.»;

d) al comma 2, la lettera a) è sostituita dalla seguente:

«a) da parte della Corte dei conti i rilievi e le decisioni assunti a tutela della sana gestione finanziaria dell'ente;».

 

PROPOSTA DI STRALCIO

S8.100

D'ALIA, SERRA, BALDASSARRI, GERMONTANI, VALDITARA, DE ANGELIS, CONTINI, DIGILIO

Approvata

Stralciare l'articolo 8.

 

EMENDAMENTI

 

8.100

MALAN, BALBONI

Precluso

Sopprimere l'articolo.

 

8.1

ADAMO, INCOSTANTE, BIANCO, CECCANTI, DE SENA, DELLA MONICA, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, ARMATO, LEDDI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Precluso

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 8. - (Revisione economico finanziaria). - 1. All'articolo 234 del testo unico sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

"1. I consigli comunali, provinciali e delle città metropolitane eleggono a maggioranza dei due terzi dei componenti, salva diversa disposizione statutaria, un collegio di revisori composto da tre membri";

b) il comma 2 è sostituito dai seguenti:

"2. I componenti del collegio dei revisori sono scelti, sulla base dei criteri individuati dallo statuto dell'ente, volti a garantire specifica professionalità e privilegiare il credito formativo:

a) tra gli iscritti all'Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili;

b) tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili.

2-bis. Il credito formativo deriva anche dalla partecipazione a specifici corsi di formazione organizzati, tra gli altri, dalla Scuola superiore dell'Amministrazione dell'interno e dalla Scuola superiore per la formazione e la specializzazione dei dirigenti della pubblica amministrazione locale, che possono a tal fine stipulare specifiche convenzioni con l'Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e con l'Istituto dei revisori dei conti";

c) al comma 3, le parole: "15.000 abitanti" sono sostituite dalle seguenti: "5.000 abitanti". Le parole: "«a maggioranza assoluta dei membri" sono sostituite dalle seguenti: "a maggioranza dei due terzi dei componenti, salva diversa disposizione statutaria,";

d) dopo il comma 3 è inserito il seguente:

"3-bis. Nei comuni con popolazione compresa tra 5.000 e 15.000 abitanti la revisione economico finanziaria è affidata, secondo i criteri definiti dallo statuto, ad un revisore unico o, a parità di oneri, ad un collegio composto di tre membri. In mancanza di definizione statutaria la revisione è affidata ad unico revisore".

2. Al comma 2 dell'articolo 236 del testo unico, le parole: «dai membri dell'organo regionale di controllo,» sono soppresse.

3. All'articolo 239 del testo unico sono apportate le seguenti modificazioni:

a) alla lettera a) del comma 1, dopo la parola: "regolamento" sono inserite le seguenti: "di contabilità";

b) la lettera b) del comma 1 è sostituita dalla seguente:

"b) pareri, con le modalità stabilite dal regolamento di contabilità, in materia di:

1) strumenti di programmazione economico-finanziaria;

2) proposta di bilancio di previsione e relative variazioni;

3) modalità di gestione dei servizi e proposte di costituzione o di partecipazione ad organismi esterni;

4) proposte di ricorso all'indebitamento;

5) proposte di utilizzo di strumenti di finanza innovativa;

6) proposte di riconoscimento di debiti fuori bilancio e transazioni;

7) proposte di regolamento di contabilità, economato-provveditorato, patrimonio e di applicazione dei tributi locali";

c) al comma 1, dopo la lettera c) è inserita la seguente:

"c-bis) controllo periodico trimestrale della regolarità amministrativa e contabile della gestione diretta e indiretta dell'ente; verifica della regolare tenuta della contabilità, della consistenza di cassa e dell'esistenza dei valori e dei titoli di proprietà";

d) dopo il comma 1 è inserito il seguente:

"1-bis. Nei pareri di cui alla lettera b) del comma 1 è espresso un motivato giudizio di congruità, di coerenza e di attendibilità contabile delle previsioni di bilancio e dei programmi e progetti, anche tenuto conto dell'attestazione del responsabile del servizio finanziario ai sensi dell'articolo 153, delle variazioni rispetto all'anno precedente, dell'applicazione dei parametri di deficitarietà strutturale e di ogni altro elemento utile. Nei pareri sono suggerite all'organo consiliare le misure atte ad assicurare l'attendibilità. delle impostazioni. Nei pareri sono obbligatori. L'organo consiliare è tenuto ad adottare i provvedimenti conseguenti o a motivare adeguatamente la mancata adozione delle misure proposte dall'organo di revisione";

e) la lettera a) del comma 2 è sostituita dalla seguente:

"a) da parte della Corte dei conti i rilievi e le decisioni assunti a tutela della sana gestione finanziaria dell'ente"».

 

8.2

INCOSTANTE, ADAMO, BIANCO, CECCANTI, DE SENA, DELLA MONICA, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, ARMATO, LEDDI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Precluso

Al comma 1 apportare le seguenti modifiche:

«a) premettere la lettera 0a):

"0a) il comma 1 è sostituito dal seguente:

"1. I revisori sono eletti a maggioranza dei due terzi dei componenti dal consiglio dell'ente locale";

b) sostituire la lettera a) con la seguente:

"a) il comma 2 è sostituito dai seguenti:

"2. I componenti del collegio dei revisori sono scelti, sulla base dei criteri individuati dallo statuto dell'ente, volti a garantire specifica professionalità e privilegiare il credito formativo:

"a) uno tra gli iscritti ai registro dei revisori legali;

b) due tra gli iscritti all'albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili. Il presidente deve in ogni caso essere iscritto ai registro dei revisori legali".

2-bis. Il credito formativo deriva anche dalla partecipazione a specifici corsi di formazione organizzati, tra gli altri, dalla Scuola superiore dell'Amministrazione dell'interno e dalla Scuola superiore per la formazione e la specializzazione dei dirigenti della pubblica amministrazione locale, che possono a tal fine stipulare specifiche convenzioni con il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili";

c) sostituire la lettera c) con la seguente:

"c) il comma 3 è sostituito dal seguente:

'3. Nei Comuni con popolazione compresa tra 5.001 e 15.000 abitanti che al momento dell'elezione dell'organo di revisione abbiano, secondo l'ultimo rendiconto approvato, una cifra inferiore a 8 milioni di euro relativamente ai primi tre titoli delle entrate correnti, escludendo gli eventuali contributi straordinari derivanti da calamità naturali, la revisione economico-finanziaria è affidata ad un revisore unico eletto dal Consiglio Comunale a maggioranza del 70 per cento dei membri. Nei Comuni con popolazione non superiore a 5.000 abitanti la revisione economico-finanziaria è affidata ad un solo revisore eletto dal Consiglio Comunale a maggioranza del 70 per cento dei membri e scelto tra i soggetti di cui al comma 2'"».

 

8.5

MAZZATORTA, MAURO, BODEGA, VALLARDI, VALLI

Precluso

Al comma 1, lettera a), sopprimere il capoverso 2-bis.

 

8.6

MAZZATORTA, MAURO, BODEGA, VALLARDI, VALLI

Precluso

Al comma 1, sopprimere le lettere b) e c).

 

8.250

SPADONI URBANI

Precluso

Al comma 1, lettera c), capoverso «3-bis», sostituire la parola: «15.000» con la seguente: «10.000».

 

8.8

PARDI, LI GOTTI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Precluso

Al comma 1, dopo la lettera c) inserire la seguente:

«c-bis) dopo il comma 4 sono inseriti i seguenti:

"4-bis. Per le finalità dei commi precedenti viene istituito presso le sezioni regionali della Corte dei conti un elenco degli addetti alla revisione legale negli enti locali, cui sono iscritti i soggetti, aventi i requisiti di cui ai commi precedenti;

4-ter. L'albo è aggiornato con cadenza semestrale, sulla base delle domande e delle rinunce intervenute rispettivamente entro il 30 giugno e 31 dicembre di ciascun esercizio finanziario"».

 

8.10

INCOSTANTE, ADAMO, BIANCO, CECCANTI, DE SENA, DELLA MONICA, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, ARMATO, LEDDI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Precluso

Dopo il comma 1 inserire il seguente:

«1-bis. Al primo comma dell'articolo 235 del testo unico dopo le parole "sono rieleggibili" aggiungere la seguente "consecutivamente"».

 

8.251

POLI BORTONE, VIESPOLI, CARDIELLO, CARRARA, CASTIGLIONE, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA

Precluso

Dopo il comma 3, aggiungere il seguente:

«3-bis. Le unioni dei comuni e le comunità montane, ove istituiti, hanno un unico collegio dei revisori eletto a maggioranza dei due terzi dei consiglieri di tutti i comuni partecipanti all'unione o alla comunità convocati in seduta comune».

 

EMENDAMENTI TENDENTI AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 8

 

8.0.1 (testo corretto)

D'ALIA, DELLA MONICA, SERRA, BALDASSARRI, GERMONTANI, VALDITARA, DE ANGELIS, CONTINI, DIGILIO

Improponibile

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 8-bis.

1. Entro tre mesi dalla proclamazione, i membri del Senato della Repubblica e quelli della Camera dei deputati depositano presso l'Autorità garante della concorrenza e del mercato i seguenti atti:

a) una dichiarazione, contenente la formula «sul mio onore affermo che questa dichiarazione corrisponde al vero» e resa ai sensi degli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, concernente:

1) i diritti reali su beni immobili e su beni mobili iscritti in pubblici registri, detenuti in proprio o per interposta persona;

2) le azioni di società, detenute in proprio o per interposta persona;

3) le quote di partecipazione a società, detenute in proprio o per interposta persona;

4) l'esercizio di funzioni di amministratore o di sindaco di società, ovvero le situazioni in cui ad essi si applica l'articolo 2639 del codice civile, ai fini dell'identifIcazione dell'amministratore di fatto;

b) copia dell'ultima dichiarazione dei redditi soggetti all'imposta sui redditi delle persone fIsiche;

c) una dichiarazione, contenente la formula «sul mio onore affermo che questa dichiarazione corrisponde al vero» e resa ai sensi degli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, concernente le spese sostenute e le obbligazioni assunte per la propaganda elettorale, oppure l'attestazione di essersi avvalsi esclusivamente di materiali e di mezzi propagandistici predisposti e messi a disposizione dal partito o dalla formazione politica della cui lista hanno fatto parte. Alla dichiarazione debbono essere allegate le copie delle dichiarazioni di cui al terzo comma dell'articolo 4 della legge 18 novembre 1981, n. 659, e successive modificazioni, relative agli eventuali contributi ricevuti.

2. Le dichiarazioni di cui alle lettere a) e b) del comma 1 concernono anche la situazione patrimoniale e la dichiarazione dei redditi del coniuge non separato e dei figli conviventi e dei parenti conviventi entro il secondo grado.

3. I senatori di diritto, ai sensi dell'articolo 59 della Costituzione, e i senatori nominati ai sensi del secondo comma del medesimo articolo 59, sono tenuti a depositare presso l'ufficio di presidenza del Senato della Repubblica le dichiarazioni di cui alle lettere a) e b) del comma 1 del presente articolo entro tre mesi, rispettivamente, dalla cessazione dall'ufficio di Presidente della Repubblica o dalla comunicazione della nomina.

4. Entro un mese dalla scadenza del termine utile per la presentazione della dichiarazione dei redditi soggetti all'imposta sui redditi delle persone fisiche, i soggetti indicati al comma 1 sono tenuti a depositare un'attestazione concernente le variazioni della situazione patrimoniale di cui alla lettera a) del comma 1 intervenute nell'anno precedente e copia della dichiarazione dei redditi. A tale adempimento annuale si applica il comma 2.

5. Entro i tre mesi successivi alla cessazione dal mandato, i soggetti indicati al comma 1 sono tenuti a depositare una dichiarazione concernente le variazioni della situazione patrimoniale di cui al comma 1, lettera a), intervenute dopo l'ultima attestazione. Essi sono inoltre tenuti a depositare una copia della dichiarazione annuale dei loro redditi entro un mese successivo alla scadenza del relativo termine. Si applica il comma 2.

6. Le disposizioni di cui al comma 5 non si applicano nel caso di rielezione del soggetto cessato dalla carica per il rinnovo della Camera di appartenenza.

7. Le dichiarazioni patrimoniali indicate nei precedenti commi vengono effettuate mediante un modulo predisposto dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato.

8. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, i membri in carica del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati provvedono agli adempimenti indicati alle lettere a) e b) del comma 1.

9. Nel caso di inadempienza degli obblighi di cui ai commi da 1 a 8 si applica l'articolo 8 comma 2 della legge 20 luglio 2004, n. 215.

10. L'Autorità garante della concorrenza e del mercato, constatata l'inadempienza, procede altresì alla raccolta, presso gli uffici competenti, dei dati di cui è stata indebitamente omessa la dichiarazione, nonché alla loro pubblicazione, con le modalità di cui al comma 14.

11. Senza pregiudizio di sanzioni disciplinari eventualmente previste nell'ambito della potestà regolamentare di ciascuna Camera, il Presidente della Camera di appartenenza dà notizia all'Assemblea dell'applicazione dei commi 9 e 10.

12. Tutti i cittadini hanno diritto di conoscere le dichiarazioni di cui ai commi 1 e 2, secondo le modalità stabilite al comma 14.

13. Tutti i cittadini iscritti nelle liste elettorali per le elezioni della Camera dei deputati hanno altresì diritto di conoscere, secondo le modalità stabilite dal Presidente della Camera dei deputati, le dichiarazioni previste dal terzo comma dell'articolo 4 della legge 18 novembre 1981, n. 659, e successive modificazioni.

14. Le dichiarazioni previste alle lettere a) e c) del comma 1, nonché quelle previste dai commi 4, 5 e 6 sono riportate in apposito bollettino pubblicato, rispettivamente per i deputati e i senatori, a cura della Camera di appartenenza. Nello stesso bollettino sono riportate, per ciascun soggetto, le notizie risultanti dal quadro riepilogativo della dichiarazione dei redditi, depositata ai sensi del comma 1, lettera b).

15. Il bollettino è a disposizione del pubblico attraverso il sito Internet della Camera dei deputati o del Senato della Repubblica, rispettivamente per i deputati e i senatori, con modalità di accesso che individuino l'identità del richiedente.

16. L'articolo 5 della legge 20 luglio 2004, n. 215, è sostituito dal seguente:

"Art. 5. - (Dichiarazione degli interessati). - 1. Entro trenta giorni dall'assunzione della carica di governo, il titolare dichiara all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, di cui all'articolo 10 della legge 10 ottobre 1990 n. 287, e successive modificazioni, le situazioni di incompatibilità di cui all'articolo 2, comma 1, della presente legge, sussistenti alla data di assunzione della carica.

2. Entro i sessanta giorni successivi al termine di cui al comma 1, il titolare trasmette all'Autorità di cui al medesimo comma:

a) una dichiarazione concernente i diritti reali su beni immobili e su beni mobili iscritti in pubblici registri, con l'apposizione della formula «sul mio onore affermo che la dichiarazione corrisponde al vero» e resa ai sensi degli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica n.445 del 2000;

b) una dichiarazione concernente le azioni di società e le quote di partecipazione a società, con l'apposizione della formula «sul mio onore affermo che la dichiarazione corrisponde al vero» e resa ai sensi degli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000;

c) una dichiarazione, contenente la formula «sul mio onore affermo che le funzioni sono cessate» e resa ai sensi degli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, concernente il pregresso esercizio di funzioni di amministratore o di sindaco di società;

d) copia dell'ultima dichiarazione dei redditi soggetti all'imposta sui redditi delle persone fisiche.

3. Le dichiarazioni di cui ai commi 1, 2 e 4 del presente articolo sono rese anche all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, di cui all'articolo 1 della legge 31 luglio 1997, n. 249, e successive modificazioni, quando la situazione di incompatibilità riguarda i settori delle comunicazioni, sonore e televisive, della multimedialità e dell'editoria, anche elettronica, e quando i dati patrimoniali sono attinenti a tali settori.

4. Il titolare di cariche di governo dichiara, a norma dei commi 1 e 2, ogni successiva variazione dei dati patrimoni ali in precedenza forniti, entro venti giorni dai fatti che l'abbiano determinata. Rientrano nell'obbligo di comunicazione di cui al comma 2 anche le attività patrimoniali detenute nei tre mesi precedenti l'assunzione della carica.

5. Entro i trenta giorni successivi al ricevimento delle dichiarazioni di cui al presente articolo, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato e l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni provvedono agli accertamenti di competenza con le modalità di cui agli articoli 6 e 7.

6. Le dichiarazioni di cui al presente articolo sono rese anche dal coniuge e dai parenti entro il secondo grado del titolare di cariche di governo.

7. Entro un mese dalla scadenza del termine utile per la presentazione della dichiarazione dei redditi soggetti all'imposta sui redditi delle persone fisiche, i soggetti di cui al comma 1 sono tenuti a depositare un'attestazione concernente le variazioni della situazione patrimoniale di cui alle lettere a) e b) del comma 2 intervenute nell'anno precedente e copia della dichiarazione dei redditi. A tale adempimento annuale si applica la disposizione di cui al comma 6.

8. Entro tre mesi successivi alla cessazione dalla carica i soggetti di cui al comma 1 sono tenuti a depositare una dichiarazione concernente le variazioni della situazione patrimoniale di cui alle lettere a) e b) del comma 2 intervenute dopo l'ultima attestazione. Entro un mese successivo alla scadenza del relativo termine, essi sono tenuti a depositare una copia della dichiarazione annuale dei redditi delle persone fisiche. Le disposizioni contenute nei periodi precedenti non si applicano nel caso di nuova titolarità di una carica di governo nazionale assunta immediatamente dopo la cessazione della precedente".

17. La disposizione di cui al comma 16 entra in vigore il 1º gennaio dell'anno successivo alla pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale. Entro la medesima data, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato e l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, d'intesa tra di loro, approvano uno schema di modulo per le dichiarazioni indicate nell'articolo 5 della legge 20 luglio 2004, n. 215, come sostituito dal comma 1 del presente articolo.

18. Le disposizioni di cui ai commi da 1 a 11 si applicano:

a) ai presidenti, vicepresidenti, amministratori delegati e direttori generali di istituti e di enti pubblici, anche economici, la cui nomina, proposta o designazione o approvazione di nomina sia demandata al Presidente del Consiglio dei ministri, al Consiglio dei ministri od a singoli Ministri;

b) ai presidenti, vicepresidenti, amministratori delegati e direttori generali delle società al cui capitale concorrano lo Stato o enti pubblici, nelle varie forme di intervento o di partecipazione, per un importo superiore al 20 per cento;

c) ai presidenti, ai vicepresidenti, agli amministratori delegati ed ai direttori generali degli enti o istituti privati, al cui funzionamento concorrano lo Stato o enti pubblici in misura superiore al cinquanta per cento dell'ammontare complessivo delle spese di gestione esposte in bilancio e a condizione che queste superino la somma annua di cinquecentomila euro;

d) ai direttori generali delle aziende autonome dello Stato.

19. Le dichiarazioni e gli atti indicati nei commi da 1 a 8 sono trasmessi alla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche istituita dal decreto legislativo n. 150 del 2009.

20. La procedura di cui al comma 9 è effettuata dal Presidente della Commissione di cui al comma 19, il quale altresì, constatata l'inadempienza, procede alla raccolta, presso gli uffici competenti, dei dati di cui è stata indebitamente omessa la dichiarazione, nonché alla loro pubblicazione, secondo quanto disposto al comma 21.

21. La pubblicazione prevista al comma 17 viene effettuata attraverso il sito Internet dell'amministrazione, ente od organismo interessato, con modalità di accesso che individuino l'identità del richiedente; per le amministrazioni dello Stato, la pubblicazione è effettuata mediante conferimento nella banca dati informatica, di cui all'articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.

22. Dopo l'articolo 3 della legge 2 luglio 2004, n. 165, è inserito il seguente:

23. Le regioni disciplinano con legge la costituzione e il mantenimento dell'anagrafe patrimoniale degli eletti nel consiglio regionale e negli organi assembleari degli altri enti territoriali sub-regionali e locali, individuando modalità di pubblicità che garantiscano l'accesso alle informazioni ivi contenute da parte di tutti i cittadini. Le informazioni non potranno in ogni caso essere inferiori a quelle offerte:

a) dall'anagrafe degli amministratori locali di cui all'articolo 76 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;

b) dagli elenchi di cui all'articolo 69, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.

24. Fino alla data di entrata in vigore della legge regionale di cui al comma 1 dell'articolo 3-bis della legge 2 luglio 2004, n. 165, introdotto dal comma 1 del presente articolo, le disposizioni dei commi da 1 a 15 della presente legge si applicano anche ai consiglieri regionali, ai consiglieri provinciali e ai consiglieri di comuni capoluogo di provincia o con popolazione superiore ai 50.000 abitanti, secondo le modalità stabilite dai rispettivi consigli.

25. La pubblicazione prevista al comma 14 viene effettuata, per quanto riguarda le regioni, sul bollettino previsto dagli statuti per la pubblicazione delle leggi e, per quanto riguarda i consigli provinciali e comunali, su apposito bollettino. Il bollettino è a disposizione del pubblico attraverso il sito Internet del consiglio regionale, provinciale o comunale di appartenenza, con modalità di accesso che individuino l'identità del richiedente.

26. Fino alla data di entrata in vigore della legge regionale di cui al comma 1 dell'articolo 3-bis della legge 2 luglio 2004, n. 165, introdotto dal comma 1 del presente articolo, la procedura di cui al comma 9 è effettuata, per quanto riguarda i soggetti indicati nel comma 23, secondo i casi, dal prefetto territorialmente competente, il quale, constatata l'inadempienza, ne dà notizia, rispettivamente, nel bollettino previsto dagli statuti per la pubblicazione delle leggi o nell'albo provinciale o comunale e, comunque, attraverso il sito Internet del consiglio regionale, provinciale o comunale di appartenenza.

27. Le disposizioni di cui ai commi da 1 a 11 si applicano:

a) agli assessori delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, secondo le modalità stabilite dai rispettivi consigli nell'ambito delle disposizioni di cui al presente articolo;

b) agli assessori provinciali e di comuni capoluogo di provincia o con popolazione superiore ai 50.000 abitanti, secondo le modalità stabilite dai rispettivi consigli nell'ambito delle disposizioni di cui al presente articolo;

c) ai direttori generali delle aziende speciali previste dal testo unico della legge sull'assunzione diretta dei pubblici servizi da parte dei comuni e delle province, di cui al regio decreto 15 ottobre 1925, n.2578; al presidente ed al direttore delle aziende speciali e delle istituzioni costituite ai sensi dell'articolo 114 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;

d) ai presidenti, vicepresidenti, amministratori delegati e direttori generali di istituti e di enti pubblici, anche economici, la cui nomina proposta o designazione o approvazione di nomina spettino ad organi della regione; ai presidenti, vicepresidenti, amministratori delegati e direttori generali delle società al cui capitale concorrano le regioni, nelle varie forme di intervento o di partecipazione, per un importo superiore al 20 per cento; ai presidenti, ai vicepresidenti, agli amministratori delegati ed ai direttori generali degli enti o istituti privati, al cui funzionamento concorrano le regioni in misura superiore al 50 per cento dell'ammontare complessivo delle spese di gestione esposte in bilancio ed a condizione che queste superino la somma annua di 500.000 euro; ai direttori generali delle aziende autonome delle regioni.

28. Le dichiarazioni e gli atti indicati ai commi da 1 a 8 sono trasmessi, per quanto riguarda i soggetti indicati alla lettera a) e b) del comma 27, rispettivamente al presidente del consiglio regionale, provinciale o comunale, e, per quanto riguarda i soggetti indicati alla lettere c) e d) del comma 27, al presidente dell'amministrazione regionale o locale interessata.

29. La procedura di cui comma 9, è effettuata dal prefetto territorialmente competente: esso, constatata l'inadempienza, ne dà notizia attraverso il sito Internet, rispettivamente, della regione, della provincia o del comune interessato.

30. La pubblicazione prevista al comma 14 viene effettuata, per quanto riguarda le regioni, sul bollettino previsto dagli statuti per la pubblicazione delle leggi e, per quanto riguarda le province ed i comuni, sul sito Internet della provincia o del comune interessato, con modalità di accesso che individuino l'identità del richiedente.

31. La disciplina del presente articolo si applica ai soggetti di cui alle lettere a) e d) del comma 27 fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adottano ai sensi del comma 3 dell'articolo 1 della legge 20 luglio 2004, n.215. Le informazioni messe a disposizione del pubblico ai sensi delle predette disposizioni non potranno in ogni caso essere inferiori a quelle offerte:

a) dall'anagrafe degli amministratori locali di cui all'articolo 76 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, come modificato dal comma 6 del presente articolo;

b) dagli elenchi di cui all'articolo 69, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.

32. All'articolo 76, comma 3, del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, la parola: "consensualmente" è soppressa.

33. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo si provvede nell'ambito degli stanziamenti di bilancio.

34. Il primo conferimento di documenti sul sito Internet di istituzioni, amministrazioni od altri organi pubblici, ai sensi delle disposizioni contenuti nella presente legge, è effettuato previa acquisizione del parere del Garante per la protezione dei dati personali di cui all'articolo 154, comma 4, del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n.196.

35. Il parere espresso ai sensi del comma 34 è vincolante in ordine alle soluzioni ivi prescritte per conseguire la tracciabilità del richiedente in ordine alle misure di protezione ivi dettate per prevenire la contraffazione o la riproduzione selettiva del documento conferito.

36. La legge 5 luglio 1982, n. 441, è abrogata».

 

8.0.250 (testo corretto)

VIESPOLI, POLI BORTONE, CARDIELLO, CARRARA, CASTIGLIONE, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA

Improponibile

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 8-bis.

1. Entro tre mesi dalla proclamazione, i membri del Senato della Repubblica e quelli della Camera dei deputati depositano presso l'Autorità garante della concorrenza e del mercato i seguenti atti:

a) una dichiarazione, contenente la formula «sul mio onore affermo che questa dichiarazione corrisponde al vero» e resa ai sensi degli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, concernente:

1) i diritti reali su beni immobili e su beni mobili iscritti in pubblici registri, detenuti in proprio o per interposta persona;

2) le azioni di società, detenute in proprio o per interposta persona;

3) le quote di partecipazione a società, detenute in proprio o per interposta persona;

4) l'esercizio di funzioni di amministratore o di sindaco di società, ovvero le situazioni in cui ad essi si applica l'articolo 2639 del codice civile, ai fini dell'identifIcazione dell'amministratore di fatto;

b) copia dell'ultima dichiarazione dei redditi soggetti all'imposta sui redditi delle persone fIsiche;

c) una dichiarazione, contenente la formula «sul mio onore affermo che questa dichiarazione corrisponde al vero» e resa ai sensi degli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, concernente le spese sostenute e le obbligazioni assunte per la propaganda elettorale, oppure l'attestazione di essersi avvalsi esclusivamente di materiali e di mezzi propagandistici predisposti e messi a disposizione dal partito o dalla formazione politica della cui lista hanno fatto parte. Alla dichiarazione debbono essere allegate le copie delle dichiarazioni di cui al terzo comma dell'articolo 4 della legge 18 novembre 1981, n. 659, e successive modificazioni, relative agli eventuali contributi ricevuti.

2. Le dichiarazioni di cui alle lettere a) e b) del comma 1 concernono anche la situazione patrimoniale e la dichiarazione dei redditi del coniuge non separato e dei figli conviventi e dei parenti conviventi entro il secondo grado.

3. I senatori di diritto, ai sensi dell'articolo 59 della Costituzione, e i senatori nominati ai sensi del secondo comma del medesimo articolo 59, sono tenuti a depositare presso l'ufficio di presidenza del Senato della Repubblica le dichiarazioni di cui alle lettere a) e b) del comma 1 del presente articolo entro tre mesi, rispettivamente, dalla cessazione dall'ufficio di Presidente della Repubblica o dalla comunicazione della nomina.

4. Entro un mese dalla scadenza del termine utile per la presentazione della dichiarazione dei redditi soggetti all'imposta sui redditi delle persone fisiche, i soggetti indicati al comma 1 sono tenuti a depositare un'attestazione concernente le variazioni della situazione patrimoniale di cui alla lettera a) del comma 1 intervenute nell'anno precedente e copia della dichiarazione dei redditi. A tale adempimento annuale si applica il comma2.

5. Entro i tre mesi successivi alla cessazione dal mandato, i soggetti indicati al comma 1 sono tenuti a depositare una dichiarazione concernente le variazioni della situazione patrimoniale di cui al comma 1, lettera a), intervenute dopo l'ultima attestazione. Essi sono inoltre tenuti a depositare una copia della dichiarazione annuale dei loro redditi entro un mese successivo alla scadenza del relativo termine. Si applica il comma 2.

6. Le disposizioni di cui al comma 5 non si applicano nel caso di rielezione del soggetto cessato dalla carica per il rinnovo della Camera di appartenenza.

7. Le dichiarazioni patrimoniali indicate nei precedenti commi vengono effettuate mediante un modulo predisposto dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato.

8. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, i membri in carica del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati provvedono agli adempimenti indicati alle lettere a) e b) del comma 1.

9. Nel caso di inadempienza degli obblighi di cui ai commi da 1 a 8, si applica l'articolo 8 comma 2 della legge 20 luglio 2004, n. 215.

10. L'Autorità garante della concorrenza e del mercato, constatata l'inadempienza, procede altresì alla raccolta, presso gli uffici competenti, dei dati di cui è stata indebitamente omessa la dichiarazione, nonché alla loro pubblicazione, con le modalità di cui al comma 14.

11. Senza pregiudizio di sanzioni disciplinari eventualmente previste nell'ambito della potestà regolamentare di ciascuna Camera, il Presidente della Camera di appartenenza dà notizia all'Assemblea dell'applicazione dei commi 9 e 10.

12. Tutti i cittadini hanno diritto di conoscere le dichiarazioni di cui ai commi 1 e 2, secondo le modalità stabilite al comma 14.

13. Tutti i cittadini iscritti nelle liste elettorali per le elezioni della Camera dei deputati hanno altresì diritto di conoscere, secondo le modalità stabilite dal Presidente della Camera dei deputati, le dichiarazioni previste dal terzo comma dell'articolo 4 della legge 18 novembre 1981, n. 659, e successive modificazioni.

14. Le dichiarazioni previste alle lettere a) e c) del comma 1, nonché quelle previste dai commi 4, 5 e 6 sono riportate in apposito bollettino pubblicato, rispettivamente per i deputati e i senatori, a cura della Camera di appartenenza. Nello stesso bollettino sono riportate, per ciascun soggetto, le notizie risultanti dal quadro riepilogativo della dichiarazione dei redditi, depositata ai sensi del comma 1, lettera b).

15. Il bollettino è a disposizione del pubblico attraverso il sito Internet della Camera dei deputati o del Senato della Repubblica, rispettivamente per i deputati e i senatori, con modalità di accesso che individuino l'identità del richiedente.

16. L'articolo 5 della legge 20 luglio 2004, n. 215, è sostituito dal seguente:

"Art. 5. - (Dichiarazione degli interessati). - 1. Entro trenta giorni dall'assunzione della carica di governo, il titolare dichiara all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, di cui all'articolo 10 della legge 10 ottobre 1990 n. 287, e successive modificazioni, le situazioni di incompatibilità di cui all'articolo 2, comma 1, della presente legge, sussistenti alla data di assunzione della carica.

2. Entro i sessanta giorni successivi al termine di cui al comma 1, il titolare trasmette all'Autorità di cui al medesimo comma:

a) una dichiarazione concernente i diritti reali su beni immobili e su beni mobili iscritti in pubblici registri, con l'apposizione della formula «sul mio onore affermo che la dichiarazione corrisponde al vero» e resa ai sensi degli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica n.445 del 2000;

b) una dichiarazione concernente le azioni di società e le quote di partecipazione a società, con l'apposizione della formula «sul mio onore affermo che la dichiarazione corrisponde al vero» e resa ai sensi degli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000;

c) una dichiarazione, contenente la formula «sul mio onore affermo che le funzioni sono cessate» e resa ai sensi degli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, concernente il pregresso esercizio di funzioni di amministratore o di sindaco di società;

d) copia dell'ultima dichiarazione dei redditi soggetti all'imposta sui redditi delle persone fisiche.

3. Le dichiarazioni di cui ai commi 1, 2 e 4 del presente articolo sono rese anche all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, di cui all'articolo 1 della legge 31 luglio 1997, n. 249, e successive modificazioni, quando la situazione di incompatibilità riguarda i settori delle comunicazioni, sonore e televisive, della multimedialità e dell'editoria, anche elettronica, e quando i dati patrimoniali sono attinenti a tali settori.

4. Il titolare di cariche di governo dichiara, a norma dei commi 1 e 2, ogni successiva variazione dei dati patrimoni ali in precedenza forniti, entro venti giorni dai fatti che l'abbiano determinata. Rientrano nell'obbligo di comunicazione di cui al comma 2 anche le attività patrimoniali detenute nei tre mesi precedenti l'assunzione della carica.

5. Entro i trenta giorni successivi al ricevimento delle dichiarazioni di cui al presente articolo, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato e l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni provvedono agli accertamenti di competenza con le modalità di cui agli articoli 6 e 7.

6. Le dichiarazioni di cui al presente articolo sono rese anche dal coniuge e dai parenti entro il secondo grado del titolare di cariche di governo.

7. Entro un mese dalla scadenza del termine utile per la presentazione della dichiarazione dei redditi soggetti all'imposta sui redditi delle persone fisiche, i soggetti di cui al comma 1 sono tenuti a depositare un'attestazione concernente le variazioni della situazione patrimoniale di cui alle lettere a) e b) del comma 2 intervenute nell'anno precedente e copia della dichiarazione dei redditi. A tale adempimento annuale si applica la disposizione di cui al comma 6.

8. Entro tre mesi successivi alla cessazione dalla carica i soggetti di cui al comma 1 sono tenuti a depositare una dichiarazione concernente le variazioni della situazione patrimoniale di cui alle lettere a) e b) del comma 2 intervenute dopo l'ultima attestazione. Entro un mese successivo alla scadenza del relativo termine, essi sono tenuti a depositare una copia della dichiarazione annuale dei redditi delle persone fisiche. Le disposizioni contenute nei periodi precedenti non si applicano nel caso di nuova titolarità di una carica di governo nazionale assunta immediatamente dopo la cessazione della precedente".

17. La disposizione di cui al comma 16 entra in vigore il 1º gennaio dell'anno successivo alla pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale. Entro la medesima data, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato e l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, d'intesa tra di loro, approvano uno schema di modulo per le dichiarazioni indicate nell'articolo 5 della legge 20 luglio 2004, n. 215, come sostituito dal comma 1 del presente articolo.

18. Le disposizioni di cui ai commi da 1 a 11 si applicano:

a) ai presidenti, vicepresidenti, amministratori delegati e direttori generali di istituti e di enti pubblici, anche economici, la cui nomina, proposta o designazione o approvazione di nomina sia demandata al Presidente del Consiglio dei ministri, al Consiglio dei ministri od a singoli Ministri;

b) ai presidenti, vicepresidenti, amministratori delegati e direttori generali delle società al cui capitale concorrano lo Stato o enti pubblici, nelle varie forme di intervento o di partecipazione, per un importo superiore al 20 per cento;

c) ai presidenti, ai vicepresidenti, agli amministratori delegati ed ai direttori generali degli enti o istituti privati, al cui funzionamento concorrano lo Stato o enti pubblici in misura superiore al cinquanta per cento dell'ammontare complessivo delle spese di gestione esposte in bilancio e a condizione che queste superino la somma annua di cinquecentomila euro;

d) ai direttori generali delle aziende autonome dello Stato.

19. Le dichiarazioni e gli atti indicati nei commi da 1 a 8 sono trasmessi alla Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche istituita dal decreto legislativo n. 150 del 2009.

20. La procedura di cui al comma 9 è effettuata dal Presidente della Commissione di cui al comma 18, il quale altresì, constatata l'inadempienza, procede alla raccolta, presso gli uffici competenti, dei dati di cui è stata indebitamente omessa la dichiarazione, nonché alla loro pubblicazione, secondo quanto disposto al comma 21.

21. La pubblicazione prevista al comma 14 viene effettuata attraverso il sito Internet dell'amministrazione, ente od organismo interessato, con modalità di accesso che individuino l'identità del richiedente; per le amministrazioni dello Stato, la pubblicazione è effettuata mediante conferimento nella banca dati informatica, di cui all'articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni.

22. Dopo l'articolo 3 della legge 2 luglio 2004, n. 165, è inserito il seguente:

23. Le regioni disciplinano con legge la costituzione e il mantenimento dell'anagrafe patrimoniale degli eletti nel consiglio regionale e negli organi assembleari degli altri enti territoriali sub-regionali e locali, individuando modalità di pubblicità che garantiscano l'accesso alle informazioni ivi contenute da parte di tutti i cittadini. Le informazioni non potranno in ogni caso essere inferiori a quelle offerte:

a) dall'anagrafe degli amministratori locali di cui all'articolo 76 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;

b) dagli elenchi di cui all'articolo 69, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.

24. Fino alla data di entrata in vigore della legge regionale di cui al comma 1 dell'articolo 3-bis della legge 2 luglio 2004, n. 165, introdotto dal comma 1 del presente articolo, le disposizioni dei commi da 1 a 15 della presente legge si applicano anche ai consiglieri regionali, ai consiglieri provinciali e ai consiglieri di comuni capoluogo di provincia o con popolazione superiore ai 50.000 abitanti, secondo le modalità stabilite dai rispettivi consigli.

25. La pubblicazione prevista al comma 14 viene effettuata, per quanto riguarda le regioni, sul bollettino previsto dagli statuti per la pubblicazione delle leggi e, per quanto riguarda i consigli provinciali e comunali, su apposito bollettino. Il bollettino è a disposizione del pubblico attraverso il sito Internet del consiglio regionale, provinciale o comunale di appartenenza, con modalità di accesso che individuino l'identità del richiedente.

26. Fino alla data di entrata in vigore della legge regionale di cui al comma 1 dell'articolo 3-bis della legge 2 luglio 2004, n. 165, introdotto dal comma 1 del presente articolo, la procedura di cui al comma 9 è effettuata, per quanto riguarda i soggetti indicati nel comma 23, secondo i casi, dal prefetto territorialmente competente, il quale, constatata l'inadempienza, ne dà notizia, rispettivamente, nel bollettino previsto dagli statuti per la pubblicazione delle leggi o nell'albo provinciale o comunale e, comunque, attraverso il sito Internet del consiglio regionale, provinciale o comunale di appartenenza.

27. Le disposizioni di cui ai commi da 1 a 11 si applicano:

a) agli assessori delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, secondo le modalità stabilite dai rispettivi consigli nell'ambito delle disposizioni di cui al presente articolo;

b) agli assessori provinciali e di comuni capoluogo di provincia o con popolazione superiore ai 50.000 abitanti, secondo le modalità stabilite dai rispettivi consigli nell'ambito delle disposizioni di cui al presente articolo;

c) ai direttori generali delle aziende speciali previste dal testo unico della legge sull'assunzione diretta dei pubblici servizi da parte dei comuni e delle province, di cui al regio decreto 15 ottobre 1925, n.2578; al presidente ed al direttore delle aziende speciali e delle istituzioni costituite ai sensi dell'articolo 114 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267;

d) ai presidenti, vicepresidenti, amministratori delegati e direttori generali di istituti e di enti pubblici, anche economici, la cui nomina proposta o designazione o approvazione di nomina spettino ad organi della regione; ai presidenti, vicepresidenti, amministratori delegati e direttori generali delle società al cui capitale concorrano le regioni, nelle varie forme di intervento o di partecipazione, per un importo superiore al 20 per cento; ai presidenti, ai vicepresidenti, agli amministratori delegati ed ai direttori generali degli enti o istituti privati, al cui funzionamento concorrano le regioni in misura superiore al 50 per cento dell'ammontare complessivo delle spese di gestione esposte in bilancio ed a condizione che queste superino la somma annua di 500.000 euro; ai direttori generali delle aziende autonome delle regioni.

28. Le dichiarazioni e gli atti indicati ai commi da 1 a 8 sono trasmessi, per quanto riguarda i soggetti indicati alla lettera a) e b) del comma 27, rispettivamente al presidente del consiglio regionale, provinciale o comunale, e, per quanto riguarda i soggetti indicati alla lettere c) e d) del comma 27 al presidente dell'amministrazione regionale o locale interessata.

29. La procedura di cui al comma 9, è effettuata dal prefetto territorialmente competente: esso, constatata l'inadempienza, ne dà notizia attraverso il sito Internet, rispettivamente, della regione, della provincia o del comune interessato.

30. La pubblicazione prevista al comma 14 viene effettuata, per quanto riguarda le regioni, sul bollettino previsto dagli statuti per la pubblicazione delle leggi e, per quanto riguarda le province ed i comuni, sul sito Internet della provincia o del comune interessato, con modalità di accesso che individuino l'identità del richiedente.

31. La disciplina del presente articolo si applica ai soggetti di cui alle lettere a) e d) del comma 27 fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano adottano ai sensi del comma 3 dell'articolo 1 della legge 20 luglio 2004, n.215. Le informazioni messe a disposizione del pubblico ai sensi delle predette disposizioni non potranno in ogni caso essere inferiori a quelle offerte:

a) dall'anagrafe degli amministratori locali di cui all'articolo 76 del testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, come modificato dal comma 6 del presente articolo;

b) dagli elenchi di cui all'articolo 69, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.

32. All'articolo 76, comma 3, del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, la parola: «consensualmente» è soppressa.

33. Agli oneri derivanti dall'attuazione del presente articolo si provvede nell'ambito degli stanziamenti di bilancio.

34. Il primo conferimento di documenti sul sito Internet di istituzioni, amministrazioni od altri organi pubblici, ai sensi delle disposizioni contenuti nella presente legge, è effettuato previa acquisizione del parere del Garante per la protezione dei dati personali di cui all'articolo 154, comma 4, del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n.196.

35. Il parere espresso ai sensi del comma 34 è vincolante in ordine alle soluzioni ivi prescritte per conseguire la tracciabilità del richiedente in ordine alle misure di protezione ivi dettate per prevenire la contraffazione o la riproduzione selettiva del documento conferito.

36. La legge 5 luglio 1982, n. 441, è abrogata».

 

8.0.251

BRUNO, BALDASSARRI, GERMONTANI, VALDITARA, DE ANGELIS, CONTINI, DIGILIO

Improponibile

Dopo l'articolo 8, inserire il seguente:

«Art. 8-bis.

1. Le norme di cui al presente articolo hanno per oggetto la regolamentazione dell'attività di rappresentanza di interessi e si informano ai princìpi di pubbIicità e di partecipazione, al fine di garantire la trasparenza dei processi decisionali, la conoscibilità dell'attività dei soggetti che intendono influenzare tali processi e una più ampia base informativa sulla quale i decisori pubblici possano fondare le proprie decisioni.

2. L'espressione:

a) rappresentanza di interessi: indica l'attività finalizzata a rappresentare posizioni, richieste ed esigenze di portatori di interessi attraverso la redazione e l'invio di documenti, suggerimenti, studi, ricerche e analisi e ogni altra comunicazione orale o scritta ivi comprese quelle in via telematica;

b) rappresentanti di interessi: indica coloro che direttamente, o indirettamente su incarico dei soggetti indicati alla lettera c) del presente articolo, rappresentano presso i soggetti indicati dal comma d) del presente articolo, interessi leciti, anche di natura non economica, al fine di influenzare il processo decisionale pubblico. Nell'espressione sono compresi coloro che, anche nell'ambito o per conto di organizzazioni senza scopo di lucro ovvero di organizzazioni il cui scopo sociale prevalente non è l'attività di rappresentanza di interessi, svolgono per tali organizzazioni l'attività di rappresentanza di interessi. Sono altresì ricompresi in tale definizione gli iscritti ad albi o ordini professionali che svolgano, sia pure in maniera non prevalente, tale tipo di attività di rappresentanza.

c) portatori di interessi: indica i datori di lavoro che intrattengono un rapporto di lavoro dipendente con i rappresentanti di interesse avente oggetto l'attività di cui alla lettera a) del presente articolo; indica altresì i committenti che conferiscano ai rappresentanti di interesse uno o più incarichi professionali aventi come oggetto lo svolgimento dell'attività di cui alla lettera a).

d) decisori pubblici: indica i membri deI governo nazionale, gli eletti nelle assemblee legislative nazionali, i vertici degli uffici di diretta collaborazione del Presidente del Consiglio, dei Ministri, dei Vice-Ministri e dei Sottosegretari di stato, i titolari di incarichi di funzione dirigenziale generale conferiti ai sensi dell'articolo 19, commi 3 e 4 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n.165, i vertici delle autorità indipendenti nell'esercizio dell'attività di regolazione.

3. Le attività di cui alla lettera a) del comma 1 del presente articolo non possono essere svolte dai membri delle Camere o delle altre assemblee elettive nonchè dai soggetti di cui all'articolo 15 e 19 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n.29 e successive modificazioni nei due anni successivi alla cessazione del mandato parlamentare ed elettivo, dell'incarico o dell'ufficio ricoperto.

4. Chi intende svolgere attività di rappresentanza di interessi particolari presso di decisori pubblici ha l'obbligo di iscriversi nel Registro pubblico dei rappresentanti di interessi, d'ora innanzi denominato "Registro", istituito presso il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL), che ne garantisce, senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica, la pubblicità dei contenuti nell'ambito di una sezione dedicata e accessibile del proprio sito internet istituzionale, attraverso la pubblicazione e l'aggiornamento periodico dei dati comunicati dai rappresentanti di interessi particolari.

5. Nel Registro sono indicati i seguenti dati, aggiornati periodicamente su richiesta dei rappresentanti di interessi:

a) I dati anagrafici e il domicilio professionale del rappresentante di interessi;

b) I dati identificativi del portatore di interessi per il quale è svolta l'attività di rappresentanza;

c) l'interesse particolare che si intende rappresentare, nonchè i potenziali destinatari dell'attività di rappresentanza;

d) le risorse economiche e umane di cui dispone il rappresentante di interessi per lo svolgimento della propria attività;

e) la tipologia di rapporto contrattuale intrattenuto con il soggetto per il quale si svolge l'attività di rappresentanza.

6. Ai fini dell'iscrizione nel Registro il rappresentante di interessi deve essere in possesso dei seguenti requisiti:

a) essere cittadino e residente in uno Stato membro dell'Unione Europea;

b) avere compiuto il 25 anno di età;

c) non deve avere riportato condanne passate in giudicato per reati contro la personalità dello Stato, la pubblica amministrazione, l'amministrazione della giustizia, l'ordine pubblico, l'incolumità pubblica, il patrimonio, la pubblica fede e la persona, e non essere mai stato interdetto dai pubblici uffici;

d) essere in possesso del diploma di laurea in materie giuridiche o altro titolo di studio equipollente. Tale disposizione non si applica nel caso in cui, il rappresentante di interessi, possa dimostrare, fermo restando gli altri requisiti, di aver svolto continuativamente, per un periodo superiore ai cinque anni, l'attività di rappresentanza di interessi.

7. L'iscrizione nel Registro è subordinata all'impegno scritto del rappresentante di interessi a rispettare il Codice di deontologia deliberato dal CNEL, entro 90 giorni dall'entrata in vigore deIla presente legge, previa consultazione delle organizzazioni rappresentative del settore che ne facciano tempestiva richiesta. Il codice di deontologia è pubblicato sul sito internet del CNEL nell'ambito della sezione dedicata al Registro.

8. A decorrere dall'anno successivo a quello dell'iscrizione al Registro, entro il termine perentorio del 28 febbraio di ogni anno, il rappresentante di interessi trasmette, sotto la propria responsabilità, in via telematica, una dettagliata relazione concernente l'attività svolta nell'anno precedente al CNEL, che ne garantisce la pubblicità dei contenuti attraverso la pubblicazione in una sezione dedicata e accessibile del proprio sito internet.

9. La relazione contiene:

a) l'elenco delle società, associazioni, enti ed organismi per cui si è svolta l'attività di rappresentanza degli interessi;

b) l'elenco dei decisori pubblici nei confronti dei quali si è svolta tale attività;

c) le risorse economiche ed umane impiegate per lo svolgimento delle predette attività;

d) la dichiarazione di aver rispettato il Codice deontologico di cui al comma 7.

10. Il CNEL può richiedere ai rappresentanti di interessi, ove necessario, la trasmissione di dati e informazioni integrativi rispetto a quelli contenuti nella relazione trasmessa ai sensi del Comma 8.

11. Il CNEL, trasmette al Parlamento, entro il 30 giugno di ogni anno, un rapporto sulla verifica dell'attività dei rappresentanti di interessi svolta l'anno precedente. Il rapporto è contestualmente pubblicato sul sito internet del CNEL, nell'ambito della sezione dedicata al Registro.

12. Dalle attività di verifica di cui al presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

13. Il rappresentante di interessi iscritto nel Registro ha il diritto di incontrare i decisori pubblici entro trenta giorni dalla richiesta presentata per iscritto e opportunamente motivata. Hanno altresì accesso agli atti di qualsivoglia genere e natura di interesse del soggetto rappresentato ai sensi della legge 7 agosto 1990, n, 241.

14. Entro 90 giorni dall'entrata in vigore della presente legge le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e le Autorità indipendenti limitatamente all'attività di regolazione, definiscono con atti amministrativi le modalità di accesso ai propri uffici dei rappresentanti di interessi iscritti al Registro.

15. Entro lo stesso termine, il Senato della Repubblica e la Camera dei Deputati, sono tenuti ad adeguare i loro Regolamenti al fine di garantire l'accesso ai propri uffici da parte dei rappresentati di interessi iscritti al Registro, a definire apposite modalità che permettano di seguire in tempo reale lo svolgimento delle sedute delle Commissioni Parlamentari permanenti, speciali o bicamerali nonchè individuare le modalità con cui le suddette Commissioni parlamentari devono audire i rappresentanti di interessi iscritti al Registro,

16. Il decisore pubblico deve garantire, previa verifica dell'iscrizione al Registro di cui al comma 4, il diritto del rappresentante di interessi individuato dal comma 8.

17. L'attività di rappresentanza degli interessi svolta nei confronti del decisore pubblico, è resa nota, ove pertinente all'oggetto dei processi decisionali, facendone menzione nella relazione illustrativa e nel preambolo degli atti normativi nonché nelle premesse degli atti amministrativi generali.

18. Il decisore pubblico che ritenga violato dal rappresentante di interessi il codice deontologico di condotta di cui all'articolo 4 comma 2, o le disposizioni della presente legge, ne dà immediata comunicazione al CNEL.

19. Salvo che il fatto costituisca reato, il rappresentante di interessi particolari che svolga nei confronti di decisori pubblici l'attività di cui all'articolo 2, lettera e), in assenza di iscrizione nel Registro è punito con una sanzione pecuniaria da euro 2000 ad euro 20000.

20. La falsità delle informazioni fornite all'atto di iscrizione nel Registro o nei successivi aggiornamenti, la violazione degli obblighi previsti dal Codice di deontologia di cui all'articolo 4, il mancato deposito della relazione di cui all'articolo 5, la falsità delle informazioni ivi contenute o la mancata ottemperanza alla richiesta di completare le informazioni, sono punite con la censura, con la sospensione o, nei casi di particolare gravità, con la cancellazione dal registro.

21. Le sanzioni di cui ai commi 19 e 20 sono irrogate dal CNEL con provvedimento motivato previo contraddittorio con il rappresentante di interessi.

22. Il provvedimento di sospensione o di cancellazione dal registro è pubblicato, per estratto, entro il termine di trenta giorni dalla data di notificazione, a cura e a spese del responsabile delle violazioni, su almeno due quotidiani a diffusione nazionale, di cui uno economico. Il rappresentante di interessi particolari cancellato dal registro non può chiedere una nuova iscrizione prima di quattro armi dalla cancellazione.

23. Le controversie relative all'applicazione dei commi 19, 20 e 21 sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

24. Le disposizioni del presente articolo non si applicano all'attività di rappresentanza di interessi svolta, nell'ambito di processi decisionali che si concludono mediante protocolli d'intesa e altri strumenti di concertazione, da esponenti di organizzazioni sindacali e imprenditoriali».

 

ARTICOLO 9 DEL DISEGNO DI LEGGE N. 2156

Capo III

DISPOSIZIONI PER LA REPRESSIONE DELLA CORRUZIONE E DELL'ILLEGALITÀ NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

 

Art. 9.

Stralciato

(Fallimento politico)

1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo volto a disciplinare le conseguenze del fallimento politico, che consiste nell'applicazione al Presidente della Giunta regionale della procedura di cui all'articolo 126, primo comma, della Costituzione, per atti contrari alla Costituzione o per gravi violazioni di legge, ivi compreso il grave dissesto nelle finanze regionali di cui all'articolo 17, comma 1, lettera e), della legge 5 maggio 2009, n.42, con conseguente incandidabilità del Presidente stesso a qualsiasi carica elettiva a livello locale, regionale e nazionale, secondo i seguenti criteri e princìpi direttivi:

a) previsione della temporanea incandidabilità nei confronti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano solo in quanto compatibile con le disposizioni previste dagli statuti e dalle relative norme di attuazione in materia;

b) previsione di un termine di durata dell'incandidabilità;

c) previsione delle modalità di applicazione dell'incandidabilità.

2. L'articolo 247 del testo unico è sostituito dal seguente:

«Art. 247 - (Omissione della deliberazione di dissesto). - 1. Qualora dalle deliberazioni delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti, anche con riferimento alle relazioni di cui all'articolo 1, comma 166, della legge 23 dicembre 2005, n.266, dalle verifiche amministrativo-contabili effettuate dai servizi ispettivi di finanza pubblica del Ministero dell'economia e delle finanze, dai bilanci di previsione, dai rendiconti, da deliberazioni dell'ente locale o da altra fonte, emergano fondati elementi che configurino le ipotesi previste per la dichiarazione di dissesto, il prefetto chiede chiarimenti all'ente e una motivata relazione all'organo di revisione contabile, assegnando un termine, non prorogabile, di trenta giorni.

2. Ove sia accertata la sussistenza delle condizioni di cui all'articolo 244, il prefetto assegna al Consiglio, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine, non superiore a venti giorni, per la deliberazione del dissesto.

3. Decorso infruttuosamente il termine di cui al comma 2, il prefetto nomina un commissario per la deliberazione dello stato di dissesto e dà corso alla procedura per lo scioglimento del consiglio dell'ente, ai sensi dell'articolo 141.».

 

PROPOSTA DI STRALCIO

S9.100

BIANCO, DELLA MONICA, ADAMO, INCOSTANTE, MARINO MAURO MARIA, CECCANTI, VITALI, BASTICO, DE SENA, CASSON, CHIURAZZI, SANNA, D'AMBROSIO, GALPERTI, MARITATI, CAROFIGLIO, LATORRE

Approvata

Stralciare l'articolo.

 

EMENDAMENTO TENDENTE A PREMETTERE UN ARTICOLO ALL'ARTICOLO 9

09.250

BAIO, BRUNO, BALDASSARRI, GERMONTANI, VALDITARA, DE ANGELIS, CONTINI, DIGILIO

Precluso

All'articolo 9, premettere il seguente:

«Art. 09.

(Misure per contrastare fenomeni corruttivi nel rapporto tra eletti, cittadini e pubblica amministrazione)

1. In ottemperanza a quanto previsto dall'articolo 50 della convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, ratificata ai sensi della legge 3 agosto 2009, n. 116, qualora ricorrano le condizioni di cui al comma 2 il Procuratore della Repubblica competente può autorizzare le operazioni sotto copertura di cui al medesimo articolo, al fine di accertare i reati di corruzione attiva o passiva e di concussione.

2. Ai fini del presente articolo «operazioni sotto copertura» si intendono operazioni di polizia giudiziaria attuate nell'ambito di indagini relative ai reati di cui al comma 1, nonché dei reati di ricettazione, riciclaggio e reimpiego del prezzo o del profitto relativo ai reati di cui al medesimo comma 1, volte all'acquisizione di elementi di prova relative ai medesimi reati, e consistenti: a) nell'attività di offerta, acquisto, ricezione, sostituzione od occultamento di denaro, di documenti, di beni ovvero di altre utilità o cose che siano oggetto, prodotto, profitto o mezzo per commettere i suddetti reati, nonché in azioni che in qualsiasi modo ostacolino l'individuazione della provenienza delle suddette utilità o che ne consentano l'impiego; b) nell'utilizzo di documenti, identità o indicazioni di copertura, anche al fine di attivare o entrare in contatto con soggetti e siti nelle reti di comunicazione; in attività prodromiche o strumentali alla realizzazione dei reati di corruzione e concussione concernenti, contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, il rilascio di concessioni, di autorizzazioni e di nulla osta da parte della pubblica amministrazione, fatte salve le disposizioni di cui al comma 4.

3. Fermo quanto disposto dall'articolo 51 del codice penale, non sono punibili gli ufficiali di polizia giudiziaria appartenenti alla Polizia di Stato, all'Arma dei carabinieri ed al Corpo della guardia di Finanza che, nell'ambito delle operazioni sotto copertura, pongono in essere le attività di cui al comma 2, lettere a) e b).

Nell'ambito di operazioni sotto copertura gli ufficiali di cui al precedente periodo, possono avvalersi di soggetti ausiliari, ai quali si applìca la causa di non punibilità di cui al medesimo comma.

4. L'esecuzione delle operazioni sotto copertura può essere disposta dal dirigente della Squadra mobile, della Divisione investigazioni generali ed operazioni speciali della polizia di Stato, dal comandante provinciale dell'Arma dei Carabinieri o del corpo della guardia di Finanza, dal comandante del Nucleo regionale di polizia tributaria, dal comandante della Sezione anticrimine del raggruppamento operativo speciale dell'Arma dei carabinieri, nonché dal direttore del Centro operativo della direzione investigativa antimafia, previa autorizzazione del Procuratore della Repubblica presso il capoluogo di distretto nel quale devono aver luogo le operazioni medesime ovvero la loro parte prevalente. Il medesimo procuratore può autorizzare operazioni sotto copertura qualora, nel Corso di attività di indagine, si riscontrino sperequazioni tra il tenore di vita ed il reddito di un soggetto, o anomalie nelle pratiche patrimoniali, fiscali, tributarie, o in quelle relative alla stipulazione dei contratti ed all'emanazione dei provvedimenti di cui al comma 2, lettera b, ovvero riceva segnalazioni da parte degli organi competenti.

Nell'autorizzazione di cui al periodo precedente, il procuratore della Repubblica Competente indica altresì, se necessario o se richiesto, il nominativo dell'ufficiale di polizia giudiziaria responsabile dell'operazione, nonché il nominativo degli eventuali ausiliari impiegati. Nel corso dell'operazione di copertura l'organo richiedente l'autorizzazione di cui al periodo precedente deve comunque tenere costantemente informato il Procuratore della Repubblica circa la modalità di esecuzione ed i risultati dell'operazione di copertura, nonché i soggetti che vi partecipano.

Per l'esecuzione delle operazioni di copertura il procuratore della Repubblica competente può autorizzare l'utilizzo temporaneo di beni mobili o immobili e di documenti di copertura, secondo modalità stabilite con decreto del Ministro dell'interno, e di concerto con il Ministro della giustizia e con gli altri ministri interessati, da emanarsi entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge. Con lo stesso decreto sono stabilite le forme e le modalità per il coordinamento, a tini informativi e operativi, tra gli organismi investigativi di cui al comma 3.

5. I reati di corruzione e di concussione si intendono consumati anche qualora la richiesta, l'offerta o la promessa di denaro o di altra utilità provenga da un ufficiale di polizia giudiziaria Ovvero da un ausiliare a lui collegato, autorizzati ai sensi del comma 4.

6. Qualora sia necessario per acquisire rilevanti elementi probatori ovvero per l'indivìduazione o la cattura dei responsabili dei reati di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo, gli ufficiali di polizia giudiziaria responsabili dell'operazione di copertura, nell'ambito delle rispettive attribuzioni, possono omettere o ritardare gli atti di arresto, perquisizione e sequestro di propria competenza dandone immediato avviso, anche telefonico, al procuratore della Repubblica che può disporre diversamente. L'autorìtà procedente trasmette motivato rapporto al procuratore della Repubblica entro quarantotto ore dalla ricezione dell'avviso.

Per gli stessi motivi di cui al periodo precedente, qualora sia necessario per acquisire rilevanti elementi probatori ovvero per l'individuazione dei responsabili dei reati di cui al comma 2, il procuratore della Repubblica può, con decreto motivato, ritardare l'emissione o dispone che sia ritardata l'esecuzione dei provvedimenti di arresto, perquisizione, sequestro, fermo e custodia.

Il procuratore della Repubblica impartisce all'ufficiale di polizia giudiziaria responsabile dell'operazione sotto copertura le disposizioni di massima per il controllo degli sviluppi dell'attività criminosa, comunicando i provvedimenti adottati all'autorità giudiziaria competente per il luogo in cui l'operazione deve concludersi, ovvero per il luogo attraverso il quale si prevede sia effettuato il transito in uscita dal territorio dello Stato, ovvero quello in entrata nel territorio dello Stato, di denaro, dei beni mobili, ovvero delle altre utilità.

Nei casi di urgenza le disposizioni di cui al primo e al secondo periodo del presente comma possono essere richieste o impartite anche oralmente, ma i provvedimenti di arresto, perquisizione, sequestro, fermo e custodia devono essere emessi entro le ventiquattro ore successive all'emanazione delle disposizioni citate.

Chiunque, nel corso di operazioni sotto copertura, indebitamente rivela o divulga i nomi degli ufficiali di polizia giudiziario che effettuano le operazioni medesime o degli ausiliari a loro collegati è punito, salvo che il fatto costituisca più grave reato, con la reclusione da due a sei anni.

7. All'articolo 6, comma 9, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e fornitore, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, dopo la lettera a) è inserito il seguente: «a-bis) richiedere, di propria iniziativa o su richiesta motivata di chiunque vi abbia interesse, l'ausilio dell'attività sottocopertura».

 

EMENDAMENTI

9.250

PISTORIO, OLIVA

Precluso

Premettere al comma 1, i seguenti:

«01. All'articolo 17, comma 1, lettera e), della legge 5 maggio 2009, n. 42 sostituire le parole: ", con individuazione dei casi di ineleggibilità nei confronti degli amministratori responsabili degli enti locali" con le seguenti: "con individuazione dei casi di incandidabilità, ineleggibilità, e di incompatibilità a qualsiasi carica elettiva a livello locale, regionale e nazionale, nei confronti degli amministratori responsabili degli enti locali, per i soggetti che sono stati condannati per un delitto contro la pubblica amministrazione, contro l'amministrazione della giustizia o per uno dei delitti di cui agli articoli 51 e 407 del codice di procedura penale o per il delitto di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche di cui all'articolo 640-bis del codice penale ovvero per i soggetti condannati ad una pena che importa l'interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici o l'incapacità di esercitare uffici direttivi.»

02. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano con propria legge, ai sensi dei rispettivi statuti speciali e delle relative norme di attuazione, anche per gli enti locali e gli enti ad ordinamento regionale o provinciale le norme relative alle cause di incandidabilità, di ineleggibilità e di incompatibilità».

 

9.1

LI GOTTI, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Precluso

Sostituire il comma 1 con il seguente:

1. All'art. 17, comma 1, lettera e), della legge 5 maggio 2009, n. 42 sostituire le parole: ", con individuazione dei casi di ineleggibilità nei confronti degli amministratori responsabili degli enti locali" con le seguenti: "con individuazione dei casi di incandidabilità ed ineleggibilità, a qualsiasi carica elettiva a livello locale, regionale e nazionale, nei confronti degli amministratori responsabili degli enti locali"».

 

9.8

BIANCO, DELLA MONICA, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, SANNA, VITALI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, DE SENA, CASSON, CHIURAZZI, GALPERTI, D'AMBROSIO, CAROFIGLIO, MARITATI, LATORRE

Precluso

Sostituire il comma 1 con il seguente:

«1. I Presidenti di giunte regionali destinatari della procedura di cui all'articolo 126, primo comma, della Costituzione o imputabili del grave dissesto nelle finanze regionali di cui all'articolo 17, comma 1, lettera e), della legge 5 maggio 2009, n. 42, non sono ricandidabili alla carica di presidente della Giunta regionale per il turno elettorale immediatamente successivo né a qualsiasi altra carica a livello locale, regionale e nazionale per i successivi tre anni.».

 

9.7

BIANCO, DELLA MONICA, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, VITALI, DE SENA, SANNA, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, CASSON, CHIURAZZI, GALPERTI, D'AMBROSIO, MARITATI, CAROFIGLIO, LATORRE

Precluso

Al comma 1, alinea, sopprimere le parole: «volto a disciplinare le conseguenze del fallimento politico».

 

9.2

MAZZATORTA, MAURO, BODEGA, VALLARDI, VALLI

Precluso

Al comma 1, alinea, sostituire le parole: «del fallimento politico, che consiste nell'applicazione» con le seguenti: «dell'applicazione».

Conseguentemente sostituire la rubrica con la seguente: «Incandidabilità del Presidente della Regione in conseguenza dell'applicazione dell'articolo 126, comma 1, Cost.)».

 

9.251

PISTORIO, OLIVA

Precluso

Al comma 1, sopprimere la lettera a).

 

9.3

MAZZATORTA, MAURO, BODEGA, VALLARDI, VALLI

Precluso

Al comma 1, lettera a), sopprimere la parola: «temporanea».

 

9.252

PISTORIO, OLIVA

Precluso

Al comma 1, lettera a), sostituire la parola: «temporanea» con le seguenti: «normativa sulla».

 

9.4

PARDI, LI GOTTI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Precluso

Sostituire il comma 2 con il seguente:

«2. L'articolo 247 del testo unico è sostituito dal seguente:

"Art. 247. - (Omissione della deliberazione di dissesto). - 1. Qualora dalle pronunce delle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti emergano comportamenti difformi dalla sana gestione finanziaria, violazioni degli obiettivi della finanza pubblica allargata e irregolarità contabili o squilibri strutturali del bilancio dell'ente locale in grado di provocare il dissesto economico dell'ente locale e lo stesso non abbia adottato, entro il termine assegnato dalla Corte, le necessarie misure correttive previste dall'art. 1, comma 168, della legge 266 del 2005, la competente sezione regionale, accertato l'inadempimento, trasmette gli atti al Prefetto ai fini della deliberazione dello stato di dissesto e della procedura per lo scioglimento del Consiglio dell'ente ai sensi dell'art. 141.

2. Il Prefetto può accertare le condizioni di cui all'art. 144 anche attraverso le verifiche amministrativo-contabili effettuate dai servizi ispettivi di finanza pubblica del Ministero dell'economia e delle finanze, dai bilanci di previsione, dai rendiconti, da deliberazioni dell'ente locale o da altra fonte, formulando chiarimento e assegnando all'organo di revisione contabile il termine di 30 giorni per la risposta.

3. Ove sia accertata la sussistenza delle condizioni di cui all'art. 244, il Prefetto assegna al Consiglio, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine non superiore a venti giorni per la deliberazione del dissesto.

4. Decorso infruttuosamente il termine di cui al comma 3, il Prefetto nomina un Commissario per la deliberazione dello stato di dissesto e da corso alla procedura per lo scioglimento del consiglio dell'ente ai sensi dell'art. 141"».

 

9.5

LI GOTTI, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Precluso

Dopo il comma 2, inserire il seguente:

«2-bis. All'articolo 1, comma 1, lettera c), n. 1), del decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 ottobre 2009, n. 141, sopprimere le seguenti parole: "specifica e"».

 

9.6

LI GOTTI, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Precluso

Dopo il comma 2, inserire il seguente:

«2-bis. All'articolo 1, comma 1, lettera c), n. 1), del decreto-legge 3 agosto 2009, n. 103, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 ottobre 2009, n. 141, il secondo e il terzo periodo sono abrogati».

 

EMENDAMENTO TENDENTI AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 9

9.0.1

LI GOTTI, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Improponibile

Dopo l'articolo inserire il seguente:

«Art. 9-bis.

(Abrogazione dell'art. 11, comma 4, della legge 4 marzo 2009, n. 15 in materia di indipendenza della Corte dei conti)

1. L'art. 11, comma 4, della legge 4 marzo 2009, n. 15 è abrogato.

2. Le integrazioni eventualmente intercorse in seno alle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti effettuate in forza dell'art. 11, comma 4, della legge 4 marzo 2009, n. 15 sono nulle. È comunque fatta salva l'attività svolta dalle sezioni regionali della Corte dei conti sino alla data di entrata in vigore della presente legge».

 

ARTICOLO 10 DEL DISEGNO DI LEGGE N. 2156

Art. 10.

Accantonato

(Modifiche al testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n.361, ed al testo unico delle leggi recanti norme per la elezione del Senato della Repubblica, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1993, n.533)

1. Dopo l'articolo 6 del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n.361, è inserito il seguente:

«Art. 6-bis. - 1. Salvo quanto previsto dalle norme penali in materia di interdizione dai pubblici uffici, non sono eleggibili a deputati per cinque anni dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna:

a) coloro che hanno riportato condanna definitiva ad una pena superiore a due anni di reclusione per i delitti previsti dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale;

b) coloro che hanno riportato condanna definitiva ad una pena superiore a due anni di reclusione per i delitti previsti dagli articoli 314, primo comma, 316, 316-bis, 317, 318, 319, 319-ter e 320, del codice penale.

2. Agli effetti del comma 1, la sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a pronuncia di condanna.

3. Le disposizioni del presente articolo non si applicano nei confronti di chi è stato condannato con sentenza passata in giudicato o di chi è stato sottoposto a misura di prevenzione con provvedimento definitivo, se è concessa la riabilitazione ai sensi dell'articolo 178 del codice penale e dell'articolo 15 della legge 3 agosto 1988, n.327, e successive modificazioni.

4. La perdita delle condizioni di eleggibilità comporta la decadenza dalla carica di deputato. Essa è dichiarata dalla Camera dei deputati.».

2. All'articolo 5 del testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione del Senato della Repubblica, di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n.533, dopo il comma 1 è aggiunto, in fine, il seguente:

«1-bis). Non sono eleggibili a senatori coloro che si trovano nelle condizioni di cui all'articolo 6-bis del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n.361.».

 

EMENDAMENTI

10.1 (testo corretto)

D'ALIA, DELLA MONICA, SERRA, BALDASSARRI, GERMONTANI, VALDITARA, DE ANGELIS, CONTINI, DIGILIO

Accantonato

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 10.

1. L'articolo 1 del D.P.R. 20 marzo 1967, n. 223 è sostituito dal seguente:

"Art. 1. - (Elettori). - 1. Sono elettori tutti i cittadini italiani che non si trovino in alcuna delle condizioni previste dagli articoli 2, 3 e 3-bis".

2. L'articolo 2 del D.P.R. 20 marzo 1967, n. 223 è sostituito dai seguenti:

"Art. 2. - (Limitazioni per incapacità civile). - 1. Non sono elettori coloro che non abbiano ancora compiuto il diciottesimo anno di età nel primo giorno fissato per la votazione.

Art. 2-bis. - (Limitazioni per effetto di sentenza penale irrevocabile). - 1. Non sono elettori:

a) i condannati a pena che importa la interdizione perpetua dai pubblici uffici;

b) coloro che sono sottoposti all'interdizione temporanea dai pubblici uffici, per tutto il tempo della sua durata;

c) coloro che sono sottoposti, in forza di provvedimenti definitivi, a misure di sicurezza detentive o alla libertà vigilata o al divieto di soggiorno in uno o più comuni o in una o più province, a norma dell'articolo 215 del codice penale, finché durano gli effetti dei provvedimenti stessi;

d) coloro che hanno riportato condanna definitiva per il delitto previsto dall'articolo 416-bis del codice penale o per il delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui all'articolo 74 del testo unico approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n.309, o per un delitto di cui all'articolo 73 del citato testo unico, concernente la produzione o il traffico di dette sostanze, o per un delitto concernente la fabbricazione, l'importazione, l'esportazione, la vendita o cessione, nonché, nei casi in cui sia inflitta la pena della reclusione non inferiore ad un anno, il porto, il trasporto e la detenzione di armi, munizioni o materie esplodenti, o per il delitto di favoreggiamento personale o reale commesso in relazione a taluno dei predetti reati;

e) coloro che hanno riportato condanna definitiva per i delitti previsti dagli articoli 314, primo comma (peculato), 316 (peculato mediante profitto dell'errore altrui), 316-bis (malversazione a danno dello Stato), 317 (concussione), 318 (corruzione per un atto d'ufficio), 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio), 319-ter (corruzione in atti giudiziari), 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio) del codice penale;

f) coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva alla pena della reclusione complessivamente superiore a sei mesi per uno o più delitti commessi con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o a un pubblico servizio diversi da quelli indicati nella lettera e);

g) coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva ad una pena non inferiore a due anni di reclusione per delitto non colposo.

2. Le sentenze penali producono la perdita del diritto elettorale solo quando sono passate in giudicato. La sospensione condizionale della pena non ha effetto ai fini della privazione del diritto di elettorato, sia attivo che passivo.

3. Per tutti gli effetti disciplinati dal presente articolo la sentenza prevista dall'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a condanna.

4. Le disposizioni previste dal presente articolo non si applicano nei confronti di chi è stato condannato con sentenza passata in giudicato, se è concessa la riabilitazione ai sensi dell'articolo 178 del codice penale o dell'articolo 15 della legge 3 agosto 1988, n. 327.

Art. 2-ter. - (Limitazioni per indegnità morale). - 1. Non sono elettori:

a) coloro che sono sottoposti, in forza di provvedimenti definitivi, alle misure di prevenzione di cui all'articolo 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come da ultimo modificato dall'articolo 4 della legge 3 agosto 1988, n. 327, finché durano gli effetti dei provvedimenti stessi;

b) coloro nei cui confronti il tribunale ha applicato, con provvedimento definitivo, una misura di prevenzione, in quanto indiziati di appartenere ad una delle associazioni di cui all'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall'articolo 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646, finché durano gli effetti del provvedimento stesso.

c) coloro nei confronti dei quali è stata accertata dal Collegio di garanzia elettorale in modo definitivo la violazione delle norme che disciplinano la campagna elettorale ai sensi dell'articolo 14, commi 7, 8 e 9 della legge 10 dicembre 1993, n. 515.

2. La norma prevista dal comma 1 non si applica nei confronti di chi è stato sottoposto a misura di prevenzione con provvedimento definitivo, se è concessa la riabilitazione ai sensi dell'articolo 178 del codice penale o dell'articolo 15 della legge 3 agosto 1988, n. 327".

3. All'articolo 32, primo comma, numero 3) del D.P.R. 20 marzo 1967, n. 223, le parole: "della perdita del diritto elettorale, che risulti da sentenza o da altro provvedimento dell'autorità giudiziaria. A tale scopo, il questore incaricato della esecuzione dei provvedimenti che applicano le misure di prevenzione di cui all'articolo 2, comma 1, lettera b)" sono sostituite dalle seguenti: "della perdita del diritto elettorale, che risulti da sentenza o da altro provvedimento dell'autorità giudiziaria di cui agli articoli 2-bis e 2-ter, compresi gli accertamenti definitivi del Collegio regionale di garanzia elettorale. A tale scopo, il questore incaricato della esecuzione dei provvedimenti che applicano le misure di prevenzione di cui all'articolo 2-ter, comma 1".

4. All'articolo 15, comma 10 della legge 10 dicembre 1993, n. 515, è aggiunto il seguente periodo: "Ai fini della perdita del diritto di elettorato, il Collegio regionale di garanzia elettorale dà comunicazione dell'accertamento definitivo delle violazioni di cui ai commi 7, 8 e 9 al comune di iscrizione nelle liste elettorali, ai sensi dell'articolo 32, numero 3) del D.P.R. 20 marzo 1967, n. 223.".

5. Al comma 1, alinea, dell'articolo 2 della legge 2 luglio 2004, n.165, le parole "Fatte salve le disposizioni legislative statali in materia di incandidabilità per coloro che hanno riportato sentenze di condanna o nei cui confronti sono state applicate misure di prevenzione," sono sostituite dalle seguenti: "Fatto salvo l'obbligo del candidato di disporre dell'elettorato attivo ai sensi degli articoli 2, 2-bis e 2-ter del D.P.R. 20 marzo 1967, n. 223,".

6. L'articolo 58, comma 1 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267 è sostituito dal seguente:

"1. Non possono essere candidati alle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali e non possono comunque ricoprire le cariche di presidente della provincia, sindaco, assessore e consigliere provinciale e comunale, presidente e componente del consiglio circoscrizionale, presidente e componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all'articolo 114, presidente e componente degli organi delle comunità montane, coloro che non dispongono dell'elettorato attivo ai sensi degli articoli 2, 2-bis e 2-ter del D.P.R. 20 marzo 1967, n. 223.".

7. L'articolo 6 del D.P.R. 30 marzo 1957, n. 361 è sostituito dai seguenti:

"Art. 6. - 1. Sono eleggibili a deputato i cittadini italiani che soddisfino tutti i seguenti requisiti:

a) siano elettori;

b) abbiano compiuto il venticinquesimo anno d'età entro il primo giorno fissato per la votazione.

2. Non possono essere candidati a deputato:

a) coloro che versino nelle condizioni soggettive di incandidabilità di cui agli articoli 2-bis e 2-ter del D.P.R. 20 marzo 1967, n. 223;

b) coloro che versino nelle condizioni di ineleggibilità di cui agli articoli 7, 8, 9 e 10.

3. La presentazione della dichiarazione di accettazione della candidatura è corredata:

a) dal certificato di nascita, o documento equipollente, e dal certificato d'iscrizione nelle liste elettorali di un Comune della Repubblica;

b) da una dichiarazione, resa ai sensi degli articoli 46 e 47 del D.P.R. n. 445 del 2000, in cui il candidato attesta di non versare in alcuna delle condizioni di ineleggibilità di cui al comma 2, lettera b).

4. Le condizioni soggettive di cui al comma 2 lettera a) sono rilevate d'ufficio, in sede di procedimento di ammissione delle candidature. La mancata iscrizione alle liste elettorali di cui al titolo II del D.P.R. 20 marzo 1967, n. 223 fa piena prova della condizione soggettiva, salvo l'esito del ricorso giudiziario di cui al titolo IV del medesimo D.P.R. 20 marzo 1967, n. 223.

5. Le condizioni soggettive di cui al comma 2, lettera b) sono eccepite, in sede di procedimento di ammissione delle candidature, da chiunque vi abbia interesse. Il rigetto dell'eccezione è impugnabile con le modalità previste per gli atti elettorali preparatori.

Art. 6-bis. - 1. Quando successivamente alla elezione insorga in capo all'eletto qualcuna delle condizioni soggettive di incandidabilità previste dall'articolo 6, comma 2, lettera a), ovvero quando essa esista al momento della candidatura ma non sia stata rilevata in sede di ammissione delle liste, la Camera di cui l'interessato fa parte gliela contesta, secondo le norme del suo regolamento.

2. L'interessato ha dieci giorni di tempo per riformulare osservazioni.

3. Entro i 10 giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 2, su proposta della Giunta competente, l'assemblea delibera definitivamente e, ove ritenga sussistente la condizione soggettiva di incandidabilità, lo dichiara decaduto, se del caso mediante l'annullamento della convalida dell'elezione. La deliberazione, nel giorno successivo, è depositata nella segreteria dell'assemblea e notificata, entro i cinque giorni successivi, a colui che è stato dichiarato decaduto.

4. Le deliberazioni di cui al presente articolo sono adottate di ufficio o su istanza di qualsiasi elettore.

5. La procedura di cui al presente articolo si applica anche quando si accerta che una delle cause di ineleggibilità di cui dall'articolo 6, comma 2, lettera b), ovvero l'incapacità civile di cui all'articolo 6, comma 1 lettera b), esisteva al momento della candidatura".

8. Coloro che versano nelle condizioni soggettive di cui all'articolo 6, comma 2 del D.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, come introdotto dall'articolo 10-quater, non possono neppure rivestire:

a) qualsiasi altro incarico con riferimento al quale l'elezione o la nomina è di competenza:

1) del Presidente della Repubblica, del Parlamento in seduta comune, dell'Assemblea, del Presidente o dell'Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati o del Presidente o del Consiglio di Presidenza del Senato della Repubblica, del consiglio regionale, provinciale, comunale o circoscrizionale, in virtù di specifiche disposizioni di legge;

2) del Governo o del Presidente del consiglio dei ministri o di singoli ministri, della Giunta regionale o del suo Presidente, della Giunta provinciale o del suo presidente, della Giunta comunale o del sindaco, di assessori regionali, provinciali o comunali;

b) qualsiasi altra carica negli organi esecutivi che per norma di Costituzione o di legge hanno l'obbligo delle dimissioni collegato all'approvazione di una mozione di sfiducia da parte di uno degli organi di cui al numero 1) della lettera a);

c) la carica di:

1) presidente o componente del consiglio di amministrazione dei consorzi;

2) presidente o componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni;

3) consigliere di amministrazione o presidente delle aziende speciali o delle istituzioni di cui all'articolo 114 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n.267;

4) presidente o componente degli organi delle comunità montane.

9. L'eventuale elezione o nomina di coloro che si trovano nelle condizioni di cui al comma 8 è nulla. L'organo che ha provveduto alla nomina o alla convalida dell'elezione è tenuto a revocare il relativo provvedimento non appena venuto a conoscenza dell'esistenza delle condizioni stesse.».

 

10.2

LI GOTTI, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Accantonato

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 10. - (Nuove disposizioni in materia di incandidabilità alla carica di deputato o di senatore). - 1. Al testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica, 30 marzo 1957, n. 361, al Capo Il, del Titolo Il sono apportate le seguenti modificazioni:

a) la rubrica è sostituita dalla seguente: "candidabilità ed eleggibilità";

b) dopo l'articolo 6 è inserito il seguente:

"Art. 6-bis. - 1. Non possono essere candidati e non possono comunque ricoprire la carica di deputato coloro che sono stati condannati per un delitto contro la pubblica amministrazione, contro l'amministrazione della giustizia o per uno dei delitti di cui agli artt. 51 e 407 del codice di procedura penale o per il delitto di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche di cui all'art. 640-bis del codice penale.

2. Le sentenze e i provvedimenti definitivi indicati al comma 1, emessi nei confronti di deputati in carica, sono comunicati alla Camera dei deputati per la pronunzia della decadenza.

3. Per tutti gli effetti disciplinati dal presente articolo, la sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a condanna.

4. La Camera dei deputati dichiara la nullità dell'elezione dei propri componenti entro sessanta giorni dalla notizia di condanna definitiva.

5. L'eventuale elezione o nomina di coloro che si trovano nelle condizioni di cui al comma 1, è nulla".

2. All'articolo 5 del testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione del Senato della Repubblica, di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

"1-bis. Non possono essere candidati alle elezioni politiche e non possono comunque ricoprire la carica di senatore coloro che rientrano nelle fattispecie previste dall'articolo 6-bis del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361"».

 

10.3

D'ALIA, DELLA MONICA, SERRA, BALDASSARRI, GERMONTANI, VALDITARA, DE ANGELIS, CONTINI, DIGILIO

Accantonato

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 10. - (Misure di prevenzione in riferimento ai proventi di attività delittuose contro la pubblica amministrazione). - 1. All'articolo 3 della legge 27 dicembre 1956 n. 1423, dopo il terzo comma è aggiunto il seguente:

"Qualora le attività delittuose di cui all'articolo 1, primo comma, numero 2 siano compiute nello svolgimento delle funzioni o del servizio, al pubblico ufficiale od all'incaricato di pubblico servizio è altresì applicata la misura di prevenzione della sospensione temporanea dall'amministrazione dei beni, ai sensi dell'articolo 3-quater della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, alle seguenti condizioni:

a) che i beni o le altre utilità di cui il soggetto abbia la proprietà o la disponibilità, a qualsiasi titolo, risultino di valore non proporzionato al proprio reddito o alla propria capacità economica. A tal fine le indagini e verifiche, di cui al comma 1 del citato articolo 3-quater, prendono a base di riferimento gli emolumenti annuali resi pubblici ai sensi dell'articolo 21 della legge 18 giugno 2009, n. 69 e dell'articolo 76 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonché le dichiarazioni reddituali rese pubbliche ai sensi dell'articolo 69, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600;

b) che la pericolosità sociale sia valutata anche in rapporto al corretto andamento della pubblica amministrazione;

c) che il soggetto non sia in grado di giustificare la legittima provenienza dei beni o altre utilità di cui alla lettera a)".

2. All'articolo 2, comma 1, lettera b) ed all'articolo 10 del D.P.R. 20 marzo 1967, n. 223, le parole: "come da ultimo modificato dall'articolo 4 della legge 3 agosto 1988, n. 327" sono sostituite dalle seguenti: "e successive modificazioni"».

 

10.250

BALBONI

Accantonato

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 10. - (Delega al Governo in materia di ineleggibilità alla carica di deputato e di senatore della Repubblica derivante da sentenze definitive di condanna per delitti non colposi) - 1. Il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, entro un anno dalla entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per il riordino della normativa in materia di ineleggibilità alla carica di deputato e di senatore della Repubblica.

2. Il decreto legislativo di cui al comma 1 è adottato secondo i seguenti principi e criteri direttivi:

a) ferme restando le norme del codice penale in materia di interdizione perpetua dai pubblici uffici, prevedere che non siano temporaneamente eleggibili a deputati o a senatori coloro che abbiano riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione per i delitti previsti dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale;

b) ferme restando le disposizioni di cui alla lettera a), prevedere per quali altri delitti, per i quali la legge preveda la pena della reclusione superiore nel massimo tre anni, non siano temporaneamente eleggibili a deputati o a senatori coloro che abbiano riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione;

c) prevedere la durata dell'ineleggibilità di cui alle lettere a) e b);

d) prevedere che l'ineleggibilità operi anche in caso di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale;

e) coordinare le disposizioni relative dall'ineleggibilità con le vigenti norme in materia di interdizione dai pubblici uffici e di riabilitazione.

3. Lo schema del decreto legislativo di cui al comma 1, corredato di relazione tecnica, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n.196, è trasmesso alle Camere ai fini dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che sono resi entro sessanta giorni dalla data di trasmissione dello schema di decreto. Decorso il termine di cui al periodo precedente senza che le Commissioni abbiano espresso i pareri di rispettiva competenza, il decreto legislativo può essere comunque adottato.»

 

10.251

MALAN

V. testo 2

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 10. - (Delega al Governo per l'adozione di un testo unico delle disposizioni in materia di ineleggibilità alla carica di deputato e di senatore della Repubblica, di incandidabilità e di incompatibilità determinate da sentenze definitive di condanna per delitti non colposi). - 1. Il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, entro un anno dalla entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo contenente un testo unico della normativa in materia di ineleggibilità alla carica di deputato e di senatore della Repubblica, di incandidabilità alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali e di incompatibilità con le cariche di presidente della giunta regionale, assessore e consigliere regionale, presidente della giunta provinciale, sindaco, assessore e consigliere provinciale e comunale, presidente e componente del consiglio circoscrizionale, presidente e componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali delle istituzioni di cui all'art. 23 della legge 8 giugno 1990, n. 142, amministratore e componente degli organi comunque denominati delle unità sanitarie locali, presidente e componente degli organi esecutivi delle comunità montane, determinate da sentenze definitive di condanna per delitti non colposi.

2. Il decreto legislativo di cui al comma 1 contiene il riordino e l'armonizzazione della vigente normativa ed è adottato secondo i seguenti principi e criteri direttivi:

a) ferme restando le disposizioni del codice penale in materia di interdizione perpetua dai pubblici uffici, prevedere che non siano temporaneamente eleggibili a deputati o a senatori coloro che abbiano riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione per i delitti previsti dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale;

b) in aggiunta a quanto previsto nella lettera a), prevedere per quali altri delitti (per i quali la legge preveda una pena detentiva superiore nel massimo tre anni), non siano temporaneamente eleggibili a deputati o a senatori coloro che abbiano riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione;

c) prevedere la durata dell'ineleggibilità di cui alle lettere a) e b);

d) prevedere che l'ineleggibilità operi anche in caso di applicazione della pena su richiesta, si sensi dell'art. 444 del codice di procedura penale;

e) coordinare le disposizioni relative dall'ineleggibilità con le vigenti norme in materia di interdizione dai pubblici uffici e di riabilitazione;

f) operare una completa ricognizione della normativa vigente in materia di incompatibilità determinata da sentenze definitive di condanna per reati con le cariche di presidente della giunta regionale, assessore e consigliere regionale, presidente della giunta provinciale, sindaco, assessore e consigliere provinciale e comunale, presidente e componente del consiglio circoscrizionale, presidente e componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali delle istituzioni di cui all'art. 23 della legge 8 giugno 1990, n.142, amministratore e 232 componente degli organi comunque denominati delle unità sanitarie locali, presidente e componente degli organi esecutivi delle comunità montane;

g) prevedere l'abrogazione espressa della normativa incompatibile con le disposizioni del decreto legislativo di cui al comma 1

3. Lo schema del decreto legislativo di cui al comma 1, corredato di relazione tecnica, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n.196, è trasmesso alle Camere ai fini dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che sono resi entro sessanta giorni dalla data di trasmissione dello schema di decreto. Decorso il termine di cui al periodo precedente senza che le Commissioni abbiano espresso i pareri di rispettiva competenza, il decreto legislativo può essere comunque adottato"».

 

10.251 (testo 2)

MALAN

Accantonato

Sostituire l'articolo 10 con il seguente:

«Art. 10. - (Delega al Governo per l'adozione di un testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e divieto di ricoprire cariche elettive e di governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi). - 1. Il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, entro un anno dalla entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo contenente un testo unico della normativa in materia di incandidabilità alla carica di deputato e di senatore della Repubblica, di incandidabilità alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali e di divieto di ricoprire le cariche di presidente e componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali delle istituzioni di cui all'articolo 114 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, presidente e componente degli organi esecutivi delle comunità montane.

2. Il decreto legislativo di cui al comma 1 contiene il riordino e l'armonizzazione della vigente normativa ed è adottato secondo i seguenti principi e criteri direttivi:

a) ferme restando le disposizioni del codice penale in materia di interdizione perpetua dai pubblici uffici, prevedere che non siano temporaneamente candidabili a deputati o a senatori coloro che abbiano riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione per i delitti previsti dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale;

b) in aggiunta a quanto previsto nella lettera a), prevedere che non siano temporaneamente candidabili a deputati o a senatori coloro che abbiano riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione per i delitti previsti nel Libro II, Titolo II, Capo I, del codice penale e, se del caso, per altri delitti per i quali la legge prevedeva una pena detentiva superiore nel massimo tre anni;

c) prevedere la durata dell'incandidabilità di cui alle lettere a) e b);

d) prevedere che l'incandidabilità operi anche in caso di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale;

e) coordinare le disposizioni relative all'incandidabilità con le vigenti norme in materia di interdizione dai pubblici uffici e di riabilitazione, nonché con le restrizioni all'esercizio del diritto di elettorato attivo;

f) operare una completa ricognizione della normativa vigente in materia di incandidabilità alle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali e divieto di ricoprire le cariche di presidente della provincia, sindaco, assessore e consigliere provinciale e comunale, presidente e componente del consiglio circoscrizionale, presidente e componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali delle istituzioni di cui all'articolo 114 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267,presidente e componente degli organi delle comunità montane determinata da sentenze definitive di condanna;

g) valutare per le cariche di cui alla lettera f), in coerenza con le scelte operate in attuazione della lettera a) e della lettera h), l'introduzione di ulteriori ipotesi di incandidabilità determinate da delitti di grave allarme sociale;

h) individuare, fatta salva la competenza legislativa regionale sul sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale nonché dei consiglieri regionali, le ipotesi di incandidabilità alle elezioni regionali e di divieto di ricoprire cariche negli organi politici di vertice delle regioni conseguenti a sentenze definitive di condanna;

i) prevedere l'abrogazione espressa della normativa incompatibile con le disposizioni del decreto legislativo di cui al comma 1;

l) disciplinare le ipotesi di sospensione e decadenza di diritto dalle cariche di cui al comma 1 in caso di sentenza definitiva di condanna per delitti non colposi successiva alla candidatura o all'affidamento della carica.

3. Lo schema del decreto legislativo di cui al comma 1, corredato di relazione tecnica, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, è trasmesso alle Camere ai fini dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che sono resi entro sessanta giorni dalla data di trasmissione dello schema di decreto. Decorso il termine di cui al periodo precedente senza che le Commissioni abbiano espresso i pareri di rispettiva competenza, il decreto legislativo può essere comunque adottato"».

 

10.300 (testo 2)

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA, BARBOLINI, AGOSTINI

Accantonato

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 10. - (Modifiche al testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, ed al testo unico delle leggi recanti norme per la elezione del Senato della Repubblica, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1993, n. 533). - 1. L'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223, è sostituito dal seguente:

"Art. 1. - (Elettori). - 1. Sono elettori tutti i cittadini italiani che non si trovino in alcuna delle condizioni previste dagli articoli 2, 3 e 3-bis".

2. L'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223, è sostituito dai seguenti:

"Art. 2. - (Limitazioni per incapacità civile). - 1. Non sono elettori coloro che non abbiano ancora compiuto il diciottesimo anno di età nel primo giorno fissato per la votazione.

Art. 2-bis. - (Limitazioni per effetto di sentenza penale irrevocabile). - 1. Non sono elettori:

a) i condannati a pena che importa la interdizione perpetua dai pubblici uffici;

b) coloro che sono sottoposti all'interdizione temporanea dai pubblici uffici, per tutto il tempo della sua durata;

c) coloro che sono sottoposti, in forza di provvedimenti definitivi, a misure di sicurezza detentive o alla libertà vigilata o al divieto di soggiorno in uno o più comuni o in una o più province, a norma dell'articolo 215 del codice penale, finché durano gli effetti dei provvedimenti stessi;

d) coloro che hanno riportato condanna definitiva per il delitto previsto dall'articolo 416-bis del codice penale o per il delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui all'articolo 74 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, o per un delitto di cui all'articolo 73 del citato testo unico, concernente la produzione o il traffico di dette sostanze, o per un delitto concernente la fabbricazione, l'importazione, l'esportazione, la vendita o cessione, nonché, nei casi in cui sia inflitta la pena della reclusione non inferiore ad un anno, il porto, il trasporto e la detenzione di armi, munizioni o materie esplodenti, o per il delitto di favoreggiamento personale o reale commesso in relazione a taluno dei predetti reati;

e) coloro che hanno riportato condanna definitiva per i delitti previsti dagli articoli 314, primo comma (peculato), 316 (peculato mediante profitto dell'errore altrui), 316-bis (malversazione a danno dello Stato), 317 (concussione), 318 (corruzione per un atto d'ufficio), 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio), 319-ter (corruzione in atti giudiziari), 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio) del codice penale;

f) coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva alla pena della reclusione complessivamente superiore a un anno per uno o più delitti commessi con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o a un pubblico servizio diversi da quelli indicati nella lettera e);

g) coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva ad una pena non inferiore a due anni di reclusione per delitto non colposo.

2. Le sentenze penali producono la perdita del diritto elettorale solo quando sono passate in giudicato. La sospensione condizionale della pena non ha effetto ai fini della privazione del diritto di elettorato, sia attivo che passivo.

3. Per tutti gli effetti disciplinati dal presente articolo la sentenza prevista dall'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a condanna.

4. Le disposizioni previste dal presente articolo non si applicano nei confronti di chi è stato condannato con sentenza passata in giudicato, se è concessa la riabilitazione ai sensi dell'articolo 178 del codice penale o dell'articolo 15 della legge 3 agosto 1988, n. 327".

3. L'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, è sostituito dai seguenti:

"a) Art. 6. - 1. Sono eleggibili a deputato i cittadini italiani che soddisfino tutti i seguenti requisiti:

a) siano elettori;

b) abbiano compiuto il venticinquesimo anno d'età entro il primo giorno fissato per la votazione.

2. Non possono essere candidati a deputato:

a) coloro che versino nelle condizioni soggettive di incandidabilità di cui all'articolo 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223;

b) coloro che versino nelle condizioni di ineleggibilità di cui agli articoli 7, 8, 9 e 10.

3. La presentazione della dichiarazione di accettazione della candidatura è corredata:

a) dal certificato di nascita, o documento equipollente, e dal certificato d'iscrizione nelle liste elettorali di un Comune della Repubblica;

b) da una dichiarazione, resa ai sensi degli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, in cui il candidato attesta di non versare in alcuna delle condizioni di ineleggibilità di cui al comma 2, lettera b).

4. Le condizioni soggettive di cui al comma 2, lettera a), sono rilevate d'ufficio, in sede di procedimento di ammissione delle candidature. La mancata iscrizione alle liste elettorali di cui al titolo II del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223, fa piena prova della condizione soggettiva, salvo l'esito del ricorso giudiziario di cui al titolo IV del medesimo decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223.

5. Le condizioni soggettive di cui al comma 2, lettera b), sono eccepite, in sede di procedimento di ammissione delle candidature, da chiunque vi abbia interesse. Il rigetto dell'eccezione è impugnabile con le modalità previste per gli atti elettorali preparatori;

b) Art. 6-bis. - 1. Quando successivamente alla elezione insorga in capo all'eletto qualcuna delle condizioni soggettive di incandidabilità previste dall'articolo 6, comma 2, lettera a), ovvero quando essa esista al momento della candidatura ma non sia stata rilevata in sede di ammissione delle liste, la Camera di cui l'interessato fa parte gliela contesta, secondo le norme del suo regolamento.

2. L'interessato ha dieci giorni di tempo per riformulare osservazioni.

3. Entro i 10 giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 2, su proposta della Giunta competente, l'assemblea delibera definitivamente e, ove ritenga sussistente la condizione soggettiva di incandidabilità, lo dichiara decaduto, se del caso mediante l'annullamento della convalida dell'elezione. La deliberazione, nel giorno successivo, è depositata nella segreteria dell'assemblea e notificata, entro i cinque giorni successivi, a colui che è stato dichiarato decaduto.

4. Le deliberazioni di cui al presente articolo sono adottate di ufficio o su istanza di qualsiasi elettore.

5. La procedura di cui al presente articolo si applica anche quando si accerta che una delle cause di ineleggibilità di cui dall'articolo 6, comma 2, lettera b), ovvero l'incapacità civile di cui all'articolo 6, comma 1, lettera b), esisteva al momento della candidatura".

4. All'articolo 5 del decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533 (Testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione del Senato della Repubblica) sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

"1-bis. Non possono essere candidati al Senato della Repubblica e non possono comunque ricoprire la carica di senatore coloro che ricadono nelle fattispecie previste dall'articolo 6, comma 2, del testo unico delle leggi recante norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361.

1-ter. Le condizioni soggettive di incandidabilità sono rilevate secondo le modalità di cui agli articoli 6, commi 4 e 5 e 6-bis di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361."».

 

10.5

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Accantonato

Al comma 1 capoverso «Art. 6-bis» comma 1, sopprimere le parole: «per cinque anni dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna» e sostituire le lettere a) e b) con le seguenti:

«a) coloro che hanno riportato condanna definitiva per i delitti previsti dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale;

b) coloro che hanno riportato condanna definitiva per i delitti previsti dagli articoli 314, primo comma, 316, 316-bis, 317, 318, 319, 319-ter, 320, 640-bis, 644, 648-bis e 648-ter del codice penale».

 

10.4

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Accantonato

Al comma 1 capoverso «Art. 6-bis» comma 1, sopprimere le parole: «per cinque anni dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna», e ovunque ricorrano, le parole: «superiore a due anni».

 

10.252

BRUNO, RUTELLI, BAIO, MILANA, MOLINARI, RUSSO, BALDASSARRI, GERMONTANI, VALDITARA, DE ANGELIS, CONTINI, DIGILIO

Accantonato

Al comma 1, sopprimere le parole: «per cinque anni dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna».

 

10.6

CASSON, CECCANTI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, GARRAFFA, LUMIA, MARITATI, DELLA MONICA

Accantonato

Al comma 1, capoverso «6-bis», al comma 1, lettera a), sostituire le parole: «dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater» con le seguenti: «dagli articoli 51, commi 3-bis e 3-quater, 380, comma 2, e 407 comma 2, lettera a)».

 

10.7

CASSON, CECCANTI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, GARRAFFA, LUMIA, MARITATI, DELLA MONICA

Accantonato

Al comma 1, capoverso «6-bis», al comma 1, lettera b), sostituire le parole: «e 320», con le seguenti: «320 e 323».

 

10.8

CASSON, CECCANTI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, GARRAFFA, LUMIA, MARITATI, DELLA MONICA

Accantonato

Al comma 1, capoverso «6-bis», al comma 4, dopo le parole: «la decadenza» inserire la seguente: «immediata».

 

10.9

CASSON, CECCANTI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, GARRAFFA, LUMIA, MARITATI, DELLA MONICA

Accantonato

Al comma 1, capoverso «6-bis», al comma 4, dopo le parole: «dalla Camera dei deputati» aggiungere le seguenti: «entro trenta giorni dalla comunicazione da parte della Autorità giudiziaria della sentenza di condanna definitiva».

 

10.10

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Accantonato

Dopo il comma 2 aggiungere il seguente:

«2-bis. All'articolo 60 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali dopo il comma 1 sono inseriti i seguenti commi:

"1-bis. Salvo quanto previsto dalle norme penali in materia di interdizione dai pubblici uffici, non sono eleggibili a sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale e circoscrizionale:

a) coloro che hanno riportato condanna definitiva per i delitti previsti dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale;

b) coloro che hanno riportato condanna definitiva per i delitti previsti dagli articoli 314, primo comma, 316, 316-bis, 317, 318, 319, 319-ter e 320, 640-bis, 644, 648-bis e 648-ter del codice penale.

1-ter. Agli effetti del comma 1-bis, la sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a pronuncia di condanna.

1-quater. Le disposizioni di cui ai commi 1-bis ed 1-ter, del presente articolo, non si applicano nei confronti di chi è stato condannato con sentenza passata in giudicato, se è concessa la riabilitazione ai sensi dell'articolo 178 del codice penale. La perdita delle condizioni di eleggibilità, per i motivi di cui ai commi 1-bis ed 1-ter, comporta la decadenza dalla carica sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale e circoscrizionale.

1-quinquies. Le disposizioni di cui ai commi 1-bis, 1-ter, 1-quater, 1-quinquies del presente articolo costituiscono principi fondamentali in materia di ineleggibilità alle elezioni regionali"».

 

10.11

PARDI, LI GOTTI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Accantonato

Aggiungere, in fine, il seguente comma:

«2-bis. All'articolo 76 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

"4-bis. Nell'anagrafe è inserita menzione delle sentenze di condanna emesse dalla Corte dei Conti ai sensi degli articoli 63, comma 1, n. 5) e 248, comma 5"».

 

EMENDAMENTI TENDENTI AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 10

 

10.0.2 (testo 2)

LI GOTTI, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Accantonato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 10-bis.

(Delega al Governo per l'integrazione del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di incandidabilità, ineleggibilità ed incompatibilità)

1. Fermo restando quanto previsto dal codice penale, i soggetti condannati per un delitto contro la pubblica amministrazione, contro l'amministrazione della giustizia o per uno dei delitti di cui agli articoli 51 e 407 del codice di procedura penale o per il delitto di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche di cui all'articolo 640-bis del codice penale non possono ricoprire le seguenti cariche:

a) componenti delle assemblee elettive di comuni, di province e di città metropolitane;

b) componenti delle giunte di comuni, di province e di città metropolitane;

c) sindaci dei comuni e delle città metropolitane;

d) presidenti delle province.

2. Il Governo è delegato ad adottare, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro per le riforme istituzionali, con il Ministro dell'interno e con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, e sentite le Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili di carattere finanziario, uno o più decreti legislativi per apportare al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, le ulteriori modifiche strettamente necessarie all'applicazione della disciplina delle incandidabilità, ineleggibilità ed incompatibilità per i soggetti di cui al comma 1, seguento i seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere la decadenza delle cariche ricoperte alla data di entrata in vigore della presente legge;

b) prevedere la incadidabilità e l'ineleggibilità;

c) prevedere la decadenza in caso di incompatibilità sopravvenuta».

 

10.0.3

LI GOTTI, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Accantonato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 10-bis.

(Princìpi in materia di incandidabilità, ineleggibilità ed incompatibilità dei Consiglieri regionali, dei presidenti di regione e dei membri delle Giunte regionali)

1. All'articolo 3, comma 1, della legge 2 luglio 2004, n. 165, dopo la lettera a) è inserita la seguente:

"a-bis) sussistenza di cause di incandidabilità, ineleggibilità ed incompatibilità per i Consiglieri regionali per i componenti della Giunta regionale e per il Presidente per i soggetti che sono stati condannati per un delitto contro la pubblica amministrazione, contro l'amministrazione della giustizia o per uno dei delitti di cui agli articoli 51 e 407 del codice di procedura penale o per il delitto di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche di cui all'articolo 640-bis del codice penale".

2. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano con propria legge, ai sensi dei rispettivi statuti speciali e delle relative norme di attuazione, anche per gli enti locali e gli enti ad ordinamento regionale o provinciale le cause di incandidabilità, di ineleggibilità e di incompatibilità per i Consiglieri regionali per i componenti della Giunta regionale e per il Presidente per i soggetti che sono stati condannati per un delitto contro la pubblica amministrazione, contro l'amministrazione della giustizia o per uno dei delitti di cui agli articoli 51 e 407 del codice di procedura penale o per il delitto di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche di cui all'articolo 640-bis del codice penale».

 

10.0.4

LI GOTTI, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Accantonato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 10-bis.

(Modifica alla legge 24 gennaio 1979, n. 18)

1.Dopo l'articolo 4 della legge 24 gennaio 1979, n. 18, e successive modificazioni, è inserito il seguente:

"Art.4-bis.

(Princìpi in materia di incandidabilità, ineleggibilità ed incompatibilità per i membri del Parlamento europeo)

1. Non possono essere candidati e non possono comunque ricoprire la carica di membro del Parlamento europeo coloro che sono stati condannati per un delitto contro la pubblica amministrazione, contro l'amministrazione della giustizia o per uno dei delitti di cui agli articoli 51 e 407 del codice di procedura penale o per il delitto di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche di cui all'articolo 640-bis del codice penale.

2. Le sentenze e i provvedimenti definitivi indicati al comma 1, emessi nei confronti di deputati al Parlamento europeo in carica ne determinano la decadenza.

3. Per tutti gli effetti disciplinati dal presente articolo, la sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a condanna.

4. L'eventuale elezione o nomina di coloro che si trovano nelle condizioni di cui al comma 1, è nulla"».

 

10.0.252

POLI BORTONE, VIESPOLI, CARDIELLO, CARRARA, CASTIGLIONE, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA

Accantonato

Dopo l'articolo 10, inserire il seguente:

«Art. 10-bis.

(Modifica alla legge 24 gennaio 1979, n.18)

1. Dopo l'articolo 4 della legge 24 gennaio 1979, n.18, e successive modificazioni, è inserito il seguente:

"Art. 4-bis.

(Princìpi in materia di incandidabilità, ineleggibilità ed incompatibilità per i membri del Parlamento europeo)

1. Non possono essere candidati e non possono comunque ricoprire la carica di membro del Parlamento europeo coloro che sono stati condannati per un delitto contro la pubblica amministrazione, contro l'amministrazione della giustizia o per uno dei delitti di cui agli articoli 51 e 407 del codice di procedura penale o per il delitto di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche di cui all'articolo 640-bis del codice penale.

2. Le sentenze e i provvedimenti definitivi indicati al comma l, emessi nei confronti di deputati al Parlamento europeo in carica ne determinano la decadenza.

3. Per tutti gli effetti disciplinati dal presente articolo, la sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a condanna.

4. L'eventuale elezione o nomina di coloro che si trovano nelle condizioni di cui al comma 1, è nulla"».

 

10.0.5

LI GOTTI, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Accantonato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 10-bis.

(Cause ostative all'assunzione di incarichi di governo)

1. Non possono ricoprire incarichi di governo coloro nei confronti dei quali è stato disposto il decreto di cui all'articolo 429 del codice di procedura penale per un delitto contro la pubblica amministrazione, contro l'amministrazione della giustizia o per uno dei delitti di cui agli articoli 51 e 407 del codice di procedura penale o per il delitto di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche di cui all'articolo 640-bis del codice penale.

2. Agli effetti del presente articolo, per titolari di incarichi di governo si intendono il Presidente del Consiglio dei ministri, i Vice Presidenti del Consiglio dei ministri, i Ministri, i Vice Ministri, i Sottosegretari di Stato e i commissari straordinari del Governo di cui all'articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400.

3. L'eventuale nomina di coloro che si trovano nelle condizioni di cui al comma 1 è nulla e gli atti eventualmente compiuti dal titolare dell'incarico di governo sono nulli e inefficaci, fatta salva ogni sua ulteriore eventuale responsabilità. I medesimi effetti si determinano qualora le cause ostative di cui al citato comma 1 intervengano successivamente all'assunzione di uno degli incarichi di governo di cui al comma 2».

 

10.0.250

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA, BARBOLINI, AGOSTINI

Accantonato

Dopo l'articolo 10, inserire il seguente:

«Art. 10-bis.

(Misure di trasparenza nell'assunzione di incarichi di governo)

1. Per l'assunzione di incarichi di governo, gli interessati devono attestare di non trovarsi in una delle seguenti condizioni:

a) che non sia stata disposta nei loro confronti misura cautelare, non revocata o non annullata, ovvero che non sia stato emesso a loro carico decreto di rinvio a giudizio o sentenza anche non definitiva:

1) per un delitto contro la pubblica amministrazione o contro l'amministrazione della giustizia, che importi l'interdizione dai pubblici uffici;

2) per uno dei delitti previsti dagli articoli 629, 640-bis, 644, 648-bis e 648-ter del codice penale;

3) per il delitto previsto dall'articolo 12-quinquies del decreto-legge 8 giugno 1992, n.306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n.356;

4) per il delitto di attività organizzate in materia di traffico illecito di rifiuti;

5) per uno dei delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale ovvero per un delitto per il quale ricorra la circostanza aggravante di cui all'articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n.152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n.203;

b) che non siano stati destinatari di:

1) misure di prevenzione personali o patrimoniali, ancorché non definitive, ai sensi della legge 31 maggio 1965, n.575;

2) di divieti, sospensioni e decadenze ai sensi della legge 27 dicembre 1956, n.1423, ovvero della legge 31 maggio 1965, n.575;

c) che non siano stati rimossi, sospesi o dichiarati decaduti ai sensi dell'articolo 142 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267.

2. Ai fini del presente articolo, la sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a condanna».

 

10.0.251

POLI BORTONE, VIESPOLI, CARDIELLO, CARRARA, CASTIGLIONE, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA

Accantonato

Dopo l'articolo 10, inserire il seguente:

«Art. 10-bis.

(Modifiche alla legge 13 febbraio 1953, n.60, in materia di incompatibilità parlamentari)

1. Dopo l'articolo 1-bis della legge 13 febbraio 1953, n.60 è aggiunto il seguente:

"Art. 1-ter. - 1. I membri del Parlamento italiano non possono ricoprire le cariche di sindaco di comune con popolazione superiore a 20.000 abitanti e di presidente di giunta provinciale, ove assunto durante il mandato parlamentare, fermo restando quanto stabilito in materia di ineleggibilità dagli articoli 6-bis e 7 del Testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n.361, e dell'articolo 5, commi 1 e 1-bis del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione del Senato della Repubblica, di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n.533.

2. I membri del Parlamento per i quali esista o si determinino le incompatibilità di cui al comma 1 optano, nel termine di un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, fra le cariche che ricoprono e il mandato parlamentare.

3. I membri del Parlamento non possono essere eletti per più di due volte consecutive"».

 

10.0.253

BRUNO, RUTELLI, BAIO, MILANA, MOLINARI, RUSSO, BALDASSARRI, GERMONTANI, VALDITARA, DE ANGELIS, CONTINI, DIGILIO

Accantonato

Dopo l'articolo 10, inserire il seguente:

«Art. 10-bis.

(Finanziamento dei partiti e della politica)

1. Alla legge 3 giugno 1999, n. 157, all'articolo 1, comma 5-bis, sono soppresse le parole: "che abbiano ottenuto almeno un candidato eletto nella ripartizione o"».

 

ARTICOLO 11 DEL DISEGNO DI LEGGE N. 2156

 

Art. 11.

Accantonato

(Modifiche all'articolo 58 del testo unico)

1. All'articolo 58 del testo unico sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, lettera b), dopo le parole: «per i delitti previsti dagli articoli» sono inserite le seguenti: «241 (attentati contro l'integrità, l'indipendenza e l'unità dello Stato), 270 (associazioni sovversive), 270-bis (associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico), 270-ter (assistenza agli associati), 270-quater (arruolamento con finalità di terrorismo anche internazionale), 270-quinquies (addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale), 280 (attentato per finalità terroristiche o di eversione), 283 (attentato contro la costituzione dello Stato), 284 (insurrezione armata contro i poteri dello Stato),» e le parole: «, 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio) del codice penale», sono sostituite dalle seguenti: «, 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio) e 353 (turbata libertà degli incanti) del codice penale»;

b) al comma 1, dopo la lettera b), è inserita la seguente:

«b-bis) coloro che hanno riportato condanna definitiva per delitti aggravati ai sensi dell'articolo 335-ter del codice penale;»;

c) al comma 5, le parole: «dai commi precedenti» sono sostituite dalle seguenti: «dal comma l, lettere c), d) ed e), e dai commi 2, 3 e 4».

 

EMENDAMENTI

 

11.400 (già 10.251)

MALAN

Accantonato

Sopprimere l'articolo 11.

11.1

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Accantonato

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 11. - (Modifiche al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali). - 1. Al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 58, comma 1, lettera b), dopo le parole: "320 (Corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio)" sono inserite le seguenti: "322 (Istigazione alla corruzione), e 629 (Estorsione)";

b) all'articolo 59, comma 1, lettera a), dopo le parole: "320" sono inserite le seguenti: "322, 325, e 629"».

 

11.3

CASSON, CECCANTI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, GARRAFFA, LUMIA, MARITATI, DELLA MONICA

Accantonato

Al comma 1, lettera a), sostituire le parole: «e 353 (turbata libertà degli incanti)», con le seguenti: «323 (abuso di ufficio) e 353 (turbata libertà degli incanti)».

 

11.2

ADAMO, INCOSTANTE, BIANCO, CECCANTI, DE SENA, DELLA MONICA, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, ARMATO, LEDDI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Accantonato

Al comma 1, lettera a) sostituire le parole: «e 353 (turbata libertà degli incanti)» con le seguenti: «, 353 (turbata libertà degli incanti) e 640-bis (truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche)».

 

11.4

ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, DE SENA, DELLA MONICA, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, ARMATO, LEDDI

Accantonato

Dopo il comma 1, inserire il seguente:

«1-bis. All'articolo 60 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 dopo il comma 1 è inserito il seguente:

"1-bis. Non sono eleggibili alla carica di sindaco di comune con popolazione superiore ai 20.000 abitanti e alla carica di presidente di Giunta provinciale i membri della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica"».

 

11.5

ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, DE SENA, DELLA MONICA, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, ARMATO, LEDDI

Accantonato

Dopo il comma 1, inserire il seguente:

«1-bis. All'articolo 61 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 al comma 1 dopo il numero 2) è inserito il seguente:

"2-bis. i membri della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica"».

 

11.6

ADAMO, INCOSTANTE, BIANCO, CECCANTI, DE SENA, DELLA MONICA, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, ARMATO, LEDDI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Accantonato

Dopo il comma 1, inserire il seguente:

«1-bis. Sostituire l'articolo 83 con il seguente:

"Art. 83. - (Divieto di cumulo). - 1. I parlamentari nazionali ed europei, nonché i consiglieri regionali non possono percepire i gettoni di presenza previsti dal presente capo.

2. Salve le disposizioni previste per le forme associative degli enti locali, gli amministratori locali di cui all'articolo 77, comma 2, non percepiscono alcun compenso, tranne quello dovuto per spese di indennità di missione, per la partecipazione ad organi o commissioni comunque denominate, se tale partecipazione è connessa all'esercizio delle proprie funzioni pubbliche.

3. In caso di cariche incompatibili, le indennità di funzione non sono cumulabili; ai soggetti che si trovano in tale condizione, fino al momento dell'esercizio dell'opzione o comunque sino alla rimozione della condizione di incompatibilità, l'indennità per la carica sopraggiunta non viene corrisposta"».

 

EMENDAMENTI TENDENTI AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 11

11.0.1

LI GOTTI, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Accantonato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art 11-bis.

(Modifiche al codice civile)

1. All'articolo 2621 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma:

1) le parole: "con l'intenzione di ingannare i soci o il pubblico e" e le parole: "previste dalla legge" sono soppresse;

2) le parole: "con l'arresto fino a due anni" sono sostituite dalle seguenti: "con la reclusione fino a cinque anni";

b) i commi terzo, quarto e quinto sono abrogati.

2. All'articolo 2622 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) la rubrica è sostituita dalla seguente: "False comunicazioni sociali nelle società quotate in mercati regolamentati";

b) il primo comma è sostituito dal seguente:

"Gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori delle società soggette alle disposizioni della parte IV, titolo 111, capo Il, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, i quali, al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali, dirette ai soci o al pubblico, espongono fatti materiali non rispondenti al vero ancorché oggetto di valutazioni ovvero omettono informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, in modo idoneo ad indurre in errore i destinatari sulla predetta situazione, sono puniti con la reclusione fino a sei anni";

c) al sesto comma, le parole: "per i fatti previsti dal primo e terzo comma" sono soppresse;

d) i commi secondo, terzo, quarto, quinto, settimo, ottavo e nono sono abrogati.

3. Dopo l'articolo 2622 del codice civile è inserito il seguente:

"Art. 2622-bis. - (Circostanza aggravante). - Se i fatti di cui agli articoli 2621 e 2622 cagionano un grave nocumento ai risparmiatori o alla società le pene sono aumentate".

4. All'articolo 2624 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma:

1) le parole: "con la consapevolezza della falsità e l'intenzione di ingannare i destinatari delle comunicazioni," e le parole: ", se la condotta non ha loro cagionato un danno patrimoniale," sono soppresse;

2) dopo le parole: "od occultano" è inserita la seguente: "consapevolmente";

3) le parole: "con l'arresto fino a un anno" sono sostituite dalle seguenti: "con la reclusione fino a quattro anni";

b) il secondo comma è sostituito dai seguenti:

"Se la condotta di cui al primo comma è commessa in relazione a società soggette a revisione obbligatoria, la pena è della reclusione fino a sei anni.

Se la condotta di cui al primo o al secondo comma ha cagionato un grave nocumento alla società, la pena è aumentata"».

 

11.0.3

CASSON, CECCANTI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, GARRAFFA, LUMIA, MARITATI

Accantonato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 11-bis.

1. In esecuzione della disposizione dell'articolo 58 della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, ratificata con la legge 3 agosto 2009, n. 116 e per rafforzare l'efficacia dell'azione delle strutture preposte all'individuazione e alla repressione dei reati contro la pubblica amministrazione, con regolamento da emanarsi entro 120 giorni dall'entrata in vigore della presente legge con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sono istituite presso l'AISE e presso l'AISI unità di intelligence finanziaria, responsabili della ricezione e analisi di informazioni relative a variazioni finanziarie sospette, nonché volte ad individuare e impedire il trasferimento di proventi relativi ai reati contro la pubblica amministrazione».

 

11.0.4

MARITATI, DELLA MONICA, CASSON, CECCANTI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, CAROFIGLIO, GALPERTI, GARRAFFA, LUMIA

Accantonato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 11-bis.

1. In esecuzione della decisione quadro n. 2002/465/GAI del Consiglio, 13 giugno 2002, squadre investigative comuni possono essere richieste dal Procuratore della Repubblica anche quando procede per i delitti di cui agli articoli 318 e 322 del codice penale».

 

11.0.5

CASSON, ZANDA, CECCANTI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, GARRAFFA, LUMIA, MARITATI, DELLA MONICA

Accantonato

Dopo l'articolo 11, inserire il seguente:

«Art. 11-bis.

1. I titolari di cariche di governo, entro trenta giorni dalla data di assunzione della carica, devono dichiarare all'Autorità garante della concorrenza e del mercato la sussistenza di casi di conflitto di interessi tra la carica di governo ricoperta e ogni interesse economico privato astrattamente idoneo a condizionare l'esercizio delle funzioni pubbliche ricoperte.

2. Sussiste in particolare conflitto di interessi nei casi di posizioni dominanti nella proprietà di imprese che producono informazione a diffusione nazionale, regionale o interregionale.

3. Il conflitto di interessi sussiste anche nei casi in cui l'interesse economico privato sia del coniuge non legalmente separato ovvero di parenti o affIni entro il secondo grado ovvero di persona stabilmente convivente con il titolare della carica di governo.

4. Nel caso di conflitto d'interessi, anche sopravvenuto, accertato anche d'ufficio, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato invita il titolare della carica di governo ad eliminare entro trenta giorni il conflitto stesso. In mancanza o nel caso in cui l'Autorità accerti la persistenza del conflitto d'interessi, il titolare della carica di governo decade dalla carica stessa».

 

11.0.6

CASSON, CECCANTI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, GARRAFFA, LUMIA, MARITATI

Accantonato

Dopo l'articolo 11, inserire il seguente:

«Art. 11-bis.

1. In caso di dimissioni o di pensionamento, i pubblici dipendenti, per la durata di tre anni, non possono svolgere attività professionale o essere impiegati in attività del settore privato direttamente collegata alle funzioni svolte in precedenza».

 

11.0.7

CASSON, CECCANTI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, GARRAFFA, LUMIA, MARITATI

Accantonato

Dopo l'articolo 11, inserire il seguente:

«Art. 11-bis.

(Modifiche al codice di procedura penale in materia di esclusione del segreto in relazione a delitti contro la pubblica amministrazione)

1. Al codice di procedura penale, all'articolo 204, comma 1, primo periodo, dopo le parole: "285, 416-bis, 416-ter" le parole: "e 422 del codice penale" sono sostituite dalle seguenti: "422, 314, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 320, 321, 322, 323, 640 cpv. n. 1 del codice penale"».

 

11.0.50 (già 12.0.9)

ZANDA

Accantonato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 11-bis.

(Modifiche al Codice civile)

Al codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l'articolo 2621 è sostituito dal seguente:

"Art. 2621. - (False comunicazioni sociali). - Salvo quanto previsto dall'articolo 2622, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico, espongono fatti non rispondenti al vero ancorché oggetto di valutazioni ovvero omettono informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, sono puniti con la reclusione da uno a cinque anni.

La punibilità è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardano beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.";

b) l'articolo 2622 è sostituito dal seguente:

"Art. 2622. - (False comunicazioni sociali nelle società quotate in Borsa). - Gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili, societari, i sindaci e i liquidatori delle società soggette alle disposizioni della parte IV, titolo III, capo Il, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, i quali al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico espongono fatti materiali non rispondenti al vero ancorché oggetto di valutazioni ovvero omettono informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, in modo idoneo a indurre in errore i destinatari sulla predetta situazione, sono puniti con la reclusione fino a otto anni";

c) dopo l'articolo 2622 è inserito il seguente:

"Art. 2622-bis. - (Circostanza aggravante). Se i fatti di cui agli articoli 2621 e 2622 cagionano un grave nocumento ai risparmiatori o alla società, le pene sono aumentate della metà".

d) l'articolo 2624 è sostituito con il seguente:

"Art. 2624. - (Falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione). I responsabili della revisione i quali, al fine di conseguire per sè o per altri un ingiusto profitto, nelle relazioni o in altre comunicazioni, consapevolmente attestano il falso ed occultano informazioni concernenti la situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società, ente o soggetto sottoposto a revisione, in modo idoneo ad indurre in errore i destinatari delle comunicazioni sulla predetta situazione, sono puniti con la reclusione fino a sei anni.

Se la condotta di cui al primo comma concerne una società soggetta a revisione obbligatoria, la pena è della reclusione fino a otto anni.

Se la condotta di cui al primo comma ha cagionato un grave nocumento ai destinatari delle comunicazioni, la pena è della reclusione fino a dodici anni".

e) dopo l'articolo 2624 è inserito il seguente:

"Art. 2624-bis. (False dichiarazioni contabili e false comunicazioni sociali a fini di corruzione) - Qualora la dichiarazione fraudolenta di cui agli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 10 marzo 2000 n. 74 o le false comunicazioni di cui agli articoli 2621 e 2622 sono finalizzati a commettere i reati di cui agli articoli 318, 319, 320, 321, 322, 346 del codice penale, la pena è disposta a prescindere dall'ammontare degli elementi sottratti al reddito"».

 

11.0.51 (già 12.0.10)

DELLA MONICA, BARBOLINI, BIANCO, PEGORER, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Accantonato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 11-bis.

(Modifiche al codice civile e al testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, in materia di falso in bilancio, falso prospetto, falso nelle relazioni dei revisori e di impediti controlli societari)

1. Al codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l'articolo 2621 è sostituito dal seguente:

"Art. 2621. - (False comunicazioni sociali). - Salvo quanto previsto dall'articolo 2622, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico, espongono fatti non rispondenti al vero ancorché oggetto di valutazioni ovvero omettono informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, sono puniti con la reclusione da uno a cinque anni.

La punibilità è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardano beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi";

b) l'articolo 2622 è sostituito dal seguente:

"Art. 2622. - (False comunicazioni sociali in danno della società, dei soci o dei creditori). - Gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili, i sindaci e i liquidatori, i quali, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico, esponendo fatti non rispondenti al vero ancorché oggetto di valutazioni, ovvero omettendo informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, cagionano un danno patrimoniale alla società, ai soci o ai creditori, sono puniti con la reclusione da due a sei anni.

La pena è da due ad otto anni, nel caso di società soggette alle disposizioni della parte IV, titolo III, capo II, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni.

La punibilità è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.";

c) l'articolo 2625 è sostituito dal seguente:

"Art. 2625. - (Impedito controllo). - Gli amministratori che, occultando documenti o con altri idonei artifici, impediscono o comunque ostacolano lo svolgimento delle attività di controllo o di revisione legalmente attribuite ai soci, agli altri organi sociali o alle società di revisione, sono puniti con l'arresto fino a due anni.

La pena è raddoppiata se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell'Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell'articolo 116 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni".

2. Al testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l'articolo 173-bis è sostituito dal seguente:

"Art. 173-bis. - (Falso in prospetto). - 1. Chiunque, nei prospetti richiesti per la sollecitazione all'investimento o l'ammissione alla quotazione nei mercati regolamentati, ovvero nei documenti da pubblicare in occasione delle offerte pubbliche di acquisto o di scambio, espone false informazioni od occulta dati o notizie in modo idoneo a indurre in errore i destinatari del prospetto, è punito con la reclusione da uno a cinque anni";

b) all'articolo 174-bis, nel comma 1, le parole: "con l'intenzione di ingannare i destinatari" sono soppresse».

 

ARTICOLO 12 DEL DISEGNO DI LEGGE N. 2156

Art. 12.

Accantonato

(Modifiche al codice penale)

1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 314, primo comma, la parola: «tre» è sostituita dalla seguente: «quattro»;

b) all'articolo 316, le parole: «da sei mesi a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «da uno a quattro anni»;

c) all'articolo 316-bis, primo comma, le parole: «da sei mesi a quattro anni» sono sostituite dalle seguenti: «da uno a cinque anni»;

d) all'articolo 316-ter, primo comma, le parole: «da sei mesi a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «da uno a quattro anni»;

e) all'articolo 318, primo comma, le parole: «da sei mesi a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «da uno a quattro anni»;

f) all'articolo 318, secondo comma, le parole: «fino a un anno» sono sostituite dalle seguenti: «fino a un anno e sei mesi»;

g) all'articolo 319, le parole: «da due a cinque anni» sono sostituite dalle seguenti: «da tre a sei anni»;

h) all'articolo 319-ter, primo comma, le parole: «da tre a otto anni» sono sostituite dalle seguenti: «da quattro a otto anni»;

i) dopo l'articolo 335-bis, è inserito il seguente:

Art. 335-ter. - (Circostanze aggravanti). - Per i delitti dal presente capo, le pene per il solo pubblico ufficiale sono aumentate in caso di atti particolarmente lesivi per la pubblica amministrazione ovvero commessi al fine di far conseguire indebitamente contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee.»;

l) all'articolo 354, primo comma, le parole: «sino a sei mesi o con la multa fino a euro 516» sono sostituite dalle seguenti: «fino a un anno»;

m) all'articolo 356, primo comma, le parole: «da uno a cinque anni» sono sostituite dalle seguenti: «da due a sei anni».

 

EMENDAMENTI

12.1

LI GOTTI, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Accantonato

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 12. - (Modifiche al codice penale). - 1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 32-quater, le parole: "317, 318,", le parole: "319-bis, 320, 321," e le parole: "322-bis" sono soppresse e dopo le parole: "501-bis," sono inserite le seguenti: "629, secondo comma,";

b) all'articolo 32-quinquies, le parole: "317, 318, 319, 319-ter e 320" sono sostituite dalle seguenti: "319, 319-ter e 629, secondo comma,";

c) all'articolo 314, primo comma, la parola: "tre" è sostituita dalla seguente: "quattro";

d) all'articolo 316, le parole: "da sei mesi a tre anni" sono sostituite dalle seguenti: "da uno a quattro anni";

e) all'articolo 316-bis, primo comma, le parole: "da sei mesi a quattro anni" sono sostituite dalle seguenti: "da uno a cinque anni";

f) all'articolo 316-ter, primo comma, le parole: "da sei mesi a tre anni" sono sostituite dalle seguenti: "da uno a quattro anni";

g) all'articolo 317-bis, le parole: "per il reato di cui agli articoli 314 e 317" sono sostituite dalle seguenti: "per il reato di cui all'articolo 314";

h) gli articoli 317, 318, 319-bis, 320, 321 e 322-bis sono abrogati;

i) l'articolo 319 è sostituito dal seguente:

"Art. 319. - (Corruzione). - Il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che indebitamente riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità, o ne accetta la promessa in relazione al compimento, all'omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio o servizio, ovvero al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio o del servizio, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni.

La condanna importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici.

Nei casi di cui al primo comma, chi dà o promette al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio denaro o altra utilità è punito con la reclusione da due a sei anni. Quando la dazione o la promessa è effettuata per un atto d'ufficio o del servizio già compiuto dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di un pubblico servizio, il corruttore è punito con la pena della reclusione da tre mesi a un anno.

La pena per il corruttore è diminuita fino alla metà quando lo stesso è indotto alla dazione o alla promessa al solo fine di evitare il pericolo di un danno ingiusto";

l) l'articolo 319-ter è sostituito dal seguente: "Art. 319-ter. - (Corruzione in atti giudiziari). - Se i fatti di cui all'articolo 319 sono commessi in relazione all'esercizio di attività giurisdizionali, il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio è punito con la reclusione da cinque a dodici anni.

La condanna importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici.

Nei casi di cui al primo comma, chi dà o promette al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio denaro od altra utilità, è punito con la reclusione da tre a otto anni. Se la dazione o la promessa è effettuata per un atto d'ufficio o del servizio già compiuto dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di pubblico servizio, si applica la pena della reclusione da sei mesi ad un anno";

m) l'articolo 322 è sostituito dal seguente: "Art. 322. - (Istigazione alla corruzione). - Chiunque offre o promette indebitamente denaro o altra utilità ad un pubblico ufficiale o ad un incaricato di pubblico servizio nei casi di cui all'articolo 319 soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita dall'articolo 319, terzo comma, ridotta di un terzo. Qualora l'offerta o la promessa, effettuata nei casi di cui all'articolo 319-ter, non sia accettata, si applica la pena stabilita dall'articolo 319-ter, terzo comma, ridotta di un terzo.

Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che sollecita una promessa o dazione di denaro o altra utilità nei casi indicati dall'articolo 319 è punito, qualora la sollecitazione non sia accolta, con la pena stabilita dall'articolo 319, primo comma, ridotta di un terzo. Se la sollecitazione è effettuata nei casi di cui all'articolo 319-ter, si applica la pena stabilita dall'articolo 319-ter, primo comma, ridotta di un terzo";

n) all'articolo 322-ter, primo comma, la parola: "320" è sostituita dalla seguente: "319-ter" e le parole: "anche se commessi dai soggetti indicati nell'articolo 322-bis, primo comma," sono soppresse;

o) all'articolo 322-ter, secondo comma, le parole: "anche se commesso ai sensi dell'articolo 322-bis, secondo comma," e le parole: "o agli altri soggetti indicati nell'articolo 322-bis, secondo comma" sono soppresse;

p) l'articolo 323-bis è sostituito dal seguente: "Art. 323-bis. - (Circostanze attenuanti). - Se i fatti previsti dagli articoli 314, 316, 316-bis, 316-ter e 323 sono di particolare tenuità, le pene sono diminuite fino a due terzi e la condanna importa l'interdizione temporanea dai pubblici uffici;

Se i fatti previsti dagli articoli 319, 319-ter e 322 sono di particolare tenuità, le pene sono diminuite fino a due terzi e la condanna importa l'interdizione temporanea dai pubblici uffici";

q) dopo l'articolo 335-bis, è inserito il seguente: "Art. 335-ter. - (Circostanze aggravanti). - Per i delitti dal presente capo, le pene per il solo pubblico ufficiale sono aumentate in caso di atti particolarmente lesivi per la pubblica amministrazione ovvero commessi al fine di far conseguire indebitamente contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee.";

r) l'articolo 346 è sostituito dal seguente: "Art. 346. - (Traffico di influenze illecite). - Chiunque, vantando credito presso un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, ovvero adducendo di doverne comprare il favore o soddisfare le richieste, fa dare o promettere a sé o ad altri denaro o altra utilità quale prezzo per la propria mediazione o quale remunerazione per il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio, è punito con la reclusione da tre a sette anni.

Nei casi di cui al primo comma, chi versa o promette denaro o altra utilità è punito con la reclusione da due a cinque anni.

La condanna importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici.

Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono aumentate se il soggetto che vanta credito presso un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio ovvero adduce di doverne comprare il favore o soddisfare le richieste riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio.

Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono, altresì, aumentate se i fatti ivi previsti sono commessi in relazione all'esercizio di attività giurisdizionali.

Se i fatti previsti dal primo e dal secondo comma sono di particolare tenuità, le pene sono diminuite fino a due terzi e la condanna importa l'interdizione temporanea dai pubblici uffici";

s) all'articolo 354, primo comma, le parole: "sino a sei mesi o con la multa fino a euro 516" sono sostituite dalle seguenti: "fino a un anno";

t) all'articolo 356, primo comma, le parole: "da uno a cinque anni" sono sostituite dalle seguenti: "da due a sei anni".

u) all'articolo 357, dopo il primo comma, è inserito il seguente:

"Sono, altresì, pubblici ufficiali agli effetti della legge penale i soggetti che esercitano funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali nell'ambito di Stati esteri o di organizzazioni pubbliche internazionali";

v) all'articolo 358, dopo il primo comma, è inserito il seguente:

"Sono, altresì, incaricati di un pubblico servizio agli effetti della legge penale i soggetti che esercitano attività corrispondenti a quelle degli incaricati di un pubblico servizio nell'ambito di Stati esteri o di organizzazioni pubbliche internazionali";

z) dopo l'articolo 360 è inserito il seguente: "Art. 360-bis. - (Circostanza attenuante). - La pena prevista per i delitti di cui agli articoli 319, 319-ter e 346 è diminuita fino a due terzi qualora l'autore del fatto, prima che sia esercitata l'azione penale, fornisca indicazioni utili all'individuazione degli altri responsabili e al sequestro delle somme o delle altre utilità trasferite";

aa) all'articolo 629 il secondo comma è sostituito dal seguente:

"La pena è della reclusione da sei a venti anni e della multa da euro 1.032 a euro 3.098 se la violenza o minaccia è commessa da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti alla sua qualità o alle sue funzioni, ovvero se concorre taluna delle circostanze indicate nell'ultimo capoverso dell'articolo 628"».

Conseguentemente l'articolo 32-quater è sostituito dal seguente:

«Art. 32-quater. - (Casi nei quali alla condanna consegue l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione). - Ogni condanna per i delitti previsti dagli articoli 316-bis, 316-ter, 319, 319-ter, 322, 346, 353, 355, 356, 416, 416-bis, 437, 501, 501-bis, 640, secondo comma, numero 1), 640-bis e 644 commessi in danno o in vantaggio di un'attività imprenditoriale o comunque in relazione a essa importa l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione».

Conseguentemente, all'articolo 133, comma 1-bis, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, le parole: «317, 318, 319, 319-ter e 320» sono sostituite dalle seguenti: «319, 319-ter, 322 e 629, secondo comma,»;

Conseguentemente, all'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n.356, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, le parole: «317, 318, 319, 319-ter, 320, 322, 322-bis» sono sostituite dalle seguenti: «319, 319-ter, 322»;

b) al comma 2-bis, le parole: «317, 318, 319, 319-ter, 320, 322, 322-bis» sono sostituite dalle seguenti: «319, 319-ter, 322, 629, secondo comma, limitatamente ai fatti commessi da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti alla sua qualità o alle sue funzioni,».

Conseguentemente, al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 58, comma 1, lettera b), le parole: «317 (concussione), 318 (corruzione per un atto d'ufficio), 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio), 319-ter (corruzione in atti giudiziari), 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio) «sono sostituite dalle seguenti: «319 (corruzione), 319-ter (corruzione in atti giudiziari), 322 (istigazione alla corruzione) e 629 (estorsione)»;

b) all'articolo 59, comma 1, lettera a), le parole: «317, 318, 319, 319-ter e 320» sono sostituite dalle seguenti: «319, 319-ter, 322 e 629»;

Conseguentemente, all'articolo 3, comma 1, della legge 27 marzo 2001, n. 97, le parole: «317, 318, 319, 319-ter e 320» sono sostituite dalle seguenti: «319, 319-ter, 322 e 629, secondo comma,»;

Conseguentemente, all'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 17 settembre 1993, n. 369, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 novembre 1993, n. 461, le parole: «317, 318, primo comma, 319, 319-ter, 320, 321, 323, secondo comma, e 326, terzo comma, prima parte,» sono sostituite dalle seguenti: «319, 319-ter, 323, secondo comma, 326, terzo comma, prima parte, e, limitatamente ai fatti commessi da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti alla sua qualità o alle sue funzioni, 629, secondo comma,».

Conseguentemente, all'articolo 159, comma 3, della legge 16 febbraio 1913, n. 89, e successive modificazioni, le parole: «truffa e calunnia» sono sostituite dalle seguenti: «truffa, calunnia ed estorsione».

 

12.250

D'ALIA, SERRA, BALDASSARRI, GERMONTANI, VALDITARA, DE ANGELIS, CONTINI, DIGILIO

Accantonato

Sostituire l'articolo, con i seguenti:

«Art. 12. - (Modifiche al codice penale e al decreto legislativo 8 giugno 2011, n. 231) -1. All'articolo 32-quinquies del codice penale, le parole. "per un tempo non inferiore a tre anni per i delitti di cui agli articoli 314, primo comma, 317, 318, 319, 319-ter e 320" sono sostituite dalle parole: "per un tempo non inferiore a due anni per i delitti di cui agli articoli 314, primo comma, 317,318,319, 319-ter, 320 e 323".

2. Al comma 1 dell'articolo 314 del codice penale, le parole: "da tre a dieci anni" sono sostituite dalle parole: "da quattro a dodici anni".

3. All'articolo 316 del codice penale, le parole: "da sei mesi a tre anni" sono sostituite dalle parole: "da uno a cinque anni".

4. All'articolo 316-bis del codice penale, le parole: "da sei mesi a quattro anni" sono sostituite dalle parole: "da uno a sei anni".

5. All'articolo 317 del codice penale, le parole: "da quattro a dodici anni" sono sostituite dalle parole: "da cinque a quattordici anni".

6. L'articolo 317-bis del codice penale è sostituito dal seguente:

"Art. 317-bis. - (Pene accessorie). - 1. La condanna per il reato di cui agli articoli 314 e 317 importa sempre l'interdizione perpetua dai pubblici uffici".

7. Al comma 1 dell'articolo 318 del codice penale, le parole: "da sei mesi a tre anni" sono sostituite dalle parole: "da uno a quattro anni".

8. Al comma 2 dell'articolo 318 del codice penale, le parole: "fino a un anno" sono sostituite dalle parole: "da tre mesi a tre anni".

9. All'articolo 319 del codice penale, le parole: "da due a cinque anni" sono sostituite dalle parole: "da tre a sette anni".

10. Al comma 1 dell'articolo 319-ter del codice penale, le parole: "da tre a otto anni" sono sostituite dalle parole: "da quattro a dieci anni".

11. L'articolo 322-ter del codice penale è sostituito dal seguente:

"Art. 322-ter. - (Confisca). - 1. Nel caso di condanna, o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei delitti previsti dagli articoli da 314 a 323, anche se commessi dai soggetti indicati nell'articolo 322-bis, primo comma, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo.

2. Negli stessi casi è sempre disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica.

3. Il giudice, con la sentenza di condanna o con quella prevista dall'articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, nomina un amministratore con il compito di provvedere alla custodia, alla conservazione e all'amministrazione dei beni confiscati. Non possono essere nominate amministratori le persone nei cui confronti il provvedimento è stato disposto, il coniuge, i parenti, gli affini e le persone con essi conviventi, né le persone condannate ad una pena che importi l'interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici o coloro cui sia stata irrogata una misura di prevenzione.

4. Se, nel corso del procedimento, l'autorità giudiziaria, in applicazione dell'articolo 321, comma 2, del codice di procedura penale, dispone il sequestro preventivo delle cose di cui è prevista la confisca a norma dei commi che precedono, le disposizioni in materia di nomina dell'amministratore di cui al presente articolo si applicano anche al custode delle cose predette.

5. Si applicano anche ai casi di confisca previsti dal presente articolo le disposizioni in materia di gestione e destinazione dei beni sequestrati o confiscati previste dalla legge 31 marzo 1965, n. 575, e successive modificazioni; restano comunque salvi i diritti della persona offesa dal reato alle restituzioni e al risarcimento del danno.

6. Il giudice, con la sentenza di condanna, determina le somme di denaro o individua i beni assoggettati a confisca in quanto costituenti il profitto o il prezzo del reato ovvero in quanto di valore corrispondente al profitto o al prezzo del reato, ovvero ancora di provenienza ingiustificata".

12. All'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma le parole: "314, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-ter, 320, 322, 322-bis, 325," sono soppresse;

b) il comma 2-bis è soppresso.

13. All'articolo 323 del codice penale, le parole: "ingiusto vantaggio patrimoniale" sono sostituite dalle parole: "ingiusto vantaggio economicamente valutabile" e le parole: "da sei mesi a tre anni" sono sostituite dalle parole: "da sei mesi a cinque anni".

14. All'articolo 323-bis sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: "La particolare tenuità dei fatti deve essere valutata avendo riguardo tanto al danno cagionato quanto al vantaggio conseguito".

15. Quando si procede per uno dei delitti previsti dagli articoli 314, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-ter, 320, 321, 322, 322-bis e 323 del codice penale, il giudice non può dichiarare la prevalenza delle circostanze attenuanti sulle aggravanti ovvero l'equivalenza tra le stesse, ai sensi dell'articolo 69, commi 2 e 3, del codice penale, quando non vi è prova dell'integrale riparazione del danno, mediante il risarcimento di esso e mediante le restituzioni.

16. L'articolo 346 è sostituito dal seguente:

"Art 346. - (Traffico d'influenza). - 1. Chiunque, affermando o adducendo in qualsiasi modo di essere in grado di esercitare un'influenza sulla decisione, relativa al suo ufficio, di un pubblico ufficiale o di un incaricato di un pubblico servizio, fa dare, promettere, offrire o procurare a sé o ad altri qualsiasi indebito vantaggio a titolo di rimunerazione o di pagamento del soggetto presso cui si vanta credito, è punito, indipendentemente dal fatto che l'influenza sia o meno esercitata o che la vantata influenza realizzi l'effetto ricercato, con la reclusione da due a sette anni e con la multa da mille a cinquantamila euro.

2. Nei casi di cui al primo comma, chiunque da, promette, offre o procura un indebito vantaggio a chi vanta credito presso un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da mille a trentamila euro.

3. Se i fatti previsti dal presente articolo sono di particolare tenuità, le pene sono ridotte fino alla metà.

4. La condanna importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici, salvo che il fatto sia di particolare tenuità ai sensi del comma 3; in tal caso, la condanna importa l'interdizione dai pubblici uffici per un minimo di tre anni ed un massimo di cinque anni.".

17. Dopo l'articolo 513-bis, è inserito il seguente:

"Art. 513-ter. - (Corruzione nel settore privato). - 1. Chiunque, nell'esercizio di un'attività commerciale, imprenditoriale, professionale, di direzione di un ente privato o di prestazione lavorativa a qualsiasi titolo a favore di un ente privato, intenzionalmente sollecita, induce o riceve, direttamente o per il tramite di terzi, un indebito vantaggio di qualsiasi natura, per sé o per altri, ovvero ne accetta l'offerta o la promessa, per compiere o astenersi dal compiere un atto in violazione dei propri doveri legali, professionali o contrattuali relativi all'attività di competenza, è punto con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da mille a diecimila euro.

2. La stessa pena si applica a chiunque intenzionalmente, nell'ambito di attività professionali, direttamente o tramite intermediario, dà, offre o promette l'indebita utilità di cui al primo comma.

3. La pena è aumentata da un terzo a due terzi qualora dal fatto siano derivate distorsioni della concorrenza nel mercato ovvero rilevanti danni economici all'ente o ai suoi creditori.".

18. Al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 25, comma 2, dopo le parole: "commi 2 e 4," sono inserite le seguenti parole: "346, commi 1 e 2,";

b) all'articolo 25-bis.1, comma 1, lettera b), dopo le parole: "513-bis" sono inserite le seguenti parole: ", 513-ter"».

 

12.251

INCOSTANTE, ADAMO

Accantonato

Al comma 1, premettere la seguente lettera:

«0a) All'articolo 19, dopo il comma 3, è inserito il seguente:

"Nel caso di condanna per uno dei delitti previsti dagli articolo da 314 a 320, la società di cui sia o sia stato amministratore o legale rappresentante, al momento dei fatti, il privato concorrente nel reato del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio, viene inserita in un albo speciale formato dalle persone giuridiche non ammesse a contrattare con la pubblica amministrazione; tali società non possono partecipare agli appalti pubblici e non possono essere destinatarie di contributi o finanziamenti pubblici"».

 

12.255

VALENTINO

Accantonato

Al comma 1, alla lettera a), premettere la seguente:

«0a) al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 32-quater, i numeri: "317,318, 319-bis, 320, 321 e 322-bis" sono soppressi e dopo le parole: "501-bis," sono inserite le seguenti: "629, secondo comma,";

b) all'articolo 32-quinquies, le parole: "317,318,319, 319-ter e 320" sono sostituite dalle seguenti: "318, 322, 322-bis e 629, secondo comma,"».

 

12.4

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Accantonato

Al comma 1, alla lettera a) premettere la seguente:

0a) all'articolo 32-quater, dopo le parole: «per i delitti previsti dagli articoli» è inserita la seguente: «314,», dopo le parole: «319-bis» sono è inserita la seguente: «319-ter», e dopo le parole «501-bis», sono inserite le seguenti: «629».

 

12.19

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Accantonato

Al comma 1, prima della lettera a) inserire la seguente:

«0a) all'articolo 32-quater, dopo le parole: "501-bis", sono inserite le seguenti: "629,"».

Conseguentemente, al comma 1, dopo la lettera d) inserire la seguente:

«d-bis) l'articolo 317 è soppresso».

Conseguentemente al comma 1, dopo la lettera m) inserire la seguente:

m-bis) all'articolo 629 è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«La stessa pena di cui al secondo comma si applica quando la violenza o minaccia è commessa da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti alla sua qualità o alle sue funzioni. In ogni caso si applica la pena accessoria dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici».

 

12.3

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI

Accantonato

Al comma 1, alla lettera a) premettere la seguente:

0a) all'articolo 32-quinquies, le parole: «per un tempo non inferiore a tre anni per i delitti di cui agli articoli 314, primo comma, 317, 318, 319, 319-ter e 320» sono sostituite dalle seguenti: «per un tempo non inferiore a due anni per i delitti di cui agli articoli 314, primo comma, 319, 319-ter, 322 e 629».

 

12.252

BRUNO, RUTELLI, BAIO, MILANA, MOLINARI, RUSSO, BALDASSARRI, GERMONTANI, VALDITARA, DE ANGELIS, CONTINI, DIGILIO

Accantonato

Al comma 1, alla lettera a), premettere la seguente:

«0a) all'articolo 63, all'articolo 151, all'articolo 163, all'articolo 174, aggiungere, infine, il seguente periodo: "Le disposizioni del presente articolo non si applicano a chi abbia commesso delitti contro la pubblica amministrazione, ove l'autore del delitto non risarcisca integralmente il danno"».

 

12.5

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Accantonato

Al comma 1, alla lettera a) premettere la seguente:

0a) all'articolo 157, sesto comma, dopo le parole «di cui agli articoli» inserire le seguenti «314, 317, 318, 319, 319-ter, 320, 321, 322, 322-bis, 346, 629».

 

12.253

D'AMBROSIO, DELLA MONICA

Accantonato

Al comma 1, prima della lettera a) inserire la seguente lettera:

«0a) all'art. 158, il primo comma è sostituito dai seguenti commi:

1. La prescrizione opera rispetto ad ogni singolo reato contestato all'imputato, salvo quanto previsto dal seguente comma.

1-bis. Il termine della prescrizione decorre, per il reato consumato, dal giorno della consumazione; per il reato tentato, dal giorno in cui è cessata l'attività del colpevole; per il reato permanente o continuato, dal giorno in cui è cessata la permanenza o la continuazione».

 

12.254

INCOSTANTE, ADAMO

Accantonato

Al comma 1, premettere la seguente lettera:

«0a) All'articolo 308, dopo il comma 2 è inserito il seguente:

"2-bis. Nel caso si proceda per uno dei delitti previsti dagli articoli da 314 a 320 del Codice penale, le misure interdittive perdono efficacia decorsi sei mesi dall'inizio della loro esecuzione. In ogni caso, qualora esse siano state disposte per esigenze probatorie, il giudice può disporre la rinnovazione anche al di là di sei mesi dall'inizio dell'esecuzione, fermo restando che comunque la loro efficacia viene meno se dall'inizio della loro esecuzione è decorso un periodo di tempo pari al triplo dei termini previsti dall'articolo 303"».

 

12.6

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Accantonato

Al comma 1, sostituire la lettera a) con la seguente:

a) all'articolo 314:

1) al primo comma, le parole: «da tre a dieci anni» sono sostituite dalle seguenti: «da quattro a dodici anni»;

2) dopo il secondo comma è aggiunto, infine, il seguente: «La condanna per i fatti previsti dal primo comma importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici».

 

12.256

VALENTINO

Accantonato

Al comma 1, dopo la lettera d), inserire le seguenti:

«d-bis) l'articolo 317 del codice penale è sostituito dal seguente:

"Art. 317. - (Corruzione). - Il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che riceve indebitamente, per sé o per altri, denaro o altra utilità, o ne accetta la promessa, in relazione al compimento o alla omissione di un atto del suo ufficio o comunque in relazione alla sua qualità, alle sue funzioni o alla sua attività, è punito con la reclusione da due a otto anni. La pena è aumentata se il fatto è commesso in relazione alla omissione o al ritardo di un atto dovuto ovvero al compimento di un atto contrario ai doveri d'ufficio; l'aumento è da un terzo alla metà se l'omissione od il ritardo dell'atto dovuto, ovvero il compimento dell'atto contrario ai doveri d'ufficio, sono diretti a favorire o a danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo.

Nel caso di cui al primo comma, la pena è ulteriormente aumentata se dal fatto deriva l'ingiusta condanna di taluno a pena detentiva superiore a due anni; se deriva l'ingiusta condanna alla reclusione superiore a cinque anni o all'ergastolo, la pena è della reclusione da sei a venti anni".

d-ter) gli articoli 319-ter e 321 sono abrogati».

Conseguentemente, sopprimere la lettera h).

 

12.257

VALENTINO

Accantonato

Al comma 1, dopo la lettera d), inserire la seguente:

«d-bis) all'articolo 317-bis del codice penale, le parole: "per i reati di cui agli articoli 314 e 317" sono sostituite dalle seguenti: "per i reati di cui agli articoli 314 e 629-bis"».

 

12.258

VALENTINO

Accantonato

Al comma 1, sostituire la lettera e) con le seguenti:

«e) l'articolo 318 del codice penale è sostituito dal seguente:

"Art. 318. - (Pene per il corruttore). - Chiunque indebitamente dà o promette ad un pubblico ufficiale o ad un incaricato di pubblico servizio, anche se a seguito di sollecitazione o induzione del medesimo, denaro od altra utilità in relazione al compimento o alla omissione di un atto del suo ufficio o comunque in relazione alla sua qualità, alle sue funzioni o alla sua attività, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. La pena è aumentata se il fatto è commesso in relazione alla omissione o al ritardo di un atto dovuto ovvero al compimento di un atto contrario ai doveri d'ufficio; l'aumento è da un terzo alla metà se l'omissione o il ritardo dell'atto dovuto ovvero il compimento dell'atto contrario ai doveri d'ufficio sono diretti a favorire o a danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo.

Nel caso di cui al primo comma, la pena è ulteriormente aumentata se dal fatto deriva l'ingiusta condanna di taluno a pena detentiva superiore a due anni.

Quando la dazione o la promessa è effettuata per un atto d'ufficio o del servizio già compiuto dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di un pubblico servizio, il corruttore è punito con la pena della reclusione da tre mesi a un anno.

La pena per il corruttore è diminuita fino alla metà quando lo stesso è indotto alla dazione o alla promessa al solo fine di evitare il pericolo di un danno ingiusto".

e-bis) l'articolo 321 è abrogato».

Conseguentemente, sopprimere la lettera f).

 

12.7

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Accantonato

Al comma 1, sostituire la lettera g) con la seguente:

«g) l'articolo 319 è sostituito dal seguente:

"Art. 319. - (Corruzione). - Il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che indebitamente, anche mediante induzione, riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità, ovvero ne accetta la promessa in relazione al compimento, all'omissione o al ritardo di un atto o di attività del suo ufficio o servizio ovvero al compimento di un atto o di attività contrari ai doveri di ufficio o del servizio, o comunque in ragione della funzione esercitata, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni.

La stessa pena si applica, nei casi di cui al primo comma, a chi dà o promette al pubblico ufficiale o all'incaricato di pubblico servizio denaro o altra utilità.

La condanna per i fatti previsti dal presente articolo importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici"».

 

12.259

VALENTINO

Accantonato

Al comma 1, sostituire la lettera g) con la seguente:

«g) l'articolo 319 del codice penale è sostituito dal seguente:

"Art. 319. - (Circostanze aggravanti). - La pena è aumentata se il fatto di cui agli articoli 317 e 318 ha per oggetto il conferimento di pubblici impieghi o stipendi o pensioni ovvero la stipulazione di contratti nei quali sia interessata l'amministrazione alla quale il pubblico ufficiale appartiene"».

 

12.8

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Accantonato

Al comma 1, dopo la lettera g) inserire la seguente:

«g-bis) l'articolo 319-bis è sostituito dal seguente:

"Art. 319-bis. - (Riparazione pecuniaria). - Con la sentenza di condanna, ovvero con la sentenza di applicazione della pena ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per i reati previsti dagli articoli 314, 319, 319-ter e 629, terzo comma, è sempre ordinato il pagamento di una somma pari all'ammontare di quanto indebitamente ricevuto dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di pubblico servizio a titolo di riparazione pecuniaria in favore della amministrazione cui il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio appartiene, ovvero, nel caso di cui all'articolo 319-ter, in favore dell'amministrazione della giustizia, restando impregiudicato il diritto al risarcimento del danno"».

 

12.260

VALENTINO

Accantonato

Al comma 1, dopo la lettera g) inserire la seguente:

«g-bis) l'articolo 319-bis del codice penale è sostituito dal seguente:

"Art. 319. - (Riparazione pecuniaria). - 1. Con la sentenza di condanna, ovvero con la sentenza di applicazione della pena ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per i reati previsti dagli articoli 317 e 318, nonché per il reato previsto dall'articolo 629, secondo comma, è sempre ordinato il pagamento di una somma pari all'ammontare di quanto indebitamente ricevuto dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di pubblico servizio a titolo di riparazione pecuniaria in favore della amministrazione cui il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio appartiene, impregiudicato il diritto al risarcimento del danno"».

 

12.9

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Accantonato

Al comma 1, sostituire la lettera h) con la seguente:

h) l'articolo 319-ter è sostituito dal seguente:

«Art. 319-ter. - (Corruzione in atti giudiziari). - Se i fatti indicati nell'articolo 319 sono commessi per favorire o danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo si applica la pena della reclusione da quattro a dodici anni.

Se dal fatto deriva l'ingiusta condanna di taluno alla reclusione non superiore a cinque anni, la pena è della reclusione da cinque a quindici anni; se deriva l'ingiusta condanna alla reclusione superiore a cinque anni o all'ergastolo, la pena è della reclusione da sei a venti anni.

La stessa pena prevista per i fatti di cui ai commi primo e secondo si applica a chi dà o promette al pubblico ufficiale o all'incaricato di pubblico servizio denaro o altra utilità.

La condanna per i fatti di cui al presente articolo importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici».

 

12.261

VALENTINO

Accantonato

Al comma 1, dopo la lettera h) inserire la seguente:

«h-bis) l'articolo 320 del codice penale è sostituito dal seguente:

"Art. 320. - (Corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio). - Le disposizioni di cui agli articoli 317, 318, 319 e 319-bis, si applicano anche alla persona incaricata di un pubblico servizio, qualora rivesta la qualità di pubblico impiegato.

In ogni caso, le pene sono ridotte in misura non superiore a un terzo"».

 

12.10

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Accantonato

Al comma 1, dopo la lettera h) inserire la seguente:

h-bis) l'articolo 322 è sostituito dal seguente:

«Art. 322. - (Istigazione alla corruzione). - Chiunque offre o promette indebitamente denaro o altra utilità ad un pubblico ufficiale o ad un incaricato di pubblico servizio nei casi di cui all'articolo 319 soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita dall'articolo 319, ridotta di un terzo. Se l'offerta o la promessa è effettuata nei casi di cui all'articolo 319-ter, si applica la pena stabilita dall'articolo 319-ter primo comma ridotta di un terzo.

Il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che sollecita una promessa o dazione di denaro o altra utilità nei casi indicati dall'articolo 319 è punito, qualora la sollecitazione non sia accolta, con la pena stabilita dall'articolo 319, ridotta di un terzo. Se la sollecitazione è effettuata nei casi di cui all'articolo 319-ter, si applica la pena stabilita dall'articolo 319-ter, primo comma ridotta di un terzo».

 

12.262

VALENTINO

Accantonato

Al comma 1, dopo la lettera h) inserire la seguente:

«h-bis) l'articolo 322 del codice penale è sostituito dal seguente:

"Art. 322. - (Istigazione alla corruzione). - Il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, per compiere od omettere un atto del suo ufficio, o comunque in relazione alla sua qualità, alle sue funzioni o alla sua attività, chiede, per sé o per altri, denaro od altra utilità non dovuti, o ne sollecita la promessa, è punito, qualora la richiesta o sollecitazione non sia accolta, con la reclusione da due a sette anni. Chiunque offre o promette denaro o altra utilità non dovuti ad un pubblico ufficiale o ad un incaricato di pubblico servizio per indurlo a compiere od omettere un atto del suo ufficio o comunque in relazione alla sua qualità, alle sue funzioni o alla sua attività, è punito, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, con la reclusione da uno a quattro anni. Le pene previste sono aumentate se il fatto è commesso in relazione alla omissione o al ritardo di un atto dovuto ovvero al compimento di un atto contrario ai doveri d'ufficio; l'aumento è da un terzo alla metà se l'omissione o il ritardo dell'atto dovuto ovvero il compimento dell'atto contrario ai doveri d'ufficio sono diretti a favorire o a danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo"».

 

12.263

VALENTINO

Accantonato

Al comma 1, dopo la lettera h) inserire la seguente:

«h-bis) all'articolo 322-bis, primo comma, del codice penale, dopo le parole: "terzo e quarto comma," sono inserite le seguenti: "e 629-bis"».

 

12.264

VALENTINO

Accantonato

Al comma 1, dopo la lettera h) inserire la seguente:

«h-bis) all'articolo 322-ter del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma, le parole: "dagli articoli da 314 a 320" sono sostituite dalle seguenti: "dagli articoli da 314 a 317 e dall'articolo 629-bis";

b) al secondo comma le parole: "dall'articolo 321" sono sostituite dalle seguenti: "dall'articolo 318"».

 

12.265

D'AMBROSIO, DELLA MONICA

Accantonato

Al comma 1 dopo la lettera h) inserire la seguente:

«h-bis) all'articolo 323, primo comma le parole: "da sei mesi a tre anni" sono sostituite dalle seguenti: "da sei mesi a cinque anni"».

 

12.11

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Accantonato

Al comma 1, dopo la lettera h) inserire la seguente:

h-bis) l'articolo 323-bis è sostituito dal seguente:

«Art. 323-bis. - (Circostanze attenuanti comuni e speciali). - Se i fatti previsti dagli articoli 314, 316, 316-bis, 316-ter, 319, 319-ter, 322, 323, 346 e 513-ter sono di particolare tenuità, le pene sono diminuite e la condanna importa l'interdizione temporanea dai pubblici uffici.

Per i delitti previsti dagli articoli 319 e 319-ter, nei confronti dell'imputato che si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori anche aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l'individuazione o la cattura degli altri responsabili ovvero per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite, la pena è diminuita fino a due terzi.

3. Quando risulta che è stata pronunziata sentenza di condanna o di applicazione di pena, ritenuta la circostanza attenuante di cui al secondo comma del presente articolo, per effetto di dichiarazioni false o reticenti, il procuratore generale presso la corte d'appello nel cui distretto la sentenza è stata pronunziata ne chiede la revisione. Nel giudizio di revisione si osservano, in quanto compatibili, le disposizioni del titolo IV del libro IX del codice di procedura penale. In caso di accoglimento della richiesta di revisione il giudice riforma la sentenza di condanna e determina la nuova misura della pena. In caso di revoca della sentenza di applicazione di pena, la corte ordina la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice che l 'ha pronunziata. In tali casi il corso della prescrizione è sospeso dalla data di commissione del fatto fino alla pronunzia della sentenza di revisione».

Conseguentemente al comma 1, dopo la lettera m) inserire la seguente:

«m-bis) all'articolo 368 è aggiunto, in fine, il seguente comma:

"Le pene previste dai commi primo, secondo e terzo, prima parte, sono aumentate fino a due terzi quando il delitto è stato commesso mediante una dichiarazione rilevante agli effetti dell'applicazione delle circostanze di cui al secondo dell'articolo 323-bis;».

 

12.12

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Accantonato

Al comma 1, sostituire la lettera i) con la seguente:

«i) dopo l'articolo 335-bis, è aggiunto il seguente:

"Art. 335-ter. - (Circostanze aggravanti). - Per i delitti previsti dal presente capo, le pene sono aumentate in caso di atti o attività commessi al fine di far conseguire indebitamente contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalla Comunità europea, o al fine di turbare la gara nei pubblici incanti, nelle licitazioni private per conto di pubbliche amministrazioni o comunque in procedure per l'affidamento di contratti pubblici ai sensi dell'articolo 3, commi da 37 a 41, del codice dei contratti pubblici relativo a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, ovvero qualora il fatto sia commesso nell'ambito di procedimenti relativi alla gestione di calamità naturali, catastrofi o dei grandi eventi di cui all'articolo 5-bis, comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401».

 

12.13 (testo corretto)

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Accantonato

Al comma 1, dopo la lettera i) inserire la seguente:

«i-bis) l'articolo 346 è sostituito dal seguente:

"Art. 346. - (Traffico di influenze illecite). - Chiunque, vantando credito presso un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, ovvero adducendo di doverne comprare il favore o soddisfare le richieste, fa dare o promettere a sé o ad altri denaro o altra utilità, quale prezzo per la propria mediazione o quale remunerazione per il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio, è punito con la reclusione da tre a sette anni.

La stessa pena si applica, nei casi di cui al primo comma, a chi versa o promette denaro o altra utilità.

La condanna importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici.

Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono aumentate se il soggetto che vanta credito presso un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, ovvero adduce di doveme comprare il favore o soddisfare le richieste, riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio.

Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono, altresì, aumentate se i fatti ivi previsti sono commessi in relazione all'esercizio di attività giurisdizionali».

 

12.14

LI GOTTI, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Accantonato

Al comma 1, dopo la lettera i) inserire la seguente:

«i-bis) l'articolo 346 è sostituito dal seguente:

"Art. 346. - (Traffico di influenze illecite). - Chiunque, vantando credito presso un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, ovvero adducendo di doverne comprare il favore o soddisfare le richieste, fa dare o promettere a sé o ad altri denaro o altra utilità quale prezzo per la propria mediazione o quale remunerazione per il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio, è punito con la reclusione da tre a sette anni.

Nei casi di cui al primo comma, chi versa o promette denaro o altra utilità è punito con la reclusione da due a cinque anni.

La condanna importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici.

Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono aumentate se il soggetto che vanta credito presso un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio ovvro adduce di doverne comprare il favore o soddisfare le richieste riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio.

Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono, altresì, aumentate se i fatti ivi previsti sono commessi in relazione all'esercizio di attività giurisdizionali.

Se i fatti previsti dal primo e dal secondo comma sono di particolare tenuità, le pene sono diminuite fino a due terzi e la condanna importa l'interdizione temporanea dai pubblici uffici"».

 

12.266

VALENTINO

Accantonato

Al comma 1, dopo la lettera i) inserire la seguente:

«i-bis) l'articolo 346 del codice penale è sostituito dal seguente:

"Art. 346. - (Traffico di influenze illecite). - Chiunque, vantando credito presso un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, ovvero adducendo di doverne comprare il favore o soddisfare le richieste, fa dare o promettere a sé o ad altri denaro o altra utilità quale prezzo per la propria mediazione o quale remunerazione per il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio, è punito con la reclusione da tre a sette anni e con la multa da euro 600 a euro 4.000.

Nei casi di cui al primo comma, chi versa o promette denaro o altra utilità è punito con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da 516 a 3.098 euro.

La condanna importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici.

Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono aumentate se il soggetto che vanta credito presso un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, ovvero adduce di doverne comprare il favore o soddisfare le richieste, riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio.

Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono, altresì, aumentate se i fatti ivi previsti sono commessi in relazione all'esercizio di attività giurisdizionali.

Se i fatti previsti dal primo e dal secondo comma sono di particolare tenuità, le pene sono diminuite fino a due terzi e la condanna importa l'interdizione temporanea dai pubblici uffici"».

 

12.15

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Accantonato

Al comma 1, dopo la lettera m) aggiungere le seguenti:

«m-bis) all'articolo 357, dopo il primo comma è inserito il seguente:

"Sono altresì pubblici ufficiali agli effetti della legge penale i soggetti che esercitano funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali nell'ambito di Stati esteri o di organizzazioni pubbliche internazionali";

m-ter) all'articolo 358, dopo il primo comma è inserito il seguente:

"Sono altresì incaricati di un pubblico servizio agli effetti della legge penale i soggetti che esercitano attività corrispondenti a quelle degli incaricati di un pubblico servizio nell'ambito di Stati esteri o di organizzazioni pubbliche internazionali"».

 

12.268

VALENTINO

Accantonato

Al comma 1, dopo la lettera m) aggiungere la seguente:

«m-bis) dopo l'articolo 360 del codice penale è inserito il seguente:

"Art. 360-bis. - (Circostanza attenuante) - La pena prevista per i delitti di cui agli articoli 317, 318 e 346 è diminuita fino a due terzi qualora l'autore del fatto, prima che sia emesso il decreto di fissazione dell'udienza preliminare, fornisca indicazioni utili all'individuazione degli altri responsabili e al sequestro delle somme o delle altre utilità trasferite"».

 

12.17 (testo corretto)

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Accantonato

Al comma 1, dopo la lettera m), aggiungere la seguente:

«m-bis) l'articolo 416-ter del codice penale è sostituito dal seguente:

"Art. 416-ter. - (Scambio elettorale politico mafioso). - La pena stabilita dal primo comma dell'articolo 416-bis si applica anche a chi ottiene o si adopera per far ottenere la promessa di voti prevista dal terzo comma del medesimo articolo 416-bis in cambio della erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di qualunque altra utilità, ovvero in cambio della disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze associazione mafiosa di cui all'art. 416-bis o di suoi associati"».

 

12.18 (testo corretto)

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Accantonato

Al comma 1, dopo la lettera m), aggiungere la seguente:

«m-bis) dopo l'articolo 513-bis è inserito il seguente:

"Art. 513-ter. - (Corruzione nel settore privato). - È punito con la reclusione da uno a cinque anni chiunque, nell'esercizio di un'attività professionale ovvero di direzione di un ente di diritto privato, di lavoro alle dipendenze dello stesso o comunque di prestazione della sua opera a favore del medesimo, indebitamente induce, sollecita o riceve, per sé o per un terzo, direttamente o tramite un intermediario, denaro o altra utilità, ovvero ne accetta la promessa, per compiere od omettere un atto, in violazione di un dovere, qualora dal fatto derivino o possano derivare distorsioni della concorrenza nel mercato ovvero danni economici all'ente o a terzi, anche attraverso una non corretta aggiudicazione o una scorretta esecuzione di un contratto.

Per violazione di un dovere ai sensi del primo comma si intende qualsiasi comportamento sleale che costituisca una violazione di un obbligo legale, di normative professionali o di istruzioni professionali ricevute o applicabili nell'ambito dell'attività dell'ente.

La pena di cui al primo comma si applica anche a chi, nell'esercizio di un'attività professionale ovvero di direzione di un ente di diritto privato, di lavoro alle dipendenze dello stesso o comunque di prestazione della sua opera a favore del medesimo, dà, offre o promette il denaro o altra utilità di cui al primo comma.

Per i delitti di cui al presente articolo, nei confronti dell'imputato che si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti ovvero per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite, la pena è diminuita fino alla metà"».

 

12.267

VALENTINO

Accantonato

Al comma 1, dopo la lettera m) aggiungere la seguente:

«m-bis) il secondo comma dell'articolo 629 del codice penale è sostituito dal seguente:

"La pena è della reclusione da sei a venti anni e della multa da euro 1.032 a euro 3.098 se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio abusando della sua qualità o dei suoi poteri ovvero se concorre taluna delle circostanze indicate nell'ultimo comma dell'articolo 628"».

 

12.269

VALENTINO

Accantonato

Al comma 1, dopo la lettera m) aggiungere la seguente:

«m-bis) dopo l'articolo 629 del codice penale è inserito il seguente:

"Art. 629-bis. - (Concussione). - Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe con violenza o minaccia taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o ad un terzo, denaro od altra utilità, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni"».

 

12.16

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Accantonato

Al comma 1 dopo la lettera m) aggiungere le seguenti:

«m-bis) all'articolo 648-bis, primo comma, le parole: "Fuori dei casi di concorso nel reato," sono soppresse;

m-ter) all'articolo 648-ter, primo comma, le parole: "dei casi di concorso nel reato e" sono soppresse"».

 

EMENDAMENTI TENDENTI AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 12

 

12.0.250

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA, BARBOLINI, AGOSTINI

Accantonato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 12-bis.

(Incarichi di collaborazione con la pubblica amministrazione)

1. È fatto divieto alle pubbliche amministrazioni, ivi compresi gli enti pubblici economici, e alle società a partecipazione pubblica di conferire incarichi di collaborazione o consulenza o assimilati, anche se a tempo parziale o a titolo non oneroso, a:

a) coloro che siano stati condannati, con sentenza anche non definitiva:

1) per delitti contro la pubblica amministrazione o contro l'amministrazione della giustizia;

2) per uno dei delitti previsti dagli articoli 629, 640-bis, 644, 648-bis e 648-ter del codice penale;

3) per il delitto previsto dall'articolo 12-quinquies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356;

4) per il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti;

5) per uno dei delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale ovvero per un delitto per il quale ricorra la circostanza aggravante di cui all'articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203;

b) coloro che siano stati destinatari di misure di prevenzione personali o patrimoniali, ancorché non definitive, ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575;

c) coloro che siano stati assoggettati a divieti, sospensioni e decadenze ai sensi della legge 27 dicembre 1956, n.1.423, ovvero della legge 31 maggio 1965, n. 575;

d) coloro che siano stati rimossi, sospesi o dichiarati decaduti ai sensi dell'articolo 142 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267.

2. Alla violazione del divieto di cui al comma 1 consegue la decadenza dall'incarico per chi lo abbia ricevuto e l'illecito disciplinare per il responsabile del procedimento».

 

12.0.2

D'ALIA, DELLA MONICA, SERRA, BALDASSARRI, GERMONTANI, VALDITARA, DE ANGELIS, CONTINI, DIGILIO

Accantonato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 12-bis.

(Incarichi di collaborazione con la pubblica amministrazione)

1. Le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici in generale, compresi gli enti pubblici economici, non possono attribuire incarichi di collaborazione o consulenza, di qualunque specie e comunque denominati, a tempo indeterminato o parziale, neanche a titolo gratuito, a persone che si trovino in una delle seguenti condizioni:

a) condannati, con sentenza anche non definitiva, per uno dei delitti di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale, ovvero per delitti contro la pubblica amministrazione o per uno dei delitti previsti dagli articoli 629, 644, 648-bis, 648-ter del codice penale;

b) sottoposti, nei cinque anni precedenti al conferimento dell'incarico, a misura cautelare personale, non soggetta ad annullamento per insussistenza di gravi indizi di colpevolezza, per uno dei reati indicati nella lettera che precede;

c) sottoposti ad applicazione di misure di prevenzione personali o patrimoniali, ancorché non defInitive, ai sensi della legge 31 maggio 1965, n.575.

2. Al momento dell'attribuzione formale degli incarichi di cui al presente articolo, il beneficiario dichiara all'amministrazione o all'ente conferente, sotto la propria responsabilità, di non trovarsi in alcuna delle ipotesi previste al comma 1. In caso di false dichiarazioni, il dichiarante è punito con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da diecimila a centomila euro. Nell'ipotesi che precede il rapporto di collaborazione è immediatamente revocato».

 

12.0.3

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Accantonato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 12-bis.

(Prescrizione degli illeciti amministrativi e tributari connessi al delitto di corruzione)

1. Quando è stato commesso un delitto di corruzione in occasione o comunque in relazione ad accertamenti tributari, contestazioni o irrogazioni delle relative sanzioni, ovvero per ottenere l'occultamento o il mancato perseguimento di violazioni amministrative, le decadenze previste per la notifica degli atti di contestazione o di irrogazione non si verificano dal momento della consumazione del predetto delitto fino al momento dell'esercizio dell'azione penale.

2. Sono altresì sospesi, nel periodo indicato al comma 1, i termini di prescrizione degli illeciti amministrativi, nonché i termini di prescrizione previsti per il diritto alla riscossione delle sanzioni irrogate».

 

12.0.4

LI GOTTI, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Accantonato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 12-bis.

(Prescrizione degli illeciti amministrativi e tributari connessi al delitto di corruzione)

1. Quando è stato commesso un delitto di corruzione in occasione o comunque in relazione ad accertamenti tributari, contestazioni o irrogazioni delle relative sanzioni, ovvero per ottenere l'occultamento o il mancato perseguimento di violazioni amministrative, le decadenze previste per la notifica degli atti di contestazione o di irrogazione non si verificano dal momento della consumazione del predetto delitto fino al momento dell'esercizio dell'azione penale.

2. Sono, altresì, sospesi nel periodo indicato al comma 1, i termini di prescrizione degli illeciti amministrativi, nonché i termini di prescrizione previsti per il diritto alla riscossione delle sanzioni irrogate».

 

12.0.5

LI GOTTI, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Accantonato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 12-bis.

(Attività di contrasto e norme processuali)

1. All'articolo 9, comma 1, della legge 16 marzo 2006, n. 146, dopo la lettera b) è aggiunta la seguente:

"b-bis) gli ufficiali di polizia giudiziaria della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza, appartenenti alle strutture specializzate o alla Direzione investigativa antimafia, nei limiti delle proprie competenze, i quali, nel corso di specifiche operazioni di polizia ed al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine ai reati di cui agli articoli 319, 319-ter, 346 e, limitatamente ai fatti commessi da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti alla sua qualità o alle sue funzioni, 629, secondo comma, del codice penale commessi nell'ambito di associazioni a delinquere, anche transnazionali, compiono le attività di cui alla lettera a), ovvero promettono od offrono denaro o altra utilità ovvero, anche attribuendosi qualità di altro pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio, simulano di accettarne la promessa o la consegna, direttamente o per interposta persona".

2. Quando risulta che è stata pronunziata sentenza di condanna o di applicazione di pena ritenuta la circostanza attenuante di cui all'articolo 360-bis del codice penale per effetto di dichiarazioni false o reticenti, il procuratore generale presso la corte d'appello nel cui distretto la sentenza è stata pronunziata ne chiede la revisione. Nel giudizio di revisione si osservano, in quanto compatibili, le disposizioni del titolo IV del libro IX del codice di procedura penale. In caso di accoglimento della richiesta di revisione il giudice riforma la sentenza di condanna e determina la nuova misura della pena. In caso di revoca della sentenza di applicazione di pena, la corte ordina la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice che l'ha pronunziata. In tali casi il corso della prescrizione è sospeso dalla data di commissione del fatto fino alla pronunzia della sentenza di revisione.

3. Quando è accertato, con sentenza definitiva di condanna o applicazione di pena, che è stata pronunziata sentenza in conseguenza del reato di cui all'articolo 319-ter del codice penale, il procuratore generale presso la corte d'appello nel cui distretto la sentenza è stata pronunziata ne chiede la revisione. Nel giudizio di revisione si osservano, in quanto compatibili, le disposizioni del titolo IV del libro IX del codice di procedura penale. In tali casi il corso della prescrizione è sospeso dalla data di commissione del reato di cui all'articolo 319-ter del codice penale fino alla pronuncia definitiva di condanna o applicazione di pena per il medesimo reato».

 

12.0.6

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Accantonato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 12-bis.

(Attività di contrasto e norme processuali)

1. All'articolo 9, comma 1, della legge 16 marzo 2006, n. 146, dopo la lettera b) è aggiunta la seguente:

"b-bis) gli ufficiali di polizia giudiziaria della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza, appartenenti alle strutture specializzate o alla Direzione investigativa antimafia, nei limiti delle proprie competenze, i quali, nel corso di specifiche operazioni di polizia e al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine ai reati di cui agli articoli 317, 318, 319, 319-ter, 346 e 629 del codice penale, commessi nell'ambito di associazioni per delinquere, anche transnazionali, compiono le attività di cui alla lettera a), ovvero promettono od offrono denaro o altra utilità, ovvero, anche attribuendosi qualità di altro pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio, simulano di accettarne la promessa o la consegna, direttamente o per interposta persona".

2. Quando è accertato, con sentenza definitiva di condanna o applicazione di pena, che è stata pronunziata sentenza in conseguenza del reato di cui all'articolo 319-ter del codice penale, il procuratore generale presso la corte d'appello nel cui distretto quest'ultima sentenza è stata pronunziata ne chiede la revisione. Nel giudizio di revisione si osservano, in quanto compatibili, le disposizioni del titolo IV del libro IX del codice di procedura penale. In tali casi il corso della prescrizione è sospeso dalla data di commissione del reato di cui all'articolo 319-ter del codice penale fino alla pronunzia definitiva di condanna o applicazione di pena per il medesimo reato».

 

12.0.7

D'ALIA, DELLA MONICA, SERRA, BALDASSARRI, GERMONTANI, VALDITARA, DE ANGELIS, CONTINI, DIGILIO

Accantonato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 12-bis.

(Attività di contrasto e norme processuali)

1. All'articolo 9, comma 1, della legge 16 marzo 2006, n. 146, dopo la lettera b) è aggiunta la seguente:

"b-bis) gli ufficiali di polizia giudiziaria della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza, appartenenti alle strutture specializzate o alla Direzione investigativa antimafia, nei limiti delle proprie competenze, i quali, nel corso di specifiche operazioni di polizia e al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine ai reati di cui agli articoli 317, 318, 319, 319-ter, 320, 322, 322-bis e 346 del codice penale, compiono le attività di cui alla lettera a), ovvero promettono od offrono denaro o altra utilità, ovvero, anche attribuendosi qualità di altro pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio, simulano di accettarne la promessa o la consegna, direttamente o per interposta persona"».

 

12.0.8

LI GOTTI, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Accantonato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 12-bis.

(Modifiche alla legge 23 dicembre 1986, n. 898)

1. All'articolo 2, comma 1, della legge 23 dicembre 1986, n. 898, le parole: "da sei mesi a tre anni" sono sostituite dalle seguenti: "da uno a quattro anni"».

 

12.0.9

ZANDA

Accantonato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 12-bis.

(Modifiche al Codice civile)

Al codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l'articolo 2621 è sostituito dal seguente:

"Art. 2621. - (False comunicazioni sociali). - Salvo quanto previsto dall'articolo 2622, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico, espongono fatti non rispondenti al vero ancorché oggetto di valutazioni ovvero omettono informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, sono puniti con la reclusione da uno a cinque anni.

La punibilità è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardano beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.";

b) l'articolo 2622 è sostituito dal seguente:

"Art. 2622. - (False comunicazioni sociali nelle società quotate in Borsa). - Gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili, societari, i sindaci e i liquidatori delle società soggette alle disposizioni della parte IV, titolo III, capo Il, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, i quali al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico espongono fatti materiali non rispondenti al vero ancorché oggetto di valutazioni ovvero omettono informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, in modo idoneo a indurre in errore i destinatari sulla predetta situazione, sono puniti con la reclusione fino a otto anni";

c) dopo l'articolo 2622 è inserito il seguente:

"Art. 2622-bis. - (Circostanza aggravante). Se i fatti di cui agli articoli 2621 e 2622 cagionano un grave nocumento ai risparmiatori o alla società, le pene sono aumentate della metà".

d) l'articolo 2624 è sostituito con il seguente:

"Art. 2624. - (Falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione). I responsabili della revisione i quali, al fine di conseguire per sè o per altri un ingiusto profitto, nelle relazioni o in altre comunicazioni, consapevolmente attestano il falso ed occultano informazioni concernenti la situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società, ente o soggetto sottoposto a revisione, in modo idoneo ad indurre in errore i destinatari delle comunicazioni sulla predetta situazione, sono puniti con la reclusione fino a sei anni.

Se la condotta di cui al primo comma concerne una società soggetta a revisione obbligatoria, la pena è della reclusione fino a otto anni.

Se la condotta di cui al primo comma ha cagionato un grave nocumento ai destinatari delle comunicazioni, la pena è della reclusione fino a dodici anni".

e) dopo l'articolo 2624 è inserito il seguente:

"Art. 2624-bis. (False dichiarazioni contabili e false comunicazioni sociali a fini di corruzione) - Qualora la dichiarazione fraudolenta di cui agli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 10 marzo 2000 n. 74 o le false comunicazioni di cui agli articoli 2621 e 2622 sono finalizzati a commettere i reati di cui agli articoli 318, 319, 320, 321, 322, 346 del codice penale, la pena è disposta a prescindere dall'ammontare degli elementi sottratti al reddito"».

 

12.0.10

DELLA MONICA, BARBOLINI, BIANCO, PEGORER, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Accantonato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 12-bis.

(Modifiche al codice civile e al testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, in materia di falso in bilancio, falso prospetto, falso nelle relazioni dei revisori e di impediti controlli societari)

1. Al codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l'articolo 2621 è sostituito dal seguente:

"Art. 2621. - (False comunicazioni sociali). - Salvo quanto previsto dall'articolo 2622, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico, espongono fatti non rispondenti al vero ancorché oggetto di valutazioni ovvero omettono informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, sono puniti con la reclusione da uno a cinque anni.

La punibilità è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardano beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi";

b) l'articolo 2622 è sostituito dal seguente:

"Art. 2622. - (False comunicazioni sociali in danno della società, dei soci o dei creditori). - Gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili, i sindaci e i liquidatori, i quali, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico, esponendo fatti non rispondenti al vero ancorché oggetto di valutazioni, ovvero omettendo informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, cagionano un danno patrimoniale alla società, ai soci o ai creditori, sono puniti con la reclusione da due a sei anni.

La pena è da due ad otto anni, nel caso di società soggette alle disposizioni della parte IV, titolo III, capo II, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni.

La punibilità è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.";

c) l'articolo 2625 è sostituito dal seguente:

"Art. 2625. - (Impedito controllo). - Gli amministratori che, occultando documenti o con altri idonei artifici, impediscono o comunque ostacolano lo svolgimento delle attività di controllo o di revisione legalmente attribuite ai soci, agli altri organi sociali o alle società di revisione, sono puniti con l'arresto fino a due anni.

La pena è raddoppiata se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell'Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell'articolo 116 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni".

2. Al testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l'articolo 173-bis è sostituito dal seguente:

"Art. 173-bis. - (Falso in prospetto). - 1. Chiunque, nei prospetti richiesti per la sollecitazione all'investimento o l'ammissione alla quotazione nei mercati regolamentati, ovvero nei documenti da pubblicare in occasione delle offerte pubbliche di acquisto o di scambio, espone false informazioni od occulta dati o notizie in modo idoneo a indurre in errore i destinatari del prospetto, è punito con la reclusione da uno a cinque anni";

b) all'articolo 174-bis, nel comma 1, le parole: "con l'intenzione di ingannare i destinatari" sono soppresse».

 

12.0.11

LI GOTTI, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Accantonato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 12-bis.

(Norme in materia di influenze illecite)

1. L'articolo 346 del codice penale è sostituito dal seguente:

-"Articolo 346. - (Traffico di influenze illecite). - Chiunque, vantando credito presso un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, ovvero adducendo di doverne comprare il favore o soddisfare le richieste, fa dare o promettere a sé o ad altri denaro o altra utilità quale prezzo per la propria mediazione o quale remunerazione per il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio, è punito con la reclusione da tre a sette anni.

Nei casi di cui al primo comma, chi versa o promette denaro o altra utilità è punito con la reclusione da due a cinque anni.

La condanna importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici.

Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono aumentate se il soggetto che vanta credito presso un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio ovvero adduce di doverne comprare il favore o soddisfare le richieste riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio.

Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono, altresì, aumentate se i fatti ivi previsti sono commessi in relazione all'esercizio di attività giurisdizionali.

Se i fatti previsti dal primo e dal secondo comma sono di particolare tenuità, le pene sono diminuite fino a due terzi e la condanna importa l'interdizione temporanea dai pubblici uffici".

2. L'articolo 25 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, è sostituito dal seguente:

"Articolo 25. - (Corruzione e traffico di influenze illecite). - 1. In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 318, 321 e 322, commi 1 e 3, e 346 primo, secondo e quarto comma, del codice penale, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da duecento a seicento quote.

2. In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 317, 319, 319, aggravato ai sensi dell'articolo 319-bis quando dal fatto l'ente ha conseguito un profitto di rilevante entità, 319-ter, comma 1 e comma 2, 321, 322, commi 2 e 4, del codice penale, e 346, quinto comma, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da trecento a novecento quote.

3. Le sanzioni pecuniarie previste per i delitti di cui ai commi 1 e 2 si applicano all'ente anche quando tali delitti sono stati commessi dalle persone indicate negli articoli 357, secondo comma, e 358, secondo comma, del codice penale.

4. Nei casi di condanna per uno dei delitti indicati nei commi 1 e 2 si applicano le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a un anno"».

 

12.0.12

ZANDA

Accantonato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 12-bis.

(Modifiche agli articoli 648-bis e 648-ter del codice penale in materia di autoriciclaggio)

1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 648-bis, primo comma, le parole: "Fuori dei casi di concorso nel reato," sono soppresse;

b) all'articolo 648-ter, primo comma, le parole: «dei casi di concorso nel reato e» sono soppresse».

 

12.0.501 (già 12.16)

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Accantonato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 12-bis

(Modifiche agli articoli 648-bis e 648-terdel Codice Penale in materia di autoriciclaggio)

a) all'articolo 648-bis, primo comma, le parole: "Fuori dei casi di concorso nel reato," sono soppresse;

b) all'articolo 648-ter, primo comma, le parole: "dei casi di concorso nel reato e" sono soppresse"».

 

12.0.13

LI GOTTI, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Accantonato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art 12-bis.

(Ulteriori modifiche al codice penale in materia di riciclaggio)

1. All'articolo 379; primo comma, del codice penale le parole: "articoli 648-bis e 648-ter sono sostituite dalle seguenti: "articoli 648 e 648-bis".

2. L'articolo 648-bis del codice penale e sostituito dal seguente:

"Art. 648-bis. - (Riciclaggio ed impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita) - Chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo, ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l'identificazione della loro provenienza delittuosa, ovvero, fuori dei casi previsti dall'articolo 648, impiega in attività economiche o finanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto è punito con a reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da euro 1.032 a euro 15.493.

La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell'esercizio di un'attività professionale.

La pena è diminuita se il fatto è di particolare tenuità. Si applica l'ultimo comma dell'articolo 648".

3. L'articolo 648-ter del codice penale è abrogato.

4. L'articolo 648-quater, al primo comma, le parole: "dagli articolo 648-bis e 648-ter" sono sostituite dalle seguenti: "dall'articolo 648-bis" e al terzo comma le parole: "di cui agli articoli 648-bis e 648-ter" sono sostituite dalle seguenti: "di cui all'articolo 648-bis"».

 

12.0.14

CASSON, CECCANTI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, GARRAFFA, LUMIA, MARITATI, DELLA MONICA (*)

Accantonato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 12-bis.

(Modifiche all'articolo 684 del codice penale in materia di esercizio del diritto di informazione)

1. Dopo il primo comma dell'articolo 684 del codice penale è aggiunto, in fine, il seguente secondo comma:

"Non è punibile chi ha commesso i fatti di cui al presente articolo nell'esercizio del diritto di informazione, quando la notizia pubblicata faccia riferimento ai delitti contro la pubblica amministrazione e presenti eccezionale rilevanza sociale, in ordine all'esercizio di funzioni pubbliche o all'attività politica di soggetti titolari di incarichi istituzionali"».

________________

(*) Aggiunge la firma in corso di seduta il senatore Vita

 

12.0.15

CASSON, CECCANTI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, GARRAFFA, LUMIA, MARITATI, DELLA MONICA (*)

Accantonato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 12-bis.

(Modifiche all'articolo 684 del codice penale in materia di esercizio del diritto di informazione)

1. Dopo il primo comma dell'articolo 684 del codice penale è aggiunto, in fine, il seguente secondo comma:

"Non è punibile chi ha commesso i fatti di cui al presente articolo nell'esercizio del diritto di informazione, quando la notizia pubblicata concerna un procedimento per taluno dei delitti di cui al Capo I del Titolo II del Libro II"».

________________

(*) Aggiunge la firma in corso di seduta il senatore Vita

 

12.0.17

D'ALIA, DELLA MONICA, SERRA, BALDASSARRI, GERMONTANI, VALDITARA, DE ANGELIS, CONTINI, DIGILIO

Accantonato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 12-bis.

(Modifiche al codice di procedura penale)

1. All'articolo 267 del codice di procedura penale, dopo il comma 2 è inserito il seguente comma:

"2-bis. Quando l'intercettazione è necessaria per lo svolgimento delle indagini in relazione a delitti di cui all'articolo 266, comma 1, lettera b), l'autorizzazione a disporre le operazioni previste dall'articolo 266 è data, con decreto motivato, dal giudice per le indagini preliminari se vi sono sufficienti indizi di reato. Nella valutazione dei sufficienti indizi si applica l'articolo 203. L'intercettazione di comunicazioni tra presenti, di cui al comma 2 dell'articolo 266, disposta in un procedimento relativo ai delitti di cui al presente comma, è consentita anche se non vi è motivo di ritenere che nei luoghi ove è disposta si stia svolgendo l'attività criminosa".

2. Al comma 3 dell'articolo 275 del codice di procedura penale sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: "Le disposizioni del presente comma si applicano altresì in ordine ai delitti previsti dagli articoli 314, 317, 319, 319-ter, 321, 322-bis del codice penale, salvo che ricorra la circostanza attenuante prevista dall'articolo 323-bis del codice penale"».

 

12.0.16

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Accantonato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 12-bis.

(Modifiche al codice di procedura penale in materia di intercettazioni)

1. All'articolo 267 del codice di procedura penale, dopo il comma 2 è inserito il seguente comma:

"2-bis. Quando l'intercettazione è necessaria per lo svolgimento delle indagini in relazione a delitti di cui all'articolo 266, comma 1, lettera b), l'autorizzazione a disporre le operazioni previste dall'articolo 266 è data, con decreto motivato, dal giudice per le indagini preliminari se vi sono sufficienti indizi di reato. Nella valutazione dei sufficienti indizi si applica l'articolo 203. L'intercettazione di comunicazioni tra presenti, di cui al comma 2 dell'articolo 266, disposta in un procedimento relativo ai delitti di cui al presente comma, è consentita anche se non vi è motivo di ritenere che nei luoghi ove è disposta si stia svolgendo l'attività criminosa".

2. Al comma 3 dell'articolo 275 del codice di procedura penale sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: "Le disposizioni del presente comma si applicano altresì in ordine ai delitti previsti dagli articoli 314, 317, 319, 319-ter, 321, 322-bis del codice penale, salvo che ricorra la circostanza attenuante prevista dall'articolo 323-bis del codice penale"».

 

12.0.100

CASSON, CECCANTI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, GARRAFFA, LUMIA, MARITATI, DELLA MONICA (*)

Accantonato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 12-bis.

(Modifiche all'articolo 267 del codice di procedura penale in materia di intercettazioni)

1. All'articolo 267 del codice di procedura penale, dopo il comma 2 è inserito il seguente:

"2-bis. Quando l'intercettazione è necessaria per lo svolgimento delle indagini in relazione a delitti di cui all'articolo 266, comma 1, lettera b), l'autorizzazione a disporre le operazioni previste dall'articolo 266 è data, con decreto motivato, dal giudice per le indagini preliminari se vi sono sufficienti indizi di reato. Nella valutazione dei sufficienti indizi si applica l'articolo 203. L'intercettazione di comunicazioni tra presenti, di cui al comma 2 dell'articolo 266, disposta in un procedimento relativo ai delitti di cui al presente comma, è consentita anche se non vi è motivo di ritenere che nei luoghi ove è disposta si stia svolgendo l'attività criminosa"».

________________

(*) Aggiunge la firma in corso di seduta il senatore Vita

 

12.0.18

LI GOTTI, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Accantonato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 12-bis.

(Introduzione degli articoli 371-ter, 371-quater, 371-quinquies, 371-sexies, 371-septies e 371-octies nel codice di procedura penale)

1. Dopo l'articolo 371-bis del codice di procedura penale è inserito il seguente:

"Art. 371-ter. - (Procedura attiva di costituzione di Squadre investigative comuni). - 1. Nei casi previsti dagli accordi internazionali in vigore per lo Stato, il procuratore della Repubblica può richiedere la costituzione di squadre investigative comuni quando procede a indagini collegate a quelle condotte in altri Stati, sempreché vi sia l'esigenza di compiere indagini particolarmente complesse o di assicurare il coordinamento delle indagini con l'autorità straniera.

2. La richiesta di cui ai comma 1, nel caso di avocazione delle indagini a norma dell'articolo 372, è formulata dal procuratore generale presso la Corte d'appello; nei casi indicati dall'articolo 371-bis, comma 3, lettera h), dal procuratore nazionale antimafia.

3. La richiesta di costituzione della squadra investigativa comune è trasmessa alla competente autorità dello Stato estero. L'autorità giudiziaria richiedente, inoltre, informa dell'iniziativa il procuratore generale presso la Corte d'appello, o il procuratore nazionale antimafia, se si tratta di indagini relative ai delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, ai fini dell'eventuale coordinamento investigativo.

4. La squadra investigativa comune che opera sul territorio dello Stato è diretta dal pubblico ministero o dall'ufficiale di polizia giudiziaria designato nell'atto costitutivo.

5. Nei casi previsti da accordi internazionali in vigore per lo Stato, quando la richiesta di costituzione di squadra investigativa comune proviene dall'autorità di uno Stato estero, il procuratore della Repubblica informa dell'iniziativa il procuratore generale presso la Corte d'appello, o il procuratore nazionale antimafia, se si tratta di indagini relative ai delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, ai fini dell'eventuale coordinamento investigativo.

6. Se il procuratore della Repubblica ritiene che la competenza appartiene ad altro ufficio, trasmette immediatamente la richiesta di cui al comma 1 all'autorità giudiziaria competente, dandone avviso all'autorità straniera richiedente.

7. Nei casi di cui agli articoli 371-ter e 371-quater, il procuratore della Repubblica o, nei casi indicati nell'articolo 371-ter, comma 2, il procuratore generale presso la Corte d'appello o il procuratore nazionale antimafia, forma, con le competenti autorità straniere, l'atto scritto di costituzione della squadra investigativa comune.

8. L'atto che costituisce la Squadra investigativa comune contiene l'indicazione:

a) del titolo di reato con la descrizione sommaria del fatto oggetto delle indagini;

b) dei motivi che giustificano la costituzione della squadra;

c) del nominativo del direttore della squadra;

d) dei nominativi dei membri nazionali e di quelli distaccati che la compongono;

e) degli atti da compiersi;

f) della durata delle indagini;

g) degli Stati, delle organizzazioni internazionali e degli altri organismi istituiti, ai quali è richiesta, ai sensi del Trattato sull'Unione europea, la designazione di rappresentanti esperti nelle materie dell'indagine comune;

h) delle modalità di partecipazione dei rappresentanti ed esperti designati da altri Stati, organizzazioni internazionali e organismi istituiti nell'ambito dell'Unione europea.

9. Nei casi di cui agli articoli 371-ter e 371-quater, l'atto costitutivo della squadra investigativa comune è trasmesso senza ritardo al Ministro della giustizia ed al Ministro dell'interno.

10. Nel caso di cui all'articolo 371-quater, il Ministro della giustizia, entro dieci giorni dalla ricezione del provvedimento di costituzione della squadra investigativa comune, può disporre con decreto che non si proceda al compimento degli atti indicati, se risulta evidente che gli stessi sono espressamente vietati dalla legge o sono contrari ai principi fondamentali dell'ordinamento giuridico italiano.

11. Il termine di cui all'articolo 371-quinquies, comma 2, lettera j), non può essere superiore a sei mesi, salvo proroghe giustificate dalla oggettiva impossibilità di concludere le indagini nel termine stabilito. In ogni caso la durata non può essere superiore ad un anno. La proroga è comunicata al Ministro della giustizia ed al Ministro dell'interno, nonché, ai fini dell'eventuale coordinamento investigativo, al procuratore generale presso la Corte d'appello, o al procuratore nazionale antimafia, se si tratta di indagini relative ai delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis.

12. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano, In quanto compatibili, in caso di successive modificazioni del contenuto dell'atto costitutivo della squadra.

13. Salvo che nell'atto costitutivo sia stabilito diversamente, i soggetti distaccati dall'autorità giudiziaria o investigativa di altro Stato possono partecipare agli atti di indagine da compiere nel territorio dello Stato, nonché all'esecuzione dei provvedimenti dell'autorità giudiziaria. Ai membri distaccati sono attribuite le funzioni di agente di polizia giudiziaria nei limiti previsti dall'atto costitutivo della squadra investigativa comune. Ad essi, se autorizzati al porto d'armi sul territorio dello Stato ai sensi dell'articolo 9 della legge 21 febbraio 1990, n. 36, e successive modificazioni, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 53 del codice penale.

14. L'atto costitutivo può altresì prevedere che rappresentanti ed esperti designati da altri Stati, da organizzazioni internazionali e dagli organismi istituiti nell'ambito dell'Unione europea siano autorizzati ad assistere o a partecipare all'esecuzione degli atti di indagine da compiersi nel territorio dello Stato in conformità a quanto stabilito nell'atto costitutivo. Ai rappresentanti e agli esperti, se autorizzati a partecipare al compimento di atti di indagine, sono attribuite le funzioni di agenti di polizia giudiziaria, nei limiti previsti dall'atto costitutivo della squadra.

15. Il procuratore della Repubblica può richiedere all'autorità dell'altro Stato con cui ha costituito la squadra investigativa comune di ritardare, per fini investigativi e processuali diversi da quelli indicati nell'atto costitutivo, l'utilizzazione delle informazioni ottenute dai componenti della squadra e non altrimenti disponibili, se essa può pregiudicare indagini o procedimenti penali in corso nello Stato. Il Ministro della giustizia viene informato senza ritardo della richiesta.

16. L'autorità giudiziaria osserva le condizioni richieste dall'autorità dell'altro Stato per l'utilizzazione delle informazioni di cui al comma 1 per fini investigativi e processuali diversi da quelli indicati nel fatto costitutivo.«

17. All'articolo 431, comma 1, del codice di procedura penale, la lettera d) è sostituita dalla seguente:

'd) i documenti acquisiti all'estero mediante rogatoria internazionale, i verbali degli atti non ripetibili assunti con le stesse forme e modalità ovvero i verbali degli atti non ripetibili posti in essere dalla squadra investigativa comune;'.

18. La squadra investigativa comune opera sul territorio dello Stato in base alle disposizioni del codice di procedura penale e delle leggi complementari. Essa agisce sotto la direzione del pubblico ministero o di un ufficiale di polizia giudiziaria designato nell'atto costitutivo.

19. Lo Stato italiano è responsabile per i danni derivanti dagli atti illeciti commessi sul territorio dello Stato da funzionari stranieri e dai membri distaccati della squadra investigativa comune.

20. Quando la squadra investigativa comune è costituita nell'ambito degli strumenti dell'Unione europea, lo Stato italiano rinuncia a richiedere ad un altro Stato membro il risarcimento dei danni causati dal funzionario straniero o dal membro distaccato, limitatamente ai danni derivanti dallo svolgimento delle attività della squadra investigativa comune, indicate nell'atto costitutivo.

21. Dall'attuazione degli articoli 8-bis, 8-ter, 8-quater 8-quinquies non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, all'attuazione dei medesimi si provvede nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie previste dalla legislazione vigente».

 

12.0.500 (già 12.254)

INCOSTANTE, ADAMO

Accantonato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 12-bis.

(Modifica al Codice di procedura penale)

02) All'articolo 308 del Codice di procedura penale, dopo il comma 2 è inserito il seguente:

"2-bis. Nel caso si proceda per uno dei delitti previsti dagli articoli da 314 a 320 del Codice penale, le misure interdittive perdono efficacia decorsi sei mesi dall'inizio della loro esecuzione. In ogni caso, qualora esse siano state disposte per esigenze probatorie, il giudice può disporne la rinnovazione anche al di là di sei mesi dall'inizio dell'esecuzione, fermo restando che comunque la loro efficacia viene meno se dall'inizio della loro esecuzione è decorso un periodo di tempo pari al triplo dei termini previsti dall'articolo 303."».

 

ARTICOLO 13 DEL DISEGNO DI LEGGE N. 2156

 

Art. 13.

Accantonato

(Clausola di invarianza)

1. Dall'esecuzione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

2. Le amministrazioni competenti provvedono allo svolgimento delle attività previste dalla presente legge con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 


 

 

 

Senato della Repubblica

XVI LEGISLATURA

 

Assemblea

 

 

 

 

RESOCONTO STENOGRAFICO

ALLEGATO A

 

 

ASSEMBLEA

 

567a seduta pubblica (pomeridiana):

 

 

mercoledì 15 giugno 2011

 

 

Presidenza vice presidente BONINO,

indi del vice presidente NANIA

 

 


Presidenza della vice presidente BONINO

 

PRESIDENTE. La seduta è aperta (ore 16,34).

(omissis)

Seguito della discussione dei disegni di legge:

(2156) Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione

(2044) BAIO ed altri. - Misure per contrastare fenomeni corruttivi nel rapporto tra eletti, cittadini e pubblica amministrazione

(2164) LI GOTTI ed altri. - Norme per il contrasto alla corruzione nella pubblica amministrazione e in materia di cause ostative all'assunzione di incarichi di governo, incandidabilità ed ineleggibilità dei condannati per reati contro la pubblica amministrazione. Delega al Governo in materia di coordinamento del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267

(2168) D'ALIA. - Disciplina della partecipazione alla vita pubblica e degli emolumenti per l'esercizio della funzione pubblica, regolamentazione degli incarichi di consulenza e norme in materia di contrasto a fenomeni di corruzione

(2174) FINOCCHIARO ed altri. - Norme per il contrasto alla corruzione nella pubblica amministrazione e nel settore privato. Cause ostative all'assunzione di incarichi di governo, incandidabilità ed ineleggibilità dei responsabili per reati contro la pubblica amministrazione e collegati

(2340) DELLA MONICA ed altri. - Norme per la trasparenza, la prevenzione e la repressione della corruzione e per il contrasto alla illegalità nel settore pubblico e privato

(2346) ZANDA. - Norme per il contrasto alla corruzione nella pubblica amministrazione e nel settore privato(ore 16,42)

Approvazione, con modificazioni, del disegno di legge n. 2156

 

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca il seguito della discussione dei disegni di legge nn. 2156, 2044, 2164, 2168, 2174, 2340 e 2346.

Riprendiamo l'esame degli articoli del disegno di legge n. 2156.

Ricordo che nella seduta di ieri sono stati stralciati gli articoli 7, 8 e 9 e sono stati accantonati gli articoli 10, 11, 12 e 13 e i relativi emendamenti.

Invito il senatore Segretario a dar lettura del parere espresso dalla 5a Commissione permanente sugli ulteriori emendamenti e subemendamenti presentati al disegno di legge in esame.

THALER AUSSERHOFER, segretario. «La Commissione programmazione economica, bilancio, esaminati gli ulteriori emendamenti 2.0.2000, 4.1000, 10.251 (testo 2) e 11.400, e i relativi subemendamenti, trasmessi dall'Assemblea, esprime, per quanto di competenza, parere non ostativo, ad eccezione che sulle proposte 2.0.2000/1 e 2.0.2000/8, sulle quali il parere è contrario, ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione».

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'emendamento 2.0.2000, presentato dal Governo, tendente ad inserire un articolo aggiuntivo dopo l'articolo 2, dei relativi subemendamenti e di un ordine del giorno, che invito i presentatori ad illustrare.

SPADONI URBANI (PdL). Signora Presidente l'emendamento 2.0.2000/7 è stato in qualche modo da me già illustrato in sede di esame dell'articolo 1. Ritengo non basti far ruotare solamente i dirigenti dei settori a rischio di corruzione: per me i dirigenti sono tutti uguali, tutti corretti, ma penso sia meglio prevenire che dover rincorrere successivamente.

Credo che i dirigenti siano tutti allo stesso livello, e per questo l'emendamento tende a fare in modo che la rotazione sia prevista per tutti i settori della dirigenza. (Brusìo. Richiami del Presidente). Ricordo che l'emendamento era stato approvato per alzata di mano e poi è venuto meno a seguito della reiezione dell'articolo 1.

PRESIDENTE. I restanti emendamenti e l'ordine del giorno si danno per illustrati. (Brusìo).

Colleghi, non è possibile lavorare in questo disordine; la Presidenza non riesce a seguire la seduta, peraltro, risulta complicata dal fatto che alcuni emendamenti si trovano nell'annesso VI ed altri sono contenuti in fogli aggiunti. Proprio in considerazione della complessità dei lavori, mi sono permessa di richiamare l'attenzione dell'Assemblea.

Invito il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti e sull'ordine del giorno in esame.

AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signora Presidente, poiché il Governo non ha illustrato l'emendamento 2.0.2000, nel dare i pareri sui subemendamenti dirà qualche parola al riguardo.

Siamo arrivati alla presentazione di questo emendamento, che tra l'altro era anche il terzo (anche nelle discipline olimpiche questo numero segna il confine tra l'intraprendenza e l'ostinazione). Quindi, questo è stato il terzo tentativo del Governo per arrivare a salvare norme importanti, che tra l'altro ci consentiranno, se verranno approvate da questo ramo del Parlamento, di avvicinarci di molto a soddisfare quasi due terzi delle richieste... (Brusìo).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, la Presidenza non è neanche in grado di ascoltare e quindi, tantomeno, di presiedere.

Prego, signor Sottosegretario.

AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Grazie, signora Presidente.

Dicevo che l'approvazione da parte del Senato di questo disegno di legge e, come speriamo, successivamente, in tempi ravvicinati, di quello di autorizzazione alla ratifica della Convenzione europea penale sulla corruzione, che è stato già approvato dalle Commissioni riunite 2a e 3a del Senato, ci consentirà di affermare che dal 2009 ad oggi avremo onorato i due terzi delle 22 prescrizioni che l'Italia aveva ricevuto dal GRECO nel 2009. Da questo punto di vista, era importante riuscire ad approvare questo articolo, per cui, prima di esprimere i pareri del Governo, sento la necessità di ringraziare tutti i Gruppi che hanno reso possibile la discussione di questa norma.

Quindi, nella sostanza, speriamo al termine della votazione di pervenire anche all'approvazione di un articolo che riesca a dare maggiore incisività a questo provvedimento.

Per quanto riguarda i pareri, il Governo è contrario all'emendamento 2.0.2000/1, perché si tratta di un'impostazione totalmente diversa da quella da esso proposta e sulla quale si è raccolta l'attenzione e il consenso di gran parte del Senato. Oltretutto, tale impostazione - lo ricordo - garantisce comunque la presenza di un soggetto assolutamente indipendente che è la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche (CiVIT), che compariva peraltro anche in alcuni emendamenti dell'opposizione. Questa indipendenza, lo ricordo a me stesso e non certo all'Aula, che lo sa molto bene, è assicurata dalle modalità di formazione di questo organismo, che viene composto su proposta del Governo (questo è vero), ma con decreto del Presidente della Repubblica e con una valutazione attenta delle competenti Commissioni parlamentari, che devono ratificarne la composizione con una maggioranza qualificata di due terzi. Da questo punto di vista, la strada scelta dal Governo è diversa da quella proposta da questo emendamento, e pertanto il parere è contrario.

Allo stesso modo, il parere è contrario all'emendamento 2.0.2000/2, perché è una proposta soppressiva che sostanzialmente non fa altro che riproporre in sedicesimo la stessa questione che viene posta nell'emendamento generale su cui ho già espresso parere contrario.

Allo stesso modo, il parere è contrario all'emendamento 2.0.2000/3, perché la soluzione che abbiamo proposto, che è quella di un organismo indipendente che controlla tutta l'attività anticorruzione e che però è sovraordinato, tant'è che approva il Piano annuale anticorruzione, prevede una separazione totale dal coordinamento invece delle attività amministrative contro la corruzione. Questo emendamento tende invece a riconfondere i due piani, e perciò il parere è contrario.

Sull'emendamento 2.02000/4, soppressivo del comma 3, il parere è contrario, e lo stesso vale per i successivi 2.0.2000/5 e 2.0.2000/6.

Il Governo è poi favorevole all'emendamento 2.0.2000/7, perché reintroduce un criterio di rotazione che è sempre stato presente in tutte le formulazioni della maggioranza e dell'opposizione; dovremmo però verificare tecnicamente come si inserisce nel testo, perciò le chiederei, signora Presidente, di accantonarlo, ma solo per pochi minuti, perché credo di poter poi confermare il parere favorevole.

Sull'emendamento soppressivo 2.0.2000/8 il parere è, infine, contrario.

PRESIDENTE. Dovrebbe esprimere il parere anche sull'ordine del giorno G2.0.100, presentato dalla senatrice Finocchiaro ed altri senatori.

AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Non l'ho qui davanti. Se non ricordo male, presidente Finocchiaro, si tratta di un ordine del giorno che impegna il Governo nell'ambito della riserva di risorse già presenti per la CiVIT. Accogliamo l'ordine del giorno G2.0.100 come raccomandazione, perché c'è un problema tecnico. (Brusio).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, ho cercato di richiamare la vostra attenzione dall'inizio della seduta, essendo una seduta complicata nella gestione.

AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signora Presidente, ho commesso un errore di numerazione. Sull'emendamento 2.0.2000/3 credo di aver espresso un parere contrario, perché lo avevo scambiato con il successivo; invece, c'era un invito al ritiro rivolto al senatore Mazzatorta.

PRESIDENTE. Per essere chiari, lei si sta riferendo all'emendamento presentato dai senatori Mazzatorta, Bodega e Valli, e c'è un invito al ritiro, mentre conferma il parere contrario sugli emendamenti 2.0.2000/4, 2.0.2000/5 e 2.0.2000/6.

AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Sì, solo sull'emendamento 2.0.2000/7 mi riservo una valutazione quando si arriverà alla sua votazione.

PRESIDENTE. Stante il parere contrario espresso dalla 5a Commissione ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione, l'emendamento 2.0.2000/1 è improcedibile.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.0.2000/2.

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Signora Presidente, abbiamo esaminato l'emendamento che il Governo ha proposto a seguito della soppressione da parte dell'Aula dell'articolo 1 del testo (che riguardava la disciplina prevista dalla Convenzione ONU sulla lotta alla corruzione relativa alla nuova disciplina delle funzioni dell'Autorità anticorruzione), più in linea con le disposizioni previste dall'articolo 6 della Convenzione stessa.

Tale Convenzione stabilisce che occorre individuare un'autorità, un ente, un soggetto che sia, non solo formalmente, ma anche sostanzialmente distinto dagli enti e dai soggetti che sono naturalmente destinatari dell'attività dell'Autorità anticorruzione, tant'è vero che vengono fissati i principi di autonomia e di indipendenza di questa autorità.

Faccio alcune considerazioni che attengono proprio al merito della questione introdotta dal Governo, perché do ovviamente per scontato che la valutazione che la Presidenza ha fatto sia conforme all'articolo 97 (non abbiamo dubbi al riguardo, ma appartiene alla Presidenza e non appartiene ovviamente a noi).

Il punto è che, al di là della legittima separazione delle funzioni amministrative relative all'attività che lo Stato - e per esso il Governo - deve fare per l'attività amministrativa... (Brusio).

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, vi ho chiesto la cortesia di consentire lo sviluppo ordinato di una seduta complicata, e in questo chiasso non è davvero possibile.

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Grazie, signora Presidente.

Stavo dicendo che, al di là della legittima esigenza di natura amministrativa di un coordinamento interministeriale delle politiche del Governo contro la corruzione, che vengono introdotte nel testo proposto dall'Esecutivo in maniera oggettivamente plausibile, tutto ciò che attiene all'attività di vigilanza, di prevenzione e di controllo deve essere totalmente separato dal controllo dell'Esecutivo.

Perché ciò avvenga, è necessario che si istituisca una autorità o un'agenzia che possa assolvere a questo compito. Ed è necessario che si istituisca un'autorità indipendente o un'agenzia che sia titolare di poteri reali di intervento, di monitoraggio, di vigilanza, di ispezione, di controllo e che, in caso di inadempimento da parte delle pubbliche amministrazioni rispetto all'obbligo di adempiere al Piano nazionale anticorruzione o rispetto all'obbligo di fornire la documentazione e quant'altro sia necessario per potere conoscere in profondità eventuali degenerazioni dell'attività di quella pubblica amministrazione, deve essere nelle condizioni di poter intervenire con delle sanzioni e deve avere gli strumenti attraverso cui intervenire.

Ora, su questa parte, il Governo propone di affidare questi compiti alla CiVIT, cioè a questa Commissione che - lo ricordo a me stesso - è stata introdotta dalla riforma Brunetta e che dovrebbe occuparsi della valutazione dei dipendenti e dei dirigenti della pubblica amministrazione, e che dovrebbe predeterminare i parametri di efficienza delle singole amministrazioni e, quindi, perché così era previsto anche dalla norma che disciplina la istituzione della CiVIT, occuparsi anche di eventuali fenomeni distorsivi dal punto di vista dei fatti corruttivi. Già la norma vigente prevede, infatti, che, tra i compiti della CiVIT, vi sia anche quello della lotta alla corruzione.

Al riguardo, mi consentirà, signora Presidente, di nutrire qualche dubbio e qualche perplessità, perché questa Commissione non ha, di per sé, la possibilità di svolgere i compiti che già la legge le affida, cioè quelli di un intervento e di una verifica in ordine alla efficienza della pubblica amministrazione e, per essa, dei suoi dirigenti e dei suoi responsabili. Ciò è tanto vero che, qualche mese fa, il presidente della CiVIT si è dimesso, con una lettera indirizzata al Ministro per la pubblica amministrazione, dicendo e denunciando i limiti istituzionali e funzionali della Commissione, che, proprio perché non è solo nominata dall'Esecutivo ma, al di là della enunciazione formale, è dipendente dal punto di vista strutturale e funzionale dagli organi dell'Esecutivo e, per esso, dal Ministero per la pubblica amministrazione e dalla Presidenza del Consiglio, non è nelle condizioni strutturali e genetiche di svolgere le funzioni e i compiti per i quali doveva essere allora introdotta una autorità indipendente che si occupasse di valutare con criteri oggettivi i parametri e gli standard di efficienza delle pubbliche amministrazioni, a prescindere dal problema della lotta alla corruzione.

Il mio Gruppo parlamentare già allora si espresse criticamente contro la istituzione di questa Commissione e contro la riforma Brunetta, e i fatti ci hanno dato ragione, perché a distanza di anni dalla sua introduzione non è cambiato nulla nell'attività della pubblica amministrazione: la Commissione non funziona, tant'è vero che il suo presidente si è dimesso e già avendo compiti relativi alla prevenzione e alla lotta alla corruzione non li ha disimpegnati; non capisco quindi come possa farlo oggi, in un contesto nel quale questi compiti vengono implementati. Di questo si tratta: la proposta del Governo è cioè funzionale ad implementare i compiti della lotta alla corruzione che già la CiVIT aveva, poteri che non ha esercitato perché incapace strutturalmente di poterlo fare.

Al di là delle considerazioni, quindi, che noi sviluppiamo con i nostri subemendamenti in ordine all'istituzione di una vera e propria Autorità indipendente che si occupi seriamente e con poteri reali della prevenzione e della lotta alla corruzione, è assolutamente evidente che anche se non vi fossero i problemi che noi abbiamo segnalato, anche con riguardo alla violazione dell'articolo 6 della Convenzione ONU, in ogni caso resta in piedi la genetica inefficienza di questa struttura.

Mi avvio a concludere, signora Presidente: non occuperemo molto tempo, ma credo che questo sia un punto importante. Voglio sottolineare che la corruzione, così come dice la Corte dei conti, è un cancro che sottrae al sistema della finanza pubblica circa 60 miliardi di euro l'anno. È evidente che non si cura il cancro con l'aspirina ed è altresì evidente che non si possono accampare, così come pretestuosamente hanno fatto il Governo, la maggioranza e la Commissione bilancio, presunti limiti di finanza pubblica e di bilancio come ragione della impossibilità di istituire l'Authority per la lotta alla corruzione, perché solo qualche giorno fa, con una norma che ha modificato la direttiva 2008/6/CE sul mercato interno dei servizi postali, la maggioranza e il Governo hanno introdotto l'Autorità nazionale di regolamentazione del settore postale che opera come agenzia indipendente, che è dotata di una sua autonomia, di una serie di poteri sanzionatori, di una copertura finanziaria autonoma, e riguarda un settore come quello delle poste che è importante, ma limitato.

Ora, l'idea che si possa introdurre un'autorità indipendente sulle poste e si trovino anche le risorse per farlo, e non si possa introdurre un'autorità indipendente, che si autofinanzierebbe, per la lotta alla corruzione è un modo per prendere in giro i cittadini italiani, ed è una presa in giro che noi non possiamo asseverare. Per queste ragioni, abbiamo proposto questi subemendamenti, e per queste ragioni diciamo che, qualora dovesse passare l'emendamento del Governo, a maggior ragione noi voteremo contro, articolo per articolo, tutto il provvedimento. (Applausi dal Gruppo UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI e dei senatori Baldassarri e Pistorio).

BRUNO (Misto-ApI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BRUNO (Misto-ApI). Signora Presidente, siamo al cuore del provvedimento, e questo è il pronunciamento che orienterà anche il voto finale, per cui in qualche modo lo anticipo, e mi scuserà se utilizzerò qualche secondo in più. La questione sta tutta qua: se questa Authority che deve controllare un giro di affari che vale 60 miliardi di euro all'anno riesca ad essere efficiente, efficace e indipendente. Le obiezioni sollevate sono state di due ordini di natura, uno dei quali riguardante i costi. Vi faccio osservare che rispetto a quello che viene proposto (ossia la CiVIT) c'è un Ministro di questo Governo - il ministro Rotondi - che sostiene che la CiVIT è solo una duplicazione di un organismo già esistente, con una piccola differenza: il Comitato che sta in capo al Ministero presieduto da Rotondi costa 60.000 euro all'anno, mentre la CiVIT costerebbe, a sentire il Ministro, 8 milioni di euro all'anno. Quindi, basterebbe venire incontro a quello che dice un Ministro di questo Governo - sciogliere la CiVIT - e avremmo anche le risorse per costruire un'Autorità indipendente.

Perché un'Autorità indipendente e non la CiVIT? Per più ordini di problemi. Non ricordo quando soggetti e forze politiche, rispetto alle vicende che riguardavano la CiVIT, abbiamo sollevato un problema di merito quando il presidente della CiVIT, il magistrato Antonio Martone, a detta di questi soggetti politici che a quei tempi denunciavano la cosa, faceva cene a casa del coordinatore del PdL, Denis Verdini, durante le quali si discuteva delle possibili future peripezie del lodo Alfano davanti ai giudici della Corte costituzionale. Non mi interessa sollevare tale questione; non mi interessa sollevare il lavoro che altri colleghi parlamentari hanno fatto rispetto alla CiVIT.

C'è un mio collega parlamentare che ha sollevato con più interrogazioni questioni di fondo. Una di queste è la seguente: la CiVIT dovrebbe consegnare a un altro Ministero, e non al Dipartimento della funzione pubblica, una relazione a fine anno. Per scrivere quella relazione, guarda caso, ha chiamato un consulente. Lo dico ai colleghi: per scrivere quella relazione ha chiamato il consulente giuridico del Ministro a cui doveva rendere la relazione. Il collega che ha presentato l'interrogazione aggiunge, per precisione, che lo ha fatto pagando 50.000 euro. Non vi cito le altre interrogazioni presentate dal collega Ichino, ma ricordo solo un'altra questione e concludo.

Cito il passo conclusivo della lettera di dimissioni di Pietro Micheli, nominato alla CiVIT su segnalazione del centrosinistra (perché c'è un tacito accordo rispetto alla CiVIT). Micheli, che lasciò il suo lavoro in Gran Bretagna come professore universitario e consulente per dare una mano, da quest'altra parte rispetto al ministro Brunetta, a una riforma importantissima, concluse scrivendo quanto segue: «Quanto all'indipendenza della CiVIT, come può esserci indipendenza quando il Governo si riserva ogni potere di determinare nomine, compensi e ambiti di operatività della Commissione stessa? Per di più, opera quotidianamente trattando la CiVIT come parte del proprio staff».

Mi rivolgo ai colleghi: se in cuor vostro, per la vostra coscienza questo è un organismo indipendente, allora votate come vi verrà indicato; altrimenti pensateci bene, perché questo è un errore madornale. (Applausi dal Gruppo Misto-FLI e dei senatori D'Alia e Pistorio).

(omissis)

Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn.
2156, 2044, 2164, 2168, 2174, 2340e 2346 (ore 17,23)

 

PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, riprendiamo i nostri lavori.

BALDASSARRI (Misto-FLI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BALDASSARRI (Misto-FLI). Signora Presidente, articolerò brevemente la mia dichiarazione di voto nel chiarire l'oggetto di cui stiamo parlando, il soggetto, e la concluderò con "complimenti" oggettivi.

L'oggetto di cui stiamo parlando, signora Presidente e onorevoli colleghi, è una entità stimata da più parti in circa 60-70 miliardi di euro di spesa pubblica all'anno, che rappresentano la metà del debito pubblico accumulato in Italia negli ultimi 25 anni e sono l'oggetto di truffe, malversazioni e corruzione.

Sin dall'ingresso in quest'Aula, prima dai banchi dell'opposizione, poi da quelli della maggioranza, e ora di nuovo dai banchi dell'opposizione, ho dato nome e cognome, in più occasioni, a detti 60 miliardi di euro, specificando le voci precise e puntuali dentro le quali si nascondono le malversazioni. Questo, signora Presidente e onorevoli colleghi, è l'oggetto di cui stiamo parlando.

Il soggetto è l'Autorità indipendente che, con la sua azione, deve mirare ad azzerare questa greppia consolidata e diffusa. Allora, francamente, c'è un confine netto tra un'autorità indipendente ed un organismo dipendente dall'Esecutivo. Di qua non ci si muove: o è l'una cosa o è l'altra. Per quello che ci riguarda - è per questo che voteremo a favore del subemendamento 2.0.2000/2, che peraltro abbiamo firmato congiuntamente - o si sta da una parte o si sta dall'altra: o si sta contro quei 60 miliardi o si sta a loro favore.

Concludo, signora Presidente, con un complimento oggettivo, riconoscendo una coerenza che lega l'inciucio fatto nel federalismo fiscale regionale quando, come costi standard, è stata presa la media dei costi storici, proiettando nei prossimi anni tutte quelle malversazioni, tutti quegli sprechi e tutte quelle aree grigie tra economia e politica: quell'inciucio fatto nella Bicamerale sul federalismo regionale che toglie la pietra fondante di un vero federalismo, di una vera responsabilizzazione, e garantisce gli spazi di sprechi per i prossimi anni, che sono consolidati nei numeri storici dell'anno di grazia 2010, costi standard assunti sulla base di costi storici.

Allora, c'è un filo di coerenza tra ciò che è avvenuto in seno alla Commissione bicamerale poche settimane fa e ciò che sta per avvenire - mi auguro di no - in questa Aula, cioè che ancora una volta l'interesse corporativo connivente e trasversale di garantire ad alcune amministrazioni di perpetuare quelle malversazioni può trovare un punto d'accordo non su una autorità indipendente, ma su un altro soggetto impasticciato che, comunque, è dipendente.

Per questo, signora Presidente, voteremo a favore del subemendamento 2.0.2000/2 e condurremo la nostra battaglia fino in fondo attenendoci a pietre miliari quali la trasparenza e la democrazia. E non ci si risponda con l'argomento risibile che non ci sono le risorse, perché, francamente, il dibattito che si sta aprendo, per esempio, sulla riforma fiscale, è quantomeno altrettanto risibile. (Applausi dai Gruppi Misto-FLI e UDC-SVP-AUT: UV-MAIE-VN-MRE-PLI e dei senatori Bruno e Pistorio).

PISTORIO (Misto-MPA-AS). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PISTORIO (Misto-MPA-AS). Signora Presidente, intervengo in dichiarazione di voto in quanto sottoscrittore convinto dell'emendamento 2.0.2000/2 e perché deluso dall'occasione sprecata che questa vicenda rappresenta.

Quando quest'Aula ha bocciato l'articolo 1, si è aperto lo spazio per una revisione radicale dell'impianto di questa normativa che tanto è stata sollecitata dalle opposizioni e che ha visto alla fine la maggioranza ed il Governo accettare questa sfida oggettivamente rischiosa, tanto che in Aula il Governo e la maggioranza hanno conosciuto una sconfitta importante. Quel passaggio avrebbe consentito una revisione radicale dell'impianto e la costituzione reale di un'autorità indipendente che vigilasse ed operasse, non dico per eradicare in modo completo, ma per ridurre il valore di questa attività il cui disvalore è così grave nel nostro Paese sia sul piano dell'etica pubblica che dei risultati economici. Quante volte abbiamo detto che la corruzione è un elemento che condiziona la vita economica, e in qualche ambito, addirittura, la inaridisce nella sua possibilità di sviluppo?

Ebbene, in quel momento - qualcuno lo ricorderà - l'area che noi vogliamo rappresentare come Terzo polo non si è caratterizzata per un ostracismo e una virulenza perché tutto il provvedimento precipitasse e venisse meno, così da determinare per il Governo e la maggioranza una sconfitta cocente. Abbiamo cercato, in quel momento, di trovare una via d'uscita ragionevole e moderata, che guardasse al contenuto, che desse a questo Paese una soluzione agibile al problema. E questo approccio onesto intellettualmente (perché, contestando in modo pieno la subalternità di quella proposta all'Esecutivo e pretendendo un'autorità indipendente, credevamo a questa soluzione), questa linea moderata, ragionevole e composta anche in seno alla Conferenza dei Capigruppo ha inteso aiutare l'affermarsi di una soluzione, ha evitato il muro contro muro, ha consentito una via d'uscita. Ci aspettavamo che il Governo e la maggioranza, considerato che leggiamo della volontà di allargare il dialogo, cercassero di aumentare questo spazio di dialogo ricercando con noi una soluzione condivisa.

Ebbene, noi lamentiamo in modo chiaro i limiti di metodo e di merito di questa proposta, che ci è stata notificata senza essere stata in alcun modo discussa con questa area politica, ed è una cosa che non condividiamo, perché nega l'assunto dell'autorità indipendente.

Per queste ragioni di merito e di metodo, votiamo convintamente a favore del subemendamento soppressivo, e speriamo che tale proposta venga nuovamente caducata dal Parlamento, anche perché, avendo osservato gli sguardi dei colleghi, mi sembra che molti siano dubbiosi sul valore di questa scelta che la maggioranza fa e con la quale forse spera di incontrare il favore di una parte dell'opposizione. (Applausi dai Gruppi Misto-FLI e UDC-SVP-AUT (UV-MAIE-VN-MRE-PLI)).

LI GOTTI (IdV). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LI GOTTI (IdV). Signora Presidente, onorevoli colleghi, l'opposizione tutta, nello spirito di intervenire su un testo che avesse almeno il profumo della lotta alla corruzione, anche se non la sostanza, aveva e ha rinunziato ad esercitare il richiamo all'articolo 97 del nostro Regolamento per consentire di riaprire il discorso su un tema che diversamente sarebbe stato precluso.

L'emendamento 2.0.2000/2, presentato dai colleghi D'Alia, Baldassarri, Bruno, Germontani, Pistorio e Serra, va indubbiamente nella direzione dell'individuazione di un'Autorità nazionale di contrasto alla corruzione indipendente da altri poteri. In modo particolare, questa soluzione è affrancata da quello che noi paventavamo come un grande rischio, ossia, un'autorità emanazione della stessa amministrazione destinataria dei controlli e dei piani anticorruzione, ossia della Presidenza del Consiglio. Ebbene, l'emendamento al nostro esame va nettamente nella direzione dell'affrancamento da questo grave limite che aveva l'originaria proposta del Governo, poi ritirata.

Devo dire che non sono totalmente convinto dell'articolazione offerta da questa soluzione. Non mi convince, ad esempio, che questa Autorità, composta da cinque membri, sia nominata dai Presidenti dei due rami del Parlamento. Abbiamo già, infatti, esperienza di queste procedure in altri settori, e non mi pare che i risultati, a prescindere dalle buone intenzioni dei Presidenti delle Camere, abbiano offerto garanzie di imparzialità e terzietà.

Comunque, al di là di qualche imperfezione tecnica, nel rispetto dello spirito - profondamente condiviso - che connota questo emendamento, ossia la volontà di garantire l'autonomia dell'Autorità nazionale di contrasto alla corruzione, in modo che essa sia totalmente svincolata da qualunque rapporto con la pubblica amministrazione, soggetto-oggetto dei fenomeni di corruzione, il voto dell'Italia dei Valori sull'emendamento 2.0.2000/2 sarà favorevole. (Applausi dal Gruppo IdV).

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore D'Alia, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.0.2000/2, presentato dal senatore D'Alia e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B). (Commenti dai Gruppi PD e PdL. Applausi ironici del senatore Baldassarri).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 2156, 2044, 2164, 2168, 2174, 2340 e 2346

 

PRESIDENTE. L'emendamento 2.0.2000/3 è stato ritirato.

Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.0.2000/4.

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Signora Presidente, chiediamo la soppressione del comma 3 dell'emendamento proposto dal Governo, che dovrebbe caratterizzare l'autonomia e l'indipendenza della CiVIT. Lo dovrebbe fare, perché conferirebbe a questa Commissione poteri ispettivi, di acquisizione di atti, di documenti e così via. Peccato che questa disposizione, che attribuisce tale potere sulla carta alla Commissione, manchi delle sanzioni in caso di inottemperanza e di inadempimento e della possibilità di avvalersi di strutture e di strumenti che possano, anche in maniera coercitiva, esercitare il potere di vigilanza nei confronti delle amministrazioni pubbliche.

Il comma 3 dice esattamente: «Per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 2, lettera c), la Commissione può esercitare poteri ispettivi chiedendo notizie, informazioni, atti e documenti alle pubbliche amministrazioni, e ordina la rimozione di comportamenti o atti contrastanti con i piani di cui agli articoli 4 e 5».

La domanda è: quando ordino la rimozione di un comportamento che è in contrasto con il piano anticorruzione e l'amministrazione a cui intimo di porre in essere quel determinato comportamento o di rimuovere quel determinato ostacolo, non adempie al mio ordine, che cosa succede? Le do uno schiaffetto, le mando le caramelle, le mostro il cartellino giallo?

Cosa fa questa Commissione, i cui componenti - lo voglio ricordare ai colleghi, ma forse è meglio che lo ricordi a me stesso, così non disturbo gli altri - non sono incompatibili nell'esercizio delle loro funzioni? Dice infatti il comma 3 dell'articolo 13 del decreto legislativo che istituisce questa Commissione che i componenti, all'atto della nomina, se dipendenti della pubblica amministrazione, magistrati o docenti universitari, possono essere collocati in aspettativa se ne fanno richiesta. Il che sta a significare che se queste persone non chiedono di essere collocate in aspettativa, perché non avviene ex lege, continuano a disimpegnare le proprie funzioni. Quindi, si trovano in una posizione oggettiva di conflitto di interesse perché devono chiedere atti anche ad amministrazioni alle quali appartengono e senza avere, peraltro, neanche i poteri sanzionatori per poterlo fare.

La ragione per la quale chiediamo la soppressione del comma 3 nasce dalla circostanza che si può fare tutto, ma quando è in gioco la serietà, la credibilità e l'autorevolezza della pubblica amministrazione, le cose devono essere fatte con serietà e in maniera tale da non simulare condotte, stili o modelli sui quali non stiamo dando un buon esempio con la CiVIT.

Per queste ragioni, chiediamo la soppressione del comma 3 dell'emendamento 2.0.2000 e che la votazione avvenga mediante procedimento elettronico. (Applausi dai Gruppi UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI, Misto-FLI e dei senatori Pistorio e Bruno).

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore D'Alia, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.0.2000/4, presentato dal senatore D'Alia e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

 

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 2156, 2044, 2164, 2168, 2174, 2340 e 2346

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.0.2000/5.

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Il comma 4 dell'emendamento presentato dal Governo stabilisce che «Il Dipartimento della funzione pubblica, anche secondo linee di indirizzo adottate dal Comitato interministeriale istituito e disciplinato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri: a) coordina l'attuazione delle strategie di prevenzione e contrasto della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione elaborate a livello nazionale e internazionale; b) promuove e definisce norme e metodologie comuni per la prevenzione della corruzione coerenti con gli indirizzi, i programmi e i progetti internazionali; c) predispone sulla base dei piani delle pubbliche amministrazioni centrali di cui al comma 5, il Piano nazionale anticorruzione anche al fine di assicurare l'attuazione coordinata delle misure di cui alla lettera a); d) definisce modelli standard delle informazioni e dei dati occorrenti per il conseguimento degli obiettivi previsti dalla presente legge, secondo modalità che consentano la loro gestione ed analisi informatizzata».

In sostanza, tutta la strategia anticorruzione (il Piano nazionale, la programmazione, gli interventi, gli standard, gli obiettivi, le modalità e così via, che riguardano la Presidenza del Consiglio, i Ministeri, gli enti collegati, le Regioni, le Province e i Comuni) non viene realizzata da un'autorità terza ma dal Presidente del Consiglio attraverso questo Comitato interministeriale da lui nominato. Inoltre, lo fa avvalendosi del Dipartimento della funzione pubblica.

Se non è questo un modo di dare alla volpe l'uva, credo che non ve ne sia altro.

Coerenza vorrebbe che questo comma venisse soppresso, perché non si è mai visto che chi deve essere controllato stabilisca come debba essere controllato.

Chiedo pertanto la votazione mediante procedimento elettronico. (Applausi della senatrice Germontani).

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore D'Alia, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.0.2000/5, presentato dal senatore D'Alia e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 2156, 2044, 2164, 2168, 2174, 2340 e 2346

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.0.2000/6.

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore D'Alia, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.0.2000/6, presentato dal senatore D'Alia e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 2156, 2044, 2164, 2168, 2174, 2340 e 2346

 

PRESIDENTE. Signor Sottosegretario, sull'emendamento 2.0.2000/7 lei si era riservato di esprimere il parere.

AUGELLO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Signora Presidente, il Governo può accettare questo emendamento a condizione che i presentatori lo riformulino prevedendo negli stessi settori esposti alla corruzione la rotazione dei dirigenti e dei funzionari. Infatti, attraverso questa modifica toglieremmo di mezzo tutti i problemi connessi all'indebita ingerenza sulle amministrazioni periferiche, comunali ed altre, che, oltre a creare problemi costituzionali, comporterebbe anche problemi di copertura. Con queste modifiche il parere all'emendamento è favorevole.

PRESIDENTE. Su questa riformulazione, occorre però il parere della Commissione bilancio. Senatore Azzollini, pensa di poterlo esprimere in questa sede?

AZZOLLINI (PdL). La 5a Commissione esprime parere di nulla osta.

PRESIDENTE. Senatrice Spadoni Urbani, accetta la riformulazione proposta dal Governo?

SPADONI URBANI (PdL). Sì, e ringrazio il Governo.

PRESIDENTE. Comunico che la Presidenza è stata informata che il senatore Viespoli e tutti i componenti del Gruppo di Coesione Nazionale sottoscrivono l'emendamento 2.0.2000/7. Prego gli altri senatori che intendano aggiungere la firma di comunicarlo alla Presidenza.

Metto ai voti l'emendamento 2.0.2000/7 (testo 2), presentato dalla senatrice Spadoni Urbani e da altri senatori.

È approvato.

Passiamo all'emendamento 2.0.2000/8, su cui la 5a Commissione ha espresso parere contrario ai sensi dell'articolo 81 della Costituzione.

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Signora Presidente, vorrei chiedere che tale emendamento venga messo in votazione e spiegarne anche la ragione. Questo emendamento vuole sopprimere il comma 6 dell'emendamento 2.0.2000, che stabilisce un principio obiettivamente incongruente, in quanto non si capisce come si possa fare seriamente la lotta alla corruzione senza risorse. Quando, cioè, si dice che dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica e che gli organi competenti provvedono allo svolgimento delle attività previste dalla presente legge, con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, si vuole sostanzialmente dire che, anche a seguito dei tagli avvenuti nella pubblica amministrazione per le varie manovre economiche, la CiVIT si deve arrangiare, non può prendere personale se non qualche consulente. Invece personale qualificato, gente che ne capisca, persone che vengano, ad esempio, dalla Guardia di finanza, e così via, non potranno essere utilizzate. Non si potranno fare indagini capillari, perché è chiaro che il mondo della pubblica amministrazione, dopo la riforma del Titolo V della Parte II della Costituzione, è così ampio da prevedere una serie a volte anche interminabile di livelli di governo, che hanno bisogno, essendo centri di spesa, di essere monitorati. Tutto questo lo dovrebbero fare cinque valentissimi esperti nell'ambito del Dipartimento della funzione pubblica con risorse che non ci sono.

Voglio segnalare, signora Presidente, e concludo, che altro trattamento è stato riservato da questo Governo e da questa maggioranza per l'agenzia che dovrebbe occuparsi - pensate un po'! - del controllo delle Poste. A questa agenzia è stato trasferito un apposito capitolo del bilancio del Ministero dell'economia ed è stato previsto un contributo di importo non superiore all'1 per mille dei ricavi dell'ultimo esercizio, cioè una tassa messa sulle attività che si svolgono nel settore postale. In questo caso, il problema dell'invarianza della spesa, cari colleghi della Commissione bilancio, non c'è; la lotta alla corruzione, invece, si deve fare a costo zero, diciamo come la riforma del fisco (Applausi dal Gruppo UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI), e bisogna farla a costo zero a tal punto che non si possono neanche prelevare 10 milioni di euro dal Fondo unico giustizia per iniziare l'attività dell'Authority, e non si può prevedere che, attraverso la confisca dei beni dei corrotti, si possa finanziare l'Autorità anticorruzione, cosa che già avviene con l'Agenzia per i beni confiscati. Mi sembra una scelta saggia, buona e giusta: fatevela voi! (Applausi dai Gruppi UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI, Misto-FLI , Misto-MPA-AS e del senatore Pardi).

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione, avanzata dal senatore D'Alia, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

 

 

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo
(art. 102-bis Reg.)

 

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.0.2000/8, presentato dal senatore D'Alia e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 2156, 2044, 2164, 2168, 2174, 2340 e 2346

 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 2.0.2000, nel testo emendato.

FINOCCHIARO (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FINOCCHIARO (PD). Signora Presidente, il Gruppo del Partito Democratico voterà a favore dell'emendamento 2.0.2000, presentato dal Governo, sul quale il mio Gruppo ha lavorato.

Per spiegare bene le ragioni, anche ai colleghi del Terzo polo, bisogna denunciare un non detto, abilmente occultato dai numerosi interventi del collega presidente D'Alia e degli altri colleghi del Terzo polo, che invece è decisivo per comprendere quale sia l'innovazione legislativa che con questo emendamento, con una battaglia anche abbastanza vistosa condotta dal mio Gruppo in queste sedute dedicate al provvedimento anticorruzione, si è compiuta.

Come stanno adesso le cose? Oggi, in virtù di un provvedimento adottato dal Governo Berlusconi, che modificava un precedente provvedimento del Governo Prodi che aveva introdotto nel nostro ordinamento l'Alto commissario contro la corruzione, le funzioni dell'Alto commissario contro la corruzione sono state trasferite al Dipartimento della funzione pubblica. Quindi oggi, rebus sic stantibus, senza ulteriori modifiche (visto che quelle proposte dal Governo sono state bocciate due volte in quest'Aula e un ulteriore emendamento è stato ritirato), questo Parlamento, discutendo di provvedimenti anticorruzione, se votasse conformemente alle opinioni espresse dai colleghi del Terzo polo, accetterebbe che nel nostro Paese l'Autorità anticorruzione sia il Dipartimento della funzione pubblica presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. Questo è il non detto!

Certamente l'emendamento in esame (l'ho detto più volte e continuo a ripeterlo) avrei preferito non votarlo, perché avrei preferito che fossero stati accolti i nostri emendamenti e quelli dei colleghi del Terzo polo che introducevano l'Autorità indipendente; però, con questo emendamento, così come lo abbiamo insieme redatto dopo un confronto anche molto vivace con il Governo e dopo essere arrivati al punto di poterlo fare per essersi le opposizioni (il mio Gruppo: parlo per me) poste in una condizione di forza perché il Governo era stato battuto due volte, e un'altra volta ha dovuto ritirare l'emendamento, noi affermiamo un principio: il Governo e l'opposizione che lo vota affermano un principio, che in questo Paese, da questo momento in poi, le funzioni di vigilanza e di controllo che si espletano sulla pubblica amministrazione al fine di prevenzione della corruzione le svolge un'autorità indipendente. Certamente non è il Dipartimento per la funzione pubblica presso la Presidenza del Consiglio, che risulta soggetto vigilato! (Applausi dal Gruppo PD).

Allora, penso che per questa parte (ancora imprecisa, certo, ancora carente, mancano le sanzioni, e per quanto ci riguarda non punto finale di un lavoro legislativo che dovrà portare all'istituzione di un'autorità indipendente), abbiamo segnato un passo avanti nell'adeguamento del nostro sistema alla Convenzione ONU sulla corruzione e alla Convenzione di Strasburgo. Oggi noi abbiamo, come la Convenzione ONU prevede, un impegno della pubblica amministrazione a porre in essere il Piano nazionale anticorruzione, la formazione del proprio personale, moduli organizzativi capaci di prevenire e intercettare la corruzione; inoltre abbiamo un'Autorità di vigilanza e di controllo che è in grado di approvare il Piano, di essere il corrispondente delle Autorità straniere, di segnalare se l'implementazione di quel piano approvato non è efficace o non è avvenuta. Insomma, una separazione intanto sistematica, di sistema, strutturale, tra due funzioni che prima erano confuse: coordinamento, e vigilanza e controllo.

Dopodiché, dicono i colleghi: «Eh, ma la CiVIT...». Ora, io lo so: i colleghi del Terzo polo non votarono l'istituzione di questa Commissione, ma mi permetto di ricordare che la CiVIT, sia pure con le limitatezze che - vorrei esser chiara - noi vediamo nettamente, è comunque composta da soggetti che hanno le caratteristiche previste dalla legge, e che sono caratteristiche di indipendenza. La nomina la fa il Presidente della Repubblica; le proposte, certo, le fa il Governo, ma devono passare dalla maggioranza di due terzi delle Commissioni parlamentari e, in questo aspetto, il procedimento di nomina assomiglia tanto a quello di altre autorità garanti vere e proprie.

Io sarò riformista ma, rispetto a mantenere nel nostro ordinamento un sistema nel quale la funzione di coordinamento e quella di vigilanza e controllo vengono confuse presso l'Esecutivo, e anzi, lo voglio ribadire, l'Esecutivo diventa l'Autorità nazionale garante contro la corruzione anche nei rapporti internazionali, preferisco introdurre un principio di sistema perfettibile (peraltro, questa è ancora la prima lettura), rispetto al quale, a questo punto, non si può tornare indietro. Perché, se ce ne laviamo le mani, alla Camera dei deputati può tornare in campo l'ipotesi che in quest'Aula è stata bocciata e che ha condotto ad un lavoro comune tra opposizioni e Governo, del quale - io dico la verità - sono contenta. (Applausi dal Gruppo PD). Ma non perché su questo io imbastisca dialoghi che evocano scenari di natura politica generale, dal momento che tutti sanno come ci siamo comportati ogni giorno in quest'Aula; bensì perché, se posso attuare una misura che migliora la qualità del mio sistema Paese nel contrasto alla corruzione, e posso farlo in aderenza allo spirito e agli obiettivi degli atti internazionali, io lo faccio, e non ho nessuna paura di dirlo! Anzi, credo di aver compiuto un atto, uno di quei passaggi politici e parlamentari che, lasciatemelo dire, tirano fuori l'opposizione da alcune secche, che io capisco, che hanno mille motivazioni, ma che non possono essere così ciniche da sacrificare un principio importante: quello che, da questo momento in poi e, io spero, in maniera del tutto perfettibile e perfetta domani, distingue le funzioni di vigilanza e controllo di un'autorità indipendente su ciò che il Governo, nell'ambito delle proprie competenze, dei propri doveri e dei propri obblighi internazionali, farà per prevenire la corruzione. (Applausi dal Gruppo PD).

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Signora Presidente, noi annunziamo il voto contrario all'emendamento del Governo e avanziamo anche richiesta di voto elettronico sullo stesso.

Il profondo rispetto e la stima che io nutro nei confronti della presidente Finocchiaro sono tali proprio perché, con lealtà, ognuno esprime le proprie posizioni così come le pensa. Io ho apprezzato il dissenso rispetto alle nostre posizioni, che appunto rispetto, ma che non condivido. Con altrettanto rispetto profondo e onestà, però, io devo anche illustrare le ragioni per le quali noi dissentiamo.

Voglio dire qui che noi stiamo facendo una battaglia di merito e non abbiamo invocato alcun aspetto procedurale e regolamentare, né profili di eventuale inammissibilità del testo proposto dal Governo, perché è una responsabilità che si è assunta, così come prevede il Regolamento, ai sensi dell'articolo 97, la Presidenza del Senato. Pertanto, per rispetto nei confronti della Presidenza e anche del confronto politico e parlamentare che c'è stato tra una parte dell'opposizione ed il Governo (che hanno scritto insieme questo emendamento) con il mio Gruppo, (e credo ce ne possa essere dato atto) non abbiamo eccepito questo profilo, anche quando la Commissione bilancio ha messo avanti la foglia di fico dell'improcedibilità rispetto al nostro subemendamento introduttivo della disciplina dell'Autorità anticorruzione. Non lo abbiamo fatto perché siamo persone serie, rispettiamo il Parlamento e ci atteniamo solo ed esclusivamente alle questioni di merito.

Detto questo, signora Presidente, può darsi che io abbia letto (e in questo caso me ne scuso e ritiro tutto ciò che finora ho detto) un altro testo rispetto a quello che è contenuto nell'emendamento 2.0.2000 del Governo. Se è così me ne scuso e faccio ammenda; ma la CiVIT non è un'autorità indipendente, perché i suoi componenti sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione e deliberazione del Consiglio dei Ministri. Trattasi di atto formalmente e sostanzialmente non di natura presidenziale, in quanto è un atto politico fino in fondo, e la nomina è fatta da chi deve essere controllato nella sua collegialità, perché addirittura i membri devono essere accettati ed asseverati da una delibera del Consiglio dei ministri dove, com'è noto, sono presenti i responsabili di tutti i Dicasteri che poi dovrebbero essere sottoposti al controllo di questa Commissione per la lotta alla corruzione.

Forse ho letto, e me ne scuso, un testo diverso, perché questi signori non hanno l'obbligo dell'esclusiva: a differenza di quanto avviene in tutte le autorità indipendenti o in tutti gli organi indipendenti, i cui membri devono cessare dalle loro funzioni e dedicarsi solo ed esclusivamente alle pertinenti attività, in questo caso è una facoltà, perché, come abbiamo letto nel testo (può darsi che mi sia sbagliato), questi signori solo se lo chiedono vengono collocati in aspettativa o fuori ruolo, altrimenti continuano a svolgere le attività che svolgono, e sono quindi controllori e controllati.

Non mi pare che in questi due anni trascorsi dall'istituzione della CiVIT (la legge è del 2009) si siano visti grandi risultati sul fronte dell'efficienza della pubblica amministrazione e si siano visti risultati anche nel settore della lotta alla corruzione, perché queste competenze (come molto onestamente e correttamente ha detto il sottosegretario Augello nel corso dei suoi interventi, che ho ascoltato con grande attenzione), sono state già in gran parte attribuite al Dipartimento, e alla CiVIT, che si avvale peraltro di strutture e di mezzi che sono messi a disposizione dalla Presidenza del Consiglio, dalla Funzione pubblica e così via.

Ripeto, può darsi che abbia letto un testo diverso, e se così è ne faccio ammenda, ma un'autorità che non ha alcuna indipendenza dal punto di vista del rapporto con l'Esecutivo, che non ha garanzia di indipendenza nell'esercizio delle funzioni dei suoi componenti, che non è dotata di una struttura autonoma e di un'autonomia finanziaria e gestionale, che non ha poteri né di prevenzione, né di contrasto, né di sanzione, né di coercizione, un'autorità che deve mantenersi con lo stipendio che le dà il Presidente del Consiglio, mi sembra che non sia un'autorità come quella che la Convenzione ONU per la lotta alla corruzione immagina e come quella che noi tutti sosteniamo.

Noi prendiamo atto con soddisfazione che è stata presentata una proposta da parte dei colleghi del Gruppo del PD per fare una nuova Autorità e confidiamo nel futuro; ma credo che, dal momento in cui qui al Senato la maggioranza è andata sotto proprio su questo tema, perché questo provvedimento è una schifezza, non per altro, (con tutto il rispetto, signora Presidente), è chiaro che forse qualcosa di più e di diverso si sarebbe potuto fare.

Quindi, siamo assolutamente contrari a un testo acqua e sapone che, dal nostro punto di vista, non è linea neanche con la Costituzione. (Applausi dal Gruppo UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI e del senatore Russo).

LI GOTTI (IdV). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LI GOTTI (IdV). Onorevole Presidente, onorevoli colleghi, il collega D'Alia non ha letto un altro testo. Stiamo esaminando questo testo forse con una leggera omissione, che è comunque rilevante. L'autorità, individuata nella Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche, è composta da cinque membri nominati con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione, previo - questo è un passaggio importante - parere favorevole delle Commissioni parlamentari competenti espresso a maggioranza dei due terzi dei componenti. La disposizione, quindi, non prevede «sentite le Commissioni», ma «previo parere favorevole» delle Commissioni parlamentari competenti espresso a maggioranza dei due terzi dei componenti. Pertanto, sotto l'aspetto dell'autonomia il percorso mi sembra offrire delle garanzie.

Ciò che rimane, tale da dare adito a profondi dubbi, è il fatto che la Commissione oggi individuata quale Autorità di contrasto nazionale alla corruzione ha già attualmente dei compiti corposi. È infatti scritto che la Commissione definisce con propri regolamenti le norme concernenti il proprio funzionamento e determina altresì i contingenti di personale di cui avvalersi, entro il limite massimo di 30 unità, per le attività che già svolge. Ora le si assegnano molte altre attività. Nei limiti della disponibilità del bilancio, la Commissione può altresì avvalersi di non più di dieci esperti di elevata professionalità ed esperienza sui temi della misurazione e della valutazione della performance, della prevenzione e della lotta alla corruzione, con contratti di diritto privato e di collaborazione autonoma. Il cordone della borsa è quindi rilevante: si lascia un organismo con le dotazioni che ha e con gli incarichi, attuali e gli si danno nuovi e gravosi incarichi, estremamente essenziali per la lotta a ciò che noi riteniamo un pericolo veramente mortale per la nostra economia - la corruzione - il cui ammontare è stimato dai 60 ai 100 miliardi di euro l'anno. La Corte dei conti sostiene che ognuno di noi paga un costo di 1.000 euro all'anno a causa della corruzione esistente nel nostro Paese.

Ciò che mi preoccupa, relativamente all'istituzione della Commissione cui vengono conferite queste ulteriori attività, è come potrà lavorare. Con quali strumenti? Si tratta di attività di controllo della pubblica amministrazione. Nella legge istitutiva della Commissione che oggi noi individuiamo quale Autorità si prevede quanto segue: «Con decreto del Ministro per la pubblica amministrazione e l'innovazione, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabilite le modalità di organizzazione, le norme regolatrici dell'autonoma gestione finanziaria della Commissione e fissati i compensi per i componenti». Ciò significa che l'autonomia di questo organismo è condizionata dal rubinetto, che può essere aperto o chiuso proprio da una di quelle amministrazioni che è soggetta al controllo dell'autorità nominata, perché è il Ministro per la pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell'economia, che stabilisce le modalità di organizzazione della commissione e la sua autonomia finanziaria e fissa addirittura i compensi per i componenti. Ossia, il controllato paga il proprio controllore e gli stabilisce il compenso!

Obiettivamente, è vero, è un passo avanti rispetto all'esistente: è comunque un'altra autorità che si individua, che non è quella di riferimento della Presidenza del Consiglio: ma, così com'è, abbiamo una Commissione in libertà vigilata, che potrà lavorare se, come e quando chi la potrà far funzionare attraverso le risorse economiche lo vorrà. Questo è un grosso limite della soluzione adottata.

In coerenza con il voto che l'Italia dei Valori ha espresso sulla proposta del collega D'Alia, pur prendendo atto delle sagge considerazioni della presidente Finocchiaro, e apprezzandole, esprimiamo un voto di astensione. (Applausi dal Gruppo IdV).

BALDASSARRI (Misto-FLI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BALDASSARRI (Misto-FLI). Signora Presidente, come sa, non sono un giurista, però riesco a leggere attentamente un testo in lingua italiana. E il testo che ho letto mi pare in tutto e per tutto quello cui faceva riferimento il collega D'Alia, non altri testi cui hanno fatto riferimento diversi colleghi.

Mi permetto di far notare che il Presidente della Repubblica nomina anche i Ministri del Governo, ovviamente su indicazione del Presidente del Consiglio dei ministri. Quindi il fatto che il Presidente della Repubblica ratifichi una proposta dell'Esecutivo non caratterizza l'indipendenza di questa autorità. La cosa che sta accadendo in quest'Aula è che saremo l'unico Paese che introduce un'autorità dipendente - non indipendente - contrariamente a quanto previsto dalla Convenzione ONU.

Chiudo con due osservazioni. Personalmente non accetto una delle valutazioni della collega Finocchiaro (mentre le altre sono legittime, anche se non le condivido): quella nella quale faceva riferimento alla possibilità che, andando alla Camera, riappaia il testo originario del Governo. Credo che due errori, uno commesso in Senato in questo momento e uno futuribile, possibile, che potrebbe commettere in termini peggiorativi la Camera, non fanno certamente una cosa giusta. La decisione autonoma del Senato non può avere retropensieri rispetto alla Camera: semmai ha il concreto risultato, che appare nel colore dei voti del tabellone, concordato nell'anticamera.

Mi viene soltanto una battuta, signora Presidente. Nella mia regione, per uno sparuto gruppo di cittadini della città di Pesaro - poca gente rispetto alla nobiltà di quella città - che svolgono attività illecite di furto si utilizza un antico proverbio: di giorno litigano e di notte vanno a rubare insieme. È questo quel che vedo in questa Aula oggi. (Applausi del senatore De Angelis. Commenti dal Gruppo PD).

VIESPOLI (CN-Io Sud). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

VIESPOLI (CN-Io Sud). Signora Presidente, intervengo per esprimere il voto favorevole del Gruppo Coesione Nazionale, soprattutto alla luce del dibattito che si è sviluppato e che ha consentito l'irruzione nell'Aula del Senato di una valutazione, di una scelta, di una capacità di decisione e di realismo dal punto di vista politico. La posizione della senatrice Finocchiaro, infatti, a me pare politicamente rilevante, al di là delle valutazioni che ho ascoltato da ultimo, perché il problema è di carattere politico: il Senato ha il dovere di determinare le condizioni - perché quella è la priorità del messaggio al Paese - per varare un provvedimento che segni un punto di avanzamento nella lotta alla corruzione.

Ciò nella consapevolezza che oggi valutiamo allo stato del processo legislativo che c'è la possibilità di intervenire nel suo percorso per migliorare il provvedimento; ma oggi al di là della tecnicalità e della procedibilità, il dato politico rilevante è esattamente questo. E credo che sia utile se questo accade in convergenza tra maggioranza e opposizione, perché la politica deve assumersi le responsabilità delle scelte, deve tornare ad affrontare e a sciogliere i nodi e i problemi. Questo deve accadere per la maggioranza e per l'opposizione che, sia pure nella differenza dei ruoli, hanno entrambe cultura di governo. (Applausi dal Gruppo CN-Io Sud e del senatore Asciutti. Congratulazioni).

BRUNO (Misto-ApI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BRUNO (Misto-ApI). Signora Presidente, approfitto della sua cortesia per spiegare il perché del voto contrario del mio Gruppo su questo emendamento. Il lavoro parlamentare è ricco di episodi, e di storia, e devo dire che non necessariamente le intese tra parti della maggioranza e parti dell'opposizione realizzano sistemi che fanno perno, ad esempio, sull'indipendenza. E solo perché interloquisco con la Presidenza, ne ricordo uno: in passato accadeva spesso che maggioranza e opposizione provassero a fare sistema, ad esempio sulla RAI. Quello che ne scaturiva veniva chiamato in altro modo.

Quindi, il problema è di sistema, e noi, pur rispettando le opinioni di tutti - ci mancherebbe altro - e pur comprendendo lo spirito costruttivo che anima altri Gruppi e altri soggetti politici, non ci troviamo d'accordo sulla CiVIT, e precisamente sull'indipendenza di quest'organismo. Ieri un autorevole componente di questa Camera, il presidente Gasparri, mi diceva, giustamente, che se avessimo chiesto in giro cosa fosse la CiVIT poche persone avrebbero saputo rispondere.

Ebbene, vorrei spiegare che si tratta della cosiddetta commissione anti-fannulloni. Proviamo a chiedere a qualcuno dei nostri colleghi se sono convinti che dall'istituzione di questa commissione sia migliorato questo aspetto del pubblico impiego. E poiché sono convinto che molti colleghi mi risponderebbero di no e che in pratica, così come è strutturata, a prescindere dalle persone, essa non assolverà alla funzione per la quale è stata creata, figuriamoci se sarà utile a intraprendere la lotta alla corruzione e a recuperare oltre 60 miliardi di euro.

La verità è che - a mio avviso - lo dico con umiltà - così facendo non si fa la lotta alla corruzione. Esistono già, invece, proposte di legge da parte di tutti i Gruppi politici che perseguono l'obiettivo della lotta alla corruzione discutendo di cose più concrete. Oggi si tratta solo di acqua fresca! (Applausi dal Gruppo Misto-ApI).

GASPARRI (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

GASPARRI (PdL). Signora Presidente, senza entrare nel merito della norma di cui si è già discusso, vorrei fare una considerazione di natura politica, anche in riferimento agli interventi che hanno preceduto questa mia dichiarazione. Innanzitutto devo dire - mi rivolgo anche alla presidente Finocchiaro - che esiste una intesa tra opposizione e Governo e che la maggioranza, ovviamente, ha fortemente voluto. Desidero ringraziare anche i sottosegretari Augello e Caliendo, che non solo sono esponenti del Governo ma sono anche senatori del nostro Gruppo, fatto che ci fa particolarmente piacere.

C'è stato il rispetto di quell'affermazione che noi abbiamo fatto giorni fa quando, dopo la nota votazione sull'articolo 1, in sede di Conferenza dei Capigruppo abbiamo discusso a lungo della questione. Anzi, io dissi: «Deferiamo la questione alla Commissione» (ma ovviamente non si può deferire una questione: bisogna assegnare un emendamento). Abbiamo discusso su emendamenti ammissibili o meno. Si era anche ad un certo punto ipotizzato di approvare la legge - credo che autorevoli esponenti delle minoranze avessero, quasi in maniera rassegnata, scelto questa strada - senza l'articolo 1, senza una autorità, per poi affidare questo tema a occasioni future, anche sulla spinta dell'attuazione di convenzioni internazionali e di altri atti che abbiamo più volte richiamato. Invece, si è ricercata un'intesa, e mi meraviglio - lo voglio dire - che in questa sede o c'è l'accusa di una contrapposizione frontale oppure, se si realizza un'intesa su una buona norma, l'accusa è di inciucio. (Applausi dal Gruppo PdL).

Credo che abbiamo fatto un lavoro positivo per fare una buona legge. Questo ci ha spinto a ricercare una condivisione su una Autorità. Prima si ironizzava sul fatto che siamo passati dalle intercettazioni alla narrazione in Aula di conversazioni occasionali. Rivendico, però, il fatto che la CiVIT ha bisogno di una maggiore ribalta. Forse questa legge consentirà alla CiVIT, combattendo la corruzione, di rendere ancora più importante e più noto il suo ruolo.

Il nostro Gruppo, quindi, non solo ovviamente vota con convinzione l'articolo che è stato presentato dai rappresentanti del Governo, ma ritiene anche positiva una intesa. Rivendico inoltre il fatto che, quando in Conferenza dei Capigruppo dicemmo di volere su questo punto ricercare un accordo, si diede atto che anche le parole del sottoscritto erano state molto chiare e ferme. Adesso con questo voto si realizza la veridicità delle nostre affermazioni, ed è una soddisfazione poterlo rivendicare. (Applausi dal Gruppo PdL).

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, precedentemente avanzata dal senatore D'Alia, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 2.0.2000, presentato dal Governo, nel testo emendato.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato approva. (v. Allegato B). (Applausi ironici del senatore Baldassarri).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 2156, 2044, 2164, 2168, 2174, 2340 e 2346

 

PRESIDENTE. Passiamo all'ordine del giorno G2.0.100.

FINOCCHIARO (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

FINOCCHIARO (PD). Signora Presidente, intervengo brevemente per dire che abbiamo presentato quest'ordine del giorno tenendo conto del fatto che, presso la CiVIT, una delle sezioni che la compone è quella per l'integrità nelle amministrazioni pubbliche, ovviamente già destinataria di una quota del finanziamento di 4 milioni di euro previsto dal decreto legislativo istitutivo per il perseguimento dei fini tipici della Commissione nella sua originaria funzione.

L'ordine del giorno in esame mira ad impegnare il Governo ad adottare tutte le iniziative necessarie a destinare una quota del finanziamento di cui in premessa alle attività e ai nuovi compiti in materia di contrasto alla corruzione, che peraltro sono in linea con le finalità di trasparenza, legalità ed integrità indicate nell'articolo 13 del decreto legislativo istitutivo della Commissione. Quindi, dei 4 milioni di euro una parte è destinata a finanziare la nuova funzione che incombe sulla CiVIT.

Colgo l'occasione per sottolineare che nell'esposizione del senatore Li Gotti, sia pure molto puntuale, circa la composizione della CiVIT è stato però ancora una volta trascurato un particolare aspetto che attribuisce alla Commissione caratteristiche di indipendenza talmente preservate da prevedere che non possano essere componenti della CiVIT soggetti che si trovino potenzialmente in conflitto di interessi con la CiVIT stessa.

Sul presidio di autonomia e di indipendenza della stessa Commissione c'è invece una previsione esplicita, in quanto si parla di una operatività in posizione di indipendenza di giudizio e di valutazione e di piena autonomia. L'espressione «in collaborazione con la Presidenza» resta ovviamente, per quanto riguarda le funzioni di prevenzione della corruzione, superata dal nuovo testo dell'emendamento che abbiamo testé approvato. (Applausi dal Gruppo PD).

PRESIDENTE. Essendo stato accolto dal Governo, l'ordine del giorno G2.0.100 non verrà posto ai voti.

Riprendiamo l'esame degli articoli precedentemente accantonati.

Passiamo all'esame dell'articolo 10, sul quale sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

LI GOTTI (IdV). Signora Presidente, in via preliminare, con riferimento all'emendamento 10.251 (testo 2), presentato dal senatore Malan, faccio presente che noi siamo contrari alle deleghe poiché, nei limiti del possibile, cerchiamo di risolvere i problemi con i testi. Tale emendamento tratta il tema dell'incandidabilità e del divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, cioè situazioni di particolare delicatezza che non sono, a nostro parere, delegabili.

Con gli emendamenti da noi presentati precisiamo, innanzitutto, che non conveniamo con l'indicazione che tutto debba essere fatto entro un anno dalla entrata in vigore del presente provvedimento.

Inoltre, al comma 2, lettera b), si fa riferimento ai delitti previsti nel Libro II, Titolo II, Capo I del codice penale. Chiaramente questo è un errore, perché indicando il Capo I ci limitiamo a prevedere l'incandidabilità dei privati per i delitti contro la pubblica amministrazione. Poiché invece la norma riguarda sia il pubblico ufficiale sia il privato, cioè chiunque commetta un reato contro la pubblica amministrazione, dobbiamo eliminare il riferimento al Capo I. Non vedo la necessità di differenziare il regime della candidabilità in base al fatto se l'autore del reato contro la pubblica amministrazione sia un pubblico ufficiale o un privato. Ritengo che questo sia un errore, per cui - lo ripeto - occorre eliminare il riferimento al Capo I del codice penale.

È poi assolutamente improponibile, secondo me, che si preveda - ancora al comma 2, lettera b) - che l'incandidabilità sia stabilita «se del caso, per altri delitti per i quali la legge preveda una pena detentiva superiore nel massimo a tre anni». Ma questa è una delega in bianco! Tra i delitti per i quali è prevista una pena detentiva superiore a tre anni, c'è anche l'omicidio colposo: lasciamo la possibilità di prevedere l'incandidabilità per chi sia stato condannato per omicidio colposo? Non possiamo fare una cosa del genere, non possiamo scrivere in una legge delega la formula «se del caso»! La legge delega contiene riferimenti precisi e specifici a cui il soggetto delegato deve attenersi: non si può dirgli che può fare una cosa se vuole, e che quindi può anche non farla.

Parimenti, alla lettera h) del comma 2 dell'articolo 10, nel testo che risulterebbe in caso di approvazione dell'emendamento 10.251 (testo 2), si consentirebbe al soggetto delegato - «fatta salva la competenza legislativa regionale sul sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità» - di individuare altre ipotesi di incandidabilità alle elezioni regionali e di divieto di ricoprire cariche negli organi politici di vertice delle Regioni. Ma è il legislatore che deve individuare i criteri entro cui va esercitata la delega, è il Parlamento che ha questo compito: il delegato deve solo attenersi ai principi affermati nella delega. Pertanto, non si può delegare al soggetto delegato il compito di individuare i criteri in maniera assolutamente discrezionale.

Insomma, l'emendamento 10.251 (testo 2) del senatore Malan, nel testo attuale, non è condivisibile.

Peraltro, è assolutamente importante per noi che sia introdotta la previsione dell'estensione delle condizioni che determinano l'incandidabilità anche all'assunzione delle cariche di governo: così come si prevede l'incandidabilità per i soggetti condannati, chiediamo che la medesima condizione debba comportare il divieto di assunzione di funzioni di governo.

Rammento che il Gruppo di Stati contro la corruzione (GRECO), nel rapporto fatto in seno al Consiglio d'Europa e licenziato in questi giorni, il 27 maggio 2011 - 20 giorni fa - censura il Governo italiano che non ha indicato nei suoi provvedimenti di contrasto alla corruzione nessun codice di condotta specifico nei confronti dei membri del Governo sicché l'Europa ci dice che siamo inadempienti. Ed è la seconda volta che ciò accade. Almeno su questo punto vogliamo essere adempienti? Vogliamo prevedere che accanto alla incandidabilità ci sia il divieto di assunzione di cariche di Governo per chi sia stato condannato per reati contro la pubblica amministrazione, a prescindere dalla pena che nel caso specifico è stata applicata? Questo è il complesso dei nostri emendamenti.

Presidenza del vice presidente NANIA(ore 18,33)

 

*SANNA (PD). Il prestigio del Parlamento, come noi sappiamo, si compone di molte virtù. Alcune attengono al fatto che noi siamo capaci di fare buone leggi. Questa è una delle virtù del Parlamento e noi ultimamente ne abbiamo fatte poche, di buone leggi. Però il prestigio del Parlamento è misurato anche sulla onorabilità di chi lo compone. Ed è vero che «tutti i cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore», come ci raccomanda la nostra Costituzione, ma è del tutto evidente che al Parlamento ed ai suoi membri questa consegna è affidata con una maggiore e più rigorosa pretesa.

Quindi, il tema della possibilità che, come oggi accade, persone condannate in via definitiva, possano candidarsi sia nel Parlamento nazionale sia nelle autonomie locali, è un tema che credo riguardi questo Senato, la Camera dei deputati, il Parlamento in questa legislatura perché abbiamo, discutendo del disegno di legge anticorruzione, la possibilità di non fingere che un problema che riguarda l'onorabilità del Parlamento esiste sia nella percezione sociale, sia nel giudizio politico che riguarda tutti noi. Anche se ciascun parlamentare, preso singolarmente, può essere indenne da qualsiasi difetto di onorabilità, basta che pochi abbiano anche l'astratta possibilità di candidarsi a far parte del Parlamento essendo stati poco prima condannati ed anche per reati di una certa gravità che questo rifletta una luce sinistra sulla credibilità complessiva del Parlamento.

Quindi, vorrei dirlo subito: non c'entrano qui il garantismo o il giustizialismo e nemmeno la cautela preventiva nell'affidare a persone rinviate a giudizio o condannate in primo grado incarichi politici. Sono altre parti del disegno di legge che avrebbero dovuto occuparsene.

Prendiamo atto che purtroppo nella proposta del Governo questi temi non li ritroviamo e che vi è stata una dichiarazione di improcedibilità su molti emendamenti che di questo tema trattavano. La proposta del collega Malan, che ci sembra incontrare il consenso della maggioranza e molto probabilmente l'assenso del Governo, è per noi del tutto insufficiente. Lo hanno detto anche altri colleghi. Lo voglio dire con ulteriori argomenti qui.

Noi non vogliamo una delega al Governo in materia di incandidabilità o di ineleggibilità dei parlamentari. Nemmeno per le autonomie locali riteniamo che questa delega debba essere assegnata. E questo per il semplice motivo che si tratta di questioni che attengono a diritti costituzionali fondamentali, se le guardiamo dalla parte delle persone alle quali impediamo di candidarsi o di accedere al Parlamento. Ma sono anche questioni per le quali un Parlamento dovrebbe avere l'onore e la pretesa di scriversi da solo le regole che lo riguardano e non di farsele scrivere dal Governo.

Inoltre, anche in ossequio a quanto la nostra Costituzione prescrive in materia di riserva di legge all'Assemblea, vorrei ricordarvi l'articolo 72, ultimo comma della Costituzione, che recita: «La procedura normale di esame e approvazione diretta da parte della Camera è sempre adottata per i disegni di legge in materia costituzionale ed elettorale».

Ritengo che la pretesa o il tentativo di assegnare al Governo la scrittura di queste regole sia totalmente impropria. Occorre considerare poi la genericità della delega, che ci sembra del tutto inadeguata a soddisfare i requisiti costituzionali. La proposta avanzata dal senatore Malan lascia al Governo la possibilità di introdurre, se vuole, ulteriori ipotesi di incandidabilità per gli amministratori locali senza imporre alcun criterio.

Il nostro sospetto circa l'incapacità del Governo di esercitare la legislazione delegata su mandato del Parlamento è anche alimentato dal fatto che recenti episodi di esercizio della delega hanno visto decine di indicazioni, condizioni e osservazioni - contenute nei pareri parlamentari - rifiutate e trascurate dal Governo; non ultimo il recepimento della direttiva comunitaria in materia di energia, che ha creato sconquassi nel nostro sistema economico e che ha visto il Governo rifiutare ottusamente le condizioni poste dal Parlamento.

Quindi, non intendiamo dare alcuna delega al Governo in questa materia.

C'è poi un tema che non viene chiarito nell'emendamento della maggioranza e che invece appare molto chiaro nella nostra alternativa proposta. Riteniamo che oggi il Parlamento debba fare un salto di qualità: non basta più prescrivere l'ineleggibilità, che consegue ad alcune condanne per reati di una certa gravità e che oggi è già prevista nelle regole che ci riguardano. Dobbiamo introdurre, anche per il Parlamento, la regola della incandidabilità. Questo non è chiaro nella proposta della maggioranza.

Per noi incandidabilità vuol dire che se una persona è condannata per quel tipo di reati e il suo nome appare in una lista di candidati, il suo nome deve essere cancellato dalle liste proposte in sede di esame da parte della Commissione elettorale del Ministero dell'interno. Non si aspetta che quel candidato faccia la campagna elettorale, che venga eletto e che poi il caso venga sottoposto alle rispettive Giunte delle immunità e delle elezioni in Parlamento. Riteniamo che queste previsioni e prescrizioni non siano rinviabili al dopo-elezioni.

Dalla nostra parte abbiamo una riflessione giuridica matura e alcune recenti decisioni della Corte costituzionale che in questa materia afferma che l'ineleggibilità non basta più. Cito brevemente una sentenza e concludo. Nel 2006, su una questione che ha riguardato una disposizione relativa alla Regione Abruzzo ma che in linea di principio vale anche per noi, la Corte si è dichiarata perfettamente consapevole che l'ineleggibilità non funziona e che tutte le norme che riguardano l'ineleggibilità sono incongrue, perché non assicurano «la genuinità della competizione elettorale nel caso in cui l'ineleggibilità sia successivamente accertata, induce il cittadino a candidarsi, violando la norma che in contrasto con la Costituzione ne prevede l'ineleggibilità, e non consente che le cause di ineleggibilità emergano come invece quelle di incandidabilità in sede di presentazione delle liste agli uffici elettorali».

Colleghi senatori, signori del Governo, non sappiamo quanto durerà questa legislatura; invito tutti a leggere la proposta che facciamo per la prossima legislatura, che potrebbe iniziare da qui a poco. È una proposta che non prevede più la possibilità per i condannati in via definitiva di essere candidati e che non basta da sola a ridare credibilità al Parlamento, ma che certamente lo aiuterebbe molto. Chiediamo che questa nostra proposta sia sostenuta da tutti, senza vincoli di maggioranza e opposizione, perché contribuisce alla restituzione di credibilità e prestigio a questo Parlamento. (Applausi dal Gruppo PD).

(omissis)

Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn.
2156, 2044, 2164, 2168, 2174, 2340e 2346 (ore 18,49)

 

PRESIDENTE. Proseguiamo con l'illustrazione degli emendamenti.

MALAN (PdL). Signor Presidente, vorrei illustrare l'emendamento 10.251 (testo 2), anche ascoltate le osservazioni fatte dai colleghi. Si tratta di un emendamento di ambito più ampio rispetto al testo originale dell'articolo, così come scritto nel testo presentatoci dal Governo, perché prevede un riordino di tutte le disposizioni in materia di incandidabilità e il divieto a ricoprire cariche elettive e di Governo - e su questo aspetto naturalmente ritornerò - conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi. Ripeto, si tratta di un ambito assai più ampio di quanto previsto dall'articolo, così come è stato presentato, e prevede una serie di criteri che toccano tutti i livelli elettivi. Naturalmente è presente una riserva per quanto riguarda la competenza delle Regioni, alle quali sappiamo la Costituzione ha affidato poteri molto importanti, nei loro rispettivi ordinamenti.

Si tratta sicuramente di un passo notevole, perché prevede un assetto estremamente diverso da quello attuale. È stato più volte lamentato il fatto che non ci sia omogeneità nei vari livelli di Governo, per cui si può essere in alcuni casi candidati al Parlamento, e dunque si può essere eletti, e invece non si può, per esempio, assumere cariche a livello amministrativo locale. Con questo emendamento, si passa a una formulazione molto più omogenea, e sottolineo che, rispetto a quanto detto dal senatore Sanna, qui si parla di incandidabilità e, di conseguenza, come il senatore auspicava, coloro che dovessero essere candidati nelle condizioni previste da questo nuovo articolo non potrebbero fare la campagna elettorale e dovrebbero essere espunti dalle liste elettorali.

Per quanto riguarda lo strumento della delega, credo fosse l'unico in grado di dare attuazione ad un piano così ampio e, oserei dire, ambizioso.

Per quanto concerne l'osservazione riguardante l'articolo 72 della Costituzione, qui siamo in una materia che non riguarda il sistema elettorale ma le candidature. Certamente è un fatto estremamente importante, e per questo auspico che, pur nell'ambito dei termini previsti da questo articolo, il Governo provveda all'adozione di uno o più decreti legislativi, in tempi più brevi, in modo da poter avere la certezza dell'applicazione di queste norme.

Auspico altresì che il Governo sia estremamente rigoroso, sia nell'attuazione di questa delega, che viene qui indicata, sia nel recepimento delle osservazioni che potranno essere a suo tempo fatte dalle Commissioni competenti (pareri che sono ovviamente previsti nel testo).

Faccio un'ultima osservazione rispetto a quanto detto dal senatore Li Gotti, che ha presentato un subemendamento per estendere i divieti che sono riferiti alla candidatura al Parlamento (al Senato e alla Camera) anche alle cariche di governo. Non spetta al presentatore dell'emendamento esprimere il parere sui subemendamenti, ma personalmente ritengo positiva quella notazione, anche perché rende coerente il testo con quanto previsto nella rubrica che parla anche di cariche di governo. (Applausi dal Gruppo PdL).

POLI BORTONE (CN-Io Sud). Signor Presidente, do per illustrati gli emendamenti presentati, ma vorrei chiedere al senatore Malan se nella riformulazione del suo emendamento ha compreso, oltre che l'espressione mi pare favorevole nei riguardi delle cariche di governo (naturalmente è soltanto un'espressione di pensiero e niente di più), anche le incompatibilità e le ineleggibilità (quindi gli indirizzi che sono previsti nell'ambito della delega) riferite ai parlamentari europei: altrimenti questi ultimi rimarrebbero esclusi da una normazione che, a distanza di tanti anni, attraverso una delega mi pare possa finalmente trovare una rispondenza oggettiva.

Io, per esempio, sono stata dichiarata dal Parlamento incompatibile: incompatibile per voto del Parlamento e non certamente per una norma oggettiva. Ma non è un fatto personale, è semplicemente un ricordo di qualche anno addietro. Allora sostenevo, e continuo a sostenere, che, quando c'è una norma, nella stessa ci ritroviamo regolarmente tutti, senza interpretazioni e senza voti di favore o di sfavore, a seconda delle persone o del momento.

PRESIDENTE. I restanti emendamenti si intendono illustrati.

Invito il rappresentante del Governo a pronunziarsi sugli emendamenti in esame.

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, prendendo a base l'emendamento 10.251 (testo 2), volevo sapere dal senatore Malan, dal momento che ho un testo stampato diverso da quello che avevo ieri sera (sono arrivato da Milano a fine mattinata), se ci sono emendamenti a questo testo. C'era tutta una parte che riguardava i magistrati e le incompatibilità: è saltata o non è stata riprodotta? Ecco: gli Uffici mi dicono che c'è un subemendamento.

Per quanto concerne, quindi, l'emendamento 10.251 (testo 2), così come è scritto - e poi parleremo dei subemendamenti - il parere del Governo è favorevole, per due ordini di ragioni, che prendono spunto da quanto diceva il senatore Sanna.

In primo luogo, perché l'emendamento, così come è formulato, consente un'ampia possibilità di intervento e, ad avviso del Governo, tiene conto di alcune delle indicazioni contenute negli emendamenti presentati dal Gruppo del PD, dal senatore Li Gotti e da altri, non solo all'emendamento 10.251 (testo 2) presentato dal senatore Malan, ma già ricomprese negli emendamenti all'articolo 10.

Già l'emendamento del Governo faceva riferimento all'articolo 6-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957 ai fini della ineleggibilità al Senato. Credo, però, che vada ancora più valorizzato questo emendamento nella parte in cui, alla lettera f), propone una completa ricognizione della normativa in materia non solo di incandidabilità - e qui vengo proprio a quanto diceva il senatore Sanna - ma anche di divieto di ricoprire le cariche di Presidente, eccetera, con ciò tenendo conto dell'emendamento 10.0.251 presentato dalla senatrice Poli Bortone, che, nella prima parte, che io condivido, propone non una incandidabilità ma, ferme restando le norme già esistenti in materia di ineleggibilità, prevede che i parlamentari non possono acquisire, durante il loro mandato, le cariche di presidente di giunta provinciale e di sindaco di comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti.

L'emendamento della senatrice Poli Bortone, probabilmente, non va bene, perché al comma 2 prevede di rendere operativa l'opzione entro 30 giorni. Certamente, però, se si introducesse tale obbligatorietà in un futuro decreto legislativo, e quindi per la prossima legislatura, potrebbe così superarsi un'interpretazione che lo stesso Parlamento si è dato per alcuni anni.

Allora, in relazione a tutti gli emendamenti all'articolo 10, rivolgo ai presentatori un invito al ritiro, tenuto conto che questi singoli aspetti sono contenuti nell'emendamento 10.251 (testo 2).

Senatore Li Gotti, quanto al suo emendamento 10.251 (testo 2)/6, io non posso accogliere la richiesta di sostituire il termine di 180 giorni a quello di un anno che, se vogliamo approvare un provvedimento serio, dobbiamo mantenere.

Quanto all'emendamento 10.251 (testo 2)/13, in cui si chiede di prevedere che le condizioni di incandidabilità alla carica di deputato e di senatore siano applicate altresì all'assunzione delle cariche di governo, io sono perfettamente d'accordo. La mia unica preoccupazione è che non so se questo emendamento sia proponibile, dal momento che è stato dichiarato improponibile l'emendamento 10.251 (testo 2)/15, quando era stato formulato come emendamento 10.0.5, perché estraneo all'oggetto del provvedimento. Oggi io credo di poter accogliere questo emendamento. Se per caso esso fosse improponibile, invito il senatore Li Gotti a trasformarlo in ordine del giorno, altrimenti, esprimo parere favorevole su questo emendamento, e invito al ritiro di tutti gli altri emendamenti.

LI GOTTI (IdV). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LI GOTTI (IdV). Signor Presidente, desidero dare un chiarimento relativamente al riferimento, fatto nell'emendamento 10.251 (testo 2), al Capo I del codice penale, circa l'incandidabilità.

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Io preferirei che tale riferimento rimanesse così com'è.

LI GOTTI (IdV). Quindi, i privati che commettono reati contro la pubblica amministrazione sono candidabili? Ma nel testo dell'articolo 10, quale risulterebbe in caso di approvazione dell'emendamento sostitutivo 10.251 (testo 2), alla lettera b), del comma 2, si dice «e, se del caso, per altri delitti per i quali la legge preveda una pena detentiva superiore nel massimo a tre anni».

PRESIDENTE. Senatore Li Gotti, signor Sottosegretario, fino a quando si tratta di un chiarimento momentaneo, la Presidenza può accettarlo. Diversamente, non riusciamo a coordinarci nei lavori. Quindi, signor Sottosegretario, la invito a esprimere il suo parere.

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Si dice: «e, se del caso, per altri delitti per i quali la legge preveda una pena detentiva superiore nel massimo a tre anni». Allora certamente vanno considerati in quei tre anni quei reati cui lei faceva riferimento. Per cui l'estensione generalizzata non mi sembra corretta; mi sembra invece corretto che in quella seconda ipotesi si tenga conto delle sue osservazioni. Pertanto, confermo l'invito al ritiro di tutti gli altri emendamenti ed esprimo parere favorevole, se proponibile, sull'emendamento 10.251 (testo 2)/13.

Il subemendamento 10.251 (testo 2)/16 riguarda l'incandidabilità dei magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, ovviamente sempre come lettera della legge delega e, a quanto leggo, ripropone (vorrei che il senatore Casson mi ascoltasse) la questione che noi abbiamo iniziato a esaminare ieri nelle Commissioni affari costituzionali e giustizia, con riferimento all'ipotesi dell'incandidabilità. Esprimo al riguardo parere favorevole, anche se sarei molto più favorevole a prevedere che il magistrato, una volta cessata la carica di sindaco, di amministratore o altro, non possa mai ritornare ad esercitare la giurisdizione in quel territorio.

Do un parere favorevole, perché si tratta di una norma di delega, ma a mio avviso dovremmo tentare di individuare... (Commenti del senatore Pastore). Senatore Pastore, non contraddice il principio costituzionale, perché io posso essere nominato sindaco o assessore in una determinata città, ma il fatto di prevedere una incompatibilità per il magistrato che è diventato sindaco o assessore in quella città, tale da escludere di poterci mai tornare come magistrato, credo sia una cosa sacrosanta, perché è a difesa della funzione giurisdizionale e allo stesso tempo non contraddice alcun diritto costituzionale, perché non c'entra con l'lettorato passivo.

Per tale ragione, esprimo parere favorevole, con la precisazione che, per quanto riguarda il rientro nell'attività giurisdizionale in quel territorio in cui si è candidati, anziché prevedere una durata dell'incandidabilità pari a 36 mesi, si dovrebbe prevedere una durata a tempo indeterminato. (Applausi dal Gruppo PdL).

PRESIDENTE. Scusi, signor Sottosegretario, lei propone un emendamento? Qui non si tratta di dare suggerimenti, ma si tratta di fare proposte concrete: se lei propone questa correzione, lo specifichi, così vediamo se il senatore Saltamartini la accetta.

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, mi accorgo ora che la specificazione era già stata inserita. Io tenevo conto invece dell'emendamento del senatore Casson.

PRESIDENTE. Se è già inserita, lei esprime parere favorevole, se ho capito bene.

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Sì, signor Presidente.

CASSON (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CASSON (PD). Signor Presidente, vorrei intervenire brevemente su quello che ha detto il rappresentante del Governo, che mi ha anche chiamato personalmente in causa. Vorrei dire che siamo assolutamente d'accordo su queste proposte, tanto che il Partito Democratico ha presentato dei disegni di legge sia per la fase preliminare, sia per la fase terminale.

PRESIDENTE. Può intervenire quando passiamo all'emendamento.

CASSON (PD). Vorrei dirlo per uscire dal fraintendimento: siamo assolutamente d'accordo, bisogna vedere come viene fatto.

LEGNINI (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LEGNINI (PD). Signor Presidente, l'emendamento presentato dal senatore Saltamartini di cui adesso ha parlato il sottosegretario Caliendo è un subemendamento arrivato nel pomeriggio, di cui abbiamo preso visione da poco. Al di là del merito, sollevo quella che è a mio parere una macroscopica questione di proponibilità. Stiamo discutendo di un provvedimento anticorruzione dentro il quale discipliniamo una materia delicatissima che riguarda l'incandidabilità dei magistrati: qualcuno mi spieghi cosa c'entra questa materia con la corruzione. Dopodiché, siccome nella fase preliminare all'esame degli emendamenti la Presidenza ha utilizzato un criterio particolarmente rigoroso e selettivo, tanto più questo testo va espunto dalla nostra discussione. (Applausi dal Gruppo PD).

PRESIDENTE. Senatore D'Alia, accoglie l'invito a ritirare l'emendamento 10.1 (testo corretto)?

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). No, signor Presidente.

PRESIDENTE. Passiamo dunque alla votazione dell'emendamento 10.1 (testo corretto).

PETERLINI (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore Peterlini, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 10.1 (testo corretto), presentato dal senatore D'Alia e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

Colleghi, ciascuno voti al proprio posto, per favore. Invito i senatori Segretari a controllare bene se c'è qualcuno che vota al posto di un altro.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 2156, 2044, 2164, 2168, 2174, 2340 e 2346

 

LEGNINI (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LEGNINI (PD). Vorrei la risposta sulla questione che ho posto prima dell'ultima votazione, signor Presidente.

PRESIDENTE. Affrontiamo l'argomento quando arriveremo al punto.

Senatore Li Gotti, accoglie l'invito a ritirare l'emendamento 10.2?

LI GOTTI (IdV). No, signor Presidente.

PRESIDENTE. Metto pertanto ai voti l'emendamento 10.2, presentato dal senatore Li Gotti e da altri senatori.

Non è approvato.

Senatore D'Alia, accoglie l'invito a ritirare l'emendamento 10.3?

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Signor Presidente, mantengo l'emendamento e chiedo di poter intervenire in dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). L'emendamento 10.3 riguarda anche, indirettamente, la questione sollevata con la nuova formulazione dell'emendamento 10.251 del senatore Malan.

Sostanzialmente, noi proponiamo una cosa molto semplice: estendere il sistema delle misure di prevenzione e, quindi, il regime relativo alla confisca dei beni che riguardano i mafiosi ai soggetti che sono socialmente pericolosi dal punto di vista delle attività illecite che compiono - o possono compiere - nell'ambito della pubblica amministrazione, con particolare riferimento anche all'accertamento del rapporto esistente fra la disponibilità, la titolarità e la proprietà di beni e la funzione pubblica che si esercita.

Il principio, cioè, è che se sono investito di una funzione pubblica ho l'obbligo - devo avere l'obbligo - di dimostrare sempre e comunque come sono titolare del mio patrimonio. Ciò consente una operazione di trasparenza integrale nei confronti dei cittadini al controllo: è un grande deterrente e un sistema di prevenzione rispetto ai fenomeni corruttivi, consentendo, peraltro, di rendere oggettivamente efficace l'attività di contrasto alla corruzione.

Tutto questo determina, peraltro, un effetto importante anche ai fini dell'esercizio del diritto di elettorato attivo e passivo e, quindi, incide sulla iscrizione nelle liste elettorali, riportando la questione della candidabilità alla sua vera dimensione e non alla questione meramente nominalistica, così come affrontato nell'emendamento del collega Malan. Infatti, un conto è che io sia sottoposto ad una verifica relativamente alla mia iscrizione alle liste elettorali rispetto ai miei diritti di elettorato attivo e passivo, e sia quindi incandidabile perché non sono iscritto nelle liste o sono cancellato, avendo anche la possibilità di tutelare il mio diritto di elettorato attivo e passivo, senza che questo sia collegato al procedimento elettorale; altro conto è che io sia incandidabile, ma la mia incandidabilità, anziché essere valutata ex ante, venga valutata ex post dal Parlamento che, ai sensi dell'articolo 66 della Costituzione, deve valutare i titoli di ammissione dei suoi componenti, e che quindi io possa avere una valutazione politica e non giuridica del mio status e dei miei diritti. Questo è il punto.

Questa norma, che è collegata anche alla questione, che abbiamo affrontato malamente, dell'Authority anticorruzione, è anche uno strumento che consentirebbe di recuperare patrimoni che si sono formati illecitamente attraverso l'uso distorto delle proprie funzioni pubbliche.

Per questo chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dal senatore D'Alia, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 10.3, presentato dal senatore D'Alia e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 2156, 2044, 2164, 2168, 2174, 2340 e 2346

 

PRESIDENTE. Sull'emendamento 10.250 è stato rivolto un invito al ritiro. Senatore Balboni, lo accetta?

BALBONI (PdL). Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 10.251 (testo 2)/1.

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 10.251 (testo 2)/1, presentato dalla senatrice Finocchiaro e da altri senatori.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato non approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 2156, 2044, 2164, 2168, 2174, 2340 e 2346

 

PRESIDENTE. Gli emendamenti 10.251 (testo 2)/2, 10.251 (testo 2)/3, 10.251 (testo 2)/4 e 10.251 (testo 2)/5 sono stati ritirati.

Sull'emendamento 10.251 (testo 2)/6 è stato rivolto un invito al ritiro. Senatore Li Gotti, lo accetta?

LI GOTTI (IdV). No, signor Presidente. Non ritiro questo né gli altri subemendamenti all'emendamento 10.251 (testo 2).

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 10.251 (testo 2)/6, presentato dal senatore Li Gotti e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 10.251 (testo 2)/7, presentato dal senatore Li Gotti e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 10.251 (testo 2)/8, presentato dal senatore Li Gotti e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 10.251 (testo 2)/9, presentato dal senatore Li Gotti e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 10.251 (testo 2)/10, presentato dal senatore Li Gotti e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 10.251 (testo 2)/11, presentato dal senatore Li Gotti e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 10.251 (testo 2)/12, presentato dal senatore Li Gotti e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 10.251 (testo 2)/13, presentato dal senatore Li Gotti e da altri senatori.

È approvato.

Metto ai voti l'emendamento 10.251 (testo 2)/14, presentato dal senatore Li Gotti e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 10.251 (testo 2)/15, presentato dal senatore Li Gotti e da altri senatori.

Non è approvato.

SALTAMARTINI (PdL). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

SALTAMARTINI (PdL). Signor Presidente, ritiro l'emendamento 10.251 (testo 2)/16, anche se desidero sollecitare l'Aula a porre subito in calendario il provvedimento sulle incompatibilità affinché la materia possa essere organicamente affrontata con un analogo disegno di legge. (Applausi dal senatore Legnini).

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell'emendamento 10.251 (testo 2), nel testo emendato.

BOSCETTO (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BOSCETTO (PdL). Signor Presidente, desidero evidenziare che la mia posizione sul piano concettuale è in contrasto con quella contenuta nell'emendamento del senatore Malan. Poi, ovviamente, per disciplina di Gruppo, lo voterò, però mi pare che si stia dimenticando tutto il contesto dogmatico nell'ambito del quale da anni si sta discutendo sul concetto di incandidabilità. Poiché l'articolo 65 della Costituzione, come è noto a tutti, parla di ineleggibilità e di incompatibilità, la molto prevalente dottrina sostiene che per far entrare a livello costituzionale nei confronti di deputati e senatori la categoria della incandidabilità bisogna cambiare l'articolo 65 della Costituzione e quindi aggiunge, per i deputati e i senatori, alle categorie della ineleggibilità e dell'incompatibilità anche quella della incandidabilità. Questo perché è diversa - come è ovvio - la posizione di chi è ineleggibile da quella di chi non può neppure candidarsi. E allora bisogna che questo concetto entri a livello costituzionale.

Su questa base tutti i tentativi che negli anni si sono proposti per fare rientrare questa categoria a livello di legge ordinaria - tra l'altro con riferimento ai deputati e ai senatori e non ai consiglieri regionali, provinciali, comunali e via dicendo - non hanno mai avuto un esito favorevole. E infatti l'emendamento del quale sto parlando nella sua prima versione, senatore Malan, riguardava, per i deputati e i senatori, soltanto la ineleggibilità.

Ora, nel testo 2 si trova il concetto di incandidabilità e io ritengo che stiamo facendo un'operazione non compatibile costituzionalmente, come ha ricordato anche il senatore Sanna quando ha citato una sentenza della Corte costituzionale che si doleva del fatto che non ci fosse a livello costituzionale la categoria della incandidabilità.

Per ovviare a tutto questo probabilmente saremmo ancora in tempo per espungere questo concetto dall'emendamento del senatore Malan. Ci troviamo ad un punto nel quale è fondamentale non dimenticare questi principi e io ho voluto, dopo aver sostenuto i principi medesimi per tanti anni, sia al Senato sia alla Camera, non lasciar passare questa novità fra capo e collo in un secondo testo di un emendamento, perché non sarebbe compatibile con tutto quello che negli anni io e tanti colleghi abbiamo sostenuto.

In conclusione, ripeto, voterò a favore dell'emendamento per disciplina di Gruppo, ma il mio voto sarà concettualmente non conforme, salvo che non si realizzino condizioni di modifica. (Applausi dal Gruppo PdL e del senatore Carrara).

MAZZATORTA (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAZZATORTA (LNP). Signor Presidente, colleghi, desidero svolgere due osservazioni.

È stato prima sostenuto dai senatori Li Gotti e Sanna che la tecnica della delega legislativa in questa materia sarebbe al limite dell'eversione costituzionale. Così non è, e lo sapete bene. Lo stesso emendamento 10.0.2 (testo 2) del senatore Li Gotti reca una delega. Il disegno di legge n. 2164, presentato dal senatore Li Gotti nel corso della legislatura, contiene una delega per prevedere nuove cause ostative alla candidatura. Ma addirittura il concetto di incandidabilità - mi permetto in questo caso di dissentire dall'illustre collega Boscetto - è ormai consolidato e, per quanto riguarda gli amministratori locali, è inserito nell'articolo 58 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, che è un decreto legislativo e dunque frutto di una delega legislativa.

Dobbiamo, quindi, accantonare, per cortesia, questo argomento. Stiamo parlando non di un decreto‑legge (nel qual caso forse ci potremmo trovare d'accordo), ma di una tecnica che in detta materia è assolutamente opportuna, perché interveniamo su diritti di rilevanza costituzionale e sulle deroghe al diritto di elettorato passivo. Bisogna quindi essere molto attenti a ciò che scriviamo nelle norme, per cui ben venga la tecnica delle delega legislativa.

Aggiungo che, per la prima volta, con questa normativa si tende ad omogeneizzare il trattamento delle cause ostative alla candidatura, delle cause di ineleggibilità e di incompatibilità a tutti i livelli istituzionali. Oggi assistiamo, infatti, all'assurdità per cui il sindaco di un piccolo Comune di 200 abitanti, che ha una sentenza di condanna definiva per un reato con una pena superiore ai due anni, non può candidarsi a quella carica, ma al contrario può candidarsi al Senato della Repubblica o alla Camera dei deputati. È ovvio che si tratta di una distonia. Questa normativa consentirà quindi, attraverso l'esercizio della delega, di risolvere anche questi problemi che effettivamente appaiono assurdi.

Aggiungo anche che il tema dell'incandidabilità è ormai ampiamente dibattuto. Tra l'altro, la stessa Corte costituzionale la considera come una limitazione al diritto di accesso ai pubblici uffici, ex articolo 51, primo comma, della Costituzione. Configura, quindi, esattamente anche il parametro di riferimento di questo concetto ormai assodato.

Stiamo parlando, in fondo, di sentenze di condanna definitive e, dunque, di una causa ostativa alla candidatura che determina poi la nullità della elezione, se mai possa avvenire, di una persona che non è nemmeno nelle condizioni di presentare la propria candidatura.

Secondo noi, le perplessità che abbiamo ascoltato sono del tutto infondate, e voteremo con convinzione l'emendamento del senatore Malan. (Applausi dal Gruppo LNP).

CECCANTI (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CECCANTI (PD). Signor Presidente, sgombriamo la questione che non c'entra, su cui ha ragione il senatore Mazzatorta, dell'incandidabilità, essendo questa una forma particolare di ineleggibilità che si differenzia solo perché scatta prima. Questo problema, quindi, non esiste.

Esiste, però, il macigno della delega, ed è pesante, sia se l'emendamento è fatto dal senatore Malan, sia se fatto dal senatore Li Gotti. Non esiste alcuna differenza. Non si può fare, perché la materia elettorale per cui è prevista la riserva di Assemblea non è solo la formula elettorale. Siamo qui in presenza della limitazione di un diritto fondamentale. Il fine non giustifica i mezzi. Non si può limitare un diritto fondamentale con una delega al Governo.

Non c'entra quanto afferma il senatore Mazzatorta sul Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, che è una delega ricognitiva di norme che già esistevano nell'ordinamento. Se faccio una delega in cui consento a un Governo, a un qualsiasi Governo, di costruire dei casi di limitazione di un diritto fondamentale, l'Aula di un Parlamento che ci sta a fare più? (Applausi dal Gruppo PDe dei senatori Astore e D'Alia).

Ripeto che non discuto le finalità perseguite dai senatori Malan e Li Gotti. Ma se un Parlamento fa limitare il diritto di elettorato passivo con una delega del genere, anche se scritta nel modo migliore, a un Governo, abdica a un proprio ruolo fondamentale. Non si può fare. (Applausi dai Gruppi PD, UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI e dei senatori Astore e Pistorio).

BIANCO (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BIANCO (PD). Signor Presidente, siccome il collega Mazzatorta è sempre molto attento e meticoloso, voglio confermare quanto ha detto il collega Ceccanti.

Siccome ho firmato io personalmente, in quanto Ministro dell'interno, quel decreto di attuazione, confermo che la delega era soltanto ricognitiva. Si trattava di riscrivere il testo unico senza alcuna facoltà di innovazione. Quindi, l'obiezione mossa è assolutamente infondata, signor Presidente. (Applausi del senatore Gasbarri).

PRESIDENTE. La ringrazio per l'informazione, senatore Bianco.

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Signor Presidente, non ripeterò le cose che ha già detto il collega Ceccanti, che condivido.

Mi permetto però di sottolineare alcuni aspetti dell'emendamento presentato dal senatore Malan su cui credo sarebbe opportuno ritornare per ripensarci.

Il primo è il seguente. Abbiamo votato lo stralcio dell'articolo 7, che riguardava un complesso di disposizioni attinenti agli enti locali, dicendo che è in corso - e chiamo qui in causa il presidente Vizzini - una discussione abbastanza avanzata in Commissione affari costituzionali sulla nuova Carta delle autonomie.

Allora, evitiamo di fare un'operazione schizofrenica per cui, dopo aver stralciato un pezzo delle norme che riguardano l'ordinamento degli enti locali sostenendo, giustamente, che ce ne stiamo occupando nella sede propria che è l'esame in Commissione della Carta delle autonomie, introduciamo una norma che concede una delega ampia e generica (violando, quindi, anche l'articolo 76 della Costituzione): ammesso che si sia in presenza di una riserva di legge relativa e non assoluta e che quindi sia configurabile la possibilità in questa materia di ammettere la delega, comunque la delega, i principi e i criteri direttivi devono essere specifici.

In questo caso, affidiamo al Governo una delega in bianco per riscrivere l'intero sistema della incandidabilità e dell'ineleggibilità per quanto riguarda gli organi elettivi del sistema delle autonomie locali, e facciamo tutto questo senza peraltro disciplinare l'aspetto che riguarderebbe noi, e che non si è inteso fino ad oggi disciplinare nonostante sentenze della Corte costituzionale e pronunce della Giunta per le elezioni, che il presidente Follini conosce meglio di me. Mi riferisco al rapporto tra la funzione parlamentare e gli incarichi elettivi, o meno, negli enti locali. C'è infatti una lacuna normativa che non disciplina questo rapporto quando vi è la sopravvenienza di un incarico elettivo a livello territoriale per un soggetto che appartiene alla Camera o al Senato. Quindi, stiamo sbagliando su tutti i fronti.

Al di là della questione di natura costituzionale che è stata posta, qui ci stiamo rimangiando un voto che abbiamo già espresso sul metodo di esame e di voto di questo provvedimento, perché abbiamo deciso di stralciare le norme che riguardano le autonomie locali in quanto dobbiamo affrontare il tema in occasione dell'esame del provvedimento inerente la Carta delle autonomie: diamo una delega al Governo in una materia che riguarda la disciplina delle autonomie locali e non interveniamo neanche sulla delega sull'aspetto che, forse, è l'unico che dovremmo disciplinare noi, e che riguarda il rapporto e la incompatibilità tra il mandato parlamentare e quello di sindaco, assessore, presidente di Provincia e così via. Stiamo, quindi facendo un pasticcio colossale.

Ma a questo pasticcio, signor Presidente, ne aggiungiamo un altro. Con l'emendamento del senatore Malan noi stiamo dando al Governo una delega in bianco (in questo caso sì, in violazione anche dell'articolo 65 della Costituzione), in cui diciamo al Governo che dev'essere lui a stabilire qual è la durata delle incandidabilità di cui alle lettere a) e b) del comma 2. Noi cioè stiamo sottraendo al Parlamento, e quindi alla riserva assoluta di legge (quindi all'Assemblea), il compito di stabilire e predeterminare quali sono i requisiti di accesso, chiamiamoli di incandidabilità, di ineleggibilità, di incompatibilità, tutto ciò che comunque è contenuto nella previsione dell'articolo 65 della Costituzione, e lo facciamo con una disposizione che non so neanche come definire.

In sostanza, stiamo dicendo che la durata e i casi di incandidabilità li stabilisce il Governo: non li predeterminiamo per legge, ma diamo una delega in bianco al Governo, dimenticando che la Costituzione, al contrario, prevede che sia il Parlamento a stabilire i criteri entro cui la delega deve essere esercitata. Le ipotesi di incandidabilità devono essere tassative e individuate prima, con legge ordinaria, non con delega legislativa.

Aggiungo inoltre che questa disposizione crea grande confusione. Formalmente, parliamo di incandidabilità, ma poiché non la discipliniamo in alcun modo e non scegliamo se affidare il compito della valutazione di incandidabilità agli uffici elettorali o al Parlamento, introduciamo una confusione terminologica. Dal punto di vista sostanziale, sappiamo bene che invece si tratta di due cose diverse. Infatti, quando si introduce la categoria della incandidabilità, si prevede sostanzialmente che una persona non può partecipare alla competizione elettorale, non che può parteciparvi anche se non ne ha titolo, tanto poi sarà il Parlamento a decidere se il titolo ce l'ha o no.

Questo è il punto di fondo che l'emendamento in esame non affronta, né con riferimento alla sovrapposizione fra i diritti di elettorato attivo e passivo, né dal punto di vista della competenza sulla declaratoria di incandidabilità, che non si capisce se sia riferibile agli uffici elettorali o, viceversa, al Parlamento. Si introduce la categoria della incandidabilità senza alcuna disciplina, creando un conflitto che sicuramente complicherà ulteriormente il mondo giuridico - già complesso - di questa materia, affidandola totalmente all'arbitrio di questa o di quella maggioranza.

Sarebbe quindi opportuna una riflessione su questo emendamento e su questa materia, perché stiamo rischiando veramente di fare un pasticcio a trecentosessanta gradi. (Applausi dal Gruppo UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI e del senatore Pardi).

PRESIDENTE. Preciso che, tenuto conto dell'importanza dell'argomento, sto consentendo ulteriori interventi; si era concordato però che questi sarebbero durati un solo minuto, dal momento che tutti i Gruppi hanno esaurito il tempo a loro disposizione. Vorrei che questo fosse chiaro.

Invito anche i Presidenti di Gruppo, senatore D'Alia, ad attenersi a tale criterio.

LI GOTTI (IdV). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LI GOTTI (IdV). Signor Presidente, sarò molto breve. Sollecito quest'Aula a considerare se è mai possibile che si introduca la categoria della incandidabilità, precisando per quali reati ma aggiungendo che, con delega, sarà il Governo a stabilire «se del caso» anche altre ipotesi (e non indichiamo quali). Inoltre, consentiamo al Governo stesso di stabilire quanto debba durare l'incandidabilità: in tal modo, il Governo potrebbe anche decidere una durata di 15 giorni, e avrebbe comunque rispettato la delega.

Ancora, deleghiamo il Governo a «valutare (...) l'introduzione di ulteriori ipotesi di incandidabilità» per le cariche di cui alla lettera f) e a «individuare (...) le ipotesi di incandidabilità alle elezioni regionali e di divieto di ricoprire cariche negli organi politici di vertice delle regioni conseguenti a sentenze definitive di condanna».

Deleghiamo quindi al Governo una serie di decisioni, ma senza stabilire i principi - che devono essere contenuti nella delega - cui deve attenersi il delegato. Dare una delega non significa consentire che il delegato faccia ciò che vuole in una determinata materia.

Con questo articolo, si introduce il principio di incandidabilità, e poi si prevede che sarà il Governo a decidere come applicarla. Ma non possiamo fare in questo modo! Colleghi, stiamo legiferando in una materia delicatissima, quella dell'elettorato passivo: le regole deve stabilirle il Parlamento, non possiamo lasciare che lo faccia il Governo! E poi attribuiamo all'Esecutivo anche il compito di decidere se l'incandidabilità dura un mese, 45 giorni o 7 giorni, come per l'avviso di licenziamento.

Insomma, facciamo le cose per bene. Per favore, ritirate questo emendamento: è veramente indecente! (Applausi dai Gruppi IdV e PD).

(omissis)

Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn.
2156, 2044, 2164, 2168, 2174, 2340e 2346 (ore 19,37)

 

PRESIDENTE. Procediamo dunque alla votazione dell'emendamento 10.251 (testo 2), nel testo emendato.

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, dell'emendamento 10.251 (testo 2), presentato dal senatore Malan, nel testo emendato, interamente sostitutivo dell'articolo 10.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato approva. (v. Allegato B).

 

Ripresa della discussione dei disegni di legge
nn. 2156, 2044, 2164, 2168, 2174, 2340 e 2346

 

PRESIDENTE. Risultano pertanto preclusi gli emendamenti 10.252 e 10.11, mentre gli emendamenti 10.300 (testo 2), 10.5, 10.4, 10.6, 10.7, 10.8, 10.9 e 10.10 sono stati ritirati.

Chiedo al senatore Li Gotti se intende accogliere l'invito del Governo di ritirare l'emendamento 10.0.2 (testo 2).

LI GOTTI (IdV). No, signor Presidente, insisto per la votazione di tutti gli emendamenti a mia firma.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 10.0.2 (testo 2), presentato dal senatore Li Gotti e da altri senatori.

Non è approvato.

Metto ai voti l'emendamento 10.0.3, presentato dal senatore Li Gotti e da altri senatori.

Non è approvato.

Dovremmo ora passare alla votazione dell'emendamento 10.0.4, presentato dal senatore Li Gotti e da altri senatori, identico all'emendamento 10.0.252, presentato dalla senatrice Poli Bortone e da altri senatori.

Senatrice Poli Bortone, accetta l'invito a ritirare il suo emendamento?

POLI BORTONE (CN-Io Sud). Signor Presidente, avevo posto un problema al senatore Malan, il quale avrebbe voluto rispondere se non gli fosse stato impedito. Si tratta semplicemente una estensione anche ai parlamentari europei di quei principi contenuti nella delega. Non mi sembra quindi di aver chiesto cose fuori dalla ragionevolezza dell'intervento.

Pertanto, vorrei chiedere al Governo se, laddove fosse trasformato in un giorno, sarebbe disponibile ad accettarlo.

PRESIDENTE. Chiedo al Governo di esprimere un suo parere in proposito.

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Sono disponibile ad accogliere la proposta emendativa della senatrice Poli Bortone ove sia trasformata in ordine del giorno.

PRESIDENTE. Quando sarà presentato lo si esaminerà.

VIESPOLI (CN-Io Sud). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

VIESPOLI (CN-Io Sud). Signor Presidente, non ritiriamo l'emendamento. Il Governo ci deve dire ufficialmente se la trasformazione in ordine del giorno riceverebbe il suo parere favorevole oppure no. In caso contrario, insistiamo per la votazione dell'emendamento così come è.

PRESIDENTE. Senatore, dovete presentare il testo dell'ordine del giorno.

VIESPOLI (CN-Io Sud). Il testo dell'ordine del giorno, ovviamente è il testo dell'emendamento.

PRESIDENTE. Se l'ordine del giorno è conforme all'emendamento, chiediamo allora al Governo di esprimere un parere nel merito.

VIESPOLI (CN-Io Sud). Signor Presidente, non possiamo, noi per primi, svilire la funzione senatoriale per cui un ordine del giorno non si nega a nessuno. A noi lo potete negare! (Applausi dal Gruppo CN-IO Sud e del senatore Quagliariello).

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, la questione non è nei per cui «Non si nega a nessuno un ordine del giorno». Devo ancora dare un parere sull'ordine del giorno accantonato. In questo caso, ho già detto che sono favorevole se viene trasformato in quei termini.

PRESIDENTE. Essendo stato accolto dal Governo, l'ordine del giorno G10.0.252 non verrà posto ai voti.

Senatore Li Gotti, ritira l'emendamento 10.0.4 a seguito dell'accoglimento dell'ordine del giorno G10.0.252?

LI GOTTI (IdV). No, Signor Presidente.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 10.0.4, presentato dal senatore Li Gotti e da altri senatori.

Non è approvato.

L'emendamento 10.0.5 è improponibile, mentre l'emendamento 10.0.250 è stato ritirato.

Senatrice Poli Bortone, intende ritirare l'emendamento 10.0.251?

POLI BORTONE (CN-Io Sud). Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. L'emendamento 10.0.253 è improponibile.

Passiamo all'esame dell'articolo 11, su cui sono stati presentati emendamenti tutti successivamente ritirati dai proponenti, ad eccezione dell'emendamento 11.400, che si intende illustrato e su cui invito il rappresentante del Governo a pronunziarsi.

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Esprimo parere favorevole.

PRESIDENTE. Non essendo rimasti sull'articolo 11 altri emendamenti oltre quello soppressivo 11.400, presentato dal senatore Malan, metto ai voti il mantenimento dell'articolo stesso.

Non è approvato.

Gli emendamenti 11.0.1, 11.0.3, 11.0.4, 11.0.5, 11.0.6, 11.0.7, 11.0.50 e 11.0.51 sono stati ritirati.

Passiamo all'esame dell'articolo 12, sul quale sono stati presentati emendamenti che invito i presentatori ad illustrare.

VALENTINO (PdL). Signor Presidente, ritiro gli emendamenti da me presentati.

BRUNO (Misto-ApI). Signor Presidente, do per illustrato l'emendamento 12.252.

PRESIDENTE. I restanti emendamenti sono stai ritirati.

Invito il rappresentante del Governo a pronunziarsi sull'emendamento 12.252.

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Invito il presentatore a ritirarlo, o in subordine esprimo parere contrario. Analogo invito rivolgo ai presentatori dell'emendamento 12.0.2.

PRESIDENTE. Accoglie l'invito del Governo, senatore Bruno?

BRUNO (Misto-ApI). Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'articolo 12.

È approvato.

Senatore D'Alia, sull'emendamento 12.0.2 c'è un invito al ritiro, lo accoglie?

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). No, signor Presidente.

PRESIDENTE. Metto ai voti l'emendamento 12.0.2, presentato dal senatore D'Alia e da altri senatori.

Non è approvato.

DELLA MONICA (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

DELLA MONICA (PD). Signor Presidente, abbiamo ritirato tutti gli emendamenti perché riteniamo che il provvedimento sia stato completamente svuotato di significato. Desidero chiarire che riteniamo che il provvedimento non serve a nulla, ed è per questo che abbiamo ritirato gli emendamenti.

PRESIDENTE. Anche gli emendamenti del senatore Li Gotti sono stati ritirati.

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, mi sembra di aver capito che tutti gli emendamenti sono stati ritirati. Ne ho preso atto, anche se questa notte, dopo l'impegno preso con quest'Aula e prendendo spunto dagli emendamenti presentati dal senatore Valentino, avevo riscritto l'articolo 317 del codice penale sulla corruzione, inglobando in un unico articolo le ipotesi di corruzione propria e impropria, nonché di concussione, e rivedendo le pene previste in modo da renderlo funzionale. Avevo quindi previsto l'istigazione alla corruzione e il traffico di influenze illecite.

Credo che, per l'impegno che abbiamo assunto, e che personalmente ho assunto, con l'OCSE non più di 20 giorni fa, il ritiro di questi emendamenti significa che alla Camera dovremo valutare la situazione. Tuttavia, prendendo spunto da quanto detto dalla senatrice Finocchiaro, in questo provvedimento abbiamo dimostrato sensibilità reciproche e capacità di correzione in corso di seduta, anche dopo bocciature di emendamenti, pubblicamente e senza necessità di conciliaboli. Credo che se avessimo avuto un po' più di tempo, avremmo potuto concludere anche questa parte.

Mi riservo comunque di riconsiderare la questione alla Camera.

PRESIDENTE. Presidente D'Alia, lei aveva comunicato il ritiro dei suoi emendamenti, mi sembra?

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Signor Presidente, avevo comunicato il ritiro degli emendamenti all'articolo 12; credo tutti, se non ricordo male.

PRESIDENTE. Vuole intervenire al riguardo?

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Signor Presidente, abbiamo ritirato i nostri emendamenti per la stessa ragione per cui li ha ritirati la collega Della Monica, che quindi non ripeto per economia dei tempi.

PRESIDENTE. Passiamo all'esame dell'articolo 13.

Lo metto ai voti.

È approvato.

Riprendiamo l'esame dell'ordine del giorno G101, precedentemente accantonato, su cui invito il rappresentante del Governo a pronunziarsi.

CALIENDO, sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, vorrei chiedere una riformulazione del dispositivo di tale ordine del giorno.

Per quanto riguarda la lettera a), siamo d'accordo con la dizione: «godrà dell'indipendenza necessaria ad esercitare le proprie funzioni al riparo da ogni indebita influenza», perché questo è un organo che abbiamo creato. Non va bene invece bene la seconda parte della lettera a), che invito ad eliminare, perché prevede tutta un'altra composizione.

Chiederei poi ai presentatori di riformulare la lettera c), eliminando, al quarto rigo, dopo le parole «misure che prevedano», le seguenti: «l'accessibilità protetta del singolo cittadino agli organi di prevenzione della corruzione e agli organi giurisdizionali, con forme di tutela identiche a quelle assicurate dalla legge ai dati sensibili». Tale formulazione potrebbe infatti essere intesa come legittimazione dell'anonimato nell'ambito dei procedimenti giudiziari.

Chiedo poi di sopprimere la lettera d), così come la lettera e), che contrasta con principi costituzionali e con norme del codice penale.

Per il resto, il Governo è disponibile ad accogliere l'ordine del giorno.

PRESIDENTE. I presentatori accettano la riformulazione proposta dal Governo?

BRUNO (Misto-ApI). Sì, signor Presidente.

PRESIDENTE.Essendo stato accolto dal Governo, l'ordine del giorno G101 (testo 2) non verrà posto ai voti.

Passiamo alla votazione finale.

Poiché il senatore Viespoli, primo a dover intervenire in dichiarazione di voto, si è allontanato, sospendo brevemente la seduta.

(La seduta, sospesa alle ore 19,50, è ripresa alle ore 20).

Riprendiamo i nostri lavori con le dichiarazioni di voto finale.

VIESPOLI (CN-Io Sud). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

VIESPOLI (CN-Io Sud). Signor Presidente, la ringrazio per il garbo e la correttezza che ha avuto nei miei confronti. Cercherò di ripagarla intervenendo in maniera estremamente sintetica nel motivare il voto del mio Gruppo.

Innanzitutto, faccio riferimento alle riflessioni già sviluppate in sede di discussione dell'emendamento 2.0.2000 del Governo; sottolineo in secondo luogo, il seguente elemento. Io ribadisco, cioè, come la questione fondamentale del dibattito e del confronto fosse quella di trovare un punto di sintesi per varare comunque, dopo tanto tempo, un provvedimento. E ciò è segnalato anche dal modo in cui il provvedimento stesso è giunto in Aula, richiesto da più parti, prima ancora che fosse calendarizzato. E per calendarizzarlo si è fatto in modo che arrivasse in Aula anche senza relatore. Questo ha determinato sicuramente problemi e difficoltà nel dialogo e nel confronto ma, alla fine, un punto di sintesi è stato recuperato attraverso l'emendamento 2.0.2000 del Governo. Ciò mi sembra un fatto significativo, sul piano del provvedimento in sé e per la sua valenza politica.

Naturalmente, adesso si tratta di proseguire l'approfondimento di ordine legislativo, perché bisogna chiaramente raccordare il provvedimento che il Senato si appresta a votare con il dibattito ulteriore e il necessario approfondimento, anche alla luce delle riflessioni che, da ultimo, ha sviluppato il sottosegretario Caliendo. Si tratta di raccordare il provvedimento con la ratifica della Convenzione avvenuta in Commissione, che è un ulteriore elemento significativo lungo il percorso, al quale bisogna tendere e sul quale bisogna continuare a incamminarsi per cercare di determinare dei provvedimenti e delle scelte all'altezza delle sfide che abbiamo di fronte.

In ogni caso, questo provvedimento rappresenta un primo passo e, rispetto a questo, noi esprimiamo un voto favorevole. (Applausi dal Gruppo CN-Io Sud e del senatore Bondi).

LI GOTTI (IdV). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

LI GOTTI (IdV). Signor Presidente, onorevoli colleghi, nel presentare questo disegno di legge il Governo lo introduceva in questi termini: «Onorevoli senatori, il disegno di legge si compone di tre Capi, che corrispondono ad altrettanti pilastri dell'azione di contrasto alla corruzione e alla illegalità nel settore pubblico: prevenzione generale, controlli mirati e sanzioni».

Abbiamo visto cosa è successo: le sanzioni sono di fatto sparite, i piani mirati sono un sogno, la svolta epocale (aggettivazione che accompagna tutti i provvedimenti di questo Governo, e siamo francamente ansiosi ogni tanto di avere un provvedimento non epocale ma normale, ordinario) consegna al Paese una grande indicazione di incapacità di affrontare il tema della corruzione, che costituisce un virus gravissimo, in espansione nel nostro Paese, raggiungendo livelli mai prima raggiunti.

Avevamo la possibilità di lavorare su un testo che affrontasse in maniera energica, dura, decisa, coerente, costante e definitiva la lotta alla corruzione: non ci siamo riusciti. Qual è la ragione di questa nostra omissione? Perché il Senato non è stato in grado di affrontare un tema così importante per la sopravvivenza della nostra pubblica amministrazione al servizio dei cittadini e del funzionamento dello Stato? Perché non ci siamo riusciti? Fra i disegni di legge che erano stati presentati, quello del Gruppo dell'Italia dei Valori risale al mese di giugno 2008; l'esame iniziò nel novembre 2008; poi, a maggio 2010, è arrivato il prodotto del Governo, frutto di un Consiglio dei ministri straordinario e coincidente con un'udienza che riguardava il Presidente del Consiglio, Consiglio dei ministri che fu fatto straordinariamente di lunedì, così da ottenere il rinvio del processo che riguardava il Presidente del Consiglio, per licenziare questo testo e quindi quello che rimane di questo testo.

Noi ci siamo resi conto della assoluta assenza di una volontà seria da parte del Governo e della maggioranza quando ieri - dopo che per tre anni le nostre proposte ed altre dell'opposizione sono state all'esame delle Commissioni riunite 2a e 3a, dopo che abbiamo presentato gli emendamenti in Commissione ad ottobre 2010 (abbiamo dovuto poi attendere sette mesi perché venissero forniti i pareri, che furono radicalmente negativi: si tratta, quindi, di un processo di riflessione da parte del Governo di circa tre anni) - quella persona amabile, che io stimo, del sottosegretario Caliendo ha chiesto l'accantonamento dell'articolo 12 (che era l'articolo che introduceva un regime sanzionatorio più mirato, aspro e incisivo per la lotta alla corruzione) per poter riflettere ed esprimere i pareri su dei testi che sono all'esame da tre anni. Ci siamo quindi resi conto che la questione non è seria. Infatti, non è pensabile che dopo tre anni, e dopo che il Governo aveva espresso in Commissione, con una riflessione di sette mesi, i pareri negativi, si sia chiesto ieri l'accantonamento per riflettere un'altra notte. Oggi il sottosegretario Caliendo è venuto a dirci: ma che peccato, io ero pronto a recepire alcune vostre indicazioni. Sono tre anni che lo stiamo facendo e chiedendo! Se ci fosse stata questa disponibilità seria ad affrontare la materia, lo si sarebbe fatto nel momento in cui in Commissione si esprimevano i pareri e non si sarebbe dato il parere contrario per poi dire qui: questa notte abbiamo riflettuto e qualcosa potevamo farla. Questa notte abbiamo riflettuto? Ma per favore!

Diciamo ai cittadini qual è la verità: è amara. Nel nostro Paese sono in atto, in forma virulenta, due linee culturali: una linea è quella che aspirerebbe ad uno Stato moderno, in grado di reprimere i processi di contaminazione della regolarità nel nome della buona amministrazione. Il Paese non ne può più di questa corruzione impregnante! Non ne può più! Accanto a questo filone culturale ce ne è un altro che ritiene la corruzione funzionale alla nostra economia. A parole combatte la corruzione, ma con essa convive: con la corruzione convive perché ritiene che essa sia espressione moderna di un'economia capitalistica di mercato, in cui i soldi possono tutto. (Applausi dal Gruppo IdV). I cittadini ritengono invece che i soldi non possono tutto, perché c'è l'etica della cosa pubblica che viene prima del denaro, che corrompe le coscienze.

Voi eravate, e noi eravamo, chiamati a rispondere a questo bisogno dei cittadini, e non siamo stati in grado di dare risposte. I cittadini capiscono - perché ormai capiscono - che le bandierine non servono più: ci vogliono i fatti, e i fatti che voi consegnate con questo provvedimento sono un'offesa al buon senso, al diritto e al sogno di uno Stato che funzioni nell'interesse della collettività. Votiamo no in maniera convinta e sdegnata. (Applausi dal Gruppo IdV e dei senatori Baldassarri e D'Alia. Congratulazioni).

BALDASSARRI (Misto-FLI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

BALDASSARRI (Misto-FLI). Signor Presidente, quanto al giudizio che diamo su questo provvedimento, non faccio altro che richiamare le precedenti dichiarazioni.

Al di là del fatto che una legge che confermi che anche nella pubblica amministrazione non si dovrebbe rubare mi pare quantomeno imbarazzante, certamente il tema di fondo è quale sia il controllore rispetto ai soggetti controllati. Come già ho avuto modo di dire, è proprio questo il punto sul quale cade la legge. Infatti, se l'Authority non è indipendente, che senso ha varare una legge del genere? E non mi si venga a dire, signor Presidente, che poiché è il Presidente della Repubblica che, su proposta dell'Esecutivo, nomina i membri dell'Authority, allora si modifica radicalmente la versione iniziale, dove era ancora più palese che l'Autorità era inserita nell'ambito della Presidenza del Consiglio dei ministri.

Come ho già detto, non sono un giurista: leggo però attentamente, e credo di capire la lingua italiana. Apprezzo gli sforzi di arrampicamento sugli specchi per giustificare quel delicato passaggio di prima, che ho definito inciucio, coerente con precedenti inciuci con i quali ci si garantiva il malloppo della spesa pubblica, soprattutto in termini di spesa regionale e di spesa nel settore della sanità. Con questa legge si dà quasi l'assicurazione che, oltre a garantire il malloppo, ci si garantisce in parte l'immunità, visto che l'Autorità che dovrebbe controllare non è indipendente.

Il giudizio su quanto questo sia coerente con la Convenzione ONU non posso lasciarlo ai giuristi, ma lo lascio al buon senso. Fuori da questo Paese la parola indipendenza significa cose precise. Forse in questo Paese qualcuno interpreta la parola indipendenza come "dipende", "ma anche". Non credo di poter condividere, e annuncio il voto contrario del mio Gruppo. (Applausi dai Gruppi Misto-FLI e UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI).

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

D'ALIA (UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI). Signor Presidente, per motivare il nostro voto decisamente contrario su questo provvedimento dobbiamo fare un brevissimo riassunto delle puntate precedenti.

Credo un anno fa, il ministro Alfano, dopo i noti episodi che hanno riguardato vicende dell'attualità giudiziaria, ha annunciato in una delle sue più riuscite conferenze stampa un provvedimento epocale per la lotta alla corruzione. Da un anno a questa parte il provvedimento giaceva nelle competenti Commissioni di merito. Essendo la maggioranza in difficoltà, ha trovato, come sempre, nell'opinione autorevole della Commissione bilancio la possibilità di non procedere nell'esame del provvedimento, fino a quando, per richiesta dei Gruppi parlamentari di opposizione, a cominciare dal nostro, non è stata sollecitata e imposta la sua calendarizzazione, pena il voto contrario permanente sul calendario dei lavori nella Conferenza dei Capigruppo.

Questo provvedimento arriva in Aula senza un relatore e senza essere stato istruito, per responsabilità politica di questa maggioranza e di questo Governo, dalle competenti Commissioni di merito. Quindi si è improvvisato in Aula uno spettacolo che non credo possa essere ascritto alle pagine più belle della nostra Assemblea.

Qualcuno potrebbe dire che la situazione è grave ma non è seria, ed è proprio così, perché questo provvedimento, colleghi, nella proposta originaria del Governo si componeva di 13 articoli. Di questi, sei o sette sono stati soppressi o stralciati. Dunque, possiamo dire che è già stato reso monco in partenza di una sua parte importantissima. Dopodichè l'articolo 1, che era ed è il caposaldo della lotta alla corruzione, è stato respinto due volte da quest'Aula, nella sua riformulazione e nel testo originario proposto dal Governo, ed è rispuntato sotto forma più sofisticata in un emendamento che il Governo dice di avere scritto con alcuni Gruppi parlamentari dell'opposizione.

Nulla di scandaloso, dico al presidente Gasparri. È normale che il Governo si confronti con chi vuole e come vuole. I Gruppi parlamentari hanno libertà e autonomia in questo campo. E sarà anche possibile in questa Aula che vi siano dei Gruppi che dissentono sul merito, nel rispetto delle regole che ci siamo dati e con la correttezza nell'ambito di procedure parlamentari che, in questo caso, obiettivamente sono state forzate e che, per quanto ci riguarda, costituiscono autorevole precedente.

Però, tutto si può fare fuorché spacciare questa Commissione che si deve occupare della lotta ai fannulloni, ed oggi anche della lotta ai corruttori, come la panacea di tutti i mali. E' infatti un po' come il colmo della fiducia (e mi rivolgo ai colleghi e agli amici del Partito Democratico). È come farsi baciare la mano da un cannibale: i membri della Commissione per la valutazione dei fannulloni, che è operativa da due anni e i cui membri percepiscono lautissimo compenso (che mi auguro "Libero" pubblichi insieme a tutti gli altri che ha pubblicato in queste settimane), sono soggetti che istituzionalmente - non è un giudizio sulle persone - non sono e non possono essere autonomi perché sono nominati e controllati dal Governo.

Inoltre, senza alcuna volontà di polemica, ma solo per citare un dato testuale specifico, la norma citata dalla presidente Finocchiaro esime dal conflitto di interessi nel momento in cui consente la facoltà di restare nel proprio ruolo pur continuando a svolgere l'attività all'interno di questa Commissione. Una Commissione che se avesse voluto occuparsi della lotta alla corruzione, signor Sottosegretario, l'avrebbe già fatto, perché già dal 2009 - come lei ha detto - aveva una serie di compiti in questo settore. Ma questa Commissione - diciamolo con franchezza - è ridicola ed inutile perché non si è occupata dei fannulloni e non si occuperà della corruzione. Si occuperà di quello che ha fatto fino ad oggi: nominare consulenti, esperti e fare da richiamo per le autorità internazionali che si occupano di questo settore. Potrà fare tutto, tranne che occuparsi seriamente e in maniera efficace della lotta alla corruzione.

Gli altri articoli di questo testo sono stati peggiorati: è il caso della delega che è stata conferita al Governo per riscrivere norme che attengono ai diritti fondamentali costituzionalmente garantiti e che riguardano l'elettorato attivo e passivo, sia con riguardo agli enti locali che con riguardo al Parlamento. Essi peggiorano e confondono le questioni molto delicate e complesse che anche la nostra Giunta delle elezioni ha affrontato, segnalando al Parlamento, in maniera unitaria la via da seguire per risolvere una serie di problemi collegati alle incompatibilità. E, anziché seguire quel percorso che è trasparente, certo, garantista e costituzionale, si fa un pasticcio confondendo candidabilità e ineleggibilità, candidabilità e incompatibilità.

In sostanza, si attribuisce all'Esecutivo il potere di stabilire chi può stare in Parlamento e chi no, per quanto tempo e così via. In altri termini, si stabilisce che questo sistema finto bipolare e maggioritario ha diritto di vita e di morte, strafregandosi della Costituzione, e che chi governa ha sempre ragione e può fare quel che vuole.

Non funziona così. E anche in questa sede desidero parlare con amarezza in merito all'idea di una intesa sulla Commissione, sulla benedetta Commissione anti-fannulloni. Occorrerebbe far passare il principio fondamentale che, nella logica della democrazia dell'alternanza, la corruzione può riguardare tutti, e quindi tutti i partiti di maggioranza e di opposizione, perché ci si alterna al Governo del Paese, delle Regioni e degli enti locali. Bisogna quindi costruire norme che oggettivamente rendono impermeabile il sistema alle infiltrazioni criminali nella pubblica amministrazione. L'idea che passa - mi spiace doverlo dire - è che, in qualche modo, ci si acconcia perché i problemi li abbiamo tutti e così, in qualche modo, li occultiamo tutti. Non funziona, e non può funzionare, in tal modo, perché siete e siamo fuori dal mondo.

E ancora, signor Sottosegretario. Questo testo non si occupa della trasparenza sui patrimoni dei dirigenti delle amministrazioni pubbliche, dei funzionari, degli amministratori e dei parlamentari. La normativa sulla pubblicità patrimoniale dei deputati e dei senatori è ferma al 1982. Tutto questo non lo spieghiamo alla gente. Chi è investito di un mandato popolare ed esercita una funzione pubblica ha il dovere di spiegare, fino a quando esercita quella funzione - non c'è riservatezza e segretezza che tenga - come possiede una casa, una macchina e quant'altro, come si guadagna da vivere, e lo deve fare per rendere autorevole l'istituzione che rappresenta sempre e comunque. Tutto questo non c'è nel provvedimento, come non è prevista alcuna norma che dovrebbe equiparare i corrotti e i mafiosi, che sono la stessa identica cosa, e che consentirebbe l'unico e vero deterrente, attuale e concreto, al sistema delle infiltrazioni.

In questo provvedimento in sostanza - diciamolo con franchezza - non c'è proprio niente. Ma pensate di lavarvi la coscienza con questa robetta? O pensate che nel passaggio - lo dico anche agli amici del Partito Democratico - dal Senato alla Camera cambierà qualcosa? Questo provvedimento sarà affossato alla Camera sia perché - lo ripeto e ho concluso, signor Presidente - è una schifezza, sia perché a voi non frega niente della lotta alla corruzione. Farete questo passaggio, uscirete sui giornali con una roba ridicola, ma poi verrà insabbiato alla Camera, purtroppo aggiungiamo noi.

Questa è la ragione per la quale noi votiamo decisamente contro. (Applausi dal Gruppo UDC-SVP-AUT:UV-MAIE-VN-MRE-PLI e dei senatori Pardi e Fosson. Congratulazioni).

PRESIDENTE. Presidente D'Alia, in Parlamento vengono presentati provvedimenti che si possono o meno condividere, ma definirli in quel modo mi sembra inappropriato. (Applausi dei senatori Fluttero e Caselli. Commenti del senatore D'Alia).

Questo vale per chiunque, indipendentemente dalla professione politica, perché, se cominciassero tutti a ricorrere ad espressioni di quel genere, lei capisce che non sarebbe appropriato. (Commenti del senatore D'Alia).

VALENTINO (PdL). È questione di stile!

MAZZATORTA (LNP). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MAZZATORTA (LNP). Signor Presidente, colleghi, nell'agenda politica di questo Governo e di questa maggioranza la lotta alla corruzione è certamente un obiettivo importante e il provvedimento in esame contiene misure - checché ne dicano i colleghi dell'opposizione - incisive sul tema della prevenzione e della repressione della corruzione.

Vorrei però dire due cose che non andrebbero fatte in materia di lotta alla corruzione, e che pure quest'oggi, in quest'Aula, si sono sentite.

Innanzitutto, il problema della corruzione non deve essere affrontato in modo emotivo o peggio demagogico, cercando di dare una risposta all'opinione pubblica, quale essa sia. Non richiede delle accelerazioni improvvise o impennate, ma perseveranza, e questa maggioranza e questo Governo, anche con altri provvedimenti (dopo parlerò di alcuni provvedimenti importanti in materia di lotta alla corruzione, perché questo non è il primo e non sarà nemmeno l'ultimo in materia), hanno una visione che va nella direzione non di dare una risposta demagogica ma di lottare contro un nemico insidioso, pulviscolare. In questo Paese esiste una corruzione non sistemica, bensì pulviscolare che è ancora più insidiosa e difficile da contrastare.

Questo tema non deve essere affrontato in modo settario, come invece hanno fatto i miei colleghi dell'opposizione, definendo il provvedimento in esame addirittura una schifezza, perché gli inquisiti per i reati contro la pubblica amministrazione stanno dappertutto, stanno di qua, di là, di sopra e di sotto. È di pochi giorni fa la notizia che il responsabile del trasporto aereo del Partito Democratico e membro del consiglio d'amministrazione dell'ENAC è stato indagato per corruzione. Questo dimostra che nessuno ha la patente per dare giudizi di etica pubblica agli altri.

Occorre quindi non schierarsi con posizioni del tipo «noi siamo i sacerdoti, i custodi delle virtù pubbliche e voi invece siete reprobi, cricche di potere, furbetti del quartierino». (Applausi dai Gruppi LNP e PdL e del senatore Fosson). E l'indignazione non può essere a senso unico, anche se i giornali spesso e volentieri quando viene indagato magari il responsabile del trasporto aereo del PD gli dedicano tre righe, ma, se c'è l'intercettazione della Santanché, diciotto pagine.

E qual è il contesto in cui si manifesta, in tutta la sua virulenza, la corruzione? È quello dell'inefficienza, dei ritardi, dell'opacità dell'amministrazione pubblica. Come dicevo, noi abbiamo lavorato nella direzione opposta, cercando di creare gli antidoti. Al riguardo, i Ministri della Lega, ancora una volta, hanno insegnato agli altri colleghi di Governo come si deve operare. Credo che la semplificazione e la delegificazione normativa del ministro Calderoli, con l'abrogazione di centinaia, di migliaia di leggi abbia posto un antidoto essenziale nella lotta alla corruzione, poiché quando si hanno centinaia, migliaia di leggi si può scegliere la disciplina applicabile, e ciò favorisce la corruzione; per non parlare della lotta alla criminalità organizzata e alle mafie che ha realizzato il nostro ministro Maroni, che ha eliminato l'humus in cui vive e prospera la corruzione, soprattutto in alcune parti del nostro Paese. Infine, ricordo il federalismo fiscale, voluto fortemente dal ministro Bossi con la responsabilizzazione degli amministratori, le sanzioni per gli amministratori infedeli e incapaci e il superamento del criterio deresponsabilizzante della spesa storica. Tutte queste misure sono di contrasto alla corruzione. Magari, non contengono questa parola nel loro titolo ma vanno nella stessa direzione del provvedimento oggi al nostro esame.

Abbiamo sentito l'opposizione dire che per combattere la corruzione ci vuole altro. Ricordo però che gli sforzi riformatori della sinistra su questo tema sono rimasti lettera morta, sono rimasti nei cassetti delle Commissioni. Il provvedimento che ci accingiamo a votare non consentirà di estirpare il cancro della corruzione, o di guarirlo definitivamente, ma certamente consentirà di limitarlo, di circoscriverlo. Quanto poi al Piano nazionale anticorruzione, che a noi interessa forse più che la natura dell'autorità preposta ad elaborarlo ed approvarlo, serve a valutare il grado di rischio di corruzione di ogni amministrazione centrale e a definire i necessari interventi organizzatori per ridurre questo rischio.

Inoltre, questo provvedimento contiene norme per rendere più trasparente l'attività contrattuale degli enti pubblici, un efficace sistema di controlli nei confronti dei subappalti (con l'emendamento Vizzini) e il tema dell'incandidabilità parlamentare, inserito per la prima volta in una norma. Anche al riguardo questa maggioranza e questo Governo devono essere orgogliosi di avere inserito per la prima volta in una norma il concetto di incandidabilità di un parlamentare per una sentenza definitiva di condanna. Lo fanno questo Governo e questa maggioranza, anche se sui giornali veniamo considerati, come sempre, quelli che fanno leggi ad personam. (Applausi dai Gruppi LNP e PdL).

Concludo in bellezza citando una dichiarazione dell'Associazione nazionale magistrati su questo provvedimento. Essa giudica in maniera estremamente positiva la parte sanzionatoria, ritenendo positivi i consistenti inasprimenti sanzionatori per una serie di delitti contro la pubblica amministrazione e la previsione di una nuova circostanza aggravante per il funzionario pubblico. Giudica, inoltre, questa una novità condivisibile dato che la risposta sanzionatoria ha continuato ad essere incerta ed improntata, fino ad oggi, ad assoluta mitezza, visto che - dice la stessa Associazione - nell'88 per cento dei casi sono state inflitte pene sino a due anni di reclusione e, quindi, sottoposte alla sospensione condizionale della pena.

E conclude dicendo che la novità dell'inasprimento sanzionatorio, voluta da questo Governo e da questa maggioranza, può sortire una serie di effetti positivi di sistema. Questo lo dice l'Associazione nazionale magistrati, che aggiunge: si pensi ai risvolti in sede di indagine per la possibilità di intercettare, o con riguardo alla prescrizione del reato. Pertanto, l'Associazione nazionale magistrati esprime un giudizio positivo su una parte importante di questo provvedimento. Su questo punto, lascio il giudizio a tutti voi e soprattutto ai cittadini che ci ascoltano. (Applausi dai Gruppi LNP, PdL e dai banchi del Governo. Congratulazioni).

CASSON (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

CASSON (PD). Signor Presidente, signori senatori, signori del Governo, quando ormai oltre un anno fa, dopo tanto clamore di cembali sonori e tanti strepiti di servetti televisivi, venne presentato in Senato il disegno di legge in materia di lotta alla corruzione, avevamo pensato - pur stupiti - che forse poteva essere la volta buona. Eravamo in effetti un po' increduli, anche perché avevamo già assistito a questo proposito a beghe e scontri intestini all'interno della stessa maggioranza, in Consiglio dei ministri, in ordine alle modalità e agli strumenti più adeguati per combattere questo fenomeno criminale, per di più dopo che all'inizio della legislatura avevate già cancellato dal nostro ordinamento l'Alto commissario anticorruzione.

Ci eravamo peraltro predisposti - noi dell'opposizione ed in particolare del Partito Democratico - ad accogliere il testo del vostro disegno di legge, a discuterlo, a confrontarci, ad emendarlo per renderlo più efficiente e rispondente alle necessità concrete della realtà economica, sociale e politica italiana. Ma ci siamo dovuti ricredere ben presto, perché per mesi e mesi questo disegno di legge è rimasto bloccato nei meandri delle Commissioni del Senato, in attesa che il Governo predisponesse e presentasse alla Commissione bilancio la sua relazione tecnica, indispensabile per poter procedere. Soltanto la netta e rigida presa di posizione del Partito Democratico e delle opposizioni tutte all'interno della Conferenza dei Capigruppo ha fatto sì che, finalmente, il vostro testo giungesse all'esame di quest'Aula, pur privo dei rilievi e dei necessari miglioramenti da noi suggeriti già nell'esame nelle Commissioni.

In quest'Aula, però, ci siamo dovuti ricredere sulle vostre intenzioni, perché ancora una volta abbiamo dovuto assistere ad un gioco al rimpiattino da parte vostra, quasi al gioco delle tre carte, in quanto di fronte all'evidente necessità di integrare e completare le norme per la prevenzione e la lotta alla corruzione, avete alzato le barricate, respingendo fin dalle prime battute ogni proposta dell'opposizione, e del Partito Democratico in particolare, così come avevate fatto nelle Commissioni riunite, dove era stato espresso parere contrario sui nostri emendamenti.

E si badi bene, non si trattava da parte nostra di chiedere o pretendere chissà cosa; non volevamo inventare nulla dal nulla o recuperare da chissà quale mondo extraterrestre norme e principi di etica, di moralità, di trasparenza e di pulizia nella pubblica amministrazione e nella politica. Ci siamo fin dall'inizio semplicemente richiamati a norme del diritto internazionale, già integralmente recepite nel nostro ordinamento costituzionale e ordinario (come quelle sancite dalla Convenzione ONU anticorruzione del 2003, ratificate nel 2009 a seguito di un disegno di legge del Partito Democratico), o a norme inserite nella Convenzione europea di Strasburgo anticorruzione del 1999, in parte già ius receptum e in parte oggetto di ratifica in corso ad opera di questo Parlamento.

Ma al di là di questioni di correttezza e corrispondenza formale, sono le materie trattate da queste convenzioni internazionali, divenute oggetto dei nostri emendamenti da voi rigettati, che ci fanno ritenere che avete perso, che il Senato ha perso un'occasione importante per poter dire e far capire ai nostri concittadini e al mondo intero che la politica italiana crede che sia davvero possibile contrastare il fenomeno della corruzione. Tra l'altro, a detta della stessa Banca mondiale, tale fenomeno costituisce uno dei maggiori fattori di distorsione del mercato e delle economie in ogni parte del mondo, avendo in particolare individuato l'esistenza di una significativa correlazione tra il grado di corruzione di un Paese, il malfunzionamento delle pubbliche amministrazioni e la sua crescita economica, con effetti deleteri particolarmente rilevanti su medie e piccole imprese.

Mi preme sottolineare questo passaggio, perché purtroppo continuano a giungere, a livello internazionale, reprimende, anche piuttosto dure, nei confronti dell'Italia per assoluta insufficienza e inefficienza delle modalità e degli strumenti di lotta alla corruzione. L'ultima reprimenda, in ordine di tempo, è di pochi giorni fa e arriva direttamente dall'organismo del Consiglio d'Europa, il cosiddetto GRECO, che si occupa della corruzione negli Stati membri. Che se poi foste riusciti in quest'Aula la settimana scorsa a far passare la vostra proposta di mettere a capo dell'organismo italiano anti-corruzione il Presidente del Consiglio dei ministri, nella fattispecie il presidente Berlusconi, ironie e sberleffi non si sarebbero risparmiati a livello nazionale, ma anche internazionale.

Buona sorte ha voluto che siate rinsaviti. E almeno questo scempio ce lo avete risparmiato. Anzi, lo avete risparmiato al popolo italiano, accogliendo - per così dire, «in zona Cesarini» - la nostra richiesta di porre a capo delle attività di prevenzione del fenomeno corruttivo un organismo autonomo, secondo i dettami della Convenzione ONU del 2003, e con procedure di nomina sottoposte al parere favorevole vincolante dei due terzi dei membri delle Commissioni parlamentari. Purtroppo, però, questo è l'unico punto sul quale avete fatto un passo indietro. Forse anche a seguito di approfondita meditazione, dopo il secondo sberlone - per usare una nota recente definizione di un vostro Ministro - ricevuto dalla politica del Governo in occasione del voto referendario. È un po' poco però, decisamente poco, assolutamente insoddisfacente. Forse avreste bisogno di qualche altro sberlone elettorale, per capire che i cittadini pretendono ben altro dalla politica e dai pubblici amministratori.

Sono molti, e fondamentali, i temi che avete tralasciato. Anzi, che avete bocciato nel corso di questa discussione in Senato. E allora, per sintesi e sulla scia delle indicazione-disposizioni dell'ONU e dell'Europa, mi limito a citarli: il conflitto di interessi dei pubblici amministratori e dei titolari di cariche di governo; la corruzione anche nel settore privato; poteri e strumenti di indagine alla polizia giudiziaria e alla magistratura (particolarmente in tema di intercettazioni telefoniche); misure anti-riciclaggio; termini di prescrizione (auspicati come "lunghi" nel testo ONU); misure di prevenzione e di trasparenza nel settore degli appalti e della finanza pubblici; sequestro e confisca dei beni; cooperazione tra organismi di indagine (anche di intelligence); inopponibilità del segreto bancario; maggiori tutele e garanzie per i denuncianti e i testimoni, oltre alla non candidabilità per i condannati anche per fatti di corruzione e misure di trasparenza nella assunzione di incarichi di governo, come specificato nei nostri emendamenti. E invece, nulla di tutto questo. Avete rifiutato, eccettuata l'istituzione dell'organismo anticorruzione, il confronto parlamentare. Avete rifiutato il dibattito politico. Vi siete rinchiusi in un fortilizio, che non è una turris eburnea, ma assomiglia sempre di più ad una fortezza assediata dai cittadini, dai lavoratori, dagli imprenditori, che di voi non ne possono ormai più.

Esce da questa Aula un testo di legge dimesso, arido, incompleto, certamente insufficiente e inadeguato alla vastità e alla gravità del fenomeno, che ci porterà come Partito Democratico ad un voto contrario. Un'occasione mancata con la preoccupazione (nostra) che si tratti di un'occasione da voi volutamente mancata, con la preoccupazione dei cittadini onesti di vedere sempre più allontanarsi i valori della legalità, della prevenzione e della lotta al crimine della corruzione, quasi come una chimera. Fino a quando questi cittadini non decideranno di darvi un altro sberlone e di mandarvi finalmente a casa. (Applausi dai Gruppi PD e IdV. Commenti dal Gruppo del PdL).

MUGNAI (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di voto.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

MUGNAI (PdL). Signor Presidente, onorevoli rappresentanti del Governo, onorevoli colleghi, l'approvazione di questo provvedimento costituisce un'altra fondamentale tappa del percorso virtuoso lungo il quale ci siamo avviati nel solco di un consolidamento e potenziamento di quel principio di legalità, per come lo stesso si coniuga nelle varie articolazioni nella società italiana, avuto sempre riguardo al ruolo e all'immagine dell'Italia in Europa e nel mondo.

Non a caso, onorevoli colleghi, è stato ricordato dal sottosegretario Augello come, approvando questo disegno di legge - arricchito, sia ben chiaro, dal contributo del dibattito parlamentare del quale (e credo che doverosamente se ne debba prendere e dare atto), il Governo ha tenuto ampiamente conto - avremo ottemperato a quasi tutte le richieste formulate nei confronti dell'Italia in campo europeo dal Gruppo degli Stati contro la corruzione, recuperando così, onorevoli colleghi, credibilità sia nella considerazione internazionale sia agli occhi dei cittadini italiani, nonché risalendo da quella posizione che oggi, relativamente agli indici di corruzione, l'Italia nel tempo ha purtroppo assunto e che non è certo in sintonia con il ruolo e l'immagine di una grande nazione civile. Tutto questo, nella consapevolezza che la corruzione effettiva o percepita costituisce sicuramente un enorme danno all'immagine del Paese, un forte disincentivo agli investimenti e un freno tirato con forza allo sviluppo economico.

Onorevoli colleghi, di questo fondamentale passaggio politico istituzionale, che ha riscosso insospettabili plausi, come ben ha ricordato il senatore Mazzatorta, noi rivendichiamo il principale merito. Infatti, nulla togliendo - lo voglio sottolineare ancora una volta - al confronto parlamentare, al quale mai il Governo e la maggioranza si sono sottratti, è innegabile che questo Governo e questa maggioranza ancora una volta hanno preso, in concreto e non a parole, il toro per le corna. Non si sono limitati a mere enunciazioni programmatiche e di principio, ma hanno legiferato espressamente al riguardo.

È un provvedimento non perfetto? Forse sì, come del resto tutte le umane cose, ma è il primo, onorevoli colleghi, che affronta organicamente questo delicato e vitale tema sotto il profilo congiunto della prevenzione, del controllo, delle sanzioni, non trascurando neppure, senza infingimenti, il tema altrettanto delicato del rapporto tra politica e corruzione. Questa primogenitura politica è circostanza che nessuno può negare, neppure l'opposizione. Quella stessa opposizione che ripetutamente, anche in quest'Aula, in più occasioni strumentalmente e suggestivamente ci ha accusato di scarsa sensibilità istituzionale nei confronti di questo specifico e delicatissimo tema; salvo poi, onorevoli colleghi (e anche questo è un fatto innegabile, perché la logica dei numeri sotto questo profilo è assolutamente implacabile), dover prendere atto ancora una volta che in questa stagione di governo, e sotto l'egida di questa maggioranza, la lotta all'illegalità in tutte le sue forme e articolazioni, con particolare riguardo alle possibili inferenze e interferenze tra criminalità organizzata e pubblica amministrazione, ha raggiunto risultati positivi mai conseguiti prima, sia sotto il profilo dei provvedimenti adottati che dei risultati conseguiti! (Applausi dal Gruppo PdL). Leggete quelle cifre, perché parlano da sole! Sono fatti, e non parole; sono fatti, e non meri programmi elettorali!

Con questa consapevolezza, che si coniuga alla positiva constatazione che quando l'opposizione o parte di essa abbandona posizioni strumentali - che la fanno arenare in quelle secche che in quest'Aula, opportunamente, anche la stessa presidente Finocchiaro ha voluto ricordare - e si confronta senza pregiudiziali, come in questo caso, svolge correttamente il suo ruolo, possiamo affermare che il Parlamento adempie nel modo più alto alle proprie funzioni nell'interesse della Nazione. Ebbene, onorevoli colleghi, con questa consapevolezza, convintamente, orgogliosamente, il Gruppo del Popolo della Libertà voterà favorevolmente su questo provvedimento. (Applausi dal Gruppo PdL. Congratulazioni).

INCOSTANTE (PD). Domando di parlare.

PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

INCOSTANTE (PD). Chiediamo la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico.

PRESIDENTE. Invito il senatore Segretario a verificare se la richiesta di votazione con scrutinio simultaneo, avanzata dalla senatrice Incostante, risulta appoggiata dal prescritto numero di senatori, mediante procedimento elettronico.

(La richiesta risulta appoggiata).

 

Votazione nominale con scrutinio simultaneo

 

PRESIDENTE. Indìco pertanto la votazione nominale con scrutinio simultaneo, mediante procedimento elettronico, del disegno di legge n. 2156, nel testo emendato, con l'intesa che la Presidenza si intende autorizzata ad effettuare i coordinamenti che si rendessero necessari.

Dichiaro aperta la votazione.

(Segue la votazione).

Il Senato approva. (v. Allegato B).(Applausi dal Gruppo PdL).

Risultano pertanto assorbiti i disegni di legge nn. 2044, 2164, 2168, 2174, 2340 e 2346.

(omissis)

La seduta è tolta (ore 20,59).


Allegato A

 

DISEGNI DI LEGGE DISCUSSI AI SENSI DELL'ARTICOLO 44, COMMA 3, DEL REGOLAMENTO

 

(*) Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione (2156)

Misure per contrastare fenomeni corruttivi nel rapporto tra eletti, cittadini e pubblica amministrazione (2044)

Norme per il contrasto alla corruzione nella pubblica amministrazione e in materia di cause ostative all'assunzione di incarichi di governo, incandidabilità ed ineleggibilità dei condannati per reati contro la pubblica amministrazione. Delega al Governo in materia di coordinamento del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (2164)

Disciplina della partecipazione alla vita pubblica e degli emolumenti per l'esercizio della funzione pubblica, regolamentazione degli incarichi di consulenza e norme in materia di contrasto a fenomeni di corruzione (2168)

Norme per il contrasto alla corruzione nella pubblica amministrazione e nel settore privato. Cause ostative all'assunzione di incarichi di governo, incandidabilità ed ineleggibilità dei responsabili per reati contro la pubblica amministrazione e collegati (2174)

Norme per il contrasto alla corruzione nella pubblica amministrazione e nel settore privato (2346)

Norme per la trasparenza, la prevenzione e la repressione della corruzione e per il contrasto alla illegalità nel settore pubblico e privato (2340)

________________

(*) Testo preso in esame dall'Assemblea

 

 

ORDINE DEL GIORNO G101 PRECEDENTEMENTE ACCANTONATO

 

G101

RUTELLI, BAIO, BRUNO, MILANA, MOLINARI, RUSSO, FINOCCHIARO

V. testo 2

Il Senato,

preso atto che:

le statistiche della delittuosità, cristallizzate nello SDI (sistema d'indagine gestito dal Ministero dell'interno) e le statistiche giudiziarie della criminalità, alimentate dal Ministero della giustizia, nonché la relazione della Corte dei conti, testimoniano di una massiccia intrusione della corruzione nei gangli vitali del Paese, con un andamento crescente in progressione accelerata;

accanto alla rilevazione di fenomeni riconducibili per diverse connessioni causali alla corruzione, non emergono, con immediatezza e spessore, le ragioni del bene comune e degli interessi nazionali, incarnate in istituzioni, sia pubbliche che private, votate a debellare questo devastante fenomeno che incide in profondità sulla vitalità civile e democratica del Paese;

sussiste un'illegalità diffusa che fa sentire molti partecipi di un «comune destino», tollerata anche da una parte della nostra classe dirigente, la quale, godendo di uno smisurato potere mediatico e politico, che certamente influenza e determina costumi e morale, ha annacquato il disvalore etico di determinati comportamenti;

considerato che:

le rilevazioni maggiormente accreditate, quelle che hanno potuto considerare le condizioni politico-economico-giudiziarie di un vasto numero di nazioni, in particolare quelle della Banca mondiale, confermano il dato secondo il quale alti livelli di costituzione, reale e percepita, sono associati a quella che viene definita una «povera» capacità di governance, cioè di elaborazione di politiche generali e di esercizio di controlli;

le stesse rilevazioni, con riguardo a nazioni nelle quali il livello di costituzione è moderato o addirittura modesto, a fronte di buona e forte governance, presentano, piuttosto che giudizi soddisfacenti, l'indicazione di strumenti di prevenzione e controllo altrettanto incisivi di quelIi necessari ad intervenire nei contesti di elevato tenore di corruzione;

in Italia, i cittadini che nutrono sentimenti di forte lealtà verso l'interesse generale e verso le istituzioni e le pubbliche amministrazioni iniziano a sentirsi in minoranza, poiché i crescenti livelli di corruzione risultano in forte dissonanza con un quadro legale evoluto e radicato nella cultura giuridica del Paese. La legge sul procedimento amministrativo (n.241 del 1990), il decreto legislativo sulla responsabilità penale amministrativa d'impresa (n.231 del 2001), il sistema generale di controlli pubblici e di quelli stabiliti per le società private, il prezioso lavoro delle Forze dell'ordine e della magistratura, la sottoscrizione e la ratifica di trattati internazionali (da ultimo, si veda la legge n.116 del 2009 di ratifica della Convenzione ONU contro la corruzione) e nel futuro più prossimo l'auspicabile ratifica ed esecuzione delle Convenzioni civile e penale sulla corruzione, definite a Strasburgo l'una nel novembre 1999, l'altra nel gennaio dello stesso anno, ovvero l'intero sistema normativo del Paese deporrebbero per un'adeguata cornice legale contro la corruzione; e tuttavia, il dato crescente della corruzione pone interrogativi sulle dinamiche reali in corso nel Paese, ben oltre quelle legali;

più che una percezione, vi è il fondato timore che la soglia di accettazione della corruzione, nei comuni e nelle città, negli uffici pubblici e in quelli privati, nei gruppi sociali, aggravata dall'incombente crisi economico-sociale, si sia abbassata, con il rischio di una generalizzata rassegnazione nella concretezza della quotidianità;

il rimbombo di richiami aI pragmatismo, non conseguenti ad un principio di responsabilità attrezzato con regole, comportamenti etici e politici, e con trasparenti meccanismi funzionali e procedurali concorre a distorcere il senso comune, con il rischio concreto di screditare anche il rispetto per il fare, per realizzare interventi pubblici, servizi, trasformazioni territoriali moderne e sostenibili;

stime pari a 60-70 miliardi di euro di corruzione all'anno costituiscono una mostruosità finanziaria, non dimenticando che un fiume ben più che doppio di miliardi di curo passa per l'evasione fiscale. La Corte dei conti, la relazione del SAeT ed agenzie indipendenti come Transparency lnternational sono concordi nella valutazione dell'enormità dello stock annuale di corruzione. Quanto sia il valore effettivo, in realtà lo si ignora: probabilmente è superiore ai dati di stima;

c'è un'indicazione di massima delle aree nelle quali si produce corruzione, ma è compito delle lstituzioni pubbliche rendere disponibile il tracciato della corruzione, modalità per modalità, settore per settore, soggetto per soggetto, a partire dalla sanità, dove molto alto è il livello di indebita intermediazione politica;

c'è stata una stagione nella quale i controlli, nelle loro variabili più aggiornate - il controllo interno, il controllo strategico, il controllo di gestione, l'accertamento della qualità - assieme a quelli tradizionali di legittimità hanno aiutato a rassicurare il Paese circa la volontà politica ed istituzionale di mettere fuori gioco le variabili criminose della competizione economica. Occorre prendere atto, alla luce dei conclamati numeri della costruzione, del loro fallimento;

il Governo, lo scorso 1º marzo ha dato notizia di aver approvato un disegno di legge anticorruzione, in un momento in cui affioravano pesanti episodi di presunta corruzione. Questo disegno di legge, allo stato, non è stato tuttavia ancora presentato in Parlamento;

«a coloro ai quali molto è dato, molto è richiesto», affermò John Fitzgerald Kennedy. Conformemente alla Convenzione ONU, alla politica, in Italia, è oggi richiesto di «elaborare o perseguire, secondo i principi fondamentali del sistema giuridico italiano, politiche di prevenzione della corruzione efficaci e coordinate che favoriscano la partecipazione della società e rispecchino i principi dello Stato di diritto, di buona gestione degli affari pubblici e dei beni pubblici, di integrità, di trasparenza e di responsabilità»; a questi fini è cruciale un'ampia partecipazione democratica e civica,

impegna il Governo:

a) a dare attuazione piena ed integrale alla Convenzione ONU sulla corruzione ratificata con legge n. 116 del 2009, con le seguenti specificazioni: l'organo di prevenzione della corruzione, per il quale già l'Alto commissario per la lotta alla corruzione auspicava che si trasformasse in autorità indipendente, godrà dell'indipendenza necessaria ad esercitare le proprie funzioni al riparo da ogni indebita influenza. Esso dovrà essere individuato sulla base di una procedura ad evidenza pubblica alla quale saranno ammessi a partecipare associazioni di alta rappresentatività, università, ordini professionali, rappresentanti dei mondi produttivi e dei consumatori. La procedura di selezione sarà affidata all'insindacabile giudizio dei presidenti delle Camere;

b) a promuovere l'aggiornamento della legge n.241 del 1990 alla luce dei princìpi dell'articolo 10 della Convenzione ONU, previa indizione di una sessione dedicata della Conferenza unificata per l'analisi del suo funzionamento, dell'impatto sul procedimento amministrativo, delle distorsioni registrate;

c) a propone al Parlamento: un quadro di disposizioni concernenti il settore privato che non costituiscano appesantimento ma, piuttosto, semplificazione degli oneri burocratici e consentano di rafforzare i controlli in funzione anticorruttiva; misure che prevedano l'accessibilità protetta del singolo cittadino agli organi di prevenzione della corruzione e agli organi giurisdizionali, con forme di tutela identiche a quelle assicurate dalla legge ai dati sensibili; misure che disciplinino la tracciabilità dell'intero percorso del danaro pubblico erogato nell'ambito di procedure ad evidenza pubblica o in qualunque altro modo speso dalle pubbliche amministrazioni con particolare cura agli interventi nell'ambito delle procedure d'urgenza; misure volte ad adeguare l'ordinamento ai princìpi e agli istituti penalistici definiti nella Convenzione ONU in materia di repressione della corruzione, dando attuazione, in particolare, a quello secondo il quale i vantaggi della corruzione devono essere facilmente considerati inferiori agli svantaggi derivanti dalle sanzioni per comportamenti corruttivi;

d) ad estendere ai proventi accettati della corruzione - inclusa quella politico-amministrativa - il regime della confisca come già previsto dall'ordinamento giuridico italiano per altri tipi di reato;

e) ad annullare i benefici di legge (ovvero le attenuanti generiche, la sospensione condizionale della pena, l'indulto, l'amnistia, la semi libertà o la liberazione anticipata) nei reati di tipo economico e contro la pubblica amministrazione ove l'autore del delitto non risarcisca integralmente il danno alla vittima;

f) a dar vita ad un organismo di confronto permanente per l'analisi dei fenomeni corruttivi cui prendano parte tra gli altri la Conferenza Unificata, la Banca d'Italia, la CONSOB;

g) ad assumere un'iniziativa legislativa per la regolamentazione delle attività lobbistiche, che sia ispirata al princìpio fondamentale secondo il quale l'acquisizione da parte delle istituzioni delle informazioni necessarie alla decisione è parte del procedimento formale, e le informazioni ricevute debbano essere corredate dal parere di un autorevole soggetto indipendente;

h) a recepire in ogni comparto legislativo il principio di corrispondenza tra concorso pubblico ed incarico pubblico;

i) a stabilire il regime di separazione tra funzioni consultive e funzioni giurisdizionali nell'ambito dell'assegnazione di incarichi pubblici;

l) a proporre un nuovo sistema unitario e coordinato per le procedure di appalto, l'esecuzione dei lavori e i relativi controlli;

m) a rafforzare e rendere più efficiente l'azione della Corte dei conti, anche per il risarcimento dei danni subiti dall'intero Paese a causa della corruzione, consapevoli che nei Paesi in cui tale fenomeno è diffuso sovente le istituzioni assolvono contro di esso compiti formali, prima che sostanziali;

n) a promuovere una normativa che introduca l'obbligo per il Governo di corredare le proprie iniziative legislative con un'analisi volta a prevenire ogni possibile impatto negativo delle norme in termini di potenziale accrescimento del meccanismi di corruzione.

 

G101 (testo 2)

RUTELLI, BAIO, BRUNO, MILANA, MOLINARI, RUSSO, FINOCCHIARO

Non posto in votazione (*)

Il Senato,

preso atto che:

le statistiche della delittuosità, cristallizzate nello SDI (sistema d'indagine gestito dal Ministero dell'interno) e le statistiche giudiziarie della criminalità, alimentate dal Ministero della giustizia, nonché la relazione della Corte dei conti, testimoniano di una massiccia intrusione della corruzione nei gangli vitali del Paese, con un andamento crescente in progressione accelerata;

accanto alla rilevazione di fenomeni riconducibili per diverse connessioni causali alla corruzione, non emergono, con immediatezza e spessore, le ragioni del bene comune e degli interessi nazionali, incarnate in istituzioni, sia pubbliche che private, votate a debellare questo devastante fenomeno che incide in profondità sulla vitalità civile e democratica del Paese;

sussiste un'illegalità diffusa che fa sentire molti partecipi di un «comune destino», tollerata anche da una parte della nostra classe dirigente, la quale, godendo di uno smisurato potere mediatico e politico, che certamente influenza e determina costumi e morale, ha annacquato il disvalore etico di determinati comportamenti;

considerato che:

le rilevazioni maggiormente accreditate, quelle che hanno potuto considerare le condizioni politico-economico-giudiziarie di un vasto numero di nazioni, in particolare quelle della Banca mondiale, confermano il dato secondo il quale alti livelli di costituzione, reale e percepita, sono associati a quella che viene definita una «povera» capacità di governance, cioè di elaborazione di politiche generali e di esercizio di controlli;

le stesse rilevazioni, con riguardo a nazioni nelle quali il livello di costituzione è moderato o addirittura modesto, a fronte di buona e forte governance, presentano, piuttosto che giudizi soddisfacenti, l'indicazione di strumenti di prevenzione e controllo altrettanto incisivi di quelIi necessari ad intervenire nei contesti di elevato tenore di corruzione;

in Italia, i cittadini che nutrono sentimenti di forte lealtà verso l'interesse generale e verso le istituzioni e le pubbliche amministrazioni iniziano a sentirsi in minoranza, poiché i crescenti livelli di corruzione risultano in forte dissonanza con un quadro legale evoluto e radicato nella cultura giuridica del Paese. La legge sul procedimento amministrativo (n.241 del 1990), il decreto legislativo sulla responsabilità penale amministrativa d'impresa (n.231 del 2001), il sistema generale di controlli pubblici e di quelli stabiliti per le società private, il prezioso lavoro delle Forze dell'ordine e della magistratura, la sottoscrizione e la ratifica di trattati internazionali (da ultimo, si veda la legge n.116 del 2009 di ratifica della Convenzione ONU contro la corruzione) e nel futuro più prossimo l'auspicabile ratifica ed esecuzione delle Convenzioni civile e penale sulla corruzione, definite a Strasburgo l'una nel novembre 1999, l'altra nel gennaio dello stesso anno, ovvero l'intero sistema normativo del Paese deporrebbero per un'adeguata cornice legale contro la corruzione; e tuttavia, il dato crescente della corruzione pone interrogativi sulle dinamiche reali in corso nel Paese, ben oltre quelle legali;

più che una percezione, vi è il fondato timore che la soglia di accettazione della corruzione, nei comuni e nelle città, negli uffici pubblici e in quelli privati, nei gruppi sociali, aggravata dall'incombente crisi economico-sociale, si sia abbassata, con il rischio di una generalizzata rassegnazione nella concretezza della quotidianità;

il rimbombo di richiami aI pragmatismo, non conseguenti ad un principio di responsabilità attrezzato con regole, comportamenti etici e politici, e con trasparenti meccanismi funzionali e procedurali concorre a distorcere il senso comune, con il rischio concreto di screditare anche il rispetto per il fare, per realizzare interventi pubblici, servizi, trasformazioni territoriali moderne e sostenibili;

stime pari a 60-70 miliardi di euro di corruzione all'anno costituiscono una mostruosità finanziaria, non dimenticando che un fiume ben più che doppio di miliardi di curo passa per l'evasione fiscale. La Corte dei conti, la relazione del SAeT ed agenzie indipendenti come Transparency lnternational sono concordi nella valutazione dell'enormità dello stock annuale di corruzione. Quanto sia il valore effettivo, in realtà lo si ignora: probabilmente è superiore ai dati di stima;

c'è un'indicazione di massima delle aree nelle quali si produce corruzione, ma è compito delle lstituzioni pubbliche rendere disponibile il tracciato della corruzione, modalità per modalità, settore per settore, soggetto per soggetto, a partire dalla sanità, dove molto alto è il livello di indebita intermediazione politica;

c'è stata una stagione nella quale i controlli, nelle loro variabili più aggiornate - il controllo interno, il controllo strategico, il controllo di gestione, l'accertamento della qualità - assieme a quelli tradizionali di legittimità hanno aiutato a rassicurare il Paese circa la volontà politica ed istituzionale di mettere fuori gioco le variabili criminose della competizione economica. Occorre prendere atto, alla luce dei conclamati numeri della costruzione, del loro fallimento;

il Governo, lo scorso 1º marzo ha dato notizia di aver approvato un disegno di legge anticorruzione, in un momento in cui affioravano pesanti episodi di presunta corruzione. Questo disegno di legge, allo stato, non è stato tuttavia ancora presentato in Parlamento;

«a coloro ai quali molto è dato, molto è richiesto», affermò John Fitzgerald Kennedy. Conformemente alla Convenzione ONU, alla politica, in Italia, è oggi richiesto di «elaborare o perseguire, secondo i principi fondamentali del sistema giuridico italiano, politiche di prevenzione della corruzione efficaci e coordinate che favoriscano la partecipazione della società e rispecchino i principi dello Stato di diritto, di buona gestione degli affari pubblici e dei beni pubblici, di integrità, di trasparenza e di responsabilità»; a questi fini è cruciale un'ampia partecipazione democratica e civica,

impegna il Governo:

a) a dare attuazione piena ed integrale alla Convenzione ONU sulla corruzione ratificata con legge n. 116 del 2009, con le seguenti specificazioni: l'organo di prevenzione della corruzione, per il quale già l'Alto commissario per la lotta alla corruzione auspicava che si trasformasse in autorità indipendente, godrà dell'indipendenza necessaria ad esercitare le proprie funzioni al riparo da ogni indebita influenza; b) a promuovere l'aggiornamento della legge n.241 del 1990 alla luce dei princìpi dell'articolo 10 della Convenzione ONU, previa indizione di una sessione dedicata della Conferenza unificata per l'analisi del suo funzionamento, dell'impatto sul procedimento amministrativo, delle distorsioni registrate;

c) a propone al Parlamento: un quadro di disposizioni concernenti il settore privato che non costituiscano appesantimento ma, piuttosto, semplificazione degli oneri burocratici e consentano di rafforzare i controlli in funzione anticorruttiva; misure che disciplinino la tracciabilità dell'intero percorso del danaro pubblico erogato nell'ambito di procedure ad evidenza pubblica o in qualunque altro modo speso dalle pubbliche amministrazioni con particolare cura agli interventi nell'ambito delle procedure d'urgenza; misure volte ad adeguare l'ordinamento ai princìpi e agli istituti penalistici definiti nella Convenzione ONU in materia di repressione della corruzione, dando attuazione, in particolare, a quello secondo il quale i vantaggi della corruzione devono essere facilmente considerati inferiori agli svantaggi derivanti dalle sanzioni per comportamenti corruttivi;

d) a dar vita ad un organismo di confronto permanente per l'analisi dei fenomeni corruttivi cui prendano parte tra gli altri la Conferenza Unificata, la Banca d'Italia, la CONSOB;

e) ad assumere un'iniziativa legislativa per la regolamentazione delle attività lobbistiche, che sia ispirata al princìpio fondamentale secondo il quale l'acquisizione da parte delle istituzioni delle informazioni necessarie alla decisione è parte del procedimento formale, e le informazioni ricevute debbano essere corredate dal parere di un autorevole soggetto indipendente;

f) a recepire in ogni comparto legislativo il principio di corrispondenza tra concorso pubblico ed incarico pubblico;

g) a stabilire il regime di separazione tra funzioni consultive e funzioni giurisdizionali nell'ambito dell'assegnazione di incarichi pubblici;

h) a proporre un nuovo sistema unitario e coordinato per le procedure di appalto, l'esecuzione dei lavori e i relativi controlli;

i) a rafforzare e rendere più efficiente l'azione della Corte dei conti, anche per il risarcimento dei danni subiti dall'intero Paese a causa della corruzione, consapevoli che nei Paesi in cui tale fenomeno è diffuso sovente le istituzioni assolvono contro di esso compiti formali, prima che sostanziali;

l) a promuovere una normativa che introduca l'obbligo per il Governo di corredare le proprie iniziative legislative con un'analisi volta a prevenire ogni possibile impatto negativo delle norme in termini di potenziale accrescimento del meccanismi di corruzione.

________________

(*) Accolto dal Governo

 

 

EMENDAMENTO TENDENTE AD INSERIRE UN ARTICOLO AGGIUNTIVO DOPO L'ARTICOLO 2

 

2.0.2000/1

D'ALIA, BALDASSARRI, BRUNO, GERMONTANI, PISTORIO, SERRA

Improcedibile

All'emendamento 2.0.2000, sostituire il comma 1 con i seguenti:

«1. In attuazione dell'articolo 6 della Convenzione dell'organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall'Assemblea generale il 31 ottobre 2003 e ratificata con la legge 3 agosto 2009, n.116, le funzioni di coordinamento e di controllo per il contrasto ai fenomeni corruttivi e di illegalità nelle amministrazioni pubbliche sono attribuite, a livello nazionale, alla Autorità indipendente per la prevenzione della corruzione e dei fenomeni di illegalità nelle amministrazioni pubbliche, di cui al successivo comma 1-bis.

1-bis. È istituita l'Autorità indipendente per la prevenzione della corruzione e dei fenomeni di illegalità nelle amministrazioni pubbliche, denominata ai fini della presente legge Autorità, con sede in Roma.

1-ter. L'Autorità, che opera quale Autorità nazionale anticorruzione ai sensi dell'articolo 6 della legge 3 agosto 2009, n. 116, agisce in piena autonomia e indipendenza ed è organo collegiale costituito dal presidente e da quattro membri nominati con determinazione adottata d'intesa dai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. I componenti dell'Autorità sono scelti tra magistrati di ogni ordine con almeno quindici anni di anzianità di servizio, professori ordinari di università in materie giuridiche o economiche, avvocati dopo quindici anni di esercizio, prefetti e dirigenti generali della pubblica amministrazione, che abbiano maturato specifiche competenze ed esperienze in materia e che si siano caratterizzati per notoria indipendenza.

1-quater. I membri dell'Autorità restano in carica per cinque anni e non possono essere prorogati o rinominati per un altro mandato. Durante il mandato non possono esercitare, a pena di decadenza, alcuna attività professionale o di consulenza, né possono essere amministratori o dipendenti di enti pubblici o privati, né ricoprire altri uffici pubblici di qualsiasi natura. I dipendenti pubblici e i magistrati, quest'ultimi previa autorizzazione dei competenti organi di autogovemo, sono collocati in aspettativa senza assegni per l'intera durata del mandato. Il presidente ed i componenti dell'Autorità percepiscono un trattamento economico complessivo pari a quello percepito rispettivamente dal presidente e dai componenti dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato.

1-quinquies. L'Autorità ha i seguenti compiti:

a) definisce le linee di indirizzo e di coordinamento delle strategie normative ed operative di analisi, prevenzione e repressione della corruzione e dell'illegalità nelle pubbliche amministrazione, elaborate a livello nazionale e internazionale; a tal fine si avvale di tutte le strutture pubbliche che possano coadiuvarla;

b) collabora con i paritetici organismi regionali ed internazionali, competenti al fine di promuovere e mettere a punto definizioni, norme e metodologie comuni per la prevenzione della corruzione, programmi e progetti internazionali;

c) predispone e coordina, sulla base dei piani delle pubbliche amministrazioni di cui al comma 1-octiesdecies, il Piano nazionale anticorruzione;

d) definisce modelli standard delle informazioni ed i dati occorrenti per il conseguimento degli obiettivi previsti dalla presente legge, secondo modalità che consentano la loro gestione ed analisi informatizzata;

e) istituisce e gestisce una banca dati centralizzata ed informatizzata nella quale inserisce tutti i dati acquisiti nel corso della propria attività, regolandone le modalità di inserimento, aggiornamento ed accesso tramite apposito regolanlento, da adottarsi entro novanta giorni dalla istituzione;

f) conclude protocolli di intesa per il periodico scambio di informazioni e dati con le Autorità giudiziarie e le Forze di polizia;

g) conclude accordi con la Scuola superiore della pubblica amministrazione per la programmazione e la realizzazione di piani formativi e di aggiornamento per il personale delle pubbliche amministrazioni in materia di prevenzione e contrasto alla corruzione ed alle altre forme di illegalità;

h) dispone indagini, anche di natura conoscitiva, di iniziativa propna o per fatti denunciati, con esclusione di quelli oggetto di segnalazione anonime, o su richiesta motivata delle amministrazioni, tesa ad accertare l'esistenza, le cause e le concause di fenomeni di corruzione e di illecito o di pericoli di condizionamento da parte di organizzazioni criminali all'interno della pubblica amministrazione;

i) dispone monitoraggio su procedure contrattuali e di spesa e su comportamenti, e conseguenti atti, da cui possa derivare danno erariale.

1-sexies. L'Autorità esercita le sue funzioni in relazione ad ogni amministrazione pubblica, centrale e locale, ed alle società a prevalente partecipazione pubblica. Esercita altresì attività di controllo sugli enti e le società private che contrattano con la pubblica amministrazione.

1-septies. L'Autorità riferisce al Parlamento, presentando una relazione entro 31 dicembre di ciascun anno, sull'attività di contrasto al fenomeno corruttivo e dell'illegalità nelle amministrazioni pubbliche.

1-octies. L'Autorità, per l'assolvimento dei suoi compiti istituzionali, esercita seguenti poteri:

a) acquisisce dati, informazioni e documenti da ogm pubblica amministrazione, centrale e locale, e da ogni altro soggetto sottoposto al suo controllo;

b) effettua accessi ispettivi presso le sedi delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti, anche privati, sottoposti a controllo;

c) compie audizioni, ove ritenuto utile, di pubblici dipendenti e di responsabili degli enti, anche privati, sottoposti al controllo;

d) ordina alle amministrazioni pubbliche, che non vi abbiano provveduto, di dotarsi di piani organizzativi idonei a prevenire fenomeni corruttivi e di illegalità, ovvero segnala carenze nei piani adottati;

e) impartisce istruzioni alle amministrazioni pubbliche ovvero a singoli dipendenti in ordine a specifiche procedure o condotte che siano in contrasto con i piani organizzativi anticorruzione centrali o delle singole ammini strazioni;

f) irroga sanzioni amministrative m caso di inottemperanza agli ordini, alle segnalazioni ed alle istruzioni impartite.

1-nonies. Ai fini dell'efficace esercizio dei propri poteri, l'Autorità si avvale dell'ausilio della Guardia di Finanza, ovvero anche delle Prefetture e di altri uffici ed organi di polizia.

1-decies. L'Autorità può irrogare le seguenti sanzioni amministrative:

a) in caso di rifiuto, totale o parziale, di comunicazione di dati, informazioni e documenti, la sanzione amministrativa da 150 a 1.500 euro;

b) in caso di rifiuto a sottoporsi ad audizione, la sanzione amministrativa da 300 a 3.000 euro;

c) in caso di mancato consenso all'accesso ispettivo, la sanzione amministrativa da 1.000 a 10.000 euro;

d) in caso di inottemperanza alle istruzioni impartite in ordine a specifiche procedure o condotte che SIano in contrasto con i piani organizzativi anticorruzione, la sanzione amministrativa da 1.500 a 15.000 euro;

e) in caso di inottemperanza agli ordini di dotarsi di piani organizzativi idonei o di mancato adeguamento alle segnalazioni di carenze nei piani adottati la sanzione amministrativa da 2.500 a 25.000 euro.

1-undecies. In caso di particolare gravità della violazione o di pluralità o reiterazione delle violazioni, l'Autorità può aumentare le sanzioni fino al triplo, ovvero irrogare al dipendente pubblico una sanzione aggiuntiva pari all'importo dei premi di produttività, comunque denominati, ed al dirigente una sanzione aggiuntiva pari all'importo della retribuzione di risultato, comunque denominata, per tutti gli anni ai quali le violazioni si riferiscono.

1-duodecies. Con successivo regolamento, adottato entro novanta giorni dalla istituzione e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, l'Autorità stabilisce le regole procedimentali per l'irrogazione delle sanzioni amministrative. Il procedimento deve comunque prevedere, a pena di nullità, regole di garanzia del diritto di difesa, del contraddittorio, di pubblicità degli atti e di adeguata conoscenza delle contestazioni da parte del soggetto incolpato.

1-terdecies. Tutti i provvedimenti dell'Autorità sono ricorribili davanti al Tribunale amministrativo regionale del Lazio. L'Autorità è sempre assistita, in ogni giudizio, dall'Avvocatura dello Stato.

1-quaterdecies. L'Autorità comUnIca immediatamente al titolare del potere disciplinare l'adozione di sanzioni amministrative nei confronti di dipendenti pubblici. L'Autorità è altresì obbligata a comunicare immediatamente all'Autorità giudizi aria fatti, atti o comportamenti penalmente rilevanti. La denuncia non determina la sospensione dell'attività di competenza dell'Autorità.

1-quinquiesdecies. Per i propri compiti l'Autorità utilizza sedi e locali forniti dalla Presidenza del Consiglio dei ministri. La dotazione organica di personale è stabilita, nella fase di prima applicazione delle presenti disposizioni, in cinquanta unità ripartite tra le varie qualifiche, ivi comprese quelle dirigenziali. Il personale è assegnato all'Autorità, su richiesta del Presidente, in posizione di comando o di distacco da altre amministrazioni pubbliche, secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti, conservando lo stato giuridico e il trattamento economico in godimento con oneri a carico dell'amministrazione di appartenenza. L'Autorità può anche stipulare contratti a tempo determinato, della durata massima di un anno e nei limiti della dotazione organica fissata per la fase di prima applicazione, al fine di assicurare la sua piena operatività.

1-sexdecies. Entro sei mesi dall'istituzione dell'Autorità, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, è istituito un apposito ruolo del personale dipendente dell'Autorità. Il numero dei posti previsti dalla pianta organica non può eccedere le cento unità. L'assunzione del personale avviene per pubblico concorso. Il trattamento giuridico ed economico del personale dirigenziale e non dirigenziale e l'ordinamento delle carriere sono stabiliti in base ai criteri fissati dal contratto collettivo di lavoro in vigore per la Banca d'Italia, tenuto conto delle specifiche esigenze funzionali ed organizzative dell'Autorità. Al personale in servizio presso l'Autorità è in ogni caso fatto divieto di assumere altro impiego o incarico o esercitare attività professionali, commerciali e industriali. L'Autorità può assumere direttamente dipendenti con contratto a tempo determinato, disciplinato dalle norme di diritto privato, in numero di trenta unità. L'Autorità può inoltre avvalersi, quando necessario, di esperti da consultare su specifici temi e problemi. Al funzionamento dei servizi e degli uffici dell'Autorità sovraintende il segretario generale, nominato dai membri dell'Autorità, che ne risponde al Presidente.

l-septiesdecies. Agli oneri derivanti dall'istituzione e dal funzionamento dell'Autorità si provvede mediante destinazione delle somme necessarie dal "Fondo unico giustizia", costituito con il decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. A tal fine, il Presidente del Consiglio dei ministri, con proprio decreto ai sensi dell'articolo 2, comma 7, del decreto-legge 16 settembre 2008, n. 143, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181 destina le quote delle risorse intestate "Fondo unico giustizia", anche frutto di utili della loro gestione finanziaria, fino ad una percentuale non superiore all'1 per cento mediante riassegnazione all'Autorità, per assicurarne il funzionamento, con conseguente riduzione percentuale delle altre assegnazioni. Il decreto assicura che all'Autorità siano destinate prevalentemente e preferibilmente risorse provenienti dalla gestione, dall'impiego e dalla vendita di beni sequestrati e confiscati in procedimenti per reati di corruzione e contro la pubblica amministrazione. In caso di insufficienza dell'assegnazione, con successivo decreto, il Presidente del Consiglio dei ministri aumenta le quote minime delle risorse assegnate, fino alla piena copertura degli oneri.

1-octiesdecies. Tutte le pubbliche amministrazioni centrali e locali elaborano e trasmettono annualmente all'Autorità propri piani organizzativi e di attività, che forniscono una valutazione del diverso livello di esposizione al rischio corruzione degli uffici, definiscono gli interventi organizzativi per prevenire i rischi e specificano procedure appropriate per selezionare e formare, anche in collaborazione con la Scuola superiore della pubblica amministrazione, dipendenti chiamati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione».

 

2.0.2000/2

D'ALIA, BALDASSARRI, BRUNO, GERMONTANI, PISTORIO, SERRA

Respinto

All'emendamento 2.0.2000, sopprimere il comma 2.

 

2.0.2000/3

MAZZATORTA, BODEGA, VALLI

Ritirato

All'emendamento 2.0.2000, al comma 2, sostituire la lettera b) con la seguente:

«b) collabora con il Dipartimento della funzione pubblica alla predisposizione del Piano nazionale anticorruzione di cui al comma 4 lettera c);».

Conseguentemente, dopo il comma 5, inserire il seguente:

«5-bis. Lo schema di Piano nazionale anticorruzione predisposto ai sensi del comma 4, lettera c) è trasmesso alla Camera ai fini dell'espressione dei pareri delle competenti commissioni parlamentari, che sono resi entro trenta giorni dalla data di trasmissione dello schema di Piano. Il piano è adottato dal Consiglio dei Ministri ed è emanato come decreto del Presidente della Repubblica».

 

2.0.2000/4

D'ALIA, BALDASSARRI, BRUNO, GERMONTANI, PISTORIO, SERRA

Respinto

All'emendamento 2.0.2000, sopprimere il comma 3.

 

2.0.2000/5

D'ALIA, BALDASSARRI, BRUNO, GERMONTANI, PISTORIO, SERRA

Respinto

All'emendamento 2.0.2000, sopprimere il comma 4.

 

2.0.2000/6

D'ALIA, BALDASSARRI, BRUNO, GERMONTANI, PISTORIO, SERRA

Respinto

All'emendamento 2.0.2000, sopprimere il comma 5.

 

2.0.2000/7

SPADONI URBANI

V. testo 2

All'emendamento 2.0.2000, al comma 5, lettera c), aggiungere, in fine, le seguenti parole: «, prevedendo la rotazione dei dirigenti sia nelle amministrazioni dirette centrali che in quelle periferiche».

 

2.0.2000/7 (testo 2)

SPADONI URBANI (*)

Approvato

All'emendamento 2.0.2000, al comma 5, lettera c), aggiungere, in fine, le seguenti parole: «, prevedendo negli stessi settori la rotazione di dirigenti e funzionari».

________________

(*) Aggiungono le firme in corso di seduta il senatore Viespoli e tutti i componenti del Gruppo CN-Io Sud

 

2.0.2000/8

D'ALIA, BALDASSARRI, BRUNO, GERMONTANI, PISTORIO, SERRA

Respinto

All'emendamento 2.0.2000, sopprimere il comma 6.

 

2.0.2000

IL GOVERNO

Approvato nel testo emendato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 2-bis.

1. In attuazione dell'articolo 6, della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dalla Assemblea generale dell'ONU il 31 ottobre 2003 e ratificata con la legge 3 agosto 2009, n. 116, e degli articoli 20 e 21 della Convenzione penale sulla corruzione conclusa a Strasburgo il 27 gennaio 1999, la presente legge individua, in ambito nazionale, l'Autorità nazionale anticorruzione e gli altri organi incaricati di svolgere, con modalità tali da assicurare azione coordinata, attività di controllo, di prevenzione e di contrasto al fenomeno corruttivo e dell'illegalità nella pubblica amministrazione.

2. La Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, opera quale Autorità nazionale ai sensi degli articoli 6, della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dalla Assemblea generale dell'ONU il 31 ottobre 2003 e ratificata con la legge 3 agosto 2009, n. 116, e degli articoli 20 e 21 della Convenzione penale sulla corruzione conclusa a Strasburgo il 27 gennaio 1999. In particolare, la Commissione:

a) collabora con i paritetici organismi stranieri, con le organizzazioni regionali ed internazionali competenti;

b) approva il Piano nazionale anticorruzione predisposto dal Dipartimento della funzione pubblica di cui al comma 4 lettera c);

c) esercita la vigilanza e il controllo sull'effettiva applicazione e sull'efficacia delle misure adottate dalle pubbliche amministrazioni ai sensi dei commi 4 e 5 del presente articolo;

d) riferisce al Parlamento, presentando una relazione entro il 31 dicembre di ciascun anno, sull'attività di contrasto al fenomeno corruttivo e dell'illegalità nella pubblica amministrazione e sull'efficacia delle disposizioni vigenti in materia.

3. Per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 2, lettera c), la Commissione può esercitare poteri ispettivi chiedendo notizie, informazioni, atti e documenti alle pubbliche amministrazioni, e ordina la rimozione di comportamenti o atti contrastanti con i piani di cui agli articoli 4 e 5.

4. Il Dipartimento della funzione pubblica, anche secondo linee di indirizzo adottate dal Comitato interministeriale istituito e disciplinato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri:

a) coordina l'attuazione delle strategie di prevenzione e contrasto della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione elaborate a livello nazionale e internazionale;

b) promuove e definisce norme e metodologie comuni per la prevenzione della corruzione, coerenti con gli indirizzi, i programmi e i progetti internazionali;

c) predispone sulla base dei piani delle pubbliche amministrazioni centrali di cui al comma 5 il Piano nazionale anticorruzione, anche al fine di assicurare l'attuazione coordinata delle misure di cui alla lettera a);

d) definisce modelli standard delle informazioni e dei dati occorrenti per il conseguimento degli obiettivi previsti dalla presente legge, secondo modalità che consentano la loro gestione ed analisi informatizzata.

5. Le pubbliche amministrazioni centrali elaborano e trasmettono al Dipartimento della funzione pubblica:

a) propri piani di azione che forniscono una valutazione del diverso livello di esposizione al rischio corruzione degli uffici;

b) definiscono gli interventi organizzativi per presidiare il rischio di cui alla lettera a);

c) specificano procedure appropriate per selezionare e formare, in collaborazione con la Scuola Superiore della Pubblica amministrazione, i dipendenti chiamati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione.

6. Dall'attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Gli organi competenti provvedono allo svolgimento delle attività previste dalla presente legge con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 

ORDINE DEL GIORNO

 

G2.0.100

FINOCCHIARO, BIANCO, LEGNINI, SANNA

Non posto in votazione (*)

Il Senato in sede di esame del disegno di legge n. 2156,

premesso che:

l'articolo 4, comma 3, secondo periodo, della legge 4 marzo 2009, n. 15 (Delega al Governo finalizzata all'ottimizzazione della produttività del lavoro pubblico e alla efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni) prevede, a decorrere dall'anno 2010, lo stanziamento della somma di quattro milioni di euro per il finanziamento, con decreto interministeriale, di progetti sperimentali e innovativi nelle materie di competenza della Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche;

l'articolo 13 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, di attuazione della legge delega n. 15 del 2009, prevede l'istituzione, presso la suddetta Commissione, della Sezione per l'integrità nelle amministrazioni pubbliche con la funzione di favorire, all'interno delle stesse amministrazioni, la diffusione della legalità e della trasparenza, di sviluppare interventi a favore della cultura dell'integrità e di promuovere la trasparenza e l'integrità nelle amministrazioni pubbliche;

in coerenza con l'attuazione degli obiettivi della Sezione per l'integrità nelle amministrazioni pubbliche si ritiene utile ed opportuno destinare una quota del suddetto finanziamento di quattro milioni di euro, con delibera della Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche e per un importo non superiore al 30 per cento, alle attività ed ai nuovi compiti in materia di contrasto alla corruzione previsti dal disegno di legge in esame, attività e compiti rientranti nell'ambito delle competenze della Sezione;

impegna il Governo:

ad adottare le iniziative. necessarie a destinare una quota del finanziamento di cui in premessa alle attività ed ai nuovi compiti in materia di contrasto alla corruzione previsti dal provvedimento in esame, in linea con le finalità di trasparenza, legalità ed integrità indicate dall'articolo 13, comma 8, del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150.

________________

(*) Accolto dal Governo

 

 

ARTICOLO 10 DEL DISEGNO DI LEGGE N. 2156

Art. 10.

Non posto in votazione (*)

(Modifiche al testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n.361, ed al testo unico delle leggi recanti norme per la elezione del Senato della Repubblica, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1993, n.533)

1. Dopo l'articolo 6 del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n.361, è inserito il seguente:

«Art. 6-bis. - 1. Salvo quanto previsto dalle norme penali in materia di interdizione dai pubblici uffici, non sono eleggibili a deputati per cinque anni dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna:

a) coloro che hanno riportato condanna definitiva ad una pena superiore a due anni di reclusione per i delitti previsti dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale;

b) coloro che hanno riportato condanna definitiva ad una pena superiore a due anni di reclusione per i delitti previsti dagli articoli 314, primo comma, 316, 316-bis, 317, 318, 319, 319-ter e 320, del codice penale.

2. Agli effetti del comma 1, la sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a pronuncia di condanna.

3. Le disposizioni del presente articolo non si applicano nei confronti di chi è stato condannato con sentenza passata in giudicato o di chi è stato sottoposto a misura di prevenzione con provvedimento definitivo, se è concessa la riabilitazione ai sensi dell'articolo 178 del codice penale e dell'articolo 15 della legge 3 agosto 1988, n.327, e successive modificazioni.

4. La perdita delle condizioni di eleggibilità comporta la decadenza dalla carica di deputato. Essa è dichiarata dalla Camera dei deputati.».

2. All'articolo 5 del testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione del Senato della Repubblica, di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n.533, dopo il comma 1 è aggiunto, in fine, il seguente:

«1-bis). Non sono eleggibili a senatori coloro che si trovano nelle condizioni di cui all'articolo 6-bis del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n.361.».

________________

(*) Approvato l'emendamento 10.251 (testo 2), nel testo emendato, interamente sostitutivo dell'articolo

 

EMENDAMENTI

 

10.1 (testo corretto)

D'ALIA, DELLA MONICA, SERRA, BALDASSARRI, GERMONTANI, VALDITARA, DE ANGELIS, CONTINI, DIGILIO

Respinto

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 10.

1. L'articolo 1 del D.P.R. 20 marzo 1967, n. 223 è sostituito dal seguente:

"Art. 1. - (Elettori). - 1. Sono elettori tutti i cittadini italiani che non si trovino in alcuna delle condizioni previste dagli articoli 2, 3 e 3-bis".

2. L'articolo 2 del D.P.R. 20 marzo 1967, n. 223 è sostituito dai seguenti:

"Art. 2. - (Limitazioni per incapacità civile). - 1. Non sono elettori coloro che non abbiano ancora compiuto il diciottesimo anno di età nel primo giorno fissato per la votazione.

Art. 2-bis. - (Limitazioni per effetto di sentenza penale irrevocabile). - 1. Non sono elettori:

a) i condannati a pena che importa la interdizione perpetua dai pubblici uffici;

b) coloro che sono sottoposti all'interdizione temporanea dai pubblici uffici, per tutto il tempo della sua durata;

c) coloro che sono sottoposti, in forza di provvedimenti definitivi, a misure di sicurezza detentive o alla libertà vigilata o al divieto di soggiorno in uno o più comuni o in una o più province, a norma dell'articolo 215 del codice penale, finché durano gli effetti dei provvedimenti stessi;

d) coloro che hanno riportato condanna definitiva per il delitto previsto dall'articolo 416-bis del codice penale o per il delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui all'articolo 74 del testo unico approvato con D.P.R. 9 ottobre 1990, n.309, o per un delitto di cui all'articolo 73 del citato testo unico, concernente la produzione o il traffico di dette sostanze, o per un delitto concernente la fabbricazione, l'importazione, l'esportazione, la vendita o cessione, nonché, nei casi in cui sia inflitta la pena della reclusione non inferiore ad un anno, il porto, il trasporto e la detenzione di armi, munizioni o materie esplodenti, o per il delitto di favoreggiamento personale o reale commesso in relazione a taluno dei predetti reati;

e) coloro che hanno riportato condanna definitiva per i delitti previsti dagli articoli 314, primo comma (peculato), 316 (peculato mediante profitto dell'errore altrui), 316-bis (malversazione a danno dello Stato), 317 (concussione), 318 (corruzione per un atto d'ufficio), 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio), 319-ter (corruzione in atti giudiziari), 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio) del codice penale;

f) coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva alla pena della reclusione complessivamente superiore a sei mesi per uno o più delitti commessi con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o a un pubblico servizio diversi da quelli indicati nella lettera e);

g) coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva ad una pena non inferiore a due anni di reclusione per delitto non colposo.

2. Le sentenze penali producono la perdita del diritto elettorale solo quando sono passate in giudicato. La sospensione condizionale della pena non ha effetto ai fini della privazione del diritto di elettorato, sia attivo che passivo.

3. Per tutti gli effetti disciplinati dal presente articolo la sentenza prevista dall'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a condanna.

4. Le disposizioni previste dal presente articolo non si applicano nei confronti di chi è stato condannato con sentenza passata in giudicato, se è concessa la riabilitazione ai sensi dell'articolo 178 del codice penale o dell'articolo 15 della legge 3 agosto 1988, n. 327.

Art. 2-ter. - (Limitazioni per indegnità morale). - 1. Non sono elettori:

a) coloro che sono sottoposti, in forza di provvedimenti definitivi, alle misure di prevenzione di cui all'articolo 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come da ultimo modificato dall'articolo 4 della legge 3 agosto 1988, n. 327, finché durano gli effetti dei provvedimenti stessi;

b) coloro nei cui confronti il tribunale ha applicato, con provvedimento definitivo, una misura di prevenzione, in quanto indiziati di appartenere ad una delle associazioni di cui all'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall'articolo 13 della legge 13 settembre 1982, n. 646, finché durano gli effetti del provvedimento stesso.

c) coloro nei confronti dei quali è stata accertata dal Collegio di garanzia elettorale in modo definitivo la violazione delle norme che disciplinano la campagna elettorale ai sensi dell'articolo 14, commi 7, 8 e 9 della legge 10 dicembre 1993, n. 515.

2. La norma prevista dal comma 1 non si applica nei confronti di chi è stato sottoposto a misura di prevenzione con provvedimento definitivo, se è concessa la riabilitazione ai sensi dell'articolo 178 del codice penale o dell'articolo 15 della legge 3 agosto 1988, n. 327".

3. All'articolo 32, primo comma, numero 3) del D.P.R. 20 marzo 1967, n. 223, le parole: "della perdita del diritto elettorale, che risulti da sentenza o da altro provvedimento dell'autorità giudiziaria. A tale scopo, il questore incaricato della esecuzione dei provvedimenti che applicano le misure di prevenzione di cui all'articolo 2, comma 1, lettera b)" sono sostituite dalle seguenti: "della perdita del diritto elettorale, che risulti da sentenza o da altro provvedimento dell'autorità giudiziaria di cui agli articoli 2-bis e 2-ter, compresi gli accertamenti definitivi del Collegio regionale di garanzia elettorale. A tale scopo, il questore incaricato della esecuzione dei provvedimenti che applicano le misure di prevenzione di cui all'articolo 2-ter, comma 1".

4. All'articolo 15, comma 10 della legge 10 dicembre 1993, n. 515, è aggiunto il seguente periodo: "Ai fini della perdita del diritto di elettorato, il Collegio regionale di garanzia elettorale dà comunicazione dell'accertamento definitivo delle violazioni di cui ai commi 7, 8 e 9 al comune di iscrizione nelle liste elettorali, ai sensi dell'articolo 32, numero 3) del D.P.R. 20 marzo 1967, n. 223.".

5. Al comma 1, alinea, dell'articolo 2 della legge 2 luglio 2004, n.165, le parole "Fatte salve le disposizioni legislative statali in materia di incandidabilità per coloro che hanno riportato sentenze di condanna o nei cui confronti sono state applicate misure di prevenzione," sono sostituite dalle seguenti: "Fatto salvo l'obbligo del candidato di disporre dell'elettorato attivo ai sensi degli articoli 2, 2-bis e 2-ter del D.P.R. 20 marzo 1967, n. 223,".

6. L'articolo 58, comma 1 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267 è sostituito dal seguente:

"1. Non possono essere candidati alle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali e non possono comunque ricoprire le cariche di presidente della provincia, sindaco, assessore e consigliere provinciale e comunale, presidente e componente del consiglio circoscrizionale, presidente e componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all'articolo 114, presidente e componente degli organi delle comunità montane, coloro che non dispongono dell'elettorato attivo ai sensi degli articoli 2, 2-bis e 2-ter del D.P.R. 20 marzo 1967, n. 223.".

7. L'articolo 6 del D.P.R. 30 marzo 1957, n. 361 è sostituito dai seguenti:

"Art. 6. - 1. Sono eleggibili a deputato i cittadini italiani che soddisfino tutti i seguenti requisiti:

a) siano elettori;

b) abbiano compiuto il venticinquesimo anno d'età entro il primo giorno fissato per la votazione.

2. Non possono essere candidati a deputato:

a) coloro che versino nelle condizioni soggettive di incandidabilità di cui agli articoli 2-bis e 2-ter del D.P.R. 20 marzo 1967, n. 223;

b) coloro che versino nelle condizioni di ineleggibilità di cui agli articoli 7, 8, 9 e 10.

3. La presentazione della dichiarazione di accettazione della candidatura è corredata:

a) dal certificato di nascita, o documento equipollente, e dal certificato d'iscrizione nelle liste elettorali di un Comune della Repubblica;

b) da una dichiarazione, resa ai sensi degli articoli 46 e 47 del D.P.R. n. 445 del 2000, in cui il candidato attesta di non versare in alcuna delle condizioni di ineleggibilità di cui al comma 2, lettera b).

4. Le condizioni soggettive di cui al comma 2 lettera a) sono rilevate d'ufficio, in sede di procedimento di ammissione delle candidature. La mancata iscrizione alle liste elettorali di cui al titolo II del D.P.R. 20 marzo 1967, n. 223 fa piena prova della condizione soggettiva, salvo l'esito del ricorso giudiziario di cui al titolo IV del medesimo D.P.R. 20 marzo 1967, n. 223.

5. Le condizioni soggettive di cui al comma 2, lettera b) sono eccepite, in sede di procedimento di ammissione delle candidature, da chiunque vi abbia interesse. Il rigetto dell'eccezione è impugnabile con le modalità previste per gli atti elettorali preparatori.

Art. 6-bis. - 1. Quando successivamente alla elezione insorga in capo all'eletto qualcuna delle condizioni soggettive di incandidabilità previste dall'articolo 6, comma 2, lettera a), ovvero quando essa esista al momento della candidatura ma non sia stata rilevata in sede di ammissione delle liste, la Camera di cui l'interessato fa parte gliela contesta, secondo le norme del suo regolamento.

2. L'interessato ha dieci giorni di tempo per riformulare osservazioni.

3. Entro i 10 giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 2, su proposta della Giunta competente, l'assemblea delibera definitivamente e, ove ritenga sussistente la condizione soggettiva di incandidabilità, lo dichiara decaduto, se del caso mediante l'annullamento della convalida dell'elezione. La deliberazione, nel giorno successivo, è depositata nella segreteria dell'assemblea e notificata, entro i cinque giorni successivi, a colui che è stato dichiarato decaduto.

4. Le deliberazioni di cui al presente articolo sono adottate di ufficio o su istanza di qualsiasi elettore.

5. La procedura di cui al presente articolo si applica anche quando si accerta che una delle cause di ineleggibilità di cui dall'articolo 6, comma 2, lettera b), ovvero l'incapacità civile di cui all'articolo 6, comma 1 lettera b), esisteva al momento della candidatura".

8. Coloro che versano nelle condizioni soggettive di cui all'articolo 6, comma 2 del D.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, come introdotto dall'articolo 10-quater, non possono neppure rivestire:

a) qualsiasi altro incarico con riferimento al quale l'elezione o la nomina è di competenza:

1) del Presidente della Repubblica, del Parlamento in seduta comune, dell'Assemblea, del Presidente o dell'Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati o del Presidente o del Consiglio di Presidenza del Senato della Repubblica, del consiglio regionale, provinciale, comunale o circoscrizionale, in virtù di specifiche disposizioni di legge;

2) del Governo o del Presidente del consiglio dei ministri o di singoli ministri, della Giunta regionale o del suo Presidente, della Giunta provinciale o del suo presidente, della Giunta comunale o del sindaco, di assessori regionali, provinciali o comunali;

b) qualsiasi altra carica negli organi esecutivi che per norma di Costituzione o di legge hanno l'obbligo delle dimissioni collegato all'approvazione di una mozione di sfiducia da parte di uno degli organi di cui al numero 1) della lettera a);

c) la carica di:

1) presidente o componente del consiglio di amministrazione dei consorzi;

2) presidente o componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni;

3) consigliere di amministrazione o presidente delle aziende speciali o delle istituzioni di cui all'articolo 114 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n.267;

4) presidente o componente degli organi delle comunità montane.

9. L'eventuale elezione o nomina di coloro che si trovano nelle condizioni di cui al comma 8 è nulla. L'organo che ha provveduto alla nomina o alla convalida dell'elezione è tenuto a revocare il relativo provvedimento non appena venuto a conoscenza dell'esistenza delle condizioni stesse.».

 

10.2

LI GOTTI, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Respinto

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 10. - (Nuove disposizioni in materia di incandidabilità alla carica di deputato o di senatore). - 1. Al testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica, 30 marzo 1957, n. 361, al Capo Il, del Titolo Il sono apportate le seguenti modificazioni:

a) la rubrica è sostituita dalla seguente: "candidabilità ed eleggibilità";

b) dopo l'articolo 6 è inserito il seguente:

"Art. 6-bis. - 1. Non possono essere candidati e non possono comunque ricoprire la carica di deputato coloro che sono stati condannati per un delitto contro la pubblica amministrazione, contro l'amministrazione della giustizia o per uno dei delitti di cui agli artt. 51 e 407 del codice di procedura penale o per il delitto di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche di cui all'art. 640-bis del codice penale.

2. Le sentenze e i provvedimenti definitivi indicati al comma 1, emessi nei confronti di deputati in carica, sono comunicati alla Camera dei deputati per la pronunzia della decadenza.

3. Per tutti gli effetti disciplinati dal presente articolo, la sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a condanna.

4. La Camera dei deputati dichiara la nullità dell'elezione dei propri componenti entro sessanta giorni dalla notizia di condanna definitiva.

5. L'eventuale elezione o nomina di coloro che si trovano nelle condizioni di cui al comma 1, è nulla".

2. All'articolo 5 del testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione del Senato della Repubblica, di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

"1-bis. Non possono essere candidati alle elezioni politiche e non possono comunque ricoprire la carica di senatore coloro che rientrano nelle fattispecie previste dall'articolo 6-bis del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361"».

10.3

D'ALIA, DELLA MONICA, SERRA, BALDASSARRI, GERMONTANI, VALDITARA, DE ANGELIS, CONTINI, DIGILIO

Respinto

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 10. - (Misure di prevenzione in riferimento ai proventi di attività delittuose contro la pubblica amministrazione). - 1. All'articolo 3 della legge 27 dicembre 1956 n. 1423, dopo il terzo comma è aggiunto il seguente:

"Qualora le attività delittuose di cui all'articolo 1, primo comma, numero 2 siano compiute nello svolgimento delle funzioni o del servizio, al pubblico ufficiale od all'incaricato di pubblico servizio è altresì applicata la misura di prevenzione della sospensione temporanea dall'amministrazione dei beni, ai sensi dell'articolo 3-quater della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni, alle seguenti condizioni:

a) che i beni o le altre utilità di cui il soggetto abbia la proprietà o la disponibilità, a qualsiasi titolo, risultino di valore non proporzionato al proprio reddito o alla propria capacità economica. A tal fine le indagini e verifiche, di cui al comma 1 del citato articolo 3-quater, prendono a base di riferimento gli emolumenti annuali resi pubblici ai sensi dell'articolo 21 della legge 18 giugno 2009, n. 69 e dell'articolo 76 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonché le dichiarazioni reddituali rese pubbliche ai sensi dell'articolo 69, comma 6, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600;

b) che la pericolosità sociale sia valutata anche in rapporto al corretto andamento della pubblica amministrazione;

c) che il soggetto non sia in grado di giustificare la legittima provenienza dei beni o altre utilità di cui alla lettera a)".

2. All'articolo 2, comma 1, lettera b) ed all'articolo 10 del D.P.R. 20 marzo 1967, n. 223, le parole: "come da ultimo modificato dall'articolo 4 della legge 3 agosto 1988, n. 327" sono sostituite dalle seguenti: "e successive modificazioni"».

 

10.250

BALBONI

Ritirato

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 10. - (Delega al Governo in materia di ineleggibilità alla carica di deputato e di senatore della Repubblica derivante da sentenze definitive di condanna per delitti non colposi) - 1. Il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, entro un anno dalla entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo per il riordino della normativa in materia di ineleggibilità alla carica di deputato e di senatore della Repubblica.

2. Il decreto legislativo di cui al comma 1 è adottato secondo i seguenti principi e criteri direttivi:

a) ferme restando le norme del codice penale in materia di interdizione perpetua dai pubblici uffici, prevedere che non siano temporaneamente eleggibili a deputati o a senatori coloro che abbiano riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione per i delitti previsti dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale;

b) ferme restando le disposizioni di cui alla lettera a), prevedere per quali altri delitti, per i quali la legge preveda la pena della reclusione superiore nel massimo tre anni, non siano temporaneamente eleggibili a deputati o a senatori coloro che abbiano riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione;

c) prevedere la durata dell'ineleggibilità di cui alle lettere a) e b);

d) prevedere che l'ineleggibilità operi anche in caso di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale;

e) coordinare le disposizioni relative dall'ineleggibilità con le vigenti norme in materia di interdizione dai pubblici uffici e di riabilitazione.

3. Lo schema del decreto legislativo di cui al comma 1, corredato di relazione tecnica, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n.196, è trasmesso alle Camere ai fini dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che sono resi entro sessanta giorni dalla data di trasmissione dello schema di decreto. Decorso il termine di cui al periodo precedente senza che le Commissioni abbiano espresso i pareri di rispettiva competenza, il decreto legislativo può essere comunque adottato.»

 

10.251 testo 2/1

FINOCCHIARO, ZANDA, SANNA, CASSON, LEGNINI, BIANCO, DELLA MONICA, INCOSTANTE, MARITATI, ADAMO, BASTICO, CECCANTI, DE SENA, MARINO MAURO MARIA, VITALI, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI

Respinto

All'emendamento 10.251 (testo 2), sostituire le parole da: «Art. 10» fino alla fine dell'articolo con le seguenti: «Art. 10. - (Modifiche al testo unico delle leggi recanti norme perla elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, ed al testo unico delle leggi recanti norme per la elezione del Senato della Repubblica, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1993, n. 533) - 1. L'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361 (Testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione della Camera dei deputati) è sostituito dai seguenti:

"Art. 6. - 1. Sono eleggibili a deputato i cittadini italiani che soddisfino tutti seguenti requisiti:

a) siano elettori:

b) abbiano compiuto il venticinquesimo anno d'età entro il primo giorno fissato per la votazione.

2. Non possono essere candidati e non possono comunque ricoprire la carica di deputato:

a) coloro che versino nelle condizioni soggettive di incandidabilità di cui all'articolo 6-bis;

b) coloro che versino nelle condizioni di ineleggibilità di cui agli articoli 7, 8, 9 e 10.

3. La presentazione della dichiarazione di accettazione della candidatura è corredata:

a) dal certificato di nascita, o documento equipollente, e dal certificato d'iscrizione nelle liste elettorali di un Comune della Repubblica;

b) da una dichiarazione, resa ai sensi degli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, in cui il candidato attesta di non versare in alcuna delle condizioni di cui al conuna 2.

4. Le condizioni soggettive di cui al comma 2, lettera a), sono rilevate d'ufficio, in sede di procedimento di ammissione delle candidature.

5. Le condizioni soggettive di cui al comma 2, lettera b), sono eccepite, in sede di procedimento di ammissione delle candidature, da chiunque vi abbia interesse. Il rigetto dell'eccezione è impugnabile con le modalità previste per gli atti elettorali preparatori".

2. Dopo l'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361 (Testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione della Camera dei deputati) sono inseriti i seguenti:

"Art. 6-bis. - 1. Non possono essere candidati e non possono comunque ricoprire la carica di deputato:

a) i condannati a pena che importa la interdizione perpetua dai pubblici uffici;

b) coloro che sono sottoposti all'interdizione temporanea dai pubblici uffici, per tutto il tempo della sua durata;

c) coloro che sono sottoposti, in forza di provvedimenti definitivi, a misure di sicurezza detentive o alla libertà vigilata o al divieto di soggiorno in uno o più comuni o in una o più province, a norma dell'articolo 215 del codice penale, finché durano gli effetti dei provvedimenti stessi;

d) coloro che hanno riportato condanna definitiva per il delitto previsto dall'articolo 416-bis del codice penale o per il delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui all'articolo 74 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, o per un delitto di cui all'articolo 73 del citato testo unico, concernente la produzione o il traffico di dette sostanze, o per un delitto concernente la fabbricazione, l'importazione, l'esportazione, la vendita o cessione, nonché, nei casi in cui sia inflitta la pena della reclusione non inferiore ad un anno, il porto, il trasporto e la detenzione di armi, munizioni o materie esplodenti, o per il delitto di favoreggiamento personale o reale commesso in relazione a taluno dei predetti reati;

e) coloro che hanno riportato condanna definitiva per i delitti previsti dagli articoli 314, primo comma (peculato), 316 (peculato mediante profitto dell'errore altrui), 316-bis (malversazione a danno dello Stato), 317 (concussione), 318 (corruzione per un atto d'ufficio), 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio), 319-ter (corruzione in atti giudiziari), 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio) del codice penale;

f) coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva alla pena della reclusione complessivamente superiore a un atto per uno o più delitti commessi con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o a un pubblico servizio diversi da quelli indicati nella lettera e);

g) coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva ad una pena non inferiore a due anni di reclusione per delitto non colposo, diverso dalle fattispecie di cui alle lettere precedenti, punito con pena edittale non inferiore a due anni di reclusione.

2. Le sentenze penali producono la perdita del diritto elettorale solo quando sono passate in giudicato. La sospensione condizionale della pena non ha effetto ai fini della privazione del diritto di elettorato, sia attivo che passivo.

3. Per tutti gli effetti disciplinati dal presente articolo la sentenza prevista dall'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a condanna.

4. Le disposizioni previste dal presente articolo non si applicano nei confronti di chi è stato condannato con sentenza passata in giudicato, se è concessa la riabilitazione, ai sensi dell'articolo 178 del codice penale o dell'articolo 15 della legge 3 agosto 1988, n. 327.

Art. 6-ter. - 1. Quando successivamente alla elezione insorga in capo all'eletto qualcuna delle condizioni soggettive di incandidabilità previste dall'articolo 6, comma 2, lettera a), ovvero quando essa esista al momento della candidatura ma non sia stata rilevata in sede di ammissione delle liste, la Camera di cui l'interessato fà parte gliela contesta, secondo le norme del suo regolamento.

2. L'interessato ha dieci giorni di tempo per riformulare le osservazioni.

3. Entro i 10 giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 2, su proposta della Giunta competente, l'assemblea delibera definitivamente e, ove ritenga sussistente la condizione soggettiva di incandidabilità, lo dichiara decaduto, se del caso mediante l'annullamento della convalida dell'elezione. La deliberazione, nel giorno successivo, è depositata nella segreteria dell'assemblea e notificata, entro i cinque giorni successivi, a colui che è stato dichiarato decaduto.

4. Le deliberazioni di cui al presente articolo sono adottate di ufficio o su istanza di qualsiasi elettore.

5. La procedura di cui al presente articolo si applica anche quando si accerta che una delle cause di ineleggibilità di cui dall'articolo 6, comma 2, lettera b), ovvero l'incapacità civile di cui all'alticolo 6, comma 1, lettera b), esisteva al momento della candidatura".

3. All'articolo 22, primo comma, numero 5), del testo unico delle leggi recanti le norme per relezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e successive modificazioni, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: "e di quelli per i quali non sia stata presentata la dichiarazione sostitutiva comprovante l'insussistenza delle cause di incandidabilità di cui all'articolo 6-bis o nel caso in cui le dichiarazioni non siano veritiere".

4. All'articolo 5 del decreto legislativoc1e.cl'eto legislativ 20 dicembre 1993, n. 533 (Testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione del Senato della Repubblica) sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

"1-bis. Non possono essere candidati al Senato della Repubblica e non possono comunque ricoprire la carica di senatore coloro che ricadono nelle fattispecie previste dall'articolo 6, comma 2, del testo unico delle leggi recante norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361.

1-ter. Le condizioni soggettive di incandidabilità sono rilevate secondo le modalità di cui agli articoli 6, commi 4 e 5 e 6-bis di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n.361".

5. Le disposizioni previste dal comma 1 dell'articolo 6-bis del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, si applicano a qualsiasi altro incarico con riferimento al quale, in virtù di specifiche disposizioni di legge, l'elezione o la nomina è di competenza dell'Assemblea, del Presidente o dell'Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati o del Presidente o del Consiglio di Presidenza del Senato della Repubblica».

 

10.251 testo 2/2

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA, BARBOLINI, AGOSTINI

Ritirato

All'emendamento 10.251 (testo 2), sostituire le parole da: «Art. 10» fino alla fine dell'articolo con le seguenti:

«Art. 10. - (Misure di trasparenza nell'assunzione di incarichi di governo) - 1. Per l'assunzione di incarichi di governo, gli interessati devono attestare di non trovarsi in una delle seguenti condizioni:

a) che non sia stata disposta nei loro confronti misura cautelare, non revocata o non annullata, ovvero che non sia stato emesso a loro carico decreto di rinvio a giudizio o sentenza anche non definitiva:

1) per un delitto contro la pubblica amministrazione o contro l'amministrazione della giustizia, che comporti interdizione dai pubblici uffici;

2) per uno dei delitti previsti dagli articoli 629, 640-bis, 644, 648-bis e 648-ter del codice penale;

3) per il delitto previsto dall'articolo 12-quinquies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356;

4) per il delitto dl attività organizzate in materia di traffico illecito di rifiuti;

5) per uno dei delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale ovvero per un delitto per il quale ricorra la circostanza aggravante di cui all'articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203;

b) che non siano stati destinatiri di:

1) misure di prevenzione personali o patrimoniali, ancorché non definitive, ai sensi della legge 31 maggio 1965, n.575;

2) di divieti, sospensioni e decadenze ai sensi della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, ovvero della legge 31 maggio 1965, n. 575;

c) che non siano stati rimossi, sospesi o dichiarati decaduti ai sensi dell'articolo 142 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267.

2. Ai fini del presente articolo, la sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a condanna».

 

10.251 testo 2/3

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Ritirato

All'emendamento 10.251 (testo 2), sostituire le parole da: «Art. 10» fino alla fine dell'articolo con le seguenti: «Art. 10. - 1. All'articolo 60 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali dopo il comma 1 sono inseriti i seguenti commi:

"1-bis. Salvo quanto previsto dalle norme penali in materia di interdizione dai pubblici uffici, non sono eleggibili a sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale e circoscrizionale:

a) coloro che hanno riportato condanna definitiva per i delitti previsti dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale;

b) coloro che hanno riportato condanna definitiva per i delitti previsti dagli articoli 314, primo comma, 316, 316-bis, 317, 318, 319, 319-ter e 320, 640-bis, 644, 648-bis e 648-terdel codice penale.

1-ter. Agli effetti del comma 1-bis, la sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a pronuncia di condanna.

1-quater. Le disposizioni di cui ai commi 1-bis ed 1-ter, del presente articolo, non si applicano nei confronti di chi è stato condannato con sentenza passata in giudicato, se è concessa la riabilitazione ai sensi dell'articolo 178 del codice penale. La perdita delle condizioni di eleggibilità, per i motivi di cui ai commi 1-bis ed 1-ter, comporta la decadenza dalla carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale e circoscrizionale.

1-quinquies. Le disposizioni di cui ai commi 1-bis 1-ter 1-quater, 1-quinquies del presente articolo costituiscono princìpi fondamentali in materia di ineleggibilità alle elezioni regionali"».

 

10.251 testo 2/4

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Ritirato

All'emendamento 10.251 (testo 2), sostituire le parole da: «Art. 10» fino alla fine dell'articolo con le seguenti: «Art. 10. - (Modifiche al testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, ed al testo unico delle leggi recanti norme per la elezione del Senato della Repubblica, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1993, n. 533). - 1. Dopo l'articolo 6 del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, è inserito il seguente:

"Art. 6-bis.

1. Salvo quanto previsto dalle norme penali in materia di interdizione dai pubblici uffici, non sono eleggibili a deputati:

a) coloro che hanno riportato condanna definitiva per i delitti previsti dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale;

b) coloro che hanno riportato condanna definitiva per i delitti previsti dagli articoli 314, primo comma, 316, 316-bis, 317, 318, 319, 319-ter, 320, 640-bis, 644, 648-bis e 648-ter del codice penale".

2. Agli effetti del comma 1, la sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a pronuncia di condanna.

3. Le disposizioni del presente articolo non si applicano nei confronti di chi è stato condannato con sentenza passata in giudicato o di chi è stato sottoposto a misura di prevenzione con provvedimento definitivo, se è concessa la riabilitazione ai sensi dell'articolo 178 del codice penale e dell'articolo 15 della legge 3 agosto 1988, n. 327, e successive modificazioni.

4. La perdita delle condizioni di eleggibilità comporta la decadenza dalla carica di deputato. Essa è dichiarata dalla Camera dei deputati.".

2. All'articolo 5 del testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione del Senato della Repubblica, di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, dopo il comma 1 è aggiunto, in fine, il seguente:

"1-bis. Non sono eleggibili a senatore coloro che si trovano nelle condizioni di cui all'articolo 6-bis del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361.".»

 

10.251 testo 2/5

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Ritirato

All'emendamento 10.251 (testo 2), sostituire le parole da: «Art. 10» fino alla fine dell'articolo con le seguenti: «Art. 10. - (Modifiche al testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, ed al testo unico delle leggi recanti norme per la elezione del Senato della Repubblica, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1993, n. 533). - 1. Dopo l'articolo 6 del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, è inserito il seguente:

"Art. 6-bis.

1. Salvo quanto previsto dalle norme penali in materia di interdizione dai pubblici uffici, non sono eleggibili a deputati:

a) coloro che hanno riportato condanna definitiva per i delitti previsti dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale;

b) coloro che hanno riportato condanna definitiva per i delitti previsti dagli articoli 314, primo comma, 316, 316-bis, 317, 318, 319, 319-ter e 320, del codice penale".

2. Agli effetti del comma 1, la sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a pronuncia di condanna.

3. Le disposizioni del presente articolo non si applicano nei confronti di chi è stato condannato con sentenza passata in giudicato o di chi è stato sottoposto a misura di prevenzione con provvedimento definitivo, se è concessa la riabilitazione ai sensi dell'articolo 178 del codice penale e dell'articolo 15 della legge 3 agosto 1988, n. 327, e successive modificazioni.

4. La perdita delle condizioni di eleggibilità comporta la decadenza dalla carica di deputato. Essa è dichiarata dalla Camera dei deputati.".

2. All'articolo 5 del testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione del Senato della Repubblica, di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, dopo il comma 1 è aggiunto, in fine, il seguente:

"1-bis. Non sono eleggibili a senatore coloro che si trovano nelle condizioni di cui all'articolo 6-bis del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361.".»

 

10.251 testo 2/6

LI GOTTI, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Respinto

All'emendamento 10.251 (testo 2), al comma 1, sostituire le parole:«un anno» con le seguenti: «centottanta giorni».

 

10.251testo 2/7

LI GOTTI, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Respinto

All'emendamento 10.251 (testo 2), al comma 2, sostituire la lettera a) con la seguente:

«a) ferme restando le disposizioni del codice penale in materia di interdizione dai pubblici uffici, prevedere che non siano candidabili a deputati, a senatori e a parlamentari europei coloro che abbiano riportato condanne per i delitti previsti dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, 380 e 407, comma 2, lettera a) del codice di procedura penale».

 

10.251testo 2/8

LI GOTTI, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Respinto

All'emendamento 10.251 (testo 2), al comma 2, alle lettere a) e b) sopprimere le parole: «a pene superiori a due anni di reclusione».

 

10.251testo 2/9

LI GOTTI, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Respinto

All'emendamento 10.251 (testo 2), al comma 2, sostituire la lettera b), con le seguenti:

«b) prevedere, in aggiunta a quanto previsto dalla lettera a), che non possano essere candidati e non possono comunque ricoprire la carica di deputati, senatori e parlamentari europei coloro che siano stati condannati per un delitto contro la pubblica amministrazione, contro l'amministrazione della giustizia o per i delitti di cui agli articoli 640-bis, 648-bis e 648-ter del codice penale;

b-bis) prevedere che l'eventuale elezione o nomina di coloro che si trovino nelle condizioni di cui al comma 2 sia nulla».

 

10.251testo 2/10

LI GOTTI, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Respinto

All'emendamento 10,251 (testo 2), al comma 2, alla lettera b) sostituire le parole: «Titolo Il, Capo I», con le seguenti: «Titoli Il e III».

 

10.251testo 2/11

LI GOTTI, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Respinto

All'emendamento 10.251 (testo 2), al comma 2, lettera b) sopprimere le parole: «Capo I».

 

10.251 testo 2/12

LI GOTTI, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Respinto

All'emendamento 10.251 (testo 2), al comma 2, alla lettera b), sopprimere le parole: «e, se del caso, per altri», con le seguenti: «e per i».

 

10.251 testo 2/13

LI GOTTI, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Approvato

All'emendamento 10.251 (testo 2), al comma 2, dopo la lettera e), inserire la seguente:

«e-bis) prevedere che le condizioni di incandidabilità alla carica di deputato e di senatore di cui alla presente legge siano applicate altresì all'assunzione delle cariche di Governo».

 

10.251 testo 2/14

LI GOTTI, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Respinto

All'emendamento 10.251 (testo 2), al comma 2, alla lettera g), sostituire la parola: «valutare», con la seguente: «prevedere».

 

10.251 testo 2/15

LI GOTTI, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Respinto

All'emendamento 10.251 (testo 2), dopo il comma 2 inserire il seguente:

«2-bis. Il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, entro centottanta giorni dalla entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo materia di cause ostative all'assunzione di cariche di governo, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:

a) prevedere che non possano ricoprire incarichi di governo coloro nei confronti dei quali è stato disposto il decreto di cui all'articolo 429 del codice di procedura penale per un delitto contro la pubblica amministrazione, contro l'amministrazione della giustizia o per uno dei delitti di cui agli articoli 51 e 407 del codice di procedura penale o per il delitto di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche di cui all'articolo 640-bis del codice penale;

b) prevedere che per titolari di incarichi di governo si intendono il Presidente del Consiglio dei ministri, i Vice Presidenti del Consiglio dei ministri, i Ministri, i Vice Ministri, i Sottosegretari di Stato e i commissari straordinari del Governo di cui all'articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n 400;

c) prevedere che l'eventuaie nomina di coloro che si trovino nelle condizioni di cui alla lettera a) sia nulla e che i medesimi effetti si determinino qualora le cause ostative di intervengano successivamente all'assunzione di uno degli incarichi di governo».

Conseguentemente, sostiture il comma 3 con il seguente:

«3. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1 e al comma 2-bis, corredati di relazione tecnica, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, sono trasmessi alle Camere ai fini dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che sono resi entro sessanta giorni dalla data di trasmissione dello schema di decreto. Decorso il termine di cui ai periodo precedente senza che le Commissioni abbiano espresso i pareri di rispettiva competenza, i decreti legislativi possono essere comunque adottati».

 

10.251 testo 2/16

SALTAMARTINI

Ritirato

Al comma 2, dopo la lettera g), aggiungere le seguenti:

g-bis) prevedere l'incandidabilità e il divieto di ricoprire le cariche di cui alla lettera f) per i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, esclusi quelli in servizio presso le giurisdizioni superiori, i quali abbiano esercitato le loro funzioni in un ufficio giudiziario ubicato:

1) nella regione, per le elezioni, e le cariche regionali;

2) nel distretto di corte d'appello o nella circoscrizione di competenza del tribunale amministrativo regionale o della sezione regionale della Corte dei conti o del tribunale militare, per le elezioni e le cariche diverse da quelle di cui al numero 1);

g-ter) prevedere che, relativamente alle elezioni di cui alla lettera f), i magistrati candidati non eletti ed i magistrati eletti non possano esercitare le proprie funzioni presso uffici con competenza su comuni compresi nella circoscrizione elettorale nella quale sono stati eletti o candidati;

g-quater) prevedere che i magistrati i quali abbiano ricoperto gli incarichi di cui alla lettera f) non possano esercitare le proprie funzioni presso uffici compresi, rispettivamente, nel territorio di regioni, province o comuni nei quali hanno ricoperto l'incarico.

 

 

 

10.251 (testo 2)

MALAN

Approvato nel testo emendato

Sostituire l'articolo, con il seguente:

«Art. 10.

(Delega al Governo per l'adozione di un testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e divieto di ricoprire cariche elettive e di governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi)

1. Il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, entro un anno dalla entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo contenente un testo unico della normativa in materia di incandidabilità alla carica di deputato e di senatore della Repubblica, di incandidabilità alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali e di divieto di ricoprire le cariche di presidente e componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all'articolo 114 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, presidente e componente degli organi esecutivi delle comunità montane.

2. Il decreto legislativo di cui al comma 1 contiene il riordino e l'armonizzazione della vigente normativa ed è adottato secondo i seguenti principi e criteri direttivi:

a) ferme restando le disposizioni del codice penale in materia di interdizione perpetua dai pubblici uffici, prevedere che non siano temporaneamente candida bili a deputati o a senatori coloro che abbiano riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione per i delitti previsti dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale;

b) in aggiunta a quanto previsto nella lettera a), prevedere che non siano temporaneamente candida bili a deputati o a senatori coloro che abbiano riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione per i delitti previsti nel Libro Il, Titolo Il, Capo I del codice penale e, se del caso, per altri delitti per i quali la legge preveda una pena detentiva superiore nel massimo tre anni;

c) prevedere la durata dell'incandidabilità di cui alle lettere a) e b);

d) prevedere che l'incandidabilità operi anche in caso di applicazione della pena su richiesta, si sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale;

e) coordinare le disposizioni relative all'incandidabilità con le vigenti norme in materia di interdizione dai pubblici uffici e di riabilitazione, nonché con le restrizioni all'esercizio del diritto di elettorato attivo;

f) operare una completa ricognizione della normativa vigente in materia di incandidabilità alle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali e divieto di ricoprire le cariche di presidente della provincia, sindaco, assessore e consigliere provinciale e comunale, presidente e componente del consiglio circoscrizionale, presidente e componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all'articolo 114 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, presidente e componente degli organi delle comunità montane determinata da sentenze definitive di condanna;

g) valutare per le cariche di cui alla lettera f), in coerenza con le scelte operate in attuazione della lettera a) e della lettera h), l'introduzione di ulteriori ipotesi di incandidabilità determinate da delitti di grave allarme sociale;

h) individuare, fatta salva la competenza legislativa regionale sul sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della Giunta regionale nonché dei consiglieri regionali, le ipotesi di incandidabilità alle elezioni regionali e di divieto di ricoprire cariche negli organi politici di vertice delle regioni conseguenti a sentenze definitive di condanna;

i) prevedere l'abrogazione espressa della normativa incompatibile con le disposizioni del decreto legislativo di cui al comma 1;

l) disciplinare le ipotesi di sospensione e decadenza di diritto dalle cariche di cui al comma 1 in caso di sentenza definitiva di condanna per delitti non colposi successiva alla candidatura o all'affidamento della carica.

3. Lo schema del decreto legislativo di cui al comma 1, corredato di relazione tecnica, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, è trasmesso alle Camere ai fini dell'espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che sono resi entro sessanta giorni dalla data di trasmissione dello schema di decreto. Decorso il termine di cui al periodo precedente senza che le Commissioni abbiano espresso i pareri di rispettiva competenza, il decreto legislativo può essere comunque adottato».

 

10.300 (testo 2)

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA, BARBOLINI, AGOSTINI

Ritirato

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 10. - (Modifiche al testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, ed al testo unico delle leggi recanti norme per la elezione del Senato della Repubblica, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 20 dicembre 1993, n. 533). - 1. L'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223, è sostituito dal seguente:

"Art. 1. - (Elettori). - 1. Sono elettori tutti i cittadini italiani che non si trovino in alcuna delle condizioni previste dagli articoli 2, 3 e 3-bis".

2. L'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223, è sostituito dai seguenti:

"Art. 2. - (Limitazioni per incapacità civile). - 1. Non sono elettori coloro che non abbiano ancora compiuto il diciottesimo anno di età nel primo giorno fissato per la votazione.

Art. 2-bis. - (Limitazioni per effetto di sentenza penale irrevocabile). - 1. Non sono elettori:

a) i condannati a pena che importa la interdizione perpetua dai pubblici uffici;

b) coloro che sono sottoposti all'interdizione temporanea dai pubblici uffici, per tutto il tempo della sua durata;

c) coloro che sono sottoposti, in forza di provvedimenti definitivi, a misure di sicurezza detentive o alla libertà vigilata o al divieto di soggiorno in uno o più comuni o in una o più province, a norma dell'articolo 215 del codice penale, finché durano gli effetti dei provvedimenti stessi;

d) coloro che hanno riportato condanna definitiva per il delitto previsto dall'articolo 416-bis del codice penale o per il delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui all'articolo 74 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309, o per un delitto di cui all'articolo 73 del citato testo unico, concernente la produzione o il traffico di dette sostanze, o per un delitto concernente la fabbricazione, l'importazione, l'esportazione, la vendita o cessione, nonché, nei casi in cui sia inflitta la pena della reclusione non inferiore ad un anno, il porto, il trasporto e la detenzione di armi, munizioni o materie esplodenti, o per il delitto di favoreggiamento personale o reale commesso in relazione a taluno dei predetti reati;

e) coloro che hanno riportato condanna definitiva per i delitti previsti dagli articoli 314, primo comma (peculato), 316 (peculato mediante profitto dell'errore altrui), 316-bis (malversazione a danno dello Stato), 317 (concussione), 318 (corruzione per un atto d'ufficio), 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio), 319-ter (corruzione in atti giudiziari), 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio) del codice penale;

f) coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva alla pena della reclusione complessivamente superiore a un anno per uno o più delitti commessi con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o a un pubblico servizio diversi da quelli indicati nella lettera e);

g) coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva ad una pena non inferiore a due anni di reclusione per delitto non colposo.

2. Le sentenze penali producono la perdita del diritto elettorale solo quando sono passate in giudicato. La sospensione condizionale della pena non ha effetto ai fini della privazione del diritto di elettorato, sia attivo che passivo.

3. Per tutti gli effetti disciplinati dal presente articolo la sentenza prevista dall'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a condanna.

4. Le disposizioni previste dal presente articolo non si applicano nei confronti di chi è stato condannato con sentenza passata in giudicato, se è concessa la riabilitazione ai sensi dell'articolo 178 del codice penale o dell'articolo 15 della legge 3 agosto 1988, n. 327".

3. L'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, è sostituito dai seguenti:

"a) Art. 6. - 1. Sono eleggibili a deputato i cittadini italiani che soddisfino tutti i seguenti requisiti:

a) siano elettori;

b) abbiano compiuto il venticinquesimo anno d'età entro il primo giorno fissato per la votazione.

2. Non possono essere candidati a deputato:

a) coloro che versino nelle condizioni soggettive di incandidabilità di cui all'articolo 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223;

b) coloro che versino nelle condizioni di ineleggibilità di cui agli articoli 7, 8, 9 e 10.

3. La presentazione della dichiarazione di accettazione della candidatura è corredata:

a) dal certificato di nascita, o documento equipollente, e dal certificato d'iscrizione nelle liste elettorali di un Comune della Repubblica;

b) da una dichiarazione, resa ai sensi degli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, in cui il candidato attesta di non versare in alcuna delle condizioni di ineleggibilità di cui al comma 2, lettera b).

4. Le condizioni soggettive di cui al comma 2, lettera a), sono rilevate d'ufficio, in sede di procedimento di ammissione delle candidature. La mancata iscrizione alle liste elettorali di cui al titolo II del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223, fa piena prova della condizione soggettiva, salvo l'esito del ricorso giudiziario di cui al titolo IV del medesimo decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223.

5. Le condizioni soggettive di cui al comma 2, lettera b), sono eccepite, in sede di procedimento di ammissione delle candidature, da chiunque vi abbia interesse. Il rigetto dell'eccezione è impugnabile con le modalità previste per gli atti elettorali preparatori;

b) Art. 6-bis. - 1. Quando successivamente alla elezione insorga in capo all'eletto qualcuna delle condizioni soggettive di incandidabilità previste dall'articolo 6, comma 2, lettera a), ovvero quando essa esista al momento della candidatura ma non sia stata rilevata in sede di ammissione delle liste, la Camera di cui l'interessato fa parte gliela contesta, secondo le norme del suo regolamento.

2. L'interessato ha dieci giorni di tempo per riformulare osservazioni.

3. Entro i 10 giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 2, su proposta della Giunta competente, l'assemblea delibera definitivamente e, ove ritenga sussistente la condizione soggettiva di incandidabilità, lo dichiara decaduto, se del caso mediante l'annullamento della convalida dell'elezione. La deliberazione, nel giorno successivo, è depositata nella segreteria dell'assemblea e notificata, entro i cinque giorni successivi, a colui che è stato dichiarato decaduto.

4. Le deliberazioni di cui al presente articolo sono adottate di ufficio o su istanza di qualsiasi elettore.

5. La procedura di cui al presente articolo si applica anche quando si accerta che una delle cause di ineleggibilità di cui dall'articolo 6, comma 2, lettera b), ovvero l'incapacità civile di cui all'articolo 6, comma 1, lettera b), esisteva al momento della candidatura".

4. All'articolo 5 del decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533 (Testo unico delle leggi recanti norme per l'elezione del Senato della Repubblica) sono aggiunti, in fine, i seguenti commi:

"1-bis. Non possono essere candidati al Senato della Repubblica e non possono comunque ricoprire la carica di senatore coloro che ricadono nelle fattispecie previste dall'articolo 6, comma 2, del testo unico delle leggi recante norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361.

1-ter. Le condizioni soggettive di incandidabilità sono rilevate secondo le modalità di cui agli articoli 6, commi 4 e 5 e 6-bis di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361."».

 

10.5

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Ritirato

Al comma 1 capoverso «Art. 6-bis» comma 1, sopprimere le parole: «per cinque anni dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna» e sostituire le lettere a) e b) con le seguenti:

«a) coloro che hanno riportato condanna definitiva per i delitti previsti dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale;

b) coloro che hanno riportato condanna definitiva per i delitti previsti dagli articoli 314, primo comma, 316, 316-bis, 317, 318, 319, 319-ter, 320, 640-bis, 644, 648-bis e 648-ter del codice penale».

 

10.4

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Ritirato

Al comma 1 capoverso «Art. 6-bis» comma 1, sopprimere le parole: «per cinque anni dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna», e ovunque ricorrano, le parole: «superiore a due anni».

 

10.252

BRUNO, RUTELLI, BAIO, MILANA, MOLINARI, RUSSO, BALDASSARRI, GERMONTANI, VALDITARA, DE ANGELIS, CONTINI, DIGILIO

Precluso

Al comma 1, sopprimere le parole: «per cinque anni dal passaggio in giudicato della sentenza di condanna».

 

10.6

CASSON, CECCANTI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, GARRAFFA, LUMIA, MARITATI, DELLA MONICA

Ritirato

Al comma 1, capoverso «6-bis», al comma 1, lettera a), sostituire le parole: «dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater» con le seguenti: «dagli articoli 51, commi 3-bis e 3-quater, 380, comma 2, e 407 comma 2, lettera a)».

 

10.7

CASSON, CECCANTI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, GARRAFFA, LUMIA, MARITATI, DELLA MONICA

Ritirato

Al comma 1, capoverso «6-bis», al comma 1, lettera b), sostituire le parole: «e 320», con le seguenti: «320 e 323».

 

10.8

CASSON, CECCANTI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, GARRAFFA, LUMIA, MARITATI, DELLA MONICA

Ritirato

Al comma 1, capoverso «6-bis», al comma 4, dopo le parole: «la decadenza» inserire la seguente: «immediata».

 

10.9

CASSON, CECCANTI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, GARRAFFA, LUMIA, MARITATI, DELLA MONICA

Ritirato

Al comma 1, capoverso «6-bis», al comma 4, dopo le parole: «dalla Camera dei deputati» aggiungere le seguenti: «entro trenta giorni dalla comunicazione da parte della Autorità giudiziaria della sentenza di condanna definitiva».

 

10.10

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Ritirato

Dopo il comma 2 aggiungere il seguente:

«2-bis. All'articolo 60 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali dopo il comma 1 sono inseriti i seguenti commi:

"1-bis. Salvo quanto previsto dalle norme penali in materia di interdizione dai pubblici uffici, non sono eleggibili a sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale e circoscrizionale:

a) coloro che hanno riportato condanna definitiva per i delitti previsti dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale;

b) coloro che hanno riportato condanna definitiva per i delitti previsti dagli articoli 314, primo comma, 316, 316-bis, 317, 318, 319, 319-ter e 320, 640-bis, 644, 648-bis e 648-ter del codice penale.

1-ter. Agli effetti del comma 1-bis, la sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a pronuncia di condanna.

1-quater. Le disposizioni di cui ai commi 1-bis ed 1-ter, del presente articolo, non si applicano nei confronti di chi è stato condannato con sentenza passata in giudicato, se è concessa la riabilitazione ai sensi dell'articolo 178 del codice penale. La perdita delle condizioni di eleggibilità, per i motivi di cui ai commi 1-bis ed 1-ter, comporta la decadenza dalla carica sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale e circoscrizionale.

1-quinquies. Le disposizioni di cui ai commi 1-bis, 1-ter, 1-quater, 1-quinquies del presente articolo costituiscono principi fondamentali in materia di ineleggibilità alle elezioni regionali"».

 

10.11

PARDI, LI GOTTI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Precluso

Aggiungere, in fine, il seguente comma:

«2-bis. All'articolo 76 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, è aggiunto, in fine, il seguente comma:

"4-bis. Nell'anagrafe è inserita menzione delle sentenze di condanna emesse dalla Corte dei Conti ai sensi degli articoli 63, comma 1, n. 5) e 248, comma 5"».

 

EMENDAMENTI TENDENTI AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 10 E ORDINE DEL GIORNO

 

10.0.2 (testo 2)

LI GOTTI, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Respinto

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 10-bis.

(Delega al Governo per l'integrazione del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, in materia di incandidabilità, ineleggibilità ed incompatibilità)

1. Fermo restando quanto previsto dal codice penale, i soggetti condannati per un delitto contro la pubblica amministrazione, contro l'amministrazione della giustizia o per uno dei delitti di cui agli articoli 51 e 407 del codice di procedura penale o per il delitto di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche di cui all'articolo 640-bis del codice penale non possono ricoprire le seguenti cariche:

a) componenti delle assemblee elettive di comuni, di province e di città metropolitane;

b) componenti delle giunte di comuni, di province e di città metropolitane;

c) sindaci dei comuni e delle città metropolitane;

d) presidenti delle province.

2. Il Governo è delegato ad adottare, entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro per le riforme istituzionali, con il Ministro dell'interno e con il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, previa intesa con la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, e sentite le Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili di carattere finanziario, uno o più decreti legislativi per apportare al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267, le ulteriori modifiche strettamente necessarie all'applicazione della disciplina delle incandidabilità, ineleggibilità ed incompatibilità per i soggetti di cui al comma 1, seguento i seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) prevedere la decadenza delle cariche ricoperte alla data di entrata in vigore della presente legge;

b) prevedere la incadidabilità e l'ineleggibilità;

c) prevedere la decadenza in caso di incompatibilità sopravvenuta».

 

10.0.3

LI GOTTI, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Respinto

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 10-bis.

(Princìpi in materia di incandidabilità, ineleggibilità ed incompatibilità dei Consiglieri regionali, dei presidenti di regione e dei membri delle Giunte regionali)

1. All'articolo 3, comma 1, della legge 2 luglio 2004, n. 165, dopo la lettera a) è inserita la seguente:

"a-bis) sussistenza di cause di incandidabilità, ineleggibilità ed incompatibilità per i Consiglieri regionali per i componenti della Giunta regionale e per il Presidente per i soggetti che sono stati condannati per un delitto contro la pubblica amministrazione, contro l'amministrazione della giustizia o per uno dei delitti di cui agli articoli 51 e 407 del codice di procedura penale o per il delitto di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche di cui all'articolo 640-bis del codice penale".

2. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano con propria legge, ai sensi dei rispettivi statuti speciali e delle relative norme di attuazione, anche per gli enti locali e gli enti ad ordinamento regionale o provinciale le cause di incandidabilità, di ineleggibilità e di incompatibilità per i Consiglieri regionali per i componenti della Giunta regionale e per il Presidente per i soggetti che sono stati condannati per un delitto contro la pubblica amministrazione, contro l'amministrazione della giustizia o per uno dei delitti di cui agli articoli 51 e 407 del codice di procedura penale o per il delitto di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche di cui all'articolo 640-bis del codice penale».

 

10.0.4

LI GOTTI, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Respinto

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 10-bis.

(Modifica alla legge 24 gennaio 1979, n. 18)

1.Dopo l'articolo 4 della legge 24 gennaio 1979, n. 18, e successive modificazioni, è inserito il seguente:

"Art.4-bis.

(Princìpi in materia di incandidabilità, ineleggibilità ed incompatibilità per i membri del Parlamento europeo)

1. Non possono essere candidati e non possono comunque ricoprire la carica di membro del Parlamento europeo coloro che sono stati condannati per un delitto contro la pubblica amministrazione, contro l'amministrazione della giustizia o per uno dei delitti di cui agli articoli 51 e 407 del codice di procedura penale o per il delitto di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche di cui all'articolo 640-bis del codice penale.

2. Le sentenze e i provvedimenti definitivi indicati al comma 1, emessi nei confronti di deputati al Parlamento europeo in carica ne determinano la decadenza.

3. Per tutti gli effetti disciplinati dal presente articolo, la sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a condanna.

4. L'eventuale elezione o nomina di coloro che si trovano nelle condizioni di cui al comma 1, è nulla"».

 

10.0.252

POLI BORTONE, VIESPOLI, CARDIELLO, CARRARA, CASTIGLIONE, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA

Ritirato e trasformato nell'odg G10.0.252

Dopo l'articolo 10, inserire il seguente:

«Art. 10-bis.

(Modifica alla legge 24 gennaio 1979, n.18)

1. Dopo l'articolo 4 della legge 24 gennaio 1979, n.18, e successive modificazioni, è inserito il seguente:

"Art. 4-bis.

(Princìpi in materia di incandidabilità, ineleggibilità ed incompatibilità per i membri del Parlamento europeo)

1. Non possono essere candidati e non possono comunque ricoprire la carica di membro del Parlamento europeo coloro che sono stati condannati per un delitto contro la pubblica amministrazione, contro l'amministrazione della giustizia o per uno dei delitti di cui agli articoli 51 e 407 del codice di procedura penale o per il delitto di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche di cui all'articolo 640-bis del codice penale.

2. Le sentenze e i provvedimenti definitivi indicati al comma l, emessi nei confronti di deputati al Parlamento europeo in carica ne determinano la decadenza.

3. Per tutti gli effetti disciplinati dal presente articolo, la sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a condanna.

4. L'eventuale elezione o nomina di coloro che si trovano nelle condizioni di cui al comma 1, è nulla"».

 

G10.0.252 (già em. 10.0.252)

POLI BORTONE, VIESPOLI, CARDIELLO, CARRARA, CASTIGLIONE, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA

Non posto in votazione (*)

Il Senato, in sede di esame del disegno di legge n. 2156,

impegna il Governo ad affrontare e risolvere le problematiche di cui all'emendamento 10.0.252.

________________

(*) Accolto dal Governo

 

 

 

10.0.5

LI GOTTI, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Improponibile

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 10-bis.

(Cause ostative all'assunzione di incarichi di governo)

1. Non possono ricoprire incarichi di governo coloro nei confronti dei quali è stato disposto il decreto di cui all'articolo 429 del codice di procedura penale per un delitto contro la pubblica amministrazione, contro l'amministrazione della giustizia o per uno dei delitti di cui agli articoli 51 e 407 del codice di procedura penale o per il delitto di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche di cui all'articolo 640-bis del codice penale.

2. Agli effetti del presente articolo, per titolari di incarichi di governo si intendono il Presidente del Consiglio dei ministri, i Vice Presidenti del Consiglio dei ministri, i Ministri, i Vice Ministri, i Sottosegretari di Stato e i commissari straordinari del Governo di cui all'articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400.

3. L'eventuale nomina di coloro che si trovano nelle condizioni di cui al comma 1 è nulla e gli atti eventualmente compiuti dal titolare dell'incarico di governo sono nulli e inefficaci, fatta salva ogni sua ulteriore eventuale responsabilità. I medesimi effetti si determinano qualora le cause ostative di cui al citato comma 1 intervengano successivamente all'assunzione di uno degli incarichi di governo di cui al comma 2».

 

10.0.250

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA, BARBOLINI, AGOSTINI

Ritirato

Dopo l'articolo 10, inserire il seguente:

«Art. 10-bis.

(Misure di trasparenza nell'assunzione di incarichi di governo)

1. Per l'assunzione di incarichi di governo, gli interessati devono attestare di non trovarsi in una delle seguenti condizioni:

a) che non sia stata disposta nei loro confronti misura cautelare, non revocata o non annullata, ovvero che non sia stato emesso a loro carico decreto di rinvio a giudizio o sentenza anche non definitiva:

1) per un delitto contro la pubblica amministrazione o contro l'amministrazione della giustizia, che importi l'interdizione dai pubblici uffici;

2) per uno dei delitti previsti dagli articoli 629, 640-bis, 644, 648-bis e 648-ter del codice penale;

3) per il delitto previsto dall'articolo 12-quinquies del decreto-legge 8 giugno 1992, n.306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n.356;

4) per il delitto di attività organizzate in materia di traffico illecito di rifiuti;

5) per uno dei delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale ovvero per un delitto per il quale ricorra la circostanza aggravante di cui all'articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n.152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n.203;

b) che non siano stati destinatari di:

1) misure di prevenzione personali o patrimoniali, ancorché non definitive, ai sensi della legge 31 maggio 1965, n.575;

2) di divieti, sospensioni e decadenze ai sensi della legge 27 dicembre 1956, n.1423, ovvero della legge 31 maggio 1965, n.575;

c) che non siano stati rimossi, sospesi o dichiarati decaduti ai sensi dell'articolo 142 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267.

2. Ai fini del presente articolo, la sentenza emessa ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale è equiparata a condanna».

 

10.0.251

POLI BORTONE, VIESPOLI, CARDIELLO, CARRARA, CASTIGLIONE, MENARDI, PALMIZIO, PISCITELLI, SAIA

Ritirato

Dopo l'articolo 10, inserire il seguente:

«Art. 10-bis.

(Modifiche alla legge 13 febbraio 1953, n.60, in materia di incompatibilità parlamentari)

1. Dopo l'articolo 1-bis della legge 13 febbraio 1953, n.60 è aggiunto il seguente:

"Art. 1-ter. - 1. I membri del Parlamento italiano non possono ricoprire le cariche di sindaco di comune con popolazione superiore a 20.000 abitanti e di presidente di giunta provinciale, ove assunto durante il mandato parlamentare, fermo restando quanto stabilito in materia di ineleggibilità dagli articoli 6-bis e 7 del Testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n.361, e dell'articolo 5, commi 1 e 1-bis del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione del Senato della Repubblica, di cui al decreto legislativo 20 dicembre 1993, n.533.

2. I membri del Parlamento per i quali esista o si determinino le incompatibilità di cui al comma 1 optano, nel termine di un mese dalla data di entrata in vigore della presente legge, fra le cariche che ricoprono e il mandato parlamentare.

3. I membri del Parlamento non possono essere eletti per più di due volte consecutive"».

 

10.0.253

BRUNO, RUTELLI, BAIO, MILANA, MOLINARI, RUSSO, BALDASSARRI, GERMONTANI, VALDITARA, DE ANGELIS, CONTINI, DIGILIO

Improponibile

Dopo l'articolo 10, inserire il seguente:

«Art. 10-bis.

(Finanziamento dei partiti e della politica)

1. Alla legge 3 giugno 1999, n. 157, all'articolo 1, comma 5-bis, sono soppresse le parole: "che abbiano ottenuto almeno un candidato eletto nella ripartizione o"».

ARTICOLO 11 DEL DISEGNO DI LEGGE N. 2156

Art. 11.

Soppresso

(Modifiche all'articolo 58 del testo unico)

1. All'articolo 58 del testo unico sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, lettera b), dopo le parole: «per i delitti previsti dagli articoli» sono inserite le seguenti: «241 (attentati contro l'integrità, l'indipendenza e l'unità dello Stato), 270 (associazioni sovversive), 270-bis (associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell'ordine democratico), 270-ter (assistenza agli associati), 270-quater (arruolamento con finalità di terrorismo anche internazionale), 270-quinquies (addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale), 280 (attentato per finalità terroristiche o di eversione), 283 (attentato contro la costituzione dello Stato), 284 (insurrezione armata contro i poteri dello Stato),» e le parole: «, 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio) del codice penale», sono sostituite dalle seguenti: «, 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio) e 353 (turbata libertà degli incanti) del codice penale»;

b) al comma 1, dopo la lettera b), è inserita la seguente:

«b-bis) coloro che hanno riportato condanna definitiva per delitti aggravati ai sensi dell'articolo 335-ter del codice penale;»;

c) al comma 5, le parole: «dai commi precedenti» sono sostituite dalle seguenti: «dal comma l, lettere c), d) ed e), e dai commi 2, 3 e 4».

 

EMENDAMENTI

 

11.400

MALAN

Non posto in votazione (*)

Sopprimere l'articolo.

________________

(*) Respinto il mantenimento dell'articolo

 

11.1

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Ritirato

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 11. - (Modifiche al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali). - 1. Al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 58, comma 1, lettera b), dopo le parole: "320 (Corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio)" sono inserite le seguenti: "322 (Istigazione alla corruzione), e 629 (Estorsione)";

b) all'articolo 59, comma 1, lettera a), dopo le parole: "320" sono inserite le seguenti: "322, 325, e 629"».

 

11.3

CASSON, CECCANTI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, GARRAFFA, LUMIA, MARITATI, DELLA MONICA

Ritirato

Al comma 1, lettera a), sostituire le parole: «e 353 (turbata libertà degli incanti)», con le seguenti: «323 (abuso di ufficio) e 353 (turbata libertà degli incanti)».

 

11.2

ADAMO, INCOSTANTE, BIANCO, CECCANTI, DE SENA, DELLA MONICA, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, ARMATO, LEDDI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Ritirato

Al comma 1, lettera a) sostituire le parole: «e 353 (turbata libertà degli incanti)» con le seguenti: «, 353 (turbata libertà degli incanti) e 640-bis (truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche)».

 

11.4

ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, DE SENA, DELLA MONICA, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, ARMATO, LEDDI

Ritirato

Dopo il comma 1, inserire il seguente:

«1-bis. All'articolo 60 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 dopo il comma 1 è inserito il seguente:

"1-bis. Non sono eleggibili alla carica di sindaco di comune con popolazione superiore ai 20.000 abitanti e alla carica di presidente di Giunta provinciale i membri della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica"».

 

11.5

ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, DE SENA, DELLA MONICA, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, ARMATO, LEDDI

Ritirato

Dopo il comma 1, inserire il seguente:

«1-bis. All'articolo 61 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 al comma 1 dopo il numero 2) è inserito il seguente:

"2-bis. i membri della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica"».

 

11.6

ADAMO, INCOSTANTE, BIANCO, CECCANTI, DE SENA, DELLA MONICA, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, ARMATO, LEDDI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Ritirato

Dopo il comma 1, inserire il seguente:

«1-bis. Sostituire l'articolo 83 con il seguente:

"Art. 83. - (Divieto di cumulo). - 1. I parlamentari nazionali ed europei, nonché i consiglieri regionali non possono percepire i gettoni di presenza previsti dal presente capo.

2. Salve le disposizioni previste per le forme associative degli enti locali, gli amministratori locali di cui all'articolo 77, comma 2, non percepiscono alcun compenso, tranne quello dovuto per spese di indennità di missione, per la partecipazione ad organi o commissioni comunque denominate, se tale partecipazione è connessa all'esercizio delle proprie funzioni pubbliche.

3. In caso di cariche incompatibili, le indennità di funzione non sono cumulabili; ai soggetti che si trovano in tale condizione, fino al momento dell'esercizio dell'opzione o comunque sino alla rimozione della condizione di incompatibilità, l'indennità per la carica sopraggiunta non viene corrisposta"».

 

EMENDAMENTI TENDENTI AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 11

 

11.0.1

LI GOTTI, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Ritirato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art 11-bis.

(Modifiche al codice civile)

1. All'articolo 2621 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma:

1) le parole: "con l'intenzione di ingannare i soci o il pubblico e" e le parole: "previste dalla legge" sono soppresse;

2) le parole: "con l'arresto fino a due anni" sono sostituite dalle seguenti: "con la reclusione fino a cinque anni";

b) i commi terzo, quarto e quinto sono abrogati.

2. All'articolo 2622 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) la rubrica è sostituita dalla seguente: "False comunicazioni sociali nelle società quotate in mercati regolamentati";

b) il primo comma è sostituito dal seguente:

"Gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori delle società soggette alle disposizioni della parte IV, titolo 111, capo Il, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, i quali, al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali, dirette ai soci o al pubblico, espongono fatti materiali non rispondenti al vero ancorché oggetto di valutazioni ovvero omettono informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, in modo idoneo ad indurre in errore i destinatari sulla predetta situazione, sono puniti con la reclusione fino a sei anni";

c) al sesto comma, le parole: "per i fatti previsti dal primo e terzo comma" sono soppresse;

d) i commi secondo, terzo, quarto, quinto, settimo, ottavo e nono sono abrogati.

3. Dopo l'articolo 2622 del codice civile è inserito il seguente:

"Art. 2622-bis. - (Circostanza aggravante). - Se i fatti di cui agli articoli 2621 e 2622 cagionano un grave nocumento ai risparmiatori o alla società le pene sono aumentate".

4. All'articolo 2624 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma:

1) le parole: "con la consapevolezza della falsità e l'intenzione di ingannare i destinatari delle comunicazioni," e le parole: ", se la condotta non ha loro cagionato un danno patrimoniale," sono soppresse;

2) dopo le parole: "od occultano" è inserita la seguente: "consapevolmente";

3) le parole: "con l'arresto fino a un anno" sono sostituite dalle seguenti: "con la reclusione fino a quattro anni";

b) il secondo comma è sostituito dai seguenti:

"Se la condotta di cui al primo comma è commessa in relazione a società soggette a revisione obbligatoria, la pena è della reclusione fino a sei anni.

Se la condotta di cui al primo o al secondo comma ha cagionato un grave nocumento alla società, la pena è aumentata"».

 

11.0.3

CASSON, CECCANTI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, GARRAFFA, LUMIA, MARITATI

Ritirato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 11-bis.

1. In esecuzione della disposizione dell'articolo 58 della Convenzione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, ratificata con la legge 3 agosto 2009, n. 116 e per rafforzare l'efficacia dell'azione delle strutture preposte all'individuazione e alla repressione dei reati contro la pubblica amministrazione, con regolamento da emanarsi entro 120 giorni dall'entrata in vigore della presente legge con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sono istituite presso l'AISE e presso l'AISI unità di intelligence finanziaria, responsabili della ricezione e analisi di informazioni relative a variazioni finanziarie sospette, nonché volte ad individuare e impedire il trasferimento di proventi relativi ai reati contro la pubblica amministrazione».

 

11.0.4

MARITATI, DELLA MONICA, CASSON, CECCANTI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, CAROFIGLIO, GALPERTI, GARRAFFA, LUMIA

Ritirato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 11-bis.

1. In esecuzione della decisione quadro n. 2002/465/GAI del Consiglio, 13 giugno 2002, squadre investigative comuni possono essere richieste dal Procuratore della Repubblica anche quando procede per i delitti di cui agli articoli 318 e 322 del codice penale».

 

11.0.5

CASSON, ZANDA, CECCANTI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, GARRAFFA, LUMIA, MARITATI, DELLA MONICA

Ritirato

Dopo l'articolo 11, inserire il seguente:

«Art. 11-bis.

1. I titolari di cariche di governo, entro trenta giorni dalla data di assunzione della carica, devono dichiarare all'Autorità garante della concorrenza e del mercato la sussistenza di casi di conflitto di interessi tra la carica di governo ricoperta e ogni interesse economico privato astrattamente idoneo a condizionare l'esercizio delle funzioni pubbliche ricoperte.

2. Sussiste in particolare conflitto di interessi nei casi di posizioni dominanti nella proprietà di imprese che producono informazione a diffusione nazionale, regionale o interregionale.

3. Il conflitto di interessi sussiste anche nei casi in cui l'interesse economico privato sia del coniuge non legalmente separato ovvero di parenti o affIni entro il secondo grado ovvero di persona stabilmente convivente con il titolare della carica di governo.

4. Nel caso di conflitto d'interessi, anche sopravvenuto, accertato anche d'ufficio, l'Autorità garante della concorrenza e del mercato invita il titolare della carica di governo ad eliminare entro trenta giorni il conflitto stesso. In mancanza o nel caso in cui l'Autorità accerti la persistenza del conflitto d'interessi, il titolare della carica di governo decade dalla carica stessa».

 

11.0.6

CASSON, CECCANTI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, GARRAFFA, LUMIA, MARITATI

Ritirato

Dopo l'articolo 11, inserire il seguente:

«Art. 11-bis.

1. In caso di dimissioni o di pensionamento, i pubblici dipendenti, per la durata di tre anni, non possono svolgere attività professionale o essere impiegati in attività del settore privato direttamente collegata alle funzioni svolte in precedenza».

 

11.0.7

CASSON, CECCANTI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, GARRAFFA, LUMIA, MARITATI

Ritirato

Dopo l'articolo 11, inserire il seguente:

«Art. 11-bis.

(Modifiche al codice di procedura penale in materia di esclusione del segreto in relazione a delitti contro la pubblica amministrazione)

1. Al codice di procedura penale, all'articolo 204, comma 1, primo periodo, dopo le parole: "285, 416-bis, 416-ter" le parole: "e 422 del codice penale" sono sostituite dalle seguenti: "422, 314, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 320, 321, 322, 323, 640 cpv. n. 1 del codice penale"».

11.0.50 (già 12.0.9)

ZANDA

Ritirato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 11-bis.

(Modifiche al Codice civile)

Al codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l'articolo 2621 è sostituito dal seguente:

"Art. 2621. - (False comunicazioni sociali). - Salvo quanto previsto dall'articolo 2622, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico, espongono fatti non rispondenti al vero ancorché oggetto di valutazioni ovvero omettono informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, sono puniti con la reclusione da uno a cinque anni.

La punibilità è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardano beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.";

b) l'articolo 2622 è sostituito dal seguente:

"Art. 2622. - (False comunicazioni sociali nelle società quotate in Borsa). - Gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili, societari, i sindaci e i liquidatori delle società soggette alle disposizioni della parte IV, titolo III, capo Il, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, i quali al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico espongono fatti materiali non rispondenti al vero ancorché oggetto di valutazioni ovvero omettono informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, in modo idoneo a indurre in errore i destinatari sulla predetta situazione, sono puniti con la reclusione fino a otto anni";

c) dopo l'articolo 2622 è inserito il seguente:

"Art. 2622-bis. - (Circostanza aggravante). Se i fatti di cui agli articoli 2621 e 2622 cagionano un grave nocumento ai risparmiatori o alla società, le pene sono aumentate della metà".

d) l'articolo 2624 è sostituito con il seguente:

"Art. 2624. - (Falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione). I responsabili della revisione i quali, al fine di conseguire per sè o per altri un ingiusto profitto, nelle relazioni o in altre comunicazioni, consapevolmente attestano il falso ed occultano informazioni concernenti la situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società, ente o soggetto sottoposto a revisione, in modo idoneo ad indurre in errore i destinatari delle comunicazioni sulla predetta situazione, sono puniti con la reclusione fino a sei anni.

Se la condotta di cui al primo comma concerne una società soggetta a revisione obbligatoria, la pena è della reclusione fino a otto anni.

Se la condotta di cui al primo comma ha cagionato un grave nocumento ai destinatari delle comunicazioni, la pena è della reclusione fino a dodici anni".

e) dopo l'articolo 2624 è inserito il seguente:

"Art. 2624-bis. (False dichiarazioni contabili e false comunicazioni sociali a fini di corruzione) - Qualora la dichiarazione fraudolenta di cui agli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 10 marzo 2000 n. 74 o le false comunicazioni di cui agli articoli 2621 e 2622 sono finalizzati a commettere i reati di cui agli articoli 318, 319, 320, 321, 322, 346 del codice penale, la pena è disposta a prescindere dall'ammontare degli elementi sottratti al reddito"».

 

11.0.51 (già 12.0.10)

DELLA MONICA, BARBOLINI, BIANCO, PEGORER, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Ritirato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 11-bis.

(Modifiche al codice civile e al testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, in materia di falso in bilancio, falso prospetto, falso nelle relazioni dei revisori e di impediti controlli societari)

1. Al codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l'articolo 2621 è sostituito dal seguente:

"Art. 2621. - (False comunicazioni sociali). - Salvo quanto previsto dall'articolo 2622, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico, espongono fatti non rispondenti al vero ancorché oggetto di valutazioni ovvero omettono informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, sono puniti con la reclusione da uno a cinque anni.

La punibilità è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardano beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi";

b) l'articolo 2622 è sostituito dal seguente:

"Art. 2622. - (False comunicazioni sociali in danno della società, dei soci o dei creditori). - Gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili, i sindaci e i liquidatori, i quali, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico, esponendo fatti non rispondenti al vero ancorché oggetto di valutazioni, ovvero omettendo informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, cagionano un danno patrimoniale alla società, ai soci o ai creditori, sono puniti con la reclusione da due a sei anni.

La pena è da due ad otto anni, nel caso di società soggette alle disposizioni della parte IV, titolo III, capo II, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni.

La punibilità è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.";

c) l'articolo 2625 è sostituito dal seguente:

"Art. 2625. - (Impedito controllo). - Gli amministratori che, occultando documenti o con altri idonei artifici, impediscono o comunque ostacolano lo svolgimento delle attività di controllo o di revisione legalmente attribuite ai soci, agli altri organi sociali o alle società di revisione, sono puniti con l'arresto fino a due anni.

La pena è raddoppiata se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell'Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell'articolo 116 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni".

2. Al testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l'articolo 173-bis è sostituito dal seguente:

"Art. 173-bis. - (Falso in prospetto). - 1. Chiunque, nei prospetti richiesti per la sollecitazione all'investimento o l'ammissione alla quotazione nei mercati regolamentati, ovvero nei documenti da pubblicare in occasione delle offerte pubbliche di acquisto o di scambio, espone false informazioni od occulta dati o notizie in modo idoneo a indurre in errore i destinatari del prospetto, è punito con la reclusione da uno a cinque anni";

b) all'articolo 174-bis, nel comma 1, le parole: "con l'intenzione di ingannare i destinatari" sono soppresse».

 

ARTICOLO 12 DEL DISEGNO DI LEGGE N. 2156

 

Art. 12.

Approvato

(Modifiche al codice penale)

1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 314, primo comma, la parola: «tre» è sostituita dalla seguente: «quattro»;

b) all'articolo 316, le parole: «da sei mesi a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «da uno a quattro anni»;

c) all'articolo 316-bis, primo comma, le parole: «da sei mesi a quattro anni» sono sostituite dalle seguenti: «da uno a cinque anni»;

d) all'articolo 316-ter, primo comma, le parole: «da sei mesi a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «da uno a quattro anni»;

e) all'articolo 318, primo comma, le parole: «da sei mesi a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «da uno a quattro anni»;

f) all'articolo 318, secondo comma, le parole: «fino a un anno» sono sostituite dalle seguenti: «fino a un anno e sei mesi»;

g) all'articolo 319, le parole: «da due a cinque anni» sono sostituite dalle seguenti: «da tre a sei anni»;

h) all'articolo 319-ter, primo comma, le parole: «da tre a otto anni» sono sostituite dalle seguenti: «da quattro a otto anni»;

i) dopo l'articolo 335-bis, è inserito il seguente:

Art. 335-ter. - (Circostanze aggravanti). - Per i delitti dal presente capo, le pene per il solo pubblico ufficiale sono aumentate in caso di atti particolarmente lesivi per la pubblica amministrazione ovvero commessi al fine di far conseguire indebitamente contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee.»;

l) all'articolo 354, primo comma, le parole: «sino a sei mesi o con la multa fino a euro 516» sono sostituite dalle seguenti: «fino a un anno»;

m) all'articolo 356, primo comma, le parole: «da uno a cinque anni» sono sostituite dalle seguenti: «da due a sei anni».

 

EMENDAMENTI

 

12.1

LI GOTTI, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Ritirato

Sostituire l'articolo con il seguente:

«Art. 12. - (Modifiche al codice penale). - 1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 32-quater, le parole: "317, 318,", le parole: "319-bis, 320, 321," e le parole: "322-bis" sono soppresse e dopo le parole: "501-bis," sono inserite le seguenti: "629, secondo comma,";

b) all'articolo 32-quinquies, le parole: "317, 318, 319, 319-ter e 320" sono sostituite dalle seguenti: "319, 319-ter e 629, secondo comma,";

c) all'articolo 314, primo comma, la parola: "tre" è sostituita dalla seguente: "quattro";

d) all'articolo 316, le parole: "da sei mesi a tre anni" sono sostituite dalle seguenti: "da uno a quattro anni";

e) all'articolo 316-bis, primo comma, le parole: "da sei mesi a quattro anni" sono sostituite dalle seguenti: "da uno a cinque anni";

f) all'articolo 316-ter, primo comma, le parole: "da sei mesi a tre anni" sono sostituite dalle seguenti: "da uno a quattro anni";

g) all'articolo 317-bis, le parole: "per il reato di cui agli articoli 314 e 317" sono sostituite dalle seguenti: "per il reato di cui all'articolo 314";

h) gli articoli 317, 318, 319-bis, 320, 321 e 322-bis sono abrogati;

i) l'articolo 319 è sostituito dal seguente:

"Art. 319. - (Corruzione). - Il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che indebitamente riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità, o ne accetta la promessa in relazione al compimento, all'omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio o servizio, ovvero al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio o del servizio, è punito con la reclusione da quattro a dieci anni.

La condanna importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici.

Nei casi di cui al primo comma, chi dà o promette al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio denaro o altra utilità è punito con la reclusione da due a sei anni. Quando la dazione o la promessa è effettuata per un atto d'ufficio o del servizio già compiuto dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di un pubblico servizio, il corruttore è punito con la pena della reclusione da tre mesi a un anno.

La pena per il corruttore è diminuita fino alla metà quando lo stesso è indotto alla dazione o alla promessa al solo fine di evitare il pericolo di un danno ingiusto";

l) l'articolo 319-ter è sostituito dal seguente: "Art. 319-ter. - (Corruzione in atti giudiziari). - Se i fatti di cui all'articolo 319 sono commessi in relazione all'esercizio di attività giurisdizionali, il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio è punito con la reclusione da cinque a dodici anni.

La condanna importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici.

Nei casi di cui al primo comma, chi dà o promette al pubblico ufficiale o all'incaricato di un pubblico servizio denaro od altra utilità, è punito con la reclusione da tre a otto anni. Se la dazione o la promessa è effettuata per un atto d'ufficio o del servizio già compiuto dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di pubblico servizio, si applica la pena della reclusione da sei mesi ad un anno";

m) l'articolo 322 è sostituito dal seguente: "Art. 322. - (Istigazione alla corruzione). - Chiunque offre o promette indebitamente denaro o altra utilità ad un pubblico ufficiale o ad un incaricato di pubblico servizio nei casi di cui all'articolo 319 soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita dall'articolo 319, terzo comma, ridotta di un terzo. Qualora l'offerta o la promessa, effettuata nei casi di cui all'articolo 319-ter, non sia accettata, si applica la pena stabilita dall'articolo 319-ter, terzo comma, ridotta di un terzo.

Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che sollecita una promessa o dazione di denaro o altra utilità nei casi indicati dall'articolo 319 è punito, qualora la sollecitazione non sia accolta, con la pena stabilita dall'articolo 319, primo comma, ridotta di un terzo. Se la sollecitazione è effettuata nei casi di cui all'articolo 319-ter, si applica la pena stabilita dall'articolo 319-ter, primo comma, ridotta di un terzo";

n) all'articolo 322-ter, primo comma, la parola: "320" è sostituita dalla seguente: "319-ter" e le parole: "anche se commessi dai soggetti indicati nell'articolo 322-bis, primo comma," sono soppresse;

o) all'articolo 322-ter, secondo comma, le parole: "anche se commesso ai sensi dell'articolo 322-bis, secondo comma," e le parole: "o agli altri soggetti indicati nell'articolo 322-bis, secondo comma" sono soppresse;

p) l'articolo 323-bis è sostituito dal seguente: "Art. 323-bis. - (Circostanze attenuanti). - Se i fatti previsti dagli articoli 314, 316, 316-bis, 316-ter e 323 sono di particolare tenuità, le pene sono diminuite fino a due terzi e la condanna importa l'interdizione temporanea dai pubblici uffici;

Se i fatti previsti dagli articoli 319, 319-ter e 322 sono di particolare tenuità, le pene sono diminuite fino a due terzi e la condanna importa l'interdizione temporanea dai pubblici uffici";

q) dopo l'articolo 335-bis, è inserito il seguente: "Art. 335-ter. - (Circostanze aggravanti). - Per i delitti dal presente capo, le pene per il solo pubblico ufficiale sono aumentate in caso di atti particolarmente lesivi per la pubblica amministrazione ovvero commessi al fine di far conseguire indebitamente contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee.";

r) l'articolo 346 è sostituito dal seguente: "Art. 346. - (Traffico di influenze illecite). - Chiunque, vantando credito presso un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, ovvero adducendo di doverne comprare il favore o soddisfare le richieste, fa dare o promettere a sé o ad altri denaro o altra utilità quale prezzo per la propria mediazione o quale remunerazione per il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio, è punito con la reclusione da tre a sette anni.

Nei casi di cui al primo comma, chi versa o promette denaro o altra utilità è punito con la reclusione da due a cinque anni.

La condanna importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici.

Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono aumentate se il soggetto che vanta credito presso un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio ovvero adduce di doverne comprare il favore o soddisfare le richieste riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio.

Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono, altresì, aumentate se i fatti ivi previsti sono commessi in relazione all'esercizio di attività giurisdizionali.

Se i fatti previsti dal primo e dal secondo comma sono di particolare tenuità, le pene sono diminuite fino a due terzi e la condanna importa l'interdizione temporanea dai pubblici uffici";

s) all'articolo 354, primo comma, le parole: "sino a sei mesi o con la multa fino a euro 516" sono sostituite dalle seguenti: "fino a un anno";

t) all'articolo 356, primo comma, le parole: "da uno a cinque anni" sono sostituite dalle seguenti: "da due a sei anni".

u) all'articolo 357, dopo il primo comma, è inserito il seguente:

"Sono, altresì, pubblici ufficiali agli effetti della legge penale i soggetti che esercitano funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali nell'ambito di Stati esteri o di organizzazioni pubbliche internazionali";

v) all'articolo 358, dopo il primo comma, è inserito il seguente:

"Sono, altresì, incaricati di un pubblico servizio agli effetti della legge penale i soggetti che esercitano attività corrispondenti a quelle degli incaricati di un pubblico servizio nell'ambito di Stati esteri o di organizzazioni pubbliche internazionali";

z) dopo l'articolo 360 è inserito il seguente: "Art. 360-bis. - (Circostanza attenuante). - La pena prevista per i delitti di cui agli articoli 319, 319-ter e 346 è diminuita fino a due terzi qualora l'autore del fatto, prima che sia esercitata l'azione penale, fornisca indicazioni utili all'individuazione degli altri responsabili e al sequestro delle somme o delle altre utilità trasferite";

aa) all'articolo 629 il secondo comma è sostituito dal seguente:

"La pena è della reclusione da sei a venti anni e della multa da euro 1.032 a euro 3.098 se la violenza o minaccia è commessa da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti alla sua qualità o alle sue funzioni, ovvero se concorre taluna delle circostanze indicate nell'ultimo capoverso dell'articolo 628"».

Conseguentemente l'articolo 32-quater è sostituito dal seguente:

«Art. 32-quater. - (Casi nei quali alla condanna consegue l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione). - Ogni condanna per i delitti previsti dagli articoli 316-bis, 316-ter, 319, 319-ter, 322, 346, 353, 355, 356, 416, 416-bis, 437, 501, 501-bis, 640, secondo comma, numero 1), 640-bis e 644 commessi in danno o in vantaggio di un'attività imprenditoriale o comunque in relazione a essa importa l'incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione».

Conseguentemente, all'articolo 133, comma 1-bis, delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, le parole: «317, 318, 319, 319-ter e 320» sono sostituite dalle seguenti: «319, 319-ter, 322 e 629, secondo comma,»;

Conseguentemente, all'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n.356, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, le parole: «317, 318, 319, 319-ter, 320, 322, 322-bis» sono sostituite dalle seguenti: «319, 319-ter, 322»;

b) al comma 2-bis, le parole: «317, 318, 319, 319-ter, 320, 322, 322-bis» sono sostituite dalle seguenti: «319, 319-ter, 322, 629, secondo comma, limitatamente ai fatti commessi da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti alla sua qualità o alle sue funzioni,».

Conseguentemente, al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 58, comma 1, lettera b), le parole: «317 (concussione), 318 (corruzione per un atto d'ufficio), 319 (corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio), 319-ter (corruzione in atti giudiziari), 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio) «sono sostituite dalle seguenti: «319 (corruzione), 319-ter (corruzione in atti giudiziari), 322 (istigazione alla corruzione) e 629 (estorsione)»;

b) all'articolo 59, comma 1, lettera a), le parole: «317, 318, 319, 319-ter e 320» sono sostituite dalle seguenti: «319, 319-ter, 322 e 629»;

Conseguentemente, all'articolo 3, comma 1, della legge 27 marzo 2001, n. 97, le parole: «317, 318, 319, 319-ter e 320» sono sostituite dalle seguenti: «319, 319-ter, 322 e 629, secondo comma,»;

Conseguentemente, all'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 17 settembre 1993, n. 369, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 novembre 1993, n. 461, le parole: «317, 318, primo comma, 319, 319-ter, 320, 321, 323, secondo comma, e 326, terzo comma, prima parte,» sono sostituite dalle seguenti: «319, 319-ter, 323, secondo comma, 326, terzo comma, prima parte, e, limitatamente ai fatti commessi da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti alla sua qualità o alle sue funzioni, 629, secondo comma,».

Conseguentemente, all'articolo 159, comma 3, della legge 16 febbraio 1913, n. 89, e successive modificazioni, le parole: «truffa e calunnia» sono sostituite dalle seguenti: «truffa, calunnia ed estorsione».

 

12.250

D'ALIA, SERRA, BALDASSARRI, GERMONTANI, VALDITARA, DE ANGELIS, CONTINI, DIGILIO

Ritirato

Sostituire l'articolo, con i seguenti:

«Art. 12. - (Modifiche al codice penale e al decreto legislativo 8 giugno 2011, n. 231) -1. All'articolo 32-quinquies del codice penale, le parole. "per un tempo non inferiore a tre anni per i delitti di cui agli articoli 314, primo comma, 317, 318, 319, 319-ter e 320" sono sostituite dalle parole: "per un tempo non inferiore a due anni per i delitti di cui agli articoli 314, primo comma, 317,318,319, 319-ter, 320 e 323".

2. Al comma 1 dell'articolo 314 del codice penale, le parole: "da tre a dieci anni" sono sostituite dalle parole: "da quattro a dodici anni".

3. All'articolo 316 del codice penale, le parole: "da sei mesi a tre anni" sono sostituite dalle parole: "da uno a cinque anni".

4. All'articolo 316-bis del codice penale, le parole: "da sei mesi a quattro anni" sono sostituite dalle parole: "da uno a sei anni".

5. All'articolo 317 del codice penale, le parole: "da quattro a dodici anni" sono sostituite dalle parole: "da cinque a quattordici anni".

6. L'articolo 317-bis del codice penale è sostituito dal seguente:

"Art. 317-bis. - (Pene accessorie). - 1. La condanna per il reato di cui agli articoli 314 e 317 importa sempre l'interdizione perpetua dai pubblici uffici".

7. Al comma 1 dell'articolo 318 del codice penale, le parole: "da sei mesi a tre anni" sono sostituite dalle parole: "da uno a quattro anni".

8. Al comma 2 dell'articolo 318 del codice penale, le parole: "fino a un anno" sono sostituite dalle parole: "da tre mesi a tre anni".

9. All'articolo 319 del codice penale, le parole: "da due a cinque anni" sono sostituite dalle parole: "da tre a sette anni".

10. Al comma 1 dell'articolo 319-ter del codice penale, le parole: "da tre a otto anni" sono sostituite dalle parole: "da quattro a dieci anni".

11. L'articolo 322-ter del codice penale è sostituito dal seguente:

"Art. 322-ter. - (Confisca). - 1. Nel caso di condanna, o di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per uno dei delitti previsti dagli articoli da 314 a 323, anche se commessi dai soggetti indicati nell'articolo 322-bis, primo comma, è sempre ordinata la confisca dei beni che ne costituiscono il profitto o il prezzo, salvo che appartengano a persona estranea al reato, ovvero, quando essa non è possibile, la confisca di beni, di cui il reo ha la disponibilità, per un valore corrispondente a tale prezzo.

2. Negli stessi casi è sempre disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica.

3. Il giudice, con la sentenza di condanna o con quella prevista dall'articolo 444, comma 2, del codice di procedura penale, nomina un amministratore con il compito di provvedere alla custodia, alla conservazione e all'amministrazione dei beni confiscati. Non possono essere nominate amministratori le persone nei cui confronti il provvedimento è stato disposto, il coniuge, i parenti, gli affini e le persone con essi conviventi, né le persone condannate ad una pena che importi l'interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici o coloro cui sia stata irrogata una misura di prevenzione.

4. Se, nel corso del procedimento, l'autorità giudiziaria, in applicazione dell'articolo 321, comma 2, del codice di procedura penale, dispone il sequestro preventivo delle cose di cui è prevista la confisca a norma dei commi che precedono, le disposizioni in materia di nomina dell'amministratore di cui al presente articolo si applicano anche al custode delle cose predette.

5. Si applicano anche ai casi di confisca previsti dal presente articolo le disposizioni in materia di gestione e destinazione dei beni sequestrati o confiscati previste dalla legge 31 marzo 1965, n. 575, e successive modificazioni; restano comunque salvi i diritti della persona offesa dal reato alle restituzioni e al risarcimento del danno.

6. Il giudice, con la sentenza di condanna, determina le somme di denaro o individua i beni assoggettati a confisca in quanto costituenti il profitto o il prezzo del reato ovvero in quanto di valore corrispondente al profitto o al prezzo del reato, ovvero ancora di provenienza ingiustificata".

12. All'articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma le parole: "314, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-ter, 320, 322, 322-bis, 325," sono soppresse;

b) il comma 2-bis è soppresso.

13. All'articolo 323 del codice penale, le parole: "ingiusto vantaggio patrimoniale" sono sostituite dalle parole: "ingiusto vantaggio economicamente valutabile" e le parole: "da sei mesi a tre anni" sono sostituite dalle parole: "da sei mesi a cinque anni".

14. All'articolo 323-bis sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: "La particolare tenuità dei fatti deve essere valutata avendo riguardo tanto al danno cagionato quanto al vantaggio conseguito".

15. Quando si procede per uno dei delitti previsti dagli articoli 314, 316, 316-bis, 316-ter, 317, 318, 319, 319-ter, 320, 321, 322, 322-bis e 323 del codice penale, il giudice non può dichiarare la prevalenza delle circostanze attenuanti sulle aggravanti ovvero l'equivalenza tra le stesse, ai sensi dell'articolo 69, commi 2 e 3, del codice penale, quando non vi è prova dell'integrale riparazione del danno, mediante il risarcimento di esso e mediante le restituzioni.

16. L'articolo 346 è sostituito dal seguente:

"Art 346. - (Traffico d'influenza). - 1. Chiunque, affermando o adducendo in qualsiasi modo di essere in grado di esercitare un'influenza sulla decisione, relativa al suo ufficio, di un pubblico ufficiale o di un incaricato di un pubblico servizio, fa dare, promettere, offrire o procurare a sé o ad altri qualsiasi indebito vantaggio a titolo di rimunerazione o di pagamento del soggetto presso cui si vanta credito, è punito, indipendentemente dal fatto che l'influenza sia o meno esercitata o che la vantata influenza realizzi l'effetto ricercato, con la reclusione da due a sette anni e con la multa da mille a cinquantamila euro.

2. Nei casi di cui al primo comma, chiunque da, promette, offre o procura un indebito vantaggio a chi vanta credito presso un pubblico ufficiale o un incaricato di un pubblico servizio, è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da mille a trentamila euro.

3. Se i fatti previsti dal presente articolo sono di particolare tenuità, le pene sono ridotte fino alla metà.

4. La condanna importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici, salvo che il fatto sia di particolare tenuità ai sensi del comma 3; in tal caso, la condanna importa l'interdizione dai pubblici uffici per un minimo di tre anni ed un massimo di cinque anni.".

17. Dopo l'articolo 513-bis, è inserito il seguente:

"Art. 513-ter. - (Corruzione nel settore privato). - 1. Chiunque, nell'esercizio di un'attività commerciale, imprenditoriale, professionale, di direzione di un ente privato o di prestazione lavorativa a qualsiasi titolo a favore di un ente privato, intenzionalmente sollecita, induce o riceve, direttamente o per il tramite di terzi, un indebito vantaggio di qualsiasi natura, per sé o per altri, ovvero ne accetta l'offerta o la promessa, per compiere o astenersi dal compiere un atto in violazione dei propri doveri legali, professionali o contrattuali relativi all'attività di competenza, è punto con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da mille a diecimila euro.

2. La stessa pena si applica a chiunque intenzionalmente, nell'ambito di attività professionali, direttamente o tramite intermediario, dà, offre o promette l'indebita utilità di cui al primo comma.

3. La pena è aumentata da un terzo a due terzi qualora dal fatto siano derivate distorsioni della concorrenza nel mercato ovvero rilevanti danni economici all'ente o ai suoi creditori.".

18. Al decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 25, comma 2, dopo le parole: "commi 2 e 4," sono inserite le seguenti parole: "346, commi 1 e 2,";

b) all'articolo 25-bis.1, comma 1, lettera b), dopo le parole: "513-bis" sono inserite le seguenti parole: ", 513-ter"».

 

12.251

INCOSTANTE, ADAMO

Ritirato

Al comma 1, premettere la seguente lettera:

«0a) All'articolo 19, dopo il comma 3, è inserito il seguente:

"Nel caso di condanna per uno dei delitti previsti dagli articolo da 314 a 320, la società di cui sia o sia stato amministratore o legale rappresentante, al momento dei fatti, il privato concorrente nel reato del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio, viene inserita in un albo speciale formato dalle persone giuridiche non ammesse a contrattare con la pubblica amministrazione; tali società non possono partecipare agli appalti pubblici e non possono essere destinatarie di contributi o finanziamenti pubblici"».

 

12.255

VALENTINO

Ritirato

Al comma 1, alla lettera a), premettere la seguente:

«0a) al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 32-quater, i numeri: "317,318, 319-bis, 320, 321 e 322-bis" sono soppressi e dopo le parole: "501-bis," sono inserite le seguenti: "629, secondo comma,";

b) all'articolo 32-quinquies, le parole: "317,318,319, 319-ter e 320" sono sostituite dalle seguenti: "318, 322, 322-bis e 629, secondo comma,"».

 

12.4

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Ritirato

Al comma 1, alla lettera a) premettere la seguente:

0a) all'articolo 32-quater, dopo le parole: «per i delitti previsti dagli articoli» è inserita la seguente: «314,», dopo le parole: «319-bis» sono è inserita la seguente: «319-ter», e dopo le parole «501-bis», sono inserite le seguenti: «629».

12.19

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Ritirato

Al comma 1, prima della lettera a) inserire la seguente:

«0a) all'articolo 32-quater, dopo le parole: "501-bis", sono inserite le seguenti: "629,"».

Conseguentemente, al comma 1, dopo la lettera d) inserire la seguente:

«d-bis) l'articolo 317 è soppresso».

Conseguentemente al comma 1, dopo la lettera m) inserire la seguente:

m-bis) all'articolo 629 è aggiunto, in fine, il seguente comma:

«La stessa pena di cui al secondo comma si applica quando la violenza o minaccia è commessa da un pubblico ufficiale o da un incaricato di un pubblico servizio con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti alla sua qualità o alle sue funzioni. In ogni caso si applica la pena accessoria dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici».

12.3

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI

Ritirato

Al comma 1, alla lettera a) premettere la seguente:

0a) all'articolo 32-quinquies, le parole: «per un tempo non inferiore a tre anni per i delitti di cui agli articoli 314, primo comma, 317, 318, 319, 319-ter e 320» sono sostituite dalle seguenti: «per un tempo non inferiore a due anni per i delitti di cui agli articoli 314, primo comma, 319, 319-ter, 322 e 629».

12.252

BRUNO, RUTELLI, BAIO, MILANA, MOLINARI, RUSSO, BALDASSARRI, GERMONTANI, VALDITARA, DE ANGELIS, CONTINI, DIGILIO

Respinto

Al comma 1, alla lettera a), premettere la seguente:

«0a) all'articolo 63, all'articolo 151, all'articolo 163, all'articolo 174, aggiungere, infine, il seguente periodo: "Le disposizioni del presente articolo non si applicano a chi abbia commesso delitti contro la pubblica amministrazione, ove l'autore del delitto non risarcisca integralmente il danno"».

 

12.5

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Ritirato

Al comma 1, alla lettera a) premettere la seguente:

0a) all'articolo 157, sesto comma, dopo le parole «di cui agli articoli» inserire le seguenti «314, 317, 318, 319, 319-ter, 320, 321, 322, 322-bis, 346, 629».

12.253

D'AMBROSIO, DELLA MONICA

Ritirato

Al comma 1, prima della lettera a) inserire la seguente lettera:

«0a) all'art. 158, il primo comma è sostituito dai seguenti commi:

1. La prescrizione opera rispetto ad ogni singolo reato contestato all'imputato, salvo quanto previsto dal seguente comma.

1-bis. Il termine della prescrizione decorre, per il reato consumato, dal giorno della consumazione; per il reato tentato, dal giorno in cui è cessata l'attività del colpevole; per il reato permanente o continuato, dal giorno in cui è cessata la permanenza o la continuazione».

 

12.254

INCOSTANTE, ADAMO

Ritirato

Al comma 1, premettere la seguente lettera:

«0a) All'articolo 308, dopo il comma 2 è inserito il seguente:

"2-bis. Nel caso si proceda per uno dei delitti previsti dagli articoli da 314 a 320 del Codice penale, le misure interdittive perdono efficacia decorsi sei mesi dall'inizio della loro esecuzione. In ogni caso, qualora esse siano state disposte per esigenze probatorie, il giudice può disporre la rinnovazione anche al di là di sei mesi dall'inizio dell'esecuzione, fermo restando che comunque la loro efficacia viene meno se dall'inizio della loro esecuzione è decorso un periodo di tempo pari al triplo dei termini previsti dall'articolo 303"».

 

12.6

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Ritirato

Al comma 1, sostituire la lettera a) con la seguente:

a) all'articolo 314:

1) al primo comma, le parole: «da tre a dieci anni» sono sostituite dalle seguenti: «da quattro a dodici anni»;

2) dopo il secondo comma è aggiunto, infine, il seguente: «La condanna per i fatti previsti dal primo comma importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici».

 

12.256

VALENTINO

Ritirato

Al comma 1, dopo la lettera d), inserire le seguenti:

«d-bis) l'articolo 317 del codice penale è sostituito dal seguente:

"Art. 317. - (Corruzione). - Il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che riceve indebitamente, per sé o per altri, denaro o altra utilità, o ne accetta la promessa, in relazione al compimento o alla omissione di un atto del suo ufficio o comunque in relazione alla sua qualità, alle sue funzioni o alla sua attività, è punito con la reclusione da due a otto anni. La pena è aumentata se il fatto è commesso in relazione alla omissione o al ritardo di un atto dovuto ovvero al compimento di un atto contrario ai doveri d'ufficio; l'aumento è da un terzo alla metà se l'omissione od il ritardo dell'atto dovuto, ovvero il compimento dell'atto contrario ai doveri d'ufficio, sono diretti a favorire o a danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo.

Nel caso di cui al primo comma, la pena è ulteriormente aumentata se dal fatto deriva l'ingiusta condanna di taluno a pena detentiva superiore a due anni; se deriva l'ingiusta condanna alla reclusione superiore a cinque anni o all'ergastolo, la pena è della reclusione da sei a venti anni".

d-ter) gli articoli 319-ter e 321 sono abrogati».

Conseguentemente, sopprimere la lettera h).

 

12.257

VALENTINO

Ritirato

Al comma 1, dopo la lettera d), inserire la seguente:

«d-bis) all'articolo 317-bis del codice penale, le parole: "per i reati di cui agli articoli 314 e 317" sono sostituite dalle seguenti: "per i reati di cui agli articoli 314 e 629-bis"».

 

12.258

VALENTINO

Ritirato

Al comma 1, sostituire la lettera e) con le seguenti:

«e) l'articolo 318 del codice penale è sostituito dal seguente:

"Art. 318. - (Pene per il corruttore). - Chiunque indebitamente dà o promette ad un pubblico ufficiale o ad un incaricato di pubblico servizio, anche se a seguito di sollecitazione o induzione del medesimo, denaro od altra utilità in relazione al compimento o alla omissione di un atto del suo ufficio o comunque in relazione alla sua qualità, alle sue funzioni o alla sua attività, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni. La pena è aumentata se il fatto è commesso in relazione alla omissione o al ritardo di un atto dovuto ovvero al compimento di un atto contrario ai doveri d'ufficio; l'aumento è da un terzo alla metà se l'omissione o il ritardo dell'atto dovuto ovvero il compimento dell'atto contrario ai doveri d'ufficio sono diretti a favorire o a danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo.

Nel caso di cui al primo comma, la pena è ulteriormente aumentata se dal fatto deriva l'ingiusta condanna di taluno a pena detentiva superiore a due anni.

Quando la dazione o la promessa è effettuata per un atto d'ufficio o del servizio già compiuto dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di un pubblico servizio, il corruttore è punito con la pena della reclusione da tre mesi a un anno.

La pena per il corruttore è diminuita fino alla metà quando lo stesso è indotto alla dazione o alla promessa al solo fine di evitare il pericolo di un danno ingiusto".

e-bis) l'articolo 321 è abrogato».

Conseguentemente, sopprimere la lettera f).

 

12.7

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Ritirato

Al comma 1, sostituire la lettera g) con la seguente:

«g) l'articolo 319 è sostituito dal seguente:

"Art. 319. - (Corruzione). - Il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che indebitamente, anche mediante induzione, riceve, per sé o per un terzo, denaro o altra utilità, ovvero ne accetta la promessa in relazione al compimento, all'omissione o al ritardo di un atto o di attività del suo ufficio o servizio ovvero al compimento di un atto o di attività contrari ai doveri di ufficio o del servizio, o comunque in ragione della funzione esercitata, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni.

La stessa pena si applica, nei casi di cui al primo comma, a chi dà o promette al pubblico ufficiale o all'incaricato di pubblico servizio denaro o altra utilità.

La condanna per i fatti previsti dal presente articolo importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici"».

 

12.259

VALENTINO

Ritirato

Al comma 1, sostituire la lettera g) con la seguente:

«g) l'articolo 319 del codice penale è sostituito dal seguente:

"Art. 319. - (Circostanze aggravanti). - La pena è aumentata se il fatto di cui agli articoli 317 e 318 ha per oggetto il conferimento di pubblici impieghi o stipendi o pensioni ovvero la stipulazione di contratti nei quali sia interessata l'amministrazione alla quale il pubblico ufficiale appartiene"».

 

12.8

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Ritirato

Al comma 1, dopo la lettera g) inserire la seguente:

«g-bis) l'articolo 319-bis è sostituito dal seguente:

"Art. 319-bis. - (Riparazione pecuniaria). - Con la sentenza di condanna, ovvero con la sentenza di applicazione della pena ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per i reati previsti dagli articoli 314, 319, 319-ter e 629, terzo comma, è sempre ordinato il pagamento di una somma pari all'ammontare di quanto indebitamente ricevuto dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di pubblico servizio a titolo di riparazione pecuniaria in favore della amministrazione cui il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio appartiene, ovvero, nel caso di cui all'articolo 319-ter, in favore dell'amministrazione della giustizia, restando impregiudicato il diritto al risarcimento del danno"».

 

12.260

VALENTINO

Ritirato

Al comma 1, dopo la lettera g) inserire la seguente:

«g-bis) l'articolo 319-bis del codice penale è sostituito dal seguente:

"Art. 319. - (Riparazione pecuniaria). - 1. Con la sentenza di condanna, ovvero con la sentenza di applicazione della pena ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per i reati previsti dagli articoli 317 e 318, nonché per il reato previsto dall'articolo 629, secondo comma, è sempre ordinato il pagamento di una somma pari all'ammontare di quanto indebitamente ricevuto dal pubblico ufficiale o dall'incaricato di pubblico servizio a titolo di riparazione pecuniaria in favore della amministrazione cui il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio appartiene, impregiudicato il diritto al risarcimento del danno"».

 

12.9

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Ritirato

Al comma 1, sostituire la lettera h) con la seguente:

h) l'articolo 319-ter è sostituito dal seguente:

«Art. 319-ter. - (Corruzione in atti giudiziari). - Se i fatti indicati nell'articolo 319 sono commessi per favorire o danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo si applica la pena della reclusione da quattro a dodici anni.

Se dal fatto deriva l'ingiusta condanna di taluno alla reclusione non superiore a cinque anni, la pena è della reclusione da cinque a quindici anni; se deriva l'ingiusta condanna alla reclusione superiore a cinque anni o all'ergastolo, la pena è della reclusione da sei a venti anni.

La stessa pena prevista per i fatti di cui ai commi primo e secondo si applica a chi dà o promette al pubblico ufficiale o all'incaricato di pubblico servizio denaro o altra utilità.

La condanna per i fatti di cui al presente articolo importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici».

 

12.261

VALENTINO

Ritirato

Al comma 1, dopo la lettera h) inserire la seguente:

«h-bis) l'articolo 320 del codice penale è sostituito dal seguente:

"Art. 320. - (Corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio). - Le disposizioni di cui agli articoli 317, 318, 319 e 319-bis, si applicano anche alla persona incaricata di un pubblico servizio, qualora rivesta la qualità di pubblico impiegato.

In ogni caso, le pene sono ridotte in misura non superiore a un terzo"».

 

12.10

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Ritirato

Al comma 1, dopo la lettera h) inserire la seguente:

h-bis) l'articolo 322 è sostituito dal seguente:

«Art. 322. - (Istigazione alla corruzione). - Chiunque offre o promette indebitamente denaro o altra utilità ad un pubblico ufficiale o ad un incaricato di pubblico servizio nei casi di cui all'articolo 319 soggiace, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita dall'articolo 319, ridotta di un terzo. Se l'offerta o la promessa è effettuata nei casi di cui all'articolo 319-ter, si applica la pena stabilita dall'articolo 319-ter primo comma ridotta di un terzo.

Il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che sollecita una promessa o dazione di denaro o altra utilità nei casi indicati dall'articolo 319 è punito, qualora la sollecitazione non sia accolta, con la pena stabilita dall'articolo 319, ridotta di un terzo. Se la sollecitazione è effettuata nei casi di cui all'articolo 319-ter, si applica la pena stabilita dall'articolo 319-ter, primo comma ridotta di un terzo».

12.262

 

VALENTINO

Ritirato

Al comma 1, dopo la lettera h) inserire la seguente:

«h-bis) l'articolo 322 del codice penale è sostituito dal seguente:

"Art. 322. - (Istigazione alla corruzione). - Il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, per compiere od omettere un atto del suo ufficio, o comunque in relazione alla sua qualità, alle sue funzioni o alla sua attività, chiede, per sé o per altri, denaro od altra utilità non dovuti, o ne sollecita la promessa, è punito, qualora la richiesta o sollecitazione non sia accolta, con la reclusione da due a sette anni. Chiunque offre o promette denaro o altra utilità non dovuti ad un pubblico ufficiale o ad un incaricato di pubblico servizio per indurlo a compiere od omettere un atto del suo ufficio o comunque in relazione alla sua qualità, alle sue funzioni o alla sua attività, è punito, qualora l'offerta o la promessa non sia accettata, con la reclusione da uno a quattro anni. Le pene previste sono aumentate se il fatto è commesso in relazione alla omissione o al ritardo di un atto dovuto ovvero al compimento di un atto contrario ai doveri d'ufficio; l'aumento è da un terzo alla metà se l'omissione o il ritardo dell'atto dovuto ovvero il compimento dell'atto contrario ai doveri d'ufficio sono diretti a favorire o a danneggiare una parte in un processo civile, penale o amministrativo"».

 

12.263

VALENTINO

Ritirato

Al comma 1, dopo la lettera h) inserire la seguente:

«h-bis) all'articolo 322-bis, primo comma, del codice penale, dopo le parole: "terzo e quarto comma," sono inserite le seguenti: "e 629-bis"».

 

12.264

VALENTINO

Ritirato

Al comma 1, dopo la lettera h) inserire la seguente:

«h-bis) all'articolo 322-ter del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al primo comma, le parole: "dagli articoli da 314 a 320" sono sostituite dalle seguenti: "dagli articoli da 314 a 317 e dall'articolo 629-bis";

b) al secondo comma le parole: "dall'articolo 321" sono sostituite dalle seguenti: "dall'articolo 318"».

 

12.265

D'AMBROSIO, DELLA MONICA

Ritirato

Al comma 1 dopo la lettera h) inserire la seguente:

«h-bis) all'articolo 323, primo comma le parole: "da sei mesi a tre anni" sono sostituite dalle seguenti: "da sei mesi a cinque anni"».

 

12.11

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Ritirato

Al comma 1, dopo la lettera h) inserire la seguente:

h-bis) l'articolo 323-bis è sostituito dal seguente:

«Art. 323-bis. - (Circostanze attenuanti comuni e speciali). - Se i fatti previsti dagli articoli 314, 316, 316-bis, 316-ter, 319, 319-ter, 322, 323, 346 e 513-ter sono di particolare tenuità, le pene sono diminuite e la condanna importa l'interdizione temporanea dai pubblici uffici.

Per i delitti previsti dagli articoli 319 e 319-ter, nei confronti dell'imputato che si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori anche aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti e per l'individuazione o la cattura degli altri responsabili ovvero per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite, la pena è diminuita fmo a due terzi.

3. Quando risulta che è stata pronunziata sentenza di condanna o di applicazione di pena, ritenuta la circostanza attenuante di cui al secondo comma del presente articolo, per effetto di dichiarazioni false o reticenti, il procuratore generale presso la corte d'appello nel cui distretto la sentenza è stata pronunziata ne chiede la revisione. Nel giudizio di revisione si osservano, in quanto compatibili, le disposizioni del titolo IV del libro IX del codice di procedura penale. In caso di accoglimento della richiesta di revisione il giudice riforma la sentenza di condanna e determina la nuova misura della pena. In caso di revoca della sentenza di applicazione di pena, la corte ordina la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice che l 'ha pronunziata. In tali casi il corso della prescrizione è sospeso dalla data di commissione del fatto fino alla pronunzia della sentenza di revisione».

Conseguentemente al comma 1, dopo la lettera m) inserire la seguente:

«m-bis) all'articolo 368 è aggiunto, in fine, il seguente comma:

"Le pene previste dai commi primo, secondo e terzo, prima parte, sono aumentate fino a due terzi quando il delitto è stato commesso mediante una dichiarazione rilevante agli effetti dell'applicazione delle circostanze di cui al secondo dell'articolo 323-bis;».

 

12.12

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Ritirato

Al comma 1, sostituire la lettera i) con la seguente:

«i) dopo l'articolo 335-bis, è aggiunto il seguente:

"Art. 335-ter. - (Circostanze aggravanti). - Per i delitti previsti dal presente capo, le pene sono aumentate in caso di atti o attività commessi al fine di far conseguire indebitamente contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalla Comunità europea, o al fine di turbare la gara nei pubblici incanti, nelle licitazioni private per conto di pubbliche amministrazioni o comunque in procedure per l'affidamento di contratti pubblici ai sensi dell'articolo 3, commi da 37 a 41, del codice dei contratti pubblici relativo a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, ovvero qualora il fatto sia commesso nell'ambito di procedimenti relativi alla gestione di calamità naturali, catastrofi o dei grandi eventi di cui all'articolo 5-bis, comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401».

 

12.13 (testo corretto)

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Ritirato

Al comma 1, dopo la lettera i) inserire la seguente:

«i-bis) l'articolo 346 è sostituito dal seguente:

"Art. 346. - (Traffico di influenze illecite). - Chiunque, vantando credito presso un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, ovvero adducendo di doverne comprare il favore o soddisfare le richieste, fa dare o promettere a sé o ad altri denaro o altra utilità, quale prezzo per la propria mediazione o quale remunerazione per il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio, è punito con la reclusione da tre a sette anni.

La stessa pena si applica, nei casi di cui al primo comma, a chi versa o promette denaro o altra utilità.

La condanna importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici.

Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono aumentate se il soggetto che vanta credito presso un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, ovvero adduce di doveme comprare il favore o soddisfare le richieste, riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio.

Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono, altresì, aumentate se i fatti ivi previsti sono commessi in relazione all'esercizio di attività giurisdizionali».

 

12.14

LI GOTTI, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Ritirato

Al comma 1, dopo la lettera i) inserire la seguente:

«i-bis) l'articolo 346 è sostituito dal seguente:

"Art. 346. - (Traffico di influenze illecite). - Chiunque, vantando credito presso un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, ovvero adducendo di doverne comprare il favore o soddisfare le richieste, fa dare o promettere a sé o ad altri denaro o altra utilità quale prezzo per la propria mediazione o quale remunerazione per il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio, è punito con la reclusione da tre a sette anni.

Nei casi di cui al primo comma, chi versa o promette denaro o altra utilità è punito con la reclusione da due a cinque anni.

La condanna importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici.

Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono aumentate se il soggetto che vanta credito presso un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio ovvro adduce di doverne comprare il favore o soddisfare le richieste riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio.

Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono, altresì, aumentate se i fatti ivi previsti sono commessi in relazione all'esercizio di attività giurisdizionali.

Se i fatti previsti dal primo e dal secondo comma sono di particolare tenuità, le pene sono diminuite fino a due terzi e la condanna importa l'interdizione temporanea dai pubblici uffici"».

 

12.266

VALENTINO

Ritirato

Al comma 1, dopo la lettera i) inserire la seguente:

«i-bis) l'articolo 346 del codice penale è sostituito dal seguente:

"Art. 346. - (Traffico di influenze illecite). - Chiunque, vantando credito presso un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, ovvero adducendo di doverne comprare il favore o soddisfare le richieste, fa dare o promettere a sé o ad altri denaro o altra utilità quale prezzo per la propria mediazione o quale remunerazione per il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio, è punito con la reclusione da tre a sette anni e con la multa da euro 600 a euro 4.000.

Nei casi di cui al primo comma, chi versa o promette denaro o altra utilità è punito con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da 516 a 3.098 euro.

La condanna importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici.

Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono aumentate se il soggetto che vanta credito presso un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, ovvero adduce di doverne comprare il favore o soddisfare le richieste, riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio.

Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono, altresì, aumentate se i fatti ivi previsti sono commessi in relazione all'esercizio di attività giurisdizionali.

Se i fatti previsti dal primo e dal secondo comma sono di particolare tenuità, le pene sono diminuite fino a due terzi e la condanna importa l'interdizione temporanea dai pubblici uffici"».

 

12.15

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Ritirato

Al comma 1, dopo la lettera m) aggiungere le seguenti:

«m-bis) all'articolo 357, dopo il primo comma è inserito il seguente:

"Sono altresì pubblici ufficiali agli effetti della legge penale i soggetti che esercitano funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali nell'ambito di Stati esteri o di organizzazioni pubbliche internazionali";

m-ter) all'articolo 358, dopo il primo comma è inserito il seguente:

"Sono altresì incaricati di un pubblico servizio agli effetti della legge penale i soggetti che esercitano attività corrispondenti a quelle degli incaricati di un pubblico servizio nell'ambito di Stati esteri o di organizzazioni pubbliche internazionali"».

 

12.268

VALENTINO

Ritirato

Al comma 1, dopo la lettera m) aggiungere la seguente:

«m-bis) dopo l'articolo 360 del codice penale è inserito il seguente:

"Art. 360-bis. - (Circostanza attenuante) - La pena prevista per i delitti di cui agli articoli 317, 318 e 346 è diminuita fino a due terzi qualora l'autore del fatto, prima che sia emesso il decreto di fissazione dell'udienza preliminare, fornisca indicazioni utili all'individuazione degli altri responsabili e al sequestro delle somme o delle altre utilità trasferite"».

 

12.17 (testo corretto)

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Ritirato

Al comma 1, dopo la lettera m), aggiungere la seguente:

«m-bis) l'articolo 416-ter del codice penale è sostituito dal seguente:

"Art. 416-ter. - (Scambio elettorale politico mafioso). - La pena stabilita dal primo comma dell'articolo 416-bis si applica anche a chi ottiene o si adopera per far ottenere la promessa di voti prevista dal terzo comma del medesimo articolo 416-bis in cambio della erogazione o della promessa di erogazione di denaro o di qualunque altra utilità, ovvero in cambio della disponibilità a soddisfare gli interessi o le esigenze associazione mafiosa di cui all'art. 416-bis o di suoi associati"».

 

12.18 (testo corretto)

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Ritirato

Al comma 1, dopo la lettera m), aggiungere la seguente:

«m-bis) dopo l'articolo 513-bis è inserito il seguente:

"Art. 513-ter. - (Corruzione nel settore privato). - È punito con la reclusione da uno a cinque anni chiunque, nell'esercizio di un'attività professionale ovvero di direzione di un ente di diritto privato, di lavoro alle dipendenze dello stesso o comunque di prestazione della sua opera a favore del medesimo, indebitamente induce, sollecita o riceve, per sé o per un terzo, direttamente o tramite un intermediario, denaro o altra utilità, ovvero ne accetta la promessa, per compiere od omettere un atto, in violazione di un dovere, qualora dal fatto derivino o possano derivare distorsioni della concorrenza nel mercato ovvero danni economici all'ente o a terzi, anche attraverso una non corretta aggiudicazione o una scorretta esecuzione di un contratto.

Per violazione di un dovere ai sensi del primo comma si intende qualsiasi comportamento sleale che costituisca una violazione di un obbligo legale, di normative professionali o di istruzioni professionali ricevute o applicabili nell'ambito dell'attività dell'ente.

La pena di cui al primo comma si applica anche a chi, nell'esercizio di un'attività professionale ovvero di direzione di un ente di diritto privato, di lavoro alle dipendenze dello stesso o comunque di prestazione della sua opera a favore del medesimo, dà, offre o promette il denaro o altra utilità di cui al primo comma.

Per i delitti di cui al presente articolo, nei confronti dell'imputato che si adopera per evitare che l'attività delittuosa sia portata a conseguenze ulteriori, anche aiutando concretamente l'autorità di polizia o l'autorità giudiziaria nella raccolta di elementi decisivi per la ricostruzione dei fatti ovvero per il sequestro delle somme o altre utilità trasferite, la pena è diminuita fino alla metà"».

 

12.267

VALENTINO

Ritirato

Al comma 1, dopo la lettera m) aggiungere la seguente:

«m-bis) il secondo comma dell'articolo 629 del codice penale è sostituito dal seguente:

"La pena è della reclusione da sei a venti anni e della multa da euro 1.032 a euro 3.098 se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio abusando della sua qualità o dei suoi poteri ovvero se concorre taluna delle circostanze indicate nell'ultimo comma dell'articolo 628"».

 

12.269

VALENTINO

Ritirato

Al comma 1, dopo la lettera m) aggiungere la seguente:

«m-bis) dopo l'articolo 629 del codice penale è inserito il seguente:

"Art. 629-bis. - (Concussione). - Il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio che, abusando della sua qualità o dei suoi poteri, costringe con violenza o minaccia taluno a dare o a promettere indebitamente, a lui o ad un terzo, denaro od altra utilità, è punito con la reclusione da quattro a dodici anni"».

 

12.16

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Ritirato

Al comma 1 dopo la lettera m) aggiungere le seguenti:

«m-bis) all'articolo 648-bis, primo comma, le parole: "Fuori dei casi di concorso nel reato," sono soppresse;

m-ter) all'articolo 648-ter, primo comma, le parole: "dei casi di concorso nel reato e" sono soppresse"».

 

EMENDAMENTI TENDENTI AD INSERIRE ARTICOLI AGGIUNTIVI DOPO L'ARTICOLO 12

 

12.0.250

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA, BARBOLINI, AGOSTINI

Ritirato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 12-bis.

(Incarichi di collaborazione con la pubblica amministrazione)

1. È fatto divieto alle pubbliche amministrazioni, ivi compresi gli enti pubblici economici, e alle società a partecipazione pubblica di conferire incarichi di collaborazione o consulenza o assimilati, anche se a tempo parziale o a titolo non oneroso, a:

a) coloro che siano stati condannati, con sentenza anche non definitiva:

1) per delitti contro la pubblica amministrazione o contro l'amministrazione della giustizia;

2) per uno dei delitti previsti dagli articoli 629, 640-bis, 644, 648-bis e 648-ter del codice penale;

3) per il delitto previsto dall'articolo 12-quinquies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356;

4) per il delitto di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti;

5) per uno dei delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale ovvero per un delitto per il quale ricorra la circostanza aggravante di cui all'articolo 7 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 203;

b) coloro che siano stati destinatari di misure di prevenzione personali o patrimoniali, ancorché non definitive, ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575;

c) coloro che siano stati assoggettati a divieti, sospensioni e decadenze ai sensi della legge 27 dicembre 1956, n.1.423, ovvero della legge 31 maggio 1965, n. 575;

d) coloro che siano stati rimossi, sospesi o dichiarati decaduti ai sensi dell'articolo 142 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.267.

2. Alla violazione del divieto di cui al comma 1 consegue la decadenza dall'incarico per chi lo abbia ricevuto e l'illecito disciplinare per il responsabile del procedimento».

 

12.0.2

D'ALIA, DELLA MONICA, SERRA, BALDASSARRI, GERMONTANI, VALDITARA, DE ANGELIS, CONTINI, DIGILIO

Respinto

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 12-bis.

(Incarichi di collaborazione con la pubblica amministrazione)

1. Le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici in generale, compresi gli enti pubblici economici, non possono attribuire incarichi di collaborazione o consulenza, di qualunque specie e comunque denominati, a tempo indeterminato o parziale, neanche a titolo gratuito, a persone che si trovino in una delle seguenti condizioni:

a) condannati, con sentenza anche non definitiva, per uno dei delitti di cui all'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale, ovvero per delitti contro la pubblica amministrazione o per uno dei delitti previsti dagli articoli 629, 644, 648-bis, 648-ter del codice penale;

b) sottoposti, nei cinque anni precedenti al conferimento dell'incarico, a misura cautelare personale, non soggetta ad annullamento per insussistenza di gravi indizi di colpevolezza, per uno dei reati indicati nella lettera che precede;

c) sottoposti ad applicazione di misure di prevenzione personali o patrimoniali, ancorché non defInitive, ai sensi della legge 31 maggio 1965, n.575.

2. Al momento dell'attribuzione formale degli incarichi di cui al presente articolo, il beneficiario dichiara all'amministrazione o all'ente conferente, sotto la propria responsabilità, di non trovarsi in alcuna delle ipotesi previste al comma 1. In caso di false dichiarazioni, il dichiarante è punito con la reclusione da uno a quattro anni e con la multa da diecimila a centomila euro. Nell'ipotesi che precede il rapporto di collaborazione è immediatamente revocato».

 

12.0.3

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Ritirato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 12-bis.

(Prescrizione degli illeciti amministrativi e tributari connessi al delitto di corruzione)

1. Quando è stato commesso un delitto di corruzione in occasione o comunque in relazione ad accertamenti tributari, contestazioni o irrogazioni delle relative sanzioni, ovvero per ottenere l'occultamento o il mancato perseguimento di violazioni amministrative, le decadenze previste per la notifica degli atti di contestazione o di irrogazione non si verificano dal momento della consumazione del predetto delitto fino al momento dell'esercizio dell'azione penale.

2. Sono altresì sospesi, nel periodo indicato al comma 1, i termini di prescrizione degli illeciti amministrativi, nonché i termini di prescrizione previsti per il diritto alla riscossione delle sanzioni irrogate».

 

12.0.4

LI GOTTI, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Ritirato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 12-bis.

(Prescrizione degli illeciti amministrativi e tributari connessi al delitto di corruzione)

1. Quando è stato commesso un delitto di corruzione in occasione o comunque in relazione ad accertamenti tributari, contestazioni o irrogazioni delle relative sanzioni, ovvero per ottenere l'occultamento o il mancato perseguimento di violazioni amministrative, le decadenze previste per la notifica degli atti di contestazione o di irrogazione non si verificano dal momento della consumazione del predetto delitto fino al momento dell'esercizio dell'azione penale.

2. Sono, altresì, sospesi nel periodo indicato al comma 1, i termini di prescrizione degli illeciti amministrativi, nonché i termini di prescrizione previsti per il diritto alla riscossione delle sanzioni irrogate».

 

12.0.5

LI GOTTI, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Ritirato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 12-bis.

(Attività di contrasto e norme processuali)

1. All'articolo 9, comma 1, della legge 16 marzo 2006, n. 146, dopo la lettera b) è aggiunta la seguente:

"b-bis) gli ufficiali di polizia giudiziaria della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza, appartenenti alle strutture specializzate o alla Direzione investigativa antimafia, nei limiti delle proprie competenze, i quali, nel corso di specifiche operazioni di polizia ed al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine ai reati di cui agli articoli 319, 319-ter, 346 e, limitatamente ai fatti commessi da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio con abuso dei poteri o violazione dei doveri inerenti alla sua qualità o alle sue funzioni, 629, secondo comma, del codice penale commessi nell'ambito di associazioni a delinquere, anche transnazionali, compiono le attività di cui alla lettera a), ovvero promettono od offrono denaro o altra utilità ovvero, anche attribuendosi qualità di altro pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio, simulano di accettarne la promessa o la consegna, direttamente o per interposta persona".

2. Quando risulta che è stata pronunziata sentenza di condanna o di applicazione di pena ritenuta la circostanza attenuante di cui all'articolo 360-bis del codice penale per effetto di dichiarazioni false o reticenti, il procuratore generale presso la corte d'appello nel cui distretto la sentenza è stata pronunziata ne chiede la revisione. Nel giudizio di revisione si osservano, in quanto compatibili, le disposizioni del titolo IV del libro IX del codice di procedura penale. In caso di accoglimento della richiesta di revisione il giudice riforma la sentenza di condanna e determina la nuova misura della pena. In caso di revoca della sentenza di applicazione di pena, la corte ordina la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice che l'ha pronunziata. In tali casi il corso della prescrizione è sospeso dalla data di commissione del fatto fino alla pronunzia della sentenza di revisione.

3. Quando è accertato, con sentenza definitiva di condanna o applicazione di pena, che è stata pronunziata sentenza in conseguenza del reato di cui all'articolo 319-ter del codice penale, il procuratore generale presso la corte d'appello nel cui distretto la sentenza è stata pronunziata ne chiede la revisione. Nel giudizio di revisione si osservano, in quanto compatibili, le disposizioni del titolo IV del libro IX del codice di procedura penale. In tali casi il corso della prescrizione è sospeso dalla data di commissione del reato di cui all'articolo 319-ter del codice penale fino alla pronuncia definitiva di condanna o applicazione di pena per il medesimo reato».

 

12.0.6

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Ritirato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 12-bis.

(Attività di contrasto e norme processuali)

1. All'articolo 9, comma 1, della legge 16 marzo 2006, n. 146, dopo la lettera b) è aggiunta la seguente:

"b-bis) gli ufficiali di polizia giudiziaria della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza, appartenenti alle strutture specializzate o alla Direzione investigativa antimafia, nei limiti delle proprie competenze, i quali, nel corso di specifiche operazioni di polizia e al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine ai reati di cui agli articoli 317, 318, 319, 319-ter, 346 e 629 del codice penale, commessi nell'ambito di associazioni per delinquere, anche transnazionali, compiono le attività di cui alla lettera a), ovvero promettono od offrono denaro o altra utilità, ovvero, anche attribuendosi qualità di altro pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio, simulano di accettarne la promessa o la consegna, direttamente o per interposta persona".

2. Quando è accertato, con sentenza definitiva di condanna o applicazione di pena, che è stata pronunziata sentenza in conseguenza del reato di cui all'articolo 319-ter del codice penale, il procuratore generale presso la corte d'appello nel cui distretto quest'ultima sentenza è stata pronunziata ne chiede la revisione. Nel giudizio di revisione si osservano, in quanto compatibili, le disposizioni del titolo IV del libro IX del codice di procedura penale. In tali casi il corso della prescrizione è sospeso dalla data di commissione del reato di cui all'articolo 319-ter del codice penale fino alla pronunzia definitiva di condanna o applicazione di pena per il medesimo reato».

 

12.0.7

D'ALIA, DELLA MONICA, SERRA, BALDASSARRI, GERMONTANI, VALDITARA, DE ANGELIS, CONTINI, DIGILIO

Ritirato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 12-bis.

(Attività di contrasto e norme processuali)

1. All'articolo 9, comma 1, della legge 16 marzo 2006, n. 146, dopo la lettera b) è aggiunta la seguente:

"b-bis) gli ufficiali di polizia giudiziaria della Polizia di Stato, dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di finanza, appartenenti alle strutture specializzate o alla Direzione investigativa antimafia, nei limiti delle proprie competenze, i quali, nel corso di specifiche operazioni di polizia e al solo fine di acquisire elementi di prova in ordine ai reati di cui agli articoli 317, 318, 319, 319-ter, 320, 322, 322-bis e 346 del codice penale, compiono le attività di cui alla lettera a), ovvero promettono od offrono denaro o altra utilità, ovvero, anche attribuendosi qualità di altro pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio, simulano di accettarne la promessa o la consegna, direttamente o per interposta persona"».

 

12.0.8

LI GOTTI, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Ritirato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 12-bis.

(Modifiche alla legge 23 dicembre 1986, n. 898)

1. All'articolo 2, comma 1, della legge 23 dicembre 1986, n. 898, le parole: "da sei mesi a tre anni" sono sostituite dalle seguenti: "da uno a quattro anni"».

 

12.0.9

ZANDA

Ritirato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 12-bis.

(Modifiche al Codice civile)

Al codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l'articolo 2621 è sostituito dal seguente:

"Art. 2621. - (False comunicazioni sociali). - Salvo quanto previsto dall'articolo 2622, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico, espongono fatti non rispondenti al vero ancorché oggetto di valutazioni ovvero omettono informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, sono puniti con la reclusione da uno a cinque anni.

La punibilità è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardano beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.";

b) l'articolo 2622 è sostituito dal seguente:

"Art. 2622. - (False comunicazioni sociali nelle società quotate in Borsa). - Gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili, societari, i sindaci e i liquidatori delle società soggette alle disposizioni della parte IV, titolo III, capo Il, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, i quali al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico espongono fatti materiali non rispondenti al vero ancorché oggetto di valutazioni ovvero omettono informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, in modo idoneo a indurre in errore i destinatari sulla predetta situazione, sono puniti con la reclusione fino a otto anni";

c) dopo l'articolo 2622 è inserito il seguente:

"Art. 2622-bis. - (Circostanza aggravante). Se i fatti di cui agli articoli 2621 e 2622 cagionano un grave nocumento ai risparmiatori o alla società, le pene sono aumentate della metà".

d) l'articolo 2624 è sostituito con il seguente:

"Art. 2624. - (Falsità nelle relazioni o nelle comunicazioni delle società di revisione). I responsabili della revisione i quali, al fine di conseguire per sè o per altri un ingiusto profitto, nelle relazioni o in altre comunicazioni, consapevolmente attestano il falso ed occultano informazioni concernenti la situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società, ente o soggetto sottoposto a revisione, in modo idoneo ad indurre in errore i destinatari delle comunicazioni sulla predetta situazione, sono puniti con la reclusione fino a sei anni.

Se la condotta di cui al primo comma concerne una società soggetta a revisione obbligatoria, la pena è della reclusione fino a otto anni.

Se la condotta di cui al primo comma ha cagionato un grave nocumento ai destinatari delle comunicazioni, la pena è della reclusione fino a dodici anni".

e) dopo l'articolo 2624 è inserito il seguente:

"Art. 2624-bis. (False dichiarazioni contabili e false comunicazioni sociali a fini di corruzione) - Qualora la dichiarazione fraudolenta di cui agli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 10 marzo 2000 n. 74 o le false comunicazioni di cui agli articoli 2621 e 2622 sono finalizzati a commettere i reati di cui agli articoli 318, 319, 320, 321, 322, 346 del codice penale, la pena è disposta a prescindere dall'ammontare degli elementi sottratti al reddito"».

 

12.0.10

DELLA MONICA, BARBOLINI, BIANCO, PEGORER, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Ritirato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 12-bis.

(Modifiche al codice civile e al testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, in materia di falso in bilancio, falso prospetto, falso nelle relazioni dei revisori e di impediti controlli societari)

1. Al codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l'articolo 2621 è sostituito dal seguente:

"Art. 2621. - (False comunicazioni sociali). - Salvo quanto previsto dall'articolo 2622, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico, espongono fatti non rispondenti al vero ancorché oggetto di valutazioni ovvero omettono informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, sono puniti con la reclusione da uno a cinque anni.

La punibilità è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardano beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi";

b) l'articolo 2622 è sostituito dal seguente:

"Art. 2622. - (False comunicazioni sociali in danno della società, dei soci o dei creditori). - Gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili, i sindaci e i liquidatori, i quali, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico, esponendo fatti non rispondenti al vero ancorché oggetto di valutazioni, ovvero omettendo informazioni la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale essa appartiene, cagionano un danno patrimoniale alla società, ai soci o ai creditori, sono puniti con la reclusione da due a sei anni.

La pena è da due ad otto anni, nel caso di società soggette alle disposizioni della parte IV, titolo III, capo II, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni.

La punibilità è estesa anche al caso in cui le informazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi.";

c) l'articolo 2625 è sostituito dal seguente:

"Art. 2625. - (Impedito controllo). - Gli amministratori che, occultando documenti o con altri idonei artifici, impediscono o comunque ostacolano lo svolgimento delle attività di controllo o di revisione legalmente attribuite ai soci, agli altri organi sociali o alle società di revisione, sono puniti con l'arresto fino a due anni.

La pena è raddoppiata se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell'Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell'articolo 116 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni".

2. Al testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) l'articolo 173-bis è sostituito dal seguente:

"Art. 173-bis. - (Falso in prospetto). - 1. Chiunque, nei prospetti richiesti per la sollecitazione all'investimento o l'ammissione alla quotazione nei mercati regolamentati, ovvero nei documenti da pubblicare in occasione delle offerte pubbliche di acquisto o di scambio, espone false informazioni od occulta dati o notizie in modo idoneo a indurre in errore i destinatari del prospetto, è punito con la reclusione da uno a cinque anni";

b) all'articolo 174-bis, nel comma 1, le parole: "con l'intenzione di ingannare i destinatari" sono soppresse».

 

12.0.11

LI GOTTI, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Ritirato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 12-bis.

(Norme in materia di influenze illecite)

1. L'articolo 346 del codice penale è sostituito dal seguente:

-"Articolo 346. - (Traffico di influenze illecite). - Chiunque, vantando credito presso un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio, ovvero adducendo di doverne comprare il favore o soddisfare le richieste, fa dare o promettere a sé o ad altri denaro o altra utilità quale prezzo per la propria mediazione o quale remunerazione per il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio, è punito con la reclusione da tre a sette anni.

Nei casi di cui al primo comma, chi versa o promette denaro o altra utilità è punito con la reclusione da due a cinque anni.

La condanna importa l'interdizione perpetua dai pubblici uffici.

Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono aumentate se il soggetto che vanta credito presso un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio ovvero adduce di doverne comprare il favore o soddisfare le richieste riveste la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio.

Le pene previste dal primo e dal secondo comma sono, altresì, aumentate se i fatti ivi previsti sono commessi in relazione all'esercizio di attività giurisdizionali.

Se i fatti previsti dal primo e dal secondo comma sono di particolare tenuità, le pene sono diminuite fino a due terzi e la condanna importa l'interdizione temporanea dai pubblici uffici".

2. L'articolo 25 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, è sostituito dal seguente:

"Articolo 25. - (Corruzione e traffico di influenze illecite). - 1. In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 318, 321 e 322, commi 1 e 3, e 346 primo, secondo e quarto comma, del codice penale, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da duecento a seicento quote.

2. In relazione alla commissione dei delitti di cui agli articoli 317, 319, 319, aggravato ai sensi dell'articolo 319-bis quando dal fatto l'ente ha conseguito un profitto di rilevante entità, 319-ter, comma 1 e comma 2, 321, 322, commi 2 e 4, del codice penale, e 346, quinto comma, si applica all'ente la sanzione pecuniaria da trecento a novecento quote.

3. Le sanzioni pecuniarie previste per i delitti di cui ai commi 1 e 2 si applicano all'ente anche quando tali delitti sono stati commessi dalle persone indicate negli articoli 357, secondo comma, e 358, secondo comma, del codice penale.

4. Nei casi di condanna per uno dei delitti indicati nei commi 1 e 2 si applicano le sanzioni interdittive previste dall'articolo 9, comma 2, per una durata non inferiore a un anno"».

 

12.0.12

ZANDA

Ritirato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 12-bis.

(Modifiche agli articoli 648-bis e 648-ter del codice penale in materia di autoriciclaggio)

1. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 648-bis, primo comma, le parole: "Fuori dei casi di concorso nel reato," sono soppresse;

b) all'articolo 648-ter, primo comma, le parole: «dei casi di concorso nel reato e» sono soppresse».

 

12.0.500 (già 12.254)

INCOSTANTE, ADAMO

Ritirato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 12-bis.

(Modifica al Codice di procedura penale)

02) All'articolo 308 del Codice di procedura penale, dopo il comma 2 è inserito il seguente:

"2-bis. Nel caso si proceda per uno dei delitti previsti dagli articoli da 314 a 320 del Codice penale, le misure interdittive perdono efficacia decorsi sei mesi dall'inizio della loro esecuzione. In ogni caso, qualora esse siano state disposte per esigenze probatorie, il giudice può disporne la rinnovazione anche al di là di sei mesi dall'inizio dell'esecuzione, fermo restando che comunque la loro efficacia viene meno se dall'inizio della loro esecuzione è decorso un periodo di tempo pari al triplo dei termini previsti dall'articolo 303."».

 

12.0.13

LI GOTTI, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Ritirato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art 12-bis.

(Ulteriori modifiche al codice penale in materia di riciclaggio)

1. All'articolo 379; primo comma, del codice penale le parole: "articoli 648-bis e 648-ter sono sostituite dalle seguenti: "articoli 648 e 648-bis".

2. L'articolo 648-bis del codice penale e sostituito dal seguente:

"Art. 648-bis. - (Riciclaggio ed impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita) - Chiunque sostituisce o trasferisce denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto non colposo, ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni, in modo da ostacolare l'identificazione della loro provenienza delittuosa, ovvero, fuori dei casi previsti dall'articolo 648, impiega in attività economiche o finanziarie denaro, beni o altre utilità provenienti da delitto è punito con a reclusione da quattro a dodici anni e con la multa da euro 1.032 a euro 15.493.

La pena è aumentata quando il fatto è commesso nell'esercizio di un'attività professionale.

La pena è diminuita se il fatto è di particolare tenuità. Si applica l'ultimo comma dell'articolo 648".

3. L'articolo 648-ter del codice penale è abrogato.

4. L'articolo 648-quater, al primo comma, le parole: "dagli articolo 648-bis e 648-ter" sono sostituite dalle seguenti: "dall'articolo 648-bis" e al terzo comma le parole: "di cui agli articoli 648-bis e 648-ter" sono sostituite dalle seguenti: "di cui all'articolo 648-bis"».

 

12.0.14

CASSON, CECCANTI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, GARRAFFA, LUMIA, MARITATI, DELLA MONICA

Ritirato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 12-bis.

(Modifiche all'articolo 684 del codice penale in materia di esercizio del diritto di informazione)

1. Dopo il primo comma dell'articolo 684 del codice penale è aggiunto, in fine, il seguente secondo comma:

"Non è punibile chi ha commesso i fatti di cui al presente articolo nell'esercizio del diritto di informazione, quando la notizia pubblicata faccia riferimento ai delitti contro la pubblica amministrazione e presenti eccezionale rilevanza sociale, in ordine all'esercizio di funzioni pubbliche o all'attività politica di soggetti titolari di incarichi istituzionali"».

 

12.0.15

CASSON, CECCANTI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, GARRAFFA, LUMIA, MARITATI, DELLA MONICA

Ritirato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 12-bis.

(Modifiche all'articolo 684 del codice penale in materia di esercizio del diritto di informazione)

1. Dopo il primo comma dell'articolo 684 del codice penale è aggiunto, in fine, il seguente secondo comma:

"Non è punibile chi ha commesso i fatti di cui al presente articolo nell'esercizio del diritto di informazione, quando la notizia pubblicata concerna un procedimento per taluno dei delitti di cui al Capo I del Titolo II del Libro II"».

 

12.0.17

D'ALIA, DELLA MONICA, SERRA, BALDASSARRI, GERMONTANI, VALDITARA, DE ANGELIS, CONTINI, DIGILIO

Ritirato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 12-bis.

(Modifiche al codice di procedura penale)

1. All'articolo 267 del codice di procedura penale, dopo il comma 2 è inserito il seguente comma:

"2-bis. Quando l'intercettazione è necessaria per lo svolgimento delle indagini in relazione a delitti di cui all'articolo 266, comma 1, lettera b), l'autorizzazione a disporre le operazioni previste dall'articolo 266 è data, con decreto motivato, dal giudice per le indagini preliminari se vi sono sufficienti indizi di reato. Nella valutazione dei sufficienti indizi si applica l'articolo 203. L'intercettazione di comunicazioni tra presenti, di cui al comma 2 dell'articolo 266, disposta in un procedimento relativo ai delitti di cui al presente comma, è consentita anche se non vi è motivo di ritenere che nei luoghi ove è disposta si stia svolgendo l'attività criminosa".

2. Al comma 3 dell'articolo 275 del codice di procedura penale sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: "Le disposizioni del presente comma si applicano altresì in ordine ai delitti previsti dagli articoli 314, 317, 319, 319-ter, 321, 322-bis del codice penale, salvo che ricorra la circostanza attenuante prevista dall'articolo 323-bis del codice penale"».

 

12.0.16

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Ritirato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 12-bis.

(Modifiche al codice di procedura penale in materia di intercettazioni)

1. All'articolo 267 del codice di procedura penale, dopo il comma 2 è inserito il seguente comma:

"2-bis. Quando l'intercettazione è necessaria per lo svolgimento delle indagini in relazione a delitti di cui all'articolo 266, comma 1, lettera b), l'autorizzazione a disporre le operazioni previste dall'articolo 266 è data, con decreto motivato, dal giudice per le indagini preliminari se vi sono sufficienti indizi di reato. Nella valutazione dei sufficienti indizi si applica l'articolo 203. L'intercettazione di comunicazioni tra presenti, di cui al comma 2 dell'articolo 266, disposta in un procedimento relativo ai delitti di cui al presente comma, è consentita anche se non vi è motivo di ritenere che nei luoghi ove è disposta si stia svolgendo l'attività criminosa".

2. Al comma 3 dell'articolo 275 del codice di procedura penale sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: "Le disposizioni del presente comma si applicano altresì in ordine ai delitti previsti dagli articoli 314, 317, 319, 319-ter, 321, 322-bis del codice penale, salvo che ricorra la circostanza attenuante prevista dall'articolo 323-bis del codice penale"».

 

12.0.100

CASSON, CECCANTI, CHIURAZZI, D'AMBROSIO, GALPERTI, GARRAFFA, LUMIA, MARITATI, DELLA MONICA

Ritirato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 12-bis.

(Modifiche all'articolo 267 del codice di procedura penale in materia di intercettazioni)

1. All'articolo 267 del codice di procedura penale, dopo il comma 2 è inserito il seguente:

"2-bis. Quando l'intercettazione è necessaria per lo svolgimento delle indagini in relazione a delitti di cui all'articolo 266, comma 1, lettera b), l'autorizzazione a disporre le operazioni previste dall'articolo 266 è data, con decreto motivato, dal giudice per le indagini preliminari se vi sono sufficienti indizi di reato. Nella valutazione dei sufficienti indizi si applica l'articolo 203. L'intercettazione di comunicazioni tra presenti, di cui al comma 2 dell'articolo 266, disposta in un procedimento relativo ai delitti di cui al presente comma, è consentita anche se non vi è motivo di ritenere che nei luoghi ove è disposta si stia svolgendo l'attività criminosa"».

 

12.0.18

LI GOTTI, PARDI, BELISARIO, GIAMBRONE, CARLINO, BUGNANO, CAFORIO, DE TONI, DI NARDO, LANNUTTI, MASCITELLI, PEDICA

Ritirato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 12-bis.

(Introduzione degli articoli 371-ter, 371-quater, 371-quinquies, 371-sexies, 371-septies e 371-octies nel codice di procedura penale)

1. Dopo l'articolo 371-bis del codice di procedura penale è inserito il seguente:

"Art. 371-ter. - (Procedura attiva di costituzione di Squadre investigative comuni). - 1. Nei casi previsti dagli accordi internazionali in vigore per lo Stato, il procuratore della Repubblica può richiedere la costituzione di squadre investigative comuni quando procede a indagini collegate a quelle condotte in altri Stati, sempreché vi sia l'esigenza di compiere indagini particolarmente complesse o di assicurare il coordinamento delle indagini con l'autorità straniera.

2. La richiesta di cui ai comma 1, nel caso di avocazione delle indagini a norma dell'articolo 372, è formulata dal procuratore generale presso la Corte d'appello; nei casi indicati dall'articolo 371-bis, comma 3, lettera h), dal procuratore nazionale antimafia.

3. La richiesta di costituzione della squadra investigativa comune è trasmessa alla competente autorità dello Stato estero. L'autorità giudiziaria richiedente, inoltre, informa dell'iniziativa il procuratore generale presso la Corte d'appello, o il procuratore nazionale antimafia, se si tratta di indagini relative ai delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, ai fini dell'eventuale coordinamento investigativo.

4. La squadra investigativa comune che opera sul territorio dello Stato è diretta dal pubblico ministero o dall'ufficiale di polizia giudiziaria designato nell'atto costitutivo.

5. Nei casi previsti da accordi internazionali in vigore per lo Stato, quando la richiesta di costituzione di squadra investigativa comune proviene dall'autorità di uno Stato estero, il procuratore della Repubblica informa dell'iniziativa il procuratore generale presso la Corte d'appello, o il procuratore nazionale antimafia, se si tratta di indagini relative ai delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis, ai fini dell'eventuale coordinamento investigativo.

6. Se il procuratore della Repubblica ritiene che la competenza appartiene ad altro ufficio, trasmette immediatamente la richiesta di cui al comma 1 all'autorità giudiziaria competente, dandone avviso all'autorità straniera richiedente.

7. Nei casi di cui agli articoli 371-ter e 371-quater, il procuratore della Repubblica o, nei casi indicati nell'articolo 371-ter, comma 2, il procuratore generale presso la Corte d'appello o il procuratore nazionale antimafia, forma, con le competenti autorità straniere, l'atto scritto di costituzione della squadra investigativa comune.

8. L'atto che costituisce la Squadra investigativa comune contiene l'indicazione:

a) del titolo di reato con la descrizione sommaria del fatto oggetto delle indagini;

b) dei motivi che giustificano la costituzione della squadra;

c) del nominativo del direttore della squadra;

d) dei nominativi dei membri nazionali e di quelli distaccati che la compongono;

e) degli atti da compiersi;

f) della durata delle indagini;

g) degli Stati, delle organizzazioni internazionali e degli altri organismi istituiti, ai quali è richiesta, ai sensi del Trattato sull'Unione europea, la designazione di rappresentanti esperti nelle materie dell'indagine comune;

h) delle modalità di partecipazione dei rappresentanti ed esperti designati da altri Stati, organizzazioni internazionali e organismi istituiti nell'ambito dell'Unione europea.

9. Nei casi di cui agli articoli 371-ter e 371-quater, l'atto costitutivo della squadra investigativa comune è trasmesso senza ritardo al Ministro della giustizia ed al Ministro dell'interno.

10. Nel caso di cui all'articolo 371-quater, il Ministro della giustizia, entro dieci giorni dalla ricezione del provvedimento di costituzione della squadra investigativa comune, può disporre con decreto che non si proceda al compimento degli atti indicati, se risulta evidente che gli stessi sono espressamente vietati dalla legge o sono contrari ai principi fondamentali dell'ordinamento giuridico italiano.

11. Il termine di cui all'articolo 371-quinquies, comma 2, lettera j), non può essere superiore a sei mesi, salvo proroghe giustificate dalla oggettiva impossibilità di concludere le indagini nel termine stabilito. In ogni caso la durata non può essere superiore ad un anno. La proroga è comunicata al Ministro della giustizia ed al Ministro dell'interno, nonché, ai fini dell'eventuale coordinamento investigativo, al procuratore generale presso la Corte d'appello, o al procuratore nazionale antimafia, se si tratta di indagini relative ai delitti di cui all'articolo 51, comma 3-bis.

12. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano, In quanto compatibili, in caso di successive modificazioni del contenuto dell'atto costitutivo della squadra.

13. Salvo che nell'atto costitutivo sia stabilito diversamente, i soggetti distaccati dall'autorità giudiziaria o investigativa di altro Stato possono partecipare agli atti di indagine da compiere nel territorio dello Stato, nonché all'esecuzione dei provvedimenti dell'autorità giudiziaria. Ai membri distaccati sono attribuite le funzioni di agente di polizia giudiziaria nei limiti previsti dall'atto costitutivo della squadra investigativa comune. Ad essi, se autorizzati al porto d'armi sul territorio dello Stato ai sensi dell'articolo 9 della legge 21 febbraio 1990, n. 36, e successive modificazioni, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 53 del codice penale.

14. L'atto costitutivo può altresì prevedere che rappresentanti ed esperti designati da altri Stati, da organizzazioni internazionali e dagli organismi istituiti nell'ambito dell'Unione europea siano autorizzati ad assistere o a partecipare all'esecuzione degli atti di indagine da compiersi nel territorio dello Stato in conformità a quanto stabilito nell'atto costitutivo. Ai rappresentanti e agli esperti, se autorizzati a partecipare al compimento di atti di indagine, sono attribuite le funzioni di agenti di polizia giudiziaria, nei limiti previsti dall'atto costitutivo della squadra.

15. Il procuratore della Repubblica può richiedere all'autorità dell'altro Stato con cui ha costituito la squadra investigativa comune di ritardare, per fini investigativi e processuali diversi da quelli indicati nell'atto costitutivo, l'utilizzazione delle informazioni ottenute dai componenti della squadra e non altrimenti disponibili, se essa può pregiudicare indagini o procedimenti penali in corso nello Stato. Il Ministro della giustizia viene informato senza ritardo della richiesta.

16. L'autorità giudiziaria osserva le condizioni richieste dall'autorità dell'altro Stato per l'utilizzazione delle informazioni di cui al comma 1 per fini investigativi e processuali diversi da quelli indicati nel fatto costitutivo.«

17. All'articolo 431, comma 1, del codice di procedura penale, la lettera d) è sostituita dalla seguente:

'd) i documenti acquisiti all'estero mediante rogatoria internazionale, i verbali degli atti non ripetibili assunti con le stesse forme e modalità ovvero i verbali degli atti non ripetibili posti in essere dalla squadra investigativa comune;'.

18. La squadra investigativa comune opera sul territorio dello Stato in base alle disposizioni del codice di procedura penale e delle leggi complementari. Essa agisce sotto la direzione del pubblico ministero o di un ufficiale di polizia giudiziaria designato nell'atto costitutivo.

19. Lo Stato italiano è responsabile per i danni derivanti dagli atti illeciti commessi sul territorio dello Stato da funzionari stranieri e dai membri distaccati della squadra investigativa comune.

20. Quando la squadra investigativa comune è costituita nell'ambito degli strumenti dell'Unione europea, lo Stato italiano rinuncia a richiedere ad un altro Stato membro il risarcimento dei danni causati dal funzionario straniero o dal membro distaccato, limitatamente ai danni derivanti dallo svolgimento delle attività della squadra investigativa comune, indicate nell'atto costitutivo.

21. Dall'attuazione degli articoli 8-bis, 8-ter, 8-quater 8-quinquies non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico del bilancio dello Stato, all'attuazione dei medesimi si provvede nell'ambito delle risorse umane, strumentali e finanziarie previste dalla legislazione vigente».

 

12.0.501 (già 12.16)

DELLA MONICA, BIANCO, D'AMBROSIO, CASSON, CAROFIGLIO, CHIURAZZI, GALPERTI, MARITATI, SERRA, GARRAFFA, LUMIA, DE SENA, ARMATO, LEDDI, ADAMO, INCOSTANTE, CECCANTI, BARBOLINI, AGOSTINI, BASTICO, MARINO MAURO MARIA, VITALI, LATORRE, SANNA

Ritirato

Dopo l'articolo, inserire il seguente:

«Art. 12-bis

(Modifiche agli articoli 648-bis e 648-terdel Codice Penale in materia di autoriciclaggio)

a) all'articolo 648-bis, primo comma, le parole: "Fuori dei casi di concorso nel reato," sono soppresse;

b) all'articolo 648-ter, primo comma, le parole: "dei casi di concorso nel reato e" sono soppresse"».

 

ARTICOLO 13 DEL DISEGNO DI LEGGE N. 2156

Art. 13.

 

Approvato

(Clausola di invarianza)

1. Dall'esecuzione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

2. Le amministrazioni competenti provvedono allo svolgimento delle attività previste dalla presente legge con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

 


 

Testo approvato dal Senato il 15 giugno 2011
e trasmesso alla Camera dei deputati

 


 

SENATO DELLA REPUBBLICA

 

 

 

 

Attesto che il Senato della Repubblica,
il 15 giugno 2011, ha approvato il seguente disegno di legge, d’iniziativa del Governo:

 

 

 

Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione
e dell’illegalità nella pubblica amministrazione

 

 

 


Art 1.

(Autorità nazionale anticorruzione. Piano nazionale anticorruzione)

 

1. In attuazione dell’articolo 6 della Convenzione dell’Organizzazione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dalla Assemblea generale dell’ONU il 31 ottobre 2003 e ratificata ai sensi della legge 3 agosto 2009, n. 116, e degli articoli 20 e 21 della Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999, la presente legge individua, in ambito nazionale, l’Autorità nazionale anticorruzione e gli altri organi incaricati di svolgere, con modalità tali da assicurare azione coordinata, attività di controllo, di prevenzione e di contrasto al fenomeno corruttivo e dell’illegalità nella pubblica amministrazione.

2. La Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, opera quale Autorità nazionale anticorruzione, ai sensi del comma 1. In particolare, la Commissione:

a) collabora con i paritetici organismi stranieri, con le organizzazioni regionali ed internazionali competenti;

b) approva il Piano nazionale anticorruzione predisposto dal Dipartimento della funzione pubblica, di cui al comma 4, lettera c);

c) esercita la vigilanza e il controllo sull’effettiva applicazione e sull’efficacia delle misure adottate dalle pubbliche amministrazioni ai sensi dei commi 4 e 5;

d) riferisce al Parlamento, presentando una relazione entro il 31 dicembre di ciascun anno, sull’attività di contrasto al fenomeno corruttivo e dell’illegalità nella pubblica amministrazione e sull’efficacia delle disposizioni vigenti in materia.

3. Per l’esercizio delle funzioni di cui al comma 2, lettera c), la Commissione può esercitare poteri ispettivi chiedendo notizie, informazioni, atti e documenti alle pubbliche amministrazioni, e ordina la rimozione di comportamenti o atti contrastanti con i piani di cui ai commi 4 e 5.

4. Il Dipartimento della funzione pubblica, anche secondo linee di indirizzo adottate dal Comitato interministeriale istituito e disciplinato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri:

a) coordina l’attuazione delle strategie di prevenzione e contrasto della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione elaborate a livello nazionale e internazionale;

b) promuove e definisce norme e metodologie comuni per la prevenzione della corruzione, coerenti con gli indirizzi, i programmi e i progetti internazionali;

c) predispone sulla base dei piani delle pubbliche amministrazioni centrali di cui al comma 5 il Piano nazionale anticorruzione, anche al fine di assicurare l’attuazione coordinata delle misure di cui alla lettera a);

d) definisce modelli standard delle informazioni e dei dati occorrenti per il conseguimento degli obiettivi previsti dalla presente legge, secondo modalità che consentano la loro gestione ed analisi informatizzata.

5. Le pubbliche amministrazioni centrali definiscono e trasmettono al Dipartimento della funzione pubblica:
a) propri piani di azione che forniscono una valutazione del diverso livello di esposizione al rischio corruzione degli uffici;

b) gli interventi organizzativi per presidiare il rischio di cui alla lettera a);
c) procedure appropriate per selezionare e formare, in collaborazione con la Scuola superiore della pubblica amministrazione, i dipendenti chiamati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione, prevedendo, negli stessi settori, la rotazione di dirigenti e funzionari.

 

Art. 2.

(Trasparenza dell’attività amministrativa)

 

1. La trasparenza dell’attività amministrativa, che costituisce livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, secondo quanto previsto all’articolo 11 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, è assicurata mediante la pubblicazione, sui siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni, delle informazioni relative ai procedimenti amministrativi, secondo criteri di facile accessibilità, completezza e semplicità di consultazione, nel rispetto delle disposizioni in materia di segreto di Stato, di segreto d’ufficio e di protezione dei dati personali.

2. Fermo restando quanto stabilito nell’articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, come modificato dall’articolo 3 della presente legge, nell’articolo 54 del codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, nell’articolo 21 della legge 18 giugno 2009, n. 69, e nell’articolo 11 del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150, le amministrazioni pubbliche assicurano i livelli essenziali di cui al comma 1 con particolare riferimento ai procedimenti di:

a) autorizzazione o concessione;

b) scelta del contraente per l’affidamento di lavori, forniture e servizi, anche con riferimento alla modalità di selezione prescelta ai sensi del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;

c) concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati;
d) concorsi e prove selettive per l’assunzione del personale e progressioni di carriera di cui all’articolo 24 del citato decreto legislativo n. 150 del 2009.

3. Le amministrazioni provvedono altresì al monitoraggio periodico del rispetto dei tempi procedimentali attraverso la tempestiva eliminazione delle anomalie.

4. Ogni amministrazione pubblica rende noto, tramite il proprio sito istituzionale, almeno un indirizzo di posta elettronica certificata cui il cittadino possa rivolgersi per trasmettere istanze ai sensi dell’articolo 38 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, e ricevere informazioni circa i provvedimenti e i procedimenti amministrativi che lo riguardano.

5. Le amministrazioni possono rendere accessibili in ogni momento agli interessati, tramite strumenti di identificazione informatica di cui all’articolo 65, comma 1, del codice di cui al citato decreto legislativo n. 82 del 2005, e successive modificazioni, le informazioni relative ai provvedimenti e ai procedimenti amministrativi che li riguardano, ivi comprese quelle relative allo stato della procedura, ai relativi tempi e allo specifico ufficio competente in ogni singola fase.

6. Con uno o più decreti dei Ministri per la pubblica amministrazione e l’innovazione e per la semplificazione normativa, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per le materie di competenza, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, da adottare entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono individuate le informazioni rilevanti ai fini dell’applicazione dei commi 1 e 2 del presente articolo e le relative modalità di pubblicazione, nonché le indicazioni generali per l’applicazione dei commi 4 e 5. Restano ferme le disposizioni in materia di pubblicità previste dal codice di cui al citato decreto legislativo n. 163 del 2006.

7. La mancata o incompleta pubblicazione da parte delle pubbliche amministrazioni delle informazioni di cui al comma 6 costituisce violazione degli standard qualitativi ed economici ai sensi dell’articolo 1, comma 1, del decreto legislativo 20 dicembre 2009, n. 198, ed è comunque valutata ai sensi dell’articolo 21 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Eventuali ritardi nell’aggiornamento dei contenuti sugli strumenti informatici sono sanzionati a carico dei responsabili del servizio.

 

Art 3.

(Modifiche all’articolo 53 del decreto

legislativo 30 marzo 2001, n. 165)

 

1. All’articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 7, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Ai fini dell’autorizzazione, l’amministrazione verifica l’insussistenza di situazioni, anche potenziali, di conflitto di interesse»;

b) il comma 11 è sostituito dal seguente:

«11. Entro quindici giorni dall’erogazione del compenso per gli incarichi di cui al comma 6, i soggetti pubblici o privati comunicano all’amministrazione di appartenenza l’ammontare dei compensi erogati ai dipendenti pubblici»;

c) al comma 12, il primo periodo è sostituito dal seguente: «Le amministrazioni pubbliche che conferiscono o autorizzano incarichi, anche a titolo gratuito, ai propri dipendenti comunicano in via telematica, nel termine di quindici giorni, al Dipartimento della funzione pubblica gli incarichi conferiti o autorizzati ai dipendenti stessi, con l’indicazione dell’oggetto dell’incarico e del compenso lordo, ove previsto»;

d) dopo il comma 16-bis è aggiunto il seguente:

«16-ter. I dipendenti che, negli ultimi tre anni di servizio, hanno esercitato poteri autoritativi o negoziali per conto delle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, non possono svolgere, nei tre anni successivi alla cessazione del rapporto di pubblico impiego, attività lavorativa o professionale presso i soggetti privati destinatari dell’attività della pubblica amministrazione svolta attraverso i medesimi poteri. I contratti conclusi e gli incarichi conferiti in violazione di quanto previsto dal presente comma sono nulli ed è fatto divieto ai soggetti privati che li hanno conclusi o conferiti di contrattare con le pubbliche amministrazioni per i successivi tre anni».

2. Le disposizioni di cui all’articolo 53, comma 16-ter, secondo periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, introdotto dal comma 1, lettera d), del presente articolo, non si applicano ai contratti già sottoscritti alla data di entrata in vigore della presente legge.

 

 

 

 

Art 4.

(Tutela del dipendente pubblico

che segnala illeciti)

 

1. Fuori dei casi di responsabilità a titolo di calunnia o diffamazione, il pubblico dipendente che denuncia o riferisce condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro non può essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia.

2. Salvi gli obblighi di denuncia previsti dalla legge, l’identità del segnalante non può essere rivelata, senza il suo consenso, fino alla contestazione dell’addebito disciplinare.

 

Art. 5.

(Attività d’impresa particolarmente esposte

a rischio d’inquinamento mafioso)

 

1. Ai fini dell’applicazione delle norme vigenti in materia di controlli antimafia in relazione alle attività d’impresa, mediante gli elenchi di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori non soggetti a rischio d’inquinamento mafioso, sono definite come particolarmente esposte a tale rischio le seguenti attività:

a) trasporto di materiali a discarica conto terzi;

b) trasporto e smaltimento di rifiuti a conto terzi;

c) estrazione, fornitura e trasporto di terra e materiali inerti;

d) confezionamento, fornitura e trasporto di calcestruzzo e di bitume;

e) noli a freddo di macchinari;

f) fornitura di ferro lavorato;

g) noli a caldo, qualora il relativo contratto non sia assimilabile al subappalto, ai sensi dell’articolo 118, comma 11, del codice di cui al citato decreto legislativo n. 163 del 2006;

h) autotrasporti conto terzi;

i) guardianìa dei cantieri.

2. L’indicazione delle attività di cui al comma 1 può essere aggiornata, entro il 31 dicembre di ogni anno, con apposito decreto del Ministro dell’interno, adottato di concerto con i Ministri della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti e dell’economia e delle finanze.

3. I decreti di cui al comma 2 sono adottati previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, da rendere entro trenta giorni dalla data di trasmissione alle Camere dei relativi schemi. Qualora le Commissioni non si pronuncino entro il termine, i decreti possono essere comunque adottati.

4. Dall’applicazione delle disposizioni del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

 

Art. 6.

(Princìpi generali per regioni ed enti locali)

 

1. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, anche per quanto concerne i propri enti e le amministrazioni del Servizio sanitario nazionale, nonché gli enti locali adeguano, compatibilmente con le disposizioni previste dagli statuti e dalle relative norme di attuazione in materia, i propri ordinamenti alle disposizioni di cui agli articoli da 1 a 5 della presente legge.

 

Art. 7.

(Modifiche all’articolo 1 della legge

14 gennaio 1994, n. 20)

 

1. All’articolo 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, dopo il comma 1-quinquies, sono inseriti i seguenti:

«1-sexies. Nel giudizio di responsabilità, l’entità del danno all’immagine della pubblica amministrazione derivante dalla commissione di un reato contro la stessa pubblica amministrazione accertato con sentenza passata in giudicato si presume, salvo prova contraria, pari al doppio della somma di denaro o del valore di altra utilità illecitamente percepita dal dipendente.

1-septies. Nei giudizi di responsabilità aventi ad oggetto atti o fatti di cui al comma 1-sexies, il sequestro conservativo di cui all’articolo 5, comma 2, del decreto-legge 15 novembre 1993, n. 453, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19, è concesso in tutti i casi di probabile attenuazione della garanzia del credito erariale».

 

Art. 8.

(Delega al Governo per l’adozione di un testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e divieto di ricoprire cariche elettive e di governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi)

 

1. Il Governo è delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, un decreto legislativo contenente un testo unico della normativa in materia di incandidabilità alla carica di deputato e di senatore della Repubblica, di incandidabilità alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali e di divieto di ricoprire le cariche di presidente e componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all’articolo 114 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, presidente e componente degli organi esecutivi delle comunità montane.

2. Il decreto legislativo di cui al comma 1 provvede al riordino e all’armonizzazione della vigente normativa ed è adottato secondo i seguenti princìpi e criteri direttivi:

a) ferme restando le disposizioni del codice penale in materia di interdizione perpetua dai pubblici uffici, prevedere che non siano temporaneamente candidabili a deputati o a senatori coloro che abbiano riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione per i delitti previsti dall’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale;

b) in aggiunta a quanto previsto nella lettera a), prevedere che non siano temporaneamente candidabili a deputati o a senatori coloro che abbiano riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione per i delitti previsti nel libro II, titolo II, capo I, del codice penale e, se del caso, per altri delitti per i quali la legge preveda una pena detentiva superiore nel massimo a tre anni;

c) prevedere la durata dell’incandidabilità di cui alle lettere a) e b);

d) prevedere che l’incandidabilità operi anche in caso di applicazione della pena su richiesta, ai sensi dell’articolo 444 del codice di procedura penale;

e) coordinare le disposizioni relative all’incandidabilità con le vigenti norme in materia di interdizione dai pubblici uffici e di riabilitazione, nonché con le restrizioni all’esercizio del diritto di elettorato attivo;

f) prevedere che le condizioni di incandidabilità alla carica di deputato e di senatore siano applicate altresì all’assunzione delle cariche di governo;

g) operare una completa ricognizione della normativa vigente in materia di incandidabilità alle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali e di divieto di ricoprire le cariche di presidente della provincia, sindaco, assessore e consigliere provinciale e comunale, presidente e componente del consiglio circoscrizionale, presidente e componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, presidente e componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all’articolo 114 del testo unico di cui al citato decreto legislativo n. 267 del 2000, presidente e componente degli organi delle comunità montane, determinata da sentenze definitive di condanna;

h) valutare per le cariche di cui alla lettera g), in coerenza con le scelte operate in attuazione della lettera a) e della lettera i), l’introduzione di ulteriori ipotesi di incandidabilità determinate da delitti di grave allarme sociale;

i) individuare, fatta salva la competenza legislativa regionale sul sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del presidente e degli altri componenti della giunta regionale nonché dei consiglieri regionali, le ipotesi di incandidabilità alle elezioni regionali e di divieto di ricoprire cariche negli organi politici di vertice delle regioni, conseguenti a sentenze definitive di condanna;

l) prevedere l’abrogazione espressa della normativa incompatibile con le disposizioni del decreto legislativo di cui al comma 1;

m) disciplinare le ipotesi di sospensione e decadenza di diritto dalle cariche di cui al comma 1 in caso di sentenza definitiva di condanna per delitti non colposi successiva alla candidatura o all’affidamento della carica.

3. Lo schema del decreto legislativo di cui al comma 1, corredato di relazione tecnica, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, è trasmesso alle Camere ai fini dell’espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari competenti per materia e per i profili finanziari, che sono resi entro sessanta giorni dalla data di trasmissione dello schema di decreto. Decorso il termine di cui al periodo precedente senza che le Commissioni abbiano espresso i pareri di rispettiva competenza, il decreto legislativo può essere comunque adottato.

 

Art. 9.

(Modifiche al codice penale)

 

1. Al libro II, titolo II, del codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 314, primo comma, la parola: «tre» è sostituita dalla seguente: «quattro»;

b) all’articolo 316, le parole: «da sei mesi a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «da uno a quattro anni»;

c) all’articolo 316-bis, le parole: «da sei mesi a quattro anni» sono sostituite dalle seguenti: «da uno a cinque anni»;

d) all’articolo 316-ter, primo comma, le parole: «da sei mesi a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «da uno a quattro anni»;

e) all’articolo 318, primo comma, le parole: «da sei mesi a tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «da uno a quattro anni»;

f) all’articolo 318, secondo comma, le parole: «fino a un anno» sono sostituite dalle seguenti: «fino a un anno e sei mesi»;

g) all’articolo 319, le parole: «da due a cinque anni» sono sostituite dalle seguenti: «da tre a sei anni»;

h) all’articolo 319-ter, primo comma, le parole: «da tre a otto anni» sono sostituite dalle seguenti: «da quattro a otto anni»;

i) nel capo I, dopo l’articolo 335-bis, è aggiunto il seguente:

«Art. 335-ter. - (Circostanze aggravanti). – Per i delitti previsti dal presente capo, le pene per il solo pubblico ufficiale sono aumentate in caso di atti particolarmente lesivi per la pubblica amministrazione ovvero commessi al fine di far conseguire indebitamente contributi, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, concessi o erogati dallo Stato, da altri enti pubblici o dalle Comunità europee»;

l) all’articolo 354, le parole: «sino a sei mesi o con la multa fino a euro 516» sono sostituite dalle seguenti: «fino a un anno»;

m) all’articolo 356, primo comma, le parole: «da uno a cinque anni» sono sostituite dalle seguenti: «da due a sei anni».

 

Art. 10.

(Clausola di invarianza)

 

1. Dall’attuazione della presente legge non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

2. Le amministrazioni competenti provvedono allo svolgimento delle attività previste dalla presente legge con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.


 

IL PRESIDENTE