Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Altri Autori: Servizio Biblioteca - Ufficio Legislazione straniera , Ufficio Rapporti con l'Unione Europea
Titolo: Disposizioni per promuovere il riequilibrio delle rappresentanze di genere nei consigli e nelle giunte delle regioni e degli enti locali - AA.CC. 3466 e abb. - Elementi per l'istruttoria legislativa
Riferimenti:
AC N. 3466/XVI   AC N. 3528/XVI
AC N. 4254/XVI   AC N. 4271/XVI
AC N. 4415/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 519
Data: 12/07/2011
Descrittori:
DONNE   ELEZIONI AMMINISTRATIVE
PARITA' TRA SESSI     
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni

 

12 luglio 2011

 

n. 519/0

 

Disposizioni per promuovere il riequilibrio delle rappresentanze di genere nei consigli e nelle giunte
delle regioni e degli enti locali

AA.CC. 3466 e abb.

Elementi per l’istruttoria legislativa

 

 

Numeri dei progetti di legge

A.C. 3466

A.C. 3528

A.C. 4254

A.C. 4271

A.C. 4415

Titolo

Disposizioni per promuovere la rappresentanza di genere nei consigli regionali e degli enti locali

Modifiche all'articolo 14 della legge 8 marzo 1951, n. 122, e all'articolo 47 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, per la promozione dell'equilibrio della rappresentanza dei generi nei consigli e nelle giunte provinciali

Modifiche al testo univo delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e altre disposizioni per promuovere la parità di accesso alle cariche elettive e agli organi esecutivi dei comuni, delle province e delle regioni, in attuazione dell’articolo 51 della Costituzione

Modifiche al testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e alla legge 8 marzo 1951, n. 122, per promuovere la rappresentanza di genere nei consigli e nelle giunte dei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti e delle province.

Disposizioni in materia di pari opportunità nell'accesso agli organi elettivi ed al lavoro nelle amministrazioni pubbliche.

Iniziativa

Parlamentare

Parlamentare

Parlamentare

Parlamentare

Governo

Iter al Senato

No

No

No

No

No

N. di articoli

4

2

2

3

5

Date:

 

 

 

 

 

presentazione

11 maggio 2010

8 giugno 2010

1° aprile 2011

7 aprile 2011

13 giugno 2011

assegnazione

22 giugno 2010

26 luglio 2010

4 aprile 2011

27 aprile 2011

5 luglio 2011

Commissione competente

I Comm. (Affari costituzionali)

I Comm. (Affari costituzionali)

I Comm. (Affari costituzionali)

I Comm. (Affari costituzionali)

I Comm. (Affari costituzionali)

Sede

Referente

Referente

Referente

Referente

Referente

Pareri previsti

Commissione parlamentare per le questioni regionali

--

Commissione parlamentare per le questioni regionali

--

XI Commissione (Lavoro) e della Commissione parlamentare per le questioni regionali

 


Contenuto

I progetti di legge all’esame introducono misure volte a promuovere la parità effettiva di donne e uomini nell’accesso alle cariche elettive e ai pubblici uffici delle autonomie territoriali, a partire dalla constatazione della presenza marginale delle donne nei luoghi di rappresentanza e nei centri decisionali della politica.

All’AC 3466 (Amici ed altri) sono abbinati altri tre progetti di iniziativa parlamentare: AC 3528 (Mosca, Vaccaro); AC 4254 (Lorenzin ed altri); AC 4271 (A.C. Formisano, Mondello) e il disegno di legge governativo (AC 4415).

L’oggetto dei diversi progetti di legge coincide per la maggior parte: infatti, pressoché tutti recano disposizioni finalizzate ad assicurare le pari opportunità nelle procedure per l’elezione dei consigli comunali (fatta eccezione per l’AC 3528) e provinciali, ovvero nei sistemi di nomina dei relativi organi esecutivi (fatta eccezione per l’AC 3466).

Solo alcuni progetti di legge introducono misure promozionali nel sistema di rappresentanza dei consigli circoscrizionali (C. 4254) e delle assemblee regionali (C. 3466 e 4254).

Parità di genere nei consigli dei comuni sino a 15.000 abitanti

Il primo livello di governo interessato dalle proposte di riforma è quello più vicino ai cittadini, ossia il livello comunale.

Innanzitutto le proposte C. 3466 (articolo 1) e C. 4254 (articolo 1, co. 1, lett. c) modificano la disciplina per l’elezione dei consiglieri nei comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti, con due novelle all’articolo 71 del Tuel.

Rispetto al quadro normativo, l’AC 3466 introduce, in primo luogo, una quota di lista, in virtù della quale nessuno dei due sessi può essere rappresentato nelle liste in misura superiore ai due terzi, a pena di inammissibilità della lista. Non introduce alcun limite percentuale l’AC 4254, che si limita a prevedere la rappresentanza di entrambi i sessi nelle liste, sempre a pena di inammissibilità delle stesse. Tale disposizione vale pertanto ad escludere dalla competizione elettorale le liste composte interamente di candidati di uno stesso genere.

In secondo luogo, entrambe le proposte prevedono la c.d. doppia preferenza di genere, ossia la possibilità di esprimere due preferenze (anziché una, secondo la normativa vigente) per i candidati a consigliere comunale. In tal caso, però, una deve riguardare un candidato di sesso maschile e l’altra un candidato di sesso femminile della stessa lista. In caso di mancato rispetto della disposizione, si prevede l’annullamento della seconda preferenza.

Parità di genere nei consigli dei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti

Misure analoghe sono introdotte dai progetti di legge in esame per l’elezione dei consigli dei comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti.

Sia il ddl del Governo C. 4415 (art. 2, co. 2, lett. a) che le proposte C. 3466 (art. 2, co. 1, lett. a), C. 4254 (art. 1, co. 1, lett. d), n. 1) e C. 4271 (art. 1, co. 1, lett. a) inseriscono nel testo unico, con una novella all’articolo 73, il principio secondo cui nelle liste dei candidati nessuno dei due generi può essere rappresentato in misura superiore a due terzi dei candidati a pena di inammissibilità della lista.

Inoltre, tutti e quattro i progetti citati, riformando il comma 3 dell’art. 73 del Tuel, inseriscono l’opzione della seconda preferenza di genere, ossia la possibilità, solo eventuale, di esprimere due preferenze, una per genere, pena l’annullamento della seconda preferenza.

Tuttavia, il ddl C. 4415 richiede solo che, nell’ipotesi di doppia preferenza, i due candidati scelti appartengano alla medesima lista. Mentre, le altre proposte stabiliscono che i due candidati siano compresi nella lista collegata al candidato prescelto alla carica di sindaco. In base a questa seconda soluzione si modifica significativamente il sistema elettorale vigente, in quanto sarebbe eliminata la possibilità di voto c.d. disgiunto.

Parità di genere nelle circoscrizioni di decentramento comunale

Solo il progetto C 4254 (art. 1, co. 1, lett. a) introduce, con una novella all’articolo 17, comma 5, del Testo unico, il principio di parità di accesso alle cariche elettive e agli uffici pubblici anche per la scelta delle modalità di elezione dei consigli circoscrizionali e di nomina dei componenti degli organi esecutivi.

Parità di genere nei consigli provinciali

Tutti i progetti di legge intervengono sui criteri da osservare per la formazione delle liste elettorali delle Province.

Poiché il sistema elettorale dei consigli provinciali si basa su liste bloccate, non è possibile tecnicamente inserire, senza modificare il sistema stesso, l’opzione della preferenza di genere. Pertanto, le proposte in esame si limitano ad introdurre nella normativa vigente la quota di lista.

L’articolo 3 del disegno di legge governativo (AC 4415), modificando l’articolo 75 del Tuel, prevede che in ogni gruppo di candidati collegati ad un candidato Presidente della Provincia, nessuno dei due sessi possa essere rappresentato in misura superiore ai due terzi, a pena della inammissibilità della lista.

Le altre proposte prevedono disposizioni analoghe, ma mediante novella all’articolo 14 della legge 8 marzo 1951, n. 122[1]. In particolare, le pdl C 3466 (art. 3), 4254 (art. 1, co. 2) e 4271 (art. 2) prevedono, al pari del disegno governativo, una quota di lista di presenza di genere massima pari ai due terzi del totale dei candidati di ciascun gruppo. Mentre la pdl C 3528 (art. 1) fissa la soglia massima al sessanta per cento. Tutte sanzionano il mancato rispetto della disposizione con l’inammissibilità della lista.

Parità di genere nei consigli regionali

Due delle proposte di legge in esame introducono il rispetto delle pari opportunità di accesso tra generi tra i principi fondamentali cui le regioni devono attenersi nella disciplina del proprio sistema elettorale. A tal fine si novella la L. 165/2004, che stabilisce i principi cui sottostà la potestà legislativa delle regioni in materia elettorale.

La proposta C. 4254 (art. 2) si limita a prevedere un’integrazione all’articolo 4, comma 1, della citata L. 165/2004, introducendo tra i principi fondamentali a cui le regioni devono attenersi nella disciplina del sistema di elezione del Presidente della Giunta regionale e dei consiglieri regionali l’adozione di specifiche misure per la promozione di parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive.

L’AC 3466 (art. 4) reca norme più puntuali, definendo differenti ipotesi. In particolare, è stabilito che se la presentazione della candidatura è prevista per gruppi di candidati, nessuno dei due generi possa essere rappresentato in misura superiore a due terzi e che, qualora sia prevista su liste senza l'espressione di preferenze, non possano esservi più di due candidati consecutivi del medesimo genere nella successione interna alla lista e nella lista nessuno dei due generi possa essere rappresentato in misura superiore ai due terzi. Se, invece, vi è la facoltà di esprimere preferenze, nessuno dei due generi può essere rappresentato in misura superiore a due terzi nel complesso della regione così come in ciascuna lista. In quest'ultimo caso, se all'elettore è consentita l'espressione di più di una preferenza, la seconda deve necessariamente esprimersi in favore di un candidato di genere diverso dal primo (c.d. preferenza di genere).

Nulla stabilisce la disposizione in esame sugli effetti dell’inosservanza delle misure di parità.

Parità di genere nelle giunte comunali e provinciali

Tre dei progetti all’esame introducono norme tese ad promuovere la parità nella rappresentanza delle giunte degli enti locali, ancorché con strumenti differenti.

Il ddl governativo C. 4415 (articolo 4) novella la disposizione di cui all’articolo 6, co. 3, del Tuel, che rinvia allo statuto comunale e provinciale la definizione delle norme volte alla promozione di pari opportunità tra i sessi nelle giunte e negli organi collegiali del comune e della provincia, nonché degli enti, aziende ed istituzioni da essi dipendenti, In particolare, si propone di sostituire il termine “promuovere” con il termine “garantire”, in modo da rafforzare il principio, delegando le norme statutarie ad assicurarne il rispetto effettivo, ferma restando l’autonomia degli enti locali nel definire le misure a ciò necessarie.

È previsto che gli enti adeguino i rispettivi statuti entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione.

Altre proposte di legge individuano direttamente gli strumenti per garantire la parità. In tale direzione, le proposte C. 3528 (art. 2) e C. 4271 (art. 3) introducendo un comma 2-bis all’articolo 47 del Tuel, prevedono una quota minima di rappresentazione di ciascun genere nelle giunte, espressa in percentuale. In particolare, ai sensi dell’AC 3528 (art. 2, co. 1) nella giunta provinciale nessun genere può essere rappresentato in misura superiore al 60 per cento, mentre per l’AC 4271 (art. 3, co. 1) la soglia di rappresentazione minima di ciascun genere, sia nelle giunte provinciali che nelle giunte dei comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti, è pari ad un terzo del totale dei componenti (ossia, il 33,3…%). In caso di quoziente frazionario, si procede con l’arrotondamento matematico.

In entrambi i casi, si specifica che il mancato rispetto della norma è causa di invalidità dell’atto di nomina dei componenti.

Infine, il progetto di legge C. 4254 (art. 1, co. 1, lett. b), con una novella all’articolo 46, comma 2, del Tuel, richiede che, nel rispetto del principio di parità di genere, l’atto di nomina delle giunte comunali e provinciali garantisca la presenza di entrambi i sessi.

Con il medesimo contenuto, quest’ultimo progetto (art. 1, co. 3) inserisce il principio per la nomina da parte del Sindaco di Roma della Giunta capitolina, mediante novella del D.Lgs. n. 156/2010.

Parità di genere nelle commissioni di concorso

Il ddl del Governo (C 4415) reca una disposizione che modifica l’articolo 57 del D.Lgs. n. 165/2001, nella parte relativa alla presenza femminile nella commissioni di concorso per l’accesso al lavoro nelle pubbliche amministrazioni.

Le modifiche all’articolo 57 sono due. Con la prima (art. 5, co. 1, lett. a), si inserisce la regola dell’arrotondamento da utilizzare in caso di quoziente frazionario derivante dal calcolo della percentuale. Il metodo previsto è quello ordinario dell’arrotondamento all’unità prossima.

La seconda modifica (art. 5, co. 1, lett. b) riguarda più strettamente il problema dell’effettività della disposizione. A tal fine si prevede che l’atto di nomina della commissione venga inviato entro tre giorni alla consigliera o al consigliere di parità, nazionale o regionale, da individuare in base alla competenza territoriale dell’amministrazione che ha bandito il concorso. In tal modo, si istituisce una forma di vigilanza sulle nomine.

 

Relazioni allegate

Al disegno di legge AC 4415, di iniziativa governativa, sono allegate la relazione illustrativa, l’analisi tecnico-normativa e l’analisi di impatto della regolamentazione (AIR). Alle proposte di legge di iniziativa parlamentare sono allegate le relazioni illustrative.

 

Necessità dell’intervento con legge

La tecnica utilizzata in tutte le proposte è quella della novella alla normativa vigente di rango legislativo, per cui gli interventi previsti dal testo richiedono lo strumento della legge ordinaria.

 

Rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite

Le proposte di legge in esame incidono prevalentemente sulla materia legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane che l’art. 117, comma secondo, lett. p) attribuisce alla competenza esclusiva dello Stato.

La proposte C. 4254 e C. 3466 incidono altresì sulla materia elettorale regionale. Tale materia è attribuita alla potestà legislativa concorrente: secondo l’articolo 122 della Costituzione, così come modificato dalla legge costituzionale 1 del 1999, la disciplina del sistema di elezione del Consiglio, della Giunta e del Presidente spetta alla legge regionale, nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica.

L’AC 4254 si limita ad introdurre tra i principi fondamentali a cui le regioni devono attenersi nella disciplina del sistema di elezione del Presidente della Giunta regionale e dei consiglieri regionali l’adozione di specifiche misure per la promozione di parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive.

L’AC 3466 invece reca norme più puntuali, definendo differenti ipotesi in relazione alla presentazione delle candidature, con specifiche disposizioni sulla formazione delle liste nonché sull’espressione delle preferenze (introducendosi la c.d. preferenza di genere).

Le disposizioni di cui all’articolo 4 dell’AC 3466 andrebbero valutate alla luce del dell’articolo 122 della Costituzione in base al quale la materia elettorale regionale è attribuita alla potestà legislativa concorrente di Stato e regioni, spettando allo Stato stabilire i principi fondamentali entro i limiti dei quali le Regioni dettano la disciplina del sistema elettorale.

 

Rispetto degli altri princìpi costituzionali

In relazione alla proposta di legge in esame viene in rilievo l’articolo 51 della Costituzione che, al primo comma (come riformulato dalla l. cost. n. 1/2003), solo per le cariche elettive e agli altri uffici pubblici, riconosce, il diritto del cittadino di accedere in condizioni di eguaglianza alle, a garanzia del quale la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini.

Ulteriori statuizioni si rinvengono nell’articolo 37 Cost., che dispone che la donna lavoratrice abbia gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni spettanti al lavoratore. Vi si stabilisce, inoltre, che le condizioni di lavoro devono essere tali da consentire alla donna l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale e adeguata protezione.

Si ricorda, inoltre, l’articolo 117, settimo comma, Cost., come modificato dalla riforma introdotta con legge costituzionale n. 3 del 2001[2], ai sensi del quale le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive. Anche negli Statuti delle regioni ad autonomia speciale, a seguito delle modifiche introdotte dalla l. cost. 2/2001, si demanda alle leggi elettorali regionali il compito di promuovere condizioni di parità fra i sessi per l'accesso alle consultazioni elettorali.

Per un analisi della giurisprudenza costituzionale in materia si rinvia allo specifico approfondimento contenuto nel Dossier n.519

In questa sede ci si limita a ricordare la sentenza 14 gennaio 2010, n. 4, con la quale la Corte è stata chiamata a pronunciarsi su una norma della L.R. Campania n. 4/2009, che prevede la c.d. “preferenza di genere” nelle elezioni regionali. In tale occasione la Corte ha dichiarato che tale previsione non viola la Costituzione in quanto la finalità della nuova regola elettorale è dichiaratamente quella di ottenere un riequilibrio della rappresentanza politica dei due sessi all’interno del Consiglio regionale, in linea con i principi ispiratori del riformato art. 51, primo comma, Cost., e dell’art. 117, settimo comma, Cost.

La Corte ha motivato la sentenza di rigetto della questione di legittimità costituzionale basandosi sui seguenti argomenti:

• la disposizione campana, per la sua formulazione, non prefigura il risultato elettorale, ossia non altera la composizione dell’assemblea elettiva rispetto a quello che sarebbe il risultato di una scelta compiuta dagli elettori in assenza della regola contenuta nella norma medesima né attribuisce ai candidati dell’uno o dell’altro sesso maggiori opportunità di successo elettorale rispetto agli altri. In altri termini, la «nuova regola rende maggiormente possibile il riequilibrio, ma non lo impone. Si tratta, quindi, di una misura promozionale, ma non coattiva»;

• i diritti fondamentali di elettorato attivo e passivo rimangono inalterati. Il primo perché l’elettore può decidere di non avvalersi della possibilità di esprimere la seconda preferenza, che gli viene data in aggiunta al regime della preferenza unica, e scegliere indifferentemente un candidato di genere maschile o femminile. Il secondo perché la regola della differenza di genere per la seconda preferenza non offre possibilità maggiori ai candidati dell’uno o dell’altro sesso di essere eletti, posto il reciproco e paritario condizionamento tra i due generi nell’ipotesi di espressione di preferenza duplice».

Compatibilità comunitaria

Esame del provvedimento in relazione alla normativa comunitaria

Per quanto attiene ai principi di parità di trattamento e non discriminazione, rileva, in particolare, l’articolo 23 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea , che stabilisce che la parità tra uomini e donne deve essere assicurata in tutti i campi, segnatamente in materia di occupazione, di lavoro e di retribuzione. Al tempo stesso, la disposizione precisa che «il principio della parità non osta al mantenimento o all’adozione di misure che prevedano vantaggi specifici a favore del sesso sottorappresentato».

Documenti all’esame delle istituzioni dell’Unione europea
(a cura dell'Ufficio Rapporti con l'Unione europea)

La promozione della partecipazione paritaria di donne e uomini alla presa di decisioni politiche ed economiche costituisce una delle cinque priorità della Carta per le donne - che la Commissione ha adottato il 5 marzo 2010, in vista della Giornata internazionale della donna 2010 e del 15º anniversario della Conferenza mondiale dell'ONU sulle donne – nonché della nuova strategia 2010-2015 per la promozione della parità fra uomini e donne nell’Unione europea (COM(2010)491) presenta il 21 settembre 2010.

Per quanto riguarda in particolare la parità nel processo decisionale, la Commissione rileva che nella maggior parte degli Stati membri le donne continuano ad essere sottorappresentate nei processi e nelle posizioni decisionali, in particolare ai livelli più alti, nonostante costituiscano quasi la metà della forza lavoro e più della metà dei nuovi diplomati universitari dell'UE.

A tali conclusioni giunge anche la relazione sui progressi realizzati nella parità tra uomini e donne nel 2010, che la Commissione europea ha presentato il 1° marzo 2011. Per quanto riguarda in particolare la partecipazione delle donne alla vita politica, la situazione è sostanzialmente immutata rispetto all’anno precedente.

Nel 2010, i governi di tre Stati membri (Germania, Finlandia e Slovacchia) sono stati retti da donne, mentre la media di membri femminili dei parlamenti nazionali è stata del 24%, vale a dire un punto percentuale in più rispetto al 2005. La percentuale è sopra il 40 nei Paesi bassi e in Svezia e sotto il 10 a Malta e in Ungheria. Soltanto in undici Stati membri tale percentuale è superiore al 30%, soglia ritenuta minima perché le donne possano esercitare un'effettiva influenza sulle questioni politiche. In Italia la rappresentanza femminile in Parlamento è pari al 21,3%. Tra i ministri dei governi nazionali la percentuale di donne è cresciuta dal 22 percento del 2005 al 27 per cento del 2010.

Per quanto riguarda i dati regionali, nell’UE a 27, le donne sono il 31% delle assemblee regionali e il 32% degli esecutivi regionali benché solo il 15% delle assemblee e l’11% degli esecutivi siano guidati da donne. In Italia, le donne sono il 12% delle assemblee regionali e solo il 5% dei presidenti delle assemblee. Nell’UE la rappresentanza di genere nelle assemblee regionali si è modificata con molta difficoltà a partire dal 2004.

In linea generale, la relazione osserva che, benché la maggior parte dei paesi dell'Unione europea abbia fatto registrare progressi in questi ultimi dieci anni, tali progressi sono lenti, con cifre nel complesso basse.

Nella risoluzione sulla parità tra donne e uomini nell'Unione europea dell’8 marzo 2011, il Parlamento europeo sottolinea la necessità di sforzi maggiori a livello europeo, nazionale, regionale e comunale per aumentare la rappresentanza femminile nelle sfere politiche. In particolare, il PE insiste sulla necessità che gli Stati membri stabiliscano, soprattutto per via legislativa, obiettivi vincolanti per garantire la presenza paritaria di donne e uomini nei posti di responsabilità delle imprese, dell'amministrazione pubblica e degli organi politici. A tale proposito il PE sottolinea l'effetto positivo dell'utilizzo di quote per favorire la rappresentanza delle donne.

 

Incidenza sull’ordinamento giuridico

Collegamento con lavori legislativi in corso

La Commissione affari costituzionali della Camera ha avviato l’esame di alcune proposte di legge finalizzate ad introdurre una disciplina organica dei partiti politici, in attuazione dell’articolo 49 della Costituzione. Alcune di queste prevedono misure di riequilibrio della rappresentanza di genere negli organi dirigenti del partito; di particolare rilievo la previsione del limite della rappresentanza di ciascun genere fissato a due terzi (si vedano le pdl A.C. 244 e 506) o al 55% (A.C. 4194).

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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[1] L. 8 marzo 1951, n. 122, Norme per l'elezione dei Consigli provinciali.

[2] L. cost. 18 ottobre 2001, n. 3, Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione.