Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Modifica della denominazione e delle competenze del 'Comitato Schengen, Europol e immigrazione' - A.C. 1446 - Schede di lettura e normativa di riferimento
Riferimenti:
AC N. 1446/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 34
Data: 29/07/2008
Descrittori:
ACCORDO DI SCHENGEN   COMMISSIONI BICAMERALI
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni


Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

SERVIZIO STUDI

 

Progetti di legge

Modifica della denominazione e delle competenze del “Comitato Schengen, Europol e immigrazione”

A.C. 1446

 

 

 

 

 

n. 34

 

 

29 luglio 2008

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DIPARTIMENTO istituzioni

SIWEB

Ha partecipato alla redazione del dossier l’Ufficio rapporti con l’Unione europea.

 

I dossier dei servizi e degli uffici della Camera sono destinati alle esigenze di documentazione interna per l’attività degli organi parlamentari e dei parlamentari. La Camera dei deputati declina ogni responsabilità per la loro eventuale utilizzazione o riproduzione per fini non consentiti dalla legge.

 

File: AC0132.doc

 

 


INDICE

Schede di lettura

Il Comitato parlamentare di controllo sull’attuazione dell’accordo di Schengen, di vigilanza sull’attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione  3

§      Istituzione e funzioni originarie del Comitato  3

§      Funzioni di vigilanza sull’attività di Europol6

§      Funzioni di controllo e vigilanza in materia di immigrazione  7

Il Sistema Schengen (a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)9

§      Il contenuto dell’acquis di Schengen  9

§      Il Sistema d’informazione Schengen  12

§      L’acquis di Schengen e il Trattato di Lisbona  15

La proposta di legge in esame  19

Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE (a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)24

§      Immigrazione, asilo, integrazione  24

§      Europol31

Normativa di riferimento

Normativa nazionale

§      Legge 30 settembre 1993, n. 388. Ratifica ed esecuzione: a) del protocollo di adesione del Governo della Repubblica italiana all’accordo di Schengen del 14 giugno 1985 tra i Governi degli Stati dell’Unione economica del Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni, con due dichiarazioni comuni; b) dell’accordo di adesione della Repubblica italiana alla convenzione del 19 giugno 1990 di applicazione del summenzionato accordo di Schengen, con allegate due dichiarazioni unilaterali dell’Italia e della Francia, nonché la convenzione, il relativo atto finale, con annessi l’atto finale, il processo verbale e la dichiarazione comune dei Ministri e Segretari di Stato firmati in occasione della firma della citata convenzione del 1990, e la dichiarazione comune relativa agli articoli 2 e 3 dell’accordo di adesione summenzionato; c) dell’accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica francese relativo agli articoli 2 e 3 dell’accordo di cui alla lettera b); tutti atti firmati a Parigi il 27 novembre 1990 (art. 18)39

§      Legge 23 marzo 1998, n. 93. Ratifica ed esecuzione della convenzione basata sull’articolo K.3 del trattato sull’Unione europea che istituisce un Ufficio europeo di polizia (EUROPOL), con allegati, fatta a Bruxelles il 26 luglio 1995, ed il protocollo concernente l’interpretazione, in via pregiudiziale, della medesima convenzione, da parte della Corte di giustizia delle Comunità europee, con dichiarazione, fatto a Bruxelles il 24 luglio 1996 (art. 6)41

§      Legge 7 giugno 1999, n. 182. Ratifica ed esecuzione del protocollo relativo ai privilegi e alle immunità di Europol, redatto sulla base dell’articolo K.3 del trattato sull’Unione europea e dell’articolo 41, paragrafo 3, della convenzione Europol, fatto a Bruxelles il 19 giugno 1997 (art. 3)42

§      Legge 30 luglio 2002, n. 189. Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo (art. 37)43

§      Decreto Ministro dell’interno 21 febbraio 1996, n. 214. Istituzione dell’Unità nazionale Europol44

Normativa comunitaria

§      Trattato che istituisce la comunità europea (artt. 61-69) (versione consolidata)49

§       


Schede di lettura

 


Il Comitato parlamentare di controllo sull’attuazione dell’accordo di Schengen, di vigilanza sull’attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione

Istituzione e funzioni originarie del Comitato

La legge 30 settembre 1993, n. 388[1], di ratifica dell’accordo di Schengen[2], nonché della Convenzione di applicazione dell’accordo medesimo, prevede, accanto alle disposizioni immediatamente attuative dei due trattati, l’istituzione (art. 18) di un Comitato parlamentare incaricato di “esaminare l’attuazione ed il funzionamento della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen”.

 

Dal punto di vista strutturale, ai sensi dell’art. 18, co. 2 della legge, il Comitato è composto da 10 deputati e 10 senatori, nominati dai Presidenti di ciascuna Camera in modo da rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari. Il Comitato elegge al suo interno, così come stabilisce il comma 3 dell’articolo 18, un Presidente ed un Vicepresidente. Nel corso della XIII legislatura[3], pur in assenza di una specifica previsione in tal senso della legge istitutiva, si è ritenuto, con l’assenso dei Presidenti delle Camere, di integrare la composizione dell’Ufficio di Presidenza con l’elezione di un Segretario. Tale integrazione è stata confermata nelle successive legislature.

Dal punto di vista delle competenze e delle funzioni, i commi 4, 5 e 6 dell’art. 18 dispongono che il Comitato parlamentare esamini i progetti di decisione, vincolanti per l’Italia, pendenti innanzi al Comitato esecutivo contemplato dal Titolo VII della citata Convenzione.

A tal fine, il rappresentante del Governo italiano, chiesto eventualmente al Comitato esecutivo il rinvio della decisione a norma dell’art. 132, paragrafo 3, della Convenzione, trasmette immediatamente il progetto di decisione al Comitato parlamentare. Questo esprime il proprio parere vincolante entro quindici giorni dalla data di ricezione del progetto; qualora il parere non venga espresso entro tale termine, esso s’intende favorevole alla decisione.

 

Tali attribuzioni hanno consentito al Parlamento, tramite il Comitato Schengen, di intervenire, oltre che con una funzione di controllo, anche con una funzione di indirizzo politico nei processi decisionali legati alla materia Schengen che riguardavano espressamente l’Italia; dal 20 marzo del 1997, data in cui si è costituito il Comitato, sino al 1° maggio 1999, data di entrata in vigore del Trattato di Amsterdam, che con il Protocollo incorpora l’acquis di Schengen nel quadro giuridico comunitario e dell’Unione europea (v. infra), vengono espressi 66 pareri, di cui 57 favorevoli, 7 favorevoli con osservazioni e 2 contrari. Il Comitato ha fatto altresì ricorso a documenti finalizzati ad esporre considerazioni al Governo o a promuovere iniziative del nostro Paese nelle materie collegate allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Il Comitato ha approvato inoltre due risoluzioni, la prima relativa all’inserimento nel SIS dei dati dei minori a rischio di scomparsa e la seconda relativa all’armonizzazione delle politiche nazionali dei Paesi Schengen in materia di visti.

 

L’acquis di Schengen cessa peraltro di essere materia di cooperazione intergovernativa, e viene incorporato nel quadro giuridico comunitario e dell’Unione europea, col Protocollo di Amsterdam, allegato al Trattato di Amsterdam, firmato il 2 ottobre 1997 ed entrato in vigore il 1° maggio 1999.

La modifica intervenuta impone in prima istanza una riflessione sul controllo dei Parlamenti nazionali, previsto fra l’altro solo dall’Italia e dai Paesi Bassi (dove viene riconfermato dalla legge olandese di ratifica che indica il permanere del parere vincolante dell’organismo parlamentare su tutte le materie del Titolo VI del TUE e su quelle del Titolo IV della parte III del TCE fino al totale completamento della procedura di comunitarizzazione). La legge di ratifica italiana non ha dato invece alcuna indicazione circa la permanenza o la cessazione, nel nuovo quadro giuridico venutosi a determinare, dei poteri consultivi attribuiti al Comitato dal citato art. 18 della L. 388/1993, soprattutto in relazione ad alcuni dispositivi, quali il Sistema d’Informazione Schengen (SIS), per il quale ancora, in parte, si applica la cooperazione intergovernativa.

 

Il SIS è il risultato di una cooperazione intergovernativa, ma con il protocollo allegato al Trattato di Amsterdam è stato integrato nell’ambito dell’Unione europea. Il Consiglio, pur individuando nei trattati la base giuridica per ciascuna delle disposizioni o decisioni che costituiscono l’acquis di Schengen, non è giunto a una decisione univoca per le disposizioni relative al SIS. Di conseguenza, le disposizioni relative al SIS in materia di cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale ricadono all’interno del “terzo pilastro”, per il quale si applica la cooperazione intergovernativa, mentre le disposizioni in materia di visti, immigrazione e libera circolazione delle persone sono riferite al “primo pilastro”, regolato dal metodo comunitario.

Attualmente, ogni Paese consulta e alimenta le informazioni inserite nel database centrale a Strasburgo (C-SIS) per il tramite delle sezioni nazionali (N-SIS); le sezioni nazionali non possono scambiare direttamente i dati: possono farlo soltanto tramite il sistema centrale. La banca dati centrale si configura quindi come una struttura informativa di raccolta, alimentata dalle sezioni nazionali, a loro volta alimentate dalle banche dati nazionali.

I dati personali che possono essere inclusi nel SIS sono espressamente limitati a: cognome, nome, luogo e data di nascita, sesso, cittadinanza, indicazione se le persone segnalate sono armate o violente, se si tratta di una persona evasa, il tipo di reato commesso per le persone ricercate ai fini dell’estradizione, motivo della segnalazione e linea di condotta da seguire. Non possono essere inserite informazioni sensibili.

Tutte le informazioni supplementari relative alla persona o bene oggetto di segnalazioni sono invece inviate dal C-SIS agli uffici nazionali SIRENE (Supplementary Information Request at the National Entries), centrali operative di smistamento delle informazioni supplementari sui record inseriti dai vari Stati. Nella banca dati Schengen sono quindi presenti record fissi, mentre le informazioni supplementari sono veicolate dagli uffici SIRENE tramite un sistema Intranet che utilizza l’aerea SISNET. In caso di necessità l’ufficio N-SIS, dopo aver verificato che il dato sia presente nella banca centrale C-SIS, richiede ulteriori dettagli all’ufficio SIRENE competente, al quale sono state inviate dal C-SIS.

Hanno diritto d’accesso alla banca dati SIS le autorità competenti degli Stati membri. Con recenti modifiche sono state aggiunte alle Forze di polizia e alle autorità di frontiera e doganali: le autorità giudiziarie; le autorità competenti in materia di visti e immigrazione; Europol, i membri di Eurojust e i loro assistenti; le autorità competenti in materia di autoveicoli. Ogni Stato trasmette al Consiglio l’elenco delle autorità nazionali autorizzate a consultare i dati, precisando per ciascuna autorità i dati che essa può consultare e per quali compiti.

Per quanto riguarda la situazione italiana, sia la sezione nazionale del SIS che l’ufficio SIRENE sono istituiti nell’ambito della Direzione centrale della polizia criminale, presso il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell’interno. Per quanto riguarda l’alimentazione delle banche dati, le Forze di polizia (Carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di Finanza, Polizia forestale e Polizia penitenziaria) quando sono in possesso di un dato possono inserirlo direttamente, oltre che nel CED, anche nella sezione nazionale della banca dati Schengen.

La convenzione Schengen contiene disposizioni in materia di protezione dei dati che prevedono sistemi di controllo a livello nazionale e a livello centrale. Le autorità nazionali preposte alla protezione dei dati (per l’Italia il Garante per la protezione dei dati personali) controllano le sedi nazionali e assicurano che i diritti individuali siano rispettati. Chiunque ha il diritto, disciplinato dalla legislazione in materia dello Stato di riferimento, di chiedere una verifica dei propri dati e l’uso che ne è stato fatto e può disporre di mezzi di ricorso (Corte di Giustizia o giurisdizioni nazionali).

La Convenzione ha inoltre istituito un’Autorità Comune di Controllo (ACC), con il compito di esaminare le difficoltà di applicazione o di interpretazione che possono sorgere dall’utilizzazione del Sistema d’Informazione Schengen e di studiare i problemi che possono presentarsi nell’esercizio del controllo indipendente esercitato dalle autorità di controllo nazionali ovvero del diritto di accesso al sistema.

Funzioni di vigilanza sull’attività di Europol

Il Trattato sull’Unione europea, firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992 e entrato in vigore il 1° novembre 1993, sancisce fra l’altro (art. K3) l’istituzione dell’Ufficio europeo di polizia – Europol, che avvia le attività in modo limitato il 3 gennaio 1994, sotto forma dell’Unità antidroga Europol (EDU) con sede a l’Aja.

La Convenzione che istituisce l’Ufficio europeo di polizia (EUROPOL) viene firmata a Bruxelles il 26 luglio 1995 ma entra in vigore il 1° ottobre 1998. L’Italia ratifica la Convenzione con la L. 93/1998[4], che all’art. 6 attribuisce al Comitato funzioni di vigilanza sull’Unità nazionale Europol[5], secondo modalità definite dal regolamento interno adottato dal Comitato il 28 luglio 1999, che disciplina l’esercizio delle attribuzioni conferite al Comitato dalla legge di ratifica e modifica la sua denominazione in Comitato Parlamentare di controllo sull’attuazione ed il funzionamento della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen e di vigilanza sull’attività dell’unità nazionale Europol.

La medesima legge prevede che il Governo trasmetta annualmente al Comitato una relazione sull’attuazione della Convenzione Europol, senza peraltro indicare specifiche procedure di esame. La L. 182/1999[6], che ratifica e dà esecuzione al Protocollo relativo ai privilegi e alle immunità di Europol del 19 giugno 1997, stabilisce che detta relazione governativa comprenda anche le informazioni essenziali e le valutazioni del Governo concernenti i privilegi e le immunità di cui beneficia il personale di Europol[7].

 

L’Unità Nazionale Europol è un organismo interforze, alla cui direzione si alternano a rotazione un dirigente della Polizia di Stato, un ufficiale equiparato dell’Arma dei Carabinieri o uno del Corpo della Guardia di Finanza. È articolata in sezioni, dirette da funzionari di Polizia o da ufficiali della Guardia di Finanza e dell’Arma dei Carabinieri, nel grado non superiore a tenente colonnello e composte da personale appartenente a tali forze di polizia di qualifica e gradi non direttivi.

L’UNE, istituita con decreto interministeriale il 21 febbraio 1996, è costituita presso il Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia, nell’ambito della Direzione Centrale della Polizia Criminale.

L’art. 8 del decreto citato prevede che l’UNE sia collegata con il C.E.D. del Ministero dell’interno, conformemente a quanto disposto dall’art. 4 della Convenzione Europol secondo il quale le Unità Nazionali devono avere accesso ai sistemi informativi presenti nello Stato membro, per lo svolgimento dei compiti assegnati e in ragione della rapidità dei flussi informativi. Inoltre, sempre a norma dell’art. 10 del citato decreto, l’UNE è costantemente collegata alla Divisione SIRENE, costituita dal 1994 come struttura interna di polizia operante in ambito Schengen, tramite un consigliere aggiunto presso la Direzione Centrale della Polizia Criminale.

La circolare del 30 dicembre 1996 del Dipartimento di P.S. del Ministero dell’interno recepisce quanto contenuto nell’Azione comune 95/73/GAI e nella stessa Convenzione Europol, stabilendo le aeree di attività e chiarendo il concetto di circolarità delle informazioni e reciprocità informativa; sul piano nazionale indica inoltre la suddivisione delle aeree del mandato Europol tra le Forze di polizia.

L’UNE, secondo le previsioni contenute nella citata circolare, oltre ad accedere al C.E.D., può collegarsi ad altre banche dati, quali quella dell’anagrafe tributaria, e dispone di quattro ufficiali di collegamento distaccati presso la sede centrale Europol all’Aja, cui è assegnato il compito di assicurare lo scambio di informazioni tra UNE ed Europol.

Sul territorio nazionale sono stati individuati quali referenti del sistema informatico Europol gli organi centrali delle cinque strutture nazionali competenti per la prevenzione della criminalità:

§         Servizio centrale operativo della Polizia di Stato, competente per l’immigrazione clandestina, la tratta degli esseri umani, il traffico di autoveicoli rubati, il terrorismo (unitamente all’Arma dei Carabinieri);

§         Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, competente per il traffico di materiale nucleare e radioattivo, il terrorismo e la contraffazione monetaria;

§         Comando Generale della Guardia di Finanza, competente per il riciclaggio del denaro ed altri reati finanziari;

§         Direzione centrale per i Servizi antidroga, competente per il traffico delle sostanze stupefacenti;

§         Direzione Investigativa Antimafia, competente per la criminalità organizzata di tipo mafioso.

Funzioni di controllo e vigilanza in materia di immigrazione

L’art. 37 della L. 189/2002[8] (c.d. “legge Bossi-Fini”), che ha introdotto rilevanti modifiche alla disciplina in vigore concernente l’immigrazione, l’asilo e la condizione dello straniero, ha da ultimo assegnato al Comitato di cui all’art. 18 della L. 388/1993 ulteriori funzioni di vigilanza e controllo sulla concreta attuazione della normativa sull’immigrazione e l’asilo, nonché sugli accordi internazionali in materia.

Il medesimo articolo ha inoltre previsto che il Governo presenti annualmente una relazione al Comitato e che quest’ultimo riferisca annualmente alle Camere sulla propria attività.

Secondo quanto disposto dall’art. 37 il Comitato bicamerale assume conseguentemente la nuova denominazione di Comitato parlamentare di controllo sull’attuazione dell’accordo di Schengen, di vigilanza sull’attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione; in tal modo il Comitato vede riconosciuta la propria competenza sulla quasi totalità delle materie attinenti al settore Giustizia e Affari interni.


Il Sistema Schengen
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Il contenuto dell’acquis di Schengen

Negli anni ottanta si svolse un ampio dibattito circa l’opportunità di creare spazi di libera circolazione delle persone all’interno degli Stati europei. Belgio, Francia, Germania Federale, Lussemburgo e Olanda hanno quindi firmato il 14 giugno 1985 l'”Accordo di Schengen”, dal nome della cittadina lussemburghese ove si erano riuniti. L'accordo del 1985 conteneva essenzialmente una dichiarazione di intenti, prefigurando la creazione di uno spazio comune entro il 1° gennaio 1990, attraverso la progressiva eliminazione dei controlli alle frontiere sia delle merci sia delle persone. Tale soppressione di controlli doveva essere accompagnata da «misure di compensazione», soprattutto in materia di sicurezza, attraverso una collaborazione nei campi della giustizia, polizia e immigrazione. È risultata così necessaria la predisposizione di una Convenzione di applicazione, contenente le modalità della soppressione del controllo delle persone, firmata il 19 giugno 1990 a Schengen.

Successivamente l'Accordo di Schengen e la relativa Convenzione sono stati sottoscritti da Italia (27 novembre 1990), Spagna (25 giugno 1991), Portogallo (25 giugno 1991), Grecia (5 novembre 1992), Austria (28 aprile 1995) e, nel dicembre 1996, da Danimarca, Finlandia e Svezia.

 

In estrema sintesi, gli "accordi di Schengen" prevedono:

§       la soppressione dei controlli che sono operati alle frontiere interne dei Paesi contraenti, previo il rafforzamento di quelli operati alle frontiere esterne;

§       misure finalizzate al reciproco riconoscimento dei visti rilasciati;

§       forme di cooperazione giudiziaria e di pubblica sicurezza;

§       la possibilità di definire norme comuni in materia di armi, stupefacenti, immigrazione e diritto di asilo, regime giuridico dei dati informatizzati.

L'obiettivo prioritario è, dunque, rappresentato dalla libertà di circolazione, purché "compensata" in termini di sicurezza.

 

Con la firma del Trattato di Amsterdam, il “pacchetto” di misure di Schengen (“acquis” di Schengen) è stato inserito all’interno del Trattato sull’Unione europea. In virtù del Trattato di Amsterdam, le decisioni adottate dal 1985 dai membri dello spazio Schengen e le relative strutture operative sono state integrate nell’Unione europea il 1° maggio 1999. In particolare, il Protocollo allegato al medesimo Trattato ha individuato in modo puntuale gli atti che costituiscono l’acquis di Schengen:

§      l’accordo, firmato a Schengen il 14 giugno 1985, tra i Governi degli Stati dell’Unione economica del Benelux, la Repubblica federale di Germania e la Repubblica francese;

§      la Convenzione, firmata a Schengen il 19 giugno 1990, tra il Regno del Belgio, la Repubblica federale di Germania, la Repubblica francese, il Granducato di Lussemburgo e il Regno dei Paesi Bassi, recante applicazione dell’accordo di Schengen, nonché l’atto finale e le dichiarazioni comuni relativi;

§      i protocolli e gli accordi di adesione all’accordo del 1985 e la Convenzione di applicazione del 1990 con l’Italia (firmata a Parigi il 27 novembre 1990), la Spagna e il Portogallo (entrambe firmate a Bonn il 25 giugno 1991), la Grecia (firmata a Madrid il 6 novembre 1992), l’Austria (firmata a Bruxelles il 28 aprile 1995) e la Danimarca, la Finlandia e la Svezia (tutte firmate a Lussemburgo il 19 dicembre 1996), con i relativi atti finali e dichiarazioni.

§      le decisioni e le dichiarazioni adottate dal Comitato esecutivo istituito dalla Convenzione di applicazione del 1990, nonché gli atti per l’attuazione della Convenzione adottati dagli organi cui il Comitato esecutivo ha conferito poteri decisionali.

Alcuni Paesi europei hanno una posizione particolare nei confronti del “sistema Schengen”. In particolare, l’Islanda e la Norvegia non hanno aderito all’Accordo di Schengen, ma in base all’Accordo del Lussemburgo del 19 dicembre 1996 sono associate all’attuazione dell'acquis di Schengen e al suo ulteriore sviluppo (tale associazione risulta prorogata dall'accordo firmato il 17 maggio 1999 tra l'Islanda, la Norvegia e l'UE). Il 1° dicembre 2000, il Consiglio ha adottato una decisione relativa alla messa in applicazione dell'acquis di Schengen in Danimarca, Finlandia e Svezia nonché in Islanda e Norvegia. Invece, l'Irlanda e il Regno Unito, Paesi che non avevano aderito all’Accordo di Schengen, in base al protocollo allegato al Trattato di Amsterdam, possono partecipare, integralmente o parzialmente, alle disposizioni dell'acquis di Schengen dopo una votazione del Consiglio all'unanimità dei tredici Stati parti degli accordi e del rappresentante del governo dello Stato interessato[9].

 

Per quanto riguarda i contenuti, si ricorda che l'Accordo di Schengen si articola in due titoli: il Titolo I, relativo a misure a breve termine di carattere organizzativo e amministrativo (viene delineata una organizzazione dei posti di frontiera, intesa a facilitare lo scorrimento del traffico delle persone e delle merci); il Titolo II, contenente misure applicabili a lungo termine ed impegni di principio.

La Convenzione di applicazione dell'Accordo si compone di 142 articoli, suddivisi in titoli. In particolare, si segnalano:

§         il titolo II, che affronta il tema della soppressione dei controlli alle frontiere interne ed alla circolazione delle persone (passaggio alle frontiere interne; passaggio alle frontiere esterne; visti per soggiorni di breve e lunga durata; condizioni di circolazione degli stranieri; titoli di soggiorno e segnalazioni ai fini della non ammissione; misure di accompagnamento per chi favorisca a scopo di lucro l'immigrazione clandestina; responsabilità per l'esame delle domande d'asilo). In particolare, l’articolo 2 stabilisce che le frontiere interne possono essere attraversate senza che venga effettuato il controllo delle persone, ma, per esigenze di ordine pubblico o di sicurezza nazionale, ciascuno Stato aderente, previa consultazione degli altri Stati, può decidere di effettuare controlli di frontiera  nazionali adeguati alla situazione, per un periodo di tempo limitato. Se in tali casi risulti necessaria un'azione immediata, lo Stato interessato adotta le misure necessarie e ne informa tempestivamente gli altri Paesi aderenti.

§         il titolo III, che stabilisce norme comuni in materia di lotta al terrorismo, al traffico illecito di stupefacenti ed alla criminalità organizzata;

§         il titolo IV, che istituisce e disciplina uno schedario informatizzato, chiamato Sistema d'informazione Schengen (SIS) (su cui si veda il paragrafo seguente);

§         il titolo V, relativo alla circolazione delle merci, nel quale si pongono norme tese ad alleggerire o eliminare i controlli alle frontiere interne, controlli che dovranno essere trasferiti all'interno dei singoli Stati. È, inoltre, rafforzata la cooperazione doganale anche attraverso lo scambio dei funzionari di collegamento.

Il Sistema d’informazione Schengen

Il Sistema di informazione Schengen (SIS), di cui al titolo IV della Convenzione di applicazione dell’Accordo Schengen, è un sistema d'informazione che permette lo scambio di informazioni tra le competenti autorità degli Stati membri nel quadro dell’istituzione di uno spazio senza controlli alle frontiere interne. Esso contribuisce all'attuazione delle disposizioni previste sia in materia di libera circolazione delle persone sia per quanto riguarda la cooperazione giudiziaria in materia penale e di polizia.

Il sistema è costituito da un'unità centrale con sede a Strasburgo (C-SIS) e da diramazioni in tutti gli Stati contraenti (N-SIS).

Su segnalazione delle parti, nel sistema vengono inseriti dati riguardanti le persone ricercate per l'arresto ai fini dell'estradizione, gli stranieri segnalati ai fini della non ammissione, le persone scomparse e quelle sotto protezione, i testimoni, le persone ricercate ai fini di una notifica di sentenza penale o che debbono scontare una pena.

Sono attualmente in corso i lavori per la  realizzazione di un Sistema informativo Schengen di seconda generazione (SIS II). La decisione di creare un nuovo SIS[10] nasce dalla riconosciuta necessità di dotare il sistema di nuove funzionalità (rafforzamento della sicurezza e uso più efficiente dei dati) e di integrare i nuovi Stati membri in uno spazio di sicurezza senza frontiere interne, tenuto conto che il sistema SIS primario (C-SIS) è tecnicamente incapace di servire più di 18 paesi. La realizzazione del nuovo strumento, che in base al progetto originario doveva essere operativo a partire dal 2007, ha richiesto però tempi più lunghi del previsto. La decisione 2006/1007/GAI del Consiglio, del 21 dicembre 2006, ha perciò prolungato oltre il 31 dicembre 2006, il periodo di validità della decisione 2001/886/GAI, sullo sviluppo del Sistema d’informazione Schengen di seconda generazione (SIS II), che costituisce il fondamento giuridico per l’inserimento nel bilancio dell’Unione europea degli stanziamenti necessari per lo sviluppo del SIS II e l’esecuzione del bilancio ad esso relativa[11]. Nel 2006 si è provveduto ad un parziale aggiornamento del sistema SIS primario (C-SIS), tramite l’attivazione della nuova versione SIS1+. La tabella di marcia presentata dalla Commissione il 25 gennaio 2007 stabilisce l’attivazione del SIS II per il 17 dicembre 2008.

Per realizzare il SIS II, le modifiche da apportare alle disposizioni dell'acquis di Schengen, concernenti il SIS, devono essere realizzate in osservanza dei seguenti atti legislativi:

§         regolamento (CE) n. 1987/2006 del 20 dicembre 2006, sull’istituzione, l’esercizio e l’uso del sistema d’informazione Schengen di seconda generazione (SIS II);

§         regolamento (CE) n. 1988/2006 del Parlamento e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, regola invece l'accesso al sistema d'informazione Schengen di seconda generazione (SIS II) dei servizi competenti negli Stati membri per il rilascio delle carte di circolazione;

§         decisione 2007/533/GAI del 12 giugno 2007, sull’istituzione, funzionamento  e uso del sistema d’informazione Schengen di seconda generazione - SIS II;

§         decisione 2008/173/CE del 18 febbraio 2008 sulle prove tecniche del Sistema di informazione Schengen di seconda generazione;

§         regolamento (CE) n. 189/2008 del 18 febbraio 2008 sulle prove tecniche del Sistema di informazione Schengen di seconda generazione.

Sono attualmente in corso di esame da parte delle istituzioni UE la proposta di decisione (COM(2008)196) e la proposta di regolamento (COM(2008)197), relative alla migrazione dal Sistema di informazione Schengen SIS 1+ al Sistema di informazione Schengen di seconda generazione (SIS II), presentate dalla Commissione il 6 aprile 2008.

Si segnalano, inoltre, il regolamento (CE) n. 871/2004 del Consiglio, del 29 aprile 2004, e la decisione 2005/211/GAI, relativi all'introduzione di alcune nuove funzioni del sistema d'informazione Schengen, compresa la lotta contro il terrorismo.

Nell’attesa della piena operatività del SIS II, al fine di permettere agli Stati membri entrati nell’Unione europea nel 2004 di poter partecipare in tempi rapidi alla cooperazione in materia di sicurezza di Schengen, il Consiglio Giustizia e affari interni del 5 dicembre 2006 ha adottato il programma SISOne4All, di iniziativa portoghese, già annunciato nel corso del Consiglio informale di Tampere del 21-22 settembre 2006. Il progetto si è basato sulla clonazione del sistema nazionale del Portogallo (N-SIS) al fine di proporlo ai nuovi Stati membri interessati (Cipro esclusa): in tal modo è stato possibile collegarli al sistema centrale ed eliminare i controlli alle frontiere terrestri e marittime a partire dal 21 dicembre 2007. I controlli negli aeroporti internazionali sono stati eliminati dal 31 marzo 2008.

Il 28 febbraio 2008 il Consiglio Giustizia e affari interni ha adottato conclusioni sul SIS II nelle quali, tra le altre cose:

§         ha riaffermato la priorità assoluta da accordare al SIS II e ha preso atto del calendario provvisorio del SIS II presentato dallaCommissione, in base al quale entro la fine del 2008 gli elementi centrali del SIS II, la sua infrastruttura di comunicazione e l’interfaccia con i sistemi nazionali saranno operativi e saranno stati collaudati dalla Commissione e dagli Stati membri[12];

§         ha chiesto agli Stati membri interessati e alla Commissione di adoperarsi per installare il SIS II al più tardi entro settembre 2009, compreso il sistema centrale, l'infrastruttura di comunicazione, tutte le attività di collaudo e la migrazione dal SIS 1+ al SIS II. Se tutti gli Stati membri avranno effettuato la migrazione dal SIS 1+ al SIS II, il Consiglio deciderà l'avvio delle operazioni del SIS II e quindi la cessazione del SIS 1+, conformemente alle pertinenti disposizioni degli strumenti sull'istituzione, l'esercizio e l'uso del SIS II[13];

§         ha accolto con favore la proposta della presidenza di introdurre un meccanismo aggiuntivo a sostegno dello sviluppo del SIS II negli Stati membri fino all'avvio delle operazioni. Il meccanismo si è concretizzato nella costituzione del “Gruppo degli amici del SIS II” incaricato di seguire l'attuazione del SIS II negli Stati membri. Il gruppo, guidato dalla Presidenza UE, è composto dai ministri di Repubblica ceca, Germania, Spagna, Francia, Italia, Paesi Bassi, Austria, Polonia, Portogallo, Slovenia, Finlandia e Svezia, nonché della Norvegia. La Commissione partecipa ai lavori del Gruppo;

§         ha esortato la Commissione europea a presentare un calendario del SIS II aggiornato, completo e dettagliato in occasione del Consiglio di giugno 2008.

Il Consiglio giustizia e affari interni del 18 aprile 2008 ha preso atto degli sviluppi del progetto SIS II sulla base della relazione[14] appositamente predisposta dal “Gruppo degli amici del SIS II” e ha ricordato che i test di conformità negli Stati membri dovranno essere completati entro il 3 ottobre 2008. Il Consiglio ha inoltre accolto con favore l’impegno della Svizzera a dare massima priorità al progetto SIS II, in seguito all’entrata in vigore dell’accordo di associazione a Schengen a partire dal 1 marzo 2008[15]. Il Consiglio ha infine confermato le conclusioni di una relazione sulle questioni aperte relative al SIS II[16].

Il Consiglio giustizia e affari interni del 5-6 giugno 2008 ha adottato il calendario generale sulla realizzazione del SIS II presentato dalla Commissione europea il 16 maggio 2008 in risposta all’invito del consiglio del 28 febbraio 2008. Il nuovo calendario conferma l’operatività del SIS II a partire da settembre 2009.

L’acquis di Schengen e il Trattato di Lisbona

Il Trattato di Lisbona – firmato dai Capi di Stato e di governo a Lisbona il 13 dicembre 2007[17] -, ha apportato alcuni cambiamenti al testo del Protocollo relativo all’acquis di Schengen[18].

Il Protocollo assume la denominazione “Protocollo (n. 19) sull’acquis di Schengen integrato nell’ambito dell’Unione europea”, come già previsto a suo tempo dal Trattato Costituzionale.

Il secondo capoverso del preambolo, nella nuova formulazione, dichiara esplicitamente il desiderio delle parti contraenti di “preservare l’acquis di Schengen, sviluppato dall’entrata in vigore del trattato di Amsterdam, e di sviluppare tale acquis per contribuire alla realizzazione dell’obiettivo di offrire ai cittadini dell’Unione uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia”.

L’articolo 1 è riformulato in modo da contenere l’elenco aggiornato degli Stati membri (tutti, tranne Regno Unito e Irlanda), autorizzati ad attuare tra loro cooperazioni rafforzate nei settori che costituiscono l’acquis di Schengen.

L’articolo 2, nella nuova formulazione, stabilisce che l’acquis di Schengen si applica agli Stati membri indicati all’articolo 1, fatte salve le disposizioni contenute negli artt. 3 e 4 dei trattati di adesione dei nuovi Stati membri entrati a far parte dell’Unione europea nel 2004 e nel 2007[19]. Come già nella formulazione precedente, l’articolo ribadisce inoltre che il Consiglio si sostituisce al Comitato esecutivo istituito dagli accordi Schengen[20].

Modifiche sostanziali del Protocollo riguardano la posizione dell’ Irlanda e del Regno Unito.

Come sopra ricordato, l'Irlanda e il Regno Unito non avevano aderito all’Accordo di Schengen del 1985. L’art. 4 del protocollo allegato al Trattato di Amsterdam del 1997, sostanzialmente mantenuto nella nuova versione del Protocollo, ha tuttavia stabilito che i due Stati possono partecipare totalmente o parzialmente alle disposizioni dell'acquis di Schengen notificandone l’intenzione al Consiglio. Sulla richiesta, il Consiglio decide all'unanimità degli Stati parti degli accordi e del rappresentante del governo dello Stato interessato.

Il paragrafo 2 dell’articolo 5 del Protocollo allegato al Trattato di Lisbona, innovando rispetto alla normativa vigente, stabilisce che l’Irlanda e il Regno Unito, qualora partecipino a disposizioni dell’acquis di Schengen a norma del succitato art. 4, possono nondimeno, entro tre mesi, notificare per iscritto al Consiglio di non voler partecipare ad una proposta o iniziativa che costituisca uno sviluppo di  tali disposizioni.

Come conseguenza di tale notifica, il paragrafo 3 dell’articolo 5 dispone che, dalla data di entrata in vigore della misura proposta, cesseranno di applicarsi allo Stato in questione anche le disposizioni preesistenti, per quanto ritenuto necessario dal Consiglio e alle condizioni da stabilirsi, su proposta della Commissione, con una decisione del Consiglio assunta a maggioranza qualificata. Il protocollo specifica che, nell’adottare la sua decisione, il Consiglio si adopera per mantenere la più ampia partecipazione possibile dello Stato membro interessato, senza incidere profondamente sul funzionamento pratico delle varie parti dell’acquis di Schengen e rispettandone la coerenza. La Commissione è tenuta a presentare la sua proposta nel più breve tempo possibile dalla notifica. Il Consiglio dovrà poi adottare la decisione entro 4 mesi dalla proposta della Commissione. L’iter di adozione della misura di sviluppo dell’acquis viene, nel frattempo, sospeso fino alla conclusione della procedura descritta nei paragrafi 3 e 4, o fino al ritiro della notifica in qualunque momento durante tale procedura.

In base al paragrafo 4 dell’articolo 5, qualora il Consiglio non abbia adottato la decisione entro la fine del periodo di quattro mesi, uno Stato membro può chiedere senza indugio che della questione sia investito il Consiglio europeo, il quale, nella prima riunione successiva alla richiesta, delibera a maggioranza qualificata sulla proposta della Commissione.

Il paragrafo 5 dell’articolo 5 stabilisce infine che, qualora il Consiglio o il Consiglio europeo non adottino la decisione nei tempi previsti, la sospensione della procedura per l’adozione della misura di sviluppo dell’acquis di Schengen viene revocata. Se detta misura è successivamente adottata, le disposizioni preesistenti cessano di essere applicate allo Stato membro in questione, alla data di entrata in vigore della misura, nei limiti e alle condizioni decise dalla Commissione, a meno che detto Stato membro non abbia ritirato la notifica di non partecipazione prima dell’adozione della misura. La Commissione è tenuta a deliberare entro la data di tale adozione e a rispettare i criteri indicati nel paragrafo 3.

Al Trattato di Lisbona sono inoltre allegate le seguenti dichiarazioni concernenti il Protocollo sull’acquis di Schengen integrato nell’ambito dell’Unione europea:

§         la dichiarazione 44 relativa all’articolo 5, nella quale la Conferenza intergovernativa sottolinea che, qualora uno Stato membro[21] abbia provveduto a  notificare, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, del Protocollo, la sua intenzione di non partecipare ad una proposta o iniziativa, la notifica può essere ritirata in ogni momento, prima dell’adozione della misura di sviluppo dell’acquis di Schengen;

§         la dichiarazione 45 relativa al paragrafo 2 dell’articolo 5, nella quale la Conferenza dichiara che, qualora il Regno Unito o l’Irlanda manifestino al Consiglio la loro intenzione di non partecipare a misure di sviluppo di disposizioni dell’acquis di Schengen a cui aderiscono, il Consiglio è tenuto a svolgere un dibattito approfondito sulle possibili implicazioni della non partecipazione del detto Stato membro alla misura in questione. La discussione nell’ambito del Consiglio deve essere condotta alla luce delle indicazioni fornite dalla Commissione riguardo alle relazioni tra la proposta e l’acquis di Schengen;

§         la dichiarazione 46 relativa al paragrafo 3 dell’articolo 5, nella quale la Conferenza ricorda che, qualora il Consiglio non adotti una decisione a seguito di una prima sostanziale discussione sulla questione della non applicazione allo Stato membro notificante delle disposizioni preesistenti dell’acquis di Schengen, la Commissione può presentare una proposta modificata per un riesame sostanziale da parte del Consiglio nel termine di quattro mesi;

§         la dichiarazione 47 nella quale la Conferenza sottolinea che le condizioni da definire nella decisione a norma dei paragrafi 3, 4 e 5 dell’articolo 5 possono stabilire che lo Stato membro in questione sopporti le eventuali conseguenze finanziarie dirette derivanti, necessariamente e inevitabilmente, dalla cessazione della sua partecipazione ad alcune o a tutte le disposizioni dell’acquis, come stabilita per decisione assunta ai sensi dell’articolo 4 del detto Protocollo.


La proposta di legge in esame

La proposta in esame riprende quasi integralmente le previsioni di una analoga iniziativa, presentata dal presidente pro tempore del Comitato e da componenti del Comitato appartenenti ai diversi schieramenti politici, il cui esame venne avviato alla Camera nel corso della XV legislatura (A.C. 2808).

La proposta fu assegnata alla I Commissione in sede referente e fu ampiamente discussa nell’unica seduta introduttiva del 2 ottobre 2007.

Come evidenziato anche nella relazione illustrativa che accompagna la proposta, essa intende essenzialmente aggiornare le competenze del Comitato parlamentare di controllo sull’attuazione dell’accordo di Schengen, di vigilanza sull’attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione.

 

La relazione illustrativa sottolinea, in particolare, come le competenze del Comitato relative all'attuazione dell'accordo di Schengen si siano con il tempo ridimensionate in quanto alcuni settori che nella formulazione originaria del Trattato di Maastricht rientravano nel terzo pilastro dell'Unione europea (cooperazione nel settore della giustizia e degli affari interni, disciplinata dal titolo VI del Trattato) sono poi stati comunitarizzati con il Trattato di Amsterdam. Quest'ultimo ha infatti trasferito nel Trattato che istituisce la Comunità europea (nuovo titolo IV della parte terza: articoli 61-69) alcuni settori originariamente rientranti nel terzo pilastro, in particolare le materie dell'immigrazione, dell'asilo, del controllo delle frontiere e la cooperazione giudiziaria in materia civile.

 

Il Trattato di Amsterdam, come già ricordato, incorpora l’acquis di Schengen nel quadro giuridico comunitario e dell’Unione europea. Per la prima volta, inoltre, viene applicato il metodo della comunitarizzazione con riferimento alle materie attinenti a libertà di circolazione delle persone, visti, asilo, immigrazione e frontiere nonché cooperazione giudiziaria in materia civile, che passano al primo pilastro, regolato dal metodo comunitario che riduce il ruolo dei governi nazionali a favore delle istituzioni comunitarie, ovvero proposta della Commissione europea, adozione da parte del Consiglio e del Parlamento europeo e controllo del rispetto del diritto comunitario da parte della Corte di giustizia. In tali settori viene quindi previsto l’utilizzo degli strumenti giuridici comunitari: la direttiva, il regolamento e la decisione. Il Trattato prevede altresì l’abolizione del Comitato esecutivo Schengen, sostituito dal Consiglio che, allo scopo di istituire uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, diviene competente per l’adozione di misure volte ad assicurare la libera circolazione delle persone, nonché di ulteriori misure nei settori dell’asilo, dell’immigrazione e della salvaguardia dei diritti dei cittadini dei paesi terzi. Il processo appena descritto ha come conseguenza la scissione tra le cosiddette basi giuridiche e tra le materie che possono essere ricondotte all’area Schengen. Una base giuridica è rappresentata dal Trattato dell’Unione europea, in materia di cooperazione giudiziaria penale e di polizia; un’altra è rappresentata dal Trattato sulla Comunità europea, in materia di visti, immigrazione, asilo e cooperazione giudiziaria civile. Tuttavia, pur essendo dinanzi a pilastri o a basi giuridiche diverse, la considerazione dei profili UE e CE contenuta nel trattato di Amsterdam e nei suoi sviluppi, prevede una connotazione comune individuabile nella costruzione di uno spazio di libertà, di sicurezza e giustizia.

 

L’articolo 1 della proposta di legge dispone che il Comitato parlamentare assuma la denominazione di Comitato parlamentare in materia di immigrazione.

In tal senso i proponenti individuano nel Comitato la sede più idonea per stimolare un dibattito politico, informato e completo, sugli aspetti collegati al tema dell’immigrazione, in una prospettiva nazionale ed europea, che assicuri al Parlamento un ruolo adeguato nella fase ascendente e discendente di adeguamento dell’ordinamento interno a quello comunitario in materia di immigrazione e asilo.

 

Secondo quanto rilevato dalla relazione illustrativa, in tale ottica il Comitato dovrebbe rappresentare una sede stabile di dibattito politico sull'evoluzione dell'approccio comunitario al problema e sul raccordo tra le politiche nazionali e quelle comunitarie in materia di immigrazione, nel rispetto delle competenze delle Commissioni permanenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. La relazione evidenzia infatti che “sarebbe in ogni caso cura del Comitato promuovere ogni opportuno raccordo con le predette Commissioni al fine di approfondire ogni aspetto del fenomeno, dal punto di vista delle conseguenze che produce non solo in Italia ma anche in Europea”.

In merito alle procedure di indirizzo e di controllo delle Commissioni bicamerali, si rileva che a queste viene riconosciuta la facoltà di formulare indirizzi al Governo soltanto ove ciò avvenga in stretta e diretta connessione con l’esercizio dei poteri di controllo e vigilanza che specificatamente la legge istitutiva attribuisca loro e con specifico riferimento agli atti o alle attività del Governo sui quali il controllo e la vigilanza si esercita. Ove infatti venisse riconosciuto alle Commissioni bicamerali, in assenza di specifica previsione legislativa, un generale ed autonomo potere di indirizzo, si verrebbe a determinare una situazione di conflitto con i poteri di indirizzo che i regolamenti parlamentari attribuiscono in via generale alle Commissioni permanenti nei settori di loro competenza.

 

L’articolo 2 ridefinisce le competenze del Comitato, abrogando alcune disposizioni e novellandone altre.

 

Il comma 1 riepiloga le competenze del Comitato, richiamando in particolare le competenze previste in via generale dal comma 1 dell’art. 18 della L. 388/1993, relative al controllo dell’attuazione e del funzionamento della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen, nonché quelle previste dall’art. 6 della L. 93/1998, relative alle funzioni di vigilanza sull’attività dell’Unità nazionale EUROPOL. Lo stesso comma ribadisce altresì le funzioni di indirizzo, controllo e vigilanza in materia di immigrazione e asilo previste dall’art. 37 della L. 189/2002, articolo che viene peraltro novellato dal successivo comma 3.

 

Il comma 2 dispone l’abrogazione di norme ormai superate dall’evoluzione del quadro giuridico comunitario e dell’Unione europea. In particolare, è disposta l’abrogazione del co. 4 dell’art. 18 della L. 388/1993, ove si prevede che il Comitato parlamentare esamini, ed esprima un parere vincolante, sui progetti di decisione, vincolanti per l’Italia, pendenti dinanzi al Comitato esecutivo contemplato dal titolo VII della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen.

Si rileva a tal proposito che ai fini della semplificazione normativa potrebbe risultare opportuna anche l’abrogazione del successivo co. 5 dell’art. 18 della L. 388/1993, il quale dispone che le decisioni del Comitato esecutivo, approvate dal rappresentante del Governo italiano, siano pubblicate, salvo deroghe disposte dal Comitato parlamentare, sulla Gazzetta Ufficiale entro quindici giorni dalla loro adozione definitiva unitamente agli eventuali provvedimenti interni di attuazione.

 

Il comma 3 dell’articolo in esame novella l’art. 37 della L. 189/2002 con l’intenzione di rendere più esplicite e puntuali le funzioni di indirizzo in materia di immigrazione ed asilo, collegandole altresì alla prospettiva europea di progressiva istituzione di uno spazio di libertà sicurezza e giustizia. Come sottolineato dalla relazione illustrativa, le funzioni del Comitato nei settori di intervento sui cui esercitare compiti di indirizzo, controllo e vigilanza vengono infatti specificate includendovi “il controllo e la vigilanza sui flussi di immigrazione in Italia in rapporto alle previsioni del Titolo IV della parte terza del Trattato che istituisce la Comunità europea[22].

In proposito, si ricorda che il Trattato di Lisbona, attualmente in corso di ratifica da parte del nostro Paese, oltre a prevedere una nuova denominazione del Trattato istitutivo della Comunità europea, che viene rinominato Trattato sul funzionamento dell’Unione (TFUE), ridefinisce complessivamente i contenuti del Titolo IV della parte III del Trattato, che assume una nuova rubrica (Spazio di libertà, sicurezza e giustizia) e una nuova numerazione (diventando così il Titolo V).

Su tali materie, oltre che sulla concreta attuazione della L. 189/2002, sugli accordi internazionali e sulla restante legislazione in materia di immigrazione, il Governo presenta annualmente una relazione al Comitato. che da parte sua può presentare relazioni alle Camere nelle materie di sua competenza. In base a tale ultima disposizione, introdotta dal comma in esame, le relazioni del Comitato non dovranno necessariamente avere cadenza annuale, come  attualmente previsto.

Con l’unica innovazione introdotta rispetto al testo della proposta esaminata nella XV legislatura, non è riprodotta la disposizione che prevedeva che il Comitato potesse esercitare una funzione di indirizzo al Governo in materia di immigrazione. Come evidenziato nella relazione illustrativa, la modifica intende recepire i rilievi emersi al riguardo nel corso dell’esame svoltosi nella scorsa legislatura presso la Commissione Affari costituzionali della Camera.

 

In quella sede[23] erano infatti state espresse perplessità circa la previsione di attribuire al Comitato parlamentare uno specifico potere di indirizzo al Governo, competenza spettante, in ciascun ramo del Parlamento, alle Commissioni permanenti competenti per materia e all’Assemblea.

Tale perplessità, enunciata dal Presidente, on. Violante, fu ripresa dall’on. Boato che espresse il timore che un Comitato parlamentare composto da deputati e senatori finisse col configurarsi come un organo intermedio tra le due Camere, espropriando queste ultime di una funzione prevista dalla stessa Costituzione. Altri deputati, tra cui l’on. Santelli, ebbero a rilevare altresì come il provvedimento sollevasse un problema reale collegato alla partecipazione democratica dei Parlamenti nazionali nella fase ascendente delle decisioni sulle materie del terzo pilastro. In particolare l’on. Santelli sottolineò come, su materie della massima rilevanza, come quelle della sicurezza e della giustizia, il Governo si trovi spesso, in sede europea, a dover assumere una posizione senza aver prima potuto acquisire al riguardo l’orientamento del Parlamento. In quest’ottica evidenziò quindi la necessità di pervenire alla definizione di strumenti procedurali e normativi che consentano alle Camere un effettivo intervento nella fase ascendente della formazione del diritto europeo, soprattutto nelle materie non comunitarie del terzo pilastro, vale a dire quelle della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale.

Modificazioni proposte all’art. 37 della L. 189/2002

L. 189/2002

Testo vigente

L. 189/2002

Testo modificato dalla pdl A.C. 1446

Art 37
(Disposizioni relative al Comitato parlamentare di controllo sull’attuazione dell’accordo di Schengen, di vigilanza sull’attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione)

Art 37
(Ulteriori compiti del Comitato parlamentare in materia di immigrazione)

1. Al Comitato parlamentare istituito dall’articolo 18 della legge 30 settembre 1993, n. 388, che assume la denominazione di “Comitato parlamentare di controllo sull’attuazione dell’accordo di Schengen, di vigilanza sull’attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione” sono altresì attribuiti compiti di indirizzo e vigilanza circa la concreta attuazione della presente legge, nonché degli accordi internazionali e della restante legislazione in materia di immigrazione ed asilo. Su tali materie il Governo presenta annualmente al Comitato una relazione. Il Comitato riferisce annualmente alle Camere sulla propria attività.

1. Al Comitato parlamentare istituito dall’articolo 18 della legge 30 settembre 1993, n. 388, sono altresì attribuiti compiti di indirizzo, controllo e vigilanza circa la concreta attuazione della presente legge, degli accordi internazionali e della restante legislazione in materia di immigrazione e di asilo, nonché delle previsioni del titolo IV della parte terza del Trattato che istituisce la Comunità europea, fatto a Roma il 25 marzo 1957, e successive modificazioni. Su tali materie il Governo presenta annualmente al Comitato una relazione. Il Comitato può presentare relazioni alle Camere.

 


Documenti all’esame delle istituzioni dell’UE
(a cura dell’Ufficio rapporti con l’Unione europea)

Immigrazione, asilo, integrazione

Il Patto europeo sull’immigrazione e l’asilo

Il Consiglio giustizia e affari interni del 24 luglio 2008 ha preso atto dello stato dei lavori concernente il Patto europeo sull’immigrazione e l’asilo, elaborato dalla Presidenza francese, e su cui è stato svolto un primo dibattito nel corso della riunione informale del Consiglio giustizia e affari interni, svoltasi a Cannes il 7-8 luglio scorsi.

La presidenza francese ha proposto l’adozione del Patto in occasione del Consiglio europeo di ottobre, affinché i principi comuni e gli orientamenti strategici destinati a guidare le politiche migratorie degli Stati membri e dell’Unione europea “siano espressi al più alto livello politico”.

Il Consiglio ha sottolineato che il Patto rappresenta una delle priorità della presidenza francese e che è volto a costruire una base solida per una vera politica europea comune dell’immigrazione e dell’asilo che faccia fronte alle sfide future e alla necessità di solidarietà e cooperazione nella gestione dei flussi migratori.

Ricordando che, nel corso della riunione di Cannes, la presidenza francese ha rilevato un largo accordo delle delegazioni sul progetto di testo, il Consiglio ha ribadito che esso di fonda su cinque impegni politici principali:

§       organizzare l’immigrazione legale tenendo conto delle priorità, dei bisogni, delle capacità d’accoglienza determinate da ogni Stato membro e favorire l’integrazione;

§       lottare contro l’immigrazione irregolare, specialmente assicurando il ritorno degli stranieri in posizione irregolare, nei paesi di origine o in un paese di transito;

§       rafforzare l’efficacia dei controlli alle frontiere;

§       costruire un’ “Europa dell’Asilo”;

§       creare un partenariato globale con i paesi di origine e di transito favorendo le sinergie tra migrazione e sviluppo

 

In dettaglio, il progetto di testo presentato dalla Presidenza francese prevede le seguenti azioni:

§       organizzare l'immigrazione legale e favorire l’integrazione, considerando le necessità e le capacità d'accoglienza determinate da ogni Stato membro. Spetterà ad ogni Stato membro di decidere le condizioni d'ammissione sul suo territorio dei migranti legali e fissare il loro numero. Gli Stati membri sono destinati ad attuare una politica d'immigrazione scelta, in particolare nei confronti delle necessità del loro mercato del lavoro, e concertata, considerando l'impatto che può avere sugli altri Stati membri. Occorre inoltre attuare una politica che permetta l'integrazione armoniosa dei migranti nella società del loro paese ospite. Fra le misure concrete si segnalano in particolare: la messa in atto di politiche d'immigrazione professionali con ad esempio una migliore attrattiva dei lavoratori molto qualificati (riferimento al progetto “di carta blu europea”) e degli studenti; lo sviluppo dell'emigrazione circolare o temporanea evitando la fuga dei cervelli; una migliore regolazione dell'immigrazione familiare,  da parte degli Stati membri affinché tengano conto nelle loro legislazioni delle loro effettive capacità d'accoglienza e d'integrazione delle famiglie (la presidenza francese ha abbandonato l'idea di un contratto di integrazione, prevista nelle prime riflessioni sul Patto).

§       lottare contro l'immigrazione irregolare: gli Stati membri dovranno evitare le regolarizzazioni generali ed incondizionate per limitarsi in futuro a regolarizzazioni  caso per caso, a titolo eccezionale. Gli Stati membri dovranno inoltre concludere accordi di riammissione, sia a livello comunitario, sia a titolo bilaterale. L'efficacia di tali accordi sarà valutata ed i mandati di negoziati che non si sono realizzati saranno rivisti. Si tratta di sviluppare la cooperazione in attesa di ricorrere a dispositivi comuni d'espulsione dei clandestini, grazie in particolare all'identificazione biometrica dei clandestini ed i voli congiunti. Gli Stati membri dovranno rafforzare la cooperazione con i paesi d'origine e di transito per lottare contro l'immigrazione irregolare. Sono anche invitati a dotarsi di dispositivi nazionali di sostegno che riguardino l'aiuto al ritorno volontario e ad informarsi reciprocamente sull'argomento nell’intento di prevenire i ritorni abusivi nell'UE delle persone che hanno beneficiato di questi aiuti. Sono infine invitati a lottare con la più grande fermezza contro gli stranieri in situazione irregolare (datori di lavoro, proprietari).

§       proteggere meglio l'Europa migliorando l'efficacia dei controlli alle frontiere: la consegna dei visti biometrici dovrà essere generalizzata al più tardi al 1° gennaio 2012. Occorrerà anche rafforzare la cooperazione tra i consolati degli Stati membri per creare gradualmente e su base volontaria servizi consolari comuni dedicati ai visti. Occorre inoltre dare all'agenzia Frontex i mezzi per esercitare interamente le sue missioni grazie ad un ruolo e dei mezzi rafforzati. Per quanto riguarda la messa in atto delle tecnologie di controllo ai confini, l’impegno dovrà essere volto all'istituzione, dal 2012, di una registrazione elettronica delle entrate e delle uscite, corredata da una procedura agevolata per i cittadini europei e “altri viaggiatori”. L'UE dovrà anche aumentare l'aiuto fornito ai paesi d'origine e di transito in materia di formazione e d'attrezzatura del loro personale incaricato del controllo ai confini. Infine, è richiesta più solidarietà tra gli Stati membri e, in particolare, nei confronti di quelli più esposti;

§       costruire un'Europa dell'asilo: la misura più emblematica consiste nel creare, nel 2009, “un ufficio europeo di sostegno” che, pur non essendo dotato né di un potere d'istruttoria, né di un potere di decisione, avrà il compito di facilitare gli scambi di informazioni tra gli Stati membri e di favorire, sulla base di una conoscenza comune dei paesi d'origine, l'armonizzazione delle pratiche e delle procedure e, quindi, delle decisioni nazionali. La Commissione europea è invitata a presentare proposte, per istituire, nel 2012, una procedura di asilo unica, che comporti garanzie comuni e di adottare statuti uniformi di profugo, da un lato, di beneficiario della protezione sussidiaria, dall'altro.;

§       costruire un partenariato con i paesi d'origine e di transito al servizio del loro sviluppo: l'UE o gli Stati membri dovranno concludere accordi con i paesi d'origine e di transito, che comportino disposizioni relative all'immigrazione legale, alla lotta contro l'immigrazione clandestina, alla riammissione e allo sviluppo. Dovranno essere privilegiate forme d'immigrazione temporanea per non favorire la fuga dei cervelli.

Il documento precisa infine che i capi di Stato e di governo organizzeranno annualmente un dibattito sulle politiche d'immigrazione e d'asilo. Il Consiglio dei Ministri, assieme alla Commissione, riferirà sull'attuazione degli impegni contenuti nel Patto.

Una politica di immigrazione comune per l’Europa

Per quanto riguarda le recenti iniziative della Commissione europea in materia di immigrazione e asilo si segnala che esse solo volte all’attuazione degli aspetti restanti del programma dell’Aja, adottato dal Consiglio europeo il 5 novembre 2004 e contenente la strategia politica per il rafforzamento dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia nell’Unione europea per il periodo 2005-2009.

Il programma dell’Aja fa seguito al precedente programma di Tampere, approvato dal Consiglio europeo nel 1999, con il quale si è data attuazione alle disposizioni del trattato di Amsterdam relative alla creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia nell'Unione europea. Le linee direttrici della politica europea comune in materia di asilo e immigrazione, come delineati nei programmi di Tampere e dell’Aja, possono essere sintetizzate come segue:

§         partenariato con i paesi di origine, nel quadro di un approccio globale che affronti gli aspetti politici, i diritti dell'uomo e i problemi dello sviluppo nei paesi e nelle regioni di origine e di transito;

§         regime comune europeo in materia di asilo, fondato, a termine, su una procedura d'asilo comune e uno status unico;

§         equo trattamento dei cittadini dei paesi terzi che soggiornano legalmente nel territorio degli Stati membri;

§         gestione dei flussi migratori, basata, segnatamente, su una politica comune attiva in materia di visti e di documenti falsi, sulla lotta contro la tratta degli esseri umani e lo sfruttamento economico dei migranti e sulla regolamentazione dell’entrata e del diritto di soggiorno, del permesso di lavoro e delle questioni relative al ricongiungimento familiare.

 

In questo quadro, il 17 giugno 2008 la Commissione europea ha adottato la comunicazione:”Una politica di immigrazione comune per l’Europa: principi, azioni e strumenti” (COM(2008)359).

La comunicazione propone i dieci principi a fondamento della politica di immigrazione comune, illustrandone la futura applicazione pratica attraverso esempi di azioni concrete, da intraprendere, a seconda dei casi, a livello UE o a livello nazionale.

I dieci principi comuni sono raggruppati intorno a tre assi:

§         Prosperità e immigrazione: 1 – Regole chiare e condizioni di parità. 2 – Incontro tra qualifiche ed esigenze. 3 – Integrazione: la chiave di un'immigrazione riuscita.

§         Solidarietà e immigrazione: 4 – Trasparenza, fiducia e cooperazione. 5 – Uso efficace e coerente dei mezzi disponibili. 6 – Partenariati con i paesi terzi.

§         Sicurezza e immigrazione: 7 - Una politica dei visti al servizio degli interessi dell’Europa. 8 – Gestione integrata delle frontiere. 9 – Intensificare la lotta all'immigrazione illegale e tolleranza zero contro la tratta di persone. 10 – Politiche di rimpatrio sostenibili ed efficaci.

I dieci principi comuni si fondano sui capisaldi dei programmi di Tampere e dell'Aia e sull'Approccio globale in materia di migrazione varato nel 2005.

L’approccio globale, la cui necessità è stata peraltro già fermamente riconosciuta nel programma dell’Aja, mira a formulare politiche coerenti ed integrate che abbraccino tutte le fasi del fenomeno (cause di fondo, politiche in materia di ingresso e ammissione, politiche in materia di integrazione e rimpatrio) facendo convergere le attività di differenti settori (sviluppo, affari sociali e impiego, relazioni esterne, giustizia e affari interni) e promuovendo una stretta collaborazione con i paesi d’origine e di transito, ispirata ai principi di solidarietà e condivisione delle responsabilità . In questo quadro, con il documento “Approccio globale alla gestione delle migrazioni”, il Consiglio europeo del 15-16 dicembre 2005 ha definito un programma di azioni prioritarie, incentrato in particolare sulla cooperazione all’interno dell’UE e con i principali paesi d’origine in Africa e nell’area mediterranea. Rispondendo all’invito del Consiglio europeo a riferire sui progressi compiuti entro la fine del 2006, il 30 novembre 2006 la Commissione ha presentato la comunicazione dal titolo“L'approccio globale in materia di migrazione un anno dopo: una politica generale dell'Europa sulla migrazione” (COM(2006)735). La validità della politica di approccio globale alla migrazione è stata ribadita nelle conclusioni del Consiglio europeo del 14-15 dicembre 2006. Il16 maggio 2007, la Commissione ha presentato un pacchetto di iniziative volte al sostegno dell’immigrazione legale e al contrasto all’immigrazione clandestina. Il pacchetto comprende, tra le altre cose, la comunicazione “Migrazione circolare e partenariati di mobilità tra UE e paesi terzi” (COM(2007)248), volta a promuovere l’immigrazione legale e ad incoraggiare il flusso proveniente da paesi con cui l’UE concluderà accordi di cooperazione e la comunicazione “Applicazione dell’approccio globale in materia di migrazione alle aree orientali e sudorientali vicine all’Unione europea” (COM(2007)247.

 

L’importanza di una politica di immigrazione comune è stata recentemente ribadita dalla Commissione nella comunicazione “Verso una politica comune dell’immigrazione” (COM(2007)780), presentata il 5 dicembre 2007 e favorevolmente accolta dal Consiglio europeo del 14 dicembre 2007. Analizzando gli interventi di armonizzazione compiuti in materia di immigrazione legale, ampliamento dell’area Schengen e gestione delle frontiere, contrasto all’immigrazione clandestina sviluppo della dimensione esterna della politica UE, la Commissione ha in particolare sottolineato che nell’ultimo decennio sono state gettate progressivamente le basi per una politica comune di immigrazione che permetta di andare al di là delle 27 politiche d’immigrazione nazionali. Nella considerazione che l’immigrazione possa fornire un grande apporto alla prosperità dell’Unione, la Commissione ha affermato pertanto la necessità di rinnovare l’impegno a favore di una politica comune, al fine di realizzare un quadro europeo, all’interno del quale il livello nazionale e quello dell’Unione possano completarsi a vicenda.

Piano strategico sull’asilo

Nella comunicazione “Piano strategico sull’asilo: un approccio integrato in materia di protezione nell’Unione europea” (COM(2008)360) presentata il 17 giugno 2008, la Commissione espone le misure che intende proporre per portare a termine la seconda fase del sistema europeo comune di asilo.

La prima fase del processo (1999-2005), secondo le indicazioni del programma di Tampere, ha comportato l'adozione di strumenti giuridici che istituiscono norme minime comuni in settori come le condizioni di accoglienza per richiedenti asilo[24], le procedure di asilo[25] e i requisiti per l'attribuzione della qualifica di persona bisognosa di protezione internazionale[26], ma anche norme per la determinazione dello Stato membro competente per l'esame di una domanda d'asilo (il cosiddetto "sistema di Dublino", su cui si veda infra). L’obiettivo della seconda fase del processo, sulla base del programma dell’Aja, è l'instaurazione, entro il 2010, di una procedura comune e di uno status uniforme per i cittadini di paesi terzi che hanno ottenuto l'asilo o che, necessitando di protezione internazionale pur non potendo ottenere il beneficio dell'asilo, hanno ricevuto una protezione sussidiaria. Il regime sarà basato sulla piena applicazione della Convenzione di Ginevra del 1951 relativa allo status dei rifugiati e degli altri trattati pertinenti. Il programma dell’Aja ha riconosciuto, in particolare, la necessità che l’Unione europea contribuisca, in uno spirito di responsabilità condivisa, ad un sistema di protezione internazionale più accessibile, equo ed efficace nell’ambito di un partenariato con i paesi terzi. Il programma ha tracciato una distinzione tra le esigenze dei paesi che si trovano in regioni di transito e quelle dei paesi compresi nelle regioni di origine, invitando la Commissione a sviluppare programmi di protezione regionale dell’UE nel quadro di un partenariato con i paesi terzi interessati ed in stretta consultazione e cooperazione con l’ACNUR (Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati).

Il piano strategico è volto a migliorare la definizione, a livello UE, degli standard di protezione, attraverso la modifica degli strumenti giuridici esistenti. Al fine di raggiungere la convergenza a livello di decisioni sull'asilo, e quindi pari condizioni di accesso alla protezione in tutta l'Unione europea, la Commissione rileva tuttavia la necessità di affiancare alla convergenza giuridica meccanismi adeguati di cooperazione pratica[27] (scambio di informazioni e buone prassi, formazioni comuni), anche attraverso l’istituzione di un Ufficio europeo di sostegno per l'asilo. Il piano strategico prevede inoltre l’elaborazione di strumenti atti a promuovere la solidarietà nei confronti di quegli Stati membri, il cui sistema d'asilo sia sottoposto a un onere eccessivo. La Commissione affronta infine il tema della dimensione esterna dell’asilo, ribadendo che l’Unione europea deve condividere la responsabilità di gestire i rifugiati con i paesi terzi e con i paesi di primo asilo. A tal fine la Commissione propone l'espansione dei programmi di protezione regionale esistenti e l'istituzione di un sistema di reinsediamento, che permetta il trasferimento di rifugiati da uno Stato terzo di primo asilo ad uno Stato membro che garantisca loro uno status di residenza permanente.

Il Consiglio europeo del 19-20 giugno 2008 ha accolto con favore le comunicazioni presentate dalla Commissione, ribadendo la necessità di intensificare gli sforzi in materia di immigrazione e asilo.

Integrazione

Il documento di riferimento per la politica dell’Unione in materia di integrazione è costituito dalla comunicazione “Un’agenda comune per l’integrazione”, presentata dalla Commissione il 1° settembre 2005 (COM(2005)389).

La comunicazione propone un quadro per l’integrazione dei cittadini di paesi terzi nell’Unione europea.

Poiché l’integrazione tocca diversi settori, tra cui il lavoro, le politiche urbane e l’istruzione, la Commissione intende far sì che le priorità della politica per l’integrazione siano tradotte in modo coerente nell’insieme delle diverse politiche. Tra le misure raccomandate nei diversi settori interessati figura il miglioramento dei programmi e delle attività di accoglienza per gli immigrati legali e per le persone a loro carico. Tali misure dovrebbero includere dei fascicoli informativi per gli immigrati economici appena arrivati, nonché corsi di orientamento linguistico e di educazione civica, finalizzati a far sì che gli immigrati comprendano e rispettino i valori comuni nazionali ed europei.

Il Consiglio, nel corso della riunione del 1° dicembre 2005, ha esaminato la comunicazione della Commissione ed ha adottato conclusioni in proposito, nelle quali esprime parere favorevole sul documento. Il Parlamento europeo ha esaminato il documento nel corso della seduta del 6 luglio 2006, approvando una risoluzione, nella quale, tra l’altro, per promuovere l’integrazione degli immigrati, sollecita lo scambio delle migliori pratiche, il dialogo interculturale e corsi di lingua. Sollecita anche procedure rapide e trasparenti per la loro naturalizzazione e l’effettiva attuazione delle direttive europee in questo campo.

 

Nel corso del vertice informale dei ministri UE responsabili dell’immigrazione, tenutosi a Potsdam[28] il 10-11 maggio 2007, la Commissione ha presentato la seconda edizione del manuale sull’integrazione dei cittadini di paesi terzi.

L’idea di elaborare un manuale sull’integrazione è nata dal Consiglio europeo di Salonicco del giugno 2003, al fine di sviluppare la cooperazione e gli scambi di informazioni tra i differenti Punti di contatto nazionali sull’integrazione, allora istituiti. La prima edizione del manuale è stata pubblicata nel novembre 2004, durante la presidenza olandese.

Il manuale, rivolto a chiunque si occupi di integrazione sia a livello legislativo nazionale che a livello di attuazione locale, esamina le strutture e i meccanismi utilizzati per le strategie politiche di integrazione, relativamente ai temi della abitazione e dell’integrazione economica. Vengono presentate, in particolare, le politiche integrative, governative e non, consigliando modi e strumenti per renderle efficaci. Con l’ausilio di esempi concreti, vengono descritte le pratiche attuate per migliorare la qualità abitativa nello spazio urbano ed eliminare le barriere sociali per gli immigrati.

Il manuale suggerisce modalità di integrazione economica che permettano di facilitare l’accesso degli immigrati al mercato del lavoro e strategie antidiscriminatorie sul posto di lavoro, che si basino sulla valorizzazione della diversità.

Il Consiglio giustizia e affari interni del 12-13 giugno 2007, nelle sue conclusioni, richiamandosi al programma dell’Aja e alla comunicazione della Commissione del 1° settembre 2005 “Agenda comune per l’integrazione”, ha ribadito l’importanza di sostenere le politiche di integrazione nell’Unione europea promuovendo l’unità nella diversità. In questo quadro il Consiglio ha espresso apprezzamento per la pubblicazione del manuale sull’integrazione, ha invitato la Commissione a fornire costantemente il suo sostegno ai Punti di contatto nazionali per l’integrazione e ha esortato gli Stati membri ad avvalersi degli strumenti finanziari offerti dal programma quadro Solidarietà e gestione dei flussi migratori.

Infine, il Consiglio europeo del 21-22 giugno 2007 ha espresso compiacimento per le conclusioni del Consiglio del 12 giugno, sottolineando l’importanza di ulteriori iniziative volte ad agevolare lo scambio di esperienze sulle politiche di integrazione degli Stati membri[29].

L’11 settembre 2007 la Commissione ha presentato la terza relazione annuale su migrazione e integrazione (COM(2007)512)[30], nella quale, richiamandosi ai “Principi di base comuni della politica di integrazione dell’immigrante nell’Unione europea (PCB)”, adottati dal Consiglio europeo del 4-5 novembre 2004, nel quadro del programma dell’Aja e della comunicazione della Commissione ”Un programma comune per l’integrazione” (vedi supra), ribadisce la necessità di rafforzare il nesso fra le politiche relative all’immigrazione legale e le strategie di integrazione.

Europol

Il 18 aprile 2008 il Consiglio ha raggiunto l’accordo politico sulla proposta di decisione (COM(2006)817), presentata dalla Commissione il 20 dicembre 2006, con la quale si provvede a sostituire integralmente la convenzione del 26 luglio 1995, istitutiva dell’Ufficio di polizia europeo (Europol). La proposta di decisione, da adottare ai sensi dell’articolo 34, paragrafo 2, lettera c) del Trattato UE[31], incorpora le disposizioni della convenzione originaria e le modifiche ad essa apportate da successivi protocolli ed aggiunge nuove disposizioni, volte a rafforzare il ruolo di supporto di Europol nei confronti delle autorità degli Stati membri. La proposta ha inteso modificare il quadro giuridico di riferimento per l’attività di Europol, al fine di rendere meno complesse, rispetto a quanto richiesto per l’originaria convenzione, le future procedure di revisione e di permettere all’Europol di adempiere i suoi compiti in materia di lotta al terrorismo e alla criminalità in modo più flessibile ed efficace.

La proposta ha previsto, tra l’altro, l’estensione del mandato di Europol a tutte le forme gravi di criminalità transnazionale e ha inteso migliorare il trattamento dei dati di cui dispone l’Europol, ricercando nel contempo un alto grado di protezione dei dati personali.

Il 23 giugno 2008 il Consiglio ha formalmente adottato la proposta di decisione (COM(2005)600), presentata dalla Commissione europea il 24 novembre 2005, relativa all’accesso per la consultazione al sistema di informazione visti (VIS) da parte delle autorità degli Stati membri competenti in materia di sicurezza interna e di Europol, ai fini della prevenzione, dell’individuazione e dell’investigazione di atti terroristici nonché di forme di criminalità e di reati di competenza di Europol.

Il Sistema di informazione visti, che dovrebbe essere operativo nella primavera del 2009, è stato istituito con la decisione 2004/512/CE del 18 giugno 2004. Esso è inteso a rendere più agevole l’attuazione della politica comune in materia di visti, la cooperazione consolare e la consultazione tra autorità consolari centrali. Il VIS si basa su una architettura centralizzata e comprende un sistema di informazione centrale (CS-VIS) e un’interfaccia in ogni Stato membro (NI-VIS). Le informazioni contenute nel VIS consisteranno esclusivamente in: dati alfanumerici sul richiedente e sui visti richiesti, rilasciati, rifiutati, annullati, revocati o prorogati; fotografie digitali; dati biometrici.

Si ricorda, infine, che nel mese di aprile 2007 sono entrati in vigore tre protocolli alla Convenzione istitutiva dell’Europol, che ne ampliano e rinforzano l’azione, in particolare per quanto riguarda l’estensione delle sue competenze, la possibilità di partecipazione alle squadre investigative comuni, la gestione di informazioni per il lavoro di analisi.

In particolare, il primo dei tre protocolli (GU C 358 del 13 dicembre 2000) amplia il mandato di Europol a tutti i reati connessi al riciclaggio di denaro, al fine di privare i gruppi della criminalità organizzata dei loro redditi; il secondo protocollo(GU C 312 del 16 dicembre 2002) permette ad Europol di partecipare a squadre investigative comuni e di chiedere a uno Stato membro di avviare indagini. Questa nuova competenza consente ad Europol di intervenire in modo più incisivo nelle indagini transnazionali e agli Stati membri di avvalersi delle conoscenze e delle competenze specifiche degli agenti Europol, allo scopo di rafforzare la lotta alla criminalità organizzata; infine, l'entrata in vigore dell'ultimo protocollo (GU n. 002 del 6 gennaio 2004) permetterà di gestire meglio le informazioni richieste per le analisi di Europol e di associare i paesi terzi agli archivi di analisi, che sono i principali strumenti d'azione di Europol a sostegno degli Stati membri.

 


Normativa di riferimento

 


Normativa nazionale

 


 

Legge 30 settembre 1993, n. 388.
Ratifica ed esecuzione: a) del protocollo di adesione del Governo della Repubblica italiana all’accordo di Schengen del 14 giugno 1985 tra i Governi degli Stati dell’Unione economica del Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni, con due dichiarazioni comuni; b) dell’accordo di adesione della Repubblica italiana alla convenzione del 19 giugno 1990 di applicazione del summenzionato accordo di Schengen, con allegate due dichiarazioni unilaterali dell’Italia e della Francia, nonché la convenzione, il relativo atto finale, con annessi l’atto finale, il processo verbale e la dichiarazione comune dei Ministri e Segretari di Stato firmati in occasione della firma della citata convenzione del 1990, e la dichiarazione comune relativa agli articoli 2 e 3 dell’accordo di adesione summenzionato; c) dell’accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica francese relativo agli articoli 2 e 3 dell’accordo di cui alla lettera b); tutti atti firmati a Parigi il 27 novembre 1990
(art. 18)

 

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 2 ottobre 1993, n. 232, S.O.

(2)  Vedi, anche, il Protocollo e l’Accordo ratificati con L. 28 ottobre 1994, n. 636, la L. 27 maggio 1999, n. 197 e la L. 27 maggio 1999, n. 198.

(3)  Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:

- Ministero della giustizia: Nota 29 dicembre 2003;

- Ministero di grazia e giustizia: Circ. 30 ottobre 1997, n. 571.

 

(omissis)

 

Art. 18

1. È istituito un Comitato parlamentare di controllo sull’attuazione dell’accordo di Schengen, di vigilanza sull’attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione (17).

2. Il Comitato parlamentare di cui al comma 1 è composto da dieci senatori e da dieci deputati nominati, rispettivamente, dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati in modo da rispecchiare la proporzione dei Gruppi parlamentari.

3. Il Comitato parlamentare elegge al suo interno il Presidente ed un Vicepresidente.

4. Il Comitato parlamentare esamina i progetti di decisione, vincolanti per l’Italia, pendenti innanzi al Comitato esecutivo contemplato dal Titolo VII della citata Convenzione. A tal fine, il rappresentante del Governo italiano, chiesto eventualmente al Comitato esecutivo il rinvio della decisione a norma dell’articolo 132, paragrafo 3, della Convenzione, trasmette immediatamente il progetto di decisione al Comitato parlamentare. Questo esprime il proprio parere vincolante entro quindici giorni dalla data di ricezione del progetto; qualora il parere non venga espresso entro tale termine, esso s’intende favorevole alla decisione.

5. Le decisioni del Comitato esecutivo, approvate dal rappresentante del Governo italiano, sono pubblicate, salvo deroghe disposte dal Comitato parlamentare, sulla Gazzetta Ufficiale entro quindici giorni dalla loro adozione definitiva unitamente agli eventuali provvedimenti interni di attuazione.

6. Il Governo riferisce annualmente al Comitato parlamentare sull’applicazione della Convenzione.

7. Le spese per il funzionamento del Comitato parlamentare sono poste per metà a carico del bilancio interno del Senato della Repubblica e per metà a carico del bilancio interno della Camera dei deputati.

 

 

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(17)  La denominazione del Comitato è stata così modificata dall’art. 37, L. 30 luglio 2002, n. 189. La stessa norma ha, inoltre modificato i compiti del suddetto comitato.

 

(omissis)

 

 

 


 

Legge 23 marzo 1998, n. 93.
Ratifica ed esecuzione della convenzione basata sull’articolo K.3 del trattato sull’Unione europea che istituisce un Ufficio europeo di polizia (EUROPOL), con allegati, fatta a Bruxelles il 26 luglio 1995, ed il protocollo concernente l’interpretazione, in via pregiudiziale, della medesima convenzione, da parte della Corte di giustizia delle Comunità europee, con dichiarazione, fatto a Bruxelles il 24 luglio 1996
(art. 6)

 

(1) (2)

 

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 14 aprile 1998, n. 86, S.O.

(2)  Il Ministero degli affari esteri ha reso noto che in data 18 maggio 1998 si è provveduto a depositare lo strumento di ratifica; di conseguenza la presente convenzione è entrata in vigore il 1° ottobre 1998 (comunicato in Gazz. Uff. 28 ottobre 1998, n. 252).

 

(omissis)

Art. 6

1. Dalla data di entrata in vigore della presente legge, il comitato parlamentare di controllo sull’attuazione e sul funzionamento della convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen, di cui all’articolo 18 della legge 30 settembre 1993, n. 388, assume anche funzioni di vigilanza sull’attività dell’Unità nazionale EUROPOL.

 

2. Il Governo presenta annualmente al comitato una relazione sull’attuazione della convenzione di cui all’articolo 1.

 

3. Il regolamento del comitato disciplina l’attività di vigilanza esercitata ai sensi del comma 1.

 

(omissis)


 

Legge 7 giugno 1999, n. 182.
Ratifica ed esecuzione del protocollo relativo ai privilegi e alle immunità di Europol, redatto sulla base dell’articolo K.3 del trattato sull’Unione europea e dell’articolo 41, paragrafo 3, della convenzione Europol, fatto a Bruxelles il 19 giugno 1997

(art. 3)

 

(1)

 

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 19 giugno 1999, n. 142.

 

(omissis)

Art. 3

1. Ai sensi dell’articolo 17 del protocollo di cui all’articolo 1 della presente legge, le immunità ivi previste si applicano esclusivamente con riferimento alle funzioni attribuite specificamente ad Europol dall’articolo 3 della convenzione istitutiva, fatta a Bruxelles il 26 luglio 1995, ratificata e resa esecutiva ai sensi della legge 23 marzo 1998, n. 93.

 

2. La relazione del Governo prevista dall’articolo 6, comma 2, della legge 23 marzo 1998, n. 93, comprende anche le informazioni essenziali e le valutazioni del Governo ai fini dell’attuazione dell’articolo 17 del protocollo di cui all’articolo 1 della presente legge.

(omissis)


 

Legge 30 luglio 2002, n. 189.
Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo
(art. 37)

 

 

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(1) Pubblicata nella Gazz. Uff. 26 agosto 2002, n. 199, S.O.

(2)  Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti istruzioni:

- I.N.A.I.L. (Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro): Circ. 10 settembre 2002, n. 58; Nota 26 giugno 2003;

- I.N.P.S. (Istituto nazionale previdenza sociale): Msg. 16 ottobre 2002, n. 353; Circ. 25 ottobre 2002, n. 161; Circ. 14 novembre 2002, n. 169; Msg. 20 dicembre 2002, n. 821; Msg. 7 febbraio 2003, n. 16; Msg. 7 febbraio 2003, n. 17; Circ. 28 febbraio 2003, n. 45; Msg. 23 luglio 2003, n. 28; Msg. 17 febbraio 2004, n. 4383; Circ. 6 aprile 2004, n. 61;

- Ministero del lavoro e delle politiche sociali: Circ. 20 settembre 2002, n. 50/2002; Circ. 20 dicembre 2002, n. 62/2002;

- Ministero dell’economia e delle finanze: Circ. 16 ottobre 2002, n. 79/E; Circ. 21 marzo 2003, n. 16/E;

- Ministero dell’interno: Circ. 9 settembre 2002, n. 14; Nota 31 ottobre 2002; Circ. 9 gennaio 2003, n. 300/C/2002/2800/P/12.222.11/1^Div.; Circ. 20 gennaio 2003, n. 300/C/2002/2879/P/12.222.8/1^Div.

(omissis)

Art. 37

Disposizioni relative al Comitato parlamentare di controllo sull’attuazione dell’accordo di Schengen, di vigilanza sull’attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione.

1. Al Comitato parlamentare istituito dall’articolo 18 della legge 30 settembre 1993, n. 388, che assume la denominazione di «Comitato parlamentare di controllo sull’attuazione dell’accordo di Schengen, di vigilanza sull’attività di Europol, di controllo e vigilanza in materia di immigrazione» sono altresì attribuiti compiti di indirizzo e vigilanza circa la concreta attuazione della presente legge, nonché degli accordi internazionali e della restante legislazione in materia di immigrazione ed asilo. Su tali materie il Governo presenta annualmente al Comitato una relazione. Il Comitato riferisce annualmente alle Camere sulla propria attività.

 

(omissis)


Decreto Ministro dell’interno 21 febbraio 1996, n. 214.
Istituzione dell’Unità nazionale Europol

 

 

IL MINISTRO DELL’INTERNO

DI CONCERTO CON IL MINISTRO DEL TESORO

 

VISTA la legge 1 aprile 1981, n. 121 e successive modificazioni ed integrazioni;

 

VISTO il proprio decreto del 16 ottobre 1984 - e successive modificazioni ed integrazioni - con cui, di concerto con il Ministro del Tesoro, sono stati determinati il numero e le competenze degli Uffici, dei servizi e delle Divisioni in cui si articola il Dipartimento della Pubblica Sicurezza, nonché i relativi livelli dirigenziali.

 

VISTO il proprio decreto di concerto con il Ministro del Tesoro in data 22 marzo 1994, con il quale si istituisce, tra l’altro nell’ambito della Direzione Centrale della Polizia Criminale del Dipartimento della Pubblica Sicurezza, la Divisione SIRENE quale struttura nazionale di collegamento nell’ambito del sistema di cooperazione Schengen;

 

VISTO l’articolo 4, comma 6, del decreto legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410, che demanda al Vice Direttore Generale della Pubblica Sicurezza - Direttore Centrale della Polizia Criminale, la funzione di collegamento tra la Direzione Investigativa Antimafia e le altre strutture investigative delle Forze di Polizia.

 

VISTI gli art 4,comma 6, del decreto legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410, che demanda al Vice Direttore Generale della Pubblica Sicurezza . Direttore Centrale della Polizia Criminale, la funzione di collegamento tra la Direzione Investigativa Antimafia e le altre strutture investigative delle Forze di Polizia;

 

VISTI gli articoli K.1.9 e K.3, paragrafo 2 del titolo VI del trattato sull’Unione europea del 7 febbraio 1992;

 

VISTA l’Azione Comune, relativa all’Unità Droghe di Europol, adottata dal Consiglio dell’Unione europea il 10 marzo 1995;

 

VISTI, in particolare, gli articoli 2 e 3, comma 2 della citata Azione Comune concernenti, rispettivamente, gli obiettivi e l’estensione dei settori di cooperazione della menzionata Unità Droghe di Europol e la previsione di autorità centrali nazionali negli Stati membri;

 

VISTI gli articoli 1 e 4 della Convenzione Europol, basata sull’articolo K.3 del titolo VI del trattato sull’Unione europea, firmata il 26 luglio 1995, che prevedono la costituzione, in ciascuno Stato membro, di una Unità nazionale incaricata di gestire i collegamenti tra Europol ed i servizi nazionali competenti;

 

VISTO l’articolo 45, comma 6, della Convenzione Europol che prevede, in attesa dell’entrata in vigore della stessa, l’adozione, da parte degli Stati membri, nel quadro delle rispettive legislazioni nazionali, di tutte le misure preparatorie necessarie all’avvio delle attività di Europol;

 

RITENUTA, pertanto la necessità di costituire una Unità nazionale per lo svolgimento dei compiti a questa devoluti dall’Azione Comune e dalla Convenzione;

 

SENTITI i Ministri della Difesa e delle Finanze;

 

EMANA

 

il seguente decreto:

 

Articolo 1

Presso l’Ufficio del Vice Direttore della Pubblica Sicurezza-Direttore Centrale della Polizia Criminale è istituita l’Unità Nazionale Europol.

 

 

Articolo 2

L’Unità nazionale di cui all’articolo 1 è l’unico organo di collegamento tra Europol e le competenti strutture italiane di polizia, per la gestione dei reciproci flussi informativi secondo la legislazione nazionale.

 

 

Articolo 3

L’Unità Nazionale Europol provvede ad esercitare i compiti individuati dall’articolo 3 dell’Azione Comune, nonché dalla Convenzione Europol ed in particolare, dall’articolo 4 di tale Convenzione.

 

 

Articolo 4

L’Unità Nazionale - Europol, articolata in sezioni, è di 1ivello divisionale. A questa è preposto, con possibilità di alternanza nell’Incarico, un Primo Dirigente della Polizia di Stato o un Ufficiale di grado equivalente dell’Arma dei Carabinieri o del Corpo della Guardia di Finanza, in possesso di adeguati requisiti professionali riferiti ai settori della cooperazione internazionale di polizia nonché alla conoscenza di lingue estere e delle applicazioni informatiche.

 

 

Articolo 5

All’Unità Nazionale Europol sono assegnati, in prima attuazione secondo i contingenti indicati nella tabella allegata, Funzionari del ruolo dei Commissari della Polizia di Stato ed Ufficiali di grado non superiore a Tenente Colonnello dell’Arma dei Carabinieri e del Corpo dello Guardia di Finanza, non è personale di tali Forze di polizia di qualifica e gradi non direttivi. Alla stessa Unità può essere assegnato personale appartenente ai ruoli dell’Amministrazione Civile dell’Interno.

 

 

 

Articolo 6

Al fine di assicurare i1 costante collegamento con Europol oltre il limite dell’orario di ufficio, dovranno essere previsti turni di reperibilità del personale assegnato all’Unità Nazionale Europol.

 

 

Articolo 7

Attese le previsioni recate dall’Azione Comune e dalla Convenzione Europol circa la responsabilità di ciascuno Stato membro in materia di controllo dei propri Ufficiali di collegamento ed il legame operativo tra gli stessi e le Unità nazionali, gli Ufficiali di collegamento italiani. inviati all’Aja presso Europol operano alle dipendenze dell’Unità Nazionale Europol.

 

 

Articolo 8

Per agevolare l’espletamento dei suoi compiti assicurando, nel contempo, la rapidità dei flussi informativi, l’Unita Nazionale Europol è collegata con il Centro Elaborazione Dati del Ministero dell’interno.

 

 

Articolo 9

L’Unità Nazionale Europol è dotata dei mezzi tecnici ritenuti necessari per lo svolgimento delle attività di sua competenza.

 

 

Articolo 10

Un consigliere ministeriale aggiunto presso la Direzione Centrale della Polizia Criminale assicura il coordinamento l’Unità Nazionale Europol e la Divisione SIRENE, istituita con il decreto interministeriale de1 22 marzo 1994- citato in premessa. A tal fine sovrintende sull’organizzazione e sull’attività dei suddetti uffici, formulando proposte per il migliore assolvimento dei compiti da parte degli stessi.

 

 

Articolo 11

Il Capo della Polizia-Direttore Generale della Pubblica Sicurezza è incaricato dell’attuazione del presente decreto, che sarà sottoposto alle vigenti procedure di controllo.

 

 

 


Normativa comunitaria

 


 

Trattato che istituisce la comunità europea
(artt. 61-69)
(versione consolidata)

 

 

SUA MAESTÀ IL RE DEI BELGI, IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA FEDERALE DI GERMANIA, IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA FRANCESE, IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ITALIANA, SUA ALTEZZA REALE LA GRANDUCHESSA DEL LUSSEMBURGO, SUA MAESTÀ LA REGINA DEI PAESI BASSI(2),

 

DETERMINATI a porre le fondamenta di un’unione sempre più stretta fra i popoli europei,

 

DECISI ad assicurare mediante un’azione comune il progresso economico e sociale dei loro paesi, eliminando le barriere che dividono l’Europa,

 

ASSEGNANDO ai loro sforzi per scopo essenziale il miglioramento costante delle condizioni di vita e di occupazione dei loro popoli,

 

RICONOSCENDO che l’eliminazione degli ostacoli esistenti impone un’azione concertata intesa a garantire la stabilità nell’espansione, l’equilibrio negli scambi e la lealtà nella concorrenza,

 

SOLLECITI di rafforzare l’unità delle loro economie e di assicurarne lo sviluppo armonioso riducendo le disparità fra le differenti regioni e il ritardo di quelle meno favorite,

 

DESIDEROSI di contribuire, grazie a una politica commerciale comune, alla soppressione progressiva delle restrizioni agli scambi internazionali,

 

NELL’INTENTO di confermare la solidarietà che lega l’Europa ai paesi d’oltremare e desiderando assicurare lo sviluppo della loro prosperità conformemente ai principi dello statuto delle Nazioni Unite,

 

RISOLUTI a rafforzare, mediante la costituzione di questo complesso di risorse, le difese della pace e della libertà e facendo appello agli altri popoli d’Europa, animati dallo stesso ideale, perché si associno al loro sforzo,

 

DETERMINATI a promuovere lo sviluppo del massimo livello possibile di conoscenza nelle popolazioni attraverso un ampio accesso all’istruzione e attraverso l’aggiornamento costante,

 

HANNO DECISO di creare una COMUNITÀ EUROPEA e a questo effetto hanno designato come plenipotenziari:

 

(Elenco dei firmatari non riprodotto)

 

I QUALI, dopo avere scambiato i loro pieni poteri, riconosciuti in buona e debita forma, hanno convenuto le disposizioni che seguono:

 

(omissis)

TITOLO IV

VISTI, ASILO, IMMIGRAZIONE ED ALTRE POLITICHE CONNESSE CON LA LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE PERSONE

 

Articolo 61

Allo scopo di istituire progressivamente uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia, il Consiglio adotta:

 

a) entro un periodo di cinque anni a decorrere dall’entrata in vigore del trattato di Amsterdam, misure volte ad assicurare la libera circolazione delle persone a norma dell’articolo 14, insieme a misure di accompagnamento direttamente collegate in materia di controlli alle frontiere esterne, asilo e immigrazione, a norma dell’articolo 62, paragrafi 2 e 3 e dell’articolo 63, paragrafo 1, lettera a) e paragrafo 2, lettera a), nonché misure per prevenire e combattere la criminalità a norma dell’articolo 31, lettera e), del trattato sull’Unione europea,

 

b) altre misure nei settori dell’asilo, dell’immigrazione e della salvaguardia dei diritti dei cittadini dei paesi terzi, a norma dell’articolo 63,

 

c) misure nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile, come previsto all’articolo 65,

 

d) misure appropriate per incoraggiare e rafforzare la cooperazione amministrativa, come previsto all’articolo 66,

 

e) misure nel settore della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale volte ad assicurare alle persone un elevato livello di sicurezza mediante la prevenzione e la lotta contro la criminalità all’interno dell’Unione, in conformità alle disposizioni del trattato sull’Unione europea.

 

 

Articolo 62

Il Consiglio, deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 67, entro un periodo di cinque anni a decorrere dall’entrata in vigore del trattato di Amsterdam adotta:

 

1) misure volte a garantire, in conformità all’articolo 14, che non vi siano controlli sulle persone, sia cittadini dell’Unione sia cittadini di paesi terzi, all’atto dell’attraversamento delle frontiere interne;

 

2) misure relative all’attraversamento delle frontiere esterne degli Stati membri, che definiscono:

 

a) norme e procedure cui gli Stati membri devono attenersi per l’effettuazione di controlli sulle persone alle suddette frontiere;

 

b) regole in materia di visti relativi a soggiorni previsti di durata non superiore a tre mesi, che comprendono:

 

i) un elenco dei paesi terzi i cui cittadini devono essere in possesso del visto all’atto dell’attraversamento delle frontiere esterne e di quelli i cui cittadini sono esenti da tale obbligo;

 

ii) le procedure e condizioni per il rilascio dei visti da parte degli Stati membri;

 

iii) un modello uniforme di visto;

 

iv)  norme relative a un visto uniforme;

 

3) misure che stabiliscono a quali condizioni i cittadini dei paesi terzi hanno libertà di spostarsi all’interno del territorio degli Stati membri per un periodo non superiore a tre mesi.

 

 

Articolo 63

Il Consiglio, deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 67, entro un periodo di cinque anni dall’entrata in vigore del trattato di Amsterdam adotta:

 

1) misure in materia di asilo, a norma della Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951 e del protocollo del 31 gennaio 1967, relativo allo status dei rifugiati, e degli altri trattati pertinenti, nei seguenti settori:

 

a) criteri e meccanismi per determinare quale Stato membro è competente per l’esame della domanda di asilo presentata da un cittadino di un paese terzo in uno degli Stati membri;

 

b) norme minime relative all’accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri;

 

c) norme minime relative all’attribuzione della qualifica di rifugiato a cittadini di paesi terzi;

 

d) norme minime sulle procedure applicabili negli Stati membri per la concessione o la revoca dello status di rifugiato;

 

2)  misure applicabili ai rifugiati ed agli sfollati nei seguenti settori:

 

a) norme minime per assicurare protezione temporanea agli sfollati di paesi terzi che non possono ritornare nel paese di origine e per le persone che altrimenti necessitano di protezione internazionale;

 

b) promozione di un equilibrio degli sforzi tra gli Stati membri che ricevono i rifugiati e gli sfollati e subiscono le conseguenze dell’accoglienza degli stessi;

 

3) misure in materia di politica dell’immigrazione nei seguenti settori:

 

a) condizioni di ingresso e soggiorno e norme sulle procedure per il rilascio da parte degli Stati membri di visti a lungo termine e di permessi di soggiorno, compresi quelli rilasciati a scopo di ricongiungimento familiare;

 

b) immigrazione e soggiorno irregolari, compreso il rimpatrio delle persone in soggiorno irregolare;

 

4) misure che definiscono con quali diritti e a quali condizioni i cittadini di paesi terzi che soggiornano legalmente in uno Stato membro possono soggiornare in altri Stati membri.

 

Le misure adottate dal Consiglio a norma dei punti 3 e 4 non ostano a che uno Stato membro mantenga o introduca, nei settori in questione, disposizioni nazionali compatibili con il presente trattato e con gli accordi internazionali.

 

Alle misure da adottare a norma del punto 2, lettera b), del punto 3, lettera a), e del punto 4 non si applica il suddetto periodo di cinque anni.

 

 

Articolo 64

1. Il presente titolo non osta all’esercizio delle responsabilità incombenti agli Stati membri per il mantenimento dell’ordine pubblico e la salvaguardia della sicurezza interna.

 

2.   Qualora uno o più Stati membri debbano affrontare una situazione di emergenza caratterizzata dall’afflusso improvviso di cittadini di paesi terzi e fatto salvo il paragrafo 1, il Consiglio può, deliberando a maggioranza qualificata su proposta della Commissione, adottare misure temporanee di durata non superiore a sei mesi a beneficio degli Stati membri interessati.

 

 

Articolo 65

Le misure nel settore della cooperazione giudiziaria in materia civile che presenti implicazioni transfrontaliere, da adottare a norma dell’articolo 67 e per quanto necessario al corretto funzionamento del mercato interno, includono:

 

a) il miglioramento e la semplificazione:

 

- del sistema per la notificazione transnazionale degli atti giudiziari ed extragiudiziali,

- della cooperazione nell’assunzione dei mezzi di prova,

- del riconoscimento e dell’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale, comprese le decisioni extragiudiziali;

 

b) la promozione della compatibilità delle regole applicabili negli Stati membri ai conflitti di leggi e di competenza giurisdizionale;

 

c) l’eliminazione degli ostacoli al corretto svolgimento dei procedimenti civili, se necessario promuovendo la compatibilità delle norme di procedura civile applicabili negli Stati membri.

 

 

Articolo 66

Il Consiglio, deliberando secondo la procedura di cui all’articolo 67, adotta misure atte a garantire la cooperazione tra i pertinenti servizi delle amministrazioni degli Stati membri nelle materie disciplinate dal presente titolo, nonché tra tali servizi e la Commissione.

 

 

Articolo 67(7)

 

1. Per un periodo transitorio di cinque anni dall’entrata in vigore del trattato di Amsterdam, il Consiglio delibera all’unanimità su proposta della Commissione o su iniziativa di uno Stato membro e previa consultazione del Parlamento europeo.

 

2. Trascorso tale periodo di cinque anni:

 

- il Consiglio delibera su proposta della Commissione; la Commissione esamina qualsiasi richiesta formulata da uno Stato membro affinché essa sottoponga una proposta al Consiglio,

-  il Consiglio, deliberando all’unanimità previa consultazione del Parlamento europeo, prende una decisione al fine di assoggettare tutti o parte dei settori contemplati dal presente titolo alla procedura di cui all’articolo 251 e di adattare le disposizioni relative alle competenze della Corte di giustizia.

 

3. In deroga ai paragrafi 1 e 2, le misure di cui all’articolo 62, punto 2, lettera b), punti i) e iii), successivamente all’entrata in vigore del trattato di Amsterdam, sono adottate dal Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata su proposta della Commissione e previa consultazione del Parlamento europeo;

 

4.   In deroga al paragrafo 2, le misure di cui all’articolo 62, punto 2, lettera b), punti ii) e iv), trascorso un periodo di cinque anni dall’entrata in vigore del trattato di Amsterdam, sono adottate dal Consiglio, che delibera secondo la procedura di cui all’articolo 251.

 

5. In deroga al paragrafo 1, il Consiglio adotta secondo la procedura di cui all’articolo 251:

 

- le misure previste all’articolo 63, punto 1) e punto 2), lettera a), purché il Consiglio abbia preliminarmente adottato, ai sensi del paragrafo 1 del presente articolo, una normativa comunitaria che definisca le norme comuni e i principi essenziali che disciplinano tali materie,

 

- le misure previste all’articolo 65, ad esclusione degli aspetti connessi con il diritto di famiglia.

 

Articolo 68

1. L’articolo 234 si applica al presente titolo nelle seguenti circostanze e alle seguenti condizioni: quando è sollevata, in un giudizio pendente davanti a una giurisdizione nazionale avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno, una questione concernente l’interpretazione del presente titolo oppure la validità o l’interpretazione degli atti delle istituzioni della Comunità fondati sul presente titolo, tale giurisdizione, qualora reputi necessaria per emanare la sua sentenza una decisione su tale punto, domanda alla Corte di giustizia di pronunciarsi sulla questione.

 

2. La Corte di giustizia non è comunque competente a pronunciarsi sulle misure o decisioni adottate a norma dell’articolo 62, punto 1, in materia di mantenimento dell’ordine pubblico e di salvaguardia della sicurezza interna.

 

3. Il Consiglio, la Commissione o uno Stato membro possono chiedere alla Corte di giustizia di pronunciarsi sull’interpretazione del presente titolo o degli atti delle istituzioni della Comunità fondati sul presente titolo. La decisione pronunciata dalla Corte di giustizia in risposta a siffatta richiesta non si applica alle sentenze degli organi giurisdizionali degli Stati membri passate in giudicato.

 

 

Articolo 69

 

Il presente titolo si applica nel rispetto delle disposizioni del protocollo sulla posizione del Regno Unito e dell’Irlanda e del protocollo sulla posizione della Danimarca e fatto salvo il protocollo sull’applicazione di alcuni aspetti dell’articolo 14 del trattato che istituisce la Comunità europea al Regno Unito e all’Irlanda.

 

(omissis)

 

 



[1]     L. 30 settembre 1993, n. 388, Ratifica ed esecuzione: a) del protocollo di adesione del Governo della Repubblica italiana all’accordo di Schengen del 14 giugno 1985 tra i Governi degli Stati dell’Unione economica del Benelux, della Repubblica federale di Germania e della Repubblica francese relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni, con due dichiarazioni comuni; b) dell’accordo di adesione della Repubblica italiana alla convenzione del 19 giugno 1990 di applicazione del summenzionato accordo di Schengen, con allegate due dichiarazioni unilaterali dell’Italia e della Francia, nonché la convenzione, il relativo atto finale, con annessi l’atto finale, il processo verbale e la dichiarazione comune dei Ministri e Segretari di Stato firmati in occasione della firma della citata convenzione del 1990, e la dichiarazione comune relativa agli articoli 2 e 3 dell’accordo di adesione summenzionato; c) dell’accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica francese relativo agli articoli 2 e 3 dell’accordo di cui alla lettera b); tutti atti firmati a Parigi il 27 novembre 1990.

[2]     Per un’illustrazione del “Sistema Schengen” si rinvia all’apposita scheda di lettura, curata dall’Ufficio rapporti con l’Unione europea.

[3]    Comitato parlamentare di controllo sull'attuazione ed il funzionamento della Convenzione di applicazione dell'Accordo di Schengen - Resoconto della seduta di giovedì 22 gennaio 1998.

[4]     L. 23 marzo 1998, n. 93, Ratifica ed esecuzione della convenzione basata sull’articolo K.3 del trattato sull’Unione europea che istituisce un Ufficio europeo di polizia (EUROPOL), con allegati, fatta a Bruxelles il 26 luglio 1995, ed il protocollo concernente l’interpretazione, in via pregiudiziale, della medesima convenzione, da parte della Corte di giustizia delle Comunità europee, con dichiarazione, fatto a Bruxelles il 24 luglio 1996.

[5]     Art. 6: “1. Dalla data di entrata in vigore della presente legge, il Comitato parlamentare di controllo sull’attuazione e sul funzionamento della Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen, di cui all’articolo 18 della legge 30 settembre 1993, n. 388, assume anche funzioni di vigilanza sull’attività dell’Unità nazionale EUROPOL.

      2. Il Governo presenta annualmente al Comitato una relazione sull’attuazione della Convenzione di cui all’articolo 1.

      3. Il regolamento del Comitato disciplina l’attività di vigilanza esercitata ai sensi del comma 1”.

[6]     Art. 3, co. 2, L. 7 giugno 1999, n. 182, Ratifica ed esecuzione del protocollo relativo ai privilegi e alle immunità di Europol, redatto sulla base dell'articolo K.3 del trattato sull'Unione europea e dell'articolo 41, paragrafo 3, della convenzione Europol, fatto a Bruxelles il 19 giugno 1997.

[7]    La più recente relazione disponibile è quella trasmessa il 3 maggio 2007, relativa all’anno 2006, (Doc. CXXXII-bis, n. 2della XV legislatura).

[8]     L. 30 luglio 2002, n. 189, Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo.

[9]    Nel marzo 1999, il Regno Unito ha chiesto di partecipare ai seguenti aspetti della cooperazione avviata nel quadro di Schengen: cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale, lotta contro gli stupefacenti e sistema d'informazione (SIS). Tuttavia, a causa del problema particolare di Gibilterra, fonte di conflitti tra Spagna e Regno Unito, il processo ha subito ritardi e la decisione favorevole del Consiglio è giunta solo il 29 maggio 2000 (Decisione 2000/365/CE, pubblicata nella Gazzetta ufficiale L 131 del1° giugno 2000). Nel giugno del 2000 anche l’Irlanda ha chiesto di aderire alle medesime disposizioni dell’acquis e la richiesta è stata approvata dal Consiglio con la decisione del 28 febbraio 2002.

      L'Irlanda ha chiesto di partecipare a talune disposizioni dell'acquis di Schengen con due lettere, rispettivamente del 16 giugno 2000 e del 1° novembre 2001, indirizzate al presidente del Consiglio dell'Unione. La Commissione e il Consiglio hanno espresso i loro pareri sottolineando che la partecipazione parziale dell'Irlanda non deve impedire la coerenza dell'insieme delle disposizioni costitutive dell'acquis.

      L'Irlanda ha peraltro chiesto di partecipare alla totalità delle disposizioni sull'attuazione e il funzionamento del sistema di informazione Schengen (SIS). Il 28 febbraio 2002, il Consiglio ha adottato una decisione relativa alla richiesta dell'Irlanda. Tale decisione è efficace dal 1° aprile 2002 (Decisione 2002/192/CE, pubblicata nella Gazzetta ufficiale L 64 del 7.03.2002).

[10]   Il Consiglio ha affidato alla Commissione l’incarico di sviluppare il SIS II nella riunione del 6 dicembre 2001. Cfr. la comunicazione della Commissione “Lo sviluppo del sistema d'informazione Schengen II” (COM (2001) 720., e la successiva comunicazione dell'11 dicembre 2003, relativa allo sviluppo del sistema di informazione Schengen II e possibili sinergie con un futuro sistema di informazione visti (VIS) COM (2003) 771.

[11]   Decisione 2006/1007/GAI del Consiglio, del 21 dicembre 2006 pubblicata in G.U.U.E. del 30 dicembre 2006, L 411.

[12]      Registro del Consiglio documento n. 6070/08.

[13]       Vedi supra.

[14]      Documento del Consiglio n. 8362/08. La relazione ricorda tra l’altro che 22 Stati membri/utenti, tra cui l’Italia, hanno eseguito con successo i test di connettività iniziali (ICT) tra il sistema nazionale SIS II (NS.SIS) e il sistema centrale SIS II (CS.SIS). Per quanto riguarda i test di conformità (CT), la relazione informa che attualmente è in corso la prima fase denominata “fase di prova di test di conformità (CT-Rehearsal)”. Al primo gruppo, che ha proceduto al CT-Rehearsal dall'11 marzo al 17 marzo 2008, hanno partecipato 5 Stati membri (FI, PT, NO, IT e SE); il CT-Rehearsal per il secondo gruppo di Stati (NL, GR, HU, CY, DE) è stato eseguito dal 19 al 28 marzo 2008. L'Ungheria è stato il primo Stato membro a portare a termine con successo il CT-Rehearsal. L'analisi dettagliata dei risultati di questi test è tuttora in corso.

[15]      L’adesione della Svizzera al sistema Schengen è stata stabilita nell’ambito degli accordi bilaterali Svizzera-UE conclusi il 19 maggio 2004 (cd. Accordi bilaterali II; per distinguerli dai primi accordi sottoscritti il 21 giugno 1999 e riguardanti altre materie). Sulla questione gli elettori svizzeri si sono pronunciati favorevolmente nel referendum del 5 giugno 2005. L’accordo di associazione è stato poi sottoposto alla ratifica degli Stati membri ed è entrato in vigore nel marzo 2008. La piena applicazione pratica dell’acquis di Schengen è previsto per la fine del 2008, una volta ultimate le verifiche tecniche necessarie.

[16]      Documento del Consiglio n. 8631/2/08. Ancora in sospeso è la questione dei contraenti esterni: a questo proposito la Commissione preparerà un documento su specifiche salvaguardie di protezione e di sicurezza dei dati per l'eventuale coinvolgimento dei contraenti esterni durante la migrazione, che sarà trasmesso per il parere al Garante europeo della protezione dei dati. In caso di parere positivo, la questione sarà considerata chiusa

[17]       Al 18 luglio 2008, 21 Stati membri hanno completato la procedura di ratifica e in altri 2 Stati membri il Parlamento ha approvato il progetto di legge di ratifica, non ancora firmato dal Capo dello Stato. Hanno ratificato: Austria, Belgio, Bulgaria, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Grecia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Romania, Regno Unito, Slovacchia, Slovenia, Spagna ed Ungheria. Il Parlamento tedesco ha completato la procedura di ratifica, tuttavia il Presidente della Repubblica, Horst Köhler, ha sospeso la firma della legge di ratifica in attesa della pronuncia della Corte costituzionale. Anche il Parlamento polacco ha approvato la ratifica, ma manca la firma del Presidente della Repubblica, Lech Kaczynski, che ha comunicato che firmerà la legge di ratifica quando vi sarà la certezza che il Trattato di Lisbona entrerà in vigore. Gli Stati membri che devono ancora completare la procedura parlamentare di ratifica sono: Italia, Repubblica ceca e Svezia. In Irlanda si è svolto il 12 giugno 2008 un referendum sull’approvazione del Trattato, che ha avuto esito negativo; il 53,4% dei cittadini (862.415 voti) ha votato “no” al referendum, mentre i “si” sono stati il 46,6% (752.451 voti). La partecipazione al voto è stata di circa il 53% degli aventi diritto.

         Il Consiglio europeo del 19 e 20 giugno 2008, dopo aver preso nota dell’esito del referendum sul Trattato di Lisbona svoltosi in Irlanda, ha fatto il punto sulla situazione in base ad una valutazione fornita dal Primo Ministro irlandese, Brian Cowen. Il Consiglio europeo ha quindi convenuto che occorre più tempo per analizzare la situazione e ha preso atto che il Governo irlandese procederà a consultazioni, sia a livello interno sia con gli altri Stati membri, al fine di proporre una via comune da seguire. A tal fine il Consiglio europeo ha approvato la proposta dell’Irlanda di riesaminare la questione in occasione del Consiglio europeo del 15 ottobre 2008. Dopo aver ricordato l’importanza del Trattato di Lisbona per consentire all’UE allargata di agire in modo più efficace e democratico, il Consiglio europeo ha preso atto del fatto che il Trattato è stato ratificato da molti Stati membri e che il processo di ratifica continua negli altri Paesi.

[18]      Protocollo n. 2 allegato il 2 ottobre 1997 al trattato sull’Unione europea e al trattato che istituisce la comunità europea, sull’integrazione dell’acquis di Schengen nell’ambito dell’Unione.

[19]      Si tratta essenzialmente di disposizioni relative all’adeguamento di tali Stati ai requisiti richiesti per la partecipazione alla cooperazione Schengen.

[20]      Il Comitato esecutivo era stato istituito dall’art. 131 della Convenzione del 19 giugno 1990, recante applicazione dell’accordo di Schengen, al fine di vigilare sulla corretta applicazione della Convenzione stessa. Ciascuna Parte contraente ha avuto a disposizione un seggio in seno al comitato esecutivo ed è stata rappresentata da un ministro responsabile dell'attuazione della Convenzione.

[21]      Il testo della dichiarazione fa riferimento genericamente ad “uno Stato membro”, ma è da ritenersi che si riferisca ad Irlanda e Regno Unito, destinatari della disposizione contenuta nel paragrafo 2 dell’articolo 5.

[22]    Il Titolo IV della parte terza del Trattato dispone in materia di visti, asilo, immigrazione ed altre politiche connesse con la libera circolazione delle persone (artt. 61-69).

[23]   I Commissione permanente (Affari costituzionali) - Resoconto di martedì 2 ottobre 2007.

[24]      Direttiva 2003/9/CE, recante norme minime relative all'accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri.

[25]      Direttiva 2005/85/CE del 1° dicembre 2005, recante norme minime per le procedure di concessione e di revoca dello status di rifugiato negli Stati membri

[26]      Direttiva 2004/83/CE del 29 aprile 2004, recante norme minime sull'attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta.

[27]      Il valore della cooperazione pratica in materia di asilo è stato peraltro affermato dal Parlamento europeo in una risoluzione approvata il 21 giugno 2007 e dal Consiglio, nelle conclusioni adottate in materia il 18 aprile 2008.

[28]      Il prossimo vertice sull’integrazione si terrà a Vichy il 3 novembre 2008.

[29]      Si ricorda che nell’ottobre 2006 si è svolto a Rotterdam il primo Forum europeo per l’Integrazione. La seconda edizione avrà luogo a Milano nel mese di ottobre 2007.

[30]      Il Consiglio europeo di Salonicco del giugno 2003 ha stabilito la pubblicazione di relazioni annuali che descrivano le misure prese a livello nazionale e comunitario in materia di ammissione ed integrazione dei cittadini di paesi terzi e analizzino i cambiamenti intercorsi La prima relazione annuale COM(2004)508 è stata pubblicata nel luglio 2004, la seconda SEC(2006)892 nel giugno 2006.

[31]      Art. 34, par. 2 TUE: Il Consiglio adotta misure e promuove, nella forma e secondo le procedure appropriate di cui al presente titolo, la cooperazione finalizzata al conseguimento degli obiettivi dell’Unione. A questo scopo, deliberando all’unanimità, su iniziativa di uno Stato membro o della Commissione, il Consiglio può:

         c) adottare decisioni aventi qualsiasi altro scopo coerente con gli obiettivi del presente titolo, escluso qualsiasi ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri. Queste decisioni sono vincolanti e non hanno efficacia diretta. Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, adotta le misure necessarie per l’attuazione di tali decisioni a livello dell’Unione.