Camera dei deputati - XVI Legislatura - Dossier di documentazione (Versione per stampa)
Autore: Servizio Studi - Dipartimento istituzioni
Titolo: Istituzione della Commissione di inchiesta sulla mafia - A.C. 1406 e abb.
Riferimenti:
AC N. 1406/XVI     
Serie: Progetti di legge    Numero: 19
Data: 02/07/2008
Descrittori:
INCHIESTE PARLAMENTARI   MAFIA E CAMORRA
Organi della Camera: I-Affari Costituzionali, della Presidenza del Consiglio e interni


Camera dei deputati

XVI LEGISLATURA

 

SERVIZIO STUDI

 

Progetti di legge

Istituzione della Commissione
di inchiesta sulla mafia

A.C. 1406 e abb.

 

 

 

 

 

n. 19

 

 

2 luglio 2008

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DIPARTIMENTO istituzioni

SIWEB

 

 

 

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File: ac0101.doc

 

 


INDICE

 

Schede di lettura

Le Commissioni antimafia nelle passate legislature  3

La Commissione antimafia nella XV legislatura  7

§      I compiti della Commissione  7

§      I poteri della Commissione  8

§      La composizione e l’organizzazione interna della Commissione  10

§      Gli atti della Commissione  13

I progetti di legge in esame  15

§      Il testo unificato approvato dal Senato  15

§      Testo a fronte  19

§      Le proposte di legge abbinate  26

§      Codice penale (artt. 326, 366, 372, 416-bis)32

§      Codice di procedura penale (artt. 133, 203)35

§      Legge 26 luglio 1975, n. 354. Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della libertà (art. 41-bis)36

§      Legge 13 settembre 1982, n. 646. Disposizioni in materia di misure di prevenzione di carattere patrimoniale ed integrazione alle leggi 27 dicembre 1956, n. 1423, 10 febbraio 1962, n. 57 e 31 maggio 1965, n. 575 . Istituzione di una commissione parlamentare sul fenomeno della mafia  40

§      D.L. 15 gennaio 1991, n. 8, conv., con mod., Legge 15 marzo 1991, n. 82. Nuove norme in materia di sequestri di persona a scopo di estorsione e per la protezione dei testimoni di giustizia, nonché per la protezione e il trattamento sanzionatorio di coloro che collaborano con la giustizia  51

§      Legge 13 febbraio 2001, n. 45. Modifica della disciplina della protezione e del trattamento sanzionatorio di coloro che collaborano con la giustizia nonché disposizioni a favore delle persone che prestano testimonianza.77

§      Legge 23 dicembre 2002, n. 279. Modifica degli articoli 4-bis e 41-bis della L. 26 luglio 1975, n. 354, in materia di trattamento penitenziario  85

§      D.M. 23 aprile 2004, n. 161. Regolamento ministeriale concernente le speciali misure di protezione previste per i collaboratori di giustizia e i testimoni, ai sensi dell'articolo 17-bis del D.L. 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 marzo 1991, n. 82, introdotto dall'articolo 19 della L. 13 febbraio 2001, n. 45  87

§      Legge 16 marzo 2006, n. 146. Ratifica ed esecuzione della Convenzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale, adottati dall'Assemblea generale il 15 novembre 2000 ed il 31 maggio 2001 (art. 3)104

§      Legge 27 ottobre 2006, n. 277. Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare  105

Documentazione

§      Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare, Relazione sulla designazione dei candidati alle elezioni amministrative (3 aprile 2007)113

 


Schede di lettura

 


Le Commissioni antimafia nelle passate legislature

Nella storia del Parlamento repubblicano sono state istituite otto Commissioni parlamentari “antimafia”.

La prima Commissione, istituita nella III legislatura con la L. 1720/1962[1] (art. 1, co. 1), aveva poteri d’inchiesta, operava pertanto con gli stessi poteri e limitazioni dell’autorità giudiziaria. Alla Commissione era attributo il compito di esaminare “la genesi e le caratteristiche del fenomeno della mafia” e di “proporre le misure necessarie per reprimerne le manifestazioni ed eliminarne le cause”.

La legge istitutiva non aveva fissato alcun termine all’attività della Commissione; ricostituita nelle tre legislature successive, in ciascuna delle quali i Presidenti delle Camere procedettero nuovamente alla nomina dei membri della Commissione, concluse i suoi lavori con la presentazione della relazione finale solo il 4 febbraio 1976 (doc. XXIII, n. 2; VI legislatura).

Nell’VIII Legislatura la L. 646/1982[2]  (c.d. Legge Rognoni-La Torre) introduce la nuova fattispecie di reato corrispondente all’associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.) e innova gli strumenti di contrasto all’accumulazione economica illecita con le misure del sequestro e della confisca dei beni delle mafie. La L. 646/1982 (art. 32, co. 1), procede inoltre all’istituzione della seconda Commissione, che tuttavia non può essere annoverata fra le commissioni parlamentari d’inchiesta, poiché ad essa era attribuito soltanto il compito di verificare l’attuazione delle leggi antimafia, di accertare la congruità della normativa vigente e della conseguente azione dei pubblici poteri e di suggerire al Parlamento misure legislative ed amministrative in materia. Si trattava pertanto di una commissione di controllo priva dei poteri della commissione d’inchiesta, ma vertente sui medesimi temi. La durata della Commissione era fissata in tre anni ma, prima della scadenza di tale termine, la L. 12/1986[3] ne prorogò la durata per l’intero periodo della IX legislatura. La Commissione terminò quindi i suoi lavori nel 1987, con lo scioglimento delle Camere.

La terza Commissione parlamentare antimafia venne istituita dalla L. 94/1988[4] (art. 1, co. 1). Oltre a vedere confermati i poteri già attribuiti alla seconda Commissione dalla L. 646/1982, la Commissione era dotata di poteri d’inchiesta, il cui ambito fu inoltre esteso, oltre che alla mafia, alla camorra e alle altre associazioni criminali “comunque localmente denominate”. La durata dei lavori della Commissione, fissata dalla legge istitutiva in tre anni, fu in seguito prorogata al 30 giugno 1992 dalla L. 229/1991[5] (art. 1, co. 1).

La Commissione ha terminato i suoi lavori con la fine della X legislatura, approvando la relazione conclusiva il 19 febbraio 1992 (doc. XXIII, n. 48;trasmessa alle Camere il 24 marzo 1992).

A partire dal 1992 la Commissione è stata sempre istituita all’inizio di ciascuna legislatura, prevedendo che i suoi lavori si svolgessero per l’intero corso della legislatura stessa.

La quarta Commissione antimafia è stata istituita, “per la durata della XI legislatura”, dal D.L. 306/1992[6], nel quale la legge di conversione ha introdotto il titolo VII-bis, concernente l’“istituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali similari”. La legge di conversione contiene inoltre varie disposizioni innovative, quali l’introduzione dell’art. 41-bis nelle norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della libertà, con la previsione del regime penitenziario differenziato nei confronti di autori di delitti fra i quali l’associazione di tipo mafioso; l’introduzione di benefici premiali per i collaboranti durante l’esecuzione della pena nonché la modifica dell’art.416-bis e l’introduzione del nuovo reato di cui all’art. 416 terScambio elettorale politico-mafioso”. La Commissione ha iniziato i suoi lavori il 30 settembre 1992 e li ha conclusi il 18 febbraio 1994 con l’approvazione della relazione finale (doc. XXIII, n. 14; trasmessa il 15 aprile 1994).

La quinta Commissione antimafia è stata istituita, “per la durata della XII legislatura”, dalla L. 430/1994[7], che riproduce integralmente la precedente L. 306/1992, con la sola, rilevante eccezione contenuta nell’art. 3, co. 2, secondo periodo, in forza del quale i fatti di mafia sono qualificati come eversivi dell’ordine costituzionale, al fine di escludere a tale riguardo la possibilità di opporre il segreto di Stato. La Commissione, che ha iniziato i propri lavori il 13 settembre 1994, procedendo alla propria costituzione, e ha tenuto l’ultima seduta il 20 marzo 1996, non è giunta all’approvazione della relazione conclusiva, il cui esame era iniziato il 14 marzo 1996, a causa dello scioglimento anticipato delle Camere.

La sesta Commissione istituita, per la durata della XIII legislatura, dalla L. 509/1996[8], ha proceduto alla propria costituzione il 4 dicembre 1996 e ha terminato i propri lavori il 6 marzo 2001 con l’approvazione della relazione conclusiva (doc. XXIII, n. 57, trasmesso il 7 marzo 2001).

La settima Commissione, dopo essere stata istituita dalla L. 386/2001[9], ha svolto i suoi lavori nel corso dell’intera XIV legislatura. La Commissione ha proceduto alla propria costituzione il 29 novembre 2001. Ai sensi dell’art. 2, co. 2, della L. 386/2001, che prevede il rinnovo della Commissione dopo il primo biennio dalla sua costituzione, il 28 gennaio 2004, la Commissione ha provveduto alla sua ricostituzione. Il 18 gennaio 2006, con l’approvazione della relazione conclusiva, nonché di una relazione di minoranza, l’organismo bicamerale ha terminato i propri lavori.

La L. 386/2001 (art. 1) ha attribuito alla Commissione compiti non previsti dalle precedenti leggi istitutive, ampliando innanzitutto il campo di indagine oltre che al fenomeno della criminalità organizzata di tipo mafioso, di cui all’articolo 416-bis del codice penale, alle associazioni criminali con caratteristiche similari, anche di matrice straniera, nel caso in cui costituiscano un estremo pericolo per il sistema sociale, economico e istituzionale. La legge istitutiva sempre all’art. 1 ha attribuito inoltre alla Commissione, con numerose innovazioni di rilievo rispetto alle precedenti leggi, i seguenti compiti:

§         verificare l’attuazione delle disposizioni riguardanti i collaboratori di giustizia e i testimoni di giustizia, e promuovere le iniziative legislative e amministrative necessarie per rafforzarne l’efficacia[10];

§         accertare e valutare la natura e le caratteristiche dei mutamenti e delle trasformazioni del fenomeno mafioso e di tutte le sue connessioni, comprese quelle istituzionali, con particolare riguardo agli insediamenti stabilmente esistenti nelle regioni diverse da quelle di tradizionale inserimento e comunque caratterizzate da forte sviluppo dell’economia produttiva, nonché ai processi di internazionalizzazione e cooperazione con altre organizzazioni criminali finalizzati alla gestione di nuove forme di attività illecite contro la persona, l’ambiente e i patrimoni;

§         accertare le modalità di difesa del sistema degli appalti e delle opere pubbliche dai condizionamenti mafiosi individuando le diverse forme di inquinamento mafioso e le specifiche modalità di interferenza illecita in ordine al complessivo sistema normativo che regola gli appalti e le opere pubbliche;

§         verificare la congruità della normativa vigente per la prevenzione e il contrasto alle varie forme di accumulazione dei patrimoni illeciti, al riciclaggio e all’impiego di beni, denaro o altre utilità che rappresentino il provento della criminalità organizzata, nonché l’adeguatezza delle strutture e l’efficacia delle prassi amministrative, formulando le proposte di carattere legislativo e amministrativo ritenute necessarie, anche in riferimento alle intese internazionali, all’assistenza e alla cooperazione;

§         verificare l’adeguatezza delle norme sulle misure di prevenzione patrimoniale, sulla confisca dei beni e sul loro uso sociale e produttivo, proponendo le misure idonee a renderle più efficaci.

L’ottava Commissione è stata istituita, per la durata della XV legislatura, dalla L. 277/2006[11]. Di essa si tratta nella scheda che segue.


La Commissione antimafia nella XV legislatura

Nella XV legislatura, i componenti della Commissione di inchiesta sono stati nominati dai Presidenti delle Camere il 13 novembre 2006. La Commissione ha proceduto alla propria costituzione il 15 novembre 2006, eleggendo il presidente, on. Forgione (RC-SE), i due vicepresidenti e i due segretari e ha concluso i propri lavori il 19 febbraio 2008, con l’approvazione della relazione conclusiva.

 

Il testo della legge istitutiva, L. 277/2006, coincide in larga misura con quello approvato nella XIV legislatura (L. 386/2001), differenziandosi per taluni aspetti riferiti in particolare ai compiti e ai poteri della Commissione, alla sua composizione e alla fissazione di un limite alle spese per il suo funzionamento.

I compiti della Commissione

Con riferimento alle competenze della Commissione, la L. 277/2006 prevede che essa – oltre ad adempiere ai compiti affidati dalle leggi istitutive alle Commissioni “antimafia” costituite nelle passate legislature – debba altresì:

§         verificare l’attuazione delle disposizioni relative al regime carcerario previsto per le persone imputate o condannate per delitti di mafia dall’articolo 41-bis delle norme sull’ordinamento penitenziario;

§         accertare e valutare le tendenze e i mutamenti in atto nell’ambito della criminalità di tipo mafioso anche con riferimento a processi di internazionalizzazione e cooperazione con altre organizzazioni criminali in attività illecite rivolte contro la proprietà intellettuale e la sicurezza dello Stato, avendo particolare riguardo – in tale ultimo campo – al ruolo della criminalità nella promozione e nello sfruttamento dei flussi migratori illegali;

§         esaminare l’impatto negativo derivante al sistema produttivo dalle attività delle associazioni mafiose, con particolare riferimento all’alterazione della libera concorrenza, dell’accesso ai sistemi bancario e finanziario, della trasparenza della gestione delle risorse pubbliche destinate allo sviluppo imprenditoriale;

§         verificare l’adeguatezza delle strutture preposte al contrasto e alla prevenzione della criminalità e al controllo del territorio;

§         svolgere un monitoraggio sui tentativi di condizionamento e di infiltrazione da parte della criminalità di tipo mafioso negli enti locali e proporre misure per prevenire e contrastare tali tentativi, anche alla luce di una verifica dell’efficacia delle disposizioni legislative vigenti, con particolare riferimento a quelle in materia di scioglimento dei consigli degli enti locali e di rimozione degli amministratori di tali enti.

 

Conformemente alla precedente legge istitutiva, la L. 277/2006 ha inoltre affidato alla Commissione i seguenti compiti:

§         verificare l’attuazione della disposizioni di legge adottate contro la criminalità organizzata e la mafia e, in particolare, quelle riguardanti le persone che collaborano con la giustizia e le persone che prestano testimonianza, e promuovere iniziative legislative e amministrative necessarie per rafforzarne l’efficacia;

§         accertare la congruità della legislazione vigente, anche riguardante il riciclaggio, formulando le proposte di carattere legislativo e amministrativo ritenute necessarie per rendere più coordinata e incisiva le iniziative contro la mafia;

§         accertare le modalità di difesa del sistema degli appalti e delle opere pubbliche dai condizionamenti di tipo mafioso;

§         verificare l’adeguatezza delle norme sulle misure di prevenzione patrimoniale, sulla confisca dei beni e sul loro uso sociale e produttivo, proponendo le misure idonee a renderle più efficaci;

§         riferire al Parlamento al termine dei suoi lavori, nonché ogni volta che lo ritenga opportuno e comunque annualmente.

I poteri della Commissione

Con riferimento ai poteri della Commissione, la legge istitutiva introduce una limitazione rispetto ai poteri astrattamente riconosciuti alle Commissioni di inchiesta dall’articolo 82 Cost., in base al quale esse procedono alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria.

Diversamente da quanto previsto dalle leggi istitutive delle Commissioni “antimafia” approvate nelle scorse legislature, infatti, l’articolo 1, co. 2, secondo periodo, della L. 277/2006 precisa che la Commissione non può adottare provvedimenti con riguardo alla libertà e alla segretezza della corrispondenza e delle altre forme di comunicazione, né limitazioni della libertà personale, ad eccezione dell’accompagnamento coattivo di cui all’articolo 133 del codice di procedura penale[12].

 

Detta innovazione è stata oggetto di numerose modifiche ed affinamenti nel corso dell’esame parlamentare del provvedimento.

Inizialmente, infatti, il progetto di legge approvato in prima lettura dalla Camera recava – all’articolo 4 – una procedura aggravata per l’adozione, da parte della Commissione d’inchiesta, di provvedimenti limitativi delle libertà costituzionalmente garantite. In particolare, si richiedeva che l’adozione, da parte della Commissione, delle “deliberazioni aventi ad oggetto i provvedimenti incidenti sui diritti di libertà costituzionalmente garantiti” avvenisse “a maggioranza dei due terzi dei componenti, con atto motivato e nei soli casi e modi previsti dalla legge”.

Il Senato, esaminando il progetto di legge approvato dalla Camera in prima lettura, aveva introdotto all’articolo 1, comma 2, il divieto per l’istituenda Commissione “antimafia” di “adottare provvedimenti attinenti la libertà personale e la libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione”. Il Senato aveva contestualmente soppresso il successivo articolo 4.

Il testo deliberato dalla Camera in seconda lettura riformulava il comma 2 dell’articolo 1 prevedendo che “la Commissione non può adottare provvedimenti attinenti alla libertà personale, fatto salvo l’accompagnamento coattivo di cui all’articolo 133 del codice di procedura penale, o aventi ad oggetto intercettazioni delle comunicazioni”.

Il testo approvato definitivamente è il frutto di una ulteriore modifica introdotta dal Senato, che, individua il divieto con una formula più ampia di quella delle “intercettazioni delle comunicazioni”, che riprende quella usata dall’art. 15 della Costituzione (per cui, ad es. il divieto potrebbe estendersi al sequestro di documenti classificabili come corrispondenza).

 

Modifiche di minore rilievo sono inoltre apportate con riferimento alle disposizioni relative alle audizioni e le testimonianze contenute nell’articolo 3. Rispetto alla precedente legge istitutiva, si estende l’applicabilità alle audizioni davanti alla Commissione “antimafia” delle disposizioni recate in materia di delitti contro l'amministrazione della giustizia: ove infatti la L. 386/2001 prevedeva in materia l’applicazione del disposto dei soli artt. 366 e 372 del c.p., la L. 277/2006 estende l’applicabilità alle disposizioni contenute negli artt da 366 a 384-bis del codice penale.

In tema di segreto, l’art. 3, co. 2, primo periodo ha confermato l’estensione alla Commissione della disciplina sul segreto professionale (art. 200 c.p.p) e bancario. Per quanto riguarda il segreto di Stato (art. 202 c.p.p. e artt. 39 e 41 della L. 124/2007[13]) e il segreto d’ufficio (at. 201 c.p.p.), l’art. 3, co. 2, secondo periodo, ne esclude l’opponibilità per i fatti rientranti nei compiti della Commissione. I successivi commi 3 e 4 dell’art. 3 fanno salva l’opponibilità del segreto fra difensore e parte processuale, precisando – con il richiamo dell’art. 203 c.p.p. – che il personale dipendente dai servizi di sicurezza non è tenuto a rivelare alla Commissione i nomi dei propri informatori.

Una ulteriore innovazione è prevista con riferimento alla disciplina della trasmissione di atti e documenti da parte dell’autorità giudiziaria, nonché di atti e documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari, contenuta nell’articolo 4. Come nelle precedenti leggi istitutive delle Commissioni “antimafia”, infatti, è prevista la possibilità di ottenere tali atti dall’autorità giudiziaria anche in deroga all’obbligo del segreto delle indagini preliminari (art. 329 c.p.p.). L’autorità giudiziaria può ritardare la trasmissione di copia degli atti e documenti richiesti soltanto per ragioni di natura istruttoria, emettendo un decreto motivato che ha efficacia per sei mesi e che può essere rinnovato. Quando tali ragioni vengono meno, l’autorità giudiziaria provvede a trasmettere quanto richiesto. Il co. 4, quarto periodo, dell’art. 4 precisa, innovando, che il decreto perde la propria efficacia e non può essere rinnovato, una volta che siano chiuse le indagini preliminari. E’ inoltre previsto il potere della Commissione di stabilire gli atti e i documenti che non dovranno essere divulgati (art. 4, co. 6).

 

Con riferimento a questi ultimi atti e documenti, l’art. 5 ha sottoposto al vincolo del segreto, sanzionato penalmente (art. 326 c.p.), i componenti la Commissione, i funzionari e tutti i soggetti che, per ragioni d’ufficio o di servizio, ne vengono a conoscenza; analogamente è sanzionata la diffusione anche parziale di tali atti e documenti.

La legge (art. 4, co. 5) esclude che il segreto funzionale apposto da altre Commissioni parlamentari d’inchiesta a propri atti e documenti possa essere opposto alla Commissione antimafia.

La composizione e l’organizzazione interna della Commissione

La Commissione ha operato sulla base di un regolamento interno (previsto dall’art. 6, co. 1) approvato nella seduta del 6 dicembre 2006. La legge ha consentito che i lavori fossero organizzati attraverso l’istituzione di comitati (art. 1, co. 3) e che si svolgessero, ove ritenuto necessario, in seduta segreta (art. 6, co. 2).

La Commissione era composta (art. 2) da venticinque deputati e venticinque senatori, scelti dai Presidenti delle due Camere in proporzione alla consistenza dei gruppi e garantendo comunque almeno un rappresentante ad ogni gruppo. Con riferimento alla composizione della Commissione, il testo dell’art. 2 della L. 277/2006 introduce, tuttavia, una precisazione in base alla quale la nomina dei componenti da parte dei Presidenti delle due Camere deve tener conto della specificità dei compiti assegnati alla Commissione “antimafia”.

 

Nel corso dell’esame parlamentare, la definizione di tale disposto ha provocato un ampio e vivace confronto. La disposizione origina da una proposta contenuta nella pdl A.C. 688 (on. Angela Napoli), che intende impedire la nomina a componenti della Commissione dei parlamentari nei confronti dei quali sia aperto un procedimento giudiziario per reati di stampo malavitoso o contro la pubblica amministrazione. Tuttavia, durante l’esame in sede referente presso la I Commissione della Camera, sono state evidenziate forti perplessità sia sotto il profilo del merito che relativamente alla compatibilità costituzionale della proposta.

Alla luce di tali considerazioni, e nonostante l’ampia condivisione dell’obiettivo perseguito, è stato pertanto ritenuto opportuno, nel prosieguo dell’esame in sede referente, prevedere esclusivamente che la nomina dei componenti la Commissione da parte dei Presidenti delle Camere dovesse tenere conto della specificità dei compiti assegnati alla Commissione d’inchiesta medesima.

Ciononostante, la Commissione Giustizia della Camera, nel parere sul testo unificato elaborato in sede referente[14], rileva come tale previsione configuri ancora “una sorta di status di componente della Commissione d’inchiesta, che non trova alcun fondamento nella Costituzione, considerato che ogni parlamentare in quanto tale, è legittimato ad esserne componente”, e manifesta altresì, la propria perplessità sulla previsione per legge ordinaria di parametri a cui i Presidenti delle Camere dovrebbero attenersi nella nomina di componenti di organi costituzionali quali le Commissioni d’inchiesta.

Come evidenziato dai relatori[15], la I Commissione, tenuto conto della rilevanza della questione, non aderisce alla richiesta soppressiva contenuta in tale parere, preferendo rinviare un ulteriore approfondimento della materia alla fase di discussione dell’Assemblea, ove, le proposte emendative sul punto, sia in senso soppressivo che in senso di maggiore e più puntuale definizione, vengono respinte.

Il Senato, esaminando il progetto di legge approvato dalla Camera in prima lettura, ha in seguito accolto la formulazione proposta nel testo unificato circa i criteri di nomina dei componenti.

 

La legge ha previsto il rinnovo della composizione allo scadere del primo biennio di attività[16].

 

Riguardo alle modalità di scelta del presidente, dei vicepresidenti e dei segretari della Commissione, l’art. 2, co. 4, della L. 277/2006 prevede l’elezione del Presidente da parte della Commissione: è eletto a scrutinio segreto il candidato che ottiene il voto della maggioranza assoluta dei componenti la Commissione; qualora nessun candidato raggiunga tale risultato, si procede al ballottaggio tra i due candidati più votati; nel caso di parità di voti è proclamato eletto o entra in ballottaggio il candidato più anziano di età. L’art. 2, co. 5, ha previsto inoltre il voto limitato per l’elezione dei due vicepresidenti e dei due segretari: ciascun componente della Commissione esprime un solo voto, e vengono eletti i due candidati che riportano il maggior numero di voti. Nel caso in cui si verifichi la parità dei voti, si applicano le disposizioni previste per l’elezione del presidente.

 

Quanto all’organizzazione interna, la principale innovazione introdotta è rappresentata dalla fissazione di un “tetto” alle spese della Commissione bicamerale, che – come di consueto – sono poste paritariamente a carico dei bilanci interni della Camera e del Senato. In base al comma 5 dell’articolo 6, infatti, “le spese per il funzionamento della Commissione sono stabilite nel limite massimo di 150.000 euro per l’anno 2006 e di 300.000 euro per ciascuno degli anni successivi”.

Il “tetto” presenta tuttavia elementi di flessibilità, dal momento che si prevede che i Presidenti delle due Camere, di intesa tra loro, possano autorizzare ogni anno un incremento delle spese in misura non superiore al 30 per cento dell’importo massimo previsto (e, quindi, in misura pari rispettivamente 45.000 e 90.000 euro) qualora il Presidente della Commissione formuli una richiesta in tal senso per esigenze motivate connesse allo svolgimento dell’inchiesta.

 

Analoghe disposizioni di contenimento delle spese sono state introdotte nel corso della XV legislatura anche nelle leggi e nelle delibere istitutive di altre commissioni di inchiesta parlamentare.

Per la Commissione bicamerale di inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse, l’art. 6, co. 6, della L. 271/2006 dispone, infatti, che “Le spese per il funzionamento della Commissione sono stabilite nel limite massimo di 75.000 euro per l'anno 2006 e di 150.000 euro per ciascuno degli anni successivi […]”. E’ inoltre previsto il medesimo meccanismo di flessibilità del “tetto” previsto per la Commissione “antimafia”.

Con riferimento alla Commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi sanitari regionali istituita alla Camera con deliberazione del 25 luglio 2007, si prevede che “le spese di funzionamento […] sono stabilite nel limite massimo di 40.000 euro per l'anno 2007 e di 100.000 euro per ciascuno degli anni 2008 e 2009. Il Presidente della Camera può autorizzare un incremento delle spese di cui al precedente periodo, in misura non superiore al 30 per cento, a seguito di richiesta formulata dal presidente della Commissione per motivate esigenze connesse allo svolgimento dell'inchiesta” (art. 6, co. 6, della deliberazione).

Analoghe disposizioni sono infine contenute nelle deliberazioni istitutive di commissioni monocamerali di inchiesta approvate dal Senato nel corso della XV legislatura. Al riguardo, si vedano:

§         con riferimento alla Commissione parlamentare di inchiesta sull’efficacia e l’efficienza del Servizio sanitario nazionale, l’art. 8, co. 1, della deliberazione del Senato del 19 luglio 2006;

§         con riferimento alla Commissione parlamentare di inchiesta “sull’uranio impoverito”, l’art. 8, co. 1, della deliberazione del Senato dell’11 ottobre 2006;

§         con riferimento alla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro, con particolare riguardo alle cosiddette "morti bianche", l’art. 4, co. 2, della deliberazione del Senato del 18 ottobre 2006.

 

Per quanto attiene, invece, alle collaborazioni di cui può avvalersi la Commissione (articolo 6, co. 3, della l. 277/2006): alla consueta formula secondo la quale la Commissione può avvalersi dell’opera di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria e di tutte le collaborazioni che ritenga necessarie, viene aggiunto il periodo “di soggetti interni ed esterni all’Amministrazione dello Stato autorizzati, ove occorra, dagli organi a ciò deputati e dai Ministri competenti”. Viene quindi omesso il riferimento, tradizionalmente presente, all’ “opportuno coordinamento con le strutture giudiziarie e di polizia”, ai fini del quale, secondo il testo della legge previgente (L. 386/2001), la Commissione poteva avvalersi anche dell’apporto di almeno un magistrato e un dirigente dell’Amministrazione dell’interno, autorizzati, con il loro consenso, rispettivamente dal Consiglio superiore della magistratura e dal Ministro dell’interno.

La L. 277/2006 ha infine previsto (art. 6, co. 6) che la Commissione curi l’informatizzazione dei documenti da essa acquisiti e prodotti, nonché di quelli delle Commissioni di inchiesta precedenti.

 

Per quanto concerne la pubblicità dei lavori, l’art. 11 del regolamento interno ha previsto come ipotesi ordinaria la trasmissione diretta dei lavori in sala stampa e la redazione dello stenografico di seduta, salva la possibilità che la Commissione disponga diversamente.

Gli atti della Commissione

Nel corso della propria attività la Commissione ha approvato le seguenti relazioni:

§         relazione sulla designazione dei candidati alle elezioni amministrative (Doc. XXIII, n. 1), approvata nella seduta del 3 aprile 2007;

la relazione sullo stato di attuazione della normativa e delle prassi applicative in materia di sequestro, confisca e destinazione dei beni della criminalità organizzata (Doc. XXIII, n. 3), approvata nella seduta del 27 novembre 2007;

§         relazione annuale sulla 'ndrangheta (Doc. XXIII, n. 5), approvata nella seduta del 19 febbraio 2008;

§         relazione sui testimoni di giustizia (Doc. XXIII, n. 6), approvata nella seduta del 19 febbraio 2008;

§         relazione conclusiva (Doc. XXIII, n. 7), approvata nella seduta del 19 febbraio 2008.

 

Sotto il profilo dell'attività di iniziativa legislativa, si segnala la presentazione di iniziative legislative sottoscritte da tutti i rappresentanti dei gruppi parlamentari presenti nella Commissione, volte a modificare le norme in materia di vittime della criminalità organizzata e di scioglimento dei consigli comunali per infiltrazioni mafiose.


I progetti di legge in esame

Il testo unificato approvato dal Senato

L’istituzione della Commissione

Il progetto di legge A.C. 1406 costituisce il testo unificato di quattro disegni di legge di iniziativa parlamentare (A.S. 265 e abb.[17]), approvato dalla I Commissione (Affari costituzionali) del Senato, in sede deliberante.

Il testo approvato dal Senato, pur mantenendone l’impianto e gran parte della formulazione testuale, si discosta dalla legge istitutiva della c.d. Commissione antimafia approvata nella XV legislatura, per alcune significative integrazioni (in ordine alle quali si veda il testo a fronte riportato più avanti), a cominciare dal cambiamento di denominazione, che rimanda alla volontà di allargare l’attività d’inchiesta, propria della Commissione, alle associazioni criminali, anche straniere, presenti e operanti sul territorio nazionale.

Tale allargamento dell’attività della Commissione viene ribadito dal co. 3 dell’art. 1 che amplia i poteri dell’organismo bicamerale, anche alle associazioni criminali, comunque denominate, alle mafie straniere, e alle organizzazioni di natura transnazionale ai sensi dell’art. 3 della L. 146/2006[18].

 

La L. 146/2006, di Ratifica ed esecuzione della Convenzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale – adottati dall'Assemblea generale il 15 novembre 2000 ed il 31 maggio 2001 – intende promuovere la cooperazione tra gli Stati per prevenire e combattere in maniera efficace il crimine organizzato transnazionale. In particolare, l’art. 3 definisce quale reato transnazionale il reato punito con la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni, qualora sia coinvolto un gruppo criminale organizzato, nonché sia commesso in più di uno Stato; ovvero sia commesso in uno Stato, ma una parte sostanziale della sua preparazione, pianificazione, direzione o controllo avvenga in un altro Stato; ovvero sia commesso in uno Stato, ma in esso sia implicato un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno Stato; ovvero sia commesso in uno Stato ma abbia effetti sostanziali in un altro Stato.

 

Il campo di attività viene inoltre allargato a tutti i raggruppamenti criminali con le caratteristiche di cui all’art. 416-bis c.p., Associazione di tipo mafioso, o che siano comunque di estremo pericolo per il sistema sociale, economico ed istituzionale.

 

In proposito, si rinvia al D.L. 92/2008[19], ora in corso di conversione alle Camere. Durante l’esame al Senato, è stata inserita la lettera b-bis) all’articolo 1, con l’intento di modificare l’articolo 416-bis c.p., in materia di associazione di tipo mafioso, prevedendo in primo luogo un inasprimento delle sanzioni.

Un’ulteriore modifica, apportata al comma ottavo dello stesso articolo 416-bis, mira ad ampliare l’applicazione delle disposizioni che regolano la fattispecie di associazione mafiosa anche alle associazioni straniere, comunque denominate, che, valendosi della forza intimidatrice del vincolo associativo, perseguono scopi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso.

Si ricorda che l’articolo 416-bis, ottavo comma, prevede che le disposizioni che regolano la fattispecie dell’associazione di tipo mafioso si applicano anche alla camorra e delle altre associazioni, comunque localmente denominate, che valendosi della forza intimidatrice del vincolo associativo perseguono scopi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso.

I compiti della Commissione

Relativamente ai compiti della Commissione, vengono sostanzialmente ribaditi gli ambiti di attività assegnati all’organismo bicamerale nella precedente legislatura, sottolineando con maggiore decisione:

§         l’attività di indagine in ambito internazionale, come ribadito dalla lettera d), co. 1, art. 1 “(…) al fine di costruire uno spazio giuridico antimafia a livello di Unione europea e promuovere accordi in sede internazionale”. In uguale direzione, viene previsto il rafforzamento dell’attività conoscitiva nei confronti dei processi di internazionalizzazione delle organizzazioni criminali, finalizzati alla gestione di nuove forme di attività illecite, fra le quali lo sfruttamento dei flussi migratori, approfondendo a tal fine “la conoscenza delle caratteristiche economiche e sociali e culturali delle aeree di origine e di espansione delle organizzazioni criminali” (lettera e), co.1, art. 1);

§         l’ambito d’indagine relativo al rapporto mafia e politica, sia nelle sue articolazioni territoriali che negli organi amministrativi, e dunque rivolgendo particolare attenzione al processo di selezione e formazione delle candidature nelle assemblee elettive. Tale attività viene peraltro estesa alle stragi di carattere politico-mafioso che hanno segnato la storia recente del nostro paese (lettera f);

§         l’esigenza di una particolare attenzione ai risvolti economico-finanziari e ai profili economici-sociali dei  fenomeni mafiosi, ovvero alle forme di accumulazione dei patrimoni illeciti, agli investimenti e al riciclaggio dei proventi derivanti dalle attività delle organizzazioni criminali (lettera g), nonché alle intermediazioni finanziarie e alle reti d’impresa, strumenti fondamentali per l’occultamento di proventi illeciti (lettera i);

§         la sinergia con le associazioni, nazionali e locali, operanti nel settore del contrasto alle attività delle organizzazioni criminali di tipo mafioso.

La composizione della Commissione

Rispetto alla legge istitutiva della Commissione antimafia approvata nella XV Legislatura, il testo in esame introduce modifiche di rilievo all’articolo 2, relativamente ai criteri di nomina dei componenti la Commissione, che in prima istanza vengono scelti, e non più nominati, come precedentemente stabilito, dai Presidenti delle Camere[20].

Tale modifica sembra indicare la volontà di assegnare un ruolo maggiormente incisivo ai Presidenti delle Camere in relazione ai criteri di nomina successivamente indicati, ovvero:

§         specificità dei compiti assegnati alla Commissione (criterio previsto anche dalla precedente legge istitutiva e per la cui illustrazione si rimanda alla scheda relativa);

§         rispetto delle indicazioni contenute nella proposta di autoregolamentazione avanzata, con la relazione approvata nella seduta del 3 aprile 2007, dalla Commissione antimafia nella XV legislatura[21], relativa ai criteri cui attenersi per la designazione dei candidati alle elezioni amministrative[22].

 

La Relazione sulla designazione dei candidati alle elezioni amministrative è stata approvata all’unanimità dalla Commissione nella seduta del 3 aprile 2007 – quindi alla vigilia delle elezioni amministrative previste in alcune regioni italiane, fra cui la Sicilia – e contiene una proposta di autoregolamentazione in tre articoli che costituiscono una sorta di Codice di autoregolamentazione. Nelle intenzioni dei componenti la Commissione, il Codice diviene “il mezzo anticipato per contribuire alla trasparenza, alla tutela e alla libera determinazione degli organi elettivi locali, troppo spesso eterodiretti e condizionati dagli inquinamenti mafiosi: l’obiettivo è quello di impedire che il procedimento di selezione democratica dei rappresentanti delle comunità territoriali e di individuazione degli amministratori locali subisca alterazioni ad opera di fattori, esterni al quadro degli interessi locali e riconducibili alla criminalità organizzata”.

Il Codice è rivolto alle formazioni politiche e alle liste civiche, che vi aderiscono volontariamente e che, al momento dell’adesione, si impegnano contestualmente a rendere pubbliche le motivazioni della scelta di non rispettare le indicazioni da questo stesso contenute.

Un codice di autoregolamentazione dei partiti per la scelta dei candidati alle amministrative è stato varato dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali similari[23], nel corso della X legislatura, ed impegnava i partiti che lo avrebbero adottato, a non inserire nelle liste per le elezioni amministrative, candidati condannati con sentenza passata in giudicato.

 

Il Codice di autoregolamentazione è finalizzato ad escludere dalle liste per le elezioni dei consigli provinciali, comunali e circoscrizionali coloro che risultino rinviati a giudizio, nei cui confronti siano state adottate misure cautelari personali, che siano detenuti in esecuzione di pena ovvero in stato di latitanza ai sensi dell’art. 296 c.p.p., nel caso in cui tali condizioni giuridiche siano riferite ad una serie di specifici di delitti. Si tratta dei gravi reati associativi di cui all’art. 51, comma 3-bis c.p.p. (associazione a delinquere finalizzata alla tratta o alla riduzione o mantenimento in schiavitù o servitù, associazione mafiosa e reati connessi, sequestro di persona a scopo di estorsione, riduzione in schiavitù o servitù, tratta di persone, ecc.), del riciclaggio e impiego di denaro di provenienza illecita (art. 648-bis e ter c.p.), del trasferimento fraudolento di valori, dell’omessa comunicazione di nuove condizioni patrimoniali da parte  di persone sottoposte a misure di prevenzione antimafia (ex L. 575/1965) o condannate per associazione mafiosa, delle attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti (art. 260 D.Lgs 152/2006).

I partiti, le formazioni politiche e le liste civiche si impegnano, altresì, a non presentare come candidati coloro nei cui confronti, sia stata disposta l'applicazione di misure di prevenzione personali o patrimoniali, ancorché non definitive, o coloro nei cui confronti siano stati imposti divieti, sospensioni e decadenze ai sensi della L. 575/1965[24]. Infine, rientrano nei criteri di incandidabilità anche coloro che siano stati rimossi, sospesi o dichiarati decaduti ai sensi dell'art.142 (Rimozione e sospensione di amministratori locali) del D.Lgs. 267/2000[25].

 

Quanto all’organizzazione interna, viene conservata la fissazione di un “tetto” alle spese della Commissione bicamerale (art. 7), stabilite nel limite massimo di 150.000 euro per l’anno 2008 e di 300.000 euro per ciascuno degli anni successivi, con possibilità di autorizzare ogni anno un incremento delle spese in misura non superiore al 30 per cento dell’importo massimo previsto.

I poteri della Commissione

Modifiche sono inoltre apportate con riferimento alle disposizioni relative alle audizioni e le testimonianze contenute nell’articolo 4. Rispetto alla precedente legge istitutiva, si riduce l’applicabilità alle audizioni davanti alla Commissione “antimafia” delle disposizioni recate in materia di delitti contro l'amministrazione della giustizia: si reintroduce il disposto recato in materia dalla L. 386/2001 che prevedeva l’applicazione dei soli artt. 366 (Rifiuto di uffici legalmente dovuti) e 372 (Falsa testimonianza)del c.p..

Testo a fronte

La tabella che segue pone a confronto il testo unificato delle proposte di legge A.S. 265 e abb., approvato dal Senato e trasmesso alla Camera (A.C. 1406) con il testo della L. 277/2006, che ha istituito la Commissione di inchiesta sulla mafia per la XV legislatura.

Le differenze sono evidenziate in carattere neretto.

 

Legge 27 ottobre 2006, n. 277

A.C. 1406
Testo approvato dal Senato

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

Art. 1
(Istituzione e compiti)

Art. 1
(Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere)

1. È istituita, per la durata della XV legislatura, ai sensi dell'articolo 82 della Costituzione, una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata di tipo mafioso di cui all'articolo 416-bis del codice penale nonché sulle similari associazioni criminali, anche di matrice straniera, che siano comunque di estremo pericolo per il sistema sociale, economico e istituzionale, con i seguenti compiti:

1. È istituita, per la durata della XVI legislatura, ai sensi dell’articolo 82 della Costituzione, una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, anche straniere in quanto operanti nel territorio nazionale, con i seguenti compiti:

a) verificare l'attuazione della legge 13 settembre 1982, n. 646, e successive modificazioni, e delle altre leggi dello Stato nonché degli indirizzi del Parlamento in materia di criminalità organizzata di tipo mafioso e similare;

a) verificare l’attuazione della legge 13 settembre 1982, n. 646, e delle altre leggi dello Stato, nonché degli indirizzi del Parlamento, con riferimento al fenomeno mafioso e alle altre principali organizzazioni criminali;

b) verificare l'attuazione delle disposizioni del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, e successive modificazioni, del decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119, e successive modificazioni, della legge 13 febbraio 2001, n. 45, e del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'interno 23 aprile 2004, n. 161, riguardanti le persone che collaborano con la giustizia e le persone che prestano testimonianza, e promuovere iniziative legislative e amministrative necessarie per rafforzarne l'efficacia;

b) verificare l'attuazione delle disposizioni del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, del decreto legislativo 29 marzo 1993, n. 119, della legge 13 febbraio 2001, n. 45, e del regolamento di cui al decreto del Ministro dell'interno 23 aprile 2004, n. 161, riguardanti le persone che collaborano con la giustizia e le persone che prestano testimonianza, e promuovere iniziative legislative e amministrative necessarie per rafforzarne l'efficacia;

c) verificare l'attuazione delle disposizioni di cui alla legge 23 dicembre 2002, n. 279, relativamente all'applicazione del regime carcerario di cui all'articolo 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, alle persone imputate o condannate per delitti di tipo mafioso;

c) [Identica].

d) accertare la congruità della normativa vigente e della conseguente azione dei pubblici poteri, formulando le proposte di carattere legislativo e amministrativo ritenute necessarie per rendere più coordinata e incisiva l'iniziativa dello Stato, delle regioni e degli enti locali e più adeguate le intese internazionali concernenti la prevenzione delle attività criminali, l'assistenza e la cooperazione giudiziaria;

d) accertare la congruità della normativa vigente e della conseguente azione dei pubblici poteri, formulando le proposte di carattere normativo e amministrativo ritenute opportune per rendere più coordinata e incisiva l’iniziativa dello Stato, delle regioni e degli enti locali e più adeguate le intese internazionali concernenti la prevenzione delle attività criminali, l’assistenza e la cooperazione giudiziaria anche al fine di costruire uno spazio giuridico antimafia a livello di Unione europea e promuovere accordi in sede internazionale;

e) accertare e valutare la natura e le caratteristiche dei mutamenti e delle trasformazioni del fenomeno mafioso e di tutte le sue connessioni, comprese quelle istituzionali, con particolare riguardo agli insediamenti stabilmente esistenti nelle regioni diverse da quelle di tradizionale inserimento e comunque caratterizzate da forte sviluppo dell'economia produttiva, nonché ai processi di internazionalizzazione e cooperazione con altre organizzazioni criminali finalizzati alla gestione di nuove forme di attività illecite contro la persona, l'ambiente, i patrimoni, i diritti di proprietà intellettuale e la sicurezza dello Stato, con particolare riguardo alla promozione e allo sfruttamento dei flussi migratori illegali;

e) accertare e valutare la natura e le caratteristiche dei mutamenti e delle trasformazioni del fenomeno mafioso e di tutte le sue connessioni, comprese quelle istituzionali, con particolare riguardo agli insediamenti stabilmente esistenti nelle regioni diverse da quelle di tradizionale inserimento e comunque caratterizzate da forte sviluppo dell’economia produttiva, nonché ai processi di internazionalizzazione e cooperazione con altre organizzazioni criminali finalizzati alla gestione di nuove forme di attività illecite contro la persona, l’ambiente, i patrimoni, i diritti di proprietà intellettuale e la sicurezza dello Stato, con particolare riguardo alla promozione e allo sfruttamento dei flussi migratori illegali, nonché approfondire, a questo fine, la conoscenza delle caratteristiche economiche, sociali e culturali delle aree di origine e di espansione delle organizzazioni criminali;

 

f) indagare sul rapporto tra mafia e politica, sia riguardo alla sua articolazione nel territorio, negli organi amministrativi, con particolare riferimento alla selezione dei gruppi dirigenti e delle candidature per le assemblee elettive, sia riguardo a quelle sue manifestazioni che, nei successivi momenti storici, hanno determinato delitti e stragi di carattere politico-mafioso;

f) accertare le modalità di difesa del sistema degli appalti e delle opere pubbliche dai condizionamenti mafiosi individuando le diverse forme di inquinamento mafioso e le specifiche modalità di interferenza illecita in ordine al complessivo sistema normativo che regola gli appalti e le opere pubbliche;

g)accertare le modalità di difesa del sistema degli appalti e delle opere pubbliche dai condizionamenti mafiosi, le forme di accumulazione dei patrimoni illeciti, di investimento e riciclaggio dei proventi derivanti dalle attività delle organizzazioni criminali;

g) verificare la congruità della normativa vigente per la prevenzione e il contrasto delle varie forme di accumulazione dei patrimoni illeciti, del riciclaggio e dell'impiego di beni, denaro o altre utilità che rappresentino il provento della criminalità organizzata mafiosa o similare, nonché l'adeguatezza delle strutture e l'efficacia delle prassi amministrative, formulando le proposte di carattere legislativo e amministrativo ritenute necessarie, anche in riferimento alle intese internazionali, all'assistenza e alla cooperazione giudiziaria;

[Vedi la successiva lettera i)].

h) verificare l'impatto negativo sul sistema produttivo, con particolare riguardo all'alterazione dei principi di libertà della iniziativa economica privata, di libera concorrenza nel mercato, di libertà di accesso al sistema creditizio e finanziario e di trasparenza della spesa pubblica comunitaria, statale e regionale finalizzata allo sviluppo e alla crescita e al sistema delle imprese;

h) verificare l’impatto negativo, sotto i profili economico e sociale, delle attività delle associazioni mafiose o similari sul sistema produttivo, con particolare riguardo all’alterazione dei principi di libertà della iniziativa privata, di libera concorrenza nel mercato, di libertà di accesso al sistema creditizio e finanziario e di trasparenza della spesa pubblica comunitaria, statale e regionale finalizzata allo sviluppo e alla crescita e al sistema delle imprese;

[Vedi la precedente lettera g)].

i) verificare la congruità della normativa vigente per la prevenzione e il contrasto delle varie forme di accumulazione dei patrimoni illeciti, del riciclaggio e dell'impiego di beni, denaro o altre utilità che rappresentino il provento della criminalità organizzata mafiosa o similare, con particolare attenzione alle intermediazioni finanziarie e alle reti d'impresa, nonché l'adeguatezza delle strutture e l'efficacia delle prassi amministrative, formulando le proposte di carattere normativo e amministrativo ritenute necessarie, anche in riferimento alle intese internazionali, all'assistenza e alla cooperazione giudiziaria;

i) verificare l'adeguatezza delle norme sulle misure di prevenzione patrimoniale, sulla confisca dei beni e sul loro uso sociale e produttivo, proponendo le misure idonee a renderle più efficaci;

l)verificare l'adeguatezza delle norme sulla confisca dei beni e sul loro uso sociale e produttivo e proporre misure per renderle più efficaci;

l) verificare l'adeguatezza delle strutture preposte alla prevenzione e al contrasto dei fenomeni criminali nonché al controllo del territorio;

m) verificare l'adeguatezza delle strutture preposte alla prevenzione e al contrasto dei fenomeni criminali nonché al controllo del territorio anche consultando le associazioni, a carattere nazionale o locale, che più significativamente operano nel settore del contrasto alle attività delle organizzazioni criminali di tipo mafioso;

m) svolgere il monitoraggio sui tentativi di condizionamento e di infiltrazione mafiosa negli enti locali e proporre misure idonee a prevenire e a contrastare tali fenomeni, verificando l'efficacia delle disposizioni vigenti in materia, con riguardo anche alla normativa concernente lo scioglimento dei consigli comunali e provinciali e la rimozione degli amministratori locali;

n) [Identica].

n) riferire al Parlamento al termine dei suoi lavori, nonché ogni volta che lo ritenga opportuno e comunque annualmente.

o) [Identica].

2. La Commissione procede alle indagini e agli esami con gli stessi poteri e le stesse limitazioni dell'autorità giudiziaria. La Commissione non può adottare provvedimenti attinenti alla libertà e alla segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione nonché alla libertà personale, fatto salvo l'accompagnamento coattivo di cui all'articolo 133 del codice di procedura penale.

2. [Identico].

 

3. Eguali compiti sono attribuiti alla Commissione con riferimento alle altre associazioni criminali comunque denominate, alle mafie straniere, o di natura transnazionale ai sensi dell'articolo 3 della legge 16 marzo 2006, n. 146, e a tutti i raggruppamenti criminali che abbiano le caratteristiche di cui all'articolo 416-bis del codice penale, o che siano comunque di estremo pericolo per il sistema sociale, economico ed istituzionale.

3. La Commissione può organizzare i propri lavori attraverso uno o più comitati, costituiti secondo il regolamento di cui all'articolo 6, comma 1.

[Vedi il successivo articolo 3].

Art. 2
(Composizione e presidenza della Commissione)

Art. 2
(Composizione della Commissione)

1. La Commissione è composta da venticinque senatori e da venticinque deputati, nominati rispettivamente dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati, in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento. La nomina dei componenti la Commissione tiene conto della specificità dei compiti ad essa assegnati.

1. La Commissione è composta da venticinque senatori e venticinque deputati, scelti rispettivamente dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati, in proporzione al numero dei componenti i gruppi parlamentari, comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento. I componenti sono nominati anche tenendo conto della specificità dei compiti assegnati alla Commissione, nonché delle indicazioni contenute nella proposta di autoregolamentazione avanzata, con la relazione approvata nella seduta del 3 aprile 2007, dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare istituita dalla legge 27 ottobre 2006, n. 277.

2. La Commissione è rinnovata dopo il primo biennio dalla sua costituzione e i componenti possono essere confermati.

2. [Identico].

3. Il Presidente del Senato della Repubblica e il Presidente della Camera dei deputati, entro dieci giorni dalla nomina dei suoi componenti, convocano la Commissione per la costituzione dell'ufficio di presidenza.

3. [Identico].

4. L'ufficio di presidenza, composto dal presidente, da due vicepresidenti e da due segretari, è eletto dai componenti la Commissione a scrutinio segreto. Per l'elezione del presidente è necessaria la maggioranza assoluta dei componenti la Commissione; se nessuno riporta tale maggioranza si procede al ballottaggio tra i due candidati che hanno ottenuto il maggiore numero di voti. In caso di parità di voti è proclamato eletto o entra in ballottaggio il più anziano di età.

4. [Identico].

5. Per l'elezione, rispettivamente, dei due vicepresidenti e dei due segretari, ciascun componente la Commissione scrive sulla propria scheda un solo nome. Sono eletti coloro che hanno ottenuto il maggior numero di voti. In caso di parità di voti si procede ai sensi del comma 4.

5. [Identico].

6. Le disposizioni di cui ai commi 4 e 5 si applicano anche per le elezioni suppletive.

6. [Identico].

 

Art. 3.
(Comitati).

[Vedi il precedente articolo 1, comma 3].

1. La Commissione può organizzare i suoi lavori attraverso uno o più comitati, costituiti secondo la disciplina del regolamento di cui all'articolo 7.

Art. 3.
(Audizioni a testimonianza)

Art. 4.
(Audizioni a testimonianza)

1. Ferme le competenze dell'autorità giudiziaria, per le audizioni a testimonianza davanti alla Commissione si applicano le disposizioni degli articoli da 366 a 384-bis del codice penale.

1. Ferme le competenze dell'autorità giudiziaria, per le audizioni a testimonianza davanti alla Commissione si applicano le disposizioni degli articoli 366 e 372 del codice penale.

2. Per i segreti professionale e bancario si applicano le norme vigenti. In nessun caso per i fatti rientranti nei compiti della Commissione può essere opposto il segreto di Stato o il segreto di ufficio.

2. [Identico].

3. È sempre opponibile il segreto tra difensore e parte processuale nell'ambito del mandato.

3. [Identico].

4. Si applica l'articolo 203 del codice di procedura penale.

4. [Identico].

Art. 4.
(Richiesta di atti e documenti).

Art. 5.
(Richiesta di atti e documenti).

1. La Commissione può ottenere, anche in deroga al divieto stabilito dall'articolo 329 del codice di procedura penale, copie di atti e documenti relativi a procedimenti e inchieste in corso presso l'autorità giudiziaria o altri organi inquirenti, nonché copie di atti e documenti relativi a indagini e inchieste parlamentari. L'autorità giudiziaria può trasmettere le copie di atti e documenti anche di propria iniziativa.

1. [Identico].

2. La Commissione garantisce il mantenimento del regime di segretezza fino a quando gli atti e i documenti trasmessi in copia ai sensi del comma 1 siano coperti da segreto.

2. [Identico].

3. La Commissione può ottenere, da parte degli organi e degli uffici della pubblica amministrazione, copie di atti e documenti da essi custoditi, prodotti o comunque acquisiti in materia attinente alle finalità della presente legge.

3. [Identico].

4. L'autorità giudiziaria provvede tempestivamente e può ritardare la trasmissione di copia di atti e documenti richiesti con decreto motivato solo per ragioni di natura istruttoria. Il decreto ha efficacia per sei mesi e può essere rinnovato. Quando tali ragioni vengono meno, l'autorità giudiziaria provvede senza ritardo a trasmettere quanto richiesto. Il decreto non può essere rinnovato o avere efficacia oltre la chiusura delle indagini preliminari.

4. [Identico].

5. Quando gli atti o i documenti siano stati assoggettati al vincolo di segreto funzionale da parte delle competenti Commissioni parlamentari di inchiesta, tale segreto non può essere opposto alla Commissione di cui alla presente legge.

5. [Identico].

6. La Commissione stabilisce quali atti e documenti non devono essere divulgati, anche in relazione ad esigenze attinenti ad altre istruttorie o inchieste in corso.

6. [Identico].

Art. 5.
(Obbligo del segreto).

Art. 6.
(Segreto).

1. I componenti la Commissione, i funzionari e il personale di qualsiasi ordine e grado addetti alla Commissione stessa e tutte le altre persone che collaborano con la Commissione o compiono o concorrono a compiere atti di inchiesta oppure di tali atti vengono a conoscenza per ragioni d'ufficio o di servizio sono obbligati al segreto per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti di cui all'articolo 4, commi 2 e 6.

1. I componenti la Commissione, i funzionari e il personale di qualsiasi ordine e grado addetti alla Commissione stessa ed ogni altra persona che collabora con la Commissione o compie o concorre a compiere atti di inchiesta oppure ne viene a conoscenza per ragioni di ufficio o di servizio sono obbligati al segreto per tutto quanto riguarda gli atti e i documenti di cui all'articolo 5, commi 2 e 6.

2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, la violazione del segreto di cui al comma 1 è punita ai sensi dell'articolo 326 del codice penale.

2. [Identico].

3. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, le stesse pene si applicano a chiunque diffonda in tutto o in parte, anche per riassunto o informazione, atti o documenti del procedimento di inchiesta dei quali sia stata vietata la divulgazione.

3. [Identico].

Art. 6.
(Organizzazione interna).

Art. 7.
(Organizzazione interna).

1. L'attività e il funzionamento della Commissione e dei comitati istituiti ai sensi dell'articolo 1, comma 3, sono disciplinati da un regolamento interno approvato dalla Commissione stessa prima dell'inizio dell'attività di inchiesta. Ciascun componente può proporre la modifica delle disposizioni regolamentari.

1. L'attività e il funzionamento della Commissione e dei comitati istituiti ai sensi dell'articolo 3 sono disciplinati da un regolamento interno approvato dalla Commissione stessa prima dell'inizio dell'attività di inchiesta. Ciascun componente può proporre la modifica delle disposizioni regolamentari.

2. Tutte le volte che lo ritenga opportuno la Commissione può riunirsi in seduta segreta.

2. [Identico].

3. La Commissione può avvalersi dell'opera di agenti e ufficiali di polizia giudiziaria e di tutte le collaborazioni che ritenga necessarie di soggetti interni ed esterni all'Amministrazione dello Stato autorizzati, ove occorra e con il loro consenso, dagli organi a ciò deputati e dai Ministeri competenti.

3. [Identico].

4. Per l'espletamento delle sue funzioni la Commissione fruisce di personale, locali e strumenti operativi messi a disposizione dai Presidenti delle Camere, di intesa tra loro.

4. [Identico].

5. Le spese per il funzionamento della Commissione sono stabilite nel limite massimo di 150.000 euro per l'anno 2006 e di 300.000 euro per ciascuno degli anni successivi e sono poste per metà a carico del bilancio interno del Senato della Repubblica e per metà a carico del bilancio interno della Camera dei deputati. I Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, con determinazione adottata di intesa tra loro, possono autorizzare annualmente un incremento delle spese di cui al precedente periodo, comunque in misura non superiore al 30 per cento, a seguito di richiesta formulata dal presidente della Commissione per motivate esigenze connesse allo svolgimento dell'inchiesta.

5. Le spese per il funzionamento della Commissione sono stabilite nel limite massimo di 150.000 euro per l'anno 2008 e di 300.000 euro per ciascuno degli anni successivi e sono poste per metà a carico del bilancio interno del Senato della Repubblica e per metà a carico del bilancio interno della Camera dei deputati. I Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, con determinazione adottata di intesa tra loro, possono autorizzare annualmente un incremento delle spese di cui al precedente periodo, comunque in misura non superiore al 30 per cento, a seguito di richiesta formulata dal presidente della Commissione per motivate esigenze connesse allo svolgimento dell'inchiesta.

6. La Commissione cura la informatizzazione dei documenti acquisiti e prodotti nel corso dell'attività propria e delle analoghe Commissioni precedenti.

6. [Identico].

Art. 7
(Entrata in vigore).

Art. 8
(Entrata in vigore).

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

1. [Identico].

Le proposte di legge abbinate

Risultano abbinate al progetto di legge trasmesso dal Senato le seguenti tre proposte di legge, tutte di iniziativa parlamentare:

§         A.C. 528 (on. Vitali);

§         A.C. 639 (on. Burtone ed altri);

§         A.C. 820 (on. Angela Napoli).

Le tre proposte di legge, tra loro assai simili, riproducono pressoché testualmente la disciplina recata dalla L. 277/2006, che ha istituito la Commissione di inchiesta sulla mafia per la XV legislatura (per l’illustrazione della quale si rinvia alla scheda di lettura La Commissione antimafia nella XV legislatura), fatte salve alcune differenze sostanziali, che vengono di seguito evidenziate.

 

L’A.C. 528 (on. Vitali) si differenzia dalla L. 277/2006 unicamente per la più ampia autorizzazione di spesa recata dall’articolo 6, comma 5: 400.000 euro per l’anno 2008 ed 800.000 euro per ciascuno degli anni successivi (l’art. 6, co. 5, della L. 277/2006 fissava il limite massimo di 150.000 euro per l’anno 2006 e 300.000 euro per ciascuno degli anni successivi).

 

L’A.C. 639 (on. Burtone ed altri), all’articolo 1, comma 1, lettere i) ed l), reca una formulazione lievemente diversa dei compiti della Commissione:

§         includendovi la formulazione di proposte di adeguamento delle norme vigenti in materia di misure di prevenzione patrimoniale alla “situazione reale in atto”;

§         accentuando il riferimento al coordinamento investigativo, nell’ambito della verifica dell’adeguatezza delle strutture di prevenzione e contrasto del fenomeno criminale.

La medesima proposta di legge prevede (articolo 2, comma 1) che la Commissione sia composta da venti deputati e venti senatori, anziché venticinque deputati e venticinque senatori, come disponeva la L. 277/2006 e come prevedono gli altri progetti di legge in esame.

 

Più ampie sono le differenze tra l’A.C. 820 (on. Angela Napoli) e la legge aprovata nella passata legislatura. Le più rilevanti riguardano:

§         i compiti della Commissione (articolo 1, comma 1): non sono riprodotti quelli concernenti la verifica

-          dell’applicazione del regime carcerario di cui all'art. 41-bis della L. 354/1975,

-          dell’impatto negativo delle attività delle associazioni mafiose sul sistema produttivo,

-          dell'adeguatezza delle strutture preposte alla prevenzione e al contrasto dei fenomeni criminali nonché al controllo del territorio,

-          sui tentativi di condizionamento e di infiltrazione mafiosa negli enti locali,

ed è diversamente formulato il punto relativo alla valutazione della natura e le caratteristiche dei mutamenti e delle trasformazioni del fenomeno mafioso;

§         i poteri della Commissione: non è riportato, all’articolo 1, comma 2, il divieto di adottare provvedimenti attinenti alla libertà e alla segretezza delle comunicazioni nonché alla libertà personale, ed è formulato in modo parzialmente diverso, all’articolo 4, comma 4, il potere dell’autorità giudiziaria di ritardare la trasmissione di copie e atti di documenti richiesti dalla Commissione;

§         la composizione della Commissione: l’articolo 2, al comma 2 dispone che non può farne parte chi risulti sottoposto a procedimento giudiziario per reati di stampo mafioso o contro la pubblica amministrazione, o chi sia stato amministratore di un ente disciolto per infiltrazione mafiosa; inoltre, non si prevede il rinnovo biennale dell’organo e (al comma 3) si richiede per l’elezione del Presidente la maggioranza assoluta dei voti (anziché dei componenti), prevedendo in caso di parità la prevalenza del componente con maggiore anzianità parlamentare (anziché anagrafica);

§         l’organizzazione interna della Commissione: la formulazione dell’articolo 6, comma 3, sulla disciplina dele collaborazioni interne, appare diversa rispetto a quella recata dalla L. 277/2006 (riprendendo quella recata dalle precedenti leggi istitutive della Commissione).




[1]     Legge 20 dicembre 1962, n. 1720, Istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della “mafia”.

[2]     Legge 13 settembre 1982, n. 646, Disposizioni in materia di misure di prevenzione di carattere patrimoniale ed integrazione alle leggi 27 dicembre 1956, n. 1423, 10 febbraio 1962, n. 57 e 31 maggio 1965, n. 575. Istituzione di una commissione parlamentare sul fenomeno della mafia.

[3]     Legge 31 gennaio 1986, n. 12, Proroga della durata della commissione parlamentare sul fenomeno della mafia.

[4]     Legge 23 marzo 1988, n. 94, Istituzione di una commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali similari.

[5]     Legge 27 luglio 1991, n. 229, Proroga del termine previsto dall’art. 1, comma 1, della legge 23 marzo 1988, n. 94, per l’ultimazione dei lavori della commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali similari.

[6]     D.L. 8 giugno 1992, n. 306, Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di contrasto alla criminalità mafiosa, conv. con mod. dalla L. 7 agosto 1992, n. 356.

[7]     Legge 30 giugno 1994, n. 430, Istituzione di una commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali similari.

[8]     Legge 1 ottobre 1996, n. 509, Istituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia e delle altre associazioni criminali similari.

[9]    Legge 19 ottobre 2001, n. 386, Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare.

[10]    A tale proposito, si ricorda che la disciplina in materia è stata profondamente innovata dalla Legge 13 febbraio 2001 n. 45, Modifica della disciplina della protezione e del trattamento sanzionatorio di coloro che collaborano con la giustizia nonché disposizioni a favore delle persone che prestano testimonianza.

[11]    Legge 27 ottobre 2006, n. 277, Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare.

[12]   La norma richiamata prevede che il giudice possa ordinare l’accompagnamento coattivo del testimone, del perito, del consulente tecnico, dell’interprete o del custode di cose sequestrate, quando questi, regolarmente convocati o citati, omettano senza un legittimo impedimento di comparire nel luogo, giorno e ora stabiliti. In tal caso, il giudice può altresì condannarli, con ordinanza, al pagamento di una ammenda da euro 51 a euro 516, nonché al pagamento delle spese alle quali la mancata comparizione ha dato causa.

[13]   L. 3 agosto 2007, n. 124, Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto.

[14]   Parere favorevole con condizioni, espresso nella seduta del 14 giugno 2006.

[15]   A tale proposito si rimanda alla relazione sul testo unificato delle pdl n. 40 e abbinate, presentata alla Presidenza della Camera il 21 giugno 2006.

[16]   Rinnovo non avvenuto per lo scioglimento anticipato della legislatura.

[17]   A.S. 265 (se. Lumia ed altri) Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali; A.S. 693 (sen. Gasparri ed altri) Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare; A.S. 730 (sen. D’Alia) Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle problematiche relative al fenomeno della mafia e alle altre associazioni criminali similari; A.S. 734 (sen. Bricolo ed altri) Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle associazioni criminali similari anche di matrice straniera.

[18]   L. 16 marzo 2006, n. 146, Ratifica ed esecuzione della Convenzione e dei Protocolli delle Nazioni Unite contro il crimine organizzato transnazionale, adottati dall'Assemblea generale il 15 novembre 2000 ed il 31 maggio 2001.

[19]   Decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92, Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica.

[20]   Come previsto dalle precedenti leggi istitutive, la scelta viene effettuata, tenendo conto, in proporzione del numero dei componenti i gruppi parlamentari e comunque assicurando la presenza di un rappresentante per ciascun gruppo esistente in almeno un ramo del Parlamento.

[21]   Doc. XXIII, n.1, Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare, Relazione sulla designazione dei candidati alle elezioni amministrative.

[22]   Nella seduta del 25 giugno 2008, presso la I Commissione del Senato, dedicata all’approvazione di un Testo unificato, il sottosegretario Mantovano, invitato ad esprimere il proprio parere sul complesso degli emendamenti all’art. 2 ha osservato al riguardo che “il riferimento al codice etico approvato dalla Commissione antimafia nella scorsa legislatura è atto di una Commissione che ha cessato le sue funzioni, e lo stesso contenuto di quel documento fu elaborato in ragione del carattere peculiare delle candidature nelle assemblee degli enti locali” (Resoconto sommario n. 13 del 25 giugno 2008).

[23]   Doc. XXIII n. 30, Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali similari, Relazione illustrativa per un codice di autoregolamentazione dei partiti in materia di designazione dei candidati alle elezioni politiche e amministrative, comprendente il testo predisposto per il suddetto codice approvata dalla Commissione nella seduta del 23 gennaio 1991  

[24]   L. 31 maggio 1965, n. 575, Disposizioni contro la mafia.

[25]   D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, art. 142 “Con decreto del Ministro dell'interno il sindaco, il presidente della provincia, i presidenti dei consorzi e delle comunità montane, i componenti dei consigli e delle giunte, i presidenti dei consigli circoscrizionali possono essere rimossi quando compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge o per gravi motivi di ordine pubblico”.