CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 6 febbraio 2013
774.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (I e II)
COMUNICATO
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ATTI DEL GOVERNO

  Mercoledì 6 febbraio 2013. — Presidenza del presidente della I Commissione Donato BRUNO. – Interviene il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio Giampaolo D'Andrea.

  La seduta comincia alle 12.35.

Sulla pubblicità dei lavori.

  Donato BRUNO, presidente, comunica che è stata avanzata la richiesta che la pubblicità dei lavori sia assicurata anche mediante l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, ne dispone l'attivazione.

Schema di decreto legislativo recante individuazione di ulteriori incarichi che comportano l'obbligatorio collocamento fuori ruolo dei magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari e degli avvocati e procuratori dello Stato.
Atto n. 539.

(Esame e conclusione – Parere favorevole con condizioni).

  Le Commissioni iniziano l'esame del provvedimento.

  Donato BRUNO, presidente, comunica che è pervenuto il nulla osta della Commissione Bilancio sul provvedimento in esame.

  Roberto GIACHETTI (PD), intervenendo sull'ordine dei lavori, ricorda che nel corso della discussione in Assemblea sul disegno di legge C. 4434-B, poi divenuto legge n. 190 del 2012, fu accolto dal Governo l'ordine del giorno 9/04434-B/012, di cui è primo firmatario, in cui è previsto l'impegno a «costituire, entro sessanta giorni dall'approvazione della legge, Pag. 5presso il Ministero della giustizia e la Presidenza del Consiglio dei ministri, un'unica banca dati consultabile pubblicamente, anche online attraverso i rispettivi siti, nella quale siano raccolti e classificati in modo chiaro e leggibile i seguenti dati: ruolo originario dei magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, avvocati e procuratori dello Stato che vengono posti fuori ruolo; titolarità e durata dell'incarico fuori ruolo attuale; elenco degli incarichi fuori ruolo precedentemente svolti comprensivi per ciascuno della durata e della funzione; computo complessivo degli anni trascorsi in posizione di fuori ruolo nell'intera carriera».
  Nell'ordine del giorno si impegna altresì il Governo ad aggiornare tale banca dati con periodicità mensile ed a depositare copia della medesima banca dati, entro sessanta giorni dall'approvazione della legge n. 190 del 2012, alla Presidenza della Camera dei deputati e a quella del Senato della Repubblica, affinché la possano trasmettere alle Commissioni competenti.
  Atteso che il termine di sessanta giorni è ampiamente trascorso chiede, quindi, al rappresentante dell'Esecutivo entro quali tempi il Governo intenda dare seguito all'impegno assunto.

  Rita BERNARDINI (PD) in riferimento all'intervento dell'onorevole Giachetti, osserva come sempre più spesso il Governo disattenda gli impegni presi con il Parlamento contenuti in ordini del giorno, mozioni o risoluzioni. Ciò è avvenuto ultimamente con una risoluzione approvata dalle Commissioni riunite I e II, relativa al voto nelle carceri. Il Governo, infatti, non ha adottato alcuna delle misure previste dalla risoluzione, che sarebbero servite per garantire il voto nelle carceri in vista dei prossimi impegni elettorali.

  Donato BRUNO, presidente e relatore per la I Commissione, ricorda che la legge n. 190 del 2012, cosiddetta «anticorruzione», alla quale hanno lungamente lavorato queste Commissioni, come tutti i colleghi ricordano, prevede al comma 66 dell'articolo 1 l'obbligo del collocamento fuori ruolo di magistrati, procuratori e avvocati dello Stato cui vengano attribuiti incarichi apicali o semiapicali presso istituzioni, organi ed enti pubblici. La medesima legge delega inoltre il Governo a individuare ulteriori incarichi per i quali sia obbligatorio il collocamento fuori ruolo.
  Lo schema di decreto legislativo in esame individua gli incarichi apicali e semiapicali e gli ulteriori incarichi il cui conferimento comporti per magistrati, procuratori e avvocati dello Stato il collocamento in posizione di fuori ruolo.
  Lo schema di decreto legislativo in esame costituisce, in particolare, attuazione dell'articolo 1, comma 67, della citata legge n. 190 del 2012.
  Il già ricordato comma 66 dispone che tutti gli incarichi apicali e semiapicali – compresi quelli di capo di gabinetto – attribuiti a magistrati ordinari, amministrativi, militari, contabili e ad avvocati e procuratori dello Stato presso istituzioni, enti pubblici, nazionali e non, debbano essere obbligatoriamente svolti in posizione di fuori ruolo per tutta la durata dell'incarico. La disposizione prevede la cessazione di diritto degli incarichi in corso alla data di entrata in vigore della legge qualora nei centottanta giorni successivi non venga adottato il provvedimento di collocamento in posizione di fuori ruolo.
  Il comma 67 delega il Governo ad adottare entro 4 mesi dall'entrata in vigore della legge (quindi entro il 28 marzo 2013) un decreto legislativo che individui ulteriori incarichi, anche negli uffici di diretta collaborazione, il cui conferimento comporti il collocamento obbligatorio fuori ruolo per magistrati, procuratori e avvocati dello Stato.
  I princìpi e criteri direttivi per l'esercizio della delega sono i seguenti: tener conto delle differenze e specificità dei regimi e delle funzioni connessi alla giurisdizione ordinaria, amministrativa, contabile e militare, nonché all'Avvocatura dello Stato; durata dell'incarico; continuatività e onerosità dell'impegno lavorativo Pag. 6connesso allo svolgimento dell'incarico; possibili situazioni di conflitto di interesse tra le funzioni esercitate presso l'amministrazione di appartenenza e quelle esercitate in ragione dell'incarico ricoperto fuori ruolo.
  Il comma 68 ha, poi, stabilito come regola generale per i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari e per gli avvocati e i procuratori dello Stato un limite di permanenza massima in posizione di fuori ruolo di 10 anni, anche continuativi, nell'arco del loro servizio.
  Il limite decennale si applica anche agli incarichi in corso alla data di entrata in vigore della legge anticorruzione (articolo 1, comma 69), avvenuta il 28 novembre 2012. Coloro che, alla data di entrata in vigore della legge, abbiano già maturato o maturino successivamente il periodo massimo di collocamento in posizione di fuori ruolo si intendono confermati nella posizione di fuori ruolo sino al termine dell'incarico, della legislatura, della consiliatura o del mandato relativo all'ente o soggetto presso cui è svolto l'incarico (se l'incarico non prevede un termine, il fuori ruolo si intende confermato per i dodici mesi successivi all'entrata in vigore della legge) (comma 72).
  Per i magistrati destinati a incarichi non giudiziari presso la Presidenza della Repubblica, la Corte costituzionale e il C.S.M., anche se conferiti successivamente all'entrata in vigore della legge 190, il termine decennale decorre dalla data di entrata in vigore della legge, ossia, come detto, dal 28 novembre 2012 (comma 71).
  Le nuove disposizioni sul fuori ruolo non si applicano ai membri di Governo, alle cariche elettive, anche presso gli organi di autogoverno, ai componenti delle Corti internazionali comunque denominate (comma 70).
  Venendo ora al quadro normativo di riferimento, ricordo che la disciplina generale del collocamento fuori ruolo dei pubblici dipendenti è contenuta agli articoli 58 e 59 del testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato (di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 3 del 1957). I presupposti per cui può essere disposto il fuori ruolo consistono nel caso in cui l'impiegato debba svolgere funzioni che, seppur attinenti agli interessi della amministrazione di appartenenza, non rientrano nei suoi compiti istituzionali (ad esempio attività di ricerca scientifica, studio, documentazione). L'impiegato collocato fuori ruolo non occupa posto nella qualifica del ruolo organico cui appartiene (cosiddetto «soprannumero») e il suo posto in organico può essere ricoperto da altri (a differenza di quanto accade per il comandato, il quale continua a ricoprire un posto nelle dotazioni organiche dell'amministrazione di appartenenza, che non può essere ricoperto né per concorso né per qualsiasi altra forma di mobilità). Al collocamento fuori ruolo (su richiesta dell'amministrazione richiedente o dello stesso dipendente) si provvede con decreto del ministro competente di concerto con il ministro dell'economia, sentito il dipendente. Il periodo di tempo trascorso in posizione di comando o fuori ruolo resta comunque valido ai fini della progressione in carriera, della attribuzione degli aumenti periodici di stipendio e del trattamento di quiescenza e previdenza.
  L'ordinamento giudiziario (Regio Decreto n. 12 del 1941) prevede il collocamento fuori ruolo dei magistrati ordinari destinati al Ministero della giustizia (articolo 196); analogo collocamento è previsto per incarichi speciali non previsti da leggi o da regolamenti, conferiti dal Ministro della giustizia o con il suo consenso (articolo 210).
  L'articolo 15 della legge n. 195 del 1958 prevede che il C.S.M. deliberi il collocamento fuori ruolo, oltre che per le assegnazioni di magistrati al Ministero della giustizia, anche per il conferimento agli stessi, in base alle norme vigenti, di incarichi estranei alle loro funzioni. Un eventuale diniego del C.S.M. può essere motivato solo sulla base della sussistenza di «gravi esigenze di servizio».
  A seguito dell'abrogazione dell'articolo 3 della legge n. 48 del 2001 (da parte dell'articolo 4, comma 20, della legge n. 111 del 2007) non esiste più alcun Pag. 7«tetto» massimo complessivo per le destinazioni di magistrati ordinari a incarichi fuori ruolo stabilito con legge. Solo per i magistrati destinati al Ministero della giustizia il decreto legislativo n. 300 del 1999 (articolo 19) stabilisce un numero massimo di 65 unità fuori ruolo.
  La circolare C.S.M. del 23 marzo 1994 (aggiornata da ultimo dalla circolare 8 febbraio 2008) in materia di fuori ruolo dei magistrati, già prevedeva un periodo massimo di fuori ruolo di 10 anni nell'arco della carriera, fissando in 5 anni il periodo massimo di permanenza continuativa in fuori ruolo e prescrivendo un periodo minimo di permanenza continuativa di rientro nel ruolo di 5 anni. I limiti quinquennali possono essere superati in relazione all'espletamento di taluni incarichi (es. le funzioni da svolgere presso la Presidenza della Repubblica, la Corte costituzionale, limitatamente alle posizioni amministrative apicali ed agli assistenti di studio, il Consiglio superiore, limitatamente agli incarichi di Segretario Generale e di Vice Segretario Generale, gli organismi internazionali). La citata circolare del C.S.M. del 2008 ha previsto un numero massimo di 185 magistrati collocabili fuori del ruolo organico della magistratura ordinaria.
  Per i magistrati amministrativi, la legge n. 186 del 1982 (articolo 29) prevede il collocamento fuori ruolo, da parte del Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa, solo per lo svolgimento di funzioni giuridico-amministrative presso le amministrazioni dello Stato, ovvero enti od organismi internazionali. In nessun caso è consentito il collocamento fuori ruolo dei magistrati oltre le 20 unità. Il fuori ruolo può essere disposto soltanto per i magistrati che abbiano svolto funzioni di istituto per almeno 4 anni e non può avere durata superiore a 3 anni consecutivi; non è consentito, dopo il triennio, un nuovo collocamento fuori ruolo se non dopo 2 anni di effettivo esercizio delle funzioni di istituto.
  Il decreto del Presidente della Repubblica n. 418 del 1993 (regolamento sugli incarichi dei magistrati amministrativi) prevede che le cariche ricoperte presso autorità indipendenti o di alta amministrazione e garanzia, e gli incarichi di segretario generale presso la Presidenza della Repubblica, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e la Corte costituzionale, di capo dipartimento presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e di capo di gabinetto presso i Ministeri, di direttore della Scuola superiore della pubblica amministrazione determinano obbligatoriamente il collocamento fuori ruolo (articolo 9).
  Il decreto del Presidente della Repubblica n. 584 del 1993 (Regolamento sugli incarichi consentiti o vietati agli avvocati e procuratori dello Stato) prevede possibili incarichi – tra gli altri – presso la Presidenza della Repubblica, il Parlamento, la Corte costituzionale, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, i Ministeri, altri organi di rilevanza costituzionale; cariche e incarichi presso autorità amministrative indipendenti, ovvero presso soggetti, enti e istituzioni che svolgono compiti di alta amministrazione e di garanzia; incarichi presso enti e organismi internazionali o sovranazionali; altri incarichi previsti da leggi dello Stato il cui conferimento sia giustificato da particolari e motivate esigenze di garanzia (articolo 3). Il collocamento fuori ruolo, a qualsiasi titolo venga disposto, è consentito solo nei casi espressamente previsti dalla legge e non può superare la durata di tre anni, salvo i casi di diversa durata stabilita dalla legge (articolo 8).
  L'articolo 3 del regio decreto n. 120 del 1941 (Modificazioni all'ordinamento dell'Avvocatura dello Stato) prevede che gli avvocati dello Stato, ai quali anche in applicazione di disposizione di legge o di regolamento, vengono, col loro consenso, affidati uffici, incarichi speciali o missioni, compresi quelli da espletarsi presso le amministrazioni o gli enti pubblici, che non consentono il regolare e continuo esercizio delle funzioni di avvocato dello Stato, sono, temporaneamente, collocati fuori ruolo. La norma precisa che gli avvocati dello Stato chiamati a far parte dei gabinetti o degli uffici legislativi dipendenti da un Ministro della Repubblica Pag. 8sono collocati fuori ruolo. Gli avvocati dello Stato, la cui collaborazione sia richiesta per compiti di natura giuridica in via continuativa e per una durata superiore ad un anno da altra amministrazione dello Stato anche ad ordinamento autonomo, possono essere collocati fuori ruolo. Gli avvocati dello Stato fuori ruolo, o in soprannumero, non possono superare contemporaneamente il numero di 20. Il collocamento fuori ruolo è disposto dal Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta dell'avvocato generale dello Stato, sentito il consiglio degli avvocati e procuratori dello Stato.
  Analoga disciplina è dettata dal decreto del Presidente della Repubblica n. 388 del 1995 in relazione agli incarichi consentiti ai magistrati della Corte dei Conti. L'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica stabilisce gli incarichi che determinano obbligatoriamente il collocamento fuori ruolo dei magistrati contabili ovvero: le cariche ricoperte presso autorità indipendenti o di alta amministrazione e garanzia, gli incarichi di Segretario generale presso la Presidenza della Repubblica, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e la Corte costituzionale, di capo dipartimento presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e di capo di gabinetto presso i Ministeri, di direttore della Scuola superiore della pubblica amministrazione determinano il collocamento fuori ruolo.
  Per i magistrati militari, il codice dell'ordinamento militare (decreto legislativo n. 66 del 2010), stabilisce che lo stato giuridico, le garanzie d'indipendenza, l'avanzamento e il trattamento economico sono regolati dalle disposizioni in vigore per i magistrati ordinari, in quanto applicabili (articolo 52, comma 4).

  Federico PALOMBA, vicepresidente della II Commissione, in sostituzione della presidente Giulia Bongiorno, relatrice per la II Commissione, impossibilitata a partecipare alla odierna seduta, illustra il contenuto dello schema di decreto legislativo.
  Osserva quindi come il provvedimento in esame si componga di due articoli.
  L'articolo 1, comma 1, individua gli incarichi apicali e semiapicali di cui all'articolo 1, co. 66, della legge delega, il cui conferimento comporta necessariamente, per tutta la durata dell'incarico, il collocamento in posizione di fuori ruolo dei magistrati (ordinari, amministrativi, militari, contabili) e degli avvocati e procuratori dello Stato, ovvero, se richiesta, di aspettativa senza assegni ai sensi dell'articolo 23-bis del d.lgs. 165/2001 (tale articolo, con specifico riguardo agli incarichi pubblici, stabilisce che i magistrati ordinari, amministrativi e contabili e gli avvocati e procuratori dello Stato sono collocati, salvo motivato diniego dell'amministrazione di appartenenza in ordine alle proprie preminenti esigenze organizzative, in aspettativa senza assegni per lo svolgimento di attività presso soggetti e organismi pubblici, anche operanti in sede internazionale, i quali provvedono al relativo trattamento previdenziale).
  In base allo schema di decreto costituiscono incarichi apicali o semiapicali i seguenti: Presidente, componente, segretario e vice segretario generale di Autorità amministrative indipendenti; segretario generale e consigliere della Presidenza della Repubblica; capo dell'ufficio del Presidente emerito della Repubblica (ex presidenti); segretario e vice segretario generale della Corte costituzionale; segretario generale, vice segretario generale e capo dipartimento della Presidenza del Consiglio; segretario generale del CNEL; segretario generale e capo di gabinetto presso enti territoriali e locali; capo di gabinetto e capo dipartimento dei ministeri; capo di gabinetto di un membro della Commissione europea; presidente delle scuole pubbliche di formazione; direttore e vicedirettore delle Agenzie.
  Il comma 2 dell'articolo 1 dello schema in esame stabilisce che gli stessi soggetti di cui al comma 1 (appartenenti alle diverse magistrature, avvocati e procuratori dello Stato), ove nominati presso organi o enti partecipati o controllati dallo Stato, siano comunque collocati obbligatoriamente in aspettativa senza assegni.Pag. 9
  L'articolo 2 dello schema di decreto legislativo, in attuazione dell'articolo 1, comma 67, della legge delega, individua gli ulteriori incarichi (quindi, diversi da quelli apicali o semiapicali) la cui assunzione è subordinata alla collocazione del dipendente pubblico in posizione di fuori ruolo (o, se richiesta, in aspettativa senza assegni). Si tratta dei seguenti incarichi: Capo della segreteria tecnica di ministri, vice ministri e sottosegretari; Capo ufficio legislativo di ministri con portafoglio (il fuori ruolo è obbligatorio solo se l'organo di autogoverno ritenga che l'incarico comporti un'attività lavorativa continuativa particolarmente onerosa o comunque tale da rendere incompatibile l'impegno richiesto con lo svolgimento degli ordinari compiti d'istituto); Direttore e vice direttore delle scuole pubbliche di formazione; Presidente o segretario generale o equipollente di ente pubblico non economico; capo dipartimento o direttore generale presso lo stesso ente; Incarico di livello dirigenziale presso i ministeri e le agenzie.
  L'articolo 2 fa salve le altre disposizioni che, alla data di entrata in vigore del decreto legislativo, già prevedono il collocamento obbligatorio in posizione di fuori ruolo.

  Linda LANZILLOTTA (Misto) evidenzia preliminarmente come la discussione relativa al collocamento fuori ruolo dei magistrati vada impostata non tanto nei termini delle prerogative degli stessi quanto piuttosto nell'ottica di assicurare un corretto bilanciamento tra l'acquisizione di specifiche professionalità da parte di taluni organi ed enti e la necessità di preservare la funzionalità della magistratura nonché la coerenza e la compatibilità delle funzioni «consultive» con l'esercizio di quelle giurisdizionali. Ne deriva la necessità, quanto meno per i magistrati amministrativi, alla luce del contingente ristretto, di essere molto selettivi nella valutazioni delle cariche che possono essere collocate fuori ruolo.
  In particolare, riguardo al testo in esame, ritiene singolari alcuni aspetti: in primo luogo, all'articolo 1, comma 1, è a suo avviso opportuno valutare se mantenere tra gli «incarichi apicali e semiapicali», che sono obbligatoriamente collocati fuori ruolo, alcune delle categorie ivi elencate, a partire da quella di capo dell'ufficio del Presidente emerito della Repubblica, anche considerato che la stessa non sembra presupporre una rilevante intensità di funzioni. Al contempo, al fine di evitare un'eccessiva dilatazione degli incarichi in questione, è necessario svolgere una specifica riflessione riguardo alle categorie dei «vice» – specificandone comunque il numero massimo – nonché rispetto a quella di «segretario generale presso enti territoriali e locali».
  A suo avviso, al medesimo articolo 1, comma 1, occorre altresì specificare ulteriormente la natura e la tipologia delle «scuole pubbliche di formazione» ivi richiamate, considerata la molteplicità di tali figure operanti sul territorio nazionale.
  Per quanto attiene alle previsioni dell'articolo 2, ritiene che sia incongrua l'esclusione dei capi ufficio legislativo dei ministri senza portafoglio, tenuto conto che in molti casi – come per la funzione pubblica, gli affari regionali e gli affari europei – è proprio in questi settori che vi è la maggiore necessità di redazione di testi legislativi e, quindi, un'intensità di impegno evidente.
  Ritiene inoltre che vada rivista la parte del testo, contenuta al comma 1 dell'articolo 2, che rimette la decisione sul collocamento in posizione di fuori ruolo o, su richiesta, di aspettativa senza assegni, al competente organo di autogoverno, chiamato a valutare se l'incarico comporti lo svolgimento di un'attività lavorativa continuativa particolarmente onerosa o comunque tale da rendere incompatibile il contestuale svolgimento delle funzioni di istituto: si tratta, infatti, di un compito che andrebbe ricondotto solo alla legge. Di conseguenza, tra gli incarichi apicali o semiapicali elencati nell'articolo 1 vanno a suo avviso compresi tutti gli incarichi di capo dell'ufficio legislativo dei ministeri, anche senza portafoglio.

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  Gianclaudio BRESSA (PD) esprime l'avviso che l'articolo 1 dello schema di decreto in esame non trovi rispondenza nella disposizione di delega e che nel complesso il provvedimento complichi, anziché semplificare il quadro normativo sulla materia. In particolare, vengono considerati come incarichi apicali incarichi che non dovrebbero essere attribuiti a magistrati – ad esempio l'incarico di segretario generale di enti locali – mentre non vengono compresi nell'elenco incarichi che sono apicali, come quello di capo dell'ufficio legislativo di Ministeri, o semiapicali, come quello di vice capo di gabinetto. In particolare ritiene che l'incarico di capo dell'ufficio legislativo di un Ministero debba necessariamente comportare per il magistrato il collocamento in posizione di fuori ruolo, non essendo ammissibile innanzitutto sotto il profilo della separazione di poteri che un magistrato svolga nel contempo tale incarico e le funzioni giurisdizionali, tanto più che tra i principi e criteri direttivi della delega c'era il richiamo all'esigenza di evitare possibili situazioni di conflitto di interesse.

  Donatella FERRANTI (PD) dichiara di condividere pienamente i rilievi dell'onorevole Bressa, limitandosi ad alcune considerazioni di carattere generale sullo schema di decreto in esame. Ritiene, in particolare, che questo sia stato impostato in maniera errata dal Governo, in quanto si è proceduto ad una elencazione degli incarichi apicali e semiapicali assolutamente non prevista dalla delega, operando scelte censurabili sia per difetto che in eccesso. Ad esempio, ritiene sbagliato non aver inserito tra gli incarichi apicali di cui all'articolo 1 anche i capi di dipartimento. Ricorda che lo spirito della delega era ben diverso, essendo questa diretta ad individuare gli incarichi ulteriori, rispetto a quelli apicali e semiapicali, che appaiano incompatibili con il contemporaneo esercizio delle funzioni giurisdizionali. Il Governo si sarebbe dovuto limitare a ciò senza procedere ad alcuna elencazione e, quindi, individuazione degli incarichi apicali e semiapicali.

  Rita BERNARDINI (PD) osserva che le Commissioni I e II sono state convocate urgentemente a Camere sciolte per affrontare tematiche non fondamentali per la vita dei cittadini. Ricorda che gli italiani nel 2000 si sono già mostrati fortemente contrari agli incarichi extragiudiziari dei magistrati quando, senza tuttavia raggiungere il quorum, hanno votato a favore del referendum, di iniziativa dei radicali, volto all'abrogazione delle norme che consentono questi incarichi. Ritiene illogico e contraddittorio, anche a fronte della scopertura degli organici, consentire che un numero significativo di magistrati possa non svolgere la funzione giurisdizionale per ricoprire incarichi che nulla hanno a che vedere con l'esercizio di tale funzione. Ritiene, inoltre, innegabile che l'esercizio di incarichi extragiudiziari da parte dei magistrati rappresenti un vulnus al principio della separazione dei poteri, in quanto un medesimo soggetto «scrive» una legge e poi ne verifica l'applicazione. Sottolinea quindi l'aspetto del conflitto di interessi, che deve essere tenuto in debito conto, come risulta evidente, ad esempio, dalla peculiare legislazione italiana per la quale i magistrati solo sulla base dell'anzianità, anziché del merito, raggiungono il massimo livello di carriera e di stipendio. Anche in questo caso si tratta di leggi «scritte» da magistrati e, in particolare, da magistrati che prestano il loro servizio presso l'ufficio legislativo del Ministero della giustizia. Tutto ciò non viene preso in considerazione dallo schema di decreto in esame, la cui valutazione non può che essere negativa.

  Pierluigi MANTINI (UdCpTP), premesso che è necessario, a suo avviso, che le Commissioni rendano un parere equilibrato, rileva come sussista un vizio d'origine, che pervade anche lo schema di decreto legislativo in esame e fa perdere il baricentro della questione: la materia del riordino della presenza di magistrati nella pubblica amministrazione non andava trattata all'interno di una legge anticorruzione.Pag. 11
  Infatti non è implicito che le funzioni indicate nell'articolato dello schema debbano essere svolte da magistrati. È necessario che il riordino dell'assegnazione di tali ruoli avvenga attraverso lo svolgimento di concorsi e sia basato sul merito. Solo così si potrà ottenere una disciplina più restrittiva del collocamento fuori ruolo dei magistrati. Se il tema è limitare – lo ribadisce – la presenza dei magistrati nella pubblica amministrazione, è questo l'ambito dove intervenire e non l'anticorruzione.
  In merito al parere da rendere, ritiene che si possano fare alcune osservazioni, ma che non sia questa la sede per un riordino razionale della materia.

  Roberto GIACHETTI (PD) prende atto del fatto che non è stato possibile avere dal Governo le informazioni richieste, il che non consente alle Commissioni di avere piena cognizione di causa nella materia di cui si tratta. A parte questo, rileva che la finalità perseguita dalle disposizioni introdotte su questa materia nella legge anticorruzione durante l'esame alla Camera era chiara: si trattava di limitare il conferimento di incarichi extragiudiziari ai magistrati, nel contempo imponendo il collocamento fuori ruolo ai magistrati titolari di tali incarichi, in modo da superare un evidente problema di incompatibilità e di conflitto di interessi. A fronte di questa esigenza, tuttavia, prima le modifiche introdotte dal Senato alla legge anticorruzione e poi il modo in cui il Governo ha esercitato la delega su questa materia hanno di fatto, in conseguenza delle pressioni esercitate dai diretti interessati, snaturato le disposizioni approvate dalla Camera, portando ad un quadro normativo che, se anche impone il fuori ruolo per alcuni incarichi, non pone però un limite al conferimento di incarichi extragiudiziari ai magistrati e anzi dispone apertamente che questi possono ricoprire anche incarichi che non si vede per quale ragione dovrebbero essere ricoperti da magistrati, come quello di segretario generale presso enti territoriali e locali.

  Enrico COSTA (PdL) dichiara di non comprendere pienamente l'intervento dell'onorevole Giachetti, posto che il tema degli incarichi giudiziari dei magistrati è stato da lui introdotto nel corso dell'esame del disegno di legge n. 4434, in materia di corruzione, e che il tema è stato poi affrontato e sviluppato rimanendo sostanzialmente nella linea tratteggiata dalla sua proposta emendativa.
  Ricorda, peraltro, come sia stato il Governo a chiedere di non affrontare in maniera complessiva il tema degli incarichi extragiudiziari nell'ambito della legge anticorruzione e sottolinea come lo schema di decreto legislativo rappresenti un passo in avanti anche se, tenuto conto della natura estremamente scarna ed essenziale della relativa disciplina, sarebbe stato preferibile evitare di ricorrere alla delega legislativa e provvedere direttamente nell'ambito del disegno di legge n. 4434. Ritiene che il provvedimento in esame possa essere valutato favorevolmente, pur considerando condivisibili monte delle premesse della proposta alternativa di parere dell'onorevole Bernardini.

  Mario TASSONE (UdCpTP), osserva come lo schema di decreto legislativo in esame risenta di una classica eterogenesi dei fini, che lo porta a distaccarsi dalla norma della legge anticorruzione, ambito – concorda con il collega Mantini – peraltro inadeguato al tema del riordino della presenza dei magistrati nella pubblica amministrazione.
  Una presenza, quella dei magistrati, esorbitante dalla propria sfera e che può essere causa di distorsioni nell'applicazione del principio della divisione dei poteri.
  Il problema, infatti, non è tanto il tetto da porre al numero di distacchi di magistrati, ma il ricondurli nella sfera giurisdizionale. In quest'ottica, l'istituto del fuori ruolo deve rappresentare un'eccezione.
  L'articolo aggiuntivo del collega Giachetti, approvato dalla Camera, aveva il fine di limitare nel tempo la collocazione Pag. 12fuori ruolo dei magistrati e di riordinare la loro presenza. Il decreto legislativo sembra andare invece in una direzione opposta a quella che era l'intenzione del legislatore; non risolve le contraddizioni e complica la materia.
  Non se la sente, quindi, di esprimere un giudizio positivo sullo schema di decreto in esame, se non verrà riarticolato. Ma il problema è, a suo avviso, un riordino complessivo della materia che risolva un'anomalia che si è espansa in modo rilevante. Un riordino che andrà compiuto dal Parlamento nella prossima legislatura.

  Andrea ORLANDO (PD) ritiene che la discussione in atto sia il risultato di un equivoco relativo all'oggetto della delega. Per quanto sia necessario colmare il vuoto normativo e disciplinare in maniera estremamente rigorosa la materia degli incarichi extragiudiziari, la delega ha l'obiettivo di individuare ulteriori incarichi, rispetto a quelli apicali e semiapicali, il cui svolgimento debba comportare necessariamente il collocamento fuori ruolo del magistrato in quanto risultino incompatibili con l'esercizio delle funzioni giurisdizionali.
  Condivide l'intervento dell'onorevole Costa nel punto in cui ha ricordato che è stato proprio il Governo a chiedere di non affrontare in maniera complessiva il tema degli incarichi extragiudiziari nell'ambito della legge anticorruzione, in quanto materia estremamente complessa che necessiterebbe di un intervento legislativo. Nel momento in cui il Governo nell'esercitare la delega sceglie di fare una elencazione di tutti gli incarichi apicali e semiapicali rischia di uscire dai limiti della delega e di cercare di disciplinare la materia in esame cadendo in quell'errore nel quale sarebbe potuto incorrere il Parlamento in occasione dell'elaborazione della legge anticorruzione.
  Ritiene che nel procedere all'elencazione degli incarichi apicali e semiapicali il Governo abbia sbagliato non inserendovi i capi legislativi dei ministeri, i quali svolgono una funzione che è sicuramente incompatibile con l'esercizio della funzione giurisdizionale.

  Donato BRUNO, presidente e relatore per la I Commissione, presenta, anche a nome del relatore per la II Commissione, una proposta di parere favorevole con una condizione (vedi allegato 1). Comunica, inoltre, che è stata presentata una proposta di parere alternativa a prima firma della deputata Bernardini (vedi allegato 2).

  Rita BERNARDINI (PD) illustra la proposta di parere alternativa.

  Gianclaudio BRESSA (PD) preannuncia il voto favorevole del suo gruppo sulla proposta di parere del presidente, a condizione che sia riformulata per chiedere al Governo anche di eliminare dall'elenco degli incarichi apicali o semiapicali di cui all'articolo 1 quello di segretario generale presso enti locali.

  Linda LANZILLOTTA (Misto) preannuncia il proprio voto favorevole sulla proposta di parere del presidente, a condizione che sia riformulata per chiedere al Governo di eliminare dall'elenco degli incarichi apicali o semiapicali di cui all'articolo 1 quello di segretario generale presso enti territoriali e locali e quello di capo dell'ufficio del Presidente emerito della Repubblica, nonché di eliminare il riferimento all'incarico di capo dell'ufficio legislativo di Ministeri, che, se si vuole assicurare la separatezza di poteri, non deve in ogni caso essere svolto da magistrati, neppure collocati in posizione di fuori ruolo.

  Donato BRUNO, presidente e relatore per la I Commissione, riformula, anche a nome del relatore per la II Commissione, la proposta di parere (vedi allegato 3). Avverte inoltre che la proposta del relatore sarà posta in votazione per prima, mentre la proposta di parere alternativa sarà posta in votazione solo ove quella del relatore sia respinta.

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  Le Commissioni approvano la proposta di parere del presidente, come riformulata (vedi allegato 3).

  Il sottosegretario Giampaolo D'ANDREA, dopo aver sentito gli uffici competenti, rispondendo al deputato Giachetti avverte che il Governo fornirà le informazioni richieste entro una settimana, trasmettendole al Presidente della Camera.

  Roberto GIACHETTI (PD) ricorda che l'ordine del giorno impegna il Governo a rendere pubbliche le informazioni in questione mediante pubblicazione sui siti internet istituzionali.

  La seduta termina alle 14.15.

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