CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 14 novembre 2012
739.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni (I)
COMUNICATO
Pag. 7

COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

  Mercoledì 14 novembre 2012. — Presidenza del presidente Isabella BERTOLINI.

  La seduta comincia alle 11.35.

Disposizioni in materia di riconoscimento dei figli naturali.
C. 2519-B ed abb., approvato, in un testo unificato, dalla Camera e modificato dal Senato.

(Parere alla II Commissione).
(Seguito dell'esame e conclusione – Parere favorevole).

  Il Comitato prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta dell'8 novembre 2012.

  Isabella BERTOLINI, presidente e relatore, richiama la relazione svolta nella precedente seduta e richiama il parere espresso il 23 giugno 2011 sul precedente testo trasmesso dalla Commissione di merito.
  Rileva, quindi, che il provvedimento interviene in materia di «ordinamento civile» e «giurisdizione e norme processuali», che l'articolo 117, secondo comma, lettera l) della Costituzione riserva alla legislazione esclusiva dello Stato.
  Evidenzia che l'articolo 1, comma 3, inserito nel provvedimento dal Senato, consente, previa autorizzazione del giudice che valuta l'interesse del figlio, il riconoscimento dei figli nati «da persone tra le quali esiste un vincolo di parentela in linea retta all'infinito o in linea collaterale nel secondo grado, ovvero un vincolo di affinità in linea retta».
  Ricorda che l'articolo 29, primo comma, stabilisce che «La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio». L'articolo 30, sesto comma, della Costituzione stabilisce che «la legge assicura ai figli nati fuori dal matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima».
  Evidenzia che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 494 del 2002, ha rilevato che la Costituzione contiene bensì una clausola generale di riconoscimento dei diritti della famiglia, come società naturale fondata sul matrimonio (articolo 29, primo comma), e consente quindi di esigere comportamenti conformi e di prevedere conseguenze e misure, anche penali, nei confronti degli autori di condotte che della famiglia compromettano l'identità, ciò che avviene, per l'appunto, nel caso dell'incesto, ma non appare giustificabile, in base alla Costituzione, l'adozione di misure sanzionatorie al di là di questa cerchia, che coinvolga «soggetti totalmente privi di responsabilità – come sono i figli di genitori incestuosi, meri portatori delle conseguenze del comportamento dei loro genitori e designati dalla sorte a essere involontariamente, Pag. 8con la loro stessa esistenza, segni di contraddizione dell'ordine familiare».
  Nella medesima sentenza, la Corte costituzionale ha altresì rilevato che la riserva di cui al citato sesto comma dell'articolo 30 «mal si presta a essere interpretata in modo tanto generico e atecnico, fino a ricomprendervi la protezione di condizioni di serenità psicologica, ciò che potrebbe condurre a negare del tutto il riconoscimento giuridico della filiazione naturale, premessa della tutela che la Costituzione vuole assicurare nel modo più pieno possibile a tutti i figli nati al di fuori del matrimonio».
  Alla luce di tali considerazioni, formula una proposta di parere favorevole (vedi allegato 1).

  Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del presidente.

Norme riguardanti interventi in favore delle gestanti e delle madri volti a garantire il segreto del parto alle donne che non intendono riconoscere i loro nati.
Nuovo testo C. 3303 Lucà.
(Parere alla XII Commissione).
(Esame e rinvio).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Doris LO MORO (PD), relatore, dopo aver brevemente illustrato il provvedimento, si riserva di formulare una proposta di parere in altra seduta, in modo da poter approfondire alcuni aspetti del testo e in particolare l'ultimo comma dell'articolo unico. Questo comma abroga il comma 2 dell'articolo 9 della legge n. 40 del 2004, il quale prevede che la madre del nato a seguito dell'applicazione di tecniche di procreazione medicalmente assistita non può dichiarare la volontà di non essere nominata, ai sensi dell'articolo 30, comma 1, del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396.
  Osserva che il combinato disposto dell'abrogazione di questo comma 2 e del comma 1 del medesimo articolo 9, che non viene toccato dalla proposta in esame, potrebbe determinare una disparità di trattamento – ma questo è appunto l'oggetto dell'approfondimento – per il coniuge o il convivente della donna, atteso che il comma 1 citato prevede che, qualora a dispetto del divieto stabilito dalla legge stessa il concepimento sia avvenuto con tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, il coniuge o il convivente della donna che partorisce e il cui consenso sia ricavabile da atti concludenti non può esercitare l'azione di disconoscimento della paternità nei casi previsti dall'articolo 235, primo comma, numeri 1) e 2), del codice civile, né l'impugnazione di cui all'articolo 263 dello stesso codice. Occorre quindi riflettere sulla posizione giuridica in cui verrebbe a trovarsi nei confronti del nato il coniuge o il convivente consenzienti di una donna che abbia partorito un figlio concepito con tecniche di procreazione medicalmente assistita e che dopo il parto decida di mantenere di avvalersi della facoltà di restare anonima.

  Isabella BERTOLINI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Ratifica ed esecuzione della Convenzione concernente la competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l'esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori, conclusa all'Aja il 19 ottobre 1996.
Nuovo testo C. 3858 Di Biagio ed abb.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Isabella BERTOLINI, presidente e relatore, ricorda che la Convenzione concernente la competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l'esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale Pag. 9e di misure di protezione dei minori in esame, conclusa all'Aja il 19 ottobre 1996 e in vigore dal 1o gennaio 2002 è stata firmata dall'Italia il 1o aprile 2003. La Convenzione in esame consta di 63 articoli.
  Illustra quindi il progetto di legge adottato quale nuovo testo dalla III Commissione nella seduta del 6 novembre scorso, che si compone di otto articoli. Gli articoli 1 e 2 recano, rispettivamente, l'autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione. L'articolo 3 reca la clausola di salvaguardia la quale prevede che l'attuazione delle norme di cui alla legge avviene in conformità agli accordi internazionali sottoscritti e ratificati dall'Italia nonché nel pieno rispetto delle vigenti norme interne in materia di protezione dei minori. L'articolo 4 dispone l'abrogazione, a decorrere dalla data di entrata in vigore della Convenzione, delle disposizioni della Convenzione sulla competenza delle autorità e sulla legge applicabile in materia di protezione dei minori del 5 ottobre 1961 resa esecutiva dalla legge 24 agosto 1980, n. 742 incompatibili con essa. La norma dispone, altresì, che i riferimenti alla Convenzione del 1961 contenuti nella legge 31 maggio 1995 n. 218 si intendono sostituiti dai riferimenti alla Convenzione del 1996 in esame. L'articolo 5 – modificato nel corso della richiamata seduta del 6 novembre scorso – è volto all'attuazione dell'articolo 29 della Convenzione, che prevede l'obbligo per ogni Stato-parte di designare un'Autorità centrale cui è affidato l'onere di adempiere agli obblighi imposti dalla Convenzione stessa. Questa Autorità – per l'Italia – è individuata nella «Commissione per la protezione dei minori e per le adozioni internazionali» che va quindi a sostituire l'attuale Commissione per le adozioni internazionali. Il medesimo articolo prevede altresì l'adozione, entro due mesi dalla vigenza della legge in esame, di un regolamento, di modifica del vigente decreto del Presidente della Repubblica n. 108 del 2007, che disciplini organizzazione, funzionamento e composizione della nuova Commissione, fermo restando il numero massimo di 23 membri. L'articolo 6 mira all'integrazione della disciplina di protezione del minore dettata dall'articolo 34 della legge sull'adozione n. 184 del 1983. Tale norma prevede, infatti che il minore che ha fatto ingresso nel territorio italiano sulla base di un provvedimento straniero di adozione o di affidamento preadottivo gode, dal momento dell'ingresso, di tutti i diritti attribuiti al minore italiano in affidamento familiare. Spetta ai servizi sociali degli enti locali e agli enti autorizzati – su richiesta degli interessati – assistere i genitori e il minore, dal momento dell'ingresso in Italia e per almeno un anno. I servizi e gli enti, in ogni caso riferiscono al tribunale dei minori sull'andamento dell'inserimento, segnalando le eventuali difficoltà per gli opportuni interventi. L'articolo 7 reca la clausola di invarianza finanziaria e l'articolo 8 fissa l'entrata in vigore della legge per il giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
  Richiamato quindi quanto già evidenziato nel parere riferito al precedente testo trasmesso dalla Commissione di merito, formula una proposta di parere favorevole (vedi allegato 2).

  Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del presidente.

Ratifica ed esecuzione della Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana e la Gran Jamahiriya araba libica popolare socialista per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, fatta a Roma il 10 giugno 2009.
C. 5271 Governo.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Isabella BERTOLINI, presidente, sostituendo il relatore, illustra il provvedimento in titolo. Ricorda che la Convenzione tra il Governo della Repubblica Pag. 10italiana e la Gran Jamahiriya araba libica popolare socialista per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio è stata siglata a Roma il 10 giugno 2009. Come precisato nella relazione che accompagna il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica, la Convenzione in esame, pur accogliendo in ampia misura l'originario progetto italiano di convenzione contro le doppie imposizioni basato sul modello OCSE, è stata elaborata tenuto anche conto sia del fatto che la Libia non fa parte dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, sia della specificità dei rapporti italo-libici.
  La Convenzione è volta ad agevolare i rapporti economici tra i due Paesi, garantendo trasparenza e prevenendo le eventuali evasioni fiscali, nonché evitando i fenomeni di doppia imposizione. L'atto pattizio, inoltre, risponde all'esigenza di definire una base giuridica di riferimento per gli operatori economici italiani che effettuano attività di interscambio commerciale e finanziario con la Libia. La Convenzione, inoltre, predispone la base giuridica per la cooperazione tra le amministrazioni, anche in vista di una più efficace lotta all'evasione fiscale; la verifica del grado di raggiungimento dei benefìci auspicati avrà come indice di riferimento l'incremento dell'interscambio commerciale tra i due Paesi e la diminuzione dei reati di evasione fiscale.
  Rileva che, con riferimento al contenuto, la Convenzione si compone di 30 articoli. L'articolo 1 individua la sfera soggettiva di applicazione della Convenzione nelle persone residenti di uno o di entrambi gli Stati contraenti. Per quanto attiene alla sfera oggettiva di applicazione (articolo 2), le imposte specificamente considerate per l'Italia sono l'imposta sul reddito delle persone fisiche; l'imposta sul reddito delle società; l'imposta sul reddito delle persone giuridiche. Dopo l'articolo 3, che reca definizioni generali e l'articolo 4, dedicato alla definizione dei residenti, con l'articolo 5 si ha la definizione di stabile organizzazione. Ai sensi dell'articolo 6, fatta salva ogni altra disposizione della Convenzione in esame, i redditi provenienti da uno Stato contraente sono imponibili in detto Stato. A norma dell'articolo 7 la tassazione dei redditi immobiliari, comprese le attività agricole o forestali nonché i redditi derivanti da beni immobili di un'impresa e quelli derivanti dai beni immobili utilizzati per l'esercizio di una professione indipendente, è a favore del Paese in cui sono situati gli immobili. L'articolo 8 attribuisce il diritto esclusivo di tassazione degli utili delle imprese allo Stato di residenza dell'impresa stessa, fatto salvo il caso in cui questa svolga attività nell'altro Stato per mezzo di una stabile organizzazione ivi situata; in quest'ultima ipotesi, lo Stato in cui è localizzata la stabile organizzazione può tassare gli utili realizzati sul proprio territorio mediante tale stabile organizzazione. Gli utili derivanti dall'esercizio, in traffico internazionale, della navigazione marittima ed aerea sono tassati, in linea con le raccomandazioni OCSE, esclusivamente nel Paese dove è situata la sede di direzione effettiva dell'impresa di navigazione (articolo 9). L'articolo 10, che dispone in tema di imprese associate, consente (paragrafo 2) agli Stati contraenti di effettuare rettifiche in aumento o in diminuzione dei redditi accertati dalle rispettive amministrazioni fiscali e di procedere ai conseguenti aggiustamenti. La norma prevede che possano porsi in essere le eventuali rettifiche del reddito accertato soltanto previo esperimento della procedura amichevole prevista all'articolo 26 della Convenzione in esame. Il trattamento convenzionale riservato ai dividendi (articolo 11) è caratterizzato dalla previsione della tassazione definitiva nel Paese di residenza del beneficiario e della concorrente facoltà, accordata allo Stato da cui essi provengono, di prelevare un'imposta alla fonte entro limiti espressamente previsti. In particolare, sono state stabilite aliquote differenziate di ritenuta nello Stato della fonte, da applicare all'ammontare lordo, rispettivamente del 5 per cento, per partecipazioni di almeno il 25 per cento; negli altri casi l'aliquota prevista è del 10 per cento. Quanto alla disciplina Pag. 11degli interessi e canoni, di cui agli articoli 12 e 13, la Convenzione promuove il principio di tassazione nel Paese di residenza. Una clausola inserita in ciascuno dei tre articoli è volta a limitare l'applicabilità delle disposizioni domestiche libiche in materia di forza attrattiva della stabile organizzazione. L'articolo 14 disciplina la tassazione degli utili da capitale. Quanto ai redditi derivanti dall'esercizio di una professione indipendente, l'articolo 15 prevede l'imposizione nel Paese di residenza; per aversi la tassabilità degli stessi redditi nel Paese di prestazione dell'attività, viene considerato il criterio della base fissa oppure il criterio dei 183 giorni. L'articolo 16 regola il trattamento fiscale dei redditi derivanti da remunerazioni per lavoro subordinato (diverse dalle pensioni), che sono tassate nel Paese presso il quale viene prestata l'opera. L'articolo 17 prevede la tassabilità di compensi e gettoni di presenza nel Paese di residenza della società che li corrisponde. Ai sensi dell'articolo 18 i redditi di artisti e sportivi residenti nell'altro Stato contraente sono imponibili nel Paese di prestazione dell'attività. Le pensioni e le altre remunerazioni analoghe corrisposte ad un residente di uno Stato contraente sono tassabili esclusivamente nel Paese di residenza del beneficiario. Per quanto concerne le remunerazioni pagate a fronte di servizi resi allo Stato, diverse dalle pensioni, queste sono imponibili soltanto nello Stato pagatore. Tali remunerazioni, tuttavia, sono imponibili nell'altro Stato qualora i servizi siano resi in detto Stato, la persona fisica sia ivi residente e ne abbia la nazionalità senza avere quella dello Stato pagatore, ovvero – senza avere la nazionalità dello Stato pagatore – sia divenuta residente dell'altro Stato al solo scopo di rendervi i servizi. Analogo regime di tassazione è previsto per le pensioni. Le somme ricevute per spese di mantenimento ed istruzione da studenti o apprendisti che si recano in uno Stato contraente sono esenti da imposta in tale Stato per sette anni consecutivi purché provenienti da fonti situate fuori da esso. L'articolo 22 stabilisce che, in linea generale, i redditi diversi da quelli esplicitamente considerati nell'articolato della Convenzione sono imponibili esclusivamente nello Stato di residenza del percipiente. Quanto ai metodi per eliminare la doppia imposizione (articolo 23), è prevista una combinazione fra il sistema di imputazione ordinaria utilizzato dal nostro Paese e quello misto, previsto per i residenti in Libia, fra esenzione e credito per i redditi di capitale. Le disposizioni convenzionali relative alla non discriminazione prevedono che, in linea di massima, valga il principio che i residenti di uno Stato contraente non possano essere assoggettati nell'altro Stato ad imposizioni diverse rispetto a quelle previste per i residenti di quest'altro Stato. L'articolo 25 prevede la procedura amichevole per la composizione di controversie relative all'interpretazione e all'applicazione delle disposizioni convenzionali, senza la possibilità di ricorso all'arbitrato. L'articolo 26 detta norme in tema di scambio di informazioni tra le autorità competenti degli Stati contraenti. L'articolo 27 stabilisce che le disposizioni della Convenzione non pregiudicano i privilegi fiscali di cui beneficiano diplomatici o funzionari consolari in virtù delle regole del diritto internazionale o delle disposizioni di accordi particolari. L'articolo 28 disciplina il metodo di applicazione indiretta delle aliquote ridotte, laddove i sostituti d'imposta decidano di non esercitare la propria facoltà di procedere all'applicazione diretta dei benefìci convenzionali. L'articolo 29 dispone l'entrata in vigore della Convenzione mentre l'articolo 30 prevede che la denuncia della convenzione, per via diplomatica, possa intervenire non prima di cinque anni dall'entrata in vigore. Il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica della Convenzione si compone di quattro articoli.
  Formula, in conclusione, una proposta di parere favorevole (vedi allegato 3).

  Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del presidente.

Pag. 12

Ratifica ed esecuzione del Protocollo di modifica alla Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo degli Stati uniti messicani per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo, dell'8 luglio 1991, fatto a Città del Messico il 23 giugno 2011.
C. 5511 Governo.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Isabella BERTOLINI, presidente, sostituendo il relatore, illustra il provvedimento in esame ricordando che il Protocollo, firmato a Città del Messico il 23 giugno 2011, modifica la Convenzione tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo degli Stati uniti messicani per evitare le doppie imposizioni in materia di imposte sul reddito e per prevenire le evasioni fiscali, con Protocollo, dell'8 luglio 1991, ratificata dall'Italia ai sensi della legge 14 dicembre 1994, n. 710.
  Rileva che il Protocollo si compone di tre paragrafi: il paragrafo A modifica l'articolo 3 della Convenzione tra Italia e Messico del 1991 contro le doppie imposizioni introducendo un'innovazione di carattere formale e definitorio relativa alla denominazione del Ministero dell'economia e delle finanze; il paragrafo B dispone la sostituzione dell'articolo 25 (scambio di informazioni) della Convenzione del 1991, prevedendo una più ampia cooperazione tra le amministrazioni dei due Paesi comprensiva, tra il resto, dell'inopponibilità del segreto bancario, del rafforzamento della cooperazione nella lotta all'evasione e dell'adesione agli standard dell'OCSE in materia; il paragrafo C, infine, stabilisce le norme sull'entrata in vigore del Protocollo. Il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica della Convenzione si compone di tre articoli. Il primo reca l'autorizzazione alla ratifica del provvedimento, il secondo il relativo ordine di esecuzione. L'articolo 3, infine, stabilisce che la legge entri in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
  Formula, in conclusione, una proposta di parere favorevole (vedi allegato 4).

  Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di cooperazione fra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica di Estonia sulla lotta contro la criminalità organizzata, il terrorismo ed il traffico illecito di droga, fatto a Tallinn l'8 settembre 2009.
C. 5508 Governo.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Doris LO MORO (PD), relatore, illustra il provvedimento in esame, ricordando che l'Accordo di cooperazione tra Italia ed Estonia, siglato a Tallinn l'8 settembre 2009, è finalizzato al rafforzamento degli sforzi comuni nella lotta contro la criminalità organizzata in tutte le sue manifestazioni, il terrorismo e il narcotraffico con l'obiettivo, più in generale, di meglio tutelare l'ordine e la sicurezza pubblica nei due Paesi, in conformità alle rispettive legislazioni nazionali e agli accordi internazionali da entrambi riconosciuti.
  L'Accordo, che si compone di 16 articoli, si basa essenzialmente sulla previsione di un costante scambio informativo finalizzato alla cooperazione bilaterale nelle materie d'interesse comune ai due Paesi. L'articolo 1 prevede che le Parti, in conformità con le rispettive legislazioni nazionali vigenti, intraprendano ogni attività finalizzata ad intensificare gli sforzi comuni a contrasto della criminalità organizzata, del terrorismo e del narcotraffico; a tale fine sono previste regolari consultazioni tra i rappresentanti dei Ministeri dell'Interno dei due Paesi. La norma individua poi le autorità responsabili dell'attuazione dell'Accordo e prevede la possibilità di istituire specifici settori di cooperazione mediante appositi Protocolli. Pag. 13L'articolo 2 stabilisce che le Parti concordino procedure di comunicazione che permettano il rapido scambio di informazioni anche attraverso lo scambio di ufficiali di collegamento e l'utilizzo dei collegamenti telematici. Ai sensi dell'articolo 3 le Parti, in conformità con le rispettive legislazioni nazionali e fatti salvi gli obblighi derivanti da altri accordi bilaterali o multilaterali, promuoveranno reciprocamente, su richiesta, procedure di indagine su attività relative a criminalità organizzata e prevenzione di atti terroristici, dando immediata comunicazione dei risultati. Le Parti si impegnano a consultarsi in vista dell'adozione di posizioni comuni ed azioni concertate in tutti le sedi internazionali ove si discutano problematiche attinenti alla criminalità organizzata (articolo 4). L'articolo 5 individua le modalità di effettuazione della lotta al terrorismo, che consistono nello scambio di informazioni, dati ed esperienze, nel costante aggiornamento delle reciproche conoscenze in tema di minacce, nonché di tecniche e strutture organizzative atte a contrastarle, anche attraverso corsi di formazione congiunti. Ai sensi dell'articolo 6 la cooperazione bilaterale comprende, sempre conformemente alle rispettive normative nazionali, la ricerca delle persone perseguite per un reato o ricercate per l'esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza. L'articolo 7 stabilisce che la lotta alla criminalità organizzata si estenda all'aggiornamento costante e reciproco delle minacce da essa poste e delle tecniche atte a contrastarla, anche attraverso scambi di esperti, condivisione di analisi ed esperienze (con esplicito riferimento alla gestione dei flussi migratori) e svolgimento di corsi di formazione congiunti. Tra le attività illecite della criminalità organizzata oggetto della cooperazione in quanto di comune interesse vengono, tra le altre, individuate l'immigrazione clandestina, il traffico di esseri umani, induzione alla prostituzione, il traffico illecito di armi, munizioni, esplosivi, materiale strategico e nucleare, il riciclaggio di denaro nonché la falsificazione di documenti, denaro e valori. L'articolo 8 detta disposizioni – analoghe a quelle dei precedenti artt. 5 e 7 – in materia di collaborazione nella lotta al traffico illecito di sostanze stupefacenti, psicotrope e di precursori. Con l'articolo 9 si stabilisce che qualsiasi richiesta di informazione deve contenere una sintetica descrizione degli elementi che la giustificano. L'articolo 10 prevede adeguata tutela per le informazioni e i dati sensibili, che potranno essere scambiati conformemente al diritto interno di ciascuna Parte. L'articolo 11 disciplina le condizioni che possono determinarne il rifiuto, anche parziale, delle richieste di collaborazione ed assistenza. È stabilito che eventuali controversie su aspetti interpretativi e sulla corretta applicazione dell'Accordo siano risolti attraverso i canali diplomatici (articolo 13).
  Ricorda poi che il disegno di legge in esame consta di quattro articoli, i primi due recanti, rispettivamente, l'autorizzazione alla ratifica dell'Accordo tra Italia ed Estonia dell'8 settembre 2009 sulla cooperazione nella lotta alla criminalità, e il relativo ordine di esecuzione. L'articolo 3 reca la norma di copertura degli oneri finanziari derivanti dall'attuazione dell'Accordo, valutati in 122.577 euro a decorrere dall'anno 2012. L'articolo 4, infine, dispone l'entrata in vigore della legge per il giorno successivo alla sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
  Formula, in conclusione, una proposta di parere favorevole (vedi allegato 5).

  Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del relatore.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo di Jersey sullo scambio di informazioni in materia fiscale, fatto a Londra il 13 marzo 2012.
C. 5509 Governo.
(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

Pag. 14

  Isabella BERTOLINI, presidente, sostituendo il relatore, illustra il provvedimento in esame. Ricorda che l'Accordo tra il Governo della Repubblica italiana e il Governo di Jersey sullo scambio di informazioni in materia fiscale, fatto a Londra il 13 marzo 2012, è stato redatto sulla base del modello TIEA (Tax information Exchange agreement) predisposto dall'OCSE nell'aprile 2002, che consiste in un accordo finalizzato allo scambio di informazioni tra gli Stati che, in ragione del ridotto interscambio commerciale, non ritengono necessario stipulare una convenzione contro le doppie imposizioni.
  Rileva che l'Accordo si compone di 13 articoli. L'articolo 1 individua l'oggetto e l'ambito di applicazione dell'accordo: le informazioni oggetto dello scambio sono quelle rilevanti per la determinazione, l'accertamento, l'applicazione e la riscossione delle imposte oggetto dell'Accordo, ovvero per le indagini su questioni fiscali e procedimenti per reati tributari. L'articolo 2 stabilisce che le informazioni siano fornite senza considerare se la persona cui si riferiscono, o quella che le detiene, abbia la residenza o la nazionalità di uno dei due Stati. L'articolo precisa inoltre che l'obbligo di fornire informazioni non sussiste qualora esse non siano detenute dalle autorità domestiche o siano in possesso o sotto il controllo di persone che non si trovino entro la giurisdizione territoriale della Parte interpellata. L'articolo 3 specifica che, per l'Italia, le imposte oggetto dell'Accordo sono: l'imposta sul reddito delle persone fisiche (IRPEF), l'imposta sul reddito delle società (IRES), l'imposta regionale sulle attività produttive (IRAP), l'imposta sul valore aggiunto (IVA), l'imposta sulle successioni, l'imposta sulle donazioni e le imposte sostitutive. Per il Jersey si fa invece riferimento alle imposte sui redditi e all'imposta sui beni e servizi. Di seguito, nell'articolo 4 vengono fornite le definizioni, a fini interpretativi, di alcuni termini utilizzati nel TIEA. L'articolo 5 disciplina le modalità con cui dette informazioni sono richieste da una delle due Parti e fornite dall'altra. Il paragrafo 4 dell'articolo 5 prevede, tra l'altro, il superamento del segreto bancario, conformemente all'obiettivo prioritario della lotta all'evasione, nonché agli standard dell'OCSE in materia. L'articolo 6 viene regolamentata la possibilità di una Parte contraente di consentire che rappresentanti dell'autorità competente dell'altra Parte contraente possano effettuare attività di verifica fiscale nel proprio territorio. Le disposizioni dell'articolo 7 indicano i casi in cui è consentito il rifiuto di una richiesta di informazioni, ad esempio quelli in cui la divulgazione delle informazioni richieste è contraria all'ordine pubblico, o potrebbe rivelare segreti commerciali, industriali o professionali; mentre le garanzie di riservatezza, nell'ambito dello scambio di informazioni della specie, sono previste in particolare dalle disposizioni dell'articolo 8. L'articolo 9 stabilisce che, a meno che stabilito diversamente dalle due parti, i costi ordinari per fornire l'assistenza necessaria ad attuare lo scambio di informazioni siano a carico della parte interpellata, mentre i costi straordinari siano sostenuti dalla parte richiedente. Ai fini dell'applicazione del presente articolo le Parti si impegnano a occasionali reciproche consultazione. Con l'articolo 10 le Parti si impegnano ad adottare la legislazione necessaria per ottemperare e dare applicazione ai termini dell'Accordo. L'articolo 11 prevede la possibilità di avviare una procedura amichevole al fine della risoluzione di controversie tra le Parti riguardanti l'applicazione o l'interpretazione dell'Accordo. L'articolo 12 contiene le disposizioni relative alle modalità di entrata in vigore dell'Accordo, prevista a partire dalla data dello scambio degli strumenti di ratifica o approvazione previsti dagli ordinamenti delle Parti contraenti. L'Accordo avrà effetto retroattivo con riferimento ai reati tributari, mentre avrà effetto da tale data per tutte le altre questioni. L'articolo 13 regola le ipotesi di denuncia dell'Accordo da parte di uno dei due Stati contraenti mediante notifica di cessazione all'altra Parte.
  Fa presente che il disegno di legge di autorizzazione alla ratifica si compone di tre articoli: il primo reca l'autorizzazione Pag. 15alla ratifica del Protocollo, il secondo il relativo ordine di esecuzione, e il terzo prevede l'entrata in vigore della legge di autorizzazione per il giorno successivo a quello della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
  Formula, in conclusione, una proposta di parere favorevole (vedi allegato 6).

  Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del presidente.

Divieto di finanziamento delle imprese che svolgono attività di produzione, commercio, trasporto e deposito di mine antipersona ovvero di munizioni e submunizioni a grappolo.
C. 5407 Mogherini Rebesani.
(Parere alla VI Commissione).
(Esame e conclusione – Parere favorevole).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Isabella BERTOLINI, presidente, sostituendo il relatore, illustra la proposta di legge in esame, volta ad impedire il finanziamento e il sostegno alle imprese produttrici di mine antipersona, di munizioni e di submunizioni a grappolo da parte delle banche e degli altri intermediari finanziari.
  In particolare, l'articolo 1 della proposta vieta a tutti gli intermediari abilitati il finanziamento di società, in qualsiasi forma giuridica costituite, aventi sede in Italia o all'estero, che svolgono attività di produzione, utilizzo, riparazione, promozione, vendita, distribuzione, importazione, esportazione, stoccaggio, detenzione o trasporto delle mine antipersona e delle munizioni e submunizioni a grappolo, secondo le definizioni di cui al successivo articolo 2. Il divieto di finanziamento non appare dunque applicabile ove l'attività di impresa sia svolta da un soggetto giuridico diverso dalle società, ad esempio da una persona fisica.
  L'articolo 2 reca le definizioni rilevanti ai fini dell'applicazione della disciplina in commento. In particolare, la lettera a) definisce «intermediari abilitati» le banche, le società di intermediazione mobiliare, le società di gestione del risparmio, le società di investimento a capitale variabile, nonché gli intermediari finanziari autorizzati (alle condizioni e secondo i requisiti di cui all'articolo 107 del Testo Unico Bancario – TUB, di cui al D.lgs. n. 385 del 1993), le fondazioni bancarie e i fondi pensione.
  La successiva lettera b) definisce finanziamento ogni forma di supporto finanziario, tra cui la concessione di credito sotto qualsiasi forma, il rilascio di garanzie finanziarie, l'assunzione di partecipazioni, l'acquisto o la sottoscrizione di strumenti finanziari emessi dalle società operanti nel settore delle mine antipersona e delle munizioni e submunizioni a grappolo, definite dal già commentato articolo 1 e iscritte in un apposito elenco, istituito dalla Banca d'Italia e annualmente pubblicato (di cui all'articolo 3, comma 2 del disegno di legge in esame.
  Rileva che, per «mina antipersona», la lettera c) del provvedimento si riferisce a ogni ordigno o dispositivo corrispondente alle caratteristiche individuate dall'articolo 2, comma 1, della Convenzione sul divieto d'impiego, di stoccaggio, di produzione e di trasferimento delle mine antipersona e sulla loro distruzione, firmata ad Ottawa il 3 dicembre 1997 e ratificata dall'Italia ai sensi della legge 26 marzo 1999, n. 106. La successiva lettera d) reca la definizione di munizioni e submunizioni a grappolo, per tale intendendo ogni munizione convenzionale idonea a disperdere o a rilasciare submunizioni esplosive ciascuna di peso inferiore a 20 chilogrammi, ai sensi dell'articolo 2 della Convenzione di Oslo sulla messa al bando delle munizioni a grappolo, fatta a Dublino il 30 maggio 2008 e ratificata dall'Italia ai sensi della legge 14 giugno 2011, n. 95.
  All'articolo 3 si prescrive che entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, l'Autorità emani apposite direttive per l'esercizio di controlli rafforzati sull'operato degli intermediari abilitati al fine di contrastare il finanziamento Pag. 16della produzione, utilizzo, riparazione, promozione, vendita, distribuzione, importazione, esportazione, stoccaggio, detenzione o trasporto delle mine antipersona e delle munizioni e submunizioni a grappolo. Nel medesimo termine, si provvederà ad istituire l'elenco delle società operanti nel settore di mine, submunizioni e munizioni, indicando l'ufficio responsabile della pubblicazione annuale del medesimo elenco.
  L'articolo 5 disciplina le sanzioni comminate agli intermediari abilitati che non osservano il divieto di finanziamento delle società operanti nel settore delle mine e delle munizioni. Sono previste sanzioni sia nei confronti della persona giuridica (intermediario) che eroga il finanziamento, sia nei confronti delle persone fisiche che vi svolgono funzioni apicali; per queste ultime sono previste sanzioni di tipo pecuniario e interdittivo.
  In particolare, ai sensi del comma 1, gli intermediari abilitati che violano il divieto di finanziamento sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da 50.000 a 1.000.000 di euro, ove ne ricorrano le condizioni secondo quanto previsto dall'articolo 5 del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231.
  Ricorda che il richiamato articolo 5 individua le condizioni in base alle quali ad una persona giuridica può essere attribuita la responsabilità amministrativa da reato; l'attribuzione di tale responsabilità sia infatti per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio da parte di persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell'ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso, ovvero da parte di persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei richiamati soggetti. Se tali soggetti hanno agito nell'interesse esclusivo proprio o di terzi, viene esclusa la responsabilità dell'ente. Ancorché le disposizioni in esame non prefigurino una responsabilità di tipo penale, stante il tenore letterale del rinvio, rileva come sembra potersi desumere che l'applicazione delle sanzioni pecuniarie nei confronti della società sia condizionata al verificarsi di determinati eventi e, in particolare, ove la violazione del divieto di finanziamento sia compiuta: dai soggetti che rivestono funzioni apicali e da parte dei loro sottoposti, secondo quanto previsto al richiamato articolo 5; nell'interesse o a vantaggio dell'intermediario, potendosi quindi escludere la responsabilità ove le medesime persone fisiche abbiano agito esclusivamente nell'interesse proprio o di terzi.
  Per quanto riguarda invece le persone fisiche che svolgono funzioni di amministrazione e di direzione degli intermediari abilitati o che, per loro conto, svolgono funzioni di controllo, ai sensi del comma 2, la sanzione è conseguente alla violazione del divieto di finanziare società operanti nel settore delle mine e delle munizioni, se tali soggetti. In tal caso, la sanzione amministrativa pecuniaria va da 10.000 a 100.000 euro.
  Rileva, inoltre, che il comma 3 dell'articolo 5 àncora all'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie – sia nei confronti delle persone fisiche che di quelle giuridiche, in mancanza di specificazione – anche conseguenze di tipo interdittivo: è disposta la perdita temporanea, per una durata non inferiore a due mesi e non superiore a tre anni, dei requisiti di onorabilità per i rappresentanti legali dei soggetti abilitati, delle società di gestione del mercato, nonché per i revisori e i promotori finanziari e, per i rappresentanti legali di società quotate, l'incapacità temporanea ad assumere incarichi di amministrazione, direzione e controllo nell'ambito di società quotate e di società appartenenti al medesimo gruppo di società quotate.
  Formula, in conclusione, una proposta di parere favorevole (vedi allegato 7).

  Nessuno chiedendo di intervenire, il Comitato approva la proposta di parere del presidente.

Pag. 17

Disposizioni per il coordinamento della disciplina in materia di abbattimento delle barriere architettoniche.
Nuovo testo C. 4573 Motta.

(Parere alla VIII Commissione).
(Rinvio dell'esame).

  Isabella BERTOLINI, presidente, in considerazione dell'assenza del relatore, impossibilitato ad essere presente alla seduta odierna, e dell'esigenza di svolgere ulteriori approfondimenti riguardo al provvedimento, rinvia l'esame ad altra seduta.

Riforma della legislazione in materia portuale.
C. 5453, approvato, in un testo unificato, dal Senato, ed abb.

(Parere alla IX Commissione).
(Esame e rinvio).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Pierluigi MANTINI (UdCpTP), relatore, illustra il provvedimento in esame, approvato dal Senato, volto ad una revisione complessiva della legge n. 84 del 1994 recante riforma della legislazione portuale.
  Rileva come il testo si muova lungo cinque direttrici principali: rivedere il riparto di competenze in materia tra Stato e regioni alla luce del nuovo Titolo V della Costituzione e conseguentemente rivedere la classificazione dei porti ed i requisiti per l'istituzione delle Autorità portuali (articoli 1, 2, 7 e 12); rivedere la procedura di adozione del piano regolatore portuale (articoli 3 e 4); operare alcune modifiche nell'organizzazione dell'Autorità (articoli 8, 9, 10 e 11); intervenire sulla disciplina delle concessioni da parte delle Autorità (articolo 17) ed intervenire sulle fonti di finanziamento delle Autorità (articoli 14, 18 e 19).
  Evidenzia che con riferimento al riparto di competenze tra Stato e regioni e alla nuova classificazione dei porti, l'articolo 1 stabilisce che le disposizioni della legge costituiscono principi fondamentali ai sensi dell'articolo 117.
  L'articolo 2 reca una nuova classificazione dei porti. Com’è noto, l'attuale classificazione dei porti individua due categorie (categoria I porti finalizzati per la difesa; categoria II porti non finalizzati per la difesa), la seconda delle quali divisa in tre classi (classe I: porti di rilevanza economica internazionale; classe II: porti di rilevanza nazionale; classe III: porti di rilevanza regionale o interregionale).
  La nuova classificazione è in tre categorie: categoria I porti finalizzati alla difesa; categoria II porti di rilevanza nazionale e internazionale categoria III porti di rilevanza regionale ed interregionale. Il testo prevede inoltre che i porti di categoria II devono costituire nodi di interscambio essenziali per l'esercizio delle competenze dello Stato, in relazione alla tipologia del traffico, all'ubicazione territoriale e al ruolo strategico ed ai collegamenti con le grandi reti di trasporto e di navigazione europee e transeuropee. Essi sono sempre individuati con decreto del ministro delle infrastrutture e dei trasporti. I porti di categoria III sono invece affidati alla competenza legislativa regionale sulla base di alcuni principi direttivi individuati dal medesimo articolo 2.
  L'articolo 7, nel ribadire l'elenco delle autorità portuali esistenti, modifica i requisiti per l'istituzione con decreto del Presidente della Repubblica di nuove Autorità (su questo decreto è previsto, con innovazione rispetto alla legislazione vigente, l'intesa in sede di Conferenza Stato-regioni e il parere parlamentare). Ricorda che i nuovi requisiti sono i seguenti: tre milioni di tonnellate di merci solide e non più tre milioni di tonnellate complessive annue assunte al netto del 90 per cento delle rinfuse liquide; venti milioni di tonnellate di rinfuse liquide; trecentomila (e non più duecentomila) twenty feet equivalent (unità di misura dei container); un milione di passeggeri, con esclusione del traffico marittimo locale. Il possesso di almeno uno di questi requisiti deve essere considerato nell'arco del quinquennio precedente e non più del triennio come attualmente previsto. L'articolo 12 prevede l'istituzione da parte delle autorità portuali Pag. 18d'intesa con le regioni, le province ed i comuni interessati, di «sistemi logistico portuali» finalizzati al coordinamento delle attività di più porti e retroporti che appartengano ad un medesimo bacino geografico ovvero siano al servizio di uno stesso corridoio transeuropeo.
  Con riferimento alla procedura di adozione del piano regolatore portuale, ricorda che l'articolo 3 prevede un iter complesso. La disciplina attuale al riguardo si limita a prevedere l'intesa con i comuni interessati, il parere del Consiglio superiore dei lavori pubblici e la procedura di valutazione di impatto ambientale. Il nuovo testo prevede invece la sottoposizione del piano alla valutazione ambientale strategica VAS, con una riduzione generale dei termini previsti, con l'introduzione della generale perentorietà degli stessi e con l'introduzione della regola del «silenzio-assenso». Si prevedono inoltre i seguenti passaggi: il comma 5 consente al presidente dell'autorità portuale di convocare i soggetti pubblici interessati nella conferenza di servizi prevista dall'articolo 14-bis della legge n. 241 del 1990, vale a dire quella preliminare prevista per i progetti complessi e che può essere convocata anche in presenza del solo studio di fattibilità; il comma 6 prevede che l'intesa si consideri raggiunta quando entro novanta giorni i comuni non comunichino il loro diniego; il comma 7 prevede che qualora l'intesa non sia raggiunta venga convocata la conferenza dei servizi che assume le sue determinazioni a maggioranza (comma 8); il comma 9 prevede che dell'adozione dell'intesa venga data notizia sulla «Gazzetta ufficiale» e sul «Bollettino ufficiale» della regione; il comma 10 prevede che entro i trenta giorni successivi gli interessati possano far pervenire le loro osservazioni all'autorità portuale; in base al comma 11 l'autorità portuale può compiere le sue controdeduzioni nei trenta giorni successivi; il comma 12 prevede l'approvazione finale da parte della regione entro i sessanta giorni successivi del piano regolatore e la sua pubblicazione sul «Bollettino ufficiale» della regione e sulla «Gazzetta ufficiale»; in base al comma 13 anche per le varianti al piano regolatore è seguita la stessa procedura.
  Con riferimento all'organizzazione dell'Autorità, gli articoli 8, 9, 10 e 11, tra le altre cose, elevano il mandato del presidente, dei componenti il comitato portuale, del segretario generale e dei componenti il collegio dei revisori dei conti da quattro a cinque anni. L'Autorità è poi qualificata (articolo 7), in coerenza con la giurisprudenza amministrativa – tra cui ricorda le sentenze del Consiglio di Stato – Sezione terza 9 luglio 2002 e del TAR Puglia 26 giugno 2012 – come ente pubblico non economico ad ordinamento speciale, mentre la disciplina vigente definisce le autorità come dotate di personalità giuridica di diritto pubblico.
  Il testo prevede inoltre, all'articolo 8, una nuova procedura di nomina del presidente, che vede una valorizzazione del ruolo del presidente della regione. Nella procedura di nomina attualmente si prevede che il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti nomini, previa intesa con la regione, il presidente dell'autorità portuale nell'ambito di una terna i cui componenti sono individuati, rispettivamente, dai comuni, dalla provincia e dalle camere di commercio interessate; il Ministro può quindi richiedere, con atto motivato, una nuova terna entro trenta giorni e se questa non perviene può nominare autonomamente il presidente. La disposizione in questione rafforza invece il ruolo della regione in quanto si prevede che sia il presidente della regione interessata a sottoporre il nominato di un candidato alla guida dell'autorità portuale, senza dover scegliere il nominativo all'interno di terne, ma consultandosi con comuni, province e camere di commercio interessate. Su questo nominativo si deve raggiungere l'intesa con il ministro delle infrastrutture che si intende raggiunta, in base al principio del silenzio-assenso se entro il termine di quarantacinque giorni non viene espresso un diniego espresso e motivato. In caso di diniego, compete al ministro l'indicazione di un nuovo nominativo. Se anche in questo non viene raggiunta l'intesa, la Pag. 19questione è rimessa al presidente del Consiglio, il quale decide previa deliberazione del Consiglio dei ministri ed acquisizione dell'intesa in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8, comma 6 della legge n. 131 del 2003. In materia di organizzazione dell'autorità assume rilievo anche la disposizione dell'articolo 9 che sopprime la previsione che il bilancio preventivo debba essere obbligatoriamente in pareggio o in avanzo. Rilevante è anche la soppressione, di cui all'articolo 7, della previsione per le Autorità di acquisire partecipazioni in società esercenti attività accessorie e strumentali rispetto ai compiti istituzionali.
  Con riferimento alla disciplina delle concessioni da parte dell'autorità, ricorda che l'articolo 17 sostituisce l'articolo 18 della legge n. 84 del 1994, relativo alla concessione di aree e banchine. Rispetto al testo vigente, vi è l'eliminazione del rinvio a un decreto del Ministro dei trasporti e della navigazione, di concerto con il Ministro delle finanze, per la determinazione di canoni, durata, vigilanza e rinnovo delle concessioni. Tali determinazioni sono ora attribuite alle Autorità portuali.
  Si sofferma quindi sui profili che attengono alla tutela della concorrenza ed al rispetto delle norme in materia, ricordando come il testo preveda espressamente che la selezione per l'assegnazione delle concessioni debba essere effettuata mediante procedura di evidenza pubblica. Su questo specifico aspetto l'articolo 17 stabilisce che la durata della concessione sia determinata dall'Autorità portuale (o dalla Regione o dall'ente territoriale competente, per i porti di categoria III), tenendo conto del programma di investimenti del concessionario, che siano diretti a valorizzare la qualità dei servizi da rendere all'utenza o a realizzare opere portuali, assumendone l'onere a proprio esclusivo carico. Si prevede inoltre che la concessione possa essere prolungata di un terzo in ragione del programma di investimenti da effettuare.
  Rileva che nel testo vigente, all'articolo 18, comma 1, lettera a), la durata delle concessioni avrebbe dovuto essere indicata in un apposito decreto ministeriale, che non è stato ancora emanato.
  Con riferimento alle fonti di finanziamento delle Autorità, ricorda che l'articolo 14 introduce tra le entrate proprie delle autorità i diritti di porto. L'articolo 18 prevede che non concorrono a formare il reddito delle Autorità Portuali le entrate delle autorità portuali tipizzate dalla legge, fatte salve quelle classificate come «entrate diverse» (cioè altre rispetto ai i canoni di concessione delle aree demaniali e delle banchine; gli eventuali proventi derivanti dalle cessioni di impianti ai nuovi concessionari, il gettito delle tasse sulle merci sbarcate ed imbarcate, imbarcate e in transito nei porti; i contributi delle regioni, degli enti locali e di altri enti ed organismi pubblici). L'articolo 19 istituisce un Fondo per il finanziamento degli interventi inerenti le connessioni ferroviarie e stradali con i porti, compresi nella circoscrizione delle Autorità portuali. Il Fondo è istituito presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed è alimentato da un accantonamento pari al 5 per cento delle risorse statali che sono destinate a investimenti dell'ANAS S.p.A. e di Rete Ferroviaria Italiana S.p.A.. Le suddette risorse saranno finalizzate nell'ambito dei contratti di programma delle nominate società.
  Oltre a questi interventi, richiama le ulteriori disposizioni del provvedimento che riguardano aspetti puntuali: l'articolo 5 – su cui è opportuno svolgere specifici approfondimenti sotto il profilo della tutela delle competenze regionali – reca alcune modifiche alla disciplina in materia di dragaggi di cui all'articolo 5-bis della legge 28 gennaio 1994, n. 84, prevedendo tra le altre cose parere della Commissione VIA-VAS in ordine all'assoggettabilità o meno del progetto di dragaggio alla valutazione di impatto ambientale; l'articolo 6 introduce un nuovo articolo 5-ter nella legge 84 del 1994, sul recupero di aree per lo sviluppo della nautica da diporto e sulla riconversione e riqualificazione di aree portuali, anche attraverso il rilascio di concessioni di beni demaniali fino ad un Pag. 20massimo di sessanta anni; l'articolo 13 introduce, nell'ambito del controllo sulle autorità portuali esercitato dal ministero delle infrastrutture, l'obbligo di presentare alle Camere entro il 30 giugno di ogni anno una relazione generale sulle attività delle autorità portuali, nella quale andranno indicati gli interventi realizzati e i programmi attuati nell'ambito del piano operativo triennale nonché il volume annuo dei traffici effettuati. Viene invece soppressa la l'approvazione ministeriale delle delibere relative alla determinazione dell'organico della segreteria tecnico-operativa.
  Ricorda inoltre che l'articolo 15 estende le competenze dell'autorità marittima al controllo e alla regolamentazione tecnica, ai fini della sicurezza, delle attività esercitate negli ambiti portuali e a bordo delle navi ed istituisce una nuova tariffa di prontezza operativa per i servizi di rimorchio. L'articolo 16 prevede che in ciascun porto l'impresa autorizzata deve esercitare direttamente l'attività per cui ha ottenuto l'autorizzazione, utilizzando l'organizzazione e l'organigramma presentati in modo esclusivo in relazione alle operazioni svolte in quel porto. L'articolo 20 introduce un secondo comma all'articolo 1161 del codice della navigazione prevedendo la nuova ipotesi sanzionatoria pecuniaria da euro 500 a euro 10.000 per l'occupazione senza titolo delle aree gestite dalle autorità portuali.
  Richiama, infine, la sentenza della Corte Costituzionale n. 79 del 2011 che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale parziale della norma che istituisce, presso il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, il «Fondo per le infrastrutture portuali», destinato a finanziare le opere infrastrutturali nei porti di rilevanza nazionale, prevedendo per la relativa ripartizione il parere del CIPE. Rileva che dalla giurisprudenza costituzionale richiamata discende, nel caso di specie, l'illegittimità della norma impugnata nella parte in cui non prevede alcuna forma di leale collaborazione tra Stato e Regione, che deve invece esistere per effetto della deroga alla competenza regionale. Fermo restando pertanto il potere dello Stato di istituire un Fondo per le infrastrutture portuali di rilevanza nazionale, la ripartizione di tale fondo è subordinata al raggiungimento di un'intesa con la Conferenza Stato-Regioni, per i piani generali di riparto delle risorse allo scopo destinate, e con le singole Regioni interessate, per gli interventi specifici riguardanti singoli porti.
  Preannuncia, quindi, l'intenzione di presentare una proposta di parere nella prossima seduta al fine di evidenziare alcuni profili che necessitano di ulteriori approfondimenti e valutazioni, fermo restando un orientamento nella sostanza favorevole rispetto all'impianto del provvedimento ed alla sua compatibilità costituzionale.

  Isabella BERTOLINI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Disposizioni in materia di agricoltura sociale.
Testo unificato C. 3905 Nastri ed abb.

(Parere alla XIII Commissione).
(Esame e rinvio).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento.

  Giorgio Clelio STRACQUADANIO (Misto), relatore, illustra il testo unificato elaborato dalla XIII Commissione, volto a disciplinare per la prima volta una forma di attività che è andata evolvendosi negli ultimi anni e che vede l'agricoltore come soggetto capace di fornire servizi socio sanitari in aggiunta alla attività prevalente di produzione di beni agricoli.
  Ricorda che il provvedimento si compone di 7 articoli. L'articolo 1 individua le finalità della legge, che è volta alla promozione dell'agricoltura sociale. L'articolo 2 definisce la nozione di agricoltura sociale intesa come attività volte all'inserimento socio-lavorativo di soggetti svantaggiati e alla fornitura di servizi socio-sanitari esercitate dall'imprenditore agricolo in forma singola o associata. Pag. 21L'articolo 3 prevede che le regioni adeguino le proprie leggi al fine di consentire l'accreditamento degli operatori dell'agricoltura sociale presso gli enti preposti alla gestione dei servizi; in caso di inerzia, il Ministro per i rapporti con le regioni, di concerto con il Ministro delle politiche agricole, è chiamato a definire con decreto i relativi requisiti. L'articolo 4 stabilisce la possibilità per gli operatori dell'agricoltura sociale di costituire organizzazioni di produttori, costituite da almeno tre imprese, senza limiti di carattere regionale e con un volume minimo di produzione pari a 90.000 euro. L'articolo 5 prevede la possibilità di utilizzare i locali esistenti sul fondo agricolo per l'esercizio di tale attività, assimilati, ad ogni effetto, ai fabbricati rurali. Le regioni sono chiamate a disciplinare gli interventi per il recupero del patrimonio edilizio. L'articolo 6 reca taluni interventi di sostegno. In tal senso si prevede che le istituzioni pubbliche che gestiscono le gare per i servizi di fornitura alle mense scolastiche e agli ospedali possano prevedere criteri di priorità per i prodotti provenienti dall'agricoltura sociale; uguali criteri di priorità potranno essere definiti per l'assegnazione delle terre demaniali e dei beni immobili confiscati in base alle leggi antimafia. I comuni potranno, poi, definire, particolari modalità per valorizzare nei mercati agricoli di vendita diretta i prodotti dell'agricoltura sociale. L'articolo 7 istituisce, infine, l'Osservatorio sull'agricoltura sociale, chiamato a definire le linee guida per l'attività delle istituzioni pubbliche, monitorare lo sviluppo dell'agricoltura sociale, anche attraverso la raccolta dei dati, promuovere iniziative di coordinamento, svolgere azioni di comunicazione ed animazione territoriale.
  Per quanto attiene al rispetto delle competenze legislative costituzionalmente definite, rileva che il testo in esame è riconducibile, in gran parte, alle materie «agricoltura» e «servizi sociali», che rientrano entrambe nella competenza legislativa residuale delle regioni, fermo restando che taluni articoli intervengono su ambiti di materie specifici, riconducibili alla competenza concorrente tra lo Stato e le regioni ed alla competenza esclusiva dello Stato.
  Rileva altresì che alcune regioni hanno già legiferato sulle materie su cui interviene il testo in esame, tra cui la legge regionale dell'Abruzzo 6 luglio 2011 n. 18, recante disposizioni in materia di agricoltura sociale; la legge regionale della Campania 30 marzo 2012 n. 5, recante, fra l'altro, norme in materia di agricoltura sociale e disciplina delle fattorie e degli orti sociali. Altre regioni sono intervenute sulla materia con delibere della Giunta, tra cui in particolare la delibera della giunta regionale delle Marche del 9 febbraio 2010, n. 252, recante disposizioni per lo sviluppo di esperienze pilota nell'ambito dell'agricoltura sociale.
  Evidenzia altresì che l'articolo 1, nella definizione delle finalità, richiama il rispetto dei principi previsti dall'articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione, che rimette alla competenza esclusiva dello Stato la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale.
  Ricorda che secondo la giurisprudenza costituzionale, l'attribuzione allo Stato di tale competenza esclusiva si riferisce alla fissazione dei livelli strutturali e qualitativi di prestazioni che, concernendo il soddisfacimento di diritti civili e sociali, devono essere garantiti, con carattere di generalità, a tutti gli aventi diritto (sentenze della Corte Costituzionale n. 248 del 2011, n. 322 del 2009; n. 168 e n. 50 del 2008); evidenzia che dunque essa può essere invocata in relazione a specifiche prestazioni delle quali le norme statali definiscono il livello essenziale di erogazione (sentenze della Corte Costituzionale n. 328 del 2006, n. 285 e n. 120 del 2005, n. 423 del 2004).
  Rileva che non si tratta, infatti, di una «materia» in senso stretto, bensì di una competenza trasversale, idonea cioè ad investire tutte le materie. Siffatto parametro costituzionale consente, infatti, una restrizione dell'autonomia legislativa delle Pag. 22regioni, giustificata dallo scopo di assicurare un livello uniforme di godimento dei diritti civili e sociali tutelati dalla stessa Costituzione (sentenza n. 387 del 2007) e, appunto per questo, esso, da un lato, non permette allo Stato di individuare il fondamento costituzionale della disciplina di interi settori materiali (sentenze n. 383 e n. 285 del 2005). Dall'altro, può, invece, essere invocato anche nei particolari casi in cui la determinazione del livello essenziale di una prestazione non permetta, da sola, di realizzare utilmente la finalità di garanzia dallo stesso prevista, espressiva anche dello stretto legame esistente tra tale parametro ed i principi di cui agli articoli 2 e 3, comma secondo, della Costituzione, che garantiscono i diritti inviolabili dell'uomo e l'uguaglianza in senso sostanziale dei cittadini (sentenza n. 10 del 2010).
  Rileva che l'articolo 3, comma 2, introduce il potere sostitutivo dello Stato nel caso in cui le regioni e le province autonome non provvedano, entro sei mesi dall'entrata in vigore della legge, all'adeguamento normativo al fine dell'accreditamento degli operatori dell'agricoltura sociale. È previsto in tale ipotesi un decreto ministeriale per la definizione dei relativi requisiti.
  Ricorda che l'articolo 120, secondo comma, della Costituzione dispone che il Governo può sostituirsi a organi delle regioni, delle città metropolitane, delle province e dei comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l'incolumità e la sicurezza pubblica ovvero quando lo richiedono la tutela dell'unità giuridica o dell'unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali. In questi casi è rimessa alla legge la definizione delle procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione.
  Evidenzia che la sentenza n. 240 della 2004 della Corte costituzionale ha ricordato i limiti entro i quali il legislatore statale può disciplinare il potere sostitutivo nei confronti delle regioni. La Corte ha ritenuto in proposito necessario che «l'esercizio dei poteri sostitutivi sia previsto e disciplinato dalla legge, la quale deve altresì definirne i presupposti sostanziali e procedurali; che la sostituzione riguardi il compimento di atti o attività prive di discrezionalità nell’an; che il potere sostitutivo sia esercitato da un organo di Governo o sulla base di una decisione di questo; che la legge predisponga congrue garanzie procedimentali, in conformità al principio di leale collaborazione.».
  Ricorda altresì che l'attuazione dell'articolo 120, secondo comma, della Costituzione è recata dall'articolo 8 della legge n. 131 del 2003 che prevede che nei casi e per le finalità previsti dal suddetto articolo, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente, anche su iniziativa delle regioni o degli enti locali, assegna all'ente interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o necessari; decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei ministri, sentito l'organo interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio, adotta i provvedimenti necessari, anche normativi, ovvero nomina un apposito commissario.
  Rileva quindi che l'articolo 3, comma 2, deve essere valutato alla luce dei limiti posti dall'articolo 120, comma secondo, della Costituzione all'esercizio del potere sostitutivo del Governo nei confronti delle regioni.
  Con riferimento a singole disposizioni fa presente che possono essere richiamate altresì materie di competenza esclusiva statale. In particolare: l'articolo 4, recante disposizioni in materia di organizzazioni di produttori, appare riconducibile alle materie tutela delle concorrenza e ordinamento civile; l'articolo 5, comma 2, sul regime giuridico dei locali per l'esercizio delle attività di agricoltura sociale, è riconducibile alla materia ordinamento civile; l'articolo 6, comma 4, sulla destinazione dei beni immobili confiscati in base alla legislazione antimafia, è ascrivibile anch'esso alla materia ordinamento civile.
  Rileva che l'istituzione dell'Osservatorio sull'agricoltura sociale, prevista dall'articolo Pag. 237, è infine riconducibile alla materia organizzazione amministrativa dello Stato. Intervenendo tale organismo in un ambito che incide su competenze regionali, è assicurato il coinvolgimento delle regioni attraverso l'intesa con la Conferenza Stato-regioni ai fini del decreto ministeriale istitutivo dell'Osservatorio nonché attraverso la nomina da parte della Conferenza Stato-regioni di due rappresentanti delle regioni e delle province autonome e di due rappresentanti di organizzazioni del terzo settore. Ricorda infine che nelle regioni che hanno adottato una legge in materia di agricoltura sociale sono istituiti osservatori regionali.
  Si riserva, in conclusione, di presentare una proposta di parere nella prossima seduta, in cui inserire alcuni suggerimenti alla Commissione di merito al fine di evitare che si dia luogo a conflitti tra lo Stato e le regioni, alla luce delle competenze legislative che la Costituzione riconosce loro.

  Isabella BERTOLINI, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 12.

AUDIZIONI INFORMALI

  Mercoledì 14 novembre 2012.

Nell'ambito dell'esame disegno di legge C. 5473 Governo, recante «Norme per la regolazione dei rapporti tra lo Stato e la Congregazione cristiana dei testimoni di Geova in Italia».
Audizione del professor Francesco Pizzetti, Presidente della Commissione interministeriale per le intese con le confessioni religiose, e del professor Francesco Margiotta Broglio, Presidente della Commissione consultiva per la libertà religiosa.

  L'audizione informale è stata svolta dalle 14.30 alle 15.50.

AVVERTENZA

  I seguenti punti all'ordine del giorno non sono stati trattati:

COMITATO PERMANENTE PER I PARERI

Istituzione di un Servizio nazionale di riserva volontaria per la mobilitazione ed il completamento delle Forze armate.
Nuovo testo unificato C. 2861.

Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulla situazione della Società italiana degli autori e degli editori (SIAE), con particolare riferimento ad attività, gestione e governance della medesima Società.
Nuovo testo Doc. XXII, n. 32.

AUDIZIONI INFORMALI

Nell'ambito dell'esame disegno di legge C. 5473 Governo, recante «Norme per la regolazione dei rapporti tra lo Stato e la Congregazione cristiana dei testimoni di Geova in Italia».

Audizione del professor Giuseppe Dalla Torre, rettore della Lumsa.

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