CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 7 novembre 2012
733.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giunta per le autorizzazioni
COMUNICATO
Pag. 3

  Mercoledì 7 novembre 2012. – Presidenza del Presidente Pierluigi CASTAGNETTI.

  La seduta comincia alle 9.30.

Esame della domanda di autorizzazione all'acquisizione di tabulati di comunicazioni telefoniche nei confronti del deputato Marco Mario Milanese (doc. IV, n. 29).
(Seguito dell'esame e conclusione).

  Pierluigi CASTAGNETTI, Presidente, fa presente che – come sempre – il deputato interessato è stato convocato e che, in data di lunedì 5 novembre, egli ha preannunziato la volontà di intervenire. Riterrebbe di disporne l'audizione dopo che il relatore abbia svolto le eventuali considerazioni integrative sul materiale pervenuto in allegato alla domanda.

  Fulvio FOLLEGOT (LNP), relatore, espone che la documentazione allegata alla domanda in titolo è pervenuta ed è stata messa a disposizione di tutti i colleghi già dalla mattina di lunedì 5 novembre. Gli allegati sono costituiti da copia dell'ordinanza di custodia cautelare a carico di Ponzellini, Corallo e Cannalire; del verbale di sommarie informazioni testimoniali rese da Raffaele Ferrara, ex direttore dei Monopoli di Stato; dell'informativa di polizia giudiziaria inviata ai magistrati il 19 luglio 2012. Prima di esporre più in dettaglio i contenuti di questi atti, fa presente che il 31 ottobre è pervenuta una precisazione da parte del dott. Clerici circa i periodi interessati dalla domanda di acquisire tabulati. Si tratta, più correttamente, della tranche che va dal 1o gennaio 2010 al 1o maggio 2011 (tabulati peraltro già concessi nei confronti dell'autorità giudiziaria di Napoli) e della tranche che va dal 2 maggio al 30 novembre 2011. Dagli atti istruttori pervenuti trae vari elementi informativi da offrire all'esame della Giunta, a completamento di quanto sommariamente esposto nella seduta del 31 ottobre. In quell'occasione aveva rappresentato che, come anche emergeva dagli atti relativi alla richiesta di autorizzazione che concerneva l'on. Laboccetta, in seno alla Banca Popolare di Milano si era creata una struttura parallela dedita ad operazioni creditizie in contrasto con i principi di sana e prudente amministrazione della banca.Pag. 4
  L'intera indagine prende le mosse dagli esiti di un'ispezione della Banca d'Italia presso la Banca Popolare di Milano, conclusasi il 4 marzo 2011 e poi trasmessa alla procura della Repubblica di Milano il 9 giugno 2011. Dalla relazione ispettiva della Banca d'Italia risulta che diverse pratiche creditizie non abbiano seguito l'ordinario canale istruttorio e decisionale previsto dalla normativa e dalle disposizioni statutarie della banca ma abbiano obbedito a logiche clientelari. Dall'ordinanza di custodia cautelare in carcere risulta, in particolare, che si sarebbero giovati di questo tipo di «credito allegro» numerosi personaggi la cui richiesta di finanziamento è stata talora supportata da deputati. Da ultimo, vi sarebbe il filone del gioco legale e cioè dell'apertura di credito per la società Atlantis Bplus.
  In queste operazioni le figure principali sarebbero, da un lato, Massimo Ponzellini, presidente della Banca Popolare di Milano, il quale si sarebbe posto come garante di un sistema di potere interno alla banca, sostenuto anche dai soci dipendenti della banca medesima. Ricorda, infatti, che la Banca Popolare di Milano è una cooperativa, nei cui organi direttivi i soci dipendenti hanno un peso assai rilevante. In pratica, secondo l'ipotesi accusatoria, Ponzellini avrebbe garantito alla componente riferibile ai soci dipendenti la sopravvivenza e la continuità rispetto al passato. In cambio avrebbe ottenuto di poter gestire con mano libera operazioni sostanzialmente estranee agli interessi patrimoniali della banca stessa. In questo quadro, a tutela del rispetto del patto, sarebbe stata conferita una carica direttiva della banca «in rappresentanza» dei dipendenti a Enzo Chiesa, quale persona consapevole e compartecipe delle operazioni.
  Dall'altro lato, protagonista di tali operazioni sarebbe stato Antonio Cannalire, figura che l'ordinanza di custodia cautelare definisce «priva di una chiara professionalità», che aveva un contratto di collaborazione coordinata e continuativa per svolgere attività di «supporto alla presidenza per le relazioni con la pubblica amministrazione centrale e locale e con le grandi imprese».
  Si tratta, secondo l'ordinanza di custodia cautelare, di una dicitura generica volta a coprire l'anomala attività del Cannalire, il quale – in pratica – gestiva i contatti illeciti con le varie controparti, riferendone poi a Ponzellini. È significativo a questo proposito che tale Paolo Rimanich, addetto ai crediti della Popolare di Milano a Roma, aveva talora obiettato sulla bontà delle istruttorie e sulla liceità delle erogazioni creditizie. In particolare, egli si era opposto a talune concessioni di credito e per questo aveva riportato la minaccia di essere mandato per cinque anni a fare fotocopie (v. pagina 21 dell'ordinanza). In tutto questo, il deputato Milanese si sarebbe posto come referente politico presso il ministero dell'economia, con particolare riferimento alle operazioni creditizie e normative relative al gioco legale. Come ha accennato nella relazione dello scorso 31 ottobre, risulta essere stato sentito a sommarie informazioni Piero Lonardi, il quale aveva espresso dissensi in consiglio d'amministrazione in ordine alla pratica Atlantis Bplus, anzitutto perché non era chiarissimo chi fossero i soci di riferimento della società e poi perché, avendo quest'ultima una concessione dei Monopoli dello Stato, aveva avuto la contestazione di gravi irregolarità. Tuttavia, le pressioni del presidente furono assai marcate e si ebbe l'erogazione di un finanziamento di ben 150 milioni di euro. Le dichiarazioni di Lonardi appaiono confermate da un altro consigliere della banca. Risulta poi, a quanto afferma l'ordinanza, che il Ponzellini sia stato ricompensato dall’Atlantis Bplus per i suoi servigi (v. pagine 38-40 dell'ordinanza).
  Secondo l'ordinanza, l'on. Milanese si sarebbe posto a disposizione di Ponzellini e di Corallo – per esempio – per ottenere modifiche normative favorevoli alla Atlantis Bplus e avrebbe poi cercato di favorire Paolo Viscione, il quale tentava di vendere la sua società assicuratrice (l'affare però poi non ebbe seguito). Nell'informativa di polizia giudiziaria risulta poi che Corallo, Pag. 5Laboccetta e Milanese avrebbero progettato almeno un viaggio di piacere a Montecarlo dal 13 al 17 maggio 2010, circostanza ritenuta ulteriore indizio del sodalizio.
  A determinante conferma di questa intesa illecita vi sarebbe poi un'intercettazione telefonica tra Raffaele Ferrara e Guido Rivolta. Dalla conversazione tra i due risulta la convinzione di entrambi che dietro Ponzellini ci fosse l'on. Milanese, il quale usava il suo potere di interdizione sugli accessi al ministro Tremonti per fare pressioni, onde a sua volta Ponzellini premesse per l'approvazione della delibera consiliare sul credito alla Atlantis Bplus. Peraltro, dagli atti risulta che l'ex presidente Roberto Mazzotta aveva votato motivatamente contro e lo aveva fatto mettere a verbale. Gli pare di poter sostenere, impregiudicato rimanendo qualsiasi giudizio sul coinvolgimento dell'on. Milanese nei fatti e sulla sua responsabilità – che non spetta alla Giunta stabilire – che manchi ogni profilo persecutorio e di indebita interferenza con l'autonomia del Parlamento. Si riserva di avanzare una proposta all'esito dell'audizione del collega Milanese.

  (Viene introdotto il deputato Marco Mario Milanese).

  Marco Mario MILANESE (PdL) intende auspicare sin da subito, per evitare ogni possibile dubbio, che la Giunta si esprima favorevolmente sulla richiesta di autorizzazione all'acquisizione di tabulati di comunicazioni telefoniche, pervenuta dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Milano. Ciò per due buone ragioni: perché non ha nulla da nascondere e confida dunque nel fatto che i tabulati servano ad acclarare celermente la sua totale estraneità ai fatti e perché ritiene doveroso, da cittadino, non opporsi allo svolgimento di indagini che la stessa procura ha il dovere di effettuare. Egli nutre il rispetto che si deve alla magistratura e confida nel valore che deriva dalla presunzione di non colpevolezza per come dettato dalla Costituzione.
  Fatta questa premessa, chiede di formulare alcune brevi considerazioni che lascia agli atti. Non intende – ribadisce ancora una volta – ostacolare in qualche modo una decisione favorevole alla richiesta: tuttavia, il rispetto per i magistrati non può ritenersi prevalente su quello dovuto al Parlamento del Paese, il quale, mai come in questo caso, ha il diritto e il dovere di conoscere alcune modalità della vicenda che lo vede coinvolto, particolarmente sgradevoli riguardo alla tutela ed al rispetto della onorabilità di un suo membro.
  Intanto, ha saputo di essere indagato dalla procura di Milano solo dai giornali. Mai nessun atto gli è stato notificato e, dunque, questa è la prima volta che può parlare in una sede istituzionale. I giornalisti più volte lo hanno interpellato circa questi fatti, ma come sempre non ha voluto parlare, proprio per la considerazione ed il rispetto che ha sempre avuto nei confronti delle Istituzioni. Anche questa volta, come già successo in passato, i documenti allegati alla richiesta di autorizzazione sono «magicamente» comparsi nelle redazioni di una trasmissione televisiva e di un quotidiano il giorno 28 ottobre 2012. Ben prima, cioè, che arrivassero nelle mani del Presidente della Giunta e a disposizione degli onorevoli suoi componenti. Questo fatto, non si stancherà mai di stigmatizzarlo, è una grave devianza di condotte doverose che ledono, ben prima di ogni giudizio di merito, ingiustamente e spesso definitivamente la dignità della persona.
  I documenti allegati alla richiesta del pubblico ministero sono essenzialmente tre. La copia dell'ordinanza di misura cautelare personale emessa il 23 maggio 2012 dal giudice delle indagini preliminari presso il tribunale di Milano nei confronti di Ponzellini Massimo, Cannalire Antonio e Corallo Francesco; la copia della nota della Guardia di finanza del 19 luglio 2012 come parzialmente prodotta dal pubblico ministero al tribunale di Milano in sede di riesame dell'ordinanza cautelare e la copia del verbale di dichiarazioni rese da Ferrara Raffaele in data 12 giugno 2012. Da Pag. 6tali documenti si evince che il suo coinvolgimento nella vicenda penale si fonda solamente sui «si dice» e sui «si pensa», con delle modalità di propalazione di fatti che non sarebbe stata consentita a nessun altro soggetto, finanche al più scaltro «collaboratore di giustizia». Di ciò non avrebbe ragione di lamentarsi se non per il fatto che questo è lo stesso identico e scellerato sistema che accomuna i procedimenti penali in corso nei suoi confronti. Sarebbe bastato poco per dimostrare l'infondatezza di quei sospetti: oltre a chiedere i suoi tabulati, il magistrato avrebbe potuto e dovuto acquisire gli atti della Camera dai quali emerge in modo incontrovertibile l'esatto contrario di quanto sostenuto dal Ferrara e sentirsi così in dovere di chiedergli conto delle vere ragioni di quelle falsità.
  Entrando nel merito, rappresenta che il magistrato inquirente sospetta un suo interessamento legislativo a favore della concessionaria di Francesco Corallo. A prescindere da altre considerazioni, egli non ha mai presentato un emendamento, una proposta di legge o un ordine del giorno in materia di gioco legale. Ciò risulta dagli atti parlamentari. Questa circostanza è incompatibile con il fatto, sostenuto dal Ferrara e ripreso acriticamente, che egli stesso sarebbe dietro il settore del gioco legale. Tale versione è fornita da quel Ferrara, fino a pochi mesi fa direttore generale dei Monopoli, il quale, vistosi costretto a scagionarsi dal ben più grave sospetto che evidentemente pesava su di lui, ha affermato che sarebbe stato il deputato Milanese (cioè egli medesimo) a predisporre il testo legislativo per reperire i fondi per l'Abruzzo, mentre il Ferrara sarebbe stato l'ispiratore e il sostenitore di una norma stringente sui concessionari che avevano sede in «paradisi fiscali». Ritiene però che, in realtà, il Ferrara si sia scordato che era stato proprio lui a svolgere l'incarico di relatore alla Camera sul disegno di legge di stabilità per il 2011 che conteneva la citata norma restrittiva. Così come dimentica il fatto che fino all'ottobre 2011, data di inizio delle indagini della magistratura, lo stesso Ferrara era il presidente dell'organismo di vigilanza della Banca Popolare di Milano, coinvolta nel finanziamento ritenuto illecito.
  L'ipotesi sarebbe quindi che egli, da deputato, farebbe parte di un'organizzazione criminale finalizzata a presentare alla banca potenziali clienti, mentre il Ferrara, ormai il maggiore accusatore, ne sarebbe restato fantasticamente fuori, all'oscuro di tutto, pur essendo costui il direttore dei Monopoli in carica, nonché il consulente, «pagato» dalla stessa banca. Qual era allora l'utilità della sua presenza e della sua pretesa influenza ? Tutto ciò è molto strano, così come lo è la congettura secondo la quale egli avrebbe dato i suoi documenti al Corallo per effettuare una prenotazione a Montecarlo.
  Si domanda se vi sia qualcuno, oltre al pubblico ministero, che crede veramente che se quello od altro fosse stato il prezzo della sua corruzione non gli avrebbero trovato un posto in albergo. Se fosse stato veramente influente e la sua presenza fosse stata così importante, com’è possibile che non si sia fatto da parte chiunque altro degli ospiti o lo stesso Corallo e gli si fosse garantito quel posto che era frutto di un mercanteggiamento ? Gli altri membri della comitiva sono andati tutti a Montecarlo: protagonisti e comprimari, così come risulta dalle evidenze processuali e dagli articoli di stampa apparsi in questi giorni. La realtà è un'altra, l'unica aderente alla logica della ragione: aveva dato i suoi documenti ad un collega parlamentare perché entrambi volevano andare a vedere il Gran Premio di Formula 1 con le famiglie e lui era sicuro di trovare posto in albergo. Successivamente, il collega gli aveva spiegato le modalità del viaggio per come era stato organizzato ed egli, dopo averle conosciute e per motivi personali, non ci è più andato. Nulla di misterioso o di illecito o finanche di eticamente scorretto. La verità è che il Corallo, così come altri concessionari, lo chiamava molto spesso per segnalare le presunte scorrettezze che i Monopoli ed il ministero dell'economia e delle finanze perpetravano nei loro confronti a tutto vantaggio, a loro dire, di un'unica concessionaria: Pag. 7«Lottomatica». Costoro sostenevano con determinazione il fatto che quella concessionaria avesse un rapporto molto «privilegiato» con l'amministrazione. Il Corallo, in particolare, lo chiamava per denunciare questo aspetto, ma senza indicare elementi fattuali che giustificassero un intervento, ed egli rispondeva, quando poteva, a tali telefonate di protesta. È stato un continuo lamentarsi, fino al punto che Corallo lo ha ritenuto il responsabile di una norma che quegli considerava molto dannosa e creata ad personam, promulgata cioè solo «contro» la sua azienda. Norma, ribadisce, che è stata da lui formulata in quanto relatore del disegno di legge che la conteneva e in virtù della quale Corallo avrebbe dovuto trasferire la sede della sua società da un Paese così detto «paradiso fiscale» ad un Paese dell'Unione Europea, oltre ad essere costretto a far emergere l'effettiva compagine sociale della concessionaria e della sua controllante. I fatti sono di palmare e documentata evidenza tanto che viene naturale chiedersi perché tutto ciò avvenga. Si domanda se non sia un caso che anche nel procedimento penale milanese si incontrano alcuni dei protagonisti di quello pendente a Napoli.
  Forse qualcuno non sa, ed è bene che si informi, che egli si è opposto in tutte le sedi al condono che si voleva proporre della multa di oltre 90 miliardi di euro comminata dalla Corte dei conti ai concessionari dei giochi, tra i quali con la posizione debitoria più gravata vi era proprio l'azienda del Corallo. Ciò, nonostante che la Commissione, nominata ed insediata ai Monopoli di Stato, non certo da lui, avesse concluso che a sanare la situazione sarebbero bastati solo 300 milioni di euro. Di questa sua ferma opposizione sono testimoni, tra gli altri, colleghi, l'allora ministro dell'economia e delle finanze Tremonti, ma soprattutto l'on. Alberto Giorgetti, anch'egli contrario a quella soluzione, il quale all'epoca era sottosegretario all'economia. L'on. Giorgetti, in particolare, in più di un'occasione gli diede atto di questa sua pervicace opposizione. Spera che la procura di Milano voglia tenere conto di questa circostanza, così come spera che gli altri magistrati che indagano sulla sua vita, confortati dalle notizie che chissà come vengono veicolate sui media con una scadenza che ha dell'incredibile, verifichino chi al ministero dell'economia decideva e decide tutte le nomine. Poteva forse farlo egli stesso ? Con un ministro che all'epoca si autodefiniva «uno dei ministri più potenti del mondo» ? Con un direttore generale del tesoro il quale è diventato poi ministro dell'economia ? Con un Capo di gabinetto che i media e gli stessi colleghi definiscono tuttora il «più potente dei grand commis dello Stato» ? Costoro esercitavano un ruolo di conservazione e di resistenza rispetto alle sollecitazioni di indirizzo politico che oggi è riconosciuto persino anche da alcuni organi d'informazione. La verità, ben nota a tutti, tranne a chi la dovrebbe ricercare, è che le nomine le decidevano altri, con il ministro che, a sua volta, le confermava. A lui toccava solo il compito di evitare frizioni tra i vertici e segnalare nomine che risultavano «inopportune». Allo stesso modo avveniva per le norme contenute nei decreti: era notorio che il ministro dell'economia pro tempore controllasse uno per uno gli articoli, stralciando quelli che riteneva non opportuni.
  Concludendo, nonostante le tante ragioni di resistenza dettate da un'evidente persecuzione nei confronti della sua persona e della sua stessa qualità di parlamentare, torna a chiedere alla Giunta di autorizzare immediatamente quanto richiesto dall'autorità giudiziaria di Milano, confidando che questa utilizzi ogni strumento investigativo per accertare la verità, consentendogli di recuperare quella dignità che ancora oggi è così ingiustamente calpestata.

  Pierluigi CASTAGNETTI, Presidente, poiché nessuno intende porre domande all'on. Milanese, lo congeda.

  (Il deputato Marco Mario Milanese si allontana dall'Aula).

  Fulvio FOLLEGOT (LNP), relatore, sciogliendo la sua riserva, e precisato che la Pag. 8Giunta non deve entrare nel merito dei fatti oggetto dell'istruttoria penale, propone la concessione dell'autorizzazione.

  Federico PALOMBA (IdV) voterà certamente a favore della proposta del relatore, soprattutto in ragione della mancanza di fumus persecutionis. Tale connotato può essere ricercato, ove mai, nell'autorità giudiziaria procedente ma non certo in testimoni o altri soggetti che a vario titolo interloquiscono nel procedimento.

  Maurizio PANIZ (PdL), a titolo personale, voterà contro la proposta del relatore. A tale orientamento lo spinge una necessaria coerenza di comportamenti che ha osservato per tutta la legislatura.

  Francesco Paolo SISTO (PdL) osserva che il comportamento associativo contestato al deputato Milanese in definitiva si risolve nella sua attività parlamentare, così recando un'evidente lesione al suo indipendente e genuino mandato elettivo. Tanto più che l'accordo che costituirebbe l'associazione per delinquere sarebbe addirittura successivo alla perpetrazione di taluni dei reati-scopo. Anch'egli a titolo personale voterà contro la proposta del relatore.

  Marilena SAMPERI (PD) voterà invece convintamente a favore della proposta del relatore, in ragione sia delle considerazioni da questi svolte in ordine all'opportunità di non entrare nel merito del processo, sia dell'orientamento espresso dallo stesso deputato interessato.

  Maurizio BIANCONI (PdL), premesso di avere estrema fiducia nella magistratura, non può tuttavia fare a meno di constatare che la prospettazione dei fatti contenuta nel capo d'imputazione è assai pericolosa: di fatto, si contesta al deputato Milanese di aver svolto attività politico-parlamentare. Crede che – pur scossa da fatti che oggettivamente la rendono debole e poco autorevole – la classe politico-parlamentare debba difendere con energia i presidi della propria indipendenza. Non gli risulta che l'accusa di associazione per delinquere sia sostanziata da specifiche circostanze di fatto estranee al mandato parlamentare. Per questo voterà contro la proposta del relatore.

  Luca Rodolfo PAOLINI (LNP), se concorda con le affermazioni di principio ascoltate dai colleghi Paniz, Sisto e Bianconi, deve però sottolineare che la richiesta in titolo è circoscritta al limitato segmento investigativo costituito dai tabulati, la cui acquisizione non intacca la libertà del mandato parlamentare, tanto più che lo stesso deputato Milanese chiede che l'autorizzazione sia concessa.

  Antonino LO PRESTI (FLpTP) coglie nei ragionamenti dei colleghi Paniz, Sisto e Bianconi la giusta preoccupazione che un deputato non possa essere chiamato a rispondere per atti pertinenti all'esercizio della sua funzione, come previsto dall'articolo 68, primo comma, della Costituzione. Nondimeno, oggetto della presente procedura non è una deliberazione in materia d'insindacabilità, ma la ben più limitata autorizzazione all'utilizzo dei tabulati. Voterà quindi per la concessione, fermo restando che – se si dovesse verificare che la magistratura imputa all'on. Milanese opinioni e voti attinenti alle sue funzioni – si aprirebbero le porte del conflitto d'attribuzioni.

  Pierluigi MANTINI (UdCpTP) richiama i colleghi a meditare sul fatto che si discute di pratiche di ingentissimo importo aperte in favore di soggetti privi dei requisiti di merito creditizio, proprio in un contesto economico e produttivo in cui le piccole e medie imprese soffrono tremendamente per la chiusura dei «rubinetti» bancari, dovuta alle decisioni cosiddette Basilea 2 e Basilea 3. Non è dunque banale o politicamente connotato auspicare che la magistratura vada fino in fondo sulla gestione parziale e corrotta delle risorse creditizie. Crede che la posizione di taluni colleghi che lo hanno preceduto sia connotata da quello che Nietszche chiamò l'istinto di punire, i magistrati, in questo Pag. 9caso. Preso anche atto che è lo stesso Milanese a domandare di poter chiarire senza ostacoli la sua posizione nel procedimento, annunzia che il suo gruppo voterà per la concessione.

  Donatella FERRANTI (PD) crede nocivo per la politica concepire la sfera del parlamentare come un complesso rivestito di un'immunità totale. Invocare in questo caso l'insindacabilità parlamentare è totalmente fuori luogo giacché, come lo stesso Milanese ha precisato, mancano atti ispettivi, legislativi o d'indirizzo che ricolleghino le sue funzioni parlamentari al settore del gioco legale, che viene in questione nell'inchiesta. Egli si è protestato innocente rispetto a chiamate in correità sulla cui attendibilità non si può pronunziare. Presso questo collegio non si svolgono processi perché non possono essere ascoltate le parti e non possono essere escussi testimoni. Crede poco persuasivi gli argomenti ascoltati dai colleghi del gruppo del Popolo della Libertà, soprattutto perché non contribuiscono a riqualificare agli occhi dell'opinione pubblica la funzione politica e parlamentare. Voterà per la concessione.

  Maurizio BIANCONI (PdL), parlando per una precisazione, rimarca che non è sua intenzione condurre il processo, ma solo evidenziare che dallo stesso capo d'imputazione emerge la volontà persecutoria della magistratura nei confronti del deputato Milanese. Gli si contesta, infatti, una generica associazione per delinquere da ricondursi in ultima istanza alla sua stessa attività parlamentare.

  Pierluigi CASTAGNETTI, Presidente, sottolinea che, in realtà, il capo d'imputazione è più specifico di quanto creda il collega Bianconi, giacché i reati-scopo dell'associazione, relativi a una gestione creditizia illecita, sono ben enucleati e gli appaiono estranei all'attività parlamentare.
  Pone ai voti la proposta del relatore.

  La Giunta approva a maggioranza (con 9 voti favorevoli, 4 contrari e nessun astenuto) la proposta del relatore nel senso che l'autorizzazione all'acquisizione dei tabulati inerenti a entrambi i periodi indicati nella domanda sia concessa; lo incarica altresì di redigere il documento per l'Assemblea.

Comunicazioni del Presidente su una domanda di deliberazione in materia d'insindacabilità avanzata dal deputato Aldo Di Biagio, nell'ambito di un procedimento penale pendente presso il Giudice di pace di Roma.

  Pierluigi CASTAGNETTI, Presidente, comunica che in data 24 ottobre 2012 il Presidente della Camera ha assegnato alla Giunta per le autorizzazioni un'istanza presentata dal collega Aldo Di Biagio. La domanda di deliberazione in materia d'insindacabilità è relativa a un fatto avvenuto, a seduta aperta, nell'Assemblea della Camera. Per come risulta dagli atti e dalle ulteriori informazioni che ha assunto, era in corso la chiama per la votazione di fiducia sul rendiconto generale dello Stato nella seduta del 14 ottobre 2011. In quell'occasione, i gruppi di opposizione al Governo Berlusconi (Partito Democratico, Unione di Centro, Italia dei Valori e Futuro e Libertà, oltre ad alcune componenti del gruppo Misto) avevano deciso di tentare di far mancare il numero legale. A questo fine alcuni deputati dei predetti gruppi si erano collocati all'ingresso dell'Aula onde conteggiare i deputati di maggioranza che rispondevano alla chiama. Tra questi deputati, sul lato sinistro, erano gli onorevoli Angela Napoli e Aldo Di Biagio, entrambi del gruppo Futuro e Libertà. Ad un tratto sono comparsi sulla porta alcuni deputati del gruppo del Partito Democratico, afferenti alla cosiddetta Delegazione Radicale. Tra costoro era il deputato Maurizio Turco, che, a dire dell'on. Di Biagio, lo avrebbe scostato per approssimarsi di corsa al banco della Presidenza. Il Di Biagio avrebbe perso il conto e non avrebbe più potuto portare a termine la strategia che il gruppo di appartenenza si era prefissato. Successivamente, proclamato il risultato della votazione, Pag. 10in cui era raggiunto il numero legale, l'on. Di Biagio si sarebbe avvicinato all'on. Maurizio Turco e lo avrebbe minacciato con le parole che risultano dal capo d'imputazione.
  Il deputato Maurizio Turco ha reagito a tale atto con due iniziative: da un lato la denunzia penale, dall'altro una lettera al Presidente della Camera volta a chiedere sanzioni a carico dell'on. Aldo Di Biagio. A quest'ultimo proposito, il Presidente della Camera ebbe ad incaricare il Collegio dei Questori di svolgere l'apposita istruttoria. I deputati Questori, tuttavia, non ritennero sussistenti i presupposti per l'irrogazione di sanzioni e tale conclusione fu comunicata all'Ufficio di Presidenza nella riunione del 20 giugno 2012. Il medesimo Ufficio di Presidenza ne prese atto senza obiezioni.
  Viceversa, l'autorità giudiziaria penale ha ritenuto di condurre l'inchiesta, ascoltando due testimoni (i deputati Beltrandi e Farina Coscioni) e di pervenire all'emanazione del decreto di citazione a giudizio dell'on. Di Biagio davanti al giudice di pace di Roma per un'udienza prevista per oggi stesso.
  Alla Giunta spetta dunque assumere una decisione preliminare in ordine al seguito dell'esame.
  Osserva che l'insindacabilità parlamentare è un istituto volto a tutelare la libertà del mandato e il suo genuino esercizio dall'interferenza indebita del potere giudiziario. È evidente che le deliberazioni in materia devono quindi riferirsi a opinioni che potenzialmente sarebbero suscettibili di sindacato giurisdizionale, altrimenti la deliberazione con cui la Camera dichiara l'applicabilità dell'articolo 68, primo comma, della Costituzione non avrebbe senso. Infatti, rispetto a condotte e dichiarazioni interamente conchiuse nell'ambito dell'attività parlamentare, rispetto a cui non residuano profili e conseguenze suscettibili di essere qualificati da disposizioni dell'ordinamento generale dello Stato, il giudice ordinario non ha giurisdizione. Rispetto a tali episodi è esaustiva quella che la Corte costituzionale ha definito la capacità qualificatoria dei Regolamenti parlamentari. Questi principi sono desumibili dalla sentenza della Corte costituzionale n. 379 del 1996, resa su un conflitto d'attribuzione elevato dalla Camera nei confronti dell'autorità giudiziaria di Roma, in ordine ai cosiddetti «pianisti». In quella circostanza si ritenne totalmente insussistente la giurisdizione del giudice penale con riferimento al preteso falso in atto pubblico dovuto al voto espresso da un deputato sulla postazione di voto di altro deputato, al momento assente. La Corte costituzionale ha ritenuto in quel caso che la fattispecie si esaurisse nelle potenzialità qualificatorie del Regolamento della Camera e in particolare, nel caso specifico, degli articoli 8 e 57 che prevedono, tra l'altro, il dovere del Presidente di assicurare il buon andamento dei lavori e il potere di annullare una votazione per irregolarità.
  Nel caso all'esame della Giunta si pone il problema se considerare la minaccia rivolta dal collega Di Biagio al collega Turco come un episodio che abbia residui esterni all'ordinamento parlamentare potenzialmente suscettibili di essere conosciuti dal giudice penale, con ciò rendendo possibile o – a seconda delle opinioni – necessaria la deliberazione d'insindacabilità. O se, da altro punto di vista, ritenere l'episodio prospettato dal collega Di Biagio come interamente ricompreso nell'ordinamento parlamentare, di talché non vi sarebbe spazio per una deliberazione d'insindacabilità ma solo per una comunicazione da rendere al Giudice di pace di Roma, per il tramite del Presidente della Camera, che egli è – ad avviso della Giunta – totalmente privo di giurisdizione.
  Su quanto esposto chiede ai colleghi di pronunziarsi e precisa che, personalmente, opterebbe per questa seconda soluzione, sottolineando altresì che la differenza tra le due ipotesi sta anche nel fatto che, a optare per la prima, si avanzerebbe una proposta all'Assemblea mentre, scegliendo il secondo percorso, la Giunta si rivolgerebbe direttamente all'autorità giudiziaria per il tramite del Presidente della Camera.

Pag. 11

  Maurizio PANIZ (PdL) coglie perfettamente la delicatezza della questione prospettata dal Presidente e teme che una decisione non ben ponderata potrebbe costituire un precedente assai impegnativo: chiede pertanto che la Giunta rinvii l'esame delle comunicazioni testé rese dal Presidente.

  Federico PALOMBA (IdV) chiede quale sia la disposizione del Regolamento della Camera che in questo caso si attaglierebbe alla fattispecie, esaurendone – in ipotesi – gli aspetti qualificatori.

  Antonino LO PRESTI (FLpTP), sull'ordine dei lavori, chiede la sospensione dell'esame della questione in vista di un tentativo di conciliazione che assai spesso in passato è stato esperito mediante appositi inviti alle parti.

  Marilena SAMPERI (PD) crede che la soluzione del caso sia da ricercare nei criteri offerti dalla sentenza della Corte costituzionale n. 379, or ora richiamata dal Presidente. Ad ogni modo, e in via pregiudiziale, aderisce alla richiesta del deputato Lo Presti.

  Francesco Paolo SISTO (PdL), anch'egli auspicando l'ipotesi di una composizione bonaria della controversia, non intende tuttavia sottrarsi al tema, il quale – al di là della pochezza fattuale dell'episodio cui si riferisce – è di considerevole peso sul piano dei principi. Esposti taluni passaggi della sentenza n. 379 più volte ricordata, crede che in questo caso la condotta ascritta al collega Di Biagio esuli dall'ambito d'applicazione del Regolamento della Camera. Ad ogni modo, non crede che eventuali sanzioni in quest'ultimo previste debbano considerarsi alternative e preclusive dell'applicazione della disciplina del codice penale.

  Pierluigi CASTAGNETTI, Presidente, rispondendo al deputato Palomba, indica quale disposizione regolamentare di riferimento l'articolo 60, comma 3, che prevede la possibilità di irrogare sanzioni nei confronti di deputati i quali, tra l'altro, trascorrano a minacce, ricorrano a vie di fatto o provochino tumulti.
  Propone quindi che la prossima seduta della Giunta sia convocata per il 21 novembre 2012, onde consentirgli di avviare contatti utili all'eventuale composizione della lite.

  (Così rimane stabilito).

  La seduta termina alle 10.50.

AVVERTENZA

  I seguenti punti all'ordine del giorno non sono stati trattati:

DOMANDE DI DELIBERAZIONE IN MATERIA DI INSINDACABILITÀ:

SEGUITO DELL'ESAME DELLA DOMANDA DI DELIBERAZIONE IN MATERIA D'INSINDACABILITÀ AVANZATA DALLA DEPUTATA PAOLA GOISIS, NELL'AMBITO DI UN PROCEDIMENTO PENALE PENDENTE PRESSO L'AUTORITÀ GIUDIZIARIA DI PADOVA (PROC. N. 15533/07 RGNR) (REL.: SANTELLI)

SEGUITO DELL'ESAME DELLA DOMANDA DI DELIBERAZIONE IN MATERIA D'INSINDACABILITÀ NEL PROCEDIMENTO CIVILE NEI CONFRONTI DEL DEPUTATO SILVIO BERLUSCONI PENDENTE PRESSO IL TRIBUNALE DI CAGLIARI (ATTO DI CITAZIONE DEL DOTTOR RENATO SORU) (REL.: BIANCONI)