CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 18 ottobre 2012
722.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Comitato per la legislazione
COMUNICATO
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ESAME AI SENSI DELL'ARTICOLO 96-BIS, COMMA 1, DEL REGOLAMENTO

  Giovedì 18 ottobre 2012. — Presidenza del presidente Doris LO MORO. — Interviene il sottosegretario di Stato all'interno, Saverio Ruperto.

  La seduta comincia alle 14.15.

Conversione in legge del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, recante disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012.
Esame C. 5520 – Governo.

(Parere alle Commissioni riunite I e V).
(Esame e conclusione – Parere con condizioni e osservazioni).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento in titolo.

  Antonino LO PRESTI, relatore, illustra brevemente i contenuti del provvedimento all'esame del Comitato, precisando che esso, con l'unica eccezione della disposizione contenuta all'articolo 9, comma 5, in materia di erogazione dei contributi del cinque per mille alle associazioni senza scopo di lucro, presenta un contenuto omogeneo.
  Nel merito, fa presente che il decreto-legge si articola in tre titoli, i primi due dei quali recanti misure che investono la gestione finanziaria e i costi della politica nelle Regioni e l'organizzazione, anche finanziaria, degli enti locali, mentre, il titolo III contiene ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012.
  Al riguardo, segnala che le disposizioni che hanno suscitato una maggiore eco anche a livello mediatico sono quelle contenute nei primi due articoli. In particolare, l'articolo 1 prevede controlli della Corte dei conti, preventivi e successivi, su atti delle regioni, dei gruppi consiliari e delle assemblee regionali, mentre l'articolo 2 è finalizzato alla riduzione dei costi della politica nelle regioni, attraverso una serie di misure che incidono principalmente sulle spese per gli organi regionali. In tale ambito, le disposizioni contenute ai commi 2 e 3 dell'articolo 2, presentano taluni profili problematici in relazione agli ambiti di competenza del Comitato. Tali disposizioni, infatti, diversamente da quelle contenute al comma 1 dell'articolo in questione che, pur intervenendo in materia propria degli statuti e delle leggi statutarie Pag. 4regionali e dei regolamenti interni dei Consigli regionali, prevedono comunque che siano le Regioni ad adeguare la propria normativa ai precetti posti dalla legge statale, dispongono invece la sostituzione della fonte statale a quella regionale (anche di rango statutario) e la disapplicazione di quest'ultima, al di fuori dell'esercizio del potere sostitutivo dello Stato, come disciplinato dall'articolo 120 della Costituzione. A ciò evidentemente consegue una potenziale sovrapposizione nella disciplina della medesima materia della fonte statale e di quella regionale, che non appare congrua con il sistema delle fonti del diritto (anche alla luce del criterio di competenza), né con le esigenze di stabilità, certezza e semplificazione della legislazione. A tale proposito, stante l'estrema delicatezza della questione a livello politico ed anche in considerazione del fatto che il rilievo in oggetto si pone al limite delle competenze del Comitato per la legislazione, al quale non è rimessa la verifica del rispetto del riparto delle competenze della fonte statale e di quella regionale alla luce delle disposizioni contenute nel Titolo V della Costituzione, segnala sin d'ora che, nella proposta di parere da lui predisposta, la questione formerà oggetto di un'osservazione e non già di una condizione.
  Si sofferma quindi sugli ulteriori profili problematici in relazione agli ambiti di competenza del Comitato, i quali attengono principalmente al coordinamento delle disposizioni recate dal decreto con l'ordinamento vigente. A tale proposito, segnala in particolare che il provvedimento assegna alla Corte dei conti nuove funzioni di controllo sugli atti regionali e sugli atti degli enti locali, senza tuttavia prevedere clausole di coordinamento con la stratificata normativa che, nel corso degli anni, è intervenuta a disciplinare le funzioni della Corte dei conti. Dà infine conto della presenza di talune locuzioni delle quali non risulta chiara la portata normativa e di alcuni difetti di coordinamento, interno ed esterno, al testo.
   Passa quindi a formulare la seguente proposta di parere:

  «Il Comitato per la legislazione,
   esaminato il disegno di legge n. 5520 e rilevato che:
  sotto il profilo dell'omogeneità del contenuto:
   il provvedimento, ripartito in tre titoli, presenta un contenuto sostanzialmente omogeneo; esso reca, infatti, nei primi due Titoli, che corrispondono al primo argomento indicato nell'intestazione del decreto, disposizioni che investono la gestione finanziaria e i costi della politica delle regioni (Titolo I) e l'organizzazione, anche finanziaria, degli enti locali (Titolo II); infine, al Titolo III, che corrisponde al secondo argomento indicato nell'intestazione del decreto, esso reca ulteriori disposizioni in favore delle zone colpite dal sisma del maggio 2012; non appaiono invece riconducibili all'ambito materiale oggetto del provvedimento, né alla partizione del testo nella quale sono inserite (si tratta del Titolo II), le disposizioni contenute al comma 5 dell'articolo 9, che intervengono in materia di erogazione dei contributi del 5 per mille alle associazioni senza scopo di lucro; a tale ultimo proposito, si ricorda che la Corte Costituzionale, nella sentenza n. 22 del 2012, richiamando al riguardo quanto già statuito nelle sentenze n. 171 del 2007 e n. 128 del 2008, ha individuato, “tra gli indici alla stregua dei quali verificare se risulti evidente o meno la carenza del requisito della straordinarietà del caso di necessità e d'urgenza di provvedere, la evidente estraneità della norma censurata rispetto alla materia disciplinata da altre disposizioni del decreto legge in cui è inserita”, nonché rispetto all'intestazione del decreto e al preambolo;
  sotto il profilo dei rapporti con la normativa vigente:
   nel procedere a numerose modifiche della disciplina vigente, il provvedimento in esame ricorre generalmente alla tecnica della novellazione; in alcuni casi, si registra Pag. 5tuttavia un insufficiente coordinamento con le preesistenti fonti normative, in ragione del fatto che talune disposizioni intervengono su di esse mediante modifiche non testuali ovvero in assenza delle necessarie clausole di coordinamento; si rinvengono, inoltre, casi in cui il mancato coordinamento si verifica in relazione a codici o testi unici, dei quali vengono così compromessi i caratteri di unitarietà ed onnicomprensività, propri di un codice riferito ad un determinato settore disciplinare; in altri casi, invece, il difetto di coordinamento con la normativa vigente è imputabile all'introduzione di numerose misure di carattere organico che, nell'ambito delle partizioni del testo nelle quali sono inserite, appaiono decontestualizzate e, in molti casi, fanno sistema con quelle oggetto di altri provvedimenti, all'interno dei quali dovrebbero essere opportunamente collocate;
   le anzidette modalità di produzione normativa, che mal si conciliano con lo scopo di semplificare e riordinare la legislazione vigente, si riscontrano, in particolare, in relazione alla normativa concernente la Corte dei conti, cui vengono assegnate nuove funzioni di controllo sugli atti regionali e sugli atti degli enti locali, senza prevedere clausole di coordinamento con la stratificata normativa che, nel corso degli anni, è intervenuta a disciplinare le funzioni della Corte dei conti. In particolare:
    incidono in via non testuale sulla legge n. 20 del 1994, recante Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti, le disposizioni contenute all'articolo 1, comma 2 (in materia di controllo preventivo di legittimità su alcune categorie di atti regionali); comma 3 (che sottopone il rendiconto generale della regione al giudizio di parifica); comma 4 (in materia di verifica delle coperture finanziarie delle leggi regionali di spesa); e commi da 10 a 15 (che estendono il controllo della Corte dei conti anche ai rendiconti dei Gruppi consiliari e ai rendiconti generali della Assemblee regionali);
    incidono in via non testuale sull'articolo 1, commi da 166 a 170, della legge n. 266 del 2005, le disposizioni di cui ai commi da 6 a 9 (in materia di controllo sui bilanci preventivi e consuntivi delle autonomie territoriali e degli enti del Servizio sanitario nazionale) del già menzionato articolo 1. Inoltre, il comma 7, primo e secondo periodo, sulla verifica di gestione, interviene altresì su materia già disciplinata dall'articolo 7, comma 7, della legge n. 131 del 2003;
    l'articolo 3, comma 1, lettera e), affida alla Corte dei conti nuove funzioni, alcune delle quali sembrano parzialmente già rinvenibili nella legislazione vigente (si vedano l'articolo 7, comma 7, della legge n.131 del 2003, nel quale si prevede che le Sezioni regionali verifichino la sana gestione finanziaria degli enti locali ed il funzionamento del sistema dei controlli interni, e l'articolo 11, comma 3, della legge n. 15 del 2009, ove si dispone che le Sezioni medesime possano effettuare controlli su gestioni pubbliche «in corso di svolgimento» di enti locali);
    l'articolo 6, comma 3, interviene sulle modalità di controllo sugli enti locali delle Sezioni regionali della Corte dei conti, già oggetto di numerose disposizioni, dalla legge n. 20 del 1994 (in particolare, articolo 3, commi 4, 5 e 6) al decreto legislativo n. 286 del 1999, fino alla legge n. 266 del 2005;
    i nuovi compiti di coordinamento attribuiti alla Sezione Autonomie dall'articolo 6, comma 4, sembrano sovrapporsi a quelli affidati alle Sezioni riunite della Corte dei conti dall'articolo 17, comma 31, del decreto-legge n. 78 del 2009;
    infine, le disposizioni contenute all'articolo 7 intervengono sull'organizzazione interna della Corte dei conti, senza tuttavia contenere una clausola di coordinamento con l'articolo 4 della legge n. 20 del 1994, che rimette l'anzidetta disciplina ad un regolamento interno della Corte medesima;
   in aggiunta alle fattispecie testé indicate, difetti di coordinamento con l'ordinamento Pag. 6in ragione della mancata novellazione della normativa preesistente, ovvero dell'introduzione di discipline «decontestualizzate», si rinvengono altresì: all'articolo 6, commi 1 e 2, che incide sulle competenze del Commissario per la revisione della spesa pubblica, recentemente istituito dall'articolo 2 del decreto legge n. 52 del 2012, senza tuttavia novellarlo; all'articolo 9, commi 4 e 5, che intervengono, rispettivamente, in materia di riscossione delle entrate degli enti regionali e locali e di erogazione delle devoluzioni del 5 per mille dell'IRPEF, senza inserire le suddette discipline in un appropriato contesto normativo; all'articolo 10, che interviene in via non testuale sulla disciplina dell'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali e, infine, all'articolo 11, comma 6, che agisce in maniera non testuale sul termine – fissato dall'articolo 8, comma 1 del decreto-legge n. 74 del 2012 – per l'effettuazione dei pagamenti dei tributi, dei contributi previdenziali e assistenziali e dei premi per l'assicurazione obbligatoria sospesi a seguito del sisma del maggio 2012;
    ulteriori profili problematici relativi al coordinamento sia interno che esterno del testo, si riscontrano in relazione:
    all'articolo 3, comma 1, lettera m), che introduce, nell'ambito dell'articolo 234 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (decreto legislativo n. 267 del 2000), il comma 2-bis, il quale interviene sui criteri per la designazione del presidente del collegio dei revisori dei conti di comuni, province e città metropolitane. La suddetta disposizione non risulta, tuttavia, coordinata con i commi 1 e 2 del medesimo articolo 234, che prevedono differenti criteri per l'elezione del collegio dei revisori dei conti degli enti locali e la cui applicazione sembra preclusa dalla novella in questione. Peraltro, l'articolo 3, comma 3, integra a sua volta il disposto del nuovo comma 2-bis dell'articolo 234 senza novellare il testo unico degli enti locali e prevedendo, con espressione invero tautologica, che i rappresentanti del Ministero dell'interno e dell'economia e delle finanze nei collegi di revisione economico-finanziaria degli enti locali siano “scelti tra i soggetti in possesso di requisiti professionali adeguati per l'espletamento dell'incarico”;
    all'articolo 3, comma 1, lettera r), che introduce, nell'ambito del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, l'articolo 243-ter, che istituisce il “Fondo di rotazione per assicurare la stabilità finanziaria degli enti locali”. Il successivo articolo 4 integra la disciplina del Fondo, al di fuori della novella al testo unico degli enti locali, denominandolo però in un diverso modo (“Fondo di rotazione per la concessione di anticipazioni agli enti locali in situazione di grave squilibrio finanziario”);
    sempre l'articolo 3, comma 1, lettera r), nella parte in cui introduce nel testo unico degli enti locali il nuovo articolo 243-quater, ai commi 1 e 2, ridenomina la Commissione di cui all'articolo 155 del medesimo testo unico e ne integra la disciplina, senza novellare il citato articolo 155. L'articolo 3, comma 7, ribadisce che “La Commissione di cui all'articolo 155 del predetto Testo unico n. 267 del 2000, ovunque citata, assume la denominazione di Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali”, senza però che, neanche esso, provveda a novellarla;
   il decreto-legge si rapporta inoltre alla normativa vigente procedendo, in alcuni limitati casi, mediante richiami effettuati in forma generica o imprecisa, in relazione ai quali sarebbe invece opportuno, ove possibile, specificare o indicare correttamente la normativa oggetto del rinvio; al riguardo, si segnalano l'articolo 1, comma 2, che richiama genericamente il rispetto “del diritto dell'Unione europea e di quello costituzionale”; l'articolo 3, comma 1, lettera a), che contiene un rinvio normativo all'articolo 17 della legge n. 689 del 1981, il quale non appare tuttavia conferente e l'articolo 11, comma 3, lettera a), che richiama il decreto-legge 29 novembre Pag. 72008, n. 185, con l'erronea numerazione “285”;
   sul piano del coordinamento delle disposizioni contenute nel decreto con le fonti regionali del diritto, il decreto-legge, all'articolo 2, comma 2, laddove stabilisce, in relazione ai trattamenti pensionistici o vitalizi in favore di chi abbia ricoperto la carica di presidente della Regione, di consigliere regionale o di assessore regionale, che le Regioni possano corrispondere i suddetti trattamenti solo ove i beneficiari abbiano compiuto sessantasei anni e abbiano ricoperto tali cariche, anche non continuativamente, per un periodo non inferiore a dieci anni e, al comma 3 del medesimo articolo, laddove dispone che se, all'atto dell'indizione delle elezioni per il rinnovo del Consiglio regionale, la Regione non abbia provveduto all'adeguamento statutario relativo alla riduzione dei componenti il Consiglio stesso, le elezioni siano comunque indette per il numero massimo dei consiglieri regionali previsto, in rapporto alla popolazione, dall'articolo 14, comma 1, lettera a), del decreto-legge n. 138 del 2011, reca delle disposizioni delle quali andrebbe verificata la congruità con il sistema delle fonti del diritto (anche alla luce del criterio di competenza), nonché con le esigenze di stabilità, certezza e semplificazione della legislazione, tenuto conto che le medesime dispongono la sostituzione della fonte statale a quella regionale (anche di rango statutario) e la disapplicazione di quest'ultima, al di fuori dell'esercizio del potere sostitutivo dello Stato, come disciplinato dall'articolo 120 della Costituzione, ed alla quale consegue la potenziale sovrapposizione nella disciplina della medesima materia della fonte statale e di quella regionale;

  sotto il profilo dell'efficacia temporale delle disposizioni:
   il decreto-legge, all'articolo 8, comma 1, reca una norma interpretativa finalizzata alla determinazione dell'importo massimo della riduzione del Fondo sperimentale di riequilibrio, da applicare, quale misura sanzionatoria, agli enti locali che non abbiano rispettato gli obiettivi del patto di stabilità interno, ai sensi dell'articolo 7, comma 2, lettera a), del decreto legislativo 6 novembre 2011, n. 149. Tuttavia, la norma interpretata è stata modificata dall'articolo 4, comma 12-bis, del decreto-legge n. 16 del 2012, il quale ha espunto dalla suddetta disposizione la previsione del limite massimo della sanzione, che era fissato nel 3 per cento delle entrate correnti certificate nel rendiconto. A ciò consegue che l'ambito della norma interpretativa parrebbe, dunque, riguardare gli effetti prodotti dalla disposizione previgente, i quali sembrerebbero protrarsi a tutt'oggi, non risultando ancora conclusa la procedura relativa alla certificazione del saldo raggiunto dagli enti con riferimento al patto di stabilità dell'anno 2011, e alla conseguente applicazione delle sanzioni in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi;
  sul piano dei rapporti con le fonti subordinate:
   il provvedimento, all'articolo 3, comma 1, lettera p), capoverso 2 e comma 3, demanda compiti attuativi a decreti ministeriali dei quali specifica la natura non regolamentare; in proposito, si ricorda che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 116 del 2006, con riferimento ad un decreto ministeriale del quale si esplicitava la natura non regolamentare (contenuto all'articolo 3 del decreto-legge n. 279 del 2004), lo qualificava come «un atto statale dalla indefinibile natura giuridica» e che, recentemente, l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza 4 maggio 2012, n. 9, sulla natura giuridica dell'articolo 4 del decreto ministeriale 6 febbraio 2006, ha osservato che: «deve rilevarsi che, nonostante la crescente diffusione di quel fenomeno efficacemente descritto in termini di “fuga dal regolamento” (che si manifesta, talvolta anche in base ad esplicite indicazioni legislative, tramite l'adozione di atti normativi secondari che si autoqualificano in termini non regolamentari) deve, in linea di principio, escludersi che il potere normativo dei Ministri e, più in generale, del Governo possa esercitarsi medianti atti “atipici” di natura non regolamentare»;Pag. 8
  sul piano della corretta formulazione e della tecnica di redazione del testo:
   il provvedimento contiene alcune locuzioni delle quali risulta incerta la portata normativa. In particolare, all'articolo 2, comma 1, lettera f), in base al quale le regioni, per non subire decurtazioni dei trasferimenti erariali, devono definire l'importo dei contributi in favore di gruppi consiliari “in modo tale che non eccedano complessivamente l'importo riconosciuto dalla regione più virtuosa, secondo criteri omogenei, ridotto della metà”, da un lato, non risulta chiara la portata normativa dell'espressione “secondo criteri omogenei” e, dall'altro, dovrebbe essere chiarito che con la previsione in oggetto si intende stabilire che tutte le regioni (inclusa quella più virtuosa) devono dimezzare l'importo dei contributi in favore dei gruppi consiliari rispetto a quello riconosciuto dalla regione riconosciuta più virtuosa. Ulteriori espressioni di incerta portata normativa sono presenti, all'articolo 3, comma 1, lettera b), capoverso Art. 49, comma 2, che dispone che, nel caso in cui l'ente locale non abbia i responsabili dei servizi, il parere sulle proposte di deliberazione sottoposte dalla Giunta al Consiglio sia “espresso dal segretario dell'ente, in relazione alle sue competenze”; alla lettera s), capoverso 5-bis, che riprende un'espressione già utilizzata nel decreto legislativo n. 149 del 2011 ma di incerta portata normativa, facendo riferimento agli organismi “riconducibili” ai collegi dei revisori degli enti locali e, infine, all'articolo 9, comma 4, ove si fa riferimento – con formula inedita – agli “enti appartenenti ai livelli di governo sub-statale”;
   da ultimo, in relazione alla tecnica di redazione del testo, si segnala che la rubrica dell'articolo 9 contiene le sigle IPT (imposta provinciale di trascrizione) e IMU (imposta municipale unica) che non vengono seguite dalla denominazione per esteso dell'istituto cui ci si intende riferire, in difformità dunque rispetto a quanto previsto dal paragrafo 14, lettera b), della circolare sulla formulazione tecnica dei testi legislativi;
   infine, il disegno di legge non è provvisto né della relazione sull'analisi tecnico-normativa (ATN), né della relazione sull'analisi di impatto della regolamentazione (AIR). La relazione di accompagnamento al disegno di legge di conversione si limita ad affermare che, “considerata l'urgenza del provvedimento è stata autorizzata l'esenzione dall'AIR e non è stata redatta l'ATN”;

ritiene che, per la conformità ai parametri stabiliti dagli articoli 16-bis e 96-bis del Regolamento, debbano essere rispettate le seguenti condizioni:
  sotto il profilo della specificità e omogeneità di contenuto:
   tenuto conto della sentenza della Corte Costituzionale n. 22 del 2012, richiamata in premessa, si espunga il comma 5 dell'articolo 9, che reca norme estranee rispetto alla materia disciplinata dalle altre disposizioni del decreto legge;
  sotto il profilo dell'efficacia del testo per la semplificazione e il riordinamento della legislazione vigente:
   in relazione alle disposizioni contenute all'articolo 1, commi da 2 a 4 e da 6 a 15; all'articolo 3, comma 1, lettera e); all'articolo 6, commi 3 e 4 e all'articolo 7 – le quali intervengono, implementandole, sulle funzioni della Corte dei conti – sia effettuato un adeguato coordinamento con le disposizioni previgenti (una delle quali riveste peraltro natura codicistica), anche in considerazione del fatto che il settore normativo in questione è risultato già oggetto, anche in tempi recenti, di una significativa stratificazione normativa;
   per quanto detto in premessa, si ponga riparo al difetto di coordinamento che intercorre tra il nuovo comma 2-bis dell'articolo 234 del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali (di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000), introdotto dall'articolo 3, comma 1, lettera m), del decreto all'esame ed i previgenti commi 1 e 2 del novellato articolo 234; Pag. 9
   all'articolo 3, comma 1, lettera p), capoverso 2 e comma 3, che demandano compiti attuativi a un decreto ministeriale del quale viene specificata la natura non regolamentare – tenuto conto anche della sentenza della Corte Costituzionale n. 116 del 2006 e della sentenza 4 maggio 2012, n. 9, dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, richiamate in premessa – siano riformulate le anzidette disposizioni nel senso di prevedere che la disciplina attuativa sia introdotta da regolamenti adottati ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988.

  Il Comitato osserva altresì quanto segue:
   sotto il profilo dell'efficacia del testo per la semplificazione e il riordinamento della legislazione vigente:
    si dovrebbero riformulare le disposizioni indicate in premessa che incidono in via non testuale su previgenti disposizioni legislative, in termini di novella alle medesime, nonché inserire in un idoneo tessuto normativo le disposizioni indicate in premessa che appaiono collocate fuori da un appropriato contesto;
    all'articolo 2, commi 2 e 3, i quali dispongono la sostituzione della fonte statale a quella regionale e la disapplicazione di quest'ultima al di fuori dell'esercizio del potere sostitutivo dello Stato, come disciplinato dall'articolo 120 della Costituzione, con conseguente potenziale sovrapposizione nella disciplina della medesima materia della fonte statale e di quella regionale, si dovrebbe verificare la coerenza delle disposizioni in questione con il sistema delle fonti del diritto (anche alla luce del criterio di competenza), nonché con le esigenze di stabilità, certezza e semplificazione della legislazione;
    per quanto detto in premessa, all'articolo 3, comma 1, lettera r), capoverso 243-ter e all'articolo 4, da un lato, e all'articolo 3, comma 1, lettera r), capoverso 243-quater e comma 7, dall'altro, si dovrebbe porre riparo ai difetti di coordinamento interno ed esterno ivi presenti;
  sotto il profilo della chiarezza e della proprietà della formulazione:
   per quanto detto in premessa, all'articolo 8, comma 1, che reca una norma interpretativa dell'articolo 7, comma 2, lettera a), del decreto legislativo n. 149 del 2011, nella sua formulazione previgente, le Commissioni dovrebbero chiarire la ratio della norma interpretativa in esame, eventualmente riformulandola al fine di limitarne l'ambito interpretativo ai soli fini degli effetti prodotti dall'attuazione della norma nel testo previgente alle modifiche ad essa apportate con la legge n. 44 del 2012 di conversione del decreto-legge n. 16 del 2012;
   all'articolo 2, comma 1, lettera f), all'articolo 3, comma 1, lettera b), capoverso Art. 49, comma 2, e lettera s), capoverso 5-bis, nonché all'articolo 9, comma 4, si dovrebbe chiarire la portata normativa delle espressioni ivi contenute e riportate nella premessa del parere».

  Carlo MONAI, pur condividendo la proposta di parere testé illustrata dal relatore, suggerisce di riformulare l'osservazione riferita all'articolo 2, commi 2 e 3, al fine di renderla più stringente. Ritiene infatti che, invitando le Commissioni di merito a «verificare la coerenza delle disposizioni in questione con il sistema delle fonti del diritto, nonché con le esigenze di stabilità, certezza e semplificazione della legislazione», il Comitato rimetterebbe loro la verifica sulla coerenza delle disposizioni in oggetto con l'ordinamento vigente, mentre tale valutazione dovrebbe essere operata dal Comitato stesso.

  Doris LO MORO, presidente, ritiene preferibile l'attuale formulazione del parere, posto che, da un lato, il Comitato rischierebbe di valicare il confine, sul punto piuttosto scivoloso, delle proprie competenze, invadendo quelle della Commissione Affari Costituzionali, e, dall'altro, che la sovrapposizione normativa tra fonte regionale e fonte statale, appare, allo stato, meramente potenziale.

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  Antonino LO PRESTI, relatore, ritiene che, oltre alle pertinenti considerazioni del presidente circa i limiti delle competenze del Comitato, nel caso all'esame, al di là delle valutazioni di carattere strettamente tecnico-giuridico, non si debba trascurare l'obiettivo politico, largamente condiviso sia in sede parlamentare che dall'opinione pubblica, di ridurre i costi della politica in ambito regionale, passando anche attraverso la riduzione del numero dei consiglieri delle assemblee rappresentative. Anche per questo profilo, dunque, ritiene opportuno che il rilievo in questione sia formulato come osservazione.

  Carolina LUSSANA, nel concordare pienamente con il relatore, ritiene che si potrebbe discutere a lungo sull'opportunità di formulare una condizione piuttosto che un'osservazione, ovvero sull'opportunità di formulare il rilievo in questione in termini più o meno stringenti. Tali dissertazioni devono però conciliarsi con la constatazione che, a stretto giro, in due importanti regioni come il Lazio e la Lombardia si terranno le elezioni per il rinnovo dei consigli regionali: appare dunque evidente che, da un lato, anche se non ancora recepite negli statuti regionali, le disposizioni statali che dispongono la riduzione del numero di consiglieri eleggibili debbono comunque trovare da subito applicazione e, dall'altro, che proprio la vigenza di siffatte disposizioni statali potrebbe essere uno stimolo per le regioni a modificare rapidamente i propri statuti.

  Lino DUILIO, dopo aver stigmatizzato il ricorso al tanto abusato strumento della decretazione d'urgenza in una materia così complessa e delicata come quella all'esame, trova in particolare stupefacente che il provvedimento in oggetto sia stato adottato a seguito di specifica richiesta avanzata dalla Conferenza dei presidenti delle regioni. Dopo aver dato conto degli esiti dell'audizione del presidente della Corte dei conti (ente cui il decreto legge affida il compito di porre in essere una sorta di commissariamento degli organi di governo delle regioni), presso le Commissioni di merito, segnala come in tale sede siano state preannunziate rilevanti modifiche al provvedimento in esame. Per tali ragioni, quindi, pur condividendo pienamente la proposta di parere formulata dal relatore, auspica che il Comitato possa essere investito della richiesta da parte delle Commissioni di merito di esprimere un secondo parere sul testo del decreto legge come risultante dalle modifiche che ad esso saranno apportate nel corso dell'esame in sede referente: ciò al fine di rendere più incisivo il ruolo del Comitato nell'esame di un provvedimento tanto complesso e delicato.

  Il Comitato approva la proposta di parere.

  La seduta termina alle 14.40.