CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 13 settembre 2012
704.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Comitato parlamentare per i procedimenti di accusa
COMUNICATO
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ESAME DELLA SEGUENTE DENUNCIA

  Giovedì 13 settembre 2012. — Presidenza del presidente Marco FOLLINI.

  La seduta comincia alle 8.

  Il Comitato apre i lavori in seduta segreta, ai sensi dell'articolo 5 del regolamento parlamentare per i procedimenti d'accusa, indi su proposta del presidente delibera all'unanimità di proseguire in seduta pubblica anche attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso.

Denuncia sporta dall'avvocato Carlo Taormina.

  Il PRESIDENTE precisa che l'odierna riunione del Comitato per i procedimenti d'accusa è stata convocata a seguito dell'unanime decisione del suo Ufficio di Presidenza, integrato dai rappresentanti dei Gruppi, tenutosi lo scorso martedì 11 settembre.
  In data 6 settembre 2012, il Presidente della Camera, nella sua qualità di Presidente del Parlamento in seduta comune, ha trasmesso un atto di denunzia nei confronti del Presidente della Repubblica, a firma di Carlo Taormina (già deputato e sottosegretario all'Interno nella XIV legislatura).
  L'atto si compone di sei pagine. A conclusione di esso, Taormina chiede «che si proceda a tutti gli accertamenti necessari sulle circostanze di cui in premessa, tratte da fonti giornalistiche da verificare, e in caso di esito positivo si azionino le procedure per l'incriminazione del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, per il delitto di attentato alla Costituzione, a norma dell'articolo 90 Cost.».
  I fatti premessi a tale domanda di avvio delle procedure di accusa sono quelli, oggetto di ampia resocontazione giornalistica da vari mesi, relativi ai pretesi contatti tra varie personalità e uffici della Presidenza della Repubblica e, ancora, con lo stesso Presidente Napolitano.
  Rammenta che – secondo quanto riportato dalla stampa – l'oggetto di tali contatti sarebbe stato lo sviluppo delle indagini condotte dalla procura della Repubblica di Palermo in ordine a ipotesi di reato nel quadro della cosiddetta trattativa «Stato-Mafia» a ridosso delle stragi del 1992/93. Rammenta altresì che in relazione a taluni aspetti della stessa vicenda il Capo dello Stato ha elevato conflitto d'attribuzione nei confronti degli uffici giudiziari di Palermo. La Corte costituzionale si dovrà pronunziare sulla preliminare ammissibilità del conflitto nel corrente mese di settembre.
  Proprio in relazione a questi fatti, Taormina ravvisa nel comportamento del Pag. 73Capo dello Stato l'abuso d'ufficio, ai sensi dell'articolo 323 del codice penale. Secondo il denunziante, il Presidente della Repubblica «sarebbe intervenuto» sul Procuratore generale presso la Corte di Cassazione affinché costui a sua volta intervenisse sui pubblici ministeri nel corso dell'indagine.
  Secondo Taormina tale atto del Capo dello Stato sarebbe penalmente illecito sia perché, ove l'istigazione fosse stata accolta dal dottor Esposito, si sarebbe avuta la violazione del principio di separatezza tra le funzioni del Procuratore generale presso la Cassazione e quelle dei pubblici ministeri incaricati dell'indagine; sia perché esso avrebbe costituito l'implicita o larvata minaccia di un procedimento disciplinare nei confronti di questi ultimi, giacché – a dire di Taormina – la pressione sul Procuratore generale della Cassazione altro significato non potrebbe avere essendo questi titolare dell'azione disciplinare.
  Peraltro, secondo Taormina, l'elevazione del conflitto d'attribuzione da parte del Presidente Napolitano non farebbe venir meno la configurabilità dell'abuso d'ufficio, costituendone anzi un ulteriore aspetto, essendo a suo parere perfettamente nota al Presidente Napolitano la legittimità delle intercettazioni svolte sull'utenza telefonica di privati cittadini.
  In diritto, Taormina argomenta che l'attentato alla Costituzione è consumabile anche con il compimento di atti non integrativi di fattispecie di reato comuni; situazione che peraltro non si darebbe in questo caso, giacché si verserebbe nell'ipotesi di abuso d'ufficio.
  In definitiva, secondo Taormina l'attentato alla Costituzione consisterebbe nell'aver violato il principio di autonomia e indipendenza dell'intera magistratura e di aver pertanto misconosciuto il principio della separazione dei poteri.
  Il presidente Follini, dopo aver fornito alcuni ragguagli essenziali di carattere procedurale, dichiara di ritenere che la denuncia dell'avvocato Taormina debba essere archiviata per manifesta infondatezza.
  In punto di fatto, il documento da lui pervenuto non offre alcun elemento nuovo rispetto a quanto emerso nei mesi scorsi sugli organi di informazione. Tanto ciò è vero che egli stesso, a conclusione della sua denunzia ammette che si «tratta di circostanze tratte da fonti giornalistiche da verificare».
  In punto di diritto, il denunziante – viceversa – offre una lettura, a suo avviso, singolare e contraddittoria dei fatti che prospetta.
  Egli premette che non sarebbe necessario, a configurare l'attentato alla Costituzione, il commettere un fatto punibile ai sensi della legislazione vigente, affermazione questa in contrasto con il principio di legalità dei reati e delle pene. Quindi afferma che l'aver elevato il conflitto di attribuzione (pur rientrando nelle facoltà del Presidente della Repubblica) nondimeno sarebbe una componente del comportamento abusivo del medesimo Presidente.
  Più nel dettaglio, secondo l'avvocato Taormina, l'aver contattato il Procuratore generale presso la Corte di Cassazione sarebbe di per sé un atto estraneo alle funzioni del Presidente della Repubblica. Tale condotta, tuttavia, combinata con la proposizione del conflitto di attribuzione, costituirebbe l'attentato alla Costituzione.
  La contraddizione di un simile ragionamento è evidente. Infatti delle due l'una: o il preteso abuso d'ufficio rientra nell'ambito delle funzioni presidenziali e ciò non basterebbe da solo a tramutarlo in un attentato alla Costituzione, a prescindere dalla elevazione del conflitto di attribuzione. Oppure esso esula dall'ambito di quelle funzioni e allora sarebbe inidoneo a radicare la competenza del Comitato.
  Occorre inoltre ricordare che la stessa Presidenza della Repubblica, in data 16 giugno 2012, ha emanato una nota con riferimento ad alcuni commenti di stampa che in quei giorni si erano occupati della vicenda. Con tale nota la Presidenza ha inteso rendere pubblica una lettera inviata dal Segretario generale della Presidenza al Procuratore generale presso la Corte di Cassazione in data 4 aprile 2012. Pag. 74
  Nella lettera viene precisato che il Capo dello Stato auspica[va], «in conformità a quanto da ultimo sostenuto nell'adunanza plenaria del CSM del 15 febbraio scorso» l'adozione di iniziative che «assicurino la conformità di indirizzo delle procedure ai sensi degli strumenti che il nostro ordinamento prevede». Nella lettera del Segretario generale si fa esplicito riferimento, in particolare, alle attribuzioni che la legge riconosce al Procuratore generale della Cassazione, il quale è destinatario delle relazioni che i procuratori generali presso le Corti di appello predispongono al fine di verificare fra l'altro «il corretto ed uniforme esercizio dell'azione penale» (articolo 6 del decreto legislativo n. 106 del 2006) ed esercita la sorveglianza sul Procuratore nazionale antimafia e sulla relativa direzione nazionale «in relazione all'attività di coordinamento investigativo» (articolo 104 del decreto legislativo n. 159 del 2011).
  In definitiva, il Presidente della Repubblica attraverso la lettera del Segretario generale intendeva assumere «ogni consentita notizia» sulla vicenda «al fine di dissipare le perplessità che derivano dalla percezione di gestioni non unitarie delle indagini collegate».
  È evidente a suo avviso che in ogni caso rientra tra le facoltà del Presidente della Repubblica – che tra l'altro presiede il Consiglio Superiore della Magistratura – raccogliere informazioni circa l'attuazione delle disposizioni legislative poc'anzi richiamate. L'interlocuzione della Presidenza della Repubblica col Procuratore generale presso la Corte di Cassazione ha avuto quindi luogo in questo ambito.
  Aggiunge che, secondo la denuncia dell'avvocato Taormina, il dottor D'Ambrosio, Consigliere giuridico del Quirinale, recentemente scomparso, sarebbe «forse morto per la vergogna di aver eseguito un ordine illecito». A suo avviso, anche l'infamia di questa considerazione dovrebbe indurre il Comitato a decidere in modo da garantire insieme il rispetto delle rigorose procedure istituzionali e il rispetto di regole minime di civiltà.
  Alla luce di tali considerazioni, ritiene che il Comitato non debba svolgere ulteriori approfondimenti sulla denuncia presentata dall'avvocato Taormina e che possa e debba procedere alla sua immediata archiviazione per manifesta infondatezza.
  Dà infine lettura della relativa proposta di ordinanza.
  Dichiara quindi aperta la discussione sul documento in esame.

  Il senatore LI GOTTI (IdV) considera esaustiva la relazione del presidente Follini. A suo avviso, il denunziante non era a conoscenza del fatto che a partire dall'ottobre del 2011 è intervenuta una modifica della normativa antimafia che attribuisce specifiche competenze al Procuratore generale della Cassazione. È errato pertanto sostenere che lo stesso procuratore generale sia titolare esclusivamente della funzione disciplinare. Su tale presupposto inesatto l'avvocato Taormina costruisce la sua denuncia, che appare pertanto infondata. È evidente, infatti, che il Presidente del Consiglio superiore della magistratura, cioè il Capo dello Stato, possa chiedere al Procuratore generale della Cassazione informazioni su una funzione che egli deve svolgere sulla base della legge. La lettera del segretario generale del Quirinale, citata dal Presidente, chiarisce tutto ciò: si tratta di una lettera di carattere istituzionale che non richiede ulteriori approfondimenti. Per di più, il richiamo compiuto dalla legge costituzionale n. 1 del 1953 alla legislazione vigente per definire l'attentato alla Costituzione e la novella dell'articolo 283 del codice penale entrata in vigore nel 2006, delineano la fattispecie del reato in modo tale da determinare la assoluta infondatezza della denuncia. Non attengono d'altra parte alla competenza del Comitato parlamentare le valutazioni di opportunità che sono state prospettate sulla vicenda in oggetto, anche in termini critici dalla sua parte politica.

  Il senatore SANNA (PD) condivide la proposta formulata dal Presidente di archiviare la denuncia per manifesta infondatezza Pag. 75senza svolgere ulteriori indagini o approfondimenti. Ritiene opportuno che l'ordinanza – diversamente dai precedenti – espliciti la motivazione della decisione. Concorda anche con le valutazioni del senatore Li Gotti, anche se ritiene che il denunciante fosse perfettamente a conoscenza delle competenze del Procuratore generale della Cassazione, anche perché la nota della Presidenza della Repubblica citata risale allo scorso giugno ed è quindi precedente alla stessa denuncia. Quanto prospettato dall'avvocato Taormina appare quindi assolutamente infondato per inesistenza stessa della condotta che si vorrebbe censurare. In altro contesto, vi sarebbero gli estremi per ipotizzare un reato di calunnia e, anche se non propone di formalizzare una denuncia in tal senso, considera opportuno sottolineare tale aspetto.

  Il deputato MANTINI (UdCpTP) dichiara con assoluta convinzione di condividere la proposta di ordinanza presentata dal presidente Follini. Sottolinea inoltre la spregiudicatezza e la strumentalità della denuncia sporta dall'avvocato Taormina.

  Il senatore SARRO (PdL) concorda pienamente con il contenuto della relazione del presidente Follini e con la proposta di ordinanza che egli ha presentato. Considera le motivazioni elencate nell'ordinanza più che sufficienti a sostenere la necessità di giungere alla immediata archiviazione della denuncia per manifesta infondatezza senza procedere ad indagini od ulteriori approfondimenti. Non riguardano, d'altra parte, la competenza del Comitato altri aspetti o piani della vicenda di cui si è avuta larga eco sulla stampa di questi mesi.

  Il deputato PAOLINI (LNP) ritiene che la denuncia non riferisca alcun fatto nuovo rispetto a quanto già conosciuto e che la sua impostazione sia da ritenere assolutamente infondata. D'altra parte, occorre evitare ogni possibile rischio che il Capo dello Stato possa essere messo in stato d'accusa sulla base di illazioni o notizie di stampa da verificare. Ciò determinerebbe infatti effetti istituzionali devastanti. A suo avviso, approfondimenti che riguardano la vicenda nel suo complesso possono essere eventualmente svolti in altre sedi specificamente competenti. Dichiara quindi che la sua parte politica voterà a favore della proposta illustrata dal presidente Follini.

  Il deputato LO PRESTI (FLpTP), dopo aver dichiarato di condividere pienamente la proposta del Presidente, ritiene che sarebbe opportuno trasmettere gli atti all'autorità giudiziaria affinché sia valutata la sussistenza della calunnia. Ciò, anche in considerazione della qualificazione dell'avvocato Taormina, che non può non essere a conoscenza della legislazione vigente e delle conseguenze che ne derivano.

  Il deputato PALOMBA (IdV), nell'associarsi a quanto già sostenuto dal senatore Li Gotti, dichiara di condividere anche le considerazioni del presidente Follini sull'inaccettabile riferimento al dottor D'Ambrosio contenuto nella denuncia. Osserva inoltre che l'avvocato Taormina scrive testualmente di avere qualcosa da dire in relazione alla trattativa Stato-mafia, «essendo stato difensore di non pochi pezzi da novanta tra i boss mafiosi siciliani e calabresi». A prescindere dalla sussistenza o meno dei presupposti per ipotizzare l'eventuale reato di calunnia, sarebbe forse opportuno che nelle sedi competenti si chiedesse conto all'avvocato Taormina di tale affermazione.

  Il deputato SISTO (PdL) ritiene che la denuncia in esame debba considerarsi inammissibile. Essa infatti si basa su illazioni e contiene una impropria mistura di valutazioni giuridiche imperniate su inappropriate considerazioni in tema di conflitto di attribuzioni e di reato di abuso di ufficio. Non appare conferente d'altra parte neanche l'utilizzazione dell'articolo 283 del codice penale. È contrario alla trasmissione degli atti all'autorità giudiziaria in considerazione del fatto che essa implicherebbe un inopportuno esame di Pag. 76merito da parte del Comitato e semmai è nella disponibilità di ciascun componente di interessare l'autorità giudiziaria uti singulus. Per tali motivi voterà a favore della proposta formulata dal presidente Follini.

  Il deputato BIANCONI (PdL) si esprime in senso contrario alla trasmissione degli atti all'autorità giudiziaria. Ciò anche per evitare di fornire ulteriori momenti di pubblicità a chi vuole strumentalizzare la vicenda.

  Il presidente FOLLINI (PD) condivide le osservazioni contenute negli ultimi interventi sulla inopportunità da parte del Comitato di trasmettere gli atti all'autorità giudiziaria, anche in considerazione delle divergenti opinioni emerse sul punto.
  Pertanto, in assenza di osservazioni contrarie, dopo aver verificato la sussistenza del prescritto numero legale, pone in votazione la proposta di ordinanza da lui formulata.

  Il Comitato – accogliendo tale proposta – delibera all'unanimità l'archiviazione della denuncia.

  La seduta termina alle 8.45.

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