CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 3 luglio 2012
675.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Cultura, scienza e istruzione (VII)
COMUNICATO
Pag. 30

SEDE REFERENTE

  Martedì 3 luglio 2012. — Presidenza del presidente Manuela GHIZZONI. – Interviene il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Giampaolo D'Andrea.

  La seduta comincia alle 14.

Variazione nella composizione della Commissione.

  Manuela GHIZZONI, presidente, comunica che il deputato Pisicchio ha cessato di far parte della Commissione.

DL 63/12: Disposizioni urgenti in materia di riordino dei contributi alle imprese editrici, nonché di vendita della stampa quotidiana e periodica e di pubblicità istituzionale.
C. 5322 Governo, approvato dal Senato.

(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.

  Manuela GHIZZONI, presidente, ricorda che la Commissione avvia oggi l'esame del disegno di legge n. 5322, già approvato dal Senato, di conversione in legge del decreto-legge n. 63 del 18 maggio 2012, recante disposizioni urgenti in materia di riordino dei contributi alle imprese editrici, nonché di vendita della stampa quotidiana e periodica e di pubblicità istituzionale, assegnato in sede referente giovedì scorso 28 giugno 2012. Ricorda che la Conferenza dei presidenti di gruppo ne ha previsto l'avvio dell'esame in Assemblea a partire da lunedì 9 luglio prossimo, ove concluso dalla Commissione. Avverte che il decreto-legge scadrà il prossimo 20 luglio 2012.
  Alla luce dei tempi indicati e avendo acquisito per le vie brevi l'assenso dei rappresentanti dei gruppi, precisa di aver convocato la Commissione, nelle giornate di oggi e domani per lo svolgimento dell'esame preliminare. Formalizza quindi la proposta – sulla quale si è peraltro già convenuto per le vie brevi – di fissare il termine per la presentazione di eventuali emendamenti, alle ore 17, di domani, mercoledì 4 luglio 2012. In questo modo sarà possibile esaminare gli eventuali emendamenti presentati nella giornata di giovedì 5 luglio 2012, votando conseguentemente il Pag. 31mandato al relatore a riferire favorevolmente in Assemblea. Non essendovi obiezioni così rimane stabilito.
  Dà quindi la parola al relatore, ringraziando per la sua presenza il sottosegretario D'Andrea, che partecipa per la prima volta ai lavori della Commissione.

  Giancarlo MAZZUCA (PdL), relatore, ricorda che il disegno di legge n. 5322 di conversione, con modificazioni, del decreto-legge 18 maggio 2012, n. 63, recante disposizioni urgenti in materia di riordino dei contributi alle imprese editrici, nonché di vendita della stampa quotidiana e periodica e di pubblica istruzione, si pone la finalità di razionalizzare l'uso delle risorse, mediante meccanismi che correlino il contributo per le imprese editoriali agli effettivi livelli di vendita e di occupazione professionale. Come emerge dall'articolo 1, comma 1, il decreto-legge in esame si pone quale disciplina transitoria, nelle more della «ridefinizione delle forme di sostegno dell'editoria». Quanto alla disciplina «a regime», infatti, il Consiglio dei Ministri ha predisposto un distinto provvedimento legislativo, ora, C. 5270. Preliminarmente, ricorda che l'articolo 29, comma 3, del decreto-legge n. 201 del 2011 (Legge n. 214 del 2011), oltre a disporre la cessazione del sistema di erogazione dei contributi diretti all'editoria di cui alla legge n. 250 del 1990 dal 31 dicembre 2014, con riferimento alla «gestione 2013», allo scopo di contribuire all'obiettivo del pareggio di bilancio entro la fine del 2013, ha anche stabilito che il Governo provvede alla «revisione del regolamento» di semplificazione e riordino dell'erogazione dei contributi all'editoria, emanato con decreto del Presidente della Repubblica n. 223 del 2010, con effetti a decorrere dal 1o gennaio 2012. Le finalità sono il «risanamento della contribuzione pubblica» – che la relazione tecnica specificava come «riduzione della contribuzione pubblica», in vista della cessazione del sistema di contribuzione diretta –, una più rigorosa selezione nell'accesso alle risorse, nonché il conseguimento di risparmi di spesa. Rileva che, per conseguire la razionalizzazione della spesa, il decreto-legge in esame opera su più fronti e, in particolare, su rideterminazione dei requisiti di accesso ai contributi; rideterminazione dei criteri di calcolo dei contributi con connessa limitazione dei costi ammissibili; sostegno all'editoria digitale e modernizzazione del sistema di distribuzione e vendita; acquisto di spazi sui media per le campagne di comunicazione istituzionale delle pubbliche amministrazioni. A queste disposizioni, durante l'esame al Senato ne sono state aggiunte di ulteriori, riferite, tra l'altro, a periodici pubblicati o diffusi all'estero; semplificazioni per periodici web di piccole dimensioni; semplificazioni in materia di editoria non profit e per le associazioni d'arma e combattentistiche. Nel dettaglio, l'articolo 1 individua, principalmente ma non solo, nuovi requisiti per l'accesso ai contributi all'editoria, validi – nel caso di quelli indicati al comma 2 – a decorrere dai contributi relativi al 2013, ovvero, nel caso di quelli indicati al comma 7-bis, al 2012. Ulteriori requisiti per l'accesso ai contributi sono individuati dai commi 4, 5 e 6 che, tuttavia, non precisano la decorrenza delle disposizioni.
  Osserva che si tratta di un aspetto da chiarire, soprattutto in considerazione del fatto che i contributi alle imprese editrici sono erogati su base annua. L'articolo reca, altresì, disposizioni circa la regolarità delle domande relative al credito di imposta sulla carta 2011 e, nel testo come modificato dal Senato, disposizioni relative al sostegno delle fondazioni bancarie a cooperative che operano nel settore dello spettacolo, dell'informazione e del tempo libero. Con riferimento ai commi 1-6 e 7-bis, si interviene, dunque, sulla disciplina recata dall'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica n.  223 del 2010, applicabile – come già ricordato – a partire dal bilancio di esercizio 2011. Conseguentemente, l'articolo 6, comma 1, lettera a), del decreto in esame abroga, a decorrere dal 1o gennaio 2013, l'articolo2, commi 1 e 2, del medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 223 del 2010. Precisa quindi che l'obiettivo complessivo Pag. 32del decreto, quale risulta dall'articolo 1, comma 1, è quello di dettare, in attesa della ridefinizione delle forme di sostegno all'editoria, una disciplina volta a razionalizzare l'uso delle risorse – in conformità con le finalità di cui all'articolo 29, comma 3, del decreto-legge n. 201 del 2011 (legge n. 214 del 2011) –, attraverso meccanismi in grado di correlare il contributo erogato agli effettivi livelli di vendita e di occupazione professionale delle imprese editoriali. Si tratta degli stessi principi enunciati dall'articolo 44 del decreto-legge n. 112 del 2008 e declinati nel decreto del Presidente della Repubblica n. 223 del 2010. Aggiunge che il comma 2 – parzialmente raffrontabile con il comma 1 dell'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 223 del 2010 – incrementa le percentuali minime di vendita necessarie per poter accedere ai contributi, che devono essere raggiunte, a decorrere dai contributi relativi al 2013, dalle imprese editrici già considerate dallo stesso articolo 2, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica. Si tratta di quotidiani e periodici editi da cooperative di giornalisti; quotidiani editi da imprese editrici la cui maggioranza del capitale è detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali non aventi scopo di lucro; quotidiani editi in lingua francese, ladina, slovena e tedesca nelle regioni Valle d'Aosta, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige. Infatti, il decreto in esame – come aveva già fatto l'articolo 2, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 223 del 2010 – prende a riferimento le imprese di cui all'articolo 3, comma 2-ter, legge n. 250 del 1990, escludendo esplicitamente le imprese editrici di quotidiani italiani editi e diffusi all'estero, beneficiari dei contributi ai sensi dell'articolo 3, comma 2-ter, terzo e quarto periodo, legge n. 250 del 1990; quotidiani e periodici organi di movimenti politici editi da società trasformatesi in cooperativa entro il 1o dicembre 2001.
  Al riguardo segnala, peraltro, che la relazione illustrativa dell'A.S. 3305 riferiva l'applicazione dell'articolo in esame alle «imprese editrici richiedenti i contributi di cui all'articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 250, e successive modificazioni, ad eccezione di quelle editrici di quotidiani italiani editi e diffusi all'estero», così includendovi anche le imprese editrici di periodici editi da cooperative, fondazioni o enti morali, ovvero da società la maggioranza del capitale sociale delle quali sia detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali che non abbiano scopo di lucro, che percepiscono i contributi ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge n. 250 del 1990. Segnala, pertanto, che riterrebbe opportuno un chiarimento al riguardo. Osserva, altresì, che per i soggetti indicati si prevede – nel testo come modificato dal Senato – che i contributi – a decorrere da quelli relativi al 2013 – possono essere richiesti, fermi restando tutti gli altri requisiti di legge, a condizione che la testata, nazionale o locale, sia venduta, rispettivamente, nelle misure di almeno il 25 per cento o il 35 per cento delle copie distribuite. Pertanto, rispetto all'assetto normativo risultante dalla disciplina introdotta dal decreto del Presidente della Repubblica n. 223 del 2010, la percentuale minima per l'accesso ai contributi viene maggiorata del 10 per cento delle copie distribuite per le testate nazionali e del 5 per cento per le testate locali. Si introducono, inoltre, alcune variazioni per le testate nazionali: infatti, mentre ai sensi dell'articolo 2, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 223 del 2010 sono tali quelle distribuite in almeno 5 regioni, ora – a seguito delle modifiche apportate dal Senato – si prevede che sono considerate testate nazionali quelle che, oltre ad essere distribuite in almeno 3 regioni, in ciascuna regione raggiungono una percentuale di distribuzione non inferiore al 5 per cento della propria distribuzione totale. Ulteriore novità recata dal comma 2 è costituita dalla previsione che nella domanda di contributo sono evidenziate le modalità e le condizioni contrattuali che regolano l'eventuale affitto o acquisto della testata. Rileva, quindi, che l'articolo 6, comma 1, lettera c), del decreto-legge abroga l'articolo 3, comma 2, lettera c), e comma 3, lettera a), della legge Pag. 33n. 250 del 1990, riferiti al requisito di un tetto massimo alle entrate pubblicitarie, applicabile rispettivamente, alle imprese editrici sopra citate e alle imprese editrici di periodici che non abbiano scopo di lucro. Il comma 7-bis dell'articolo 1 – introdotto dal Senato – è volto a facilitare l'accesso ai contributi per le cooperative di giornalisti. In particolare, rileva che si dispone che, a decorrere dai contributi relativi al 2012, i requisiti di cui all'articolo 3, comma 2, lettera a) e b), legge n. 250 del 1990 – relativi ai tempi minimi di costituzione come cooperative giornalistiche e di edizione della testata – non sono richiesti alle cooperative di giornalisti «che si costituiscono ai sensi degli articoli 5 e 6» della legge n. 416 del 1981, qualora queste subentrino al contratto di cessione in uso ovvero acquistino una testata che ha avuto accesso, entro il 31 dicembre 2011, ai contributi previsti dall'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 223 del 2010. Alla luce della ricostruzione normativa, riterrebbe quindi opportuno sostituire le parole «che si costituiscono ai sensi degli articoli 5 e 6» con le parole «di cui agli articoli 5 e 6».
  Aggiunge che si dispone, altresì, che le cooperative di giornalisti sono esentate dall'essere proprietarie della testata per la quale si richiedono i contributi – prevista dall'articolo 1, comma 460, lettera a), della legge n. 266 del 2005 – nel caso di subentro al contratto di cessione in uso della testata. Il comma 3 dell'articolo 1 è raffrontabile con parte dell'articolo 2, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 223 del 2010. In particolare, esso dispone – in questo, senza modificare la normativa finora vigente – che, ai fini del comma 2, per copie distribuite si intendono quelle poste in vendita presso le edicole o presso punti di vendita non esclusivi, tramite contratti con società di distribuzione esterne, che non devono essere né controllate dall'impresa editrice richiedente il contributo né ad essa collegate, nonché quelle distribuite in abbonamento a titolo oneroso. Parzialmente diverse, rispetto all'assetto normativo vigente, sono, invece, le esclusioni dal computo delle copie distribuite. In particolare, si conferma che sono escluse le copie diffuse e vendute tramite lo strillonaggio. Si conferma, altresì, l'esclusione delle copie oggetto di vendita in blocco, ma se ne cambia la definizione, intendendosi per tale – semplicemente – la vendita ad un unico soggetto di una pluralità di copie, a prescindere, dunque, dal prezzo e dalle modalità di vendita, come, invece, previsto dal testo del regolamento finora vigente. Osserva che sono, peraltro, ammesse al calcolo le copie vendute mediante abbonamento sottoscritto da un unico soggetto per una pluralità di copie, qualora l'abbonamento specifichi anche i singoli beneficiari (finali) e il «prezzo di vendita» delle singole copie vendute «non sia inferiore al 20 per cento del prezzo di copertina». Dunque, facendo riferimento al prezzo, sarebbero ammesse le copie vendute mediante abbonamento alle quale potrebbe essere applicato uno sconto non superiore all'80 per cento. Sono escluse, inoltre, – e si tratta di una novità – le copie per le quali non è individuabile il prezzo di vendita. Quanto alle ammissioni, si conferma sostanzialmente quanto previsto dalla disciplina vigente, includendo nel calcolo delle copie distribuite quelle cedute in connessione con il versamento di quote associative destinate alla sottoscrizione di abbonamenti a prodotti editoriali mediante doppia opzione, che ora si prevede debba essere «espressa».
  Aggiunge che la lettera a) del comma 4 – sostanzialmente sostitutiva dell'articolo 2, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 223 del 2010 e dell'articolo 1, comma 458, della legge n. 266 del 2005 – include fra i soggetti che possono far parte delle cooperative editrici, ai fini dell'accesso ai contributi, anche i grafici editoriali, che dunque si aggiungono a giornalisti e poligrafici. Si conferma che nella composizione vi deve essere prevalenza di giornalisti e che la maggioranza dei soci – mantenendo il medesimo criterio di prevalenza di giornalisti – deve risultare dipendente della cooperativa con contratto di lavoro a tempo indeterminato, mentre non si precisa Pag. 34più se si tratta o meno di un rapporto a tempo pieno. È comunque fatto salvo quanto previsto dall'articolo 1, comma 460, della legge n. 266 del 2005. Conseguentemente, l'articolo 6, comma 1, lettera d), dispone l'abrogazione dell'articolo 1, comma 458, della legge n. 266 del 2005. Rileva, inoltre, che durante l'esame al Senato è stata inserita – sempre nell'ambito del comma 4, lettera a) – la previsione secondo cui le cooperative devono comunque essere in possesso del requisito della mutualità prevalente per l'esercizio di riferimento dei contributi. La lettera b) del comma 4 include fra i requisiti un numero minimo di dipendenti, rafforzando, dunque – al fine, come evidenziato nella relazione illustrativa dell'A.S. 3305, di incentivare l'occupazione giornalistica e poligrafica – la misura di riduzione dei contributi prevista dall'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 223 del 2010 che, conseguentemente, è abrogato – con decorrenza immediata – dall'articolo 6, comma 1, lettera b), del decreto in esame. Con riferimento a quanto osservato circa la necessità di esplicitare la decorrenza della disposizione, evidenzia che, altrimenti, non sarebbe chiara la rilevanza del dato occupazionale relativamente al 2012. Infatti, per tale anno, fino all'entrata in vigore del decreto, il dato è stato rilevante ai fini del calcolo del contributo, mentre, a partire dalla medesima data, rileverà come requisito di accesso al contributo: tuttavia, sia la norma finora vigente, sia le nuove disposizioni, fanno riferimento all'intero anno. Le disposizioni riguardano le imprese di cui al comma 2, nonché le imprese editrici di quotidiani e periodici organi di forze politiche. Nello specifico, si tratta delle imprese editrici di cui all'articolo 153, comma 2, della legge n. 388 del 2000 e all'articolo 20, comma 3-ter, del decreto-legge n. 223 del 2006 (legge n. 248 del 2006). In particolare, per accedere ai contributi, le imprese destinatarie devono avere impiegato, nell'intero anno di riferimento del contributo, un numero minimo di dipendenti, con prevalenza di giornalisti, regolarmente assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato – anche qui, peraltro, scompare il riferimento al tempo pieno –, pari a 5 o 3, rispettivamente nel caso di imprese editrici di quotidiani o periodici. La lettera c) del comma 4 è parzialmente raffrontabile con l'articolo 2, comma 1, quarto periodo, del decreto del Presidente della Repubblica n. 223 del 2010. Al riguardo, sottolinea che le disposizioni recate dalla lettera c) sembrano avere valenza generale, non essendo specificati i destinatari. In particolare, – a fronte della previsione finora vigente, in base alla quale la tiratura, la distribuzione e la vendita devono essere certificate da una società di revisione iscritta nell'apposito albo tenuto dalla CONSOB – si prevede ora che gli stessi dati devono essere attestati da dichiarazioni sostitutive di atto notorio rese dal legale rappresentante dell'impresa e devono essere comprovati da certificazione analitica resa da una di tali società di revisione.
  Osserva che il comma 5, concernente le imprese di giornali quotidiani italiani editi e diffusi all'estero (articolo 3, comma 2-ter, terzo e quarto periodo, legge n. 250 del 1990), dispone che l'obbligo della relazione di certificazione dei bilanci si estende anche ai dati relativi alle copie distribuite e vendute, con specificazione delle diverse tipologie di vendita. A tal fine, si prevede che le autorità diplomatiche o consolari competenti acquisiscono l'intera documentazione istruttoria richiesta per la concessione del contributo e provvedono ad inoltrarla al Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri. Ricorda che, ai sensi dell'articolo 3, comma 2-ter, legge n. 250 del 1990, per accedere ai contributi è necessario che le imprese – oltre a possedere i requisiti di cui all'articolo 3, comma 2, lettere b), c), d) e g), legge n. 250 del 1990 – alleghino alla domanda di contributo i propri bilanci, corredati da una relazione di certificazione predisposta da società abilitate secondo la normativa dello Stato in cui ha sede l'impresa. Il medesimo principio, peraltro, è ribadito dall'articolo 6, comma 3, Pag. 35del decreto del Presidente della Repubblica n. 525 del 1997, recante regolamento attuativo della legge n. 250 del 1990, citato dal comma in esame. Alla luce di quanto riportato, riterrebbe pertanto opportuno far riferimento direttamente all'articolo 3, comma 2-ter, ultimo periodo, della legge n. 250 del 1990. Il comma 6, introducendo un ulteriore requisito, prevede che il disposto di cui all'articolo 3, comma 2, lettera d), della legge n. 250 del 1990 – secondo cui le imprese, per beneficiare dei contributi, devono avere adottato con norma statutaria il divieto di distribuzione degli utili nell'esercizio di riscossione dei contributi e nei dieci esercizi successivi – si applica a tutte le imprese editrici che percepiscono contributi diretti e, quindi, tra le categorie richiamate ai commi 2, 4 e 5 – come evidenziato anche alla relazione illustrativa dell'A.S. 3305 – anche alle imprese editrici di quotidiani e periodici organi di forze politiche. Rileva, peraltro, che, proprio per la sua formulazione, la norma sembrerebbe diretta anche ad ulteriori categorie di imprese le quali, pur non rientrando tra le fattispecie esplicitamente richiamate ai commi 2, 4 e 5 dell'articolo in esame, beneficiano di contributi diretti. Tra queste, in particolare, ricorda, in quanto disciplinate dalla legge n. 250 del 1990 (legge cui fa riferimento esplicito il decreto-legge n. 201 del 2011), le imprese editrici di periodici che non abbiano scopo di lucro. Invita a valutare, dunque, l'opportunità di un chiarimento.
  Il comma 7 non riguarda nuovi requisiti per l'accesso ai contributi. Esso si riferisce, infatti, alle domande relative al credito di imposta sulla carta per il 2011, e dispone che le stesse si intendono regolarmente pervenute se inviate mediante raccomandata postale o tramite posta certificata entro la data di scadenza prevista dal relativo bando. La previsione recata dal comma 7 in esame sembra rivolta, da un lato, a sancire la regolarità delle domande inviate – e non anche pervenute – entro 30 giorni dalla data di pubblicazione della circolare nella Gazzetta ufficiale, dall'altro a regolarizzare anche le domande inviate mediante «posta certificata». Con riferimento alla formulazione del testo, invita a valutare l'opportunità di sostituire le parole «posta certificata» con le parole «posta elettronica certificata». Il comma 7-bis, introdotto durante l'esame al Senato, dispone in materia di fondazioni bancarie, presentando un contenuto che solo in parte appare conferente con quello del decreto-legge. In particolare, mediante una novella all'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo n. 153 del 1999, annovera tra gli enti sovvenzionabili o finanziabili dalle fondazioni bancarie, accanto alle imprese strumentali, alle imprese sociali e alle cooperative sociali, anche le cooperative che operano nel settore dell'informazione – tra le quali, dunque, rientrano le cooperative giornalistiche – e quelle che operano nei settori dello spettacolo e del tempo libero. L'articolo 1-bis, introdotto durante l'esame al Senato, reca una nuova disciplina per la concessione dei contributi ai periodici italiani pubblicati all'estero, nonché alle pubblicazioni con periodicità almeno trimestrale edite in Italia e diffuse prevalentemente all'estero, sostituendo quella recata, principalmente, dall'articolo 26 della legge n. 416 del 1981. La nuova disciplina si applica a decorrere dai contributi relativi all'anno 2012. Rileva dunque l'opportunità di modificare la rubrica dell'articolo al fine di includervi anche le pubblicazioni edite in Italia e diffuse prevalentemente all'estero. Complessivamente, il testo dell'articolo in commento ripercorre, nell'impianto, quello dell'articolo 26 della legge n. 416 del 1981, inserendo elementi di novità. In particolare, il comma 1 dispone che, nell'ambito delle risorse stanziate sul pertinente capitolo del bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio dei Ministri e «nel rispetto del limite di cui all'articolo 2, comma 1» – che, tuttavia, alle medesime risorse fa riferimento –, è autorizzata, a decorrere dai contributi relativi al 2012, la corresponsione di complessivi 2 milioni di euro annui ai periodici italiani pubblicati all'estero da almeno 3 anni e alle pubblicazioni con periodicità almeno trimestrale edite in Italia e diffuse prevalentemente Pag. 36all'estero da almeno 3 anni, anche tramite abbonamenti a titolo oneroso per le pubblicazioni on line. Rispetto all'assetto normativo vigente, la novità principale è costituita dalla previsione di un requisito temporale minimo di anzianità di pubblicazione o di diffusione necessario per poter accedere ai contributi. Inoltre, si introduce la possibilità di soddisfare il suddetto requisito anche attraverso abbonamenti a titolo oneroso a pubblicazioni on line. Rileva quindi che rimane, invece, sostanzialmente invariata la misura complessiva del contributo. Aggiunge, peraltro, che il riferimento al «limite di cui all'articolo 2, comma 1» – che, letteralmente, come già accennato, è il limite delle risorse stanziate sul pertinente capitolo del bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio –, sembrerebbe potersi leggere nel senso che, in caso di insufficienza delle risorse stanziate, agli aventi titolo spettano contributi ridotti mediante riparto proporzionale. Ove questa sia la lettura corretta, rilevo che le parole «nel rispetto del limite di cui all'articolo 2, comma 1» dovrebbe essere sostituite con le parole «e fermo restando che, in caso di insufficienza delle risorse stanziate, agli aventi titolo spettano contributi ridotti mediante riparto proporzionale».
  Il comma 2 stabilisce i parametri di riferimento per la determinazione della misura dei contributi. A tal fine, si tiene conto della diffusione delle pubblicazioni presso le comunità italiane all'estero, dell'apporto alla diffusione della lingua e della cultura italiane, del contributo alla promozione del «sistema Italia» all'estero, della consistenza informativa. L'articolo 26, secondo comma, della legge n. 416 del 1981 fa riferimento alla diffusione presso i lavoratori italiani all'estero, alla natura e consistenza informativa di giornali, riviste e pubblicazioni, e al loro apporto alla conoscenza dei fatti italiani e dei problemi del lavoro italiano all'estero. Il comma 3 affida ad un decreto del Presidente della Repubblica la definizione dei criteri e delle modalità per la concessione dei contributi, individuando peraltro direttamente – a differenza dell'articolo 26, terzo comma, della legge n. 416 del 1981 –, anche gli elementi da tenere in considerazione. Il comma 4 dispone direttamente l'istituzione di una commissione incaricata di accertare la sussistenza dei requisiti di ammissione ai contributi e di deliberarne la liquidazione, definendone la composizione in termini che dovrebbero comportare, rispetto alla situazione attuale, un numero inferiore di membri. Segnala che, con riferimento alla Commissione, si osserva che non è indicato l'atto con il quale si procede alla nomina dei suoi membri. In conseguenza della nuova disciplina, l'articolo 6, comma 1, lettere d-bis), d-ter), d-quater), dispone l'abrogazione delle norme vigenti. In particolare, oltre che dell'articolo 26 della legge n. 416 del 1981, dell'articolo 3, comma 1, della legge n. 62 del 2001, e del decreto del Presidente della Repubblica n. 48 del 1983, si dispone anche l'abrogazione dell'articolo 45 della legge n. 416 del 1981, il cui quarto comma ha disciplinato la corresponsione di contributi alle pubblicazioni sopra indicate riferiti al periodo 1o gennaio 1978-31 dicembre 1980.
  Precisa che l'articolo 2 reca nuovi criteri di calcolo dei contributi – validi, per i soggetti indicati nei commi 2, 4 e 5 dell'articolo 1, a decorrere dai contributi relativi al 2012 –, introduce un termine per la conclusione del procedimento di erogazione annuale degli stessi, e dispone in merito alla Commissione tecnica consultiva rappresentativa delle categorie operanti nel settore della stampa e dell'editoria. Preliminarmente, il comma 1 ribadisce che i contributi di cui al medesimo decreto spettano nei limiti delle risorse stanziate sul pertinente capitolo del bilancio autonomo della Presidenza del Consiglio e che, in caso di insufficienza, si procede alla riduzione dei contributi mediante riparto proporzionale. Si tratta della previsione già recata dall'articolo 2, comma 62, della legge n. 191 del 2009 – che, tuttavia, fa salve le risorse da destinare alle convenzioni e agli oneri inderogabili afferenti allo stesso capitolo –, nonché dal comma 7 dell'articolo 3 del decreto Pag. 37del Presidente della Repubblica n. 223 del 2010 – articolo che viene ora abrogato nella sua interezza dall'articolo 6, comma 1, lettera b), del decreto in esame – e dall'articolo 22, comma 1, dello stesso decreto del Presidente della Repubblica. A fini di semplificazione normativa, rileva l'opportunità di un coordinamento fra quanto dispone l'articolo 2, comma 1, del provvedimento in esame e quanto dispongono l'articolo 2, comma 62, legge n. 191 del 2009 e l'articolo 22, comma 1, decreto del Presidente della Repubblica n. 223 del 2010. Il testo modificato dal Senato specifica che viene fatto salvo quanto disposto al comma 4 del medesimo articolo, disposizione peraltro già sottesa nella formulazione iniziale del comma richiamato. Il comma 2 reca i nuovi criteri di calcolo del contributo validi, come si è detto, a decorrere dai contributi relativi al 2012, per i soggetti di cui all'articolo 1, comma 2, 4 e 5. Pertanto, le disposizioni del comma in esame sostituiscono, sostanzialmente, quelle dell'articolo 3, comma 1, 2, 3, 5 e 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 223 del 2010. Il primo disposto riguarda l'importo complessivo del contributo corrisposto a ciascuna impresa, che non può comunque superare quello riferito al 2010. Al riguardo, rileva l'opportunità di chiarire le modalità applicative di tale previsione con riferimento ad eventuali nuovi fruitori che non abbiano già avuto accesso ai contributi per l'anno 2010.
  Osserva, inoltre, che il testo approvato dal Senato prevede che l'importo complessivo della quota di contributo rapportata ai costi non può comunque superare: euro 2,5 milioni per i quotidiani nazionali; euro 1,5 milioni per i quotidiani locali e per i quotidiani in lingua francese, tedesca, ladina o slovena nelle regioni autonome Val D'Aosta, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige e i quotidiani italiani editi e diffusi all'estero; euro 300 mila per i periodici. Quanto alla quota del contributo correlata al numero di copie vendute, nel testo come modificato dal Senato si stabilisce che a ciascuna impresa è corrisposto un importo unitario – comunque non superiore all'effettivo prezzo di vendita di ciascuna copia – fino a: euro 0,25 per ogni copia venduta di quotidiani nazionali; euro 0,20 per ogni copia venduta di quotidiani locali; euro 0,40 per ogni copia venduta di periodici. Dal punto di vista della formulazione del testo, segnala che al comma 2, lettera b), l'esplicito riferimento alle copie vendute è presente solo per i quotidiani nazionali e non anche per i quotidiani locali e per i periodici. L'importo complessivo della quota rapportata alle vendite non può comunque essere superiore a: euro 3,5 milioni per i quotidiani, senza differenziazione tra diffusione nazionale e locale; euro 200 mila per i periodici.
  Segnala che, a differenza della quota rapportata ai costi, nel caso della quota rapportata alle vendite non si esplicita la disciplina applicabile alle imprese editrici di quotidiani italiani editi e diffusi all'estero e alle imprese editrici di quotidiani in lingua francese, tedesca, ladina o slovena nelle regioni autonome Val D'Aosta, Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Alto Adige. Nel testo come modificato dal Senato è stato, inoltre, previsto che con decreti del Presidente del Consiglio dei ministri da adottare, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, sono stabiliti condizioni, termini e modalità di applicazione di quanto disposto per le due quote di contributo. Il comma 3 specifica che per copie vendute si intendono quelle cedute a titolo oneroso presso le edicole o presso i punti vendita non esclusivi o quelle spedite in abbonamento a titolo oneroso, purché rientranti nel computo delle copie distribuite, ai sensi dell'articolo 1, comma 3. Il comma 4, dopo aver evidenziato che i nuovi criteri di calcolo non si applicano ai contributi in favore di periodici editi da cooperative, fondazioni o enti morali, ovvero da società con maggioranza del capitale detenuta da cooperative, fondazioni o enti morali che non abbiano scopo di lucro (di cui all'articolo 3, comma 3, legge n. 250 del 1990), dispone che le risorse complessivamente destinabili Pag. 38a tali contributi sono pari al 5 per cento dell'importo stanziato per i contributi diretti alla stampa sul «pertinente capitolo del bilancio del Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del Consiglio dei Ministri». La previsione di una quota massima di risorse destinabile a questa categoria di imprese costituisce una novità rispetto alla normativa previgente. In caso di insufficienza delle risorse, si ribadisce che il contributo è liquidato mediante riparto proporzionale fra gli aventi diritto. Dal punto di vista della formulazione del testo, rileva che il primo periodo del comma 4 dell'articolo 2 non appare necessario, in considerazione del fatto che i soggetti ivi indicati non sono citati nel comma 2 dello stesso articolo 2 quali destinatari dei nuovi criteri per il calcolo dei contributi. Dallo stesso punto di vista, rilevo, inoltre, che, il riferimento, nel comma 4 dell'articolo 2, al «bilancio del Dipartimento per l'informazione e l'editoria» non appare corretto, poiché, come indicato nel comma 2 e nell'articolo 1-bis, è la Presidenza del Consiglio dei Ministri ad essere dotata di un bilancio autonomo. Il comma 5 è raffrontabile con il comma 4 dell'articolo 3 del decreto del Presidente della Repubblica n. 223 del 2010, che – come già ricordato – è abrogato dall'articolo 6 del decreto. A differenza della norma richiamata, il comma in esame prevede la concessione di contributi alle sole agenzie di informazione radiofonica costituite in forma di cooperative di giornalisti e non più – anche – alle agenzie di stampa quotidiane costituite come cooperative giornalistiche. Con riferimento alle agenzie di informazione radiofonica costituite in forma di cooperative di giornalisti – di cui all'articolo 53, comma 15, della legge n. 449 del 1997 – si conferma la previsione di un contributo annuo rapportato ai costi, ma la sua misura percentuale – sempre pari al 30 per cento – è rapportata ora ai soli costi sostenuti per la diffusione e per il «personale». Dunque, per le agenzie in questione si è in presenza di un riferimento a costi definiti in modo diverso rispetto a quanto viene fatto per le imprese editrici di cui al comma 2. Segnala che con riferimento al personale, peraltro, non è precisato se si debba trattare solo di personale dipendente, né se si debbano considerare i soli costi sostenuti per giornalisti e poligrafici, come, invece, previsto per le imprese editrici di cui al comma 2. Alla luce dello stato della normativa, segnala altresì l'utilità di chiarire se l'intenzione sia quella di eliminare la possibilità di accedere ai contributi da parte delle agenzie di stampa quotidiane costituite come cooperative giornalistiche, ovvero se alle stesse agenzie torneranno a spettare, sulla base dell'articolo 4, comma 187, della Legge n. 350 del 2003, i contributi erogati ai sensi dell'articolo 3, comma 2, della legge n. 250 del 1990, in caso affermativo indicando le relative modalità. Rileva che durante l'esame al Senato, è stato introdotto il comma 5-bis, relativo alle imprese radiofoniche private che hanno svolto attività di informazione di interesse generale ai sensi della legge n. 230 del 1990. Per tali imprese si dispone, richiamando l'articolo 44, comma 1, lettera b-bis), del decreto-legge n. 112 del 2008 (legge 133/2008), il mantenimento del diritto all'intero contributo previsto dalla legge n. 250 del 1990 e dalla legge n. 278 del 1991, anche per i contributi relativi al 2010, provvedendo in tal senso prioritariamente rispetto alle risorse finanziarie complessivamente disponibili. Il comma 6 riguarda le imprese radiofoniche che risultino essere organi di partiti politici presenti in almeno un ramo del Parlamento, di cui all'articolo 4 della legge 250/1990, disponendo, complessivamente, una riduzione dei contributi alle stesse. In particolare, l'attuale contributo pari al 70 per cento della media dei costi risultanti dai bilanci degli ultimi due esercizi, inclusi gli ammortamenti, è ridotto al 40 per cento dei costi, anche in tal caso non meglio specificati, e l'attuale tetto percentuale complessivo, pari all'80 per cento dei costi, è ridotto al 50 per cento. Il comma 7 assoggetta l'erogazione dei contributi diretti alla stampa alla disciplina dei pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni, contenuta nelle disposizioni in Pag. 39materia di riscossione delle imposte sui redditi recate dall'articolo 48-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973. Per effetto di tale previsione, osserva che, prima di erogare contributi per somme superiori a 10.000 euro, gli enti competenti dovranno verificare eventuali inadempienze, da parte del beneficiario, rispetto all'obbligo di versamento derivante da cartelle di pagamento, per un ammontare complessivo pari al predetto importo; in caso di riscontro positivo, non si dovrà procedere al pagamento, salvo che per le somme eccedenti l'ammontare del debito d'imposta inadempiuto. Si prevede, inoltre, che il termine per la conclusione del procedimento relativo all'erogazione dei contributi scade il 31 marzo dell'anno successivo a quello di presentazione delle relative domande. A tale data, il provvedimento deve essere adottato comunque, sulla base delle risultanze istruttorie acquisite, ferma restando la ripetizione delle somme indebitamente percepite. Segnala che dopo le parole «29 settembre 1973, n. 602» devono essere inserite le parole « e successive modificazioni». Sottolineo che i commi 5, 6 e 7 dell'articolo 2 non recano una indicazione specifica sulla decorrenza delle nuove disposizioni.
  Il comma 8 dispone che ai componenti della Commissione tecnica consultiva rappresentativa delle categorie operanti nel settore della stampa e dell'editoria, di cui all'articolo 54 della legge n. 416 del 1981, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni in materia di conflitto di interessi di cui alla legge n. 215 del 2004. Segnala peraltro che l'estensione della vigente normativa in tema di conflitto di interessi ai componenti della Commissione in questione, subordinatamente alla clausola di compatibilità della medesima estensione, sembra rinviare alla sede ermeneutica l'accertamento dell'effettiva applicabilità della normativa a singole fattispecie. Premesso che non risulta dal tenore del testo il soggetto che dovrebbe far valere la situazione di conflitto, rileva infatti che l'operazione interpretativa dovrebbe condurre ad applicare disposizioni mirate su funzioni istituzionali ai componenti di un organo la cui composizione, ad eccezione della presidenza, è espressione di categorie economiche. Poiché la composizione appare significativa ai fini della natura dell'organo, l'operazione interpretativa potrebbe risultare complessa, anche considerato che la clausola non è integrata dalla previsione di principi di riferimento. L'articolo 3 reca misure volte a favorire il passaggio all'editoria digitale, anche attraverso l'introduzione di una nuova tipologia di contributo, nonché, nel testo come modificato dal Senato, disposizioni inerenti i ricavi connessi alla pubblicità sul web e su altre piattaforme digitali. Preliminarmente, ricorda che l'introduzione del prodotto realizzato su supporto informatico – oltre che cartaceo – nella nozione di «prodotto editoriale» è stata operata dall'articolo 1 della legge n. 62 del 2001, sia pure ai fini di cui alla medesima legge. Il comma 1, primo periodo, riferendosi a tutte le tipologie di imprese editrici di cui all'articolo 1, commi 2, 4 e 5, che abbiano percepito i contributi per l'anno 2011 – dunque, imprese già esistenti in quell'anno – dispone che esse «possono continuare a percepire i contributi qualora la testata sia pubblicata, anche non unicamente, in formato digitale». Preliminarmente, evidenzia che la norma, nella sua previsione testuale, si presta ad alcuni dubbi interpretativi. Una prima lettura interpretativa potrebbe, dunque, far ritenere che l'intento della disposizione sia quello di consentire l'accesso sia ad un contributo per le pubblicazioni cartacee che ad un contributo per le pubblicazioni in formato digitale, possibilità, che, come si è visto, finora era esclusa per l'unica fattispecie di pubblicazione telematica esplicitamente regolata – articolo 153, comma 3, legge n. 388 del 2000. Laddove tale lettura fosse corretta, peraltro, occorrerebbe coordinare il contenuto della disposizione con quello recato dall'articolo 153, comma 3, legge n. 388 del 2000, oltre che dall'articolo 3, comma 4, decreto del Presidente della Repubblica n. 525 del 1997. Una seconda lettura interpretativa deriva dal combinato disposto dell'appena illustrato Pag. 40comma 1, primo periodo, e del comma 2, secondo periodo, il quale ultimo dispone che, «per le testate in formato digitale, si prescinde dai requisiti di accesso di cui all'articolo 1, comma 2». Infatti, considerata anche la finalità indicata dal medesimo comma 2, cioè favorire la diversificazione delle politiche editoriali delle imprese, quest'ultima previsione sembrerebbe doversi leggere nel senso che le imprese che editano in formato digitale, anche se non esclusivamente, «possono continuare a percepire i contributi», indipendentemente dal requisito percentuale minimo di vendite delle copie cartacee. Nell'ambito di questa lettura, la pubblicazione in formato digitale rappresenterebbe, dunque, un requisito alternativo.
  Laddove tale lettura fosse corretta, riterrebbe opportuno legare in maniera più esplicita il contenuto della prima parte del comma 1 con quello della seconda parte del comma 2, sostituendo, peraltro, in quest'ultima le parole «per le testate in formato digitale» con le parole «per le testate pubblicate, anche non unicamente, in formato digitale». Al riguardo evidenzia, peraltro, che al requisito della percentuale minima di vendita – di cui all'articolo 1, comma 2 – non sono soggette le imprese editrici di quotidiani e periodici organi di forze politiche – articolo 153, comma 2, legge n. 388 del 2000; articolo 20, comma 3-ter, decreto-legge n. 223 del 2006, nonché di quotidiani italiani editi e diffusi all'estero – articolo 3, comma 2-ter, legge n. 250 del 1990 – richiamate all'articolo 1, commi 4, lettera b), e 5, pur essendo le stesse destinatarie delle disposizioni recate dal comma 1, primo periodo, dell'articolo in esame. Anche tale considerazione suggerisco, pertanto, la necessità di un complessivo chiarimento. In assenza di specifica indicazione, riterrebbe, infine, che si possa fare riferimento ai contributi a partire da quelli relativi al 2012. Invita a valutare, quindi, l'opportunità di una ulteriore precisazione al riguardo. Il comma 1, secondo periodo, – come modificato dal Senato – stabilisce, inoltre, che la testata digitale deve comunque possedere alcune caratteristiche. Il comma 2, peraltro, sempre al fine di favorire l'ampliamento e la diversificazione delle politiche editoriali delle imprese, consente «la riduzione di periodicità». Riterrebbe dunque necessario chiarire come si raccordino le prescrizioni contenute nell'ultimo periodo del comma 1 con riferimento al numero minimo di uscite/aggiornamenti e quelle contenute nel primo periodo del comma 2, che consentono «la riduzione di periodicità».
  Alla luce del quadro normativo, osserva che occorrerebbe approfondire la ratio della disposizione. In particolare, non appare chiara la connessione fra la previsione di applicazione dell'articolo 16 della legge n. 62 del 2001 e «gli adempimenti relativi all'iscrizione della testata in formato digitale» al ROC, posto che l'articolo 16 citato dispone, come si è visto, l'esenzione dall'obbligo di registrazione per chi è tenuto all'iscrizione al ROC. Il comma 3 quantifica la misura del contributo cui hanno diritto le imprese per la pubblicazione della testata in formato digitale in una prima quota rapportata ai costi sostenuti e in una seconda quota calcolata in base al numero di copie digitali vendute in abbonamento: per i primi due anni, la prima quota è pari al 70 per cento dei costi, mentre per ogni copia venduta in abbonamento sono corrisposti 0,10 euro, ma tale importo non può essere comunque superiore all'effettivo prezzo di vendita di ogni copia digitale. Al riguardo, invita a valutare l'opportunità di precisare se il riferimento ai primi due anni sia da intendersi ad entrambe le quote di contributo. La relazione illustrativa dell'A.S. 3305 evidenziava che la finalità è quella di incentivare le imprese alla dismissione dell'edizione cartacea, che comporta costi finanziari, di produzione e costi indiretti molto più elevati di quelli richiesti per l'edizione on line. La norma, fa salvo il «rispetto dei tetti massimi previsti dall'articolo 2», riferendosi, presumibilmente, non solo all'importo totale del contributo erogabile a ciascuna impresa, che non deve essere superiore a quello relativo al 2010, ma anche ai massimali fissati dal comma 2 con riferimento, rispettivamente, Pag. 41alla quota rapportata ai costi e alla quota correlata alle vendite. Invita a valutare l'opportunità di una precisazione al riguardo. Peraltro, l'ultimo periodo del comma – nel testo come modificato dal Senato – precisa che, in caso di pubblicazione non esclusivamente in formato digitale, «i costi di produzione dell'edizione cartacea» concorrono con quelli relativi alla edizione in formato digitale «nei limiti dell'importo complessivo di cui all'articolo 2, comma 2, lettera a)». In sostanza, rileva che si ribadisce il massimale fissato per la quota di contributo correlata ai costi anche laddove al suo raggiungimento vi contribuiscano sia le provvidenze concesse per l'edizione cartacea sia quelle attribuite per l'edizione digitale. Riterrebbe opportuno, pertanto, riferirsi, piuttosto che ai «costi», alle «quote di contributo rapportate ai costi». Il comma 5 del medesimo articolo dispone che, entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto, con DPCM di natura non regolamentare sono specificate le tipologie dei costi ammissibili per la pubblicazione in formato digitale, ai fini dell'applicazione di quanto disposto dal comma 3. Il decreto è aggiornato periodicamente anche per ridefinire le caratteristiche tecniche delle testate digitali. Con riferimento al «decreto non avente natura regolamentare», ricorda che la Corte costituzionale, con sentenza n. 116 del 2006, ha qualificato lo stesso come «un atto statale dalla indefinibile natura giuridica». Ricorda, altresì, che l'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con sentenza 4 maggio 2012, n. 9, sulla natura giuridica dell'articolo 4 del decreto ministeriale 6 febbraio 2006, ha osservato che «deve rilevarsi che, nonostante la crescente diffusione di quel fenomeno efficacemente descritto in termini di ’fuga dal regolamento’ – che si manifesta, talvolta anche in base ad esplicite indicazioni legislative, tramite l'adozione di atti normativi secondari che si autoqualificano in termini non regolamentari – deve, in linea di principio, escludersi che il potere normativo dei Ministri e, più in generale, del Governo possa esercitarsi mediante ’atti atipici’ di natura non regolamentare». Il comma 4 reca la definizione di «testata in formato digitale» valida a decorrere dai contributi relativi al 2013. Durante l'esame al Senato sono stati introdotti i commi 5-bis e 5-ter, i cui contenuti, riguardando i ricavi connessi alla pubblicità sul web e su altre piattaforme digitali, incluse quelle mobili, sembrano essere solo indirettamente afferenti al contenuto del decreto-legge. In particolare, il comma 5-bis novella l'articolo 43, comma 10, del decreto legislativo n. 177 del 2005, inserendo fra i ricavi complessivi del sistema integrato delle comunicazioni quelli derivanti da pubblicità online e sulle diverse piattaforme, anche in forma diretta, incluse le risorse raccolte da motori di ricerca e da piattaforme sociali e di condivisione. Conseguentemente, il comma 5-ter, novellando l'articolo 1, comma 6, della legge n. 249 del 1997 – che disciplina le competenze della commissione per le infrastrutture e le reti, organo dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni – include fra i soggetti tenuti ad iscriversi nel ROC anche le imprese concessionarie di pubblicità sul web e su altre piattaforme digitali fisse o mobili. Aggiunge che l'articolo 3-bis, introdotto durante l'esame al Senato, dispone, per le testate periodiche di piccole dimensioni realizzate unicamente su supporto informatico e diffuse unicamente per via telematica, ovvero on line, la possibilità di esonero dall'applicazione di alcune previsioni legislative. Rileva che occorrerebbe esplicitare se il riferimento all'articolo 16 della legge n. 62 del 2001 intenda consentire l'avvio delle pubblicazioni in assenza di iscrizione al ROC. In tal caso, occorrerebbe valutare l'effettiva necessità della disposizione in quanto ciò sembrerebbe già consentito dalla previsione di esenzione dagli obblighi di cui alla richiamata delibera AGCOM. Peraltro, con riferimento all'esenzione dall'obbligo di iscrizione al ROC, sarebbe opportuno citare la norma primaria che prevede tale obbligo, ossia, l'articolo 6, comma 1, lettera a), punto 5, della legge n. 249 del 1997. Infine, occorrerebbe valutare se non sia necessario sostituire le Pag. 42parole «non abbiano fatto» con le parole «non intendano fare», dal momento che, a legislazione vigente, la domanda di provvidenze può essere presentata solo se le testate sono state già registrate presso la cancelleria del tribunale o già iscritte al ROC. In base al comma 2, si intendono quali ricavi annui da attività editoriale, ai fini del comma 1, quelli derivanti da abbonamenti e vendite – compresa l'offerta di singoli contenuti a pagamento – da pubblicità e sponsorizzazioni, da contratti e convenzioni con soggetti pubblici e privati. Ricorda quindi che l'editoria elettronica è inserita nel Sistema integrato delle comunicazioni (SIC) – articolo 2, comma 1, lettera s), decreto legislativo n. 177 del 2005, invita a valutare l'opportunità di coordinare tale previsione con quanto dispone, in materia di ricavi del medesimo SIC, l'articolo 43, comma 10, del decreto legislativo n. 177 del 2005.
  L'articolo 4 reca disposizioni riguardanti diversi ambiti, non tutti afferenti al contenuto della rubrica. In particolare, il comma 1 contiene norme volte a modernizzare il sistema di distribuzione e vendita della stampa quotidiana e periodica, il comma 3 reca disposizioni relative alle tariffe agevolate per la spedizione dei prodotti editoriali, mentre i commi da 4 a 6 riguardano la possibilità, da parte dei rivenditori di quotidiani e periodici, di svolgere attività connesse all'erogazione di servizi da parte delle pubbliche amministrazioni. Il comma 1 dispone l'obbligatorietà, a decorrere dal 1o gennaio 2013, della tracciabilità delle vendite e delle rese di quotidiani e periodici, attraverso l'utilizzo di strumenti informatici e telematici basati sulla lettura del codice a barre. Precisa che lo scopo, oltre che la modernizzazione del sistema di distribuzione e vendita della stampa quotidiana e periodica, è anche quello di assicurare una adeguata certificazione delle copie distribuite e vendute, nonché quello di agevolare la diffusione della moneta elettronica. In merito, rileva l'opportunità di chiarire il riferimento all'agevolazione della diffusione della moneta elettronica. Aggiunge inoltre che, durante l'esame al Senato, è stato precisato che la gestione degli strumenti informatici e della rete telematica è svolta, in maniera condivisa, con la partecipazione di tutti i componenti della filiera distributiva (editori, distributori e rivenditori) che stabiliscono di comune accordo lo sviluppo della rete, la gestione dei dati e i costi di collegamento. Dal punto di vista della formulazione del testo, segnalo che le parole «la gestione dei dati» dovrebbero essere sostituite con le parole «le modalità di gestione dei dati».
  Al fine di sostenere l'adeguamento tecnologico degli operatori, osserva che è previsto un credito di imposta per l'anno 2012, attribuito per un importo non superiore ai risparmi accertati con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri o del sottosegretario delegato, ai sensi del comma 3 e, comunque, fino ad un limite massimo di 10 milioni di euro. Il comma 3 è volto a porre termine ad un contenzioso applicativo instauratosi in relazione all'articolo 56, comma 4, della legge n. 99 del 2009, relativamente alle agevolazioni postali per la spedizione di prodotti editoriali. Il comma 4 prevede la facoltà dei rivenditori di quotidiani e periodici di svolgere attività connesse all'erogazione di servizi da parte delle pubbliche amministrazioni, mediante l'utilizzo di una rete telematica e per il tramite di un idoneo sistema informatico. Rileva, peraltro, che dal tenore della disposizione non risulta quali siano le attività connesse all'erogazione di servizi da parte delle pubbliche amministrazioni la cui prestazione potrebbe esser assolta anche da rivenditori di quotidiani e periodici. Gli stessi servizi non sono specificati ma, in ogni caso, si dovrebbe valutare se dalla disposizione discendano a carico di operatori privati specifici obblighi riferibili a servizi pubblici. In tal caso, se le attività connesse a servizi delle pubbliche amministrazioni assumono carattere strumentale – come sembrerebbe, visto che la stessa relazione collega a tale previsione una diminuzione di flusso di cittadini presso i pubblici uffici – il loro svolgimento dovrebbe essere assistito da precise garanzie, tanto più che le stesse attività comportano l'accesso ad Pag. 43archivi di pubbliche amministrazioni in merito ai quali la disposizione non reca specificazioni.
  Osserva, quindi, che il comma 5 specifica che il sistema informatico di cui al comma 4 deve: assicurare la connessione in tempo reale con gli archivi delle Pubbliche amministrazioni; essere operativo su tutto il territorio nazionale; garantire la sicurezza ed integrità dei dati trasmessi.
  Rileva che i commi in esame si riferiscono alle pubbliche amministrazioni senza alcuna specificazione ulteriore, con l'effetto che tale riferimento risulta idoneo a comprendere anche amministrazioni regionali rendendone accessibili gli archivi relativi a servizi che potrebbero ricadere in materie di potestà legislativa regionale. Infine, evidenzia che la disposizione in esame circoscrive solo alla categoria dei rivenditori di quotidiani e di periodici la facoltà di svolgere le attività sopra menzionate che richiedono l'uso di strumento informatico, non risultando richiamate altre categorie di operatori economici, tra cui quelle che già pongono a disposizione del pubblico postazioni per comunicazioni telematiche e dei punti di accesso ad internet mediante tecnologia senza fili, internet point. Rileva che la questione deve essere valutata dal punto di vista della tutela della concorrenza.
  L'articolo 5 dispone in materia di ottimizzazione della spesa per l'acquisto di spazi sui mezzi di comunicazione di massa relativi alle campagne di comunicazione istituzionale promosse dalle «amministrazioni centrali» dello Stato. Interviene, pertanto, nell'ambito normativo principalmente trattato dalla legge n. 150 del 2000 – e, in particolare, dagli articoli 11 e 12 – senza, peraltro, novellare la stessa. Invita a valutare, dunque, l'opportunità di coordinare le nuove disposizioni con la normativa vigente, inserendole organicamente nel corpo della legge n. 150 del 2000. Tale legge individua i soggetti destinatari delle relative disposizioni nelle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 29 del 1993 – ora, articolo 1, comma 2, decreto legislativo n. 165 del 2001 – e, al capo II, reca disposizioni particolari che riguardano solo le amministrazioni statali, senza distinzione tra quelle centrali e quelle periferiche. Le disposizioni in esame non si riferiscono a tutte le amministrazioni pubbliche, ma solo a quelle «centrali», riguardando quindi solo le amministrazioni statali non periferiche. In particolare, il comma 1 dispone che il Dipartimento per l'informazione e l'editoria entro il 30 aprile di ogni anno fornisce criteri e indicazioni di riferimento per rendere più efficiente la spesa per l'acquisto di spazi sui mezzi di comunicazione di massa relativi alle suddette campagne e ai suddetti soggetti. Ulteriore finalità di tale previsione è la tutela del pluralismo. Considerato che l'articolo 11 della legge n. 150 del 2000, oltre a prevedere precise scadenze temporali, già affida al Dipartimento la stipula di accordi quadro con cui sono definite, fra l'altro, le tariffe, sembra che l'esigenza di coordinamento tra la normativa in esame e quella già vigente prima dell'intervento del decreto-legge assuma un rilievo non meramente formale.
  L'articolo 5-bis consente l'applicazione di un regime agevolativo per le spedizioni postali di stampe promozionali da parte di soggetti operanti nel terzo settore richiamati dall'articolo 1, comma 3, del decreto-legge n. 353 del 2003 – ONLUS, associazioni di volontariato, associazioni non governative di cooperazione allo sviluppo, associazioni di promozione sociale, fondazioni con scopi religiosi, enti ecclesiastici, associazioni di tutela ambientale e di ricerca oncologica in possesso di determinati requisiti, associazioni dei profughi sloveni, istriani e dalmati –, e da parte delle associazioni d'arma e combattentistiche. Si prevede, inoltre, la non applicazione del rimborso a Poste italiane Spa della differenza tra la tariffa agevolata e la tariffa ordinaria, previsto in via generale per tutto il sistema delle agevolazioni tariffarie nei prodotti editoriali dall'articolo 3, comma 1, del decreto-legge n. 353 del 2003. Aggiunge che, in realtà, per i soggetti indicati all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge n. 353 del 2003 – ossia, imprese editrici di quotidiani e periodici iscritte al Pag. 44ROC e imprese editrici di libri – in forza del combinato disposto dello stesso articolo 1, comma 1, del decreto-legge n. 353 del 2003 e del decreto del Ministro delle comunicazioni del 1o febbraio 2005, il regime agevolativo tariffario a regime appare essere non quello definito dal richiamato decreto del Ministero delle comunicazioni del 13 novembre 2002 relativo alla spedizione di stampe in abbonamento postale non iscritte al registro nazionale delle stampe e non rientranti nella categoria «no profit» bensì quello definito da due ulteriori decreti del Ministro delle comunicazioni emanati nella medesima data e riguardanti le tariffe per la spedizione di invii di libri e di stampe in abbonamento postale di cui alla lettera b) del comma 20 dell'articolo 2 della L. 23 dicembre 1996, n. 662 e la spedizione di stampe in abbonamento postale di cui alla lettera c) del comma 20 dell'articolo 2 della L. 23 dicembre 1996, n. 662. Invita quindi a valutare se non sia opportuno fare riferimento al decreto del Ministro delle comunicazioni da ultimo citato.
  Osserva, in particolare, che la disposizione prevede che, al fine di promuovere lo sviluppo dell'editoria no profit, alle spedizioni in abbonamento postale di stampe promozionali e propagandistiche, anche finalizzate alla raccolta di fondi, effettuata dai soggetti sopra indicati, possono applicarsi le tariffe agevolate previste, per i soggetti di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge n. 353 del 2003, dal decreto del Ministero delle comunicazioni del 13 novembre 2002 che interviene in materia di spedizione di stampe in abbonamento postale non iscritte al registro nazionale delle stampe e non rientranti nella categoria «no profit». Rileva quindi che valuterà eventuali proposte di modifica del provvedimento in esame, ai fini del suo miglioramento, peraltro compatibilmente con il rispetto dei tempi per la sua approvazione.

  Giuseppe GIULIETTI (Misto) ringrazia innanzitutto il relatore, dando atto al Governo di aver intrapreso un primo, necessario intervento in tale settore. Osserva, al riguardo, come, se anche il decreto-legge in esame non risolva tutti i problemi del settore, tuttavia esso rappresenta un primo passo in attesa della riforma più complessiva del sistema. Chiede al rappresentante del Governo, quindi, quali siano i tempi di esame del decreto-legge, al fine di comprendere se esso possa essere modificato in via emendativa, come sarebbe pure auspicabile sotto una serie di molteplici profili. Ricorda, tra l'altro, la necessità di potenziare le ispezioni al fine di escludere dalla percezione dei contributi i soggetti che non rispettano le norme. Rileva, tuttavia, come il vero problema sia rappresentato dalla copertura finanziaria del provvedimento. Sul punto, chiede in particolare al rappresentante del Governo i dati precisi relativi alle risorse finanziarie che dovrebbero essere stanziate ai fini di copertura del provvedimento.

  Emerenzio BARBIERI (PdL), condividendo le osservazioni dell'onorevole Giulietti, intende porre una questione pregiudiziale di carattere politico, che attiene alla possibilità concreta di modificare in via emendativa il provvedimento in esame. Ricorda, al riguardo, la linea politica esposta dal presidente del gruppo parlamentare del Pdl, onorevole Cicchitto, con riguardo all'esame dei decreti-legge presentati dall'attuale Governo, secondo cui l'approvazione degli stessi è subordinata alla possibilità per il Parlamento di migliorarli durante l'iter presso le Camere. Rileva, in conclusione, come, considerata la non imminente scadenza del termine di conversione del decreto, ci siano le condizioni per procedere a modificare il testo.

  Manuela GHIZZONI, presidente, assicura che la Commissione svolgerà pienamente, come sempre, il proprio ruolo, sul provvedimento in esame e sul correlato disegno di legge recante la delega legislativa al Governo per la riforma del settore dell'editoria, sul quale ha nominato l'onorevole Levi relatore.

  Ricardo Franco LEVI (PD) ringrazia innanzitutto la presidente Ghizzoni per la Pag. 45fiducia accordatagli. Osserva, quindi, come il decreto-legge in esame si configuri in realtà come un provvedimento ponte, che consente di iniziare l'esame della proposta di delega legislativa sull'editoria salvaguardando, nel frattempo, la realtà produttiva esistente. Intende, fra l'altro, ringraziare gli uffici per la predisposizione dell'accurato materiale informativo sul provvedimento in esame, malgrado i tempi ridotti per la relativa stesura. Ricorda, quindi, fra le proposte di modifica, l'opportunità di posporre al 2013 il nuovo metodo di calcolo dei contributi, senza intaccare le risorse disponibili. Aggiunge, in merito al tema della comunicazione istituzionale che sarebbe opportuno studiare forme che consentano agli editori più piccoli di consorziarsi fra loro per partecipare ai bandi per la comunicazione istituzionale in posizione di parità con i gruppi più grandi. Rileva quindi l'opportunità di eliminare il vincolo secondo cui la distribuzione non debba far capo all'editore, vincolo che potrebbe essere inefficiente nelle realtà territoriali più piccole, ove le due figure potrebbero coincidere; nonché l'opportunità di apportare un importante contributo all'ammodernamento del sistema delle edicole, anche con l'apposizione del codice a barre sui quotidiani, che potrà consentire un più rapido passaggio all'utilizzo della moneta elettronica per gli acquisti. Osserva che sarebbe senz'altro preferibile modificare il provvedimento nel corso del suo esame, ma in caso contrario si dichiara fin d'ora disponibile a recepire nel disegno di legge di delega legislativa del quale è relatore eventuali proposte di modifica che emergeranno dal dibattito, ma che non potranno essere accolte. Ricorda, infine, l'importanza di salvaguardare, in ogni caso, un accesso al mercato dell'editoria che possa essere il più ampio possibile, in condizioni di piena concorrenza.

  Enzo CARRA (UdCpTP) segnala ai colleghi la necessità che il Governo chiarisca in quale misura il testo del provvedimento sarà emendabile, soprattutto con riferimento all'articolo 3, ai sensi del quale un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dovrà stabilire la definizione dei costi ammissibili per consentire alle imprese editrici di percepire i contributi anche per le edizioni on line delle testate.

Sui lavori della Commissione.

  Giuseppe GIULIETTI (Misto), intervenendo sui lavori della Commissione, ricorda che l'approvazione della proposta di legge recante norme per promuovere l'equità retributiva nel lavoro giornalistico, approvata all'unanimità in sede legislativa dalla Commissione cultura della Camera, il 28 marzo scorso, è bloccata al Senato. Auspica, pertanto, che si possa fare chiarezza su tale vicenda.

  Enzo CARRA (UdCpTP) sottolinea, in merito alla citata questione sollevata dal collega Giulietti, che il tema dell'equo compenso per i giornalisti precari non è stato, peraltro, affrontato in alcun modo nel provvedimento in discussione.

  Giancarlo MAZZUCA (PdL), relatore, concorda con l'onorevole Levi in ordine alla necessità di comprendere se al provvedimento in esame possano essere apportate modifiche sostanziali, oppure se occorra attendere la discussione del disegno di legge di delega al Governo in materia di sviluppo del mercato editoriale e di ridefinizione delle forme di sostegno, il cui esame sarà a breve avviato dalla Commissione. Segnala, inoltre, la necessità che sia fatta chiarezza sull'indicazione, nei bilanci delle imprese editrici, dei costi di produzione ammessi al contributo.

  Emerenzio BARBIERI (PdL), pur riconoscendo la rilevanza e la reale portata delle norme contenute nel provvedimento in esame, ne sottolinea la perfettibilità. A tale fine, concorda con i colleghi in merito all'esigenza che il Governo chiarisca la misura ed i limiti dell'effettiva emendabilità del provvedimento in discussione.

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  Il sottosegretario Giampaolo D'ANDREA assicura che riferirà tempestivamente al sottosegretario Peluffo le considerazioni emerse nel corso del dibattito. Con riferimento al metodo, inoltre, precisa che l'avvio della discussione del provvedimento in esame in Assemblea a partire dal prossimo 9 luglio, si è reso necessario per evitare il più possibile sovrapposizioni con l'esame di altri decreti-legge inseriti nel calendario dell'Aula nel medesimo periodo. Sottolinea, tuttavia, che sarà il sottosegretario competente a chiarire i termini ed i limiti degli interventi emendativi apportabili. Con riferimento, infine, al provvedimento sull'equo compenso per i giornalisti precari all'esame del Senato, precisa che la Commissione competente in sede legislativa presso quel ramo del Parlamento ne sta svolgendo l'esame in tempi più lunghi rispetto a quanto accaduto alla Camera, con una valutazione che potrà essere oggetto di confronto solo tra le forze parlamentari dei due rami del Parlamento.

  Manuela GHIZZONI, presidente, tiene ad evidenziare la possibilità per tutte le forze politiche di presentare proposte emendative al testo, nel rispetto dei tempi fissati per il suo esame, ferme restando le norme contenute nel disegno di legge recante delega al Governo in materia di sviluppo del mercato editoriale e di ridefinizione delle forme di sostegno, del quale la Commissione inizierà a breve l'esame. Ribadisce, quindi, che si farà carico di rappresentare al sottosegretario Peluffo le considerazioni svolte dai colleghi nel corso del dibattito.
  Nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 15.05.