CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 3 luglio 2012
675.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giustizia (II)
COMUNICATO
Pag. 7

SEDE CONSULTIVA

  Martedì 3 luglio 2012. — Presidenza del presidente Giulia BONGIORNO.

  La seduta comincia alle 13.15.

DL 83/12 recante misure urgenti per la crescita del Paese.
C. 5312 Governo.
(Parere alle Commissioni riunite VI e X).
(Esame e rinvio).

  La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

  Cinzia CAPANO (PD), relatore, illustra, anche a nome del correlatore, onorevole Contento, le disposizioni del provvedimento che rientrano negli ambiti di competenza della Commissione giustizia.
  Rileva, in primo luogo, che l'articolo 5 modifica l'articolo 9 del decreto legge n. 1 del 2012, abrogativo delle tariffe professionali, al fine di introdurre una disciplina per la determinazione dei corrispettivi da porre a base di gara nelle procedure di affidamento di contratti pubblici dei servizi relativi all'architettura e all'ingegneria, che consenta di colmare il vuoto normativo venutosi a creare in seguito alla citata abrogazione e che ha creato numerose difficoltà alle stazioni appaltanti.
  La norma prevede, ai fini della determinazione dei predetti corrispettivi l'applicazione dei parametri individuati con decreto del Ministro vigilante. Viene altresì stabilito che tale decreto: dovrà essere Pag. 8emanato, per gli aspetti relativi alle disposizioni recate dalla norma in commento, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti; provvederà alla definizione delle classificazioni delle prestazioni professionali relative ai predetti servizi di architettura e ingegneria.
  Viene inoltre disposto che i parametri individuati devono condurre alla determinazione di un importo a base di gara che non può essere superiore a quello derivante dall'applicazione delle tariffe professionali vigenti prima dell'entrata in vigore del decreto-legge n. 1/2012. Tale limite massimo si giustifica, secondo quanto riportato nella relazione illustrativa, per finalità di contenimento della spesa pubblica.
  Il comma 2 reca una disposizione volta a dettare un regime transitorio da applicare nelle more dell'emanazione del citato decreto ministeriale. In tale regime viene consentita l'utilizzazione delle tariffe professionali e delle classificazioni delle prestazioni vigenti prima dell'entrata in vigore del decreto-legge 1/2012, ai soli fini, rispettivamente, della determinazione del corrispettivo da porre a base di gara per l'affidamento di servizi di architettura e ingegneria e dell'individuazione delle prestazioni professionali.
  L'articolo 18 vincola le pubbliche amministrazioni centrali, regionali e locali, i concessionari di servizi pubblici e le società a prevalente partecipazione o controllo pubblico, ad utilizzare la rete internet per assolvere all'obbligo di pubblicità di dati, specificamente indicati, relativi all'erogazione di vantaggi economici. Le disposizioni in esame introducono obblighi ulteriori rispetto a quelli già stabiliti dall'articolo 12 della legge 7 agosto 1990, n. 241, che si limita a prevedere un obbligo di pubblicità dei criteri e delle modalità seguiti ai fini dell'emanazione di atti attributivi di vantaggi economici.
  È in particolare di rilievo per la Commissione Giustizia il comma 5, laddove disciplina il risarcimento del danno da ritardo.
  A decorrere dal 1 gennaio 2013, in base al comma 5, primo periodo, l'adeguamento al medesimo regime, quindi la pubblicazione sul web attraverso il sito istituzionale degli atti attributivi di vantaggi economici costituisce condizione per l'efficacia dell'atto stesso se di importo complessivo superiore a mille euro nel corso dell'anno solare.
  Tale comma dispone che l'omissione della pubblicazione o la pubblicazione incompleta è rilevata d'ufficio dagli organi dirigenziali e di controllo, sotto la propria diretta responsabilità amministrativa, patrimoniale e contabile per l'indebita concessione o attribuzione del beneficio economico.
  Il secondo periodo dello stesso comma 5 prevede che la mancata, incompleta o ritardata pubblicazione è altresì rilevabile dal destinatario della prevista concessione o attribuzione e da chiunque altro abbia interesse, anche ai fini del risarcimento del danno da ritardo da parte dell'amministrazione, ai sensi dell'articolo 30 del Codice del processo amministrativo di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104; tale articolo riguarda l'azione di condanna nei confronti della pubblica amministrazione, esperibile quindi, in tal caso, per danno ingiusto derivante da mancato esercizio di attività amministrativa obbligatoria.
  L'articolo 24 istituisce un contributo in forma di credito di imposta a favore di tutte le imprese che effettuano nuove assunzioni a tempo indeterminato di profili altamente qualificati. I controlli, secondo quanto disposto dai commi 8 e 9, avvengono sulla base di apposita documentazione contabile certificata da un revisore iscritto nel registro dei revisori dei conti o dal collegio sindacale. Di specifica competenza della Commissione Giustizia risulta la misura sanzionatoria recata dal comma 10: nel caso di colpa grave nell'esecuzione degli atti di certificazione al revisore si applicano le sanzioni previste dall'articolo 64 del codice di procedura civile: il consulente tecnico che incorre in colpa grave nell'esecuzione degli atti che gli sono richiesti, è punito con l'arresto fino a un anno o con la ammenda fino a euro 10.329. Si applica Pag. 9inoltre la sospensione dall'esercizio della professione (ai sensi dell'articolo 35 del codice penale). In ogni caso è dovuto il risarcimento dei danni causati alle parti.
  L'articolo 33 modifica la legge fallimentare ed è diretto a migliorare l'efficienza dei procedimenti di composizione delle crisi d'impresa disciplinati dalla legge fallimentare, in modo da incentivare l'impresa a denunciare per tempo la propria situazione di crisi. A tal fine, in particolare: sono ampliati i casi di non assoggettabilità alla revocatoria fallimentare; nel concordato preventivo è anticipata l'applicabilità delle misure a tutela del debitore ed è introdotta la possibilità di sciogliersi in alcuni casi da contratti in corso di esecuzione; negli accordi di ristrutturazione del debito è introdotta una moratoria legale dei pagamenti; sono individuate misure di finanza interinale, volte a consentire finanziamenti o pagamenti del debitore nelle more della definizione dei procedimenti di ristrutturazione del debito e di concordato preventivo; sono introdotte deroghe per le società in crisi alla disciplina sulla perdita di capitale; è introdotto il concordato con continuità aziendale, con prosecuzione dell'attività d'impresa; è adeguata la disciplina fiscale sulle sopravvenienze attive e la deducibilità delle perdite.
  L'articolo 44 riduce i costi per l'avvio di un'impresa consentendo anche a coloro che hanno già compiuto 35 anni di costituire società a responsabilità limitata partendo da un capitale sociale limitato (anche un solo euro). Tale nuovo modello societario viene denominato «società a responsabilità limitata a capitale ridotto». Si tratta di un nuovo tipo di società a responsabilità limitata, che affianca la tradizionale s.r.l. e la recente società semplificata a responsabilità limitata – disciplinata dall'articolo 2463-bis (introdotto nel codice civile dal recente decreto-legge «liberalizzazioni», n. 1 del 2012).
  L'articolo 48 interviene in tema di controversie inerenti a lavori pubblici, forniture e servizi per generalizzare la previsione che consente l'impugnazione del loro arbitrale davanti alla Corte d'appello non solo per motivi di nullità ma anche inerenti al merito della controversia. Tale previsione trova da subito applicazione ai lodi per i quali non sia già scaduto il termine di impugnazione.
  L'articolo 54 è diretto a migliorare l'efficienza della giustizia, intervenendo sulla disciplina delle impugnazioni, sia di merito che di legittimità.
  L'intervento di riforma si basa sull'introduzione nel codice di procedura civile del nuovo articolo 348-bis che prevede un filtro di inammissibilità dell'appello; tale filtro avviene sulla base di una prognosi rimessa alla discrezionalità dello stesso giudice del gravame, basata sulla ragionevole fondatezza dell'impugnazione (l'impugnazione è inammissibile «quando non ha una ragionevole probabilità di essere accolta») (primo comma). Dall'introduzione di tale filtro derivano le ulteriori novelle al codice di procedura civile.
  Lo schema che viene introdotto nel processo civile si basa, quindi, su una selezione preventiva delle impugnazioni meritevoli di trattazione (la relazione di accompagnamento rileva che il 68 per cento degli appelli si concludono con la conferma della sentenza di primo grado): quando il giudice rilevi l'infondatezza di merito dell'impugnazione, dichiara l'inammissibilità dell'impugnazione con ordinanza, spogliandosi del gravame. In tal caso, la decisione di primo grado sarà ricorribile per cassazione. Nel caso contrario (di ammissione dell'appello) il giudice procede alla trattazione, senza adottare alcun provvedimento.
  Il filtro di inammissibilità non può essere applicato se il gravame concerne (secondo comma): le cause in cui è obbligatorio l'intervento del PM; l'appello all'ordinanza di cui all'articolo 702-ter, sesto comma, che decide in sede di procedimento sommario di cognizione.
  Il nuovo articolo 348-ter c.p.c detta disposizioni sulla pronuncia d'inammissibilità dell'appello. L'ordinanza d'inammissibilità è adottata dal giudice in sede di prima udienza di trattazione (articolo 350 c.p.c.) ed è «succintamente motivata» anche con il rinvio ad elementi di fatto Pag. 10riportati negli atti di causa ed a precedenti conformi; l'ordinanza pronuncia anche sulla condanna alle spese ex articolo 91 (primo comma). L'inammissibilità può essere dichiarata solo quando la prognosi di infondatezza del gravame sussista sia per l'appello principale che per quello incidentale; in caso contrario, il giudice dovrà trattare tutte le impugnazioni proposte contro la decisione di primo grado (secondo comma).
  Come accennato, se l'appello è dichiarato inammissibile ai sensi dell'articolo 348-bis, la sentenza di primo grado è ricorribile per cassazione, ma in relazione ai soli motivi specifici indicati con l'atto di appello; il termine di venti giorni per il ricorso decorre dalla comunicazione o notifica dell'ordinanza che ha pronunciato l'inammissibilità dell'appello (terzo comma).
  Il ricorso per cassazione – quando l'ordinanza di inammissibilità dell'appello ex articolo 348-bis è fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste alla base della sentenza di primo grado appellata – viene, tuttavia, limitato ai soli motivi attinenti alla giurisdizione, alla violazione delle norme sulla competenza (quando non è prescritto il regolamento di competenza), alla violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro, alla nullità della sentenza o del procedimento (articolo 360, primo comma, nn. 1-4, c.p.c.) (quarto comma).
  Con una integrazione all'articolo 383 c.p.c. relativo alle ipotesi di cassazione con rinvio viene stabilito che, nelle citate ipotesi di cui al terzo e quarto comma dell'articolo 348-ter (ricorso diretto in cassazione della sentenza di primo grado), se la Corte accoglie il ricorso per motivi diversi da quelli di giurisdizione e di competenza (articolo 382), rinvia la causa al giudice che avrebbe dovuto pronunciare sull'appello (dichiarato inammissibile ex articolo 348-bis); viene precisata l'applicabilità della disciplina sul giudizio di rinvio prevista del codice di rito (artt. da 392 a 394).
  Viene novellato, poi, l'articolo 360 del codice di rito civile introducendo un filtro anche ai ricorsi in cassazione volto, secondo la relazione al provvedimento in esame, ad evitare una «strumentalizzazione ad opera delle parti che sta rendendo insostenibile il carico della Suprema Corte di cassazione, come più volte rilevato dal Primo Presidente».
  Vengono, infatti, eliminati dai motivi del ricorso in cassazione quelli inerenti la motivazione della sentenza pronunciata in appello (o in unico grado) ovvero la omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (primo comma n. 5). È introdotto, infatti, un nuovo n. 5 del primo comma che prevede tra i motivi «l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti». Con tale modifica, si ritorna, quindi, al testo anteriore alla novella codice processuale civile introdotta dalla legge n. 581 del 1950.
  Sono, inoltre, dettate per le cause di lavoro e per quelle inerenti la disciplina delle locazioni alcune norme di coordinamento con le novelle introdotte. La prima, aggiungendo al c.p.c. l'articolo 436-bis, rende applicabile anche alle cause di lavoro la descritta disciplina del filtro di inammissibilità dell'appello di cui agli artt. 348-bis e ter del codice processuale civile. La seconda, di modifica dell'articolo 447-bis c.p.c., rende applicabile (tramite il richiamo all'articolo 436-bis) la stessa disciplina alle controversie in materia di locazione, di comodato e di affitto.
  L'ultima disposizione dell'articolo 54 prevede una disciplina transitoria che stabilisce: l'applicabilità della riforma del filtro di inammissibilità (eccetto quella relativa all'esclusione dai motivi del ricorso in cassazione, di quelli inerenti la motivazione della sentenza, cui all'articolo 360, primo comma, n. 5) ai giudizi di appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal trentesimo giorno successivo a quello della data di entrata in vigore della legge di conversione Pag. 11del decreto-legge in esame; l'applicabilità dei nuovi motivi di ricorso in cassazione (articolo 360, primo comma, n. 5) alle sentenze pubblicate dal trentesimo giorno successivo a quello della data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge in esame.
  L'articolo 55 modifica la disciplina dei procedimenti relativi alle domande di indennizzo per violazione del termine di durata ragionevole del processo civile e penale, specificando inoltre, per ciascun grado di giudizio, quale sia il termine entro il quale la durata del processo non può mai essere dichiarata irragionevole. La norma interviene, quindi, sul contenuto della cd. legge Pinto (L. n. 89 del 2001) sia con finalità di razionalizzazione del relativo procedimento presso le corti d'appello che di contenimento della spesa pubblica.
  Attualmente, i giudizi sul diritto all'equa riparazione che devono decidere sul fondatezza del ricorso e sulla liquidazione degli importi si svolgono davanti alla Corte d'appello in composizione collegiale, con instaurazione del contraddittorio nei confronti dell'amministrazione responsabile e con svolgimento attraverso una pluralità di udienze. Poiché tali procedimenti, proprio per la loro eccessiva durata, sono stati essi stessi fonte di domande di risarcimento, la disposizione in esame delinea un nuovo, più snello modello procedimentale (basato su quello del decreto ingiuntivo previsto dal codice di rito civile) che permette di arrivare ad una rapida decisione sia sulla domanda (dagli attuali quattro mesi si passa a trenta giorni) che sull'eventuale impugnazione.
  Per limitare gli esborsi dello Stato per violazione del termine di ragionevole durata (secondo la relazione illustrativa al decreto-legge, nel 2011 gli indennizzi sono risultati pari a circa 200 milioni di euro), l'articolo 55 prevede poi: specifiche cause di non indennizzabilità; la misura delle somme risarcibili sulla base di soglie predeterminate minime e massime.
  Con la novella in esame, inoltre, sono fissati nella stessa legge Pinto i termini di ragionevole durata nei diversi gradi di giudizio sulla base di parametri acquisiti dalla giurisprudenza (sei anni complessivi: tre per il primo grado, due per l'appello ed uno per il giudizio di cassazione).
  L'articolo 56, infine, interviene sulla Scuola della Magistratura per stabilire che questa possa avere da una a tre sedi: il numero effettivo delle sedi, unitamente alla loro localizzazione, resta rimesso ad un decreto ministeriale. La disposizione consente inoltre ai magistrati che facciano parte del consiglio direttivo della Scuola di scegliere tra la prosecuzione, seppur limitata, delle attività giurisdizionali e la collocazione fuori ruolo organico.
  Esprime quindi a titolo personale alcune considerazioni critiche.
  Ritiene preliminarmente necessaria una valutazione sulla congruità degli interventi sul terreno della giustizia civile rispetto agli obiettivi del provvedimento che, come definito dal suo titolo, sono appunto la crescita e lo sviluppo. Una valutazione positiva di congruità va senz'altro data agli interventi relativi alla modifica della legge Pinto, che pur avrebbero potuto spingersi in direzione di una maggiore «degiurisdizionalizzazione» (come avviene in alcune proposte di legge già all'esame del Senato e, in particolare, in quella a prima firma Della Monica del gruppo PD), nonché a quelli relativi alle modifiche alla legge fallimentare, al di là di alcuni approfondimenti che appaiono necessari in ordine alla tutela dei terzi, quali, ad esempio, la previsione dell'inefficacia delle ipoteche accese nel trimestre precedente alla richiesta di concordato.
  Ciò che invece non consente, a suo giudizio, una valutazione positiva è l'istituzione del filtro in appello sia relativamente alla congruità con gli obiettivi della crescita e dello sviluppo sia riguardo al merito delle rispettive disposizioni.
  Relativamente al primo aspetto ritiene che non sia condivisibile la scelta di inserire una modifica del genere in un decreto legge, non solo perché gli effetti sono spostati nel tempo sì da essere ontologicamente incompatibili con la struttura del decreto legge, ma anche perché il tema avrebbe imposto una completa riflessione sul sistema delle impugnazioni Pag. 12che andava affrontata con un ampio e sereno dibattito parlamentare. Infine, riguardando gli interventi l'appello e la Cassazione, e non il primo grado, non sono interventi di immediato e particolare interesse per il mondo delle imprese. Le imprese infatti sono più interessate alla celere definizione del primo grado o della fase monitoria, al fine di ottenere un titolo esecutivo che tuteli il suo diritto, che non alla celerità dell'appello che deve invece essere improntato alla certezza dei rapporti giuridici come cifra costitutiva dello Stato di diritto.
  Osserva quindi come il provvedimento sembri accedere, senza esplicitamente nominarla, ad una idea di sommarizzazione del processo d'appello e finanche dell'accertamento della fondatezza dell'atto di impugnazione. In realtà, il meccanismo del filtro affida ad un giudice la valutazione della fondatezza dell'appello e una simile valutazione non può mai essere sommaria: per ciò stesso non libera affatto il tempo dei giudici, ma rischia di impiegare il doppio delle risorse.
  Rileva come troppo spesso in questi ultimi anni si siano avuti interventi frammentari sul processo civile che hanno avuto come conseguenza di essere rapidamente eliminati, portando a effetti destabilizzanti sul sistema della tutela processuale dei diritti. Basterebbe pensare all'inutile udienza di scambio delle memorie (cosiddetta «udienza dello scambio di cioccolatini»), ai sensi dell'articolo 180 del codice di procedura civile, introdotta nel 1995 e soppressa nel 2006; al processo societario e all'estensione del rito del lavoro alle controversie per il risarcimento stradale, introdotti rispettivamente nel 2004 e nel 2006, e abrogati nel 2009; all'inappellabilità delle sentenze sull'opposizione all'esecuzione, prevista nel 2006 ed abrogata nel 2009; all'inammissibilità del ricorso per cassazione per insufficienza dei «quesiti», ai sensi dell'articolo 366-bis del codice di procedura civile, escogitata nel 2006 e soppressa nel 2009; all'estinzione dei giudizi di impugnazione pendenti da oltre due, poi tre, anni, imposta dall'articolo 26 della legge 12 novembre 2011, n. 183, ed abrogato dall'articolo 14 del decreto legge n. 212 del 2011, convertito con legge n. 17 febbraio 2012, n. 10. Una situazione paradossale che dovrebbe suggerire maggiore prudenza sia nell'attuazione del «tribunale delle imprese», di cui si temono gli effetti paralizzanti sugli uffici giudiziari interessati, che nei confronti dell'articolo 348-bis del codice di procedura civile, contenuto nel decreto legge sviluppo.
  Sottolinea come si tratti di innovazioni che dovrebbero essere assistite da ragionevolezza e prudenza piuttosto che dai criteri di necessità ed urgenza propri del decreto legge, criteri in realtà smentiti dalla stessa formulazione dell'articolo 54 che differisce l'entrata in vigore al trentesimo giorno successivo all'entrata in vigore della legge di conversione.
  Ricorda come siano ben note le ragioni storiche che rendono intollerabile la condizione degli uffici giudiziari in grado d'appello. Come è stato autorevolmente osservato, il tracollo delle corti di appello deriva dalla istituzione del giudice unico, che ha determinato la confluenza in questi uffici delle impugnazioni contro i provvedimenti dei tribunali e delle soppresse preture, dalla competenza per la liquidazione dell'indennità per irragionevole durata del processo, per la quale, in alcuni distretti, il relativo contenzioso supera, in percentuale, quello ordinario, dalla previsione dei reclami in materia familiare e fallimentare, che implicano la predisposizione di corsie preferenziali; e si attende ancora l'impatto degli appelli nelle materie nelle quali il procedimento sommario di cognizione è imposto dalla legge. Non può quindi essere condivisa un'impostazione che introduca modifiche consistenti al rito ordinario e sia invece molto timida nella modifica della legge Pinto e soprattutto nell'auspicata limitazione della fase giurisdizionale alla contestazione del quantum del risarcimento operato in via amministrativa. Né l'argomentazione più volte utilizzata a supporto del filtro in appello, per cui nel 68 per cento degli appelli si avrebbe la conferma della sentenza di primo grado, Pag. 13può avere qualche valore. Anche perché questo dato pare avere elementi di positività in sé. Né valore può avere la circostanza che questi filtri esisterebbero anche in altri paesi europei come la Germania od il Regno Unito, per la profonda diversità che connota i diversi sistemi di Commonwealth law e civil law.
  In Germania infatti il giudizio di appello è strutturato come anello di congiunzione tra il primo grado e la Corte Suprema, quest'ultima prevista solo per le cause che presentino una questione di significato fondamentale o che rappresentino per la Corte stessa un'occasione per assicurare uniformità nella giurisprudenza. Il giudizio di appello è costruito come un giudizio di revisione ed il giudice sarà tendenzialmente vincolato agli accertamenti in fatto compiuti in primo grado, con lo scopo di controllare se siano stati commessi errori in primo grado. È previsto un filtro per le cause al di sotto di 600 euro. È prevista una valutazione di ammissibilità relativa al fatto che il collegio deve essere «unanimemente» convinto che non vi sia alcuna prospettiva di successo. Al giudice d'appello viene concesso un ampio grado di apprezzamento nella rinnovazione degli accertamenti compiuti in primo grado.
  Nel Regno Unito vi è una varietà procedimentale anche dell'appello in relazione alla natura specifica del procedimento ed alla materia trattata. In ogni caso è previsto l'istituto della previa autorizzazione che può essere rilasciata dal giudice di primo grado. Non è previsto il contraddittorio e benché il diniego non sia impugnabile, l'istanza può essere reiterata dinnanzi alla corte d'appello e nel caso di rigetto può essere ulteriormente riproposta innanzi ad un giudice dell'appello.
  La circostanza dell'assorbimento delle energie di tanti giudici per la sola fase di ammissibilità sta inducendo nel Regno Unito molte critiche al sistema dei filtri. Occorre quindi rilevare l'inidoneità del filtro a «liberare» il tempo dei giudici ma anzi il rischio di assorbire ulteriori energie.
  Esprime perplessità ancora maggiori con riferimento all'innalzamento dei costi che si determinerà con il ricorso per saltum in cassazione ed al rischio di ingiustizie che un filtro costruito su una ampissima discrezionalità, su una motivazione succinta e sulla non impugnabilità ovviamente comporta in dispregio dell'articolo 111 della Costituzione e dell'articolo 6 della Convenzione dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.
  Se infatti è vero che la mancanza dell'appello di per sé non contrasta con detti principi è anche vero, come precisato dalla CEDU, che una volta che l'appello sia stato previsto negli Stati esso non può non avere le caratteristiche di limitata discrezionalità previste nel paese e quindi quelle in Italia disciplinate dall'articolo 111 della Costituzione.
  Si è osservato che, in primo luogo, l'obiettivo di accelerare il giudizio di appello era stato perseguito in modo più razionale appena qualche mese fa, con l'introduzione della possibilità di applicare anche in secondo grado il modello decisorio a seguito di trattazione orale (articolo 281-sexies c.p.c.). Senza attendere l'impatto pratico, che non può essere evidentemente valutato nell'arco di pochi mesi, delle modifiche degli articoli 351 e 352 del codice di procedura civile, introdotte dalla legge n. 183 del 12 novembre 2011 ed entrate in vigore alla fine di gennaio del 2012. Norme che consentirebbero un canale breve per decidere gli appelli manifestamente fondati o infondati, molto più efficace del filtro e che potrebbe non funzionare solo a causa della situazione di «ingolfamento» delle corti di appello. Ingolfamento che rende inapplicabile ed inauspicabile qualsiasi intervento processuale che non sia accompagnato da interventi organizzativi e di innesto di risorse nuove.
  La scelta di individuare il parametro del giudizio di ammissibilità in una prognosi di probabilità di rigetto è assai diversa da quella compiuta nei paesi in cui è applicato il filtro, ove invece il parametro attiene all'importanza della questione ed a formule più rigide quali la «manifesta Pag. 14carenza di qualsivoglia prospettiva di successo» (come in Germania). Il parametro della «ragionevole probabilità di rigetto» presenta caratteristiche di genericità ed indeterminatezza che non possono non entrare in conflitto con il principio CEDU per cui, una volta che venga riconosciuto da uno Stato un grado di impugnazione in appello, esso non può essere governato da valutazioni eccessivamente discrezionali.
  La previsione della non ricorribilità dell'ordinanza di inammissibilità e la contestuale previsione della cosiddetta doppia conforme introducono un principio di omissione di controllo sull'operato del giudice, affidato peraltro alla decisione dello stesso, che introduce un vulnus nel sistema assai pericoloso. Vulnus che non ha uguali nei sistemi processuali a cui la riforma sembra essersi ispirata. In Germania, infatti, contro l'ordinanza di inammissibilità è previsto il reclamo alla Corte di revisione, ed inoltre essa va motivata e non succintamente. A seguito di una pronuncia di incostituzionalità è stato infatti reintrodotto nel 2011 il reclamo anche per la assoluta difformità sul territorio nazionale che l'applicazione del principio aveva prodotto.
  Nel Regno Unito la garanzia contro la discrezionalità è data da un meccanismo molto farraginoso che prevede addirittura tre diverse istanze e che ha da ultimo fatto dubitare sulla convenienza in termine di risparmio di risorse umane.
  Ritiene peraltro evidente che l'eccessiva discrezionalità, la motivazione succinta e la non reclamabilità dell'ordinanza si tradurranno in un incentivo al ricorso in massa al ricorso per cassazione previsto per saltum, a parte gli effetti scoraggianti dei costi del contributo unificato che però introducono inaccettabili elementi di censo nell'accesso alla giurisdizione. Ed a questo proposito va rimarcata la inopportunità dell'estensione della disciplina al rito del lavoro, per l'ontologica diversità di forza economica tra le parti.
  Assolutamente irragionevole appare poi il regime delle eccezioni all'applicabilità del filtro per il giudizio sommario di cognizione, se non come forma di incentivo ad un giudizio che è stato poco utilizzato spontaneamente e che oggi a seguito della sua obbligatorietà per alcuni tipi di controversie è suscettibile di «pesare» in modo assai rilevante sulle Corti per il carattere aperto dell'appello relativo al procedimento sommario. Peraltro, la deroga in qualche modo ammette l'impossibilità di far vivere il sommario senza un grado di appello pieno e ciò a dispetto della previsione del sommario in unico grado previsto dal decreto legislativo n. 150 del 2011.
  Infine, come già accennato, ritiene inopportuna l'estensione di questo filtro anche al processo del lavoro perché inserisce ulteriori elementi di genericità ed indeterminatezza in una materia percorsa in questi ultimi tre anni da interventi profondi sia sulla disciplina sostanziale che processuale (si pensi, a titolo esemplificativo, al cosiddetto «collegato lavoro» e al nuovo articolo 18 sui licenziamenti) che consiglierebbero di ridurre ogni elemento di eccessiva discrezionalità in attesa che si formi una nuova giurisprudenza consolidata sulle profonde innovazioni intervenute. Ciò nell'interesse della prevedibilità delle decisioni che dovrebbe essere assunto come vero ed efficace filtro in ciascun grado di giudizio.
  Rileva con rammarico come l'intervento del Governo non riesca a sottrarsi a questa tendenza anche nelle modifiche al ricorso per Cassazione. A seguito della introduzione del filtro in cassazione del 2009, una più rigorosa applicazione dei principi renderebbe inutile il ricorso al filtro, peraltro insuscettibile di risolvere il problema dell'arretrato già accumulato. Non può essere condivisibile l'eliminazione del sindacato sulla contraddittoria motivazione, mentre forse occorrerebbe lavorare di più sulla insufficiente motivazione che rappresenta tradizionalmente il canale attraverso il quale si tenta di allargare le maglie del ricorso per cassazione. In ogni caso non pare opportuna la nuova formulazione dell'omesso esame che lungi dall'eliminare elementi di confusione Pag. 15rischia di aggiungerne di nuovi ed in qualche modo rafforza la ricorribilità per vizio di motivazione.
  Assolutamente non condivisibile considera poi l'introduzione della doppia conforme che impedisce il ricorso in cassazione ex articolo 360, n. 5, del codice di procedura civile nei casi in cui il giudice d'appello abbia motivato con le medesime ragioni di fatto della sentenza impugnata. Questo meccanismo consente, esattamente come l'ordinanza d'inammissibilità non reclamabile, di immaginare una «zona franca» per il giudice che viene sottratto al regime dei controlli giurisdizionali. Basterà ad un giudice scegliere di motivare con il meccanismo della doppia conforme ovvero emettere ordinanza di inammissibilità per sottrarre il suo provvedimento a qualsiasi forma di verifica. Occorre pertanto o procedere ad uno stralcio di queste norme sulla impugnazione ovvero prevedere criteri diversi per avere un effetto deflattivo nel rispetto del principio per cui «se l'efficienza della composizione della singola controversia non deve perdere di vista l'efficienza nella gestione della massa dei processi, la gestione della massa dei processi non deve perdere di vista che lo scopo di ogni singolo processo civile è la giusta composizione della controversia entro un termine ragionevole».

  Giulia BONGIORNO, presidente, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

  La seduta termina alle 13.45.

INDAGINE CONOSCITIVA

  Martedì 3 luglio 2012. — Presidenza del Presidente Giulia BONGIORNO. — Interviene il sottosegretario di Stato per la giustizia, Salvatore Mazzamuto.

  La seduta comincia alle 13.45.

Indagine conoscitiva nell'ambito dell'esame del disegno di legge C. 5019 Governo, recante la delega al Governo in materia di depenalizzazione, pene detentive non carcerarie, sospensione del procedimento per messa alla prova e nei confronti degli irreperibili, e degli abbinati progetti di legge C. 879 Pecorella, C. 4824 Ferranti, C. 92 Stucchi, C. 2641 Bernardini, C. 3291-ter Governo e C. 2798 Bernardini.
Audizione del professore Francesco Caprioli, ordinario di diritto processuale penale presso l'Università di Bologna, del presidente del Tribunale di Torino, Luciano Panzani, del giudice del Tribunale di Torino, Alessandra Salvadori, e di rappresentanti di 3M Italia.
(Svolgimento e conclusione).

  Giulia BONGIORNO, presidente, propone che la pubblicità dei lavori sia assicurata anche mediante impianti audiovisivi a circuito chiuso. Non essendovi obiezioni, ne dispone l'attivazione.
  Introduce, quindi, l'audizione.

  Svolgono una relazione sui temi oggetto dell'audizione Francesco CAPRIOLI, professore ordinario di diritto processuale penale presso l'Università di Bologna, Luciano PANZANI, presidente del Tribunale di Torino, Alessandra SALVADORI, giudice del Tribunale di Torino, Giovanni TAMBURINO, capo dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e Paolo MAZZONI, direttore delle relazione esterne di 3M Italia.

  Intervengono per porre quesiti i deputati Rita BERNARDINI (PD), Guido MELIS (PD), Marilena SAMPERI (PD), Donatella FERRANTI (PD) e Enrico COSTA (PdL).

  Rispondono ai quesiti posti Francesco CAPRIOLI, professore ordinario di diritto processuale penale presso l'Università diBologna, Pag. 16Alessandra SALVADORI, giudice del Tribunale di Torino, Giovanni TAMBURINO, capo dipartimento dell'amministrazione penitenziaria e Alberto BO, responsabile del settore track and trace di 3M Italia.

  Giulia BONGIORNO, presidente, ringrazia gli auditi e dichiara conclusa l'audizione. Dichiara altresì conclusa l'indagine conoscitiva.

  La seduta termina alle 15.10.

  N.B.: Il resoconto stenografico della seduta è pubblicato in un fascicolo a parte.

AVVERTENZA

  I seguenti punti all'ordine del giorno non sono stati trattati:

SEDE REFERENTE

Disposizioni in materia di misure cautelari personali.
C. 255 Bernardini, C. 1846 Cota e C. 4616 Bernardini.

Modifica dell'articolo 2947 del codice civile, in materia di prescrizione del diritto al risarcimento del danno.
C. 3070, approvata dal Senato.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI