CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 28 febbraio 2012
613.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (I e XI)
COMUNICATO
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ATTI DEL GOVERNO

Martedì 28 febbraio 2012. - Presidenza del presidente della XI Commissione Silvano MOFFA. - Interviene il ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, Filippo Patroni Griffi.

La seduta comincia alle 13.40.

Schema di decreto del Presidente del Consiglio dei ministri concernente la definizione del limite massimo riferito al trattamento economico annuo onnicomprensivo per i pubblici dipendenti indicati nell'articolo 23-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214.
Atto n. 439.
(Seguito dell'esame e rinvio).

Le Commissioni proseguono l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 23 febbraio 2012.

Silvano MOFFA, presidente, ricorda che, secondo quanto convenuto nella precedente seduta, oggi proseguirà il dibattito sul provvedimento all'esame delle Commissioni riunite, a conclusione del quale i presidenti - in veste di relatori - presenteranno la propria proposta di parere, che sarà posta in votazione nella seduta già convocata per la giornata di domani.
Con l'occasione, peraltro, chiede preliminarmente al Ministro Patroni Griffi di fornire un chiarimento in ordine alla questione del limite massimo del trattamento onnicomprensivo: segnala, infatti, che l'articolo 3 dello schema di decreto in esame riporta una cifra, pari a circa 304.000 euro, corrispondente al trattamento del Primo Presidente della Corte di Cassazione, che sarebbe stata ridotta a circa 294.000 euro a seguito di quanto comunicato dal Ministro stesso nella scorsa settimana. Al riguardo, chiede al Ministro di illustrare le ragioni di tale riduzione, atteso che il Governo ha riportato la cifra in un atto sottoposto al parere parlamentare e, dunque, le Commissioni riunite devono poter comprendere se la correzione è frutto di un mero errore materiale o di modifiche nel frattempo intervenute nel trattamento del Primo Presidente.

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Il Ministro Filippo PATRONI GRIFFI osserva che - poiché il dato relativo al trattamento economico del primo presidente della Corte di cassazione, preso a riferimento ai fini della definizione del parametro massimo delle retribuzioni dei pubblici dipendenti, è frutto del maturato economico e delle progressioni di carriera relative al soggetto che è chiamato a ricoprire tale incarico - esso risulta un elemento soggetto a variazioni annuali: la cifra riportata all'articolo 3 dello schema di decreto, dunque, era quella riferita all'anno 2010, mentre il Governo, avendo nel frattempo acquisito il dato concernente l'anno 2011, come comunicato dal Ministero competente, ha conseguentemente riferito alle Commissioni riunite il nuovo ammontare del trattamento.

Linda LANZILLOTTA (Misto-ApI) ritiene essenziale - per evitare che nelle dinamiche delle retribuzioni più alte si determinino spinte distorsive e in sostanza che la nomina del primo presidente della Corte di cassazione possa essere condizionata da interessi impropri al fine di determinare effetti di «galleggiamento» - stabilire come parametro delle retribuzioni un importo fisso, anziché un importo variabile a seconda della persona del primo presidente.

Giulio SANTAGATA (PD), partendo dall'evidente incompletezza della documentazione consegnata dal Governo alle Commissioni riunite, che non prende in considerazione neanche il cumulo di incarichi e retribuzioni da parte delle medesime figure amministrative elencate, dichiara il proprio stupore di fronte a talune notizie pubblicate dagli organi di informazione, in base alle quali sembrerebbe che l'organismo di vigilanza al quale è demandato il compito di verificare il grado di trasparenza nella pubblica amministrazione si sarebbe rivolto alla Guardia di finanza per acquisire informazioni sui trattamenti economici dei pubblici dirigenti. Nel far notare che tali dati dovrebbero essere normalmente acquisiti attraverso l'utilizzo di ordinari canali di comunicazione con l'Esecutivo, si chiede se non sia il caso di riflettere sul corretto funzionamento degli organismi competenti in materia, affinché, invece di impressionare l'opinione pubblica attraverso azioni spettacolari e propagandistiche, si punti davvero all'efficienza dell'azione amministrativa.

Doris LO MORO (PD), dopo aver premesso di ritenere necessaria una modifica della norma di legge alla base dello schema di decreto in esame ed essersi richiamata, su questo aspetto, all'intervento svolto in una precedente seduta dal collega Bressa, esprime l'avviso che, alla luce della giurisprudenza di merito, nonché di quella della Corte costituzionale e addirittura della Corte europea dei diritti dell'uomo, non si possa, tanto meno sulla base di una disposizione di legge inadeguata come quella di cui all'articolo 23-ter del decreto-legge n. 201 del 2001, incidere sulle retribuzioni in essere, il cui ammontare è stabilito da contratti vigenti.
Fa presente che attribuire effetto retroattivo alla misura del taglio delle retribuzioni apicali comporta il rischio di uno scardinamento dell'ordinamento. I principi non si possono infatti applicare solo quando piacciono. Mettere in discussione principi che la giurisprudenza ha consolidato nei decenni significa smantellare tutele che sono a vantaggio anche e soprattutto dei percettori di retribuzioni basse.
Invita quindi a riflettere che la qualità di una classe politica si riconosce dalla qualità delle sue decisioni, che non possono essere arbitrarie e prive di aderenza ai principi dell'ordinamento come enucleati dalla giurisprudenza di merito e da quella costituzionale, le quali praticamente da sempre hanno sancito il divieto della reformatio in peius, nonché il principio della tutela dell'affidamento dei cittadini, che, nel caso di specie, è affidamento nella validità di contratti stipulati secondo la legge. Si tratta di principi che sono stati dalla Corte costituzionale in qualche caso circostanziati e dettagliati, ma mai messi in dubbio.
A questo proposito osserva che la sentenza della Corte costituzionale n. 303 del

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2011, richiamata dalla collega Madia nel corso del dibattito, non pone in alcun modo in discussione i predetti principi, in quanto tratta di tutt'altro: non interviene infatti in merito di retribuzioni, bensì di risarcimento del danno.
A suo avviso, quindi, lo stesso ragionamento che ha indotto il Governo a introdurre nello schema in esame le cautele di cui all'articolo 1, comma 2, e all'articolo 5, volte a rispettare la validità della contrattazione per le retribuzioni al di sotto del tetto massimo, deve valere anche per le retribuzioni di ammontare superiore: infatti la norma di cui all'articolo 23-ter deve ritenersi, sì, imperativa e inderogabile dalla contrattazione, ma solo per il futuro, non potendo, come ogni norma, avere effetti retroattivi e dispiegare quindi la propria efficacia sui contratti già stipulati sulla base di disposizioni di legge vigenti all'epoca della stipula.
Ritiene, quindi, che le Commissioni debbano evidenziare, nel parere che esprimeranno al Governo, questi possibili profili di illegittimità del decreto in esame e di incostituzionalità della norma di base.
Ritiene, inoltre, che il Governo avrebbe dovuto affrontare la questione degli amministratori delle società pubbliche insieme con quella dei dirigenti apicali, dando attuazione contemporaneamente all'articolo 23-bis e all'articolo 23-ter del decreto-legge n. 201 del 2011, non solo perché è necessaria una valutazione d'insieme di queste due misure, ma anche perché occorre che la questione complessiva sia valutata anche alla luce del rischio che i manager pubblici più capaci passino al settore privato, dove non esistono limiti di retribuzione.

Raffaele VOLPI (LNP), premesso che il suo gruppo è favorevole a un intervento di contenimento delle retribuzioni apicali, osserva che la deputata Lo Moro ha svolto un ragionamento attento, sul quale sarebbe necessaria una riflessione.
Ribadisce quindi le perplessità da lui già sollevate in un precedente intervento rispetto alla scelta del Governo di prorogare il termine per l'attuazione dell'articolo 23-bis del decreto-legge n. 201 del 2011, in materia di contenimento degli emolumenti dei componenti dei consigli di amministrazione delle società pubbliche, osservando che sarebbe stato utile svolgere un'unica discussione sui compensi dei manager delle aziende pubbliche e sulle retribuzioni dei dirigenti della pubblica amministrazione.
Dopo aver ricordato, quindi, che nel privato il sistema della concorrenza vige anche per la selezione dei manager e che il riconoscimento del merito avviene mediante la definizione del compenso, si chiede in che modo il Governo pensi di poter assicurare la valorizzazione del merito nel pubblico nel momento in cui procede con un indiscriminato taglio lineare degli emolumenti. A suo avviso, infatti, una volta stabilito un tetto, l'unico modo per diversificare i meriti e i gradi di responsabilità e di impegno è rimodulare tutte le retribuzioni pubbliche per ripristinare una proporzione tra emolumenti e responsabilità; diversamente non c'è altro modo di rendere apprezzabili e competitive alcune posizioni.
Per quanto riguarda poi le società controllate dallo Stato, ricorda che i compensi degli amministratori sono decisi con un semplice provvedimento del ministro dell'economia e delle finanze, senza bisogno di una legge apposita. Ritiene in ogni caso importante sapere - e chiede pertanto al Governo di chiarirlo - quanti sono i componenti dei consigli di amministrazione delle diverse società pubbliche. Chiede altresì se corrisponda al vero che esisterebbe una società pubblica che assicura ai componenti dei consigli di amministrazione, alla scadenza del mandato, un contratto da dirigenti.

Giuliano CAZZOLA (PdL) dichiara di avere riflettuto a lungo, in questi giorni, sulla posizione personale da assumere nei confronti del provvedimento in esame, giungendo alla determinazione che - trattandosi di votare una proposta di parere e non uno schema di decreto, che rientra, al contrario, nella responsabilità dell'Esecutivo - si può avere piena fiducia nell'equilibrio

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dei relatori, che sicuramente riporteranno anche talune valutazioni problematiche emerse dal dibattito. Ritiene che il provvedimento non possa far altro che dare attuazione alle disposizioni di legge - peraltro frutto di una iniziativa parlamentare - così come attualmente formulate, eventualmente recependo i suggerimenti che le Commissioni riunite intenderanno formulare. Ritiene, quindi, opportuno che si valuti con estrema attenzione l'esigenza di ricondurre la definizione del parametro massimo di riferimento a criteri di maggiore flessibilità, evitando di introdurre elementi di rigidità nell'ordinamento che possano portare ad una reazione a catena sfavorevole per i trattamenti dei pubblici dipendenti. Ritiene, pertanto, necessario ipotizzare soluzioni normative più equilibrate, che, piuttosto che fare riferimento ad un limite economico massimo definito, individuabile sulla base del trattamento economico del primo presidente della Corte di cassazione, tengano conto eventualmente della pluralità degli incarichi assunti dai dirigenti pubblici.
Richiamata l'esigenza di non effettuare scelte basate sulla volontà di ritorsione, ribadisce, in conclusione, la propria fiducia nella capacità dei relatori di formulare una proposta di parere equilibrata e razionale, che sappia indirizzare il Governo verso forme di intervento efficaci, sottraendosi alla tentazione di dare ascolto, sempre e comunque, agli umori della piazza: si rischierebbe, in caso contrario, a suo avviso, di incorrere - come è accaduto in passato - alla legittimazione di interventi autoritari, lesivi dei diritti fondamentali dei cittadini, fatti passare come giustificabili sulla base della stessa volontà popolare.

Mario TASSONE (UdCpTP) ritiene essenziale chiarire il dato culturale: non si tratta, a suo avviso, di punire alcuni o di riportare le retribuzioni al di sotto di un determinato livello - e in sostanza di mercanteggiare su quale debba essere tale livello e quali voci retributive debbano essere considerate per accertare se questo livello è superato oppure no - ma di stabilire un orientamento culturale. A suo avviso, deve essere questo il compito del Parlamento.

Pierluigi MANTINI (UdCpTP), dopo aver brevemente richiamato i diversi rilievi di incostituzionalità cui si esporrebbe una applicazione retroattiva della misura del tetto alle retribuzioni pubbliche, da lui già evidenziati in precedenti interventi, ed aver ribadito che l'intervento sulle retribuzioni rischia di determinare una disparità irragionevole di trattamento tra soggetti che rivestono posizioni analoghe e una violazione del principio di divieto di reformatio in peius e di quello di tutela del legittimo affidamento, osserva che si darebbe luogo anche ad un appiattimento retributivo contrario ad ogni logica concorrenziale e meritocratica.
Nel ricordare, quindi, che la norma di base consente di prevedere deroghe motivate per le posizioni apicali delle rispettive amministrazioni, invita il Governo a valutare la possibilità di avvalersi di questa opportunità utilizzandola per salvaguardare le posizioni contrattuali già in essere, disponendo quindi che la misura in discussione si applichi a decorrere non da oggi ma a partire da un momento successivo - per esempio tra tre anni - e, in definitiva, stabilendo un regime transitorio.
Conclude sottolineando che una politica dei redditi si può fare, ma non in modo prevaricatorio, imponendo ai privati di subire posizioni di forza irragionevoli e unilaterali.

Silvano MOFFA, presidente, essendosi concluso il dibattito di carattere generale sul provvedimento in titolo, avverte che i relatori hanno predisposto una proposta di parere favorevole (vedi allegato), nella quale sono state registrate le diverse questioni emerse nel corso dell'esame: la votazione del parere di competenza delle Commissioni riunite, come già stabilito, avrà luogo nella giornata di domani.
Rinvia, quindi, il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.25.