CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 16 febbraio 2012
608.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Comitato per la legislazione
COMUNICATO
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ESAME AI SENSI DELL'ARTICOLO 96-BIS, COMMA 1, DEL REGOLAMENTO

Giovedì 16 febbraio 2012. - Presidenza del vicepresidente Doris LO MORO. - Interviene il sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico Massimo Vari.

La seduta comincia alle 13.45.

Conversione in legge del decreto-legge 9 febbraio 2012, n. 5, recante disposizioni urgenti in materia di semplificazione e sviluppo.
Esame C. 4940 - Governo.

(Parere alle Commissioni I e X).
(Esame e conclusione - Parere con condizioni, osservazioni e raccomandazione).

Il Comitato inizia l'esame del provvedimento in titolo.

Lino DUILIO, relatore, in via preliminare intende svolgere alcune considerazioni di fondo in relazione al provvedimento che il Comitato si accinge ad esaminare. Al riguardo constata infatti come si sia in presenza di un vero e proprio ossimoro: il provvedimento persegue l'obiettivo della semplificazione attraverso il metodo della complicazione. Ciò per una lunga serie di ragioni, che si evincono dalla proposta di parere che si accinge a presentare; intende comunque soffermarsi, in particolare, su un aspetto: le materie della semplificazione e dello sviluppo hanno formato oggetto, principalmente in tempi recenti, di un susseguirsi di interventi normativi che hanno complicato il quadro normativo di riferimento; le misure introdotte, stratificatesi nel tempo, si sovrappongono tra loro e con esse gli adempimenti da ciascuna previsti. Su tale quadro normativo il decreto legge interviene, spesso mediante modifiche non testuali, con un testo complesso, vischioso e confuso che complica ulteriormente il quadro di riferimento.
Fa poi presente che la materia trattata dal decreto - di carattere prettamente ordinamentale - avrebbe dovuto essere oggetto, non di un decreto legge, bensì di un disegno di legge. Dalla natura ordinamentale delle disposizioni contenute nel decreto discende altresì che la gran parte di esse non sono immediatamente applicabili, richiedendosi, a tal fine, l'adozione di innumerevoli adempimenti, che vanno dai regolamenti del Governo, ai regolamenti ministeriali, alle convenzioni, ai provvedimenti dell'Agenzia delle entrate.

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Rispetto ad alcune disposizioni, sono inoltre presenti termini iniziali di efficacia spostati avanti nel tempo, oppure periodi di applicazione in via sperimentale. Da tutto ciò consegue, evidentemente, l'eccentricità dei contenuti del decreto legge e l'assenza dei presupposti della necessità e dell'urgenza che, stando al dettato costituzionale, dovrebbero giustificare l'adozione di decreti-legge.
Dopo aver dato succintamente conto dei contenuti del provvedimento osserva che anche il provvedimento all'esame - anche se in termini certamente più limitati - si pone in linea con i provvedimenti così detti "taglia leggi" adottati nella prima parte della legislatura, e per i quali era stata, più o meno felicemente, evocata l'idea del «rogo» delle leggi divenute obsolete; procede quindi ad illustrare la seguente proposta di parere:
«Il Comitato per la legislazione,
esaminato il disegno di legge n. 4940 e rilevato che:
sotto il profilo dell'omogeneità del contenuto:
il provvedimento reca un contenuto estremamente vasto e complesso, in quanto i suoi 63 articoli incidono su un ampio spettro di settori normativi e recano misure finalisticamente orientate, da un lato, a favorire la semplificazione in favore dei cittadini e per le imprese - ad esempio, mediante l'introduzione di disposizioni finalizzate a ridurre gli adempimenti necessari all'attività delle imprese (intervenendo sia sulle materie delle autorizzazioni, dei controlli e delle procedure pubbliche di appalto, sia sulle materie del lavoro e dell'ambiente), ovvero finalizzate a snellire procedimenti amministrativi, a migliorare l'efficienza della Pubblica Amministrazione, ad incentivare la digitalizzazione di documenti da conservare o produrre - e, dall'altro, a fornire sostegno ed impulso allo sviluppo del sistema economico, attraverso disposizioni che incidono sulla materia dell'innovazione tecnologica, dell'università, dell'istruzione, delle strutture energetiche e del turismo.
sotto il profilo dei rapporti con la normativa vigente:
nel procedere a numerose modifiche della disciplina vigente, il provvedimento in esame ricorre generalmente alla tecnica della novellazione; in alcuni casi, si registra tuttavia un insufficiente coordinamento con le preesistenti fonti normative, in ragione del fatto che talune disposizioni intervengono su di esse mediante modifiche non testuali; in altri casi, invece, il difetto di coordinamento con la normativa vigente è imputabile all'introduzione di numerose misure di carattere organico che, nell'ambito delle partizioni del testo nelle quali sono inserite, appaiono decontestualizzate e, in molti casi, fanno sistema con quelle oggetto di altri provvedimenti, all'interno dei quali dovrebbero essere opportunamente collocate al fine di definire in modo ordinato le materie che ne formano oggetto; le anzidette modalità di produzione normativa, che mal si conciliano con lo scopo di semplificare e riordinare la legislazione vigente, si riscontrano in più disposizioni, ad esempio:
all'articolo 1, comma 2, che - laddove prevede che le disposizioni contenute al comma 1, il quale novella la legge n. 241 del 1990, non si applichino ai procedimenti tributari e in materia di giochi pubblici - interviene, senza modificarla, sull'ambito normativo della legge n. 241 ed in assenza di un adeguato coordinamento con l'articolo 13 della medesima legge;
all'articolo 4, commi 1 e 2, che modificano in via non testuale l'articolo 1, comma 1, della legge n. 295 del 1990, in materia di commissioni mediche incaricate di effettuare gli accertamenti sanitari relativi alle domande per ottenere la pensione, l'assegno o le indennità d'invalidità civile;

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all'articolo 6, che interviene sulla materia della comunicazione dei dati in via telematica tra le amministrazioni, senza novellare il decreto legislativo n. 82 del 2005, recante codice dell'amministrazione digitale;
all'articolo 7, che, al comma 1, incide in via non testuale sull'ambito applicativo del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, recante Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, mentre, al comma 3, interviene sul decreto del Presidente della Repubblica n. 851 del 1967, recante Norme in materia di tessere di riconoscimento rilasciate dalle Amministrazioni dello Stato, senza novellarlo;
all'articolo 8, comma 1, che, intervenendo sulle modalità di trasmissione delle domande per la partecipazione a concorsi pubblici, fa sistema con il già richiamato codice dell'amministrazione digitale;
all'articolo 9, che, recando disposizioni in materia di dichiarazione unica di conformità degli impianti termici, incide in via non testuale sull'ambito materiale del decreto legislativo n. 152 del 2006 (codice ambientale);
all'articolo 11, che, ai commi 6, 7, 8 e 9, interviene sulle materie della formazione professionale per lo svolgimento dell'impresa di trasporto, del coordinamento delle informazioni sul traffico e dei controlli sui dispositivi di combustione degli autoveicoli, in assenza del necessario coordinamento con la normativa vigente;
all'articolo 12, comma 4, che rinvia ai regolamenti di cui all'articolo 1, comma 3, del decreto legge n. 1 del 2012, assegnando loro nuovi compiti, ma senza modificare la norma che ne prevede l'adozione;
all'articolo 14, comma 2, che pone nuovi obblighi in capo alle amministrazioni in relazione alle informazioni che devono essere contenute sui relativi siti internet, senza novellare il codice dell'amministrazione digitale più volte richiamato;
all'articolo 16, che interviene sulla materia dei flussi informativi tra le Amministrazioni, senza inserirla in un idoneo contesto normativo;
all'articolo 17, che, al comma 1, integra in via non testuale il disposto dell'articolo 9-bis del decreto legge n. 510 del 1996, mentre, al comma 3, modifica implicitamente gli articoli 38 e 38-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999;
all'articolo 22, che, al comma 2, interviene in via non testuale sul decreto legge n. 1 del 2012 (in relazione alla durata convenzioni aeroportuali), mentre, al comma 3, incide sull'ambito materiale del medesimo decreto in relazione ad un diverso profilo della stessa disciplina (si tratta della misura dei diritti aeroportuali);
all'articolo 23, che interviene in materia di autorizzazione unica ambientale per le imprese senza intervenire sul già richiamato codice ambientale;
all'articolo 25, che contiene misure di semplificazione per le imprese agricole avulse dall'idoneo contesto normativo, da individuare, presumibilmente, nel decreto legislativo n. 99 del 2004, recante disposizioni in materia di soggetti e attività, integrità aziendale e semplificazione amministrativa in agricoltura;
all'articolo 29, che interviene sui progetti di riconversione del comparto bieticolo - saccarifero di cui all'articolo 2 del decreto legge n. 2 del 2006, senza novellarlo;
all'articolo 33, che, intervenendo sulla materia del collocamento in aspettativa del personale dipendente che svolga attività di ricerca, sembra fare sistema con le disposizioni recate dal decreto legislativo n. 165 del 2001, nel cui ambito non viene tuttavia inserito;
all'articolo 37, che incide in via non testuale sull'articolo 16, comma 6, del

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decreto-legge n. 185 del 2008, differendo un termine in materia di comunicazioni aziendali;
all'articolo 41, che interviene sulla materia dei requisiti per l'esercizio dell'attività temporanea di somministrazione di alimenti o bevande, senza collocarla in alcun preesistente testo normativo;
all'articolo 46, che, al comma 1, modifica implicitamente l'articolo 2, comma 634, della legge n. 244 del 2007, in materia di trasformazione degli enti pubblici, mentre, al comma 2, modifica in via non testuale l'articolo n. 134 del decreto legislativo n. 206 del 2005;
all'articolo 50, che, intervenendo sulla materia dell'autonomia delle istituzioni scolastiche, introduce disposizioni che sembrano fare sistema, parzialmente modificandole, con quelle di cui all'articolo 64 del decreto legge n. 112 del 2008, e con le quali dovrebbero essere coordinate;
all'articolo 51, comma 1, che interviene in materia di INVALSI (Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione), la cui natura giuridica e competenze sono definite, da ultimo, dall'articolo 17 del decreto legislativo n. 213 del 2009, con il quale non vengono tuttavia coordinate;
all'articolo 53, che interviene sulla materia dell'ammodernamento degli istituti scolastici, senza collocarla nell'appropriato contesto normativo;
all'articolo 55, comma 1, che reca una modifica non testuale all'articolo 6 della legge n. 240 del 2010;
all'articolo 56, comma 2, che, intervenendo sulla materia della destinazione dei beni sequestrati o confiscati alla criminalità organizzata, sembra fare sistema con le disposizioni contenute al titolo II del Codice delle leggi antimafia, che però non viene novellato;
all'articolo 57, che reca disposizioni in materia di infrastrutture energetiche strategiche, metanizzazione del mezzogiorno e bunkeraggio, in assenza di alcun coordinamento con la normativa vigente;
all'articolo 60, che, ai commi 1 e 2, in relazione alla proroga del programma "carta acquisti", interviene sull'ambito di applicazione dell'articolo 81 del decreto legge n. 112 del 2008, senza modificarlo;
il provvedimento interviene inoltre su settori disciplinari che hanno formato oggetto, anche in tempi molto recenti, di una profonda stratificazione normativa; in alcuni casi, peraltro, risulta assente un adeguato coordinamento con le disposizioni già vigenti nella materia, cui consegue un'evidente difficoltà nella "ricostruzione" del quadro normativo di riferimento; tale fenomeno si riscontra, ad esempio, agli articoli 1 e 2 che novellano gli articoli 2 e 19 della legge n. 241 del 1990, che hanno formato oggetto, anche in tempi recenti, di un susseguirsi di interventi legislativi; all'articolo 3, che, in relazione alla materia della riduzione degli oneri amministrativi e dell'analisi e della verifica di impatto della regolamentazione, pone problemi di coordinamento con i recenti provvedimenti intervenuti in tale settore disciplinare e, in particolare, con l'articolo 25 del decreto-legge n. 112 del 2008, rubricato "Taglia-oneri amministrativi"; all'articolo 43, che, recando disposizioni che incidono sulla materia delle procedure di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, interviene su un settore normativo oggetto di una profonda stratificazione normativa e sul quale sono intervenuti, con cadenza assai ravvicinata, recentissimi provvedimenti (si tratta, in particolare, della legge n. 183 del 2011, del decreto-legge n. 1 del 2012, del decreto-legge n. 201 del 2011 e del decreto legislativo n. 66 del 2010); ciò si riscontra, infine, all'articolo 52, che contiene misure di semplificazione e promozione dell'istruzione tecnico-professionale e degli istituti tecnici superiori, in relazione alle quali viene perseguito l'obiettivo - grazie all'adozione di linee guida ministeriali - di coordinare l'offerta dei percorsi di istruzione secondaria di secondo grado di tipo tecnico e professionale e dei percorsi di

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istruzione e formazione professionale di competenza regionale; in proposito, si rileva tuttavia, che il medesimo obiettivo è perseguito già dall'articolo 19, comma 16, del decreto-legge n. 98 del 2011, il quale ha previsto a tal fine l'emanazione, entro il 6 luglio 2012, di un regolamento di delegificazione volto a garantire la piena coerenza dei percorsi di istruzione e formazione professionale con le modifiche ordinamentali apportate al secondo ciclo dell'istruzione secondaria superiore ai sensi dell'articolo 64 del decreto-legge n. 112 del 2008 e che, in attuazione del citato articolo 64, comma 4, sono già stati adottati regolamenti di riordino degli istituti professionali e degli istituti tecnici (decreto del Presidente della Repubblica nn. 87 e 88 del 15 marzo 2010);
il decreto-legge, secondo una modalità di produzione legislativa che, come già rilevato in altre occasioni, non appare pienamente coerente con le esigenze di stabilità, certezza e semplificazione della legislazione, introduce modifiche a disposizioni di recentissima approvazione (si vedano, ad esempio l'articolo 3, comma 1, che modifica la legge 11 novembre 2011, n. 180; gli articoli 3, comma 3, e 49, comma 2, che intervengono sulla legge 12 novembre 2011, n. 183 - legge di stabilità per il 2012 - e l'articolo 22, comma 1, che modifica l'articolo 41 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201);
il provvedimento reca talune disposizioni che, nel precisare che determinate norme o discipline previgenti continuano ad avere efficacia, risultano meramente ricognitive della normativa vigente; ciò si riscontra, a mero titolo esemplificativo, all'articolo 5, comma 3, che precisa che resta "Fermo quanto previsto dagli articoli 5 e 6 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286", all'articolo 9, comma 2, all'articolo 10, comma 1, capoverso articolo 5, all'articolo 11, commi 2, 3 e 6, all'articolo 12, comma 1, all'articolo 14, comma 1, che precisa che resta "fermo quanto previsto dalla normativa comunitaria", all'articolo 20, comma 1, lettera h), capoverso 3 e comma 2, all'articolo 24, comma 1, lettera e), all'articolo 50, comma 2, all'articolo 54, comma 1, capoverso articolo 24-bis, comma 2; all'articolo 55, comma 1; all'articolo 57, commi 2, 4 e 13 (che, genericamente, fa salve "le disposizioni tributarie in materia di accisa"); meramente ricognitiva appare infine la disposizione contenuta all'articolo 34, che sembra ribadire quanto già previsto dal decreto del Ministro dello sviluppo economico 22 gennaio 2008, n. 37;
il provvedimento contiene inoltre disposizioni prive di portata precettiva in quanto meramente descrittive e, quindi, inidonee ad innovare l'ordinamento; ciò si riscontra, ad esempio, all'articolo 7, comma 2, che precisa che la disposizione contenuta al comma 1 del medesimo articolo trovi applicazione solo dopo l'entrata in vigore del decreto legge stesso; all'articolo 8, comma 3, che si riferisce ai "casi in cui non sia intervenuta una disciplina di livello comunitario" e all'articolo 12, comma 2 (laddove «prevede» che debbano essere rispettati alcuni principi costituzionali); meramente descrittive appaiono infine le disposizioni contenute all'articolo 16, comma 1, ultimo periodo (che precisa che al flusso informativo di dati tra amministrazioni si applichino le disposizioni di cui al decreto legislativo n. 196 del 2003) e comma 3; all'articolo 38, comma 2, capoverso 2-ter, laddove fa "salve le situazioni regolarmente in atto alla data di entrata in vigore del presente decreto";
il provvedimento si connota per il ricorso ad una peculiare tecnica normativa - già utilizzata nei più recenti provvedimenti d'urgenza - consistente nell'introduzione, nell'ambito di numerosi articoli, formulati per lo più in termini di novella, di una sorta di preambolo esplicativo, dove sono indicate le finalità perseguite con le novelle stesse, i principi ispiratori di una determinata disciplina, ovvero dove viene descritto il contesto nel quale vengono inserite le disposizioni che si intendono adottare; tali preamboli, evidentemente privi di qualsiasi portata normativa, si rinvengono, ad esempio, all'articolo 14,

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comma 1, che «declama» i principi ai quali deve ispirarsi la disciplina dei controlli sulle imprese; all'articolo 14, comma 3, che indica le finalità perseguite con i decreti di delegificazione di cui si prevede l'adozione; all'articolo 16, commi 1, 3 e 7; agli articoli 31, comma 1 e 32, commi 1 e 2; all'articolo 47, comma 1, che, indica gli obiettivi che si intendono conseguire grazie alla modernizzazione dei rapporti tra pubblica amministrazione, cittadini e imprese, nonché i principi ispiratori della normativa che si intende introdurre; all'articolo 50, che illustra dettagliatamente le finalità che si intendono perseguire grazie alle linee guida in tema di autonomia scolastica di cui è prevista l'adozione; ciò si riscontra, infine, agli articoli 53, comma 1 e 57, comma 1;
il decreto in esame reca talune disposizioni derogatorie del diritto vigente, non sempre risultando espressamente indicate le norme derogate; in particolare, l'articolo 12, comma 1, autorizza le Regioni ed altri soggetti pubblici e privati a stipulare convenzioni per attivare percorsi sperimentali di semplificazione amministrativa, anche "mediante deroghe alle procedure ed ai termini per l'esercizio delle competenze facenti esclusivamente capo ai soggetti partecipanti"; l'articolo 24, comma 1, lettera e), consente invece alle autorità competenti di autorizzare "operazioni di rigenerazione degli oli usati anche in deroga all'allegato A, tabella 3, del decreto ministeriale 16 maggio 1996, n. 392"; infine, l'articolo 46, comma 2, per il conseguimento di una serie di finalità ivi indicate, contiene una deroga generica alle "vigenti norme in materia di soppressione degli organi collegiali e di riduzione dei relativi componenti"; in altri casi, invece, (segnatamente, all'articolo 38, commi 1 e 2, e all'articolo 53, comma 9) le disposizioni derogate vengono specificatamente richiamate;
sotto il profilo dell'efficacia temporale delle disposizioni:
il decreto-legge, all'articolo 35, comma 3, reca una norma di interpretazione autentica delle disposizioni dettate dall'articolo 194 del regio decreto n. 12 del 1941 (ordinamento giudiziario), con riferimento alla quale appare dubbio il rispetto della prescrizione della circolare sulla formulazione tecnica dei testi legislativi secondo cui "deve risultare comunque chiaro se ci si trovi in presenza di una disposizione di interpretazione autentica ovvero di una disposizione di modifica sostanziale alla quale si vuole dare effetto retroattivo"; una disposizione di cui viene precisata l'efficacia retroattiva è invece contenuta all'articolo 59 che fa retroagire le modifiche da esso apportate al decreto legge n. 70 del 2011 in materia di credito d'imposta, alla data di entrata in vigore del suddetto decreto-legge;
il provvedimento reca numerose norme (si tratta di circa la metà delle disposizioni contenute nel provvedimento) i cui effetti finali appaiono destinati a prodursi in un momento significativamente distanziato rispetto alla loro entrata in vigore; ciò in quanto - trattandosi di un provvedimento che, nell'ottica della semplificazione, contiene numerose disposizioni di carattere ordinamentale - numerosi sono gli adempimenti necessari ai fini della relativa attuazione (in particolare, 10 disposizioni contengono un rinvio a regolamenti di attuazione, 2 a decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, 13 a decreti interministeriali, 2 a decreti ministeriali di natura non regolamentare; altre disposizioni prevedono la stipula di convenzioni, l'adozione di linee guida e di provvedimenti del direttore dell'Agenzia delle Dogane); inoltre, numerose disposizioni introducono misure sperimentali, mentre altre contengono un termine iniziale di efficacia distanziato nel tempo (si vedano, ad esempio, l'articolo 5, comma 6, l'articolo 15, comma 1, l'articolo 20, comma 1, capoverso articolo 6-bis, e l'articolo 48, comma 1, capoverso 2); per tali disposizioni la rispondenza al requisito, previsto dall'articolo 15, comma 3, della legge n. 400 del 1988, della «immediata applicabilità» delle misure disposte dal decreto, va dunque valutata anche con

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riguardo ad eventuali effetti intermedi ed alla tempistica degli adempimenti previsti;
sul piano delle procedure parlamentari di formazione delle leggi:
il decreto-legge reca una disciplina che in più punti si interseca con quella contenuta nel decreto legge n. 1 del 2012 (così detto liberalizzazioni), all'esame del Senato; ciò si riscontra, in particolare, all'articolo 12, comma 3, che dispone che i regolamenti di delegificazione previsti dal comma 2 del medesimo articolo devono tenere conto "di quanto previsto dai regolamenti di cui all'articolo 1, comma 3, del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1" e al comma 4 del medesimo articolo, che amplia in maniera non testuale l'ambito della disciplina di questi ultimi; all'articolo 22, laddove i commi 2 e 3 intervengono in maniera non testuale sul recepimento della direttiva europea n. 12 del 2009, disposto dagli articoli 71-82 del citato decreto-legge n. 1 del 2012; nonché all'articolo 43, comma 1, che prevede l'adozione di un decreto interministeriale di natura non regolamentare "al fine di accelerare i processi di dismissione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico" previsti, tra l'altro, dall'articolo 66 del decreto-legge n. 1 del 2012; da tali circostanze consegue evidentemente una potenziale sovrapposizione di fonti normative, non conforme alle esigenze di riordino normativo e di razionale svolgimento delle procedure parlamentari di conversione dei decreti legge e suscettibile di generare incertezza sull'individuazione della disciplina concretamente applicabile;
sul piano dei rapporti con le fonti subordinate:
il provvedimento incide su discipline oggetto di fonte normativa di rango subordinato (si vedano l'articolo 5, che, al comma 1, integra in via non testuale il disposto dell'articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica n. 223 del 1989; l'articolo 11, comma 5, che contiene modifiche all'articolo 7, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 495 del 1992, recante regolamento di attuazione del Codice della strada; l'articolo 17, comma 4, che incide sul decreto del Presidente della Repubblica n. 394 del 1999, di attuazione del Testo Unico in materia di immigrazione; l'articolo 18, comma 3, che novella l'articolo 4 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 ottobre 2000, n. 333; l'articolo 20, comma 3, che reca modifiche al decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010, recante regolamento di attuazione del codice dei contratti pubblici); tali circostanze non appaiono coerenti con le esigenze di semplificazione dell'ordinamento vigente: si integra infatti una modalità di produzione legislativa che, secondo i costanti indirizzi del Comitato, non appare funzionale alle esigenze di coerente utilizzo delle fonti, in quanto può derivarne l'effetto secondo cui atti non aventi forza di legge presentano un diverso grado di resistenza ad interventi modificativi successivi (si veda il punto 3, lettera e), della circolare congiunta dei Presidenti di Camera e Senato e del Presidente del Consiglio del 20 aprile 2001);
il decreto-legge contiene sette autorizzazioni alla delegificazione per le quali è prevista una procedura che si discosta da quella prevista dall'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988 per i regolamenti di delegificazione e che non offre quindi le medesime garanzie individuate da tale procedura; in particolare, le autorizzazioni alla delegificazione presenti all'articolo 3, comma 1, capoverso 2-ter, e all'articolo 14, commi 3 e 4, si riferiscono ai "principi e criteri direttivi" piuttosto che alle norme generali regolatrici della materia, né indicano le disposizioni da abrogare; le autorizzazioni alla delegificazione contenute all'articolo 12, comma 2, e all'articolo 23, comma 1, prevedono invece l'adozione di regolamenti di delegificazione da parte del Governo, da emanare nel rispetto di "principi e criteri direttivi" ivi indicati, tra i quali è presente il criterio che sia lo stesso regolamento ad individuare le

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norme da abrogare; l'autorizzazione alla delegificazione prevista dall'articolo 12 prevede, inoltre, un aggravamento procedurale rispetto al modello delineato in via generale dall'articolo 17, comma 2: i suddetti regolamenti devono infatti tener conto di una fase sperimentale e devono essere adottati sentita la Conferenza unificata, previo parere dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, nel rispetto di un termine (31 dicembre 2012), che non appare congruo rispetto a tale complessa procedura; l'autorizzazione alla delegificazione contenuta all'articolo 4, comma 3, non contiene invece alcun riferimento né a "principi e criteri direttivi" - e, quindi, tanto meno a norme generali regolatrici della materia - né indica le norme da abrogare tramite il regolamento; analogamente, l'articolo 44, comma 1, autorizza il Governo a modificare - senza indicare alcun criterio - un vigente regolamento di delegificazione (si tratta del decreto del Presidente della Repubblica n. 139 del 2010, che, peraltro, il testo non individua correttamente) ampliandone l'ambito di applicazione; infine, l'articolo 46, comma 1, reca un'autorizzazione alla delegificazione, i cui criteri sono individuati per relationem, mediante un rinvio all'articolo 2, comma 634, lettere b) ed f) della legge n. 244 del 2007;
il provvedimento, all'articolo 24, comma 1, lettera h), laddove introduce un nuovo comma 5-bis all'articolo 281 del decreto legislativo n. 152 del 2006, prevedendo che, mediante decreti interministeriali, vengano modificati gli allegati relativi alla parte V del decreto legislativo in questione, contiene un'ulteriore autorizzazione alla delegificazione non formulata in conformità al modello delineato dall'articolo 17, comma 2; peraltro, tenuto conto che il comma 5 del medesimo articolo 281 già demanda a decreti di delegificazione il compito di procedere alle stesse modifiche, appare dubbia la stessa portata normativa della disposizione in questione;
il decreto-legge, all'articolo 3, comma 1, capoverso comma 2-quinquies, prevede l'adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri a contenuto normativo; tale circostanza, come più volte segnalato dal Comitato per la legislazione, non appare coerente con le esigenze di un appropriato utilizzo delle fonti normative, in quanto si demanda ad un atto, ordinariamente a contenuto politico, la definizione di una disciplina che dovrebbe essere oggetto di una fonte secondaria del diritto e, segnatamente, di un regolamenti adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988; analogamente, all'articolo 38, comma 1, si novella l'articolo 101, comma 2, del decreto legislativo n. 219 del 2006 al fine - tra l'altro - di prevedervi l'adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri al quale si consente di derogare alle disposizioni - di rango primario - contenute al medesimo articolo 101 del decreto legislativo;
il provvedimento, all'articolo 32, comma 2, lettera b), nonché all'articolo 43, comma 1, demanda compiti di attuazione a decreti ministeriali dei quali viene specificata la natura non regolamentare; a tale proposito, come più volte segnalato dal Comitato per la legislazione, si ricorda che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 116 del 2006, con riferimento ad un decreto ministeriale del quale si esplicitava la natura non regolamentare lo qualificava come «un atto statale dalla indefinibile natura giuridica»;
infine, il decreto affida compiti attuativi ad atti dei quali non viene precisata la natura giuridica o che non vengono affatto qualificati: ad esempio, l'articolo 8, comma 3, capoverso 3, dispone che la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica "provvede all'equiparazione dei titoli di studio e professionali" senza indicare la tipologia e le modalità dell'intervento, mentre l'articolo 16, comma 1, ultimo

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periodo, prevede l'adozione di un "provvedimento del Ministro del lavoro e delle politiche sociali";
sul piano della corretta formulazione, del coordinamento interno e della tecnica di redazione del testo:
il provvedimento reca disposizioni che contengono richiami normativi imprecisi o generici; ad esempio, l'articolo 4, comma 1 richiama "le agevolazioni fiscali relative ai veicoli previsti per le persone con disabilità"; l'articolo 12, comma 1, richiama genericamente "quanto previsto dalle norme di liberalizzazione delle attività economiche e di riduzione degli oneri amministrativi per le imprese", mentre l'articolo 46, comma 2, richiama genericamente le "vigenti norme in materia di soppressione degli organi collegiali e di riduzione dei relativi componenti";
il provvedimento, all'articolo 62, prevede che, a far data dal sessantesimo giorno successivo all'entrata in vigore della legge di conversione, "sono o restano abrogate" le disposizioni riportate nella tabella, allegata al decreto, che contiene un elenco di 15 atti di varia natura (leggi, regi decreti, regolamenti); tale disposizione - la cui finalità di ridurre lo stock di leggi esistenti e di espungere dall'ordinamento norme divenute ormai obsolete, non può che essere apprezzata dal Comitato - utilizza tuttavia una formula ("sono o restano abrogate") suscettibile in taluni casi di ingenerare incertezza circa il "quando" dell'avvenuta abrogazione. Con riferimento invece agli atti normativi inseriti nella Tabella, in quattro casi (ai numeri 3, 4, 9 e 10 della Tabella), si dispone l'abrogazione degli atti normativi modificativi di atti previgenti (che non risultano abrogati) piuttosto che di tali ultimi;
il provvedimento reca disposizioni e, talvolta, adotta espressioni suscettibili di ingenerare incertezze sul relativo significato tecnico-normativo; ad esempio, all'articolo 12, non appare chiara la portata normativa del comma 1, laddove prevede che siano stipulate "convenzioni" tra le istituzioni, le amministrazioni interessate e le organizzazioni ed associazioni di categoria, al fine di attivare "percorsi sperimentali di semplificazione amministrativa" anche mediante deroghe alla normativa vigente; all'articolo 14, comma 4, lettera d), non appare invece chiaro il criterio della "collaborazione amichevole con i soggetti controllati" da parte delle pubbliche amministrazioni; né, all'articolo 29, comma 2, appare chiaro il riferimento alle "norme idonee nel quadro delle competenze amministrative regionali", la cui predisposizione è affidata al Comitato interministeriale per fronteggiare la crisi del settore bieticolo-saccarifero; all'articolo 53, comma 2, lettera b), non appare invece chiaro, con riguardo al patrimonio immobiliare scolastico, il riferimento alla "promozione di strumenti finanziari immobiliari innovativi";
con riferimento alla tecnica di redazione del testo, si segnala altresì che in talune disposizioni sono presenti alcune sigle che, in difformità dalla circolare sulla formulazione tecnica dei testi legislativi, non vengono seguite dalla denominazione per esteso cui ci si intende riferire; si segnalano, al riguardo, la rubrica dell'articolo 13 che si riferisce al "T.U.L.P.S." senza sciogliere l'acronimo (testo unico delle leggi di pubblica sicurezza); l'articolo 16, comma 5, che, alle lettere c) e d), modifica il comma 3 dell'articolo 38 del decreto-legge n. 78 del 2010, introducendovi un riferimento testuale all'ISEE (indicatore della situazione economica equivalente), la cui definizione (per effetto di modifiche non testuali effettuate dal decreto legge n. 201 del 2011) non è presente in tale sede normativa; l'articolo 23, comma 1, contiene invece un richiamo alle PMI senza riportare la definizione per esteso (piccole e medie imprese), contenuta invece nella rubrica; infine, all'articolo 33, sia nella rubrica sia nel testo, è presente l'espressione inglese "grant" in luogo di quella italiana «borse di studio», in difformità da quanto previsto dalla Circolare sulla formulazione tecnica dei testi legislativi del 20 aprile 2001, che, al paragrafo 4, lettera m), recita: "È evitato

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l'uso di termini stranieri, salvo che siano entrati nell'uso della lingua italiana e non abbiano sinonimi in tale lingua di uso corrente";
con riferimento al coordinamento interno al testo, il decreto legge, all'articolo 11, al comma 1, lettera a) contiene una disposizione la cui portata normativa coincide - ancorché formulata in termini diversi - con quella contenuta al comma 2 del medesimo articolo; entrambe le disposizioni ribadiscono, infatti, l'immediata abrogazione dell'articolo 115, comma 2-bis, del codice della strada, disposta dall'articolo 2 del decreto legislativo 18 aprile 2011, n. 59, senza tuttavia incidere anche sull'articolo 28 del citato decreto legislativo, che prevede che la suddetta abrogazione abbia effetto a far data dal 19 gennaio 2013; all'articolo 53, non appaiono invece coordinate le disposizioni contenute al comma 1 e al comma 5, in quanto la prima prevede l'adozione, da parte del CIPE, nel termine di novanta giorni, di un Piano nazionale di edilizia scolastica, mentre, il comma 5, prevede che lo stesso CIPE, nelle more dell'approvazione del piano di cui al comma 1, possa adottare un ulteriore piano di messa in sicurezza degli edifici scolastici esistenti e di costruzione di nuovi edifici scolastici;
da ultimo, problemi di coordinamento interno si rinvengono tra le disposizioni contenute all'articolo 61, recante norme transitorie valide fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni regolamentari attuative dell'articolo 189, comma 3, nono periodo, del decreto legislativo n. 163 del 2006, come modificato dall'articolo 20 del presente decreto legge, e lo stessi articolo 189 come novellato; infatti, poiché l'articolo 61 prevede che, nel periodo transitorio in questione, trovino applicazione le previgenti disposizioni dell'articolo 189, comma 3 (che non contemplano l'adozione del regolamento), non sarebbe possibile adottare il regolamento previsto dalla novella recata dall'articolo 20 (che dovrà modificare il decreto del Presidente della Repubblica n. 207 del 2010); inoltre, nelle more dell'adozione del regolamento, dall'articolo 61 si evince che l'Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici potrebbe anticipare la medesima disciplina con proprio provvedimento;
infine, il disegno di legge non è provvisto della relazione sull'analisi tecnico-normativa (ATN), né della relazione sull'analisi di impatto della regolamentazione (AIR), senza che nella relazione di accompagnamento al disegno di legge di conversione si riferisca in merito all'eventuale esenzione dall'obbligo di redigerla, in difformità dunque da quanto statuito dall'articolo 9 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 170 del 2008;
ritiene che, per la conformità ai parametri stabiliti dall'articolo 16-bis e 96-bis del Regolamento, debbano essere rispettate le seguenti condizioni:
sotto il profilo dell'efficacia del testo per la semplificazione e il riordinamento della legislazione vigente:
in relazione alle norme indicate in premessa che intervengono su settori normativi già oggetto, anche in tempi recenti, di una significativa stratificazione normativa e, segnatamente, con riferimento all'articolo 52, sia effettuato un adeguato coordinamento con le disposizioni previgenti, anche al fine di consentire un'agevole "ricostruzione" del quadro normativo di riferimento;
si provveda alla riformulazione delle disposizioni di cui all'articolo 3, comma 1, capoverso 2-ter, all'articolo 4, comma 3, all'articolo 12, comma 2, all'articolo 14, commi 3 e 4, all'articolo 23, comma 1, all'articolo 44, comma 1 e all'articolo 46, comma 1, che recano sette autorizzazioni alla delegificazione, al fine di renderle conformi al modello previsto dall'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988; sia altresì verificata, con riferimento all'autorizzazione alla delegificazione contenuta all'articolo 12, comma 2, la congruità del termine previsto per l'adozione dei regolamenti, tenuto conto della complessa procedura a tal fine prevista;

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all'articolo 3, comma 1, capoverso comma 2-quinquies - che prevede l'adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri a contenuto normativo - sia riformulata la disposizione in questione nel senso di demandare l'adozione della disciplina ivi prevista ad un decreto interministeriale di natura regolamentare adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988;
si sopprimano le disposizioni contenute all'articolo 5, comma 1, all'articolo 11, comma 5, all'articolo 17, comma 4, all'articolo 18, comma 3 e all'articolo 20, comma 3, nella parte in cui incidono su discipline oggetto di fonti normative di rango subordinato, ovvero - e solo se strettamente necessario - si proceda a riformularle nel senso di autorizzare il Governo ad integrare la disciplina contenuta nelle fonti secondarie del diritto mediante atti aventi la medesima forza;
per le ragioni specificamente indicate in premessa, sia soppressa la lettera h) dell'articolo 24, comma 1 - che aggiunge un nuovo comma 5-bis, all'articolo 281 del decreto legislativo n. 152 del 2006 - e che, oltre a contenere un'ulteriore autorizzazione alla delegificazione non formulata in conformità al modello delineato dall'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, duplica sostanzialmente il contenuto del comma 5 del citato articolo 281 il quale reca già una delegificazione finalizzata agli stessi obiettivi;
all'articolo 32, comma 2, lettera b) e all'articolo 43, comma 1 - che demandano compiti attuativi a decreti ministeriali dei quali viene specificata la natura non regolamentare - tenuto conto anche della sentenza della Corte Costituzionale n. 116 del 2006 richiamata in premessa, sia riformulata l'anzidetta disposizione nel senso di prevedere che la disciplina attuativa sia introdotta da regolamenti adottati ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988;
all'articolo 38, comma 1 - laddove prevede che un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri possa derogare a disposizioni di rango primario - sia verificata la congruità dello strumento normativo in questione rispetto al sistema delle fonti del diritto;
alla Tabella A allegata al decreto - recante un elenco di 15 atti di varia natura, che, ai sensi dell'articolo 62, «sono o restano» abrogati a decorrere dal sessantesimo giorno successivo all'entrata in vigore della legge di conversione - per evitare eventuali dubbi interpretativi, si riferiscano le abrogazioni ivi contenute ai testi oggetto di modifica oltre che ai testi che tali modifiche hanno introdotto; ciò segnatamente con riguardo: alla legge 28 gennaio 1970, n. 17 (riga n. 3), alla legge 15 maggio 1970, n. 308 (riga n. 4), alla legge 30 luglio 1991, n. 239 (riga n. 9) e alla legge 27 novembre 1991, n. 383 (riga n. 10);
sotto il profilo della chiarezza e della proprietà della formulazione:
all'articolo 11, all'articolo 53 e all'articolo 61, si ponga rimedio ai problemi di coordinamento interno alle anzidette disposizioni, che sono segnalati in premessa.

Il Comitato osserva altresì quanto segue:
sotto il profilo dell'efficacia del testo per la semplificazione e il riordinamento della legislazione vigente:
si dovrebbero riformulare le disposizioni indicate in premessa che incidono in via non testuale su previgenti disposizioni legislative - in particolare laddove intervengano su testi unici o codici riferiti ad un determinato settore disciplinare - in termini di novella alle medesime, nonché inserire in un idoneo tessuto normativo le disposizioni indicate in premessa che appaiono collocate fuori da un appropriato contesto;
si dovrebbe valutare l'opportunità di espungere dal testo quelle disposizioni, indicate in premessa, aventi efficacia meramente ricognitiva o descrittiva;

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all'articolo 8, comma 3, capoverso 3, e all'articolo 16, comma 1, si dovrebbe precisare la natura giuridica dell'atto di cui è prevista l'adozione;
sotto il profilo della chiarezza e della proprietà della formulazione:
all'articolo 4, comma 1, all'articolo 12, comma 1 e all'articolo 46, comma 2, che contengono richiami normativi generici, sarebbe opportuno, ove possibile, specificare la normativa oggetto del rinvio.

Il Comitato raccomanda infine quanto segue:
sotto il profilo dell'efficacia del testo per la semplificazione e il riordinamento della legislazione vigente:
con riferimento alle disposizioni contenute agli articoli 12, commi 3 e 4, 22, commi 2 e 3, e 43, comma 1, che incidono sulla disciplina contenuta nel decreto legge n. 1 del 2012, attualmente oggetto di esame parlamentare, abbia cura il legislatore di evitare forme di sovrapposizione degli strumenti normativi in itinere, suscettibili di ingenerare incertezze relativamente alla disciplina concretamente operante nelle materie oggetto di intervento legislativo, anche in ragione della non perfetta identità delle normative recate dai due provvedimenti».

Roberto ZACCARIA, nel concordare pienamente con la proposta di parere formulata dal relatore, si rivolge al rappresentante del Governo al fine di segnalargli alcune questioni - tra le innumerevoli poste dal decreto all'esame - sulle quali riterrebbe auspicabile si avviasse una proficua collaborazione tra Parlamento e Governo. La prima questione attiene alla stessa decisione del Governo di ricorrere all'uso del decreto legge in un caso, come quello attuale, in cui palesemente mancano i requisiti di necessità e urgenza. Al riguardo, pur comprendendo le ragioni sottostanti alla maggior propensione di un Governo tecnico per lo strumento del decreto legge piuttosto che per quello del disegno di legge ordinaria, ritiene tuttavia che sia la stessa materia a prestarsi poco ad essere imbrigliata in un unico provvedimento. Da ciò ne consegue che, a suo avviso, sarebbe risultato più agevole anche per il Governo gestire l'esame in sede parlamentare di più disegni di legge aventi ad oggetto, ciascuno, solo alcuni degli aspetti della complessa materia disciplinata dal decreto legge. Svolge quindi alcune considerazioni in relazione al fatto che il decreto legge non è corredato né della relazione sull'analisi tecnico-normativa né della relazione sull'analisi di impatto della regolamentazione. Pur consapevole, infatti, di quanto possa essere difficoltoso accompagnare i decreti legge con tale ultima relazione, non comprende però per quale ragione - anche al fine di evitare inutili sciatterie - il Governo non abbia riferito nella relazione di accompagnamento al decreto in merito all'esenzione dall'obbligo di redigerla, come peraltro la legge consente. Poche righe di giustificazione sarebbero state infatti sufficienti a non infrangere quanto previsto decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 170 del 2008 in relazione all'AIR.
Si sofferma quindi su alcuni degli aspetti affrontati nella proposta di parere del relatore, i quali attengono ad un corretto uso delle fonti del diritto. Al riguardo, osserva che il decreto legge, sulla scia di una prassi oramai da tempo invalsa - all'evidente scopo di aggirare il controllo preventivo del Consiglio di Stato, da un lato, e di evitare di invadere, anche se un po' fraudolentemente, ambiti materiali ascrivibili alla competenza legislativa delle regioni dall'altro - in più punti conferisce compiti attuativi a decreti di natura non regolamentare piuttosto che a regolamenti ministeriali. Analogamente, il decreto prevede in più disposizioni che siano adottati, in luogo dei regolamenti di attuazione, decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, i quali, analogamente ai decreti di natura non regolamentare, non sono annoverabili tra le fonti del diritto, sono sottratti a controlli preventivi ed hanno una natura assimilabile a quella degli atti amministrativi, con tutto ciò che consegue

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in termini di tutela giurisdizionale. Altro aspetto assai critico concerne l'introduzione di deleghe improprie attraverso lo stravolgimento dell'istituto della delegificazione: la formulazione di autorizzazioni alla delegificazione in difformità rispetto al modello previsto dalla legge n. 400 del 1988 e l'individuazione di una procedura che riecheggia quella delineata dall'articolo 76 della Costituzione per la delega legislativa, determina infatti il venir meno del complesso di garanzie individuate dalla legge in relazione all'istituto della delegificazione.
Conclusivamente, auspica quindi che, in relazione a tutti gli aspetti testé evidenziati, si possa realizzare un proficuo dialogo tra Parlamento e Governo.

Doris LO MORO, vicepresidente, ringraziando il rappresentante del Governo per la sua partecipazione ai lavori del Comitato, auspica anch'ella che tra Governo e Parlamento possa instaurarsi un rapporto di collaborazione costruttiva. Convenendo con quanto già evidenziato dai colleghi che l'hanno preceduta in relazione all'inidoneità dello strumento della decretazione d'urgenza a disciplinare le materie trattate dal provvedimento all'esame del Comitato, osserva come in esso si rinvengano errori che si ripetono nei provvedimenti all'esame del Comitato e, in special modo, nei decreti legge.

Massimo VARI, sottosegretario di Stato per lo sviluppo economico, nel ringraziare i membri del Comitato per il prezioso contributo fornito e prendendo nota di quanto riportato in modo perspicuo nella proposta di parere presentata dal relatore, si riserva di portare quanto emerso nel dibattito all'attenzione del Governo.

Il Comitato approva la proposta di parere.

La seduta termina alle 14.15.