CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 9 febbraio 2012
605.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

Giovedì 9 febbraio 2012. - Presidenza del presidente Gianfranco CONTE.

La seduta comincia alle 13.30.

Sull'ordine dei lavori.

Gianfranco CONTE, presidente, propone, concorde la Commissione, di procedere a un'inversione nell'ordine dei lavori della seduta odierna, nel senso di procedere,

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dapprima, all'esame dei provvedimenti in sede consultiva, poi alla discussione delle risoluzioni e, quindi, allo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata in Commissione.

DL 212/2011: Disposizioni urgenti in materia di composizione delle crisi da sovraindebitamento e disciplina del processo civile.
C. 4933 Governo, approvato dal Senato.

(Parere alla II Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Cosimo VENTUCCI (PdL), relatore, rileva come la Commissione sia chiamata ad esprimere il parere alla II Commissione Giustizia sul disegno di legge C. 4933, approvato dal Senato, di conversione del decreto - legge n. 212 del 2011, recante disposizioni urgenti in materia di composizione delle crisi da indebitamento e disciplina del processo civile, osservando, preliminarmente come il decreto - legge, nel corso dell'esame parlamentare, sia stato profondamente modificato rispetto alla formulazione originaria.
In un primo momento il Senato, oltre ad apportare diverse modifiche a disposizioni già presenti nel testo, ha introdotto numerosi nuovi articoli (da 11-bis a 11-duodecies) ordinati in un Capo I, il quale dettava una dettagliata disciplina per la composizione delle crisi da sovra indebitamento del consumatore, e in un Capo I-bis, che recava modifiche alla disciplina in materia di composizione delle crisi da sovraindebitamento.
Inoltre l'altro ramo del Parlamento ha soppresso l'articolo 12, che recava disposizioni in materia di disciplina della mediazione.
In particolare, il Capo I del decreto disciplinava il sovraindebitamento del solo consumatore, prevedendo che questi potesse proporre, con l'ausilio di un organismo di composizione della crisi, un piano che indichi le scadenze e le modalità di pagamento dei creditori. Si prevedeva che il piano fosse omologato dal tribunale, il quale poteva nominare un liquidatore, e che per tre anni i creditori non potessero iniziare o proseguire azioni esecutive individuali.
In alternativa al piano, il consumatore poteva chiedere la liquidazione di tutti suoi beni e dei crediti fondati su prova scritta. Spettava al giudice valutare a dichiarare aperta la procedura di liquidazione e nominare un liquidatore; si prevedeva inoltre che i creditori potessero presentare quindi domanda di partecipazione alla liquidazione.
Al termine dei due procedimenti si sarebbe determinata l'esdebitazione, che libera il consumatore sovra indebitato dai debiti residui nei confronti dei creditori per titolo e causa anteriore all'apertura della procedura che l'ha interessato.
Il Capo I-bis modificava invece la legge n. 3 del 2012, che interessa il sovraindebitamento di tutti i soggetti non assoggettabili alle ordinarie procedure concorsuali. Le disposizioni apportavano una serie di puntuali modifiche alla citata legge n. 3 e veniva allineata la disciplina a quella del doppio procedimento (piano o liquidazione) consentito per il consumatore dal decreto-legge.
Successivamente la Commissione Giustizia della Camera, in sede referente, ha soppresso interamente i citati Capo I e I-bis.
In merito ricorda come la tematica del sovraindebitamento sia stata recentemente affrontata dalle proposte di legge C. 2364 ed abbinate, approvate in seconda lettura dal Senato il 17 gennaio 2012 e divenute legge n. 3 del 2012, sulle quali la Commissione Finanze ha più volte espresso il proprio parere.
Passando quindi ad illustrare il contenuto del decreto-legge, come risultante dalle modifiche apportate dalla Commissione Giustizia della Camera nel corso dell'esame in sede referente, l'articolo 13, comma 1, interviene sulle disposizioni del codice di procedura civile relative alle

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cause dinanzi al giudice di pace in cui le parti possono stare in giudizio personalmente.
In particolare, la lettera a) interviene sull'articolo 82 del codice di procedura civile per elevare da 516,16 a 1.100 euro il valore soglia delle cause in cui le parti possono stare in giudizio personalmente davanti al giudice di pace.
In riferimento a tali cause, la lettera b), modificando l'articolo 91 del codice di procedura civile, stabilisce che le spese, le competenze e gli onorari liquidati dal giudice non possono superare il valore della domanda.
Secondo quanto evidenziato dalla relazione illustrativa la modifica è finalizzata ad impedire un danno alla parte soccombente derivante dalla libera scelta della parte vittoriosa di avvalersi di un difensore anche quando ciò non sia prescritto dalla legge.
Il comma 1-bis novella l'articolo 769 del codice di procedura civile, che disciplina l'inventario che può essere richiesto al tribunale nel quadro dei procedimenti relativi all'apertura delle successioni.
In particolare, si inserisce nel corpo del predetto articolo 769 un nuovo comma dopo il terzo, con cui si stabilisce che l'istanza di inventario dei beni del defunto, nel caso in cui non siano stati apposti i sigilli, può essere avanzata, dalla parte che ne assume l'iniziativa, direttamente al notaio designato dal defunto nel testamento ovvero, in assenza di designazione, al notaio scelto dalla stessa parte.
L'articolo 14 abroga l'articolo 26 della legge n. 183 del 2011 (legge di stabilità 2012).
Al riguardo ricorda che la disposizione abrogata prevede misure straordinarie per la riduzione del contenzioso civile della Corte di cassazione e delle corti di appello, introducendo la cosiddetta istanza di trattazione nei procedimenti civili pendenti dinanzi alla Corte di cassazione, aventi ad oggetto ricorsi avverso pronunce pubblicate prima dell'entrata in vigore della legge n. 69 del 2009 e in quelli pendenti davanti alle corti d'appello da oltre due anni prima dell'entrata in vigore della citata legge di stabilità.
Rammenta altresì che, in base al predetto articolo 26, le impugnazioni si intendono rinunciate se nessuna delle parti ne chiede la trattazione entro il termine perentorio di sei mesi dalla ricezione dell'avviso che la cancelleria avrebbe dovuto inviare a tal fine alle parti costituite, con l'avvertimento delle conseguenze di legge: in tal caso il presidente del collegio dichiara con decreto l'estinzione del processo.
L'articolo 15 dispone la proroga al 31 dicembre 2012 dei termini di talune disposizioni in materia di magistratura onoraria.
In particolare, il comma 1 proroga l'applicabilità delle disposizioni che consentono ai magistrati onorari di essere addetti al tribunale ordinario (GOT) e alla procura della Repubblica presso il tribunale ordinario (VPO), facendo in modo che tale disciplina possa continuare ad applicarsi fino all'attuazione del complessivo riordino del ruolo e delle funzioni della magistratura onoraria, comunque non oltre il 31 dicembre 2012.
Il comma 2 proroga fino al 31 dicembre 2012 i giudici onorari il cui mandato era in scadenza al 31 dicembre scorso o avrebbe dovuto scadere entro il 31 dicembre 2012.
In dettaglio, la disposizione:
proroga al 31 dicembre 2012 i giudici onorari di tribunale ed i vice procuratori onorari il cui termine era in scadenza al 31 dicembre 2011 e che non erano ulteriormente confermabili;
proroga a tutto il 31 dicembre 2012 i giudici di pace il cui mandato sarebbe scaduto entro il 31 dicembre 2012 e per i quali non era consentita un'ulteriore conferma.

Anche in questo caso la proroga opera dal 1o gennaio 2012 fino alla riforma organica della magistratura onoraria, e comunque non oltre il 31 dicembre 2012.
Per quanto riguarda gli ambiti di competenza della Commissione Finanze segnala

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l'articolo 16, il quale, alla lettera b) del comma 1, introduce un nuovo comma 13-bis nell'articolo 14 della legge n. 183 del 2011 (legge di stabilità 2012), prevedendo la permanenza in carica dei collegi sindacali delle società a responsabilità limitata, nominati entro il 31 dicembre 2011, fino alla loro naturale scadenza deliberata dall'assemblea che li ha nominati.
Al riguardo ricorda che il comma 13 del citato articolo 14 della legge n. 183 ha sostituito l'articolo 2477 del codice civile, relativo agli organi di controllo delle società a responsabilità limitata, prevedendo che in tali società sia nominato, invece che un collegio sindacale, come previsto dalla precedente formulazione della norma, un solo sindaco.
L'articolo 17 disciplina l'entrata in vigore del decreto-legge, a partire dal giorno successivo a quello della pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Propone quindi di esprimere parere favorevole sul provvedimento.

La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

Ratifica ed esecuzione del Trattato relativo all'adesione della Repubblica di Croazia all'Unione europea.
C. 4935 Governo.

(Parere alla III Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Ivano STRIZZOLO (PD), relatore, rileva come la Commissione sia chiamata ad esaminare, ai fini dell'espressione del parere alla III Commissione Affari esteri, il disegno di legge C. 4935, recante ratifica ed esecuzione del Trattato relativo all'adesione della Repubblica di Croazia all'Unione europea.
In primo luogo segnala come l'adesione della Croazia all'Unione europea costituisca il passo finale di un progressivo processo di integrazione di tale Paese nel contesto europeo, avviato nel 2004, già prefigurato nei primi anni 2000 nell'ambito della stabilizzazione dell'area della ex Jugoslavia, che aveva portato alla conclusione, nel 2001, di un Accordo di stabilizzazione e di associazione tra le Comunità europee e la Repubblica di Croazia, analogo ad altri accordi stipulati con altri Paesi di quell'area.
Per quanto riguarda il Trattato di cui si propone la ratifica, esso si compone di 4 articoli ed un Atto concernente le condizioni di adesione della Croazia all'UE, a sua volta composto di 55 articoli, suddivisi in cinque parti. Al Trattato sono annessi nove allegati, un Protocollo, un Atto finale e uno scambio di lettere.
Sintetizzando il contenuto del Trattato, l'articolo 1 sancisce che la Repubblica di Croazia diviene membro dell'Unione europea e della Comunità europea dell'energia atomica, nonché Parte del Trattato sull'Unione europea, del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e del Trattato che istituisce la Comunità europea dell'energia atomica, alle condizioni e con gli adattamenti contenuti nell'Atto relativo alle condizioni di adesione della Repubblica di Croazia.
L'articolo 3 disciplina la ratifica del Trattato, il quale entra in vigore il 1o luglio 2013, a condizione che tutti gli strumenti di ratifica siano stati depositati prima di tale data.
L'Atto concernente le condizioni di adesione della Repubblica di Croazia si compone invece di 55 articoli, suddivisi in 5 parti.
La Parte prima, contenente gli articoli da 1 ad 8, contiene le definizioni e i principi fondamentali che regolano l'adesione della Croazia, in particolare per quanto riguarda l'applicazione delle disposizioni dei Trattati originari e degli atti adottati dalle istituzioni europee prima della sua adesione, l'adesione alle decisioni e agli accordi adottati in sede di Consiglio europeo e di Consiglio, l'adesione alle convenzioni e ai protocolli elencati nell'allegato 1, l'applicazione delle disposizioni del Protocollo di Schengen, la vincolatività degli accordi conclusi dall'Unione europea

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con Paesi terzi, organizzazioni internazionali o con cittadini di Paesi terzi, la partecipazione ad unione economica e monetaria, l'adesione all'accordo sullo Spazio economico europeo, nonché ad una serie di accordi ed intese indicati, in particolare, dall'articolo 6.
Inoltre si prevede che la Croazia si ritiri dagli accordi di libero scambio con Paesi terzi, compreso l'Accordo centro europeo di libero scambio, nonché dagli accordi e dalle organizzazioni internazionali di cui anche l'UE è Parte.
La Parte seconda, contenente gli articoli da 9 a 14, reca una serie di adattamenti a trattati europei, conseguenti all'adesione della Croazia, tra i quali il Protocollo sullo Statuto della Corte di giustizia dell'Unione europea, il Protocollo sullo Statuto della Banca europea per gli investimenti (BEI), il Trattato istitutivo della Comunità europea dell'energia atomica, il Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e il Trattato sull'Unione europea. Tali modifiche riguardano sostanzialmente il numero e la ripartizione dei componenti di istituzioni europee, la partecipazione al capitale della BEI, nonché gli elenchi degli Stati Parte e delle versioni linguistiche di trattati.
La Parte terza, contenente gli articoli da 15 a 17, reca talune disposizioni permanenti contenenti il rinvio a taluni allegati al Trattato, nonché in merito alla possibilità, per il Consiglio, di effettuare adattamenti delle disposizioni dell'Atto relative alla politica agricola comune.
La Parte quarta, contenente gli articoli da 18 a 44, reca invece disposizioni di carattere temporaneo.
In particolare, l'articolo 19 indica il numero di membri del Parlamento europeo per la Croazia, ed interviene in merito all'elezione di tali componenti.
L'articolo 20 incide sulla ponderazione dei voti dei membri del Consiglio europeo e del Consiglio.
L'articolo 21 riguarda la nomina e la durata del componente croato della Commissione europea, mentre l'articolo 22 riguarda il mandato del giudice della Corte di giustizia e del giudice del Tribunale nominati dalla Croazia.
L'articolo 23 modifica la ripartizione tra gli Stati membri dei componenti del Comitato economico e sociale, mentre l'articolo 24 interviene sulla ripartizione dei componenti del Comitato delle regioni.
L'articolo 25 disciplina il mandato dell'amministratore del Consiglio di amministrazione della BEI designato dalla Croazia, mentre l'articolo 26 riguarda la nomina di nuovi membri di comitati, gruppi, agenzie o altri enti europei.
L'articolo 27 definisce la quota del capitale della BEI che la Croazia deve versare, mentre l'articolo 28 specifica l'ammontare che la Croazia stessa è tenuta a versare al Fondo di ricerca carbone e acciaio.
L'articolo 29 prevede che le agenzie esecutive croate gestiscano le gare di appalto, le sovvenzioni e i pagamenti a titolo di assistenza finanziaria previste in suo favore nel quadro del processo di preadesione, mentre l'articolo 30 stabilisce che, nel primo anno dall'adesione, la UE fornisca alla Croazia un'assistenza finanziaria temporanea per svilupparne la capacità amministrativa e giudiziaria.
L'articolo 31 istituisce uno strumento temporaneo per aiutare la Croazia a finanziare le attività alle nuove frontiere esterne dell'Unione nel quadro del Protocollo di Schengen, mentre l'articolo 32 istituisce un ulteriore strumento temporaneo per aiutare la Croazia a migliorare i flussi di tesoreria del bilancio nazionale nel periodo 1o luglio 2013-31 dicembre 2014.
L'articolo 33 riserva nel 2013 alla Croazia un importo di 449, 4 milioni di euro degli stanziamenti dei Fondi strutturali e del Fondo di coesione, mentre l'articolo 34 stabilisce che 8,7 milioni di euro siano posti a disposizione della Croazia dal Fondo europeo per la pesca.
L'articolo 35 assegna alla Croazia 27,7 milioni di euro nel 2013 per iniziative di sviluppo reale da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale.

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L'articolo 36 prevede il controllo, da parte della Commissione europea, sugli impegni assunti dalla Croazia nei negoziati di adesione, in particolare per quanto riguarda il settore del sistema giudiziario e dei diritti fondamentali, lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia, nonché il settore della politica della concorrenza.
L'articolo 37 prevede che, nei primi tre anni dall'adesione, la Croazia possa essere autorizzata ad adottare misure di salvaguardia in caso di difficoltà gravi di un settore economico.
Gli articoli 38 e 39 stabiliscono che la Commissione europea possa adottare misure appropriate, qualora la Croazia non adempia agli impegni assunti, recando grave pregiudizio al funzionamento del mercato interno o ponendo una minaccia agli interessi finanziari dell'UE, ovvero qualora si riscontrino gravi carenze nel recepimento o nell'attuazione di atti adottati da istituzioni europee.
Gli articoli 41 e 42 prevedono che la Commissione europea adotti misure transitorie per facilitare il passaggio dal regime nazionale croato a quello risultante dalla normativa europea in materia di politica agricola comune e nel settore sanitario.
L'articolo 43 prevede la possibilità di esentare dagli obblighi di dichiarazione sommaria di uscita o di entrata i prodotti che transitino attraverso il territorio della Bosnia-Erzegovina a Neum (cosiddetto «corridoio di Neum»).
La Parte quinta, contenente gli articoli da 45 a 55, reca le disposizioni di applicazione dell'Atto, nonché le relative disposizioni finali.
In particolare, l'articolo 45 prevede che le istituzioni ed i comitati dell'UE apportino ai loro statuti e regolamenti interni gli adattamenti resi necessari dall'adesione della Croazia.
Gli articoli 46 e 47 prevedono che la Croazia sia considerata destinataria delle direttive e delle decisioni adottate dalle istituzioni europee, e sia tenuta a mettere in vigore le misure necessarie per conformarsi, dalla data di adesione, a tali direttive e decisioni, prevedendosi in tale ambito anche modifiche alle disposizioni legislative, regolamentari o amministrative in vigore negli Stati membri attuali.
Gli articoli 50 e 51 disciplinano gli adattamenti agli atti delle istituzioni europee adottati anteriormente all'adesione della Croazia, nonché l'attuazione dell'Atto di adesione
Gli articoli 54 e 55 prevedono la trasmissione alla Croazia dei trattati europei e degli accordi internazionali.
Passando al contenuto degli allegati al Trattato, l'Allegato I, cui rinvia l'articolo 3, comma 4, dell'Atto di adesione, contiene l'elenco delle convenzioni e dei protocolli ai quali la Croazia aderisce dalla data di adesione all'UE.
In tale ambito segnala, per quanto concerne i profili di competenza della Commissione Finanze, la Convenzione del 23 luglio 1990, relativa all'eliminazione delle doppie imposizioni in caso di rettifica degli utili di imprese associate, alla quale sono connesse la Convenzione del 21 dicembre 1995, relativa all'adesione dell'Austria, della Finlandia e della Svezia a tale Convenzione, il Protocollo del 25 maggio 1999 che ha modificato la predetta Convenzione del 1990 e la Convenzione dell'8 dicembre 2004, relativa all'adesione della Repubblica Ceca, dell'Estonia, di Cipro, della Lettonia, della Lituania, dell'Ungheria, di Malta, della Polonia, della Slovenia e della Slovacchia alla già citata Convenzione.
Segnala altresì in tale ambito, sempre con riferimento agli aspetti di interesse della Commissione Finanze la Convenzione del 18 dicembre 1997, relativa alla mutua assistenza e cooperazione tra amministrazioni doganali.
L'Allegato enumera inoltre la Convenzione del 26 luglio 1995, relativa alla tutela degli interessi finanziari delle comunità europee (e relativi protocolli), la Convenzione del 26 maggio 1997, relativa alla lotta contro la corruzione in cui siano coinvolti funzionari delle comunità europee o degli Stati membri, la Convenzione del 17 luglio 1998, relativa alle decisioni di ritiro della patente di guida,

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nonché la Convenzione del 29 maggio 2000, relativa all'assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri (e relativo Protocollo).
L'Allegato II, elenca le disposizioni, atti ed accordi basati su o collegati al Protocollo di Schengen che saranno applicabili alla Croazia.
L'Allegato III, elenca una serie di modifiche a direttive e regolamenti europei conseguenti all'adesione della Croazia.
In tale ambito segnala, per quanto attiene agli ambiti di competenza della Commissione Finanze, una modifica alla direttiva 2006/48/CE, relativa all'accesso all'attività degli enti creditizi ed al suo esercizio: in particolare, la modifica introduce nell'articolo 2 della direttiva l'esclusione dall'ambito dell'applicazione della stessa dalle attività svolte da talune entità creditizie croate.
L'Allegato IV definisce le condizioni alle quali si applicano alla Croazia una serie di norme contenute nel Trattato sul funzionamento dell'Unione europea ed in alcuni regolamenti europei.
In tale contesto segnala, in merito agli aspetti di competenza della Commissione Finanze, alcune deroghe alle norme di regolamenti in materia doganale.
In particolare, si prevede l'esenzione da dazi doganali sulle merci che, alla data di adesione della Croazia, si trovino in regime di custodia temporanea, qualora siano destinate all'immissione in libera pratica nell'Unione allargata, nonché l'ampliamento della nozione di merci comunitarie alle merci immesse in libera pratica in Croazia, ovvero ottenute o prodotte in tale Stato.
Inoltre si consente l'accettazione in Croazia della prova dell'origine di merci rilasciate da Paesi terzi nel contesto di accordi doganali preferenziali conclusi dalla Croazia, nonché la possibilità di mantenere lo status di esportatori autorizzati conferito dalla Croazia nel quadro di tali accordi.
Si prevede altresì l'accettazione della prova dell'origine di merci rilasciata dalla Turchia o dalla Croazia nel quadro di accordi commerciali preferenziali in vigore tra loro, nonché l'accettazione in Croazia, per l'immissione in libera pratica, di merci che, alla data di adesione, sono in fase di trasporto ai fini dell'esportazione dell'UE o in Turchia.
Si dispongono quindi alcune deroghe alla disciplina dei depositi doganali di cui ai regolamenti (CEE) n. 2913/92 e n. 2954/93, nonché alla disciplina sull'ammissione temporanea delle merci, al fine di prevedere che la classificazione tariffaria, il quantitativo, il valore in dogana e all'origine delle merci di importazione sono quelli risultanti dalla normativa applicabile in Croazia.
Si stabilisce altresì il mantenimento della validità dello status di operatore autorizzato, fino al termine previsto, nonché alcune deroghe alla disciplina sulle procedure che disciplinano l'insorgenza dell'obbligazione doganale, la contabilizzazione, il rimborso e lo sgravio dei dazi, al fine di consentire l'applicazione delle condizioni vigenti in Croazia prima dell'adesione.
L'Allegato V indica le condizioni alle quali si applicano una serie di previsioni contenute nel Trattato sull'Unione europea, nel Trattato sul funzionamento dell'Unione europea nonché in talune direttive e regolamenti, in particolare per quanto riguarda la libera circolazione delle merci e delle persone, l'acquisizione di terreni agricoli in Croazia da parte di cittadini di un altro Stato membro, nonché in materia agricola, di sicurezza alimentare, di politica veterinaria, di pesca, di politica dei trasporti, di libertà sicurezza e giustizia, di ambiente.
In tale ambito segnala, per quanto attiene agli aspetti di competenza della Commissione Finanze, alcune deroghe a norme europee in materia di fiscalità.
In particolare, si concede alla Croazia un periodo transitorio fino al 31 dicembre 2017 in materia di accisa minima sulle sigarette.
Inoltre si prevedono modifiche alla direttiva 2006/112/CE, concernente il sistema comune di imposta sul valore aggiunto, relativamente:

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alla delimitazione dell'ambito di esenzione dall'imposta per le attività della pubblica amministrazione;
alla normativa relativa alla definizione della base imponibile dell'imposta sulla base del valore normale;
all'esenzione delle cessioni di beni già destinati esclusivamente ad un'attività esente;
all'esenzione dagli obblighi di fatturazione per operazioni esenti;
alla possibilità, per la Croazia, continuare ad esentare le cessioni di terreni edificabili ed i trasporti internazionali di persone;
alla possibilità, per gli Stati membri, di consentire ai soggetti passivi di optare per l'imposizione di operazioni esenti.

L'Allegato VI reca le misure temporanee supplementari applicabili alla Croazia in materia di sviluppo rurale.
L'Allegato VII elenca gli impegni specifici assunti dalla Croazia nell'ambito dei negoziati di adesione, per la cui attuazione si prevede il monitoraggio da parte della Commissione europea.
L'Allegato VIII elenca gli impegni assunti dalla Croazia relativamente alla ristrutturazione dell'industria cantieristica nazionale, con indicazione delle società da sottoporre a ristrutturazione mediante la loro privatizzazione e previsione della riduzione della loro produzione globale.
L'Allegato IX richiama gli impegni assunti dalla Croazia riguardo alla ristrutturazione del settore dell'acciaio, con riferimento agli aiuti di Stato corrisposti ad un produttore nazionale.
Al Trattato è altresì annesso un Protocollo concernente il trasferimento alla Croazia di unità di emissioni di gas a effetto serra, ai fini dell'applicazione del Protocollo di Kyoto sui cambiamenti climatici.
L'Atto finale annesso al Trattato contiene una serie di dichiarazioni degli Stati membri attuali, di alcuni Stati membri, nonché della Croazia, relative all'applicazione del Protocollo di Schengen, alla libera circolazione dei lavoratori, al Fondo europeo di sviluppo ed alla liberalizzazione del mercato dei terreni agricoli.
È infine annesso al Trattato uno scambio di lettere relativo alla procedure di informazione e consultazione per l'adozione di talune decisioni e misure nel periodo precedente l'adesione della Croazia.
Propone quindi di esprimere parere favorevole sul provvedimento.

La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

Norme per favorire l'inserimento lavorativo dei detenuti.
Testo unificato C. 124 e abb.

(Parere alla XI Commissione).
(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria, e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 7 febbraio scorso.

Gianfranco CONTE, presidente, ricorda che il relatore, nella precedente seduta di esame del provvedimento, ne ha illustrato il contenuto.

Tea ALBINI (PD), relatore, ad integrazione delle considerazioni già svolte nel corso della sua relazione, sottolinea la necessità di precisare meglio la formulazione del comma 2 del nuovo articolo 5-bis della legge n. 193 del 2000, introdotto dall'articolo 5 del provvedimento.
In particolare, ritiene necessario definire meglio la nozione di «cooperative sociali accreditate» cui la disposizione fa riferimento nel prevedere la suddivisione del credito d'imposta previsto dall'articolo 3 della medesima legge n. 193. Rileva, infatti, come sussistano, al momento, diversi livelli di accreditamento, a livello regionale e nazionale, e come sia pertanto

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opportuno specificare maggiormente tale aspetto, ai fini della maggiore chiarezza ed efficacia della previsione.
Si riserva quindi di formulare una proposta di parere che tenga conto dei rilievi emersi nel corso del dibattito.

Gianfranco CONTE, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia ad altra seduta il seguito dell'esame, al fine di consentire al relatore la predisposizione di una proposta di parere.

La seduta termina alle 13.50.

RISOLUZIONI

Giovedì 9 febbraio 2012. - Presidenza del presidente Gianfranco CONTE. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Vieri Ceriani.

La seduta comincia alle 13.50.

7-00755 Fugatti: Aggiornamento del meccanismo di riduzione del prezzo dei carburanti per autotrazione nelle zone di confine.
(Discussione e rinvio).

La Commissione inizia la discussione della risoluzione.

Nicola MOLTENI (LNP) illustra la risoluzione, di cui è cofirmatario, rilevando, preliminarmente, come l'aumento delle accise sui carburanti, disposto dall'articolo 15 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, causando un sensibile incremento del prezzo alla pompa di benzina e gasolio, abbia fatto diventare insostenibile lo svantaggio competitivo del prezzo dei carburanti in Italia rispetto alla Svizzera. In particolare, la differenza del carico fiscale tra i due Paesi è pari a 30,7 centesimi su un litro di benzina e a 16,8 centesimi su un litro di gasolio, mentre la differenza sul prezzo finale è pari a circa 33 centesimi per litro di benzina e a circa 23 centesimi per litro di gasolio.
Nonostante sia in vigore, dal 2000, la carta sconto benzina della regione Lombardia, che consente alle persone fisiche di godere di uno sconto sul prezzo finale della benzina inversamente proporzionale alla distanza di residenza dal confine, l'ultimo aumento dell'accisa ha reso di nuovo conveniente, per gli abitanti dei territori vicini alla frontiera con la Confederazione Elvetica, recarsi al di là del confine per rifornirsi di carburante. L'entità degli sconti attualmente operanti per i residenti delle province confinanti della Lombardia è, infatti, ormai inadeguata a colmare il divario dei prezzi, sia per la fascia territoriale che va da 10 a 20 chilometri di distanza dal valico di frontiera, sia per la fascia territoriale fino a 10 chilometri.
Tenendo conto delle dinamiche dei consumi di benzina e di gasolio e della convenienza dei residenti ad approvvigionarsi in Svizzera, il predetto divario di prezzi causa una pesante diminuzione delle vendite di carburante nelle province di confine, che si traduce, secondo Confcommercio, in un'evasione dei consumi attorno ai 247 milioni di litri di carburante (207 di benzina e 40 di gasolio), con una perdita per l'erario italiano di circa 243 milioni di euro all'anno tra accise ed IVA.
Dopo aver ricordato che lo sconto sul prezzo dei carburanti per i residenti nelle province di Lombardia e Piemonte confinanti con la Svizzera ha, allo stato attuale, un valore economico pari a 20 milioni di euro l'anno, assegnati in via aggiuntiva dallo Stato alla regione, ritiene quindi necessario incrementare lo stanziamento previsto dalla legge n. 189 del 2008, portandolo ad almeno 60 milioni di euro. Ciò eviterebbe il massiccio approvvigionamento di carburante oltre confine, consentendo, non soltanto all'erario di incassare 243 milioni di euro all'anno di accise ed IVA, che altrimenti andrebbero perse, ma anche di salvaguardare centinaia di posti di lavoro nelle province di confine della Lombardia e del Piemonte.
A tal fine, la risoluzione intende impegnare il Governo ad assumere le necessarie

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iniziative normative dirette a incrementare lo stanziamento previsto dalla predetta legge n. 189 del 2008, portandolo ad almeno 60 milioni di euro, in modo da consentire l'aggiornamento del meccanismo dello sconto attualmente vigente, al fine di rideterminare le fasce territoriali, di rimodulare l'entità dello sconto per fascia e di estendere l'agevolazione anche al gasolio.

Il sottosegretario Vieri CERIANI ricorda, preliminarmente, che l'articolo 3, comma 12, della legge n. 549 del 1995 attribuisce a tutte le regioni a statuto ordinario una quota dell'accisa sulle benzine, attualmente pari a euro 0,129 per litro, relativamente ai quantitativi esitati per autotrazione nel rispettivo territorio regionale.
Ricorda, altresì, che l'articolo 12, comma 1, del decreto legislativo n. 56 del 2000 prevedeva che le regioni confinanti con la Svizzera, al fine di ridurre la concorrenzialità delle rivendite di benzine situate nel vicino Stato non facente parte dell'Unione europea, potessero determinare con propria legge e nell'ambito della quota complessiva dell'accisa a loro riservata, nel rispetto della normativa comunitaria, una riduzione del prezzo alla pompa delle benzine utilizzate da privati cittadini residenti nella regione per consumi personali, in modo tale da garantire che il prezzo non fosse inferiore a quello praticato nello Stato confinante e che la riduzione fosse differenziata nel territorio regionale in maniera inversamente proporzionale alla distanza dei punti di vendita dal confine. La disposizione prevedeva inoltre che, nel caso di incremento delle vendite rispetto ai quantitativi erogati nell'anno precedente a quello di attuazione della normativa regionale, alla regione venisse corrisposta una somma pari ai nove decimi dell'incremento espresso in litri per l'importo unitario pari a quello dell'accisa vigente nell'anno di competenza, demandando ad apposito decreto interministeriale le modalità di applicazione dell'articolo.
Tale articolo è stato abrogato, a decorrere dal 1o gennaio 2009, dall'articolo 2-ter del decreto legge n. 154 del 2008, che ha modificato il sistema, prevedendo: al comma 2, che la riduzione del prezzo alla pompa della benzina, nonché del gasolio, possa essere disposta, con propria legge, dalle regioni confinanti con la Confederazione elvetica per effetto dell'attribuzione a favore delle regioni stesse di una quota aggiuntiva di compartecipazione all'IVA «determinata nella misura dell'onere finanziario relativo ai litri di carburante venduti a prezzo ridotto»; al comma 3, che la compartecipazione deve essere attribuita mensilmente a ciascuna regione sulla base dei quantitativi erogati a prezzo ridotto nell'anno precedente, con conguaglio, entro il mese di aprile dell'anno successivo, sulla base dei dati di consuntivo rilasciati dall'Agenzia delle dogane; al comma 4, che con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze (adottato il 25 febbraio 2009) sono stabilite le modalità di applicazione delle disposizioni, e viene annualmente rideterminata la misura della quota di compartecipazione, al fine di assicurare la copertura finanziaria delle finalità perseguite; al comma 6, che al minor gettito derivante dall'applicazione dell'articolo, nei limiti di 20 milioni di euro annui a decorrere dal 2009, si provvede mediante riduzione lineare degli stanziamenti di parte corrente relativi alle autorizzazioni di spesa come determinate dalla tabella C della legge n. 244 del 2007.
Evidenzia, altresì, per quanto riguarda l'estensione della riduzione di prezzo in argomento anche al gasolio, che il citato articolo 2-ter del decreto-legge n. 154 del 2008, nonché il relativo decreto di attuazione, già prevedono, anche per il gasolio per autotrazione, che le regioni Lombardia e Piemonte riducano con propria legge il prezzo alla pompa di tale prodotto.
Osserva, quindi, come l'incremento dello stanziamento fino a 60 milioni di euro, prospettato dagli Onorevoli per rimodulare l'agevolazione in argomento,

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comporterebbe un maggior onere per il bilancio dello Stato che necessita di idonea copertura finanziaria.
Fa presente, inoltre, che è attualmente pendente nei confronti dell'Italia, come riferito dal Dipartimento delle Finanze del Ministero dell'economia e delle finanze, la procedura d'infrazione n. 2008/2164, con la quale l'Esecutivo comunitario paventa che la riduzione del prezzo al distributore dei carburanti a favore dei cittadini residenti nella Regione Friuli Venezia Giulia concretizzi una differenziazione di accisa a livello regionale, incompatibile con la direttiva 2003/96/CE sulla tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricità.
Sottolinea infine come, a parere del predetto Dipartimento, sebbene la non appartenenza della Confederazione elvetica all'Unione Europea non lasci presumere, allo stato dei fatti, l'avvio di una contestazione da parte della Commissione europea, sotto il profilo degli aiuti di Stato, non possa tuttavia escludersi l'eventualità che contro l'Italia, relativamente agli sconti di cui si discute, vengano avanzate analoghe censure di natura fiscale per presunta violazione delle pertinenti disposizioni europee armonizzate.

Nicola MOLTENI (LNP), in riferimento alle considerazioni svolte dal Sottosegretario, considera strano che si adducano problemi di copertura in relazione al richiesto incremento dello stanziamento previsto dalla legge n. 189 del 2008, atteso che l'aggiornamento del meccanismo dello sconto, come indicato dai presentatori dell'atto di indirizzo, farebbe sicuramente recuperare quanto lo Stato perde ogni anno a causa dell'approvvigionamento di carburante nella vicina Svizzera da parte dei residenti nelle province limitrofe della Lombardia e del Piemonte.
Evidenzia, quindi, come un atto di indirizzo di analogo contenuto sia stato presentato dal gruppo della Lega Nord Padania presso il Senato, in occasione dell'esame del decreto-legge n. 201 del 2011.

Il sottosegretario Vieri CERIANI prende nota delle osservazioni formulate dal deputato Molteni in merito all'indubitabile perdita di gettito che si realizza nelle province della Lombardia e del Piemonte confinanti con la Svizzera, evidenziando, peraltro, come le norme vigenti in materia di copertura finanziaria delle leggi, improntate a criteri rigorosi e, in qualche caso, formalistici, renda alquanto problematico ipotizzare l'adozione della modalità di copertura suggerita dai presentatori dell'atto di indirizzo.
Nell'assicurare, quindi, che il problema - presentatosi in forma analoga anche nella regione Friuli Venezia Giulia - è all'attenzione del Governo, sottolinea come si debba pervenire a una soluzione che non soltanto sia compatibile con i vincoli derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea, oltre che con la legislazione nazionale in materia di contabilità e finanza pubblica, ma tenga anche conto, in particolare nel caso della Regione Friuli Venezia Giulia, della necessità di discutere la materia all'interno di un pacchetto più ampio, concernente, tra l'altro, le interrelazioni con il processo di attuazione del federalismo fiscale.

Gianfranco CONTE, presidente, al fine di consentire al Governo di procedere ai necessari approfondimenti della materia, e nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito della discussione ad altra seduta.

7-00768 Ventucci: Interventi sulla disciplina delle merci immesse in libera pratica, nonché in materia di depositi fiscali.
(Discussione e conclusione - Approvazione di un nuovo testo).

La Commissione inizia la discussione della risoluzione.

Cosimo VENTUCCI (PdL), nell'illustrare la propria risoluzione, evidenzia come il fenomeno della distorsione di ingenti volumi di traffici di merce destinata al mercato italiano verso altri Paesi dell'Unione europea sia stato più volte evidenziato,

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sia per la perdita di gettito che ne deriva sia per le maggiori spese che sopportano gli operatori, con pesanti ricadute sui livelli occupazionali del settore logistico.
In numerosi tavoli tecnici ed in altre sedi sono state analizzate ed individuate le varie cause alle quali si sta tentando di porre rimedio con la realizzazione dello sportello doganale, ma in questo momento mi soffermerò sugli aspetti fiscali.
Rileva infatti come il lento e faticoso processo di armonizzazione fiscale concorra alla distorsione dei traffici, pregiudichi il buon funzionamento del mercato interno, determini incertezze operative e sia inoltre fonte di preoccupazioni per gli operatori, minacciandone in alcuni casi addirittura l'esistenza, con pesanti ricadute negative sui livelli occupazionali.
Come più volte evidenziato presso la Commissione Finanze, nonché durante la discussione in Assemblea del disegno di legge sulla tutela del «made in Italy», alcuni Paesi dell'Unione agevolano gli importatori con controlli doganali piuttosto blandi, con il fine di incassare il 25 per cento del dazio sui prodotti extracomunitari destinati, poi, ad essere immessi in consumo in uno dei 27 Stati dell'Unione Europea. Sarebbe necessario, quindi, la costituzione di un fondo comune, in cui far affluire l'ammontare riscosso sul dazio per poi ridistribuirlo con equità fra i Paesi destinatari delle merci. Si otterrebbero controlli più omogenei mirati non solo ai profili fisici ma anche a quelli documentali, come l'origine e il valore dichiarato delle merci, al fine di evitare, fra l'altro, che in Paesi, come la Repubblica Ceca, si sdoganino scarpe provenienti dall'estremo oriente al valore di 1,50 dollari al paio.
In tale contesto ritiene quindi opportuno illustrare in maniera semplice tale questione, che presenta profili tecnici complessi ed articolati.
Una merce proveniente da un paese non comunitario (un Paese terzo, ad esempio gli USA) all'atto della sua introduzione nel territorio doganale comunitario sconta il dazio doganale (fiscalità esterna - armonizzata) l'IVA (fiscalità interna - non armonizzata), se destinata ad essere immessa in consumo in quel paese: tale operazione è stata definita dal sistema tributario italiano ed è tuttora nota come importazione definitiva.
Se la merce non è destinata all'immediata immissione in consumo, l'operatore ha la possibilità di pagare il dazio, sospendendo il pagamento dell'IVA, che viene assolta al momento della immissione in consumo.
Tale istituto, definito dal codice doganale comunitario (che costituisce la normativa doganale dell'Unione) «immissione in libera pratica», si realizza mediante il ricorso a due modalità.
Il cosiddetto «regime 42», in base al quale la merce immessa in libera pratica con pagamento del solo dazio in un paese dell'Unione Europea (Olanda, Grecia, Germania, Austria, Slovenia o in altro Paese) viene immediatamente trasferita - senza soste, magazzinaggio, manipolazioni o altro - in un altro Paese membro (ad esempio l'Italia).
All'atto dell'arrivo in Italia l'operatore assolve l'IVA - senza alcuna ulteriore formalità e senza esborso finanziario, mediante il meccanismo del reverse-charge (meccanismo della inversione contabile con compensazione dell'IVA registrata a credito con quella registrata a debito).
In tal modo viene garantita la neutralità dell'imposta, rinviandone il pagamento all'atto dell'effettiva immissione in consumo.
Si tratta di un meccanismo frequentemente adottato in tutta l'Unione europea, sporadicamente in Italia, che è censurato dalla Corte dei Conti europea nella sua relazione speciale n. 13/2011, la quale ha richiesto ai paesi membri una maggiore attenzione sui controlli in quanto, allo stato attuale, «i controlli al regime 42 non impediscono e non individuano i casi di evasione in materia di IVA».
La seconda modalità è nota come «regime 45», in forza del quale la merce viene immessa in libera pratica in un

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Paese membro (ad esempio in Italia) ed è destinata alla immissione in consumo non immediata nello stesso Paese.
In tal caso la normativa europea ha previsto che la merce sia vincolata ad un regime di deposito diverso da quello doganale riservato alle merci estere (ai sensi dell'articolo 157 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006, che ha sostituito la direttiva del Consiglio 77/388/CEE del 17 maggio 1977).
Tale istituto è stato introdotto in Italia con la legge n. 28 del 1997, che ha però sostituito il «vincolo al regime» con l'introduzione fisica delle merci.
Dal 1997 al 2006 il regime ha funzionato, e non risultano, o non sono stati evidenziati, fenomeni di evasione.
A seguito di alcune verifiche si è reso necessario, nel 2006, «dettare istruzioni operative in modo da evitare o scongiurare un utilizzo fraudolento dell'istituto».
Evidenzia quindi come la questione dei depositi IVA nasca in questo articolato contesto normativo. A tale riguardo il Parlamento si è interessato più volte della problematica, nel tentativo di contemperare l'esigenza di lotta all'evasione con le aspettative degli operatori corretti e - soprattutto - per evitare di alimentare il fenomeno della distorsione dei traffici.
Rileva tuttavia come una serie di interpretazioni sempre più restrittive degli organi di controllo, non sempre applicate in maniera uniforme sul territorio, spesso in contrasto con le stesse disposizioni emanate dagli organi centrali dell'Amministrazione finanziaria, stia alimentando un contenzioso devastante per le aziende italiane, oltre a scoraggiare l'utilizzo dell'istituto del deposito IVA in Italia.
Il Parlamento è stato indotto ad intervenire due volte per porre rimedio ad una situazione non sostenibile per gli effetti che stava producendo e per ristabilire il principio del legittimo affidamento.
Infatti, comportamenti ritenuti corretti ed ammessi fino al 2006 vengono ora ritenuti censurabili e sanzionati, sia in via amministrativa sia penalmente.
Il primo intervento legislativo in materia ha portato alla modifica della lettera h) del comma 4 dell'articolo 50-bis del decreto-legge n. 331 del 1993.
Tale modifica si interpreta, ai sensi dell'articolo 16, comma 5-bis, del decreto-legge n. 185 del 2008, nel senso che le prestazioni di servizi ivi indicate, relative a beni consegnati al depositario, costituiscono ad ogni effetto introduzione nel deposito IVA.
Con la risoluzione n. 22321 del 24 febbraio 2009, emessa per illustrare la portata della predetta modifica, l'Agenzia delle Dogane ha ribadito che le prestazioni di servizio, comprese le manipolazioni usuali descritte nell'allegato 72 del regolamento CEE n. 2454/93, costituivano ad ogni effetto introduzione nel deposito IVA, anche se effettuate negli spazi limitrofi o adiacenti il deposito stesso.
In quell'occasione, l'Agenzia delle Dogane non mancò di sottolineare l'inapplicabilità dell'articolo 50-bis in caso di inesistenza giuridica o simulazione del contratto di deposito, presupposto imprescindibile per l'applicazione dell'istituto, secondo la normativa italiana.
Era auspicabile che l'interpretazione autentica e le istruzioni impartite ponessero fine al contenzioso e permesso l'utilizzo dell'istituto in un quadro normativo di certezza e garanzia.
Gli uffici periferici e gli organi di controllo in genere, non solo hanno proseguito il contenzioso in merito, con alterne vicende, a testimonianza delle complessità e difficoltà della questione, ma si sono avvalsi della raccomandazione espressa in via cautelativa dell'Agenzia nella citata risoluzione per contestare, prima timidamente e poi sempre più decisamente, il negozio simulato ed il conseguente abuso di diritto, nonché il reato di contrabbando in tutti i casi in cui la merce, introdotta o consegnata al depositario non vi abbia sostato per un tempo minimo, in contraddizione con le stesse disposizioni impartite dall'Agenzia delle Dogane nel lontano 1999, poi ribadite più volte nelle successive disposizioni.

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La situazione che si è venuta a determinare ha indotto il Parlamento ad intervenire nuovamente in materia, nel corso del 2011.
Con l'approvazione da parte della Commissione Finanze della Camera, il 31 maggio 2011, della risoluzione n. 7-00589, nel corso del cui esame si svolsero le audizioni dei Direttori generali dell'Agenzia delle Entrate e dell'Agenzia delle Dogane, il Parlamento ha ribadito la validità e l'efficacia dell'interpretazione del citato articolo 50-bis del decreto - legge n. 331 del 1993, indicando inoltre forme di garanzia a tutela dell'Erario, uniche nell'Unione europea, che tengono conto delle sollecitazioni della Corte dei conti europea, la quale, peraltro, non aveva rivolto all'Italia alcuna censura o raccomandazione.
Allo scopo di dirimere dubbi ed incertezze interpretative sul concetto di «introduzione» e sulla regolarità del contratto di deposito, ritiene opportuno ribadire che l'introduzione della merce nel deposito IVA si intende realizzata qualora si verifichi, alternativamente, una delle seguenti condizioni:
sia avvenuto l'ingresso fisico della merce all'interno del deposito IVA;
sia avvenuto l'ingresso fisico del mezzo di trasporto nel deposito, senza che le merci ne vengano necessariamente scaricate;
la merce abbia raggiunto gli spazi limitrofi al deposito IVA, ove, senza che ne sia necessaria la sua preventiva introduzione fisica, vengono materialmente effettuate le prestazioni di servizi di cui al comma 4, lettera h), del predetto articolo 50-bis, le quali sono, dunque, effettuate senza pagamento dell'imposta.

A tale riguardo ricorda che il contratto di deposito, secondo quanto già indicato nella sopra citata nota n. 7521 del 28 dicembre 2006, la quale richiamava quanto precisato dall'Agenzia delle Entrate con nota prot. 2006/127886 del 30 agosto 2006, è valido, e non si richiede che sia determinato un tempo minimo di giacenza. Si tratta di un negozio giuridico di attuazione, in cui la manifestazione di volontà è tacita, in quanto viene ad esistenza per mezzo di fatti concludenti. Tale contratto, che ha natura reale, si perfeziona con la consegna della cosa da custodire ed il depositario deve restituire la cosa appena il depositante gliene faccia richiesta.
Le norme sul contratto di deposito sono indicate agli articoli 1766 e seguenti del codice civile.
Con riferimento all'istituto del deposito IVA, il contratto di deposito può ritenersi regolare, ovvero non simulato, soltanto qualora, verificatasi regolarmente l'introduzione delle merci, siano poste in essere tutte le obbligazioni poste a carico del depositario, che sono tutte indicate al comma 3 dell'articolo 50-bis del decreto - legge n. 331 del 1993 e nel Decreto del Ministero delle Finanze n. 419 del 20 ottobre 1997.
Il depositario, quindi:
deve ricevere in custodia la merce ed annotarla sul registro tenuto ai sensi dell'articolo 53, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, ove evidenziare tutte le movimentazioni dei beni;
deve conservare un esemplare di ciascun documento preso a base dell'introduzione e dell'estrazione dei beni dal deposito e di quelli relativi agli scambi eventualmente intervenuti durante la giacenza dei beni nel deposito medesimo.

Più in particolare, ai sensi dell'articolo 4 del Decreto ministeriale n. 419 del 1997 (richiamato al paragrafo 3.2 - Introduzione dei beni nel deposito IVA - della circolare n. 16/D, emessa dall'Agenzia delle Dogane il 28 aprile 2006), «l'introduzione dei beni comunitari nei depositi IVA avviene sulla scorta di un documento amministrativo, commerciale o di trasporto, contenente i dati identificativi dei beni e del soggetto proprietario degli stessi, per conto del quale è effettuata l'operazione; l'introduzione nel deposito IVA di beni non comunitari precedentemente

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immessi in libera pratica in Italia, avviene, invece, sulla base del relativo documento doganale (DAU)».
In tale contesto, la risoluzione intende impegnare il Governo, innanzitutto, ad adottare ogni iniziativa, nelle competenti sedi europee, per garantire un'applicazione omogenea della normativa doganale, nonché per definire una disciplina comune sulle garanzie afferenti le merci extracomunitarie immesse in libera pratica e destinate all'immissione in consumo in un Paese diverso da quello di introduzione, al fine di evitare le attuali, evidenti distorsioni nel traffico doganale a livello europeo.
La risoluzione sottolinea quindi l'esigenza di assumere tutte le opportune iniziative per rafforzare gli strumenti di controllo sul territorio, al fine di giungere ad una corretta gestione dei meccanismi sull'informativa dell'ultimo soggetto che immette in consumo sul territorio nazionale le merci soggette ad IVA.
Appare inoltre necessario verificare, con riferimento alle problematiche di carattere tributario, che i controlli sulla gestione dell'applicazione della disciplina concernente la sospensione del pagamento dell'IVA sulle merci introdotte in libera pratica destinate ad un deposito fiscale IVA siano svolti con modalità non vessatorie, e che non siano adottate in materia interpretazioni restrittive relativamente a fattispecie non previste dalle norme comunitarie di cui agli articoli 156 e 157 della direttiva 2006/112/CE.
Infine, l'atto di indirizzo impegna il Governo ad adottare tutte le misure necessarie per fare in modo, relativamente ai verbali di accertamento già emessi dagli organi di controllo, che sia applicata la sospensiva del pagamento del 30 per cento delle sanzioni previste, fino ad accertamento giudiziario avvenuto, onde evitare il collasso delle imprese incorse, senza alcun atteggiamento doloso da parte loro, in tale situazione.
Riformula quindi la propria risoluzione (vedi allegato 1), aggiungendovi due ulteriori impegni.
Con il primo ulteriore impegno, indicato alla lettera b), si intende impegnare il Governo a promuovere a livello europeo la costituzione di un fondo in cui far affluire l'ammontare dei dazi doganali riscossi sulle merci immesse in libera pratica nel territorio doganale dell'UE in Stati membri diversi da quelli di destinazione finale delle merci stesse, al fine di consentire una equa ripartizione di tali entrate fra lo Stato di immissione e lo Stato destinatario delle merci.
Con il secondo ulteriore impegno, indicato alla lettera c), si impegna invece l'Esecutivo a promuovere l'instaurazione di sistemi di controllo doganale più uniformi e mirati sulle merci in entrata nel territorio doganale dell'UE, con particolare riferimento all'origine e al valore dichiarato delle merci, al fine di evitare i fenomeni di beni sdoganati dichiarando un valore eccessivamente basso rispetto a quello normale di mercato

Il sottosegretario Vieri CERIANI fa presente che, ai sensi della disposizione di interpretazione autentica recata dall'articolo 16, comma 5-bis, del decreto-legge n. 185 del 2008, «la lettera h) del comma 4 dell'articolo 50-bis del decreto legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, si interpreta nel senso che le prestazioni di servizi ivi indicate, relative ai beni consegnati al depositario costituiscono ad ogni effetto introduzione nel deposito IVA».
Osserva, quindi, come dal disposto della norma citata consegua che non è consentito l'utilizzo del deposito «virtuale», fermo restando, retroattivamente, che è possibile considerare eseguite nel deposito IVA le prestazioni di servizi effettuate su beni consegnati al depositario nei locali limitrofi a tale deposito IVA, quindi in spazi esistenti e circoscritti, la cui esistenza deve essere menzionata nella relativa autorizzazione doganale ai sensi dell'articolo 526 del reg. (CEE) n. 2454/93.
Ricorda, inoltre, come la competente Agenzia delle dogane abbia fornito, sul

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punto, precise direttive, con le quali è stata ribadita la non applicabilità dell'articolo 50-bis del decreto-legge n. 331 del 1993 nei casi di simulazione del contratto di deposito, considerato presupposto imprescindibile per l'applicazione dell'istituto.
Passando all'esame degli impegni, con riferimento a quello di cui alla lettera a), rileva come, per quanto concerne le iniziative tese a definire una disciplina comune della garanzia a livello comunitario in materia di depositi IVA, l'Agenzia delle dogane abbia rappresentato di condividerne tale finalità, confermando che la normativa comunitaria in materia non è al momento armonizzata. Tale armonizzazione è prevista nel codice doganale modernizzato, di cui al Regolamento (CE) n. 450/2008, le cui norme di applicazione sono all'esame dei competenti organi comunitari.
In merito all'impegno relativo ai controlli sui depositi IVA, fa presente che, come riferito dall'Agenzia delle dogane, i controlli effettuati sui depositi IVA sono stati posti in essere - senza alcun intento vessatorio - con azioni in linea con la normativa vigente, nel pieno rispetto della normativa comunitaria di cui agli articoli 156 e 157 della direttiva 2006/112/CE, che nulla prevedono in merito ai controlli, ma disciplinano le ipotesi generali di esenzione dal pagamento dell'IVA all'importazione.
Esprime, pertanto, una valutazione sostanzialmente positiva sulla risoluzione.

Cosimo VENTUCCI (PdL) manifesta compiacimento per la condivisione del contenuto della risoluzione da parte del Sottosegretario, sottolineando come essa confermi la necessità di intervenire nelle opportune sedi comunitarie, affinché sia fatta cessare quella situazione di palese e, per certi versi, violenta distorsione dei traffici denunciata nell'atto di indirizzo.

La Commissione approva la risoluzione, come riformulata dal presentatore, che assume il n. 8-00161.

La seduta termina alle 14.10.

INTERROGAZIONI A RISPOSTA IMMEDIATA

Giovedì 9 febbraio 2012. - Presidenza del presidente Gianfranco CONTE. - Intervengono i sottosegretari di Stato per l'economia e le finanze Vieri Ceriani e Gianfranco Polillo.

La seduta comincia alle 14.10.

Gianfranco CONTE, presidente, ricorda che, ai sensi dell'articolo 135-ter, comma 5, del regolamento, la pubblicità delle sedute per lo svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata è assicurata anche tramite la trasmissione attraverso l'impianto televisivo a circuito chiuso. Dispone, pertanto, l'attivazione del circuito.

5-06105 Fluvi: Emanazione del decreto interdirigenziale concernente le linee d'azione per il recupero delle forme di dipendenza dal gioco.

Alberto FLUVI (PD) rinuncia ad illustrare la propria interrogazione.

Il sottosegretario Vieri CERIANI risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 2).

Alberto FLUVI (PD) ringrazia il Sottosegretario, rilevando tuttavia di non potersi dichiarare soddisfatto della risposta, in quanto, in considerazione del tempo trascorso dalla scadenza del termine stabilito dall'articolo 1, comma 70, della legge n. 220 del 2010, si attendeva un'indicazione più precisa riguardo ai tempi occorrenti per l'emanazione del decreto interdirigenziale mediante il quale il Ministero dell'economia e delle finanze - Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato e il Ministero della salute devono adottare, d'intesa con la Conferenza unificata, le linee d'azione per la prevenzione, il contrasto e il recupero di fenomeni di ludopatia conseguente a gioco compulsivo.

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A tale proposito, evidenzia come l'importanza assunta dal settore dei giochi, che ha realizzato, nell'ultimo anno, una raccolta di circa 70 miliardi euro, segnali la necessità di intervenire senza ulteriore indugio, al fine di porre in essere non soltanto interventi di prevenzione, ma anche azioni di recupero - da non lasciare più alla sensibilità e alle disponibilità finanziarie delle regioni - dei soggetti che hanno sviluppato forme patologiche di dipendenza dal gioco.
Sollecita, pertanto, l'adozione in tempi brevi del suddetto decreto interdirigenziale.

5-06106 Fugatti: Verifiche presso il Monte dei Paschi di Siena sul rispetto della direttiva MIFID in materia di inducement nonché in merito ad acquisizioni significative di titoli della predetta banca.

Maurizio FUGATTI (LNP) rinuncia ad illustrare la propria interrogazione.

Il sottosegretario Gianfranco POLILLO risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato (vedi allegato 3).

Maurizio FUGATTI (LNP) prende atto della risposta fornita dal Sottosegretario, evidenziando come gli elementi in essa appaiono rassicuranti, in quanto gli scambi di titoli del Monte dei paschi di Siena verificatosi sul mercato azionario nel periodo successivo al 2 gennaio 2012 non sono stati effettuati in misura prevalente nei confronti di un singolo soggetto, potendosi pertanto ritenere che non sia in atto alcun tipo di scalata su tale gruppo bancario.
Si riserva comunque di monitorare ulteriormente la questione, anche attraverso successive iniziative parlamentari.

5-06107 Barbato: Spese di rappresentanza dell'Agenzia del territorio, con particolare riferimento a quelle sostenute dal Direttore.

Francesco BARBATO (IdV) rinuncia ad illustrare la propria interrogazione.

Il sottosegretario Vieri CERIANI risponde all'interrogazione in titolo nei termini riportati in allegato, dando in tale ambito lettura della circolare emanata dal Presidente del Consiglio dei ministri e Ministro dell'economia ad interim, indirizzata a tutti i vertici dell'amministrazione finanziaria, relativa alla riduzione delle spese di rappresentanza, per convegni e celebrazioni, nonché in merito al codice etico delle singole amministrazioni (vedi allegato 4).

Francesco BARBATO (IdV), pur apprezzando l'impostazione della circolare del Ministro dell'economia citata dal Sottosegretario, improntata opportunamente ad uno spirito di sobrietà, nonché all'obiettivo di riduzione dei costi della politica e degli apparati pubblici, sottolinea come l'intera vicenda indichi che il Governo non è coerente con i suoi stessi orientamenti.
La risposta fornita non ha infatti dato alcuna risposta circa i motivi che abbiano giustificato le ingenti spese di rappresentanza dell'Agenzia del territorio, tra le quali l'acquisto, da parte dell'Agenzia, di 30 uova di struzzo decorate, non comprendendosi in alcun modo come tale dono possa rientrare nelle strategie di comunicazione istituzionale della predetta Agenzia, anche atteso che uno di tali oggetti è stato donato ad un comandante regionale della Guardia di finanza.
Parimenti inspiegabile appare la spesa sostenuta dalla stessa Agenzia per la promozione del film «We want sex», così come appaiono prive di ogni giustificazione le notevoli spese di ristorazione sostenute dal Direttore dell'Agenzia, Gabriella Alemanno, per pasti consumati in vari ristoranti di alto livello, con numerosi commensali, tra i quali è figurato, in diverse occasioni, anche il Sindaco di Roma, Gianni Alemanno, fratello dello stesso Direttore.
Nel sottolineare il suo apprezzamento per la personale serietà del Presidente del Consiglio dei ministri e Ministro dell'economia e delle finanze ad interim, ritiene, tuttavia, che il Governo debba tenere un

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atteggiamento coerente con gli indirizzi richiamati nella risposta, adottando le decisioni conseguenti nei confronti del Direttore dell'Agenzia del territorio, la quale deve evidentemente essere allontanata dal suo incarico per i citati comportamenti, non certo improntati a criteri di risparmio e morigeratezza. Qualora così non fosse, l'Esecutivo dimostrerebbe scarsa serietà, disattendendo gli indirizzi che ha pubblicamente ritenuto di adottare.
Si dichiara quindi del tutto insoddisfatto della risposta, di cui si riserva di dare adeguata pubblicità anche all'esterno delle sedi parlamentari.

Gianfranco CONTE, presidente, dichiara concluso lo svolgimento delle interrogazioni all'ordine del giorno.

La seduta termina alle 14.30.