CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 7 dicembre 2011
573.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Comitato per la legislazione
COMUNICATO
Pag. 6

ESAME AI SENSI DELL'ARTICOLO 96-BIS, COMMA 1, DEL REGOLAMENTO

  Mercoledì 7 dicembre 2011. – Presidenza del presidente Carolina LUSSANA. — Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze dott. Gianfranco Polillo.

  La seduta comincia alle 15.50.

Conversione in legge del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, recante disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici.
C. 4829 Governo – Rel. Zaccaria.

(Parere alle Commissioni riunite V e VI).
(Esame e conclusione – Parere con condizioni e osservazioni).

  Il Comitato inizia l'esame del provvedimento in titolo.

  Roberto ZACCARIA, relatore, in via preliminare, osserva come la decretazione d'urgenza, nella prassi più recente, si sia andata via via discostando, in misura vieppiù crescente, dallo spirito e dalla lettera dell'articolo 77 della Costituzione. Il mutamento dei connotati della decretazione d'urgenza va certamente posto in relazione con la particolare fase politica ed economica attraversata dal Paese, che, ad esempio, in occasione della manovra estiva, ha costretto il Parlamento a concluderne l'esame in soli tre giorni ed ha indotto il Comitato ad astenersi dal formulare qualsiasi condizione od osservazione; tuttavia, non può sottacersi che la gran parte delle questioni problematiche che si rinvengono nei testi dei decreti legge non sono imputabili unicamente alla situazione contingente, ma invece al consolidarsi di tecniche legislative inappropriate, sulle quali il Comitato non può esimersi dal pronunciarsi.
  Illustra quindi le principali categorie alle quali sono riconducibili le problematiche che si rinvengono nel provvedimento. Quanto all'omogeneità del contenuto, osserva come nel decreto legge si possa rinvenire un'omogeneità per così dire finalistica, ancorché, anche accedendo ad un'interpretazione così lata di tale nozione, non tutte le disposizioni sembrano riconducibili alla finalità complessiva del provvedimento.
  Quanto ai principali fenomeni che si riscontrano nel provvedimento, ve ne sono taluni pressoché inediti, come la presenza di una disposizione di autorizzazione alla ratifica nell'ambito di un decreto legge, ed altri già noti. Cita, in proposito, la mancanza di un adeguato coordinamento con Pag. 7le fonti preesistenti, rinvenibile, in particolare, negli articoli 26 e 28, comma 1, e l'assenza di una puntuale abrogazione delle norme che riguardano gli enti che il decreto-legge sopprime. Pur riconoscendo che si va ad incidere su ambiti normativi nei quali spesso l'intreccio tra le norme è difficile da ricostruire, occorrerebbe quanto meno disporre un'abrogazione esplicita delle principali norme che disciplinano la materia. Si sofferma quindi ad illustrare la prassi, invalsa nelle ultime manovre economiche, di inserire nei decreti legge norme di carattere ordinamentale, che integrano talvolta vere e proprie riforme, in assenza tuttavia di un adeguato coordinamento con la normativa vigente.
  Rileva quindi che il provvedimento, in continuità con la prassi inaugurata dal decreto n. 70 del 2011 (il così detto decreto sviluppo), reca numerose disposizioni precedute da preamboli esplicativi, talvolta assai lunghi, i quali, anziché facilitare l'interprete, lo disorientano.
  Un profilo problematico del tutto peculiare si riscontra all'articolo 23, comma 7, che, nel prevedere che al ricorrere di determinate circostanze ed allo scadere di un termine preventivamente indicato, il Governo sia tenuto ad adottare un decreto legge, di fatto precostituisce le ragioni di necessità e di urgenza poste alla base della futura decretazione d'urgenza.
  Quanto ai rapporti tra le fonti, rileva come il decreto legge, seguendo una tendenza oramai consolidata, demanda a fonti atipiche, da un lato, il compito di modificare disposizioni di legge e, dall'altro, il compito di attuarle. Inoltre, con un ulteriore elemento di novità che si colloca nel solco di questa tendenza, vengono affidati compiti sia di carattere normativo che di carattere attuativo ai provvedimenti del direttore dell'Agenzia delle entrate. Quanto, infine, alle procedure delineate per autorizzare il Governo ad adottare provvedimenti di delegificazione, riscontra, da un lato, che esse non sono conformi al modello di delegificazione delineato dall'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988 e, dall'altro, che esse sembrano assumere i connotati di vere e proprie procedure di delega di «serie B», tant’è che il decreto legge, in luogo dei principi generali della materia, introduce «criteri e principi direttivi».
  Illustra quindi la seguente proposta di parere:

  «Il Comitato per la legislazione,
   esaminato il disegno di legge n. 4829 e premesso che:
   il provvedimento si caratterizza per un contenuto estremamente ampio, per la natura ordinamentale di molte disposizioni e per la quantità degli adempimenti previsti; tali caratteristiche se, da un lato, si giustificano con la necessità di apportare riforme di sistema a fronte del perdurare della crisi economico-finanziaria, dall'altro appaiono suscettibili di ingenerare forti perplessità soprattutto laddove non viene rispettato il sistema delle fonti e si demanda ad atti dei quali non sempre è chiara la natura giuridica il compito di dare attuazione a disposizioni di rango primario e talora anche di modificarle;
   rilevato altresì che:
  sotto il profilo dell'omogeneità del contenuto:
   esso reca un contenuto estremamente ampio e complesso, in quanto incide su numerosi ed eterogenei ambiti normativi, come fisiologicamente accade per i provvedimenti che integrano la manovra finanziaria, e reca misure finalisticamente orientate ad affrontare in modo coordinato ed in termini complessivi l'obiettivo del consolidamento dei conti pubblici e della crescita economica, perseguiti attraverso l'introduzione di nuove misure di natura fiscale e di contenimento della spesa pubblica, nonché mediante la definizione di misure per favorire lo sviluppo e l'occupazione; a tali finalità, tuttavia, non appaiono riconnettersi in modo diretto le disposizioni recate dall'articolo 30, comma 1, recante la proroga del finanziamento per le missioni di pace al 31 dicembre 2012;Pag. 8
  sotto il profilo dei limiti di contenuto dei decreti legge:
   il provvedimento, all'articolo 7, comma 1, che autorizza il Presidente della Repubblica ad accettare gli emendamenti all'Accordo istitutivo della banca europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo adottati dal Consiglio dei Governatori della Banca medesima il 30 settembre 2011, reca una disposizione che deve essere valutata anche alla luce del limite posto dall'articolo 15, comma 2, lettera b), della legge n. 400 del 1988, secondo cui il Governo non può, mediante decreto-legge, «provvedere nelle materie indicate nell'articolo 72, quarto comma, della Costituzione», tra le quali sono compresi disegni di legge «di autorizzazione a ratificare trattati internazionali», che devono essere approvati attraverso il normale procedimento in sede referente e con legge ordinaria;
  sotto il profilo dei rapporti con la normativa vigente:
   nel procedere a numerose modifiche della disciplina vigente, il provvedimento in esame non sempre effettua un adeguato coordinamento con le preesistenti fonti normative, che risultano in parte oggetto di modifiche non testuali; tale modalità di produzione normativa, che mal si concilia con lo scopo di semplificare e riordinare la legislazione vigente, si riscontra, ad esempio, all'articolo 1, comma 1; all'articolo 2, comma 1; all'articolo 10, comma 9; all'articolo 11, commi 4 e 6; all'articolo 12, commi 1 e 10; all'articolo 13, comma 1; all'articolo 15, commi 1, 2 e 3; all'articolo 16, comma 2; all'articolo 20, comma 1 e all'articolo 32, commi 1, 2 e 3; tale fenomeno si riscontra altresì all'articolo 26, formulato come disposizione derogatoria dell'articolo 3, commi 1 e 1-bis, della legge 7 aprile 1997, n. 96 e dell'articolo 52-ter, commi 1 e 1-bis, del decreto legislativo n. 213 del 1998, ancorché esso agisca in deroga ai soli commi 1 delle due disposizioni richiamate (in base ai quali, rispettivamente, le banconote ed i biglietti a debito dello Stato nonché le monete metalliche si prescrivono a favore dell'Erario decorsi dieci anni dalla data di cessazione del corso legale) e modifichi invece non testualmente i commi 1-bis, in base ai quali – rispettivamente – le banconote e le monete in lire possono essere convertite in euro presso le filiali della Banca d'Italia non oltre il 28 febbraio 2012; nonché all'articolo 28, comma 1, secondo periodo e comma 2, che modifica in maniera non testuale l'ambito di applicazione del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, recante disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario, con riguardo sia al dies ad quem a decorrere dal quale le regioni possono modificare l'aliquota dell'addizionale regionale dell'IRPEF di base, sia con riguardo all'ambito di applicazione del decreto legislativo, che nel titolo si riferisce alle sole regioni a statuto ordinario e la cui applicabilità viene invece estesa alle Regioni a statuto speciale ed alle province autonome;
   il decreto-legge, all'articolo 6, dispone la soppressione di taluni istituti, quali «l'accertamento della dipendenza dell'infermità da causa di servizio», del «rimborso delle spese di degenza per causa di servizio», «dell'equo indennizzo e della pensione privilegiata», senza indicare le disposizioni oggetto di abrogazione; analogamente, all'articolo 14, comma 46 sopprime, a decorrere dal 1o gennaio 2013, «tutti i vigenti prelievi relativi alla gestione dei rifiuti urbani, sia di natura patrimoniale sia di natura tributaria, compresa l'addizionale per l'integrazione dei bilanci degli enti comunali di assistenza», senza indicare le disposizioni che risultano conseguentemente abrogate; all'articolo 21, al comma 1, dispone la soppressione di numerosi enti, tra i quali l'INPDAP e l'ENPALS, attribuendo le rispettive funzioni all'INPS, al comma 12 dispone la soppressione di alcuni enti lacustri e, al comma 13, sopprime l'Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua, l'Agenzia per la sicurezza nucleare e l'Agenzia nazionale di regolamentazione del settore postale, senza intervenire Pag. 9sulle disposizioni che disciplinano i suddetti istituti; infine, all'articolo 34, comma 3, sopprime una serie di restrizioni alle attività economiche disposte dalle norme vigenti, senza procedere alla contestuale abrogazione delle norme che le prevedono;
   il provvedimento introduce inoltre alcune riforme di sistema, di più o meno vasta portata, le quali non vengono tuttavia coordinate con la normativa previgente, determinando conseguentemente una frammentazione normativa che, come rilevato già in altre occasioni analoghe, integra una modalità di produzione legislativa non conforme alle esigenze di stabilità, certezza e semplificazione della legislazione; ciò si riscontra, ad esempio:
    all'articolo 1, che introduce una disciplina organica in materia di rendimento nozionale del nuovo capitale proprio, la quale fa sistema con il testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, ma nell'ambito del quale non viene tuttavia collocata;
    all'articolo 13, che prevede l'anticipazione sperimentale dell'imposta municipale propria, provvedendo soltanto in misura molto limitata ai necessari coordinamenti con il decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, con il quale fa sistema;
    all'articolo 14, che, nell'istituire il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi, si limita a richiamare, «per tutto quanto non previsto dalle disposizioni del presente articolo», alcune disposizioni vigenti (comma 45) e a sopprimere, dal 1o gennaio 2013, «tutti i vigenti prelievi relativi alla gestione dei rifiuti urbani» (comma 46);
    all'articolo 21, che riforma il sistema degli enti di previdenza ed assistenza, sopprimendo l'INPDAP e l'ENPALS ed attribuendo le relative funzioni all'INPS, del quale viene contestualmente modificato l'assetto, senza operare gli opportuni coordinamenti con la normativa vigente;
    all'articolo 23, commi da 14 a 20, che reca una radicale riforma degli organi di governo e delle funzioni delle province senza prevedere le necessarie norme di coordinamento con la normativa vigente ed in particolare con il testo unico delle disposizioni sugli enti locali di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000; ciò si riscontra altresì ai commi 21 e 22 del medesimo articolo 23, laddove introduce disposizioni in materia di unioni di comuni e di indennità di carica dei rappresentanti degli enti territoriali che non sono formulate in termini di novella al citato testo unico delle disposizioni sugli enti locali di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000; in proposito si ricorda inoltre che l'articolo 1, comma 4, del testo unico in questione così recita: «Ai sensi dell'articolo 128 della Costituzione le leggi della Repubblica non possono introdurre deroghe al presente testo unico se non mediante espressa modificazione delle sue disposizioni.»;
    all'articolo 24, che introduce una riforma dei trattamenti pensionistici senza effettuare tuttavia un adeguato coordinamento con la normativa previgente;
    all'articolo 27, che, ai commi 9 e seguenti, introduce nuove disposizioni in materia di edilizia carceraria, senza introdurle nell'idoneo contesto normativo;
    all'articolo 34, che interviene in materia di liberalizzazione delle attività economiche ed eliminazione dei controlli ex-ante senza incidere sulla normativa vigente in materia;
    all'articolo 36, che incide sulla disciplina in materia di tutela della concorrenza e di partecipazioni personali incrociate nei mercati del credito e finanziari, in assenza di qualsiasi coordinamento con la normativa vigente;
    all'articolo 39, che integra in maniera indiretta la disciplina del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, senza procedere al coordinamento con la normativa esistente;Pag. 10
    all'articolo 40, comma 8, che, recando disposizioni in materia di smaltimento dei rifiuti speciali, fa sistema con il codice ambientale di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006, nell'ambito del quale non viene tuttavia collocato;
    all'articolo 40, comma 9, che incide, mediante una disposizione «decontestualizzata» sulla disciplina delle agevolazioni fiscali in materia di beni e attività culturali;
    all'articolo 43, commi 7 e seguenti, che, nell'introdurre una normativa organica in materia di grandi dighe, sembra fare sistema con il codice ambientale di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006, nell'ambito del quale non viene tuttavia collocato;
    all'articolo 46, rubricato: «Collegamenti infrastrutturali e logistica portuale», che introduce norme, peraltro generiche, che non vengono inserite in alcun contesto normativo;
   il decreto legge, anche laddove introduce disposizioni volte a novellare la normativa previgente, non sempre effettua un adeguato coordinamento con la medesima; ad esempio, all'articolo 33, comma 1, lettera b), novella l'articolo 19 della legge 12 novembre 2011, n. 183, introducendovi un comma 2-bis, che a sua volta contiene una novella all'articolo 3, comma 5, lettera c), del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, al quale più opportunamente la novella andava riferita;
   il provvedimento reca talune disposizioni che precisano che determinate norme o discipline previgenti continuano ad avere efficacia, risultando pertanto meramente ricognitive e del tutto prive di una autonoma portata normativa; ciò si riscontra, ad esempio, all'articolo 4, comma 3; all'articolo 5, il quale fa genericamente salvi «i requisiti reddituali già previsti dalla normativa vigente»; all'articolo 6, che precisa che resta «Ferma la tutela derivante dall'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali», all'articolo 13, comma 13; nonché all'articolo 37, che, nel demandare ad un regolamento di delegificazione il compito di «individuare tra le Autorità indipendenti esistenti, l'Autorità che svolge competenze assimilabili a quelle previste dal presente articolo» nell'ambito della liberalizzazione del settore dei trasporti, al comma 4, prevede che «Restano ferme tutte le altre competenze diverse da quelle disciplinate nel presente articolo delle amministrazioni pubbliche; (...)» Restano altresì ferme e possono essere contestualmente esercitate le competenze dell'Autorità garante della concorrenza (...), e le competenze dell'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici (...) e le competenze dell'Agenzia per le infrastrutture stradali e autostradali (...)»; al medesimo comma 4, peraltro, nel confermare le competenze delle Amministrazioni pubbliche diverse da quelle disciplinate dall'articolo in questione, precisa che «in particolare, restano ferme le competenze in materia di vigilanza, controllo e sanzione nell'ambito dei rapporti con le imprese di trasporto e con i gestori delle infrastrutture, in materia di sicurezza e standard tecnici, di definizione degli ambiti del servizio pubblico, di tutela sociale e di promozione degli investimenti» di modo che le competenze delle Amministrazioni che pure vengono fatte salve, sono presentate tuttavia come non esaustive;
   il provvedimento si connota per l'adozione di una peculiare tecnica normativa consistente nell'introduzione, nell'ambito di numerosi articoli – formulati per lo più in termini di novella – di una sorta di preambolo esplicativo, dove sono indicate le finalità perseguite con le novelle stesse; tale tecnica normativa viene adottata, esempio, all'articolo 1, comma 1 (che dispone: «in considerazione della esigenza di rilanciare lo sviluppo economico del Paese e fornire un aiuto alla crescita mediante una riduzione della imposizione sui redditi derivanti dal finanziamento con capitale di rischio, nonché per ridurre lo squilibrio del trattamento fiscale tra imprese che si finanziano con debito ed imprese che si finanziano con capitale proprio, e rafforzare, quindi, la struttura patrimoniale delle imprese e del sistema produttivo Pag. 11italiano»); all'articolo 3, comma 1 (nel quale la parte dispositiva dell'articolato è preceduta dal seguente preambolo: «In considerazione della eccezionale crisi economica internazionale e della conseguente necessità della riprogrammazione nell'utilizzo delle risorse disponibili, al fine di accelerare la spesa dei programmi regionali cofinanziati dai fondi strutturali negli anni 2012, 2013 e 2014»; all'articolo 3, comma 2; all'articolo 21, comma 1 (che opera un riferimento al «(...) processo di convergenza ed armonizzazione del sistema pensionistico attraverso l'applicazione del metodo contributivo, non ché al fine di migliorare l'efficienza e l'efficacia dell'azione amministrativa nel settore previdenziale e assistenziale»; all'articolo 27, comma 2, capoverso Art. – 3-ter, comma 2 (laddove la disposizione è preceduta dalla seguente enunciazione di finalità: «Al fine di contribuire alla stabilizzazione finanziaria, nonché per promuovere iniziative volte allo sviluppo economico e alla coesione sociale e per garantire la stabilità del Paese»); nonché all'articolo 30, comma 8, che, in materia di tutela e valorizzazione dei beni culturali, dopo un lunghissimo preambolo, dispone che al Ministero per i beni e le attività culturali non si applicano una serie di disposizioni;
   il provvedimento si caratterizza inoltre come disciplina per alcuni versi derogatoria del diritto vigente; in proposito, si rileva come, in alcuni casi, le disposizioni derogate siano specificatamente richiamate e siano oggetto di deroghe puntuali: ciò si riscontra, ad esempio, all'articolo 8, comma 30, che agisce in «deroga agli articoli 1264, 1265 e 2800 del codice civile e all'articolo 3, comma 1-bis del decreto legislativo 21 maggio 2004, n. 170»; all'articolo 13, comma 12, in materia di versamento dell'imposta municipale propria, e all'articolo 14, comma 35, in materia di tributo comunale sui rifiuti e sui servizi, che dispongono in deroga all'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446; in altri casi, invece, si fissa una deroga alle disposizioni vigenti in ambiti più vasti: ciò si riscontra, ad esempio, all'articolo 27, comma 2, capoverso Art. 3-ter comma 9, che contiene una deroga generica «alle norme in materia di contabilità generale dello Stato»; all'articolo 39, comma 7, che agisce «in deroga alle disposizioni di legge che prevedono divieti o limiti di partecipazione» ai Confidi; all'articolo 43, comma 6, che reca una ampia deroga alle disposizioni del Titolo II del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, nonché a «ulteriori autorizzazioni, concessioni, permessi, nulla osta o atti di assenso comunque denominati»;
   il decreto reca altresì deroghe esplicite ed implicite alle disposizioni recate dall'articolo 3, comma 1, della legge n. 212 del 2000, recante disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente; ad esempio, all'articolo 24, comma 31, in materia di indennità di fine rapporto, precisa che, in deroga alle disposizioni recate dall'articolo 3, comma 1, della legge n. 212 del 2000, esse hanno efficacia con riferimento alle indennità ed ai compensi il cui diritto di percezione è sorto a decorrere dal 1o gennaio 2011, mentre, all'articolo 28, comma 1, nell'anticipare al 2011 la decorrenza della possibilità per le regioni di modificare le aliquote dell'addizionale regionale all'IRPEF di base, reca una deroga implicita al citato articolo 3;
  sotto il profilo dell'efficacia temporale delle disposizioni:
   il decreto-legge, all'articolo 21, comma 5, lettera a), all'articolo 23, comma 6, e all'articolo 44, comma 3, reca tre norme di interpretazione autentica, con riferimento alle quali appare dubbio il rispetto della prescrizione della circolare sulla formulazione tecnica dei testi legislativi secondo cui «deve risultare comunque chiaro se ci si trovi in presenza di una disposizione di interpretazione autentica ovvero di una disposizione di modifica sostanziale alla quale si vuole dare effetto retroattivo»; Pag. 12
  sul piano dei rapporti con le fonti di rango primario:
   il provvedimento, all'articolo 23, comma 7, laddove dispone che «Ove alla data del 31 dicembre 2011 la Commissione governativa per il livellamento retributivo Italia – Europa [..] non abbia provveduto alla ricognizione e alla individuazione della media dei trattamenti economici (..) riferiti all'anno precedente ed aggiornati all'anno in corso (..), il Governo provvederà con apposito provvedimento d'urgenza», prefigura, al verificarsi di determinate condizioni e ad una precisa scadenza temporale, il ricorrere degli straordinari motivi di necessità e di urgenza che giustificano, ai sensi dell'articolo 77 della Costituzione, il ricorso alla decretazione d'urgenza;
   il provvedimento, in più circostanze, demanda ad atti del Presidente del Consiglio dei ministri o, ancora, a provvedimenti del direttore dell'Agenzia delle entrate, il compito di incidere su disposizioni di rango legislativo, affidando così, nel primo caso, ad atti ordinariamente a contenuto politico e, nel secondo caso, ad atti non facilmente inquadrabili nell'ambito del sistema delle fonti del diritto, il compito di modificare disposizioni di rango legislativo, secondo una procedura difforme rispetto a quella prevista dall'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, che non offre quindi le medesime garanzie individuate da tale procedura, e della quale, in alcune circostanze, andrebbe altresì valutata la compatibilità con la riserva di legge prevista dall'articolo 23 della Costituzione in materia tributaria; ciò si riscontra, in particolare: all'articolo 5, comma 1, secondo periodo, che demanda ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di natura non regolamentare, da emanare previo parere delle Commissioni parlamentari competenti entro il 31 maggio 2012, l'individuazione delle «agevolazioni fiscali e tariffarie, nonché delle provvidenze di natura assistenziale che, a decorrere dal 1o gennaio 2013, non possono essere più riconosciute ai soggetti in possesso di un Isee [indicatore della situazione economica equivalente] superiore alla soglia individuata con il decreto stesso»; all'articolo 8, comma 1, che demanda ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri la possibilità di prorogare alcuni termini previsti dal medesimo articolo 8; nonché all'articolo 10, comma 12, che demanda a provvedimenti del direttore dell'Agenzia delle entrate il compito di modificare disposizioni di rango legislativo; in un altro caso, invece, affida ad una fonte di rango secondario il compito di modificare una normativa oggetto di fonte primaria del diritto, ma secondo una procedura difforme rispetto al modello della delegificazione (si veda, in proposito, l'articolo 8, comma 20, che demanda ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Banca d'Italia, la possibilità di «variare i criteri di calcolo e la misura delle commissioni del presente articolo in conformità delle Comunicazioni della Commissione Europea, tenuto conto delle condizioni di mercato»);
  sul piano dei rapporti tra le fonti primarie e le fonti subordinate:
   il decreto legge, all'articolo 22, comma 2, ed all'articolo 24, comma 18, reca due autorizzazioni alla delegificazione non formulate in conformità al modello previsto dall'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, in quanto non sono indicate le «norme generali regolatrici della materia» né sono indicate espressamente le norme di rango primario abrogate con effetto dalla data di entrata in vigore dei regolamenti; analogamente, all'articolo 37, opera un riferimento ai «principi e criteri direttivi» in luogo delle «norme generali regolatrici della materia», né indica le disposizioni da abrogare con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari»; da ultimo, all'articolo 29, comma 3, secondo periodo, reca una autorizzazione alla modifica del regolamento di delegificazione adottato con il decreto del Presidente della Repubblica n. 223 del 2010, anch'essa non formulata in conformità al modello di legge, in Pag. 13quanto vengono indicate la sole finalità della revisione del regolamento in questione;
   il provvedimento, all'articolo 45, comma 4, incide, mediante un'esplicita novellazione, su discipline oggetto di fonte normativa di rango subordinato e, segnatamente, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 luglio 2009, integrando una modalità di produzione legislativa che, secondo i costanti indirizzi del Comitato, non appare conforme alle esigenze di coerente utilizzo delle fonti, in quanto può derivarne l'effetto secondo cui atti non aventi forza di legge presentano un diverso grado di resistenza ad interventi modificativi successivi (si veda il punto 3, lettera e), della circolare congiunta dei Presidenti di Camera e Senato e del Presidente del Consiglio del 20 aprile 2001);
   il decreto legge demanda l'attuazione della normativa da esso recata a tre decreti del Presidente del Consiglio dei ministri (si vedano, gli articoli 27, commi 3 e 4, lettera c), e 28, comma 5; in altri due casi (articolo 5, comma 1, e 8, comma 1), esso assegna invece a due decreti del Presidente del Consiglio dei ministri il compito di incidere su disposizioni di rango legislativo; in altri casi, invece, (si tratta dell'articolo 10, commi 3 e 5; dell'articolo 11, comma 3; dell'articolo 13, comma 12; dell'articolo 16, commi 7 e 15 dell'articolo 19, comma 10) esso demanda a provvedimenti del direttore dell'Agenzia delle entrate il compito di dettare disposizioni di attuazione, mentre all'articolo 10, comma 12, demanda al medesimo atto il compito di modificare disposizioni di rango legislativo; in altri casi ancora, il provvedimento assegna compiti di attuazione delle disposizioni da esso recate a decreti ministeriali, ovvero del Presidente del Consiglio dei ministri dei quali si esplicita la natura non regolamentare (a titolo esemplificativo, si vedano gli articoli: 5, comma 1, (che prevede l'adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri); 8, comma 34; 21, commi 2, 6, 14 e 17; 22, comma 6, capoverso 26-bis (che prevede l'adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri) e 39, commi 1, 5 e 6; con riferimento a tali circostanze, come più volte segnalato dal Comitato per la legislazione, si ricorda che il ricorso ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri non appare conforme alle esigenze di un coerente utilizzo delle fonti normative, in quanto si demanda ad un atto di natura politica la definizione di una disciplina che dovrebbe essere oggetto di una fonte secondaria del diritto e, segnatamente, considerata la complessità delle procedure previste ed il numero dei soggetti coinvolti, di un regolamento di attuazione nella forma di decreto del Presidente della Repubblica da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge n. 400 del 1988, ovvero di un decreto ministeriale adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della medesima legge n. 400 del 1988; mentre, a proposito dei decreti di natura non regolamentare, si ricorda che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 116 del 2006, con riferimento ad un decreto ministeriale del quale si esplicitava la natura non regolamentare (contenuto all'articolo 3 del decreto-legge n. 279 del 2004), lo qualificava come «un atto statale dalla indefinibile natura giuridica»;
  sul piano della corretta formulazione e della tecnica di redazione del testo:
   il provvedimento reca disposizioni che contengono richiami normativi imprecisi o generici; ciò si riscontra, ad esempio, all'articolo 13, comma 1, ed all'articolo 20, comma 3, che richiamano le norme vigenti «in quanto compatibili», nonché all'articolo 31, comma 2, che richiama «la disciplina dell'Unione Europea e nazionale in materia di concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi»;
   il decreto-legge, all'articolo 44, che reca disposizioni in materia di appalti pubblici, al comma 1, laddove prevede che «l'incidenza del costo del lavoro nella misura minima garantita dai contratti vigenti e delle misure di adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza nei Pag. 14luoghi di lavoro restano comunque disciplinati dall'articolo 86, commi 3-bis e 3-ter; 87, commi 3 e 4; ed 89, comma 3, del decreto legislativo n. 163 del 2006; dall'articolo 36 della legge 20 maggio 1970, n. 300; dagli articoli 26, commi 5 e 6, e 27 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81» contiene una disposizione della quale andrebbe chiarita la portata normativa, in quanto il puntuale riferimento soltanto ad alcune delle disposizioni applicabili, potrebbe indurre l'interprete ad escludere l'applicazione integrale delle disposizioni non specificamente richiamate; peraltro, il medesimo articolo, al comma 5, abroga l'articolo 12 della recente legge 11 novembre 2011, n. 180, che a sua volta modifica l'articolo 91, comma 1 del codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006. In proposito, si rammenta in proposito che il paragrafo 15, lettera d) della circolare sulla formulazione tecnica dei testi legislativi dispone che «Se si intende fare rivivere una disposizione abrogata o modificata occorre specificare espressamente tale intento»;
  sotto il profilo della corretta formulazione del testo, il provvedimento, alla rubrica dell'articolo 35, in luogo della corretta denominazione «Autorità garante della concorrenza e del mercato», utilizza la denominazione sintetica in lingua straniera della medesima Autorità, denominandola «Antitrust», mentre, alla rubrica dell'articolo 33, utilizza uno stile sintetico o quasi telegrafico (la rubrica in questione così recita: «Soppressione limitazioni esercizio attività professionali»);
   infine, il disegno di legge di conversione non è corredato della relazione sull'analisi tecnico-normativa (ATN), né è provvisto della relazione sull'analisi di impatto della regolamentazione (AIR), senza che nella relazione di accompagnamento si riferisca in merito all'eventuale esenzione dall'obbligo di redigerla, in difformità dunque da quanto statuito dall'articolo 9 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 170 del 2008;
  ritiene che, per la conformità ai parametri stabiliti dall'articolo 16-bis e 96-bis del Regolamento, debbano essere rispettate le seguenti condizioni:
  sotto il profilo dell'efficacia del testo per la semplificazione e il riordinamento della legislazione vigente:
   si proceda a collocare negli appropriati contesti normativi le disposizioni di riforma organica di vari settori dell'ordinamento indicate in premessa, che non sono coordinate con la normativa vigente;
   per quanto detto in ordine ai rapporti tra le fonti primarie e quelle subordinate, siano riformulate le disposizioni indicate in premessa che demandano la relativa attuazione a decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, a decreti ministeriali di natura non regolamentare, ovvero a provvedimenti del direttore dell'Agenzia delle entrate, nel senso di prevedere che la disciplina attuativa sia introdotta da regolamenti adottati ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988, ovvero da regolamenti di attuazione aventi la forma di decreto del Presidente della Repubblica, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della succitata legge n. 400 del 1988;
   per quanto detto in premessa, sia valutata la compatibilità con il sistema delle fonti del diritto delle disposizioni recate dall'articolo 5, comma 1, secondo periodo, dall'articolo 8, commi 1 e 20 e dall'articolo 10, comma 12, le quali affidano il compito di modificare disposizioni di rango legislativo ad atti ordinariamente a contenuto politico (decreti del Presidente del Consiglio dei ministri), ovvero ad atti non facilmente inquadrabili nell'ambito del sistema delle fonti del diritto (provvedimenti del direttore dell'Agenzia delle entrate) o ancora a fonti di rango secondario, ma secondo una procedura difforme rispetto a quella prevista dall'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988;
   all'articolo 6, all'articolo 14, comma 46, all'articolo 21, commi 1, 12 e 13 e all'articolo 34, comma 3, che dispongono la soppressione di numerosi istituti giuridici Pag. 15ed enti, si proceda alla contestuale indicazione delle disposizioni che si intendono abrogare;
   sia soppressa la disposizione di cui al comma 1 dell'articolo 7, che, nell'autorizzare il Presidente della Repubblica ad accettare gli emendamenti all'Accordo istitutivo della banca europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo adottati dal Consiglio dei Governatori della Banca medesima il 30 settembre 2011, reca un'autorizzazione alla ratifica, la cui presenza in un disegno di legge di conversione è fattispecie da valutare anche alla luce del limite posto dall'articolo 15, comma 2, lettera b), della legge n. 400 del 1988, secondo cui il Governo non può, mediante decreto-legge, provvedere nelle materie indicate nell'articolo 72, quarto comma, della Costituzione (tra cui figurano anche i disegni di legge di autorizzazione a ratificare trattati internazionali);
   all'articolo 22, comma 2, all'articolo 24, comma 18, all'articolo 37 e all'articolo 29, comma 3, che recano autorizzazioni alla delegificazione non formulate in conformità al modello previsto dall'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, si proceda ad esplicitare le norme generali regolatrici della materia, nonché le disposizioni per le quali si produce l'effetto abrogativo, secondo il modello di delegificazione codificato dall'articolo 17, comma 2, della legge n. 400;
   per quanto detto in premessa, all'articolo 23, comma 7, sia espunto il riferimento all'adozione, da parte del Governo, di un provvedimento di urgenza, al verificarsi di determinate condizioni e ad una precisa scadenza temporale;
   all'articolo 23, commi da 14 a 20 – che introduce una riforma in tema di funzioni, organi di governo e legislazione elettorale delle province – sia valutata l'opportunità di riformulare le disposizioni in questione nel senso di:
    a) demandare alla legge dello Stato, prevista dal comma 16, il compito di individuare le funzioni, la composizione e il relativo sistema elettorale degli organi di governo delle province, al fine di non superare il limite di contenuto dei decreti legge posto dall'articolo 15, comma 2, lettera b), della legge n. 400 del 1988, secondo cui il Governo non può, mediante decreto-legge, provvedere nelle materie indicate nell'articolo 72, quarto comma, della Costituzione (tra cui figurano anche i disegni di legge in materia elettorale);
    b) non procedere ad indicare alcun termine per l'approvazione della legge in questione;
    c) specificare che la legge in questione provveda a salvaguardare comunque l'autonomia delle Regioni a statuto speciale nella quale rientra la competenza in tema di ordinamento degli enti locali;
   all'articolo 28, comma 1, secondo periodo e comma 2 – che modifica in maniera non testuale ed estende l'ambito di applicazione del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, recante disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nei termini indicati in premessa – si dovrebbe valutare l'opportunità di riformulare la disposizione in questione in termini di novella al succitato decreto legislativo.

  Il Comitato osserva altresì quanto segue:
  sotto il profilo dell'efficacia del testo per la semplificazione e il riordinamento della legislazione vigente:
   si dovrebbe valutare l'opportunità di riformulare le disposizioni indicate in premessa, che incidono in via non testuale su previgenti disposizioni legislative, in termini di novella alle medesime;
   all'articolo 21, comma 5, lettera a), all'articolo 23, comma 6, e all'articolo 44, comma 3 – che recano tre norme di interpretazione autentica, con riferimento alle quali appare dubbio il rispetto della prescrizione della circolare sulla formulazione tecnica dei testi legislativi secondo cui «deve risultare comunque chiaro se ci Pag. 16si trovi in presenza di una disposizione di interpretazione autentica ovvero di una disposizione di modifica sostanziale alla quale si vuole dare effetto retroattivo» – siano riformulate le disposizioni in questione in termini di novella, eventualmente conferendo alle medesime, ove possibile, efficacia retroattiva.»

  Carolina LUSSANA, presidente, ringrazia il relatore per l'ampiezza e l'estrema chiarezza del parere predisposto che, pur nella ristrettezza dei tempi concessi per la relativa istruttoria, non tralascia di toccare nessuno dei punti problematici che il provvedimento presenta. Due di essi appaiono di estrema delicatezza e, in ragione di ciò, desidera anche per parte sua segnalarli all'attenzione del Governo, presente ai lavori del Comitato nella persona del sottosegretario Polillo, che ringrazia per la partecipazione. Si riferisce ai rilievi prospettati dal relatore con riguardo all'articolo 7, che autorizza la ratifica di un trattato internazionale al di fuori del normale procedimento in sede referente e con legge ordinaria, ed alle disposizioni, recate dall'articolo 23, in tema di funzioni, organi di governo e legislazione elettorale delle province. Relativamente alla nuova disciplina sulle province, il collega Zaccaria ne ha correttamente segnalato l'evidente contrasto con i limiti ordinamentali previsti dalla legge n. 400 del 1988 in relazione al contenuto dei decreti-legge. Al riguardo, peraltro, apparendole la condizione formulata al riguardo dal relatore non sufficientemente incisiva, propone di modificarla nel senso di prevedere un invito alla soppressione dei commi 14, 15 e 16 dell'articolo 23. Al riguardo, precisa infatti, che la soluzione prospettata dal relatore, volta a invitare le Commissioni a modificare la disposizione in questione nel senso di demandare alla legge ordinaria, piuttosto che al decreto legge, la definizione del sistema elettorale provinciale, appare in qualche modo tautologica. Invita perciò i colleghi a pronunciarsi su tale aspetto.

  Beatrice LORENZIN, in via preliminare, esprime vivo apprezzamento per la proposta di parere presentata dal relatore che, in termini generali, dichiara di condividere.
  Nel merito, richiamando le ragioni che ha già avuto modo di esporre nella Commissione Affari costituzionali, ritiene che le disposizioni contenute nel decreto legge volte a modificare l'ordinamento provinciale, sotto diversi aspetti appaiono in contrasto con numerose disposizioni costituzionali, tra le quali menziona gli articoli 5, 114, 117, 118 e 119. Concorda quindi con la riformulazione del parere proposta dal presidente.

  Vincenzo GIBIINO, nel condividere in termini generali la proposta di parere formulata dal relatore, intende svolgere alcune considerazioni sulla disciplina introdotta in materia di ordinamento delle province. In proposito, osserva come la normativa in questione, anche in considerazione dei tempi assai ristretti nei quali si dispone debba essere attuata, abbia suscitato profonda incertezza nei destinatari della medesima, in quanto suscettibile di incidere in modo assai pervasivo sulle istituzioni provinciali, che svolgono un ruolo assai rilevante sul territorio. Concorda quindi con la riformulazione del parere proposta dal presidente.

  Lino DUILIO, in via preliminare, osserva come le problematiche che si rinvengono nel decreto all'esame presentino un tasso di originalità limitato se raffrontato alle esperienze pregresse.
  Al riguardo, con riferimento ai provvedimenti del direttore dell'Agenzia delle entrate dei quali faceva menzione il relatore, rileva come non si tratti di una novità assoluta, dal momento che in un recente passato si è dato anche il caso di un comunicato stampa del Ministero dell'economia e delle finanze con il quale, di fatto, si sospendeva l'applicazione di norme primarie in materia di tributi e contributi. Rilevato come il Comitato nell'espressione dei propri pareri debba rigidamente attenersi all'ambito di competenze che il Regolamento gli riserva, ricorda che esso nei propri lavori non solo Pag. 17non deve essere condizionato da valutazioni di ordine politico o attinenti al merito dei provvedimenti esaminati, ma è chiamato a focalizzarsi essenzialmente sulle problematiche afferenti l'uso delle fonti normative. Conseguentemente, condivide interamente la proposta di parere formulata dal relatore, ritenendo invece che un eventuale invito espresso a sopprimere le disposizioni di cui ai commi 15, 16 e 17 dell'articolo 23, potrebbe essere inteso come una invasione, da parte del Comitato, nel merito del provvedimento.

  Roberto ZACCARIA, relatore, con riferimento alle obiezioni sollevate da alcuni colleghi in merito alla formulazione della condizione contenuta nella sua proposta di parere in materia di ordinamento delle province, intende svolgere alcune considerazioni.
  In primo luogo, ricorda che, ai sensi dell'articolo 96-bis, comma 1, del Regolamento, il Comitato è chiamato a valutare i provvedimenti, tra l'altro, sotto il profilo dei limiti di contenuto previsti dalla legislazione vigente. Con riguardo all'autorizzazione alla ratifica contenuta all'articolo 7, comma 1, viene in causa un limite di contenuto dei decreti legge che è pressoché indiscutibile; per tale ragione la condizione chiede espressamente che tale disposizione sia soppressa. Diversamente, la materia elettorale costituisce un limite al contenuto dei decreti legge di origine dottrinaria e solo successivamente codificato nell'ordinamento; si tratta di un limite la cui cogenza non è vista quindi in modo altrettanto incontestabile ed uniforme in dottrina e nella prassi, distinguendosi, inoltre, tra la materia elettorale in senso stretto, che non può essere oggetto di decretazione d'urgenza, e gli aspetti procedurali e organizzativi che attengono alla materia elettorale in senso lato, per i quali non appare dubitabile la possibilità del ricorso al decreto-legge.
  Alla luce di tali considerazioni, ritiene pertanto eccessivo chiedere che le disposizioni di cui ai commi 15, 16 e 17 dell'articolo 23, siano espunte. Propone tuttavia di riformulare la condizione in questione nel senso di richiedere espressamente la riformulazione delle disposizioni in questione, al fine di evitare ogni dubbio circa il loro possibile contrasto con il limite di contenuto dei decreti legge posto dall'articolo 15, comma 2, lettera b), della legge n. 400 del 1988.

  Dopo che il presidente Carolina LUSSANA e i deputati Beatrice LORENZIN, Lino DUILIO e Vincenzo GIBIINO, dichiarano di concordare con la riformulazione testé illustrata, Roberto ZACCARIA formula quindi la seguente nuova proposta di parere:

  «Il Comitato per la legislazione,
   esaminato il disegno di legge n. 4829 e premesso che:
   il provvedimento si caratterizza per un contenuto estremamente ampio, per la natura ordinamentale di molte disposizioni e per la quantità degli adempimenti previsti; tali caratteristiche se, da un lato, si giustificano con la necessità di apportare riforme di sistema a fronte del perdurare della crisi economico-finanziaria, dall'altro appaiono suscettibili di ingenerare forti perplessità soprattutto laddove non viene rispettato il sistema delle fonti e si demanda ad atti dei quali non sempre è chiara la natura giuridica il compito di dare attuazione a disposizioni di rango primario e talora anche di modificarle;
   rilevato altresì che:
  sotto il profilo dell'omogeneità del contenuto:
   esso reca un contenuto estremamente ampio e complesso, in quanto incide su numerosi ed eterogenei ambiti normativi, come fisiologicamente accade per i provvedimenti che integrano la manovra finanziaria, e reca misure finalisticamente orientate ad affrontare in modo coordinato ed in termini complessivi l'obiettivo del consolidamento dei conti pubblici e della crescita economica, perseguiti attraverso l'introduzione di nuove misure di natura fiscale e di contenimento della Pag. 18spesa pubblica, nonché mediante la definizione di misure per favorire lo sviluppo e l'occupazione; a tali finalità, tuttavia, non appaiono riconnettersi in modo diretto le disposizioni recate dall'articolo 30, comma 1, recante la proroga del finanziamento per le missioni di pace al 31 dicembre 2012;
  sotto il profilo dei limiti di contenuto dei decreti legge:
   il provvedimento, all'articolo 7, comma 1, che autorizza il Presidente della Repubblica ad accettare gli emendamenti all'Accordo istitutivo della banca europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo adottati dal Consiglio dei Governatori della Banca medesima il 30 settembre 2011, reca una disposizione che deve essere valutata anche alla luce del limite posto dall'articolo 15, comma 2, lettera b), della legge n. 400 del 1988, secondo cui il Governo non può, mediante decreto-legge, «provvedere nelle materie indicate nell'articolo 72, quarto comma, della Costituzione», tra le quali sono compresi disegni di legge «di autorizzazione a ratificare trattati internazionali», che devono essere approvati attraverso il normale procedimento in sede referente e con legge ordinaria;
  sotto il profilo dei rapporti con la normativa vigente:
   nel procedere a numerose modifiche della disciplina vigente, il provvedimento in esame non sempre effettua un adeguato coordinamento con le preesistenti fonti normative, che risultano in parte oggetto di modifiche non testuali; tale modalità di produzione normativa, che mal si concilia con lo scopo di semplificare e riordinare la legislazione vigente, si riscontra, ad esempio, all'articolo 1, comma 1; all'articolo 2, comma 1; all'articolo 10, comma 9; all'articolo 11, commi 4 e 6; all'articolo 12, commi 1 e 10; all'articolo 13, comma 1; all'articolo 15, commi 1, 2 e 3; all'articolo 16, comma 2; all'articolo 20, comma 1 e all'articolo 32, commi 1, 2 e 3; tale fenomeno si riscontra altresì all'articolo 26, formulato come disposizione derogatoria dell'articolo 3, commi 1 e 1-bis, della legge 7 aprile 1997, n. 96 e dell'articolo 52-ter, commi 1 e 1-bis, del decreto legislativo n. 213 del 1998, ancorché esso agisca in deroga ai soli commi 1 delle due disposizioni richiamate (in base ai quali, rispettivamente, le banconote ed i biglietti a debito dello Stato nonché le monete metalliche si prescrivono a favore dell'Erario decorsi dieci anni dalla data di cessazione del corso legale) e modifichi invece non testualmente i commi 1-bis, in base ai quali – rispettivamente – le banconote e le monete in lire possono essere convertite in euro presso le filiali della Banca d'Italia non oltre il 28 febbraio 2012; nonché all'articolo 28, comma 1, secondo periodo e comma 2, che modifica in maniera non testuale l'ambito di applicazione del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, recante disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonché di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario, con riguardo sia al dies ad quem a decorrere dal quale le regioni possono modificare l'aliquota dell'addizionale regionale dell'IRPEF di base, sia con riguardo all'ambito di applicazione del decreto legislativo, che nel titolo si riferisce alle sole regioni a statuto ordinario e la cui applicabilità viene invece estesa alle Regioni a statuto speciale ed alle province autonome;
   il decreto legge, all'articolo 6, dispone la soppressione di taluni istituti, quali «l'accertamento della dipendenza dell'infermità da causa di servizio», del «rimborso delle spese di degenza per causa di servizio», «dell'equo indennizzo e della pensione privilegiata», senza indicare le disposizioni oggetto di abrogazione; analogamente, all'articolo 14, comma 46 sopprime, a decorrere dal 1o gennaio 2013, «tutti i vigenti prelievi relativi alla gestione dei rifiuti urbani, sia di natura patrimoniale sia di natura tributaria, compresa l'addizionale per l'integrazione dei bilanci degli enti comunali di assistenza», senza indicare le disposizioni che risultano conseguentemente abrogate; all'articolo 21, al comma 1, dispone la soppressione di numerosi enti, tra i quali l'INPDAP e Pag. 19l'ENPALS, attribuendo le rispettive funzioni all'INPS, al comma 12 dispone la soppressione di alcuni enti lacustri e, al comma 13, sopprime l'Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua, l'Agenzia per la sicurezza nucleare e l'Agenzia nazionale di regolamentazione del settore postale, senza intervenire sulle disposizioni che disciplinano i suddetti istituti; infine, all'articolo 34, comma 3, sopprime una serie di restrizioni alle attività economiche disposte dalle norme vigenti, senza procedere alla contestuale abrogazione delle norme che le prevedono;
   il provvedimento introduce inoltre alcune riforme di sistema, di più o meno vasta portata, le quali non vengono tuttavia coordinate con la normativa previgente, determinando conseguentemente una frammentazione normativa che, come rilevato già in altre occasioni analoghe, integra una modalità di produzione legislativa non conforme alle esigenze di stabilità, certezza e semplificazione della legislazione; ciò si riscontra, ad esempio:
    all'articolo 1, che introduce una disciplina organica in materia di rendimento nozionale del nuovo capitale proprio, la quale fa sistema con il testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, ma nell'ambito del quale non viene tuttavia collocata;
    all'articolo 13, che prevede l'anticipazione sperimentale dell'imposta municipale propria, provvedendo soltanto in misura molto limitata ai necessari coordinamenti con il decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, con il quale fa sistema;
    all'articolo 14, che, nell'istituire il tributo comunale sui rifiuti e sui servizi, si limita a richiamare, «per tutto quanto non previsto dalle disposizioni del presente articolo», alcune disposizioni vigenti (comma 45) e a sopprimere, dal 1o gennaio 2013, «tutti i vigenti prelievi relativi alla gestione dei rifiuti urbani» (comma 46);
    all'articolo 21, che riforma il sistema degli enti di previdenza ed assistenza, sopprimendo l'INPDAP e l'ENPALS ed attribuendo le relative funzioni all'INPS, del quale viene contestualmente modificato l'assetto, senza operare gli opportuni coordinamenti con la normativa vigente;
    all'articolo 23, commi da 14 a 20, che reca una radicale riforma degli organi di governo e delle funzioni delle province senza prevedere le necessarie norme di coordinamento con la normativa vigente ed in particolare con il testo unico delle disposizioni sugli enti locali di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000; ciò si riscontra altresì ai commi 21 e 22 del medesimo articolo 23, laddove introduce disposizioni in materia di unioni di comuni e di indennità di carica dei rappresentanti degli enti territoriali che non sono formulate in termini di novella al citato testo unico delle disposizioni sugli enti locali di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000; in proposito si ricorda inoltre che l'articolo 1, comma 4, del testo unico in questione così recita: «Ai sensi dell'articolo 128 della Costituzione le leggi della Repubblica non possono introdurre deroghe al presente testo unico se non mediante espressa modificazione delle sue disposizioni.»;
    all'articolo 24, che introduce una riforma dei trattamenti pensionistici senza effettuare tuttavia un adeguato coordinamento con la normativa previgente;
    all'articolo 27, che, ai commi 9 e seguenti, introduce nuove disposizioni in materia di edilizia carceraria, senza introdurle nell'idoneo contesto normativo;
    all'articolo 34, che interviene in materia di liberalizzazione delle attività economiche ed eliminazione dei controlli ex-ante senza incidere sulla normativa vigente in materia;
    all'articolo 36, che incide sulla disciplina in materia di tutela della concorrenza e di partecipazioni personali incrociate nei mercati del credito e finanziari, in assenza di qualsiasi coordinamento con la normativa vigente;Pag. 20
    all'articolo 39, che integra in maniera indiretta la disciplina del Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese, senza procedere al coordinamento con la normativa esistente;
    all'articolo 40, comma 8, che, recando disposizioni in materia di smaltimento dei rifiuti speciali, fa sistema con il codice ambientale di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006, nell'ambito del quale non viene tuttavia collocato;
    all'articolo 40, comma 9, che incide, mediante una disposizione «decontestualizzata» sulla disciplina delle agevolazioni fiscali in materia di beni e attività culturali;
    all'articolo 43, commi 7 e seguenti, che, nell'introdurre una normativa organica in materia di grandi dighe, sembra fare sistema con il codice ambientale di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006, nell'ambito del quale non viene tuttavia collocato;
    all'articolo 46, rubricato: «Collegamenti infrastrutturali e logistica portuale», che introduce norme, peraltro generiche, che non vengono inserite in alcun contesto normativo;
   il decreto legge, anche laddove introduce disposizioni volte a novellare la normativa previgente, non sempre effettua un adeguato coordinamento con la medesima; ad esempio, all'articolo 33, comma 1, lettera b), novella l'articolo 19 della legge 12 novembre 2011, n. 183, introducendovi un comma 2-bis, che a sua volta contiene una novella all'articolo 3, comma 5, lettera c), del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, al quale più opportunamente la novella andava riferita;
   il provvedimento reca talune disposizioni che precisano che determinate norme o discipline previgenti continuano ad avere efficacia, risultando pertanto meramente ricognitive e del tutto prive di una autonoma portata normativa; ciò si riscontra, ad esempio, all'articolo 4, comma 3; all'articolo 5, il quale fa genericamente salvi «i requisiti reddituali già previsti dalla normativa vigente»; all'articolo 6, che precisa che resta «Ferma la tutela derivante dall'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali», all'articolo 13, comma 13; nonché all'articolo 37, che, nel demandare ad un regolamento di delegificazione il compito di «individuare tra le Autorità indipendenti esistenti, l'Autorità che svolge competenze assimilabili a quelle previste dal presente articolo» nell'ambito della liberalizzazione del settore dei trasporti, al comma 4, prevede che «Restano ferme tutte le altre competenze diverse da quelle disciplinate nel presente articolo delle amministrazioni pubbliche; (...)» Restano altresì ferme e possono essere contestualmente esercitate le competenze dell'Autorità garante della concorrenza (...), e le competenze dell'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici (...) e le competenze dell'Agenzia per le infrastrutture stradali e autostradali (...)»; al medesimo comma 4, peraltro, nel confermare le competenze delle Amministrazioni pubbliche diverse da quelle disciplinate dall'articolo in questione, precisa che «in particolare, restano ferme le competenze in materia di vigilanza, controllo e sanzione nell'ambito dei rapporti con le imprese di trasporto e con i gestori delle infrastrutture, in materia di sicurezza e standard tecnici, di definizione degli ambiti del servizio pubblico, di tutela sociale e di promozione degli investimenti» di modo che le competenze delle Amministrazioni che pure vengono fatte salve, sono presentate tuttavia come non esaustive;
   il provvedimento si connota per l'adozione di una peculiare tecnica normativa consistente nell'introduzione, nell'ambito di numerosi articoli – formulati per lo più in termini di novella – di una sorta di preambolo esplicativo, dove sono indicate le finalità perseguite con le novelle stesse; tale tecnica normativa viene adottata, esempio, all'articolo 1, comma 1 (che dispone: «in considerazione della esigenza di rilanciare lo sviluppo economico del Paese e fornire un aiuto alla crescita mediante una riduzione della imposizione sui redditi derivanti dal finanziamento con capitale di rischio, nonché per ridurre lo Pag. 21squilibrio del trattamento fiscale tra imprese che si finanziano con debito ed imprese che si finanziano con capitale proprio, e rafforzare, quindi, la struttura patrimoniale delle imprese e del sistema produttivo italiano»); all'articolo 3, comma 1 (nel quale la parte dispositiva dell'articolato è preceduta dal seguente preambolo: «In considerazione della eccezionale crisi economica internazionale e della conseguente necessità della riprogrammazione nell'utilizzo delle risorse disponibili, al fine di accelerare la spesa dei programmi regionali cofinanziati dai fondi strutturali negli anni 2012, 2013 e 2014»; all'articolo 3, comma 2; all'articolo 21, comma 1 (che opera un riferimento al «(...) processo di convergenza ed armonizzazione del sistema pensionistico attraverso l'applicazione del metodo contributivo, non ché al fine di migliorare l'efficienza e l'efficacia dell'azione amministrativa nel settore previdenziale e assistenziale»; all'articolo 27, comma 2, capoverso Art. – 3-ter, comma 2 (laddove la disposizione è preceduta dalla seguente enunciazione di finalità: «Al fine di contribuire alla stabilizzazione finanziaria, nonché per promuovere iniziative volte allo sviluppo economico e alla coesione sociale e per garantire la stabilità del Paese»); nonché all'articolo 30, comma 8, che, in materia di tutela e valorizzazione dei beni culturali, dopo un lunghissimo preambolo, dispone che al Ministero per i beni e le attività culturali non si applicano una serie di disposizioni;
   il provvedimento si caratterizza inoltre come disciplina per alcuni versi derogatoria del diritto vigente; in proposito, si rileva come, in alcuni casi, le disposizioni derogate siano specificatamente richiamate e siano oggetto di deroghe puntuali: ciò si riscontra, ad esempio, all'articolo 8, comma 30, che agisce in «deroga agli articoli 1264, 1265 e 2800 del codice civile e all'articolo 3, comma 1-bis del decreto legislativo 21 maggio 2004, n. 170»; all'articolo 13, comma 12, in materia di versamento dell'imposta municipale propria, e all'articolo 14, comma 35, in materia di tributo comunale sui rifiuti e sui servizi, che dispongono in deroga all'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446; in altri casi, invece, si fissa una deroga alle disposizioni vigenti in ambiti più vasti: ciò si riscontra, ad esempio, all'articolo 27, comma 2, capoverso Art. 3-ter comma 9, che contiene una deroga generica «alle norme in materia di contabilità generale dello Stato»; all'articolo 39, comma 7, che agisce «in deroga alle disposizioni di legge che prevedono divieti o limiti di partecipazione» ai Confidi; all'articolo 43, comma 6, che reca una ampia deroga alle disposizioni del Titolo II del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, nonché a «ulteriori autorizzazioni, concessioni, permessi, nulla osta o atti di assenso comunque denominati»;
   il decreto reca altresì deroghe esplicite ed implicite alle disposizioni recate dall'articolo 3, comma 1, della legge n. 212 del 2000, recante disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente; ad esempio, all'articolo 24, comma 31, in materia di indennità di fine rapporto, precisa che, in deroga alle disposizioni recate dall'articolo 3, comma 1, della legge n. 212 del 2000, esse hanno efficacia con riferimento alle indennità ed ai compensi il cui diritto di percezione è sorto a decorrere dal 1o gennaio 2011, mentre, all'articolo 28, comma 1, nell'anticipare al 2011 la decorrenza della possibilità per le regioni di modificare le aliquote dell'addizionale regionale all'IRPEF di base, reca una deroga implicita al citato articolo 3;
  sotto il profilo dell'efficacia temporale delle disposizioni:
   il decreto-legge, all'articolo 21, comma 5, lettera a), all'articolo 23, comma 6, e all'articolo 44, comma 3, reca tre norme di interpretazione autentica, con riferimento alle quali appare dubbio il rispetto della prescrizione della circolare sulla formulazione tecnica dei testi legislativi secondo cui «deve risultare comunque chiaro se ci si trovi in presenza di una disposizione di interpretazione autentica ovvero Pag. 22di una disposizione di modifica sostanziale alla quale si vuole dare effetto retroattivo»;
  sul piano dei rapporti con le fonti di rango primario:
   il provvedimento, all'articolo 23, comma 7, laddove dispone che «Ove alla data del 31 dicembre 2011 la Commissione governativa per il livellamento retributivo Italia – Europa [..] non abbia provveduto alla ricognizione e alla individuazione della media dei trattamenti economici (..) riferiti all'anno precedente ed aggiornati all'anno in corso (..), il Governo provvederà con apposito provvedimento d'urgenza», prefigura, al verificarsi di determinate condizioni e ad una precisa scadenza temporale, il ricorrere degli straordinari motivi di necessità e di urgenza che giustificano, ai sensi dell'articolo 77 della Costituzione, il ricorso alla decretazione d'urgenza;
   il provvedimento, in più circostanze, demanda ad atti del Presidente del Consiglio dei ministri o, ancora, a provvedimenti del direttore dell'Agenzia delle entrate, il compito di incidere su disposizioni di rango legislativo, affidando così, nel primo caso, ad atti ordinariamente a contenuto politico e, nel secondo caso, ad atti non facilmente inquadrabili nell'ambito del sistema delle fonti del diritto, il compito di modificare disposizioni di rango legislativo, secondo una procedura difforme rispetto a quella prevista dall'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, che non offre quindi le medesime garanzie individuate da tale procedura, e della quale, in alcune circostanze, andrebbe altresì valutata la compatibilità con la riserva di legge prevista dall'articolo 23 della Costituzione in materia tributaria; ciò si riscontra, in particolare: all'articolo 5, comma 1, secondo periodo, che demanda ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri di natura non regolamentare, da emanare previo parere delle Commissioni parlamentari competenti entro il 31 maggio 2012, l'individuazione delle «agevolazioni fiscali e tariffarie, nonché delle provvidenze di natura assistenziale che, a decorrere dal 1o gennaio 2013, non possono essere più riconosciute ai soggetti in possesso di un Isee [indicatore della situazione economica equivalente] superiore alla soglia individuata con il decreto stesso»; all'articolo 8, comma 1, che demanda ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri la possibilità di prorogare alcuni termini previsti dal medesimo articolo 8; nonché all'articolo 10, comma 12, che demanda a provvedimenti del direttore dell'Agenzia delle entrate il compito di modificare disposizioni di rango legislativo; in un altro caso, invece, affida ad una fonte di rango secondario il compito di modificare una normativa oggetto di fonte primaria del diritto, ma secondo una procedura difforme rispetto al modello della delegificazione (si veda, in proposito, l'articolo 8, comma 20, che demanda ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, sentita la Banca d'Italia, la possibilità di «variare i criteri di calcolo e la misura delle commissioni del presente articolo in conformità delle Comunicazioni della Commissione Europea, tenuto conto delle condizioni di mercato»);
  sul piano dei rapporti tra le fonti primarie e le fonti subordinate:
   il decreto legge, all'articolo 22, comma 2, ed all'articolo 24, comma 18, reca due autorizzazioni alla delegificazione non formulate in conformità al modello previsto dall'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, in quanto non sono indicate le «norme generali regolatrici della materia» né sono indicate espressamente le norme di rango primario abrogate con effetto dalla data di entrata in vigore dei regolamenti; analogamente, all'articolo 37, opera un riferimento ai «principi e criteri direttivi» in luogo delle «norme generali regolatrici della materia», né indica le disposizioni da abrogare con effetto dall'entrata in vigore delle norme regolamentari»; da ultimo, all'articolo 29, comma 3, secondo periodo, reca una autorizzazione alla modifica del regolamento di delegificazione adottato con il decreto del Presidente della Repubblica Pag. 23n. 223 del 2010, anch'essa non formulata in conformità al modello di legge, in quanto vengono indicate la sole finalità della revisione del regolamento in questione;
   il provvedimento, all'articolo 45, comma 4, incide, mediante un'esplicita novellazione, su discipline oggetto di fonte normativa di rango subordinato e, segnatamente, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 luglio 2009, integrando una modalità di produzione legislativa che, secondo i costanti indirizzi del Comitato, non appare conforme alle esigenze di coerente utilizzo delle fonti, in quanto può derivarne l'effetto secondo cui atti non aventi forza di legge presentano un diverso grado di resistenza ad interventi modificativi successivi (si veda il punto 3, lettera e), della circolare congiunta dei Presidenti di Camera e Senato e del Presidente del Consiglio del 20 aprile 2001);
   il decreto legge demanda l'attuazione della normativa da esso recata a tre decreti del Presidente del Consiglio dei ministri (si vedano, gli articoli 27, commi 3 e 4, lettera c), e 28, comma 5; in altri due casi (articolo 5, comma 1, e 8, comma 1), esso assegna invece a due decreti del Presidente del Consiglio dei ministri il compito di incidere su disposizioni di rango legislativo; in altri casi, invece, (si tratta dell'articolo 10, commi 3 e 5; dell'articolo 11, comma 3; dell'articolo 13, comma 12; dell'articolo 16, commi 7 e 15 dell'articolo 19, comma 10) esso demanda a provvedimenti del direttore dell'Agenzia delle entrate il compito di dettare disposizioni di attuazione, mentre all'articolo 10, comma 12, demanda al medesimo atto il compito di modificare disposizioni di rango legislativo; in altri casi ancora, il provvedimento assegna compiti di attuazione delle disposizioni da esso recate a decreti ministeriali, ovvero del Presidente del Consiglio dei ministri dei quali si esplicita la natura non regolamentare (a titolo esemplificativo, si vedano gli articoli: 5, comma 1, (che prevede l'adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri); 8, comma 34; 21, commi 2, 6, 14 e 17; 22, comma 6, capoverso 26-bis (che prevede l'adozione di un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri) e 39, commi 1, 5 e 6; con riferimento a tali circostanze, come più volte segnalato dal Comitato per la legislazione, si ricorda che il ricorso ai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri non appare conforme alle esigenze di un coerente utilizzo delle fonti normative, in quanto si demanda ad un atto di natura politica la definizione di una disciplina che dovrebbe essere oggetto di una fonte secondaria del diritto e, segnatamente, considerata la complessità delle procedure previste ed il numero dei soggetti coinvolti, di un regolamento di attuazione nella forma di decreto del Presidente della Repubblica da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge n. 400 del 1988, ovvero di un decreto ministeriale adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della medesima legge n. 400 del 1988; mentre, a proposito dei decreti di natura non regolamentare, si ricorda che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 116 del 2006, con riferimento ad un decreto ministeriale del quale si esplicitava la natura non regolamentare (contenuto all'articolo 3 del decreto-legge n. 279 del 2004), lo qualificava come «un atto statale dalla indefinibile natura giuridica»;
  sul piano della corretta formulazione e della tecnica di redazione del testo:
   il provvedimento reca disposizioni che contengono richiami normativi imprecisi o generici; ciò si riscontra, ad esempio, all'articolo 13, comma 1, ed all'articolo 20, comma 3, che richiamano le norme vigenti «in quanto compatibili», nonché all'articolo 31, comma 2, che richiama «la disciplina dell'Unione Europea e nazionale in materia di concorrenza, libertà di stabilimento e libera prestazione di servizi»;
   il decreto legge, all'articolo 44, che reca disposizioni in materia di appalti pubblici, al comma 1, laddove prevede che «l'incidenza del costo del lavoro nella misura minima garantita dai contratti vigenti e delle misure di adempimento delle disposizioni Pag. 24in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro restano comunque disciplinati dall'articolo 86, commi 3-bis e 3-ter; 87, commi 3 e 4; ed 89, comma 3, del decreto legislativo n. 163 del 2006; dall'articolo 36 della legge 20 maggio 1970, n. 300; dagli articoli 26, commi 5 e 6, e 27 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81» contiene una disposizione della quale andrebbe chiarita la portata normativa, in quanto il puntuale riferimento soltanto ad alcune delle disposizioni applicabili, potrebbe indurre l'interprete ad escludere l'applicazione integrale delle disposizioni non specificamente richiamate; peraltro, il medesimo articolo, al comma 5, abroga l'articolo 12 della recente legge 11 novembre 2011, n. 180, che a sua volta modifica l'articolo 91, comma 1 del codice dei contratti pubblici di cui al decreto legislativo n. 163 del 2006. In proposito, si rammenta in proposito che il paragrafo 15, lettera d) della circolare sulla formulazione tecnica dei testi legislativi dispone che «Se si intende fare rivivere una disposizione abrogata o modificata occorre specificare espressamente tale intento»;
   sotto il profilo della corretta formulazione del testo, il provvedimento, alla rubrica dell'articolo 35, in luogo della corretta denominazione «Autorità garante della concorrenza e del mercato», utilizza la denominazione sintetica in lingua straniera della medesima Autorità, denominandola «Antitrust», mentre, alla rubrica dell'articolo 33, utilizza uno stile sintetico o quasi telegrafico (la rubrica in questione così recita: «Soppressione limitazioni esercizio attività professionali»);
   infine, il disegno di legge di conversione non è corredato della relazione sull'analisi tecnico-normativa (ATN), né è provvisto della relazione sull'analisi di impatto della regolamentazione (AIR), senza che nella relazione di accompagnamento si riferisca in merito all'eventuale esenzione dall'obbligo di redigerla, in difformità dunque da quanto statuito dall'articolo 9 del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 170 del 2008;
  ritiene che, per la conformità ai parametri stabiliti dall'articolo 16-bis e 96-bis del Regolamento, debbano essere rispettate le seguenti condizioni:
  sotto il profilo dell'efficacia del testo per la semplificazione e il riordinamento della legislazione vigente:
   si proceda a collocare negli appropriati contesti normativi le disposizioni di riforma organica di vari settori dell'ordinamento indicate in premessa, che non sono coordinate con la normativa vigente;
   per quanto detto in ordine ai rapporti tra le fonti primarie e quelle subordinate, siano riformulate le disposizioni indicate in premessa che demandano la relativa attuazione a decreti del Presidente del Consiglio dei ministri, a decreti ministeriali di natura non regolamentare, ovvero a provvedimenti del direttore dell'Agenzia delle entrate, nel senso di prevedere che la disciplina attuativa sia introdotta da regolamenti adottati ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge n. 400 del 1988, ovvero da regolamenti di attuazione aventi la forma di decreto del Presidente della Repubblica, ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della succitata legge n. 400 del 1988;
   per quanto detto in premessa, sia valutata la compatibilità con il sistema delle fonti del diritto delle disposizioni recate dall'articolo 5, comma 1, secondo periodo, dall'articolo 8, commi 1 e 20 e dall'articolo 10, comma 12, le quali affidano il compito di modificare disposizioni di rango legislativo ad atti ordinariamente a contenuto politico (decreti del Presidente del Consiglio dei ministri), ovvero ad atti non facilmente inquadrabili nell'ambito del sistema delle fonti del diritto (provvedimenti del direttore dell'Agenzia delle entrate) o ancora a fonti di rango secondario, ma secondo una procedura difforme rispetto a quella prevista dall'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988;
   all'articolo 6, all'articolo 14, comma 46, all'articolo 21, commi 1, 12 e 13 e all'articolo 34, comma 3, che dispongono Pag. 25la soppressione di numerosi istituti giuridici ed enti, si proceda alla contestuale indicazione delle disposizioni che si intendono abrogare;
   sia soppressa la disposizione di cui al comma 1 dell'articolo 7, che, nell'autorizzare il Presidente della Repubblica ad accettare gli emendamenti all'Accordo istitutivo della banca europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo adottati dal Consiglio dei Governatori della Banca medesima il 30 settembre 2011, reca un'autorizzazione alla ratifica, la cui presenza in un disegno di legge di conversione è fattispecie da valutare anche alla luce del limite posto dall'articolo 15, comma 2, lettera b), della legge n. 400 del 1988, secondo cui il Governo non può, mediante decreto-legge, provvedere nelle materie indicate nell'articolo 72, quarto comma, della Costituzione (tra cui figurano anche i disegni di legge di autorizzazione a ratificare trattati internazionali);
   all'articolo 22, comma 2, all'articolo 24, comma 18, all'articolo 37 e all'articolo 29, comma 3, che recano autorizzazioni alla delegificazione non formulate in conformità al modello previsto dall'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, si proceda ad esplicitare le norme generali regolatrici della materia, nonché le disposizioni per le quali si produce l'effetto abrogativo, secondo il modello di delegificazione codificato dall'articolo 17, comma 2, della legge n. 400;
   per quanto detto in premessa, all'articolo 23, comma 7, sia espunto il riferimento all'adozione, da parte del Governo, di un provvedimento di urgenza, al verificarsi di determinate condizioni e ad una precisa scadenza temporale;
   all'articolo 23, commi da 14 a 20 – che introduce una riforma in tema di funzioni, organi di governo e legislazione elettorale delle province – si riformulino le disposizioni in questione nel senso di:
    a) demandare alla legge dello Stato, prevista dal comma 16, il compito di individuare le funzioni, la composizione e il relativo sistema elettorale degli organi di governo delle province, al fine di evitare che le disposizioni di cui ai commi 15, 16 e 17, come attualmente formulate, si pongano in contrasto con il limite di contenuto dei decreti legge posto dall'articolo 15, comma 2, lettera b), della legge n. 400 del 1988, secondo cui il Governo non può, mediante decreto-legge, provvedere nelle materie indicate nell'articolo 72, quarto comma, della Costituzione (tra cui figurano anche i disegni di legge in materia elettorale);
    b) non procedere ad indicare alcun termine per l'approvazione della legge in questione;
    c) specificare che la legge in questione provveda a salvaguardare comunque l'autonomia delle Regioni a statuto speciale nella quale rientra la competenza in tema di ordinamento degli enti locali;
   all'articolo 28, comma 1, secondo periodo e comma 2 – che modifica in maniera non testuale ed estende l'ambito di applicazione del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, recante disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nei termini indicati in premessa – si dovrebbe valutare l'opportunità di riformulare la disposizione in questione in termini di novella al succitato decreto legislativo.

  Il Comitato osserva altresì quanto segue:
  sotto il profilo dell'efficacia del testo per la semplificazione e il riordinamento della legislazione vigente:
   si dovrebbe valutare l'opportunità di riformulare le disposizioni indicate in premessa, che incidono in via non testuale su previgenti disposizioni legislative, in termini di novella alle medesime;
   all'articolo 21, comma 5, lettera a), all'articolo 23, comma 6, e all'articolo 44, comma 3 – che recano tre norme di interpretazione autentica, con riferimento alle quali appare dubbio il rispetto della Pag. 26prescrizione della circolare sulla formulazione tecnica dei testi legislativi secondo cui «deve risultare comunque chiaro se ci si trovi in presenza di una disposizione di interpretazione autentica ovvero di una disposizione di modifica sostanziale alla quale si vuole dare effetto retroattivo» – siano riformulate le disposizioni in questione in termini di novella, eventualmente conferendo alle medesime, ove possibile, efficacia retroattiva.»

  Gianfranco POLILLO, sottosegretario per l'economia e le finanze, ringrazia i componenti del Comitato per il lavoro svolto e auspica che – una volta cessate le condizioni straordinarie nelle quali oggi si opera e che, determinando un'oggettiva compressione dei tempi della decisione governativa, finiscono per compromettere un'ottimale stesura delle norme – il Governo e il Parlamento possano proficuamente cooperare al fine di garantire il rispetto dei migliori canoni di scrittura dei testi normativi.

  Il Comitato approva la proposta di parere, come riformulata.

  La seduta termina alle 17.10.