CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 30 novembre 2011
570.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giunta per le autorizzazioni
COMUNICATO
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  Mercoledì 30 novembre 2011. — Presidenza del Presidente Pierluigi CASTAGNETTI.

  La seduta comincia alle 9.20.

  Pierluigi CASTAGNETTI, Presidente, dà il benvenuto al collega Vincenzo D'Anna, nominato componente della Giunta in luogo dell'onorevole Moffa, dimissionario.

Elezione di un segretario.

  Pierluigi CASTAGNETTI, Presidente, ricorda di aver preannunciato nella seduta del 26 ottobre 2011 che – a seguito delle dimissioni dalla Giunta del collega Fabio Gava, il quale ricopriva la carica di segretario – nella seduta odierna si sarebbe proceduto a una nuova elezione per integrare l'ufficio di Presidenza. Indìce dunque la relativa votazione per schede e invita i deputati segretari a procedere alla chiama.
(Segue la votazione).

  Comunica il risultato della votazione.
    Presenti e votanti 14    
  Hanno riportato voti:
    Roberto Cassinelli 11    
    Schede nulle  0    
    Schede bianche  3    

  Hanno preso parte alla votazione per l'elezione di un Segretario i seguenti deputati: Pierluigi Castagnetti, Maurizio Bianconi, Roberto Cassinelli, Vincenzo D'Anna, Armando Dionisi, Fulvio Follegot, Antonino Lo Presti, Pierluigi Mantini, Federico Palomba, Maurizio Paniz, Luca Rodolfo Paolini, Anna Rossomando, Marilena Samperi e Maurizio Turco.

  Pierluigi CASTAGNETTI, Presidente, proclama eletto segretario il deputato Roberto Cassinelli, cui rivolge rallegramenti anche a nome della Giunta.

Esame di una domanda di autorizzazione all'utilizzo di intercettazioni telefoniche nei confronti del deputato Romano (doc. IV, n. 24).
(Esame e rinvio).

  Roberto CASSINELLI (PdL), relatore, riferisce che la richiesta in titolo si colloca entro un'indagine della procura di Palermo (procedimento penale n. 15675/08 RGNR) che si svolge a carico di diversi soggetti: Gianni Lapis, Massimo Ciancimino, Salvatore Cintola, Carlo Vizzini, Pag. 5Francesco Saverio Romano salvo altri. I reati ipotizzati sono il riciclaggio e la corruzione aggravati ai sensi dell'articolo 7 della legge n. 203 del 1991 (fatti commessi con il metodo delle organizzazioni di tipo mafioso o per favorire le medesime).
  In particolare, l'autorità giudiziaria richiede di acquisire venticinque intercettazioni di conversazioni che testimonierebbero gli stretti rapporti tra Gianni Lapis e l'onorevole Romano e come in definitiva quest'ultimo avesse inteso l'intera sua funzione parlamentare come strumentalizzata e messa a disposizione del sodalizio criminoso. Fa presente che il procedimento sopra richiamato è una gemmazione del procedimento penale n. 12021/2004 RGNR sempre nei confronti del Lapis e di Massimo Ciancimino.
  Chiarisce, in via preliminare, che il Massimo Ciancimino di cui si tratta è il figlio di Vito, già sindaco di Palermo e ora deceduto. Invece, il Salvatore Cintola di cui si parla è stato più volte deputato, membro dell'Assemblea regionale siciliana e da ultimo anche senatore della Repubblica, cessato da tale carica nel 2009 per aver optato ancora una volta per il seggio all'Assemblea regionale siciliana. L'onorevole Cintola è poi anch'egli deceduto il 30 luglio 2010.
  Illustra che la documentazione che accompagna la domanda dell'autorità giudiziaria di Palermo è assai voluminosa e contiene atti di vario genere (verbali di interrogatorio, documentazione bancaria, tabulati telefonici, brogliacci di intercettazioni telefoniche e ambientali, copie di corrispondenza tra i vari protagonisti, perizie, copie di deliberazioni amministrative eccetera). A brani la documentazione non è di facilissima lettura, giacché si tratta di brogliacci scritti a mano.
  Precisa quindi che, in buona sostanza, l'ipotesi accusatoria si fonda su due pilastri: in primo luogo, vi sarebbe un'associazione per delinquere le cui menti sarebbero Lapis e Massimo Ciancimino, i quali hanno di fatto continuato a gestire un potere finanziario in Sicilia, muovendo dal controllo della metanizzazione di vasta parte del territorio della Regione e dal controllo delle società del gas. A questo riguardo, l'autorità giudiziaria compiega due voluminose perizie del dottor Collovà, il quale ricostruisce la storia amministrativa della metanizzazione attraverso l'analisi delle deliberazioni di molti enti locali e mediante lo studio di copioso materiale societario e contabile.
  In secondo luogo, l'associazione avrebbe – per così dire – due versanti di interesse, quello Lapis-Ciancimino e quello dei politici che ottenevano da costoro vantaggi e che avrebbero supportato dall'esterno gli interessi del sodalizio criminoso (Vizzini, Cintola, Cuffaro, Romano). Più in dettaglio, al duo Lapis-Ciancimino devono essere ricondotte le società che si occupavano di ottenere gli appalti per i lavori di metanizzazione e di gestione del servizio di erogazione del gas. Queste ditte (per esempio l'AKRAGAS, la CONGAS, la FINGAS, la NISSENA GAS e altre) indi subappaltavano ad altre imprese legate sul territorio a varie ulteriori organizzazioni mafiose.
  Questa attività doveva contare su appoggi istituzionali consistenti, in particolare perché lo sfruttamento del gas è soggetto a concessione da parte della Regione (a questo proposito negli atti è consultabile il parere dell'ufficio legale della Regione Sicilia del 1986, secondo cui per concedere le opere di metanizzazione era possibile la trattativa privata).
  È per questo che da molti anni (già a partire dalla fine degli anni ’70) il Ciancimino padre e il Lapis contavano su relazioni e amicizie in ambito politico e di fatto coltivavano essi stessi una classe dirigente che potesse ritenersi affidabile per i loro scopi.
  Questa lettura degli eventi è offerta dal medesimo Gianni Lapis nell'interrogatorio reso il 19 marzo 2009. In tale circostanza egli afferma di aver dato somme a diverse persone tra cui sia Vizzini sia Cintola ed anche al Romano, precisando che non si sarebbe trattato di somme particolarmente significative. Peraltro, in un successivo Pag. 6passaggio specifica che nel 1992 il deputato Romano era troppo giovane per dare un apporto significativo.
  Fa presente quindi che nelle deposizioni testimoniali di Marco Villani, di Bruno Lamenta e di Lelio Cusumano si può trovare conferma dei rapporti continui tra Lapis e i predetti politici. Che Lapis si occupasse del settore del gas è affermato sia dal lungo interrogatorio dell'avvocatessa Giovanna Livreri (legale di varie società del gruppo GAS) dell'8 aprile 2009 sia dell'avvocato Corsini di Cadenzano (in provincia di Firenze) che ebbe occasione di fare affari con lui. L'interessamento del complesso delle cosche mafiose alla gestione del gas apparirebbe attestato anche da un passaggio di un interrogatorio del pentito Antonino Giuffré del 17 settembre 2009. Altro fondamentale tassello della ricostruzione da parte degli inquirenti sta in un decreto di sequestro preventivo di conti bancari disposto dal giudice delle indagini preliminari di Palermo, Gioacchino Scaduto, il 9 luglio 2005. Da questo provvedimento emergerebbe come di fatto il Gianni Lapis sia oggi il dominus della situazione delle società del gas ma che egli sarebbe stato, per così dire, «allevato» da Vito Ciancimino in qualità di prestanome e che soltanto alla morte del Vito Ciancimino medesimo abbia assunto il ruolo di «mente» dell'associazione.
  Circa le modalità dei versamenti asseritamente corruttivi da parte di Lapis ai predetti politici, tali versamenti avvenivano sul conto cosiddetto «Mignon» di una filiale del Crédit Lyonnais a Ginevra, oggetto del predetto sequestro preventivo.
  Un altro elemento secondo gli inquirenti particolarmente significativo sarebbe un incontro avvenuto il 18 gennaio 2004 presso lo studio di Gianni Lapis in via Libertà a Palermo cui avrebbero partecipato Cintola, Cuffaro e Francesco Saverio Romano.
  Al riguardo, precisa che tale circostanza (filmata dai carabinieri) è dapprima negata dal Cintola, interrogato il 16 giugno 2009, ma poi – dopo che l'interrogatorio aveva rivelato diverse contraddizioni – ammesso nel successivo interrogatorio del 10 luglio 2009. Al Cintola peraltro viene contestata una telefonata del 15 ottobre 2003 dalla quale risulta l'indiscutibile rapporto di continua frequentazione tra lui e Lapis. Il 15 gennaio 2004 risulta che la holding del gas viene venduta per 120 milioni di euro a un gruppo societario spagnolo dopo che risultano essersi svolte anche trattative con la GAZPROM russa.
  Nell'ipotesi accusatoria il ruolo di Romano sarebbe quello di essersi messo a disposizione in modo complessivo rispetto alle esigenze del gruppo.
  In particolare egli si sarebbe detto disponibile a farsi promotore a vario titolo di emendamenti a proposte di legge e a procurare contatti tra Gianni Lapis e il Ministero dello sviluppo economico, dicastero competente per i provvedimenti di gestione delle imprese in crisi (ai sensi della cosiddetta «legge Prodi»). Inoltre, il Romano avrebbe avuto il ruolo di informatore e di curatore sulle iniziative ministeriali in corso proprio per rendere Lapis edotto delle procedure amministrative in modo tempestivo.

  Pierluigi CASTAGNETTI, Presidente, dispone l'audizione dell'on. Romano.
(Viene introdotto il deputato Romano).

  Francesco Saverio ROMANO (PT), espresse in via preliminare preoccupazioni sullo svolgimento del procedimento, nel corso del quale non gli è stato consentito di estrarre copia delle trascrizioni delle intercettazioni che lo riguardano, a suo avviso in contrasto con la giurisprudenza costituzionale, ma soltanto di ascoltarle in cuffia, rimarca che si tratta di intercettazioni svoltesi ben otto anni fa. Si dice preoccupato non del contenuto delle intercettazioni bensì della conduzione del procedimento, giacché vengono mosse a lui accuse che invece non sono state contestate a Gianni Lapis né a Massimo Ciancimino, originari imputati nell'inchiesta e che sono stati successivamente condannati per intestazione fittizia di beni.Pag. 7
  Crede curioso che a lui venga contestata l'aggravante di cui all'articolo 7 della legge n. 203 del 1991, quasi che egli abbia concorso in reati la cui commissione è iniziata a opera di Vito Ciancimino, deceduto già nel 2002.
  Espone di aver reso un interrogatorio all'autorità giudiziaria, la quale gli contesta una generica disponibilità nei confronti del preteso sodalizio criminoso, rispetto alla quale però non sono offerti precisi riscontri. Conosce di fama il professor Gianni Lapis dal 1997, per essere costui un noto professionista di Palermo e titolare di una cattedra presso la facoltà di Economia e commercio. Nel 1999 il Lapis assunse la presidenza dell'Istituto regionale per il credito alle cooperative e, in tal veste, ne coltivò relazioni professionali.
  Quanto alle società del gas, ricorda che la capogruppo è stata gestita per anni da tale Brancato, deceduto il quale subentrò il Lapis. Trova strano che i soci palesi di tale società non siano mai stati oggetto di indagine, mentre l'ipotesi accusatoria è che la società medesima, occultamente diretta da Vito Ciancimino, fosse di fatto dedita ad attività illecite.
  Constata di non essere indagato per finanziamento illecito dei partiti bensì per una dazione che il Lapis stesso definisce una «liberalità». Deve invece precisare che il rapporto con Lapis era di tipo professionale: tanto ciò è vero che, volendosi egli far promotore di una modifica legislativa in materia di credito d'imposta, lo consultò per la stesura di un emendamento. Quanto all'episodio del preteso interessamento presso il Ministero delle attività produttive, chiarisce che il Lapis stava seguendo una transazione tra una società del gruppo GRACI e la Sicilcassa, operazione che aveva un'incidenza sul procedimento di commissariamento ai sensi della cosiddetta «legge Prodi». Quanto poi al preteso emendamento sulle società municipalizzate del metano, la cui approvazione veniva auspicata dal Lapis, rappresenta che la disposizione contenuta in tale emendamento formava oggetto di una proposta presentata al Senato da un esponente della Lega Nord e già approvato un anno prima. Non di meno, proprio i contatti a tal proposito intrattenuti dimostrano come gli inquirenti potevano agevolmente capire che i rapporti tra lui e Lapis erano frequenti.
  Sottolinea peraltro che dai decreti di autorizzazione alle intercettazioni e di relativa proroga si capisce chiaramente come già dall'agosto 2003 gli inquirenti sapevano dei rapporti frequenti tra lui e Lapis, anche attraverso il suo assistente Mimmo Di Carlo. Ritiene pertanto che manchi, nel caso che lo riguarda, l'occasionalità delle conversazioni, delle quali forse si sarebbe dovuta occupare la Giunta in precedenti legislature.
  In conclusione, se gli elementi che ha testé esposto destano in lui preoccupazione, un timore ancor maggiore gli susciterebbe l'idea che l'archiviazione in suo favore fosse determinata da un rifiuto della Camera di concedere l'autorizzazione all'uso delle intercettazioni di cui oggi si discute.

  Federico PALOMBA (IdV), premesso che la Giunta non è un giudice del riesame e che non deve pronunziarsi sul merito delle accuse, avverte sin d'ora che voterà per la concessione dell'autorizzazione richiesta, come ha sempre fatto in circostanze di questo genere. Chiede al deputato Romano se possa spiegare perché abbia ricevuto i 50 mila euro di cui è risultanza in atti, per quale motivo essi venissero tratti da un conto svizzero e quali relazioni egli intrattenesse presso il Ministero delle attività produttive.

  Marilena SAMPERI (PD) concede che l'intrattenere rapporti presso un ministero per favorire l'attività di imprese sul territorio sia fisiologico a patto però che non si tratti di attività illecitamente retribuita. È per questo che si associa ai quesiti del collega Palomba, chiedendo altresì al deputato Romano se la dazione dei 50 mila euro fosse un finanziamento al suo partito.

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  Maurizio BIANCONI (PdL), condivisa l'opinione del collega Palomba per cui la Giunta deve limitarsi ad una valutazione assai sommaria del merito delle accuse, chiede al deputato Romano se vi fosse amicizia e familiarità con Gianni Lapis.

  Maurizio TURCO (PD), intendendo proseguire nel solco già individuato dal collega Bianconi, domanda al deputato Romano se non gli fosse nota la figura complessiva del Lapis a Palermo in quegli anni.

  Francesco Saverio ROMANO (PT), iniziando dalle domande postegli da ultimo, risponde che Gianni Lapis era un noto professionista del diritto tributario della città di Palermo, era altresì professore ordinario all'Università ed era subentrato nella guida della holding del gas solo dopo la morte del Brancato. Lo ha generalmente consultato per motivi professionali; dopo il 2001 i loro rapporti si sono diradati.
  Quanto, invece, alla dazione di danaro, rappresenta che l'unico indizio di tale versamento risulta da un biglietto rinvenuto nel domicilio di Massimo Ciancimino nel corso di una perquisizione. Su tale biglietto, da cui risultano dazioni complessive per un milione e trecentotrentamila euro, i beneficiari sono stranamente tutti indicati col solo nome di battesimo: Carlo per Carlo Vizzini, Luigi per Luigi Taliano; curiosamente lui, nell'ipotesi accusatoria, sarebbe stato invece indicato col cognome. In realtà, lo stesso Lapis ha precisato che il «Romano» del biglietto deve essere identificato in Romano Tronci. Quanto ai 50 mila euro di cui si parla, rappresenta che a tale somma ha fatto riferimento solo il Lapis, imputandola a una liberalità. Se il pubblico ministero avesse chiaramente contestato a lui tale dazione egli l'avrebbe spiegata.
  (Il deputato Romano si allontana dall'aula).

  Pierluigi CASTAGNETTI, Presidente, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Comunicazioni del Presidente.

  Pierluigi CASTAGNETTI, Presidente, ricorda che nella seduta del 19 ottobre 2011 aveva dato notizia di una domanda di autorizzazione del Collegio dei reati ministeriali di Perugia che però costituiva la mera reiterazione di una precedente domanda, perciò inidonea a radicare un nuovo procedimento parlamentare, in virtù del principio del ne bis in idem. Gli atti pertanto saranno restituiti per il tramite del Presidente della Camera, secondo le conclusioni proposte nella citata seduta del 19 ottobre.
(Così rimane stabilito).

  Avverte altresì che in data di ieri è pervenuta una domanda di autorizzazione dalla procura di Milano che viene qualificata come «richiesta di autorizzazione a sequestro». La domanda in questione concerne un computer portatile asseritamente di proprietà o nella disponibilità esclusiva dell'onorevole Amedeo Laboccetta. Nel rimandare i componenti al contenuto degli atti, che sono a disposizione già dal pomeriggio di ieri per la consultazione secondo le consuete modalità, chiarisce che la domanda deve intendersi come una richiesta di autorizzazione alla perquisizione di luoghi nella disponibilità del deputato Laboccetta.
  Infatti, l'articolo 68, commi secondo e terzo, della Costituzione richiede la preventiva autorizzazione per specifici atti del procedimento penale, elencati nella medesima disposizione della Costituzione come serie tassativa (v. sentenze della Corte costituzionale nn. 225 del 2001, punto 3 del Considerato in diritto, e 263 del 2003, punto 4 del Considerato in diritto). È noto che, proprio secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale, le disposizioni che sanciscono immunità e prerogative a tutela della funzione parlamentare, in deroga al principio di parità di trattamento davanti alla giurisdizione, debbano essere interpretate nel senso più aderente al testo normativo (Corte costituzionale, sentenza n. 390 del 2007, punto 5.3. del Considerato in diritto). Pag. 9
  Poiché, di per sé, il sequestro di materiale probatorio non rientra nella previsione dell'articolo 68, commi secondo e terzo, della Costituzione a meno che non si tratti di sequestro di corrispondenza in senso proprio, la domanda pervenuta deve intendersi relativa all'atto investigativo con cui si ricercano i mezzi di prova, vale a dire la perquisizione.
  Fa altresì presente che in data di ieri il collega Laboccetta gli ha indirizzato la seguente lettera: «Egregio Presidente, con la presente sono a chiederLe il rilascio di copia della richiesta di autorizzazione al sequestro proposta nei miei confronti dalla Procura della Repubblica presso il tribunale di Milano nonché di tutti gli atti ad essa correlati che risultino trasmessi alla Giunta. Colgo l'occasione per inviarLe cordiali saluti».
  Come è evidente questa richiesta, nella parte relativa agli allegati, non è accoglibile per le stesse ragioni esposte in ordine all'analoga istanza dell'onorevole Milanese e su cui la Giunta ha concordato nella seduta del 7 settembre 2011.

  La Giunta concorda sulle considerazioni del Presidente.

  La seduta termina alle 10.15.

AVVERTENZA

  Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:

Seguito dell'esame della domanda di autorizzazione all'acquisizione di tabulati telefonici nei confronti del deputato Papa (doc. IV, n. 23) (Rel. Castagnetti).