CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 26 ottobre 2011
553.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giunta delle elezioni
COMUNICATO
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GIUNTA PLENARIA

Mercoledì 26 ottobre 2011. - Presidenza del presidente Maurizio MIGLIAVACCA.

La seduta comincia alle 14.30.

Comunicazioni del presidente.

Maurizio MIGLIAVACCA, presidente, informa che nella riunione di ieri l'Ufficio di Presidenza della Camera ha approvato misure in tema di rilevazione delle presenze dei deputati ai lavori delle Giunte e delle Commissioni, anche ai fini dell'applicazione delle trattenute sulla diaria in caso di assenza.
A regime, la rilevazione delle presenze avverrà con un rilevatore elettronico basato sul riconoscimento delle minuzie, che sarà installato presso l'aula di ogni Giunta e Commissione. In via sperimentale, per un periodo di quattro mesi la rilevazione sarà effettuata tramite un registro cartaceo.
Fa presente che il sistema di rilevazione delle presenze entrerà in vigore il prossimo 15 novembre.

La Giunta prende atto.

Maurizio MIGLIAVACCA, presidente, comunica che nella giornata del 21 ottobre 2011 è stata depositata la sentenza della Corte costituzionale n. 277 del 2011 - che è in distribuzione, a disposizione dei colleghi - con la quale è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale degli articoli 1, 2, 3 e 4 della legge 15 febbraio 1953, n. 60, nella parte in cui non prevedono l'incompatibilità tra la carica di parlamentare e quella di sindaco di comune con popolazione superiore ai 20 mila abitanti.
La sentenza è stata emessa dalla Corte in esito ad un giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale promosso dal tribunale civile di Catania nell'ambito di un procedimento nei confronti del senatore Stancanelli, sindaco di Catania, instaurato in via di azione popolare.
La pronuncia della Corte si configura come una sentenza di accoglimento di natura additiva: con essa, cioè, è stata dichiarata l'incostituzionalità della omessa previsione, nelle disposizioni della legge n. 60 del 1953, della incompatibilità con il mandato parlamentare della carica di sindaco di comune con popolazione superiore a 20 mila abitanti.
In quanto sentenza additiva - che, a norma dell'articolo 136 della Costituzione, determina l'inefficacia della menzionata omissione legislativa a decorrere dal giorno successivo alla pubblicazione delle decisione -, la pronuncia della Corte introduce direttamente nella legge n. 60 la previsione della incompatibilità parlamentare

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della carica di sindaco di comune superiore, traendone la relativa disciplina dai princìpi costituzionali invocati a parametro del giudizio di legittimità costituzionale.
Nella motivazione della sentenza a sostegno della declaratoria di incostituzionalità si richiamano, in particolare, i seguenti argomenti:
valorizzazione del principio del parallelismo tra le cause di ineleggibilità sopravvenuta e quelle di incompatibilità (che di recente aveva trovato affermazione nella sentenza n. 143 del 2010 della stessa Corte costituzionale);
necessità di evitare violazioni del principio costituzionale, desumibile dagli articoli 3 e 51 della Costituzione, che esige l'uniforme garanzia per tutti i cittadini, in ogni parte del territorio nazionale, del diritto fondamentale di elettorato attivo e passivo;
necessità di evitare violazioni del connesso principio di ragionevolezza, non potendo un soggetto assumere durante il proprio mandato uffici o cariche che gli avrebbero precluso l'eleggibilità rispetto a quello ricoperto per primo;
necessità di evitare violazioni dell'articolo 67 della Costituzione, considerato che la mancata previsione di una incompatibilità è suscettibile di generare una contrapposizione di interessi tra enti locali ed organizzazione statuale nazionale, a causa del possibile conflitto di interessi tra l'impegno del deputato e quello del sindaco;
necessità di evitare violazioni dell'articolo 97 della Costituzione, posto che il cumulo degli uffici di sindaco di un comune con rilevante popolazione e di parlamentare nazionale può ripercuotersi negativamente sull'efficienza e l'imparzialità delle funzioni esercitate;
necessità di ricondurre il sistema delle ineleggibilità e delle incompatibilità ad una razionalità intrinseca, secondo un criterio teleologico nel cui contesto va evidenziato il carattere bilaterale dell'ineleggibilità; la Corte indica l'obiettivo di tutelare non solo la carica per la quale l'elezione è disposta ma anche la carica il cui esercizio è ritenuto incompatibile con la candidatura in questione; a tale riguardo, la Corte osserva che «il potere discrezionale del legislatore di introdurre (o mantenere) dei temperamenti alla esclusione del cumulo tra le due cariche trova un limite nella necessità di assicurare il rispetto del principio di divieto del cumulo delle funzioni, con la conseguente incostituzionalità di previsioni che ne rappresentino una sostanziale elusione».

Nella sentenza la Corte non manca di osservare che l'articolo 13, comma 3, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, ha nel frattempo già previsto una specifica incompatibilità tra le cariche di deputato e senatore e «qualsiasi altra carica pubblica elettiva di natura monocratica relativa ad organi di governo di enti pubblici territoriali aventi, alla data di indizione delle elezioni o della nomina, popolazione superiore a 5.000 abitanti». A tale riguardo, la Corte sottolinea che «la espressa posticipazione alla prossima legislatura della operatività della nuova previsione di incompatibilità del parlamentare successivamente eletto sindaco rende lo ius superveniens privo di incidenza, ratione temporis, sulla sollevata questione», aggiungendo che «è tuttavia del pari evidente come la novellazione legislativa indichi una palese opzione per la introduzione di una simmetrica e corrispondente operatività fra condizioni di ineleggibilità e di incompatibilità». Secondo la Corte, pertanto, il principio della incompatibilità in parola, statuito dalla sentenza n. 277 del 2011, appariva già ricavabile nell'ordinamento vigente a seguito dell'entrata in vigore della citata previsione del decreto-legge n. 138/2011.
In proposito, osserva incidentalmente come la decisione della Corte costituzionale si riferisca, peraltro, ai sindaci di comuni con popolazione superiore a 20 mila abitanti mentre il comma 3 dell'articolo 13 del decreto-legge n. 138 del 2011

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sancisce l'incompatibilità anche per i sindaci di comuni con popolazione inferiore a 20 mila abitanti purché superiore a 5 mila abitanti.
Sotto altro profilo che più direttamente interessa i lavori della Giunta nell'attuale legislatura, il dispositivo della sentenza dichiara l'incostituzionalità della omessa previsione della incompatibilità per i sindaci dei comuni superiori e non anche per i presidenti di provincia. L'esclusione dei presidenti di provincia deriva probabilmente dalla circostanza che l'originario giudizio civile presso il tribunale di Catania era stato promosso nei confronti di un parlamentare che riveste la carica di sindaco, risultando pertanto quest'ultima tipologia di carica (e non anche altre ad essa affini) oggetto dello scrutinio effettuato dalla Corte.
Si tratta, evidentemente, di una questione cui la Giunta, nell'accingersi al riesame delle cariche in oggetto, dovrà dedicare un particolare approfondimento. Infatti, se in base al principio della «corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato» la Corte non poteva che limitare il proprio giudizio alle cariche di sindaco di comune con popolazione superiore a 20 mila abitanti (ed appunto solo a queste cariche si riferisce la sentenza), non può essere sottaciuta la circostanza che la mancata previsione di incompatibilità per i presidenti di provincia potrebbe sollevare, soprattutto in ambito parlamentare, la questione relativa alla disparità di trattamento tra deputati titolari delle diverse tipologie di cariche. Ciò alla luce della considerazione che - sebbene formalmente non coinvolta dal dispositivo della sentenza n. 277 - anche alla carica di presidente di provincia (che infatti è contemplata, unitamente a quella di sindaco, nella previsione di ineleggibilità di cui all'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica n. 361 del 1957) sembrano potersi pacificamente ricondurre tutti gli argomenti dalla Corte addotti con riferimento alla carica di sindaco di comune con popolazione superiore a 20 mila abitanti.
La decisione della Corte, in ogni caso, introduce un elemento di assoluta novità nella disciplina delle cause di incompatibilità parlamentare, che determina il venir meno dell'argomento posto a fondamento della giurisprudenza parlamentare, inaugurata nel 2002 e ribadita con decisioni assunte a maggioranza dalla Giunta anche nella corrente legislatura, con la quale le cariche in questione erano considerate compatibili a causa dell'assenza nell'ordinamento di una specifica previsione normativa ad hoc che ne sancisse esplicitamente l'incompatibilità.
Ritiene, pertanto, che, avendo la sentenza della Corte costituzionale introdotto nell'ordinamento una specifica norma, non più controvertibile (e dedotta direttamente dai principi costituzionali), che stabilisce univocamente l'incompatibilità parlamentare per i sindaci di comuni con popolazione superiore a 20 mila abitanti, la Giunta debba darvi prontamente seguito, pervenendo in tempi rapidi all'accertamento dell'incompatibilità di dette cariche.
Ricorda, al riguardo, che nella corrente legislatura la Giunta, sulla base delle disposizioni previgenti, ha deliberato, a maggioranza, la compatibilità con il mandato parlamentare delle cariche di sindaco di comune superiore e di presidente di provincia ricoperte da 15 deputati (sedute della Giunta del 27 gennaio 2010, 3 giugno 2010 e 20 luglio 2011). In particolare, alla data odierna risultano ricoprire cariche di sindaco di comune con popolazione superiore a 20 mila abitanti e di presidente di provincia i seguenti deputati:
on. Nicolò CRISTALDI, sindaco di Mazara del Vallo;
on. Luciano DUSSIN, sindaco di Castelfranco Veneto;
on. Giulio MARINI, sindaco di Viterbo;
on. Adriano PAROLI, sindaco di Brescia;
on. Michele TRAVERSA, sindaco di Catanzaro;

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on. Marco ZACCHERA, sindaco di Verbania;
on. Maria Teresa ARMOSINO, presidente della provincia di Asti;
on. Luigi CESARO, presidente della provincia di Napoli;
on. Edmondo CIRIELLI, presidente della provincia di Salerno;
on. Antonello IANNARILLI, presidente della provincia di Frosinone;
on. Daniele MOLGORA, presidente della provincia di Brescia;
on. Antonio PEPE, presidente della provincia di Foggia;
on. Ettore PIROVANO, presidente della provincia di Bergamo;
on. Roberto SIMONETTI, presidente della provincia di Biella;
on. Domenico ZINZI, presidente della provincia di Caserta.

Dal punto di vista procedurale, il fatto che la Giunta nella corrente legislatura abbia già esaminato, dichiarandole compatibili, le predette cariche non costituisce motivo ostativo al riesame delle stesse, e ciò per un duplice ordine di motivazioni. In primo luogo è infatti sopravvenuta, con la sentenza della Corte, una rilevante modifica della disciplina legislativa delle incompatibilità che, per i principi dello ius superveniens e del tempus regit actum, rendono necessaria la riapertura dell'esame, essendo venuti meno i presupposti di diritto che erano alla base delle precedenti delibere di accertamento della compatibilità. In secondo luogo, da un punto di vista formale, nessuna disposizione del regolamento della Giunta preclude un riesame delle deliberazioni di accertamento della compatibilità, essendo previsto, all'articolo 17, comma 2, primo periodo, solo il divieto di richiesta di riesame per le delibere di incompatibilità.
Alla luce del nuovo quadro giuridico e normativo venutosi a creare a seguito della sentenza della Corte costituzionale, il Comitato per le incompatibilità, costituito in seno alla Giunta delle elezioni, non potrà dunque che riaprire l'istruttoria al fine di riesaminare le cariche di sindaco di comune superiore ricoperte da vari deputati e di valutare, eventualmente, se estendere tale esame anche alle cariche di presidente di provincia. L'istruttoria in Comitato dovrebbe svolgersi con la garanzia del contraddittorio con i deputati interessati, a meno che il Comitato stesso non convenga di applicare la prassi, già seguita per le cariche incompatibili per espressa previsione costituzionale (consiglieri e assessori regionali), di non effettuare tale contraddittorio.
Una volta conclusa l'istruttoria in Comitato, la relativa proposta - che, almeno per i sindaci, dovrebbe essere volta all'accertamento dell'incompatibilità - andrà sottoposta alla Giunta plenaria ai fini delle conseguenti deliberazioni.
La proposta di accertamento dell'incompatibilità, una volta approvata dalla Giunta plenaria, sarebbe comunicata al Presidente della Camera ai fini dei conseguenti inviti ad optare.
Data la fonte da cui promana l'integrazione della legge sulle incompatibilità, da presidente di quest'organo di garanzia auspica che sull'attuazione parlamentare di una decisione, fondata sui principi costituzionali, così univoca e insuscettibile di dubbi, la Giunta non si divida, ma sia accomunata dalla volontà di darvi sollecita e coerente attuazione, anche al fine di evitare che su temi così sensibili agli occhi dell'opinione pubblica possano svilupparsi pericolosi fraintendimenti. A questo fine, anzi, crede si possa stabilire fin d'ora di applicare alla fattispecie in esame la procedura per prassi seguita dalla Giunta a partire dalla XV legislatura per l'accertamento delle cause di incompatibilità stabilite dalla Costituzione, ossia quelle relative a consiglieri e assessori regionali, secondo cui la Giunta non procede a votazioni, bensì ad una mera presa d'atto, su proposte di accertamento di incompatibilità fondate su una previsione di rango o avente rilievo costituzionale.

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Tale procedura consentirebbe, infatti, alla Giunta di evitare esiti contraddittori e contrastanti con la sentenza della Corte costituzionale - che ha appunto conferito alla nuova causa di incompatibilità un rilievo indubbiamente costituzionale - quali potrebbero derivare se si rimettesse a deliberazioni a maggioranza la proposta di incompatibilità. Essa, in ultima analisi, consentirebbe di escludere che possa essere sottoposta al voto una proposta in contrasto con la Carta costituzionale, rispettando così la pronuncia della Giunta per il Regolamento del 7 marzo 2002 che, sia pure con riferimento al procedimento legislativo, ma con un'evidente capacità di estensione a tutte le procedure parlamentari, ha riconosciuto come, alla luce dell'ordinamento costituzionale e parlamentare e dei precedenti parlamentari, si deve senz'altro affermare l'esistenza di un potere presidenziale di non ammettere al voto una simile proposta, da inquadrare nell'ambito dei più generali poteri presidenziali di garanzia della regolarità del procedimento.
Una volta dichiarata l'incompatibilità dalla Giunta, i deputati interessati avrebbero ovviamente trenta giorni di tempo per esercitare l'opzione. Resterà peraltro ferma la possibilità che i deputati interessati, prima ancora della conclusione del procedimento in Giunta, rassegnino spontaneamente le dimissioni dal mandato parlamentare, delle quali l'Assemblea prenderebbe atto ai sensi dell'articolo 17-bis, comma 2, del Regolamento della Camera.
In caso di mancata opzione, la proposta di decadenza dal mandato parlamentare sarebbe sottoposta all'Assemblea.
Avverte che, con riferimento alla materia oggi in esame, è pervenuto nella giornata di ieri, 25 ottobre 2011, un reclamo con il quale Daniele Galli, candidato primo dei non eletti della lista Popolo della Libertà nella II Circoscrizione Piemonte 2, richiamando la sentenza n. 277/2011 della Corte costituzionale, chiede alla Giunta di accertare l'incompatibilità con il mandato parlamentare delle cariche di sindaco di comune con popolazione superiore a 20 mila abitanti e di presidente di provincia, tra le quali figurano le cariche di presidente della provincia di Asti e di sindaco di Verbania, rispettivamente ricoperte dagli onorevoli Armosino e Zacchera, entrambi eletti per la stessa lista nella medesima circoscrizione.
Avverte, inoltre, che nella seduta di ieri la Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato, anch'essa convocata per comunicazioni del presidente, ha approvato all'unanimità la proposta del presidente Follini di «affidare all'apposito Comitato l'incarico di formulare con tempestività alla Giunta le proposte volte a risolvere l'incompatibilità fra la carica di senatore e quella di sindaco di comune con popolazione superiore ai 20.000 abitanti, alla luce della sentenza n. 277/2011 della Corte costituzionale». In quella sede è stato altresì chiarito che il Comitato prenderà in esame anche l'analoga problematica dei senatori che ricoprono la carica di presidente di provincia.
Chiede, in conclusione, ai componenti della Giunta di esprimere le proprie valutazioni al riguardo.

Andrea ORSINI (PT) in via preliminare sottolinea come la relazione svolta dal presidente sia molto corposa per gli argomenti in essa affrontata e richieda, pertanto, un sufficiente margine di tempo per effettuare un adeguato approfondimento degli stessi. Chiede, quindi, che la discussione sia rinviata ad altra seduta.

Donata LENZI (PD) auspica che vi sia corrispondenza tra gli orientamenti assunti dalle due Giunte di Camera e Senato, osservando che la Giunta del Senato ha già deliberato all'unanimità, nella seduta di ieri, di deferire l'esame all'apposito Comitato. Evidenzia, al riguardo, come la procedura istruttoria dettata dal regolamento della Giunta sia sufficientemente articolata per consentire di avere a disposizione congrui tempi da dedicare agli approfondimenti ritenuti opportuni, considerato anche che, in alternativa alla procedura indicata dal presidente nelle sue comunicazioni e proprio alla luce del rilievo

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costituzionale dell'incompatibilità, si sarebbe anche potuto decidere di seguire per il caso in esame un iter ben più accelerato, tale da ridurre al minimo i tempi per l'istruttoria in Comitato.

Pino PISICCHIO (Misto-ApI) condivide pienamente i contenuti delle comunicazioni rese dal presidente le quali si muovono all'interno di un perimetro di stringente logica giuridica. Nell'associarsi a quanto testé sottolineato dalla collega Lenzi, ritiene che il Comitato per le incompatibilità possa approfondire le questioni sul tappeto ma osserva come la sentenza della Corte costituzionale sia tale da far ritenere incontrovertibile la previsione della incompatibilità per i sindaci dei comuni con popolazione superiore a 20 mila abitanti. Rivolge, pertanto, un pressante invito a tutti i colleghi affinché, alla luce della logica paragiurisdizionale che deve informare i lavori della Giunta e tenuto conto della forte attenzione del Paese sulla vicenda in esame, siano evitati percorsi che possano apparire come tentativi esclusivamente volti a guadagnare tempo.

Giorgio Clelio STRACQUADANIO (PdL), dopo aver ringraziato il presidente per l'ampia relazione svolta, osserva, in primo luogo, che nulla ha da obiettare in merito a quanto osservato dal collega Pisicchio circa il fatto che sarebbe degno di biasimo qualunque tentativo dilatorio, che comunque per parte sua esclude in via di principio. Ritiene, tuttavia, che alcune considerazioni debbano essere svolte in merito alla necessità che, avendo egli preso formale cognizione della sentenza della Corte solo in data odierna in occasione della seduta della Giunta, sia concesso a lui, come a tutti gli altri componenti della Giunta medesima, il tempo necessario per leggerne i contenuti. In secondo luogo, desidera sottolineare che l'intervento della Corte costituzionale dimostra come la sua parte politica avesse pienamente ragione a sostenere che, prima di tale pronuncia del giudice costituzionale, non vi fosse motivo alcuno per argomentare l'incompatibilità delle cariche di sindaco di comune superiore e di presidente di provincia.
Resta, oltretutto, ancora da chiarire, alla luce del dispositivo della sentenza, quale debba essere il trattamento per la carica di presidente di provincia. A tale ultimo riguardo, rileva che la Corte costituzionale non ha un potere illimitato di conformazione dell'ordinamento giuridico, sicché non può in linea di principio escludersi la necessità di un intervento legislativo volto a chiarire il regime relativo alla compatibilità delle cariche di presidente di provincia, nonché gli ulteriori connessi profili. Reputa, inoltre, necessario che la Giunta si ponga l'interrogativo di quali sarebbero le conseguenze qualora il Parlamento adottasse, in ipotesi, deliberazioni confliggenti con quanto statuito nella sentenza della Corte costituzionale, sebbene si affermi in linea di principio che ciò dovrebbe essere escluso in partenza. Dopo aver sollecitato chiarimenti in merito a quanto esattamente deliberato dalla Giunta del Senato nella seduta di ieri, chiede, in conclusione, che siano messi a disposizione dei componenti della Giunta tutti gli elementi documentali utili per una esaustiva comprensione delle questioni in esame, ribadendo come nulla vieti al Parlamento, attraverso un apposito intervento legislativo, di rovesciare nei prossimi mesi il disposto della Corte costituzionale, dal momento che il Parlamento è sovrano e la Corte è soltanto un interprete.

Maurizio MIGLIAVACCA, presidente, in risposta alla richiesta di chiarimenti avanzata dal collega Stracquadanio, dà integrale lettura del resoconto sommario della seduta della Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari del Senato del 25 ottobre 2011.

Giacomo STUCCHI (LNP), nel sottolineare come la relazione del presidente sia corposa e presenti diversi profili di complessità, osserva che la rapidità con la quale la Giunta del Senato ha ieri deliberato di deferire l'esame delle cariche all'apposito Comitato può probabilmente

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spiegarsi con la circostanza che la sentenza della Corte costituzionale trae direttamente origine da una vicenda che riguarda un senatore. Reputa, inoltre, opportuni specifici approfondimenti sul rapporto che intercorre tra quanto deciso dalla Corte costituzionale e quanto disciplinato dall'articolo 13, comma 3, del decreto legge n. 138 del 2011, anche in relazione al trattamento da riservare ai presidenti di provincia. Si tratta, a suo avviso, di aspetti sui quali la Giunta dovrebbe acquisire maggiori informazioni prima di affidare al Comitato l'incarico di iniziare l'istruttoria. Non reputa possa costituire un problema la richiesta di poter disporre di alcuni giorni in più, e non certamente di mesi, prima di dare avvio alla fase istruttoria in Comitato. Anche il preannunciato parallelismo con il trattamento procedurale riservato alle proposte di accertamento della incompatibilità delle cariche regionali andrebbe, a suo avviso, attentamente valutato prima di assumere qualunque indirizzo in proposito, posto che per le cariche regionali l'incompatibilità è sancita da una norma costituzionale, mentre per le cariche oggi in esame l'incompatibilità è comunque sancita, a seguito della sentenza della Corte, da una norma di legge ordinaria.

Mario CAVALLARO (PD) si dichiara sorpreso del tono dilatorio che sta assumendo il dibattito in Giunta. Dopo aver ricordato come alcuni colleghi, nel recente passato, abbiano rassegnato le dimissioni da deputati una volta eletti sindaci di grandi comuni, con ciò dimostrando un'alta sensibilità istituzionale, richiama l'attenzione dei componenti della Giunta sul fatto che tra i temi maggiormente presenti all'attenzione dell'opinione pubblica figura oggi proprio quello relativo alla insostenibilità del cumulo di cariche diverse, ciò che dovrebbe suggerire comportamenti conseguenti in un momento nel quale divampano le polemiche sulla cosiddetta «casta». Del resto, con la sua sentenza la Corte costituzionale ha affermato qualcosa di meno e non di più rispetto a quanto già deciso dal legislatore con l'articolo 13 del decreto legge n. 138 del 2011, norma che peraltro la maggioranza ha approvato. La sentenza della Corte costituzionale non inventa affatto la norma relativa all'incompatibilità dei sindaci ma, con un dispositivo di natura interpretativa ed additiva, reinterpreta, in maniera conforme alla Costituzione, le vigenti disposizioni in materia di incompatibilità, colmando una omissione giudicata incostituzionale. La Giunta delle elezioni, a suo avviso, non può pertanto che applicare la nuova norma in ossequio non già alla Corte costituzionale in quanto tale, ma alla Costituzione. Richiama, in conclusione, l'attenzione dei colleghi sul fatto che il presidente ha indicato un percorso procedurale conforme alle norme regolamentari e non già derogatorio delle stesse, come pure, al fine di abbreviare la procedura, si sarebbe potuto fare.

Pietro TIDEI (PD) sottolinea come il collega Stracquadanio, pur iniziando l'intervento con l'affermazione volta ad escludere da parte sua qualunque intento dilatorio, abbia nel corso dello stesso dimostrato di voler perseguire il fine esattamente contrario. Desta stupore, anzitutto, che un componente della Giunta dichiari di venire a conoscenza della sentenza solo ora, quando fin dal giorno in cui è stata resa pubblica tutti gli organi di informazione ne hanno dato ampiamente conto. Osserva, inoltre, che la Corte costituzionale non ha affatto innovato l'ordinamento ma si sia semplicemente limitata a constatare la necessità, costituzionalmente motivata, della previsione della incompatibilità per i sindaci dei comuni maggiori. Non crede vi sia nulla di cui informarsi se non limitarsi a leggere quanto statuito dal giudice costituzionale, la cui lettura avrebbe dovuto essere cura di ciascun componente della Giunta effettuare prima della seduta odierna. Dopo aver rilevato come la Corte costituzionale abbia con la sentenza in parola confermato la posizione da sempre assunta in materia dalla sua parte politica - e non già quella espressa dal collega Stracquadanio - ritiene che da parte di tutti occorrerebbe

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dimostrare il coraggio di recepire immediatamente, attraverso le conseguenti decisioni della Giunta, quanto stabilito dalla Corte. Tutti gli approfondimenti reputati opportuni potranno, del resto, essere obiettivamente svolti nella sede propria del Comitato per le incompatibilità.

Andrea ORSINI (PT) rimarca come in qualunque sede giurisdizionale l'approfondimento non sia mai una perdita di tempo, a meno che non si voglia adottare un'ottica di diritto sostanziale tuttavia estranea alla tradizione dell'ordinamento giuridico italiano. Quel che la Giunta è chiamata a fare è esclusivamente definire nel modo più corretto gli effetti e le conseguenze della sentenza della Corte costituzionale. D'altra parte, le sentenze della Corte non sono sempre immediatamente autoapplicative. Nel caso oggi all'attenzione della Giunta la Corte ha espresso un indirizzo inequivoco e, di conseguenza, si tratterà di discutere circa le forme, i modi e i limiti entro i quali dare attuazione a quanto in essa sancito. Con riferimento all'asserita necessità che la procedura seguita dalla Giunta della Camera si uniformi a quella decisa dalla Giunta del Senato, ricorda che quest'ultima si è limitata a deferire l'esame al Comitato. In ogni caso, l'attività della Giunta delle elezioni della Camera dei deputati non può certo ridursi ad una mera presa d'atto di quanto già deciso dalla omologa Giunta del Senato. Tutto ciò premesso, propone che la Giunta proceda preliminarmente, se possibile già nel corso della prossima settimana, ad audizioni di esperti di diritto costituzionale in merito ai profili sollevati dalla sentenza della Corte.

Luciano DUSSIN (LNP), nel riferirsi alle allusioni fatte in un precedente intervento alla polemica sulla «casta», tiene a ricordare che egli sta esercitando le sue funzioni di sindaco di Castelfranco Veneto senza percepire alcuna indennità, il cui cumulo con l'indennità parlamentare è espressamente vietato dalla legge. Osserva, poi, che la sentenza della Corte interviene nel momento in cui i mandati elettivi sono già in corso, dispiegando effetti retroattivi sulle cui conseguenze occorrerà ragionare. Aggiunge poi che l'intervento della Corte costituzionale incide su un quadro già confuso da un punto di vista normativo, a seguito di interpretazioni e di interventi legislativi succedutisi nel tempo. Si associa, in conclusione, alla richiesta di poter disporre di tempi congrui per effettuare i necessari approfondimenti.

Domenico ZINZI (UdCpTP) osserva che la sentenza della Corte è stata depositata il 21 ottobre ed il presidente della Giunta, dopo soli quattro giorni, ha già con solerzia convocato la Giunta medesima. Non vedrebbe nulla di strano se si accogliesse la richiesta di disporre di qualche giorno, giusto per prendere piena cognizione della sentenza della Corte e delle questioni da essa sollevate.

Dopo che Giorgio Clelio STRACQUADANIO (PdL), con riferimento al suo precedente intervento, ha precisato che ogni giudice, per definizione, viene a conoscenza degli atti solo quando si apre il fascicolo e che la Giunta è un organo di tipo giurisdizionale, Maurizio MIGLIAVACCA, presidente, tiene a rimarcare come la Giunta non sia affatto un organo giurisdizionale bensì un organo parlamentare. Fa presente che l'esigenza manifestata dai colleghi dei gruppi di maggioranza - che, peraltro, non hanno negato la necessità di riaprire l'istruttoria - di effettuare degli approfondimenti potrà trovare adeguata risposta nel corso dei lavori istruttori del Comitato. Quanto alla richiesta di procedere allo svolgimento di audizioni, fa notare come una eventuale decisione al riguardo dovrebbe essere preceduta da una adeguata delimitazione dei temi da sottoporre agli auditi; valutazione, questa, che il Comitato potrà comunque sempre effettuare. Ribadisce, in conclusione, la sua proposta di incaricare il Comitato di avviare l'istruttoria, avvertendo che, se i deputati dei gruppi di maggioranza vi insistessero, porrà in votazione la richiesta di rinvio da essi formulata.

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Giorgio Clelio STRACQUADANIO (PdL), alla luce dei chiarimenti offerti dal presidente, non insiste nella richiesta di rinvio.

Maurizio BIANCONI (PdL) fa presente che la sua parte politica concorda con l'avvio dell'istruttoria in Comitato, purché prima la Giunta formuli indirizzi allo stesso, dopo un dibattito da svolgere avendo avuto il tempo di approfondire le questioni.

Maurizio MIGLIAVACCA, presidente, fa notare che la funzione istruttoria spetta esclusivamente al Comitato e non compete pertanto alla Giunta formulare preventivamente indirizzi in proposito, che varrebbero peraltro a limitare lo stesso compito istruttorio del Comitato. Alla Giunta spetta soltanto il compito di pronunciarsi sulle proposte avanzate dal Comitato.

Dopo che Andrea ORSINI (PT) ha chiesto di deferire all'ufficio di presidenza, integrato dai rappresentanti dei gruppi, della Giunta il compito di programmare tempi e modalità dell'esame delle cariche in oggetto, Donata LENZI (PD), riprendendo una ipotesi da lei stessa prospettata nel suo intervento, propone che la Giunta deliberi di non effettuare l'istruttoria in Comitato, procedendo direttamente alla deliberazione sulla proposta di incompatibilità.

Maurizio MIGLIAVACCA, presidente, avverte che, alla proposta di apertura dell'istruttoria in Comitato, da lui formulata nelle sue comunicazioni, si sono così aggiunte ora le proposte avanzate dagli onorevoli Orsini e Lenzi. Poiché la sua proposta di deliberare l'avvio dell'istruttoria in Comitato sulle cariche di sindaco di comune con popolazione superiore a 20 mila abitanti e di presidente di provincia ricoperte da deputati è stata presentata prima delle altre e poiché si configura come proposta di mediazione rispetto alle altre due, la pone prioritariamente in votazione.

La Giunta approva.

Maurizio MIGLIAVACCA, presidente, avverte che l'avvio dell'istruttoria in Comitato potrà aver luogo giovedì 3 novembre 2011, in orario da definire, previa una verifica al riguardo da parte del coordinatore del Comitato onorevole Pisicchio, cui è rimessa l'organizzazione dei lavori del Comitato medesimo.

La seduta termina alle 15.50.

AVVERTENZA

Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:

Discussione sulle conclusioni del Comitato incaricato di elaborare una proposta di modificazione al regolamento della Giunta delle elezioni.