CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 19 ottobre 2011
549.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Giunta per le autorizzazioni
COMUNICATO
Pag. 5

Mercoledì 19 ottobre 2011. - Presidenza del Presidente Pierluigi CASTAGNETTI.

La seduta comincia alle 9.20.

Comunicazioni del Presidente.

Pierluigi CASTAGNETTI, Presidente, comunica che, in data 29 settembre 2011, il Presidente della Camera ha deferito alla Giunta l'ennesima domanda di autorizzazione a procedere ex articolo 96 della Costituzione relativa al collega Lunardi. L'ordinanza con cui il collegio dei reati ministeriali di Perugia reitera la domanda è a disposizione dei componenti la Giunta. Al riguardo ricorda che in data 19 ottobre 2010 l'Assemblea della Camera, sia pure a maggioranza e con due relazioni di minoranza, deliberò di restituire al tribunale dei ministri di Perugia la domanda d'autorizzazione nei confronti del deputato Lunardi per due concorrenti motivi. In primo luogo, l'Assemblea ritenne che avrebbe dovuto essere oggetto della richiesta autorizzatoria anche la posizione dei co-indagati, visto che si procede per corruzione, vale a dire un reato a concorso necessario. In secondo luogo, l'Assemblea della Camera constatò che, contrariamente a quanto previsto dalla legge costituzionale n. 1 del 1989, il tribunale dei ministri di Perugia non aveva svolto le indagini che gli competevano entro il termine previsto dei novanta giorni e quindi il materiale istruttorio sottoposto all'esame della Camera era insufficiente.
Condivisibile o meno che fosse quella deliberazione della Camera, essa costituiva la determinazione della Camera stessa in ordine alla domanda pervenuta. Successivamente, il tribunale dei ministri tornò a chiedere l'autorizzazione a procedere per il deputato Lunardi per gli stessi fatti argomentando in diritto con elementi che non erano precisati e sviluppati nella prima domanda. Ancora una volta, e sempre a maggioranza, con la presentazione di una relazione di minoranza, in data 8 marzo 2011 la Camera deliberò la restituzione degli atti all'autorità richiedente,

Pag. 6

ribadendo le motivazioni già addotte nell'ottobre 2010. A questo punto il tribunale dei ministri di Perugia, sempre per il tramite della procura della Repubblica, come previsto dalla disciplina in materia di reati ministeriali, tornò - nel maggio 2011 - a richiedere la stessa autorizzazione a procedere per gli stessi fatti, senza però aggiungere all'incartamento alcun elemento di novità, né in fatto né in diritto. Constatato quindi che si trattava della mera reiterazione della precedente domanda, la Giunta, in data 20 luglio 2011, concordò sul fatto che non vi era luogo a deliberare in virtù del principio del ne bis in idem. Gli atti furono pertanto rimandati al tribunale dei ministri di Perugia per il tramite del Presidente della Camera.
La vicenda sta ora assumendo un carattere paradossale: giusta o sbagliata che sia la posizione della Camera dei deputati, come espressa in due deliberazioni dell'Assemblea, è evidente che la domanda autorizzatoria nei confronti del deputato Lunardi non può essere esaminata nel merito perché il quadro investigativo sottoposto all'esame parlamentare dall'autorità giudiziaria competente non è stato ritenuto sufficiente, sia perché manca la rappresentazione della posizione dei coimputati, sia perché l'attività investigativa di spettanza del tribunale dei ministri non è stata svolta e non è stato sentito il deputato Lunardi. E, proprio a proposito di queste motivazioni, non sono stati rappresentati dall'autorità giudiziaria elementi di novità tali da rendere possibile un nuovo esame della questione da parte della Camera. Il collegio dei reati ministeriali di Perugia ad oggi non può quindi procedere nei confronti del deputato Lunardi, essendo sfornito dell'autorizzazione prevista dalla Costituzione. Esso ha quindi davanti due strade: l'una è quella di conformarsi, almeno in parte, all'indirizzo espresso dalla Camera (per esempio svolgendo alcune suppletive indagini, eventualmente delegandole alla polizia giudiziaria di Roma, presunto locus commissi delicti); l'altra è la levata del conflitto di attribuzioni, come accadde nel caso risolto dalla sentenza della Corte costituzionale n. 403 del 1994. Quel che invece appare precluso dal sistema costituzionale inerente ai reati ministeriali e dalle relative procedure parlamentari è l'andirivieni continuo del fascicolo, che il tribunale dei ministri di Perugia insiste a trasmettere alla Camera già conoscendone la posizione definitiva, perché questa deliberi nuovamente sulla stessa richiesta. Sicché appare errato l'ultimo capoverso dell'ordinanza del predetto tribunale dei ministri del 9 settembre 2011. Improprio appare altresì il riferimento, contenuto nel penultimo capoverso, all'ipotesi che sia la Camera a dover elevare un conflitto tra poteri, giacché la Camera medesima sarebbe del tutto priva dell'interesse ad agire, dal momento che è l'autorità giudiziaria a doversi munire dell'autorizzazione per procedere contro un membro di quella.
Propone quindi che la Giunta comunichi al Presidente della Camera che il fascicolo sia definitivamente restituito al collegio per i reati ministeriali di Perugia poiché né la Giunta stessa, né la Camera possono aggiungere alcunché di nuovo a quanto hanno già deliberato sulla questione. Inoltre, dovrà essere fatto presente al collegio per i reati ministeriali di Perugia che, ove esso continuasse nella mera reiterazione della trasmissione del fascicolo, la Camera non provvederà a darvi alcun riscontro.

Maurizio PANIZ (PdL) concorda pienamente con la proposta del Presidente, in particolare sotto l'aspetto che soltanto il tribunale dei ministri vanterebbe l'interesse a elevare un conflitto di attribuzione.

Luca Rodolfo PAOLINI (LNP) concorda anch'egli, osservando altresì che il comportamento dei magistrati di Perugia assume persino connotati disciplinari, di modo che, a suo avviso, sarebbe opportuna da parte della Giunta una segnalazione al Consiglio superiore della magistratura.

Federico PALOMBA (IdV) è d'accordo con il Presidente sulla necessità di restituire gli atti senza esaminarli nel merito,

Pag. 7

fermo restando che illo tempore dissentì radicalmente dalla posizione della maggioranza. Contesta invece che vi siano gli estremi per una segnalazione disciplinare al Consiglio superiore della magistratura.

Marilena SAMPERI (PD) prende atto della proposta del Presidente, ma ricorda che, sino ad ora, il suo gruppo ha dissentito sulla linea maggioritaria, in particolare sull'aspetto della natura obbligatoria delle indagini da compiere a cura del tribunale dei ministri. Il suo gruppo ha altresì sempre dissentito sulla necessità che fosse sottoposta alla procedura autorizzatoria anche la posizione dei correi. Chiede dunque di poter esaminare meglio l'ordinanza di cui si tratta e, conseguentemente, un rinvio della decisione.

Pierluigi CASTAGNETTI, Presidente, accoglie la richiesta di rinvio della decisione precisando che in nessun caso nella prossima seduta si potrà tornare sul merito della domanda di autorizzazione.
(Così rimane stabilito).

Esame di una domanda di autorizzazione a procedere in giudizio nei confronti di Vincenzo Lo Zito per il reato di vilipendio delle Assemblee legislative (articoli 290 e 313 del codice penale) (doc. IV, n. 22).
(Seguito dell'esame e conclusione).

Pierluigi CASTAGNETTI, Presidente e relatore, ricorda che nella seduta del 6 ottobre si era concordato di acquisire taluni documenti, tra cui delle sentenze e lo stato di servizio di Lo Zito. Le sentenze sono oggi a disposizione della Giunta, come pure lo stato di servizio, pervenuto l'11 ottobre 2011; sono a disposizione altresì gli atti di sindacato ispettivo relativi al caso del signor Vincenzo Lo Zito reperibili negli atti parlamentari. La prima pronunzia è del tribunale militare di Roma, con cui Lo Zito viene assolto dal reato di diserzione, imputazione che gli era stata mossa per essersi presentato ad Assisi - nuova sede di destinazione - con quasi un anno di ritardo. I giudici militari lo hanno però assolto in ragione del fatto che la commissione medica del corpo militare della Croce rossa lo aveva dichiarato idoneo al servizio, purché le mansioni non lo avessero portato a dover guidare per tragitti lunghi e comunque a muoversi dal comune di residenza, vale a dire L'Aquila. Poiché la diserzione sta nel rifiutare il servizio senza giustificato motivo, qui il giustificato motivo sussisteva e Lo Zito è stato assolto.
La seconda pronunzia è del GUP presso il tribunale di Roma, che giudicava su una richiesta di rinvio a giudizio per calunnia. Secondo il pubblico ministero, Lo Zito aveva ingiustamente accusato tre ispettori della Corte dei conti di non aver svolto controlli adeguati sulla gestione contabile della sezione della Croce rossa dell'Abruzzo. Nella sua denunzia, Lo Zito aveva lasciato intendere che i tre ispettori avevano - di fatto - interrotto ogni attività di verifica contabile a seguito di sollecitazioni men che lecite di terze persone. Il GUP di Roma però - esaminati gli atti - ha ritenuto tutt'altro che fantasiosa e infondata la denunzia di Lo Zito, risultando invece degne di assoluta considerazione e ulteriore approfondimento le sue indicazioni sullo svolgimento dei fatti, tanto da disporre l'estrazione di copia di taluni degli atti difensivi e la loro trasmissione al pubblico ministero per le conseguenti valutazioni e determinazioni di competenza. Di qui il non luogo a procedere direttamente in udienza preliminare e l'eventuale seguito a carico di altri soggetti.
Questi episodi - evidentemente - non hanno a che fare direttamente con l'oggetto della deliberazione della Giunta ma contribuiscono a lumeggiare le circostanze entro le quali è nata l'invettiva di Lo Zito contro numerose autorità. Dallo stato di servizio, peraltro, emerge come lo stesso Lo Zito abbia riportato vari encomi e diplomi di benemerenza e nessuna punizione. Ricordato che generalmente le Camere denegano l'autorizzazione per vilipendio, chiede quindi ai colleghi se qualcuno intenda intervenire.

Pag. 8

Federico PALOMBA (IdV) concorda con l'indirizzo di diniego che emerge dal ragionamento del Presidente e precisa che la disposizione incriminatrice dell'articolo 290 c.p. sta a tutela del prestigio delle Camere. Tuttavia, di fronte a offese e dileggio il Parlamento non difende il proprio decoro con una manifestazione di interesse alla punizione. Infatti delle due l'una: o quel prestigio e quel decoro sono solidi al punto di non aver bisogno del procedimento penale a carico dell'occasionale dileggiatore; oppure la reputazione parlamentare è talmente bassa che non sarà l'autorizzazione a procedere a risollevarla. Il Parlamento deve riconquistarsi la propria autorevolezza giorno per giorno.

Marilena SAMPERI (PD) si esprime nel senso del diniego dell'autorizzazione, osservando anzi che la concessione dell'autorizzazione sarebbe un segno di debolezza.

Luca Rodolfo PAOLINI (LNP), Maurizio PANIZ (PdL) e Antonino LO PRESTI (FLpTP) annunciano che voteranno per il diniego.

Armando DIONISI (UdCpTP), osservato anch'egli che il prestigio del Parlamento è un connotato che esso si deve guadagnare quotidianamente, ritiene che autorizzare il procedimento in questo caso comporterebbe poi la necessità di autorizzarne moltissimi, dato che il disprezzo nei confronti delle Camere si manifesta con grande frequenza.

Maurizio TURCO (PD) concorda con il diniego dell'autorizzazione. Osserva peraltro che Vincenzo Lo Zito non è assolutamente uno squilibrato o un soggetto dall'insulto facile. Al contrario, si tratta di un militare che ha fatto il suo dovere denunziando illeciti amministrativi. Per tale motivo egli è passato per un autentico calvario che giustifica la sua reazione verbale. La sua vicenda, d'altronde, è oggetto di numerosi atti di sindacato ispettivo per i quali ha svolto non meno di trenta solleciti. Spera quindi che, a seguito della deliberazione della Giunta e dell'Assemblea, finalmente il Governo non solo risponda alle interrogazioni, ma compia anche i concreti passi dovuti in relazione alla vicenda medesima.

La Giunta, all'unanimità, delibera di proporre all'Assemblea che l'autorizzazione in titolo sia denegata.

Pierluigi CASTAGNETTI, Presidente, concordando la Giunta, avverte che si passerà all'esame della domanda d'insindacabilità inerente all'ex deputato Vincenzo Nespoli.

ESAME DI UNA DOMANDA DI DELIBERAZIONE IN MATERIA D'INSINDACABILITÀ

Domanda di deliberazione in materia d'insindacabilità avanzata dal senatore Vincenzo Nespoli, deputato all'epoca dei fatti, nell'ambito di un procedimento penale pendente presso il tribunale di Napoli (proc. n. 20639/02 RGNR).
(Esame e rinvio).

Maurizio BIANCONI, relatore, espone che il sen. Vincenzo Nespoli, deputato nella XIV legislatura, è accusato di diffamazione per avere redatto un articolo su una testata locale, pubblicato nel 2002, con il quale ha rivolto espressioni asseritamente offensive nei confronti di Domenico Tuccillo, anch'egli deputato al tempo dei fatti. L'on. Nespoli, nella XIV legislatura, ha chiesto alla Camera dei deputati di deliberare per l'insindacabilità del fatto. La Giunta per le autorizzazioni esaminò il caso e concluse per l'insindacabilità. L'Assemblea non si pronunziò. Mantenuta all'ordine del giorno della XV legislatura, la domanda fu esaminata e si deliberò per la sindacabilità; l'Assemblea, tuttavia, ancora una volta non si pronunziò. La domanda di insindacabilità è pertanto stata mantenuta all'ordine del giorno della XVI legislatura. Dato il tempo trascorso e non essendo pervenuti solleciti all'esame da

Pag. 9

parte del parlamentare interessato, in data 28 luglio 2010 la Giunta ha unanimemente concordato di cancellare l'affare dal proprio ordine del giorno, salvo reinserirvelo ove fosse rivissuto l'interesse dell'on. Nespoli alla deliberazione.
In data 14 giugno 2011, l'odierno sen. Nespoli ha segnalato che il procedimento penale nei suoi confronti ha subito un'accelerazione, essendosi tenute due udienze il 19 aprile e il 5 luglio 2011. In esito a quest'ultima udienza, è stata respinta la sua eccezione di prescrizione del reato. Venendo al merito della questione, le frasi attribuite a Vincenzo Nespoli sono del seguente tenore: «il Tuccillo ha molti impegni da rispettare, assunti in campagna elettorale, con ambienti particolari che gli hanno consentito la rielezione, costruita quest'ultima sulla falsa guerra all'abusivismo edilizio e all'illegalità. Ha fatto accordi subdoli che denotano una regia malavitosa della gestione del territorio». Queste frasi si riferiscono alle scelte urbanistiche nel comune di Afragola (NA) e quindi - con ogni evidenza - hanno una rilevanza pubblica e politica non revocabile in dubbio. Dev'essere altresì osservato che nel 2002, epoca dei fatti, vigeva la legge elettorale maggioritaria (il c.d. «Mattarellum»). Ciò significava che i deputati erano legati in ogni momento della loro attività parlamentare alla dimensione del collegio elettorale, le vicende del cui territorio si proiettavano costantemente sull'esercizio del mandato. Sicché tutto ciò che a prima vista aveva una natura e un orizzonte comunale o provinciale in definitiva assumeva una valenza di tipo politico-parlamentare. Del resto, è anche discutibile, quale che sia il sistema elettorale, che le esigenze della rappresentanza politica locale debbano restare confinate fuori del perimetro parlamentare. Per tali ragioni, ritengo che le espressioni del sen. Nespoli, allora deputato, fossero e siano certamente pertinenti alle sue funzioni, restando così coperte dall'insindacabilità parlamentare di cui all'articolo 68, primo comma, della Costituzione.
Dev'essere poi osservato che la frase «denotano una regia malavitosa della gestione del territorio» non sembra espressamente riferita al Tuccillo, il quale - stando al testo letterale del capo di imputazione - è destinatario solo delle frasi relative alle ragioni della sua rielezione, le quali a loro volta rientrano nel normale diritto di critica politica, largamente riconosciuto dalla giurisprudenza della Corte di cassazione. Da ultimo, osserva come i fatti risalgano al 10 marzo 2002, vale a dire quasi 10 anni fa. Orbene, i 7 anni e mezzo necessari per la prescrizione appaiono francamente e abbondantemente trascorsi. Né vale l'argomento della presumibile sospensione del procedimento, giacché la legge n. 140 del 2003 prevede due percorsi di attivazione della deliberazione di insindacabilità parlamentare. L'uno è previsto dall'articolo 3, comma 4, della predetta legge n. 140 e contempla l'eccezione di insindacabilità del deputato interessato, rigettata la quale il giudice deve trasmettere gli atti alla Camera competente e sospende il giudizio per soli 90 giorni, ben potendo poi riprendere la conduzione del processo. L'altro è previsto dall'articolo 3, comma 7, della stessa legge n. 140 e contempla la domanda di deliberazione che il parlamentare interessato può rivolgere direttamente al Presidente della Camera competente. In tal caso, non c'è sospensione del procedimento. È chiaro dunque che in entrambi i casi le sospensioni del processo che avrebbero potuto sospendere il decorso dei termini prescrizionali comunque non riescono a colmare i quasi 2 anni e mezzo che sono trascorsi dall'ordinario compimento della prescrizione. Propone comunque che la Giunta deliberi per l'insindacabilità.

Pierluigi CASTAGNETTI, Presidente, poiché è stato già dato il preavviso di votazioni nominali in Assemblea, ritiene di rinviare il seguito dell'esame ad un'altra seduta, che convoca sin d'ora per mercoledì prossimo, 26 ottobre, alle ore 9. In tale sede, esauriti i punti non conclusi in data odierna, la Giunta proseguirà l'esame della domanda di autorizzazione all'acquisizione di tabulati telefonici nei confronti

Pag. 10

del deputato Papa, ascolterà sue comunicazioni sulla lettera dell'on. Berlusconi e, se vi sarà tempo, inizierà l'esame della domanda di autorizzazione all'utilizzo di intercettazioni telefoniche del deputato Francesco Saverio Romano, assegnata alla Giunta proprio stamane.

La seduta termina alle 10.

AVVERTENZA

Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:

SEGUITO DELL'ESAME DELLA DOMANDA DI AUTORIZZAZIONE ALL'ACQUISIZIONE DI TABULATI TELEFONICI NEI CONFRONTI DEL DEPUTATO PAPA (DOC. IV, N. 23) (Rel. CASTAGNETTI).