CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 8 settembre 2011
528.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Bilancio, tesoro e programmazione (V)
COMUNICATO
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UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 15.50 alle 16.40.

SEDE REFERENTE

Giovedì 8 settembre 2011. - Presidenza del presidente Giancarlo GIORGETTI, indi del vicepresidente Giuseppe Francesco Maria MARINELLO. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Alberto Giorgetti.

La seduta comincia alle 17.05.

DL 138/2011: Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo. Delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari.
C. 4612 Governo, approvato dal Senato.

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Remigio CERONI (PdL), relatore, fa presente che il decreto-legge all'esame è stato adottato in una fase gravida di preoccupazioni per l'economia mondiale e per le sorti della moneta unica europea. I debiti sovrani sono e restano sotto l'attacco della speculazione finanziaria, a prescindere dalla solidità dei relativi sistemi economici, anche in ragione delle deludenti prospettive di crescita delle economie dei Paesi sviluppati. Sottolinea che il Governo ha dovuto predisporre il provvedimento in condizioni di emergenza contrassegnate da fluttuazioni erratiche delle borse e del valore dei titoli di Stato, a ciò fortemente sollecitato dalle istituzioni europee con le quali ha operato in piena sintonia. Rileva che è in corso una fase del ciclo economico in cui è assai difficile, per non dire impossibile, formulare previsioni attendibili. L'economia statunitense, che sembrava in ripresa, ha visto declassato il proprio debito pubblico ed è sull'orlo di una nuova recessione, i livelli di occupazione sono critici e le prospettive di sviluppo assai incerte. A sua volta la Germania, protagonista nella prima parte dell'anno di una ripresa poderosa che sembrava lasciarsi definitivamente alle spalle la fase recessiva, ha conosciuto una brusca

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battuta di arresto, del tutto inattesa e della quale è difficile comprendere sino in fondo le ragioni. Osserva che ad essere nell'occhio del ciclone è l'Unione europea per la quale la moneta unica, da punto di forza, sembra divenuta elemento di debolezza a motivo di un modello di governance economica che, nonostante le recenti riforme imperniate sul semestre europeo in via di perfezionamento, non appare affatto adeguato all'attuale congiuntura economica e dovrà essere notevolmente rafforzato per garantire un futuro all'euro e, come ma ha detto oggi il cancelliere tedesco, alla stessa Unione europea. Fa presente che le difficoltà in cui si dibatte il nostro Paese hanno, quindi, origini complesse e molteplici e rivelano un'evidente dimensione internazionale ed europea. A livello nazionale, possono e debbono essere date risposte tempestive e convincenti che, tuttavia, da sole non possono e non potranno rivelarsi sufficienti a risolvere i problemi ai quali ho accennato. Osserva come in un simile contesto sia estremamente difficile calibrare a livello nazionale interventi che, a questo punto, non possono più limitarsi ad assicurare il conseguimento degli obiettivi di stabilizzazione finanziaria concordati in ambito europeo, garantendo il pareggio di bilancio e la riduzione del debito pubblico nei termini previsti, ma devono necessariamente ridurre in misura ancora più accentuata la dinamica della spesa pubblica nell'intento di trovare quel punto di equilibrio in grado di placare le tensioni in atto sui mercati. D'altro canto, l'accentuazione del rigore finanziario non può giungere sino a deprimere l'economia nazionale che già soffre, analogamente alle altre economie dell'area, di una preoccupante crisi di crescita. Né sarebbe possibile ed equo gravare le famiglie di sacrifici che, spinti oltre una certa soglia deprimerebbero il tenore di vita in misura inaccettabile. Ritiene che un altro limite, a suo giudizio invalicabile, risieda nella tutela dei diritti sociali fondamentali di cui, al netto delle misure per garantire l'efficacia e l'efficienza della spesa pubblica, deve essere garantita la fruizione. Questo vale in particolare per gli interventi sulla finanza degli enti territoriali. Fa presente che la manovra che si sta per approvare, seppure accompagnata da critiche, è frutto di un duro lavoro al quale ha concorso anche l'opposizione, è pienamente rispondente alle necessità di questo momento e consente di guardare al futuro con rinnovata serenità. Le norme rafforzano i saldi previsti nel decreto originario e rispondono in maniera forte e credibile ai mercati internazionali. Tuttavia, ritiene che non debba venire meno l'impegno futuro per procurare ulteriori risorse per la crescita e l'occupazione. Ricorda che al Senato il testo di base è stato discusso e approfondito con estrema serietà e diligenza, attraverso un confronto che è andato sicuramente oltre le polemiche evidenziate dai giornali e ha invece portato all'accoglimento di alcuni suggerimenti importanti venuti dalle audizioni e anche dall'opposizione e a tenere conto di valutazioni espresse dal Presidente della Repubblica. Auspica che questo provvedimento possa essere esaminato in tempi brevi anche dalla Camera. Nel complesso ricorda che la manovra realizzata intende apportare una forte e tempestiva correzione agli obiettivi di finanza pubblica, anticipando e rafforzando le misure contenute nel decreto-legge n. 98 del 2011, che già si sommavano a quelli della manovra triennale adottata con il decreto-legge n. 78 del 2010, che aveva previsto un aggiustamento dei conti pubblici pari a circa 12 miliardi nel 2011 e a circa 25 miliardi nel biennio successivo. A sua volta, la manovra di luglio, in linea con quanto previsto nel Documento di economia e finanza 2011 e con gli impegni assunti dal nostro Paese in sede europea, aveva previsto una correzione assai rilevante, concentrando gli interventi negli ultimi due anni del prossimo triennio, con un miglioramento dell'indebitamento netto di 24,4 miliardi di euro nel 2013 e di quasi 48 miliardi di euro nel 2014. Fa presente che l'aggravarsi delle fluttuazioni dei mercati e l'intensificarsi della crisi finanziaria, che ha determinato forti tensioni anche in relazione al collocamento dei nostri titoli

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del debito pubblico, determinando un forte innalzamento dei differenziali di rendimento rispetto ai buoni del Tesoro tedeschi, ha sollecitato un accelerazione dei tempi del conseguimento del pareggio di bilancio, in linea con un'espressa richiesta proveniente dalla Banca centrale europea. Osserva come, in questa ottica, la manovra inizialmente presentata dal Governo abbia inteso assicurare una correzione, in termini di indebitamento, di circa 18,3 miliardi di euro nel 2012, di circa 25,5 miliardi di euro nel 2013 e di circa 7,4 miliardi di euro nel 2014. fa presente che l'esame parlamentare ha ulteriormente rafforzato tale effetto di correzione degli andamenti di finanza pubblica, attraverso un ulteriore miglioramento dell'indebitamento netto di circa 4,3 miliardi di euro per ciascuno degli anni del triennio 2012-2014. Evidenzia che si tratta, come è evidente, di una manovra estremamente rilevante, che consentirà il conseguimento dell'obiettivo del pareggio di bilancio già nel 2013 ed un consolidamento di tale risultato nel 2014. Giudica importante, comunque, nel futuro accompagnare la manovra, che viene esaminata in una condizione estremamente difficile, con ulteriori interventi che consentano di far fronte a possibili deterioramenti del ciclo economico anche attraverso la prosecuzione del percorso delle riforme strutturali sul versante della spesa pubblica, razionalizzando l'utilizzo delle risorse disponibili e limitando inefficienze e sprechi. Rileva che una costante attenzione dovrà essere inoltre riservata alla dinamica della crescita economica, approfondendo le misure già dettate e definendone di nuove.
Il contenuto del provvedimento, nelle sue linee portanti, è ampiamente noto: si interviene sia sul lato della spesa, con misure di razionalizzazione, che sul lato delle entrate, essenzialmente con misure di ricomposizione del gettito in direzione delle agevolazioni oltre che con decise misure di contrasto all'evasione. Più nel dettaglio, al Titolo I, all'articolo 1, comma 1, si incrementa l'accantonamento di risorse iscritte nel bilancio pluriennale dello Stato per gli anni 2012 e 2013. L'articolo stabilisce poi per le amministrazioni centrali anche una riduzione delle dotazioni organiche, dirigenziali e non, del 10 per cento. Gli effetti positivi ai fini dell'indebitamento netto previsti in termini di riduzione delle deduzioni ed agevolazioni fiscali dall'articolo 40, comma 1-quater, primo periodo, decreto-legge n. 98 del 2011 sono anch'essi anticipati agli anni 2012 e 2013, prevedendosi un effetto pari a 12 miliardi di euro per il 2013. Sul fronte della finanza locale, invece, sempre all'articolo 1, si prevede, per gli enti sottoposti al patto di stabilità interno, l'anticipazione, a decorrere dall'anno 2012, delle misure già previste dall'articolo 20 della manovra di luglio, oltre ad anticipare, a decorrere dall'anno 2012, il concorso alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica, con riferimento ai parametri di virtuosità previsti dal comma 2 del medesimo articolo 20 del decreto-legge n. 98 del 2011. Per quanto concerne il capitolo della previdenza, il comma 20 dell'articolo 1 dispone l'anticipo del progressivo elevamento del requisito anagrafico per le donne, mentre il successivo comma 21 armonizza le regole di decorrenza del pensionamento del settore della scuola, in precedenza escluso, a quello degli altri settori produttivi, tenendo conto della specificità programmatoria del settore. Le disposizioni indicate ai commi 22 e 23 sono poi dirette ad introdurre misure di posticipo della prima scadenza utile per il riconoscimento dei trattamenti di fine servizio per il pensionamento di vecchiaia o per limiti di servizio. In tema di entrate, sull'articolo 2, va segnalata la previsione che affida al Ministero dell'economia e delle finanze l'adozione di tutte le disposizioni in materia di giochi pubblici utili al fine di assicurare maggiori entrate, con la possibilità di introdurre, tra l'altro, nuovi giochi, indire lotterie ed adottare nuove modalità del gioco del Lotto. Con il comma 4, si riduce ulteriormente il limite di utilizzo legale del contanti come mezzo di pagamento, portandolo a 2.500 euro. Le norme previste ai commi da 6 a 34 sono poi finalizzate all'adozione di un'aliquota unica, in luogo delle due aliquote del 12,50

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e del 27 per cento, attualmente previste in relazione alle diverse tipologie di strumenti finanziari. Il comma 35 interviene poi sulla limitazione della potestà accertativa, nel caso in cui un soggetto sia congruo alle risultanze degli studi di settore. Il comma 36 prevede, infine, che le maggiori entrate derivanti dal decreto siano riservate all'Erario, per essere destinate alle esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede comunitaria.
Al Titolo II, in tema di misure per favorire lo sviluppo, segnala l'articolo 3, che reca norme volte a ridurre gli oneri amministrativi e procedimentali, talvolta eccessivamente onerosi, che oggi limitano la libertà di impresa e a favorire il rilancio dell'economia. Vanno inoltre segnalati: l'articolo 4, che introduce varie disposizioni volte alla piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, imponendo norme in grado di creare le migliori condizioni per l'apertura al mercato di tale settore strategico per la crescita economica; l'articolo 6, che reca misure in tema di semplificazione e razionalizzazione della segnalazione certificata di inizio attività, denuncia e dichiarazione di inizio attività e ulteriori misure di semplificazione; l'articolo 7, che apporta modifiche alla disciplina delle fonti rinnovabili. Rispetto al testo del decreto-legge sono stati introdotti numerosi emendamenti. È stata inserita un delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari: l'intento è quello di realizzare risparmi di spesa e un incremento di efficienza, con l'osservanza di una serie di principi e criteri direttivi volti alla riduzione degli uffici giudiziari di primo grado, delle sezioni distaccate e alla ridefinizione altresì dei distretti di corte d'appello. Le modifiche più rilevanti prevedono dunque l'alleggerimento dei tagli sugli enti e la soppressione del contributo di solidarietà di cui all'articolo 2, comma: i loro effetti sono ampiamente compensati dagli interventi di contrasto all'evasione, dall'implementazione delle comunicazioni all'anagrafe tributaria da parte degli operatori finanziari e dalle misure stringenti in tema di società di comodo. Per quanto riguarda gli enti locali, va sottolineata la previsione dell'attribuzione dell'intera quota delle risorse derivanti dagli accertamenti tributari da loro attivati. Circa la lotta all'evasione, è stato mosso un rilievo in ordine all'inopportunità di ascrivere rilevanti effetti di maggiore entrata alle norme repressive dei comportamenti fiscali illeciti. A tale riguardo, va ricordato che ci sono parecchi precedenti in cui si è fatto ricorso alla lotta all'evasione come misura di copertura per oneri e comunque le misure che nel decreto-legge in discussione sono state adottate possono conseguire e forse migliorare i risultati che ci si prefigge. Per quanto concerne le maggiori risorse, esse deriveranno dalle misure in tema di contrasto a fenomeni non solo evasivi, ma anche elusivi. Mi riferisco, in particolare, alle norme in tema di società di comodo e di trust, diversa tassazione delle società cooperative e dei loro consorzi della quota degli utili netti annuali destinata a riserva minima obbligatoria. Sottolinea di nuovo come al Senato non è mancato, anzi è stato prezioso, l'apporto, certo talvolta critico, ma sempre costruttivo, dell'opposizione, circostanza che determinato anche l'approvazione di importanti proposte da essa presentate. Tra queste, desidero segnalare, per la grande rilevanza che riveste, quella che introduce disposizioni in tema di revisione integrale della spesa, la cosiddetta spending review. La manovra prevede, dato l'obiettivo di razionalizzazione della spesa e di superamento del criterio della spesa storica, che il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con i Ministeri interessati, presenti al Parlamento, entro il prossimo 30 novembre, un programma per la riorganizzazione della spesa pubblica. Il programma prevede, in particolare, in coerenza con quanto disposto dalla legge n. 15 del 2009, le linee guida per l'integrazione operativa delle agenzie fiscali, la razionalizzazione di tutte le strutture periferiche dell'amministrazione dello Stato e la loro tendenziale concentrazione in un ufficio unitario a livello provinciale, il coordinamento delle

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attività delle forze dell'ordine, ai sensi della legge 1o aprile 1981, n. 121, l'accorpamento degli enti della previdenza pubblica, la razionalizzazione dell'organizzazione giudiziaria, civile, penale, amministrativa, militare e tributaria a rete, la riorganizzazione della rete consolare e diplomatica. L'impatto che un simile programma di riforme può avere per il prossimo futuro sull'organizzazione amministrativa è di tutta evidenza. Al Ministero dell'economia è pertanto affidato il compito di definire i costi standard dei programmi di spesa delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato. A ciò dovrà conseguire una progressiva riduzione della spesa corrente primaria in rapporto al PIL, nel corso degli anni 2012 e 2013. ovviamente, il parlamento rimane il dominus dell'intero processo, essendo richiesta l'espressione del parere da parte delle Commissioni sui decreti di variazione conseguenti alle rimodulazioni di spesa funzionali alla maggiore flessibilità di bilancio.
Per quanto attiene al contenuto del provvedimento all'esame, nel rinviare per ulteriori valutazioni ed elementi di dettaglio alla documentazione predisposta dagli uffici della Camera, segnala in primo luogo che nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento è stato modificato l'articolo 1 del disegno di legge di conversione del decreto-legge, introducendo una delega al Governo per la riorganizzazione della distribuzione sul territorio degli uffici giudiziari, finalizzata alla razionalizzazione della spesa nel settore della giustizia civile e penale. La delega, che dovrà essere esercitata entro un anno dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto, prevede tra l'altro la riduzione degli uffici giudiziari di primo grado, la riduzione e l'accorpamento ai tribunali limitrofi delle sezioni distaccate di tribunale e la riduzione degli uffici del giudice di pace dislocati in sede diversa da quella circondariale. La disposizione è suscettibile di determinare risparmi di spesa valutabili in sede consuntiva a 60 milioni di euro, riferibili alle sole spese di gestione e funzionamento delle strutture, che tuttavia non sono prudenzialmente considerati ai fini del computo degli effetti complessivi della manovra. A suo avviso, si tratta di una misura particolarmente apprezzabile, che, anticipando gli esiti del complessivo processo di revisione della spesa, reca una riforma di carattere strutturale volta a ridurre in via permanente gli oneri derivanti dall'organizzazione del nostro sistema giudiziario. Ritiene che la disposizione si muova proprio nella direzione, più volte indicata, di realizzare recuperi di efficienza della spesa attraverso l'ottimizzazione dell'allocazione delle risorse disponibili. Del resto, la stessa Banca d'Italia, nell'audizione svoltasi il 30 agosto scorso, ebbe ad evidenziare che il rapporto della Commissione tecnica per la finanza pubblica del 2007 rilevava, con riferimento alle attività del Ministero della giustizia, che recuperi di efficienza possono derivare dalla riorganizzazione geografica degli uffici giudiziari e dal riassetto dei tribunali minori.
Ricorda che, sempre sul versante della razionalizzazione della spesa pubblica, un'importante previsione, è stata introdotta nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento con l'inserimento nel decreto-legge dell'articolo 01, il quale prevede che il Ministro dell'economia e delle finanze, d'intesa con i Ministeri interessati, presenta al Parlamento entro il 30 novembre 2011 un programma per la riorganizzazione della spesa pubblica. La disposizione, che riprende i contenuti di un emendamento presentato dai senatori del Partito Democratico e approvato dalla Commissione bilancio del Senato, stabilisce che il piano, in coerenza con la recente riforma della pubblica amministrazione, realizzata con la legge n. 15 del 2009, contenga linee guida per l'integrazione operativa delle agenzie fiscali, la razionalizzazione delle strutture periferiche dell'amministrazione dello Stato e la loro tendenziale concentrazione in un ufficio unitario a livello provinciale, il coordinamento delle forze dell'ordine, l'accorpamento degli enti previdenziali pubblici, la razionalizzazione a rete dell'organizzazione giudiziaria e la riorganizzazione

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della rete consolare e diplomatica. Fa presente che si tratta, evidentemente, di un disegno di riforma assai ambizioso, la cui realizzazione è affidata a disegni di legge collegati alla manovra finanziaria per il triennio 2013-2015, che dovranno essere indicati in sede di approvazione del Documento di economia e finanza per il 2012. La realizzazione del programma sarà accompagnata dall'avvio, a partire dal 2012, di un ciclo di spending review, effettuato dalla Ragioneria generale dello Stato, d'intesa con i Ministeri interessati, finalizzato alla definizione di costi standard per le amministrazioni centrali dello Stato. Osserva che, anche in questo caso, le modifiche introdotte recepiscono indicazioni autorevolmente espresse in occasione delle recenti manovre finanziarie, riprendendo, ad esempio, le sollecitazioni del Vice direttore generale della Banca d'Italia, espresse nell'audizione del 30 agosto scorso.
Rileva che, nella misura in cui da tali disposizioni dovessero derivare nuovi risparmi, l'articolo 1 prevede che negli anni 2012 e 2013 le spese di funzionamento relative a ciascuna missione siano ridotte fino all'1 per cento per ciascun anno rispetto ai dati di consuntivo per il 2010, mentre le spese per interventi saranno ridotte fino all'1,5 per cento e quelle relative a oneri comuni di parte corrente e di conto capitale dovranno ridursi fino allo 0,5 per cento. Ricorda che è inoltre prevista, per il triennio 2014-2016 una regola generale per l'andamento della spesa primaria del bilancio dello Stato, che non potrà incrementarsi, rispetto al consuntivo dell'anno precedente, di una percentuale superiore al 50 per cento dell'incremento del PIL previsto dal Documento di economia e finanza. Si prevede poi un incremento dei margini di flessibilità del bilancio dello Stato, che, superando le disposizioni previste nella manovra di luglio, consente nel quinquennio 2012-2016 anche la rimodulazione di accantonamenti riferiti a spese non rimodulabili, nei limiti del 5 per cento delle risorse complessivamente stanziate, attraverso decreti ministeriali i cui schemi sono trasmessi alle Camere per l'espressione del parere delle Commissioni parlamentari. Anche in questo caso, alla disposizione, che presenta elementi di grande complessità meritevoli di maggiore approfondimento, non sono prudenzialmente stati ascritti effetti finanziari, nonostante essa sia suscettibile di determinare apprezzabili risparmi. Per quanto riguarda le altre disposizioni dell'articolo 1, relative alla riduzione della spesa pubblica, si dispone in primo luogo che le misure di riduzione della spesa dei ministeri previste dal decreto-legge n. 98 del 2011 siano incrementate, in termini di indebitamento netto, di 6 miliardi di euro nel 2012 e 2,5 miliardi di euro nel 2013, rimettendo la definizione della ripartizione tra i Ministeri e degli effetti in termini di saldo netto da finanziare ad un decreto ministeriale da adottare entro il 25 settembre 2011. Le riduzioni di spesa potranno interessare anche le risorse del Fondo per le aree sottoutilizzate per l'anno 2012, ma non potranno riguardare le risorse destinate alla programmazione regionale. I commi da 3 a 5 dell'articolo 1 recano disposizioni in materia di riduzione delle dotazioni organiche delle amministrazioni pubbliche, prevedendo una ulteriore riduzione non inferiore al 10 per cento degli uffici dirigenziali non generali e delle relative dotazioni organiche e una rideterminazione delle piante organiche in misura non inferiore al 10 per cento della spesa complessiva. Le disposizioni, che non si applicano ad alcune amministrazioni espressamente indicate, prevedono che, in caso di mancato adempimento entro il 31 marzo 2012, le amministrazioni non possano procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsiasi contratto. Fa presente che il comma 6 anticipa al 2012 le misure previste dalla manovra di luglio relative alla riduzione dei regimi di esenzione, esclusione e favore fiscale, che opera come clausola di salvaguardia «anticipata» in caso di mancata adozione del decreto legislativo in materia fiscale ed assistenziale, avente ad oggetto il riordino della spesa in materia sociale. Si consente, peraltro, in via alternativa, la rimodulazione

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delle aliquote delle imposte indirette, inclusa l'accisa. Il comma 7 è stato integralmente sostituito nel corso dell'esame presso il Senato e prevede che, in caso di scostamenti rilevanti rispetto agli obiettivi di finanza pubblica o di mancata realizzazione degli obiettivi di risparmio di cui al comma 2, si disponga la riduzione della retribuzione di risultato dei dirigenti responsabili nella misura del 30 per cento. Non è più previsto, in questi casi, il rinvio del pagamento della tredicesime mensilità. Il comma 8 anticipa al 2012, con alcuni aggiustamenti, gli effetti delle misure della manovra di luglio relative al concorso degli enti territoriali al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica per gli anni 2013 e il 2014. Analogamente, il comma 9 anticipa al 2012 l'applicazione dei parametri di virtuosità individuati dal decreto-legge n. 98 del 2011. Sempre sul fronte degli enti territoriali, in relazione all'anticipo della manovra, il comma 10 anticipa all'anno 2012 la possibilità per le regioni di apportare modifiche all'aliquota di base dell'addizionale regionale all'imposta sul reddito delle persone fisiche, mentre il comma 11 dispone la cessazione della sospensione della facoltà per i comuni di estendere l'addizionale comunale all'imposta sul reddito delle persone fisiche o di aumentarla, ove già istituita. I primi due periodi del comma 12 prevedono la possibilità di ridurre, fino al 100 per cento, le misure previste a carico degli enti territoriali dal nuovo patto di stabilità interno per effetto delle maggiori entrate di cui all'articolo 7 del presente provvedimento. I periodi successivi intervengono invece sulla disciplina dell'imposta provinciale di trascrizione stabilendo che sia soppressa a decorrere dall'entrata in vigore della legge di conversione del testo in esame la misura della tariffa concernente l'IPT per gli atti soggetti ad IVA, e che, per i medesimi atti, la misura dell'IPT sia determinata secondo quanto previsto dalla stessa tabella per gli atti non soggetti ad IVA. I commi da 12-bis a 12-quater dell'articolo 1, inseriti nel corso dell'esame presso il Senato, recano disposizioni in materia di accertamento tributario da parte dei comuni. In particolare, per il triennio 2012-2014, è innalzata al 100 per cento la quota di compartecipazione dei comuni alle maggiori entrate derivanti dalla loro partecipazione all'attività di accertamento e controllo su tributi erariali. Il comma 12-ter apporta una serie di modifiche all'articolo 44 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, dirette al rafforzamento degli strumenti a disposizione dei comuni per la partecipazione all'attività di accertamento tributario, consentendo anche la pubblicazione sul sito del comune di dati aggregati. Il comma 13 introduce criteri premiali per la ripartizione del fondo per il finanziamento del trasporto pubblico locale, anche ferroviario, nelle Regioni a statuto ordinario, il cui utilizzo è escluso dai vincoli del patto di stabilità, mentre il comma 14 disciplina la decadenza degli organi degli enti vigilati dallo Stato in caso di mancata approvazione del bilancio nei termini previsti o di disavanzi di competenza per due esercizi successivi. Il successivo comma 15 rivede la normativa finalizzata alla costituzione della società che dovrà essere costituita con gli altri Stati membri dell'area euro per la salvaguardia della stabilità finanziaria dell'euro. Fa presente che sono poi previste numerose disposizioni in materia di spesa per il personale delle amministrazioni pubbliche e in materia previdenziale. In questo quadro, il comma 16 proroga al triennio 2012-2014 le disposizioni che consentono alle pubbliche amministrazioni di risolvere unilateralmente, con un preavviso di sei mesi, i contratti dei dipendenti con oltre 40 anni di anzianità, mentre il comma 17 rivede la procedura per la prosecuzione del rapporto di lavoro oltre i limiti di età previsti per il collocamento a riposo. Al fine di consentire un migliore utilizzo delle risorse umane disponibili, è inoltre prevista, al comma 18, una disciplina per il passaggio ad altro incarico del personale appartenente alla carriera prefettizia, mentre al comma 19 si intende facilitare la mobilità nel pubblico impiego, consentendo il trasferimento anche se la vacanza di organico è presente in area

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diversa da quella di inquadramento. A tale riguardo, ritiene significative anche le disposizioni del successivo comma 29, che, in presenza di motivate esigenze tecniche, organizzative e produttive, prevede che i dipendenti delle pubbliche amministrazioni siano tenuti, su richiesta del datore di lavoro, ad effettuare la prestazione lavorativa in luogo e sedi diverse, secondo criteri ed ambiti regolati dalla contrattazione collettiva di comparto. In via transitoria, in attesa della definizione della disciplina contrattuale, si può comunque prevedere il trasferimento all'interno della regione e, per il personale del Ministero dell'interno, anche al di fuori di tale ambito. Il comma 23-bis consente, invece, deroghe al blocco del turn over del personale del servizio sanitario regionale delle regioni sottoposte a piani di rientro dall'indebitamento. Sul versante previdenziale, segnala in primo luogo le disposizioni del comma 20, volte ad anticipare sia l'avvio sia l'entrata a regime dell'incremento dell'età pensionabile delle lavoratrici del settore privato. Con l'emendamento sottoposto al voto di fiducia sono stati ulteriormente anticipati i termini previsti, accelerando il conseguimento dei risparmi quantificati dalla relazione tecnica allegata al decreto-legge. Il comma 21 modifica la disciplina delle cosiddette «finestre» per il pensionamento del personale del comparto scuola, differendo la decorrenza iniziale del trattamento all'inizio dell'anno scolastico e accademico che ricada nell'anno solare successivo. I commi 22 e 23 prevedono che i trattamenti di fine servizio, attualmente esenti dal posticipo, siano riconosciuti decorsi sei mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro, incrementando a ventiquattro mesi il termine per le altre fattispecie. Sono esclusi dal posticipo i casi di cessazione dal lavoro per inabilità e per decesso, nonché i trattamenti di fine rapporto regolati dalla disciplina civilistica. Il comma 24 disciplina l'accorpamento ai giorni festivi delle festività introdotte con legge dello Stato non conseguenti ad accordi con la Santa Sede, nonché le celebrazioni nazionali e le festività patronali. Restano comunque salve, a seguito delle modifiche introdotte dal Senato, le festività del 25 aprile, 1o maggio e 2 giugno. Nel segnalare che il comma 25 destina 2 miliardi di euro nel 2012 al fondo per interventi strutturali di politica economica e che il comma 26-ter prevede un rifinanziamento di 24 milioni di euro nel 2012 e di 30 milioni di euro nel 2013 del fondo per il finanziamento di interventi urgenti ed indifferibili, ricorda che i commi 26, 26-bis, 26-quater e 27 disciplinano la gestione commissariale della situazione debitoria del Comune di Roma, prevedendo, tra l'altro, che il Commissario non possa essere il Sindaco. I commi 28 e 28-bis modificano la composizione, rispettivamente, della commissione incaricata della ricognizione e dell'individuazione della media dei trattamenti economici dei titolari di cariche elettive e dei vertici di enti e istituzioni e della cabina di regia per la promozione e internazionalizzazione delle imprese, mentre il comma 33 precisa l'ambito applicativo delle disposizioni del decreto-legge n. 98 del 2011 in materia di adeguamento ai livelli dei principali Paesi dell'Unione europea dei trattamenti economici dei titolari di cariche elettive e dei vertici di enti e istituzioni. Il comma 30 reca disposizioni relative al computo del periodo di aspettativa per i dipendenti pubblici che abbiano assunto l'incarico di componenti di autorità amministrative indipendenti ed agenzie, mentre il comma 32 disciplina i criteri di calcolo delle pensioni e dei trattamenti di fine servizio, nell'ipotesi in cui il dipendente pubblico sia titolare di un incarico dirigenziale che abbia una durata inferiore al limite minimo generale di tre anni, a causa del conseguimento del limite di età per il collocamento a riposo prima di tale termine. Il comma 33-bis, aggiunto nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento, modifica la disciplina dei residui relativi a spese in conto capitale, consentendo la formazione di residui di stanziamento per un esercizio, ripristinando sostanzialmente quanto previsto prima delle modifiche introdotte dal decreto-legge n. 98 del 2011. Fa presente che è stato infine soppresso il comma 31,

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che prevedeva la soppressione degli enti pubblici non economici inclusi nell'elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato individuate dall'ISTAT, con una dotazione organica inferiore a 70 unità.
Osserva che l'articolo 1-bis, introdotto dal Senato, reca un'interpretazione della disciplina in materia di trattamento economico del personale del Ministero degli esteri in servizio all'estero, al fine di porre fine ad un contenzioso suscettibile di determinare rilevanti oneri per il bilancio dello Stato, mentre il successivo articolo 1-ter, anch'esso non presente nel testo originario del decreto, interviene sulla disciplina della definizione del calendario delle udienze nel processo civile, prevedendo che il mancato rispetto dei termini individuati possa costituire violazione disciplinare ed essere considerato ai fini della valutazione di professionalità e della nomina o della conferma negli uffici direttivi o semidirettivi.
Fa presente che l'articolo 2 reca numerose disposizioni in materia di entrate, che sono state oggetto di rilevanti modifiche ed integrazioni nel corso dell'esame presso il Senato della Repubblica. In primo luogo, segnala che i commi 1 e 1-bis recano una disciplina del contributo di solidarietà a carico dei redditi più elevati che modifica quella inizialmente contenuta nel decreto: da un lato, infatti, restano ferme le disposizioni previste per i dipendenti pubblici e per le pensioni più elevate, contenute rispettivamente nel decreto-legge n. 78 del 2010 e nel decreto-legge n. 98 del 2011, che prevedono una riduzione del 5 per cento della quota eccedente i 90.000 euro e del 10 per cento per la quota eccedente i 150.000 euro; accanto a tale misura, si prevede che dal 1o gennaio 2011 al 31 dicembre 2013, sia dovuto un contributo di solidarietà del 3 per cento sulla parte del reddito complessivo eccedente i 300.000 euro. La misura, a carattere straordinario, potrà essere prorogata con atto di rango secondario fino al raggiungimento del pareggio di bilancio. Osserva che, dal punto di vista finanziario, le disposizioni determinano un gettito sensibilmente inferiore a quello dell'originario comma 1, che determinava introiti oltre 10 volte superiori, ma rappresentano, a suo avviso, una soluzione equilibrata, che assicura un contributo aggiuntivo per i redditi più elevati senza gravare eccessivamente sui contribuenti che percepiscono redditi medio-alti. I commi da 2-bis a 2-quater, che, unitamente alle modifiche al contributo di solidarietà, rappresentano una delle principali modifiche introdotte dal maxiemendamento votato dal Senato prevedono l'incremento al 21 per cento dell'aliquota più elevata dell'imposta sul valore aggiunto, determinando maggiori entrate quantificabili in oltre 4,2 miliardi di euro annui. Il comma 3 attribuisce all'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato il potere di adottare disposizioni in materia di giochi al fine di assicurare nuove entrate, con la facoltà di introdurre nuovi giochi, lotterie e adottare nuove modalità del gioco del Lotto, nonché di proporre al Ministro dell'economia e delle finanze di disporre con propri decreti, entro il 30 giugno l'aumento dell'aliquota di base dell'imposta di consumo sui tabacchi lavorati, in modo da assicurare entrate non inferiori a 1,5 miliardi di euro annui a decorrere dal 2012. Sul versante della lotta all'evasione fiscale, fa presente che il successivo comma 4 riduce da 5.000 a 2.500 euro la soglia massima per l'utilizzo del contante e dei titoli al portatore, mentre il comma 4-bis inserito al Senato prevede che le relative sanzioni non si applichino per le violazioni commesse dal 13 agosto 2011 al 31 agosto 2011 riferite ai limiti di importo introdotti dal comma 4. Il comma 5 introduce la sanzione accessoria della sospensione dell'iscrizione all'albo o all'ordine per i soggetti iscritti in albi ovvero ad ordini professionali a carico dei quali siano state contestate reiterate violazioni dell'obbligo di emettere il documento certificativo dei corrispettivi percepiti. I commi 5-bis e 5-ter sono stati inseriti nel corso dell'esame al Senato e, recependo stimoli emersi da ultimo nell'audizione della Corte dei conti del 30 agosto scorso, prevedono una ricognizione

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dei contribuenti che hanno beneficiato del condono previsto dalla legge del 2002, versando solo la prima rata di quanto dovuto e non procedendo a ulteriori pagamenti. In caso di mancato versamento delle somme entro il 31 dicembre 2011 è prevista una sanzione pari al 50 per cento di tali somma e l'assoggettamento del contribuente a controlli per i periodi di imposta per i quali non siano scaduti i termini per l'accertamento. Il comma 35 modifica la disciplina in materia di studi di settore, introducendo disposizioni che intendono rafforzare gli effetti di deterrenza, garantendo una maggiore correttezza da parte dei contribuenti nella compilazione della relativa modulistica fiscale. I commi da 6 a 12, a decorrere dal 1o gennaio 2012, provvedono ad una revisione del sistema impositivo dei redditi di natura finanziaria al fine di unificare le attuali aliquote del 12,50 per cento e del 27 per cento ad un livello unitario, fissato al 20 per cento, mentre i commi da 13 a 24 recano norme di coordinamento volte ad adeguare l'ordinamento della nuova disciplina sulla tassazione dei redditi da capitale. Il comma 22 disciplina il regime fiscale dei proventi degli strumenti finanziari rilevanti in materia di adeguatezza patrimoniale emessi da intermediari vigilati dalla Banca d'Italia o da soggetti vigilati dall'ISVAP e diversi da azioni e titoli similari. Nel contesto della riforma, il comma 27 rivede l'imposizione sui proventi derivanti da polizze vita o da contratti di capitalizzazione, mentre i commi da 28 a 34 disciplinano il regione transitorio dei redditi diversi, consentendo in particolare l'affrancamento delle minusvalenze latenti al 31 dicembre 2012 con il versamento dell'imposta sostitutiva del 12,5 per cento. Il gettito derivante dall'applicazione della nuova aliquota unificata sarà pari a circa 1,4 miliardi di euro nel 2012 e a regime, a decorrere dal 2014, sarà superiore a 1,9 miliardi di euro. Per quanto attiene alle altre disposizioni in materia di entrata contenute nell'articolo 2, i commi 12 e 12-bis, introdotti nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento, recano modifiche alla disciplina delle detrazioni fiscali relative al recupero del patrimonio edilizio, prive di effetti finanziari, mentre i commi da 35-bis a 35-sexies contengono disposizioni in materia di giustizia, intervenendo sulla disciplina del contributo unificato, del processo tributario e sulla materia della sottoscrizione e della comunicazione degli atti nel processo civile. Ricorda che sono state inoltre introdotte modifiche alle disposizioni del decreto-legge n. 98 del 2011 relative ai termini per la redazione del programma per la gestione dei procedimenti civili, amministrativi e tributari pendenti da parte dei capi degli uffici giudiziari e all'indizione di concorsi per i magistrati della giustizia tributaria ed è prevista la condanna al pagamenti di una somma per la parte che non ha partecipato al giudizio. Il comma 35-septies reca modifiche alla disciplina delle incompatibilità con la carica di componente delle commissioni tributarie su cui è recentemente intervenuto il decreto-legge n. 98 del 2011, mentre il comma 35-octies, introdotto dal Senato, istituisce un'imposta di bollo del 2 per cento sui trasferimenti all'estero di denaro, con un prelievo minimo pari a 3 euro, con l'eccezione dei trasferimenti effettuati da cittadini dell'Unione europea e di quelli effettuati verso Stati membri dell'Unione. Osserva che, nel corso dell'esame presso il Senato, sono inoltre state introdotte numerose disposizioni in materia fiscale volte a razionalizzare il sistema impositivo e a rafforzare l'azione di contrasto all'evasione e all'elusione fiscale. In questo quadro, i commi da 36-bis a 36-quater recano riduzioni di agevolazioni già previste in favore delle cooperative, mentre i commi da 36-quinquies a 36-nonies prevedono una maggiorazione dello 0,5 per cento dell'aliquota di imposta sulle società di comodo e i commi da 36-decies a 36-duodecies prevede che alle imprese che abbiano evidenziato una perdita fiscale in tre periodi di imposta consecutivi si applichi la disciplina vigente per le società di comodo. I commi da 36-terdecies a 36-duodevicies sono invece tesi a contrastare il fenomeno della concessione in godimento a soci o

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familiari dell'imprenditore di beni relativi all'impresa a fronte di un corrispettivo inferiore al valore di mercato. Sul fronte della lotta all'evasione, il comma 36-undevicies autorizza l'Agenzia delle entrate a procedere all'elaborazione di specifiche liste selettive di contribuenti da sottoporre a controllo, sentite le associazioni di categoria degli operatori finanziari per le tipologie di operazioni da acquisire. A tale disposizione la relazione tecnica attribuisce particolare incidenza sul comportamento dei contribuenti, essendo stimato un incremento di gettito di circa 200 milioni di euro nel 2012 e di 600 milioni a decorrere dal 2013. Il comma 36-vicies introduce l'obbligo del rilascio della ricevuta o scontrino fiscale per le prestazioni di servizi rese sul litorale demaniale, mentre il comma 36-vicies semel dispone l'inasprimento di alcune sanzioni per i reati tributari, che dovrebbe determinare effetti di gettito stimati in circa 300 milioni di euro nel 2012 e in circa 400 milioni di euro a decorrere dal 2013. Il comma 36-vicies bis intende disincentivare l'utilizzo del denaro contante nelle transazioni commerciali, riducendo della metà le sanzioni, mentre il comma 36-vicies ter reca disposizioni in materia di depositi fiscali IVA. Il comma 36 prevede che le maggiori entrate derivanti dall'articolo in esame, anche se la disposizione richiama erroneamente le entrate derivanti dal decreto-legge, siano riservate all'Erario, per essere destinate alle esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica concordati in sede europea, anche alla luce della eccezionalità della situazione economica internazionale. Con le modifiche approvate dal Senato è stato previsto che, a partire dall'anno 2014, il Documento di economia e finanza dovrà contenere una valutazione delle maggiori entrate derivanti, in termini permanenti, dall'attività di contrasto all'evasione, stabilendosi che esse, al netto di quelle necessarie al mantenimento del pareggio di bilancio ed alla riduzione del debito, confluiranno in un Fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale finalizzato alla riduzione degli oneri fiscali e contributivi gravanti sulle famiglie e sulle imprese.
Fa presente che, accanto alle misure volte a conseguire l'equilibrio finanziario, contenute essenzialmente nel titolo I del provvedimento, il decreto reca disposizioni volte a favorire lo sviluppo intervenendo in primo luogo sulle liberalizzazione dei servizi e delle professioni e sulla disciplina dei servizi pubblici locali, in linea con le indicazioni più volte formulate in sede europea. Ricorda, infatti, che nella raccomandazione del Consiglio sul programma nazionale di riforma 2011 dell'Italia si invitava il nostro Paese ad estendere il processo di apertura del settore dei servizi ad un'ulteriore concorrenza, in particolare nell'ambito dei servizi professionali. In questo contesto, osserva che l'articolo 3 afferma il principio secondo il quale l'iniziativa e l'attività economica private sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato per i motivi espressamente indicati nella disposizione in esame, prevedendo che entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto lo Stato e gli enti territoriali adeguino i rispettivi ordinamenti a tale principio. Allo spirare di tale termine, il comma 3 prevede l'abrogazione delle disposizioni incompatibili con il principio, mentre il comma 3-bis autorizza l'adozione, entro il 31 dicembre 2012, di regolamenti di delegificazione che individuino le disposizioni abrogate e la disciplina regolamentare necessaria ad attuare il principio di cui al comma 1. Per quanto attiene, invece, alla disciplina delle professioni, il comma 5 individua i principi ai quali dovrà attenersi la riforma degli ordinamenti professionali, da realizzare entro 12 mesi dall'entrata in vigore del decreto. Anche i successivi commi da 6 a 11 si muovono nella direzione di una decisa liberalizzazione dell'accesso e dell'esercizio delle attività economiche, prevedendo che, entro quattro mesi dall'entrata in vigore del decreto, siano abrogate le restrizioni esistenti, prevedendo che eventuali deroghe possano essere concesse, per determinate ragioni tassativamente indicate,

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con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. In questo contesto, il comma 11-bis, introdotto dal Senato, fa salvi i servizi di taxi e noleggio con conducente non di linea. L'articolo 3 reca, poi, disposizioni di diverso contenuto: il comma 12, riscritto nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento, modifica la disciplina della riassegnazione delle somme derivanti dall'alienazione e della valorizzazione degli immobili del Ministero della difesa, mentre il comma 12-bis, anch'esso inserito dal Senato, reca disposizioni in materia di segnalazioni di ritardato pagamento presenti nelle banche dati di informazione creditizia.
Ricorda che l'articolo 4, interessato da modifiche di carattere ordinamentale e formale durante l'esame in prima lettura presso il Senato della Repubblica, introduce una nuova disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, in conseguenza dell'esito del referendum del 12 e 13 giugno scorsi, recando disposizioni volte a favorire la liberalizzazione del settore e limitando le fattispecie di affidamento in house. In particolare, si stabilisce che gli enti locali verifichino periodicamente la realizzabilità di una gestione concorrenziale dei servizi pubblici locali, liberalizzando tutte le attività economiche e limitando l'attribuzione di diritti di esclusiva alle ipotesi in cui, in base ad una analisi di mercato, la libera iniziativa economica privata non risulti idonea a garantire un servizio rispondente ai bisogni della comunità. I commi da 1 a 12 disciplinano le modalità con le quali si procederà alla liberalizzazione dei suddetti servizi, e i commi da 13 a 35 recano le disposizioni relative all'affidamento diretto dei servizi stessi. In particolare, i commi da 8 a 10 prevedono che, qualora l'ente locale intenda procedere all'attribuzione di diritti in esclusiva deve conferire la gestione di servizi pubblici locali in favore di imprenditori o di società individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica che rispettino determinati principi e standard, prevedendo che le società a capitale interamente pubblico possono partecipare alle procedure competitive, sempre che non vi siano specifici divieti previsti dalla legge, mentre le imprese estere, non appartenenti a Stati membri dell'Unione europea, possono essere ammesse nel rispetto del principio di reciprocità. Il comma 13 consente tuttavia che, qualora il valore economico del servizio oggetto dell'affidamento sia inferiore a 900.000 euro annui, l'affidamento possa avvenire in house a favore di società a capitale interamente pubblico, assoggettate al patto di stabilità interno sul cui rispetto vigilano gli enti locali che partecipano al capitale. I commi da 15 a 27 prevedono alcune disposizioni procedurali volte a regolare la normativa applicabile alle società in house e alle società a partecipazione mista in materia di acquisti di beni e servizi e di reclutamento del personale, nonché volte a regolare i compiti degli enti locali in materia di vigilanza e in materia di incompatibilità di incarichi I commi da 28 a 32 recano specifiche disposizioni in materia di proprietà pubblica delle reti la cui gestione è affidata a soggetti privati e in materia di subentro tra gestori privati nella gestione del servizio pubblico locale. Infine, si stabilisce che, al fine del graduale passaggio alla nuova disciplina, venga introdotto un regime transitorio per gli affidamenti in essere. Il comma 33 prevede l'impossibilità, per le società titolari di affidamento diretto nella gestione di servizi pubblici locali, di acquisire la gestione di servizi ulteriori, né direttamente (anche tramite società partecipate), né mediante partecipazione a gare. Le norme dell'articolo 4, al quale non sono stati ascritti effetti finanziari, non si applicano al servizio idrico integrato, in conformità all'esito del referendum, né al servizio di distribuzione di gas naturale, al servizio di energia elettrica, al servizio di trasporto regionale e alla gestione delle farmacie comunali.
Osserva che l'articolo 5, come modificato durante l'esame in prima lettura presso il Senato della Repubblica, reca norme in materia di società municipalizzate, in particolare il comma 1 prevede che una quota del fondo infrastrutture, pari a 250 milioni di euro per ciascuno

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degli anni 2013 e 2014, sia destinata ad investimenti infrastrutturali degli enti territoriali che procedano, rispettivamente entro il 31 dicembre 2012 ed entro il 31 dicembre 2013, alla dismissione di partecipazioni, non più solo azionarie come previsto originariamente dal testo del decreto legge, in società esercenti servizi pubblici locali di rilevanza economica, ad esclusione del servizio idrico. La quota assegnata a ciascun ente territoriale non può essere superiore ai proventi derivanti dalla dismissione effettuata e le spese sostenute sono escluse dai vincoli del patto di stabilità interno. I commi 1-bis e 1-ter, introdotti nel corso dell'esame presso il Senato della Repubblica, prevedono la destinazione di 7 milioni di euro per l'anno 2011 al ripristino e la messa in sicurezza delle infrastrutture colpite da eventi calamitosi nei territori della Regione Basilicata.
Rileva che l'articolo 5-bis, introdotto durante l'esame in prima lettura presso il Senato della Repubblica, dispone che, a decorrere dall'anno 2011, la spesa effettuata annualmente da ciascuna delle regioni rientranti nell'obiettivo di convergenza a valere sulle risorse del fondo per lo sviluppo e la coesione sociale, sui cofinanziamenti nazionali dei fondi comunitari a finalità strutturale, nonché sulle risorse oggetto della ricognizione prevista ai sensi di quanto previsto dall'articolo 6-sexies del decreto-legge n. 112 del 2008, non rientri ai fini della verifica del rispetto del patto di stabilità interno, rimettendo ad un decreto ministeriale da adottare annualmente il compito di individuare la compensazione attribuendo i relativi oneri allo Stato e alle altre regioni e garantendo la neutralità finanziaria della disposizione.
Fa presente che l'articolo 6 reca misure in tema di segnalazione certificata di inizio attività, denuncia e dichiarazione di inizio attività e ulteriori misure di semplificazioni. Il comma 1 modifica la disciplina legislativa della SCIA, della denuncia e della dichiarazione di inizio attività, mentre nel corso dell'esame presso il Senato è stato rivisto integralmente il comma 2, che, inizialmente, prevedeva la soppressione del sistema di controllo sulla tracciabilità dei rifiuti (SISTRI), abrogando tutte le disposizioni che lo istituiscono e lo disciplinano. Il testo trasmesso alla Camera, invece, ai commi 2, 3 e 3-bis prevede una specifica disciplina per il periodo transitorio al fine di consentire la progressiva entrata in operatività del suddetto sistema, fortemente sostenuto in ambito comunitario. È stato, inoltre, soppresso, durante l'esame in prima lettura al Senato, il comma 4, che prevedeva l'estensione a tutti gli esercizi commerciali delle misure di liberalizzazione relative agli orari e ai giorni di apertura degli esercizi commerciali, inizialmente previste per le sole città d'arte e per le località turistiche. I commi 5 e 6 recano modifiche al Codice dell'amministrazione digitale per favorire l'effettuazione di pagamenti in favore delle pubbliche amministrazioni, prevedendo, rispettivamente, che DigitPA metta a disposizione una piattaforma tecnologica per l'interconnessione e l'interoperabilità tra le pubbliche amministrazioni e i prestatori di servizi di pagamento abilitati e che tale piattaforma possa essere utilizzata dalle pubbliche amministrazioni, entro il 31 dicembre 2013, anche al fine di consentire la realizzazione e la messa a disposizione della posizione debitoria dei cittadini nei confronti dello Stato. Ricorda che, durante l'esame in prima lettura al Senato, sono stati, infine, introdotti due ulteriori commi. Il comma 6-bis, prevede che ai soggetti che hanno beneficiato del bonus per i figli nati o adottati nel 2005, in assenza delle previste condizioni reddituali, non si applichino le conseguenti sanzioni penali e amministrative se gli stessi restituiscono le somme indebitamente percepite entro novanta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto. Il comma 6-ter prevede che l'Agenzia del demanio proceda, con priorità, nelle aree a più elevato disagio occupazionale e produttivo ad operazioni di permuta di beni appartenenti allo Stato, con esclusione di tutti i beni trasferiti ai comuni, province, città metropolitane e regioni ai sensi del decreto legislativo n. 85 del 2010.

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Rileva che durante l'esame al Senato sono stati poi introdotti gli articoli 6-bis e 6-ter. L'articolo 6-bis, prevede che i soggetti che partecipano al sistema pubblico di prevenzione frodi possano avere accesso ai sistemi informativi di cui sono titolari soggetti privati, utilizzati a fini di concessione di crediti al consumo o comunque riguardanti l'affidabilità e la puntualità nei pagamenti da parte degli interessati. L'articolo 6-ter prevede che le risorse disponibili sul Fondo di rotazione per la progettualità, istituito presso la Cassa depositi e prestiti, siano destinate prioritariamente alla progettazione delle opere inserite nei piani triennali degli enti locali approvati alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e che ricadono su terreni demaniali o già di proprietà dell'ente locale interessato e aventi già destinazione urbanistica conforme alle opere che si intendono realizzare.
Osserva che l'articolo 7, il quale non ha subito modifiche durante l'esame presso il Senato della Repubblica, reca disposizioni in materia di tariffe elettriche e di misure di perequazione nei settori petrolifero, dell'energia elettrica e del gas. In particolare, il comma 1 modifica il comma 16 dell'articolo 81 del decreto-legge n. 112 del 2008, che definisce l'addizionale IRES a carico delle società del settore energetico, prevedendo che vengano assoggettate al pagamento dell'imposta tutte le imprese con ricavi superiori ai 10 milioni di euro e un reddito imponibile superiore ad un milione; viene, inoltre, esteso il perimetro di applicazione dell'imposta, che comprenderà, oltre alle società che producono e commercializzano energia elettrica, anche quelle attive nella trasmissione, dispacciamento e distribuzione dell'energia elettrica e nel trasporto o distribuzione del gas naturale; infine, viene soppressa l'esclusione precedentemente prevista a favore dei produttori di energia elettrica mediante l'impiego prevalente di biomasse e di fonte solare-fotovoltaica o eolica. Il comma 2 dispone che le suddette disposizioni si applichino a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2010. Il comma 3 dispone che, per i tre periodi d'imposta successivi a quello in corso al 31 dicembre 2010, l'aliquota dell'addizionale IRES riguardante le società del settore energetico sia aumentata di 4 punti percentuali, raggiungendo la quota del 10,5 per cento. Il comma 4 prevede che le disposizioni di cui all'articolo in commento non rilevino ai fini della determinazione dell'acconto di imposta dovuto per il periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2010. Il comma 5 esplicita il divieto, per i soggetti colpiti, di trasferire l'onere sui prezzi al consumo. Al riguardo, giudica opportuno verificare l'effettività della suddetta disposizione anche tenendo conto che, nella segnalazione trasmessa al Parlamento e al Governo, l'Autorità per l'energia elettrica e il gas ha posto l'accento sulla difficile e laboriosa attuazione del meccanismo di vigilanza previsto dalla legislazione per la verifica del divieto di traslazione, soprattutto in assenza di espliciti poteri sanzionatori e prescrittivi. Il comma 6 reca la quantificazione delle maggiori entrate previste dall'articolo 7 e stimate in misura non inferiore a 1.800 milioni per l'anno 2012 e 900 milioni per ciascuno degli anni 2013 e 2014. A tale proposito segnala che, come emerge dalla relazione tecnica allegata al provvedimento e conformemente a quanto previsto dall'articolo 19, comma 1, dalla disposizione deriveranno, invece, minori entrate nell'anno 2015 pari a 302 milioni di euro.
Ricorda che durante l'esame in prima lettura presso il Senato della Repubblica è stato, inoltre, introdotto l'articolo 7-bis. L'articolo interviene in materia di tutela della sicurezza stradale e della regolarità del mercato dell'autotrasporto, prevedendo che i costi minimi di esercizio, individuati nell'ambito degli accordi volontari di settore conclusi tra le organizzazioni associative dei vettori rappresentati nella Consulta generale per l'autotrasporto e per la logistica e le organizzazioni associative dei committenti, siano sottoposti al parere preventivo della predetta Consulta e pubblicati con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti. Viene,

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inoltre previsto, che qualora non siano state adottate le determinazioni inerenti i costi minimi, gli stessi accordi possano derogare alle disposizioni di cui ai commi 6 e 7 dell'articolo 83-bis del decreto-legge n. 112 del 2008.
Fa presente che l'articolo 8, modificato dal Senato reca disposizioni a sostegno della contrattazione collettiva di prossimità. In particolare si prevede che tali contratti possano definire specifiche intese, volte al conseguimento degli obiettivi di maggiore occupazione, qualità dei contratti di lavoro, emersione del lavoro irregolare, incrementi di competitività e di salario, gestione delle crisi aziendali e occupazionali, investimenti e avvio di nuove attività e che, a tali fini, i medesimi accordi possano ridefinire la regolazione delle materie inerenti all'organizzazione del lavoro e della produzione, materie di cui il comma 2 reca un'elencazione tassativa. Tali intese, come chiarito dalle modificazioni apportate dal Senato, possono prevedere deroghe alle norme di fonte pubblica o contrattuale, fermo restando il rispetto della Costituzione e dei vincoli derivanti dalle normative comunitarie e dalle convenzioni internazionali sul lavoro. Nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento, si è stabilito peraltro di estendere il divieto di deroga alle norme sulla nullità del recesso dal rapporto di lavoro relative al: licenziamento della lavoratrice dall'inizio del periodo di gravidanza e fino al termine dei periodi di interdizione dal lavoro, nonché fino ad un anno di età del bambino; licenziamento causato dalla domanda o dalla fruizione del congedo parentale e del congedo relativo alla malattia del bambino, da parte della lavoratrice o del lavoratore; licenziamento in caso di adozione o affidamento, fino ad un anno dall'ingresso del minore nel nucleo familiare. Per tali fattispecie, in base alla modifica proposta, resta ferma la nullità inderogabile del licenziamento, secondo i termini di cui all'articolo 54 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151. Il successivo comma 3 riguarda i contratti collettivi aziendali sottoscritti prima dell'accordo interconfederale del 28 giugno 2011 - accordo che riguarda anche le condizioni affinché i contratti aziendali assumano efficacia -. Il comma 3 subordina, per i contratti aziendali sottoscritti prima del suddetto accordo interconfederale, l'efficacia degli stessi, nei confronti di tutto il personale delle unità produttive cui il contratto si riferisca, alla condizione che il contratto «sia stato approvato con votazione a maggioranza dei lavoratori». Dall'ambito del comma 3 sono esplicitamente esclusi i contratti aziendali non più operanti. Fa presente che il Senato ha, infine, introdotto il comma 3-bis recante una parziale novella dell'articolo 36 del decreto legislativo 8 luglio 2003, n. 188139. Quest'ultimo articolo concerne le imprese ferroviarie e le associazioni internazionali di imprese ferroviarie, che espletino sull'infrastruttura ferroviaria nazionale servizi di trasporto di merci o di persone. La disposizione propone di specificare che tali soggetti sono tenuti a rispettare i contratti collettivi nazionali di settore, anche con riferimento alle condizioni di lavoro del personale.
Osserva che l'articolo 9 modifica la disciplina sulla possibilità, per i datori di lavoro, di modulare tra le diverse unità produttive ed amministrative le quote obbligatorie di assunzione di categorie protette. In particolare, per i datori di lavoro privati, viene soppressa la procedura di richiesta motivata e di autorizzazione, ai fini del mancato rispetto delle quote in un'unità produttiva, con compensazione in un'altra unità produttiva. In luogo di tale procedura, si prevede, per il caso in cui il datore si avvalga della possibilità di compensazione, una comunicazione (in via telematica) a ciascuno dei servizi provinciali competenti. Si consente che la compensazione operi anche tra diverse imprese, a condizione che esse abbiano sede in Italia e facciano parte di uno stesso gruppo d'impresa. Riguardo ai datori di lavoro pubblici, viene confermata l'attuale disciplina di rango legislativo che contempla la suddetta procedura di richiesta motivata e di autorizzazione e ammette la possibilità di compensazione esclusivamente all'interno della singola regione.

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Ricorda che l'articolo 10 concerne la disciplina sui «fondi paritetici interprofessionali nazionali per la formazione continua», di cui all'articolo 118 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, e successive modificazioni. La novella prevede che i fondi in oggetto possano impiegare parte delle proprie risorse per misure di formazione in favore di apprendisti e di collaboratori a progetto.
Rileva che l'articolo 11 reca disposizioni in materia di livelli di tutela essenziali per l'attivazione dei tirocini. La materia sarebbe demandata alla competenza legislativa regionale, secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale, ma, in assenza di specifiche regolamentazioni regionali, come ribadito anche dal comma 2 della norma in esame, continuano a applicarsi le disposizioni generali di cui alla legge n. 196 del 1997 e al decreto ministeriale di attuazione 25 marzo 1998, n. 142 nella misura in cui siano compatibili con le disposizioni di cui al comma 1. Quest'ultimo esclude che i tirocini formativi e di orientamento «non curriculari» abbiano una durata superiore a sei mesi (ivi comprese le eventuali proroghe) e dispone che gli stessi possano riguardare esclusivamente neodiplomati e neo-laureati, entro dodici mesi dal conseguimento del relativo titolo di studio. Tali norme non si applicano a: i disabili; gli invalidi fisici, psichici e sensoriali; i soggetti in trattamento psichiatrico; i tossicodipendenti; gli alcolisti; i condannati ammessi a misure alternative di detenzione. Il comma 1 fa inoltre rinvio alle normative regionali, ai fini della determinazione dei requisiti dei soggetti per i quali sia consentita la promozione dei tirocini.
Osserva che l'articolo 12 introduce nel codice penale l'articolo 603-bis il nuovo delitto di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro e l'articolo 603-ter recante le relative pene accessorie sia per il nuovo delitto sia per quello di cui all'articolo 600 del codice penale, relativo alla riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù, per il caso in cui quest'ultimo tipo di sfruttamento abbia ad oggetto prestazioni lavorative. La fattispecie del nuovo reato di cui all'articolo 603-bis è rappresentata dallo svolgimento di un'attività organizzata di intermediazione, esercitata «mediante violenza, minaccia, o intimidazione, approfittando dello stato di bisogno o di necessità dei lavoratori». L'attività può consistere nel reclutamento della manodopera o nell'organizzazione di attività lavorativa contraddistinta da sfruttamento. Per il delitto in esame si prevede la reclusione da cinque ad otto anni, nonché la multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato. Il secondo comma dell'articolo 603-bis individua alcune circostanze che costituiscono «indice di sfruttamento», mentre il terzo comma identifica le seguenti circostanze aggravanti.
Fa presente che l'articolo 13, modificato dal Senato, apre il titolo IV relativo alla riduzione dei costi degli apparati istituzionali. In primo luogo, il primo comma del citato articolo dispone la riduzione, nella misura rispettivamente del 10 e del 20 per cento, delle retribuzioni o indennità di carica dei membri degli organi costituzionali, ad esclusione della Presidenza della Repubblica e della Corte costituzionale, per la parte eccedente i 90.000 e i 150.000 euro. Il comma 2, modificato dal Senato, dispone quindi che, in attesa della riduzione, attraverso apposita legge di revisione costituzionale, del numero dei parlamentari, alla lettera a), la riduzione dell'indennità parlamentare di cui al comma 1, sia effettuata in misura doppia, nel caso in cui il parlamentare svolga altra attività per la quale sia percepito un reddito pari o superiore al 15 per cento dell'indennità medesima. Alla lettera b), si chiede alle Camere di adottare provvedimenti volti a collegare l'indennità parlamentare al tasso di partecipazione ai lavori dell'Assemblea e delle Commissioni. Il comma 3 prevede l'incompatibilità tra l'incarico di parlamentare, parlamentare europeo o di membro del Governo con la titolarità di cariche pubbliche elettive di natura monocratica relativa ad organi di governo degli enti territoriali con popolazione superiore ai 5.000 abitanti. Il comma 4 apporta una

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modifica alla disciplina, recentemente introdotta dall'articolo 7 del decreto-legge n. 98 del 2011, sul election day, ossia la concentrazione delle elezioni politiche, regionali, provinciali e comunali in un'unica data, qualora si svolgano nello stesso anno, specificando che nel caso in cui, nel medesimo anno, debba tenersi più di un referendum abrogativo, la convocazione degli elettori ai sensi dell'articolo 34 della legge 25 maggio 1970, n. 352, debba avvenire per tutti i referendum abrogativi nella medesima data.
Evidenzia che l'articolo 14, modificato dal Senato, dispone che le regioni prevedano, nell'ambito della loro autonomia statutaria e legislativa, la riduzione del numero dei consiglieri e assessori regionali, delle relative indennità e il passaggio del sistema previdenziale per i consiglieri regionali al metodo contributivo, quali elementi necessari per il conseguimento delle misure premiali relative alla recente, nuova configurazione del patto di stabilità. Si prevede inoltre l'istituzione - a decorrere dal 1o gennaio 2012 - di un Collegio dei revisori dei conti, quale organo di vigilanza sulla regolarità contabile, finanziaria ed economica della gestione dell'ente che opera in raccordo con le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti.
Rileva che l'articolo 15, modificato dal Senato, anche in relazione alle perplessità in ordine alla legittimità costituzionale della norma nella sua originaria formulazione, reca ora la riduzione, a decorrere dal primo rinnovo degli organi di governo delle Province successivo alla data di entrata in vigore del decreto in esame, del numero dei consiglieri provinciali e degli assessori provinciali della metà, con arrotondamento all'unità superiore. La riduzione opera sul numero «previsto dalla legislazione vigente».
Fa presente che l'articolo 16, interamente sostituito nel corso dell'esame presso il Senato, reca disposizioni in materia di riduzione dei costi relativi alla rappresentanza politica nei comuni e razionalizzazione dell'esercizio delle funzioni comunali, introduce specifici obblighi associativi per l'esercizio di tutte le funzioni per i comuni fino a 1.000 abitanti e dispone una serie di misure tese al contenimento ed al rigore nella spesa delle istituzioni comunali con minor popolazione, anche al di sopra di tale fascia. In particolare, il comma 1 prevede, al fine di assicurare il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, l'ottimale coordinamento della finanza pubblica, il contenimento delle spese degli enti territoriali e il migliore svolgimento delle funzioni amministrative e dei servizi pubblici, che i comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti esercitino obbligatoriamente in forma associata tutte le funzioni amministrative e tutti i servizi pubblici loro spettanti. La fattispecie associativa individuata è quelle dell'unione di comuni ai sensi dell'articolo 32 del testo unico sugli enti locali di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, che prevede le unioni di comuni quali enti locali costituiti da due o più comuni di norma contermini, allo scopo di esercitare congiuntamente una pluralità di funzioni di loro competenza. Il comma 3 tuttavia deroga al richiamato articolo 32 con riferimento alla disciplina dello statuto e degli organi per i quali si applicano le disposizioni introdotte dallo stesso articolo 16 del decreto-legge in esame. In proposito, il comma 9 dispone che, nei comuni con popolazione fino a 1.000 abitanti membri della stessa unione al momento della proclamazione dei nuovi eletti, successivamente al 13 agosto 2012, le giunte in carica decadano di diritto e gli organi di governo siano il sindaco ed il consiglio comunale. Ai consigli dei comuni membri dell'unione competono, nei confronti del consiglio dell'unione, esclusivamente poteri di indirizzo e, in riferimento alle attribuzioni non esercitate mediante l'unione, le funzioni normative già spettanti. Rimangono esclusi dall'ambito di applicazione della nuova disciplina i comuni il cui territorio coincida con quello di una o più isole e il comune di Campione d'Italia. Ai sensi del comma 2, al fine di dare attuazione alle disposizioni di cui all'articolo 14, commi da 28 a 31, del decreto-legge n. 78 del 2010, in materia di esercizio associato delle funzioni comunali,

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possono aderire a ciascuna unione di comuni di cui al comma 1 anche i comuni con più di 1.000 abitanti; la norma fa riferimento, in questo caso, non più a tutte le funzioni e servizi pubblici, ma a tutte le funzioni fondamentali spettanti, nonché i servizi inerenti. L'ultimo periodo del comma in esame prevede, dichiaratamente come alternativa, anche la facoltà di esercitare mediante l'unione tutte le funzioni e tutti i servizi pubblici spettanti. Il comma 4 affida all'unione, per conto dei comuni che ne sono membri, la programmazione economico-finanziaria e la gestione contabile di cui alla parte II del testo unico sugli enti locali, con riferimento alle funzioni da essi esercitate per mezzo dell'unione. Il comma 5 regola la successione dell'unione nei rapporti giuridici in capo ai comuni membri. L'ultimo periodo di tale comma dispone inoltre la sottoposizione, dal 2014, delle unioni di comuni con popolazione inferiore ai 1.000 abitanti al patto di stabilità interno per gli enti locali prevista per i comuni aventi corrispondente popolazione. Contestualmente, il comma 31 estende, dal 2013, il patto di stabilità interno a tutti i comuni con popolazione oltre i 1.000 abitanti. Il comma 6 concerne i limiti demografici per le unioni dei comuni piccolissimi. In particolare si dispone che esse siano istituite in modo che la complessiva popolazione residente nei rispettivi territori, determinata ai sensi dell'articolo 156, comma 2, del testo unico sugli enti locali, sia di norma superiore a 5.000 abitanti, ovvero a 3.000 abitanti qualora i comuni che intendano comporre una medesima unione appartengano o siano appartenuti a comunità montane. La norma dà facoltà alla regione di individuare limiti diversi, fissando un termine di due mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame. Il comma 7 introduce un obbligo di adeguamento e riallineamento ordinamentale alle unioni di comuni già costituite alla data di avvio del 13 agosto 2012, quando di tali unioni faccia parte almeno un comune fino a 1.000 abitanti. I comuni convenzionati o consorziati cessano di diritto di far parte delle relative forme associative al momento in cui entrano a far parte di un'unione obbligatoria di comuni. Il comma 8 disegna un procedimento partecipato per la costituzione delle unioni dei comuni piccolissimi, con un termine perentorio per il completamento fissato in sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto in esame. Nel termine perentorio del 31 dicembre 2012, la regione, «secondo il proprio ordinamento» istituisce tutte le unioni del proprio territorio come determinate nelle proposte e sulla base dell'elenco di cui al comma 16. La regione provvede anche qualora la proposta manchi o non sia conforme alle disposizioni dell'articolo in esame. I commi 10, 11, 12 e 13 riguardano la disciplina degli organi, che sono il consiglio, il presidente e la giunta. Ai sensi del comma 11, a regime, il consiglio sarà composto dai sindaci dei comuni dell'unione. Per la prima applicazione ne fanno parte anche due consiglieri comunali per ciascun comune eletti dai consigli comunali, in tutti i comuni dell'unione, uno proveniente dalla maggioranza, uno dall'opposizione. La norma attribuisce, in piena conformità con l'articolo 117 della Costituzione che prevede una competenza statale esclusiva in tale materia, alla legge dello Stato la possibilità, con riferimento alle successive elezioni, di legiferare sul sistema elettorale stabilendo, non solo il suffragio universale, ma anche l'elezione contestuale e diretta degli organi di governo di ciascuno dei comuni appartenenti alle unioni. Al consiglio spettano le competenze attribuite dal testo unico sugli enti locali al consiglio comunale. Ai sensi del comma 12, il Presidente dell'unione è eletto, entro trenta giorni dalla data di istituzione dell'unione, dal consiglio dell'unione tra i propri componenti. Il Presidente dura in carica due anni e mezzo ed è rieleggibile ed esercita le competenze del Sindaco stabilite dall'articolo 50 del testo unico sugli enti locali. Il comma 13 disciplina la Giunta dell'unione, che è composta dal presidente, che la presiede, e dagli assessori, nominati dal medesimo fra i sindaci componenti il

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consiglio in numero non superiore a quello previsto per i comuni aventi corrispondente popolazione. La Giunta esercita, sul territorio dell'unione municipale, le competenze che l'articolo 48 del testo unico sugli enti locali assegna alle Giunte comunali (oltreché provinciali). Il comma 14, al primo periodo, rimette allo Statuto dell'unione le modalità di funzionamento dei propri organi e la disciplina dei relativi rapporti. Il comma 15 disciplina il trattamento economico degli organi dell'unione, rendendo loro applicabili le disposizioni di cui agli articoli 82 ed 86 del testo unico sugli enti locali con riferimento ai corrispondenti organi del comune. Agli amministratori dell'unione che risultino percepire emolumenti di ogni genere in qualità di amministratori locali fino al momento dell'esercizio dell'opzione, non spetta alcun trattamento per la carica sopraggiunta. Il comma 16 disegna un procedimento finalizzato a certificare l'efficace esercizio delle funzioni in convenzione, che esonera i comuni così convenzionati dal costituire l'unione. Il comma 17 provvede quindi alla ridefinizione del numero dei componenti dei consigli per i comuni fino a 10.000 abitanti. Il comma 18 ridefinisce la disciplina delle assenze dal lavoro per i membri degli organi dei comuni fino a 1.000 abitanti, prevedendo la non applicabilità delle disposizioni di cui agli articoli 80, con esclusione del primo periodo, e 82 del testo unico sugli enti locali, rispettivamente in materia di permessi retribuiti a carico dell'ente e indennità di funzione, mentre i commi 19 e 20 dispongono che le sedute del consiglio, delle commissioni e della giunta, nei comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti, si debbano tenere preferibilmente in un arco temporale non coincidente con l'orario di lavoro dei partecipanti. Nello stesso senso, il comma 21 stabilisce che i lavoratori dipendenti possano assentarsi dal luogo di lavoro per la partecipazione alle sedute degli organi degli enti locali di cui sono membri solo per il tempo strettamente necessario. Il comma 22 novella l'articolo 14, comma 28, del decreto-legge n. 78 del 2010 relativo all'esercizio in forma associata di funzioni dei comuni fino a 5.000 abitanti in coerenza con la previsione delle unioni obbligatorie per i comuni fino a 1.000 abitanti. Il comma 23 novella l'articolo 2, comma 7, del decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, identificando i comuni il cui territorio coincide integralmente con quello di una o di più isole, e non più «le isole monocomune», come destinatari della particolare ripartizione di quote del Fondo sperimentale di riequilibrio. Il comma 24 novella l'articolo 14, comma 31, alinea, del decreto-legge n. 78 del 2010, prevedendo che il limite demografico minimo che l'insieme dei comuni che sono tenuti ad esercitare le funzioni fondamentali in forma associata deve raggiungere è fissato in 10.000, e non più 5.000, abitanti, salvo il diverso limite demografico individuato dalla regione e che i comuni assicurano comunque il completamento dell'attuazione delle disposizioni sul patto di stabilità previste dall'articolo 14 citato entro il 31 dicembre 2012 con riguardo a tutte le sei funzioni fondamentali a loro spettanti ai sensi dell'articolo 21, comma 5, della citata legge n. 42 del 2009, e non in due anni per quote crescenti, come in precedenza previsto. Il comma 25 dispone che i revisori dei conti dei comuni siano scelti mediante estrazione da un elenco nel quale possono essere inseriti, a richiesta, i soggetti iscritti, a livello provinciale, nel Registro dei revisori legali di cui al decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39, nonché gli iscritti all'Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili. Il comma 26 prescrive che le spese di rappresentanza sostenute dagli organi di governo degli enti locali siano elencate, per ciascun anno, in apposito prospetto allegato al rendiconto di cui all'articolo 227 del testo unico sugli enti locali, da trasmettere alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti e da pubblicare sul sito istituzionale dell'ente. Il comma 27 novella l'articolo 14, comma 32, alinea del decreto-legge, n. 78 del 2010, anticipando al 31 dicembre 2012 l'obbligo per i comuni con popolazione inferiore a 30.000 abitanti di mettere in liquidazione le società già costituite o di

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cedere le partecipazioni. Contestualmente, viene anticipata al 31 dicembre 2012 anche la verifica della ricorrenza della clausola di esclusione dall'applicazione dell'obbligo, stabilita dal medesimo comma 32, lettera a). Il comma 28 affida al prefetto il compito di accertare che gli enti territoriali interessati abbiano attuato, entro i termini stabiliti, le misure di riduzione della spesa pubblica di cui all'articolo 2, comma 186, lettera e), della legge finanziaria 2010 come la soppressione della figura del difensore civico comunale, la soppressione delle circoscrizioni di decentramento comunale, la possibilità di delega da parte del sindaco dell'esercizio di proprie funzioni, la soppressione della figura del direttore generale, la soppressione dei consorzi di funzioni tra gli enti locali. Per garantire l'effettività della disposizione si prevede che, in mancanza, il prefetto possa assegnare all'ente inadempiente un termine perentorio ed in mancanza provvedere come commissario ad acta. Il comma 29 contiene la cosiddetta «clausola di salvaguardia» per le Autonomie a statuto differenziato con ulteriore riferimento all'articolo 27 della legge 42 del 2009, sul federalismo fiscale, che disciplina, tra l'altro, le modalità del concorso di tali Autonomie agli obiettivi di solidarietà e all'assolvimento degli obblighi posti dall'ordinamento comunitario. Il comma 30 contiene una clausola di salvaguardia relativamente agli oneri a carico della finanza pubblica. Il comma 31 estende, dal 2013, il patto di stabilità interno a tutti i comuni con popolazione oltre i 1.000 abitanti.
Fa presente che l'articolo 17, modificato dal Senato, reca disposizioni relative al Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro, in particolare disponendo la riduzione dei suoi componenti al numero di settanta e prevedendo la decadenza dell'attuale Consiglio entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio che effettuerà la nuova ripartizione tra le diverse categorie alla luce dei criteri di cui alla norma in commento.
Osserva che l'articolo 18 dispone l'obbligo di viaggiare in classe economica per missioni nei Paesi del Consiglio d'Europa per parlamentari, amministratori pubblici, dipendenti delle amministrazioni dello Stato, centrali e periferiche, anche a ordinamento autonomo, amministratori, dipendenti e componenti degli enti e organismi pubblici, di aziende autonome e speciali, di aziende a totale partecipazione pubblica, di autorità amministrative indipendenti o di altri enti pubblici e commissari straordinari.
Rileva che l'articolo 19, modificato dal Senato, reca la copertura finanziaria e dispone che agli oneri derivanti dall'attuazione del presente decreto, di cui, rispettivamente, all'articolo 1 commi 16 e 25, all'articolo 2 comma 1-bis, all'articolo 5 e all'articolo 7, pari complessivamente a 2.215,2 milioni di euro per l'anno 2012, a 132,8 milioni di euro per l'anno 2013, a 170,8 milioni di euro per l'anno 2014, a 323 milioni di euro per l'anno 2015 e a 16 milioni di euro per l'anno 2016, pari a, in termini di indebitamento netto, 182,8 milioni per l'anno 2013 e 320,8 milioni per l'anno 2014, si provvede con quota parte delle maggiori entrate derivanti dal presente decreto. Con riferimento alla compensazione degli effetti finanziari sui saldi del fabbisogno e dell'indebitamento netto, appare opportuno che il Governo chiarisca se le disposizioni di cui all'articolo 5 producano effetti anche negli anni 2015 e 2016. Si osserva inoltre che non sono esplicitamente indicate le disposizioni di entrata utilizzate per la copertura finanziaria. Dal prospetto riepilogativo degli effetti finanziari si rileva che le maggiori entrate sono ascrivibili agli articoli 1, 2, e 7. Peraltro l'articolo 2, comma 36, prevede che le maggiori entrate derivanti dal presente decreto sono riservate all'Erario per essere destinate alle esigenze prioritarie di raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica. A tale ultimo riguardo, tuttavia, potrebbe ritenersi che il comma 36 faccia riferimento alle sole entrate derivanti dall'articolo 2 anziché a quelle previste dall'intero decreto. Le entrate utilizzate a copertura dal provvedimento sarebbero,

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quindi, esclusivamente quelle derivanti dagli articoli 1 e 7. Sul punto appare necessaria una conferma da parte del Governo.
Fa presente che l'articolo 19-bis, introdotto dal Senato, stabilisce che l'attuazione delle disposizioni del decreto-legge in esame da parte delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano avviene nel rispetto del proprio statuto e delle relative norme di attuazione e secondo quanto previsto dall'articolo 27 della legge 5 maggio 2009, n. 42, in materia di federalismo fiscale.
Ricorda che l'articolo 20, infine, disciplina l'entrata in vigore.

Renato CAMBURSANO (IdV) ritiene che, preliminarmente all'esame dei contenuti del provvedimento, sia opportuno ripercorrere le tappe che hanno portato all'attuale situazione di difficoltà, che ha dovuto affrontare un crescente clima di sfiducia dei mercati, che, con maggiore durezza, hanno ribadito le perplessità manifestate dalle cancellerie degli altri partner europei nei confronti del nostro Paese. Sottolinea, infatti, come sia diffusa la convinzione che l'Italia non possa superare l'attuale situazione di difficoltà in ragione dei bassi livelli di crescita economica e dell'ingente ammontare del nostro debito pubblico. Osserva, tuttavia, come a lungo la maggioranza ed il Governo si siano ostinati a sostenere che non esistevano problemi di carattere economico e finanziario e che, pertanto, nel mese di luglio sarebbe stato sufficiente il semplice aggiornamento della manovra finanziaria per il 2011. Successivamente, si è però manifestata la necessità di un intervento più rilevante, realizzato con l'approvazione, il 6 luglio 2011, del decreto-legge n. 98, immediatamente accolto con reazioni negative dai mercati finanziari, che registrarono sensibili cali nelle quotazioni di borsa e notevoli incrementi dei differenziali di rendimento dei nostri titoli del debito pubblico rispetto ai buoni del Tesoro tedeschi. La scarsa credibilità della manovra determinò, quindi, un'accelerazione delle risposte negative dei mercati finanziari, che spinse il Presidente della Repubblica a formulare, l'11 luglio 2011, un appello alle forze politiche per una celere approvazione della manovra. Nel ricordare come il proprio gruppo, unitamente agli altri gruppi di opposizione, abbia raccolto responsabilmente l'appello del Capo dello Stato, garantendo l'approvazione in un solo giorno della manovra finanziaria presso questo ramo del Parlamento, sottolinea tuttavia come già in quell'occasione ebbe modo di sottolineare come la manovra non avrebbe dovuto essere approvata così in fretta, dal momento che essa era insufficiente e, soprattutto, sbilanciata nei tempi, in quanto gli interventi più rilevanti erano rinviati agli anni 2013 e 2014, in una fase, quindi, successiva allo svolgimento dell'elezioni politiche. Ricorda, poi, come nell'informativa svolta nell'Assemblea della Camera il 3 agosto scorso, il Presidente del Consiglio dei ministri avesse dipinto un quadro idilliaco della situazione economica del nostro Paese, ritenendo erronei ed infondati i giudizi espressi dai mercati finanziari, che tuttavia hanno continuato a mostrare estrema sfiducia nei confronti del nostro Paese, spingendo il Ministro dell'economia e delle finanze a rendere comunicazioni alle Commissioni bilancio e Affari costituzionali di Camera e Senato il successivo 11 agosto. In quella sede, il Ministro Tremonti non affrontò il merito delle questioni poste dall'aggravarsi della crisi finanziaria, ma si soffermò quasi esclusivamente sulla riforma dell'articolo 81 della Costituzione nel senso di introdurre l'obbligo del pareggio di bilancio, affrontando quindi un tema che aveva già anticipato quasi cinque mesi prima. Osserva al riguardo come, ben diversamente, in Spagna un Governo dimissionario sia riuscito in pochi giorni a far approvare con una larghissima maggioranza una manovra più seria di quella elaborata nel nostro Paese nonché una riforma costituzionale volta a garantire il raggiungimento del pareggio di bilancio. Ricorda, poi, come finalmente il 13 agosto il Governo abbia approvato il decreto-legge all'esame della Commissione, confermando il giudizio di inadeguatezza delle misure contenute

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nel decreto-legge n. 98, ma realizzando una manovra ancora ampiamente insufficiente e ulteriormente indebolita nella sua credibilità dalle incertezze mostrate dal Governo e dalla maggioranza nel corso dell'esame parlamentare. A tale proposito, osserva in primo luogo che la manovra appare assolutamente sbilanciata, in quanto il decreto-legge n. 138 del 2011 determina un ulteriore forte incremento delle entrate, che porta ad un sensibile inasprimento della pressione fiscale, che non potrà che avere effetti recessivi. Ricorda, infatti che l'effetto cumulato delle manovre realizzate con il decreto-legge n. 78 del 2010, il decreto-legge n. 98 del 2011 e il decreto-legge n. 138 del 2011 ammonta, nel periodo di riferimento a circa 300 miliardi di euro, che tuttavia, rischiano di non essere sufficienti dal momento che - come rilevato da Luca Ricolfi su «La Stampa» - nessuno potrà mai ripagarci dell'enorme costo che grava sulle famiglie italiane per l'incredibile leggerezza dei nostri governanti. Osserva, in proposito, che il Governo ha dimostrato poca serietà nella scelta dei provvedimenti da inserire o eliminare dalla manovra, intervenendo in modo tardivo nel reperimento delle risorse senza affrontare in modo credibile i nodi del debito e della crescita economica. In questo contesto, osserva come l'incremento dell'aliquota dell'imposta sul valore aggiunto al 21 per cento, rappresenti l'utilizzo di un'arma che era stata originariamente riservata ad assicurare il conseguimento degli effetti attesi dalla riforma assistenziale e fiscale. Sottolinea, inoltre, come sarebbe stato opportuno seguire il consiglio fornito dal professore Franco Bruni nel corso della sua audizione del 16 marzo scorso, procedendo con decisione e rapidità sulla strada del rientro dal debito, anticipando in questo modo l'azione dei mercati che stanno trascinando in questi giorni il nostro Paese e la stessa moneta unica in una crisi di difficile soluzione. Nel ricordare come anche il Presidente della Repubblica abbia autorevolmente richiesto di rafforzare l'efficacia e la credibilità della manovra, sottolinea come il Governo e la maggioranza abbiano dimostrato un incredibile indecisione, che ha portato a notevoli incertezze in ordine, ad esempio, alle modifiche della disciplina del contribuito alla solidarietà per i redditi più elevati e alla possibile introduzione di modifiche alla disciplina del riscatto dei periodi di studio e del servizio militare ai fini previdenziali. Analogamente, giudica in modo critico l'intervento svolto dal Ministro dell'economia e delle finanze nel corso del seminario Ambrosetti a Cernobbio, ritenendo altresì pericolose ed irresponsabili le dichiarazioni del Ministro degli esteri che ha inopportunamente criticato l'operato della Banca centrale europea. Parimenti ritiene del tutto inopportuno l'inserimento all'interno della manovra dell'articolo 8, che determina vivaci contrasti sociali e non contribuisce in alcun modo alla stabilizzazione dei conti pubblici, sottolineando come nell'attuale situazione di crisi economica e finanziaria non dovrebbero perseguirsi obiettivi politici di divisione delle forze sindacali, ma sarebbe opportuno cercare di raggiungere la massima coesione sociale sulle misure da introdurre. Giudica poi estremamente deludenti le scelte compiute in ordine alla riduzione dei costi della politica, sottolineando come numerose delle misure inizialmente previste, quali le riduzioni delle province, siano scomparse dal provvedimento. A tale ultimo riguardo, pur prendendo atto del fatto che nella giornata di oggi il Consiglio dei ministri ha approvato un disegno costituzionale volto alla soppressione delle province, ricorda come il medesimo risultato si sarebbe potuto raggiungere già qualche mese fa, quando l'Assemblea della Camera respinse un'analoga proposta dell'UdC e dell'Italia dei Valori. Osserva, poi, come anche su alcune delle misure relative alla lotta all'evasione fiscale siano stati fatti dei passi indietro, segnalando che la previsione delle cosiddette «manette» agli evasori è stata opportunamente rivista al fine di tenere conto della situazione del Presidente del Consiglio dei ministri, al quale è stata contesta un'evasione per 16 milioni di euro. Da ultimo, osserva come le più

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recenti previsioni relative alla crescita economica elaborate dal Fondo monetario internazionale siano sensibilmente inferiori a quelle contenute nel Documento di economia e finanza, rilevando come la contrazione del tasso di crescita dell'economia si ripercuoterà negativamente sul rapporto tra indebitamento e prodotto interno lordo. Ritiene, pertanto, che la manovra realizzata con il decreto-legge in esame non sarà sufficiente e si renderanno quindi necessari nuovi interventi che dovrebbero innanzitutto perseguire una maggiore liberalizzazione della nostra economia e assicurare la realizzazione di riforme efficaci anche sul fronte pensionistico. Pur auspicando che la decisione di ieri del Bundesverfassungsgericht in ordine alla costituzionalità degli aiuti alla Grecia contribuisca, almeno temporaneamente, a rasserenare i mercati, osserva come sia forte la richiesta di interventi seri e ribadisce l'esigenza che l'Italia sappia dimostrarsi all'altezza della situazione che è chiamata a fronteggiare.

Massimo VANNUCCI (PD), nel richiamare l'intervento svolto dall'onorevole Cambursano, ricorda quanto affermato recentemente, nel corso del meeting di Rimini di Comunione e Liberazione, dal Capo dello Stato, che ha individuato come causa principale della crisi la mancanza di riconoscimento della gravità della situazione da parte della maggioranza. Ricorda che il Presidente della Repubblica ha svolto anche taluni rilievi critici sull'operato delle forze di opposizione che avrebbero inteso addossare ogni responsabilità al Governo in carica, sottolineando come tale atteggiamento sia stato effettivamente palesato solo nei tempi più recenti. Evidenzia come la situazione attuale sia dovuta all'adozione di scelte inefficaci nelle ultime tredici manovre adottate dal Governo. Osserva che il Governo, malgrado i fondamentali positivi della nostra economia, avrebbe dovuto adottare, in considerazione del contesto critico, un atteggiamento più prudente, mentre, a suo avviso, le scelte adottate, come l'abolizione dell'ICI, il salvataggio dell'Alitalia, l'allentamento della lotta all'evasione fiscale e le quote latte, sono andate nella direzione sbagliata. Rileva come le istituzioni europee abbiano comunque dimostrato i propri limiti non essendo state capaci di compiere un salto di qualità politico, concentrandosi invece solo sulla moneta. A tal proposito, sottolinea come sia scorretta l'idea di mantenere le banche centrali dei singoli Paesi membri e differenti politiche fiscali e finanziarie. Ricorda di aver chiesto ai soggetti auditi, nell'ambito dell'attività conoscitiva relativa al decreto-legge n. 98 del 2011, di fornire una valutazione sull'impatto che quella manovra avrebbe avuto sulla crescita e come solo la CGIL abbia stimato un decremento dello 0,8 per cento del prodotto interno lordo. Rammenta che lo stesso Governo aveva in altre occasioni dovuto stimare gli effetti depressivi di altre manovre e come oggi l'OCSE abbia evidenziato la decrescita dell'economia italiana. Osserva che il Sole 24 Ore ha stimato in oltre 36 miliardi di euro le nuove entrate recate dalla manovra, ma tale stima risulta, a suo avviso, probabilmente sbagliata per difetto, sottolineando come, al contrario, si sarebbe dovuto maggiormente agire sul versante delle spese. Evidenzia come l'anticipo della riduzione lineare delle detrazioni e deduzioni fiscali avrà un impatto sociale molto negativo e comporterà anche danni sul versante della lotta all'evasione fiscale, avendo molte di tali disposizioni la funzione del contrasto di interessi. Fa presente che il Partito Democratico propone, anche per favorire il contrasto all'evasione fiscale, l'introduzione di detrazioni per le spese relative alla casa e all'automobile. Ricorda in proposito anche le recenti affermazioni del Presidente dell'ISTAT sulla efficacia del contrasto di interessi recato dal sistema di deduzioni e detrazioni fiscali. Sottolinea come l'altra questione fondamentale sia quella della crescita e rileva che le detrazioni del 36 e del 55 per cento avevano giocato un ruolo importante di sostegno nel settore delle ristrutturazioni edilizie. Evidenzia come oggi il Governo abbia deciso di tornare indietro, ripristinando talune misure adottate dal Governo Prodi

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e cancellate all'inizio della legislatura, richiamando in particolare quelle di contrasto all'evasione fiscale. Sottolinea quindi come si sarebbe dovuto procedere ad una complessiva riforma fiscale, ricordando come attualmente il carico sui redditi da lavoro sia sproporzionato rispetto al prelievo sulle rendite, i consumi e i patrimoni. Ritiene sbagliato utilizzare in questa sede, a prescindere da una complessiva revisione della normativa fiscale, i margini di aumento del prelievo sulle rendite e i consumi in parte contenuti nella manovra in esame. Evidenzia come, anche secondo la Banca d'Italia, il carico fiscale sui patrimoni in Italia sia il più basso nel mondo e come l'Italia sia l'unico Paese a non prevedere una forma di tassazione sulla prima casa. Evidenzia come si sarebbe dovuto piuttosto incidere sui patrimoni più elevati e ricorda come la stessa Banca centrale abbia suggerito di ridurre il cuneo fiscale agendo proprio sulle aliquote dell'IVA e sui patrimoni. Osserva quindi che la norma introdotta dal Senato di cui all'articolo 5, comma 1-bis, volta a prevedere un contributo per la calamità naturale che ha colpito la Basilicata tra il febbraio e il marzo del 2011, non sia condivisibile, anche in considerazione del fatto che essa discrimina tra la Basilicata e la regione Marche, colpita nello stesso periodo da una calamità che ha prodotto danni ben più consistenti e oggetto del medesimo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri relativo alla Basilicata. Sottolinea come per la calamità che aveva colpito la regione Marche fosse stata approvata una mozione dalla Camera e come tale modo di legiferare di carattere localistico non sia accettabile. Ricorda, inoltre, come tale disposizione si ponga in contrasto con le recenti norme recate in materia di protezione civile dal decreto-legge di proroga termini, che avevano previsto che gli oneri per tali fattispecie fossero in prima battuta a carico delle regioni, che avrebbero potuto provvedere attraverso l'aumento delle aliquote addizionali e, in seconda battuta, a carico dello Stato che vi avrebbe potuto provvedere attraverso l'aumento delle accise sui carburanti. Fa presente, infine, che proporrà una proposta emendativa volta a garantire alle imprese italiane che hanno subito danni dalla guerra in Libia opportuni indennizzi per evitarne il tracollo economico con evidenti ripercussioni anche a carico dei lavoratori.

Roberto OCCHIUTO (UdCpTP) intende esprimere poche e coincise valutazioni critiche in merito al provvedimento in esame che, peraltro, il Governo ha dichiarato immodificabile chiedendo alla Camera di limitarsi a ratificare le decisioni assunte dal Senato, rinunciando a svolgere compiutamente il proprio ruolo istituzionale. Ricorda quindi come nel corso degli ultimi mesi, concitati e critici, la discussione parlamentare, per quanto compressa, sia stata volta a rispondere ai mercati perseguendo una serie di obiettivi quali la rassicurazione della Banca centrale europea riguardo alla sostenibilità del debito, le riforme strutturali e l'introduzione del principio del pareggio del bilancio in Costituzione. Evidenzia tuttavia l'assenza di politiche per la crescita, osservando come l'incremento dell'IVA previsto dal provvedimento in esame avrebbe potuto essere finalizzato alla riduzione del cuneo fiscale. Rileva quindi come il dibattito interno alla stessa maggioranza sia risultato quasi surreale e le scelte adottate siano state il frutto di una discussione svoltasi tutta all'interno della Ragioneria generale dello Stato che ha avallato decisioni discutibili come quella di considerare una valida forma di copertura le misure di contrasto all'evasione e all'elusione fiscale. Ricorda quindi come, nel mese di luglio, il Parlamento abbia approvato la precedente manovra finanziaria in tempi estremamente brevi e venga ora proposta una nuova manovra finanziaria dalla quale emerge una confusione di ruoli e di centri decisionali. Osserva, infatti, come in precedenza il titolare delle scelte in materia di politica economica e di bilancio fosse il ministro Tremonti mentre adesso non si comprende chi sia l'artefice delle strategie del Governo e della maggioranza. Rileva quindi come la Spagna stia ottenendo

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risultati in termini di politica economica migliore dei nostri in quanto il Governo si dimostra credibile e in grado di garantire la sostenibilità del debito. Ritiene che il provvedimento rechi l'ennesima manovra tampone che risolve i problemi della maggioranza ma non quelli del Paese, lasciando prevedere un incremento della pressione fiscale già molto elevata. Ritiene inoltre che il pareggio di bilancio non si rivelerà duraturo in quanto le previsioni di crescita sulle quali si basa la manovra sono state riviste al ribasso e ritiene che una ulteriore correzione potrebbe rendersi necessaria già con la prossima legge di stabilità. Riteneva che la maggioranza avrebbe potuto compiere scelte più coraggiose promuovendo, ad esempio, una vera riforma delle pensioni, spiegando ai padri che era giusto e possibile aiutare i figli e i nipoti in un Paese dove l'età pensionabile media è pari a 58 anni e risulta di molto superiore alla media europea. Esprime quindi perplessità anche in merito alla disciplina del contributo di solidarietà, osservando come il Governo preveda che tale misura possa continuare ad operare dopo il 2013, ipotizzando che in quell'anno non venga raggiunto l'obiettivo del pareggio del bilancio. Considera, inoltre, una vera e propria bomba ad orologeria contenuta nella manovra il previsto taglio lineare delle agevolazioni fiscali per numerosi miliardi, osservando come sarebbe stato a questo punto opportuno riservarsi di aumentare l'IVA proprio al fine di evitare drastiche riduzioni dei benefici fiscali. Rileva quindi come le due ultime manovre finanziarie abbiano ucciso il federalismo fiscale nella culla, secondo quanto dichiarato dagli stessi presidenti Errani e Formigoni. Ritiene altresì che i comuni non siano organizzati per svolgere un'efficace attività di contrasto dell'evasione fiscale e questo indebolisca ulteriormente la prospettiva federalista. Manifesta inoltre preoccupazione per il fatto che le scelte richieste dalla crisi economica prima o poi bisognerà farle e forse non si riveleranno a quel punto nemmeno sufficienti. Desidera, infine, soffermarsi su due specifiche disposizioni recate dal provvedimento. Esprime in primo luogo apprezzamento per l'articolo 5-bis che introduce una deroga in favore delle regioni ricomprese nell'obiettivo convergenza ai limiti spesa introdotti dalla disciplina del Patto di stabilità interno prevedendo che debbano essere compensati attraverso l'attribuzione allo Stato e alle restanti regioni dei relativi maggiori oneri. Al riguardo chiede, tuttavia, al Governo di fornire un chiarimento in ordine alle concrete modalità di applicazione della disposizione che appare funzionale a consentire la concreta attuazione del Piano per il Sud. Con riferimento invece all'articolo 8, di cui condivide in linea di principio il contenuto, chiede tuttavia al Governo di chiarire se non vi sia il rischio di determinare un sistema di gabbie salariali.

Maino MARCHI (PD) osserva preliminarmente come nell'esame del decreto-legge n. 138 le opposizioni abbiano confermato il proprio senso di responsabilità, accogliendo ancora una volta il richiamo del Capo dello Stato ad assicurare una risposta adeguata alla difficile situazione finanziaria in tempi assai ristretti. A tale riguardo, evidenzia peraltro che le opposizioni hanno inteso preservare il rispetto delle procedure parlamentari, anche nell'ambito di una forte compressione dei termini di esame del provvedimento, proponendo le proprie proposte emendative e discutendo nel merito i contenuti del decreto in esame. Ritiene, tuttavia, che negli ultimi quindici giorni la maggioranza e il Governo non abbiano dato una buona rappresentazione del nostro Paese, offrendo ai mercati finanziari e ai partner internazionali l'immagine di una manovra nella quale tutto era in discussione e quotidianamente emergevano posizioni differenziate e richieste di modifiche e correzioni al provvedimento. In questo quadro è poi maturato il vertice della maggioranza di Governo che ha portato all'assunzione di decisioni che non sono durate neanche quarantotto ore. Ritiene, pertanto, che non siamo in presenza solo di un problema finanziario, legato all'indebitamento del nostro Paese e alla difficile

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situazione internazionale, ma anche, e soprattutto, di un problema politico. Si chiede, quindi, se le misure adottate saranno sufficienti, dal momento che l'immagine del nostro Paese è indebolita dalla scarsa tenuta politica del Governo, che in questi mesi ha dimostrato tutte le sue difficoltà di sopravvivenza. Osserva, pertanto, che se non si risolverà il problema politico del nostro Paese difficilmente sarà possibile risolvere quello economico e finanziario. Per quanto attiene più strettamente al provvedimento in esame, osserva che, come avvenuto anche in occasione della presentazione del decreto-legge n.98 del 2011, non si è provveduto, in occasione della presentazione della manovra, ad un aggiornamento delle previsioni contenute nel Documento di economia e finanza 2011, pur in presenza di un profondo mutamento delle misure finanziarie previste in quel Documento e di una revisione al ribasso delle stime relative all'andamento dell'economia nel nostro Paese. Al fine di verificare l'adeguatezza delle manovre finanziarie adottate ed in corso di adozione, giudica, pertanto, indispensabile un aggiornamento del Documento di economia e finanza, che dia conto delle stime più recenti elaborate dagli organismi internazionali che hanno ipotizzato una possibile riduzione del Prodotto interno lordo nel nostro Paese nel corso dell'ultimo trimestre. Per quanto attiene, invece, alla composizione della manovra, ritiene che essa continui a muoversi in un'ottica sbagliata, prevedendo esclusivamente interventi sul versante della finanza pubblica. A suo avviso, invece, l'attuale situazione economica e finanziaria richiederebbe un intervento congiunto, nel quale le misure di risanamento della finanza pubblica dovrebbero essere accompagnate da provvedimenti volti a sostenere la crescita, come richiesto dal Partito Democratico sin dalla approvazione del decreto-legge n. 112 del 2008 e della manovra finanziaria del 2009, nonché da interventi volti a garantire una maggiore equità sociale. Osserva, infatti, che il processo di concentrazione della ricchezza realizzato negli ultimi anni ha rappresentato un grave freno alla crescita economica, sottolineando come la redistribuzione delle risorse disponibili potrebbe consentire un incremento dei consumi ed un rilancio della domanda interna. Per questi motivi, sarebbe stata necessaria una manovra più ampia, che avrebbe potuto in primo luogo riguardare interventi finanziariamente neutri, con disposizioni volte a realizzare riforme nel settore della giustizia e a promuovere le liberalizzazioni e la concorrenza. Richiama, poi, le proposte formulate dal Partito Democratico in materia di stabilizzazione delle agevolazioni fiscali per l'efficienza energetica degli immobili, in materia di sblocco degli investimenti degli enti locali, di sostegno alla capitalizzazione e alla competitività delle piccole e medie imprese, di tutela dei giovani e delle lavoratrici con figli. Richiama, altresì, le proposte relative alla abolizione dell'IRAP riferita al lavoro, alla revisione delle aliquote dell'imposta sul valore aggiunto nel settore turistico, al sostegno alle esportazioni e allo sviluppo del Mezzogiorno, con particolare riferimento alla realizzazione di opere pubbliche nelle regioni del Sud. Al riguardo, osserva come nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento non siano state recepite le proposte formulate dalle opposizioni volte a sostenere la crescita, rilevando altresì come manchino reali interventi volti a sostenere le liberalizzazioni. Per quanto attiene, invece, al comparto delle entrate, pur rilevando come il provvedimento segni in qualche modo un'inversione di tendenza, dal momento che sono state recepite alcune proposte formulate in passato dal Partito Democratico in materia di tassazione delle rendite finanziarie e di contrasto all'evasione fiscale, con il ripristino di disposizioni inizialmente avversate dall'attuale maggioranza, ritiene che sarebbero ipotizzabili ulteriori misure correttive della manovra. In proposito, ricorda in primo luogo che sarebbe stato possibile ripristinare la disciplina relativa alla responsabilità fra appaltatore e subappaltatore, prevedendo inoltre la stipula di accordi con la Repubblica elvetica analoghi a quelli conclusi da Germania e Regno Unito in materia di

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emersione di attività detenute in quei Paesi da cittadini italiani. Analogamente potrebbero valutarsi interventi volti a prevedere un'imposizione sui grandi patrimoni e a incrementare gli introiti derivanti dall'asta delle frequenze. Nel sottolineare l'atteggiamento ondivago tenuto dalla maggioranza e dal Governo con riferimento al contributo di solidarietà, evidenzia l'estrema inopportunità delle disposizioni contenute nell'articolo 2, comma 1-bis, che sembrano mettere in dubbio il raggiungimento del pareggio di bilancio nel 2013, obiettivo primario della manovra in corso di esame. Osserva, altresì, che sarebbe stato opportuno inserire nel provvedimento disposizioni volte al contrasto dell'economia illegale, intervenendo sulla disciplina del falso in bilancio, prevedendo la sanzione dell'autoriciclaggio e inasprendo la lotta al caporalato. Sempre sul versante delle entrate, evidenzia come l'incertezza in ordine alla approvazione della delega in materia fiscale e assistenziale rappresenti un elemento di grave debolezza della manovra, anche in considerazione del fatto che una componente del meccanismo di salvaguardia, quella relativa all'imposta sul valore aggiunto, è stata già attivata con le modifiche nel corso dell'esame al Senato. Nel ribadire come la preannunciata delega fiscale si tradurrà in sostanza in un incremento dell'imposizione e in una riduzione dei livelli di assistenza, sottolinea come già in assenza dell'esercizio di tale delega la pressione fiscale ma destinata a raggiungere nel 2014 livelli assai elevati. Sul versante degli enti territoriali sottolinea come gli effetti cumulati delle manovre realizzate con il decreto-legge n. 78 del 2010, il decreto-legge n. 98 del 2011 e il decreto-legge in esame determinino una riduzione delle risorse disponibili quantificabili in 14,5 miliardi di euro nel 2012 e in 14,9 miliardi di euro a decorrere dal 2013, con un intervento che, al di là degli alleggerimenti introdotti nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento, appare difficilmente sostenibile e pone a rischio la realizzazione di un assetto fiscale federalistico. In proposito chiede, peraltro, al rappresentante del Governo di chiarire in quale modo possano essere compatibili le disposizioni delle recenti manovre finanziarie, anche con riferimento alla manovrabilità delle addizionali regionali, con la clausola di salvaguardia contenuta nel decreto legislativo n. 68 del 2011 relativa al ripristino delle disponibilità antecedenti alla manovra realizzata con il decreto-legge n. 78 del 2010. Analogamente, ritiene necessarie assicurazioni in ordine alla disponibilità di adeguate risorse per il finanziamento del trasporto pubblico locale a partire già dal prossimo anno. Per quanto attiene, poi, alla revisione della spesa, ritiene che sarebbe grave se la scelta di non ascrivere alcun effetto alle disposizioni introdotte dal Senato fosse dettata dalla volontà di non dare attuazione alle medesime norme, chiedendo tuttavia come sia possibile conciliare le riduzioni di spesa ivi previste con i tagli lineari disposti dall'articolo 1, commi 1 e 2 del decreto. Nel segnalare come, anche nell'attuale situazione di crisi, il Governo sia comunque riuscito a reperire 2 miliardi nel 2012 da allocare nel Fondo per interventi strutturali di politica economica, la cui gestione è rimessa integralmente all'Esecutivo, osserva come alcune disposizioni del provvedimento rappresentino delle autentiche provocazioni. In proposito, segnala in particolare l'articolo 8 e l'articolo 4, che contiene una norma in materia di servizi pubblici locali che si muove nella direzione di una privatizzazione forzata del settore analoga a quella abrogata con il recente referendum. Ricorda, altresì, le disposizioni relative all'accorpamento delle festività del 25 aprile e del 1o maggio, opportunamente corrette dal Senato, nonché le norme sulla cooperazione, che presentano limitati effetti finanziari e hanno finalità essenzialmente politiche. Giudica, inoltre, contraddittoria la disposizione relativa ai trasferimenti di denaro all'estero contenuta nell'articolo 2, comma 35-octies, osservando altresì che le disposizioni dell'articolo 6 relative alla chiusura del contenzioso riferito al cosiddetto «bonus bebè» non recepiscono pienamente gli indirizzi contenuti nella risoluzione approvata

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dalla Commissione lo scorso 3 agosto, in quanto non si distingue tra quanti hanno percepito indebitamente tale beneficio per un errore in ordine al calcolo del reddito, avendo fatto riferimento al reddito netto anziché lordo, e quanti detenessero redditi netti comunque superiori alla soglia di 50.000 euro individuata dalla legge. Nel richiedere al rappresentante del Governo di fornire puntuali risposte alle richieste di chiarimento contenute nella documentazione predisposta dagli uffici della Camera, sottolinea come nel quadro dei provvedimenti costituzionali volti a rafforzare la stabilità finanziaria e a contenere i costi della politica manchi ancora una proposta governativa relativa alla riduzione del numero dei parlamentari, che potrebbe determinare risparmi già nell'esercizio 2013.

Giuseppe Francesco Maria MARINELLO, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame del provvedimento ad altra seduta.

La seduta termina alle 19.40.