CAMERA DEI DEPUTATI
Martedì 19 luglio 2011
513.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
COMUNICATO
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AUDIZIONI INFORMALI

Martedì 19 luglio 2011.

Audizione di rappresentanti di CGIL, CISL, UIL, UGL e CISAL, nell'ambito dell'esame congiunto del Programma di lavoro della Commissione per il 2011 (COM(2010)623 def.), del Programma di 18 mesi delle Presidenze polacca, danese e cipriota (11447/11) e della Relazione programmatica sulla partecipazione dell'Italia all'Unione europea, relativa all'anno 2011 (Doc. LXXXVII-bis, n. 1).

L'audizione informale è stata svolta dalle 12.05 alle 13.45.

SEDE CONSULTIVA

Martedì 19 luglio 2011. - Presidenza del presidente Mario PESCANTE.

La seduta comincia alle 13.45.

Disciplina delle professioni nel settore delle scienze estetiche.
Testo unificato C. 3107 Milanato e abb.
(Parere alla X Commissione).
(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

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Marco MAGGIONI (LNP), relatore, ricorda che la X Commissione Attività produttive ha iniziato l'esame in sede referente dell'A.C. 3107 in data 13 ottobre 2010. Nel corso dell'iter parlamentare al provvedimento sono state abbinate le proposte di legge C. 3116, 3133, 3759, 3951, 3953. Nella seduta del 22 giugno 2011 la Commissione ha adottato come testo base il testo elaborato dal Comitato ristretto e 13 luglio la Commissione ha provveduto a trasmettere il testo, come risultante dalle modifiche approvate, alle Commissioni competenti per l'espressione del prescritto parere.
La proposta in esame intende introdurre una nuova disciplina dell'attività professionale di estetista - attualmente regolamentata dalla legge 1/1990 - che viene ridefinita come attività professionale nel settore delle scienze estetiche, nonché delle attività di onicotecnico e di tecnico dell'abbronzatura artificiale, al fine di tutelare la concorrenza e nel contempo garantire la tutela dei consumatori (articolo 1), precisando che l'esercizio dell'attività di estetista è subordinato al possesso del relativo requisito di qualificazione professionale. Per questo motivo la nuova disciplina interviene sia sull'oggetto della professione, sia sui percorsi formativi e l'esercizio dell'attività.
Con l'articolo 2 si prevede la definizione organica di tale attività, individuando un primo ambito professionale di prestazione di servizi di bellezza e di benessere che consenta all'estetista di concorrere sia al recupero del benessere della persona, sia alla difesa e al ripristino delle migliori condizioni estetiche ed alla rimozione degli stati di disagio psicofisico. Rientrano nell'attività professionale di estetista anche le pratiche di decorazione e di pigmentazione corporea (tatuaggio) e di foratura di parti superficiali del corpo (piercing). Viene invece espressamente escluso dall'attività ogni atto di diagnosi clinica o terapeutica, di anamnesi patologica, di profilassi e di prescrizione di farmaci, nonché ogni prestazione diretta a finalità di carattere propriamente terapeutico.
I commi 6 e 7 provvedono a definire l'attività di onicotecnico e quella di tecnico dell'abbronzatura artificiale.
Con riferimento ai requisiti di accesso professionale, l'articolo 3 prevede che l'esercizio dell'attività di estetista sia subordinato al conseguimento di apposita abilitazione previo svolgimento di un percorso formativo - successivo al conseguimento del diploma di scuola secondaria di primo grado - rispondente ai livelli essenziali di cui al decreto legislativo 226/2005. Il predetto percorso formativo si suddivide in due percorsi propedeutici. Il primo è un corso «base», della durata di tre anni, che darà accesso alla qualifica di operatore professionale, ai fini dell'avviamento al lavoro subordinato. Il secondo percorso, successivo al conseguimento dell'abilitazione di base, è un corso di qualificazione professionale della durata di un anno con esame finale teorico-pratico, il cui superamento consente di ottenere il diploma professionale di tecnico in scienze estetiche, con valore abilitante all'esercizio dell'attività in forma imprenditoriale. Le competenze acquisite, comprese quelle indicate dall'Unione europea in materia di apprendistato permanente, registrate nel «libretto formativo del cittadino» danno diritto a crediti formativi riconosciuto nell'ambito dei percorso di istruzione e formazione.
L'articolo 4 stabilisce le competenze delle regioni in materia di abilitazione professionale, demandando la definizione dei contenuti tecnico-culturali dei programmi dei corsi e delle prove di esame ad un accordo sancito in sede di Conferenza Stato-regioni. La norma, al fine di rendere maggiormente omogeneo il livello delle conoscenze professionali, indica le materie fondamentali oggetto di studio, i percorsi formativi e le modalità di organizzazione dei corsi di formazione e di aggiornamento.
L'articolo 5 è volto a stabilire alcune condizioni essenziali per l'esercizio dell'attività. In primo luogo la norma stabilisce

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che l'attività professionale nel settore delle scienze estetiche, nonché quelle di onicotecnico e di tecnico dell'abbronzatura artificiale, siano soggette alla segnalazione di inizio attività e possano essere esercitate in forma di impresa, individuale o societaria, previa iscrizione nell'albo provinciale delle imprese artigiane ovvero nel registro delle imprese. Inoltre, la norma dispone che presso ogni sede dell'impresa dove viene esercitata l'attività debba essere designato almeno un responsabile tecnico in possesso dell'abilitazione professionale. L'attività può essere svolta anche presso il domicilio del cliente, ma è espressamente vietata in forma ambulante o di posteggio.
Le imprese abilitate all'esercizio dell'attività hanno facoltà di avvalersi della collaborazione di soggetti abilitati all'esercizio di professioni mediche o sanitarie o di altre attività professionali.
L'articolo 6 affida i controlli sull'osservanza delle disposizioni stabilite dal provvedimento in esame alla ASL competente per territorio ed agli altri soggetti con poteri di accertamento.
L'articolo 7 disciplina il sistema sanzionatorio in caso di violazione degli obblighi relativi al possesso dell'abilitazione professionale e al regolare esercizio dell'attività.
Con l'articolo 8 vengono previste apposite norme finali e transitorie, e l'abrogazione della legge n. 1/1990.
Con riferimento alla normativa europea in materia di qualificazione professionale, rileva che la direttiva 2005/36/CE (cosiddetta «direttiva qualifiche»), relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali, recepita nell'ordinamento nazionale con il decreto legislativo n. 206 del 2007, riguarda in particolare il riconoscimento delle professioni cosiddette «regolamentate», il cui esercizio è consentito solo a seguito dell'iscrizione in albi, registri o elenchi tenuti da amministrazioni o enti pubblici. La direttiva si applica ai cittadini degli Stati membri dell'Unione europea che vogliano esercitare, quali lavoratori subordinati, autonomi o liberi professionisti, una professione regolamentata in base a qualifiche professionali conseguite in uno Stato membro dell'Unione europea e che, nello Stato d'origine, li abilita all'esercizio di detta professione. Il riconoscimento delle qualifiche professionali permette di accedere, se in possesso dei requisiti specificamente previsti, alla professione corrispondente per la quale i soggetti sono qualificati nello Stato membro d'origine e di esercitarla alle stesse condizioni previste dall'ordinamento italiano.
Per quanto concerne l'aspetto della liberalizzazione dei servizi, segnala la direttiva 2006/123/CE (cosiddetta direttiva servizi), che stabilisce un quadro giuridico favorevole alla realizzazione di tale obiettivo, garantendo nel contempo un livello di qualità elevato per i servizi. Essa comprende qualsiasi servizio prestato dietro corrispettivo economico (ad eccezione dei settori esclusi specificamente indicati), tenuto conto nel contempo delle specificità di ciascun tipo di attività o di professione e del loro sistema di regolamentazione.
Circa la libera prestazione dei servizi, la direttiva prevede che gli Stati membri debbano rispettare il diritto dei prestatori di servizi di operare in uno Stato diverso da quello in cui sono stabiliti. Ne consegue che il prestatore di servizi dovrà adeguarsi agli usi e costumi giuridici della nuova sede di lavoro. Inoltre, «lo Stato membro in cui il servizio è prestato deve assicurare il libero accesso ad un'attività di servizi e al libero esercizio della medesima sul proprio territorio». Gli Stati membri non potranno ostacolare la libertà di esercizio nel loro territorio sulla base di requisiti discriminatori, ingiustificati e sproporzionati, o di altri requisiti tra cui l'obbligo per il prestatore di stabilirsi nel territorio dove presta il servizio, di ottenere un'autorizzazione, o di essere registrato in un albo professionale. Potranno invece applicare restrizioni per motivi legati alla sicurezza, alla pubblica sanità, alla protezione dell'ambiente e alle condizioni di lavoro. La direttiva 2006/123/CE è stata recepita nel nostro ordinamento con il decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59.
Per quanto attiene il percorso formativo, ricorda che con la Decisione 1720/2006/CE

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del 15 novembre 2006, successivamente modificata dalla Decisione 2008/1357/CE, l'Unione europea ha adottato il programma d'azione nel settore dell'istruzione e della formazione durante l'intero arco della vita per il periodo 2007-2013. L'obiettivo del programma è quello di sviluppare e di potenziare gli scambi, la cooperazione e la mobilità, affinché i sistemi di istruzione e di formazione divengano un riferimento di qualità mondiale. Il programma contribuisce così allo sviluppo dell'Unione come società della conoscenza avanzata, caratterizzata da uno sviluppo economico sostenibile accompagnato da un miglioramento quantitativo e qualitativo dell'occupazione, nonché ad una maggiore coesione sociale.
Segnala inoltre la Raccomandazione del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 giugno 2009, sull'istituzione di un sistema europeo di crediti per l'istruzione e la formazione professionale (ECVET), definito come un quadro metodologico utile per descrivere le certificazioni, in termini di unità di apprendimento, con punti di credito associati. Tale sistema consente di attestare e registrare i risultati delle formazioni svolte da una persona in diversi contesti, sia all'estero sia attraverso un percorso formale o informale di apprendimento. La diversità dei sistemi nazionali che definiscono i livelli e il contenuto di certificazione non favorisce la mobilità transnazionale dei lavoratori: l'ECVET consentirebbe pertanto di rimediare a tale situazione favorendo la mobilità delle persone in formazione attraverso l'intera Europa. Gli Stati membri sono invitati, a titolo volontario, ad applicare progressivamente misure volte ad utilizzare il sistema ECVET a decorrere dal 2012. L'ECVET è una delle tante iniziative europee in favore della mobilità, quali EUROPASS e la Carta europea di qualità per la mobilità, e si aggiunge al sistema europeo di accumulazione e trasferimento dei crediti (ECTS) che, istituito nel 1989, ha favorito la trasparenza e il riconoscimento dei periodi di studio all'estero.
Quanto ai documenti all'esame delle istituzioni dell'Unione europea, in vista della presentazione, presumibilmente il prossimo mese di dicembre, di una proposta di revisione della direttiva 2005/36/CE sul riconoscimento delle qualifiche professionali, il 22 giugno 2011 la Commissione europea ha avviato una consultazione delle parti interessate, che si concluderà il 20 settembre prossimo, su un Libro verde (COM(2011)367) che individua una serie di opzioni a tal fine, quali la creazione di una carta professionale che dovrebbe contenere informazioni riferite alla formazione e all'esperienza professionale maturata e la revisione dei requisiti minimi formativi per alcune professioni (ad es. professioni sanitarie e architetti) con riferimento alla durata e al contenuto della formazione, nonché alle competenze linguistiche.

Mario PESCANTE, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 13.50.

ATTI DELL'UNIONE EUROPEA

Martedì 19 luglio 2011. - Presidenza del presidente Mario PESCANTE.

La seduta comincia alle 13.50.

Comunicazione congiunta della Commissione europea e dell'Alto Rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza: Un partenariato per la democrazia e la prosperità condivisa con il Mediterraneo meridionale.
COM(2011)200 def.

(Parere alla III Commissione).
(Seguito dell'esame, ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del regolamento, e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta del 6 luglio 2011.

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Massimo POMPILI (PD), relatore, richiama i contenuti della relazione svolta nella seduta dello scorso 6 luglio e formula quindi una proposta di parere favorevole con condizioni (vedi allegato).

Mario PESCANTE, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Relazione della Commissione europea in materia di sussidiarietà e proporzionalità: «Legiferare meglio» - 18a relazione riguardante l'anno 2010.
COM(2011)344 def.

(Esame, ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del regolamento, e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Isidoro GOTTARDO (PdL), relatore, evidenzia che la relazione della Commissione europea sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità è stata presentata in conformità al protocollo (n. 2) sull'applicazione di questi principi allegato al Trattato sull'UE e al Trattato sul funzionamento dell'Unione europea che ha ripreso l'analoga previsione del Protocollo previgente allegato al Trattato di Amsterdam. La relazione «Legiferare meglio» viene peraltro presentata dalla Commissione sin dal 1994, in attuazione dell'accordo interistituzionale dell'ottobre 1993 sull'attuazione del principio di sussidiarietà adottato per effetto della entrata in vigore del Trattato di Maastricht.
Il documento dovrebbe illustrare come i due principi in questione sono attuati dalle varie istituzioni - Commissione, Parlamento europeo, Consiglio e Comitato delle regioni - e analizzare le iniziative legislative che hanno sollevato questioni di sussidiarietà. Per la prima volta, inoltre, la relazione intende esaminare l'applicazione del meccanismo di controllo della sussidiarietà da parte dei parlamenti nazionali, completando le informazioni e valutazioni contenute nella relazione sui rapporti della Commissione con i medesimi parlamenti di cui sarà avviato oggi l'esame da parte del collega Formichella.
La XIV Commissione della Camera ha deciso di svolgere l'esame del documento al fine di monitorare in via generale l'applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità a livello europeo, oltre che di valutare alcuni aspetti di metodo utili ai fini del controllo di sussidiarietà nell'ambito della procedura di allerta precoce.
Si tratta di una scelta quanto mai appropriata in ragione del ruolo chiave dei due principi per il futuro stesso del processo di integrazione europea, che tuttavia - dopo l'entrata in vigore del Trattato di Lisbona - sembra essere stato travisato e distorto. In particolare, principio di sussidiarietà viene richiamato persino in seno alle Istituzioni dell'Unione essenzialmente quale strumento attraverso cui i parlamenti nazionali - essenzialmente ai fini della difesa delle competenze o dell'interesse nazionale - possono tentare di opporsi alle iniziative legislative dell'Unione.
Se il controllo di sussidiarietà da parte dei parlamenti nazionali e del Comitato delle regioni costituisce una delle più significative innovazioni del Trattato, non si deve dimenticare così che la sussidiarietà va intesa anche in senso funzionale e orizzontale, come criterio modulatore dell'intervento dell'Unione nei rapporti con gli altri livelli di Governo e con i corpi sociali intermedi. Gli eventi recenti, in particolare la crisi economica, dimostrano che l'Unione europea è prigioniera di un paradosso: non riesce ad agire in modo sufficiente e tempestivo a fronte di questioni la cui complessità e scala globale rende insufficiente l'azione dei soli Stati membri e postula un intervento europeo mentre interviene con eccessivo dettaglio in altri settori. Ne consegue che i cittadini europei percepiscono poca Europa laddove ce ne sarebbe più bisogno e troppa Europa ove, invece, l'azione a livello nazionale, regionale o locale, sarebbe più adeguata.
Per sciogliere questo paradosso occorre - come ha più volte avuto modo di rilevare - un approccio, ben sintetizzato

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dalla formula «più Europa, più sussidiarietà», che assicuri una più intensa e ambiziosa azione politica e legislativa dell'UE, laddove essa presenta valore aggiunto, e riservando invece al livello nazionale, regionale o locale gli altri interventi.
Purtroppo il documento in esame offre pochi elementi nuovi ed originali di conoscenza e valutazione sia sul piano politico sia su quello strettamente giuridico: per un verso, esso si limita a passare in rassegna le previsioni dei Trattati e le principali iniziative assunte dalla Commissione e, in modo estremamente sintetico, dalle altre Istituzioni ed organi dell'Unione; per altro verso, contiene brevi cenni alle proposte legislative che hanno generato le discussioni più significative in materia di sussidiarietà e proporzionalità tra il legislatore europeo e le parti interessate. Non vengono tuttavia tratte, come sarebbe stato ragionevole attendersi, conclusioni, anche di carattere aperto o problematico, sulla definizione e sui criteri di valutazione ed applicazione dei due principi.
Anche la breve sezione relativa al controllo di sussidiarietà da parte dei parlamenti nazionali si limita a riprodurre parzialmente i dati riportati nella relazione sui rapporti tra la Commissione e i parlamenti nazionali senza alcuna valutazione politica o di metodo che, invece, sarebbe stata possibile e doverosa alla luce della ricca serie di questioni poste dai pareri motivati sinora adottati. In altri termini, la relazione sembra costituire, in alcune sezioni, un mero e frettoloso adempimento burocratico che denuncia una considerazione minimalista della sussidiarietà come principio strettamente giuridico.
Alcune delle indicazioni contenute nella relazione possono tuttavia costituire la base per sviluppare considerazioni critiche e proposte di più ampio respiro.
Una prima indicazione concerne l'esigenza - riconosciuta dalla Commissione - che le valutazioni dei due principi siano svolte in modo trasparente e comprensibile: essenziale a questo scopo è il rispetto della previsione del Protocollo n. 2 per cui ogni progetto legislativo deve essere accompagnato da una scheda contenente elementi circostanziati per valutare il rispetto dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità, anche con riferimento all'impatto finanziario, alla necessità di limitare gli oneri finanziari o amministrativi. Le conclusioni dovrebbero essere confortate da indicatori qualitativi nonché, ove possibile, quantitativi. A questo riguardo osserva che, nonostante il progressivo miglioramento registrato negli ultimi anni, le relazioni illustrative delle proposte e le valutazioni di impatto solo in alcuni casi illustrano in modo chiaro, circostanziato e con indicatori specifici la giustificazione della proposta sotto i profili di sussidiarietà e proporzionalità. La stessa Commissione, nella sezione relativa ai parlamenti nazionali, assume espressamente un impegno in tal senso.
In secondo luogo, la Commissione, premesso che la sussidiarietà non può facilmente essere verificata con criteri operativi, sottolinea la propria scelta di continuare a procedere, nonostante il Protocollo non le prevede più espressamente, a verifiche della «necessità» e del «valore aggiunto UE» nel quadro del proprio esame analitico e raccomanda che gli altri soggetti facciano altrettanto. Anche con riferimento a questo secondo profilo, rileva che spesso la valutazione del valore aggiunto dell'intervento europeo si risolve in frasi rituali o tralatizie e non è accompagnata da alcun indicatore e, come riconosciuto dalla stessa Commissione, va approfondita.
In terzo luogo, la relazione sottolinea che una valutazione politica obiettiva nella fase prelegislativa è importante per garantire che le proposte affrontino correttamente fin dall'inizio la problematica della sussidiarietà, tenuto conto che in sede postlegislativa la Corte di giustizia non ha sinora invalidato alcun provvedimento per inosservanza del principio di sussidiarietà. Sono anzi rarissime le pronunce in cui la Corte ha preso direttamente in esame la valutazione di sussidiarietà.

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Un quarto importante aspetto attiene al ruolo del Comitato delle regioni cui il Trattato di Lisbona ha conferito la facoltà di contestare ex post la validità di atti legislativi che possano violare il principio di sussidiarietà, per i settori nei quali è prevista la sua consultazione. Dal 2010 il Comitato - come ricordato dalla Commissione - ha peraltro adeguato il proprio regolamento interno affinché tutti i suoi pareri comportino un esplicito riferimento ai principi di sussidiarietà e di proporzionalità. In tal modo esso ha rafforzato la propria funzione nella valutazione ex ante del principio, sviluppando anche una rigorosa metodologia al riguardo. Il Comitato ha inoltre istituito una rete di monitoraggio sulla sussidiarietà (SMN) - cui aderiscono 113 governi e consigli regionali, enti locali o associazioni di enti regionali e locali, che nel 2010 ha attivato cinque consultazioni mirate e varato il primo piano d'azione per individuare le migliori pratiche in materia di applicazione del principio di sussidiarietà nelle regioni e nelle città d'Europa. In aggiunta, il Comitato intende sviluppare ulteriormente la funzionalità della rete per favorire la partecipazione di parlamenti regionali al meccanismo di controllo del principio di sussidiarietà. Nel 2010 il Comitato ha altresì pubblicato la sua prima relazione annuale sulla sussidiarietà, che - pur non essendo formalmente assegnata alla Camera - potrebbe costituire oggetto di approfondimento da parte della XIV Commissione.
Tenuto conto delle considerazioni sopra richiamate ritiene che l'utilità dell'esame della relazione della Commissione sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità risiede non tanto nei suoi contenuti ma nella opportunità di avviare una serie di attività conoscitive volte ad approfondire gli aspetti politici e metodologici di maggiore rilievo.
Propone, pertanto, di avviare un breve ciclo di audizioni mirate di rappresentanti del Parlamento europeo, della Commissione e del Comitato delle regioni nonché di esperti della materia.

Mario PESCANTE, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

Relazione della Commissione europea: Relazione annuale 2010 sui rapporti tra la Commissione europea e i Parlamenti nazionali.
COM(2011)345 def.

(Esame, ai sensi dell'articolo 127, comma 1, del regolamento, e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in oggetto.

Nicola FORMICHELLA (PdL), relatore, sottolinea che la relazione sui rapporti tra la Commissione europea e i Parlamenti nazionali nel 2010, adottata il 10 giugno 2011 ma trasmessa alla Camera soltanto agli inizi di luglio per ritardi nella traduzione in italiano, costituisce l'occasione per approfondire in seno alla XIV Commissione tre aspetti di estrema rilevanza.
Il primo attiene allo stato dei rapporti tra la Commissione europea e i parlamenti nazionali, alla luce della prima applicazione del Trattato di Lisbona e a cinque anni dal lancio del dialogo politico diretto (c.d. iniziativa Barroso). Sotto questo profilo il 2010 presenta un particolare interesse in quanto è stato il primo anno completo di attuazione delle nuove prerogative dei parlamenti nazionali riconosciute dal trattato e il primo anno di attività della nuova Commissione Barroso, insediatasi il 9 febbraio 2010.
Il secondo elemento da approfondire concerne le modalità con cui in seno alla Camera sono stati impostati i rapporti con la Commissione, tenendo conto delle innovazioni introdotte al riguardo dai pareri della Giunta per il regolamento del 6 ottobre 2009 e del 15 luglio 2010, con particolare riferimento all'avvio dell'esercizio del controllo di sussidiarietà da parte della XIV Commissione.
Il terzo elemento riguarda infine l'analisi quantitativa e qualitativa dei pareri motivati e delle osservazioni trasmesse direttamente dai parlamenti alla Commissione

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nell'ambito del dialogo politico, al fine di valutare concretamente se ed in quale misura le posizioni dei parlamenti abbiamo un reale impatto sul processo decisionale europeo.
L'esame della relazione è pertanto un passaggio essenziale per riesaminare le scelte metodologiche e anche di merito con cui sono stati impostati il controllo di sussidiarietà e il dialogo politico nonché per rivendicare - al di là di letture superficiali basate solo sulle cifre o addirittura su luoghi comuni - i progressi registrati in questa legislatura nell'intervento della Camera in materia europea.
Il documento si articola in tre principali sezioni: la prima riguarda le modalità con cui la Commissione ha applicato le nuove disposizioni del trattato di Lisbona e un primo bilancio del funzionamento del meccanismo per il controllo della sussidiarietà; una seconda sezione concerne l'evoluzione nel 2010 del dialogo politico informale lanciato nel 2006; una terza indica infine come la Commissione intende sviluppare nel prossimo futuro i suoi rapporti con i parlamenti nazionali. L'analisi sotto il profilo metodologico del nuovo meccanismo di controllo della sussidiarietà è peraltro illustrata più in dettaglio nella relazione della Commissione sulla sussidiarietà e sulla proporzionalità «Legiferare meglio, di cui si è avviato oggi l'esame con la relazione dell'On. Gottardo.
Circa il controllo di sussidiarietà, in base ai dati forniti dalla relazione, nel 2010 la Commissione ha inviato ai parlamenti nazionali 82 progetti di atti legislativi ai fini controllo della sussidiarietà, ricevendo 211 pareri. Circa tre quarti dei suddetti pareri sono pervenuti nelle otto settimane successive all'invio della lettera che annuncia il decorso del termine previsto dal Protocollo n. 2 («lettre de saisine»); ad avviso della Commissione ciò indica chiaramente che i parlamenti nazionali hanno maturato - anche attraverso le appropriate modifiche regolamentari e legislative - la capacità di reagire molto più tempestivamente alle proposte della Commissione. Solo 34 dei 211 pareri trasmessi alla Commissione dei parlamenti nazionali (ovvero circa il 15 per cento) hanno natura di pareri motivati considerando la proposta esaminata, o parte di essa, in contrasto col principio della sussidiarietà. Peraltro, va considerato che quasi tutti questi pareri (30 su 34) sono pervenuti negli ultimi tre mesi dell'anno 2010.
Questi dati sembrano dimostrare che i parlamenti nazionali hanno generalmente accolto con favore le iniziative e le proposte della Commissione, trasmettendole osservazioni concrete, proposte di modifica e critiche costruttive. Viene così confermata la fondatezza di una linea costantemente sostenuta dalla Camera sia nella propria attività interna sia nelle sedi di cooperazione interparlamentare. In particolare, la XIV Commissione ha sempre contrastato con successo il tentativo di altri parlamenti o camere di concentrare nella COSAC o in altre sedi di cooperazione il controllo di sussidiarietà esercitandolo in modo sostanzialmente collettivo. Alla base di questa posizione - a volte criticata a sproposito da altre camere - si è sempre posta la convinzione per cui i parlamenti nazionali non sono guardalinee delle competenze ma organi politici per eccellenza che devono intervenire sulla definizioni di priorità e sul merito delle soluzioni regolative europee. Anziché fare blocco contro le proposte della Commissione, essi devono concorrere a migliorare le sue iniziative.
La maggior parte dei pareri motivati è stata espressa in relazione a progetti legislativi nei settori dell'agricoltura (13), degli affari interni (9), del mercato interno e servizi (7). La proposta della Commissione oggetto del maggior numero di pareri motivati è la direttiva sui lavoratori stagionali, con un totale di nove camere che hanno segnalato problemi concernenti la sussidiarietà. Sottolinea che un analogo risultato si è registrato nel maggio 2011 in relazione alla proposta di direttiva sulla base imponibile consolidata dell'imposta sulle società, oggetto di parere motivato da parte di nove camere (per un totale di 11 voti). Nel 2010 le camere che hanno espresso la maggior parte delle riserve

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concernenti la sussidiarietà sono state il Senato polacco, con 4 pareri motivati approvati, il Riksdag svedese, la House of Commons britannica, il Senato francese e la Camera dei deputati lussemburghese con 3 pareri motivati ciascuna. Anche i dati relativi ai primi mesi del 2011 confermano la particolare propensione delle due camere polacche (Sejm e Senato) e del parlamento lussemburghese ad esprimere pareri motivati sul rispetto del principio di sussidiarietà.
La Commissione osserva altresì che mentre alcuni parlamenti nazionali trasmettono pareri nel quadro del meccanismo di controllo della sussidiarietà solo quando ritengono che vi sia violazione del principio di sussidiarietà (ad esempio la House of Commons e la House of Lords britannica, il Riksdag svedese, il Senato e il Sejm polacco o il Senato francese), altri (ad esempio il parlamento portoghese e quello rumeno nonché il Senato e la Camera dei deputati italiani) comunicano alla Commissione anche i pareri positivi. Ribadisce a questo riguardo l'utilità dell'invio delle pronunce positive che concorrono a fornire alla Commissione argomenti di carattere giuridico e politico più articolati ai fini della valutazione del fondamento dell'atto sotto il profilo di sussidiarietà.
Di particolare interesse è l'analisi svolta dalla Commissione in merito al contenuto dei 34 pareri motivati pervenuti nel 2010 che rispecchiano alcuni problemi orizzontali e istituzionali relativi.
Il primo concerne l'assenza o insufficienza di giustificazione sotto il profilo della sussidiarietà nella relazione introduttiva della proposta, considerata da alcuni parlamenti nazionali come una violazione del principio di sussidiarietà. Si tratta di un aspetto di grande rilievo, sollevato più volte anche nelle pronunce della XIV Commissione che sinora non ha tuttavia ritenuto sufficiente la carenza nella motivazione ai fini dell'espressione di un parere motivato. Pur a fronte di un generale miglioramento della giustificazione delle proposte legislative sotto il profilo della sussidiarietà, soprattutto nell'ambito delle valutazioni di impatto, resta ferma l'esigenza di una più approfondita esposizione dell'analisi degli elementi rilevanti ai fini del test di sussidiarietà, ai sensi dell'articolo 5 del Trattato sull'Unione europea.
Il secondo aspetto problematico attiene ai criteri per il conferimento della delega alla Commissione europea che, ad avviso di alcuni parlamenti nazionali non sarebbero obiettivi e comporterebbero il trasferimento alla Commissione stessa di poteri che dovrebbero rimanere competenza degli Stati membri. La XIV Commissione ha avuto modo di occuparsi occasionalmente di questi aspetti nell'ambito dell'esame di merito, che potrebbero tuttavia assumere rilievo anche ai fini della valutazione di sussidiarietà nella misura in cui la definizione a livello europeo di misure di attuazione mediante delega legislativa non rispondesse ai criteri della necessità e del valore aggiunto rispetto all'azione nazionale.
Sottolinea quindi come il dialogo politico informale resti, alla luce dei dati riportati nella relazione, il principale strumento di interazione tra Commissione e parlamenti nazionali. Il numero complessivo dei pareri trasmessi dai parlamenti nazionali nel 2010, esclusi i pareri motivati, è stato di 353, con un aumento del 40 per cento rispetto ai 250 dell'anno precedente (nel 2008 i pareri erano stati 200). Questa crescita dell'interesse dei parlamenti nazionali per il dialogo politico all'aumento sembra in via di consolidamento nel 2011, con oltre 250 pareri pervenuti entro la fine di maggio. Il Parlamento più attivo è stato quello portoghese, con 106 pareri, seguito dal Senato italiano con 71 pareri, dal Senato ceco, con 29, e dalla Camera dei deputati con 25. La Commissione sottolinea come abbiano partecipato al dialogo politico alcune assemblee che non vi avevano mai partecipato prima, come le due camere polacche, la House of Commons britannica e il parlamento finlandese, i parlamenti rumeno e spagnolo. Tali dati, che confermano la forte attenzione di entrambe le Camere del Parlamento italiano per la formazione della normativa europea, sono

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significativi ma non vanno enfatizzati.La quantità di atti esaminati, infatti, non dice nulla in merito alla qualità dell'istruttoria svolta e soprattutto all'efficacia delle pronunce adottate. Alcuni parlamenti o camere che pur intervengono in modo sistematico ed incisivo, come il Folketiget danese o il Bundestag tedesco hanno infatti trasmesso alla Commissione un numero ridotto di pronunce (rispettivamente 11 e 6) in quanto concentrati più sul raccordo con il rispettivo Governo - talora senza necessità di adottare atti di indirizzo - che sul dialogo politico con le Istituzioni europee.
La relazione per il 2010 conferma un'altra tendenza già delineatasi negli anni passati: la grande varietà dei documenti oggetto delle osservazioni, a testimonianza del fatto che ogni parlamento o assemblea sceglie, in ragione degli interessi nazionali e della diversa sensibilità politica e culturale nonché della situazione economica e sociale, ambiti differenti di intervento. I 387 pareri pervenuti nel 2010 riguardano oltre 170 documenti diversi della Commissione, Per la maggior parte dei documenti il numero di pareri varia da 1 a 3, mentre solo 25 proposte o iniziative sono state commentate da più di quattro camere e solo 10 da sei o più camere. È importante sottolineare come i documenti oggetto del maggior numero di osservazioni nell'ambito del dialogo politico siano gli stessi che hanno prodotto il maggior numero di pareri motivati nel quadro del meccanismo di controllo della sussidiarietà: la direttiva sui lavoratori stagionali e della direttiva relativa ai sistemi di garanzia dei depositi. Ciò sembra confermare che i parlamenti nazionali intervengono sul merito e sulla sussidiarietà, utilizzando tutti gli strumenti a loro disposizione, soprattutto quando sono in gioco interessi nazionali di particolare rilevanza.
Tra le ulteriori iniziative discusse dai parlamenti nazionali figurano anche il diritto d'iniziativa dei cittadini, il libro verde sui sistemi pensionistici in Europa, la strategia Europa 2020, la governance economica (su cui molti parlamenti nazionali - tra cui la Camera - sono intervenuti anche nei primi mesi del 2011). I settori politici oggetto della maggior parte dei pareri trasmessi dai parlamenti nazionali nel contesto del dialogo politico sono stati la giustizia e gli affari interni - al primo posto anche nel 2009 - il mercato interno e i servizi, l'agricoltura. Un numero molto limitato di parlamenti nazionali - tra cui la Camera - ha trasmesso osservazioni sul programma di lavoro della Commissione.
Una tendenza nuova posta in rilievo dalla relazione concerne la concentrazione dei parlamenti nazionali sui progetti legislativi: nel 2010 la quota dei documenti non legislativi (comunicazioni, libri verdi e libri bianchi, documenti di consultazione) rappresenta meno di un terzo del totale, mentre si attestava sulla metà gli anni precedenti. Solo il senato ceco, la Camera dei deputati italiana, il Bundesrat e il Bundestag tedeschi, la House of Lords britannica e i parlamenti svedese e danese continuano a trasmettere con maggiore frequenza osservazioni su documenti non legislativi piuttosto che su documenti legislativi.
Le ragioni di tale attenzione ai documenti non legislativi sono peraltro diverse: mentre i parlamenti danese e svedese hanno scelto espressamente di utilizzare il dialogo politico, in via di principio, solo per formulare osservazioni su tali documenti, la Camera ha operato una precisa scelta strategica: privilegiare - accanto all'esame delle proposte legislative di maggiore ed effettiva rilevanza - l'intervento nella fase di elaborazione delle proposte stesse, in cui è maggiore la possibilità che gli orientamenti formulati siano tenuti in considerazione dalle Istituzioni europee e dal Governo. Si tratta, in altri termini di una precisa strategia volta a massimizzare, attraverso l'azione in una fase precoce del processo decisionale europeo, l'impatto dell'intervento parlamentare. Non a caso anche la Commissione, nella relazione in esame, incoraggia esplicitamente i parlamenti nazionali a esprimere il loro punto di vista sui documenti prelegislativi e a partecipare attivamente alle consultazioni, ritenendo che in tal modo i parlamenti

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nazionali possano contribuire in modo fattivo e positivo all'elaborazione della normativa e delle iniziative future dell'Unione europea.
Rileva che la relazione per il 2010 appare rispetto a quelle degli anni precedenti più carente di indicazioni in merito alla valutazione degli effetti concreti del dialogo politico. Indubbiamente l'impatto dei pareri dei parlamenti nazionali su un determinato atto legislativo definitivo non è facilmente misurabile. Tuttavia sarebbe stato auspicabile che la Commissione indicasse - anche sulla base di alcuni esempi concreti - il modo in cui i pareri sono stati tenuti in considerazione nel corso del processo decisionale nonché - come nella relazione 2009 - se essi sostengono la posizione dei rispettivi governi o configurino posizioni autonome o addirittura alternative dei parlamenti.
Nella relazione della Commissione mancano inoltre indicazioni specifiche su due aspetti di criticità più volte rilevati dalla XIV Commissione.
Il primo concerne la tempestività delle risposte della Commissione alle osservazioni dei parlamenti nazionali. Se la qualità di tali risposte è indubbiamente cresciuta e dimostra lo sviluppo di una cultura del dialogo con i parlamenti nazionali nei servizi della commissione, i tempi per la risposta continuano ad essere in media di almeno tre mesi. Pur comprendendo la difficoltà di predisporre risposte tempestive a fronte di un numero così elevato di pareri, sarebbe auspicabile un feed back più rapido, eventualmente in forma sintetica, compatibile con la possibilità che i parlamenti nazionali si pronuncino nuovamente sul punto o quanto meno ne tengano conto nel seguire lo sviluppo del processo decisionale europeo.
La seconda questione critica attiene al regime linguistico seguito dalla Commissione. Oltre ai generali aspetti di criticità - già sottolineati in più occasioni dalla Camera - va in questa sede richiamata l'esigenza che la Commissione renda disponibili ai parlamenti nazionali nelle rispettive lingue nazionali la più ampia tipologia possibile di documenti. È il caso per esempio delle valutazioni di impatto sulle proposte legislative, essenziali per operare un esame compiuto e approfondito da parte dei parlamenti.
Nelle considerazioni conclusive della relazione, la Commissione - oltre ad un generico auspicio ad approfondire il dialogo politico con i parlamenti nazionali tenendo nel debito conto l'equilibrio istituzionale al livello dell'Unione - ricorda di aver proposto di svolgere discussioni più regolari su alcuni temi chiave, tra cui la governance economica, il semestre europeo e la Strategia Europa 2020, nonché il programma di lavoro della Commissione. In questa prospettiva la Commissione sottolinea l'importanza dell'interesse mostrato dai parlamenti nazionali per il tema della governance economica e la strategia Europa 2020 nel quadro del dialogo politico, in quanto i parlamenti nazionali possono contribuire a garantire che le misure nazionali in materia siano proporzionate e conformi agli impegni europei. In particolare, i parlamenti nazionali potrebbero spronare i rispettivi governi ad essere il più possibile ambiziosi nel formulare i programmi nazionali di riforma, e potrebbero poi utilizzare questi programmi per controllare i progressi realizzati nel conseguimento degli obiettivi.
In merito al proprio programma la Commissione desidera ribadire l'impegno a tener conto delle priorità dei parlamenti nazionali nella propria programmazione strategica; a questo scopo i programmi dei parlamenti nazionali dovrebbero essere trasmessi per tempo, affinché nel preparare il suo programma di lavoro la Commissione possa tenerne conto, parallelamente al proprio dialogo con le altre istituzioni dell'UE. I parlamenti nazionali potrebbero così contribuire a creare un consenso reale in merito ai temi sui quali l'Unione dovrà concentrare le proprie politiche e risorse nei prossimi anni. La Commissione pone altresì l'accento sul sostegno decisivo dei parlamenti nazionali all'attuazione delle direttive UE nel diritto nazionale le discussioni e i contatti tra la Commissione e i parlamenti nazionali per l'attuazione.

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Infine la relazione richiama l'attuazione delle disposizioni del trattato di Lisbona concernenti l'associazione dei parlamenti nazionali al controllo di Europol e alla valutazione di Eurojust, impegnandosi genericamente ad intensificare nel corso del 2011 e degli anni successivi i contatti avviati con la comunicazione del dicembre 2010, in vista dell'adozione di un regolamento per il 2013. In particolare, entro la fine dell'anno saranno inoltre presentati alla Commissione i risultati di uno studio sul rafforzamento di Eurojust, nel quale verranno esaminate anche possibili modalità per associare il Parlamento europeo e i parlamenti nazionali alla valutazione delle attività di Eurojust. La Commissione esaminerà la possibilità di presentare proposte legislative dopo un'attenta analisi di detto studio e informerà regolarmente i parlamenti nazionali, coinvolgendoli attivamente nella fase prelegislativa.
In conclusione, la relazione per il 2010 sembra confermare un'evoluzione positiva sebbene a tratti difficoltosa del rapporto tra Commissione e parlamenti nazionali. Particolare rilievo riveste la netta preferenza accordata dai parlamenti nazionali all'interlocuzione sul merito piuttosto che al controllo di sussidiarietà. Ciò conferma la bontà dei due elementi centrali della strategia di intervento definita dalla Camera, anche con i richiamati pareri della Giunta per il Regolamento, su impulso della XIV Commissione.
Il primo attiene alla scelta di pronunciarsi soltanto su progetti legislativi o documenti prelegislativi selezionati in ragione della loro effettiva rilevanza politica, economica o giuridica. Tutti gli atti di maggiore interesse nazionale sono stati esaminati non puntando ad esprimere a tutti i costi un qualsivoglia documento o parere nel più breve tempo possibile, come se si prendesse parte ad una gara con altre camere o parlamenti: si è invece sempre avuto cura di svolgere un'istruttoria adeguata, mediante attività conoscitive mirate e raccordandosi con il governo. È il caso della costruzione della nuova governance economica che è stata seguita in tutte le fasi, prelegislative e legislative.
Anche per l'esame di sussidiarietà la XIV Commissione della Camera ha operato una scelta coerente con questa impostazione: anziché puntare all'esame sistematico di qualsiasi progetto legislativo trasmesso dalle Istituzioni europee allo scopo, ci si è concentrati soltanto sugli atti che - ad una prima istruttoria svolta dal Comitato presieduto dal collega Gozi - presentassero elementi problematici da approfondire. La bontà di questa impostazione e la qualità dell'istruttoria svolta è testimoniata da tre elementi: a differenza di quanto avviene a volte per altri parlamenti o camere, le pronunce degli organi della Camera sono ben argomentate e motivate; non si è mai verificato un disallineamento tra gli orientamenti delle Camere e quelli poi seguiti dal Governo; si è evitata - a detta degli interlocutori europei - il rischio di un'ipertrofia che, puntando solo sulla qualità di atti approvati, svilisse il contributo del parlamento anziché esaltarlo.
Il secondo elemento chiave della strategia della Camera attiene alla scelta di esaminare i documenti di consultazione, strategia, azione e programmazione, per assicurare un intervento in una fase precoce del processo decisionale europeo.
Rimane invece immutato, rispetto all'analisi svolta in occasione dell'esame della relazione per il 2009, un elemento di forte criticità: il mancato avvio dell'esame o la mancata approvazione di documenti finali da parte delle commissioni di merito su documenti dell'UE su cui la XIV Commissione ha avviato l'esame o espresso il parere. Non essendo prospettabile alla Camera un meccanismo analogo a quello di cui all'articolo 144, comma 5 del Regolamento Senato, che consente alla XIV Commissione di deliberare la trasmissione dei propri pareri al Governo e alle Istituzioni europee se entro 15 giorni la Commissione di merito non si esprime - occorre pertanto utilizzare tutti gli strumenti appropriati affinché le Commissioni

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di merito si pronuncino in modo più sistematico e tempestivo sugli atti di cui avviamo l'esame.
In conclusione, auspica che sulla base dei dati sopra richiamati si possa sviluppare un ulteriore dibattito in seno alla nostra Commissione volto anche a definire soluzioni idonee a migliorare ulteriormente il raccordo con le Istituzioni europee. Si riserva di predisporre, anche alla luce del dibattito in Commissione, una bozza di documento finale che riprenda le osservazioni e le proposte che ha formulato sopra.

Mario PESCANTE, presidente, nessuno chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.