CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 14 luglio 2011
511.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Comitato per la legislazione
COMUNICATO
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ESAME AI SENSI DELL'ARTICOLO 96-BIS, COMMA 1, DEL REGOLAMENTO

Giovedì 14 luglio 2011. - Presidenza del presidente Roberto ZACCARIA. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, Bruno Cesario.

La seduta comincia alle 17.55.

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, recante disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria.
C. 4509 - Governo - approvato dal Senato.

(Parere alla V Commissione).
(Esame e conclusione - Parere senza condizioni né osservazioni).

Il Comitato inizia l'esame del provvedimento in titolo.

Roberto ZACCARIA, Presidente e relatore, in via preliminare, intende soffermarsi sulle questioni più significative che il provvedimento all'esame pone per quanto attiene ai profili di competenza del Comitato. Al riguardo osserva che il provvedimento presenta carenze, più volte riscontrate dal Comitato nell'esame di provvedimenti di urgenza, sotto il profilo del coordinamento delle disposizioni che esso reca con la normativa vigente; in particolare, esso in numerosi casi procede all'abrogazione della normativa vigente utilizzando formule poco chiare che ne rendono difficoltosa la comprensione da parte dell'interprete e contiene disposizioni in materia tributaria, che appaiono implicitamente suscettibili di applicazione con effetti retroattivi. Inoltre, all'articolo 18, comma 17, introduce una norma che abroga la norma abrogante (contenuta nel decreto legislativo n. 212 del 2010, così detto «taglia leggi») contestualmente determinando la reviviscenza delle norme precedentemente abrogate con efficacia retroattiva. Norma singolare è poi quella contenuta all'articolo 19, comma 11, primo periodo, che sembra recepire le censure formulate dalla Corte Costituzionale con riferimento ad una norma dichiarata illegittima, richiamando tuttavia l'operatività anche di altra norma, anch'essa dichiarata illegittima e che è presupposto per l'applicazione della prima.
Rileva quindi che il provvedimento presenta talune criticità anche dal punto di vista dell'efficacia temporale delle disposizioni che esso introduce: in particolare, segnala la presenza di norme destinate a produrre i propri effetti in un momento assai distanziato rispetto alla loro entrata in vigore, di norme transitorie, di norme qualificate come disposizioni di interpretazione

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autentica ma che sembrerebbero essere in realtà modifiche sostanziali con effetti retroattivi.
Segnala poi la presenza, all'articolo 21, comma 1-bis, di una norma che sembra quasi di «colore», che stabilisce che «ciò che non sarà espressamente regolamentato sarà libero», con una formulazione che riecheggia la novella del primo comma dell'articolo 41 della Costituzione proposta dal disegno di legge costituzionale C. 4144, assegnato alla Commissione Affari Costituzionali: l'introduzione di una norma di analogo tenore in una fonte di rango primario, dimostra l'uso disinvolto delle fonti del diritto che vengono piegate alle esigenze del momento.
Si sofferma quindi ad illustrare i contenuti dell'articolo 1, comma 1, che laddove introduce misure in materia di trattamento economico dei giudici della Corte Costituzionale, in sede di attuazione, potrebbe confliggere con le disposizioni recate dalla legge costituzionale che disciplina il trattamento economico dei giudici medesimi.
Da ultimo, rileva che il provvedimento, nel solco di una consuetudine ormai nota al Comitato, introduce disposizioni che appaiono poco rispettose del sistema delle fonti del diritto, sia introducendo autorizzazioni alla delegificazione non conformi al modello di legge, sia demandando compiti normativi ad atti ordinariamente a contenuto politico, sia facendo ricorso, ai fini attuativi, ai decreti di natura non regolamentare.
Fa quindi presente che la proposta di parere che intende presentare, reca contenuti del tutto peculiari, in quanto, mentre le premesse appaiono particolarmente articolate, non ha ritenuto, considerato il contesto politico generale e i tempi riservati all'esame parlamentare, di formulare specifiche condizioni od osservazioni.
Illustra quindi la seguente proposta di parere:
«Il Comitato per la legislazione,
esaminato il disegno di legge C.4509 e rilevato che:
sotto il profilo dell'omogeneità di contenuto:
esso reca un contenuto estremamente ampio e complesso, in quanto incide su numerosi ed eterogenei ambiti normativi, come fisiologicamente accade per i provvedimenti che integrano la manovra finanziaria, e reca misure finalisticamente orientate ad affrontare in modo coordinato ed in termini complessivi l'obiettivo della stabilizzazione finanziaria, perseguita soprattutto attraverso il contenimento della spesa pubblica e la definizione di misure di stimolo fiscale per favorire il rilancio della competitività economica;
sotto il profilo dei rapporti con la normativa vigente:
nel procedere a numerose modifiche della disciplina vigente, il provvedimento in esame, ancorché la gran parte delle disposizioni dallo stesso recate siano formulate in termini di novella, non sempre effettua un adeguato coordinamento con le preesistenti fonti normative, che risultano talvolta oggetto di modifiche non testuali; ciò si riscontra, ad esempio, all'articolo 18, comma 17, che modifica in maniera non testuale l'allegato al decreto legislativo 13 dicembre 2010 n. 212; all'articolo 19, comma 8, che, nell'attribuire ulteriori funzioni al comitato di verifica tecnico finanziaria reca una norma che fa sistema con l'articolo 64, comma 7, del decreto legge n. 112 del 2008, che istituisce tale comitato; all'articolo 21, comma 1, che, nel disporre che il piano di impiego di cui all'articolo 7-bis, comma 1, terzo periodo, del decreto-legge n. 92 del 2008, possa essere prorogato fino al 31 dicembre 2011, non incide tuttavia sul citato articolo 7-bis, il quale a sua volta stabilisce che «il piano può essere autorizzato per un periodo di sei mesi, rinnovabile per una volta, per un contingente non superiore a 3.000 unità»; all'articolo 22, che, mentre al comma 1 novella l'articolo 46 della legge n. 196 del 2009, al comma 3 prevede una fase sperimentale della durata di diciotto mesi, in relazione alla quale il comma 4

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dispone una diversa applicazione delle norme recate dalla novella, agendo così, in maniera non testuale e per un periodo transitorio, sulla novella introdotta dal comma 1; all'articolo 24, comma 7, che incide in maniera non testuale sull'articolo 3-bis del decreto legislativo n. 462 del 1997; nonché all'articolo 38, comma 6, che sopprime «gli elenchi nominativi trimestrali di cui all'articolo 9-quinquies del decreto-legge 1o ottobre 1996, n. 510, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608», senza procedere alle conseguenti abrogazioni;
il decreto legge modifica disposizioni di recente approvazione (si vedano, ad esempio, l'articolo 23, comma 41 - che incide sull'articolo 7, comma 2, lettera o), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106 - e l'articolo 25, comma 2, che novella l'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 31 marzo 2011, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 maggio 2011, n. 75); circostanza che, come rilevato già in altre occasioni analoghe, costituisce una modalità di produzione legislativa non coerente con le esigenze di stabilità, certezza e semplificazione della legislazione;
il decreto in esame reca disposizioni per alcuni versi derogatorie del diritto vigente; in proposito, si rileva come, in alcuni casi, le disposizioni derogate siano specificatamente richiamate (ad esempio l'articolo 37, comma 11, deroga, sotto due diversi profili alle disposizioni recate dall'articolo 9, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78), in altri casi, invece, le deroghe sono formulate in modo più o meno generico, ovvero riguardano interi settori dell'ordinamento (l'articolo 36, comma 8, nel disciplinare le procedure per la nomina di un amministratore unico di Anas S.p.a, introduce disposizioni «in deroga a quanto previsto dallo statuto di Anas s.p.a., nonché dalle disposizioni in materia contenute nel codice civile»; l'articolo 37, comma 11, invece, dispone che la ripartizione delle risorse confluite in un apposito fondo istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze, per la realizzazione di interventi urgenti in materia di giustizia civile, amministrative e tributaria, avvenga in deroga alle limitazioni previste dalla legislazione vigente);
esso, all'articolo 23, comma 6, laddove dispone che le disposizioni dallo stesso recate, «in deroga all'articolo 3 della legge 27 luglio 2000, n. 212, (...) si applicano a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto» e al comma 11 del medesimo articolo, che reca una disposizione analoga, contiene disposizioni in materia tributaria, che appaiono implicitamente suscettibili di applicazione con effetti retroattivi, in difformità con il principio affermato dall'articolo 3, comma 1, della legge n. 212 del 2000, recante disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente;
il provvedimento, al già richiamato articolo 18, comma 17 - laddove dispone che «con effetto dal 16 dicembre 2010, viene meno, limitatamente all'articolo 43, l'efficacia abrogativa del decreto legislativo luogotenenziale 23 novembre 1944 n. 369, di cui alla voce 69626 dell'allegato 1 al decreto legislativo 13 dicembre 2010, n. 212, che si intende così modificato» - ripristina, con effetto retroattivo, l'efficacia dell'articolo 43 del decreto legislativo luogotenenziale n. 369 del 1944, che era stato abrogato in quanto inserito alla voce 69626 dell'allegato 1 al decreto legislativo 13 dicembre 2010, n. 212, ancorché risulti ancora aperto sino al 16 dicembre 2012 il termine per l'esercizio della delega integrativa e correttiva del decreto legislativo n. 212 in questione;
sotto il profilo dell'efficacia temporale delle disposizioni:
il decreto legge reca dieci disposizioni di interpretazione autentica (si tratta delle disposizioni recate dall'articolo 5, comma 2-bis, dall'articolo 10, comma 15, dall'articolo 14, comma 15, dall'articolo 18, commi 6, 7, 8, 10, 12 e 18 e dall'articolo 19, comma 10); in particolare, all'articolo 18, i commi 6 e 8 recano due

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norme che fanno sistema tra di loro, in quanto il comma 6 dispone che «l'articolo 10, quarto comma, del decreto-legge 29 gennaio 1983, n. 17, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 marzo 1983, n. 79, si intende abrogato implicitamente dall'entrata in vigore delle disposizioni di cui all'articolo 21 della legge 27 dicembre 1983, n. 730», mentre il comma 8 stabilisce che «l'articolo 21, nono comma, della legge 27 dicembre 1983, n. 730, (che prevede che resta ferma la disciplina prevista per l'attribuzione, all'atto della cessazione dal servizio, dell'indennità integrativa speciale ivi compresa la normativa stabilita dall'articolo 10 del decreto-legge 29 gennaio 1983, n. 17, convertito, con modificazioni, nella legge 25 marzo 1983, n. 79) si interpreta nel senso che è fatta salva la disciplina prevista per l'attribuzione, all'atto della cessazione dal servizio, dell'indennità integrativa speciale di cui alla legge 27 maggio 1959, n. 324, e successive modificazioni, ivi compresa la normativa stabilita dall'articolo 10 del decreto-legge 29 gennaio 1983, n. 17, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 marzo 1983, n. 79, ad eccezione del comma quarto del predetto articolo 10 del decreto-legge n. 17 del 1983»; con riferimento a tutte le succitate disposizioni ed in particolare con riferimento a quelle recate dai commi 6 e 8 dell'articolo 18, appare dubbio il rispetto della prescrizione della circolare sulla formulazione tecnica dei testi legislativi secondo cui «deve risultare comunque chiaro se ci si trovi in presenza di una disposizione di interpretazione autentica ovvero di una disposizione di modifica sostanziale alla quale si vuole dare effetto retroattivo»;
inoltre, il provvedimento, in ragione della sua finalità di assicurare il conseguimento del pareggio di bilancio entro il 2014, reca numerose norme i cui effetti finali appaiono destinati a prodursi in un momento assai distanziato rispetto alla loro entrata in vigore; per tali disposizioni la rispondenza al requisito, previsto dall'articolo 15, comma 3, della legge n. 400 del 1988, della «immediata applicabilità» delle misure disposte dal decreto, va dunque valutata tenendo conto anche della suddetta finalità ed avendo riguardo ad eventuali effetti intermedi ed alla tempistica di adempimenti previsti (che, nei casi di specie non sono sempre espressamente indicati ma talvolta solo implicitamente previsti); in particolare, per alcune disposizioni il termine di efficacia è significativamente distanziato dall'entrata in vigore del decreto legge in esame: ad esempio, opera dal 2020, la disposizione recata dall'articolo 18, comma 1, che modifica i requisiti per l'accesso alla pensione per le lavoratrici dipendenti e per le lavoratrici autonome; in altri casi, invece, il termine iniziale di efficacia non appare chiaro: ciò si riscontra, ad esempio, all'articolo 20, comma 2-bis, che dispone l'applicazione di ulteriori criteri valutativi della virtuosità degli enti locali «a decorrere dalla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni e dalla definizione degli obiettivi di servizio»;
il decreto contiene altresì disposizioni di cui si prevede espressamente il carattere transitorio; ciò si riscontra, ad esempio, all'articolo 10, comma 3, che dispone che «Nelle more della definizione degli interventi correttivi di cui al comma 4, il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad accantonare e rendere indisponibile, nell'ambito delle spese rimodulabili di cui all'articolo 21, comma 5, lettera b), della legge n. 196 del 2009, delle missioni di spesa di ciascun Ministero interessato, un ammontare di spesa pari a quanto indicato nella tabella di cui al comma 2»; disposizioni analoghe sono contenute altresì all'articolo 17, comma 1, lettera a); all'articolo 18, comma 21, capoverso 5-bis e comma 22-bis; all'articolo 25, comma 1, lettera d), capoverso 13-ter e all'articolo 37, comma 15, che reca disposizioni la cui efficacia si dispiega «nelle more del decreto di cui al comma 11 e ferme restando le procedure autorizzatorie previste dalla legge»;
sul piano delle procedure parlamentari di formazione delle leggi:
esso, all'articolo 16, comma 11, riproduce la disposizione recata dall'articolo

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1 dello schema di decreto legislativo recante disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 (Atto n. 364), esaminato dal Comitato nella seduta del 12 luglio 2011; da tale circostanza consegue una potenziale sovrapposizione di fonti normative non coerente con le esigenze di riordino normativo e suscettibile, pertanto, di ingenerare incertezza sull'individuazione della disciplina concretamente applicabile;
infine, all'articolo 21, comma 1-bis, laddove dispone che «ciò che non sarà espressamente regolamentato sarà libero», riecheggia la novella del primo comma dell'articolo 41 della Costituzione proposta dal disegno di legge costituzionale C. 4144, che recita: «L'iniziativa e l'attività economica privata sono libere ed è permesso tutto ciò che non è espressamente vietato dalla legge»;
sul piano dei rapporti con le fonti di rango costituzionale:
il decreto legge, all'articolo 1, primo periodo, laddove introduce misure in materia di trattamento economico onnicomprensivo annualmente corrisposto ai titolari di cariche elettive ed incarichi di vertice o quali componenti degli organismi, enti e istituzioni, anche collegiali, elencati nell'allegato A del decreto, nel quale sono comprese la Corte Costituzionale e le Camere, reca una norma che, nella parte in cui si riferisce al trattamento economico dei giudici della Corte Costituzionale, dovrebbe essere attuata secondo modalità non confliggenti con quanto stabilito dall'articolo 6 della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1, che, appunto, reca disposizioni in materia di trattamento economico dei giudici della Corte;
sul piano dei rapporti con le fonti di rango primario:
il provvedimento, all'articolo 10, commi 4 e 5, reca disposizioni relative al procedimento endogovernativo di approvazione del disegno di legge di stabilità per il triennio 2012-2014, predeterminando - per il caso in cui le proposte formulate dai Ministri di settore non risultino adeguate a conseguire gli obiettivi in termini di indebitamento fissati dal comma 2 del medesimo articolo - alcuni dei contenuti della legge di stabilità, che risultano così parzialmente vincolati;
il decreto legge, laddove, all'articolo 19, comma 11, primo periodo, stabilisce che «l'organico dei posti di sostegno è determinato secondo quanto previsto dai commi 413 e 414 dell'articolo 2 della legge 24 dicembre 2007, n. 244, fermo restando che è possibile istituire posti in deroga, allorché si renda necessario per assicurare la piena tutela dell'integrazione scolastica», da un lato reca un riferimento normativo del quale non appare chiara la portata normativa, tenuto conto che il richiamato comma 413 è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 80 del 2010, proprio nella parte in cui fissa un limite massimo al numero dei posti degli insegnanti di sostegno e dall'altro, nella parte in cui prevede l'istituzione di «posti in deroga» recepisce le indicazioni della medesima sentenza della Corte costituzionale formulate con riferimento al comma 414 (dichiarato costituzionalmente illegittimo nella parte in cui esclude la possibilità, già contemplata dalla legge 27 dicembre 1997, n. 449, di assumere, al ricorrere di determinati presupposti, insegnanti di sostegno in deroga), sostanziandosi però in una modifica non testuale del comma 414;
sul piano dei rapporti tra le fonti primarie e le fonti subordinate:
il provvedimento, all'articolo 24, comma 17, e all'articolo 23, comma 50-quater, incide, nel primo caso, su ambiti normativi riservati a decreti ministeriali e, nel secondo caso, su materia già disciplinata da una determinazione del Direttore dell'Agenzia delle dogane, di cui richiama i contenuti e ne conferma l'applicabilità; tale circostanza non appare coerente con le esigenze di semplificazione dell'ordinamento vigente, in quanto si determina una modalità di produzione legislativa che,

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secondo i costanti indirizzi del Comitato, non appare congrua rispetto all'obiettivo di un coerente utilizzo delle fonti, in quanto può derivarne l'effetto secondo cui atti non aventi forza di legge presentano un diverso grado di resistenza ad interventi modificativi successivi (si veda il punto 3, lettera e), della circolare congiunta dei Presidenti di Camera e Senato e del Presidente del Consiglio del 20 aprile 2001);
il decreto legge reca cinque autorizzazioni alla delegificazione (articolo 16, comma 1, articolo 17, comma 1, lettere b) e d), articolo 19, comma 16 e articolo 23, coma 47) non formulate in conformità al modello previsto dall'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, in quanto non sono indicate le «norme generali regolatrici della materia» né sono indicate espressamente le norme di rango primario abrogate con effetto dalla data di entrata in vigore dei regolamenti; peraltro, l'articolo 19, comma 16, prevede che il regolamento ivi previsto possa intervenire «anche modificando, ove necessario, le disposizioni legislative vigenti», mentre l'articolo 23, comma 47, nel disporre che «in attesa della riforma fiscale, a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2012, con regolamento da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, è rivista la disciplina del regime fiscale degli ammortamenti dei beni materiali e immateriali sulla base di criteri di sostanziale semplificazione che individuino attività ammortizzabili individualmente in base alla vita utile e a quote costanti e attività ammortizzabili cumulativamente con aliquota unica di ammortamento», non solo reca un'autorizzazione alla delegificazione non formulata in conformità al modello previsto dall'ordinamento, ma interviene altresì sul sistema delle fonti, attribuendo ad una fonte secondaria potestà normative riguardanti materie ora regolate da una fonte di rango primario, delineando una procedura di cui andrebbe inoltre valutata la compatibilità con la riserva di legge prevista dall'articolo 23 della Costituzione in materia tributaria;
il decreto legge prevede l'adozione di otto decreti del Presidente del Consiglio dei ministri a contenuto normativo (si vedano, ad esempio, gli articoli 1, comma 3, 2, comma 4, 10, comma 7, 14, comma 20, 15, comma 1, 23, comma 46, 36, comma 5 e 37, comma 11), per la cui emanazione prevede, nella maggior parte dei casi, il coinvolgimento di uno o più Ministri proponenti e di uno o più Ministri concertanti; in due casi e, segnatamente, all'articolo 14, comma 20, e all'articolo 23, comma 46, si precisa che i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri cui è demandata l'adozione delle disposizioni attuative, siano «di natura non regolamentare»; tale circostanza, come più volte segnalato dal Comitato per la legislazione, non appare coerente con le esigenze di un appropriato utilizzo delle fonti normative, in quanto si demanda ad un atto, ordinariamente a contenuto politico, la definizione di una disciplina che dovrebbe essere oggetto di una fonte secondaria del diritto e, segnatamente - considerata la delicatezza delle procedure implicate nonché le esigenze di garanzia, controllo ed imparzialità - di un regolamento di attuazione nella forma di decreto del Presidente della Repubblica da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 1, lettera b), della legge n. 400 del 1988;
il provvedimento, all'articolo 11, comma 9, all'articolo 12, commi 1 e 10, all'articolo 14, commi 8 e 20, all'articolo 19, comma 15; all'articolo 23, comma 46, all'articolo 31, comma 5, e all'articolo 32, comma 5, demanda l'attuazione delle disposizioni da esso recate a decreti ministeriali di natura non regolamentare, con riferimento ai quali, in un caso e, segnatamente all'articolo 32, comma 5, non viene previsto un termine per l'emanazione; a tale proposito, come più volte segnalato dal Comitato per la legislazione, si ricorda che la Corte costituzionale, nella sentenza n. 116 del 2006, con riferimento ad un decreto ministeriale del quale si esplicitava la natura non regolamentare lo qualificava come «un atto statale dalla indefinibile natura giuridica»; analogamente, all'articolo 9, comma 1, e all'articolo 14,

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comma 9, non appare chiara la natura giuridica degli «atti di indirizzo», rispettivamente, del Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro per i beni e le attività culturali di cui è prevista l'adozione ed ai quali è assegnato contenuto normativo;
infine, il decreto legge, all'articolo 40, comma 1-ter, prevede l'emanazione di uno o più decreti ministeriali, «ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988», senza specificare che ci si intende riferire al comma 3;
sul piano della corretta formulazione, del coordinamento interno e della tecnica di redazione del testo:
il provvedimento contiene talune disposizioni di cui andrebbe chiarita la portata normativa; ciò si riscontra, ad esempio, all'articolo 19, laddove il comma 3, primo periodo, prevede, per il triennio 2012-2014, la confluenza delle «risorse finanziarie conseguenti agli interventi di razionalizzazione previsti dal presente articolo» in un fondo di nuova istituzione, mentre il secondo periodo del medesimo comma dispone che «le predette risorse confluiscono a decorrere dal 2013 sul «Fondo ordinario per gli enti e le istituzioni di ricerca»»; analogamente, all'articolo 21, comma 8 - laddove prescrive, «in attuazione dell'articolo 80 della Costituzione», il rilascio di una «autorizzazione» (da intendersi probabilmente in senso atecnico) del Ministro degli affari esteri, d'intesa con il Ministro dell'economia e delle finanze, relativamente agli aspetti di carattere finanziario, per tutti gli accordi ed i trattati internazionali, nonché gli obblighi di carattere internazionale «in qualsiasi forma assunti», dai quali possa derivare l'impegno ad adottare provvedimenti amministrativi o legislativi che determinino oneri di carattere finanziario - non appare chiaro il suddetto richiamo all'articolo 80 della Costituzione, che riguarda i trattati che necessitano di autorizzazione da parte delle Camere;
il provvedimento, all'articolo 10, comma 10, laddove dispone che «sono abrogate, a decorrere dal 1o gennaio 2012, tutte le norme che dispongono la conservazione nel conto dei residui, per essere utilizzate nell'esercizio successivo, di somme iscritte negli stati di previsione dei Ministeri, non impegnate ai sensi dell'articolo 34 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, al termine dell'esercizio precedente, con l'esclusione delle norme relative ai fondi del personale, al fondo occupazione, al fondo opere strategiche e al fondo per le aree sottoutilizzate», utilizza una formula abrogativa generica; all'articolo 17, comma 6, ultimo periodo, dispone che «cessano di avere effetto le disposizioni di cui all'articolo 61, comma 19, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112», senza procedere alla relativa abrogazione; infine, all'articolo 19, comma 1, laddove dispone l'abrogazione dei commi 610 e 611 dell'articolo 1 della legge n. 296 del 2006, «ferma restando la soppressione degli ex IRRE» (Istituti regionali di ricerca educativa), prevista dal citato comma 611, reca una formula abrogativa imprecisa, in quanto l'anzidetta abrogazione dovrebbe decorrere dal 1o settembre 2011, data nella quale, ai sensi del quarto periodo del medesimo comma 1, avrà avvio la trasformazione dell'Agenzia nazionale per lo sviluppo dell'autonomia scolastica (ANSAS) in Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca innovativa (INDIRE); peraltro, l'articolo 19, comma 1, in questione, nel disciplinare un programma straordinario di reclutamento presso l'Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione (INVALSI) e l'Agenzia nazionale per lo sviluppo dell'autonomia scolastica (ANSAS) prima richiamata, reca una norma di cui andrebbe chiarita la portata normativa, tenuto conto che le Commissioni Bilancio e Cultura della Camera hanno espresso, nel mese di febbraio, il parere su uno schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento di approvazione dello statuto dell'Agenzia nazionale per lo sviluppo dell'autonomia scolastica e di riordino della stessa, che non risulta ancora emanato, il quale, ai sensi dell'articolo 1, comma 611,

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della legge n. 296 del 2006 è chiamato a definire la dotazione organica dell'Agenzia in questione;
infine, il disegno di legge è corredato della relazione sull'analisi tecnico-normativa (ATN), mentre non è provvisto della relazione sull'analisi di impatto della regolamentazione (AIR); nella relazione di accompagnamento non si dà conto della disposta esenzione dall'obbligo di redigerla, ancorché la relativa dichiarazione sia allegata al provvedimento;
considerate le condizioni finanziarie, politico-parlamentari e istituzionali del tutto peculiari nelle quali si procede all'esame del decreto legge in titolo e tenuto conto dei termini di trasmissione dal Senato e di quelli previsti per l'iscrizione del provvedimento all'esame dell'Assemblea;
ritiene opportuno non formulare condizioni od osservazioni».

Tenuto conto della configurazione peculiare della proposta di parere testé illustrata, che, trova la propria ragion d'essere nel contesto parlamentare e istituzionale, a tutti noto, nel quale il Comitato è chiamato ad esprimere il proprio parere, invita i colleghi, dopo l'intervento del rappresentante del Governo, ad esprimere il proprio orientamento al riguardo, precisando altresì che, a suo avviso, l'unica alternativa percorribile potrebbe essere quella di non pronunciarsi sul provvedimento.

Bruno CESARIO, Sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze, nel ringraziare il Presidente del Comitato per la proposta di parere presentata, che denota grande senso di responsabilità, si dice consapevole della presenza di criticità nel testo, che tuttavia, tenuto conto della straordinarietà del contesto nel quale, per interessi di carattere generale, tutte le Istituzioni sono chiamate ad operare, non sembrano superabili.

Antonino LO PRESTI osserva come da parte del Governo sia giunta una formale presa d'atto delle notevoli criticità del testo sotto il profilo della qualità della legislazione. Peraltro, i profili problematici che il decreto legge presenta sono assai ricorrenti nei provvedimenti di urgenza; tali carenze certo non giovano ad un'agevole interpretazione dei testi normativi e denotano una persistente insensibilità del Governo rispetto alle tematiche di una buona legislazione.
Quanto poi alla proposta di parere formulata dal Presidente, ritiene che la stessa sia pienamente condivisibile e in linea con l'atteggiamento tenuto dai gruppi parlamentari che, a fronte della congiuntura economica in cui si versa, hanno ritenuto di non ostacolare l'iter parlamentare di approvazione del provvedimento. D'altro canto, reputa altrettanto opportuna la decisione del Presidente di formulare analitiche ed articolate premesse che danno puntualmente conto di tutte le carenze del testo.

Lino DUILIO si chiede se la gravità della situazione da tutti evocata - che non è peraltro minimamente paragonabile ad uno stato di guerra - sia tale da legittimare il superamento delle procedure parlamentari. Il parere del Comitato dovrebbe quindi, a suo avviso, essere scevro da richiami al contesto politico, né ritiene che si possa tacere su profili di incostituzionalità del provvedimento, pur segnalati nelle premesse del parere, ma privi di riscontro nella parte dispositiva.
Venendo nel merito delle questioni poste dal provvedimento, ricorda che l'articolo 1 sembra delineare una vera e propria invasione da parte del Governo della sfera di competenza di altri organi costituzionali e, segnatamente, della Corte Costituzionale. Né, a suo avviso, «lo stato di necessità» può legittimare il Governo a sottrarsi completamente a ogni regola nella redazione dei testi normativi, anche alla luce di una consolidata «letteratura» in materia che certamente potrebbe agevolare il Governo in tale compito.
Conclusivamente, con riferimento alla proposta di parere formulata dal Presidente, esprime perplessità sull'opportunità

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che, nella parte dispositiva, si faccia riferimento al contesto politico; propone quindi di inserire nella proposta di parere una formula con la quale il Comitato dichiara di astenersi dal formulare condizioni od osservazioni.

Roberto ZACCARIA, replicando all'onorevole Duilio, fa presente, in primo luogo, che l'organo parlamentare deputato a segnalare i profili di incostituzionalità dei provvedimenti è la Commissione Affari costituzionali e non il Comitato per la legislazione. Condivide invece la preoccupazione manifestata dall'onorevole Duilio in merito alla presenza di elementi di rottura nelle procedure in atto, auspicando che esse non debbano più ripetersi. Quanto poi all'eventualità di introdurre nel dispositivo del parere un riferimento all'astensione del Comitato dall'esprimere un giudizio, ritiene che tale formula equivalga ad una sorta di ritrazione dalle proprie sfere di responsabilità. Conferma quindi che, a suo avviso, la formula che meglio si addice al caso è quella che evidenzi l'inopportunità di formulare condizioni od osservazioni.

Doris LO MORO ritiene che l'impostazione seguita dal Presidente nella predisposizione del parere sia la più corretta. A suo avviso, infatti, sottacere carenze, errori e lacune presenti nel testo, sarebbe stato un grave errore, ma, tenuto conto delle intese interistituzionali raggiunte in merito ai tempi di approvazione della manovra, tradurre quanto rilevato nelle premesse del parere nella parte dispositiva dello stesso, sarebbe stato mero esercizio di stile, in quanto inattuabile sul piano emendativo.

Il Comitato approva la proposta di parere.

La seduta termina alle 18.25.