CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 14 luglio 2011
511.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Finanze (VI)
COMUNICATO
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SEDE CONSULTIVA

Giovedì 14 luglio 2011. - Presidenza del presidente Gianfranco CONTE. - Interviene il sottosegretario di Stato per l'economia e le finanze Bruno Cesario.

La seduta comincia alle 18.45.

DL 98/11: Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria.
C. 4509 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alla V Commissione).
(Esame, ai sensi dell'articolo 73, comma 1-bis, del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria, e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento.

Gianfranco CONTE, presidente, rileva come la Commissione sia chiamata ad esaminare in sede consultiva, ai sensi del'articolo 73, comma 1-bis del Regolamento, per gli aspetti attinenti alla materia tributaria, ai fini dell'espressione del parere alla V Commissione Bilancio, il disegno di legge C. 4509, approvato dal Senato, di conversione del decreto-legge n. 98 del 2011, recante disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria.
A tale riguardo informa che la discussione sul provvedimento in Assemblea sarà avviata già nella giornata di domani e che la Commissione Bilancio concluderà l'esame in sede referente sul disegno di legge nella giornata di oggi: in tale contesto evidenzia pertanto come il parere sull'intervento legislativo dovrà essere espresso nella stessa seduta odierna.

Alessandro PAGANO (PdL), relatore, illustrando il contenuto del decreto-legge, evidenzia come esso si componga di 41 articoli, i quali spaziano su un ambito molto visto ed eterogeneo di materie, unificate dall'obiettivo programmatico di realizzare un riequilibrio dei conti pubblici, e ricorda che il provvedimento ha subito alcune modifiche nel corso dell'esame al Senato, il quale ha approvato nella seduta odierna l'emendamento 1.2814 del Governo, su cui è stata posta la questione di fiducia.
Sottolinea quindi come le norme contenute nel decreto-legge determinino un effetto positivo sull'indebitamento netto progressivamente crescente nel quadriennio 2011-2014, quantificato, nel prospetto

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allegato al disegno di legge originario presentato al Senato, complessivamente in 5,3 milioni di euro nel 2011, 151,8 milioni nel 2012, 17,8 miliardi di euro nel 2013 e 25,3 miliardi nel 2014.
Le modifiche apportate al Senato comportano, secondo il prospetto allegato alla relazione tecnica predisposta dal Governo sul citato emendamento 1.2814, un ulteriore miglioramento sull'indebitamento netto, quantificato in 2,1 miliardi nel 2011, 5,4 miliardi nel 2012, 6,5 miliardi nel 2013 e 22,6 miliardi nel 2014.
Passando ad illustrare le sole disposizioni che interessano gli ambiti di competenza della Commissione Finanze, rileva come l'articolo 12, intervenga sulla disciplina relativa alle operazioni di acquisto, vendita, manutenzione e censimento degli immobili di proprietà pubblica da parte delle pubbliche amministrazioni.
In particolare, il comma 1 stabilisce che le operazioni di acquisto e di vendita di immobili da parte di pubbliche amministrazioni, ad esclusione degli enti territoriali, previdenziali e del servizio sanitario nazionale, nonché del Ministero degli affari esteri (ma con riferimento ai soli beni immobili ubicati all'estero), siano subordinate alla verifica di compatibilità con il rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica, da attuarsi con decreto di natura non regolamentare del Ministero dell'economia e delle finanze.
La disposizione precisa che per gli enti previdenziali pubblici e privati restano ferme le disposizioni di cui al comma 15 dell'articolo 8 del decreto legge n. 78 del 2010, il quale già subordina le operazioni di acquisto e vendita di immobili da parte degli enti pubblici e privati che gestiscono forme obbligatorie di assistenza e previdenza, nonché le operazioni di utilizzo, da parte degli stessi enti, delle somme rivenienti dall'alienazione degli immobili o delle quote di fondi immobiliari, alla verifica del rispetto dei saldi strutturali di finanza pubblica da attuarsi con decreto di natura non regolamentare del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali.
Il comma 2 dispone che, a decorrere dal 1o gennaio 2012, siano attribuite all'Agenzia del demanio le decisioni di spesa relative agli interventi manutentivi, ordinari o straordinari (salvo quelli di piccola manutenzione curati in proprio dagli utilizzatori) sugli immobili di proprietà dello Stato ed in uso per finalità istituzionali e sugli immobili di proprietà di terzi ma utilizzati a qualsiasi titolo dalle amministrazioni dello Stato, previo parere del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti.
Il comma 3 prevede, sempre a partire dal 2012, un obbligo di comunicazione annuale a carico delle amministrazioni dello Stato richiamate nel comma precedente concernente la previsione triennale dei lavori di manutenzione ordinaria o straordinaria da effettuare sugli immobili di proprietà in uso o su quelle condotti in locazione passiva o utilizzati a qualsiasi titolo.
Il comma 4 stabilisce che spetta all'Agenzia del demanio assumere le decisioni di spesa sulle previsioni triennali presentate sulla base di un piano generale di interventi per il triennio, finalizzato peraltro al recupero di spazi in immobili di proprietà dello Stato nell'ottica di pervenire ad una riduzione delle locazioni passive.
Al riguardo evidenzia come la norma vada ricondotta alla complessiva strategia, avviata a decorrere dal 1o gennaio 2011, ai sensi dell'articolo 2, comma 222, della legge n. 191 del 2009, (legge finanziaria 2010), di contenimento dei costi di locazione passiva e manutenzione, che ha portato all'individuazione dell'Agenzia del Demanio quale «Conduttore unico», ferme restando le attività e le funzioni che permangono in capo ai Ministeri, sia ai fini della razionalizzazione degli spazi che del riordino delle procedure relative alle locazioni passive.
Per la realizzazione degli interventi manutentivi, l'Agenzia del demanio è autorizzata, ai sensi del comma 5, a stipulare convenzioni quadro con strutture del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e accordi quadro con società specializzate

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nel settore, per la gestione degli appalti da sottoporre al controllo preventivo degli uffici centrali del bilancio.
Le risorse per gli interventi di manutenzione già a disposizione delle amministrazioni, ai sensi del comma 6, dovranno essere convogliati a decorrere dal 1 gennaio 2013 in due appositi fondi, destinati, rispettivamente, alle spese di parte corrente e di conto capitale per le manutenzioni ordinaria e straordinaria, istituiti nello stato di previsione della spesa del Ministero dell'economia e delle finanze, e disponibili per le nuove attribuzioni dell'Agenzia del demanio.
Per dotare i fondi delle risorse necessarie si provvederà tramite corrispondenti riduzioni degli stanziamenti di ciascuna Amministrazione, sulla base delle comunicazioni di cui all'articolo 2, comma 222, decimo periodo, della legge n. 191 del 2009.
La norma mantiene comunque fermi i limiti stabiliti dal predetto articolo 2, comma 222, della legge n. 191 in materia di comunicazioni annuali all'Agenzia del demanio del loro fabbisogno di spazio allocativo e delle superfici da esse occupate non più necessarie; dall'articolo 2, comma 618, della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria 2008) che ha fissato alcuni limiti entro cui si devono ridurre le spese di manutenzione ordinaria e straordinaria nella P.A.; dall'articolo 8 del decreto-legge n. 78 del 2010, in materia di razionalizzazione e risparmi di spesa delle amministrazioni pubbliche.
Il comma 7 specifica che, fino alla stipula degli accordi o delle convenzioni previsti dal comma 5, gli interventi manutentivi continueranno ad essere gestiti dalle amministrazioni interessate, pur nei limiti previsti dalla nuova disciplina. Inoltre si stabilisce che, successivamente alla stipula degli accordi o delle convenzioni, è nullo ogni nuovo contratto di manutenzione ordinaria e straordinaria non affidato dall'Agenzia del demanio. Fanno eccezione i contratti stipulati dalla Presidenza del Consiglio dei ministri e dichiarati indispensabili per la protezione degli interessi della sicurezza dello Stato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.
Analogamente a quanto disposto dal comma 5, il comma 8 prevede che l'Agenzia del demanio, per il monitoraggio degli interventi necessari di manutenzione, si avvalga delle strutture del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - senza nuovi o maggiori oneri - o di società specializzate ed indipendenti, con le risorse a disposizioni nei fondi di cui al comma 6.
Al fine di attuare in modo compiuto la disposizione, già richiamata, di cui all'articolo 2, comma 222, della legge n. 191 del 2009, in materia di comunicazioni annuali all'Agenzia del demanio del loro fabbisogno di spazio allocativo e delle superfici da esse occupate non più necessarie, il comma 9 dispone che le amministrazioni dello Stato comunichino annualmente, a decorrere dal 1o gennaio 2013, all'Agenzia del demanio le previsioni relative alle nuove costruzioni la cui realizzazione sia programmata nel successivo triennio.
Il comma 10 rinvia ad uno o più decreti di natura non regolamentare del Ministero dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, per la definizione, ai fini dell'attuazione delle norme in esame senza nuovi o maggiori oneri per lo Stato, delle attività dei Provveditorati per le opere pubbliche, nonché delle modalità, termini, criteri e risorse disponibili.
Le violazioni degli obblighi di comunicazione previsti dalla legge finanziaria 2010 sono causa, ai sensi del comma 13, di responsabilità amministrativa, prevedendosi a tal fine che le amministrazioni soggette a tali obblighi debbano individuare, secondo le rispettive strutture organizzative e i relativi profili di competenza, i responsabili della comunicazione stessa, trasmettendoli al Ministero dell'economia e delle finanze tramite registrazione sul portale.
I commi 11, 12, 14 e 15, introducono novelle in alcune delle disposizioni normative sopra richiamate, per adeguarle al contenuto dell'articolo.

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Il comma 1 dell'articolo 13 rimodula la dotazione del cosiddetto «fondo depositi dormienti» istituito nello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze dall'articolo 1, comma 343, della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria 2006) per indennizzare i risparmiatori che, investendo sul mercato finanziario, sono rimasti vittime di frodi finanziarie e che hanno sofferto un danno ingiusto non altrimenti risarcito.
Tale dotazione è ridotta di 100 milioni per l'anno 2011 ed è incrementata di 100 milioni di euro per l'anno 2015.
Al riguardo ricorda che la dotazione del predetto fondo era stata, per l'anno 2011, di 103 milioni di euro dall'articolo 8-octies, comma 3, del decreto-legge n. 5 del 2009.
I commi da 1 a 4 dell'articolo 23 prevedono l'applicazione di una ritenuta del 5 per cento sugli interessi pagati tra società consociate di Stati membri diversi, qualora gli interessi corrisposti siano destinati a finanziare il pagamento di interessi e altri proventi su prestiti obbligazionari emessi dagli stessi percettori. Il prelievo si applica agli interessi corrisposti a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto, mentre per i prestiti in corso a tale data è prevista l'applicazione della ritenuta del 6 per cento anche sugli interessi già corrisposti.
Più in dettaglio, il comma 1, introducendo un comma 8-bis nell'articolo 26-quater del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, stabilisce che i soggetti i quali effettuano la ritenuta alla fonte ai sensi dell'articolo 23 dello stesso decreto del Presidente della Repubblica devono applicare una ritenuta del 5 per cento sugli interessi corrisposti a soggetti non residenti a condizione che detti interessi siano destinati a finanziare il pagamento di interessi e altri proventi su prestiti obbligazionari emessi dai percettori che siano:
negoziati in mercati regolamentati dell'UE e degli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro delle finanze 4 settembre 1996;
garantiti dai soggetti di cui all'articolo 23 che corrispondono gli interessi ovvero dalla società capogruppo controllante ovvero da altra società controllata dalla stessa controllante.

L'applicazione della ritenuta opera in mancanza dei requisiti indicati nel comma 4, lettera c), dello stesso articolo 26-quater, per poter godere dell'esenzione da imposte sugli interessi e i canoni pagati a società non residenti.
Ai sensi del comma 3, l'atto di garanzia è comunque soggetto ad imposta di registro con aliquota dello 0,25 per cento.
Il comma 2 stabilisce che il prelievo introdotto dal comma 1 si applichi agli interessi corrisposti a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto in esame. Tuttavia, con riferimento ai prestiti in corso alla data di entrata in vigore del decreto-legge, le disposizioni introdotte dal comma 1 sono applicabili anche agli interessi già corrisposti, purché il sostituto d'imposta provveda entro il 30 novembre 2011 al versamento della ritenuta e dei relativi interessi legali.
In tale ultimo caso il comma 4 prevede l'applicazione di una ritenuta del 6 per cento su tali interessi già corrisposti, che è anche sostitutiva dell'imposta di registro sull'atto di garanzia.
I commi 5 e 6 incrementano l'aliquota IRAP applicata ai soggetti operanti nei settori bancario e assicurativo a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto in esame.
Più in dettaglio, il comma 5, novellando l'articolo 16 del decreto legislativo n. 446 del 1997, incrementa l'aliquota IRAP applicata ad alcune categorie di imprese, che in precedenza era fissata al 3,9 per cento.
Per le imprese operanti nei settori bancario e assicurativo, l'aliquota è innalzata rispettivamente dello 0,75 per cento e del 2 per cento, mentre, a seguito di una modifica introdotta al Senato, l'aliquota applicabile alle imprese concessionarie operanti nei settori diversi da quelli della costruzione e gestione di autostrade e trafori è incrementata nella misura dello 0,3 per cento.

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Pertanto l'imposta, che si applica ordinariamente sul valore della produzione netta con l'aliquota del 3,9 per cento, nei confronti di banche e altri enti e società finanziari si applicherà con aliquota del 4,65 per cento mentre nei confronti delle imprese di assicurazione si applicherà con aliquota del 5,90 per cento.
Conseguenetemente, viene consentito alle regioni di variare, oltre che l'aliquota ordinaria, anche le aliquote maggiorate introdotte per banche e assicurazioni sino ad un massimo di un punto percentuale.
Il comma 6 stabilisce che le disposizioni recata dal comma 5 si applicano a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto legge.
È previsto altresì che nella determinazione degli acconti dovuti per lo stesso periodo di imposta si assuma, quale imposta del periodo precedente, quella che si sarebbe determinata applicando le maggiorazioni introdotte dal comma 5.
Il comma 7 incrementa l'imposta di bollo sulle comunicazioni relative ai depositi di titoli inviati dagli intermediari finanziari.
La versione originaria della disposizione portava l'imposta di bollo a 120 euro l'anno (60 euro per le comunicazioni con periodicità semestrale, 30 euro per le comunicazioni con periodicità trimestrale e 10 euro per le comunicazioni con periodicità mensile) sino all'anno 2012.
A decorrere dall'anno 2013 l'imposta era invece portata a 150 euro l'anno (75 euro per le comunicazioni con periodicità semestrale, 37,50 euro per le comunicazioni con periodicità trimestrale e 12,50 euro per le comunicazioni con periodicità mensile) per i depositi inferiori a 50.000 euro e a 380 euro l'anno (190 euro per le comunicazioni con periodicità semestrale, 95 euro per le comunicazioni con periodicità trimestrale e 31,66 euro per le comunicazioni con periodicità mensile) per i depositi con valore superiore a 50.000 euro.
A seguito delle modifiche apportate dal Senato la misura dell'incremento dell'imposta risulta articolata in ragione del valore complessivo dei titoli in deposito.
Fino a 49.999 euro l'importo dell'imposta è fissato nei seguenti importi: 34,2 euro per le comunicazioni con periodicità annuale: 17,1 euro per le comunicazioni con periodicità semestrale, 8,55 euro per le comunicazioni con periodicità trimestrale, 2,85 euro per le comunicazioni con periodicità mensile.
Inoltre, a decorrere dal 2011 essa è portata: a 70 euro (per le comunicazioni con periodicità annuale, mentre per le comunicazioni con diversa periodicità tale importo è rispettivamente commisurato) per i depositi titoli il cui complessivo valore nominale o di rimborso sia compreso tra 50.000 e 150.000 euro; a 240 euro per i depositi titoli il cui complessivo valore nominale o di rimborso sia compreso tra 150.000 e 500.000 euro; a 680 euro per i depositi titoli il cui complessivo valore nominale o di rimborso sia superiore a 500.000 euro.
A decorrere dal 2013 l'imposta è stabilita: in 230 euro per i depositi titoli il cui complessivo valore nominale o di rimborso sia compreso tra 50.000 e 150.000 euro; in 780 euro per i depositi titoli il cui complessivo valore nominale o di rimborso sia compreso tra 150.000 e 500.000 euro; in 1.100 euro per i depositi titoli il cui complessivo valore nominale o di rimborso sia superiore a 500.000 euro.
Al riguardo ricorda che in precedenza sugli estratti conto, comprese le comunicazioni relative ai depositi di titoli, inviati dalle banche ai clienti, era applicata una imposta di bollo per ogni esemplare con periodicità annuale pari a 22,80 euro (ossia 11,40 euro per le comunicazioni con periodicità semestrale, 5,70 euro per le comunicazioni con periodicità trimestrale e 1,90 euro per le comunicazioni con periodicità mensile).
Il comma 8, tramite una novella all'articolo 25, comma 1 del decreto-legge n. 78 del 2010, riduce dal 10 per cento al 4 per cento la ritenuta operata da banche e Poste sugli accrediti di bonifici disposti per beneficiare di deduzioni e detrazioni.

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Il comma 9, novellando i commi 1 e 2 dell'articolo 84 del Testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, interviene sul regime IRES di compensabilità delle perdite.
In particolare si prevede che le perdite relative ai periodi di imposta precedenti possano compensare redditi imponibili in misura non superiore all'ottanta per cento di ciascuno di essi; per le perdite relative ai primi tre periodi di imposta dalla data di costituzione dell'impresa si prevede che possano essere computate in diminuzione del reddito complessivo entro il limite del reddito imponibile di ciascuno dei periodi d'imposta successivi e per l'intero importo che trova capienza nel reddito imponibile di ciascuno.
Rispetto alla previgente versione del citato articolo 84 del TUIR, non è più previsto il limite del quinto periodo di imposta successivo per computare una perdita in diminuzione del reddito, ma la perdita può essere computata in diminuzione del reddito dei periodi d'imposta successivi in misura non superiore all'ottanta per cento del reddito imponibile di ciascuno di essi e per l'intero importo che trova capienza in tale ammontare.
Rispetto invece alla previgente versione del comma 2 dell'articolo 84, le modifiche comportano che le perdite dei primi tre periodi d'imposta possono essere computate in diminuzione del reddito complessivo dei successivi periodi d'imposta (sempre che si riferiscano ad una nuova attività produttiva), ma entro il limite del reddito imponibile di ciascuno di essi e per l'intero importo che trova capienza nel reddito imponibile di ciascuno di essi.
Il comma 10, integralmente sostituito dal Senato, interviene sulla disciplina tributaria dei beni gratuitamente devolvibili.
Mentre la versione originaria della disposizione modificava le disposizioni recate dall'articolo 104 del TUIR relative all'ammortamento dei beni gratuitamente devolvibili alla scadenza di una concessione, introducendo una limitazione - pari al 2 per cento del costo dei beni - alla deducibilità delle quote di ammortamento finanziario dei beni stessi, salvo che per le imprese concessionarie di costruzione e gestione di autostrade e trafori.
La nuova versione del comma approvata dal Senato prevede una modifica al comma 2 dell'articolo 107 del TUIR, relativo alla deducibilità degli accantonamenti effettuati da imprese concessionarie della costruzione ed esercizio di opere pubbliche, e dalle relative subconcessionarie, a fronte delle spese di ripristino o sostituzione dei beni gratuitamente devolvibili allo scadere della concessione, nonché delle spese di manutenzione, riparazione, ammodernamento e trasformazione che non siano imputate in bilancio ad incremento del costo dei beni cui si riferiscono. In forza della modifica introdotta il limite di deducibilità, che è stabilito in via generale nel 5 per cento del costo, è pari all'1 per cento per le imprese concessionarie di costruzione e gestione di autostrade e trafori.
Il comma 11 dispone che disposizioni recate dal comma 10 si applicano a decorrere dal periodo d'imposta in corso alla data di entrata in vigore del decreto-legge.
I commi da 12 a 15 intervengono sulla disciplina recata dal comma 10 dell'articolo 15 del decreto-legge n. 185 del 2008 che consente il riallineamento, mediante pagamento di una imposta sostitutiva, dei minori valori fiscali ai maggiori valori contabili dell'avviamento, dei marchi e delle altre attività immateriali.
Più in dettaglio, il comma 12, al fine di riallineare i valori fiscali e civilistici relativi all'avviamento ed alle altre attività immateriali, inserisce nell'articolo 15 del decreto-legge n. 185 del 2008 i nuovi commi 10-bis e 10-ter.
Il nuovo comma 10-bis prevede che le previsioni del comma 10 sono applicabili anche ai maggiori valori delle partecipazioni di controllo, iscritti in bilancio a seguito dell'operazione a titolo di avviamento, marchi d'impresa e altre attività immateriali, mentre il nuovo comma 10-ter consente l'applicazione delle previsioni del comma 10 anche ai maggiori valori, attribuiti ad avviamento e altre attività immateriali nel bilancio consolidato, delle

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partecipazioni di controllo acquisite in operazioni di cessione di azienda ovvero di partecipazioni.
Il comma 13 prevede che le disposizioni recate dal comma 12 si applicano alle operazioni effettuate nel periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2010 ed alle operazioni effettuate nei periodi di imposta precedenti.
Per le operazioni effettuate in periodi d'imposta anteriori a quello in corso al 1o gennaio 2011, il versamento dell'imposta sostitutiva è dovuto in un'unica soluzione entro il 30 novembre 2011.
Il comma 14 specifica che gli effetti del riallineamento effettuato ai sensi del comma 12 decorrono dal periodo d'imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2012, mentre il comma 15 demanda ad un provvedimento del Direttore dell'Agenzia dell'entrate l'individuazione delle modalità attuative delle disposizioni recate dai commi 12, 13 e 14.
Il comma 16 prevede che, al fine di evitare disparità di trattamento, non sono dovute le sanzioni irrogate nei confronti dei soggetti di cui al decreto legislativo n. 356 del 1990 in sede di recupero delle agevolazioni previste:
dall'articolo 6 del decreto del Presidente della Repubblica n. 601 del 1973, che ha ridotto della metà l'imposta sul reddito delle persone giuridiche nei confronti degli enti e istituti di assistenza sociale, società di mutuo soccorso, enti ospedalieri, enti di assistenza e beneficenza; istituti di istruzione e istituti di studio e sperimentazione di interesse generale che non hanno fine di lucro, corpi scientifici, accademie, fondazioni e associazioni storiche, letterarie, scientifiche, di esperienze e ricerche aventi scopi esclusivamente culturali; enti il cui fine è equiparato per legge ai fini di beneficenza o di istruzione; Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, e loro consorzi.
dall'articolo 10-bis della legge n. 1745 del 1962, che ha esonerato gli utili spettanti a persone giuridiche pubbliche o fondazioni, esenti dall'imposta sulle società, che hanno esclusivamente scopo di beneficenza, educazione, istruzione, studio e ricerca scientifica dalla ritenuta sui dividendi prevista dall'articolo 10 della stessa legge, a condizione che il rappresentante legale dell'ente, entro il mese di ottobre dell'anno precedente quelli in cui è deliberata la distribuzione degli utili, abbia presentato al competente Ispettorato compartimentale delle imposte dirette la distinta delle azioni possedute, attestando per iscritto che gli utili relativi sono di esclusiva pertinenza dell'ente.

La disposizione del comma 16 consente la disapplicazione delle sanzioni anche se irrogate con provvedimenti interessati da ricorso per revocazione ai sensi dell'articolo 395 del codice di procedura civile.
I commi da 17 a 20 sopprimono l'obbligo di prestare garanzia in caso di rateazione del pagamento relativamente ad alcuni istituti definitori della pretesa tributaria (accertamento con adesione e conciliazione giudiziale) per importi superiori a 50.000 euro.
In dettaglio, il comma 17 novella l'articolo 8 del decreto legislativo n. 218 del 1997, in materia di accertamento con adesione, sopprimendo l'obbligo, nel caso di versamenti superiori a 50.000 euro, di prestare idonea garanzia (polizza fideiussoria o fideiussione bancaria ovvero rilasciata dai Confidi), per il periodo di rateazione aumentato di un anno; sopprimendo il riferimento alla documentazione relativa alla prestazione di garanzia; stabilendo che, nell'ipotesi di mancato pagamento anche di una sola rata diversa dalla prima entro il termine di pagamento della rata successiva, l'Agenzia delle entrate deve iscrivere a ruolo le residue somme dovute e la sanzione, applicata in misura doppia, sul residuo importo dovuto a titolo di tributo.
In connessione con tali modifiche, il comma 18 novella l'articolo 9 dello stesso decreto legislativo n. 218 del 1997, sopprimendo il riferimento ivi previsto alla prestazione della garanzia di cui al già citato articolo 8.

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In modo analogo a quanto stabilito dai commi precedenti, il comma 19 novella l'articolo 48 del decreto legislativo n. 546 del 1992, con cui è disciplinata la conciliazione giudiziale.
In particolare, viene soppresso l'obbligo, nel caso di rate di importo superiore a 50.000 euro, di prestare idonea garanzia (polizza fideiussoria o fideiussione bancaria ovvero rilasciata dai Confidi), per il periodo di rateazione aumentato di un anno; viene soppresso il riferimento alla prestazione di garanzia con riferimento al perfezionamento della procedura di conciliazione; si prevede che, nell'ipotesi di mancato pagamento anche di una sola rata diversa dalla prima entro il termine di pagamento della rata successiva, l'Agenzia delle entrate deve iscrivere a ruolo le residue somme dovute e la sanzione, applicata in misura doppia, sul residuo importo dovuto a titolo di tributo.
Il comma 20 infine le fattispecie a cui non si applicano le disposizioni introdotte dai commi precedenti: si tratta in particolare degli atti di adesione, delle definizioni ai sensi dell'articolo 15 del decreto legislativo n. 218 del 1997 e delle conciliazioni giudiziali già perfezionate, anche con la prestazione della garanzia, alla data di entrata in vigore del decreto in esame.
Il comma 21 introduce, a partire dal 2011, un'addizionale erariale della tassa automobilistica per le autovetture e per gli autoveicoli per il trasporto promiscuo di persone e cose.
L'importo dell'addizionale, da versare alle entrate del bilancio dello Stato, ammonta a dieci euro per ogni chilowatt di potenza del veicolo superiore a 225 chilowatt.
La disposizione rinvia ad un provvedimento del Ministero dell'Economia e delle finanze, d'intesa con l'Agenzia delle entrate, da emanarsi entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione in esame, per l'individuazione di modalità e termini di pagamento dell'imposta ed individua la sanzione da applicare nell'ipotesi di omesso o insufficiente versamento dell'addizionale in una somma pari al 30 per cento dell'importo non versato.
I commi 22 e 23, al fine di incrementare le attività di prevenzione e repressione dei fenomeni di frode in materia di IVA nazionale e comunitaria, stabiliscono la revoca d'ufficio delle partite IVA inattive.
Più in dettaglio, il comma 22 inserisce un nuovo comma 15-quinquies nell'articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, il quale prevede che l'attribuzione del numero di partita IVA è revocata d'ufficio qualora per tre annualità consecutive il titolare: non abbia esercitato l'attività d'impresa o di arti e professioni; se obbligato alla presentazione della dichiarazione annuale in materia di IVA, non abbia adempiuto a tale obbligo.
Viene altresì affermata l'impugnabilità del provvedimento di revoca davanti alle Commissioni tributarie.
Il comma 23 introduce una sanatoria per i titolari di partita IVA che, sebbene obbligati, non abbiano tempestivamente presentato la dichiarazione di cessazione di attività prevista dall'articolo 35, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972. Tale sanatoria si effettua con il versamento, entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, di un importo pari alla sanzione minima indicata nell'articolo articolo 5, comma 6, primo periodo, del decreto legislativo n. 471 del 1997, ridotta ad un quarto. La disposizione precisa che non è tuttavia possibile accedere alla predetta sanatoria se la violazione sia già stata constatata con atto portato a conoscenza del contribuente.
I commi da 24 a 27, al fine di razionalizzare e potenziare l'attività di indagine sull'industria finanziaria, ampliano la platea dei soggetti destinatari delle richieste di indagini finanziarie a società ed enti di assicurazione, consentendo così agli uffici delle imposte di acquisire da tali società dati e notizie su attività di natura finanziaria.

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In particolare, il comma 24 reca una serie di modifiche al primo comma dell'articolo 32 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, con il quale sono individuati i poteri attribuiti agli uffici delle imposte per l'adempimento dei loro compiti.
Tra questi, al numero 5), come integrato dal comma 24, si prevede che gli uffici possano richiedere agli organi e alle Amministrazioni dello Stato, agli enti pubblici non economici, alle società ed enti di assicurazione ed alle società ed enti che effettuano istituzionalmente riscossioni e pagamenti per conto di terzi la comunicazione, anche in deroga a contrarie disposizioni legislative, statutarie o regolamentari, di dati e notizie relativi a soggetti indicati singolarmente o per categorie. Alle società ed enti di assicurazione, per quanto riguarda i rapporti con gli assicurati del ramo vita, possono essere richiesti dati e notizie attinenti esclusivamente alla durata del contratto di assicurazione, all'ammontare del premio e alla individuazione del soggetto tenuto a corrisponderlo. Le informazioni sulla categoria devono essere fornite, a seconda della richiesta, cumulativamente o specificamente per ogni soggetto che ne fa parte. Questa disposizione non si applica all'Istituto centrale di statistica, agli ispettorati del lavoro per quanto riguarda le rilevazioni loro commesse dalla legge, e, salvo il disposto del numero 7), alle banche, alla società Poste italiane Spa, per le attività finanziarie e creditizie, alle società ed enti di assicurazione per le attività finanziarie, agli intermediari finanziari, alle imprese di investimento, agli organismi di investimento collettivo del risparmio, alle società di gestione del risparmio e alle società fiduciarie.
Il numero 7) del primo comma dello stesso articolo 32, come modificato dal comma 24, prevede invece che gli uffici possono richiedere, previa autorizzazione del direttore centrale dell'accertamento dell'Agenzia delle entrate o del direttore regionale della stessa, ovvero, per il Corpo della guardia di finanza, del comandante regionale, alle banche, alla società Poste italiane Spa, per le attività finanziarie e creditizie, alle società ed enti di assicurazione per le attività finanziarie, agli intermediari finanziari, alle imprese di investimento, agli organismi di investimento collettivo del risparmio, alle società di gestione del risparmio e alle società fiduciarie, dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata, ivi compresi i servizi prestati, con i loro clienti, nonché alle garanzie prestate da terzi o dagli operatori finanziari sopra indicati e le generalità dei soggetti per i quali gli stessi operatori finanziari abbiano effettuato le suddette operazioni e servizi o con i quali abbiano intrattenuto rapporti di natura finanziaria.
Il comma 25 reca una serie di modifiche al secondo comma dell'articolo 51 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, con il quale sono individuati i poteri attribuiti agli uffici IVA per l'adempimento dei loro compiti.
Tra questi, al numero 5), come integrato dal comma 25, si prevede che gli uffici possano richiedere agli organi e alle Amministrazioni dello Stato, agli enti pubblici non economici, alle società ed enti di assicurazione ed alle società ed enti che effettuano istituzionalmente riscossioni e pagamenti per conto di terzi la comunicazione, anche in deroga a contrarie disposizioni legislative, statutarie o regolamentari, di dati e notizie relativi a soggetti indicati singolarmente o per categorie. Alle società ed enti di assicurazione, per quanto riguarda i rapporti con gli assicurati del ramo vita, possono essere richiesti dati e notizie attinenti esclusivamente alla durata del contratto di assicurazione, all'ammontare del premio e alla individuazione del soggetto tenuto a corrisponderlo. Le informazioni sulla categoria devono essere fornite, a seconda della richiesta, cumulativamente o specificamente per ogni soggetto che ne fa parte. Questa disposizione non si applica all'Istituto centrale di statistica e agli ispettorati del lavoro per quanto riguarda le rilevazioni loro commesse dalla legge, e, salvo il disposto del n. 7), alle banche, alla società

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Poste italiane Spa, per le attività finanziarie e creditizie, alle società ed enti di assicurazione per le attività finanziarie, agli intermediari finanziari, alle imprese di investimento, agli organismi di investimento collettivo del risparmio, alle società di gestione del risparmio e alle società fiduciarie.
Il numero 7) del secondo comma dello stesso articolo 51, come modificato dal comma 25, prevede invece che gli uffici possono richiedere, previa autorizzazione del direttore centrale dell'accertamento dell'Agenzia delle entrate o del direttore regionale della stessa, ovvero, per il Corpo della guardia di finanza, del comandante regionale, alle banche, alla società Poste italiane Spa, per le attività finanziarie e creditizie, alle società ed enti di assicurazione per le attività finanziarie, agli intermediari finanziari, alle imprese di investimento, agli organismi di investimento collettivo del risparmio, alle società di gestione del risparmio e alle società fiduciarie, dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata, ivi compresi i servizi prestati, con i loro clienti, nonché alle garanzie prestate da terzi o dagli operatori finanziari sopra indicati e le generalità dei soggetti per i quali gli stessi operatori finanziari abbiano effettuato le suddette operazioni e servizi o con i quali abbiano intrattenuto rapporti di natura finanziaria.
Il comma 26 reca una serie di modifiche al secondo e al sesto comma dell'articolo 33 del già ricordato decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, con il quale è disciplinata l'esecuzione di accessi, ispezioni e verifiche da parte degli uffici delle imposte.
In particolare, la nuova versione del comma secondo dell'articolo 33 prevede che gli uffici delle imposte hanno facoltà di disporre l'accesso di propri impiegati muniti di apposita autorizzazione presso le pubbliche amministrazioni e gli enti indicati al n. 5) dell'articolo 32 allo scopo di rilevare direttamente i dati e le notizie ivi previste e presso gli operatori finanziari di cui al n. 7) dell'articolo 32 allo scopo di procedere direttamente alla acquisizione dei dati, notizie e documenti, relativi ai rapporti ed alle operazioni oggetto delle richieste a norma del n. 7) dello stesso articolo 32, non trasmessi entro il termine previsto nell'ultimo comma di tale articolo o allo scopo di rilevare direttamente la completezza o l'esattezza delle risposte allorché l'ufficio abbia fondati sospetti che le pongano in dubbio.
Inoltre il nuovo sesto comma dell'articolo 33 prevede che gli accessi presso gli operatori finanziari di cui al n. 7) dell'articolo 32, di cui al secondo comma del medesimo articolo 33, devono essere eseguiti, previa autorizzazione, per l'Agenzia delle entrate, del Direttore centrale dell'accertamento o del Direttore regionale, ovvero, per la Guardia di finanza, del Comandante regionale, da funzionari con qualifica non inferiore a quella di funzionario tributario e da ufficiali della Guardia di finanza di grado non inferiore a capitano, e devono avvenire in orari diversi da quelli di sportello aperto al pubblico; le ispezioni e le rilevazioni debbono essere eseguite alla presenza del responsabile della sede o dell'ufficio presso cui avvengono o di un suo delegato e di esse è data immediata notizia a cura del predetto responsabile al soggetto interessato. Coloro che eseguono le ispezioni e le rilevazioni o vengono in possesso dei dati raccolti devono assumere direttamente le cautele necessarie alla riservatezza dei dati acquisiti.
Il comma 27 modifica l'ultimo comma dell'articolo 52 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633, con il quale è disciplinata l'esecuzione di accessi, ispezioni e verifiche da parte degli uffici IVA.
In particolare, per effetto della modifica apportata dal comma in esame, l'ultimo comma dell'articolo 52 stabilisce che per l'esecuzione degli accessi presso le pubbliche amministrazioni e gli enti indicati al n. 5) dell'articolo 51 e presso gli operatori finanziari di cui al 7) dello stesso articolo 51, si applichino le disposizioni del secondo e sesto comma dell'articolo 33 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973.

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Il comma 28 reca una serie di disposizioni in materia di studi di settore.
In dettaglio, la lettera a) aggiunge un nuovo comma 1-bis nell'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica n. 195 del 1999, il quale prevede che, a decorrere dall'anno 2012, gli studi di settore debbano essere pubblicati nella Gazzetta Ufficiale entro il 31 dicembre del periodo d'imposta nel quale entrano in vigore. La nuova disposizione prevede inoltre che entro il 31 marzo del periodo d'imposta successivo a quello della loro entrata in vigore devono invece essere pubblicate in Gazzetta Ufficiale le eventuali integrazioni necessarie per tenere conto degli andamenti economici e dei mercati, con particolare riguardo a settori o aree territoriali.
La lettera b) aggiunge un periodo all'articolo 8, comma 1, del decreto legislativo n. 471 del 1997, al fine di prevedere l'applicazione della sanzione in misura massima nelle ipotesi di omessa presentazione del modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, laddove tale adempimento sia dovuto ed il contribuente non abbia provveduto alla presentazione del modello anche a seguito di specifico invito da parte dell'Agenzia delle Entrate.
La lettera c) aggiunge al secondo comma dell'articolo 39 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, che individua le ipotesi in cui l'ufficio effettua l'accertamento induttivo, una nuova lettera d-ter), la quale prevede che l'ufficio delle imposte determini il reddito d'impresa sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza, con facoltà di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e dalle scritture contabili e di avvalersi anche di presunzioni (cosiddetto accertamento induttivo) anche quando viene rilevata l'omessa o infedele indicazione dei dati previsti nei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, nonché l'indicazione di cause di esclusione o di inapplicabilità degli studi di settore non sussistenti.
La lettera d) modifica il comma 4-bis dell'articolo 10 della legge n. 146 del 1998, il quale prevede che le rettifiche effettuate sulla base di presunzioni semplici non possono essere effettuate nei confronti dei contribuenti che dichiarino, anche per effetto dell'adeguamento, ricavi o compensi pari o superiori al livello della congruità, ai fini dell'applicazione degli studi di settore.
Per effetto della modifica apportata dalla lettera d), viene soppressa la previsione secondo cui, in caso di rettifica, nella motivazione dell'atto debbano essere evidenziate le ragioni che inducono l'ufficio a disattendere le risultanze degli studi di settore in quanto inadeguate a stimare correttamente il volume di ricavi o compensi potenzialmente ascrivibili al contribuente.
La lettera e) aggiunge un comma 2-bis.1 nell'articolo 1 del decreto legislativo n. 471 del 1997.
Il nuovo comma 2-bis.1 prevede che la misura della sanzione minima e massima di cui al comma 2 (nel caso di indicazione in dichiarazione, ai fini delle singole imposte, di un reddito imponibile inferiore a quello accertato, o, comunque, di un'imposta inferiore a quella dovuta o un credito superiore a quello spettante) sia elevata del 50 per cento nelle ipotesi di omessa presentazione del modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, laddove tale adempimento sia dovuto ed il contribuente non abbia provveduto alla presentazione del modello anche a seguito di specifico invito da parte dell'Agenzia delle Entrate.
La lettera f) aggiunge un nuovo comma 4-ter nell'articolo 5 del decreto legislativo n. 471 del 1997, concernente le violazioni relative alla dichiarazione dell'imposta sul valore aggiunto e ai rimborsi.
Il nuovo comma 4-ter prevede che la misura della sanzione minima e massima di cui al comma 4 (nel caso di indicazione in dichiarazione di un'imposta inferiore a quella dovuta ovvero di un'eccedenza detraibile o rimborsabile superiore a quella spettante) sia elevata del 50 per cento nelle

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ipotesi di omessa presentazione del modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, laddove tale adempimento sia dovuto ed il contribuente non abbia provveduto alla presentazione del modello anche a seguito di specifico invito da parte dell'Agenzia delle Entrate.
La lettera g) aggiunge un nuovo comma 2-ter nell'articolo 32 del decreto legislativo n. 471 del 1997, che disciplina le ipotesi di violazioni relative alla dichiarazione.
Il nuovo comma 2-ter prevede che la misura della sanzione minima e massima di cui al comma 2 (nel caso di indicazione in dichiarazione di un imponibile inferiore a quello accertato o, comunque, di un'imposta inferiore a quella dovuta) sia elevata del 50 per cento nelle ipotesi di omessa presentazione del modello per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell'applicazione degli studi di settore, laddove tale adempimento sia dovuto ed il contribuente non abbia provveduto alla presentazione del modello anche a seguito di specifico invito da parte dell'Agenzia delle Entrate.
Il comma 29 reca alcune modifiche agli articoli 16 e 17 del decreto legislativo n. 472 del 1997 volte ad estendere la facoltà di definizione in maniera agevolata delle sanzioni tributarie irrogate, qualora le stesse siano state rideterminate dall'ufficio a seguito dell'accoglimento delle deduzioni prodotte e a rendere obbligatoria l'irrogazione immediata delle sanzioni collegate al tributo cui si riferiscono, con atto contestuale all'avviso di accertamento o di rettifica.
In dettaglio, la lettera a) aggiunge un nuovo comma 7-bis nell'articolo 16 del decreto legislativo n. 472 del 1997, con il quale è disciplinato il procedimento di irrogazione delle sanzioni da parte dell'ufficio o dall'ente competenti all'accertamento del tributo cui le violazioni si riferiscono.
Il nuovo comma 7-bis prevede che le sanzioni irrogate, qualora rideterminate a seguito dell'accoglimento delle deduzioni difensive prodotte, sono definibili entro il termine previsto per la proposizione del ricorso, con il pagamento di un terzo della sanzione indicata e comunque in misura non inferiore ad un terzo dei minimi edittali previsti per le violazioni più gravi relative a ciascun tributo, consentendo in tal modo il pagamento della sanzione in misura ridotta qualora questa sia stata irrogata dall'ufficio a seguito dell'accoglimento delle deduzioni prodotte dal contribuente.
Tale disposizione si applica agli atti di irrogazione delle sanzioni notificati dopo la data di entrata in vigore del decreto-legge ed agli atti di irrogazione delle sanzioni notificati prima della predetta data per i quali risultino pendenti i termini per la proposizione del ricorso.
La lettera b) modifica l'articolo 17 del decreto legislativo n. 472 del 1997, con il quale è disciplinata l'ipotesi di irrogazione immediata delle sanzioni, rendendo obbligatoria (e non più facoltativa) l'irrogazione delle sanzioni collegate al tributo, senza previa contestazione e con l'osservanza, in quanto compatibili, delle disposizioni che regolano il procedimento di accertamento del tributo medesimo, con atto contestuale all'avviso di accertamento o di rettifica, motivato a pena di nullità. La disposizione si applica agli atti emessi a decorrere dal 1o ottobre 2011.
Il comma 30 differisce, dal 1o luglio al 1o ottobre 2011, la data di inizio dell'applicazione della disposizione concernente la concentrazione della riscossione nell'accertamento recata all'articolo 29, comma 1, primo periodo, del decreto- legge n. 78 del 2010.
Al riguardo ricorda che il citato articolo 29, comma 1, ha introdotto la possibilità che l'avviso di accertamento ed il connesso provvedimento sanzionatorio contengano anche l'intimazione al pagamento degli importi indicati negli stessi entro il termine di presentazione del ricorso, ovvero, in caso di tempestiva proposizione del ricorso, degli importi da iscrivere a titolo provvisorio nei ruoli.
Il comma 31 estende l'applicazione della riduzione della sanzione prevista dall'articolo 13, comma 1, secondo periodo, del decreto legislativo n. 471 del

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1997 a tutti i versamenti di tributi effettuati con un ritardo non superiore a quindici giorni, anche con riferimento ai tributi non assistiti da garanzia.
I commi 32 e 33 modificano la disciplina relativa alla remunerazione del servizio della riscossione dei tributi, eliminando l'obbligo, per l'agente della riscossione, di presentare la comunicazione di inesigibilità ai fini del rimborso delle spese relative alle procedure esecutive.
In dettaglio, la lettera a) del comma 32 interviene sulla lettera a) del comma 6 dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 112 del 1999, sopprimendo l'obbligo per l'agente della riscossione di trasmettere all'ente creditore la comunicazione di inesigibilità al fine di ottenere il relativo rimborso delle spese relative alle procedure esecutive.
Il rimborso delle spese, pertanto, è a carico dell'ente creditore se il ruolo viene annullato per effetto di provvedimenti di sgravio o in caso di inesigibilità.
La lettera b) inserisce invece all'articolo 17 del decreto legislativo n. 112 del 1999 un nuovo comma 6-bis, in virtù del quale il rimborso delle spese di cui al sopra citato comma 6, lettera a), maturate nel corso di ciascun anno solare e richiesto entro il 30 marzo dell'anno successivo, è erogato entro il 30 giugno dello stesso anno.
In caso di mancata erogazione del rimorso, l'agente della riscossione viene autorizzato a compensare il relativo importo con le somme da riversare.
Viceversa, nel caso in cui vi sia stato il diniego, a titolo definitivo, del discarico della quota per il cui recupero sono state svolte le procedure che determinano il rimborso, l'agente della riscossione è obbligato a restituire all'ente l'importo anticipato, maggiorato degli interessi legali. Detta restituzione deve avvenire entro dieci giorni dalla richiesta.
È infine stabilito che l'importo dei rimborsi spese riscossi dopo l'erogazione o la compensazione, maggiorato degli interessi legali, sia riversato entro il 30 novembre di ciascun anno.
Il comma 33 disciplina l'efficacia temporale delle norme introdotte dal comma precedente, prevedendo che le disposizioni di cui al comma 6-bis dell'articolo 17 del decreto legislativo n. 112 del 1999 si applicano ai rimborsi spese maturati a partire dall'anno 2011, mentre la disciplina dettata dal comma 6 dell'articolo 17 nel testo previgente all'entrata in vigore del decreto- legge si applica ai rimborsi spese maturati fino al 31 dicembre 2010.
Il comma 34 dispone una proroga dei termini per la presentazione delle comunicazioni di inesigibilità da parte degli agenti della riscossione.
In dettaglio, la lettera a) proroga di un anno i termini di presentazione delle comunicazioni di inesigibilità per gli agenti della riscossione rimodulando, per un analogo periodo di tempo (dal 30 settembre 2008 al 30 settembre 2009), anche i termini per l'esame delle comunicazioni da parte degli uffici competenti.
In connessione con tale modifica, la lettera b) proroga i termini della sanatoria degli illeciti amministrativi in favore dei concessionari della riscossione.
In tal modo le società che hanno aderito alla sanatoria degli illeciti amministrativi possono presentare, anche ai fini della stessa sanatoria, entro il 30 settembre 2012 (anziché entro il 30 settembre 2011), le comunicazioni di inesigibilità relative a tutti i ruoli consegnati fino al 30 settembre 2009 (anziché al 30 settembre 2008), mentre per tutte le comunicazioni di inesigibilità delle somme iscritte a ruolo, anche integrative, il cui termine di presentazione è fissato al 30 settembre 2012 (anziché al 30 settembre 2011) il termine previsto per il discarico del concessionario decorre dal 1o ottobre 2012 (anziché dal 1o ottobre 2011).
La lettera c) novella l'articolo 19, comma 2, lettera d), del decreto legislativo n. 112 del 1999, con cui sono disciplinate le cause di perdita del diritto al discarico da parte del concessionario, prevedendo che la perdita del diritto al discarico avviene solo in relazione al mancato svolgimento di azione esecutiva, diversa dall'espropriazione

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mobiliare, su tutti i beni del contribuente aventi le caratteristiche suddette.
I commi 35 e 36 attribuiscono a Equitalia Giustizia S.p.A. anche la gestione dei crediti relativi alle spese di giustizia divenuti definitivi fino al 31 dicembre 2007 e definiscono le modalità di gestione, da parte dell'ente stesso, dell'attività di recupero dei crediti di giustizia, prevedendo in particolare che i dipendenti della predetta società possano essere delegati a firmare i ruoli da questa formati.
I commi da 37 a 40 modificano alcune previsioni del codice civile al fine di ampliare l'ambito di applicazione dei privilegi già previsti per i crediti tributari.
A tal fine, i privilegi previsti attualmente solo per le somme iscritte nei ruoli resi esecutivi nell'anno in cui l'agente della riscossione promuove l'esecuzione o vi interviene e nell'anno precedente, sono estesi anche alle somme iscritte a ruolo in anni precedenti; viene esteso alle sanzioni irrogate ai sensi della normativa sulle imposte dirette il medesimo privilegio già ora attribuito alle sanzioni in materia di IVA. Inoltre è soppressa la previsione che accorda un privilegio speciale sugli immobili siti nel Comune in cui è effettuata la riscossione per le imposte sui redditi immobiliari; vengono anteposti ai chirografari i crediti per i tributi nel caso vi sia un residuo ricavato dalla vendita degli immobili.
Più in dettaglio, il comma 37 modifica il primo comma dell'articolo 2752 del codice civile, il quale, nel riconoscere il privilegio generale mobiliare ai crediti dello Stato per l'imposta sul reddito delle persone giuridiche, per l'imposta regionale sulle attività produttive e per l'imposta locale sui redditi, ne limitava l'efficacia, sotto il profilo temporale, rispetto alla disciplina prevista per gli altri creditori, prevedendo che per i crediti suddetti il privilegio si estendesse unicamente a quelli iscritti nei ruoli resi esecutivi nell'anno in cui l'agente della riscossione promuove l'esecuzione o vi interviene e nell'anno precedente.
Il comma elimina la suddetta limitazione di efficacia temporale, ricomprende tra i crediti assistiti dal privilegio anche le sanzioni relative alle imposte dirette, analogamente a quanto già previsto dal terzo comma dello stesso articolo 2752 alle sanzioni in materia di IVA e tiene altresì conto dell'avvenuta introduzione dell'imposta sul reddito delle società (IRES) in sostituzione dell'imposta sul reddito delle persone giuridiche (IRPEG).
Il comma 38 sopprime l'articolo 2771 del codice civile, che accorda per le imposte dovute sui redditi immobiliari un privilegio speciale sugli immobili del contribuente situati nel Comune in cui è effettuata la riscossione, in quanto il predetto articolo 2771, nella sua attuale formulazione, risulta inadeguato a tutelare i crediti dello Stato attraverso il riconoscimento del diritto di preferenza.
Il comma 39 modifica il terzo comma dell'articolo 2776 del codice civile, che nella sua previgente formulazione prevedeva che alcuni crediti assistiti da privilegio generale sui beni mobili, in caso di esecuzione infruttuosa sugli stessi, fossero collocati sussidiariamente sul ricavato della vendita forzata degli immobili, con preferenza rispetto ai credili chirografari, quindi in grado posteriore rispetto ai privilegi immobiliari e alle ipoteche.
In tale contesto il comma 39 attribuisce il suddetto privilegio - già previsto in via sussidiaria per i crediti relativi all'IVA - anche ai crediti concernenti le imposte sui redditi ed alle relative sanzioni.
Il comma 40 detta disposizioni a tutela delle posizioni soggettive degli altri creditori privilegiati che potrebbero subire un pregiudizio a seguito dell'entrata in vigore delle modifiche al codice civile disposte dai commi precedenti, prevedendo in particolare che i titolari di crediti privilegiati, intervenuti nell'esecuzione o ammessi al passivo fallimentare in data anteriore all'entrata in vigore del presente decreto, possono contestare i crediti che, per effetto delle nuove norme di cui ai precedenti commi, sono stati anteposti ai loro crediti nel grado del privilegio, valendosi, in sede di distribuzione della somma ricavata,

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del rimedio di cui all'articolo 512 del codice di procedura civile, oppure proponendo l'impugnazione prevista dall'articolo 98, comma 3 del regio decreto n. 267 del 1942.
Il comma 41 interviene sulla disciplina relativa al cosiddetto «spesometro» introdotto dall'articolo 21 del decreto-legge n. 78 del 2010, ponendo a carico degli operatori finanziari soggetti all'obbligo di comunicazione previsto dall'articolo 7, sesto comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 605 del 1973 (obbligo di comunicazione telematica all'Amministrazione finanziaria delle operazioni rilevanti a fini IVA di importo non inferiore a 3.000 euro) che emettono carte di credito, di debito o prepagate, l'obbligo di comunicare le operazioni effettuate nei confronti di contribuenti non soggetti passivi IVA che abbiano effettuato il pagamento dei corrispettivi mediante carte di credito, di debito o prepagate emesse dai medesimi operatori finanziari.
La disposizione rinvia ad un provvedimento direttoriale dell'Agenzia delle Entrate l'individuazione dei termini e delle modalità di tale comunicazione.
Il comma 42 sopprime l'obbligo di rilascio della ricevuta fiscale e prevede l'emissione della fattura ai sensi dell'articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972, per i soggetti che esercitano attività di locazione di veicoli senza conducente.
In tale ambito si prevede che nella fattura emessa dopo il pagamento debbano essere indicati gli estremi identificativi del contratto di noleggio a cui fa riferimento e che la fattura deve essere consegnata al cliente (e non inviata al domicilio) qualora l'autovettura sia riportata direttamente ad un punto noleggio dell'azienda in grado di emettere il documento.
Il comma 43 consente agli imprenditori agricoli in stato di crisi o di insolvenza di accedere agli accordi di ristrutturazione dei debiti di cui all'articolo 182-bis del regio decreto n. 267 del 1942 ed alla transazione fiscale prevista dall'articolo 182-ter del medesimo regio decreto n. 267.
Il comma 44 differisce dal 16 dicembre 2011 al 30 giugno 2012 la sospensione dei versamenti tributari, nonché dei contributi previdenziali ed assistenziali e dei premi per l'assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali, per i soggetti aventi il domicilio fiscale o una sede operativa nel Comune di Lampedusa.
Il comma 45 stabilisce che il territorio del comune di Lampedusa costituisce zona franca urbana, ai sensi dell'articolo 1, commi da 340 a 343, della legge n. 296 del 2006.
Il comma 46 consente ai contribuenti di destinare, a decorrere dall'anno finanziario 2012, la quota del cinque per mille dell'imposta sul reddito delle persone fisiche anche al finanziamento delle attività di tutela, promozione e valorizzazione dei beni culturali e paesaggistici.
La disposizione demanda ad un successivo decreto di natura non regolamentare del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per i beni e le attività culturali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, al fine di individuare: le modalità di richiesta; le liste dei soggetti ammessi al riparto; le modalità di riparto delle somme.
Il comma 47 prevede, in attesa della riforma fiscale, la revisione della disciplina del regime fiscale degli ammortamenti dei beni materiali e immateriali in base a criteri di semplificazione.
In dettaglio, la disposizione stabilisce che, a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2012, con regolamento da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988 si procederà a rivedere la disciplina del regime fiscale degli ammortamenti dei beni materiali e immateriali.
I criteri in base ai quali effettuare tale revisione in un'ottica di sostanziale semplificazione sono l'individuazione delle attività ammortizzabili individualmente in base alla vita utile e a quote costanti e l'individuazione delle attività ammortizzabili cumulativamente con aliquota unica di ammortamento.

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I commi da 48 a 50 recano disposizioni finalizzate ad introdurre l'obbligo di indicazione del numero di codice fiscale negli atti degli organi giurisdizionali.
In dettaglio, il comma 48 novella l'articolo 6, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica n. 605 del 1973, in cui sono elencati gli atti in cui è obbligatorio indicare il numero di codice fiscale.
Per effetto di una modifica apportata alla lettera b) del citato primo comma è resa obbligatoria l'indicazione del codice fiscale per le richieste di registrazione degli atti da registrare in termine fisso o in caso d'uso relativamente ai soggetti destinatari degli effetti giuridici immediati dell'atto, nonché, per gli atti degli organi giurisdizionali, anche relativamente ai difensori, esclusi gli atti elencati nella tabella allegata al medesimo decreto del Presidente della Repubblica n. 605.
Il comma 49 novella il primo comma dell'articolo 11 del decreto del Presidente della Repubblica n. 131 del 1986, il quale prevedeva, nel testo previgente, che la richiesta di registrazione degli atti scritti, esclusi quelli degli organi giurisdizionali, deve essere redatta in duplice esemplare su appositi stampati forniti dall'ufficio, conformi al modello approvato con decreto del Ministro delle finanze.
La novella apportata dal comma 49 sopprime l'inciso relativo agli organi giurisdizionali, estendendo pertanto anche agli atti di tali organi l'obbligo di registrazione in duplice esemplare su appositi stampati.
Il comma 50 stabilisce che in tutti gli atti introduttivi di un giudizio, compresa l'azione civile in sede penale e in tutti gli atti di prima difesa, devono essere indicati: le generalità complete della parte; la residenza o sede; il domicilio eletto presso il difensore; il codice fiscale, oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio.
Nel corso dell'esame al Senato sono stati introdotti due nuovi commi 50-bis e 50-ter, che incidono sul regime tributario delle cosiddette stock options.
In particolare il nuovo comma 50-bis integra l'articolo 33 del decreto-legge n. 78 del 2010, il quale ha introdotto un'aliquota addizionale del 10 per cento sui bonus e le stock-options che eccedono il triplo della parte fissa della retribuzione, prevedendo che tale addizionale si applichi sull'ammontare che eccede l'importo corrispondente alla parte fissa della retribuzione.
Il nuovo comma 50-ter specifica che la previsione del comma 50-bis si applica ai compensi corrisposti a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge.
Nel corso dell'esame presso l'altro ramo del Parlamento è stato introdotto un nuovo comma 5-quater, il quale conferma a decorrere dal 1o gennaio 2012 gli incrementi delle aliquote di accisa sulla benzina e sul gasolio da autotrazione, attualmente applicabili fino al 31 dicembre 2011, disposti con determinazione del Direttore dell'Agenzia delle dogane ai sensi dell'articolo 2, comma 2-quater del decreto-legge n. 225 del 2010, al fine di far fronte alle esigenze finanziarie derivanti da situazioni di emergenza.
L'articolo 24 reca una serie molto ampia di previsioni in materia di giochi pubblici.
In particolare, i commi da 1 a 7 introducono la liquidazione automatica dell'imposta unica dovuta sulle scommesse e sui giochi a distanza.
In dettaglio, il comma 1 stabilisce che l'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato (AAMS), avvalendosi di procedure automatizzate, proceda alla liquidazione dell'imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse, e dei relativi interessi e sanzioni ed al controllo della tempestività e della rispondenza in relazione ai versamenti effettuati dai concessionari abilitati alla raccolta dei giochi sulla base delle informazioni contenute della banca dati del Ministero dell'economia e delle finanze, prevista dall'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 66 del 2002.
In caso di omissioni o di carenze nei versamenti dovuti, il comma 2 prevede che l'esito del controllo automatizzato, per

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evitare la reiterazione degli errori, sia comunicato al concessionario, il quale può, a sua volta, fornire i chiarimenti necessari all'ufficio dell'AAMS. Ai sensi del comma 3 quest'ultima, in caso sussista pericolo per la riscossione, provvede al controllo della tempestiva effettuazione dei versamenti dell'imposta unica.
Il comma 4 stabilisce che, in mancanza del versamento, le somme che risultano dovute a titolo d'imposta unica, nonché di interessi e di sanzioni per ritardato od omesso versamento, sono iscritte direttamente nei ruoli resi esecutivi a titolo definitivo.
Il comma 6 prevede che le cartelle di pagamento recanti i ruoli devono essere notificate, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello per il quale sia dovuta l'imposta unica. La disposizione stabilisce inoltre che, in mancanza del pagamento delle cartelle esattoriali entro i termini di scadenza, l'AAMS possa procedere alla riscossione delle somme dovute anche tramite escussione delle garanzie presentate dal concessionario con la convenzione di concessione; in tal caso l'Amministrazione dovrà comunicare l'importo del credito per imposta, sanzioni ed interessi estinto tramite escussione delle garanzie ad Equitalia, affinché quest'ultima possa procedere a riscuotere coattivamente l'eventuale credito residuo.
Ai sensi del comma 5 l'iscrizione a ruolo non è eseguita se il concessionario provvede a pagare le somme dovute entro trenta giorni dalla comunicazione definitiva o derivante dal controllo automatizzato.
In base al comma 7 le disposizioni sulla rateazione delle somme dovute di cui all'articolo 3-bis del decreto legislativo n. 462 del 1997, si applicano alle somme dovute a norma del presente articolo; le garanzie previste dallo stesso articolo non sono invece applicabili qualora si verifichi che la fideiussione già presentata dal soggetto passivo di imposta a garanzia degli adempimenti dell'imposta unica sia di importo superiore alla somma da rateizzare.
I commi da 8 ad 11 concernono le competenze relative all'accertamento in materia di giochi pubblici.
Il comma 8 prevede, analogamente alla disciplina che definisce i compiti dell'Agenzia delle entrate in materia di accertamenti sulle imposte sui redditi ed IVA, che le competenze in materia di rettifica e accertamento delle basi imponibili e delle imposte rilevanti ai fini dei singoli giochi spettino agli uffici dell'AAMS, anche sulla base di accertamenti constatati dalla Guardia di Finanza o da altri organi di Polizia.
In base al comma 9 gli avvisi relativi a rettifiche e accertamenti in materia di giochi pubblici con vincita in denaro devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello per il quale è dovuta l'imposta; in caso di violazioni tributarie e amministrative, si rinvia ai termini di decadenza e prescrizione previsti dall'articolo 20 del decreto legislativo n. 472 del 1997, nonché dall'articolo 28 della legge n. 689 del 1981.
Nei casi di scommesse non affluite al totalizzatore nazionale o nei casi di sottrazione di base imponibile all'imposta unica, il comma 10 prevede che l'AAMS determini l'imposta dovuta anche in modo autonomo mediante metodologie induttive («elementi documentali comunque reperiti»). In caso di mancata collaborazione da parte del contribuente ai fini della determinazione dell'imposta unica si applica l'aliquota massima prevista per ciascuna tipologia di scommessa.
Il comma 11 consente al contribuente cui sia stato notificato avviso di accertamento o di rettifica di presentare istanza di accertamento con adesione in carta libera, prima dell'impugnazione dell'atto dinanzi alla commissione tributaria provinciale.
Il comma 12, allo scopo di uniformare alle vigenti procedure di riscossione previste in materia di imposte sui redditi ed IVA quelle in materia di giochi, disciplina l'iscrizione nei ruoli in base ad accertamenti non definitivi. In particolare si prevede che, anche in materia di imposta di

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giochi pubblici con o senza vincita in denaro, in conseguenza di accertamenti non ancora definitivi, gli ammontari dei tributi corrispondenti agli imponibili o ai maggiori imponibili accertati siano iscrivibili a titolo provvisorio nei ruoli, dopo la notifica dell'atto di accertamento, nella misura del 50 per cento.
I commi da 13 a 16 dispongono in ordine alle attribuzioni degli uffici dell'AAMS in materia di controllo e di accertamento, prevedendo per essi anche la possibilità di irrogare sanzioni tributarie ed amministrative.
In particolare, il comma 13 prevede che gli Uffici rilevano le eventuali violazioni, occultamenti di base imponibile od omessi versamenti d'imposta e provvedono all'accertamento e alla liquidazione delle imposte o maggiori imposte dovute, vigilando altresì sull'osservanza degli obblighi previsti dalla legge, estendendo in tal modo all'AAMS, in materia di giochi, le disposizioni già vigenti per l'Agenzia delle entrate relativamente alle imposte sui redditi e all'IVA.
Per le attività riferibili agli uffici periferici il comma 14 attribuisce la competenza all'ufficio nella cui circoscrizione risulta il domicilio fiscale del soggetto alla data in cui è stata commessa la violazione o è stato compiuto l'atto illegittimo, mentre il comma 15 attribuisce agli appartenenti all'AAMS, nell'esercizio dei poteri conferiti dalla legge, la qualità di agenti di polizia tributaria.
Ai sensi del comma 16 i suddetti compiti sono svolti dall'AAMS con le risorse umane, finanziarie e strumentali previste a legislazione vigente.
I commi 17 e 18 dettano norme per la determinazione forfetaria del prelievo erariale unico (PREU).
In particolare il comma 17 prevede che, nelle ipotesi in cui non sia leggibile il contatore degli apparecchi da divertimento, in quanto i dati non siano stati memorizzati, non siano leggibili, risultino memorizzati in modo non corretto o siano stati alterati, l'importo forfetario giornaliero (attualmente determinato in 280 euro per apparecchio ai sensi dell'articolo 39-quater, comma 3, secondo periodo, del decreto-legge n. 269 del 2003) sia raddoppiato.
Il comma 18, novellando l'articolo 39-quinquies del decreto-legge n. 269 del 2003, provvede a raddoppiare le sanzioni previste per gli apparecchi che erogano vincite in denaro privi del necessario nulla osta e nelle ipotesi di apparecchi e congegni muniti del nulla osta il cui esercizio sia qualificabile come illecito civile, penale o amministrativo. Tali sanzioni - attualmente indicate in un importo variabile dal 120 al 240 per cento del PREU dovuto, con un minimo di 1.000 euro - vengono elevate ad un importo che va dal 240 al 480 per cento dell'ammontare del PREU dovuto, con un importo minimo di 5.000 euro.
I commi da 19 a 23 stabiliscono norme per il divieto di gioco per i minori.
Il comma 19, per esigenze di coordinamento con la nuova disciplina proposta, dispone l'abrogazione parziale (secondo, terzo e quarto comma) dell'articolo 1, comma 70, della legge n. 220 del 2010 (legge di stabilità 2011) e dei commi 8, 8-bis e 9-ter, limitatamente al primo periodo, del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS) di cui al Regio Decreto n. 773 del 1931, i quali dettano misure di contrasto al gioco da parte dei minori ed allo sviluppo delle ludopatie
Al riguardo rammenta che il richiamato comma 70 della legge di stabilità 2011 prevede, al primo periodo, la stipula di un'intesa in sede di Conferenza unificata per la prevenzione, il contrasto ed il recupero della ludopatia conseguente a gioco compulsivo. Ai sensi dei successivi periodi (dei quali viene ora disposta l'abrogazione) è comunque vietato consentire la partecipazione ai giochi pubblici con vincita in denaro ai minori di anni 18. Il titolare dell'esercizio commerciale, del locale o del punto di offerta del gioco che consente la partecipazione ai giochi pubblici a minori di anni diciotto è punito con la sanzione amministrativa da 500 a 1.000 euro e con la chiusura dell'esercizio fino a 15 giorni.

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Le disposizioni abrogate dell'articolo 110 del TULPS stabiliscono invece che:
l'utilizzo degli apparecchi e dei congegni da gioco è vietato ai minori di anni 18;
chiunque, gestendo apparecchi da gioco, ne consente l'uso ai minori è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 3.000 euro e con la chiusura dell'esercizio per un periodo non superiore a quindici giorni;
per la violazione del divieto di gioco dei minori il rapporto è presentato al Prefetto territorialmente competente in relazione al luogo in cui è stata commessa la violazione.

Il comma 20 esplicita il divieto di partecipazione dei minori di anni diciotto ai giochi pubblici che prevedano vincite in denaro.
Il comma 21 dispone un inasprimento delle sanzioni già previste in materia dal comma 70 della legge di stabilità 2011. In particolare, il titolare dell'esercizio commerciale, del locale o del punto di offerta del gioco che consente la partecipazione ai giochi pubblici a minori di anni diciotto è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000 a 20.000 euro (precedentemente da 500 a 1.000 euro), nonché con la chiusura dell'esercizio da dieci fino a trenta giorni (prima fino quindici giorni).
Per i soggetti che nel corso di un triennio commettono tre violazioni, anche non continuative, del presente comma è disposta la revoca di qualunque autorizzazione o concessione amministrativa.
Si prevede inoltre l'obbligo per il titolare dell'esercizio commerciale, del locale o, comunque, del punto di offerta del gioco, all'interno dei predetti esercizi, di identificare i giocatori mediante richiesta di esibizione di un idoneo documento di riconoscimento.
Le sanzioni sono applicate dall'ufficio territoriale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato competente in relazione al luogo e in ragione dell'accertamento eseguito.
Per le cause di opposizione ai provvedimenti emessi dall'ufficio territoriale dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato è competente il giudice del luogo in cui ha sede l'ufficio che ha emesso i provvedimenti stessi.
Ai sensi del comma 22, nei casi in cui la violazione del divieto indicato al comma 20 (minori di anni 18) riguardi l'utilizzo degli apparecchi e dei congegni da gioco di cui al comma 6 dell'articolo 110 del TULPS, i concessionari per la gestione della rete telematica non possono intrattenere, neanche indirettamente, rapporti contrattuali funzionali all'esercizio delle attività di gioco con il trasgressore; qualora il titolare dell'esercizio sia una società, associazione o, comunque, un ente collettivo, le disposizioni si applicano alla società, associazione o all'ente e il rappresentante legale è obbligato in solido al pagamento delle sanzioni.
Il comma 23 prevede l'avvio in via sperimentale, da parte del Ministero dell'economia e delle finanze e dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato, di procedure di analisi e verifica dei comportamenti di gioco finalizzati alla introduzione di misure di prevenzione dei fenomeni ludopatici.
I commi da 24 a 27 disciplinano i requisiti per la partecipazione a gare e per il rilascio di concessioni in materia di giochi.
In particolare, il comma 24, novellando l'articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica n. 252 del 1998, estende l'ambito dei soggetti nei cui confronti devono essere effettuati gli accertamenti antimafia anche con riferimento alla materia dei giochi pubblici.
Il comma 25 non consente la partecipazione a gare, né il rilascio o rinnovo di concessioni in materia di giochi pubblici, al soggetto il cui titolare o rappresentante legale risulti condannato anche con sentenza non definitiva, ovvero imputato o indagato per reati di associazione a delinquere (articolo 416 del codice penale), mafia (articolo 416-bis del codice penale), ricettazione (articolo 648 del codice penale), riciclaggio (articolo 648-bis del codice

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penale) o impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita (articolo 648-ter del codice penale) ovvero, se commesso all'estero, per un delitto di criminalità organizzata o di riciclaggio di denaro proveniente da attività illecite.
Il medesimo divieto si applica anche al soggetto partecipato in misura superiore al 2 per cento del capitale o patrimonio da persone fisiche condannate, imputate o indagate, per uno dei predetti delitti.
A tal fine il comma 26 stabilisce che i soggetti, costituiti in forma di società di capitali, che partecipano a gare o a procedure ad evidenza pubblica nel settore dei giochi pubblici, devono dichiarare il nominativo dei soggetti che detengono una partecipazione superiore al 2 per cento; in caso di dichiarazione mendace è disposta l'esclusione dalla gara in qualsiasi momento della procedura. Per le concessioni in corso tale dichiarazione è richiesta in sede di rinnovo.
Il comma 27 prevede che le disposizioni di cui ai commi da 24 a 26 si applichino alle gare indette successivamente all'entrata in vigore del decreto in esame.
Il comma 28 stabilisce i requisiti per la conduzione di esercizi di gioco pubblico, escludendo dalla possibilità di essere titolari o conduttori di esercizi commerciali, locali o altri spazi in cui sia offerto gioco pubblico le persone nei cui confronti sussistano le condizioni ostative di cui all'articolo 10 della legge n. 575 del 1965 (cosiddetta legge antimafia) e le società o imprese sulle quali penda la sussistenza di elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa nelle informazioni del Prefetto.
I commi da 29 a 31 dispongono l'obbligo di segnalare il trasferimento di somme verso operatori di gioco illegali da parte delle società emittenti di carte di credito, degli operatori bancari, finanziari e postali.
In particolare, il comma 29 - in conformità con quanto stabilito dalle norme sui giochi contenute nei commi da 11 a 26 dell'articolo 24 della legge n. 88 del 2009 (legge comunitaria 2008) relativo all'adeguamento comunitario di disposizioni tributarie, nonché al fine di contrastare il gioco irregolare ed illegale, l'evasione, l'elusione ed il riciclaggio e di garantire l'ordine pubblico e la tutela - impone alle società emittenti carte di credito, agli operatori bancari, finanziari e postali di segnalare telematicamente all'AAMS i dati identificativi di coloro che dispongono trasferimenti di denaro a favore di operatori di gioco illegali, indicati in apposito elenco predisposto dalla stessa AAMS.
Secondo la norma sono considerati «operatori di gioco illegali» coloro che offrono nel territorio dello Stato, attraverso reti telematiche o di telecomunicazione, giochi, scommesse o concorsi pronostici con vincite in denaro in difetto di concessione, autorizzazione, licenza od altro titolo autorizzatorio o abilitativo o, comunque, in violazione delle norme di legge o di regolamento o delle prescrizioni definite dalla predetta Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato.
Il comma 30 detta le conseguenti misure sanzionatorie (di tipo pecuniario, variabili da 300.000 a 1.300.000 euro) per le società emittenti ed operatori inadempienti, mentre il comma 31 affida ad uno più provvedimenti intedirigenziali del Ministero dell'economia e delle finanze e dell'Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato la definizione delle modalità attuative di tali disposizioni.
Il comma 32 prevede che una quota pari al 3 per cento delle spese annue per la pubblicità dei prodotti di gioco, previste a carico dei concessionari relativamente al gioco del lotto, alle lotterie istantanee ed ai giochi numerici a totalizzatore, sia destinata al rifinanziamento della carta acquisti prevista dall'articolo 81, comma 32, del decreto-legge n. 112 del 2008. La norma prevede il versamento, a cura dei concessionari, di tali somme ad apposito capitolo dell'entrata di bilancio dello Stato e la conseguente riassegnazione alla suddetta carta acquisti.
Il comma 33 istituisce il Bingo a distanza, con una aliquota di imposta stabilita al 10 per cento delle somme giocate, diversificandolo dal Bingo «di sala».
Al riguardo ricorda che il comma 11 dell'articolo 24 della legge n. 88 del 2009

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prevede l'emanazione di regolamenti atti a disciplinare ex novo o ad ampliare le disposizioni circa l'esercizio e la raccolta a distanza di alcuni giochi, tra cui il bingo.
Per la definizione degli importi del diritto di partecipazione, del compenso del concessionario, delle modalità di versamento dell'imposta, nonché per l'individuazione della data di decorrenza delle nuove disposizioni, la disposizione del comma 33 rinvia al comma 12 dell'articolo 24 della legge n. 88 del 2009, il quale prevede che la disciplina di tali giochi sia introdotta ovvero adeguata con regolamenti.
Il comma 34 regolamenta il «poker sportivo», prevedendo che, con provvedimento del direttore generale dell'AAMS, siano disciplinati i tornei non a distanza di poker sportivo e siano altresì determinati l'importo massimo della quota di partecipazione al torneo e l'ulteriore partecipazione al torneo una volta esaurita la predetta quota.
L'aliquota d'imposta unica dovuta dal concessionario è stabilita in misura pari al 3 per cento della raccolta.
È altresì prevista l'aggiudicazione, tramite gara da bandire entro il 30 novembre 2011, di concessioni novennali per l'esercizio del poker sportivo, in numero non superiore a 1.000; i punti di esercizio sono aggiudicati ai soggetti che abbiano presentato le offerte economicamente più elevate rispetto ad una base di 100.000 euro.
La ratio dell'intervento normativo è quello di recuperare alla legalità le migliaia di circoli di poker che già operano nel Paese, garantendo che l'esercizio di tali giochi sia svolto da soggetti affidabili.
I commi 35 e 36 dettano norme per regolamentare le procedure selettive di affidamento in concessione della rete telematica degli apparecchi da divertimento ed intrattenimento.
Il comma 35 stabilisce che entro il 30 settembre 2011 l'AAMS avvii le procedure occorrenti per un nuovo affidamento in concessione della rete per la gestione telematica del gioco lecito prevedendo:
l'affidamento della concessione ad operatori di gioco, nazionali e comunitari, di dimostrata qualificazione morale, tecnica ed economica, mediante una selezione aperta basata sull'accertamento dei requisiti da parte dell'AAMS; i soggetti aggiudicatari sono autorizzati all'installazione dei videoterminali (da un minimo del 7 per cento fino a un massimo del 14 per cento del numero di nulla osta, dichiarati in sede di gara, effettivamente acquisiti ed attivati entro sei mesi) a fronte del versamento di euro 15.000 per ciascun terminale VLT (videolotteries);
la durata delle autorizzazioni all'installazione dei videoterminali fino al termine delle concessioni.

In vista della successiva gara per l'affidamento in concessione degli apparecchi da gioco, il comma 36 prevede l'istituzione di un contributo una tantum nella misura di 100 euro per ogni apparecchio installato a carico dei soggetti aggiudicatari delle relative procedure di gara sugli apparecchi per il gioco lecito che consentono vincite in denaro, comunemente definiti New Slot o AWP (amusement with price).
I commi 37 e 38 dispongono in ordine alla procedura di messa a gara di ulteriori punti vendita di giochi su base ippica e sportiva.
In particolare, il comma 37 prevede che l'AAMS, entro il 30 ottobre 2011, attui una o più procedure selettive aventi ad oggetto la concessione novennale dei diritti di esercizio e raccolta in rete fisica dei giochi su base ippica e sportiva presso punti di vendita (massimo 7.000 punti) aventi come attività principale o accessoria la commercializzazione di prodotti di gioco pubblici. Alle gare potranno partecipare soggetti italiani o di altri Stati dello Spazio economico europeo che, all'entrata in vigore del decreto-legge, sono in possesso dei requisiti di affidabilità già richiesti dalla normativa vigente ai soggetti che hanno conseguito concessioni per l'esercizio e la raccolta di giochi.
In base al comma 38, le procedure per la realizzazione delle procedure selettive devono prevedere l'aggiudicazione di 5.000 diritti di esercizio e raccolta in rete fisica

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dei giochi, in misura non superiore al 25 per cento per ciascun concessionario, la cui base d'asta non può essere inferiore a 25.000 euro per ciascun punto di vendita avente come attività accessoria la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici. In caso di concessione a soggetti già titolari per concessione precedentemente acquisita mediante diritti di esercizio e raccolta in rete fisica di scommesse su base ippica ovvero su base sportiva, l'importo da corrispondere è ridotto del 7 per cento per ogni anno intero mancante alla fine della concessione rispetto a quanto indicato nell'offerta e, all'atto di sottoscrizione della convenzione accessiva alla concessione, sono revocate le concessioni precedentemente detenute dai medesimi soggetti.
Si prevede inoltre l'aggiudicazione di 2.000 diritti di esercizio e raccolta in rete fisica di scommesse su base sportiva ed ippica presso punti di vendita aventi quale attività principale la commercializzazione dei prodotti di gioco pubblici, secondo il criterio delle offerte economicamente più elevate rispetto ad una base d'asta non inferiore ad euro 40.000 per ciascun punto di vendita.
I commi 39 e 40 disciplinano le forme di rimodulazione ed aggiornamento dei giochi del lotto e dei giochi numerici a totalizzatore nazionale.
In particolare, il comma 39 prevede che l'AAMS, con propri provvedimenti, stabilisca innovazioni da apportare al gioco del lotto, attraverso la rimodulazione delle sorti del gioco e dei premi delle relative combinazioni; la rimodulazione o sostituzione di giochi opzionali e complementari; l'introduzione di ulteriori forme di gioco, anche prevedendo modalità di fruizione distinte da quelle attuali, al fine di ampliare l'offerta di giochi numerici a quota fissa.
Il comma 40 prevede invece l'introduzione di innovazioni da apportare ai giochi numerici a totalizzatore nazionale attraverso:
un nuovo concorso numerico in ambito europeo con giocata fissa da 2 euro, con destinazione del 50 per cento della raccolta a montepremi, e con destinazione del 38 per cento della raccolta nazionale ad imposta;
modifiche al gioco Win for Life, mantenendo un montepremi pari al 65 per cento della raccolta e un imposta pari al 23 per cento della raccolta;
l'introduzione, in via definitiva, del concorso speciale del gioco Enalotto (denominato «Si vince tutto superenalotto») per un numero massimo di 12 eventi.

Il comma 41 modifica le norme in materia di iscrizione degli operatori del settore degli apparecchi da gioco nell'apposito elenco tenuto dall'AAMS ai sensi del comma 533 della legge n. 266 del 2005 (legge finanziaria 2006), prevedendo che l'iscrizione nel predetto elenco sia subordinata anche alla verifica del possesso della la licenza per l'esercizio delle scommesse di cui all'articolo 88 del TULPS, oltre che al possesso della licenza per la vendita al minuto o il consumo di vino, birra, liquori od altre bevande anche non alcooliche, di cui all'articolo 86 del TULPS. Inoltre viene aumentata (da 100 a 150 euro) la somma annuale dovuta per l'iscrizione nell'elenco, e si fissa un termine perentorio (il 31 ottobre 2011) per il relativo versamento, limitatamente all'anno 2011.
Il comma 42 stabilisce che con regolamento del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro della salute, da emanare entro il 31 dicembre 2011, siano dettate disposizioni concernenti le modalità necessarie per l'istituzione di rivendite ordinarie e speciali di genere di monopolio e per il rilascio ed il rinnovo del patentino.
I principi cui tali disposizioni dovranno attenersi sono:
la razionalizzazione della rete di vendita;
l'istituzione di rivendite ordinarie solo in presenza di determinati requisiti di distanza e produttività minima;

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l'introduzione di un meccanismo di aggiornamento dei parametri di produttività minima;
la possibilità di trasferimenti di rivendite ordinarie solo in presenza dei medesimi requisiti di distanza e, ove applicabili, anche di produttività minima, e la possibilità di istituzione di rivendite speciali solo in casi di effettive esigenze di servizio;
il rilascio ed i rinnovi dei patentini in relazione alla natura complementare e non sovrapponibile degli stessi rispetto alle rivendite di generi di monopolio.

L'articolo 26 introduce, per il 2012, un regime fiscale e contributivo agevolato relativo agli emolumenti retributivi previsti da accordi o contratti collettivi territoriali o aziendali, sottoscritti da associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative a livello nazionale (compresi i contratti aziendali sottoscritti ai sensi dell'accordo interconfederale del 28 giugno 2011 tra Confindustria, CGIL, CISL, UIL), concernenti i lavoratori dipendenti del settore privato.
Gli accordi e contratti devono essere correlati a incrementi di produttività, qualità, redditività, innovazione, efficienza organizzativa, nonché collegati ai risultati dell'andamento economico o agli utili dell'impresa o a ogni altro elemento rilevante ai fini del miglioramento della competitività aziendale.
La disposizione prevede che il Governo provveda alla determinazione dei benefici entro il 31 dicembre 2011, sentite le parti sociali, nei limiti delle risorse stanziate dalla legge di stabilità o previste a tali fini da altri fonti legislative.
L'articolo 27, comma 1, prevede che, a decorrere dal 1o gennaio 2012, il regime fiscale semplificato per i cosiddetti contribuenti minimi di cui ai commi da 96 a 117 dell'articolo 1 della legge n. 244 del 2007 (legge finanziaria per il 2008) si applica, per il periodo d'imposta in cui l'attività è iniziata e per i quattro successivi, esclusivamente alle persone fisiche che intraprendono un'attività d'impresa, arte o professione o che l'abbiano intrapresa dopo il 31 dicembre 2007.
Al riguardo ricorda che i citati commi da 96 a 117 dell'articolo 1 della legge n. 244 hanno introdotto un regime fiscale semplificato per i contribuenti cosiddetti minimi, il quale si caratterizza, in sintesi, per:
l'esclusione dalla soggettività passiva ai fini IRAP;
l'applicazione (anche per le imprese) del criterio di cassa ai fini della determinazione del reddito;
l'assoggettamento del reddito ad un'imposta sostitutiva del 20 per cento;
l'estensione dell'ambito applicativo del regime di franchigia IVA di cui all'articolo 32-bis del decreto del Presidente della Repubblica n. 633 del 1972;
l'esclusione dall'applicazione degli studi di settore;
la semplificazione degli adempimenti contabili.

Accedono a tale regime le persone fisiche esercenti attività di impresa, arti o professioni che, nell'anno solare precedente: hanno conseguito ricavi ovvero hanno percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a 30.000 euro; non hanno effettuato cessioni all'esportazione; non hanno sostenuto spese per lavoratori dipendenti o collaboratori; e che, nel triennio solare precedente, non hanno effettuato acquisti di beni strumentali, anche mediante contratti di appalto e di locazione, pure finanziaria, per un ammontare complessivo superiore a 15.000 euro.
In forza della previsione di cui al comma 1, la platea dei beneficiari del predetto regime dei «minimi» è circoscritta a quanti hanno iniziato l'attività negli ultimi tre anni e mezzo o vorranno iniziarla adesso; al tempo stesso per questi ultimi il beneficio è aumentato, in quanto, a decorrere dal 1o gennaio 2012, l'imposta sostitutiva dell'imposta sui redditi e delle

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addizionali regionali e comunali viene ridotta al 5 per cento (in luogo del 20 per cento). Per tali soggetti l'applicazione del nuovo regime dei minimi non potrà eccedere il periodo d'imposta in corso al 2015, nel caso in cui abbiano iniziato l'attività nel 2011.
Il comma 2 individua le condizioni per accedere al beneficio:
a) il contribuente non deve aver esercitato attività artistica, professionale ovvero d'impresa (anche in forma associata o familiare) nei tre anni precedenti l'inizio dell'attività di cui al comma 1;
b) l'attività da esercitare non deve costituire una mera prosecuzione di altra attività precedentemente svolta sotto forma di lavoro dipendente o autonomo, salvo il caso in cui l'attività precedentemente svolta consista nel periodo di pratica obbligatoria per l'esercizio di arti o professioni;
c) nel caso di prosecuzione di un'attività d'impresa precedentemente svolta da altro soggetto, l'ammontare dei ricavi realizzati nel periodo d'imposta precedente quello di riconoscimento del beneficio non deve aver superato i 30.000 euro.

Il comma 3 esonera dagli obblighi di registrazione e di tenuta delle scritture contabili, rilevanti ai fini delle imposte dirette e dell'IVA, nonché dalle liquidazioni e dai versamenti periodici rilevanti ai fini dell'IVA, quei soggetti che, per effetto delle disposizioni di cui al comma 1, pur avendo le caratteristiche di cui ai commi 96 e 99 dell'articolo 1 della legge finanziaria 2008, non possono beneficiare del regime dei contribuenti minimi ovvero ne fuoriescono.
In capo a tali soggetti resta comunque l'obbligo di conservare, ai sensi dell'articolo 22 del decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, i documenti ricevuti ed emessi e, se prescritti, gli obblighi di fatturazione e di certificazione dei corrispettivi. Tali soggetti, peraltro, sono esentati dall'IRAP.
Il comma 4 stabilisce che, per i soggetti esclusi dal regime dei contribuenti minimi, l'applicazione della disciplina prevista dal comma 3 cessa dall'anno successivo a quello in cui viene meno una della condizioni richieste dalla norma per la qualifica di contribuente minimo, ovvero si verifica una delle fattispecie, indicate al comma 99 dell'articolo 1 della finanziaria 2008, al cui verificarsi si esclude l'applicazione del predetto regime dei contribuenti minimi.
Sempre con riferimento ai soggetti di cui al comma 3, il comma 5 consente loro l'applicazione del regime contabile ordinario. Tale opzione, che è valida per almeno tre anni, deve essere comunicata con la prima dichiarazione annuale da presentare dopo aver effettuato la scelta e resta valida per ciascun anno successivo (fino a quando permane l'applicazione della scelta), una volta trascorso il periodo minimo di permanenza nel regime ordinario.
Il comma 6 rimanda ad uno o più provvedimenti del direttore dell'Agenzia delle entrate per l'emanazione delle necessarie disposizioni di attuazione dei commi precedenti.
Il comma 7 modifica, a fini di coordinamento interviene il comma 117 dell'articolo 1 della legge n. 244 del 2007.
L'articolo 31, al fine di favorire l'accesso al cosiddetto venture capital e sostenere l'avvio e la crescita di nuove imprese, prevede specifici incentivi a vantaggio dei sottoscrittori di «Fondi di venture capital» specializzati nelle fasi di avvio delle nuove imprese.
Più in dettaglio, per favorire l'accesso al venture capital e sostenere i processi di crescita di nuove imprese tramite fondi comuni di investimento, il comma 4 esenta dall'imposizione ai fini delle imposte sui redditi i redditi di capitale derivanti dalla partecipazione ai «Fondi di venture capital» (FVC), come individuati ai sensi dei commi 2 e 3.
Peraltro, ai sensi del comma 6, per i soggetti titolari di reddito d'impresa, la suddetta esenzione acquista efficacia previa autorizzazione della Commissione europea

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secondo le procedure previste dall'articolo 108, paragrafo 3, del Trattato UE in materia di aiuti di Stato.
Il comma 2 individua i fondi di venture capital (FVC) ai fini dell'accesso al beneficio suddetto.
Si tratta di fondi comuni di investimento armonizzati UE, vale a dire fondi e società di investimento a capitale variabile (SICAV) di tipo aperto, costituiti nei paesi dell'Unione europea, che investono prevalentemente in strumenti finanziari quotati (azioni, obbligazioni, ecc.), che investono almeno il 75 per cento dei capitali raccolti in società non quotate nella fase di: sperimentazione (seed financing); costituzione (start-up financing); avvio dell'attività (early-stage financing); sviluppo del prodotto (expansion financing).
Il comma 3 che le società destinatarie dei FVC devono avere le seguenti caratteristiche: non essere quotate; avere sede legale nel territorio di uno Stato membro dell'Unione Europea (o dello Spazio Economico Europeo), a condizione che abbiano con l'Italia un accordo che consenta un adeguato scambio di informazioni ai fini fiscali; essere detenute in via prevalente da persone fisiche, sia in forma diretta che indiretta; essere soggette all'imposta sul reddito delle società (o imposta analoga prevista dalla legislazione locale) senza possibilità di esenzione né totale né parziale; esercire attività di impresa da non più di 36 mesi; avere un fatturato non superiore ai 50 milioni di euro (in base all'ultimo bilancio approvato prima dell'investimento del FVC).
Il comma 5 rinvia ad un decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di natura non regolamentare, la definizione, tra l'altro, delle modalità di rendicontazione annuale cui i gestori dei FVC devono attenersi per rispettare le condizioni di cui ai commi 2 e 3, nonché le sanzioni per il mancato rispetto di tali condizioni.
L'articolo 33 istituisce una Società di gestione del risparmio (SGR), con un capitale di 2 milioni di euro interamente posseduto dal Ministero dell'Economia, con il compito di istituire fondi che partecipano a quelli immobiliari costituiti da enti territoriali, anche tramite società interamente partecipate, a cui siano conferiti immobili oggetto di progetti di valorizzazione.
Ai sensi del comma 1, la costituzione della SGR è effettuata con decreto del Ministro dell'economia, la cui pubblicazione fa luogo ad ogni adempimento di legge.
I fondi istituiti dalla SGR possono non solo sottoscrivere le quote di tali fondi comuni d'investimento immobiliare, offerte su base competitiva a investitori qualificati per poter conseguire la liquidità necessaria realizzare gli interventi di valorizzazione, ma anche investire direttamente al fine di acquisire immobili in locazione passiva alle pubbliche amministrazioni.
I fondi possono altresì - previo decreto attuativo del Ministero dell'economia e finanza - partecipare a fondi titolari di diritti di concessione o d'uso su beni indisponibili e demaniali, che prevedano la possibilità di locare tutto o in parte il bene oggetto della concessione.
La norma prevede inoltre la liquidazione della società Patrimonio dello Stato S.p.A..
Il comma 2, nei primi quattro periodi, stabilisce che ai fondi d'investimento immobiliare degli enti locali possono essere apportati beni immobili e diritti, secondo le procedure previste dall'articolo 58 del decreto n. 112 del 2008, a fronte della correlata emissione di quote, nonché i beni trasferiti ai sensi del decreto legislativo 85 del 2010 in materia di federalismo demaniale.
Condizione preliminare per gli apporti dei beni o degli immobili è il progetto di utilizzo o di valorizzazione (proposto anche dai privati) approvato con delibera dell'ente, previo esperimento di procedura di selezione di evidenza pubblica da parte della SGR. In caso di beni trasferiti nell'ambito del federalismo demaniale, la domanda di acquisizione può essere motivata dal trasferimento dei beni ai fondi.
Il quinto periodo del comma 2 abroga l'articolo 6 del citato decreto legislativo n. 85 del 2010, che recava disposizioni per

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la valorizzazione dei beni immobili degli enti territoriali attraverso il loro conferimento a fondi comuni di investimento immobiliare.
L'ultimo periodo del comma consente inoltre anche ai fondi costituiti ai sensi all'articolo 4, comma 1, del decreto-legge n. 351 del 2001, l'apporto di beni ai predetti fondi d'investimento immobiliare degli enti locali.
Il comma 3 attesta la compatibilità dell'investimento nei fondi con la normativa vigente sulla copertura delle riserve tecniche delle assicurazioni e con i provvedimenti ISVAP (nn. 147 e 148 del 1996 e n. 36 del 2011).
Il secondo e terzo periodo del comma 3 riservano altresì, per gli anni 2012, 2013 e 2014, il 20 per cento del piano di impiego dei fondi disponibili per gli enti pubblici, di natura assicurativa o previdenziale, previsto dall'articolo 65 della legge 153 del 1969, alla sottoscrizione delle quote di tali fondi d'investimento immobiliare, autorizzando inoltre la Cassa depositi e prestiti a partecipare ai fondi d'investimento immobiliare degli enti locali.
Ai sensi del comma 4, la destinazione funzionale dei beni conferiti ai fondi può avvenire mediante accordi di programma (nonché sulla base della corrispondente legislazione regionale) da concludersi entro il termine perentorio di 180 giorni dalla data della delibera che promuove la costituzione dei fondi. Con la medesima procedura si procede alla regolarizzazione edilizia ed urbanistica degli immobili conferiti. L'apporto dei beni ai fondi viene sottoposto alla condizione sospensiva dell'espletamento delle procedure di valorizzazione e di regolarizzazione.
Il comma 5 detta la disciplina relativa agli immobili soggetti a vincoli di tutela in base al Codice dei beni culturali e del paesaggio, mentre il comma 6 aggiunge un nuovo comma 9-bis nell'articolo 58 del decreto-legge n. 112 del 2008, al fine di consentire - in caso di conferimento a fondi di investimento immobiliare dei beni inseriti negli elenchi richiamati dall'articolo - che la destinazione funzionale prevista dal piano delle alienazioni e delle valorizzazioni, possa essere conseguita mediante accordi di programma (nonché sulla base della corrispondente legislazione regionale). Analogamente a quanto previsto al comma 4, il procedimento deve concludersi entro il termine perentorio di 180 giorni dall'apporto o dalla cessione sotto pena di retrocessione del bene all'ente locale. Con la medesima procedura si procede anche alla regolarizzazione edilizia ed urbanistica degli immobili conferiti.
Ai sensi del comma 7, gli apporti al fondo non danno luogo a redditi imponibili ovvero a perdite deducibili per l'apportante al momento dell'apporto. Le quote ricevute in cambio dell'immobile o del diritto oggetto di apporto mantengono, ai fini delle imposte sui redditi, il medesimo valore fiscalmente riconosciuto anteriormente all'apporto. Inoltre, per l'insieme degli apporti e delle eventuali successive retrocessioni, è dovuta un'imposta sostitutiva in luogo delle ordinarie imposte di registro, ipotecaria e catastale e dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili.
Il comma 8 dispone lo scioglimento e la liquidazione della società Patrimonio dello Stato S.p.A. entro trenta giorni dall'entrata in vigore del decreto-legge.
L'articolo 39, ai commi da 1 a 4, detta disposizioni volte a rafforzare le cause di incompatibilità dei giudici tributari e a incrementare la presenza nelle Commissioni tributarie regionali di giudici selezionati tra i magistrati ordinari, amministrativi, militari, e contabili ovvero tra gli Avvocati dello Stato, in servizio o a riposo, nonché a modificare alcune disposizioni relative al Consiglio di presidenza della giustizia tributaria.
In tale prospettiva il comma 2 apporta una serie di modifiche al decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 545 sull'ordinamento degli organi di giurisdizione tributaria.
In particolare le lettere a) e b) del comma 2 modificano gli articoli 4 e 5 del citato decreto legislativo, prevedendo che i giudici delle commissioni tributarie provinciali

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e regionali, otre che tra i magistrati ordinari, amministrativi o militari, in servizio o a riposo, possano essere scelti anche fra magistrati contabili in servizio o a riposo.
La lettera c), numero 1), interviene sull'articolo 8 del decreto legislativo n. 545, che disciplina le incompatibilità con la carica di componente delle commissioni tributarie, eliminando in primo luogo, a seguito della soppressione del SECIT (Servizio centrale degli ispettori tributari), il riferimento alla incompatibilità con la figura degli ispettori tributari.
Inoltre, attraverso la sostituzione integrale della lettera i) del comma 1 del predetto articolo 8 operata dal numero 2) della medesima lettera c), si amplia la sfera di operatività dell'ipotesi di incompatibilità, prevedendosi che non possono essere componenti delle commissioni tributarie, finché permangono in attività di servizio o nell'esercizio delle rispettive funzioni o attività professionali, coloro che in qualsiasi forma, anche se in modo saltuario o accessorio ad altra prestazione, esercitano la consulenza tributaria, detengono le scritture contabili e redigono i bilanci, ovvero svolgono attività di consulenza, assistenza o di rappresentanza, a qualsiasi titolo e anche nelle controversie di carattere tributario, di contribuenti singoli o associazioni di contribuenti, di società di riscossione dei tributi o di altri enti impositori.
Il numero 4) introduce altresì l'incompatibilità di coloro che sono iscritti in albi professionali, elenchi, ruoli, o che svolgono attività di lavoro dipendente, come individuati dall'articolo 12 del decreto legislativo n. 546 del 1992 (tale ultima disposizione elenca le figure abilitate all'assistenza tecnica dinanzi alle commissioni tributarie).
Il numero 5), il quale ha subito modifiche nel corso dell'esame al Senato, stabilisce che non possono essere componenti di commissione tributaria provinciale o regionale i coniugi, i conviventi o i parenti fino al terzo grado o gli affini in primo grado di coloro che, iscritti in albi professionali, esercitano, anche in forma individuale, le attività individuate nella citata lettera i) del comma 1 dell'articolo 8 nella regione e nelle province confinanti con la predetta regione in cui ha sede la commissione tributaria provinciale, ovvero nella regione dove ha sede la commissione tributaria regionale o nelle regioni con essa confinanti.
In base alle integrazioni apportate dall'altro ramo del Parlamento l'accertamento delle predette cause di incompatibilità è affidato al Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria
Il numero 6) estende quindi ai conviventi il divieto di far parte dello stesso collegio giudicante, già previsto per i coniugi, i parenti ed affini entro il quarto grado.
La lettera d) del comma 2 interviene sull'articolo 9 del decreto legislativo n. 545 del 1992, stabilendo che, per le commissioni tributarie regionali, i posti da conferire siano attribuiti in modo da assicurare progressivamente la presenza in tali commissioni di due terzi dei giudici selezionati tra i magistrati ordinari, amministrativi, militari e contabili, in servizio o a riposo, ovvero gli Avvocati dello Stato, a riposo.
La lettera e) modifica l'articolo 15 del predetto decreto legislativo n. 545, delimitando all'attività giurisdizionale l'attività di vigilanza dei presidenti delle commissioni tributarie provinciali e regionali, e separandola così dalla funzione di vigilanza sull'andamento dei servizi di segreteria, attribuita al Direttore dell'ufficio.
La lettera f) interviene sull'articolo 17 del decreto legislativo n. 545, al fine di prevedere che il Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria elegga nel suo seno un presidente tra i componenti eletti dal Parlamento.
La lettera g) modifica l'articolo 24 del medesimo decreto legislativo n. 545, nel senso di attribuire al Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria la funzione di esprimere parere sul decreto del MEF che determina il compenso fisso mensile spettante ai componenti delle commissioni tributarie. Restano, pertanto, esclusi dal parere le liquidazioni periodiche dei compensi effettuate dagli uffici delle segreterie

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delle Commissioni tributarie. In analogia a quanto previsto all'articolo 15 per i presidenti delle commissioni tributarie provinciali e regionali, si circoscrive all'attività giurisdizionale la funzione di vigilanza del Consiglio di presidenza.
Il comma 3 contiene una disposizione di carattere transitorio, con la quale si prevede che i giudici tributari devono comunicare, pena la decadenza, la cessazione delle cause di incompatibilità entro il 31 dicembre 2011. Scaduto il termine, il Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria accerta la corretta applicazione delle disposizioni in materia di incompatibilità.
Ai sensi del comma 4, a decorrere dal 1o gennaio 2012, il Consiglio di Presidenza indice apposite procedure di nomina, senza previo espletamento della procedura per trasferimento, per la copertura di 960 posti vacanti presso le commissioni tributarie, riservati ai magistrati e agli avvocati e procuratori dello Stato che non prestino già servizio presso le predette commissioni. Il Senato ha inserito in tale contesto un periodo il quale prevede la revoca delle procedure di nomina di componenti di commissioni tributarie avviate prima dell'entrata in vigore del decreto-legge.
In base al comma 5 i compensi corrisposti ai membri delle commissioni tributarie entro il periodo di imposta successivo a quello di riferimento, si intendono concorrere alla formazione del reddito imponibile, mentre il comma 6 prevede che i giudici delle commissioni tributarie, ad esclusione del Presidente di sezione più anziano, hanno diritto alla corresponsione del compenso fisso e variabile nei casi in cui svolgono le funzioni di Presidente di sezione e di vice Presidente di sezione.
Il comma 7 stabilisce che, previo accordo tra il Ministero della difesa ed il Ministero dell'economia e delle finanze, il personale delle Forze armate che risulti in esubero può essere distaccato, con il proprio consenso, alle segreterie delle Commissioni tributarie.
Il comma 8 introduce alcune disposizioni volte ad assicurare una maggiore efficienza e celerità del processo tributario, stabilendo innanzitutto che le comunicazioni sono effettuate anche mediante l'utilizzo della posta elettronica certificata ovvero nell'ambito del Sistema pubblico di connettività se si tratta di pubbliche amministrazioni. L'indirizzo di posta elettronica certificata del difensore o delle parti è indicato nel ricorso o nel primo atto difensivo.
La norma demanda ad un regolamento del Ministro dell'economia e delle finanze l'introduzione di disposizioni per il più generale adeguamento del processo tributario alle tecnologie dell'informazione e della comunicazione.
Il comma 9 inserisce nel già citato decreto legislativo n. 546 del 1992 un nuovo articolo 17-bis, con il quale viene disciplinata una speciale procedura di reclamo e mediazione avente ad oggetto le controversie relative ad atti emessi dall'Agenzia delle entrate di valore non superiore a 20.000 euro, ad eccezione di quelle riguardanti atti volti al recupero di aiuti di Stato, che costituiscono oltre la metà (105.000 controversie) di quelle instaurate presso le commissioni tributarie.
L'organo destinatario, se non intende accogliere il reclamo volto all'annullamento totale o parziale dell'atto, né l'eventuale proposta di mediazione, formula d'ufficio una proposta di mediazione avuto riguardo all'eventuale incertezza delle questioni controverse, al grado di sostenibilità della pretesa e al principio di economicità dell'azione amministrativa.
Nelle controversie cui si applica tale procedura la parte soccombente è condannata a rimborsare, in aggiunta alle spese di giudizio, una somma pari al 50 per cento delle spese di giudizio a titolo di rimborso delle spese del procedimento. Nelle medesime controversie, fuori dei casi di soccombenza reciproca, la commissione tributaria può compensare parzialmente o per intero le spese tra le parti solo se ricorrono giusti motivi, esplicitamente indicati nella motivazione, che hanno indotto la parte soccombente a disattendere la proposta di mediazione. Tale disposizione si applica, ai sensi del comma 11

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dell'articolo in commento, con riferimento agli atti suscettibili di reclamo notificati a decorrere dal 1o aprile 2012.
Analogamente a quanto disposto in materia di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale dall'articolo 29, comma 7, del decreto-legge n. 78 del 2010, il comma 10 dispone che i rappresentanti dell'ente che concludono la mediazione o accolgono il reclamo rispondono - in relazione alle azioni di responsabilità in materia di contabilità pubblica - solo in caso di dolo.
Il comma 12, al fine di ridurre il numero delle pendenze giudiziarie, dispone che le liti fiscali di valore non superiore a 20.000 euro in cui è parte l'Agenzia delle entrate, pendenti alla data del 1o maggio 2011 dinanzi alle commissioni tributarie o al giudice ordinario in ogni grado del giudizio, possono essere definite, a domanda del soggetto che ha proposto l'atto introduttivo del giudizio, con il pagamento delle somme determinate ai sensi dell'articolo 16 della legge 27 dicembre 2002, n. 289.
Le somme dovute sono versate entro il 30 novembre 2011 in unica soluzione, e la domanda di definizione deve essere presentata entro il 31 marzo 2012. Le liti fiscali che possono essere definite sono sospese fino al 30 giugno 2012, e per le stesse sono altresì sospesi, sino al 30 giugno 2012, i termini per la proposizione di ricorsi, appelli, controdeduzioni, ricorsi per cassazione, controricorsi e ricorsi in riassunzione, compresi i termini per la costituzione in giudizio.
La disposizione rinvia quindi ad uno o più provvedimenti del Direttore dell'Agenzia delle entrate la definizione delle disposizioni applicative.
Il comma 13 stabilisce che, entro il 31 dicembre 2011, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze sono stabilite le modalità per il trasferimento, anche graduale, delle attività di accertamento, liquidazione e riscossione, spontanea o coattiva, di entrate erariali, diverse da quelle tributarie e per contributi previdenziali e assistenziali obbligatori, da Equitalia S.p.a., nonché dalle società per azioni dalla stessa partecipate, ad enti e organismi pubblici muniti di idonee risorse umane e strumentali, che potranno essere autorizzati a svolgere l'attività di riscossione attraverso il meccanismo dell'ingiunzione di pagamento disciplinato dal regio decreto n. 639 del 1910.
All'articolo 40, nel corso dell'esame al Senato sono stati introdotti due nuovi commi 1-ter e 1-quater, i quali incidono in maniera significativa sugli ambiti di competenza della Commissione Finanze.
In particolare, il nuovo comma 1-ter prevede che i regimi di esenzione, esclusione e favore fiscale elencati nell'allegato C-bis siano ridotti del 5 per cento per il 2013 e del 20 per cento a decorrere dal 2014.
La disposizione specifica che, qualora la predetta riduzione non possa essere direttamente applicata, a tali regimi, in ragione della loro conformazione, le modalità tecniche di attuazione della disposizione sono stabilite con decreti del Ministro dell'economia e delle finanze.
Il nuovo comma 1-ter prevede la disapplicazione della previsione del comma 1-ter qualora, entro il 30 settembre 2013, siano adottati provvedimenti legislativi riguardanti il riordino della spesa in materia sociale, nonché l'eliminazione o riduzione dei regimi di esenzione, esclusione o favore fiscale che si sovrappongano alle prestazioni assistenziali, in modo tale da determinare una riduzione dell'indebitamento netto non inferiore a 4 miliardi di euro per il 2013 ed a 20 miliardi a decorrere dal 2014.
Sottolinea quindi l'estrema rilevanza del provvedimento, che costituisce un ulteriore fondamentale tassello per garantire la stabilità dei conti pubblici italiani in un momento di grave turbolenza internazionale, e la necessità di favorirne la rapida approvazione.
Propone quindi di esprimere su di esso parere favorevole.

Marco CAUSI (PD) ritiene innanzitutto necessario fare chiarezza in merito alla quantificazione degli effetti finanziari del comma 1-ter dell'articolo 40, recante la

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riduzione del 20 per cento, a decorrere dal 2014, dei regimi tributari di favore elencati nell'allegato C-bis. Rileva, infatti, come il prospetto allegato alla relazione tecnica predisposta dal Governo sul suo emendamento 1.2814, approvato dal Senato, indichi, a decorrere dal 2014, una riduzione di spese pari a 20 miliardi annui, mentre l'intero ammontare delle agevolazioni su cui incide la previsione è valutato, sul piano finanziario, nello stesso allegato, in circa 160 miliardi di euro, e come pertanto una loro riduzione del 20 per cento dovrebbe avere effetti di risparmio ben superiori alla predetta cifra di 20 miliardi annui.

Alberto FLUVI (PD) sottolinea innanzitutto come il gruppo del PD abbia accolto, con senso di responsabilità, l'appello, rivolto dal Presidente della Repubblica a tutte le forze politiche, a fornire un segnale di coesione rispetto agli attacchi speculativi che hanno segnato gli ultimi giorni. Ritiene, infatti, che le turbolenze le quali hanno caratterizzato l'andamento delle quotazioni presso la borsa di Milano, gli attacchi speculativi all'Euro, nonché l'allargarsi del differenziale tra i titoli di Stato italiani e quelli tedeschi, chiamino tutte le forze politiche ad assumersi le proprie responsabilità di fronte al Paese, e che, di fronte a tale pressante esigenza, il Partito Democratico abbia certamente fornito una risposta chiara.
Tanto premesso, evidenzia, al tempo stesso come, con altrettanto senso di responsabilità, occorra affermare che una parte rilevante dei problemi che affliggono in questo momento il Paese sia costituito dalle condizioni e dalle scelte di questa maggioranza e di questo Governo.
In un contesto in cui, ormai da mesi, la Grecia, l'Irlanda, il Portogallo e la Spagna sono nell'occhio del ciclone della tempesta finanziaria, ed in presenza di un quadro di finanza pubblica assai grave, ritiene infatti sconvolgente che la maggioranza, dopo aver concordato con gli organismi dell'Unione europea un piano di rientro del deficit pubblico volto a raggiungere il pareggio di bilancio entro il 2014, apra al suo interno una feroce polemica sull'entità della manovra finanziaria e sui tagli alla spesa pubblica in essa previsti. Parimenti, appare privo di ogni parallelo lo scontro che si è consumato tra il Presidente del Consiglio ed il Ministro dell'economia proprio sui temi del provvedimento ora all'esame della Camera.
In tale contesto dichiara il voto fermamente contrario del proprio gruppo sul provvedimento, sottolineando come sia proprio la debolezza della crescita economica italiana la ragione principale degli attacchi dei mercati, i quali hanno individuato, appunto, nel nostro Paese, l'anello debole del sistema dell'euro.
Evidenzia, quindi, come il Governo dovrebbe essere finalmente consapevole che, senza una crescita economica più robusta non sarà possibile raggiungere l'obiettivo del definitivo risanamento dei conti pubblici, che pure ha caratterizzato, negli ultimi due anni, la politica economica dell'Esecutivo. Ciò è del resto dimostrato dal fatto che, sebbene non ci sia stata l'esigenza, come in altri Paesi dell'Unione europea, di operare salvataggi di banche o intermediari finanziari attraverso risorse pubbliche, il rapporto tra il debito pubblico ed il PIL sia in questi anni costantemente peggiorato, giungendo a superare il 120 per cento.
In questo quadro rileva come l'ulteriore manovra correttiva adottata dal Governo, rischi, per le sue stesse dimensioni, di deprimere ulteriormente la dinamica economica e di ridurre ulteriormente i consumi, stigmatizzando come, invece di ricercare un consenso ampio sulle misure da prendere, il Governo abbia compiuto, in assolata solitudine, una serie di scelte deleterie, che rischiano di determinare una vera e propria «macelleria sociale».
Passando quindi ad alcuni aspetti di merito del decreto-legge, sottolinea gli effetti negativi che saranno determinati dalla previsione di cui al comma 50-quater dell'articolo 23, il quale stabilizza a regime gli incrementi delle aliquote sulla benzina e sul gasolio per autotrazione recentemente

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adottati, determinando un aggravio di imposizione sui consumatori pari ad oltre 2 miliardi di euro l'anno.
Parimenti discutibile appare la previsione di cui ai commi 1-ter ed 1-quater dell'articolo 40, i quali prevedono, in maniera del tutto indiscriminata, una riduzione del 5 per cento, per il 2013, e del 20 per cento, a decorrere dal 2014, di tutti i regimi di esenzione, esclusione e favore fiscale elencati nell'allegato C-bis. A tale proposito evidenzia come tale norma, la quale dovrebbe comportare, secondo la quantificazione del Governo, un effetto di minori spese pari a 20 miliardi annui, determinerà conseguenze rilevantissime sull'intero sistema tributario, che al momento non è peraltro possibile quantificare compiutamente, sia per quanto riguarda gli effetti economici diretti sui contribuenti e sulle imprese, sia per quanto attiene allo sconvolgimento degli equilibri dell'intero ordinamento tributario.
Rileva inoltre i negativi effetti sui consumatori derivanti dall'incremento dell'aliquota IRAP sulle banche e sulle assicurazioni, disposto dai commi 5 e 6 dell'articolo 23, atteso che le imprese scaricheranno certamente il maggiore onere tributario cui esse sono chiamate a far fronte incrementando i prezzi e le tariffe al pubblico.
Richiama quindi, ad ulteriore testimonianza della scarsa attenzione dell'Esecutivo verso le reali esigenze del Paese, le misure in materia di allungamento dell'età pensionabile e di inasprimento dei meccanismi di partecipazione dei cittadini al costo delle prestazioni del Servizio sanitario nazionale.

Ivano STRIZZOLO (PD) dichiara il proprio netto dissenso rispetto ai contenuti del decreto-legge, soprattutto per quanto riguarda le disposizioni in materia tributaria, le quali, ancora una volta, colpiscono i settori più deboli della popolazione, senza peraltro riuscire a risolvere il principale problema della finanza pubblica italiana, costituito dall'enorme ammontare del debito pubblico. Rileva, infatti, come la manovra finanziaria adottata dal Governo rinvii il raggiungimento del pareggio di bilancio al 2014, richiedendo notevoli sacrifici ad alcune fasce di contribuenti, e lasciando invece intatti i privilegi accordati a soggetti non certo meritevoli. A tale proposito ritiene che l'Esecutivo, in tale contesto di difficoltà, avrebbe dovuto rinvenire le risorse finanziarie necessarie all'aggiustamento dei conti inasprendo il prelievo su quanti si sono avvalsi dei benefici del cosiddetto «scudo fiscale», ovvero introducendo forme di prelievo una tantum sui patrimoni superiori ad un certo ammontare, in modo da incidere finalmente sulla dinamica del rapporto debito-PIL, che rischia di peggiorare ulteriormente in ragione dell'allargamento dello spread tra i titoli pubblici italiani e quelli tedeschi.
Sottolinea quindi come, a dispetto delle rassicurazioni espresse fino a pochissimi mesi fa dal Presidente del Consiglio e dal Ministro dell'economia, i quali hanno sempre proclamato lo stato di salute dei conti pubblici, negando l'esigenza di ulteriori manovre, la situazione finanziaria italiana appaia molto grave. Tale circostanza dimostra ulteriormente la fondatezza dei moniti lanciati già due anni orsono dal gruppo del Partito Democratico, il quale aveva spronato il Governo ad adottare una linea di politica economica più efficace, che consentisse di perseguire gli obiettivi di risanamento anche attraverso una crescita economica più sostenuta.
In tale contesto sottolinea l'assoluto senso di responsabilità che ha costantemente guidato l'azione del suo gruppo, il quale non intende ostacolare con pratiche ostruzionistiche l'approvazione del provvedimento, ma chiede, al tempo stesso, una reale svolta politica all'indomani della conversione del decreto-legge in esame.

Alessandro PAGANO (PdL), relatore, con riferimento alle considerazioni espresse nel corso del dibattito, ritiene doveroso segnalare come il Governo abbia costantemente posto al centro della sua azione di politica economica, nel corso di tutta la legislatura, l'esigenza di salvaguardare

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innanzitutto la stabilità dei conti pubblici, alla luce delle gravi turbolenze che hanno caratterizzato il panorama economico internazionale. In tale prospettiva ricorda che l'Esecutivo ha realizzato la stabilizzazione della finanza pubblica fin dal 2008, con l'approvazione del decreto-legge n. 112 del 2008, il quale ha anticipato la manovra triennale, consentendo al Paese di evitare le conseguenze drammatiche della crisi economico-finanziaria esplosa a livello globale proprio in quel periodo.
Ritiene, del resto, che tale considerazione, basata su elementi di fatto e non su mere convinzioni di carattere politico, sia testimoniata dalla struttura stessa della manovra oggi in discussione, la quale, come ricordato nel corso della sua illustrazione del decreto-legge, non comporta effetti finanziari particolarmente rilevanti sul 2011 e sul 2012, ma si concentra prioritariamente sul 2013 e sul 2014, al fine di ribadire ulteriormente l'impegno, già assunto dal Governo con l'Unione europea, di realizzare entro tale data il pareggio di bilancio.

Ivano STRIZZOLO (PD), in relazione alle considerazioni da ultimo espresse dal relatore, sottolinea come, al di là delle rispettive visioni politiche di parte, il fallimento della politica economica perseguita dal Governo sia dimostrata dal dato incontrovertibile secondo cui il debito pubblico italiano, che, nel 2008, dopo l'esperienza di Governo del centro-sinistra della scorsa legislatura, ammontava a circa 1.700 miliardi di euro, è salito, a metà del 2011, dopo oltre tre anni di Governo del centro-destra, ad oltre 1.900 miliardi di euro.

La Commissione approva la proposta di parere del relatore.

La seduta termina alle 19.05.