CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 7 luglio 2011
507.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Politiche dell'Unione europea (XIV)
COMUNICATO
Pag. 109

SEDE CONSULTIVA

Giovedì 7 luglio 2011. - Presidenza del vicepresidente Gianluca PINI.

La seduta comincia alle 14.05.

DL 89/2011: Disposizioni urgenti per il completamento dell'attuazione della direttiva 2004/38/CE sulla libera circolazione dei cittadini comunitari e per il recepimento della direttiva 2008/115/CE sul rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi irregolari.
C. 4449 Governo.
(Parere alla I Commissione).
(Seguito dell'esame e conclusione - Parere favorevole con osservazione).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta del 6 luglio 2011.

Marco MAGGIONI (LNP), relatore, segnala che la I Commissione ha inviato il nuovo testo del disegno di legge C. 4449 di conversione in legge del decreto-legge n. 89 del 2011.
Rispetto al testo del quale la Commissione XIV ha avviato l'esame nella seduta di ieri sono state introdotte alcune limitate modifiche. In particolare:
all'articolo 1, comma 1, lettera c), numero 1), capoverso 3-bis, è stato previsto che, nell'ambito della valutazione della situazione complessiva personale dell'interessato, ai fini della verifica della sussistenza del requisito della disponibilità delle risorse economiche sufficienti per il soggiorno dello Stato, si abbia particolare riguardo alle spese afferenti l'alloggio, sia esso in locazione, in comodato, di proprietà o detenuto in base a un altro diritto soggettivo;
alla lettera f) dell'articolo 1 è stato precisato che il possesso del documento di attestazione di iscrizione anagrafica o di soggiorno non costituisce condizione «necessaria» per l'esercizio di un diritto;
all'articolo 3, comma 1, è stata inserita una nuova lettera h) volta a recare una modifica nella procedura per l'attribuzione del permesso di soggiorno per motivi di studio, di accesso al lavoro

Pag. 110

subordinato o autonomo al compimento della maggiore età per i minori stranieri, consentendo tale attribuzione per i minori stranieri non accompagnati, oggetto di affidamento o sottoposti a tutela, anche qualora non siano stati inseriti in un progetto di integrazione sociale, previo parere positivo del Comitato per i minori stranieri.

Evidenzia che le modifiche apportate dalla Commissione di merito non appaiono presentare profili problematici per quel che attiene la compatibilità con il diritto dell'Unione europea.
Ad ulteriore integrazione della relazione svolta nella seduta di ieri, rileva la necessità di compiere un approfondimento in ordine alle modalità con le quali il decreto legge recepisce la sentenza della Corte di giustizia dell'Unione del 28 aprile scorso, fermo restando che la sostituzione della previsione della reclusione per l'inottemperanza all'ordine al questore a lasciare il territorio nazionale con un articolato sistema di multe che vanno da 10 a 20 mila euro, sicuramente recepisce, come già segnalato, il dispositivo della sentenza che osta ad uno Stato membro la previsione della detenzione.

Sandro GOZI (PD) sottolinea in primo luogo come nel corso dell'esame del provvedimento presso la I Commissione è stata opportunamente modificata la disposizione di cui alla lettera f) dell'articolo 1, precisando che il possesso del documento di attestazione di iscrizione anagrafica o di soggiorno non costituisce condizione «necessaria» per l'esercizio di un diritto, superando un dubbio interpretativo che aveva segnalato nella seduta di ieri. Non sembrano rilevarsi ulteriori profili problematici in ordine alle modifiche recate con riferimento dell'attuazione della direttiva 2004/38/CE sulla libera circolazione dei cittadini comunitari.
Non altrettanto può dirsi delle disposizioni riguardanti la direttiva 2008/115/CE sul rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi irregolari, che recano profili di forte problematicità in ordine alla loro compatibilità con la normativa dell'Unione europea.
Rileva preliminarmente che il decreto-legge si è reso necessario per le numerose violazioni ed aggiramenti di tale direttiva, che sarebbero state evitate se il Governo avesse provveduto ad un'attuazione piena, senza lasciare scadere il termine ultimo del recepimento. Si augura che così non accada nei prossimi mesi per due importanti direttive ai fini di un efficace e completo governo dell'immigrazione (quella sulla repressione del lavoro irregolare dei migranti e quella sulla «carta blu» per gli ingressi dei lavoratori aventi elevate professionalità), delle quali è imminente la scadenza e che dovrebbero essere recepite con la delega legislativa contenuta nella legge comunitaria 2010, che però la Camera dei deputati non ha ancora approvato.
Passando ad illustrare i rilievi tecnici alle disposizioni del provvedimento, sottolinea in primo luogo che tra le modifiche introdotte dall'articolo 1 del decreto-legge al decreto legislativo n. 30 del 2007, si chiarisce che il possesso di un documento attestante la titolarità del diritto di soggiorno non è condizione per l'esercizio di tale diritto né di quelli derivati. La formulazione adottata è ambigua, non chiarendo se il riferimento sia a una condizione necessaria o sufficiente. La lettura dell'articolo 25, comma 1, della Direttiva 2004/38/CE, però, sgombra il campo da ogni dubbio: «4. Il possesso di un attestato d'iscrizione di cui all'articolo 8, di un documento che certifichi il soggiorno permanente, della ricevuta della domanda di una carta di soggiorno di familiare di una carta di soggiorno o di una carta di soggiorno permanente, non può in nessun caso essere un prerequisito per l'esercizio di un diritto o il completamento di una formalità amministrativa, in quanto la qualità di beneficiario dei diritti può essere attestata con qualsiasi altro mezzo di prova.» Il testo va quindi interpretato, a suo avviso, nel modo seguente: «il possesso di un documento ... ecc... non è condizione necessaria per l'esercizio ...

Pag. 111

ecc.». In tal senso riterrebbe utile una modifica del testo dell'articolo 1 del decreto-legge, nel quale si modifichi l'articolo 19, comma 4, del decreto legislativo n. 30 del 2007, sostituendo le parole «condizione per l'esercizio di un diritto» con le parole seguenti «condizione necessaria per l'esercizio di un diritto».
Rileva in secondo luogo che il capo II del decreto-legge sceglie la via di modifiche puntuali e accurate al testo unico delle leggi sull'immigrazione (decreto legislativo n. 286 del 1998) nel tentativo di adeguare tardivamente l'ordinamento italiano alla direttiva 2008/115/CE che ha come obiettivi non soltanto quello di assicurare una efficace politica di rimpatrio degli stranieri in situazione irregolare, ma anche quello di prevedere e assicurare una comune tutela dei diritti dei cittadini di Paesi terzi. Dall'insieme del testo delle disposizioni introdotte dal decreto-legge sembra chiaro che la qualità e quantità di situazioni in cui il provvedimento amministrativo di espulsione è immediatamente eseguito con accompagnamento alla frontiera (articolo 13, comma 4, decreto legislativo n. 286 del 1998) sono tali e tante e i limiti alla partenza volontaria sono tali e tanti che le ipotesi residuali in cui sarebbe concessa la partenza volontaria - per come vengono esposte nel testo del decreto - appaiono delle mere eccezioni.
Ciò comporta due conseguenze precise di illegittimità sotto il profilo costituzionale e sotto il profilo della conformità alla direttiva comunitaria, che peraltro è a sua volta un vizio di legittimità costituzionale per violazione dell'articolo 117, comma 1 della Costituzione. Dal punto di vista costituzionale, se l'insieme delle ipotesi in cui il provvedimento amministrativo di espulsione è eseguito con accompagnamento immediato alla frontiera fa ritenere che l'accompagnamento immediato alla frontiera dell'espulso sia il contenuto tipico, ordinario ed ineludibile del provvedimento amministrativo di espulsione allora non si tratta di casi eccezionali e dunque viene meno l'eccezionalità che è uno dei presupposti richiesti dall'articolo 13, comma 3 Cost. per la deroga alla riserva di giurisdizione per i provvedimenti limitativi della libertà personale, sicché occorre ritornare alla piena riserva di giurisdizione prevista dall'articolo 13, comma 2 Cost. Pertanto in base alla riserva di giurisdizione prevista in generale dall'articolo 13 Cost. tutti i provvedimenti amministrativi di espulsione che comportino l'immediato accompagnamento alla frontiera dovrebbero essere adottati fin dall'inizio dall'autorità giudiziaria (giudice di pace o altro giudice), magari su richiesta dell'autorità di pubblica sicurezza, e non potrebbero perciò essere emanati dall'autorità di pubblica sicurezza con successiva convalida giurisdizionale.
Qualora si voglia invece mantenere l'adozione dei provvedimenti espulsivi in capo all'autorità di pubblica sicurezza con successiva convalida giurisdizionale occorre allora limitarne i casi ad ipotesi effettivamente eccezionali.
Dal punto di vista della direttiva comunitaria che si vorrebbe attuare le norme paiono contrastare con la recente interpretazione della direttiva citata, data dalla Corte di giustizia dell'UE nella sentenza del 28 aprile 2011, nella quale la Corte ricorda che la successione delle fasi della procedura di rimpatrio dello straniero in condizione di soggiorno irregolare stabilita dalla direttiva corrisponde ad una gradazione delle misure da prendere per dare esecuzione alla decisione di rimpatrio, gradazione che va dalla misura meno restrittiva per la libertà dell'interessato - la concessione di un termine per la sua partenza volontaria - alla misura che più limita la sua libertà - il trattenimento in un apposito centro -, fermo restando in tutte le fasi di detta procedura l'obbligo di osservare il principio di proporzionalità e ricorda che perfino il ricorso al trattenimento, la più restrittiva della libertà che la direttiva consente nell'ambito di una procedura di allontanamento coattivo, appare strettamente regolamentato «allo scopo di assicurare il rispetto dei diritti fondamentali dei cittadini interessati dei paesi terzi (...): il principio di proporzionalità esige che il trattenimento di una persona sottoposta

Pag. 112

a procedura di espulsione o di estradizione non si protragga oltre un termine ragionevole, cioè non superi il tempo necessario per raggiungere lo scopo perseguito. Secondo tale principio, il trattenimento ai fini dell'allontanamento deve essere quanto più breve possibile».
Perciò l'intero sistema italiano degli allontanamenti, dei respingimenti, dei trattenimenti e delle espulsioni deve essere riformato fondandosi sul principio cardine della direttiva 115/2008 sui rimpatri degli stranieri in situazione irregolare, cioè anzitutto sulla partenza volontaria e agevolata, il che non impedisce eventuali allontanamenti forzati e trattenimenti in quei casi (di per sé eccezionali) in cui sussistano concreti pericoli di fuga, poiché la direttiva configura la coercizione e il trattenimento come rimedi estremi: occorre evitare che l'infrazione italiana alle norme comunitarie continui.
Un decreto-legge che invece prevede poche modifiche e indichi soltanto quali sono le espulsioni da eseguirsi con accompagnamento immediato trasforma in regola generale l'eccezione e così ancora elude la regola generale della partenza volontaria, mentre l'Italia continua a non attuare anche tutto il resto della direttiva.
Occorre peraltro ricordare che la sentenza della Corte dell'UE del 28 aprile 2011 che ha dichiarato l'immediata applicabilità delle norme della direttiva sufficientemente precise ed autoapplicative comporta che sono fin da subito disapplicabili da qualsiasi giudice anche le norme introdotte dal decreto-legge che eludano o violino le norme autoapplicative della direttiva. Perciò le norme del decreto-legge che eludano, violino od omettano di attuare la direttiva comunitaria, essendo immediatamente disapplicabili sono inefficaci e controproducenti, sicché dovrebbero essere subito modificate con la legge di conversione in legge, anche perché non fanno cessare le infrazioni alle norme comunitarie, ma magari ne creano di nuove.
In ogni caso la sovrapposizione e la mescolanza di misure di privazione della libertà derivanti dal diritto penale e dalla cd. «detenzione amministrativa», che costituisce il nucleo delle misure repressive introdotte dalle leggi del 2002 e del 2009, oltre ad essere irrazionale ed inefficace, contrastano con il diritto europeo.
È dunque urgente una profonda revisione generale delle norme sull'ingresso, sul soggiorno e sull'allontanamento degli stranieri extracomunitari, anche recuperando le dimenticate conclusioni a cui nel 2007 era giunta la Commissione d'indagine ministeriale presieduta da De Mistura che aveva delineato un quadro impietoso (da allora ulteriormente peggiorato) della situazione italiana sulla materia e aveva indicato proposte per migliorarlo.
Rispetto alla direttiva e alla sua scansione logico-temporanea occorre riconoscere che nell'articolo 3 del decreto-legge manca anzitutto la previsione di una decisione di rimpatrio dello straniero in situazione irregolare, distinta dal provvedimento di allontanamento. Occorre infatti ricordare che non tutti gli stranieri in posizione irregolare devono essere espulsi, perché la loro posizione giuridica può essere regolarizzata qualora sussistano una serie di ipotesi previste dalle norme vigenti.
Circa la partenza volontaria prevista nell'articolo 13, comma 5, del testo unico delle leggi sull'immigrazione, per evitare l'infrazione alla direttiva comunitaria occorre ancor più irrobustire i casi di esecuzione differita (partenza volontaria). Occorre dunque mantenere l'ipotesi di espulsione differita originariamente recata dal medesimo comma 5 dell'articolo 13, sia introdurre la tutela per gli stranieri che erano regolarmente residenti che è prevista dal Protocollo n. 7 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo. In secondo luogo occorre incentivare l'accesso ai programmi di rimpatrio assistito prevedendo che la partenza volontaria sia disposta nei confronti di chi abbia manifestato la volontà di accedere ad un programma di rimpatrio assistito e ne abbia i presupposti. In terzo luogo, osserva che il decreto-legge sembra trascurare la mancata richiesta, da parte dello straniero, del termine per la partenza volontaria. In quarto luogo

Pag. 113

occorre disciplinare i modi con cui lo straniero può richiedere la proroga del termine per partenza volontaria. In quinto luogo occorre prevedere che il giudice dell'espulsione è anche il giudice dell'eventuale ricorso contro il rifiuto della concessione del termine per la partenza volontaria. Occorre dunque aggiungere alla fine dello stesso comma 5 dell'articolo 13 limiti e garanzie per tenere conto delle lacune e criticità appena segnalate. Sarebbe dunque opportuno aggiungere alla fine del nuovo testo del comma 5 le seguenti parole: «La partenza volontaria è sempre prevista nei casi in cui il provvedimento di espulsione sia disposto nei confronti dello straniero che si è trattenuto nel territorio dello Stato quando il permesso di soggiorno è scaduto di validità da più di sessanta giorni e non ne è stato chiesto il rinnovo e nei casi in cui il titolo di soggiorno dello straniero sia stato revocato o annullato o ne sia stato rifiutato il rinnovo, salvo che i provvedimenti di revoca, di annullamento o di rifiuto siano stati disposti per motivi di ordine pubblico o di sicurezza nazionale o a seguito di sentenze di condanna per la commissione di reati. Negli altri casi lo straniero presenta la richiesta di concessione della partenza volontaria o della proroga dei termini della partenza volontaria mediante istanza redatta anche in forma semplice e in calce al modello che lo informa della facoltà di chiedere ed ottenere la concessione o la proroga e di chiedere di accedere a programmi di rimpatrio assistito. L'istanza è esaminata dal Questore nel più breve tempo possibile. L'istanza si intende comunque presentata anche da parte dello straniero a cui siano state illustrate le possibilità di avvalersi della partenza volontaria e che non vi abbia espressamente rinunciato in forma scritta. L'istanza è comunque accolta se lo straniero manifesta l'intenzione di fruire di un programma di rimpatrio assistito e ne abbia i requisiti, nonché in tutti i casi in cui nei confronti dello straniero si possa disporre in modo efficace una delle misure previste nel comma 5.2. L'eventuale provvedimento di diniego della concessione o della proroga della partenza volontaria deve essere scritto e motivato e tradotto in lingua comprensibile allo straniero o, in mancanza, in una lingua a sua scelta tra l'inglese, lo spagnolo, il francese, l'arabo, il russo, recante anche i mezzi di impugnazione. Tale provvedimento è impugnabile di fronte al giudice competente in materia di ricorso contro l'espulsione, anche con ricorso presentato per le vie brevi, in esenzione di ogni tassa, onere o spesa; il ricorso può essere presentato anche contestualmente alla presentazione del ricorso contro il provvedimento di espulsione e in tal caso il giudice decide sul ricorso nell'ambito del giudizio sul ricorso contro il provvedimento di espulsione.».
Notevoli profili di illegittimità riguardano poi le misure utili a scongiurare il rischio di fuga, poste a garanzia della concessione di un termine per la partenza volontaria.
Il decreto-legge prevede che l'esistenza di una disponibilità economica in capo allo straniero espellendo (determinata dal Decreto legge in un importo non inferiore a ben tre mesi di assegno sociale) è presupposto per la concessione del termine, in violazione dell'articolo 7, per. 3 della direttiva che prevede soltanto che lo Stato possa imporre al cittadino di Paese terzo la «costituzione di una garanzia finanziaria adeguata». Premesso che è difficile che nelle fasi dell'identificazione ed espulsione riesca a «dimostrare la disponibilità di risorse economiche sufficienti derivanti da fonti lecite» è evidente che la scelta di trasformare il requisito economico da forma di garanzia in un presupposto per la concessione del termine per la partenza volontaria elude l'effetto utile della direttiva (che - non bisogna dimenticare - ha come obiettivo l'assicurazione di una efficace politica di rimpatrio, ma - dall'altro lato e con eguale rilievo - di assicurazione di comune tutela dei diritti dei cittadini di Paesi terzi). Non è previsto che la convalida delle misure poste a garanzia del rischio di fuga avvenga previa instaurazione di un effettivo contraddittorio davanti al Giudice tra straniero e autorità di

Pag. 114

Pubblica Sicurezza; il contraddittorio è solo eventuale (lo straniero ha facoltà di presentare personalmente o a mezzo di difensore memorie e deduzioni) e la difesa tecnica non è necessaria, ma solo facoltizzata. La garanzia del contraddittorio è prevista in modo inderogabile dall'articolo 111 Cost. e non già dalla direttiva, il cui articolo 13, parr. 2-4 che prevede che la presenza di un difensore, ai fini di chiedere e ottenere la revisione delle «decisioni connesse al rimpatrio» è qualificata come mera facoltà attivabile su richiesta dell'interessato. In ogni caso il carattere coercitivo della misura imposta allo straniero, l'esiguità dei termini a disposizione e la prevedibile scarsa conoscenza della lingua italiana comportano che la mancata previsione di una necessaria presenza del difensore sembra porsi in contrasto con l'esigenza costituzionale di garantire un effettivo diritto di difesa all'interessato.
In ogni caso l'articolo 7, paragrafo 3 della direttiva prevede che l'imposizione di garanzie deve essere facoltativa e soltanto se sussiste il rischio di fuga e non obbligatoria, come invece prevede il decreto-legge. Occorrerebbe pertanto, per i motivi indicati, specificare che nei casi in cui sia concesso un termine per la partenza volontaria, se sussiste il rischio concreto di fuga dello straniero il questore può disporre nei confronti dello straniero una o più delle seguenti misure: a) consegna del passaporto o altro documento equipollente in corso di validità, da restituire al momento della partenza; b) obbligo di dimora in un luogo preventivamente individuato, dove possa essere agevolmente rintracciato; c) obbligo di presentazione, in giorni ed orari stabiliti, presso un ufficio della forza pubblica territorialmente competente; d) dimostrazione della disponibilità di risorse economiche sufficienti derivanti da fonti lecite, per un importo proporzionato al termine concesso, compreso tra una e tre mensilità dell'assegno sociale annuo.
Circa la nozione di pericolo di fuga si rileva anzitutto il rischio che l'elenco delle situazioni indicate nel decreto-legge e la vaghezza di alcune di esse finiscano per trasformarle nelle situazioni più comuni in cui si trova qualsiasi straniero in situazione irregolare. Si prevede infatti che il rischio di fuga sussista anche in caso di «mancanza di idonea documentazione atta a dimostrare la disponibilità di un alloggio ove possa essere agevolmente rintracciato». Una interpretazione rigida della norma potrebbe imporre di richiedere che vi sia documentazione che attesti la disponibilità di un alloggio nella diretta disponibilità dello straniero, a lui intestato, il che potrebbe essere inconciliabile con la condizione di irregolarità dello straniero stesso. Una interpretazione più ragionevole potrebbe invece fare riferimento alla disponibilità di un alloggio - anche intestato a parenti o amici capaci di accogliere l'interessato- ove lo straniero possa essere agevolmente reperito. Peraltro appare improbabile che lo straniero riesca a documentare all'autorità di Pubblica sicurezza la disponibilità di tale alloggio, nei ristrettissimi tempi entro cui il Questore deve scegliere se concedere o non concedere il termine per la partenza volontaria.
Occorre dunque modificare la disciplina degli indizi del pericolo di fuga indicati nelle lettere a) e b) del nuovo testo dell'articolo 13, comma 4, del Testo unico delle leggi sull'immigrazione, sostituendoli con i seguenti: «a) distruzione o occultamento, senza giustificato motivo, del passaporto in corso di validità o di altri documenti di identificazione o di viaggio che lo straniero aveva presentato alle autorità al momento dell'ingresso o del soggiorno nel territorio dello Stato o di altro Stato membro dell'Unione europea e di cui aveva mantenuto la disponibilità; b) mancanza di idonea documentazione atta a dimostrare la disponibilità di un alloggio ove possa essere agevolmente rintracciato; la disponibilità dell'alloggio sussiste allorché, con qualsiasi mezzo, lo straniero stesso o chiunque altro dimostri al Questore che lo straniero stesso è ospitato o può essere ospitato in un centro di accoglienza istituito ai sensi dell'articolo 40 ovvero dimora o può dimorare in un alloggio ad uso di abitazione, di cui abbia

Pag. 115

legale disponibilità lo straniero stesso o un suo familiare o altra persona che in qualsiasi modo abbia dichiarato o dichiari la disponibilità ad ospitarlo;».
Circa l'esecuzione dei provvedimenti amministrativi di espulsione è evidente che le modifiche introdotte dal decreto-legge nell'articolo 14 del Testo unico delle leggi sull'immigrazione sono divergenti rispetto ai principi e alle norme della citata direttiva sui rimpatri.
Circa i presupposti del trattenimento dello straniero da allontanare e delle misure alternative al trattenimento occorre anzitutto ricordare che l'articolo 15 della direttiva prevede che il trattenimento possa essere disposto, almeno nel primo periodo non superiore a sei mesi, se nel caso concreto non possono essere efficacemente applicate altre misure sufficienti ma meno coercitive e soltanto per preparare il rimpatrio e/o effettuare l'allontanamento, in particolare quando: a) sussiste un rischio di fuga o b) il cittadino del paese terzo evita od ostacola la preparazione del rimpatrio o dell'allontanamento. Si osserva invece che le modifiche introdotte dal decreto-legge nell'articolo 14 del Testo unico delle leggi sull'immigrazione prevedono invece diversi aspetti contrastanti con quelli previsti dalla direttiva. L'articolo 14, comma 1-bis, introdotto dal decreto-legge prevede che le misure non coercitive possono essere disposte se lo straniero ha la disponibilità di un passaporto o altro documento equipollente e valido. Un simile presupposto sembra violare l'articolo 9, paragrafo 2 lettera b) della direttiva 2008/115/CE, secondo il quale la mancata identificazione giustifica il rinvio dell'allontanamento e non la compressione dei diritti di libertà dell'interessato, in coerenza con l'articolo 9, par. 3 della stessa direttiva, in base alla quale qualora sia disposto il rinvio dell'allontanamento in base ai paragrafi 1 e 2 dell'articolo 9, allo straniero interessato possono essere imposti gli obblighi di cui all'articolo 7, par. 3. In tali casi occorre dunque prevedere non già il trattenimento, bensì il rinvio dell'allontanamento.
Inoltre, l'articolo 14, comma 1-bis, del Testo unico delle leggi sull'immigrazione, introdotto dal decreto-legge prevede che le misure non coercitive non possono essere adottate nei confronti dello straniero espulso con provvedimenti adottati per motivi di ordine pubblico o sicurezza o di prevenzione del terrorismo, sicché si ricava a contrario che il trattenimento è il solo strumento ammissibile nei loro confronti. Tuttavia una simile norma sembra contrastare con la natura del trattenimento in un CIE che è finalizzato soltanto a garantire l'efficacia della decisione di rimpatrio e non trova giustificazione alcuna in ragioni di contenimento della eventuale pericolosità sociale del cittadino di Paese terzo, come esplicitamente riconosciuto dalla sentenza della Corte di Giustizia UE, Grande Sezione, del 30 novembre 2009, Kadzoev in causa C-357/09, nel cui punto 70 la Corte aveva precisato che «la possibilità di collocare una persona in stato di trattenimento per motivi di ordine pubblico o di pubblica sicurezza non può trovare fondamento nella direttiva 2008/115».
Il nuovo testo dell'articolo 14 del Testo unico delle leggi sull'immigrazione, come modificato dal decreto-legge, omette di dare attuazione ai principi previsti nei paragrafi 4 e 5 dell'articolo 15 della direttiva, secondo i quali quando risulta che non esiste più alcuna prospettiva ragionevole di allontanamento per motivi di ordine giuridico o per altri motivi o che non sussistono più le condizioni che legittimano il trattenimento nel par. 1, il trattenimento non è più giustificato e lo straniero deve essere immediatamente rilasciata (paragrafo 4) e il trattenimento è mantenuto finché perdurano le condizioni di cui al paragrafo 1 e per il periodo necessario ad assicurare che l'allontanamento sia eseguito (paragrafo 5). Ricorda che in proposito che la Corte di giustizia dell'UE nella citata sentenza Kadzoev ha dichiarato al punto 67, che «l'articolo 15, n. 4, della direttiva 2008/115 dev'essere interpretato nel senso che solo una concreta prospettiva di esecuzione dell'allontanamento tenuto conto dei termini stabiliti

Pag. 116

ai nn. 5 e 6 dello stesso articolo corrisponde ad una prospettiva ragionevole di allontanamento e che quest'ultima non sussiste quando risulta poco probabile che l'interessato sia accolto in un paese terzo tenuto conto dei detti termini.» Occorre dunque aggiungere nell'articolo 14 del Testo unico delle leggi sull'immigrazione un nuovo comma che riproduca i citati principi previsti dalla direttiva comunitaria e dalla giurisprudenza comunitaria, che stabilisca che quando risulta che nel caso concreto non esiste più alcuna prospettiva ragionevole di allontanamento dello straniero dal territorio dello Stato per motivi di ordine giuridico o per altri motivi, inclusa l'effettiva probabilità che lo straniero sia accolto nel territorio di un altro Stato, ovvero quando risulta che nel caso concreto non sussistono più le condizioni previste nel comma 1 il trattenimento non è più giustificato e lo straniero è immediatamente rimesso in libertà dal giudice ovvero dal Questore, che lo comunica al giudice. Il trattenimento è mantenuto finché perdurano le condizioni previste nel comma 1 e nel presente comma per il periodo indicato nel comma 5 necessario ad assicurare che l'allontanamento sia eseguito. Qualora tali presupposti non vi siano al momento della convalida o al momento della proroga del trattenimento il giudice di pace rispettivamente rigetta la richiesta di convalida e la richiesta di proroga del trattenimento e contestualmente, su richiesta del Questore, sentito lo straniero e il suo difensore, può disporre che nei confronti dello straniero siano disposte le misure meno coercitive previste nel comma 1-bis al fine di assicurare l'esecuzione dell'espulsione o del respingimento.
Il nuovo comma 5 dell'articolo 14 riproduce in gran parte il testo del previgente comma 5 dell'articolo 14 del Testo unico delle leggi sull'immigrazione, come era stato modificato dalla legge n. 94 del 2009 e si caratterizza per la previsione di un ulteriore proroga dei trattenimenti fino alla durata massima complessiva di 18 mesi. Preliminarmente restano ragionevoli dubbi circa l'effettiva disponibilità di posti nei C.I.E. che dovrebbero trattenere stranieri per durate così lunghe e la copertura finanziaria dei costi dei trattenimenti nei C.I.E., malgrado gli stanziamenti ingenti previsti nell'articolo 5 del decreto-legge. In proposito nella relazione del disegno di legge di conversione in legge si indica che il costo del trattenimento in un CIE è di 55 euro al giorno per ogni straniero trattenuto, sicché il costo di un trattenimento della durata di 18 mesi è stimabile in 30.000 euro. È facile ipotizzare che se questi 30.000 euro andassero a finanziare il rimpatrio assistito dello straniero stesso, mediante il versamento della medesima somma sul suo personale conto corrente in patria, forse ben pochi stranieri in condizioni di soggiorno irregolare ostacolerebbero il loro rimpatrio, tanto che lo scopo della migrazione irregolare potrebbe diventare quello di essere intercettati dalle autorità sul territorio, piuttosto che di inserirsi in Italia sottraendosi ai loro controlli.
In particolare ribadisce che non possono costituire presupposto della proroga del trattenimento nel primo periodo di 180 giorni, né la necessità dell'accertamento dell'identità e della nazionalità, bensì soltanto quelli indicati nel par. 1 dell'articolo 15 della direttiva, cioè se nel caso concreto non possono essere efficacemente applicate altre misure sufficienti ma meno coercitive e soltanto per preparare il rimpatrio e/o effettuare l'allontanamento, in particolare quando: a) sussiste un rischio di fuga o b) il cittadino del paese terzo evita od ostacola la preparazione del rimpatrio o dell'allontanamento.
Infine le disposizioni sulla proroga omettono di recepire l'interpretazione costituzionalmente conforme data dalla Corte suprema di Cassazione all'esigenza del contraddittorio nella procedura di proroga dei trattenimenti (cfr. Cass. Civ. Sez. 1, Sentenza n. 4544 del 24 febbraio 2010 (Ced Rv. 611905), Est.: Macioce, ric. E. contro Ministero dell'Interno; in senso conforme Cass. Civ., Sez. 1, Sentenza n. 13767 del 8 giugno 2010 (Ced Rv. 613688), Est.: Didone A., ric. R. Y. contro Min. Interno ed altro).

Pag. 117

Nel comma 7 dell'articolo 14 del Testo unico delle leggi sull'immigrazione, come modificato dal decreto-legge, si prevede che quando è ripristinato il trattenimento in caso di allontanamento indebito dal CIE si deve adottare un nuovo provvedimento di trattenimento. L'adozione di un nuovo provvedimento di trattenimento, senza che continui a decorrere quello precedente dalla data della sua violazione, sembra eludere i termini tassativi massimi dei diversi periodi di trattenimento previsti nella direttiva, anche perché nella direttiva il trattenimento non ha alcuna finalità sanzionatoria, ma mira soltanto a consentire la preparazione del rimpatrio e l'effettivo allontanamento dello straniero, sicché l'allontanamento indebito.
Circa l'ordine di allontanamento disposto dal Questore nei confronti dello straniero espulso o respinto qualora sia impossibile o sia cessato il trattenimento appare un miglioramento la trasformazione delle fattispecie di reato in delitti punibili soltanto con pena pecuniaria, anche se gravi dubbi riguardano l'opportunità che di tali delitti giudichi il giudice di pace.
Il decreto-legge omette di prevedere specifiche ipotesi di rinvio dell'allontanamento che invece l'articolo 9 della direttiva prevede come obbligatorie o facoltative per gli Stati membri. Occorre dunque introdurre un nuovo articolo che recepisca l'articolo 9 della direttiva e che preveda la facoltà di prescrivere nei confronti dello straniero le misure non coercitive alternative al trattenimento qualora vi sia pericolo di fuga, il rilascio di un titolo di soggiorno valido per tutto il periodo del rinvio e la revisione dell'espulsione e della decisione di rimpatrio qualora persistano dopo 18 mesi i motivi di rinvio dell'allontanamento e non vi ostano speciali ragioni di ordine pubblico o di sicurezza dello Stato.
Circa i divieti di rientro degli stranieri espulsi e i programmi di rimpatrio assistito il decreto-legge da un lato opportunamente riduce il periodo del divieto di rientro e dall'altro disciplina l'accesso a questi programmi di rientro volontario e assistito.
Si deve però rilevare che le disposizioni del decreto-legge prevedono il divieto di rientro per tutti i tipi di provvedimenti di espulsione e ne prevedono la revocabilità a richiesta dello straniero nei casi in cui abbia ottemperato alla partenza volontaria. Peraltro l'articolo 11 della direttiva prevede l'obbligo di prescrivere un divieto di ingresso soltanto qualora non sia stato concesso un periodo per la partenza volontaria o qualora non sia stato ottemperato all'obbligo di rimpatrio, mentre in tutti gli altri casi le decisioni di rimpatrio possono essere corredate da un divieto di ingresso. È perciò possibile prevedere norme che promuovano la partenza volontaria e la fruizione dei programmi di rimpatrio assistito stabilendo che in tali casi non sia previsto il divieto di rientro. Si tratterebbe di un incentivo concreto al rimpatrio da parte di chi potrebbe così ottenere un visto di ingresso e un permesso di soggiorno in tempi più ragionevoli.
Auspica, in conclusione, che la Commissione di merito e soprattutto il Governo, possano tenere conto di tali profili problematici.

Gianluca PINI (LNP), relatore, osserva come le questioni sollevate dal collega Gozi - che appaiono di ordine interpretativo, e non evidenziano problemi di incompatibilità con la normativa europea, che, a sua conoscenza, non sussistono - saranno certamente tenute in debito conto dal Ministro Maroni e dai suoi uffici, che con particolare attenzione seguono i lavori parlamentari.

Marco MAGGIONI (LNP), relatore, sottolinea l'ottimo lavoro svolto dal Governo ed in particolare dal Ministro Maroni, anche sotto il profilo tecnico.
Formula quindi una proposta di parere favorevole con osservazione (vedi allegato).

Sandro GOZI (PD) preannuncia il voto contrario del PD sulla proposta di parere

Pag. 118

formulata dal relatore, sia per le ragioni politiche già esposte nella seduta di ieri, che per i rilievi di ordine tecnico-giuridico e di opportunità illustrati nella seduta odierna. Il parere proposto tralascia peraltro di richiamare alcuni dati - il termine di recepimento della direttiva scaduto, l'avvio della procedura di infrazione, la sentenza della Corte di giustizia - che illustrano una vicenda nella quale il Governo ha compiuto errori politici gravi, peraltro pesantemente sanzionati dalle istituzioni comunitarie. Si sono quindi determinati effetti negativi sia con riferimento agli strumenti disponibili per governare i fenomeni di immigrazione in Italia, sia per il prestigio del Governo, proprio in un momento nel quale il Paese aveva particolare bisogno del sostegno e della solidarietà degli altri Esecutivi europei. Il mancato recepimento della direttiva rimpatri ha gravemente danneggiato l'Italia e la credibilità del Governo italiano. Si tratta di una vicenda che ha pesato e continuerà a pesare sul Paese, anche in considerazione del fatto che l'attuale decreto-legge - rendendo l'espulsione coatta immediata la regola e l'espatrio volontario l'eccezione - va nella direzione opposta allo spirito della direttiva rimpatri.

Nicola FORMICHELLA (PdL) preannuncia il voto favorevole del PdL sulla proposta di parere formulata.

Nunziante CONSIGLIO (LNP) preannuncia il voto favorevole del suo gruppo sulla proposta di parere del relatore.
Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole con osservazione formulata dal relatore.

La seduta termina alle 14.45.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

L'ufficio di Presidenza si è riunito dalle 14.45 alle 14.50.