CAMERA DEI DEPUTATI
Giovedì 7 luglio 2011
507.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Affari esteri e comunitari (III)
COMUNICATO
Pag. 41

SEDE CONSULTIVA

Giovedì 7 luglio 2011. - Presidenza del presidente Stefano STEFANI. - Interviene il sottosegretario di Stato agli affari esteri, Alfredo Mantica.

La seduta comincia alle 9.

DL 89/2011: Disposizioni urgenti per il completamento dell'attuazione della direttiva 2004/38/CE sulla libera circolazione dei cittadini comunitari e per il recepimento della direttiva 2008/115/CE sul rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi irregolari.
Nuovo testo C. 4449 Governo.

(Parere alla I Commissione).
(Esame e conclusione - Parere favorevole).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.

Stefano STEFANI, presidente e relatore, nell'illustrare il provvedimento in esame, segnala che il decreto legge in titolo dà ulteriore attuazione alla direttiva sulla

Pag. 42

libera circolazione dei cittadini comunitari e dei loro familiari e recepisce la direttiva sul rimpatrio dei cittadini di Paesi terzi irregolari.
Sottolinea che il provvedimento, pur riguardando materia di stretta competenza del Ministero dell'interno, richiama le relazioni tra l'Italia e altri Paesi dell'Unione europea, nonché i Paesi terzi da cui provengono gli immigrati irregolari. Per tali ragioni occorre, a suo avviso, guardare ad esso con la dovuta attenzione ma anche serenità, nella consapevolezza che la materia presenta aspetti di specifica difficoltà per il nostro Paese a paragone di altri Stati membri chiamati a dare attuazione alle direttive comunitarie.
Nel richiamare i contenuti della missione svolta a tale scopo dalla Commissione in Romania nello scorso mese di maggio, indica quindi le maggiori novità introdotte con la nuova disciplina riferita ai cittadini comunitari a partire dalla soppressione del visto d'ingresso, ai fini del soggiorno fino a tre mesi, e dell'iscrizione anagrafica per i familiari del cittadino comunitario, nonché del rilascio della carta di soggiorno di durata superiore a tre mesi. Ai fini dell'iscrizione anagrafica dei familiari non comunitari del cittadino UE e ai fini del rilascio della carta di soggiorno, si prevede l'obbligo di presentare un documento rilasciato dall'autorità competente del Paese di origine o provenienza che attesti la qualità di familiare, di familiare a carico, di membro del nucleo familiare ovvero familiare affetto da gravi problemi di salute, che richiedono l'assistenza personale del cittadino dell'Unione, titolare di un autonomo diritto di soggiorno.
Per quanto riguarda la procedura di allontanamento del cittadino comunitario si circoscrivono i motivi riferiti alla minaccia alla sicurezza dello Stato. La minaccia deve essere concreta, effettiva e «sufficientemente grave», e non più soltanto «grave». È inoltre soppresso il riferimento all'effetto di tale minaccia, che era individuato nel rendere urgente l'allontanamento della persona «perché la sua ulteriore permanenza sul territorio è incompatibile con la civile e sicura convivenza». I provvedimenti di allontanamento sono adottati nel rispetto del principio di proporzionalità e non possono essere motivati da ragioni di ordine economico, né da ragioni estranee ai comportamenti individuali dell'interessato che rappresentino una minaccia concreta e attuale all'ordine pubblico o alla pubblica sicurezza. L'esistenza di condanne penali non giustifica di per sé l'adozione di tali provvedimenti. Inoltre, ai fini della limitazione del diritto di ingresso e soggiorno, vengono valutate anche le eventuali condanne per i delitti contro la personalità dello Stato. Si estendono le modalità di esecuzione dell'allontanamento del cittadino comunitario anche ai suoi familiari. L'eventuale ricorso al sistema di assistenza sociale non è considerato, automaticamente, come causa di allontanamento, ma va valutato caso per caso.
Con riferimento ai provvedimenti di allontanamento adottati dal Ministro dell'interno per i beneficiari del diritto di soggiorno che hanno soggiornato nel territorio nazionale nei precedenti dieci anni o che siano minorenni, è soppresso il riferimento al presupposto dei motivi di ordine pubblico, con l'effetto che presupposto del provvedimento potranno essere solo i motivi di sicurezza dello Stato.
Si prevede l'ipotesi che uno Stato membro chieda informazioni ad un altro Stato membro sui precedenti penali del cittadino comunitario al Paese di provenienza. La procedura di consultazione non può avere carattere sistematico e lo Stato membro consultato deve rispondere entro due mesi.
Passando alle norme in tema di rimpatrio di cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno sia irregolare, si esclude dal reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato lo straniero identificato dalla polizia di frontiera quando esce dal territorio nazionale: questo al fine di incentivare l'esodo volontario dei cittadini stranieri irregolarmente presenti sul territorio nazionale. Ovviamente, tale deroga non pregiudica l'intervento dell'autorità di polizia in caso di più grave reato.

Pag. 43

Nell'elenco delle situazioni che comportano l'espulsione si comprende l'ipotesi di rifiuto di rilascio del permesso di soggiorno per colmare uno specifico vuoto normativo. L'espulsione non è disposta né eseguita, quando lo straniero irregolare sia identificato alla frontiera dalle forze di polizia. L'esecuzione è eseguita mediante accompagnamento alla frontiera in una serie tassativa di casi e sono fissati i criteri necessari per la valutazione del rischio di fuga.
Si disciplina l'istituto della cosiddetta «partenza volontaria» al fine di incentivarne il ricorso da parte dello straniero, e si introducono norme per assicurare l'effettività del provvedimento di allontanamento.
Si diminuisce la durata del divieto di reingresso da 10 anni a tre fino ad un massimo di cinque anni, valutato il singolo caso, salvo che lo straniero sia stato espulso per motivi di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sicurezza nazionale.
Sull'esecuzione dell'espulsione, si prevede il trattenimento presso i centri di identificazione ed espulsione (CIE) degli stranieri qualora non sia possibile procedere all'espulsione e si prevedono misure meno coercitive (consegna del passaporto, obbligo di dimora; obbligo di firma), alternative al trattenimento.
Il provvedimento innalza il periodo massimo di trattenimento nei CIE da 6 mesi a 18 mesi, in attuazione della direttiva che prevede che ciascuno Stato definisca i tempi di permanenza nel CIE entro il limite di 6 mesi, prorogabile al massimo per altri 12 mesi in caso di mancata cooperazione del cittadino o di ritardo nell'ottenimento della necessaria documentazione. Si eleva da 5 a 7 giorni il termine entro il quale lo straniero deve lasciare il territorio nazionale su ordine del questore, qualora non sia stato possibile il trattenimento presso il CIE. Si precisa, inoltre, che l'ordine del questore può essere accompagnato, anche su richiesta dell'interessato, dalla documentazione necessaria per raggiungere gli uffici della rappresentanza diplomatica del suo Paese in Italia, nonché per rientrare nello Stato di appartenenza ovvero, quando ciò non sia possibile, nello Stato di provenienza, compreso il titolo di viaggio per raggiungere gli uffici diplomatici.
È prevista l'emanazione di un decreto del Ministro dell'interno per la definizione delle linee-guida per la realizzazione dei programmi di rimpatrio, da cui sono escluse alcune categorie di soggetti tra cui i soggetti pericolosi o gli inottemperanti all'ordine di allontanamento. Infine, si subordina l'espulsione o il respingimento delle persone vulnerabili (minori, minori non accompagnati, disabili, anziani, donne in gravidanza, famiglie monoparentali con figli minori, persone che hanno subito torture stupri o altre forme gravi di violenza psicologica o fisica).
Tutto ciò premesso, nel prospettare la presentazione di una proposta di parere favorevole, ritiene che l'importanza delle nuove disposizioni avrebbe richiesto tempi più lunghi per l'esame da parte della Commissione, che la calendarizzazione del provvedimento a partire dalla prossima settimana purtroppo non consente.

Il sottosegretario Alfredo MANTICA, nell'associarsi alle considerazioni del relatore che evidenziano la complessità della materia, sottolinea che il decreto-legge è volto a recepire due direttive europee risalenti agli anni 2004 e 2008, l'ultima delle quali da recepire entro il mese di dicembre del 2010.L'urgenza del provvedimento è quindi connessa alla preannunciata apertura di una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia.

Marco ZACCHERA (PdL) ritiene che, alla luce delle precisazioni fornite dal rappresentante del Governo, il Parlamento non possa che procedere celermente alla conversione del decreto-legge in titolo, non essendoci lo spazio per approfondire il tema.

Mario BARBI (PD) concorda con il presidente sull'opportunità di ampliare i tempi di discussione per ragioni sia di principio che di merito. Rileva, in ogni caso, che la richiesta di un esame più

Pag. 44

approfondito non dovrebbe essere fatta in maniera selettiva, in ragione dell'attenzione a determinati temi politici, ma dovrebbe caratterizzare in generale i lavori della Commissione.

Gianpaolo DOZZO (LNP) ritiene che un esame puntuale del provvedimento sia stato compiuto nella Commissione di merito, che ha elaborato il nuovo testo in esame.

Stefano STEFANI, presidente e relatore, dà, quindi, lettura alla proposta di parere favorevole (vedi allegato 1).

Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole come formulata dal relatore.

La seduta termina alle 9.20.

SEDE REFERENTE

Giovedì 7 luglio 2011. - Presidenza del presidente Stefano STEFANI. - Interviene il sottosegretario di Stato agli affari esteri, Alfredo Mantica.

La seduta comincia alle 9.20.

Ratifica ed esecuzione dell'Accordo di partenariato economico tra gli Stati del Cariforum, da una parte, e la Comunità europea e i suoi Stati membri, dall'altra, con Allegati, Protocolli, Dichiarazioni e Atto finale, fatto a Bridgetown, Barbados, il 15 ottobre 2008 (esame C. 4470 Governo, approvato dal Senato).
C. 4470 Governo, approvato dal Senato.

(Esame e rinvio).

La Commissione inizia l'esame del provvedimento in titolo.

Stefano STEFANI, presidente e relatore, nell'illustrare il provvedimento in titolo, rileva che esso rientra tra gli accordi di partenariato economico (APE) tra la Comunità europea e gli Stati ACP (Africa, Caraibi e Pacifico) previsti dall'Accordo di Cotonou del 2000, di cui alla legge 3 ottobre 2002, n. 235. Segnala che l'Accordo con i 15 paesi del CARIFORUM rappresenta l'unico Accordo di partenariato economico fino ad oggi portato a termine in tale ambito. Il CARIFORUM raggruppa i Paesi facenti parte della Comunità e mercato comune dei Caraibi (CARICOM), e cioè Antigua e Barbuda, Bahamas, Barbados, Belize, Dominica, Grenada, Guyana, Haiti, Giamaica, Montserrat, Saint Kitts and Nevis, Saint Lucia, Saint Vincent and the Grenadines, Suriname, Trinidad e Tobago, cui si aggiunge la Repubblica dominicana, che nel CARICOM figura come osservatore. Al centro dell'Accordo di partenariato economico vi è la creazione di un mercato regionale integrato nei Caraibi, con l'armonizzazione progressiva delle tariffe esterne dei paesi CARIFORUM contestualmente alla liberalizzazione del flusso di merci tra le economie dei Caraibi.
L'Accordo favorirà le condizioni per stimolare gli investimenti e l'iniziativa del settore privato, innescando mediante una maggiore competitività la crescita economica durevole nella regione caraibica.
Sottolinea che da parte degli Stati caraibici vi è l'impegno all'avvio di riforme nazionali e regionali, che l'Unione europea vorrà dal canto suo sostenere mediante misure di cooperazione. Ciò dovrebbe anche rendere la regione più attraente in quanto mercato d'investimenti e di scambi. L'Accordo stipulato con i Caraibi fruirà di un'assistenza finanziaria dal Fondo di sviluppo dell'Unione europea, in particolare dal programma regionale, per un ammontare di 165 milioni di euro per il periodo 2008-2013. I finanziamenti verranno impiegati, tra l'altro, per creare programmi di sviluppo delle aziende e per fornire assistenza nella riforma dei sistemi di tassazione dei paesi CARIFORUM.
Segnala che l'accordo di partenariato CE-CARIFORUM si compone di 250 articoli, con 7 Allegati, 3 Protocolli e alcune dichiarazioni finali. Quanto al disegno di legge, licenziato dal Senato il 29 giugno

Pag. 45

scorso, esso reca l'autorizzazione alla ratifica, l'ordine di esecuzione e la disposizione sull'entrata in vigore. La relazione tecnica esclude che la partecipazione italiana all'Accordo di partenariato economico CE-CARIFORUM possa comportare ulteriori oneri per il bilancio dello Stato.
Nell'auspicare una rapida ratifica dell'Accordo, ne sottolinea la finalità di strumento idoneo sia a rafforzare la cooperazione tra gli Stati caraibici e l'Unione europea, sia a ridurre progressivamente le barriere all'interscambio commerciale e dunque a favorirne l'integrazione nell'economia mondiale, con ampliamento delle prospettive di crescita e di contrasto alla povertà.

Il sottosegretario Alfredo MANTICA si associa alle considerazioni del relatore precisando che l'Accordo concerne l'utilizzo da parte dell'Unione europea di fondi già stanziati dagli Stati membri, con conseguente non onerosità del provvedimento. Ricorda che durante l'esame del provvedimento al Senato vi sono state perplessità connesse al fatto che nella maggior parte dei Paesi che sono parte dell'Accordo è in vigore la pena di morte. Alla luce della non esecuzione di sentenze di condanna negli ultimi anni si è comunque ritenuto di procedere alla ratifica accogliendo un ordine del giorno che impegna il Governo a trarre le dovute conseguenze in caso di sopravvenuta applicazione della pena di morte in uno dei Paesi interessati.

Marco ZACCHERA (PdL) ritiene che un ordine del giorno in tal senso potrebbe essere presentato anche alla Camera dei deputati.

Mario BARBI (PD) si associa alle considerazioni del collega Zacchera.

Stefano STEFANI, presidente e relatore, nessun altro chiedendo di intervenire, avverte che è concluso l'esame preliminare del provvedimento, che sarà trasmesso alle Commissioni competenti per l'espressione dei pareri. Come di consueto, se non vi sono specifiche segnalazioni da parte dei gruppi, si intende che si sia rinunziato al termine per la presentazione degli emendamenti. Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 9.25.

RISOLUZIONI

Giovedì 7 luglio 2011. - Presidenza del presidente Stefano STEFANI. - Interviene il sottosegretario di Stato agli affari esteri, Alfredo Mantica.

La seduta comincia alle 9.25.

7-00585 Barbi: Sulle politiche di cooperazione allo sviluppo.
(Discussione e rinvio).

La Commissione inizia la discussione della risoluzione in titolo.

Mario BARBI (PD), illustrando la risoluzione in titolo, sottolinea che essa intende fornire un indirizzo politico sul tema della cosiddetta cooperazione delegata, che è strumento innovativo di utilizzo ancora circoscritto nel nostro Paese ma che potrebbe subire sviluppi importanti. Precisa che scopo della risoluzione presentata non è quello di riaprire la polemica sulla scarsità dei fondi a disposizione per la cooperazione ma quello di fornire al Governo un appoggio del Parlamento per acquisire un ruolo più rilevante in sede europea. Ricorda che l'Italia è tra i maggiori contributori al bilancio dell'Unione europea in tema di aiuti allo sviluppo e che nel nuovo contesto, contrassegnato dall'entrata in vigore del Trattato di Lisbona, il nostro Paese potrebbe mettere a disposizione dei partner europei l'esperienza maturata in specifici settori ed aree geografiche in presenza del necessario impegno politico e della strumentazione tecnica, nella consapevolezza delle difficoltà connesse all'assenza di un'agenzia per la cooperazione. Invita, infine, i

Pag. 46

colleghi della maggioranza, anche in ragione della visione condivisa in sede di Comitato sugli Obiettivi di sviluppo del millennio, a fare propria la risoluzione in discussione.

Il sottosegretario Alfredo MANTICA osserva che il modello della cooperazione delegata è di per sé modello assai, valido che in Germania ha trovato attuazione grazie all'istituzione di un'agenzia ad hoc, di natura privata, capace di operare con grande efficienza. In Italia, non essendo possibile disporre di un simile strumento, la situazione è necessariamente diversa. Tuttavia, la partecipazione dell'Italia allo strumento della cooperazione delegata a livello europeo rappresenta una priorità per il Governo in quanto consentirà di accrescere il «valore aggiunto» del nostro sistema Paese nell'esecuzione delle politiche di sviluppo dell'Unione europea. Prima di procedere ad un'esposizione di approfondimento della questione, osserva che l'Italia si differenzia dai maggiori Paesi europei anche per la diversa composizione della cosiddetta «società civile» se si considera, a titolo di esempio, che a paragone delle 7 organizzazioni non governative che operano nel Regno Unito, nel nostro Paese se ne contano circa 180, per lo più di piccole dimensioni e di scarso potere contrattuale. Ribadisce quindi che lo strumento della cooperazione decentrata si costruito per operare prevalentemente in realtà diverse da quella italiana.
Per inquadrare le linee di fondo di questo meccanismo, ritiene che occorra partire dal «Codice di condotta dell'UE in materia di complementarietà e di divisione del lavoro nell'ambito della politica di sviluppo», approvato nel maggio 2007 sotto la presidenza tedesca dell'Unione europea. Il documento si propone, in linea con i principi di efficacia stabiliti a Parigi nel 2005 (in particolare quello relativo all'armonizzazione) di razionalizzare l'aiuto allo sviluppo favorendo la concentrazione dei singoli donatori su un numero ridotto di Paesi e di settori. Dal Codice di Condotta discende lo strumento della «cooperazione delegata», che tecnicamente permette alla Commissione europea di delegare (sulla base di specifici accordi definiti, per l'appunto, «di delega») fondi ad uno Stato membro per l'esecuzione di iniziative di cooperazione ed agli Stati membri di trasferire (secondo accordi definiti «di trasferimento») risorse ad altri Stati membri o alla Commissione stessa. Principi ispiratori della «cooperazione delegata» sono la reciprocità in merito al conferimento dei fondi (con l'impegno da parte degli Stati Membri a trasferire un importo pari almeno alla metà di quanto ricevuto in delega) e l'equilibrio tra gli Stati Membri delegati al fine di garantire un'equa ripartizione dei fondi.
Segnala che, stando agli ultimi dati forniti dalla Commissione Europea, risultano siglati 34 accordi di delega per un valore di 148 milioni di euro (altri 49 accordi sono in preparazione per ulteriori 223 milioni di euro) e 14 accordi di trasferimento per un valore di 85 milioni di euro (altri 19 sono in preparazione per ulteriori 67 milioni di euro). Le maggiori percentuali di fondi delegati riguardano quei soggetti che hanno sottoposto le loro candidature per primi (l'agenzia tedesca di cooperazione GIZ, l'agenzia britannica DFID, quella francese AFD, e la Fondazione olandese per lo sviluppo SONA).
Come sottolineato nella risoluzione in titolo, per poter concludere con la Commissione accordi di delega è necessario che l'Italia superi una procedura di audit (cosiddetta dei «6 pilastri» in quanto articolata sulla base di sezioni corrispondenti ai 6 pilastri previsti dall'articolo 56 del Regolamento finanziario del bilancio comunitario), finalizzata ad ottenere una certificazione di idoneità a gestire i fondi UE. Proprio per permettere al nostro Paese di accedere a tale modalità, sono stati necessari adeguamenti di natura normativa ed amministrativa, adottati nel corso del 2009 su impulso del Ministero degli affari esteri: in particolare, le modifiche apportate all'articolo 13 della legge n. 69 del 2009 per quanto concerne gli accordi di delega per ricevere fondi dalla Commissione o da altri Stati membri e alla delibera del Comitato Direzionale n. 138

Pag. 47

del 20 novembre 2009, per quanto attiene agli accordi di trasferimento di fondi verso la Commissione o altri Stati membri.
La procedura per poter accedere alla «cooperazione delegata» è stata formalmente avviata dall'Italia il 3 agosto 2010 con l'invio di una lettera d'intenti alla Commissione europea. La richiesta è stata poi perfezionata il 3 settembre con la compilazione di una Dichiarazione di interesse in cui la Direzione della Cooperazione allo Sviluppo della Farnesina ha accettato di essere sottoposta alla prevista procedura di «audit», come anche già menzionato nella «Relazione previsionale e programmatica per le attività di Cooperazione 2011», inviata al Parlamento nello stesso mese di settembre.
Allo scopo di preparare adeguatamente l'audit, che avrà inizio con una prima visita del team di auditors nelle prossime settimane, la Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo ha istituito lo scorso ottobre una task force, che ha approfondito l'analisi delle diverse componenti, oggetto di valutazione.
In base alla normativa italiana vigente, la task force ha delineato un percorso per l'adozione di alcune misure che tengano conto dell'esperienza maturata a livello UE. In tale quadro, ad esempio, si è avviato un processo interno per la «gestione del rischio» ovvero il processo mediante il quale si misurano o si stimano i rischi che possono influenzare le attività e gli obiettivi della nostra cooperazione e si sviluppano strategie per governarli, nonché una riflessione per il consolidamento del sistema di controllo interno che ha portato alla designazione di un internal auditor.
Rileva che il Ministero degli affari esteri, anche per il tramite della Rappresentanza Permanente italiana a Bruxelles, ha inoltre avviato una capillare azione informativa per valorizzare le possibilità di finanziamento che potrebbero scaturirne, a beneficio di ministeri, Confindustria, associazioni sindacali, fondazioni bancarie, mondo cooperativo, enti locali, ong e università. L'accesso da parte dell'Italia alla Modalità di Gestione Centralizzata Indiretta di programmi UE (cioè la cooperazione delegata) dovrebbe, infatti, consentire al nostro Sistema Paese di accrescere il proprio «valore aggiunto» nell'esecuzione delle politiche di sviluppo UE.
Nel dibattito sulla Divisione del lavoro tra gli Stati membri, in accordo con i Paesi partner, con la Commissione e con gli altri donatori, il nostro Paese potrà in particolare attuare interventi in sinergia con la Commissione e con altri Stati membri, in Paesi e settori prioritari dove alla nostra cooperazione sia riconosciuto un «ruolo guida» in virtù della sua consolidata presenza. L'obiettivo di accedere alla cooperazione delegata è chiaramente indicato nelle linee-guida della cooperazione italiana per il triennio 2011-2013 e si inquadra anche nella riduzione della frammentazione degli aiuti, promossa dalla Farnesina e rafforzata con l'adozione del secondo Piano programmatico nazionale per l'efficacia degli aiuti. I nuovi indirizzi strategici prevedono, infatti, che in un contesto di maggiore selettività delle priorità della cooperazione italiana e di razionalizzazione delle risorse a disposizione, si tenga conto delle potenzialità offerte da tale modalità.
Alla luce del quadro complessivo descritto, da cui emerge come la cooperazione delegata sia da tempo un obiettivo prioritario dell'esecutivo, segnala che il Governo condivide certamente lo spirito di fondo della risoluzione in titolo. Gli impegni già profusi dalla Farnesina in questi mesi per effettuare l'audit ed auspicabilmente superarlo, suggeriscono, tuttavia, alcune proposte di riformulazione alla parte dispositiva.
Al riguardo invita il presentatore della risoluzione in titolo a riformularla nel senso di sostituire, all'inizio del primo punto della parte dispositiva, le parole «a riconoscere nello strumento della cooperazione delegata un'opportunità strategica per l'attività» con le seguenti: «a continuare ad operare, in conformità alle linee-guida 2011-2013 della cooperazione italiana, per cogliere l'opportunità strategica della cooperazione delegata a livello europeo nell'ambito delle attività»; nonché,

Pag. 48

di sostituire le parole «a mettere in campo tutti gli interventi necessari tali da» con la seguente: «per»; di sopprimere la parola «ICE»; di sostituire la parola «superando» con la seguente: «superata»; infine, di sostituire la parola «codonatore» con la seguente: «donatore attivo».
Con riferimento al secondo punto della parte dispositiva, propone di sostituire le parole «a inserire» con le seguenti: «a mantenere anche in futuro» e di sostituire le parole «a pieno titolo» con la seguente: «quale».
Propone infine di sostituire il terzo punto della parte dispositiva con il seguente: «a proseguire a rafforzare il ruolo e la presenza dell'Italia nelle sedi europee, anche mediante ulteriori innesti di personale adeguato e qualificato compatibilmente con le disponibilità finanziarie e di organico, al fine di difendere e promuovere le istanze del nostro Paese nel settore della cooperazione allo sviluppo in ambito europeo».

Mario BARBI (PD), nel prendere atto delle proposte di riformulazione auspicate dal rappresentante del Governo, si riserva di valutarle nel dettaglio e chiede pertanto il rinvio della discussione.

Stefano STEFANI, presidente, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia la discussione ad altra seduta.

7-00602 Angeli: Sulla situazione del Consolato d'Italia a Rosario.
(Discussione e conclusione - Approvazione della risoluzione n. 8-00131).

La Commissione inizia la discussione della risoluzione in titolo.

Renato FARINA (PdL) illustrando la risoluzione di cui è cofirmatario, precisa che essa ha lo scopo di accogliere l'appello dell'importante comunità italiana di Rosario, terza città dell'Argentina, e di offrirle un segno di vicinanza. Propone quindi una nuova formulazione della risoluzione per rendere più agevole il rispetto degli impegni richiesti da parte del Governo (vedi allegato 2).

Il sottosegretario Alfredo MANTICA sottolinea che le attività a favore della comunità italiana in Argentina, in particolare quelle di assistenza ai nostri connazionali e di promozione della lingua e cultura italiana, continuano a rappresentare una priorità per il Governo. In questo spirito, sottolineando la positiva azione svolta dal Consolato Generale d'Italia a Rosario nello sviluppare i rapporti culturali e commerciali a livello locale anche grazie al contributo della Camera di Commercio italiana, sarebbe auspicabile un incremento delle risorse sia umane che finanziare per sostenere le attività del Consolato.
Segnala che la visita del Ministro Frattini in Argentina ad inizio aprile scorso ed i risultati concreti con essa conseguiti sono la dimostrazione concreta della volontà del Governo di sviluppare ulteriormente i rapporti commerciali e culturali con il Paese. In occasione di tale visita è stato il ripristino della Commissione Mista di collaborazione economica con l'Argentina. La nuova promettente fase del rapporto bilaterale con l'Argentina è stata confermata da un intenso scambio di visite di alto livello intervenuto negli ultimi mesi, culminato nella partecipazione del Presidente Kirchner alle nostre celebrazioni del 2 giugno in occasione dei 150 anni dell'Unità d'Italia e ai collaterali incontri da parte della stessa con il Presidente della Repubblica ed il Presidente del Consiglio. A loro volta i due Ministri degli esteri hanno significativamente avuto ben quattro occasioni di incontro e consultazione dall'inizio di aprile ad oggi. In questa cornice di fondo, pur nell'attuale delicata congiuntura di finanza pubblica, la Farnesina continua la propria tradizionale azione a favore della collettività italiana.
Per il corrente esercizio finanziario, nonostante la contrazione delle risorse derivante dalla nota esigenza di assicurare l'equilibrio della finanza pubblica, alla rete consolare in Argentina è stato assegnato

Pag. 49

per l'assistenza diretta un importo di oltre 4,9 milioni di euro, accogliendo così integralmente le richieste fatte dalla rete diplomatico-consolare, - cui si aggiungono 134 mila euro per l'assistenza indiretta. Attualmente circa il 90 per cento degli indigenti italiani residenti in Argentina usufruisce dell'assistenza sanitaria fornita dal PAMI, sistema sanitario pubblico argentino, le cui prestazioni hanno negli ultimi anni raggiunto un buon livello qualitativo. Per gli indigenti che non hanno titolo ad usufruire delle prestazioni del PAMI, le nostre rappresentanze diplomatico-consolari hanno stipulato atti di cottimo con le medesime strutture ospedaliere utilizzate dal PAMI oppure di livello analogo. La rete diplomatico-consolare ha inoltre stipulato a favore degli indigenti apposite convenzioni con catene di farmacie per la fornitura agevolata dei farmaci, nonché con assistenti sociali. Per i connazionali indigenti residenti in località remote, le rappresentanze provvedono ad erogare sussidi straordinari diretti.
In tale cornice si inserisce l'attività del Consolato Generale in Rosario (cui per il 2011 è stato assegnato un importo di 483.500 euro per l'assistenza diretta e di 16 mila euro per l'assistenza indiretta) che ha stipulato un atto di cottimo con il locale Ospedale Italiano. Per quanto riguarda i corsi di lingua e cultura italiana in Argentina, in virtù dei contributi ministeriali sul pertinente capitolo di bilancio 3153, hanno mantenuto un andamento pressoché costante: nell'anno 2010 i corsi organizzati dagli enti gestori risultano essere oltre 4600 con quasi 82 mila studenti. A questi si aggiungono 79 corsi tenuti dai nove docenti di ruolo per quasi 1500 studenti. In particolare, a Rosario sono stati attivati più di 800 corsi per oltre 15mila studenti. Nell'ambito delle risorse disponibili, l'Amministrazione ha dato priorità ai corsi della fascia scolastica rispetto a quelli per adulti, attività queste ultime che si è cercato per quanto possibile di salvaguardare in un contesto specifico quale quello dell'Argentina. In Argentina, nel quadro del vigente Accordo di cooperazione culturale tra i due Paesi, sono state infatti sottoscritte numerose convenzioni con le locali Autorità scolastiche volte all'inserimento della lingua italiana nelle scuole. In particolare nella circoscrizione consolare di Rosario, si sta operando per formalizzare intese specifiche e per qualificare l'insegnamento mediante la fornitura di materiali didattici e l'offerta di corsi di formazione e aggiornamento per i docenti locali.
Sulla base di questo positivo quadro complessivo, il Governo apprezza certamente lo spirito e gli obiettivi di fondo della risoluzione in esame, che accoglie nella sua nuova riformulazione, per promuovere ogni utile iniziativa volta a rafforzare ulteriormente l'azione a favore della nostra collettività e a sviluppare i rapporti culturali, economici e commerciali con l'Argentina e, più in generale, l'America Latina.

Marco ZACCHERA (PdL), dichiarando di volere apporre la propria firma alla risoluzione, invita a vigilare sugli sviluppi della situazione economica argentina che presenta segnali preoccupanti.

Enrico PIANETTA (PdL) coglie l'occasione per sollecitare il Governo a perseverare nell'azione per trovare una soluzione soddisfacente per le centinaia di migliaia di risparmiatori italiani che hanno perso i loro risparmi a causa della vicenda dei bond argentini.

Gianpaolo DOZZO (LNP) preannuncia il voto di astensione del proprio gruppo.

Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva quindi la risoluzione n. 7-00602, come riformulata, che assume il n. 8-00131.

7-00595 Mecacci: Sulla tutela dei rifugiati iraniani nel campo di Ashraf.
(Discussione e rinvio).

La Commissione inizia la discussione della risoluzione in titolo.

Pag. 50

Elisabetta ZAMPARUTTI (PD), illustrando la risoluzione di cui è cofirmataria, ricorda che il tema è stato affrontato ripetutamente nell'attuale e nelle passate legislature e che il regime iraniano sta intensificando le azioni di repressione nei confronti della resistenza. In relazione alla situazione del Campo di Ashraf, sottolinea in primo luogo la gravità sul piano umanitario delle incursioni avvenute lo scorso 8 aprile che hanno provocato oltre trenta morti e trecento feriti. Evidenzia che il campo si trova tuttora in una situazione di assedio, che ha provocato ulteriori decessi per assenza di cure appropriate, e che non ne viene permessa la visita da parte di delegazioni internazionali. Ricorda che nella giornata di ieri si è svolta a Palazzo Montecitorio una conferenza stampa sul tema con la presenza di importanti personalità inclusi parlamentari statunitensi e la leader della resistenza iraniana Maryam Rajavi. In ragione di quanto esposto ritiene importante sia dare un segnale politico, per assicurare il rispetto delle regole internazionali da parte del Governo iracheno, sia offrire concretamente assistenza umanitaria accogliendo alcuni dei feriti negli incidenti dello scorso aprile.

Il sottosegretario Alfredo MANTICA, apprezzando lo spirito della risoluzione in discussione, ritiene di non poterne condividere integralmente il testo. Rileva che, secondo quanto riferito dall'ONU, a seguito di una ispezione svolta dalla Missione di Assistenza delle Nazioni Unite per l'Iraq (UNAMI) a Camp Ashraf, ben 34 persone sono rimaste uccise e alcune decine ferite negli scontri avvenuti il 7 e l'8 aprile 2011 tra le Forze Armate irachene e alcuni appartenenti all'Organizzazione dei Mojaheddin del Popolo iraniano (PMOI, MEK, MKO o Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana, NCRI). Ricorda che già all'indomani del tragico incidente, l'Alto Rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, baronessa Ashton, aveva deplorato a nome dell'Unione europea la perdita di vite umane e chiesto al Governo iracheno di garantire l'immediato accesso agli osservatori internazionali. Anche il Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Navi Pillay, ha condannato l'operazione militare irachena, confermando il numero dei morti ed invocando un'inchiesta indipendente e trasparente. Secondo la versione fornita dal Governo di Baghdad, le violenze sarebbero state innescate a seguito di una aggressione dei Mojaheddin contro le truppe irachene - asseritamente equipaggiate soltanto con manganelli e cannoni ad acqua - che cercavano di restituire parte del terreno annesso a Camp Ashraf ai contadini della zona. Il portavoce del Governo Dabbagh ha affermato che le vittime da arma da fuoco sarebbero state colpite dalle stesse guardie dei Mojaheddin, che cercavano di impedire loro la fuga dal Campo. Sul piano più generale, il Ministro degli esteri iracheno Zebari ha ribadito l'impegno a rispettare i principi umanitari e a non estradare i membri dell'MKO in Iran, confermando però la ferma intenzione di «ristabilire la sovranità irachena» all'interno di Camp Ashraf entro la fine dell'anno, pur continuando a garantire l'accesso alle Nazioni Unite ed alla Croce Rossa Internazionale. Egli ha infine invitato i Paesi europei a ospitare i Mojaheddin sul proprio territorio. Ricorda che dopo aver commesso numerosi attentati e omicidi ai danni di personale militare statunitense di stanza in Iran e aver attivamente partecipato alla rivoluzione del 1979 e alla presa degli ostaggi nell'Ambasciata americana, i Mojaheddin furono epurati da Khomeini nel 1981 per dissidi interni al regime islamico, di cui erano tra i principali sostenitori. Accolti come rifugiati in Europa, stabilirono la loro centrale in Francia fino all'espulsione avvenuta nel 1986, a seguito della quale accolsero la proposta di trasferirsi in Iraq. Agli ordini di Saddam Hossein l'MKO diventa un Corpo armato utilizzato nella guerra contro l'Iran. Il loro quartier generale, Camp Ashraf, è un ex compound militare molto esteso (circa 50 Km quadrati) situato a circa 65 chilometri da Baghdad e 80 chilometri dal confine con l'Iran. Nel 2003 le truppe statunitensi disarmarono i Mojaheddin garantendo

Pag. 51

loro lo status di «persone protette» in base alla IV Convenzione di Ginevra del 1949. L'MKO resta tutt'ora nella lista delle organizzazioni che gli Stati Uniti giudicano terroristiche, sulla base di una decisione confermata nel novembre 2010. Anche se lo stesso movimento non è più presente nella analoga lista UE (la ragione risiederebbe nell'assenza di procedimenti giudiziari e condanne nei Paesi dell'Unione), i principali Governi europei hanno più volte ribadito l'inopportunità di tale esclusione, continuando a evitare contatti ufficiali con il CNRI e condividendo con Washington il giudizio di ferma condanna nei confronti di un'organizzazione che si è macchiata di efferati atti di violenza anche ai danni di cittadini innocenti e di propri membri. Secondo un rapporto redatto nel 2005 dall'autorevole Human Rights Watch, infatti, l'MKO è sospettata di aver torturato e segregato alcuni propri militanti che avevano manifestato l'intenzione di abbandonare l'organizzazione. Uno studio commissionato nel 2009 dal Segretariato di Stato alla Difesa degli Stati Uniti al think tank RAND, è giunto a sostenere che il movimento sarebbe da tempo degenerato in una setta sottomessa alla leadership carismatica di Massoud Rajavi, personalmente legato alla figura di Saddam, accusato di aver partecipato alla brutale repressione delle insurrezioni curde e sciite dopo la prima guerra nel Golfo e irreperibile dal 2003. Gli è formalmente succeduta l'attuale moglie Marjam Rajavi, arrestata nel 2003 a Parigi e poi assolta nell'ambito di un'indagine in collaborazione con l'FBI su ipotesi di truffa, riciclaggio e finanziamento illecito (nel corso della quale la Polizia francese rinvenne 9 milioni di dollari in contanti, oltre ad individuare decine di milioni di dollari su conti correnti collegati all'organizzazione). Non è chiaro quante delle circa 3.500 persone attualmente residenti all'interno di Camp Ashraf siano in grado di opporre resistenza alla volontà dell'organizzazione, che - sempre secondo il citato studio della RAND - eserciterebbe da anni un controllo di natura totalitaria sulla loro vita privata, ostacolando in particolare i contatti con le famiglie, avendo assegnato loro identità fittizie dopo aver distrutto i loro documenti originali di identità. Quanto alla presunta natura di «movimento di opposizione iraniana» dell'MKO, osserva che sia l'opposizione riformista che la dissidenza democratica e il Movimento dell'Onda Verde hanno sempre tenuto a prendere le distanze dai Mojaheddin. Secondo tutti i principali analisti politici, da decenni i Mojaheddin non godrebbero del benché minimo seguito presso l'opinione pubblica iraniana, ma sarebbero al contrario assai malvisti per aver combattuto contro il proprio Paese, schierati in unità operative dotate di armi pesanti e carri armati. La visibilità mediatica di cui l'MKO gode in Occidente fornisce oltretutto al regime di Teheran il pretesto per accusare USA e UE di «doppi standard» sul terrorismo e per condannare a morte decine di manifestanti, accusandoli di essere affiliati ad un movimento manifestamente privo di qualsiasi seguito popolare. Tutto ciò premesso, appare comunque condivisibile l'esigenza di richiamare l'attenzione del Governo iracheno all'esigenza di tutelare i diritti umani dei rifugiati iraniani e a giungere ad una soluzione pacifica attraverso il dialogo, senza per questo riconoscere alcuna legittimità politica all'MKO e nel pieno rispetto del principio di sovranità, alla luce del quale non è ammissibile pretendere il riconoscimento di uno status extra-territoriale per Camp Ashraf a fronte di una diversa volontà liberamente espressa dalle istituzioni democratiche del popolo iracheno.
Quanto al testo della risoluzione presentata, ritiene che essa possa trovare il consenso del Governo a condizione che sia riformulata nel senso di limitare gli impegni del Governo stesso agli aspetti umanitari. In merito al primo punto della parte dispositiva, ne propone la riformulazione nel senso di sostituirlo con il seguente: «a trasmettere al Governo iracheno le preoccupazioni espresse dalla Commissione e, in particolare, il richiamo all'impegno assunto ad evitare l'uso della

Pag. 52

forza nei confronti dei residenti di Ashraf, privilegiando la ricerca di una soluzione pacifica attraverso il dialogo;».
Propone altresì che il secondo punto della parte dispositiva sia sostituito dal seguente: «a sostenere in sede internazionale e nel quadro della linea definita in sede UE iniziative che comportino la tutela dei residenti nel campo di Ashraf con il pieno rispetto della sovranità irachena;».
Nell'acconsentire agli impegni di cui al terzo e quarto punto della parte dispositiva, invita infine i presentatori a riformulare ulteriormente il testo della risoluzione nel senso di sopprimere il quinto punto e di sostituire al sesto punto le parole: «dalla delegazione del Parlamento europeo per l'Iraq il 10 maggio 2011» con le seguenti: «in sede UE».

Elisabetta ZAMPARUTTI (PD) manifesta forti perplessità sull'illustrazione di merito fatta dal sottosegretario Mantica.

Carlo CICCIOLI (PdL) si rammarica che la ricostruzione dei fatti fornita dal rappresentante del Governo coincida praticamente con quella fornita dal regime iraniano. Ricorda, infatti, che l'organizzazione dei Mojaheddin del popolo ha subito numerose trasformazioni, sia ideologiche che di leadership, negli ultimi trent'anni e che dal 2003 non pratica più azioni armate e rispetta le regole democratiche. Svolge inoltre un efficace ruolo di opposizione come testimoniato dal fatto che ha rappresentato la fonte più autorevole per ottenere informazioni sul programma nucleare iraniano e che ha un notevole seguito tra i circa cinque milioni di esuli iraniani. Ritiene che l'attacco al campo di Ashraf sia stato determinato dal forte ascendente che il regime iraniano esercita sull'attuale governo iracheno. Alla luce delle perplessità manifestate dal rappresentante del Governo, ritiene che la risoluzione possa essere riformulata nel senso di impegnare il Governo ad offrire aiuto umanitario per alcuni dei feriti negli attacchi dello scorso aprile che continuano a morire per la mancanza di cure adeguate, in un'ottica comparativa con l'assistenza prestata ad alcuni feriti provenienti dallo scenario libico.

Il sottosegretario Alfredo MANTICA ritiene che la situazione in atto in Libia non sia paragonabile a quella del Campo di Ashraf e che le proposte di riformulazione prospettate vadano nella direzione di assicurare la dovuta tutela umanitaria ai feriti.

Gianpaolo DOZZO (LNP), alla luce delle imminenti votazioni in Assemblea, auspica che la Commissione possa proseguire l'esame della risoluzione in altra seduta.

Stefano STEFANI, presidente, in ragione dei ridotti tempi a disposizione della Commissione, essendovi ulteriori richieste di intervento, rinvia il seguito della discussione della risoluzione ad altra seduta.

La seduta termina alle 10.15.

AVVERTENZA

Il seguente punto all'ordine del giorno non è stato trattato:

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

ERRATA CORRIGE

Nel Bollettino delle Giunte e delle Commissioni parlamentari del 29 giugno 2011 n. 503, a pagina 57, seconda colonna, alla diciassettesima e diciottesima deve leggersi «Mohamed Abdullahi Mohamed, detto Formajo» in luogo di «Omar Abdirashid Ali Sharmarke».