CAMERA DEI DEPUTATI
Mercoledì 6 luglio 2011
506.
XVI LEGISLATURA
BOLLETTINO
DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissione parlamentare per l'attuazione del federalismo fiscale
COMUNICATO
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UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI

Mercoledì 6 luglio 2011.

L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 14.45 alle 14.55.

ATTI DEL GOVERNO

Mercoledì 6 luglio 2011. - Presidenza del presidente Enrico LA LOGGIA. - Interviene il sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, Francesco Belsito.

La seduta comincia alle 14.55.

Schema di decreto legislativo recante meccanismi sanzionatori e premiali relativi a regioni, province e comuni.
Atto n. 365.

(Esame ai sensi dell'articolo 143, comma 4, del regolamento e rinvio).

La Commissione inizia l'esame dello schema di decreto all'ordine del giorno.

Enrico LA LOGGIA (PdL), presidente e relatore, segnala che sulla base dell'attività istruttoria finora svolta sul provvedimento da parte della Commissione, sia mediante le audizioni effettuate che attraverso incontri informali con esperti della materia, sono emersi numerosi aspetti sui quali appare necessario uno specifico approfondimento, al fine di giungere ad un parere che, come accaduto per i precedenti schemi di decreto legislativo già esaminati, realizzi un miglioramento ed un arricchimento del testo trasmesso dal Governo.
Il primo di tali aspetti concerne il regime sanzionatorio nei confronti del presidente della Giunta regionale, per il quale oltre al richiamo ora previsto al meccanismo della rimozione di cui dall'articolo 126 della Costituzione andrebbe considerata l'opportunità di far riferimento anche all'articolo 120 della Carta costituzionale, stante la necessità di prevedere l'esercizio di poteri sostitutivi di quelli del presidente rimosso; ciò anche al fine di poter prendere in considerazione l'eventualità di affidare tali poteri ad un organo commissariale a composizione collegiale, ovviamente ristretta, qualora risultasse inidonea la sola figura del commissario ad acta previsto dal comma 5 dell'articolo

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2. Sempre con riguardo alle sanzioni riterrebbe preferibile, in luogo della sanzione indiretta costituita dalla decurtazione del rimborso elettorale prevista dal comma 4 dello stesso articolo, il ricorso all'istituto della incandidabilità, che, oltre ad essere più lineare e diretto nei confronti dell'interessato, rientra nella competenza legislativa statale. L'incandidabilità dovrebbe avere una durata significativa, in ogni caso non minore ad un periodo almeno decennale, o preferibilmente maggiore. Osserva poi come sussistano molte questioni da risolvere in ordine alle forme premiali connesse ai risultati dell'attività di contrasto all'evasione fiscale, con riguardo soprattutto al legame posto dal provvedimento all'articolo 12 tra tali risultati e l'accesso delle regioni al fondo perequativo. Occorrerà pertanto chiarire bene i meccanismi che presiederanno ai criteri da utilizzare per individuare il livello di evasione fiscale in ogni singola regione, e nel contempo curare la coerenza tra questa forma premiale (ma anche sanzionatoria, per le regioni la cui azione di contrasto risulterà poco efficace) e l'osservanza della delega in ordine alla garanzia di finanziamento dei fabbisogni per i livelli essenziali delle prestazioni.
Ritiene inoltre necessario prevedere una chiara separazione delle responsabilità degli amministratori entranti rispetto a quelli della precedente consiliatura, introducendo norme che realizzino quella che si potrebbe chiamare «zona cuscinetto», tesa ad evitare, in particolare per situazioni talvolta nascoste, quali i debiti fuori bilancio, che l'eredità negativa delle passate gestioni si scarichi sulla nuova gestione, ostacolando in tal modo anche il funzionamento del complessivo sistema sanzionatorio e premiale che si vuole introdurre. Segnalata poi l'opportunità di ricondurre alcuni elementi terminologici a formulazioni normativamente più chiare, per cui in luogo del riferimento al fallimento politico e all'inventario riterrebbe preferibile l'utilizzo delle parole «responsabilità» e «relazione», osserva come quest'ultima costituisca un elemento fondamentale per l'efficace dispiegarsi della trasparenza amministrativa cui è finalizzato lo schema di decreto; pertanto essa andrebbe predisposta in tempi meglio adeguati, rispetto a quanto ora previsto, con riguardo alla data di indizione dei rinnovi elettorali. Precisa altresì che a proprio avviso lo scopo della massima informazione ai cittadini-elettori sullo stato dei conti degli enti territoriali non appare sufficientemente garantito dal solo inventario/relazione finale, ma necessiterebbe di una documentazione, opportunamente certificata, con cadenza periodica, ad esempio semestrale. Qualora tale proposta presenti difficoltà applicative potrebbe eventualmente prevedersi almeno una documentazione di metà mandato - che peraltro necessiterebbe di una norma transitoria per le consiliature in corso - fermo restando che alla luce del recente provvedimento sull'armonizzazione dei bilanci delle regioni e degli enti locali alcune informazioni andranno fornite nei rendiconti annuali. Nel rammentare infine l'opportunità di un aggiornamento della disciplina sul dissesto degli enti locali, cede la parola all'altro relatore per l'esposizione degli ulteriori aspetti del provvedimento.

Il deputato Antonio MISIANI (PD), relatore, nel sottolineare l'importanza e la delicatezza del provvedimento in esame nel processo di attuazione del federalismo fiscale e per gli effetti di ricaduta dei meccanismi sanzionatori e premiali sul piano dei rapporti tra i diversi livelli di governo, rispetto al quale ricorda il mancato raggiungimento dell'intesa in sede di Conferenza Unificata, reputa necessaria una seria attività di analisi finalizzata al miglioramento del testo e al superamento dei limiti e delle criticità che esso presenta.
Evidenzia in primo luogo la necessità di un coordinamento tra quanto previsto dallo schema di decreto e la disciplina dettata dal decreto-legge relativo alla manovra con riferimento al sistema sanzionatorio e premiale del patto di stabilità interno.
Per quanto riguarda i meccanismi sanzionatori, nel rilevare preliminarmente il

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tono eccessivamente propagandistico dei termini adottati nel decreto, espone alcuni profili di problematicità circa l'inventario di fine legislatura previsto dall'articolo 1, che, concordando con quanto già esposto dal presidente La Loggia circa l'utilizzo di un termine più appropriato, andrebbe altresì reso obbligatorio per tutte le regioni indipendentemente dal disavanzo sanitario ed esteso ai settori diversi dalla sanità. Richiama a tale proposito quanto emerso nel corso dell'audizione della Corte dei conti, secondo la quale l'inventario di fine legislatura regionale può essere considerato come una rendicontazione di natura pubblicistica, non in senso giuridico stretto, ma come un documento che ha la portata di una dichiarazione di ciò che è stato fatto, dalla quale non discendono direttamente effetti giuridici.
Rileva, inoltre, l'assenza di una previsione transitoria relativa all'onere redazionale dell'inventario «iniziale», ossia l'obbligo di un rendiconto per gli attuali presidenti su quanto ereditato, sotto il profilo economico-patrimoniale, dai loro predecessori all'atto del loro insediamento, così da far emergere responsabilità pregresse. Al fine di garantire la trasparenza delle responsabilità funzionale al controllo da parte degli elettori, reputa inoltre opportuno, come già segnalato dall'altro relatore, rendere coerenti i tempi di esame dell'inventario con quelli per il rinnovo degli organi regionali.
Analoghi rilievi esprime in merito all'articolo 2 che limita la fattispecie di grave dissesto finanziario al solo disavanzo sanitario, prospettandone quindi l'estensione ai settori diversi dalla sanità e convenendo sull'utilizzo, già proposto, dell'espressione «responsabilità politica» in luogo di «fallimento politico» utilizzata nel testo. Di questo fallimento politico vengono tipizzati i casi in cui esso può aversi, ovvero quelli delle lettere a), b) e c) del comma 1: inadempienza immotivata del presidente della Giunta regionale, in qualità di Commissario ad acta, all'obbligo di redazione del piano di rientro o agli obblighi operativi, anche temporali, derivanti dal piano stesso; mancato raggiungimento degli obiettivi del piano di rientro; adozione per due esercizi consecutivi dell'incremento dell'aliquota dell'addizionale regionale all'IRPEF al livello massimo previsto. In merito al verificarsi congiunto delle tre condizioni, evidenzia che, mentre la condizione di cui alla lettera a) presuppone espressamente la nomina del commissario ad acta, le fattispecie di cui alle altre due condizioni riguardano fasi in cui non si è ancora giunti a tale nomina. Inoltre, mentre le condizioni delle lettere b) e c) presuppongono l'esistenza di un piano di rientro, la condizione della lettera a) si fonda anche sull'inadempimento totale o parziale dell'obbligo di redazione del piano.
Al verificarsi del grave dissesto finanziario conseguono alcune misure sanzionatorie, in cui si riscontrano numerosi aspetti problematici che hanno determinato, tra gli altri, il mancato raggiungimento dell'intesa nella Conferenza unificata. Il primo consiste nella rimozione del presidente della giunta regionale ai sensi dell'articolo 126 della Costituzione per il fallimento del proprio mandato. Il riferimento all'articolo 126 della Costituzione non appare, a suo avviso, del tutto congruo, come rilevato nel documento della Conferenza delle regioni, dal momento che tale articolo si riferisce a comportamenti gravi compiuti dal presidente della Giunta nell'esercizio delle sue funzioni istituzionali e non a funzioni amministrative esercitate in qualità di commissario. Sembrerebbe comunque necessario, concordando con il relatore La Loggia, riferirsi anche all'articolo 120 della Costituzione, che definisce il potere sostitutivo, limitando la rimozione all'extrema ratio, considerato, peraltro, che si tratta di una sanzione non presente in nessun altro ordinamento di tipo federale. Segnala, inoltre, che, nonostante il riferimento all'articolo 126, le disposizioni non affrontano le questioni sia degli effetti della rimozione sugli altri organi della regione, sia delle esigenze di provvedere all'ordinaria amministrazione regionale.
Ulteriori sanzioni consistono nell'interdizione del presidente da qualsiasi carica

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in enti vigilati o partecipati da enti pubblici per 10 anni successivi alla rimozione e nella riduzione dei rimborsi elettorali per i partiti politici che presentino la candidatura del presidente rimosso prima che siano trascorsi 10 anni dalla rimozione: segnala, a tale riguardo, che mentre l'articolo 6 dello schema di decreto sanziona il fallimento politico degli amministratori locali con l'ineleggibilità per 10 anni, il comma 4 dell'articolo in esame, invece, sanziona quello dei presidenti di regione con la decurtazione dei rimborsi elettorali, con effetti distorsivi. Il testo fa anzitutto riferimento «a qualsiasi carica pubblica elettiva», senza specificare quali. In secondo luogo, il riferimento alle coalizioni appare incongruo poiché i rimborsi sono corrisposti ai partiti. Infine, vi è una discrasia tra i tipi di elezione cui fa riferimento la norma, dal momento che il comportamento sanzionato riguarda la candidatura a qualsiasi elezione, mentre la sanzione concerne esclusivamente i rimborsi per le elezioni regionali. Meglio sarebbe uniformare la disciplina adottando la sanzione del citato articolo 6 ma definendola più opportunamente incandidabilità che, a differenza della ineleggibilità - che è riservata alla legislazione regionale -, rientra tra le materie di competenza dello Stato.
Dopo l'articolo 3, in materia di decadenza automatica e interdizione dei funzionari regionali, lo schema di decreto contiene agli articoli 4 e 6, in analogia con quanto previsto per le regioni, le norme relative all'inventario di fine mandato provinciale e comunale e al fallimento politico del presidente di provincia e del sindaco. In particolare, si stabilisce l'obbligo di redazione dell'inventario di fine mandato relativamente alle province e ai comuni che, durante il mandato consiliare in corso o in uno successivo, si trovino in situazione di dissesto finanziario, ai sensi dell'articolo 244 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, mentre resta facoltativo per gli altri comuni e province. Richiama, al riguardo, le considerazioni già espresse a proposito della disciplina regionale, sottolineando in particolare la necessità di estendere l'obbligo dell'inventario - o, meglio, della relazione - di fine mandato a tutti gli enti sottoposti al patto di stabilità (con esclusione dei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti) e non soltanto a quelli in situazione di dissesto, di rivedere la tempistica al fine di coordinarla con quella elettorale, di prevedere l'istituto della incandidabilità in luogo di quello della ineleggibilità.
Rileva, inoltre, che l'articolo 6 del provvedimento in esame, relativo al fallimento politico del presidente di provincia e del sindaco, tra le sanzioni previste non contempla la loro rimozione, prevista dall'articolo 142 del testo unico degli enti locali per le stesse cause di cui all'articolo 126 Costituzione.
Una ulteriore carenza riguarda l'articolo 5, nel quale si prevede che il Ministero dell'economia e delle finanze - Dipartimento della ragioneria generale dello Stato - possa attivare verifiche sulla regolarità della gestione amministrativo-contabile, qualora un ente, anche attraverso le rilevazioni SIOPE, evidenzi situazioni di squilibrio finanziario: ciò che sembra mancare è un momento di autocorrezione della stessa amministrazione, assimilabile al piano di rientro previsto per le regioni.
L'impianto sanzionatorio costruito sul mancato rispetto del patto di stabilità interno nelle regioni e negli enti locali, disciplinato dall'articolo 7, riproduce largamente le sanzioni vigenti previste dalla legge finanziaria 2011, così confermando una carenza della legislazione vigente in base alla quale le sanzioni non sono modulate in rapporto alla gravità e ai motivi che portano un ente locale a violare il patto interno di stabilità. Ritiene che questo decreto possa essere l'occasione per rimodulare le sanzioni riguardanti le violazioni del patto interno di stabilità, con una diversa entità delle sanzioni stesse in ragione delle diverse tipologie di sforamento del patto, ipotizzando una soglia pari al 5 per cento dei primi tre titoli delle entrate, ossia quelle correnti.
L'articolo 8 disciplina i meccanismi premiali da applicare, a decorrere dall'anno 2014, in favore degli enti c.d. «virtuosi»,

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che si attivano qualora l'obiettivo programmatico assegnato al comparto di appartenenza (regionale o locale) sia stato nel complesso raggiunto. Il meccanismo consente agli enti virtuosi, che hanno cioè adempiuto ai loro obiettivi programmatici, di ridurre, nell'anno successivo a quello di riferimento, l'obiettivo di saldo ad essi assegnato di un determinato importo. Lo «sconto» di cui ciascun ente virtuoso può beneficiare è determinato in funzione del «grado di virtuosità» dell'ente medesimo. Come già ricordato, sulla medesima materia sta intervenendo anche il decreto-legge sulla manovra e sarà necessario un coordinamento con lo schema in esame. Un problema analogo è rinvenibile nell'articolo 9, riguardante un meccanismo premiale per le regioni che diano applicazione a determinate misure di contenimento della spesa, parzialmente riproposto nel decreto-legge di stabilizzazione della finanza pubblica.
Gli articoli 10 e 11 recano disposizioni in materia di contrasto dell'evasione fiscale da parte delle Province, completando sostanzialmente il quadro dei meccanismi premiali introdotto nei precedenti decreti legislativi attuativi della legge n. 42 del 2009, per incentivare la partecipazione degli enti territoriali all'attività di accertamento dei tributi e, più in generale, al recupero fiscale, e alla collaborazione nella gestione organica dei tributi tra le province e l'Agenzia delle entrate.
Ulteriori aspetti problematici, anche in tal caso già segnalati dall'altro relatore, riguardano l'articolo 12, che affida a un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri la definizione annuale delle modalità per la determinazione del livello di evasione fiscale relativo ad ogni singola regione, tenendo conto del rapporto tra i dati fiscali e quelli elaborati dall'Istat, nonché la fissazione delle modalità di accesso al fondo perequativo regionale, disciplinato dall'articolo 15 del decreto legislativo n. 68 del 2011. Si tratta di una previsione molto impegnativa, considerata la non sistematicità di dette stime e le ridotte competenze regionali in materia di accertamento tributario. Inoltre, tale previsione non appare coerente con l'articolo 9 del decreto legislativo n. 68 del 2011, nel quale viene stabilito che ai fini delle perequazione il gettito regionale dei tributi destinati al finanziamento delle spese LEP è determinato con l'esclusione dell'eventuale emersione di base imponibile a seguito dell'attività regionale di recupero fiscale.
Evidenzia infine, la necessità che la normativa sanzionatoria e premiale prevista dallo schema in esame, assimilabile a una riforma di sistema, sia estesa anche alle regioni a statuto speciale.

Il deputato Marco CAUSI (PD), in relazione all'articolo 12, relativo alle modalità per la determinazione del livello di evasione fiscale di ogni singola regione, evidenzia alcune problematiche concernenti l'elaborazione dei dati statistici: a suo avviso la capacità fiscale dovrebbe essere livellata per tutti i territori ad un livello medio di evasione, considerando che i comportamenti fiscali individuali sono anche legati alla consapevolezza da parte del cittadino - sulla base del comportamento denominato free rider - che in ogni caso il servizio sarà comunque prestato, nonché alle caratteristiche della struttura produttiva del territorio. Quest'ultimo aspetto, in particolare, comporta che in situazioni di piccola imprenditorialità diffusa si registrino fisiologicamente significativi livelli di evasione/elusione, la cui responsabilità non può essere imputata all'ente territoriale di riferimento.
Ritiene pertanto che sia necessario identificare quali sistemi statistici possano individuare criteri e modalità per la determinazione quanto più corretta possibile dei livelli di evasione, nonché, eventualmente, della riferibilità degli stessi ai diversi tributi.

Enrico LA LOGGIA (PdL), presidente, nessun altro chiedendo di intervenire rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta termina alle 15.30.